SULLA VIA DI DAMASCO O IL REVIVAL DEI DE FILIPPO?, di Antonio de Martini
Pubblichiamo una breve ed efficace puntualizzazione di Antonio de Martini sulla situazione in Siria. Nel frattempo:
- in Italia l’aspetto che colpisce del nostro ceto politico è il silenzio. Probabilmente si aspetta qualche iniziativa un po’ più energica dei nostri alleati, in particolare Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, nei confronti dell’Italia prima di accodarsi nell’ennesima impresa contraria all’interesse del paese. Sino ad ora solo Salvini, tra i leader, ha osato mettere in dubbio la veridicità delle versioni ufficiali riguardanti il caso Skripal e l’attacco chimico a Goutha e contestato l’eventuale azione di rappresaglia. Alcuni esponenti di Forza Italia, a loro volta, hanno dato man forte. Per il resto, il M5S si è limitato ad una interrogazione parlamentare equidistante tra i contendenti in Siria. Un atteggiamento di neutralità che in realtà conferma il progressivo scivolamento verso l’atlantismo più remissivo. Tutt’attorno un assordante silenzio corroborato da complicità e connivenza
- alla Casa Bianca, nello staff del Presidente, il confronto è aperto e duro. Al NSC (National Security Council), il Consiglio di Sicurezza che assiste il Presidente nelle sue decisioni, ci sono due posizioni contrapposte. Gli oltranzisti Bolton e Dunford cercano di organizzare la cordata dei sostenitori di un intervento massiccio. Mattis e Pompeo, due nomi pesanti, sono contrari adducendo ragioni geopolitiche e di incertezza riguardo l’esito militare. Kelly è in posizione di attesa. L’altra metà del gruppo attende lumi prima di prendere posizione. La decisione spetta comunque a Trump. La sua famiglia, in particolare il primogenito, questa volta sembra propendere per il non intervento. Lo zoccolo duro dell’elettorato di Trump è apertamente contrario all’intervento. Con il senno di poi si comprendono meglio le ragioni dell’estromissione di Flynn, lo scorso anno. La vittoria della fazione sarà sancita dal dosaggio di un intervento ormai inevitabile. La dinamica è stata spinta troppo in avanti.
- in Europa Macron ha assunto il ruolo della mosca cocchiera. Probabile che sull’onda dell’entusiasmo inneschi l’attacco e rimanga alla fine solo a sostenere l’onere e la responsabilità politica dell’atto proditorio. La Germania si tira fuori dall’intervento, ma manda una nave militare, probabilmente attrezzata alle intercettazioni, nel teatro di guerra. Esattamente come nell’intervento in Libia. La Gran Bretagna agisce tra le quinte, organizza e sostiene gli “elmetti bianchi” responsabili della campagna di disinformazione e di provocazione in Siria, ma non si espone platealmente. Theresa May, già in bilico, su un’avventura del genere rischia grosso, anche personalmente.
- Curioso che il presunto attacco chimico a Damasco sia stato immediatamente preceduto da un pellegrinaggio del Delfino saudita nelle capitali europee. La prospettiva di un accordo tra Russia, Turcia e Iran sui destini della Siria balenata nella recente conferenza stampa e il successivo annuncio di Trump della partenza delle truppe americane dal teatro siriano, prontamente contraddetto dagli eventi successivi, deve aver sconvolto le menti e le aspettative di Netanyau in Israele e soprattutto dei principi sauditi. Lo scontro tra diverse impostazioni di politica estera continua ad attraversare gli schieramenti specie del mondo occidentale. La Cina intanto cosa farà? Dal suo posizionamento dipenderanno tante cose _Giuseppe Germinario
SULLA VIA DI DAMASCO O IL REVIVAL DEI DE FILIPPO?
Se telefonate a Damasco a un amico, questo vi dirà che in città è un via vai di Russi e mezzi contraerei.
Al largo della base navale siro-russa di Tartous incrociano – e si incrociano – navi e aerei di numerose nazionalità, inclusi i tedeschi.
Il mondo dei media è attraversato da fremiti di guerra e fiumi di soldi per dimostrare che il pericolo di guerra è concreto.
Gli iraniani sono i principali destinatari di queste sceneggiate napoletane ( ” tenetemi che l’ammazzo”) alla De Filippo.
Trump – questo nuovo Peppino col toupet – sceneggia su Twitter ignaro che queste tecniche intimidatorie siano state inventate dall’impero persiano tremila anni fa a beneficio dei greci.
Il vero pericolo di guerra è costituito dalla inesperienza e inadeguatezza intellettuale e morale della squadra dirigente USA che volteggia attorno a un bullo che crede di giocare allo sceriffo.
Qualche solerte satellite potrebbe sparare un colpo per compiacerlo. Vanno bloccati gli “automatismi da alleanza” .
Questo crescendo di sceneggiate, nato per rafforzare Israele, punto irrinunciabile della strategia occidentale, in realtà lo fragilizzerà, al punto da metterne in forse l’esistenza stessa.
Sei ex capi del Mossad fecero, qualche anno fa, una pubblica dichiarazione che serviva una soluzione politica al problema palestinese e che non esisteva una soluzione militare.
Si spinsero fino a farsi intervistare nel film israeliano ” The Gatekeepers” avvertendo che una guerra contro l’intero Medio Oriente non poteva comunque essere vinta.
Netanyahu asseconda la spinta bellicista perché vuole distrarre dalle accuse di ruberie sulle forniture militari.
Erdogan e Putin per rafforzare i rispettivi consensi popolari e impedire alle opposizioni di casa di distinguersi fino a che esiste una crisi internazionale che richiede coesione.
Trump perché teme l’isolamento politico e militare degli USA che si verificherà non appena la tensione internazionale diminuirà.
È la Batracomiomachia di Omero buonanima.