28° podcast_Il patto è sciolto, di Gianfranco Campa

Con le dimissioni motivate pubblicamente dal generale Mattis, si può affermare che il sodalizio tra i vertici militari e il Presidente Trump si è definitivamente sciolto. E’ stato un matrimonio di pura convenienza. Buona parte dello Stato Maggiore aveva avvertito l’impasse cui aveva condotto la strategia prima di Bush e poi, soprattutto, quella di Obama. A furia di destabilizzazioni e di aperture di nuovi fronti di confronto con la Russia, la manovra di accerchiamento della tana dell’orso russo rischiava, grazie alla capacità di reazione e di tessitura diplomatica,  sempre più di impantanare gli Stati Uniti in qualche intervento diretto significativo in aggiunta a quelli in corso in Iraq ed Afghanistan. Il tentativo di avvicinamento all’Iran, memori degli smacchi di immagine delle due plateali prese di ostaggi, deve essere stata la goccia responsabile del travasamento di bile; la prospettiva di un asse sino-russo il campanello di allarme riguardante una strategia ormai in stallo. Lo stesso Obama, del resto, nella fase ultima del suo mandato, aveva dato qualche segnale di inversione. Nel momento di maggiore violenza dello scontro aperto con il fronte demo-neocon Trump ha trovato rifugio in questo sodalizio almeno per disinnescare una soluzione “definitiva” della sua presidenza.Il disegno nemmeno tanto occulto da parte dei militari era quello di isolare con un cordone sanitario sempre più stretto Trump dai suoi collaboratori della prima ora. Un obbiettivo in gran parte realizzato. il risultato di questo patto,se non contro natura quantomeno algido, è stata una conduzione schizofrenica con alcune costanti: il sodalizio israelo-americano-saudita, la definizione del fronte cinese. “L’amarcord impossibile” russo-americano e l’inquietudine crescente in seno all’allenza atlantica sono stati invece gli epicentri dove il confronto e le divergenze tra linee opposte si sono catalizzate. Lo ha detto lo stesso Mattis. Dallo scorso dicembre Trump sta tentando un ritorno alle origini. I motivi che potrebbero averlo spinto sono diversi. Campa li ha illustrati nel suo podcast. Non si tratta, comunque, di un tentativo di disimpegno generalizzato. La priorità nelle “attenzioni” verso l’Iran è più che confermata. Si tratta di contenere o spianare le ambizioni di una potenza regionale in crescita e di sbarrare una delle vie di fuga delle ambizioni cinesi più che russe. Sul fronte interno statunitense e nel cortile di casa centro-sudamericano la situazione è altrettanto dinamica. Assisteremo ad un biennio di fuoco, pieno di sorprese e di rovesciamenti. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

https://soundcloud.com/user-159708855/podcast-episode-28