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Il nostro spettacolo moderno_di Simplicius

Il nostro spettacolo moderno

Simplicius 21 dicembre∙
 
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“Nelle società in cui prevalgono le moderne condizioni di produzione, tutta la vita si presenta come un immenso accumulo di spettacoli… Lo spettacolo non è una collezione di immagini, ma una relazione sociale tra le persone, mediata dalle immagini.” -Guy Debord, La società dello spettacolo

Il nostro mondo moderno e la sua ecosfera politica hanno subito profondi cambiamenti negli ultimi due decenni e, in particolare, negli ultimi anni. Ci sono stati molti fattori responsabili, come il ben noto aumento dei social media, vari cambiamenti culturali, in particolare tra la popolazione giovanile, ma anche altri catalizzatori più sinistri e difficili da individuare.

Hanno creato un mondo governato dall’immagine superficiale e dall’icona piuttosto che dall’idea reale e concreta. È una sorta di caverna di Platone riportata in vita come uno spettacolo di menestrelli di civetteria politica, dove marionette travestite recitano le loro battute preparate in modo tale che i gesti emotivi e le impressioni siano l’essenza stessa del messaggio, piuttosto che i suoi accenti. Le parole sono nascoste, distorte, appropriate indebitamente fino a perdere completamente il loro significato, e nessuno sembra preoccuparsene fintanto che la recitazione presenta l’appropriato slancio performativo.

Alcuni l’hanno paragonata all’idea di una “realtà post-verità” come sottoprodotto della nostra moderna frammentazione digitale, dove la “verità” esiste solo come un insieme di milioni di prospettive sparse, ciascuna con le proprie rappresentazioni, citazioni, “fonti”, sostenitori e meccanismi di amplificazione artificiale, tutti diversi e infiniti.

Ma la questione è più profonda e riguarda il modo in cui le nuove generazioni, così importanti, elaborano le informazioni, o in particolare il tipo di informazioni e gli “stili di presentazione” che preferiscono o che risuonano meglio con loro. Il processo di frammentazione ha trasformato l’ecosfera politica moderna in una sorta di “tabula rasa” dove tutto è uguale e dove il passato non ha alcun vantaggio in termini di peso storico rispetto alle influenze sgargianti e al fascino seducente del presente.

I leader di oggi si distaccano dalla memoria storica e fanno affidamento esclusivamente sull’appello agli istinti limbici e alle passioni istintive. Basta osservare l’attuale cast di menestrelli poco carismatici dell’apparato dell’UE, che ignorano sfacciatamente le realtà storiche oggettive per alimentare le loro narrazioni di bassa lega. Mi viene in mente la recente incredulità affettata di Kaja Kallas all’idea che la Russia abbia sconfitto i nazisti nella Seconda guerra mondiale, in un pigro tentativo di perpetuare l’immagine della Russia come “Altro” ancestrale dell’Occidente:

Anche la sua padrona von der Leyen intreccia incongruenze storiche nelle sue dichiarazioni con la stessa impunità, perché non è più il contenuto stesso a determinare il messaggio, bensì solo la presentazione, lo spettacolo che ne deriva: ciò che conta è il tipo di carica emotiva che il titolo principale può suscitare in un breve comunicato stampa.

Questa simulazione ha generato il panorama politico più bizzarro mai visto finora. I leader mentono da tempo immemorabile, ma almeno in passato spesso possedevano prestigio personale, carisma e magnetismo, la capacità di ispirare realmente con i loro messaggi di speranza, anche se forse manipolatori. Ma l’attuale generazione di “leader” ha abbandonato ogni pretesa di fascino e magnetismo per diventare di fatto dei fantocci al servizio degli interessi delle grandi aziende e dell’influenza oligarchica, semplici portavoce e casse di risonanza che si limitano a trascrivere i manifesti dei loro finanziatori.

Perché è successo questo? La risposta è semplice: in passato, i leader dovevano temprarsi nel fuoco della competizione, misurandosi con la realtà oggettiva stessa. Si distinguevano contendendo avversari politici dotati di intelligenza acuta e capacità di persuasione non offuscate dalle distrazioni moderne e dalla scarsa capacità di concentrazione.

Oggi, il globalismo iperconnesso e finanziarizzato della nostra epoca ha creato una vasta matrice di manipolazione che ha normalizzato la diluizione sia della meritocrazia che dei processi politici e democratici autentici, al punto che i leader moderni non vengono più eletti in base al loro coraggio personale, al loro carisma o ai loro successi, ma piuttosto selezionati dagli interessi particolari delle aziende in base alla loro servilità. Non sorprende che una percentuale crescente dei leader di oggi abbia un background nel settore bancario e finanziario, come il tedesco Friedrich “BlackRock” Merz, il canadese Mark “Goldman Sachs” Carney, il francese Emmanuel “Rothschild” Macron e molti altri.

Il modo in cui questa rete di capitali ha avvolto il mondo ha creato una fonte inesauribile di “interessi particolari” con lo scopo di influenzare le elezioni, in particolare ora che le principali società di media si sono fuse completamente con i loro sponsor aziendali per diventare un’unica membrana metastatica sovrapposta, conferendole un potere illimitato di influenzare qualsiasi processo politico secondo necessità.

«Il capitale privato tende a concentrarsi nelle mani di pochi, in parte a causa della concorrenza tra i capitalisti, in parte perché lo sviluppo tecnologico e la crescente divisione del lavoro favoriscono la formazione di unità produttive più grandi a scapito di quelle più piccole. Il risultato di questi sviluppi è un’oligarchia del capitale privato il cui enorme potere non può essere efficacemente controllato nemmeno da una società politica organizzata democraticamente. ” -Einstein, Why Socialism? (1949)

Siamo sempre più esposti a messaggi e narrazioni politiche completamente distanti dalla realtà, con affermazioni di pura soggettività vendute come fatti grazie al “merito” della performance stessa; basta dire qualcosa con sufficiente convinzione e solennità affettata e le “squadre di pulizia” dei media corporativi fanno il resto.

Una delle tattiche chiave utilizzate oggi da ogni politico moderno, in particolare da quelli impiegati come servitori o inconsapevoli burattini del regime globalista, è quella di presentare le opinioni come affermazioni di fatto con un entusiasmo studiato. Questo è stato recentemente utilizzato da personaggi come Keir Starmer, Lindsey Graham, Marco Rubio, Mark Rutte e praticamente ogni tirapiedi del marcio pantheon dell’UE. Un esempio che non richiede l’attribuzione a nessun portavoce particolare della lista sopra riportata, poiché praticamente tutti loro hanno pronunciato qualche leggera variazione di questa affermazione: “Putin non si fermerà. È intenzionato ad attaccare l’Europa per ricostruire l’Impero russo».

Secondo chi? Dove hai ottenuto queste “informazioni”? Quali sono le tue fonti? Nessuno si preoccupa di chiedere, e i media corrotti spianano la strada a questi attori in accordo con i loro benefattori comuni.

Questo stile di linguaggio politico ha infestato praticamente ogni dichiarazione moderna delle figure che rappresentano il regime. Si tratta di opinioni non attribuite mascherate da affermazioni di fatto, espresse con la stessa convinzione studiata e la stessa spavalderia ingiustificata, al fine di spegnere quella parte del cervello del pubblico responsabile del pensiero critico e dell’autoriflessione. “È affermato con tanta sicurezza, con un’assertività perfettamente dosata, la fronte aggrottata e lo sguardo penetrante, che non c’è modo di metterlo in discussione!”, pensa inconsciamente lo spettatore medio. E questa tendenza moderna diventa particolarmente eclatante quando proviene da personaggi caduti in disgrazia e non eletti, che non hanno alcun mandato pubblico reale né un background applicabile in nulla che sia lontanamente collegato a ciò di cui stanno parlando: mi vengono in mente Kaja Kallas e molti altri.

Inoltre, i leader odierni vengono scelti solo per le loro qualità estetiche superficiali, ovvero per il loro “aspetto”, piuttosto che per le loro reali capacità: sono attori nel senso più puro del termine. Qui l’archetipo aquilino di Macron intendeva simboleggiare una qualità magistrale dello Stato francese da tempo perduta, conferendo un peso fittizio a dichiarazioni altrimenti vuote:

Oppure l’infinita sfilata di donne fatali, destinate a trasmettere un’immagine di accogliente affabilità, per non parlare del fatto che distraggono lo sguardo maschile con le loro disarmanti astuzie da maestrina, mentre le loro lingue biforcute e i loro subdoli doppi giochi seminano le narrazioni del Regime nei cuori e nelle menti degli ingenui sottomessi da questo cavallo di Troia strategicamente trasformato in arma, sotto forma di “delicata femminilità”.

L’ex ministro della Difesa lituano Dovile Sakaliene, la cui unica qualifica precedente era quella di sostenitrice dei diritti LGBT e dell’aborto, una volta ha fatto una gaffe descrivendo il “muro” anti-drone ideale dell’Europa come qualcosa di simile al “muro di Game of Thrones”, come un altro esempio di questo:

Link Twitter

Il lavoro dei politici di oggi non è altro che occupare semplicemente lo spazio che un rappresentante realmente qualificato avrebbe potuto conquistare e utilizzare per il bene pubblico. Gli sponsor aziendali che ora controllano praticamente ogni ruolo politico preferiscono di gran lunga che un funzionario “inutile” si limiti a “occupare” la carica, senza fare nulla, per garantire che nessun candidato realmente popolare possa ottenere il posto e potenzialmente ribaltare o far deragliare lo status quo degli “interessi particolari”. A questi “pesi morti” vengono poi periodicamente assegnati piccoli compiti o dichiarazioni stereotipate, in linea con il loro basso QI e la loro servilità bovina, per aiutare a portare almeno una modesta brocca d’acqua al regime. Mi viene in mente John Fetterman.

Il panorama digitale moderno dei nostri vari mezzi di consumo in generale ha creato un ambiente altamente dinamico in cui regna sovrano il breve termine, e qualsiasi presunzione disonesta può essere scusata o giustificata in virtù della necessità di “competere” in questo arena frenetica. E quando non può essere debitamente giustificata, viene facilmente insabbiata o nascosta sotto il tappeto da qualche notizia sensazionale artificiale o da qualche notizia importante diffusa ad arte. Di seguito, Merz dimostra come politici apertamente irresponsabili come lui possano diffondere menzogne oscene senza preoccuparsi delle ripercussioni:

Le architetture dei social media vengono quindi intenzionalmente riprogettate per favorire lo scorrimento infinito di titoli e didascalie, come in TikTok e in tutte le altre app in stile “reel” che ora predominano nell’ecosfera digitale, proprio per consentire alle testate giornalistiche mainstream di ingannare per omissione, manipolando ogni titolo e didascalia per distorcere in modo disonesto la narrazione, sapendo bene che le app stesse scoraggiano la lettura approfondita delle notizie.

È strano come questa invisibile “cattedrale” delle strutture di potere aziendale abbia preso il controllo di quasi ogni aspetto delle nostre vite senza che ce ne accorgessimo, cuocendoci lentamente come rane e mascherando ogni nuova invasione con i fronzoli della cultura moderna degenerata. Ad esempio, gli stadi sportivi sono ora quasi esclusivamente decorati con nomi di banche: Chase Field, Citi Field, Citizens Bank Park, PNC Park, Bank of America Stadium, EverBank Field, Lincoln Financial Field, M&T Bank Stadium, U.S. Bank Stadium, Barclays Center, Capital One Arena, KeyBank Center, PNC Arena, TD Garden, Wells Fargo Center e molti altri.

Come mai anche i centri delle nostre città sono dominati da enormi pilastri della finanza, monumenti alla nostra schiavitù sotto forma di torri bancarie e grattacieli di società finanziarie, che in qualche modo godono indiscutibilmente del privilegio esclusivo di occupare gli immobili più essenziali, convenienti ed esclusivi, mentre sminuiscono i nostri skyline con le loro grottesche celebrazioni del proprio potere? Si potrebbe pensare che i centri cittadini, in particolare, dovrebbero favorire i cittadini: l’unità centrale, vitale e fondamentale della civiltà, attorno alla quale queste città sono state originariamente costruite. Invece, i centri cittadini delle moderne capitali occidentali fanno tutto il possibile per frustrare e creare disagi ai cittadini umili, privilegiando in ogni modo i titani finanziari globalisti che non hanno radici naturali nelle regioni che oscurano con le loro imponenti icone di ricchezza. Supponendo che il potere spirituale di una civiltà si concentri al centro, ciò che abbiamo permesso è che le banche erigano strategicamente i loro templi alla bancarotta spirituale proprio nel cuore dei più importanti centri di aggregazione della nostra società.

Come per ogni cosa, però, i “progressi” dell’era moderna che hanno trasformato le cose in questo modo hanno anche dato a noi più illuminati la possibilità di smascherare e diffondere questi demoni “invisibili”. Anche se i politici di oggi, storicamente privi di contenuti, continuano a ingannare le masse, il loro effetto sta gradualmente perdendo potere.

Il problema è che le persone sono diventate così stanche e insensibili all’inganno palese che hanno iniziato semplicemente a ignorarlo, nonostante le bugie non abbiano più effettivamente effetto su di loro. Ciò ha portato a uno scenario molto strano: la fiducia e l’audience delle principali fonti di informazione sono crollate ai minimi storici, il che implica che le persone si stanno “svegliando”, ma allo stesso tempo l’impunità con cui operano ora i membri del regime è cresciuta a dismisura; com’è possibile?

Questo enigma può essere spiegato solo dal disinteresse record della popolazione e dal suo “disinteresse” nei confronti di tutti i media e dell’impegno civico in generale; le persone sono diventate completamente paralizzate dalla consapevolezza che la loro voce non conta in quello che è ovviamente un sistema truccato. È come se il famigerato “esperimento dei ratti annegati” prendesse vita, dove l’immaginaria “disperazione” porta i ratti a morire rapidamente quando immersi nell’acqua, mentre permettere ai ratti di provare prima un po’ di “speranza” sotto forma di essere “salvati” almeno una volta dà loro una resistenza futura incommensurabile e la capacità di sopravvivere indefinitamente nella stessa immersione. Per molti versi, le persone sono diventate altrettanto insensibili alla propria impotenza in un sistema di totale bancarotta morale e politica e di mancanza di anima.

Detto questo, viviamo in un’epoca di grandi divergenze paradossali e, mentre una parte importante della società si rassegna alla paralisi, un’altra si risveglia con un nuovo senso di giusta indignazione. Lo vediamo, ironicamente, proprio nel cuore stesso del Regime, nella grande rivolta degli agricoltori di Bruxelles che sta avvenendo in questo momento:

Bruxelles sta affrontando un grave blocco logistico a causa delle proteste su larga scala degli agricoltori che stanno sconvolgendo la città.

Per protestare contro l’accordo commerciale UE-Mercosur, oltre 1.000 trattori hanno bloccato le principali vie di transito e i tunnel.
#Bruxelles #FarmersProtest2025

La storia ha dimostrato che basta una piccola avanguardia organizzata per realizzare grandi cambiamenti, e che le masse addormentate probabilmente non rimarranno a lungo inerte e disinteressate, una volta che potranno assistere ai primi segni reali della disintegrazione del regime. Lo abbiamo visto accadere negli Stati Uniti, dove l’impero della “cultura woke” sembrava avere un controllo illimitato, fino a quando non è crollato improvvisamente, quasi dall’oggi al domani, come un imperatore senza vestiti.

Quanto tempo ci vorrà ancora prima che il potere fittizio dei burattini vuoti che si atteggiano a leader mondiali si esaurisca definitivamente e la loro capacità di parlare senza conseguenze cominci finalmente a essere chiamata a rispondere delle proprie responsabilità?

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Il Kazakistan potrebbe essersi messo irreversibilmente in rotta di collisione con la Russia_di Andrew Korybko

Il Kazakistan potrebbe essersi messo irreversibilmente in rotta di collisione con la Russia

Andrew Korybko19 dicembre
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La produzione di proiettili conformi agli standard NATO suggerisce che il Kazakistan intenda seguire le orme dell’Azerbaijan, adeguando le proprie forze armate agli standard del blocco prima che la sua leadership, ingannata dall’Occidente, creda che sarà un’inevitabile crisi con la Russia dopo la fine del conflitto ucraino.

Briefing di base

Sputnik ha riferito all’inizio di dicembre che il Kazakistan costruirà quattro fabbriche che produrranno proiettili conformi agli standard russi e NATO, il che ha spinto il Primo Vicepresidente del Comitato di Difesa della Duma, Alexei Zhuravlev, a condannare duramente questo sviluppo. Nelle sue parole , “Cerchiamo di ignorare come una repubblica apparentemente fraterna abbia rapidamente abbandonato non solo la lingua russa , ma anche l’alfabeto cirillico . Come stiano creando ‘yurte dell’invincibilità ‘ mentre sostengono l’Ucraina”.

Ha aggiunto che “ora stanno passando agli standard NATO per le munizioni, con la chiara intenzione di abbandonare le armi russe in futuro, sostituendole con quelle occidentali. Astana potrebbe non essere stata il maggiore acquirente di equipaggiamento del complesso militare-industriale russo, ma la mossa in sé è certamente ostile e deve essere affrontata di conseguenza. Sappiamo tutti cosa ha significato per Kiev una simile cooperazione con la NATO”. Questa è l’ultima manifestazione della svolta filo-occidentale del Kazakistan, acceleratasi negli ultimi mesi:

* 30 settembre 2023: “ La svolta pro-UE del Kazakistan rappresenta una sfida per l’Intesa sino-russa ”

* 2 luglio 2025: “ Perché Erdogan ha deciso di espandere la sfera d’influenza della Turchia verso est? ”

* 9 agosto 2025: “ Il corridoio TRIPP minaccia di minare la posizione regionale più ampia della Russia ”

* 2 novembre 2025: “ L’Occidente pone nuove sfide alla Russia lungo tutta la sua periferia meridionale ”

* 12 novembre 2025: “ Un think tank statunitense considera l’Armenia e il Kazakistan attori chiave per contenere la Russia ”

* 13 novembre 2025: “ Gli accordi sui minerali dell’Asia centrale degli Stati Uniti potrebbero esercitare maggiore pressione su Russia e Afghanistan ”

* 23 novembre 2025: “ Perché il Kazakistan dovrebbe aderire agli Accordi di Abramo quando riconosce già Israele? ”

* 2 dicembre 2025: “ La ‘Comunità dell’Asia centrale’ potrebbe ridurre l’influenza regionale della Russia ”

* 19 dicembre 2025: “ La ridenominazione dell’Asia centrale in Turkestan da parte del curriculum turco è l’ultima dimostrazione di soft power della Turchia ”

In breve, la “Trump Route for International Peace and Prosperity” (TRIPP) potenzierà l’iniezione di influenza occidentale guidata dalla Turchia lungo l’intera periferia meridionale della Russia, creando un corridoio logistico militare tra la Turchia, membro della NATO, e le Repubbliche dell’Asia centrale. Il Kazakistan e il Kirghizistan fanno parte del blocco di difesa reciproca della CSTO a guida russa e di quello socio-economico dell'”Organizzazione degli Stati Turchi” (OTS) a guida turca, che ha recentemente iniziato a discutere di una struttura militare congiunta e di esercitazioni .

L’Azerbaigian, le cui forze armate hanno completato l’adeguamento agli standard NATO all’inizio di novembre, aiuterà i due paesi a seguire l’esempio attraverso il suo ruolo nella “Comunità dell’Asia Centrale” (CCA, la Riunione Consultiva annuale dei Capi di Stato recentemente rinominata), a cui ha aderito più tardi nello stesso mese. Si prevede quindi che la CCA fungerà da strumento per l’OTS, sostenuto dalla NATO, per “sottrarre” il Kazakistan e il Kirghizistan alla CSTO, con l’accusa di aver frantumato irreversibilmente la “sfera di influenza” russa in Asia centrale.

Contesto strategico generale

Il contesto in cui si stanno verificando questi nuovi processi accelerati, scatenati dal TRIPP (e le cui origini a loro volta derivano dalla presa della carica di primo ministro armeno da parte di Nikol Pashinyan nel 2018 dopo la sua riuscita Rivoluzione Colorata che in seguito portò alla successiva rivolta del Karabakh) Il conflitto riguarda i colloqui di pace in Ucraina. Gli Stati Uniti contano essenzialmente sull’Asse azero-turco (ATA) per esercitare congiuntamente pressione sulla Russia lungo tutta la sua periferia meridionale, aumentando così le probabilità che Putin accetti un accordo di pace sbilanciato a favore dell’Ucraina.

Finora ha rifiutato, ma la produzione pianificata del Kazakistan di proiettili conformi agli standard NATO aggiunge un senso di urgenza alla fine della speciale operazione per riorientare l’attenzione strategica della Russia verso l’intera periferia meridionale, nella speranza di evitare la frantumazione irreversibile della sua “sfera di influenza” in quella zona. Idealmente, gli Stati Uniti dovrebbero contribuire a gestire le tensioni turco-russe in questo spazio attraverso i cinque mezzi descritti qui come parte di un grande accordo dettagliato qui , qui e qui , ma questo non può essere dato per scontato.

I piani anti-russi del Kazakistan

La Russia deve quindi prepararsi alla possibilità di un’inevitabile crisi con il Kazakistan, e per estensione anche all’ATA, che potrebbe poi coinvolgere l’intera NATO a causa dell’adesione della Turchia, dopo aver appena deciso di costruire proiettili conformi agli standard NATO. Lo scopo delle sue nuove fabbriche è quello di accumulare questi proiettili in vista di quella che il Kazakistan sembra aver già concluso sarà un’inevitabile crisi con la Russia, innescata dal piano non dichiarato di conformare le proprie forze armate agli standard NATO.

L’unica ragione per cui sta mettendo in atto questa sequenza di scenari è perché la sua leadership è stata ingannata dall’Occidente (inclusi ATA e Ucraina) facendogli credere che la Russia avrebbe puntato sul territorio storicamente russo all’interno dei confini sovietici del Kazakistan dopo la fine dell’operazione speciale. Il Kazakistan, quindi, non vuole più dipendere dalle attrezzature tecnico-militari russe e ha invece deciso silenziosamente di passare ai prodotti NATO con l’aiuto di ATA.

Si prevede che ciò avvenga parallelamente all’adeguamento delle forze armate agli standard NATO, sotto la copertura di una più stretta cooperazione all’interno dell’OTS o almeno all’interno del CCA, che include l’Azerbaigian, con il quale ora si esercitano e si consultano congiuntamente , così come Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan . L’adeguamento agli standard NATO, la transizione ai suoi prodotti e l’accumulo dei suoi proiettili dovrebbero aiutare le forze armate del Kazakistan a resistere abbastanza a lungo in un conflitto con la Russia da consentire l’arrivo di un maggiore supporto ATA sostenuto dalla NATO.

ATA in azione

Se le truppe turche e/o azere (rispettivamente truppe NATO formali e informali con obblighi di difesa reciproca ) non fossero già state dispiegate in Kazakistan al momento dello scoppio di una crisi, e un tale dispiegamento anticipato potrebbe a sua volta innescare una crisi, allora dovrebbero essere inviate lì rapidamente in seguito. L’unica via realistica in condizioni di crisi è quella aerea sopra il Mar Caspio, possibilmente sotto la copertura di aerei di linea civili per dissuadere la Russia dall’abbatterle, ma è possibile anche un’altra rotta supplementare.

Gli osservatori occasionali non sanno che l’ATA è alleata con Il Pakistan , che può essere considerato un membro non ufficiale dell’OTS, potrebbe quindi trasferire in aereo le truppe già schierate in quel momento in Kazakistan. Questo potrebbe anche essere fatto sotto copertura civile per impedire ai jet russi di abbatterli dalla loro base aerea di Kant, in Kirghizistan . Se i legami afghano-pakistani si stabilizzassero e la ferrovia PAKAFUZ fosse costruita entro quella data, il Pakistan potrebbe anche inviare equipaggiamento militare in Kazakistan tramite questo mezzo.

Come mezzo per “scoraggiare” o almeno “frenare” la Russia, l’ATA potrebbe anche cercare di fomentare tensioni nel Caucaso settentrionale, il che potrebbe provocare una risposta russa per aver invocato i propri obblighi di difesa reciproca e quindi trascinare nella mischia la Turchia, membro della NATO, e il Pakistan, “principale alleato non NATO”. Un conflitto su più fronti con la Turchia nel Mar Nero, l’Azerbaigian nel Caucaso settentrionale, quest’ultimo e il Kazakistan nel Mar Caspio e il Kazakistan in Asia centrale (con l’aiuto dell’ATA e del Pakistan) potrebbe facilmente sovraccaricare la Russia.

Eventi trigger

I seguenti eventi potrebbero contribuire a innescare lo scenario peggiore di una crisi russo-kazaka:

* Il Kazakistan sta compiendo progressi tangibili nell’adeguamento delle sue forze armate agli standard NATO;

* L’aumento delle importazioni di armi statunitensi, turche, azere e/o pakistane (tutte sempre più standardizzate);

* Ulteriori esercitazioni tra le sue forze armate e i paesi sopra menzionati;

* Congelare la sua adesione alla CSTO, proprio come ha fatto l’Armenia già “braccata”;

* L’impiego di consiglieri/truppe statunitensi, turche, azere e/o pakistane (anche sotto la copertura delle PMC);

* L’approvazione di una legislazione discriminatoria di tipo ucraino contro la minoranza russa del Kazakistan;

* Pogrom contro di loro;

* E/o l’ingerenza nel “ Corridoio di Orenburg ” nel contesto della rinascita esterna del separatismo “Idel-Ural” .

A seconda di cosa accadrà, la risposta cinetica della Russia potrebbe essere definita preventiva o preventiva .

Considerazioni conclusive

La percezione della minaccia russa da parte della leadership kazaka, responsabile della decisione di produrre proiettili di standard NATO, si basa sulla falsa premessa che il Cremlino abbia piani di rivincita per la reincorporazione di territori storicamente russi all’interno del Kazakistan. Ciò dimostra che non hanno mai preso sul serio la ragione per cui la Russia ha condotto l’operazione speciale, ovvero neutralizzare le minacce provenienti dalla NATO e provenienti dall’Ucraina, proprio come quelle che il Kazakistan è ora sulla buona strada per produrre, nella stessa errata convinzione che ciò “scoraggerà” la Russia.

Finché il Kazakistan non rappresenta una minaccia per la sicurezza della Russia e tratta la sua minoranza con rispetto, alla Russia non importa cosa faccia il Kazakistan, ma la sua decisione di produrre proiettili di standard NATO rappresenta indiscutibilmente una minaccia latente per la sicurezza della Russia, come spiegato. Il Kazakistan rischia quindi di creare la stessa crisi con la Russia che la sua suddetta decisione e la conseguente traiettoria militare-strategica dovrebbero scongiurare, perché si è lasciato ingannare da Stati Uniti, Turchia, Azerbaigian e Ucraina, a meno che non cambi presto rotta.

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La “diplomazia militare” cinese tra Thailandia e Cambogia sta diventando più complessa

Andrew Korybko20 dicembre
 
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La Thailandia sembra voler far capire che non è contenta delle vendite di armi della Cina alla Cambogia, con l’insinuazione che la Cina dovrebbe ridurle per rispetto verso la Thailandia, che ora è un partner molto più importante per la Cina rispetto alla Cambogia.

Il Ministero della Difesa cinese ha affermato che il suo commercio di armi con la Thailandia e la Cambogia non ha nulla a che vedere con l’intensa ripresa delle ostilità estive, seguita a un rapporto di

Questo dato è stato ribadito nel rapporto “Trends in International Arms Transfers, 2024” pubblicato a marzo dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) e relativo al periodo 2020-2024. Il SIPRI ha osservato che la Thailandia è stata il terzo mercato di esportazione di armi della Cina durante quel periodo, con il 4,6% delle vendite totali, mentre la Cina è stata il principale fornitore di armi della Thailandia con il 43% delle importazioni, molto più avanti degli Stati Uniti al secondo posto con il 14%, nonostante la Thailandia sia uno dei “principali alleati non NATO” degli Stati Uniti. Questo fa parte di una tendenza regionale più ampia.

L’intensificarsi degli scambi commerciali tra Cina e Thailandia ha portato a legami politici e militari più stretti, rivoluzionando così il paradigma strategico regionale e creando le condizioni per la cooperazione su un progetto di ferrovia ad alta velocità che collegherà Kunming, in Cina, a Singapore passando per Laos, Thailandia e Malesia. Tutto sommato, ad eccezione della possibilità segnalata che la Cambogia consenta alla Cina di utilizzare in esclusiva la sua base navale di Ream recentemente rinnovata (cosa che entrambe hanno negato), la Thailandia è un partner molto più importante per la Cina sotto tutti i punti di vista.

Ciononostante, la Cina continua a vendere armi alla Cambogia, molto probabilmente nell’ambito della sua “diplomazia militare”, simile a quella russa, che ha sperimentato in altre parti del mondo. In questo contesto, tale concetto si riferisce alla vendita di armi a due Stati rivali nella speranza di mantenere l’equilibrio di potere tra loro, in modo da poter poi mediare una risoluzione politica delle loro controversie. Ciò contrasta con la politica americana di armare solo una delle parti per darle un vantaggio militare e costringere l’altra a concessioni unilaterali.

La Russia è nota soprattutto per aver praticato la “diplomazia militare” tra Armenia e Azerbaigian, Cina e India, e Cina e Vietnam, con il primo tentativo che non è riuscito a portare a una risoluzione politica della loro disputa, mentre gli ultimi due hanno mantenuto con successo l’equilibrio di potere tra loro. Per quanto riguarda l’attuazione di questa politica da parte della Cina, essa è rimasta nell’ombra fino a quando il New York Times ha pubblicato a settembre un articolo intitolato “Come le armi cinesi hanno trasformato una guerra tra due paesi vicini“.

Sebbene informativo, l’articolo cerca comunque di costruire la narrativa secondo cui le vendite di armi cinesi alla Cambogia avrebbero incoraggiato quest’ultima a dare inizio alle ostilità. Non è ancora chiaro chi sia responsabile degli scontri estivi, con questa analisi qui che sostiene che sia stata la Thailandia e quella successiva qui che prevede fino a che punto potrebbero spingersi le ostilità se non cessassero (o dovessero riprendere). In ogni caso, il punto è che la Cina pratica effettivamente la “diplomazia militare” con entrambi, ma ora la situazione sta diventando più complicata.

La Thailandia sembra suggerire di non gradire la vendita di armi da parte della Cina alla Cambogia, con l’insinuazione che la Cina dovrebbe ridurla per rispetto nei confronti della Thailandia, che ora è un partner molto più importante per la Cina rispetto alla Cambogia. Il sottotesto è che il ruolo della Cina come mediatore risulterebbe compromesso se la Thailandia giungesse alla conclusione che la Cina ha rifornito la Cambogia dopo le ostilità estive. Ciò potrebbe a sua volta compromettere i piani per la ferrovia ad alta velocità, se ciò dovesse verificarsi, e quindi l’intera visione della Cina in materia di connettività regionale.

La base navale russa in Sudan, a lungo rinviata, potrebbe tornare in pista

Andrew Korybko21 dicembre
 
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La tempistica di quest’ultimo rapporto era probabilmente volta a complicare i rinnovati colloqui tra Russia e Stati Uniti sull’Ucraina, esercitando una forte pressione su Trump affinché chiedesse al Sudan di rifiutare l’accordo in cambio del sostegno americano, ma potrebbe anche avvicinarli inavvertitamente.

Il Wall Street Journal (WSJ) ha citato funzionari sudanesi anonimi per riferire che alla Russia è stato offerto un accordo della durata di 25 anni per schierare fino a 300 soldati e quattro navi da guerra nella base navale a lungo rinviata di cui si parla dal 2020. Tutto ciò che il Sudan chiede sono armi avanzate a prezzi preferenziali per aiutarlo a sconfiggere i ribelli delle “Forze di supporto rapido” (RSF). Per rendere l’accordo più allettante, sta anche offrendo alla Russia “un accesso privilegiato a lucrative concessioni minerarie”, ma per ora non è stato ancora concordato nulla.

Questa proposta sarebbe stata trasmessa dal Sudan alla Russia nel mese di ottobre, quindi prima che l’ambasciatore russo in Sudan dichiarasse a Sputnik che “Dato l’attuale conflitto armato [in Sudan], i progressi su questa questione sono attualmente sospesi”. Pertanto, o stava dicendo la verità o, col senno di poi, stava sviando l’attenzione da quella che potrebbe essere l’attuazione imminente di questo accordo, se la notizia riportata dal WSJ fosse accurata. In ogni caso, il WSJ ha poi alimentato i timori sulle implicazioni geopolitiche di questa base, il che era prevedibile.

La cosa più sorprendente del loro articolo è stata la rivelazione casuale che l’RSF ha chiesto aiuto all’Ucraina nonostante i suoi legami con la Russia e nonostante l’Ucraina stesse aiutando l’esercito contro entrambi, il che ha portato alla inversione dei ruoli tra Russia e Ucraina in questo conflitto. L’RSF è stata recentemente condannata per il massacro che è accusata di aver compiuto nella capitale del Darfur settentrionale, Al-Fashir, il che fa apparire l’Ucraina in cattiva luce per associazione. Ecco dieci briefing informativi su questa guerra sporca:

* 11 giugno 2022: “Analisi degli interessi strategici della Russia in Sudan

* 30 settembre 2022: “La pressione neoimperialista degli Stati Uniti sul Sudan rivela le loro vere intenzioni nei confronti dell’Africa

* 16 aprile 2023: “La guerra dello ‘Stato profondo’ sudanese potrebbe avere conseguenze geostrategiche di vasta portata se dovesse continuare

* 21 aprile 2023: “Ecco perché gli Stati Uniti stanno cercando di attribuire alla Russia la responsabilità della guerra dello “Stato profondo” in Sudan

* 27 aprile 2023: “La Russia ha ragione: la crisi sudanese è causata dalla ‘ingegneria politica’ dall’estero

* 4 maggio 2023: “Le ammissioni dei media mainstream secondo cui l’ingerenza americana ha rovinato il Sudan sono fuorvianti

* 10 marzo 2024: “L’Ucraina si presenta come una forza mercenaria affidabile contro la Russia in Africa

* 27 maggio 2024: “La base che la Russia intende costruire in Sudan potrebbe essere declassata a struttura di supporto logistico navale

* 19 novembre 2024: “Il veto della Russia alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul Sudan lo ha salvato da un complotto neocolonialista

* 20 dicembre 2024: “Bloomberg sta creando consenso per un maggiore intervento occidentale in Sudan

Il contesto in cui il WSJ ha pubblicato il suo articolo include anche il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman che ha chiesto durante il loro incontro alla Casa Bianca il mese scorso che Trump svolgesse un ruolo molto più attivo nel mediare la fine di questo conflitto. Allo stesso tempo, Trump ha anche rilanciato i colloqui tra Russia e Stati Uniti sull’Ucraina, che potrebbero essere complicati dalla sua ipotetica pressione sul governo sudanese affinché abbandoni l’accordo con la Russia sulla base navale in cambio di un sostegno diplomatico americano più forte.

Ciononostante, l’articolo del WSJ è stato probabilmente pubblicato ora anziché in ottobre, quando il Sudan avrebbe comunicato alla Russia le sue ultime condizioni per la base navale a lungo rinviata proprio a tale scopo, nella speranza che ciò esercitasse una forte pressione su di lui per aver involontariamente complicato i negoziati con la Russia. Tuttavia, ciò potrebbe effettivamente ritorcersi contro, se i diplomatici russi e statunitensi proponessero in modo creativo di coordinare il loro sostegno militare al governo sudanese e di cooperare congiuntamente alla mediazione di un accordo di pace.

Per questi motivi, la notizia che la base navale russa in Sudan, a lungo rinviata, potrebbe tornare in pista potrebbe inavvertitamente avvicinare la Russia e gli Stati Uniti, anziché allontanarli. Naturalmente dipenderà dalla creatività dei loro diplomatici e dalla volontà politica dei loro leader, ma lo scenario non può essere escluso, così come non può essere escluso quello di Trump che cede alle pressioni dello “Stato profondo” per chiedere al Sudan di rinunciare all’accordo in cambio del sostegno degli Stati Uniti. In ogni caso, la risposta degli Stati Uniti influirà probabilmente sulle relazioni con la Russia.

Gli Stati Uniti potrebbero perseguire la “balcanizzazione pacifica” del Congo

Andrew Korybko20 dicembre
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Trump 2.0 potrebbe concludere che la federalizzazione è l’unica soluzione sostenibile alla prolungata crisi politico-sicura del Congo, per scongiurare il suo (inevitabile?) secondo crollo e consentire di conseguenza agli Stati Uniti di gestire la conseguente corsa all’influenza e ai profitti all’interno dei suoi nuovi stati autonomi.

Trump ha supervisionato la firma di una dichiarazione di pace congiunta da parte delle sue controparti congolese e ruandesi all’inizio di dicembre, che si basava sull’accordo di pace firmato dai rispettivi Ministri degli Esteri alla presenza del suo Segretario di Stato durante l’estate. Meno di una settimana dopo, il presidente congolese Felix Tshisekede ha accusato il Ruanda di aver violato l’accordo nel contesto della continua offensiva dei ribelli M23 sostenuti da Kigali, con cui Kinshasa è impegnata in colloqui separati, facilitati dal Qatar, che hanno portato a un accordo quadro il mese scorso.

In precedenza era stato stimato che l’interesse degli Stati Uniti per i minerali di terre rare (REM) della Repubblica Democratica del Congo (RDC) avrebbe probabilmente portato Washington a imporre a tutte le parti il ​​rispetto dell’accordo, al fine di facilitare l’estrazione di questa risorsa dalle province orientali del Nord e Sud Kivu, parzialmente controllate dall’M23. L’ enfasi regionale sulla cooperazione energetica e sulle REM con i paesi africani della Strategia per la Sicurezza Nazionale (NSS) recentemente pubblicata conferma questa aspettativa.

Anche se un intervento diplomatico americano impedisse che gli ultimi scontri degenerassero in una crisi a tutti gli effetti, la situazione politico-sicura generale della RDC rimarrà tesa a causa del sostegno dell’M23 agli obiettivi della coalizione di opposizione AFC. Questa è l’abbreviazione francese dell’Alleanza del Fiume Congo, che vuole federalizzare la RDC e, a quanto pare, gode del sostegno dell’ex presidente Joseph Kabila , condannato a morte in contumacia per tradimento e altri crimini correlati lo scorso autunno.

Nello scenario in cui Kabila presiedesse un governo guidato dall’AFC nella RDC, qualunque cosa accada, la devoluzione del Paese in uno Stato federale potrebbe portare province ricche di risorse come il Kivu e l’ex Katanga (ora diviso in diverse province più piccole) ad accaparrarsi la maggior parte della ricchezza nazionale. Se gli Stati federali diventassero così autonomi da comandare le proprie forze di sicurezza, il Paese rischierebbe la “balcanizzazione”, a seguito della quale potrebbe iniziare una corsa all’influenza e ai profitti in tutta la RDC.

Reuters ha appena pubblicato un rapporto su come ” i ribelli dell’M23 consolidano il loro dominio nel Congo orientale nonostante Trump proclami la pace “, creando così uno stato autonomo di fatto che potrebbe diventare il modello per la federalizzazione del paese. La federalizzazione potrebbe tuttavia portare a una guerra civile e persino regionale, ma il rischio potrebbe essere gestito se gli Stati Uniti proponessero proattivamente questa soluzione e poi mediassero accordi sui confini interni, sulla condivisione della ricchezza e sulla condivisione della sicurezza tra gli stati e il governo federale.

Inoltre, data l’enfasi posta dall’NSS sull’esplorazione di partnership energetiche redditizie con i paesi africani, gli investimenti statunitensi potrebbero ristrutturare le dighe di Inga I e II nella RDC occidentale, prive di REM. Potrebbero anche finanziare la diga di Grand Inga , che sarebbe la più grande al mondo con una capacità di produzione energetica doppia rispetto alla diga delle Tre Gole in Cina, e l’energia idroelettrica che ne deriverebbe potrebbe industrializzare il paese e l’intera regione. Anche i data center occidentali per l’intelligenza artificiale, ad alto consumo energetico, potrebbero essere costruiti nelle vicinanze .

Considerando che la RDC è ora ufficiosamente un protettorato americano dopo l’accordo di pace con il Ruanda mediato dagli Stati Uniti, è quindi possibile che Trump 2.0 proponga proattivamente la federalizzazione graduale del paese come mezzo per risolvere in modo sostenibile le sue prolungate crisi politico-sicure. Ciò potrebbe scongiurare un secondo (inevitabile?) collasso, con le terribili conseguenze umanitarie che potrebbero derivarne, mentre si gestisce la corsa all’influenza e ai profitti all’interno di questo stato ormai “pacificamente balcanizzato”.

La ridenominazione dell’Asia centrale in Turkestan da parte del curriculum turco è l’ultima dimostrazione di soft power della Turchia

Andrew Korybko19 dicembre
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La Russia dovrebbe prepararsi all’accelerazione dei processi di integrazione globale guidati dalla Turchia lungo il suo fronte meridionale e alle gravi implicazioni che ciò potrebbe avere per la sua sicurezza.

Il Ministro dell’Istruzione turco ha annunciato a fine novembre che il curriculum del suo Paese sostituirà l’Asia Centrale con il Turkestan, nell’ambito dei suoi piani di unità pan-turca. Ciò coincide con l’invito delle cinque Repubbliche dell’Asia Centrale a partecipare alla loro Riunione Consultiva annuale dei Capi di Stato e con il successivo cambio di denominazione in ” Comunità dell’Asia Centrale ” (CCA), che segue la presentazione, a inizio agosto, della “Strada Trump per la Pace e la Prosperità Internazionale” ( TRIPP ). Tutto ciò non fa presagire nulla di buono per gli interessi russi.

In precedenza era stato spiegato come ” l’Occidente stia ponendo nuove sfide alla Russia lungo tutta la sua periferia meridionale “, utilizzando la Turchia come proverbiale punta di diamante per iniettare l’influenza occidentale nel Caucaso meridionale e nell’Asia centrale attraverso il TRIPP. Inoltre, ” gli accordi minerari degli Stati Uniti sull’Asia centrale potrebbero esercitare maggiore pressione su Russia e Afghanistan “, rafforzando così l’accerchiamento della Russia guidato dalla Turchia. La Russia ora deve fare i conti con il possibile spostamento dell’identità (e della lealtà) dei suoi membri al Turkestan.

Il Tagikistan è l’eccezione, in quanto è l’unico membro non turco e, a differenza degli altri, non partecipa all'”Organizzazione degli Stati Turchi” (OTS) guidata dalla Turchia (gli altri sono membri, mentre il Turkmenistan è osservatore). In ogni caso, l’ultima sfida che si profila sul fronte meridionale della Russia è la trasformazione delle loro identità post-sovietiche di Repubbliche dell’Asia Centrale (o dell’Azerbaigian, semplicemente Azerbaigian) in quella proposta dalla Turchia, che è il nome che un tempo veniva dato all’Asia Centrale.

Tuttavia, sebbene questo ” ritorno alla storia ” sia in linea con la tendenza multipolare del civilizzazione, secondo cui gli stati-civiltà (ad esempio quelli come la Turchia, che hanno lasciato eredità socio-culturali durature agli altri nel corso dei secoli) ripristinano le loro “sfere di influenza”, questo esempio ha gravi implicazioni per la Russia. L’OTS è nato come un’organizzazione socio-culturale che ora sta assumendo funzioni economiche e persino di sicurezza, e la neonata CCA con l’Azerbaigian funge essenzialmente da sottogruppo al suo interno.

Con il TRIPP come catalizzatore, si prevede quindi che questa combinazione di fattori darà una spinta ai processi di integrazione globale guidati dalla Turchia in questo vasto spazio geografico che si estende dall’Anatolia al Caucaso meridionale fino al cuore dell’Eurasia centroasiatica, sfidando così l’influenza della Russia in tale area. L’imminente e forse inevitabile intensificazione della cooperazione in materia di sicurezza tra i tradizionali partner centroasiatici della Russia e la Turchia, membro della NATO, potrebbe innescare un dilemma di sicurezza.

Per essere chiari, non c’è nulla di sbagliato nell’integrazione socio-culturale e nelle espressioni di orgoglio di civiltà condiviso, poiché la Russia incoraggia proprio questo all’interno di quello che chiama il “Mondo Russo”, alcune parti del quale si sovrappongono al sottogruppo CCA de facto dell’OTS. Il rischio, tuttavia, è che l’erosione dell’influenza russa tra questi ultimi, facilitata dalla graduale trasformazione delle loro identità da Repubbliche centroasiatiche post-sovietiche separate a parte del Turkestan, possa incoraggiare i malintenzionati a tentare un gioco di potere.

Ciò potrebbe portare élite corrotte che si identificano con la Turchia a sostituire la consolidata e reciprocamente vantaggiosa influenza economica della Russia in Asia centrale con quella della Turchia, parallelamente al tentativo di adeguare le proprie forze armate agli standard NATO, proprio come è recentemente riuscito a fare l’Azerbaigian con le proprie. Quanto più queste élite e i loro cittadini si autoidentificheranno come parte del Turkestan a guida turca, anziché dei rispettivi stati nazionali post-sovietici, che è ciò che l’ultima mossa della Turchia mira a favorire, tanto più probabile sarà questo.

Cinque motivi per cui il partenariato strategico tra Etiopia e India, recentemente dichiarato, è così importante

Andrew Korybko18 dicembre
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La centralità dello sviluppo condiviso basato sul digitale e sull’intelligenza artificiale è probabilmente la caratteristica più significativa della loro nuova relazione, che è il mezzo attraverso il quale l’India intende competere con la Cina in modo amichevole per conquistare cuori, menti e mercati in tutto il Sud del mondo.

L’Etiopia e l’India hanno elevato i loro legami storici a una partnership strategica durante la visita del Primo Ministro indiano Narendra Modi , che ha ricevuto un’accoglienza solenne . Il suo omologo Abiy Ahmed ha infranto il protocollo per andarlo a prendere all’aeroporto e poi riaccompagnarlo . Durante la sua visita, Modi ha anche ricevuto il Grande Onorificenza Nishan dell’Etiopia , la più alta onorificenza del Paese, mentre i colloqui hanno portato a otto risultati . Di seguito sono riportati i cinque principali motivi per cui la loro nuova partnership strategica è così importante:

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1. L’Etiopia e l’India sono civiltà antiche

Modi ha affermato che i loro Paesi sono in realtà civiltà antiche con millenni di relazioni durante il suo discorso al Parlamento etiope. Questo è significativo poiché una delle tendenze della transizione sistemica globale è il ruolo guida di quelli che la Scuola Russa del Multipolarismo considera stati-civiltà , quelli che hanno lasciato eredità socio-politiche durature ai loro vicini nel corso dei secoli. Etiopia e India rientrano in questa categoria e, di conseguenza, stanno accelerando i processi multipolari nelle loro regioni.

2. Sono anche leader del Sud del mondo

Alcuni stati-civiltà sopravvissuti hanno ormai perso gran parte della loro influenza, ma non l’Etiopia e l’India, che sono leader del Sud del mondo. L’Etiopia è il secondo paese più popoloso dell’Africa, l’India è il primo al mondo, ed entrambi sono paesi BRICS in rapido sviluppo, quindi una maggiore cooperazione Sud-Sud tra loro può essere d’esempio per il resto del Sud del mondo. Per quanto riguarda i BRICS, godono anche di stretti legami con gli altri membri, Russia ed Emirati Arabi Uniti, il che potrebbe portare a un mini-laterale o “Quadripolare” all’interno di questo gruppo.

3. L’intelligenza artificiale avrà un ruolo centrale nei loro legami

Abiy ha osservato che “la visione indiana dell’autosufficienza è in forte sintonia con la filosofia di sviluppo dell’Etiopia”, il che contestualizza la decisione di Modi di istituire un data center in Etiopia, di offrire corsi di breve durata specializzati in intelligenza artificiale ai suoi studenti e di invitare Abiy all’AI Impact Summit del prossimo anno. Abiy immagina che l’Etiopia guidi il futuro africano basato sull’intelligenza artificiale nella ” Quarta Rivoluzione Industriale “, ed è estremamente importante che l’India aiuti il ​​suo Paese , e quindi l’intero Paese, a raggiungere questo obiettivo .

4. Hanno sfide di sicurezza simili…

Sebbene non vi sia stata alcuna conferma che ne abbiano discusso durante i colloqui, Etiopia e India affrontano sfide simili in materia di sicurezza, in particolare un vicino ostile che ha condotto contro di loro varie forme di guerra ibrida nel corso dei decenni. Questo include il sostegno a gruppi che considerano terroristi. Esistono quindi le basi per una più stretta cooperazione militare-di sicurezza tra i due Paesi, che potrebbe comportare colloqui più frequenti tra i loro massimi ufficiali militari, vendite di armi, esercitazioni congiunte e conferenze pertinenti.

5. …E interessi nella sicurezza marittima regionale

Il blocco del Mar Rosso da parte degli Houthi ha messo in pericolo l’economia etiope, che dipende da questa via d’acqua per il commercio internazionale, e ha aumentato il costo delle esportazioni indiane verso l’Europa, poiché la stragrande maggioranza transita attraverso di essa. Entrambi hanno quindi interessi nella sicurezza marittima regionale, che l’Etiopia intende promuovere ripristinando il suo storico… accesso al mare e, di conseguenza, alla sua marina, mentre l’India potrebbe essere interessata a una base navale nelle vicinanze. Il riconoscimento congiunto del Somaliland potrebbe aiutarli a raggiungere i loro obiettivi.

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Nel complesso, il significato principale del nuovo partenariato strategico tra Etiopia e India risiede nella centralità dello sviluppo condiviso basato sul digitale e sull’intelligenza artificiale, che rappresenta il mezzo attraverso il quale l’India intende competere con la Cina in modo amichevole per conquistare cuori, menti e mercati in tutto il Sud del mondo. Finora la Cina aveva di fatto il monopolio su tutto questo tramite la BRI, ma ora l’India ha lanciato la sfida e la concorrenza che ne deriva offrirà agli stati del Sud del mondo più opzioni e quindi accordi più vantaggiosi.

Nawrocki ha condiviso alcune interessanti intuizioni su Ucraina, Russia e Trump

Andrew Korybko18 dicembre
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Le sue opinioni su tutti e tre sono sorprendentemente pragmatiche per un presidente polacco e potrebbero presagire che il suo paese rispetterà qualsiasi grande accordo strategico tra Stati Uniti e Russia, invece di cercare di sabotarlo.

Il presidente polacco Karol Nawrocki ha rilasciato un’intervista a Wirtualna Polska all’inizio di questa settimana, in cui ha condiviso alcuni interessanti spunti di riflessione su Ucraina, Russia e Trump. Ha iniziato promettendo il continuo sostegno all’Ucraina contro il comune nemico russo, ma solo come partner alla pari, e ha affermato che molti polacchi non hanno più la sensazione che la Polonia venga trattata come tale dall’Ucraina. Nawrocki ha concordato, riferendosi alla Volinia. genocidio e controversie sui cereali per descrivere la Polonia come finora un partner minore dell’Ucraina.

Prevede di correggere questa situazione dando priorità agli interessi nazionali della Polonia nei suoi rapporti con tutti, compresa l’Ucraina, il cui leader lo incontrerà a Varsavia venerdì. A proposito di lui, ha affermato che esprimerà chiaramente le sue opinioni su tutto questo durante i colloqui, sperando che portino l’Ucraina a trattare le proprie relazioni con rispetto, anziché limitarsi a un semplice ringraziamento. Il fatto che non l’abbia ancora fatto fa chiedere a Nawrocki “se Varsavia abbia cessato di essere importante per Kiev”.

Ritiene che la Polonia sia ancora di fondamentale importanza per l’Ucraina, ma “ho la sensazione che il presidente Volodymyr Zelensky si sia abituato a dare per scontata la Polonia negli ultimi anni. Non c’è bisogno di concordare nulla con noi, non c’è bisogno di parlare, perché eravamo lì e abbiamo dato tutto”. Questo è seguito da alcune parole sul primo ministro Donald Tusk, che Nawrocki ritiene non sia rispettato all’estero, motivo per cui la Polonia è stata esclusa dai principali colloqui di pace sull’Ucraina.

Ha poi aggiunto: “Credo che sarebbe stato di buon gusto e di buona forma da parte di Volodymyr Zelensky parlarne fin dall’inizio… Si potrebbe pensare che [lui] dovrebbe essere la persona principale interessata alla presenza della Polonia al tavolo dei negoziati. Questo sarebbe vero se le nostre relazioni fossero strutturate in modo adeguato. Nel frattempo, il presidente Zelensky vede la Polonia come una risorsa stabile e ovvia che non richiede mosse particolari, ed è molto più disposto a interagire con i leader dell’Europa occidentale”.

In ogni caso, Nawrocki ha ribadito la sua convinzione che non ci si possa fidare del rispetto degli accordi da parte della Russia, convinzione che ha dichiarato ai suoi interlocutori di aver già trasmesso a Trump diverse volte. Ciononostante, ha affermato di confidare che Trump non danneggerà gli interessi della Polonia durante i suoi colloqui con Putin, il cui aspetto territoriale (e il principale ostacolo secondo quanto riportato) non riguarda nemmeno la Polonia, ha detto. Ha tuttavia confermato che il suo “sogno” autodefinito rimane quello di negoziare la pace al loro fianco e con Zelensky.

Riflettendo su quanto detto da Nawrocki su Ucraina, Russia e Trump, si nota un pragmatismo impressionante per un presidente polacco, e l’ultima parte è in linea con quanto dichiarato a fine settembre su come sarebbe disposto a parlare con Putin se la sicurezza della Polonia dipendesse da questo. Non c’è dubbio che la storica rivalità russo-polacca sia stata riaccesa nel corso della guerra per procura in Ucraina, durante la quale gli Stati Uniti hanno sostenuto il ripristino della leadership regionale della Polonia , ma questo non deve necessariamente portare a un’altra guerra.

La conclusione della sua intervista è quindi che la Polonia potrebbe svolgere un ruolo positivo nella nuova architettura di sicurezza che caratterizzerà l’Europa post-conflitto. Invece di agitarsi sconsideratamente contro la Russia e di mantenere la Polonia subordinata al ruolo di partner minore dell’Ucraina, la Polonia, sotto la guida di Nawrocki, potrebbe comportarsi responsabilmente e dare davvero priorità ai propri interessi nazionali. Ciò potrebbe concretizzarsi nel rispetto di qualsiasi accordo di massima importanza. strategico accordo che Stati Uniti e Russia potrebbero raggiungere invece di cercare di sabotarlo.

La nuova politica dell’UE nei confronti dei beni sequestrati alla Russia non mira ad aiutare l’Ucraina

Andrew Korybko17 dicembre
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Il vero scopo potrebbe essere quello di impedire agli Stati Uniti di raggiungere un accordo con la Russia, come previsto dal punto 14 del suo quadro di pace in 28 punti trapelato, per investire una somma significativa dei beni sequestrati dall’UE al suo (ormai ex) avversario in progetti congiunti, probabilmente nei settori dell’energia e delle terre rare, dopo la fine del conflitto.

La Russia ha condannato la recente decisione dell’UE di immobilizzare a tempo indeterminato i beni sequestrati , una procedura speciale che ha scandalosamente eluso il potere di veto degli Stati membri nel tentativo di impedire a Ungheria e Slovacchia di bloccarli. Questa mossa potrebbe precedere la confisca di parte di questi fondi da parte dell’Unione, che potrebbe cederli all’Ucraina e/o utilizzarli come garanzia per un prestito a quel Paese. Lo scopo ufficiale sarebbe quello di finanziare ulteriori acquisti di armi e/o contribuire alla ricostruzione post- conflitto .

Il primo obiettivo non porterà l’Ucraina a infliggere alla Russia la sconfitta strategica auspicata dall’UE, mentre il secondo richiede molto più dei semplici beni sequestrati alla Russia per essere completato. Indipendentemente dallo scopo ufficiale, confiscare i beni della Russia o utilizzarli come garanzia per un prestito all’Ucraina infliggerebbe un danno irreparabile alla reputazione finanziaria dell’UE. Gli investitori stranieri potrebbero essere indotti a temere che i loro beni non siano più al sicuro e potrebbero quindi ritirarli dalle banche dell’UE e non depositarvi più quelli futuri.

L’Unione potrebbe quindi perdere centinaia di miliardi di dollari, forse più di mille miliardi o anche di più col tempo, tutto apparentemente per il bene dell’Ucraina, nonostante sia impossibile per quel Paese sconfiggere strategicamente la Russia o essere ricostruito interamente con i fondi rubati al suo nemico. Vi sono quindi fondati motivi per sospettare che l’UE abbia secondi fini in mente per prendere seriamente in considerazione questa possibilità e che la sua nuova politica nei confronti dei beni sequestrati alla Russia non miri ad aiutare l’Ucraina.

Il vero scopo potrebbe essere quello di impedire agli Stati Uniti di raggiungere un accordo con la Russia, come previsto dal punto 14 del quadro di 28 punti dell’accordo di pace russo-ucraino trapelato, per investire una somma significativa dei beni sequestrati dall’UE al suo (ormai ex) avversario in progetti congiunti, probabilmente nei settori dell’energia e delle terre rare, dopo la fine del conflitto. Un simile accordo potrebbe mettere i due Paesi sulla strada della rivoluzione dell’architettura economica globale, come spiegato qui , e di conseguenza accelerare la crescente irrilevanza dell’UE al suo interno.

Per scongiurare tale scenario, l’UE avrebbe potuto quindi decidere di immobilizzare a tempo indeterminato i beni sequestrati alla Russia come primo passo verso l’affermazione “legalmente” della quasi-proprietà su di essi, per poi confiscarli e/o utilizzarli come garanzia per un prestito all’Ucraina. La procedura speciale impiegata per aggirare il potere di veto degli Stati membri non promette nulla di buono per la capacità di Ungheria, Slovacchia e altri paesi interessati di porre il veto alle suddette mosse che potrebbero presto seguire.

Il piano di cui sopra potrebbe essere sventato se la Russia trasferisse la proprietà legale dei suoi beni sequestrati dall’UE agli Stati Uniti, come proposto qui ad aprile, ma ciò è possibile solo se Russia e Stati Uniti raggiungono un accordo sull’utilizzo di questi fondi per finanziare progetti congiunti, il che richiede una fiducia solida che ancora non esiste. Progressi tangibili nel raggiungimento di un accordo NATO-Russia Un patto di non aggressione , o almeno la gestione delle tensioni turco-russe in Asia centrale da parte degli Stati Uniti , potrebbe portare a questo risultato e garantire che questi fondi non vengano tutti rubati.

Se gli Stati Uniti ottenessero la proprietà legale dei beni sequestrati alla Russia, Trump avrebbe il pretesto per chiederne il trasferimento agli Stati Uniti, pena sanzioni, che è l’unico modo per garantire che non vengano ceduti all’Ucraina o che rimangano immobilizzati a tempo indeterminato. L’UE deve quindi decidere se valga la pena sostenere il costo gigantesco di distruggere la propria reputazione finanziaria solo per impedire un riavvicinamento tra Russia e Stati Uniti, ma se andasse fino in fondo, i due Paesi potrebbero allearsi contro di essa in seguito.

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Perché il tuo futuro in Cina dipende dalla città in cui ti trovi (Episodio 2): debito locale, Hefei e la ricerca della certezza_di Fred Gao

Perché il tuo futuro in Cina dipende dalla città in cui ti trovi (Episodio 2): debito locale, Hefei e la ricerca della certezza

Nie Huihua ha spiegato perché la maggior parte dei luoghi non riesce a replicare gli investimenti governativi in ​​stile Hefei, come l’e-commerce sta rimodellando la governance della contea e cosa significa realmente “stabilità” in un’epoca di incertezza.

Fred Gao18 dicembre
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Semplicemente non si può prevedere il destino; nessuno può prevedere il proprio destino. La fortuna di una persona dipende, ovviamente, dalla lotta interiore, ma bisogna anche considerare le maree della storia.

那么人呐,就都不知道(命运),自己就不可以预料.一个Per favore, 当然要靠自我奋斗,但是也要考虑到历史的行程

Queste sono le parole che mi sono venute in mente mentre ascoltavo il messaggio conclusivo del professor Nie ai giovani ascoltatori cinesi nel suo ultimo podcast, in cui li esortava ad abbassare le aspettative, migliorare le proprie competenze, fare esercizio, apprezzare il tempo, imparare bene l’inglese e leggere di più la storia.

Nel primo episodio, il Prof. Nie ha spiegato che il rango amministrativo di una città non è solo un’etichetta, ma un meccanismo di distribuzione. Determina chi ottiene scuole e ospedali migliori, chi ha più opportunità di lavoro e quali luoghi godono di margine di manovra fiscale e autonomia politica fin dall’inizio. Il Prof. Nie Huihua ci ha anche spinto a guardare oltre gli slogan su “fuggire dalle megalopoli” o “tornare alla contea”, e a considerare invece la logica di governance più profonda: più alto è il livello, più le regole formali contano; più si scende, più le regole informali prevalgono. In presenza di contratti incompleti e di una gestione territoriale incompleta, i funzionari di base finiscono per avere “responsabilità illimitata” e questo, in pratica, produce un potere amplificato.

Perché il tuo futuro in Cina dipende dalla città in cui ti trovi
Fred Gao·16 dicembre
Perché il tuo futuro in Cina dipende dalla città in cui ti trovi
Per motivi di tempo, non sono riuscito a tenere il passo con il podcast che ho iniziato l’anno scorso. Ho deciso di cambiare leggermente il formato e di usare questo spazio per presentarvi il mio podcast cinese preferito in assoluto dell’anno: “Una conversazione con Nie Huihua: un impiego governativo è la scelta migliore in una crisi economica?”.
Leggi la storia completa

Il primo episodio si è concluso con il duro confronto con il modello di crescita cinese: l’ascesa e i limiti della finanza fondiaria, e come la breve durata dei mandati e gli incentivi al rendimento abbiano reso razionale, in molti luoghi, “bere veleno per placare la sete”. Ora che il settore immobiliare non è più un bancomat affidabile, il debito locale è diventato il rinoceronte grigio di cui tutti parlano, eppure per la maggior parte delle persone risulta ancora astratto.

Quindi, nell’episodio 2, portiamo la discussione a livello di strada. Quando i finanziamenti per la terra svaniscono e la pressione del debito aumenta, cosa possono fare esattamente le amministrazioni locali , e cosa dovrebbero smettere di cercare di fare? Il “modello Hefei” può davvero funzionare come modello universale per altre località? In che modo l’e-commerce ha rimodellato la governance di base, economicamente, politicamente e culturalmente? E per i giovani laureati, in un’epoca in cui “la fine dell’universo è l’esame di stato” è diventato uno slogan, il kaogong è davvero la forma ottimale di avversione al rischio, o solo una migrazione di massa verso una certezza percepita?

Qui, il Prof. Nie ci fornisce un promemoria che fa riflettere: Hefei potrebbe fare grandi scommesse perché è in grado di mobilitare risorse a livello provinciale, tollerare il rischio e cavalcare un momento particolare. La maggior parte delle città a livello di prefettura non può farlo; le contee non possono nemmeno sognarlo. E anche quando i governi cercano di agire come capitalisti di rischio, i loro incentivi – visibilità, stabilità, “risultati politici” misurabili – spesso si scontrano con la logica dell’innovazione, che è caotica, incerta e difficile da verificare.

Offre anche consigli insolitamente sinceri sulle scelte personali in situazioni di incertezza: che tipo di persone sopravvivono effettivamente all’interno del team dei dipendenti pubblici, perché la “ciotola di riso di ferro” potrebbe ancora erodersi in modi più silenziosi (bonus in calo, dipartimenti che si fondono, mobilità che si riduce) e come appare la “vera sicurezza” quando nessuna istituzione può prometterla per sempre.

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Presentatore Bing Jie: A proposito di debito locale, molti ritengono che sia lontano dalla gente comune. Potresti dirci, se questo rinoceronte grigio dovesse davvero imporre la sua multa, come si trasmetterebbe alle nostre vite concrete? Ad esempio, i nostri stipendi, la previdenza sociale e persino i servizi pubblici intorno a noi, peggiorerebbero visibilmente a causa della mancanza di fondi da parte delle amministrazioni locali? Considerando questo, come fanno le amministrazioni locali a trovare la prossima fonte di entrate?

Prof. Nie: È molto difficile, ma credo anche che non sia necessario essere particolarmente pessimisti. Abbiamo bisogno di un modo di pensare diverso. Perché i governi locali devono sempre guidare lo sviluppo economico? Il loro ruolo corretto è migliorare il contesto imprenditoriale e fornire buoni servizi pubblici, giusto? Secondo la teoria classica dell’economia istituzionale, il ruolo principale del governo è quello di fornire protezione e giustizia, agendo più come arbitro che come giocatore. La nostra mentalità attuale si aspetta sempre che il governo faccia il giocatore. Questo è sbagliato. Non bisogna riporre la speranza che il governo scopra o coltivi un nuovo settore. È rischioso. Non basta vedere che poche città come Hefei hanno avuto successo e pensare che questo modello possa essere replicato. C’è un notevole elemento di fortuna, e c’è anche un bias di sopravvivenza: più fallimenti che non si vedono. I governi locali in realtà non hanno un chiaro vantaggio nello sviluppare o coltivare un settore. Rifletteteci: se il mercato non capisce qualcosa, su quali basi i responsabili dell’attrazione degli investimenti la capiscono meglio? Hanno solo un piccolo vantaggio informativo, ovvero la conoscenza dei vantaggi politici. Ma i vantaggi politici non sono necessariamente correlati positivamente con la tecnologia e i mercati. Se qualcosa è maturo sul mercato, chi ha la tecnologia più avanzata, questo non è possibile giudicarlo.

Quindi penso che il governo dovrebbe migliorare la gestione dei servizi pubblici. Le funzioni del governo devono trasformarsi; questo è fondamentale. Il governo dovrebbe trasformarsi da un governo orientato allo sviluppo a un governo orientato ai servizi. Creare un ambiente favorevole è sufficiente. Non selezionare personalmente i settori e promuovere le imprese. È rischioso.

Presentatore Bing Jie: Hai menzionato il bias di sopravvivenza, incluso il modello di Hefei. Al momento, il modello di Hefei è probabilmente visto anche come un caso di apprendimento da molti enti locali. Sembri avere dubbi sulla possibilità di replicare e promuovere ampiamente questo modello.

Prof. Nie: Come ho detto prima, molti governi non hanno alcun vantaggio informativo, né alcun vantaggio conoscitivo. Inoltre, molte località non sono ricche come Hefei. Hefei è il capoluogo di provincia. Quando è stato introdotto, ad esempio, l’investimento di NIO, ha utilizzato risorse a livello provinciale. Da dove troverebbe le risorse provinciali una normale città a livello di prefettura? Una città a livello di contea, una contea, da dove troverebbe le risorse provinciali? Ad esempio, Hefei investe in azioni. Innanzitutto, servono fondi per gli investimenti azionari. Un fondo a livello provinciale ammonta in media a decine di miliardi, oltre dieci miliardi di RMB. Da dove troverebbe oltre dieci miliardi una città a livello di contea? Quindi penso che la stragrande maggioranza delle località non dovrebbe adottare il modello di Hefei. Se non si cambiano gli incentivi e non si sposta il ruolo del governo da uno orientato allo sviluppo a uno orientato ai servizi, i vecchi problemi riaffioreranno. Tuttavia, affermare che dovremmo immediatamente frenare la locomotiva e impedire al governo di fungere da locomotiva economica è altrettanto irrealistico. Un freno di emergenza avrebbe molte conseguenze. Quello che sostengo è che dovremmo gradualmente passare a un governo orientato ai servizi, piuttosto che diventarlo immediatamente. Ma…

Presentatore Bing Jie: Professor Nie, al momento il modello Hefei è praticamente un mito agli occhi di molti governi locali; tutti vogliono impararlo. Lei afferma che il capitale di rischio governativo non ha alcun vantaggio. È come gettare acqua fredda sull’attuale attrattività degli investimenti. Se questa mossa non dovesse rivelarsi efficace, hanno altre carte da giocare?

Prof. Nie: È l’equivalente del capitale di rischio: individuo un settore, ci investo molto, coltivo imprese a monte/a valle, lo trasformo in un ecosistema, una catena industriale. Poi, quando si sviluppa, può ripagarmi con rendimenti di capitale più elevati, e io uso quel denaro per investire in nuove cose. Non è un modello di capitale di rischio? Esatto. Ma se il governo fa capitale di rischio, mi chiedo, dov’è il vantaggio? A parte una migliore comprensione delle politiche nazionali, non si ha alcun vantaggio. Quindi penso che dobbiamo essere particolarmente cauti perché questo modello ha davvero forti limiti. Credo persino che le città sviluppate possano utilizzarlo meno.

Sei già molto sviluppato; perché dovresti investire personalmente? Il tuo investimento potrebbe escludere gli investimenti privati. Le ricerche esistenti lo hanno già dimostrato. Alcuni funzionari locali sono così conservatori che, se investono in te, si aspettano che tu costruisca fabbriche e acquisti beni il più possibile. Perché? Perché è visibile. Se assumi personale per l’intelligenza artificiale, lui non se ne accorge, si preoccupa. Perché la sua logica non è guidata dalla ricchezza, ma dalla stabilità. Questo naturalmente non è in linea con la natura del capitale di rischio. Non sono mai stato molto ottimista riguardo al modello di investimento azionario. Non credo che sia un modello sostenibile.

Vorrei aggiungere un altro punto: studio gli unicorni. I due paesi con il maggior numero di unicorni a livello globale sono gli Stati Uniti e la Cina. Oltre il 30% degli unicorni presenta tracce di investimenti pubblici. Quindi dobbiamo chiederci: gli unicorni cinesi cresceranno più velocemente d’ora in poi? Al momento, sembra di no. Prima del 2021, Cina e Stati Uniti avevano un numero simile di imprese unicorno. Ora ne abbiamo solo la metà. Questo dovrebbe destare allarme. Gli unicorni sono tra le tipologie di imprese in più rapida crescita, più tecnologiche e più incerte. Quindi gli investimenti negli unicorni possono rivelare chiaramente i limiti degli investimenti pubblici. Qual è la ragione principale del ritardo?

L’incremento è minore. Le ragioni di questo minore incremento sono varie. Una è che i mercati dei capitali hanno meno liquidità. In precedenza, il 90% era costituito da fondi in USD; ora il 90% è costituito da fondi in RMB. I fondi in RMB che investono in settori ad alto rischio, alto rendimento e alta incertezza non hanno alcun vantaggio. Ma Hangzhou è speciale. Hangzhou non pone particolare enfasi sull’iniezione diretta di capitale governativo. Sia Hangzhou che Shenzhen enfatizzano il concetto di “rispondere a tutte le richieste, non disturbare senza motivo”. Molti luoghi vorrebbero imparare da Hangzhou e Shenzhen, ma non ci riescono. Perché? Ciò che è facile da imparare è “rispondere alle richieste”; ciò che non è facile da imparare è “non disturbare senza motivo”. Perché nelle regioni arretrate ci sono solo poche imprese; le si sorveglia ogni giorno, non fornendo loro abbastanza innovazione…

Presentatore Bing Jie: …spazio all’innovazione. Quindi, parlando del contesto imprenditoriale e della trasformazione verso un governo orientato ai servizi… Guardando la situazione ora, Hangzhou e Shenzhen sono i modelli ideali?

Prof. Nie: Se più città fossero come loro, sarebbe un bene. Sebbene presentino anche delle imperfezioni, hanno ottenuto ottimi risultati. La Cina ha solo una Shenzhen e una Hangzhou. Queste città sono destinate a essere al vertice della piramide. Perché? Perché, come ho detto prima, le risorse vengono allocate dall’alto verso il basso. Hangzhou e Shenzhen sono entrambe città sub-provinciali. Altri luoghi non hanno questo capitale, queste risorse. Non cercate di impararle ciecamente. Imparate la loro filosofia, come essere a favore delle imprese, servire le imprese e le imprese, non interferire. Questo si può imparare.

Prof. Nie: In realtà, le città con livelli di sviluppo economico più elevati sono tutte simili; il loro ambiente imprenditoriale è piuttosto buono. Scoprirete che le buone città sono quasi buone sotto tutti gli aspetti, mentre i luoghi meno buoni sono quasi scadenti sotto tutti gli aspetti. Non si tratta solo di Hangzhou e Shenzhen. Anche altre città come Suzhou vanno bene, solo relativamente meno attraenti. Quindi, finché ci sarà una concorrenza leale, le buone città convergeranno.

Naturalmente, il rovescio della medaglia è che la distanza tra città buone e cattive aumenterà ulteriormente. Questo è sfavorevole per le città piccole e medie perché non sono partite da una base competitiva completamente equa. A meno che non proponga un suggerimento: far sì che i livelli delle città cinesi tendano artificialmente verso l’uguaglianza. Come livellare? Innanzitutto, abolire la designazione di città sub-provinciali; le città dovrebbero essere parallele. Poi, in futuro, la differenza tra una città e una contea dovrebbe essere solo di mezzo livello; ora è una differenza di livello intero. Consentire alle contee e alle città a livello di prefettura di poter almeno competere ad armi pari con i distretti. Ora semplicemente non possono competere. Se una contea va bene, la città la trasforma immediatamente in un distretto, portandola sotto la sua giurisdizione.

Presentatore Bing Jie: In teoria, questo suggerimento sembra fantastico, ma da un punto di vista pratico, probabilmente è molto difficile.

Prof. Nie: In origine, i livelli delle città in Cina non erano così. Prima non esistevano nemmeno le “città”. Prima degli anni ’90, appartenevano alle “prefetture”. Le prefetture erano agenzie distaccate; il loro organo amministrativo era chiamato ufficio amministrativo, il cui capo era un commissario prefettizio. Era un’agenzia distaccata. Mm. A quel tempo, la gestione delle contee da parte delle prefetture si limitava alla macro-regolamentazione e al coordinamento; non potevano nemmeno decidere sul personale. In seguito, quando le prefetture divennero città, poterono amministrare direttamente le contee.

Quindi, vedete, abbiamo cambiato una volta. Perché non possiamo tornare indietro? Andando ancora più indietro – molti non lo sanno – avevamo persino livelli amministrativi superiori alle province. Dalla fondazione della RPC agli anni ’50, avevamo cinque grandi regioni amministrative: Cina Centrale, Cina Settentrionale, Cina Settentrionale, Cina Settentrionale-Orientale, Cina Sud-Occidentale, Cina Nord-Occidentale. Una regione amministrava diverse province. Tuttavia, le grandi regioni furono abolite dopo il 1950, quindi molti non ne sono a conoscenza. Se le persone comprendessero questa evoluzione del sistema amministrativo, non si sorprenderebbero particolarmente del mio suggerimento.

Tutti sanno che il livello di contea è l’unità amministrativa più elementare della Cina, quindi dovremmo lasciarla sviluppare bene. Ma ora il problema è che le città stanno usurpando le risorse delle contee. Se una contea si sviluppa bene, trasformandola in un distretto, perde la sua indipendenza. Ma così facendo, la contea non può competere con la città. A rigor di termini, questo concetto è errato perché una contea è parte di una città. Ma quello che voglio dire è che contee e distretti non possono competere, giusto? Questo non favorisce la competizione regionale. Stabilire bene le regole, consentire alle risorse di fluire liberamente: questo è fondamentale. Perché avere una gerarchia? Non è contraddittorio? I mercati enfatizzano regole parallele. Mm. Solo le imprese, solo i governi devono enfatizzare la gerarchia. In economia, le imprese caratterizzate da gerarchia e i mercati caratterizzati da transazioni parallele sono originariamente due meccanismi alternativi di allocazione delle risorse. Quindi penso che in futuro dovremmo indebolire la funzione a livello di città. Le province sono indispensabili.

Prof. Nie: Quindi eliminiamo il livello cittadino, rendiamo meno sostanziale il livello di contea, eliminiamo il livello di township… in questo modo, il sistema si struttura principalmente su tre livelli. Ciò ridurrebbe notevolmente i costi amministrativi e aumenterebbe notevolmente l’efficienza amministrativa. Un altro motivo è che i progressi della tecnologia digitale rendono tale gestione più efficiente. Perché in passato avevamo bisogno di cinque livelli? A causa dell’asimmetria informativa, trasmessa da un livello all’altro. Ora, i vertici o il governo centrale sono a conoscenza di molte situazioni di base più rapidamente e prima delle organizzazioni di base stesse, grazie ai big data e all’intelligenza artificiale. Quindi questa è sicuramente una tendenza futura.

Presentatore Bing Jie: Considerando il flusso demografico e i cambiamenti nella struttura urbana, è vero che alcune contee stanno sperimentando un continuo deflusso netto di popolazione. Quindi ci sono state molte discussioni sulla possibilità che alcune contee scomparissero?

Prof. Nie: Scompariranno sicuramente. Circa un centinaio di città si sono ridotte. Questa è una tendenza. Le persone seguono le risorse; le risorse seguono il potere; il potere è radicato nella gerarchia. Questa è la frase più importante del mio libro. Mm. Quindi rifletti: dove sono le risorse? Le risorse vengono assegnate dall’alto verso il basso, secondo una gerarchia. Quindi, naturalmente, si fluisce verso le città di livello superiore; questo è normale. Aggiungete a ciò che la popolazione sta diminuendo, quindi in futuro molti villaggi scompariranno sicuramente e molte contee si fonderanno. Questa è sicuramente la tendenza. Proprio per questo, ritengo che il livello cittadino possa essere reso meno sostanziale. Ingrandire le contee e lasciarle competere. Perché ora le province possono amministrare direttamente le contee. Sebbene un segretario di partito di contea sia un quadro a livello di capo divisione, in linea di principio dovrebbe essere sotto la giurisdizione cittadina, ma in pratica è già sotto la giurisdizione provinciale. Importanti segretari e capi di partito distrettuali e di contea sono ora nominati dalla provincia, il che significa che la provincia può già amministrare le contee. Dato che la provincia può amministrare direttamente le contee, posso chiedere perché mantenere il livello cittadino? O rendere la città un’unità parallela alla contea, o mezzo livello più in alto rispetto alla contea. Anche nell’antichità era così. La provincia poteva amministrare direttamente una prefettura, equivalente all’attuale città a livello di prefettura, o un dipartimento amministrato direttamente. La provincia poteva amministrare direttamente una contea, equivalente a un dipartimento qui leggermente più grande di una contea; un dipartimento poteva amministrare le contee, giusto? Ma poteva anche amministrare direttamente un luogo; poteva anche amministrare direttamente una contea. Questo cosa dimostra? Significa che anche nell’antichità il livello provinciale poteva già amministrare due livelli più in basso. Questo significa…

Presentatore Bing Jie: Da un punto di vista pratico, si tratta di integrare l’attuale integrazione tra città e contea

Prof. Nie: Giusto, è proprio quello che intendo. Città e contee potrebbero essere parallele. O semi-parallele, con le città mezzo livello più in alto delle contee, ma sia le città che le contee sono amministrate direttamente dalla provincia.

Presentatore Bing Jie: Qual è il vantaggio di sviluppare in questo modo? Risorse più concentrate?

Prof. Nie: Riduce alcune deviazioni nel processo di allocazione delle risorse in base alla gerarchia. Perché ora ci sono cinque livelli; le risorse vengono intercettate a ogni livello; molte risorse non raggiungono la contea, ma vengono intercettate dalla città. Dal momento che si desidera sviluppare le economie delle contee, è necessario creare un ambiente competitivo equo.

Presentatore Bing Jie: Ho letto nel suo libro, riguardo al futuro percorso di sviluppo delle contee, che ha menzionato qualcosa che mi ha profondamente colpito. Ha detto di affidarsi all’e-commerce per far rivivere le piccole contee.

Prof. Nie: Non ho detto che avrebbe avuto sicuramente successo, ma penso che per i piccoli paesi sia un’opportunità. I ​​piccoli paesi che sviluppano l’e-commerce non si limitano a impegnarsi in un’attività economica; stanno anche migliorando la loro capacità di governance. Perché? Pensateci: con così tante persone comuni, agricoltori e lavoratori che si dedicano all’e-commerce, la loro consapevolezza dell’economia di mercato non migliora? Dopo aver acquisito un senso di competizione, possono espandere la loro attività. Poi, pensateci: non è necessario interagire con le aziende di piattaforme? E anche con molti self-media? In questo caso, il vostro orizzonte è diverso. Come rispondete? Come utilizzate queste risorse? Come espandervi? Come promuovere al meglio? Come promuovere il turismo culturale locale? Vedete, dovete imparare. La base ha effettivamente bisogno di parecchie persone che comprendano i self-media, le reti moderne, l’opinione pubblica e l’e-commerce.

Prof. Nie: Credo quindi che l’e-commerce abbia un impatto enorme sulla governance di base; la sta trasformando sotto ogni aspetto. Inoltre, i funzionari non possono più agire in modo arbitrario. Ora, con i media autonomi e l’e-commerce, molte cose si diffondono facilmente online. Questo costringe le amministrazioni locali a trasformarsi. Penso che sia un bene, no? Quindi l’e-commerce e la logistica hanno rimodellato in modo considerevole l’ecosistema della governance di base. E proprio grazie all’e-commerce, molte persone non hanno più bisogno di vivere nelle grandi città. Ad esempio, Dali è considerata la città natale dei nomadi digitali. Ho degli amici lì. E può anche favorire la rivitalizzazione rurale.

Presentatore Bing Jie: Il gruppo dei nomadi digitali fa effettivamente parte di questa attuale ondata di giovani che tornano a casa, un gruppo piuttosto rappresentativo, proprio perché sfrutta l’attuale sviluppo della rete.

Prof. Nie: Esatto. In realtà, la Cina, in termini di sviluppo dell’economia digitale, è arrivata tardi, superando i veterani. Siamo un paese in via di sviluppo, ma la nostra scala di economia digitale è già seconda a livello mondiale, solo dopo gli Stati Uniti. Grazie a Internet, anche i bambini delle aree più remote possono assorbire rapidamente le conoscenze moderne, se non le usano solo per guardare TikTok e giocare, ma questo è un altro discorso. Dato che stiamo parlando di questioni rurali, come sviluppare le campagne e come attuare la rivitalizzazione rurale? In realtà, dovremmo far entrare i soldi e far uscire le persone. Ora, Germania, Giappone, molti posti sono così. Se potessimo rendere le nostre campagne belle come quelle del Giappone, credo che molti sarebbero disposti ad andarci. Ora, con reti così sviluppate, nei fine settimana leggermente più lunghi, si può andare in campagna per le vacanze. Perché non dovrei? Perché dovrei ammassarmi in città?

Conduttore Bing Jie: Concludiamo parlando un po’ di sviluppo personale e tendenze future. Va bene? Perché all’inizio abbiamo anche detto perché le persone dovrebbero comprendere la logica operativa della Cina di base. Spesso è anche in linea con l’attuale mania degli esami per la pubblica amministrazione. Si interagisce direttamente con gli studenti nelle università, quindi è necessario avere una sensibilità molto intuitiva. Ora non sono solo i giovani a sostenere gli esami; da quando quest’anno il limite di età è stato allentato, anche le persone di mezza età si sono iscritte al campo d’esame per la pubblica amministrazione. Da qui il motto: “La fine dell’universo è l’esame per la pubblica amministrazione”. Pensi che sostenere l’esame per la pubblica amministrazione sia la soluzione ottimale per l’avversione al rischio durante una crisi economica?

Prof. Nie: Innanzitutto, il fatto che così tante persone sostengano l’esame è sicuramente dovuto alla crisi economica: la maggior parte dei lavori è instabile, priva di certezze, quindi le persone cercano certezze. Le posizioni più certe, attualmente, sono sicuramente quelle nella pubblica amministrazione. Raramente si sente parlare di licenziamenti su larga scala tra i dipendenti pubblici. Quindi si può interpretare come una strategia di avversione al rischio. Naturalmente, avere una strategia non significa poterla realizzare. Molte persone ci provano perché il suo costo diretto è basso: voglio dire, si può sostenere l’esame anche senza preparazione. Molti la pensano così: lo considero come l’acquisto di un biglietto della lotteria. Se vinco, mi arricchisco; altrimenti, non importa. Quindi non possiamo esagerare troppo questo fenomeno. Molti hanno una mentalità da lotteria. Se non mi credete, sperimentiamo: se il costo dell’esame fosse aumentato a 10.000 RMB, vediamo quanti lo sosterrebbero, giusto? Da una prospettiva sociale, non credo che sia un fenomeno positivo. Perché, in linea di principio, ogni tipo di talento dovrebbe avere il suo posto di rilievo. È impossibile che tutti siano adatti a diventare funzionari pubblici. La maggior parte degli studenti che scelgono di sostenere l’esame è di per sé anormale.

È impossibile che la maggior parte delle persone sia adatta a diventare funzionari pubblici. Questo deve comportare un’allocazione errata. Un risultato di allocazione normale dovrebbe distribuire approssimativamente le indicazioni agli esami in base al numero di occupati. Mm. Ad esempio, se il 70% delle persone è impiegato in aziende, allora circa il 70% dovrebbe cercare lavoro in aziende, senza dare l’impressione di sostenere esami per la pubblica amministrazione, giusto? La teoria occidentale potrebbe essere più radicale, considerando il sistema della pubblica amministrazione come un sistema che divide la torta anziché farla crescere. Così tante persone intelligenti, laureati, dottorandi provenienti da università prestigiose, che si dividono la torta anziché farla crescere, rappresentano un’allocazione errata dei talenti da una prospettiva nazionale.

Da una prospettiva individuale, è difficile dirlo, perché quando si fanno delle scelte, ognuno agisce con razionalità individuale. Pensano che trovare lavoro sia così difficile; farò l’esame; se lo supero, vado; altrimenti, farò qualcos’altro – non è contraddittorio. Inoltre, se lavoro per un po’ e lo trovo inadatto, posso anche andarmene. Ho una filosofia che potrebbe aiutare tutti: si possono dividere tutte le cose della vita in due categorie: reversibili e irreversibili. Bisogna fare prima le cose irreversibili, poi quelle reversibili. Sostenere l’esame per la pubblica amministrazione è reversibile. Molti lo considerano una scelta prioritaria, il che è anche un motivo importante. Ma questo riflette anche un’altra cosa: la nostra mobilità professionale non è ancora così fluida. Abbiamo una porta girevole: si può solo uscire dal sistema, ma è difficile entrare dall’esterno. Questo è un altro motivo. Ma quello che voglio dire è che, anche se è una scelta relativamente razionale per te personalmente, non tutti sono adatti a diventare un dipendente pubblico. Chi è adatto? Ecco alcune generalizzazioni a cui fare riferimento: ne riassumo alcune: occhi acuti, labbra serrate, mani veloci, gambe diligenti, buone capacità di scrittura, discrezione, difficoltà a mostrare le emozioni, capacità di sopportare umiliazioni e carichi pesanti. Pensateci, quante persone possiedono queste caratteristiche?

Presentatore Bing Jie: Ognuno elimina un gruppo numeroso.

Prof. Nie: Esatto. Perché nel governo non si tratta di un dipartimento ordinario; il governo è una rigida gerarchia. Se mostri la minima insoddisfazione nei confronti di un leader e il leader se ne accorge, sei finito. Molti pensano che non sia giusto; dicono che il sistema è molto inclusivo, non verrai licenziato facilmente nemmeno con una bassa intelligenza emotiva. Sbagli. Prima di tutto, devi entrare; con una bassa intelligenza emotiva non puoi nemmeno entrare. Anche se ci riesci, non sopravviverai a lungo. Al contrario, alcuni settori non richiedono un’intelligenza emotiva così elevata. Diciamo che sei un appassionato di tecnologia; puoi andare in un’azienda per la ricerca e sviluppo. Ogni dipartimento ha bisogno di persone che sappiano portare a termine il lavoro. È come… faccio un esempio: nella squadra del pellegrinaggio, hai un pompiere come Sun Wukong. Non importa quanto Tang Sanzang sia insoddisfatto di Sun Wukong, deve tollerarlo. Perché? Lui segue un percorso tecnico, che gli permette di combattere i demoni; altri non possono. Molti hanno un’idea completamente sbagliata, dicendo che chi ha una bassa intelligenza emotiva dovrebbe entrare nel governo. Ma non ci si riesce nemmeno.

Presentatore Bing Jie: Penso che molti sappiano che la loro personalità non è adatta al sistema, ma vogliono comunque entrarci. La domanda maggiore è guidata dal bisogno di stabilità, soprattutto alla luce dei recenti cambiamenti sociali.

Prof. Nie: Esatto. Questo è il fenomeno anomalo: il gruppo più giovane e dinamico è alla ricerca del lavoro più stabile. Non è una buona cosa. Dovrebbero essere loro a rischiare, sperimentare, innovare, giusto?

Presentatore Bing Jie: Ok, scelgo di entrare in un’azienda, di scegliere un settore ad alto rischio, di entrare in un dipartimento di innovazione. Ma ora, per esempio, lavorare in una grande azienda tecnologica fino a dopo i 35 anni e poi rischiare di essere licenziato, anche questa è una realtà.

Prof. Nie: Giusto. I licenziamenti nelle grandi aziende tecnologiche sono un po’ esagerati. Se aprono un’attività, vanno in un’altra azienda, trovano un lavoro migliore, non è una brutta cosa. Se un dipartimento governativo ti licenzia a 35 anni, dove vai? Se non hai raggiunto il livello di vice capoufficio e vieni licenziato, non saprai come fare nulla. I licenziamenti nelle grandi aziende tecnologiche offrono una buona retribuzione. La chiave è se seguiamo il loro percorso successivo. Se hanno buone prospettive di sviluppo, stanno producendo talenti per la società, giusto? Quindi, se c’è un altro consiglio, è questo: lavorando all’interno del sistema, anche se fortunatamente ci si entra, bisogna mantenere la possibilità di uscirne in qualsiasi momento. Altrimenti, sei finito.

Presentatore Bing Jie: È davvero difficile. Si lascia vincolare da questa inerzia. Sono d’accordo.

Prof. Nie: Essendo anch’io un insegnante, mi considero parte del sistema. Rifletto su questo problema: cosa posso fare se un giorno non sarò più un insegnante? Essere una celebrità di internet su Bilibili è solo un fenomeno a breve termine. Bisogna avere una capacità costante. Quindi in questi anni ho prima letto di più; in secondo luogo, ho fatto più ricerche. Spero di padroneggiare conoscenze che altri non hanno, uniche. Quindi, voglio dire, mantenere la capacità di imparare per sempre è molto importante, ma non è facile da raggiungere. Penso che ci sia anche un vantaggio: non è facilmente sostituibile dai robot. L’intelligenza artificiale cattura facilmente la conoscenza esplicita, ma non è facile catturare quella tacita. Se non mi credete, andate a fare una domanda a DeepSeek. Chiedetegli: “Qual è la probabilità che un segretario di partito di contea venga promosso a vicesindaco?” Potrebbe non osare rispondere a questa domanda, giusto?

Presentatore Bing Jie: Allora perché non rispondi a questa domanda?

Prof. Nie: Il segretario di partito di contea è una posizione assolutamente molto importante. Le sue probabilità di promozione sono più alte di quelle di un normale funzionario a livello di Capo Divisione. Secondo le nostre statistiche campione, circa il 60% dei segretari di partito di contea può essere promosso, a patto che non commetta errori. Certo, è difficile dire la qualità della promozione: alcuni diventano vicepresidenti della Conferenza consultiva politica della città, altri vicepresidenti del Comitato permanente del Congresso popolare municipale, e tutte le posizioni sono possibili.

Presentatore Bing Jie: Ho un’altra domanda. Abbiamo discusso della crisi che sta attraversando l’economia locale, incluso il fatto che molte unità affiliate al sistema originale hanno subito in qualche modo ripercussioni sugli stipendi. Ciò è particolarmente evidente nelle recenti decisioni dei dipartimenti governativi di ridurre le assunzioni o di attuare tali piani. Pensa che ciò inciderà sulla situazione attuale del sistema?

Prof. Nie: In una certa misura, avrà ripercussioni. È già successo in passato. I dipartimenti governativi generalmente ottimizzano; non licenziano direttamente. Potrebbero trasferirti. Ad esempio, se eri in un dipartimento importante, potresti essere assegnato a uno meno importante. Se le tue capacità sono in qualche modo carenti, se ancora non funzionano, trasferisciti a un’istituzione pubblica. È raro licenziare direttamente qualcuno. È anche per questo che le persone sostengono gli esami.

Prof. Nie: Mm. Questa è una promessa implicita. Ma in futuro, quello che potrebbe sembrare è: potresti non avere molto lavoro da fare, non avere una retribuzione adeguata. Ad esempio, molti dipartimenti si fondono. Dopo la fusione, non ti licenzieranno, ma sei disposto ad andare in un istituto pubblico? In caso contrario, potresti non essere promosso, potresti non avere bonus. Poi scegli tu. Ti incoraggeranno anche ad andare in pensione anticipata. Attraverso questi modi impliciti, continuano a erodere le tue capacità e le tue prospettive. Quindi non pensare che non essere licenziato sia una garanzia. Non è necessariamente vero. Anche le nostre università hanno situazioni simili. E se un insegnante non è qualificato? Non puoi licenziarlo direttamente – parlo di prima del 2006, quando non esisteva un vero e proprio concetto di licenziamento. L’università può assegnarti alla biblioteca. Se non vali lì, assegnarti alla logistica. Se vali lì? Vai alla logistica in un campus periferico. Hanno sempre un modo. Quindi non vieni licenziato, ma che importanza ha, giusto? Quindi non dobbiamo mai immaginare che, una volta entrati nel sistema, da quel momento in poi ci ritroveremo con una ciotola di riso di ferro. Assolutamente no. Anche uno come me, professore ordinario da oltre dieci anni, deve pensare lucidamente: se domani veniamo licenziati, cosa possiamo fare? Dobbiamo mantenere la capacità di apprendimento.

Presentatore Bing Jie: Hai ancora questo senso di crisi adesso?

Prof. Nie: Certo che sì. Chissà quanto sono imprevedibili le vicende del mondo? Non esiste una vera ciotola di riso di ferro al mondo. Quindi a volte scherzosamente dico che una volta si diceva: “Il mare dell’amarezza non ha confini, torna indietro e la riva è a portata di mano”. Anche sostenere l’esame per la pubblica amministrazione non significa raggiungere veramente la riva. Non esiste una cosa come raggiungere veramente la riva in questo mondo. Quindi, se dici che deve esserci una riva, allora possiamo raggiungere la riva del cuore, ma non la riva della realtà. Nessuno può farlo. Quindi, per la gente comune, essere in grado di arricchire il proprio io interiore è già un grande traguardo.

Prof. Nie: In realtà ammiro molto il punto di vista di Schopenhauer: diceva che ognuno dovrebbe essere il re del proprio cuore. Questa è l’unica cosa che si può controllare. È improbabile che la maggior parte delle persone raggiunga risultati monumentali in un’epoca di crisi economica e di incertezza come questa. Gli intellettuali pensano sempre a stabilire virtù, risultati e parole. In realtà, la stragrande maggioranza non ha alcuna opportunità del genere. Allora si può solo cercare la consolazione spirituale, il che significa che sentirsi… contenti è già abbastanza buono. Se si riesce anche a dare un contributo sociale, è ovviamente ancora meglio. Ecco perché do ai giovani sei suggerimenti: abbassare le aspettative, migliorare le competenze, fare esercizio fisico, apprezzare il tempo, imparare bene l’inglese, leggere di più la storia. Leggendo di più la storia, si sentirà… cose che oggi si danno per scontate potrebbero non essere state normali in passato, e cose che si ritengono difficili da immaginare potrebbero essere state comuni in passato. Molti eventi nel lungo fiume della storia sono solo un tuffo. Se si ha una prospettiva più ampia, si conosce meglio la storia, si guarderanno molte cose con più distacco, anche con più calma.

Presentatore Bing Jie: Bene, allora la conversazione finisce qui. Grazie, Professor Nie.

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Trump, gli ospiti sgraditi nel suo giardino Con Gabriele Germani,Cesare Semovigo,Giuseppe Germinario

Su Italia e il Mondo: Si Parla di Trump, del suo NSS e del teatro competitivo latino-americano
Ospiti del canale YouTube di Gabriele Germani https://www.youtube.com/watch?v=s04kM7csGiQ abbiamo discettato sul NSS e sulle implicazioni nel giardino di casa, o presunto tale, statunitense, in particolare il Venezuela. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Escalation nel Mar dei Caraibi: Analisi OSINT della Crisi USA-Venezuela al 18 Dicembre 2025_di Cesare Semovigo

Escalation nel Mar dei Caraibi: Analisi OSINT della Crisi USA-Venezuela al 18 Dicembre 2025

L’osservatore attento delle dinamiche geopolitiche latino-americane non può non notare come il Mar dei Caraibi, teatro storico di confronti tra potenze, sia tornato a essere un punto di tensione massima. Al 18 dicembre 2025, il dispiegamento militare statunitense sotto il comando SOUTHCOM – ribattezzato in parte Operation Southern Spear – rappresenta la più significativa concentrazione di forze navali e aeree nella regione dagli anni della Guerra Fredda. Fonti OSINT multiple, incrociate tra tracking navale (AIS data aggregati da piattaforme indipendenti), report di think tank come il Council on Foreign Relations e articoli da Reuters, New York Times e Al Jazeera, delineano un quadro di postura offensiva calibrata, ma non ancora irreversibilmente cinetica.

Il cuore del dispositivo è la USS Gerald R. Ford, la supercarrier più avanzata della US Navy, repositionata nel Caribe meridionale da ottobre con il suo strike group: cacciatorpediniere Arleigh Burke-class, cruiser missilistici, sottomarini Virginia-class e oltre novanta velivoli imbarcati, inclusi F-35C e F/A-18 Super Hornet. A questi si aggiungono asset anfibi come l’USS Iwo Jima, con capacità di proiezione di Marines, e una flotta ausiliaria che porta il totale a 12-15 navi maggiori. Il personale stimato supera i 15.000-20.000 uomini, con munizioni stoccate per campagne prolungate (oltre otto milioni di libbre, secondo leak da fonti militari riportati da Military.com). Asset aerei complementari includono squadroni di EA-18G Growler per guerra elettronica, P-8A Poseidon (almeno sei unità con transponder spesso disattivati), MQ-4C Triton per sorveglianza persistente e tanker KC-135 per estensione raggio.

Le operazioni recenti non sono mera deterrenza. Dal settembre 2025, SOUTHCOM ha condotto oltre venti strikes su imbarcazioni presunte narco-trafficanti, con un bilancio di decine di morti (ultimi episodi il 16-17 dicembre, riportati da Stars and Stripes e DW). Il 16 dicembre, l’annuncio di Trump di un “total and complete blockade” su tanker petroliferi sanzionati ha elevato la posta: navi venezuelane hanno scortato convogli in defiance, senza scontri diretti ma con rischi di incidente crescenti. Il sequestro di una tanker da parte USA, valutata 10 milioni di dollari, segnala una strategia di interdizione economica aggressiva.

Maduro risponde con mobilitazione: ispezioni personali alle unità costiere, esercizi di difesa aerea con sistemi russi (S-300VM, Buk-M2E) e iraniani, e dispiegamento di 4,5 milioni di miliziani. La FANB regolare, circa 125.000 effettivi, soffre però di degradazione cronica: sanzioni hanno eroso manutenzione e morale, con diserzioni ricorrenti. Russia e Cina offrono supporto retorico, ma nessun asset militare significativo; Mosca è assorbita dall’Ucraina, Pechino preferisce canali economici indiretti.

In questo contesto, la domanda centrale per l’analista OSINT è la natura dell’endgame statunitense: si tratta di pressione incrementale per forzare negoziati, o preludio a regime change attivo? Qui entra un ragionamento bayesiano strutturato, basato su evidenze storiche e attuali.

Definiamo due ipotesi principali:

•  H1: Operazione di terra su larga scala (invasione/anfibia per occupazione, simile Panama 1989 o Iraq 2003).

•  H2: Attacchi mirati e ibridi per regime change (strikes precision, cyber, supporto opposizione interna, decapitazione leadership senza occupazione prolungata).

Prior probabilistici, derivati da pattern storici USA post-1945 in America Latina (Grenada 1983, Panama 1989, Haiti 1994, non-interventi in Cuba/Venezuela precedenti):

P(H1) prior ≈ 0.15 (bassa, data avversione pubblica USA a ground wars post-Iraq/Afghanistan; sondaggi Quinnipiac/YouGov 2025 indicano ~60-65% opposizione a boots on ground).

P(H2) prior ≈ 0.65 (alta, coerente con dottrina recente: strikes droni, cyber come Stuxnet, supporto proxy come Siria 2010s).

P(evidence | H1) elevato per surge truppe terrestri pre-invasione (es. 100.000+ Marines buildup); osservato: solo addestramento jungle limitato a Puerto Rico, nessuna divisione corazzata/meccanizzata repositionata.

P(evidence | H2) elevato per air/naval dominance, EW assets, strikes stand-off: pienamente osservato (Ford group ottimizzato per SEAD, JASSM-ER/Tomahawk range copre Caracas da Caribe).

Evidence aggiuntive:

•  Blockade petrolifero strangola revenue senza bisogno occupazione (80% export Venezuela).

•  Riapertura dossier 2020 su legami elettorali Venezuela-USA (DOJ indagini novembre 2025) fornisce narrazione domestica per azioni limitate.

•  Assenza surge logistica terrestre (no pre-positioning heavy lift da CONUS).

Update bayesiano:

Posterior P(H1 | evidence) ≈ 0.08-0.12 (ridotta: buildup air-dominant, no indicatori invasione classica).

Posterior P(H2 | evidence) ≈ 0.75-0.82 (rinforzata: postura consente neutralizzazione difese aeree in ore, seguita da strikes su command nodes, supporto a opposizione come María Corina Machado).

Scenario intermedio (H3: collasso interno forzato da pressione economica/militare) assorbe resto probabilità (~0.10-0.15).

Rischio escalation: incidente navale/aereo potrebbe forzare risposta cinetica, ma doctrine ROE USA privilegiano de-escalation se non provocati direttamente. Timeline critica: deadline implicita Trump (“Maduro non vedrà Natale”) suggerisce finestra dicembre-gennaio per picco pressione.

Conclusione OSINT: la crisi è ibrida per design. USA sfruttano superiorità asimmetrica (air/naval/cyber) per erodere regime senza costi politici di occupazione. Maduro resiste con asimmetria propria (milizie, terrain urbano), ma sostenibilità economica è il tallone d’Achille. Monitorare AIS/ADS-B per repositioning Ford group e voli RC-135: indicatori leading di fase attiva. La regione trattiene il fiato; l’esito modellerà dottrine intervento USA per il prossimo decennio.

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Il mondo alle undici_di Aurélien

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Quando ero molto più giovane, ero un po’ un telegiornalista. Per gran parte di quel periodo non c’era una TV facilmente reperibile, e in ogni caso gli orari di trasmissione erano limitati. Quindi, inevitabilmente, ascoltavo molto la radio, e la mia giornata era scandita dal telegiornale del mattino, se ero sveglio, e da The World at One (“con William Hardcastle”) e The World Tonight (“con Douglas Stuart”) di Radio 4. Ricordo questi programmi, pur dimenticandone un’infinità di altri, per il modo calmo e autorevole con cui trattavano gli eventi del Paese e del mondo. I resoconti dall’estero provenivano da corrispondenti esteri già presenti sul posto, che vivevano nella regione da anni, se non decenni. La copertura della politica britannica era affidata a corrispondenti politici di lunga data, che sapevano tutto e tutti. Entro i limiti della natura umana, e tenendo conto della costante possibilità di influenze esterne, hai davvero avuto la sensazione, dopo aver ascoltato un pezzo di cinque minuti del “corrispondente della BBC per l’Africa orientale”, di aver compreso meglio di prima il conflitto degli anni ’70 tra Etiopia e Somalia nel Corno d’Africa.

A quei tempi, le barriere all’ingresso nel mondo dei media radiotelevisivi erano molto elevate. Non mi riferisco solo alla possibilità di trasmettere, che era strettamente regolamentata dalla legge nella maggior parte dei paesi, ma semplicemente alla possibilità di farsi notare e di qualificarsi per il numero limitato di minuti disponibili in TV e radio, e per i pochi spazi di colonna sui giornali. Questo aveva i suoi inevitabili svantaggi, ovviamente, come qualsiasi sistema limitato, ma, nel migliore dei casi, faceva due cose. La prima era quella di concentrare i servizi di trasmissione su argomenti che i redattori consideravano più significativi. In un sistema del genere, soprattutto per i canali finanziati dal governo, la quota di pubblico e l’attrazione dell’attenzione non erano la priorità principale. Fu solo in questo modo, ad esempio, che l’innovativo Civilisation di Kenneth Clark o i primi episodi di Flying Circus dei Monty Python avrebbero potuto essere trasmessi: ciascuna era un’impresa rischiosa a modo suo, e nessuna delle due sembrava un successo garantito all’inizio.

L’altro era quello di incoraggiare i formatori di opinione, e in particolare i politici, a concentrarsi sulle questioni più importanti quando venivano intervistati, perché potevano avere solo uno spazio di novanta secondi ogni tanto. Certo, a quei tempi i politici si attaccavano a vicenda con la stessa ferocia di oggi, ma c’erano meno insulti personali e protagonismi, perché non c’era tempo per questo. La copertura mediatica della politica rifletteva anche l’organizzazione politica relativamente semplice dell’epoca: c’erano, in generale, partiti consolidati di sinistra e di destra, che dicevano cose diverse e, quando erano al governo, si comportavano in modo diverso. Le politiche di una parte venivano difese da loro e criticate dall’altra, in modi generalmente comprensibili.

A livello internazionale, il quadro della Guerra Fredda forniva una grammatica per comprendere il mondo, che spesso era anche comprensibile. Un movimento o un paese veniva sostenuto da una parte, quindi il suo avversario favoriva automaticamente l’altra. La fine del dominio portoghese in Angola, ad esempio, significò che i vari movimenti di resistenza di diverse convinzioni etniche e politiche potevano ora dedicare tutto il loro tempo a combattersi tra loro senza la distrazione di dover combattere anche contro il potere coloniale. Poiché l’Unione Sovietica sosteneva il partito marxista MPLA, in gran parte il partito dell’élite costiera meticcia , l’Occidente sostenne istintivamente i suoi avversari. Questo fu in gran parte il modello per comprendere anche altre parti del mondo e, sebbene fosse un po’ superficiale, non era del tutto sbagliato. Come vedremo, però, le complessità sottostanti, in qualche modo nascoste dall’euristica della Guerra Fredda, tornarono a tormentarci in seguito, e i conflitti in Algeria, in Rhodesia o in Vietnam si rivelarono molto più complessi e sfumati di quanto la gente fosse disposta ad ammettere all’epoca, o di cui addirittura non fosse consapevole.

Non che il mondo fosse necessariamente “migliore” allora, né in Occidente né altrove. Dopotutto, era l’epoca della guerra del Vietnam, dei Khmer Rossi in Cambogia, dei colpi di stato militari e delle dittature in America Latina e Africa, di una brutale guerra civile in Nigeria e di molti altri orrori. Anche in Europa, ci furono la sanguinosa rivolta in Ungheria nel 1956 e quella pacifica di Praga nel 1968, un colpo di stato militare/politico in Francia nel 1958 e un tentativo di colpo di stato nel 1961, per non parlare della disperata crisi politica del 1968, del rovesciamento del regime di Salazar in Portogallo nel 1974 e della morte di Franco l’anno successivo, e naturalmente del terrorismo dilagante negli anni ’70, per non parlare del conflitto in Irlanda del Nord.

Eppure la maggior parte di questi conflitti e crisi poteva essere spiegata in modo razionale. (La Cambogia era un’eccezione anche all’epoca). Le dinamiche della decolonializzazione, la rivalità tra le Grandi Potenze, le dispute sui confini e sul territorio, le lotte economiche e le nefaste attività della superpotenza di cui più si diffidava, sembravano sufficienti a spiegare la maggior parte delle cose. E anche allora, conflitti complessi come quello dell’Irlanda del Nord, che sembravano non finire mai, erano visti dall’opinione pubblica britannica principalmente con esasperazione e incomprensione (“bombardiamolo e basta!”) e, per lo più, con totale indifferenza alle questioni. A un livello più quotidiano, le proteste politiche su larga scala dell’epoca erano normalmente dirette a obiettivi tangibili e relativamente facili da comprendere, che si fosse d’accordo o meno.

Ora, è banalmente facile liquidare tutto questo come nostalgia (ho deciso che le accuse di nostalgia per il passato sono l’ultima spiaggia di chi è costretto a difendere un presente indifendibile). Ma non solo, come ho sottolineato, il mondo allora era tutt’altro che ideale, ma era anche molto diverso strutturalmente, e più facile da capire, o almeno da spiegare. Non si trattava solo del confronto Est-Ovest sostanzialmente stabile: c’erano altre influenze strutturali, come tassi di cambio fissi e prezzi delle materie prime stabili, così come ogni sorta di pratiche economiche concordate a livello internazionale e nazionale, e sindacati forti nella maggior parte dei paesi con un ruolo formale di negoziazione. Nel complesso, i governi sono riusciti a gestire le loro economie in modo pragmatico, con una crescita costante e una bassa disoccupazione. Et cetera.

Come siamo arrivati ​​da lì a dove siamo è una storia interessante e deprimente, e una in cui, curiosamente, i media svolgono probabilmente un ruolo almeno altrettanto importante delle persone e delle istituzioni che ne erano l’oggetto. Tutto inizia, ovviamente, con la mania di deregolamentazione e privatizzazione che ha travolto i governi occidentali dall’inizio degli anni ’80. Insolitamente, questo radicale cambiamento di politica non si basava su un’esigenza evidente o addirittura su una richiesta popolare, ma su pura ideologia. Negli anni ’30, i governi britannici cercarono di affrontare i problemi di alloggi precari e disoccupazione utilizzando i disoccupati per costruire case dignitose che i poveri potessero permettersi di affittare. (Io sono nato in una di queste). Cinquant’anni dopo, quando c’era di nuovo urgente bisogno di nuove abitazioni e la disoccupazione era di nuovo aumentata bruscamente, un successivo governo britannico decise di svendere il patrimonio di edilizia popolare a chi aveva soldi. Un simile comportamento era razionalmente inspiegabile, e fu un primo esempio di eventi che sembravano provenire da un’altra dimensione, e lasciavano la gente a grattarsi la testa e a chiedersi perché .

Era possibile fornire qualche giustificazione borbottata per “una nazione di proprietari di case”, ma in realtà, proprio come l’idea che il settore privato potesse gestire le risorse nazionali “in modo più efficiente”, non si trattava altro che di un gigantesco atto di fede, e i suoi inevitabili fallimenti venivano accolti, come sempre, con la scusa che le varie politiche semplicemente non erano state sperimentate abbastanza bene o per abbastanza tempo. Fu questa sensazione di essere improvvisamente governati da marziani – routine oggi nella maggior parte dei paesi – che diede inizio alla lunga discesa verso un sistema interno ed estero che oggi appare semplicemente incomprensibile.

Nessuno ha mai cercato di spiegare all’epoca perché la deregolamentazione dei media radiotelevisivi fosse una buona idea, o almeno razionale. Si mormorava di solito che la “concorrenza” fosse una cosa positiva, per ragioni diverse, eppure i sondaggi d’opinione mostravano che molto rapidamente le persone diventavano meno soddisfatte della produzione televisiva e radiofonica rispetto a prima. Le spiegazioni, ovviamente, sono banalmente economiche. I nuovi canali televisivi, in particolare, dovevano trovare un modo per autofinanziarsi, e questo significava pubblicità. Ma la pubblicità effettivamente disponibile era solo una certa quantità, e ora doveva essere distribuita su molti più destinatari. E gli introiti pubblicitari dipendevano dagli ascolti, e c’era solo un numero limitato di persone che guardavano, ora divise tra molti più canali. Pertanto, l’unico modo per i nuovi canali di sopravvivere era acquistare (dato che raramente potevano permettersi di produrre) programmi al prezzo più basso possibile. Nella maggior parte dei casi, questo significava acquistare e, se necessario, doppiare programmi dagli Stati Uniti, perché le economie di scala li rendevano molto economici. Me ne accorsi per la prima volta, se non ricordo male, in una stanza d’albergo a Parigi alla fine degli anni ’80, quando dei venti canali TV disponibili, quattro trasmettevano versioni doppiate di diversi programmi americani di poliziotti e ladri degli anni ’70. Mi chiesi quante persone stessero effettivamente guardando. In teoria, i canali meno “efficienti”, qualunque cosa ciò significasse, avrebbero dovuto chiudere, ma in pratica la maggior parte di loro resisteva tenacemente. (Inutile dire che nessuno ha mai voluto guardare un canale televisivo solo perché è “efficiente”.) Quindi, come osservò all’epoca Springsteen, si potevano avere 57 canali e niente in onda. Per la prima volta, iniziammo a confrontarci con il paradosso che una maggiore scelta apparente significasse una minore varietà reale.

Ben presto, la TV 24 ore su 24 divenne la norma, con gli stessi vincoli economici. I budget pubblicitari e il pubblico non aumentarono, ma si ridussero ulteriormente. Il risultato fu in parte la fuga dalla qualità (ad esempio, i “reality TV”), ma anche le conseguenze del semplice fatto che nel mondo accadevano molte più cose di quante i canali TV potessero coprire. Per i canali di informazione 24 ore su 24 come la CNN, le limitazioni di budget significavano coprire solo poche notizie importanti, e doverle ripetere più e più volte durante il giorno, magari con piccole variazioni e aggiornamenti. Questo poteva essere meno ovvio se si passava per un aeroporto o si era seduti in un bar, ma ricordo di aver lavorato in clandestinità, a volte per giorni interi, durante una crisi di lunga durata, ed essere stato portato alla distrazione dall’infinita ripetizione delle stesse storie sui numerosi televisori che ci circondavano. Gran parte della copertura si basava, in realtà, su nient’altro che speculazioni, o su presunte storie che poi si rivelarono false. Così un esperto blaterava su qualcosa che poteva o non poteva essere accaduto, e un’ora dopo un altro esperto presentava un’opinione diversa ma altrettanto ipotetica, mentre i produttori si davano da fare freneticamente per trovare un terzo esperto che dicesse qualcosa di diverso. Dopo alcune settimane, e quando ogni giorno provavo a lavorare, soffrivo della terza o quarta ripetizione di questo ciclo, ero pronto a sbattere la testa contro il muro.

Tutto questo accadeva prima di Internet, ma segnava l’inizio della mercificazione delle informazioni sul mondo, e della loro presentazione su larga scala, ma in singoli pezzi di dimensioni ridotte, interrotti di continuo dalla pubblicità e quasi sempre privi di profondità o contesto. L’obiettivo, dopotutto, non era qualcosa di così antiquato come informare, ma attrarre spettatori e vendere pubblicità e abbonamenti. Il declino probabilmente è iniziato con lo scoppio dei combattimenti nell’ex Jugoslavia, e soprattutto dopo il crollo della Bosnia nel 1992. Qui abbiamo iniziato a imbatterci nel problema di fondo che persiste e si è aggravato fino a oggi: troppi eventi, troppe opinioni, ma troppa poca conoscenza ed esperienza effettiva. E, del resto, troppo poco interesse ad acquisire qualsiasi conoscenza effettiva. Sei un politico o un “analista strategico” e ti viene offerto uno spazio di due minuti in TV o alla radio il giorno dopo per parlare degli sforzi di pace europei in Bosnia (che erano incalcolabili). Dirai modestamente “Mi dispiace, non ne so niente” o passerai il resto della giornata a leggere velocemente una storia della Jugoslavia? Certo che no: aprirai bocca e vedrai cosa ne uscirà. Verrai pagato per quello che dici.

Credo che questo sia stato l’Anno Zero della tendenza verso la nostra attuale situazione di informazione infinita e scarsa conoscenza reale. Quasi nessuno aveva qualcosa di interessante o di valore da dire, quasi nessuno conosceva il Paese o ne parlava la lingua, ma la richiesta di opinioni era tale che quasi chiunque poteva contribuire. Il risultato è stato una sorta di rabbioso caleidoscopio di resoconti e impressioni sconnessi, mescolati a giusta indignazione e non poco odio. Per la prima volta, forse, la gente scriveva articoli sui giornali non sugli eventi in sé, ma su come quelle immagini in TV li facevano sentire. Non sorprende che i tentativi di “discutere” i problemi reali si siano trasformati in litigi. Poiché il tempo via satellite era costoso, le notizie arrivavano a pezzetti e spesso prive di contesto (ironicamente, lo stesso vale oggi, ma per ragioni diverse). I politici, così come gli esperti e il pubblico in generale, avevano difficoltà a comprendere cosa stesse succedendo, a partire dai frammenti sconnessi trasmessi dai giornalisti appena scesi dall’aereo, in un momento in cui quei giornalisti stavano appena iniziando a considerarsi i legislatori non riconosciuti del mondo. A volte questo poteva essere gravemente fuorviante. Per molto tempo, la BBC ha iniziato la sua copertura notturna dei combattimenti in Bosnia con pochi secondi di filmato d’archivio di una granata che colpiva un grattacielo. Ciò è effettivamente accaduto in diverse occasioni (ho visto i risultati), ma ha dato l’impressione fuorviante che tali eventi accadessero quotidianamente, o almeno frequentemente. Eppure, in realtà, la maggior parte delle vittime musulmane a Sarajevo erano soldati uccisi e feriti nei combattimenti. Ma queste impressioni persistono.

Va detto, però, che il problema non era solo l’ignoranza e la distorsione mediatica. Anche a posteriori, la fantasmagorica miscela di violenza, crudeltà, opportunismo, cinismo e corruzione di quel conflitto sembra inspiegabile – l’ho definita più volte come Hieronymus Bosch interpretato dai Fratelli Marx. Lentamente, i più perspicaci hanno iniziato a rendersi conto che nel mondo stavano accadendo cose oscure e terribili che non potevamo, o non volevamo, comprendere in termini tradizionali. E gli eventi raccapriccianti della guerra civile e le sue conseguenze in Ruanda sembravano sfidare qualsiasi tipo di spiegazione, lasciando la gente senza fiato. Non molto tempo dopo, degli aerei si schiantarono contro alti edifici e la gente cominciò a chiedersi se il mondo fosse davvero impazzito. L’invasione russa dell’Afghanistan nel 1979 era sembrata almeno comprensibile in termini di Grande Potenza, ma chi diavolo erano i Talebani e da dove venivano? Del resto, com’era possibile che in Iran alla fine del XX secolo ci fosse una Repubblica Islamica? Ormai niente aveva più senso.

Ciò che cominciò a essere evidente fu che il mondo era sempre stato più complicato di quanto la camicia di forza ideologica del confronto Est-Ovest lo avesse fatto apparire. Sì, questo era un fattore importante, persino dominante in alcuni casi, ma tutti i tipi di gruppi sul campo avevano un’agenzia e perseguivano i propri interessi, riuscendo spesso a mettere le due parti l’una contro l’altra. Sì, inoltre, il confronto forniva una sorta di stabilità e impediva che alcuni degli episodi più pericolosi sfuggissero al controllo. Ciononostante, anche all’epoca, la storica antipatia culturale tra il Nord del Vietnam (la Corte) e il Sud (i mercanti), o la complicata politica interna dei movimenti di liberazione africani non erano esattamente un segreto, ma tendevano a essere relegati in secondo piano per ragioni ideologiche e, a dire il vero, anche razziali. Non si pensava davvero che i leader non occidentali potessero avere un’agenzia, o che potessero avvalersi di grandi potenze per ottenere sostegno e finanziamenti in cambio di qualche superficiale osservazione pro o antisovietica o di un voto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Quando il quadro intellettuale della Guerra Fredda crollò, ci fu un periodo di totale disorientamento politico e intellettuale

Ci furono due reazioni ampie e correlate, che perdurano ancora oggi. Una fu una sorta di nostalgia intellettuale (sì, la parola è appropriata qui) per le certezze della Guerra Fredda, e il desiderio da parte di politici ed esperti di vedere gli eventi mondiali ancora come una lotta tra grandi nazioni con ambizioni imperialistiche in competizione, e di liquidare il ruolo degli attori locali come insignificante. L’altra è la ricerca disperata di una qualche narrazione strutturante – qualsiasi – che renda la confusione del mondo odierno meno totale. La finanza internazionale, la competizione per le risorse energetiche e minerarie, la religione, la City di Londra, il sionismo mondiale, lo Stato Profondo, lo Stato ancora più Profondo, gli UFO e le basi aliene, e una dozzina di altre spiegazioni competono e a volte si sovrappongono, nel tentativo di far sembrare il mondo comprensibile come un tempo. E naturalmente tutte forniscono quadri interpretativi prefabbricati che possono essere facilmente imposti agli eventi della vita reale: non è necessario sapere nulla della situazione in sé, perché si può sempre trovare qualcosa a supporto di qualsiasi argomentazione.

Ho suggerito che l’attuale confusione intellettuale derivi sia dalla complessità non riconosciuta e spesso rifiutata del mondo moderno, sia dai cambiamenti nel modo in cui ne veniamo informati. Ma è necessario sottolineare che i problemi del mondo moderno si riscontrano tanto, se non di più, in Occidente quanto al di fuori di esso. (In effetti, molti stati non occidentali sono ora governati meglio di noi.) Il collegamento, a mio avviso, è che qualcosa di simile alla deregolamentazione è stato applicato anche alla politica. Se ci pensate, i partiti politici tradizionali erano collettivisti: dovevano esserlo, poiché un partito politico in cui ognuno pensa per sé è un’assurdità logica. E in effetti i politici di oggi si comportano sempre più come dirigenti di un’azienda privata, fregandosi a vicenda per andare avanti, passando da un partito all’altro mentre i loro colleghi si spostano da un’azienda all’altra, e in alcuni casi abbandonando il partito per fondare una start-up altrove. Non che la politica sia mai stata priva di faide e lotte intestine – sarebbe sciocco dirlo – ma almeno c’era il riconoscimento che i conflitti palesi e la slealtà flagrante erano dannosi per il partito che si rappresentava. Ora a nessuno sembra importare.

Se ci pensate logicamente, un sistema politico basato sugli interessi del singolo politico è piuttosto bizzarro. Ad esempio, le politiche effettivamente attuate dai governi, o persino annunciate dai governi, sono questioni secondarie. Ciò che conta sono gli interessi e la promozione dell’individuo, anche se quella persona sostiene cose del tutto ridicole. Ciò ha portato, ad esempio, a una grottesca competizione tra i leader europei per essere più radicali del loro vicino riguardo all’Ucraina. Le assurdità perpetrate sono comprensibili solo se si presume che queste persone vivano in una sorta di mondo virtuale, dove nulla di ciò che dicono ha implicazioni pratiche, e comunque tutto verrà dimenticato domani, quindi chi se ne frega? Ciò che conta sono i titoli, lo status e il successo nel radicalizzare i propri rivali. In effetti, non ci sono ricompense per le tradizionali virtù della calma e del buon senso: tutto ciò che conta è fare più rumore degli altri. Siamo ormai alla fine della politica razionale in Occidente, e i marziani apparsi per la prima volta negli anni ’80 sembrano aver preso completamente il sopravvento. È difficile immaginare una combinazione più pericolosa di un mondo complesso e instabile e di governi occidentali che non si comportano più in modo razionale.

Questa irrazionalità si estende naturalmente anche alla politica interna. In molti casi, ciò che fanno i governi non ha alcun senso, che lo si approvi o no. Di nuovo, mi sembra il caso di alzare il volume a undici su ogni argomento. L’idea non è più, come lo è sempre stata, quella di fornire una buona leadership e un buon governo, ma piuttosto di fare carriera gridando più forte e avanzando proposte più oltraggiose dei propri avversari, o persino dei propri alleati fittizi. I politici non sentono più il bisogno nemmeno di fingere di servire gli interessi nazionali: dopotutto, la politica è solo una voce nel loro curriculum prima di passare ad altro, e non può portare ricompense maggiori dell’essere ben noti. Quindi si potrebbe ragionevolmente supporre che il signor Trump voglia distruggere l’economia americana, ma ciò presuppone uno scopo e un obiettivo razionale. Per quanto ne so, a lui semplicemente non importa, purché riceva la copertura mediatica. E in effetti la politica moderna nelle nazioni occidentali sembra in gran parte una questione di ottenere maggiore copertura mediatica gridando più forte ed essendo più oltraggiosi dei propri concorrenti, ed è per questo che l’attuale gruppo di leader occidentali sembra sempre più una parodia o una caricatura dei politici tradizionali, come bambini che competono per attirare l’attenzione.

Ciò non sarebbe possibile, ovviamente, senza i cambiamenti nei media di cui ho parlato prima e le loro recenti evoluzioni patologiche. Oggigiorno, le barriere all’ingresso, un tempo considerevoli, si sono ridotte praticamente a zero. Supponendo di riuscire a raccogliere i fondi (un punto su cui torno), si può creare un canale YouTube, con più spettatori di molti canali televisivi convenzionali. Gestire questo Substack non mi costa praticamente nulla, e i miei saggi vengono in genere letti da 12.000-15.000 persone, ovvero circa la tiratura di una piccola rivista cinquant’anni fa. Di conseguenza, le barriere all’ingresso sono praticamente minime: non è necessario sapere nulla e non costa nulla.

Ma allora come si fa ad avere successo, che si misuri il successo in base a lettori e spettatori o in base ai guadagni? Come si finanzia la propria catena YouTube? Come si fa a farsi notare tra le centinaia o addirittura migliaia di persone che producono contenuti simili? Come in politica, come in ciò che resta dei media tradizionali, bisogna gridare più forte di chiunque altro. A volte, questo può essere un semplice scambio: ho visto questa storia sul web oggi, non ne so molto sull’argomento, ma ecco un articolo d’opinione pieno di oscenità e insulti, quindi mandatemi dei soldi. A volte basta. Consciamente o inconsciamente, questi scrittori capiscono che costruire un brand di successo, proprio come essere un politico di successo oggi, dipende dal dire alle persone ciò che vogliono sentirsi dire, preferibilmente a volume alto, ed evitare di dire loro ciò che non vogliono sentirsi dire. Questo include confortarle con la convinzione che la responsabilità delle cose brutte del mondo ricade su persone di cui hanno sentito parlare, e che quindi possono fischiare, fischiare e ritenere responsabili, piuttosto che sulla gente del posto di cui non hanno sentito parlare. Dopotutto, le persone sono generalmente disposte a pagare almeno qualcosa per vedere i propri sentimenti istintivi legittimati da qualcuno con un nome e una reputazione che sappia scrivere frasi coerenti.

In primavera, il mercato era sconvolto dall’idea che una guerra nucleare con la Russia fosse inevitabile perché, ehm, gli ucraini avevano lanciato un attacco con droni contro un aeroporto di cui nessuno ora ricorda il nome, dove i russi avevano di stanza alcuni aerei con capacità nucleare. Naturalmente, se dici “questo è irresponsabile e provocatorio” o “questo rappresenta un’escalation potenzialmente pericolosa”, il tuo commento si perde nel clamore, quindi devi praticamente dire “siamo a pochi giorni dalla guerra nucleare!” solo per essere notato. (Certo, se fossimo a pochi giorni dalla guerra nucleare non avrebbe senso fare appello agli abbonamenti a pagamento, ma allora sei razionale.) E naturalmente, l’incidente ora è dimenticato, ma, come con le infinite iniziative nate male di Trump, il valore effimero, la pubblicità e gli abbonamenti a pagamento sono stati guadagnati.

I politici e i demagoghi carismatici lo hanno sempre saputo. Non ha senso parlare a bassa voce quando si può urlare, non ha senso urlare quando si può urlare a tutto volume. Tali individui disdegnano la logica e la razionalità: il loro fascino è comunque rivolto in gran parte ai propri sostenitori e, se mai sperano di convincere altri, lo fanno sottomettendoli a forza. Gran parte di Internet (e, del resto, gran parte della vita politica odierna) è così. Mi chiedo spesso cosa succederebbe se prendessi alcuni elementi da una delle diatribe di Hitler contro la City di Londra, l’Impero britannico e le ambizioni degli Stati Uniti e li pubblicassi nella sezione commenti di uno o due siti Internet “alternativi” che mi vengono in mente. Sospetto che verrebbe tutto ben accolto.

Naturalmente si tratta di un processo di escalation, almeno verbalmente, quindi il vostro linguaggio deve essere estremo quanto quello del prossimo esperto, altrimenti non verrete presi sul serio sul mercato. Quindi, se le nazioni europee vengono descritte come “stati clienti” per l’Ucraina da un esperto, qualcuno deve intensificare la tensione chiamandole “vassalli”, e qualcun altro le battezzerà “possedimenti imperiali”, e quindi dovete ricorrere a un termine come “burattini”. Naturalmente, né voi né alcun altro esperto ha esperienza diretta della realtà delle relazioni dell’Europa con gli Stati Uniti, ma il vostro obiettivo non è informare o spiegare, bensì confortare le reazioni istintive dei vostri lettori, intrattenere e guadagnare denaro. Abbiamo assistito allo stesso processo di inflazione verbale su Gaza, che contribuisce a spiegare, anche se non giustifica minimamente, l’antipatia dei governi occidentali per le proteste correlate, e che ha alienato alcuni di coloro che altrimenti potrebbero essere sostenitori. Ma d’altronde non c’è retromarcia in questo tipo di polemica. Tutto deve essere sempre più radicale.

Ed è un processo su cui nessuno ha più il controllo. I politici sono felicissimi di poter raggiungere direttamente la massa degli elettori, probabilmente per la prima volta nella storia, senza passare attraverso il meccanismo di selezione delle interviste e senza dover rispondere alle noiose domande dei giornalisti. In un colpo solo, tutta la complessa attività che conoscevo, quella di garantire che i governi trasmettessero il loro messaggio, si riduce alla possibilità di inviare un tweet a qualsiasi ora del giorno e della notte. Il problema, ovviamente, è che prima dei social media, i ministri venivano accuratamente istruiti su cosa dire e su come evitare di fare brutta figura. Ora, nulla può impedire a un ministro o a qualsiasi altro politico, dopo un pranzo particolarmente buono, di sparare un messaggio sui social media di cui si pente cinque minuti dopo. Ma chi se ne frega? Si dicono: domani sarà tutto dimenticato.

Lo stesso Hitler sosteneva che la gente crederebbe più facilmente a una grande bugia che a una piccola: avrebbe fatto bene su YouTube, perché le spiegazioni generiche sono più attraenti e facili da assimilare di quelle attente e sfumate. (Ironicamente, l’esempio di Hitler della Grande Bugia – che l’esercito tedesco fosse stato sconfitto sul campo di battaglia nel 1918 – era ovviamente vero, ma d’altronde è così che vanno le cose). Pertanto, i politici in difficoltà hanno sempre attribuito la colpa dei problemi del paese a una potenza straniera, come hanno fatto Hitler e molti altri, che si tratti di russi, americani, francesi, cinesi o di astrazioni come il “neoimperialismo” o la “finanza internazionale”. Ma perché fermarsi qui? Con un po’ di impegno, si possono escogitare interi schemi paranoici, più sono radicali, meglio è. Dopotutto, una teoria che spiega tutto sarà sempre più attraente di una che spiega solo poche cose. E come per la dottrina religiosa (che è l’origine intellettuale ultima di questo modo di pensare), le apparenti contraddizioni possono sempre essere risolte a un livello superiore, con spiegazioni sempre più complesse che implicano sempre più strati di ipotesi. Ma se si parte dalla convinzione emotiva che Tutto è Connesso e Tutto Era Previsto, allora non resta che escogitare una spiegazione che sia il più ampia possibile e che comprenda assolutamente tutto. E in effetti, tali spiegazioni hanno un chiaro vantaggio di Mercato, in termini di tempo necessario per assimilarle, rispetto alla ricerca autonoma, che è difficile.

Ma supponiamo che tu decida di farlo. Supponiamo che tu decida di scrivere qualcosa sul nuovo governo in Siria e sulla reazione occidentale. Non sei mai stato nella regione e non parli la lingua, ma perché questo dovrebbe impedirtelo? Poi inizi a sfogliare Wikipedia e già tutto inizia a sembrare complicato. Non hai tempo di parlare degli Ottomani (ottomani?) e del periodo del Mandato, ma sembra che Assad fosse un tipo piuttosto cattivo, ma tollerato dall’Occidente perché il suo governo era laico, e poi questo tizio si è dato fuoco in Tunisia nel 2011, se n’è dimenticato, e l’Occidente ha fatto un pasticcio grosso sostenendo Ben Ali per troppo tempo, e poi quando sono iniziate manifestazioni simili in Siria e il regime ha reagito con estrema violenza e le unità dell’esercito sunnita si sono ribellate, non lo sapevano, e poi sono iniziati seri combattimenti, l’Occidente ha deciso che Assad era spacciato, quindi entriamo in gioco ora in modo da poterci prendere il merito e influenzare un nuovo governo in un’area strategica, ma Assad è riuscito a resistere e l’iniziativa è passata nelle mani dei jihadisti, e l’Occidente, che ora aveva bruciato le sue navi con Assad e voleva disperatamente liberarsi di lui, ha iniziato a offrire armi e addestramento a chiunque si opponesse a lui e questo si è rivelato avere delle brutte ripercussioni in seguito, questo sta iniziando a darmi il mal di testa. Ma da dove viene questo tizio di Al-Sharaa? Beh, a quanto pare è più complicato di quanto pensassi, perché non ha mai fatto parte di Al Qaeda, che a quel tempo era praticamente a pezzi e stava perdendo consensi a favore di una generazione più giovane di populisti che volevano il Califfato come adesso, senza saperlo, e hanno preso il controllo di parti dell’Iraq (Iraq?) saccheggiando armi e veicoli statunitensi dall’esercito iracheno, espandendosi in Siria con jihadisti stranieri, dimenticandosi di tutto questo, ma poi sono intervenuti i russi (i russi?) e hanno stabilizzato la situazione. E poi alla fine Assad cade, ma questo coinvolge anche i curdi ( chi? ) e in qualche modo Hezbollah e gli iraniani sono coinvolti, e mi fa male il cervello. No, c’è molto di più da dove viene e darò la colpa di tutto alla CIA. È più facile.

Sembra che siamo ormai intrappolati in una sorta di escalation mediatico-politica inarrestabile, un treno senza freni che procede a valle. La classe politica ha rinunciato a ogni pretesa di essere un’autorità politica e agisce in modi che nessuno al di fuori può comprendere, e forse non ha comunque una spiegazione razionale, senza sapere veramente o preoccuparsi di ciò che sta facendo. Questo è il risultato finale della politica deregolamentata, proprio come le teorie paranoiche, le lotte sui social media e l’escalation isterica del linguaggio sono sintomi della deregolamentazione dei media e della fine delle barriere all’ingresso. Ogni aspetto di questo processo alimenta ogni altro aspetto, e non riesco a immaginare come andrà a finire, se non male. Non c’è più discussione: non so da quanto tempo la gente scriveva o parlava nel tentativo di convincere e persuadere, o persino di informare. Ora, questo processo di deregolamentazione ha raggiunto il suo inevitabile stadio finale di totale frammentazione: piccoli gruppi, politici o esperti che si urlano contro e cercano di sottomettersi a vicenda. Ci stiamo sicuramente avvicinando a una sorta di climax, come la fine di un’opera di Ionesco o di una farsa di Feydeau, in cui tutto crolla completamente. Non torneremo mai più al mondo del Mondo Uno.

Per quanto mi riguarda, non sono bravo a urlare e scrivo per cercare di informare e spiegare, solo quando penso di avere qualcosa da aggiungere. Ho intenzione di continuare a farlo anche l’anno prossimo.

Il capitalismo cowboy nell’Asia centrale, di Michael Hudson

Il capitalismo cowboy nell’Asia centrale

Di Michael  Giovedì 20 novembre 2025 Interviste  Nima  Permalink

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⁣NIMA ALKHORSHID: Ciao a tutti. Oggi è giovedì 13 novembre 2025 e i nostri amici Michael Hudson e Richard Wolff sono tornati con noi. Bentornati.

⁣RICHARD WOLFF: Sono felice di essere qui.

⁣NIMA ALKHORSHID: Michael, vorrei iniziare con te e con quanto è successo con Donald Trump e le sue politiche in Asia centrale. Donald Trump dice che riconquisterà il cuore dell’Asia centrale. Davvero? Cosa sta succedendo secondo te? Sta parlando di un investimento di 35 miliardi di dollari in Uzbekistan. E si parla anche del Kazakistan e forse del ritorno della base in questi paesi. 

Qual è secondo te l’importanza dell’Asia centrale?

⁣MICHAEL HUDSON: L’obiettivo apparente di cui ha parlato è quello di convincere le aziende americane a investire nel tungsteno e nelle terre rare. Il Kazakistan possiede ingenti riserve di tungsteno e l’America ritiene di poter sostituire la dipendenza dalla Cina per questo minerale. Il sogno di Trump, quasi un’ossessione, sono le terre rare, ma non credo che il Kazakistan sia davvero una fonte significativa di questo minerale. 

Le compagnie petrolifere americane hanno investito molto in Kazakistan e in Kirghizistan, ma è stato un disastro. È stato definito un ecocidio. I sindacati dei lavoratori petroliferi si sono ribellati e hanno combattuto contro questo fenomeno. In tutta l’Asia centrale c’è un forte sentimento anti-americano, sicuramente contro le compagnie minerarie e petrolifere americane.

Questo è fondamentalmente ciò per cui Trump si batterà. E spera che il finanziamento non provenga dal governo degli Stati Uniti, ma dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. Sono stati loro a introdurre il neoliberismo in Kazakistan e in Asia centrale, e il risultato è stato un disastro.

Quello che è successo in Asia centrale è più o meno quello che è successo nei Paesi Baltici: le cleptocrazie locali hanno preso il potere. Hanno registrato le proprietà a loro nome. Hanno stretto accordi con le aziende occidentali per ottenere tangenti e hanno tenuto i loro soldi in Occidente. Si sono appropriati di tutte le migliori abitazioni. E il FMI e la Banca Mondiale hanno introdotto lo “stato di diritto”, consentendo ai governi di pignorare i debitori, ovvero le persone che avevano acquistato le loro case a credito.

Il microcredito era la grande novità promossa dagli americani, dal FMI e dai neoliberisti. Funzionava soprattutto grazie alle donne, perché era possibile esercitare una pressione sociale su di loro affinché ripagassero tutti i debiti. Il tasso di suicidi aumentò, quindi furono proprio le donne a guidare l’opposizione all’influenza occidentale in Kazakistan, Kirghizistan e negli altri paesi della regione.

La reazione iniziale contro l’Unione Sovietica ha ormai lasciato il posto alla sensazione generale che allora le cose andassero molto meglio. Almeno la gente aveva la sicurezza di un alloggio. Non c’era polarizzazione, né una classe di miliardari (che invece è emersa in questi paesi), né il nepotismo dei governanti nei confronti delle loro famiglie. In un certo senso, è come tornare indietro al XIX secolo.

Quindi quello a cui stiamo assistendo ora riguarda più che altro i minerali. Il XIX secolo era incentrato più sulle colture, sull’oppio e cose simili. Ma tutto questo non è altro che una ripetizione di quello che veniva chiamato il Grande Gioco (gli inglesi lo chiamavano la Questione Orientale): la lunga lotta tra Gran Bretagna e Russia – e ora tra Stati Uniti e Russia e Cina – per il controllo di tutto, dall’Iran, attraverso l’Asia centrale, fino alle regioni uigure della Cina occidentale. Si assiste a questo gioco geopolitico, in cui le compagnie minerarie svolgono un ruolo importante; le compagnie minerarie sono probabilmente le [aziende] più impopolari dell’intera regione.

Non abbiamo sentito nulla su ciò che stanno facendo Cina e Russia – penso che stiano semplicemente lasciando che l’America giochi le sue carte – ma la settimana scorsa il ministro degli Esteri del Kazakistan era a Washington per cercare di promuovere il Kazakistan e concludere accordi. Sembra che, certamente, l’attuale governo stia cercando di concludere un accordo che gli sia vantaggioso. Credo che abbiano incontrato il segretario al Commercio Howard Lutnick, che in passato aveva negoziato un accordo per le ferrovie del Kazakistan. Ora c’è una proposta tra Cove Kaz (un fondo di capitale) per investire nel settore minerario, una sorta di accordo di partecipazione agli utili con il Kazakistan che forse non conosce tutte le complessità della contabilità “hollywoodiana” che in realtà non lascia molti profitti da condividere, dopo aver pagato tutti gli interessi, le spese di gestione e le altre spese che vengono tutte addebitate.

Il Grande Gioco ora è tra gli interessi minerari neoliberisti (e quello che il popolo kazako definisce ecocidio: la distruzione dell’ambiente causata dall’inquinamento e dalle fuoriuscite provocate dalle compagnie petrolifere) e la Cina (l’iniziativa cinese Belt and Road, su termini molto diversi e con una filosofia diversa dal neoliberismo). 

Ora non si tratta più solo di un gioco geopolitico, ma di un gioco che riguarda il tipo di accordi economici che verranno stipulati. Saranno accordi di tipo BRICS (più o meno di stampo socialista) o saranno gli accordi neoliberisti che gli Stati Uniti stanno cercando di promuovere in questo momento?

⁣RICHARD WOLFF: Vorrei aggiungere due aspetti.

In primo luogo, mi sembra incredibilmente una replica dell’imperialismo del XIX e XX secolo. Si tratta dei paesi occidentali, in questo caso gli Stati Uniti, che vedono l’opportunità di trarne profitto, sia attraverso l’estrazione mineraria – che è antica quanto l’imperialismo, risalente all’epoca dell’oro e dell’argento e di tutte le altre cose che hanno attirato gli europei in tutto il mondo alla ricerca di luoghi dove poterli ottenere a basso costo, o rubarli – sia attraverso qualsiasi altro mezzo necessario, perché è così facilmente liquidabile da poter essere utilizzato nel modo che preferiscono.

Certo, aggiungete tungsteno, aggiungete terre rare. È sempre cambiato con le tecnologie che abbiamo a disposizione, che determinano quale risorsa nel sottosuolo è più interessante dal punto di vista estrattivo, per il profitto, rispetto alle altre. Quindi ora ci sono queste nuove risorse, e ora c’è un nuovo posto dove andare a prenderle, e gli Stati Uniti cercheranno di farlo – facendo pagare gli altri – sapete, saccheggiando l’ambiente. È quello che hanno sempre fatto. Non è una novità.

Vorrei ricordare a qualcuno una lezione. E la lezione è che i paesi che sono riusciti a staccarsi dall’assetto imperialista capitalista globale – la Russia nel XX secolo e ora la Cina – sono esempi di successo. La Russia era allora sotto l’Unione Sovietica…

Vorrei ricordare alla gente, dato che è così di moda non saperlo, che la crescita economica sovietica, dal momento della rivoluzione nel 1917 fino al momento della dissoluzione nel 1989, è stata la storia di successo del XX secolo. Il Paese europeo più arretrato, che ha dovuto affrontare (pronti?) la sconfitta nella prima guerra mondiale, poi una guerra civile e una rivoluzione, quindi la collettivizzazione dell’agricoltura e infine la seconda guerra mondiale, è comunque uscito alla fine del secolo con una crescita superiore a quella di chiunque altro, nonostante tutte queste battute d’arresto. Una storia straordinaria! E la Cina, come tutti sappiamo, è l’altro esempio.

Cosa hanno in comune? Si sono staccati dal sistema capitalista coloniale. Sono esempi di successo, quelli che non hanno permesso ciò di cui si sta discutendo per il Kirghizistan o il Kazakistan, a questo punto. E questa è la prima cosa.

La seconda osservazione (che va ad aggiungersi a quanto detto da Michael) è che sono ben consapevole – forse mi sbaglio – di tutte le macchinazioni: i 76 – perché tengo il conto – i 76 morti che sono stati uccisi su quelle imbarcazioni, le cosiddette narco-barche, nei Caraibi e nel Pacifico. Sono consapevole che si tratta di un processo, insieme al posizionamento della portaerei Gerald Ford che ora si trova al largo delle coste del Venezuela. Sono consapevole che c’è un piano per attuare un piccolo cambio di regime in Venezuela, al fine di riaffermare la Dottrina Monroe e di impossessarsi di uno dei più grandi giacimenti di petrolio del pianeta.

Ecco il colpo di scena: i russi, con il tacito sostegno dei cinesi, hanno avvertito gli Stati Uniti di non farlo.

Ora, questo è un passo importante, certamente ancora simbolico, ma comunque importante. È che la Dottrina Monroe è stata appena invalidata. Gli Stati Uniti non hanno alcun diritto implicito di dominare l’emisfero occidentale. I russi stanno annunciando che anche loro sono presenti. E se i russi sono lì con navi e marina militare, come sembra, allora i cinesi non sono molto indietro.

Il mio sospetto è che parte dell’attrattiva di tenere questi incontri alla Casa Bianca sia per il signor Trump poter dire: Ok, se devo prendervi sul serio nell’emisfero occidentale, beh, voi dovrete prendere sul serio me, anche più di quanto pensavate di fare. Guardate, sto facendo cose proprio qui vicino a voi, con i governi dell’Asia centrale. 

Quindi, ci sono queste manovre geopolitiche in atto: fanno parte dell’adeguamento fluido del mondo al fatto che l’Occidente non è più l’attore economico dominante. E tutti, compreso l’Occidente, stanno riorganizzando le proprie strategie, cercando di capire come rimanere a galla in questa situazione globale in rapido mutamento.

⁣MICHAEL HUDSON: Penso che tu abbia ragione a citare la Dottrina Monroe, perché il rovescio della medaglia era la promessa che l’Europa sarebbe rimasta fuori dall’emisfero occidentale e noi saremmo rimasti fuori dal suo emisfero, ma questo non sta affatto accadendo. Quindi hai perfettamente ragione quando dici che la Russia e la Cina stanno affermando: avete infranto l’accordo. Siete venuti qui. Ok, occhio per occhio: quello che stiamo facendo è simmetrico alle vostre reazioni e alle vostre azioni. In sostanza, state vedendo la Russia e la Cina reagire contro l’Occidente.

Ma ancora una volta, tutto questo ci riporta alla contrapposizione tra il cuore del continente di [Halford] Mackinder e le zone costiere e commerciali controllate dagli inglesi.

L’idea alla base dei piani della Cina e della Russia (ma soprattutto della Cina) negli ultimi 20 anni è stata quella di espandersi via terra attraverso l’Asia centrale. C’è un intero tentativo di costruire ferrovie. Tutto questo [è una ripetizione] della fine del XIX secolo, a partire dalla Persia. Era l’Impero persiano a controllare la maggior parte di questa regione. E alla fine del XVIII secolo, la Russia riconquistò quella che era stata la parte settentrionale dell’Impero persiano: l’Azerbaigian, la Georgia e parte del Daghestan. I Qajar, una dinastia tribale locale, presero il potere dello scià dell’Iran [Persia] nel 1789 e lo governarono fino al 1925, riconquistando essenzialmente questa zona. La Russia la riconquistò e utilizzò questa conquista di quella che era stata la Persia settentrionale per estendere la ferrovia attraverso il Kazakistan e l’Asia centrale, più a est.

Ebbene, la Gran Bretagna si oppose a tutto ciò e combatté la guerra di Crimea contro la Russia per affermare che quest’ultima era il suo nemico esistenziale. Si possono guardare gli Stati Uniti e la Cina oggi: erano la Russia e la Gran Bretagna ai tempi della guerra di Crimea; e il seguito di quella guerra fu la guerra anglo-persiana (1856-1857) per il controllo della rotta verso l’Afghanistan, che era controllata dalla Persia. E fu combattuta per la città di Herat, nell’Afghanistan occidentale. Gli inglesi dissero: dobbiamo impedire alla Russia di accedere all’India, perché l’India era ancora il gioiello della corona che forniva sostegno finanziario all’Impero britannico. In sostanza, la Gran Bretagna sconfisse la Russia, sconfisse la Persia e ne prese il controllo. E nel mezzo secolo successivo, fino alla fine del XIX secolo, sia la Russia che la Gran Bretagna chiesero concessioni per costruire una ferrovia attraverso questa regione, che era ancora in gran parte sotto il controllo persiano.

Beh, riuscirono a bloccarsi a vicenda; e la Persia non fu in grado di costruire una ferrovia fino a quando, finalmente, a metà degli anni ’30, lo fece lo Stato. Aveva paura di ottenere concessioni straniere. Il trauma degli investimenti britannici – provenienti dalla Persia, più a est – fu così distruttivo che si diffuse un sentimento generale filo-russo. Dopo la Rivoluzione russa, i russi avevano il sostegno della popolazione in queste regioni; c’era una guerra in corso per il controllo della Persia (che solo più tardi sarebbe diventata l’Iran) e dell’Asia centrale. E, in sostanza, gli inglesi intervennero con l’esercito e risolvettero la questione rovesciando la dinastia tribale dei Qajar con i due scià (la dinastia Pahlavi), padre e figlio, che instaurarono uno Stato di polizia.

Quando nel 1901 la Persia concesse una concessione petrolifera a [William Knox] D’Arcy dell’Inghilterra, ciò portò alla scoperta del petrolio un decennio dopo; e penso che ciò che accadde dopo in Persia è ciò che accadrà in Asia centrale. All’inizio degli anni ’50 gli iraniani elessero Mossadegh come loro leader. L’MI6 britannico e la CIA lo rovesciarono e lo scià instaurò uno stato di polizia così terribile e oppressivo che l’unico luogo in cui la gente poteva riunirsi per opporre resistenza erano le moschee. Il risultato fu una rivoluzione sciita che rovesciò lo scià.

Questo è più o meno ciò che accadde negli anni ’90 del XIX secolo, quando l’opposizione alla conquista britannica del commercio di tabacco e oppio in Persia fu guidata principalmente dai leader religiosi, che imposero una fatwa contro il fumo; tutte le pipe ad acqua furono distrutte e, in sostanza, lo scià (lo scià tribale Qajar che aveva governato per 50 anni) fu assassinato e i britannici insediarono i propri rappresentanti. 

Questo è il tipo di lotta che vedrete, con quella che ora viene chiamata la “rivoluzione colorata”, nel Sud-Est asiatico. Se i piani degli Stati Uniti per l’estrazione mineraria e il controllo, e il sostegno alla cleptocrazia neoliberista avranno successo in questa zona, ci sarà lo stesso tipo di rivoluzione che c’è stata in altri paesi. Questa sarà la dinamica che darà forma al prossimo decennio.

⁣NIMA ALKHORSHID: Sì. Richard, cosa sta succedendo con il caso del Kazakistan e dell’Uzbekistan? Entrambi sono profondamente legati alla Belt and Road Initiative cinese e all’Unione economica eurasiatica russa. 

E, guardando alla realtà della regione, questi paesi possono realisticamente orientarsi verso Washington senza compromettere le loro attuali dipendenze strategiche?

⁣RICHARD WOLFF: Ne dubito. Ne dubito fortemente, e vi dirò due motivi. Uno, c’è una parte della storia (che posso aggiungere a tutto ciò che ha appena detto Michael), ovvero che in Persia, come forma di resistenza contro ciò che stavano facendo gli inglesi e quelle parti della società persiana alleate con gli inglesi, si sviluppò uno dei partiti comunisti più grandi e più evoluti al mondo, il partito Tudeh. Questo tipo di comportamento da parte dell’Occidente non ha solo provocato l’opposizione religiosa – cosa che ha fatto, e che per il momento è diventata piuttosto dominante, fino ad oggi – ma quell’opposizione religiosa esisteva e coesisteva con un’opposizione laica molto potente, che nel caso dell’Iran/Persia era il partito Tudeh, che doveva essere distrutto senza pietà affinché l’opposizione religiosa potesse sopravvivere. E questo continua ancora oggi. Le opposizioni all’interno dell’Iran, ancora oggi, hanno le loro radici in quel partito Tudeh in molti, molti modi, come mi hanno spiegato innumerevoli volte gli iraniani.

Quindi, starei attento perché penso che questo tipo di comportamento che stiamo vedendo – questa sorta di rinnovamento dell’imperialismo classico, se vogliamo – possa rafforzare, in qualche modo, l’opposizione religiosa; ma darà anche nuova linfa vitale alla resistenza non religiosa, socialista laica o comunista, che ha radici profonde in quella zona.

Il secondo motivo per cui mi aspetto questo è che la capacità della Russia e della Cina, separatamente e insieme, di aiutare l’opposizione guidata dal Tudeh a rinascere è molto maggiore di qualsiasi cosa la Russia o la Cina siano state in grado di fare in passato. E ora avranno un interesse acquisito nel sostenere una base anti-occidentale che già esiste qui, a molti livelli. Quindi, sì, potresti riprendere quella vecchia battaglia nel modo in cui Michael l’ha descritta; ma le condizioni e la forza dei relativi attori in gioco non sono più quelle di allora. E quindi, penso che ora, la seconda volta, il risultato sarà molto diverso.

⁣MICHAEL HUDSON: C’è un ottimo libro pubblicato, credo, nel 2021, da Balihar Sanghera ed Elmira Satybaldieva: Rentier Capitalism and its Discontents: Power, Morality, and Resistance in Central Asia (Il capitalismo rentier e i suoi malcontenti: potere, moralità e resistenza in Asia centrale). Ho scritto l’introduzione a quel libro (e la pubblicherò oggi sul mio sito web) perché descrive esattamente il trauma che si è verificato quando le compagnie petrolifere statunitensi sono entrate in questa regione, in concomitanza con le regole neoliberiste che hanno portato questa regione ad essere più ricettiva alla Belt and Road [Initiative] cinese. 

Chevron ha messo gli occhi su queste vaste riserve petrolifere, in particolare sul giacimento di Tengiz in Kazakistan. Il Kazakistan voleva semplicemente avvalersi delle competenze occidentali. Voleva svilupparle autonomamente. Ma ciò che voleva Chevron era il controllo. Ed è proprio questo che vorrà qualsiasi compagnia mineraria statunitense in questa regione: lo stesso tipo di controllo. Prometterà il controllo al governo, ma il modo in cui il FMI e la Banca Mondiale hanno imposto le regole del libero mercato è tale che lo Stato non può davvero fare nulla per penalizzare questi paesi per tutto l’inquinamento che la loro attività mineraria causerà, in particolare per le terre rare. 

E Trump ha detto: Beh, possiamo soddisfare metà del fabbisogno di terre rare dell’America solo dal Kazakistan!
Beh, è davvero folle, se si considera quanto tempo ci vorrà per costruire tutte queste strutture minerarie. Chi si occuperà della raffinazione? Verrà effettuata in Kazakistan? Oppure verrà inviata, come avviene attualmente con i minerali, in Cina? Chi si occuperà della produzione? L’accordo sembra così semplice nel modo in cui Trump e gli americani lo descrivono. 

E mettono sempre nei dettagli del contratto delle clausole che danneggiano i paesi ospitanti, che in pratica dicono: qualsiasi cosa facciate per far pagare i costi di bonifica e qualsiasi danno che controlliamo, vi faremo causa davanti alla Corte internazionale per le controversie in materia di investimenti. E voi dovrete semplicemente pagarci, non solo dovrete pagarci i danni, ma arresteremo il vostro avvocato, come abbiamo fatto in Ecuador con l’avvocato [Steven Donziger] che ha difeso il Paese dall’inquinamento causato dalla Chevron. Capite? Vi renderemo la vita un inferno. 

E non mi sorprenderebbe vedere Russia e Cina presentare uno scenario completo di ciò che potrebbe accadere a questi paesi se permettessero alle nuove compagnie minerarie di fare loro ciò che ha fatto Chevron. 

Chevron promise [al Kazakistan] l’accordo, l’80% della produzione, e rifletté questo accordo di ripartizione degli utili 80-20%. Ma alla fine il Kazakistan si è ritrovato con solo il 2% dei ricavi del progetto. È stato un disastro – il 2%! – per tutto il petrolio che stava ottenendo. È stato il contratto petrolifero più sfavorevole che sia stato negoziato negli ultimi decenni. E il Kazakistan ne sta ancora subendo le conseguenze. Quindi, non ha avuto una buona esperienza con gli investimenti occidentali.

Lo stesso è accaduto in Kirghizistan. Anche questo Paese ha subito danni simili a causa dell’inquinamento causato dall’estrazione dell’oro. Anche in questo caso sono arrivate le compagnie minerarie – e l’estrazione dell’oro è molto inquinante, così come lo sono, ovviamente, quella delle terre rare e del tungsteno – e si è verificata una situazione molto spiacevole. Gli autori del libro che ho appena citato scrivono: “Il regime neoliberista delle regole di investimento vincola i governi agli accordi firmati con le multinazionali. Se gli accordi vengono violati, gli investitori si sentono giustificati nel portare gli Stati ospitanti davanti a un tribunale arbitrale internazionale per ottenere il risarcimento dei danni. Lo Stato di diritto ha affermato che lo Stato non può violare i diritti e le libertà individuali e che il dominio della proprietà privata deve essere protetto dalla politica maggioritaria”.

Quindi, il neoliberismo non ha eliminato la pianificazione statale. Ha semplicemente trasferito quella che era la pianificazione sovietica alle grandi società e alle multinazionali presenti in questi paesi. 

È quello che hanno già sperimentato. E sono sicuro che i governi vogliono soldi adesso. E sono sicuro che, come nel caso degli investimenti passati, a partire dalla Persia del XIX secolo, con le sue concessioni sul tabacco, fino alle concessioni minerarie di oggi, ci sono ogni sorta di tangenti ai funzionari e di attività segrete. È così che funziona il sistema. Il crimine fa parte del libero mercato. 

Credo che [R. H.] Tawney abbia detto: «La proprietà non è un furto, ma gran parte dei furti diventano proprietà», e penso che sia proprio quello che si è visto finora in Asia centrale; ed è proprio questa la strategia degli Stati Uniti per quella regione.

⁣RICHARD WOLFF: E bisogna tenere presente il diritto internazionale. Stanno proteggendo la proprietà privata dalla “maggioranza” — Che parola meravigliosa! Avresti potuto dire “democrazia”, ma non l’hai fatto. Hai eliminato quel termine e l’hai sostituito con qualcosa che suona diverso: “maggioranza”. Non dovremmo permettere alla maggioranza di avere un ruolo decisivo in questo caso. 

Quando fai questo, non fai altro che rimandare la rivoluzione che arriva per pretendere ciò che il sistema maggioritario avrebbe dovuto darti, come modo pacifico per risolvere questo tipo di differenze. Devi sempre scuotere la testa con stupore per ciò che era possibile. 

E non mi sorprende che quelli di Trump… quale altro modello potrebbero avere? Non hanno altro in testa che gli ultimi due o tre secoli di imperialismo capitalista. Cos’altro potrebbe venir loro in mente? Non sono critici. Non sono permeati da un modo di pensare rivoluzionario, ribelle, socialista o (qualunque parola vogliate usare) alternativo. No, si occupano di ciò che esiste – il sistema capitalista – e di come mantenerlo in funzione. E se hanno bisogno di tungsteno e di terre rare, allora guardano in giro per il mondo e vanno a investire nel controllo, ovunque esso sia.

Mi viene in mente il modo in cui funzionava l’Impero britannico. Sapete, una volta che gli Stati Uniti divennero indipendenti e poterono svilupparsi, scoprirono che nel loro territorio c’era qualcosa che il capitalismo mondiale voleva. E nel XIX secolo, ciò che il capitalismo mondiale voleva sopra ogni altra cosa era il cotone, perché il mondo stava imparando a vestirsi con tessuti di cotone di un tipo o dell’altro. E il sud degli Stati Uniti, una volta che si riuscì a portare gli africani neri a lavorarci, era una fonte di cotone. E l’Impero britannico si trovò ora di fronte al fatto che doveva pagare per il cotone perché non aveva più la colonia; quindi, avrebbe dovuto pagare questi americani. 

Così, nell’Impero britannico si diffuse la voce che bisognava lavorare ai Kew Gardens (alle porte di Londra) per piantare cotone in ogni modo possibile, al fine di capire dove potesse crescere in tutto il mondo, in modo da poterlo raccogliere per la propria industria cotoniera. Ecco perché l’Uganda è una piantagione di cotone e l’Egitto è la fonte del cotone. Hanno provato ovunque. Dove non funzionava, hanno lasciato perdere. Dove funzionava, arrivarono con il loro regime coloniale per assicurarsi di ottenerlo. E ottennero un secolo di guadagni davvero ottimi dai loro tessuti di cotone, dando ai piccoli agricoltori africani dell’Uganda… niente, sapete, e dando alla maggior parte della popolazione egiziana… niente, e così via.

Stiamo semplicemente ripetendo quel vecchio gioco, in nuovi ambiti, con nuove questioni da affrontare. Ma la struttura è esattamente la stessa.

⁣MICHAEL HUDSON: E alla fine si tratta di un quadro a breve termine. Voglio dire, l’imperialismo, il neoliberismo è, fondamentalmente, estrattivo: cerca guadagni a breve termine – mordi e fuggi – e, a un certo punto, sei costretto a scappare perché alla fine c’è una rivoluzione che li rovescia. La Cina sta giocando (e la Russia) in questa regione, [loro] stanno giocando una partita a lungo termine; e la partita a lungo termine alla fine funziona sempre. 

La domanda è: quanto tempo ci vorrà perché l’Asia centrale entri a far parte del gioco a lungo termine? E cosa possono fare ora Cina e Russia per contrastare il tentativo di un cambio di regime contro qualsiasi paese che resista all’espansione degli interessi minerari degli Stati Uniti? 

Hai l’equivalente del tuo esempio sul cotone: gli Stati Uniti vedono semplicemente l’Asia meridionale e centrale come una fonte di minerali per sostituire la Cina. La Cina può dire: “Beh, noi vogliamo andare oltre la monocultura: essere una monocultura è ciò che vi ha impoverito; essere una monocultura (una monocultura mineraria, che si tratti di petrolio, tungsteno o terre rare) creerà un piccolo strato di oligarchia clientelare, una cleptocrazia clientelare, come quella che avete avuto in tutti gli Stati sovietici, oppure avrete una rivoluzione sociale?

Beh, ovviamente è quello che ha fatto la Russia in Persia, dove (come dici giustamente) il Partito Comunista era molto forte prima degli omicidi di massa e dell’assassinio (in stile Pinochet) dello scià per mano dell’MI6 e della CIA. Quindi, potrei immaginare che da tutto ciò possano derivare una guerra sporca e una politica sporca, tutto questo. 

Il Sud-Est asiatico avrà uno Stato burocratico centralizzato e cleptocratico? Oppure sarà una sorta di Stato – mi piace il termine maggioritario – che probabilmente è la tattica politica che la Cina userà per dire: se avete la nostra Belt and Road, preferirete di gran lunga che siamo noi a concedervi i fondi per sviluppare la vostra economia, piuttosto che farlo attraverso il FMI e la Banca Mondiale, e le società che prenderanno in prestito il denaro a Wall Street, investiranno lì, e poi tutti i profitti saranno assorbiti dal pagamento degli interessi (per noi che paghiamo gli interessi ai nostri banchieri e alle nostre società finanziarie offshore e società di gestione), senza lasciare davvero nulla a voi. Questa è la contabilità “hollywoodiana” – o potremmo semplicemente dire la contabilità neoliberista – che viene utilizzata per impedire ai paesi ospitanti di ottenere i benefici delle loro risorse naturali. 

E l’intero tentativo degli Stati Uniti in questo senso è quello di impedire a questi paesi di utilizzare il loro patrimonio, le loro risorse naturali, come base imponibile.

Beh, ovviamente, questo è proprio ciò che Adam Smith e tutti gli economisti classici – John Stuart Mill, [Karl] Marx e i socialisti – sostenevano per l’Europa: sbarazzarsi della classe dei rentier, sbarazzarsi dei proprietari terrieri, utilizzare la rendita fondiaria e la rendita delle risorse naturali come base imponibile. Questo è ciò che [David] Ricardo ha chiarito molto bene nella sua analisi. E la Cina può riprendere questa idea economica classica di libero mercato: un libero mercato è un mercato libero dall’estrazione di rendite – risorse naturali – o dall’estrazione di rendite fondiarie o minerarie. La Cina vuole che l’Asia centrale sia in grado di tassare i proventi del suo petrolio, tungsteno [e] altre materie prime, per utilizzarli per pagare gli investimenti di capitale nell’iniziativa Belt and Road che la Cina vuole costruire. 

Quindi quello a cui stiamo assistendo in Asia centrale è una lotta: chi otterrà i proventi delle risorse naturali? Saranno versati alle compagnie petrolifere e minerarie private occidentali? E i governi dell’Asia centrale rimarranno senza queste risorse naturali come base imponibile significativa? E dovranno tassare la popolazione in generale, impedendo il decollo industriale? Oppure diranno: no, tutto questo appartiene allo Stato. Faremo ciò che volevamo fare originariamente con il petrolio – e ciò che ci era stato promesso – quando abbiamo parlato per la prima volta con gli interessi americani; che ci avrebbero fornito le competenze per sviluppare il nostro petrolio. Otterremo quindi i profitti – e li useremo per sviluppare il nostro Paese. 

Questo non è successo la prima volta. Ci deve essere una curva di apprendimento. E ora la Cina ha tutto l’interesse a promuovere questa curva di apprendimento per dire: utilizzate le vostre risorse naturali. Potete esportare tutte le materie prime che volete in Occidente. Vogliamo che esportiate: fonte di guadagni, fonte di guadagni in dollari. Questo è ciò che vi consentirà di compensarci per gli investimenti Belt and Road che stiamo cercando di fare per sviluppare la vostra intera economia; ciò andrà a beneficio della popolazione in generale, non solo come industria estrattiva, ma anche creando piccole industrie, industrie su larga scala, modernizzando la vostra agricoltura, ecc.

Questo è ciò che accadrà nel prossimo decennio.

⁣NIMA ALKHORSHID: Richard, gli Stati Uniti stanno già affrontando un sovraccarico di impegni in Europa e nell’Indo-Pacifico. La domanda è: possono competere in modo significativo in Asia centrale senza distogliere l’attenzione da altri teatri strategici? 

Considerando che la presenza della Cina in Asia centrale non è solo economica, ma anche infrastrutturale e istituzionale, attraverso la SCO e il BRICS.

⁣RICHARD WOLFF: Sì, stavo per dire la stessa cosa da una prospettiva diversa. Nell’imperialismo classico, i paesi europei – Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio e così via – utilizzavano tutti la stessa logica, lo stesso sistema. La cosa straordinaria ora è che la Cina e la Russia (in particolare la Cina) hanno un sistema diverso, ma questo da solo non basta. Sono anche il blocco economico più ricco del mondo. Hanno più soldi da fornire all’Asia centrale, se necessario. Se si sommano i PIL dei paesi BRICS, si ottiene un risultato di gran lunga superiore al PIL totale del G7. Non si tratta più di concorrenti alla pari. 

I cinesi hanno… guardate cosa stanno facendo. La Belt and Road è un enorme investimento di denaro, che i cinesi devono fare. Non è solo un bel progetto. Non è solo una ricerca di profitto. È un investimento a lungo termine di una somma enorme di denaro. 

E ora che gli Stati Uniti hanno, in sostanza, dichiarato guerra al resto dell’economia con quella follia dei dazi, hanno creato un incentivo per i cinesi, per i BRICS, ma anche per quasi tutti gli altri paesi, a cercare altrove rispetto agli Stati Uniti, nei prossimi anni, per fare affari; perché trattare con gli Stati Uniti, ora che sono diventati un sistema nazionalista e ossessionato dalla sicurezza nazionale, è un partner inaffidabile: È un luogo inaffidabile in cui vendere – guardate cosa possono fare i dazi – è un luogo inaffidabile in cui acquistare, perché ora tutto è strumentalizzato in questo sistema americano e non si sa se la propria dipendenza dall’importazione di qualcosa – voglio dire, non ci sono più molte cose che gli Stati Uniti esportano in modo significativo; ma qualunque cosa sia, non è affidabile.

Tutti cercano di trovare partner commerciali affidabili. Dove? Nell’orbita cinese o, almeno, in quella non americana, perché è più sicuro diversificare per non dipendere dagli Stati Uniti. Ciò significa che gli Stati Uniti (come hai detto tu, Nima, e hai ragione) non sono in una buona posizione per impegnarsi in una lotta con la Russia e la Cina in Asia centrale, mettendo da parte un impegno militare; ma in una competizione economica le probabilità non sono così buone per gli Stati Uniti a questo punto. Anche il Kazakistan e il Kirghizistan devono chiedersi se quello che stanno per fare, ovvero guadagnare un sacco di soldi, estrarre un sacco di minerali e vendere un sacco di esportazioni agli Stati Uniti, li porterà a diventare sempre più dipendenti, quando tutto il mondo ti dice: vai nella direzione opposta, riduci la tua dipendenza da loro.

Ecco la battuta che potrebbe venirvi in mente: gli americani li inducono a chiedere un prestito al FMI; loro sviluppano tutti questi strumenti; fanno una rivoluzione e vendono tungsteno e terre rare alla Cina. Pensateci, perché ora dovete ragionare in questo modo. Ed è un modo ragionevole di interpretare la legge degli eventi. È proprio questo che è cambiato nel mondo.

⁣MICHAEL HUDSON: Nima, stavi per fare un annuncio?

⁣NIMA ALKHORSHID: Sì, prego.

⁣MICHAEL HUDSON: No, pensavo che ce l’avresti fatta.

⁣NIMA ALKHORSHID: Per il nostro pubblico: se volete seguire Michael Hudson e Richard Wolff, potete visitare i loro siti web: per Richard, andate su “Democracy At Work”  https://www.democracyatwork.info/; e per Michael, andate su https://michael-hudson.com. [Notate il trattino.] [Sia Michael che Richard hanno un sito Patreon: visitate https://www.patreon.com/home e cercate “Michael Hudson” e “Democracy at Work”.] [Democracy at Work ha anche un canale YouTube: @democracyatwrk.]

E l’altro punto è, Richard, come ne stavamo parlando prima di salire, che molte persone stanno rubando i video che stiamo realizzando, questi discorsi che stiamo facendo, e non possiamo perseguire questi ladri, perché sono davvero tanti.

⁣RICHARD WOLFF: Vorrei dire due parole su Nima, solo per ribadire il concetto. 

Li chiamo video falsi. Cosa sono (e mi riferisco principalmente a quelli del mio lavoro, ma sospetto che sia lo stesso per tutti): Se sei bravo con i computer, se sei bravo con i video, se sai come usare l’intelligenza artificiale e così via, quello che viene prodotto sono video che hanno il mio volto (o qualcosa che gli assomiglia), che articolano un intero ragionamento; ed è la mia bocca, e le parole suonano come la mia voce — 

Tutto questo è artificiale. Non sono io. 

Altre persone stanno prendendo (ad esempio, in un caso) la parte superiore del mio viso, quindi sono riconoscibile (per le persone che sono abituate a vedermi); e poi la parte inferiore è la bocca di qualcun altro, che articola un copione che non ho scritto e che non ha nulla a che fare con me. E il tutto viene confezionato come “Ecco Richard Wolff”. E le persone conoscono abbastanza il lavoro che faccio da poter, immagino, far pagare un biglietto a chi vuole vedere quel video, e poi incassare i soldi – e mi hanno semplicemente usato come materia prima.

Ora ero molto preoccupato, come potete immaginare, perché potevano inserire letteralmente l’opposto di ciò che stavo dicendo. Finora non l’hanno fatto, anche se forse ora riceverò delle e-mail che mi dimostreranno il contrario, ma finora ciò che abbiamo visto non è ideologicamente o analiticamente opposto, è solo finzione. È solo la creazione di qualcun altro.

Quindi, se volete essere sicuri che sia davvero io? Sì, andate su democracyatwork.info; oppure andate su @democracyatwrk (canale YouTube); oppure andate su @democracyatwork su Substack. Tutti questi sono nostri. Sono di nostra proprietà e pubblichiamo solo cose nostre. In questo modo, potete essere sicuri che non si tratti di un falso.

⁣MICHAEL HUDSON: Beh, è lo stesso sul mio sito, ma in particolare per quanto riguarda i programmi di Nima. La gente mi ha inviato copie dei programmi di Nima, con Richard e me, e in fondo c’è un altro conduttore (un quarto conduttore!) che è lì sul loro sito, con tutto il programma che abbiamo appena fatto. 

Potrebbero decidere di utilizzare o meno la trascrizione che preparo per questi programmi, che pubblico sul mio sito e che invio a voi. E così sembra che il tuo programma, Dialogue Works, appaia su un sito che non è Dialogue Works, un sito completamente diverso con Richard e me, con qualcun altro che lo presenta. E hanno anche avuto la sfacciataggine di scrivermi dicendo: Abbiamo ricevuto molte risposte dagli spettatori ai video che abbiamo mostrato di te, Richard e Nima. Vuoi essere ospite sul nostro sito? Come se in qualche modo questo potesse legittimare tutto.

Quindi, abbiamo a che fare con un furto enorme, sponsorizzato da YouTube, perché YouTube otterrà più pubblicità da questo – e lascerà che fioriscano cento fiori. 

E sospetto che gli spettatori di questi siti plagiati non siano il tipo di spettatori che di solito guardano il programma di Nima o che leggono ciò che Richard e io scriviamo sui nostri rispettivi siti web. Si tratta di michael-hudson.com 1, per essere precisi. È lì che dovete andare. E io ho un gruppo Patreon. Richard ha un gruppo. Abbiamo i nostri siti, ma loro stanno piratando ciò che facciamo. E sono siti falsi. E, come sottolinea Richard, sono arrivati persino a falsificare i nostri contenuti. 

Questa è la rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Chi controlla la piattaforma, la piattaforma di intelligenza artificiale, controlla i contenuti. Ed è l’equivalente di [George] Orwell: chi controlla il [passato], controlla il [futuro]. Ma chi controlla il sistema di intelligenza artificiale? Se immettiamo spazzatura, otterremo spazzatura, è quello che stiamo vedendo.

⁣NIMA ALKHORSHID: Sì. Il problema è che stanno ottenendo più visualizzazioni del video originale! 

Prima di concludere, Richard, vorrei mostrare un video di Donald Trump che parla delle tariffe doganali. Ecco cosa ha detto Donald Trump.

⁣DONALD TRUMP (CLIP): Ho incassato centinaia di milioni di dazi. Ho imposto dazi alla Cina sin dall’inizio. Poi, quando siamo stati colpiti dal COVID, abbiamo combattuto. Abbiamo fatto un ottimo lavoro. Ma quello era il COVID. Proveniva da un determinato luogo in Cina. 

LAURA INGRAHAM (CLIP): Un altro grande regalo dalla Cina.

⁣DONALD TRUMP (CLIP): … è un altro piccolo regalo che abbiamo ricevuto. Ma guardate, io vado molto d’accordo con il presidente Xi. Vado molto d’accordo con la Cina. Ma l’unico modo per andare d’accordo con la Cina è trattare da una posizione di forza. Abbiamo una forza enorme grazie ai dazi. Abbiamo una forza enorme grazie a ciò che ho fatto. Ho ricostruito il nostro esercito; loro hanno molti missili, ma anche noi ne abbiamo molti. E non vogliono avere a che fare con noi.

⁣RICHARD WOLFF: Sì, beh, sai, questo è il Paese che ha inventato il cowboy. E la mentalità da cowboy è molto diffusa. Molti ragazzini crescono con l’immagine di un tipo molto impressionante a cavallo che spara alla gente, che di solito ha la pelle più scura, e il cowboy, e tutto il resto. Ed è quello che abbiamo qui. 

Avresti potuto mostrarci un filmato in cui spiega, con gioia negli occhi, come sta uccidendo quei trafficanti di droga che spara dalle barche. E che quando avrà finito con loro, saranno morti. E dice la parola “morti” con tutta l’intensità che riesce a raccogliere. Sai, uccidere i trafficanti di droga. Negli Stati Uniti arrestiamo ogni giorno persone coinvolte nel traffico di droga. In questo Paese c’è un enorme traffico di droga e ogni giorno arrestiamo persone, in un luogo o nell’altro. Non li uccidiamo mai. Che siano colpevoli o innocenti, non abbiamo la pena capitale per le persone coinvolte nel traffico di droga – fino a quando il signor Trump ha deciso di essere il giudice, la giuria, l’avvocato e la prova, e di passare direttamente da “vedo una persona su una barca” alla sua esecuzione. È così grave che l’agenzia di intelligence britannica –

Beh, quello che vediamo qui con la sua discussione sulla Cina – e lui ha ricostruito l’esercito – è sempre la stessa cosa. È tutta una messinscena elaborata del signor Tough Guy. Non è una cosa seria, tranne per il fatto che questo è ancora un Paese ricco, ha ancora un esercito potente, può ancora causare danni. Per lo più, quello che ha fatto il programma tariffario è stato causare danni. 

E vorrei concludere con una cosa: ora stiamo tutti aspettando la decisione della Corte Suprema per sapere se le tariffe sono un’azione legale o meno.

Ecco perché è importante, indipendentemente dal risultato. Il presidente degli Stati Uniti ha attaccato e danneggiato innumerevoli paesi e aziende, danneggiati dai dazi doganali. E lo ha fatto sapendo che potrebbero essere incostituzionali. Ha sottoposto il paese a un’esperienza i cui costi saranno enormi – e lo sono già – senza nemmeno saperlo, né prendersi il tempo o la briga di informarsi, perché è un cowboy e punta subito alla pistola…

Quindi ha applicato i dazi doganali e ora, tra l’altro, una delle sue difese, recentemente presentata alla Corte Suprema, è stata quella di spiegare quanto sarebbe stato destabilizzante per l’economia mondiale se avesse dovuto annullare tutti i…

Esatto! Come hai potuto farlo? Che razza di leader politico farebbe una cosa del genere? Wow. Stiamo parlando di agire d’impulso in modi che sono già, e possono essere incredibilmente autodistruttivi.

⁣MICHAEL HUDSON: Aha, Richard, questo è esattamente ciò che Trump sta pianificando, la spada che Trump sta tenendo sospesa sull’Asia centrale. Può dire che, beh, se avete intenzione di riorientare le vostre esportazioni verso gli Stati Uniti, possiamo applicare dazi sulle vostre esportazioni e creare caos nel vostro Paese, se fate qualsiasi mossa per accontentare la Cina, la Russia, l’Iran o chiunque altro sia nella nostra lista dei nemici. Investendo nei minerali, nel petrolio e in altri prodotti dell’Asia centrale, Trump ha la possibilità di creare il caos in quei paesi e di usare il rifiuto del mercato statunitense per ottenere il controllo. 

La citazione di Nima mostrava Trump che parlava di missili. Non userà missili nel Sud-Est asiatico. Userà al-Qaeda. Questa è la guerra del terrore dell’America. La chiamano guerra al terrorismo, ma è una guerra di terrore. Si sta ricorrendo agli omicidi di al-Qaeda, agli omicidi della CIA, al cambio di regime del National Endowment for Democracy e tutto il resto; e cercheranno di portare al-Qaeda in tutti i paesi dell’Asia centrale che agiscono in modo sgradito agli Stati Uniti. E in Asia centrale vedrete esattamente ciò che al-Qaeda ha fatto in Iraq e in Siria.

E il fatto che, due giorni fa, il leader di al-Qaeda, [Abu Mohammad al-]Jolani, sia apparso alla Casa Bianca, stringendo la mano a Trump e giocando a basket con i generali del CENTCOM statunitense!  

Ora che, come sapete, non c’è più una taglia di 10 milioni di dollari sulla vostra testa, continuate a uccidere i cristiani. Va bene così. È vero che accusiamo altri paesi di uccidere i cristiani e ci opponiamo a loro, ma voi potete uccidere i cristiani perché siete i nostri assassini di cristiani, non i loro.

Si sta assistendo all’ipocrisia di tutta questa finzione, questa maschera di carta degli Stati Uniti che sta cadendo, che è stata strappata via negli ultimi giorni, sotto gli occhi di tutti.

⁣NIMA ALKHORSHID: Sì. Credo che siamo quasi alla fine. Grazie mille, Richard e Michael, per essere stati con noi oggi. È stato un grande piacere parlare con voi due.

⁣RICHARD WOLFF: Anche qui. Speriamo di aver fatto qualche progresso anche contro i video falsi.

⁣NIMA ALKHORSHID: Sì, lo spero.

⁣MICHAEL HUDSON: Sì.

⁣NIMA ALKHORSHID: Non ne sono sicura, ma spero di sì. A presto. Ciao ciao.

Trascrizione e diarizzazione: https://scripthub.dev

Editing: Ton Yeh & Kimberly Mims
Revisione: ced

Foto di Farhodjon Chinberdiev su Unsplash

Politica ed Economia_di Spenglarian Perspective

Politica ed Economia

spenglarian perspective 16 dicembre
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L’ultimo post ha trattato alcuni dei fondamenti dell’economia, in particolare il fatto che l’economia è una controparte egocentrica della politica nella lotta per la vita. L’economia riduce gli uomini a individui preoccupati di riempire la propria pancia, ma l’introduzione di una vocazione a qualcosa di più elevato, come lavorare per la famiglia, gli obiettivi e le convinzioni, la rende politica, poiché tali convinzioni vengono ereditate dalle generazioni future. L’obiettivo politico, quindi, determina la dimensione e il tipo di economia necessaria per sostenerlo, e quando le risorse diminuiscono, il movimento politico è messo a dura prova, poiché la sua organizzazione vacilla a causa della fame. Questo post analizzerà più da vicino il rapporto tra politica ed economia.

Nel mondo vegetale, l’economia è esercitata in modo del tutto inconscio da ogni singola pianta. Un albero ha meccanismi naturali per nutrirsi e sostenersi senza mai pensare a come farlo. Nel mondo animale, invece, esiste un bisogno consapevole di preservare la propria vita, che spinge l’animale a percorrere lunghe distanze per trovare risorse per sostentarsi. Un esempio più esplicito di ciò è quando gli uomini vanno a caccia per procurarsi il cibo, ma Spengler identifica anche nelle donne le loro diverse azioni per accaparrarsi le risorse degli uomini. C’è, quindi, una certa astuzia nell’animale che si procura le risorse, che crea una complessa rete di interazioni e comportamenti nascosti mentre le persone giocano alla guerra e alla diplomazia per la propria sopravvivenza.

Con la Rivoluzione Neolitica arrivò una nuova forma di economia. L’uomo si radicò in un luogo e iniziò a coltivare il proprio cibo, diventando contadino. A questo punto, gli atteggiamenti animali dell’uomo si invertono, trasformandosi in istinti vegetali. Questo tipo di economia è pura produzione, e ciò che viene prodotto cattura l’attenzione di altri che lo vedono come una preda da rubare o controllare. La politica primitiva è tutt’uno con l’economia. Rappresenta il desiderio predatorio di preservare il proprio patrimonio appropriandosi di quello altrui. Le guerre primitive sono quindi sempre incentrate sul bottino, sul bottino e sulla pirateria, e raramente su qualcosa di idealistico, come nelle fasi successive di una cultura avanzata.

Nella politica e nell’economia superiori, la diplomazia e il commercio diventano sostituti della guerra. I Normanni furono prima conquistatori e poi mantennero i loro possedimenti diventando abili finanzieri. La famiglia Medici governò la città di Firenze grazie alle sue capacità bancarie. Crasso usò le sue ricchezze per finanziare le elezioni dei suoi candidati preferiti. In economia, bisogna essere come un generale per costruire un impero commerciale. Il terzo stato è composto da quelle famiglie che divennero potenti grazie alle regole della vita cittadina, ovvero attraverso il denaro, il commercio, il commercio, utilizzando i materiali che affluivano dalla terra.

C’è una differenza, però, tra chi vuole governare attraverso la propria ricchezza e influenza e chi vuole semplicemente essere ricco. Uno statista conquisterà perché sente di avere una missione da compiere e governa i suoi beni con un obiettivo in mente. La sua politica economica serve solo a garantire il raggiungimento di questi obiettivi. Nel frattempo, coloro che sono puramente interessati alla ricchezza e nient’altro – Spengler cita i Cartaginesi e gli Americani del suo tempo – sono incapaci di pensiero politico e vengono spesso ingannati e sfruttati da altri. Per passare da questi ultimi ai primi, Spengler afferma che bisogna “cessare di percepire la propria impresa come “affare proprio” e il suo scopo come il semplice accumulo di proprietà”. Probabilmente, questo fu il cambiamento avvenuto in America durante il periodo tra le due guerre, che la catapultò dall’isolazionismo alla Pax Americana in pochi decenni. Ma questa tendenza a ripiegarsi su se stessa per regolare da sola i propri affari economici sta sempre riportando l’impero degli Stati Uniti alla sua condizione originaria.

Qui emerge anche un altro problema politico, ovvero il pericolo che le élite di una nazione degenerino in egocentrici sostenitori della propria ricchezza a spese di tutti.

‘ Ma, al contrario, gli uomini del mondo politico sono esposti al pericolo che la loro volontà e il loro pensiero per i compiti storici degenerino in una mera provvista per il sostentamento della loro vita privata; allora una nobiltà può diventare un ordine di ladri, e vediamo emergere i tipi familiari di principi e ministri, demagoghi ed eroi della rivoluzione, il cui zelo si esaurisce in pigrizia e nell’accumulo di immense ricchezze ‘ (Vol. 2, p. 476)

Quando gli istinti politici di uno Stato si indeboliscono, la sua popolazione si sottomette a una mentalità economica. Il cambiamento è invisibile in superficie, ma si manifesta nel tempo in decisioni che non fanno altro che danneggiare l’intera nazione. Questo perché l’obiettivo non è più il progresso dello Stato-nazione nel suo complesso, ma la preservazione di un gruppo nidificato a scapito del resto. Quelle famiglie aristocratiche che detenevano il potere durante gli imperi europei ora si ritraggono e si insinuano silenziosamente attraverso scappatoie legali per preservare le proprie fortune. Quando minacciati, i “milionari”, le cui fortune hanno accumulato in un Paese, semplicemente se ne vanno per un altro. Nessuna ancora alla loro nazione supera il loro desiderio di preservare la propria ricchezza, come dimostrano le migliaia di milionari britannici in fuga dalle tasse elevate. Per quanto riguarda i lavoratori, la spinta della sinistra per sempre più cose gratuite è infinita, e qualsiasi opposizione più concreta viene esaminata e respinta. Poi c’è l’intero concetto di lavoratori in fondo alla scala sociale che “ce la fanno”, che tradisce il desiderio di lavorare nella misura in cui non dovranno mai più farlo. Può trattarsi del pensionato del boom che ha lavorato tutta la vita per vivere dei propri interessi, o dello zoomer che desidera disperatamente un 1000x sul suo portafoglio di criptovalute. Invece di un uomo che acquisisce un tipo di essere attraverso doveri, struttura e stile – che, certo, gli sono stati forniti in altri secoli da un forte senso di identità nazionale, comunitaria e religiosa – c’è semplicemente il telos che gli permette di vivere a suo agio per sempre, mentre il mondo intorno a lui viene cambiato da fazioni più vivaci. Sia nel contesto individuale che collettivo, questa mentalità è esattamente ciò che ci impedisce di aggrapparci anche a ciò che abbiamo attualmente.

Spengler ha affermato altrove di considerare il lavoro un dovere dalla nascita alla morte. Il che è una cosa piuttosto sgradevole e antiquata da sentire con le nostre orecchie moderne. Ma con la bocca, noi – in particolare gli americani – ci lamentiamo spesso dei baby boomer che si sono seduti come draghi sulla loro ricchezza, bruciandola lentamente per decenni. Sono consapevoli che i loro figli e nipoti non riceveranno altro che un’economia paralizzata e gonfiata dopo la loro morte, eppure ripetono ripetutamente le stesse frasi ad effetto su bootstrap e lavori estivi. La civiltà faustiana, forse a causa della sua tecnologia, sembra avere la propensione a esagerare davvero alcuni dei sintomi che Spengler identifica nel declino di una cultura, e non c’è esempio migliore nella storia di ciò che accade quando una generazione di persone “ce l’ha fatta” e ha abbandonato prematuramente il gioco che nel nostro Occidente moderno. Molti dei problemi del mondo moderno possono essere attribuiti alle generazioni più anziane e alla loro mancanza di istinto di tramandare il proprio mondo ai discendenti diretti, con il risultato che viene invece tramandato ad altri. In altre culture, solo le élite potevano permettersi il lusso di andare in pensione; ora assisteremo a ciò che un’intera generazione di pensionati fa a una civiltà avanzata.

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Dove sta il nuovo trucco?_di WS

Interessante questo  articolo  di Big Serge. Dal punto di vista    geostrategico,     dimostra una cosa essenziale: la Germania accese la WW2 senza conoscere né il suo nemico né se stessa!

 E allora, non solo la dirigenza tedesca rimase infatti per tutta la guerra abbacinata dall’idea di trovare un “modus vivendi” con chi l’aveva spinta nella “trappola polacca” , ma anche assolutamente confusa sulle proprie finalità  strategiche  e sui  mezzi realmente disponibili per perseguirle.

Facendo, quindi, guerra violando il noto principio di Sun Tzu, non poteva che perderla.

 Comunque non è che conoscendo bene entrambe le cose, ” se stesso” e “il proprio nemico”,  la  Germania  la guerra avesse poi  tante probabilità  di   vincerla, accertato lo straordinario sbilancio di partenza nelle ” risorse mobilitabili” (+) ,  nel mentre   invece la coerenza strategica ” degli anglosassoni ” fu assoluta ,una volta  che   essi  ebbero ricevuto nel gennaio del ’39 l’ordine di marcia dai “banksters”.

Perché le WW  si  fanno  solo  quando i “banksters” ne  hanno bisogno e  di solito usano  gli stessi  trucchi.

 Infatti  il parallelismo  tra  la futura WW3  che appunto  i “banksters” si preparano a portare alla Russia e  la WW2   che  allora portarono  alla Germania  è evidente; su questo vale la pena di soffermarci.

 Partiamo dai punti di analogia : 

1)  Putin è il “nuovo Hitler”,   il dittatore  alla guida dell nuova “minaccia revanchista”: cosa  confermata dalla  “nuova  aggressione ingiustificata  da lui portata alla “coraggiosa vittima” ( provocatrice): l’ Ucraina di oggi, ora  al posto di quello che allora della Polonia.

Chi  di voi non  ha sentito  questo “coro”       calatoci in testa   da anni     a “me(r)dia unificati ?

2) L’ attuale dirigenza russa cerca disperatamente un accordo con il suo nemico esattamente come allora fece quella tedesca . Non lo vediamo   anche questo  in questo  continuo   “teatro di pace” ?

3) il rapporto di “risorse mobilitabili” e ancora una volta 5:1 a vantaggio del Bankstan.   Questo è un dato oppugnabile     derivabile  dalle  statistiche ,  e  chi  crede   che    i popoli asserviti   ai banksters    stavolta   non  andranno  a morire  per i LORO interessi , si illude.

 E se vogliamo aggiungere carne al fuoco, ci possiamo    cogliere  un ulteriore analogia:

3a) anche stavolta gli U$A partiranno facendo finta di essere “neutrali”. Non vedete  l’ analogia  tra il Trump di oggi  e il Roosevelt  del 1940 ?

 Questi 3 e 1/2 “punti” ci spiegherebbero   abbastanza  del  perché i “banksters” restino ancora altamente confidenti nella  la PROPRIA vittoria, esattamente come lo rimasero anche quando nel primo anno della WW2 tutti rimasero sorpresi dalle strabilianti vittorie tedesche.

 Quindi la “partita” è già ” segnata” ? Non proprio , perché ci sono delle differenze e anche addirittura una importante  difformità . 

 Partiamo appunto da questultima su di un punto  che allora fu decisivo a provocare il collasso della Germania:

(4) il ruolo dell’URSS , che nella  WW2  spezzò la schiena   di una  Germania  che l’ aveva  attaccata per “disperazione  strategica.  Potrebbe     domani nella WW3       essere  della   Cina  il ruolo  che fu de L’ URSS  nella WW2 ?

Vediamo  un po nel  dettaglio  questa  fantasiosa  ipotesi .

In  effetti  nei prodromi della WW2,  perlomeno fino  al 1933,   anche  Germania   e URSS      furono  abbastanza “simbiotiche” in quanto  ognuno aveva bisogno di ciò che l’ altro aveva: materiali grezzi contro prodotti industriali.

 Ma tra il 1933 e il 1939 tutto questo era cessato per la dichiarata volontà della dirigenza tedesca di costituire “un proprio spazio vitale ad est” ai danni del “mondo slavo”.

A parziale giustificazione di questa  aggressiva “intenzione programmatica” c’ era pure ,ideologicamente analoga, “l’intenzione programmatica” dell’ URSS di portare “il comunismo in Europa”.

Insomma Germania e URSS erano nemici dichiarati anche se, per la propria prosperità, avevano bisogno “l’ uno dell’ altra”.

 Vediamo invece l’attuale rapporto Russia- Cina .

Anch’essi ,  entrambi programmaticamente     nel mirino  del Bankstan, hanno “bisogno l’una de l’ altra” seppur a parti rovesciate rispetto al caso precedente.   Infatti    ora  è sotto  attacco  diretto  il “fornitore   di materiali grezzi”   e non  “il fornitore  di prodotti industriali ,   come  “l’altra  volta”.

Ma al contrario ,  i due di adesso non hanno alcuna ” ostilità dichiarata”  tra loro ,  ed entrambi dichiarano   assolutamente insensato rimanere semplici  spettatori di  una possibile aggressione subita dall’altro.

Certo, non sono “alleati” ritenendosi entrambi ” maschi alfa” , ma il loro  informale   “patto  di non  aggressione”  è ora  molto più  credibile     tanto  da non    avere  alcuna necessità di metterlo su  carta, perché  non hanno alcuna necessità di sopraffarsi vicendevolmente e nessun vantaggio a vedere l’altro nelle grinfie del Bankstan.

Certo, adesso è la Russia a trovarsi in piena “linea di fuoco” , ma è veramente fuori da ogni pensiero strategico razionale che la Russia attacchi per ” disperazione strategica” la Cina , o inversamente che sia la Cina ad attaccare la Russia per spartirsela poi col Bankstan , quando già ora la Cina può avere  dalla Russia  tutto ciò che gli serve con un semplice commercio fatto da posizione di vantaggio. 

Quindi non solo il fattore 4 manca, ma potrebbe essere addirittura rovesciato!

 E ci solo altri fattori “disanaloghi” a vantaggio della Russia 

a) La  Russia oggi,  al contrario  della  Germania  di allora, non ha gravi  carenze  di risorse primarie. Non  solo può  lavorarle  da  sé , ma al bisogno  può    commerciarne  ad libitum   con la Cina per  sopperire  ai propri bisogni  industriali.

b) Al contrario    della Germania  di allora ,   che non riuscì mai     a colpire seriamente  anche  solo la  Gran Bretagna,  la Russia oggi  dispone  di  notevoli  capacità  di  colpire  a morte l’ intero Bankstan.

Certo, ricorrendo in    questo    anche all’ arma nucleare; sarebbe certamente un  atto  di “disperazione  strategica “  gravissimo   che  non porterebbe  alla “vittoria”;  di sicuro  porterebbe  la morte  all’intero Bankstan.

 E un Bankstan  che spingesse  la Russia   a questa  “disperazione  strategica “  sarebbe molto più disperato.

Infatti  perché mai i “padroni  del’ universo”  dovrebbero mettere    tutto quello  che già  hanno   in questa   roulette… russa?

Quindi    si ritorna   alla  questione       di  quattro  anni  fa . Dove   trovano i banksters   la motivazione   per  perseguire    questa  WW3 ?    Certezza  di vittoria    come   quando  accesero la WW2 ,  nera disperazione,  o peggio  di tutto , follia messianica ?

E nel caso  di una  reale  “certezza” ,  su  quale  fattore qui  non contemplato  essa poggia ?C’è  forse  un  NUOVO  “trucco”  che non abbiamo ancora  capito ?

Non lo  sappiamo ora , come non lo sapevamo quattro anni  fa , ma ora possiamo  capire  perché  la Russia  proceda in questa    WW3  con  “molta prudenza ”  invece   di precipitarcisi  in avanti   come la Germania  nelle due precedenti.

Quindi   se lo chiedono   certamente   anche   al  Kremlino:  dove  sta il NUOVO  trucco ?

  (+)Dai dati statistici de l’ epoca , mettendoci dentro anche i soliti ” camerieri francesi”  il Bankstan partiva con un vantaggio 5:1 nelle risorse industriali e umane , senza contare le gravi carenze  di approvvigionamento  la ” Gross Deutchland” aveva in partenza in termini di agricoltura e risorse minerarie .

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TRUMP E IL RATTO D’EUROPA (II)_di Teodoro Klitsche de la Grange

TRUMP E IL RATTO D’EUROPA (II)

Dato che non cessa il dibattito sul National Security Strategy 2025 di Trump, siamo andati a chiedere lumi al sempre cortese Niccolò Machiavelli, il quale ci ha ricevuto.

A concentrarsi sul nocciolo del NSS 2025 questo qual è? E cosa lo distingue dal pensiero delle élite europee?

Il Trump l’è il migliore dei miei allievi, almeno nella vostra parte del mondo. Ciò che accomuna le sue argomentazioni e la distinzione dal pensiero dei governanti europei è che ha capito assai bene che chi trascura la realtà per andare appresso all’immaginazione è destinato a rovinare se stesso e la propria comunità.

Ma non crede che, in definitiva, le buone intenzioni e le belle prospettive possano costituire un punto di incontro tra le comunità umane?

Certo: a patto che tutti i governanti e i governati del pianeta le condividano. Ma questo non risulta né a me né a nessuno. Neppure a quelli che lo pensano, giacché per primi – e logicamente – indicano il nemico, che è colui che non condivide le loro immaginazioni. Cioè Trump, ma anche tanti altri: Putin, Xi, Modi, gli Aiatollà, ecc. ecc. Cioè la grande maggioranza di governanti e governati del mondo.

Ma non crede che nel futuro possano crearsi dei modelli di cooperazione e coordinamento?

Può darsi nel futuro. Fino a quel momento vale quello che scrissi nel Principe: che si governa (e si combatte) con le leggi e la forza. Ma occorre per farlo che le leggi pretese siano accettate dai governati. Il che, adesso, non risulta anche per parte dell’Europa. Se nel futuro ciò si realizzerà, forse sarà possibile.

In cos’altro differisce  il Trump-pensiero da quello “corrente”?

In primo luogo che si basa su fatti ed esperienza storica (cioè sulla realtà), come da me fatto quando mi vestivo elegante per ragionare sulle vicende passate. Ad esempio nel documento si legge: “Chi un Paese ammette entro i propri confini – in quale numero e da dove – definirà inevitabilmente il futuro di quella nazione. Qualsiasi Paese che si consideri sovrano ha il diritto e il dovere di definire il proprio futuro… Nel corso della storia, le nazioni sovrane hanno proibito la migrazione incontrollata e concesso la cittadinanza solo raramente agli stranieri, che dovevano soddisfare criteri rigorosi. L’esperienza dell’Occidente negli ultimi decenni conferma questa antica saggezza. In molti Paesi del mondo, la migrazione di massa ha messo sotto pressione le risorse interne, aumentato la violenza e altri crimini, indebolito la coesione sociale, distorto i mercati del lavoro e minato la sicurezza nazionale”. Quando i romani, i quali tra l’altro, concedevano la cittadinanza con notevole larghezza, persero il controllo dell’immigrazione, l’Impero d’Occidente collassò in circa un secolo.

Al posto di quello subentrarono i regni romano-barbarici che erano tutt’altro dall’impero distrutto (anche se ne conservavano qualche vestigia).

Accusano Trump di non desiderare alleati, ma solo allineati alla visione americana.

Anche le mosche vogliono guidare i cavalli, perfino in politica. Figurarsi se non lo desidera il capo della prima superpotenza del pianeta. Accusare Trump di ciò è sfondare una porta aperta. Attraverso la quale passano tutti.

Ma Trump ha il senso del limite che diversi suoi predecessori avevano smarrito. Scrive infatti che “L’epoca in cui gli Stati Uniti sorreggono da soli l’intero ordine mondiale come Atlante è finita. Tra i nostri molti alleati e partner contiamo decine di nazioni ricche e sofisticate che devono assumersi la responsabilità primaria per le loro regioni e contribuire molto di più alla nostra difesa collettiva”. Io ho sempre sostenuto che per essere indipendenti occorre disporre di potenza e virtù propria, e non fondarsi su quella di altri. Indicando ciò, Trump indica la via maestra per determinare liberamente il proprio destino.

Ma tanto in Europa non vogliono capirlo.

Col rischio di finire a servizio permanente di altri. Oggi Trump, domani Xi o Modi passando per Putin. Gli è che si immaginano che la lotta per il potere si faccia con le favole.

Come scrissi secoli fa, discorrendo dei profeti disarmati o armati “Nel primo caso, sempre capitano male e non conducono cosa alcuna: ma quando dependono da lloro proprii e possono forzare, allora è che rare volte periclitano: di qui nacque che tutti e profeti armati vinsono e li disarmati ruinorno”. Vale in ogni caso, ma ancor più per coloro che credono – e spesso è così – di portare novità, come sostenevo “se uno principe ha tanto stato che possa, bisognando, per sé medesimo reggersi, o vero se ha sempre necessità della defensione d’altri. E per chiarire meglio questa parte, dico come io iudico coloro potersi reggere per sé medesimi che possono, o per abbondanzia di uomini o di danari, mettere insieme uno exercito iusto”.

Gli altri è meglio che si organizzino a difesa, la quale necessita in particolare, della fedeltà e convinzione dei sudditi. Che già ridotta,  diminuisce ancora, come si legge nel documento.

Mi pare però che l’abbiano capito anche in Europa, dato che, specie la Germania, si stanno riarmando.

Era ora. Solo che per non perdere la faccia, seguono già il pensiero di Trump, ma lo attaccano per far dimenticare decenni di prediche contrarie, recitate a ogni piè sospinto. Alcuni a quelle prediche sono così affezionati che mostrano di non averlo capito neppure oggi.

Concludendo che cos’altro l’ha colpita?

Il fatto che Trump abbia ricordato a tutti quello che ha sostenuto il mio successore Hobbes: che lo scambio politico è tra protezione ed obbedienza – lo ripete più volte. Non si obbedisce a chi non protegge: ma se protegge ha diritto all’obbedienza.

Le élite europee le quali pretenderebbero la protezione americana, a gratis e con infedeltà (parziale) compresa, non manifestano il coraggio della libertà politica, tanto si sono mummificate nelle loro illusioni.

La ringrazio tanto

L’aspetto, quando vuole.

Todoro Klitsche de la Grange

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