Italia e il mondo

TRUMP COME ROOSEVELT: SARÀ RICONDOTTO ALL’OVILE DI LONDRA?_di Michele Rallo

Le opinioni eretiche

di Michele Rallo

TRUMP COME ROOSEVELT: SARÀ RICONDOTTO ALL’OVILE DI LONDRA?

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Correva l’anno 1932. Gli Stati Uniti erano ancòra intenti a leccarsi le ferite della great depression, la grande depressione che aveva fatto crollare il mercato azionario, demolito l’agricoltura, ridotto della metà la produzione industriale.

Il Presidente (repubblicano) Herbert Hoover aveva affrontato la crisi con le ricette della destra conservatrice, quelle del liberismo, del laissez faire, del lasciate fare, nella certezza che “i mercati” avrebbero risolto tutto. Risultato: gli agricoltori espulsi dalle loro proprietá, pignorate dalle banche, i risparmiatori strangolati dal crollo dei titoli azionari, la classe media gettata sul lastrico, e i ceti meno abbienti ridotti letteralmente alla fame, con 12 milioni di nuovi disoccupati.

Unica oasi di relativa serenità era lo Stato di New York, dove il governatore (democratico) Franklin Delano Roosevelt aveva attuato una politica che era l’esatto contrario di quella del presidente Hoover: non soltanto aveva soccorso e assistito le fasce più deboli della popolazione, ma aveva anche attuato una massiccia campagna di lavori pubblici – finanziati anche in deficit – in modo da contrastare efficacemente la disoccupazione. Erano le ricette che giungevano dagli “eretici” europei: dall’ex liberale inglese John Maynard Keynes, dai teorici italiani dell’economia corporativa, dai kemalisti turchi, eccetera.

E con queste ricette, nel novembre 1932, Franklin Delano Roosevelt trionfava alle elezioni presidenziali americane: nazionalismo economico, interventismo statale, economia mista. Così l’America imboccava la strada del new deal, il “nuovo corso” che l’avrebbe strappata ad una crisi epocale.

Nuovo corso anche in politica estera: Roosevelt non apprezzava il legame totalizzante con l’Inghilterra (che aveva accolto con disappunto la sua vittoria) e si dava da fare per stabilire nuovi rapporti, nuove intese. Nuove intese che avevano un indirizzo preciso: l’Italia fascista, le cui soluzioni sociali, economiche e finanziarie, peraltro, erano oggetto di studio e di attenta considerazione da parte del brain trust, il “trust dei cervelli” rooseveltiano. E l’Italia, non per caso, era stata praticamente l’unica nazione europea ad aver superato indenne la terribile crisi economica mondiale che era stata generata dalla grande depressione americana.

La prima iniziativa diplomatica del nuovo Presidente era – il 14 aprile 1933 – l’invio al Capo del Governo italiano di una lettera ufficiale, con la quale si sollecitava uno scambio di vedute sulle principali questioni che in quel momento agitavano lo scenario mondiale. Il Duce rispondeva a stretto giro, auspicando una forte collaborazione fra Italia ed USA, e preannunziando la visita a Washington del ministro delle Finanze, Guido Jung, in qualitá di suo personale rappresentante: «Egli vi dirá – recitava la missiva – con quanto grande interesse io stia seguendo il lavoro del governo degli Stati Uniti per la soluzione delle attuali difficoltà del mondo…»

La missione Jung si svolgeva già due settimane dopo, ed era un successo clamoroso. Veniva così ufficializzato il reciproco interesse a stabilire una forte intesa bilaterale. Intesa innanzitutto “ideologica” – per così dire – ma tale anche da porre le premesse per una vera e propria alleanza politica (e militare). In quel momento storico, infatti, Franklin Delano Roosevelt pensava seriamente alla possibilitá che gli USA archiviassero la tradizionale alleanza che li legava a Londra, sostituendola con un asse strategico con l’Italia fascista. FDR sembra credere che gli Stati Uniti non avessero alcun interesse a seguíre le regole finanziarie dettate dalla City londinese; e, con queste, anche le linee-guida della politica diplomatica e militare, in particolare nei teatri europeo e mediterraneo.

Mussolini, dal canto suo, era certamente attratto da una tale prospettiva. Dal 1928, infatti, l’Inghilterra aveva gettato alle ortiche i buoni rapporti con l’Italia, scegliendo di aderire al fronte antirevisionista (e antitaliano) guidato dalla Francia. Quanto a Roosevelt, in quel periodo (ma solo in quel periodo) non sembrava amare in modo particolare i cugini britannici, apertamente ostili alla politica monetaria ed alle riforme antiliberiste della nuova amministrazione americana. Il governo di Sua Maestá aveva vissuto come un affronto i primi provvedimenti adottati da FDR all’indomani del suo insediamento: a cominciare da un Ordine Esecutivo che aveva, di fatto, escluso gli Stati Uniti dal sistema monetario del “gold standard” caro alla finanza britannica.

Pochi mesi dopo, in luglio, si registrava un evento apparentemente solo “di colore”, ma in realtá carico di una forte valenza politico-diplomatica. Era l’accoglienza trionfale – nel senso letterale del termine – che gli Stati Uniti riservavano ad un altro ministro fascista, Italo Balbo, ed ai suoi “trasvolatori atlantici”. Le grandiose sfilate di Chicago e di New York, le folle strabocchevoli che facevano ala, il genuino entusiasmo popolare, le tante dichiarazioni laudatorie formulate da esponenti politici e governativi all’indirizzo dell’Italia fascista, erano tutti segnali che testimoniavano inequivocabilmente un clima che certo andava al di lá di una semplice seppur marcata sympathy.

Questo clima idilliaco perdurava fino a tutto il 1934. Roosvelt sembrava sempre piú convinto della prospettiva di una stretta collaborazione col Duce («Mussolini ed io potremo fare insieme molte buone cose») e, in ottobre, inviava a Roma il piú autorevole dei suoi consiglieri, l’economista Rexford Tugwell, per una prima diretta ricognizione della realtá italiana.

Tugwell aveva numerosi colloqui ai piú alti livelli, e veniva anche ricevuto da Mussolini. Era fortemente colpito dall’incontro col Duce e, in genere, da tutto ció che aveva visto durante la sua missione italiana, come chiaramente traspare dalle notazioni del suo diario: «La sua forza e l’intelligenza sono evidenti, come anche l’efficienza dell’amministrazione italiana. É il piú pulito, il piú lineare, il piú efficiente campione di macchina sociale che abbia mai visto. Mi rende invidioso.»

Ma l’Inghilterra non stava a guardare, e già dall’inizio di quello stesso 1934 aveva messo in opera tutta una serie di manovre che miravano a scongiurare il pericolo che prendesse forma un’alleanza USA-Italia, favorendo invece il ritorno al totale allineamento di Washington con la politica britannica.

Manovra tutta inglese, rassegnazione tutta americana. Nessuna responsabilità italiana nel naufragio dell’alleanza con Washington. Non è minimamente credibile, infatti, una certa vulgata “moderata” che ascrive a Benito Mussolini la responsabilitá di aver sacrificato l’amicizia degli Stati Uniti, scegliendo invece di legarsi alla Germania hitleriana e adottando una linea politica antisemita. In realtá, in quegli anni l’Italia non era affatto legata alla Germania, né Mussolini era in qualche modo ostile agli ebrei.

Era semplicemente accaduto che la cosiddetta “Anglosfera” (e cioè USA, Inghilterra, Canada, Australia e altri Dominions britannici) aveva regolarizzato una situazione divenuta insostenibile. Gli equilibri anglosassoni erano stati messi in discussione dall’anomalo risultato elettorale del novembre 1932, ma in un tempo relativamente breve chi deteneva il potere reale nell’intera Anglosfera – e cioè i grandi potentati economici della City ed i loro ausiliari di Wall Street – erano riusciti a ricondurre all’ovile il presidente “eretico”, riportando l’America ribelle agli ordini di Londra. 

Fin qui, in rapidissima sintesi, una pagina (censuratissima) della storia diplomatica occidentale. Ma come resistere alla tentazione di tracciare un parallelo tra quegli eventi e quanto sta avvenendo in questi giorni in America?

Dunque, vediamo: nel novembre 2024 un risultato anomalo delle elezioni presidenziali americane vede la vittoria dell’eretico Donald John Trump. Appena eletto, Trump mette sùbito in discussione la monoliticità dell’Anglosfera: sia arginando la guerra strisciante contro la Russia, da secoli oggetto di una politica d’accerchiamento made in London; sia dichiarando di voler annettere il Canada, membro del Commonwealth e con Capo di Stato il medesimo sovrano dell’Inghilterra.

Londra reagisce: sia promuovendo una coalizione di “volenterosi” pro-Kiev e smorzando gli ardori russofili di Trump; sia “offrendo” al Canada come Primo Ministro l’ex governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, legato a filo doppio anche con gli ambienti di Wall Street e dei “mercati” statunitensi (fra le altre cose è stato un alto papavero della Goldman Sachs); sia – è una mia malignità – manovrando sotto sotto perché i soliti “mercati” affossino la pur rodomontesca politica daziaria del neo Presidente. 

Gli avvenimenti delle prossime settimane diranno se questa nuova guerra interna al mondo anglosassone si risolverà come la precedente: se Trump – cioè – sarà “normalizzato” come a suo tempo Roosevelt, o se l’Anglosfera andrà definitivamente in pezzi. Con immensi benefìci per il mondo intero.

La rottura netta di Trump con gli interventisti, di W James Antle III

La rottura netta di Trump con gli interventisti

A Riyadh, la retorica pacifista del Presidente e le sue politiche sembrano finalmente allineate.

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(BRENDAN SMIALOWSKI/AFP via Getty Images)

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W. James Antle, III

W. James Antle III

14 maggio 20256:58 AM

https://elevenlabs.io/player/index.html?publicUserId=cb0d9922301244fcc1aeafd0610a8e90a36a320754121ee126557a7416405662

Il Presidente Donald Trump è sembrato pronto a dare un taglio netto ai falchi più riflessivi del suo partito nel primo grande discorso pronunciato all’estero durante il suo secondo mandato.

“I cosiddetti costruttori di nazioni hanno distrutto molte più nazioni di quante ne abbiano costruite, e gli interventisti sono intervenuti in società complesse che non comprendevano nemmeno loro stessi”, ha detto martedì a Riyadh.

Le azioni di Trump potrebbero essere in linea con le sue parole. Di recente ha annunciato la sospensione dei bombardamenti contro gli Houthi nello Yemen, la fine delle sanzioni sulla Siria, la rimozione di un consigliere per la sicurezza nazionale considerato non del tutto d’accordo con i suoi colloqui con l’Iran e sta cercando di evitare un’altra guerra regionale in Medio Oriente.

“Le scintillanti meraviglie di Riyadh e Abu Dhabi non sono state create dai cosiddetti ‘costruttori di nazioni’, dai neocon o da organizzazioni non profit liberali come quelle che hanno speso trilioni e trilioni di dollari per non sviluppare Baghdad e tante altre città”, ha proseguito Trump.

“La pace, la prosperità e il progresso alla fine non sono venuti da un rifiuto radicale della vostra eredità, ma piuttosto dall’abbracciare le vostre tradizioni nazionali e abbracciare quella stessa eredità che amate così tanto”, ha detto. “Avete realizzato un miracolo moderno alla maniera araba”.

È chiaro da un decennio che, a differenza di gran parte dell’establishment conservatore di politica estera che un tempo dirigeva il Partito Repubblicano, Trump crede che quelle che sono state chiamate le guerre per sempre abbiano distrutto molto più di quanto abbiano conservato. Nel suo secondo mandato ha fatto più progressi che nel primo nel rimuovere quell’establishment.

Ma non è stato perfetto. Questa Casa Bianca non parla con una sola voce in politica estera. E Trump si è già allineato verbalmente con i pacifisti per poi piegarsi ai falchi su posizioni politiche sostanziali. Come Barack Obama prima di lui, anche Trump si trova di fronte a un elettorato stanco della guerra, ma non sicuro di essere pronto a correre i rischi di una riduzione.

Da parte sua, l’establishment della politica estera di Beltway condannerà più facilmente gli errori di omissione percepiti che gli interventi mal concepiti;

Anche ora, le guerre a Gaza e in Ucraina si sono dimostrate più difficili da chiudere, per ragioni difficilmente limitabili a considerazioni di politica interna.

Ma è possibile che Trump si renda conto di non poter raggiungere gli obiettivi desiderati giocando a fare il poliziotto del mondo in quartieri lontani che non conosciamo bene.

“La nascita di un Medio Oriente moderno è stata portata avanti dagli stessi abitanti della regione, le persone che sono proprio qui, le persone che hanno vissuto qui per tutta la vita, sviluppando i propri Paesi sovrani, perseguendo le proprie visioni uniche e tracciando i propri destini a modo loro”, ha detto Trump della regione in cui i sogni dei costruttori di nazioni sono andati più spesso a morire negli ultimi anni.

Trump punta su governi estremamente imperfetti per rendere possibile la sua visione di pace in Medio Oriente, una scommessa che ha frustrato molti dei suoi predecessori;

Tuttavia, Trump comprende anche i limiti della moral suasion nel trattare o motivare questi governanti, e critica gli esperti occidentali che “vi danno lezioni su come vivere o come governare i vostri affari”.

“Negli ultimi anni, troppi presidenti americani sono stati afflitti dall’idea che sia nostro compito guardare nell’anima dei leader stranieri e usare la politica statunitense per dispensare giustizia per i loro peccati”, ha detto Trump. “Io credo che il compito di Dio sia quello di giudicare, mentre il mio compito è quello di difendere l’America e di promuovere gli interessi fondamentali della stabilità, della prosperità e della pace”.

Ha incluso l’Iran in questo discorso, anche se ha ribadito che Teheran non acquisirà armi nucleari. “Oggi sono qui non solo per condannare il caos passato dei leader iraniani, ma per offrire loro un nuovo percorso e un percorso migliore verso un futuro molto migliore e pieno di speranza”, ha detto Trump.

Sarà un compito arduo. Trump potrebbe essere pronto a tracciare un percorso diverso, ma la pacificazione comporta una serie di sfide.

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Il mese scorso Trump ha fatto un confronto rivelatore tra il suo primo e il suo secondo mandato.

“La prima volta avevo due cose da fare: gestire il Paese e sopravvivere; avevo tutti questi disonesti”, ha detto Trump alla rivista Atlantic in un’intervista pubblicata il 28 aprile. “E la seconda volta, gestisco il Paese e il mondo”.

Governare il mondo è un compito difficile, forse impossibile, anche per l’uomo più potente;

L’autore

W. James Antle, III

W. James Antle III

W. James Antle III è direttore esecutivo della rivista Washington Examiner e collaboratore di The American Conservative.

Testo integrale del discorso di Trump a Riyadh: “Alba di un nuovo giorno luminoso per il grande popolo del Medio Oriente”.

Dobbiamo unirci contro i pochi agenti del caos e del terrore rimasti”, ha detto il presidente ai suoi ospiti sauditi, e “la più distruttiva di queste forze è il regime iraniano”.

Oggi, 2:24

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Il presidente Donald Trump interviene al Forum sugli investimenti sauditi e statunitensi presso il King Abdulaziz International Conference Center di Riyadh, in Arabia Saudita, martedì 13 maggio 2025. (Foto AP/Alex Brandon)

Testo integrale del discorso del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump al Saudi-US Investment Forum presso il King Abdulaziz International Conference Center di Riyadh, Arabia Saudita, 13 maggio 2025.

Beh, grazie mille. È un onore essere qui. Che posto fantastico. Che posto fantastico. Ma soprattutto, che persone fantastiche. Voglio ringraziare Sua Altezza Reale, il Principe Ereditario, per l’incredibile introduzione. È un uomo incredibile. Lo conosco da molto tempo. Non c’è nessuno come lui. Grazie mille. Lo apprezzo molto, amico mio.

È un grande onore tornare in questo bellissimo regno ed essere accolti con una generosità e un calore così straordinari. Non ho mai dimenticato l’eccezionale ospitalità mostrataci da Re Salman. Parliamo di un grande uomo. Un grande uomo, un grande uomo, una grande famiglia. Quella visita è avvenuta esattamente otto anni fa. La gentilezza della famiglia reale e del popolo saudita è davvero insuperabile, ovunque si vada.

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Permettetemi di ringraziare anche gli innumerevoli ministri, funzionari governativi, dirigenti d’azienda e ospiti illustri per la calorosa accoglienza, molto calorosa. Conosco molti di voi. Vorrei fare i nomi di tutti voi, ma avremmo molti problemi. Resteremmo qui per molto tempo. Non lo vogliamo. Quindi non siate arrabbiati.

Con questa storica visita di Stato, celebriamo più di 80 anni di stretta collaborazione tra gli Stati Uniti e il Regno dell’Arabia Saudita. Da quando il presidente Franklin Roosevelt incontrò il padre di re Salman, re Abdulaziz, a bordo della USS Quincy nel 1945, le relazioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita sono state un fondamento di sicurezza e prosperità.

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Iscrivendosi, si accettano i termini.

Oggi riaffermiamo questo importante legame e compiamo i passi successivi per rendere il nostro rapporto più stretto, più forte e più potente che mai. È più potente che mai. E, tra l’altro, rimarrà tale. Non entriamo e usciamo come gli altri. E così rimarrà.

Sono venuto questo pomeriggio per parlare del brillante futuro del Medio Oriente, ma prima lasciatemi iniziare condividendo l’abbondanza di buone notizie provenienti da un luogo chiamato America.

In meno di quattro mesi, la nostra nuova amministrazione ha ottenuto più di quanto la maggior parte delle altre amministrazioni realizzi in quattro anni o addirittura in otto anni. In realtà abbiamo fatto, per la maggior parte, di più. Il giorno in cui sono entrato in carica, abbiamo ereditato… Grazie. Grazie a voi.

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Il giorno in cui mi sono insediato, abbiamo ereditato una colossale invasione del nostro confine meridionale, un’invasione che non avreste mai voluto vedere qui, nessuno dovrebbe mai volerla vedere. Ma nel giro di poche settimane abbiamo ridotto gli attraversamenti illegali del confine ai minimi storici, con una diminuzione del 99,999%. È un buon risultato anche per questo grande signore che sta di fronte a me. È un buon numero. Abbiamo avuto centinaia di migliaia di persone. L’anno scorso sono arrivate nello stesso periodo e il mese scorso, in questo confine enorme, sono entrate tre persone. È una bella differenza.

E non abbiamo avuto altra scelta se non quella di prendere molte delle persone che sono arrivate perché non erano le migliori. In molti casi erano persone molto cattive. Li stiamo facendo uscire. Li stiamo facendo uscire molto velocemente. Li stiamo riportando da dove sono venuti. Non abbiamo scelta.

Dopo anni di carenza di reclutamento militare, gli arruolamenti nelle forze armate statunitensi sono ora i più alti degli ultimi 30 anni, perché c’è uno spirito incredibile negli Stati Uniti d’America. Abbiamo di nuovo uno spirito straordinario.

Circa un anno fa, era una grande notizia, in prima pagina su tutti i giornali del mondo, che nessuno voleva arruolarsi nelle nostre forze armate, il che significa che eravamo molto sotto arruolati. E proprio la settimana scorsa è emerso che abbiamo il più forte arruolamento. Dicono 30 anni, ma forse è la prima volta. Non vanno così indietro nel tempo. È il migliore. E questo include gli agenti di polizia, i vigili del fuoco e tutto il resto.

C’è un grande spirito negli Stati Uniti in questo momento. Un nuovissimo sondaggio di Rasmussen ha appena mostrato che il numero di americani che credono che la nazione sia sulla strada giusta – si parla di strada giusta e strada sbagliata – è ora il più alto in oltre 20 anni. E non è mai stato così, perché per molti anni è stata la strada sbagliata. E posso dire che negli ultimi quattro anni è stata sicuramente la strada sbagliata, ma è la più alta da molti, molti anni a questa parte.

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Abbiamo trasformato il Golfo del Messico in Golfo d’America: è stato molto apprezzato, a parte forse il Messico. E, cosa più importante per i presenti in questa sala, i giorni di miseria economica dell’ultima amministrazione stanno rapidamente lasciando il posto alla più grande economia della storia del mondo. Siamo in pieno fermento.

Gli Stati Uniti sono il paese più caldo – con l’eccezione del vostro paese, devo dire, giusto?

Gli Stati Uniti sono il paese più caldo – ad eccezione del vostro paese, devo dire, giusto? Non ho intenzione di affrontare la questione. No, Mohammed, non me ne farò carico. Non sarebbe una cosa terribile se facessi questa dichiarazione completa? Ma non lo farò. Sei più sexy. Almeno finché sono quassù, siete più caldi.

Ma i prezzi dei generi alimentari, della benzina, dell’energia e di tutti gli altri prodotti sono scesi, senza inflazione. Non c’è inflazione. In poche settimane abbiamo creato 464.000 nuovi posti di lavoro. Pensateci. Si tratta di quasi mezzo milione di posti di lavoro creati in poche settimane.

Abbiamo appena raggiunto uno storico accordo commerciale con il Regno Unito e nel fine settimana abbiamo raggiunto un accordo rivoluzionario con la Cina, entrambi accordi eccezionali. La Cina è d’accordo – dobbiamo metterlo nero su bianco. Dobbiamo definire i piccoli dettagli. E Scott, lei ci lavorerà molto duramente. Ma la Cina ha accettato di aprirsi agli Stati Uniti per il commercio e tutto il resto. Ma devono farlo. Vedremo cosa succederà. Ma abbiamo avuto un incontro molto, molto positivo con entrambi i Paesi.

Stiamo tagliando 10 vecchi regolamenti per ogni nuovo regolamento. Ci stiamo sbarazzando di tutta la burocrazia che… Molti Paesi, francamente, invecchiando sviluppano molta burocrazia, e noi ce ne stiamo sbarazzando. Ce ne stiamo liberando a livelli record.

E sono lieto di riferire che il Congresso degli Stati Uniti è sul punto di approvare il più grande taglio alle tasse e alle normative della storia americana. Pensiamo di essere in buone condizioni per ottenerlo. E se lo otterremo, sarà come un razzo per il nostro Paese.

Nel primo trimestre dell’anno, gli investimenti in America sono aumentati di un sorprendente 22%. Solo dopo le elezioni del 5 novembre sono stati annunciati o sono in arrivo nuovi investimenti per oltre 10.000 miliardi di dollari. Pensate a questo. In un periodo di tempo molto breve, abbiamo superato i 10.000 miliardi di dollari, e la cifra potrebbe essere molto più alta.

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Non tutti vengono alla Casa Bianca a fare una conferenza stampa per dire che apriranno in America, ma tutti arrivano a cifre mai viste prima. Se si guarda alle altre presidenze, non avrebbero fatto 1.000 miliardi di dollari in anni. Noi lo abbiamo fatto essenzialmente in due mesi. Perché bisogna dire che siamo entrati in carica e mi hanno dato circa un mese per ripulire e sistemare lo Studio Ovale, dopodiché abbiamo iniziato a lavorare e i soldi stanno arrivando, i posti di lavoro stanno arrivando, le aziende si stanno riversando nel nostro Paese come non abbiamo mai visto prima. Non c’è mai stata una cosa del genere.

Abbiamo lasciato che altri ci imponessero tariffe per perdere molti soldi e molti posti di lavoro, e ora stiamo imponendo tariffe a loro, a un livello che nessuno ha mai visto. È un livello che ci sta rendendo un Paese molto diverso e un Partito Repubblicano molto diverso.

Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman parla al Saudi-US Investment Forum a Riyadh, Arabia Saudita, 13 maggio 2025. (AP/Alex Brandon)

A novembre abbiamo ottenuto una vittoria straordinaria. Abbiamo vinto tutti e sette gli Stati in bilico, il voto popolare con milioni e milioni di voti. Nel collegio elettorale abbiamo vinto con 312 voti contro 226. Ricordate, avevano detto: “Beh, potremmo arrivare a 270”, e noi siamo arrivati a 312. È una grande differenza. E, cosa molto importante, abbiamo conquistato contee in tutti gli Stati Uniti, 2.660 a 451. Ecco perché quando si guarda una mappa, sono tutte rosse. L’intero Paese è rosso. Rosso sta per repubblicano.

Dal momento in cui abbiamo iniziato, abbiamo visto che la ricchezza si è riversata e si sta riversando in America. Apple sta investendo 500 miliardi di dollari. Nvidia sta investendo. E vedo che il mio amico è qui, Jensen, molto bene. Ovunque tu sia, ti ringrazio molto, perché sta investendo 500 miliardi di dollari. TSMC sta investendo. A proposito, dov’è Jensen? Dov’è? È qui in piedi. Dov’è? Ho appena visto Beth. Grazie mille, Jensen.

Voglio dire, Tim Cook non è qui, ma tu sì. Che lavoro hai fatto. Ha detto di avere il 99% del mercato dei chip. Non lo so. Non è facile da battere. Ma che lavoro avete fatto. Grazie. Siamo orgogliosi di avervi nel nostro Paese. Lo sapete. Grazie per l’investimento. TSMC sta investendo 200 miliardi di dollari. Con questo viaggio, aggiungeremo oltre 1.000 miliardi di dollari in termini di investimenti nel nostro Paese e di acquisto dei nostri prodotti.

Nessuno produce attrezzature militari come noi. Abbiamo il miglior equipaggiamento militare, i migliori missili, i migliori razzi, il miglior tutto. I migliori sottomarini, tra l’altro. L’arma più letale al mondo. Oltre all’acquisto di 142 miliardi di dollari di equipaggiamenti militari di fabbricazione americana da parte dei nostri grandi partner sauditi, il più grande di sempre questa settimana. Ci sono accordi commerciali multimiliardari con Amazon, Oracle, AMD. Sono tutti qui. Uber, Qualcomm, Johnson and Johnson e molti altri.

Voglio quindi congratularmi con tutti. Tanti grandi dirigenti d’azienda, molti di voi, molti di voi li conosco. Venivano qui circa un mese fa. Non erano molto contenti quando mi hanno visto, e ora dicono: “Signore, sta facendo un ottimo lavoro. Grazie mille”. È incredibile cosa possa fare un mercato in crescita. Il mercato salirà ancora di molto. Infatti, cinque settimane fa ho detto alla gente: “Questo è un ottimo momento per comprare”. Sono stato criticato per questo. Ora non mi criticano più. La gente avrebbe dovuto ascoltare.

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Ma la cifra salirà molto di più. Vedrete. Non è mai successo nulla di simile. È un’esplosione di investimenti e di posti di lavoro, e stanno arrivando grandi aziende. Non si è mai vista una cosa del genere. Non c’è posto migliore per costruirsi un futuro o fare fortuna o fare qualsiasi cosa, francamente, di quello che abbiamo negli Stati Uniti d’America sotto un certo Presidente, Donald J. Trump. Ho l’atteggiamento giusto.

Ho lo stesso atteggiamento che hanno le persone in prima, seconda e terza fila. Man mano che si torna indietro, forse iniziano a perdere un po’ di vista, ma capiscono e noi stiamo facendo quello che molte persone intelligenti farebbero. E non siamo necessariamente politicamente corretti.

Avete visto cosa abbiamo fatto ieri con la sanità. Abbiamo tagliato l’assistenza sanitaria del 50-90%. Vedrete i farmaci e le medicine scendere a cifre mai viste prima. Pensiamo che i farmaci scenderanno e che ci sarà una ridistribuzione dei costi con altre nazioni, che hanno davvero approfittato di un gruppo di persone molto simpatiche che gestivano il nostro Paese.

Ma questo non è solo un periodo di incredibile eccitazione negli Stati Uniti. È un periodo esaltante anche qui nella penisola arabica. Un posto bellissimo, tra l’altro, un posto bellissimo. Esattamente… Grazie.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump parla durante il forum sugli investimenti sauditi e statunitensi presso il King Abdul Aziz International Conference Center di Riyadh il 13 maggio 2025. (Brendan SMIALOWSKI / AFP)

Esattamente otto anni fa, questo mese, mi trovavo in questa stessa sala e guardavo a un futuro in cui le nazioni di questa regione avrebbero sconfitto le forze del terrorismo e dell’estremismo, eliminandole dall’esistenza, e avrebbero preso il vostro posto tra le nazioni più orgogliose, prospere e di successo del mondo come leader di un Medio Oriente moderno e in ascesa. È così eccitante. Così emozionante.

Mohammed, dormi di notte? Come dormi? Eh? Stavo pensando. Che lavoro. Si gira e rigira come alcuni di noi, si gira e rigira tutta la notte, come dire, tutta la notte. Quelli che non si rigirano sono quelli che non ti porteranno mai nella terra promessa. Non è così? Ma lei ha fatto un buon lavoro. Vero.

L’Arabia Saudita ha dimostrato che i critici si sbagliavano completamente. La trasformazione… è stata davvero straordinaria

Ma i critici dubitavano che fosse possibile quello che avete fatto. Ma negli ultimi otto anni, l’Arabia Saudita ha dimostrato che i critici si sbagliavano completamente. La trasformazione che si è verificata – anche da parte di questi incredibili leader del mondo degli affari, voglio dire che ci sono i più grandi leader del mondo degli affari davanti a noi – ma la trasformazione che si è verificata sotto la guida del re Salman e del principe ereditario Mohammed è stata davvero straordinaria. Una cosa del genere non credo sia mai accaduta prima. Non ho mai visto accadere nulla di tale portata prima d’ora.

E forse si potrebbe dire che anche gli Stati Uniti stanno andando piuttosto bene, ma non credo che molte persone abbiano mai visto una cosa del genere prima d’ora. I grattacieli maestosi, le torri che vedo, la differenza tra oggi e otto anni fa. Otto anni fa era davvero impressionante. Ma le torri che vedo sorgere, alcuni dei reperti che mi sono stati mostrati da Mohammed, quello che ho visto è un processo incredibile, un genio incredibile di così tante persone, l’architettura. Ma ho la sensazione di sapere da dove sono venute molte di quelle idee, che si dà il caso siano sedute proprio in questa stanza, proprio davanti a me.

Ma le torri e tutte le diverse… Ho visto molte torri diverse. Non credo che esista una versione di una torre che non abbia visto in una forma o nell’altra. Ho appena superato quattro mostre. Non ho mai visto nulla di simile. Quindi sarà molto emozionante. E si trovano tra le antiche meraviglie di una città in crescita ed eccitante. È davvero sorprendente.

Il presidente Donald Trump e Sua Altezza Reale Mohammed bin Salman al Saud, principe ereditario e primo ministro del Regno dell’Arabia Saudita, visitano il sito del patrimonio mondiale dell’UNESCO Diriyah/At-Turaif, il 13 maggio 2025, a Riyadh. (Foto AP/Alex Brandon)

Riyadh sta diventando non solo una sede del governo, ma una delle principali capitali commerciali, culturali e high-tech del mondo intero. La Coppa del Mondo è arrivata. Gianni, alzati, Gianni. Gianni. Grazie, Gianni. Ottimo lavoro, Gianni. Ottimo lavoro. Ma la Coppa del Mondo e l’Esposizione Universale arriveranno presto qui, proprio come la Coppa del Mondo sta arrivando negli Stati Uniti. L’anno prossimo sarà davvero emozionante.

I motori delle corse di Formula 1 ora rombano per le strade di Gedda. In una pietra miliare storica, altre industrie hanno recentemente superato il petrolio. Pensate, tutte le altre industrie hanno superato il petrolio. Non so se molte persone capiranno cosa significhi, è una cosa così grande. Per la prima volta in assoluto, il settore petrolifero rappresenta la maggioranza dell’economia saudita. Altre industrie sono ora più grandi persino del petrolio, che sarà sempre un grande mostro. È un grande mostro. Ma questo è un grande tributo a voi e allo sviluppo economico usato correttamente.

In altre città della penisola, come Dubai e Abu Dhabi, Doha, Muscat, le trasformazioni sono state incredibilmente notevoli. Davanti ai nostri occhi una nuova generazione di leader sta trascendendo gli antichi conflitti delle stanche divisioni del passato e sta forgiando un futuro in cui il Medio Oriente è definito dal commercio, non dal caos; in cui esporta tecnologia, non terrorismo; e in cui persone di nazioni, religioni e credi diversi costruiscono città insieme, non si bombardano a vicenda. Noi non vogliamo questo.

Ed è fondamentale per il mondo intero notare che questa grande trasformazione non è avvenuta grazie agli interventisti occidentali o a persone volanti su splendidi aerei che vi danno lezioni su come vivere e come governare i vostri affari. No, le scintillanti meraviglie di Riyadh e Abu Dhabi non sono state create dai cosiddetti costruttori di nazioni, dai neoconservatori o da organizzazioni non profit liberali come quelle che hanno speso trilioni e trilioni di dollari per non sviluppare Kabul, Baghdad e tante altre città.

La nascita di un Medio Oriente moderno è stata portata avanti dagli stessi abitanti della regione, le persone che si trovano proprio qui.

Invece, la nascita di un Medio Oriente moderno è stata portata avanti dagli stessi abitanti della regione, le persone che sono qui, le persone che hanno vissuto qui per tutta la vita, sviluppando i propri Paesi sovrani, perseguendo le proprie visioni uniche e tracciando i propri destini a modo loro. È davvero incredibile quello che avete fatto.

Alla fine i cosiddetti costruttori di nazioni hanno distrutto molte più nazioni di quante ne abbiano costruite, e gli interventisti intervenivano in società complesse che non capivano nemmeno loro. Vi dicevano come fare, ma non avevano idea di come farlo loro stessi.

La pace, la prosperità e il progresso, in ultima analisi, non derivano da un radicale rifiuto del vostro patrimonio, ma piuttosto dall’abbracciare le vostre tradizioni nazionali e abbracciare quello stesso patrimonio che amate così tanto.

La pace, la prosperità e il progresso non sono venuti da un radicale rifiuto del vostro patrimonio, ma piuttosto dall’abbraccio delle vostre tradizioni nazionali e da quello stesso patrimonio che amate così tanto, ed è qualcosa che solo voi potevate fare.

Avete realizzato un miracolo moderno alla maniera araba. È un buon modo.

Oggi, le Nazioni del Golfo hanno mostrato all’intera regione un percorso verso società sicure e ordinate, con una migliore qualità della vita, una fiorente crescita economica, l’espansione delle libertà personali e una crescente responsabilità sulla scena mondiale. Dopo tanti decenni di conflitti, finalmente siamo in grado di raggiungere il futuro che le generazioni precedenti hanno potuto solo sognare: una terra di pace, sicurezza, armonia, opportunità, innovazione e successo, proprio qui in Medio Oriente.

Il presidente Donald Trump, quinto a sinistra, partecipa a una foto di gruppo con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, quarto a destra, con il principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti Sheikh Khaled bin Mohamed bin Zayed Al Nahyan, secondo a destra, il principe ereditario del Bahrain e il primo ministro Salman bin Hamad Al Khalifa, sinistra, l’emiro del Qatar Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani, terzo a sinistra, il principe ereditario del Kuwait Mishal Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah, secondo a sinistra, il segretario generale del Consiglio di cooperazione del Golfo Jasem Mohamed Albudaiwi, a destra, durante il vertice del CCG a Riyadh, in Arabia Saudita, mercoledì 14 maggio 2025. (Foto AP/Alex Brandon)

È così bello. È una cosa così bella che sta accadendo. Credo che le persone che sono qui non riescano ad apprezzarla perché la vedono accadere, e quando si arriva in un posto che non si vedeva da cinque anni o da 10 anni o da 20 anni, è ancora più incredibile.

Quando ho lasciato l’incarico poco più di quattro anni fa, quel futuro sembrava quasi impossibile, come avete fatto voi. Insieme, abbiamo annientato gli assassini dell’ISIS. Li abbiamo spazzati via e abbiamo messo fine al suo fondatore e leader, al-Baghdadi. Abbiamo sanato la frattura nel Consiglio di Cooperazione del Golfo. È una cosa molto importante e ha unito le nazioni della regione per opporsi ai nemici di tutta la civiltà.

Avevamo imposto sanzioni senza precedenti all’Iran, privando il regime delle risorse per finanziare il terrorismo. Non erano in grado di finanziare nulla perché non avevano più soldi. Non avevano soldi, ma la nuova amministrazione è arrivata e ha lasciato loro un sacco di soldi, e avete visto cosa è successo. Non sono stati soldi ben spesi.

È mia fervida speranza, desiderio e persino sogno che l’Arabia Saudita, un luogo per il quale nutro un grande rispetto… si unisca presto agli Accordi di Abramo.

Con gli storici Accordi di Abramo, di cui siamo così orgogliosi, tutto lo slancio è stato rivolto alla pace, e con grande successo. Gli Accordi di Abramo sono stati una cosa straordinaria. Ed è mia fervida speranza, desiderio e persino sogno che l’Arabia Saudita – un luogo per il quale nutro un grande rispetto, soprattutto nell’ultimo brevissimo periodo di tempo, per ciò che siete stati in grado di fare – si unisca presto agli Accordi di Abraham. Penso che sarà un enorme tributo al vostro Paese e sarà qualcosa di molto importante per il futuro del Medio Oriente.

Ho corso un rischio nel farli, e sono stati una vera e propria fortuna per i Paesi che vi hanno aderito. L’amministrazione Biden non ha fatto nulla per quattro anni. L’avremmo fatto compilare. Ma sarà un giorno speciale in Medio Oriente, con tutto il mondo a guardare, quando l’Arabia Saudita si unirà a noi. Onorerete me e tutte le persone che hanno lottato così duramente per il Medio Oriente, e credo proprio che sarà qualcosa di speciale. Ma lo farete con i vostri tempi, ed è quello che voglio io, e quello che volete voi, ed è così che sarà.

Quando ho lasciato il mio incarico, l’unica cosa che ancora si frapponeva tra questa regione e il suo incredibile potenziale era un piccolo gruppo di attori disonesti e di delinquenti violenti che cercavano costantemente di trascinare il Medio Oriente all’indietro, verso il caos, lo scompiglio e persino la guerra. Purtroppo, invece di affrontare queste forze distruttive, l’ultima amministrazione statunitense ha scelto di arricchirle, potenziarle e dare loro miliardi e miliardi di dollari.

L’amministrazione Biden, la peggiore amministrazione nella storia del nostro Paese, tra l’altro, ha rifiutato i nostri partner del Golfo più fidati e di lunga data. E posso dire partner a livello mondiale. Uno dei nostri grandi, grandi partner, a prescindere da chi guardiamo, e abbiamo grandi partner nel mondo, ma non abbiamo nessuno più forte e nessuno come il signore che è qui davanti a me. È il vostro più grande rappresentante, il più grande rappresentante.

E se non mi piacesse, me ne andrei subito da qui. Lo sa, vero? Mi conosce bene. È vero, mi piace molto. Mi piace troppo. Per questo diamo tanto, troppo. Mi piaci troppo. Un grande uomo.

Hanno tolto le sanzioni all’Iran in cambio di nulla e hanno inviato al regime decine di miliardi di dollari per finanziare il terrore e la morte in tutto il mondo, e hanno riso di lui. Hanno riso del nostro leader e stanno ancora ridendo del nostro leader. Lo consideravano un pazzo e da allora non hanno fatto altro che creare problemi, compreso il finanziamento del 7 ottobre, uno dei giorni peggiori della storia del Medio Oriente, un giorno orribile.

Biden ha rimosso gli Houthi dall’elenco delle organizzazioni terroristiche straniere anche mentre missili e droni venivano lanciati proprio qui, nella vostra bella città di Riyadh, e lanciati contro le navi se per caso navigavano nella posizione sbagliata. L’estrema debolezza e la grossolana incompetenza dell’amministrazione Biden hanno fatto deragliare i progressi verso la pace, destabilizzato la regione e messo a rischio tutto ciò che avevamo costruito con tanta fatica insieme.

E quando si pensa alle grandi conquiste che avete fatto, alla luce di un’amministrazione piuttosto ostile, un’amministrazione che non era credente, rende le vostre conquiste ancora più grandi. Li rende ancora più grandi. Lo sapete.

Lavorando con la stragrande maggioranza delle persone in questa regione che cercano la stabilità e la calma, il nostro compito è quello di unirci contro i pochi agenti del caos e del terrore che sono rimasti e che tengono in ostaggio i sogni di milioni e milioni di grandi persone. La più grande e distruttiva di queste forze è il regime iraniano.

Ma in pochi mesi dall’insediamento, abbiamo ottenuto il rapido ritorno della forza americana in patria e all’estero. Ora, lavorando con la stragrande maggioranza delle persone in questa regione che cercano stabilità e calma, il nostro compito è quello di unirci contro i pochi agenti del caos e del terrore che sono rimasti e che tengono in ostaggio i sogni di milioni e milioni di grandi persone.

La più grande e distruttiva di queste forze è il regime iraniano, che ha causato sofferenze inimmaginabili in Siria, Libano, Gaza, Iraq, Yemen e oltre.

Non potrebbe esserci contrasto più netto con il percorso che avete seguito nella Penisola arabica rispetto al disastro che si sta verificando proprio di fronte al Golfo dell’Iran. Pensate a questo. Volevano chiamarlo così e io dissi: “Non glielo permetteranno. Vi dispiace se lo fermo?”. L’ho fermato. Non permetteremo che ciò accada.

Mentre voi costruite i grattacieli più alti del mondo a Gedda e Dubai, i monumenti di Teheran del 1979 crollano in macerie e polvere. Loro sono andati avanti per un po’ con un sistema molto diverso, ma quegli edifici stanno in gran parte cadendo a pezzi, mentre voi state costruendo alcuni dei più grandi e incredibili progetti infrastrutturali del mondo, edifici, ogni sorta di cose che state costruendo e che nessuno ha mai visto prima. I decenni di incuria e cattiva gestione dell’Iran hanno lasciato il Paese afflitto da blackout a rotazione, che durano per ore al giorno. Se ne sente sempre parlare.

Mentre la vostra abilità ha trasformato i deserti aridi in fertili terreni agricoli, i leader iraniani sono riusciti a trasformare i verdi terreni agricoli in deserti aridi, poiché la loro corrotta mafia dell’acqua, chiamiamola così, provoca siccità e svuotamenti dei letti dei fiumi. Si arricchiscono, ma non lasciano che il popolo ne abbia neanche un po’.

E poi, naturalmente, c’è la differenza fondamentale alla base di tutto: Mentre gli Stati arabi si sono concentrati sul diventare pilastri della stabilità regionale e del commercio mondiale, i leader iraniani si sono concentrati sul furto delle ricchezze del loro popolo per finanziare il terrore e lo spargimento di sangue all’estero. La cosa più tragica è che hanno trascinato con sé un’intera regione.

Innumerevoli vite sono state perse nello sforzo iraniano di mantenere un regime in disfacimento in Siria. Guardate cosa è successo con la Siria.

In Libano, i loro proxy Hezbollah hanno saccheggiato le speranze di una nazione la cui capitale Beirut era un tempo chiamata la Parigi del Medio Oriente. Riuscite a immaginarlo? Tutta questa miseria e molto altro era assolutamente evitabile, assolutamente evitabile. E Maometto lo sapeva. Lo sapeva. Le persone intelligenti lo sapevano. Se solo il regime iraniano si fosse concentrato sulla costruzione della propria nazione invece di distruggere la regione.

Tuttavia, oggi sono qui non solo per condannare il caos passato dei leader iraniani, ma per offrire loro un nuovo percorso e un cammino molto migliore verso un futuro di gran lunga migliore e pieno di speranza. Come ho dimostrato più volte, sono disposto a porre fine ai conflitti del passato e a creare nuove partnership per un mondo migliore e più stabile, anche se le nostre differenze possono essere molto profonde, come ovviamente sono nel caso dell’Iran.

Non ho mai creduto di avere nemici permanenti. Sono diverso da come molti pensano. Non mi piacciono i nemici permanenti, ma a volte hai bisogno di nemici per fare il lavoro e devi farlo bene. I nemici ti motivano. Infatti, alcuni dei più stretti amici degli Stati Uniti d’America sono nazioni contro cui abbiamo combattuto guerre nelle generazioni passate, e ora sono nostri amici e alleati.

Se la leadership iraniana rifiuta questo ramoscello d’ulivo e continua ad attaccare i suoi vicini, non avremo altra scelta se non quella di infliggere una massiccia pressione massima.

Voglio fare un accordo con l’Iran. Se riuscirò a fare un accordo con l’Iran, sarò molto felice se riusciremo a rendere la vostra regione e il mondo un posto più sicuro. Ma se la leadership iraniana rifiuta questo ramoscello d’ulivo e continua ad attaccare i suoi vicini, allora non avremo altra scelta che infliggere una massiccia pressione massima, portando a zero le esportazioni di petrolio iraniano, come ho fatto in passato.

Lo sapevate che – grazie a ciò che ho fatto – erano un Paese praticamente in bancarotta. Non avevano soldi per il terrorismo, non avevano soldi per Hamas o Hezbollah… E intraprendere tutte le azioni necessarie per impedire al regime di avere un’arma nucleare. L’Iran non avrà mai un’arma nucleare.

Vogliamo che sia un Paese meraviglioso, sicuro e grande, ma non può avere un’arma nucleare.

Detto questo, l’Iran può avere un futuro molto più luminoso, ma non permetteremo mai che l’America e i suoi alleati siano minacciati dal terrorismo o da un attacco nucleare. La scelta spetta a loro. Vogliamo davvero che siano un Paese di successo. Vogliamo che siano un Paese meraviglioso, sicuro e grande, ma non possono avere un’arma nucleare.

Si tratta di un’offerta che non durerà per sempre. È il momento di scegliere. Adesso. Non abbiamo molto tempo per aspettare. Le cose stanno accadendo a un ritmo molto veloce, stanno accadendo proprio qui. Stanno accadendo a un ritmo molto veloce. Quindi devono muoversi subito, in un modo o nell’altro. Fare la propria mossa.

Bandiere saudite e statunitensi sventolano davanti a un edificio in costruzione su una strada principale di Riyadh il 12 maggio 2025, in vista della visita del presidente statunitense Donald Trump (Fayez Nureldine / AFP)

Come ho detto nel mio discorso inaugurale, la mia più grande speranza è quella di essere un costruttore di pace e di essere unificatore. Non mi piace la guerra.

Abbiamo il più grande esercito della storia del mondo. Ho ricostruito le nostre forze armate nei miei primi quattro anni e le ho trasformate nelle forze armate più potenti che ci siano, e lo avete visto quando ho messo fuori gioco l’ISIS in tre settimane. La gente diceva che ci sarebbero voluti quattro o cinque anni. Io l’ho fatto, l’abbiamo fatto, in tre settimane.

Pochi giorni fa, la mia amministrazione ha mediato con successo uno storico cessate il fuoco per fermare l’escalation di violenza tra India e Pakistan, e per farlo ho usato in larga misura il commercio. Ho detto, ragazzi, “Forza. Facciamo un accordo. Facciamo qualche scambio. Non scambiamo missili nucleari. Scambiamo le cose che fate in modo così bello”.

Entrambi hanno leader molto potenti, leader molto forti, leader bravi, leader intelligenti, e tutto si è fermato. Speriamo che rimanga così, ma tutto si è fermato. Sono stato molto orgoglioso di Marco Rubio e di tutte le persone che hanno lavorato così duramente. Marco, alzati. Hai fatto un ottimo lavoro. Grazie. JD Vance, Marco, tutto il gruppo ha lavorato con te, ma è stato un ottimo lavoro.

E credo che vadano davvero d’accordo. Forse possiamo anche farli incontrare un po’, Marco, e farli uscire a cena insieme. Non sarebbe bello?

Ma abbiamo fatto molta strada e potrebbero essere morte milioni di persone a causa di quel conflitto che era iniziato in modo piccolo e che diventava di giorno in giorno sempre più grande.

Ho anche lavorato senza sosta per porre fine al terribile spargimento di sangue tra la Russia e l’Ucraina e, cosa molto importante, alla fine di questa settimana, probabilmente giovedì, si terranno dei colloqui in Turchia che potrebbero produrre dei risultati piuttosto buoni. I nostri collaboratori si recheranno lì. Marco ci andrà, altri ci andranno e vedremo se riusciremo a farlo.

5.000 persone, per la maggior parte giovani, soldati dell’Ucraina, soldati della Russia – non sono di qui e non sono degli Stati Uniti, ma sono anime. Sono anime. Penso che di solito, per lo più, siano anime giovani e belle che hanno lasciato i genitori salutando, hanno lasciato i fratelli e le sorelle dicendo “Arrivederci. Ci vediamo presto”. E sono stati fatti a pezzi. Ne muoiono in media 5.000 alla settimana.

Anche in altre parti della regione si muore, ma sono numeri enormi, come non si vedevano dalla Seconda Guerra Mondiale, e io voglio fermarli. Voglio fermarla. È una guerra orribile. Non sarebbe mai accaduta se io fossi stato presidente. È una guerra che non sarebbe mai avvenuta.

Il 7 ottobre non sarebbe mai accaduto se io fossi stato presidente, perché l’Iran non aveva soldi per pagare Hamas o chiunque altro. Non avevano soldi. Non cercavano di prendersi cura di loro, dovevano prendersi cura di loro stessi. Non avevano soldi. Abbiamo bloccato il loro petrolio con l’embargo e le sanzioni.

Ma permettetemi di cogliere l’occasione per ringraziare il Regno dell’Arabia Saudita per il ruolo costruttivo che ha svolto nel facilitare i colloqui in Ucraina, e lo è davvero. Siete stati straordinari. Avete messo tutto a nostra disposizione. Vi ringrazio molto. Grazie a voi. E se riusciremo a sistemare la cosa, renderemo un tributo speciale a ciò che avete fatto. Avete davvero gettato delle ottime basi. La ringrazio molto. Lo apprezzo molto.

L’Occidente non dovrebbe trascinarsi indietro in un’altra guerra infinita in Europa, l’ennesima guerra infinita. Dovremmo smettere di uccidere e lavorare insieme per affrontare le più grandi minacce a lungo termine come una squadra imbattibile. Pensate a noi come a una squadra imbattibile.

Voglio dire, se si guarda a ciò che avete fatto qui, è molto più difficile che fermare la stupidità. Pensateci, è stupidità. Quello che avete fatto è molto più difficile e lo avete fatto meglio di chiunque altro.

Come Presidente degli Stati Uniti, la mia preferenza sarà sempre per la pace e la collaborazione, ogni volta che sarà possibile raggiungere questi risultati. Sempre, sarà sempre così. Solo un pazzo potrebbe pensare il contrario

Come Presidente degli Stati Uniti, la mia preferenza sarà sempre per la pace e il partenariato, ogni volta che sarà possibile raggiungere questi risultati. Sempre, sarà sempre così. Solo un pazzo potrebbe pensare il contrario.

Negli ultimi anni, troppi presidenti americani sono stati afflitti dall’idea che sia nostro compito guardare nell’anima dei leader stranieri e usare la politica statunitense per dispensare giustizia per i loro peccati. Amavano usare il nostro potentissimo esercito. E ora è davvero il più potente che sia mai stato. Abbiamo appena approvato un bilancio di 1.000 miliardi di dollari, il più alto mai avuto nella storia per le forze armate, 1.000 miliardi di dollari, e stiamo ottenendo i più grandi missili, le più grandi armi, e sapete che odio farlo, ma dovete farlo perché crediamo nella pace attraverso la forza. Bisogna avere la forza, altrimenti potrebbero accadere cose brutte.

Credo che il compito di Dio sia quello di giudicare; il mio compito è quello di difendere l’America e di promuovere l’interesse fondamentale della stabilità, della prosperità e della pace. Questo è ciò che voglio fare davvero

Ma si spera che non dovremo mai usare nessuna di queste armi. Sembra un enorme spreco di denaro se non le useremo mai, ma speriamo di non doverle usare mai, perché il potere distruttivo di alcune di queste armi non è mai stato visto prima. Credo che il compito di Dio sia quello di giudicare; il mio compito è quello di difendere l’America e di promuovere l’interesse fondamentale della stabilità, della prosperità e della pace. Questo è ciò che voglio fare davvero.

Non esiterò mai a esercitare il potere americano se sarà necessario per difendere gli Stati Uniti o per aiutare a difendere i nostri alleati. E non ci sarà pietà per nessun nemico che cerchi di fare del male a noi o a loro. Non avremo pietà. Loro lo capiscono. Per questo sono stato abbastanza fortunato. Molte persone pensano: “Vuole combattere. Vuole combattere” e le cose si sistemano. È una cosa incredibile quando pensano che tu faccia sul serio, ma noi lo facciamo. Abbiamo il più grande esercito, il più forte, più forte di tutti. Nessuno ci si avvicina.

Abbiamo le migliori armi del mondo, ma non vogliamo usarle. Se però minacciate l’America o i nostri partner, vi troverete di fronte a una forza schiacciante e devastante. Abbiamo cose di cui non si sa nulla, di cui non si sente parlare, e se lo si sapesse, si direbbe: “Wow”.

Nelle ultime settimane, a seguito di ripetuti attacchi alle navi americane e alla libertà di navigazione nel Mar Rosso, l’esercito degli Stati Uniti ha lanciato più di 1.100 attacchi contro gli Houthi nello Yemen. Di conseguenza, gli Houthi hanno accettato di fermarsi. Hanno detto: “Non vogliamo più questo”. È la prima volta che lo sentite dire anche da loro. Sono duri, sono combattenti. Ma pochi giorni fa ci è stato chiesto di smettere di prendere di mira le navi commerciali… Non avrebbero preso di mira le navi commerciali in alcun modo, forma o forma, o qualsiasi cosa americana, e sono stati molto contenti che abbiamo smesso, ma abbiamo avuto 52 giorni di tuoni e fulmini come non ne hanno mai visti prima.

Si è trattato di un uso rapido, feroce, decisivo ed estremamente efficace della forza militare. Non che volessimo farlo, ma stavano abbattendo le navi. Sparavano a voi. Sparavano all’Arabia Saudita. Non vogliamo che sparino in Arabia Saudita, se va bene. Quindi li abbiamo colpiti duramente. Abbiamo ottenuto ciò per cui siamo venuti, e poi ce ne siamo andati.

Dal 20 gennaio, le forze armate statunitensi hanno eliminato 83 leader terroristici che operavano in Iraq, Siria e Somalia, tra cui il leader globale numero due dell’ISIS. Lo avete letto di recente. Con l’aiuto del Pakistan, abbiamo arrestato i terroristi dell’ISIS responsabili dell’attacco a 13 membri del servizio americano ad Abbey Gate. Quell’orribile, orribile disastro. Durante il ritiro dall’Afghanistan, questa è un’altra cosa a cui non pensiamo più tanto. Sono morti in 13, ma 42 sono stati orribilmente feriti, ma centinaia di persone sono morte complessivamente, perché conto le persone dall’altra parte. Centinaia di persone, solo grossolanamente incompetenti.

Probabilmente è per questo che Putin ha deciso di entrare in Ucraina, cosa che non avrebbe mai fatto se io fossi stato presidente. Ma non avremmo avuto i problemi del 7 ottobre se fossi stato presidente. Non avremmo avuto l’Ucraina, la Russia, se fossi stato presidente. Non avremmo avuto Abbey Gate perché non ci sarebbe stato alcun motivo. Stavamo uscendo, ma stavamo uscendo con dignità e con forza e potenza, ma il modo in cui sono usciti non era buono. Credo che sia stato il momento più imbarazzante nella storia del nostro Paese.

Tutte le persone civili devono condannare le atrocità del 7 ottobre contro Israele.

E abbiamo lavorato instancabilmente per riportare indietro tutti gli ostaggi detenuti da Hamas. Ne abbiamo già riportati molti, ma ne stiamo riportando altri. Questo fine settimana abbiamo negoziato con successo il rilascio dell’ultimo ostaggio americano. Edan Alexander è uscito poche ore fa e continuiamo a lavorare per porre fine a questa guerra il più rapidamente possibile. È una cosa orribile quella che sta accadendo.

La popolazione di Gaza merita un futuro migliore, ma questo non potrà avvenire finché i suoi leader sceglieranno di rapire, torturare e colpire uomini, donne e bambini innocenti per fini politici.

Tutte le persone civilizzate devono condannare le atrocità del 7 ottobre contro Israele, che non sarebbero mai accadute, ancora una volta, se aveste avuto, probabilmente, un altro presidente, ma sicuramente se aveste avuto me come presidente. Gli abitanti di Gaza meritano un futuro migliore, ma questo non potrà avvenire finché i loro leader sceglieranno di rapire, torturare e colpire uomini, donne e bambini innocenti per fini politici.

Il modo in cui queste persone sono trattate a Gaza, non c’è posto al mondo in cui le persone siano trattate così male. È orribile.

Dopo anni di sofferenza, due delle nazioni più devastate dal terrore stanno finalmente iniziando a porre fine ai loro lunghi incubi sotto la nuova generazione di leader in Libano, dove un mio amico è appena diventato ambasciatore. Sarà un grande.

Gli ho detto: “Sai, potrebbe essere un lavoro molto pericoloso”. Lui ha risposto: “Sono nato lì. Sono libanese. Amo quel Paese”.

Ho detto: “Ma è molto pericoloso”. Questo è un mio amico di New York. Gli ho detto: “Ma è molto pericoloso. Sei sicuro di volerlo fare?”.

Non ho mai pensato che fosse un guerriero, ma è un guerriero. Ama il suo Paese.

Ha detto: “Se sarò ferito o morirò, morirò per il Paese che amo”. È cresciuto lì. È orribile quello che è successo in Libano, ma voi avete un grande ambasciatore, ve lo posso dire.

E il Libano, che è stato vittima infinita degli Hezbollah e del loro sponsor, l’Iran, con un nuovo presidente e un nuovo primo ministro ha avuto la prima vera possibilità da decenni a questa parte di instaurare una partnership più produttiva con gli Stati Uniti, e noi lavoreremo con il loro nuovo ambasciatore e con tutti gli altri, Marco, per vedere se possiamo davvero aiutarli e permettere loro di superare la barriera molto alta che dovranno superare.

La mia amministrazione è pronta ad aiutare il Libano a creare un futuro di sviluppo economico e di pace con i suoi vicini. In Libano ci sono persone straordinarie, medici, avvocati, grandi professionisti. Lo sento dire tante volte.

Un’immagine ritagliata fornita dal Palazzo reale saudita mostra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (R) mentre stringe la mano al presidente ad interim della Siria Ahmed al-Sharaa (L) a Riyadh il 14 maggio 2025. (Bandar AL-JALOUD / Palazzo reale saudita / AFP)

Allo stesso modo, in Siria, che ha visto tanta miseria e morte, c’è un nuovo governo che si spera riesca a stabilizzare il Paese e a mantenere la pace. Questo è ciò che vogliamo vedere in Siria. Hanno avuto la loro parte di tragedie, guerre, uccisioni, per molti anni. Per questo la mia amministrazione ha già compiuto i primi passi verso il ripristino di relazioni normali tra gli Stati Uniti e la Siria per la prima volta in oltre un decennio.

Ordinerò la cessazione delle sanzioni contro la Siria per darle la possibilità di diventare grande.

E sono molto lieto di annunciare che il Segretario Marco Rubio incontrerà il nuovo Ministro degli Esteri siriano in Turchia alla fine di questa settimana. E, cosa molto importante, dopo aver discusso della situazione in Siria con il Principe ereditario, il vostro Principe ereditario, e anche con il Presidente turco Erdogan, che mi ha chiamato l’altro giorno per chiedermi una cosa molto simile, tra gli altri e i miei amici, persone per cui ho molto rispetto in Medio Oriente, ordinerò la cessazione delle sanzioni contro la Siria per darle una possibilità di diventare grande.

Oh, cosa farei per il principe ereditario. Le sanzioni sono state brutali e paralizzanti e hanno svolto una funzione importante, davvero importante, in quel momento, ma ora è il loro momento di brillare. È il loro momento di brillare. Li stiamo togliendo tutti e penso che lo faranno, in base alla gente, allo spirito e a tutto il resto di cui sento parlare, quindi dico buona fortuna, Siria. Mostraci qualcosa di molto speciale come hanno fatto francamente in Arabia Saudita. Ok? Ci mostreranno qualcosa di speciale. Persone molto brave.

Siamo ancora all’alba del nuovo giorno luminoso che attende i popoli del Medio Oriente.

Ovunque sia possibile, la mia amministrazione sta perseguendo un impegno pacifico, offrendo una mano forte e ferma di amicizia a tutti coloro che la accetteranno in buona fede. Insieme abbiamo fatto passi avanti senza precedenti e progressi enormi, e siamo ancora solo all’alba del nuovo giorno luminoso che attende il popolo del Medio Oriente, il grande, grande popolo del Medio Oriente.

Se le nazioni responsabili di questa regione coglieranno questo momento, metteranno da parte le differenze e si concentreranno sugli interessi che vi uniscono, allora l’intera umanità sarà presto stupita da ciò che vedrà proprio qui, in questo centro geografico del mondo. Lo è davvero. È come un centro del mondo e il cuore spirituale delle sue più grandi fedi.

Per la prima volta in mille anni, il mondo guarderà a questa regione non come a un luogo di disordini e lotte, guerre e morte, ma come a una terra di opportunità e speranza.

Per la prima volta in mille anni, il mondo guarderà a questa regione non come a un luogo di tumulti e conflitti, guerre e morte, ma come a una terra di opportunità e speranza, proprio come avete fatto voi qui – un crocevia culturale e commerciale del pianeta. La sicurezza e la stabilità porteranno milioni di persone a vivere in condizioni di sicurezza e di successo, e le nazioni di questa regione saranno libere di realizzare i loro più alti destini, di onorare le loro orgogliose storie, di sfruttare nuove incredibili opportunità e di portare un’incredibile gloria a Dio Onnipotente.

Le persone verranno da tutto il mondo per essere ispirate dalle città che costruite, dalle imprese che create, dalle tecnologie che inventate e dalla bellezza, dal talento e dal potenziale che sprigionate nei cuori dei vostri cittadini. Ognuno di voi potrà essere estremamente orgoglioso dell’eredità che lascerà ai propri figli, perché avrà dato loro la benedizione definitiva della prosperità e della pace. È così importante.

Negli Stati Uniti abbiamo inaugurato l’età dell’oro dell’America. È l’età dell’oro. La vediamo. Lo vediamo con tutti quei soldi, trilioni e trilioni di dollari in entrata, centinaia di migliaia di posti di lavoro in arrivo. E con l’aiuto dei popoli del Medio Oriente e delle persone presenti in questa sala, partner in tutta la regione, l’età dell’oro del Medio Oriente può procedere proprio accanto a noi.

Lavoreremo insieme, saremo insieme, avremo successo insieme, vinceremo insieme e saremo sempre amici. Grazie.

Quindi, Mohammed, voglio ringraziarti ancora una volta per avermi invitato. Come rappresentante di quella che ritengo sia la più grande nazione del mondo, siamo con te per tutto il percorso e hai un futuro straordinario.

La ringrazio molto e la prego di porgere i miei omaggi a suo padre. Grazie mille. Grazie a voi.

Trump e Bin Selman, il mondo a rovescio

Un intervento che va certamente interpretato con giudizio e cautela. I vecchi stereotipi interpretativi necessari a dividere il mondo in buoni e cattivi, di sicuro non servono più. Giuseppe Germinario

“È fondamentale che il mondo intero sappia che questa grande trasformazione non è avvenuta grazie agli interventisti occidentali o a persone che volano su bellissimi aerei per darvi lezioni su come vivere e come governare i vostri affari”.

“Alla fine, i cosiddetti costruttori di nazioni hanno distrutto molte più nazioni di quante ne abbiano costruite e gli interventisti sono intervenuti in società complesse che non comprendevano nemmeno loro stessi”.

No, le scintillanti meraviglie di Riyadh e Abu Dhabi non sono state create dai cosiddetti “costruttori di nazioni”, dai neocon o da organizzazioni no-profit liberali come quelle che hanno speso trilioni e trilioni di dollari per non sviluppare Baghdad e tante altre città”.

“Invece, la nascita di un Medio Oriente moderno è stata portata avanti dagli stessi abitanti della regione, le persone che sono proprio qui, le persone che hanno vissuto qui per tutta la vita, sviluppando i vostri Paesi sovrani, perseguendo le vostre visioni uniche e tracciando i vostri destini a modo vostro”.

“Vi hanno detto come fare, ma non avevano idea di come farlo loro stessi. La pace, la prosperità e il progresso alla fine non sono venuti da un rifiuto radicale della vostra eredità, ma piuttosto dall’abbracciare le vostre tradizioni nazionali e da quella stessa eredità che amate così tanto”.

“Avete realizzato un miracolo moderno alla maniera araba”.

Per la traduzione andare su impostazioni, sottotitoli, traduzione, italiano

La presidenza di Trump tra narrazione e realtàCon Gianfranco Campa

Gianfranco Campa per https://italiaeilmondo.com sugli attacchi al ministro della difesa Usa . Il Dollaro ha un rapporto tossico con molti paesi Brics. La strategia del presidente a riguardo della questione geopolitica dell’america first.

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La retrocessione di Waltz dovrebbe dare inizio a un’epurazione dei neocon, di Jack Hunter

La retrocessione di Waltz dovrebbe dare inizio a un’epurazione dei neocon

Una vera politica estera “America First” e il neoconservatorismo sono incompatibili.

Mike Waltz at 2024 RNC

Credit: Scott Olson/Getty Images

Jack Hunter

3 maggio 202512:00 PM

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A marzo è stato riportato che il caporedattore dell’Atlantic Jeffrey Goldberg aveva partecipato a una chat privata di Signal che comprendeva anche l’allora consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz, il vicepresidente J.D. Vance, il direttore dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard, il segretario alla Difesa Pete Hegseth e altri.

Si discuteva di piani sensibili per il bombardamento dello Yemen.

Dopo la pubblicazione della notizia, l’attenzione maggiore è stata rivolta al modo in cui Goldberg, una giornalista, avrebbe potuto essere inclusa in questa chat. I media tradizionali e i notiziari di sinistra si sono concentrati su questo aspetto, desiderosi di sottolineare la presunta incompetenza dell’amministrazione Trump. Pochi o nessuno si sono concentrati sulla saggezza di attaccare gli Houthi, cosa che Vance ha messo in discussione nella chat.

Ma la stampa ha avuto ragione sull’incompetenza, anche se non era quella che intendeva. Come ha fatto la nota “odiatrice anti-Trump” Goldberg a entrare in questa conversazione?

Perché i neoconservatori stanno insieme. Lavorano insieme. Complottano insieme.

I neoconservatori lavorano costantemente contro il desiderio dichiarato del Presidente Trump di essere un pacificatore quando e dove possono.

Mike Waltz, che aveva Goldberg tra i suoi contatti telefonici e lo conosceva nonostante le sue smentite, e che questa settimana è stato sollevato dalle sue funzioni di consigliere per la sicurezza nazionale e nominato ambasciatore alle Nazioni Unite, è certamente uno di questi neocon.

Così come Goldberg, che scrisse pochi mesi prima che gli Stati Uniti invadessero l’Iraq nel 2003 che “il rapporto tra il regime di Saddam e Al-Qaeda è molto più stretto di quanto si pensasse”, una bugia spudorata che i neocon erano disposti a dire all’epoca per spingere gli americani a sostenere probabilmente il peggior errore di politica estera della storia degli Stati Uniti.

Goldberg è da tempo un affidabile divulgatore di narrazioni neocon. Non solo è stato disposto a mentire sulla relazione immaginaria tra Al Qaeda e l’Iraq, ma ha anche spacciato la fantasia secondo cui Trump era un “agente” di Putin e l’affermazione non documentata secondo cui il presidente avrebbe chiamato i veterani militari “perdenti” durante la visita a un monumento commemorativo della Prima Guerra Mondiale.

Waltz e Goldberg appartengono al campo che vorrebbe che l’amministrazione Trump bombardasse l’Iran e che gli Stati Uniti fossero coinvolti in una guerra di tipo iracheno, l’esatto opposto di ciò su cui Trump ha fatto campagna elettorale.

Sebbene sia più accorto di Waltz, anche il Segretario di Stato Marco Rubio è più vicino a questo campo neoconservatore.

A metà aprile, Axios ha riferito sulle due forze di politica estera opposte e notevolmente diverse all’interno del Team Trump: “Uno schieramento, guidato ufficiosamente dal vicepresidente Vance, ritiene che una soluzione diplomatica sia preferibile e possibile e che gli Stati Uniti debbano essere pronti a scendere a compromessi per realizzarla. Vance è molto coinvolto nelle discussioni sulla politica iraniana, ha detto un altro funzionario statunitense”.

“Questo campo comprende anche l’inviato di Trump Steve Witkoff, che ha rappresentato gli Stati Uniti al primo round di colloqui con l’Iran sabato, e il Segretario alla Difesa Pete Hegseth”, ha osservato Axios. “Riceve anche il sostegno esterno dell’influencer MAGA e sussurratore di Trump Tucker Carlson”.

Il rapporto prosegue,  

L’altro campo, che comprende il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz e il Segretario di Stato Marco Rubio, è molto sospettoso nei confronti dell’Iran ed estremamente scettico sulle possibilità di un accordo che riduca significativamente il programma nucleare iraniano, dicono i funzionari statunitensi.

Anche senatori vicini a Trump come Lindsey Graham (R.C.) e Tom Cotton (R.Ark.) sono di questo parere”, ha osservato Axios. Questo campo ritiene che l’Iran sia più debole che mai e che quindi gli Stati Uniti non debbano scendere a compromessi, ma insistere che Teheran smantelli completamente il suo programma nucleare – e che debbano colpire direttamente l’Iran o sostenere un attacco israeliano se non lo fanno”. I falchi dell’Iran come Mark Dubowitz, amministratore delegato della Fondazione per la Difesa delle Democrazie, stanno esercitando una forte pressione a favore di questo approccio.

Il 3 aprile, non molto tempo dopo il “Signalgate” e due settimane prima del rapporto di Axios, il commentatore conservatore Charlie Kirk ha condiviso su X: “Sta passando inosservato perché stanno accadendo tante altre notizie, ma i tamburi di guerra stanno battendo di nuovo a Washington. I guerrafondai temono che questa sia la loro ultima possibilità di ottenere la balena bianca che inseguono da trent’anni, una guerra totale per il cambio di regime contro l’Iran”.

Il senatore Lindsey Graham (R-SC) ha voluto un cambio di regime in Iran. Lo stesso ha fatto il senatore Tom Cotton (R-AR). Rubio ha minacciato lo stesso, anche mentre era segretario di Stato di Trump.

È quasi come se i politici desiderosi di guerra non avessero imparato nulla dalle ultime guerre per il cambio di regime dell’America. Kirk aggiunge: “Una nuova guerra in Medio Oriente sarebbe un errore catastrofico”.

Una nuova guerra in Medio Oriente è esattamente ciò che i neoconservatori vogliono, vogliono da tempo e cercano di far iniziare a Trump.

Trump non solo non dovrebbe dargliela. Dovrebbe sbarazzarsi di loro.

Nel suo primo mandato, Trump ha capito che il suo consigliere per la sicurezza nazionale, John Bolton, rappresentava l’antitesi dei suoi obiettivi di politica estera “America First”. A soli tre mesi dal suo secondo mandato, Waltz, insieme al suo vice Alex Wong, sono fuori, si spera dopo una realizzazione analoga all’interno dell’amministrazione.

Nel suo ruolo, Rubio dovrebbe avere due opzioni: Eseguire il desiderio di diplomazia e di pacificazione del Presidente per quanto riguarda l’Iran, come il Segretario ha fatto finora doverosamente per quanto riguarda il conflitto Ucraina-Russia, oppure essere licenziato.

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Una vera politica estera “America First” e il neoconservatorismo sono incompatibili. Trump ha detto che nel suo primo mandato non si è reso conto abbastanza presto di chi, all’interno del suo staff, avrebbe potuto lavorare contro di lui.

A soli 100 giorni dall’inizio, che possa imparare ancora prima nel suo secondo mandato.

L’autore

Jack Hunter

Jack Hunter è l’ex redattore politico di Rare.us. Jack ha scritto regolarmente per il Washington Examiner, The Daily Caller, Spectator USA, Responsible Statecraft ed è apparso su Politico Magazine e The Daily Beast. Hunter è coautore del libro The Tea Party Goes to Washington del senatore Rand Paul.

Trump batte le palpebre, segnalando uno spostamento cruciale del potere globale verso l’Oriente sfiduciato, di Simplicius

Trump batte le palpebre, segnalando uno spostamento cruciale del potere globale verso l’Oriente sfiduciato

Simplicius 26 aprile∙Pagato
 
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Continuiamo la nostra serie sulla “rivoluzione globale” e sul riordino di Trump, con un aggiornamento su come stanno andando le cose e, in particolare, sulle prospettive di “rinascita” dell’America come una sorta di potenza economica e manifatturiera.

Il più grande segnale in questo senso è stato l’annuncio di questa settimana che Trump avrebbe improvvisamente fatto marcia indietro rispetto al suo bluff di tariffe punitive “estreme” contro la Cina.

BREAKING: Il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti Bessent ha dichiarato che lo stallo tariffario con la Cina è insostenibile e si aspetta un’escalation, secondo Bloomberg. Il Dow ha esteso il suo guadagno a +1.000 punti in giornata.

In un’intervista Trump è tornato indietro dall’orlo del precipizio, spiegando che i dazi saranno “sostanzialmente” ridotti:

La Cina ha fatto una silenziosa rappresaglia speculare, almeno secondo le fonti della CNN, annullando molti dei suoi dazi sui semiconduttori statunitensi con una serie di “deroghe” non ufficiali:

Chen Shaoling, manager dell’agenzia di importazione Zhengnenliang Supply Chain, ha dichiarato alla CNN di aver scoperto giovedì che i dazi su otto tipi di circuiti integrati, che coprono la maggior parte dei semiconduttori ad eccezione dei chip di memoria, sono stati azzerati. La scoperta è stata fatta durante uno sdoganamento di routine per i suoi clienti, ha aggiunto.

In molti aspetti il teatro di Trump è facile da vedere: ha ripetutamente affermato di aver parlato personalmente con Xi e che i membri del team di Trump sono in “costante contatto” con le controparti cinesi, cosa che i cinesi stessi hanno negato. Quando viene interrogato su questo punto, Trump si ritira immediatamente su una deviazione: tangenti provate su come l’America era grande sotto le tariffe, e ora il mondo ne sta approfittando. Ciò che le esibizioni sembrano nascondere è l’approccio improvvisato di Trump, in cui non viene impiegata una vera e propria strategia, ma piuttosto l’obiettivo finale di sottomettere il mondo alla volontà degli Stati Uniti, come un cieco inseguimento avvolto nella bandiera dello stesso tipo di eccezionalismo americano che un tempo fioriva in un’epoca in cui il Paese era una vera e propria superpotenza, piuttosto che l’egemone decaduto e decrepito che è ora.

La spinta tariffaria di Trump è animata da buone intenzioni, ma il problema rimane la scarsa capacità di giudizio di Trump nel mettere insieme un’amministrazione così piena di giocatori della palude in settori chiave, in modo da consegnarsi nuovamente alla paralisi in un mandato inefficace.

Proprio la settimana scorsa Trump ha nominato un altro arci-sionista in una posizione di alto livello: Mark Levin al Consiglio Consultivo del Dipartimento della Sicurezza NazionaleE secondo le indiscrezioni, Trump starebbe puntando su Ezra Cohen per la posizione di vicedirettore dell’NSA – lo stesso Cohen che ha sostenuto la necessità di un colpo di stato in Iran.

E questo oltre ad avere già un personaggio del calibro di Howard Lutnick come suo Svengali personale.

Questo è solo un esempio del tipo di persone con cui Trump si sta fortificando, che si ripercuote sul suo giudizio e sulle sue capacità di discernimento nella scelta dei consiglieri per affrontare la questione economica.

Al di sotto del fumo e degli specchi, tuttavia, si stanno svolgendo tutti i tipi di trattative urgenti “dietro le quinte” per alleviare la tensione e far scendere tutti dal cornicione. Un giornale coreano sostiene, ad esempio, che funzionari di alto livello del Ministero delle Finanze cinese sono stati visti entrare nell’edificio del Tesoro degli Stati Uniti a Washington

Una fonte diplomatica ha dichiarato al JoongAng Ilbo: “Il fatto che i canali del Tesoro sia degli Stati Uniti che della Cina stiano effettivamente operando significa che entrambi i Paesi hanno raggiunto un punto critico sotto la pressione interna e internazionale a causa delle attuali tariffe di ritorsione” e ha previsto che “i risultati delle trattative in segreto tra le due parti potrebbero rappresentare un importante punto di svolta nella guerra tariffaria”.

Secondo loro, la “segretezza” che circonda l’incontro ha a che fare con la guerra di volontà, d’immagine e d’orgoglio che è il prodotto naturale di questi scontri titanici. La Cina deve mantenere il volto della forza, mentre Trump vuole essere visto come un “uomo forte” che ha piegato le ginocchia alla Cina. In realtà, entrambi sono molto più pragmatici.

Ma la descrizione della politica tariffaria di Trump come approssimativa o improvvisata potrebbe non essere completamente accurata: diventa sempre più chiaro che c’è un po’ di metodo nella follia, ma proviene dal “genio” lungimirante di Scott Bessent. Un nuovo articolo di Bloomberg fornisce una foto molto eloquente, oltre ai contorni del piano:

https://archive.ph/fMuI3

Si tratta essenzialmente di sottomettere prima l’Europa attraverso la morsa dei dazi, poi di piegare gli sfortunati europei in un “accerchiamento della Cina”; in breve, gli Stati Uniti potrebbero non essere in grado di scalfire il gigante orientale da soli, ma l’Occidente unito potrebbe avere una possibilità. In questo caso, però, si tratta di paesi orientali “allineati all’Occidente”:

Le nazioni a cui Bessent ha detto di guardare – Giappone, Corea del Sud, Vietnam e India – sono vicine alla Cina. Sono Paesi con cui gli Stati Uniti potrebbero lavorare per isolare la Cina, cosa che è stata definita una strategia di “grande accerchiamento”.

E, sorpresa, sorpresa, il Giappone ha già reagito, rifiutando di allearsi con la Cina, secondo Bloomberg:

Il problema è che chiunque abbia sentito parlare Bessent può testimoniare il suo basso quoziente intellettivo. Ci sono molti membri della squadra di Trump, subdoli o meno, che possiedono chiaramente un’arguzia o un’acutezza tagliente, tra cui Howard Lutnick. Il signor Bessent, purtroppo, non rientra affatto in questo gruppo.

Infatti, Reuters riporta uno schema ancora più profondo e oscuro dietro la “grande strategia” di Bessent, riferito in prima persona dai partecipanti a una conferenza privata del FMI e della JP Morgan Chase – sapete, il genere di luoghi in cui l’élite mondiale si lascia sfuggire le sue vere e sordide motivazioni:

Invece, Bessent ha detto di sperare in un “grande, bellissimo riequilibrio” dell’economia cinese verso un maggior consumo e dell’economia statunitense verso un maggior numero di attività manifatturiere, ma non è chiaro se Pechino sia pronta a farlo, ha detto la fonte.

Bessent ha parlato a Washington a una conferenza sugli investimenti privati tenuta da JP Morgan Chase (JPM.N), a margine degli incontri di primavera del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Bloomberg ha riportato per primo alcune delle sue osservazioni da fonti presenti in sala.

Questo è esattamente il modo in cui Janet Yellen ha precedentemente espresso le sue preoccupazioni nei confronti della Cina: che ha iniziato a sconvolgere il sistema delicatamente equilibrato dello sfruttamento occidentale “infrangendo le regole” – sapete, quelle regole non dette (e arbitrarie) che riguardano la “sovraccapacità”.

Come funziona, l’Impero coloniale occidentale deve essere in grado di controllare in ogni momento le leve del consumo e della produzione per trarre invariabilmente vantaggio da se stesso e truffare il mondo attraverso un arbitraggio criminale. Ora Bessent ci ha regalato la prossima perla di intuizione dalle tane nascoste di queste élite: è ora di costringere i cinesi a consumare la nostra robaccia per risollevare i nostri settori manifatturieri in crisi e le nostre economie in generale. Ma questi non sono i “liberi mercati” di vostro nonno, bensì l’esatto contrario: dirigismo su scala globale.

Molti anche nel mondo occidentale si stanno rendendo conto della realtà. Un articolo del FT di Alan Beattie intitolato Trump scopre che gli Stati Uniti non sono più indispensabili lo riassume perfettamente:

Opinione: Gli Stati Uniti non hanno gli aiuti, la tecnologia o l’accesso al mercato per esercitare il controllo sul commercio globale come un tempo, e il comportamento erratico di Trump sta rapidamente aumentando la probabilità che non lo faranno mai.

Gli europei, secondo quanto riferito, hanno persino iniziato a negoziare bilateralmente con la Cina sulla riduzione delle tariffe, sfidando Trump.

Beattie scrive:

Ovviamente, la strategia di Trump è terribile: non è nemmeno chiaro cosa voglia. Ma anche un’amministrazione meno inetta sarebbe in difficoltà. Nel corso dei decenni, l’influenza degli Stati Uniti per il rifacimento del sistema commerciale globale – flussi di capitale, tecnologia avanzata e accesso al suo vasto mercato di consumo – si è indebolita rispetto alla Cina. Barack Obama era solito definire gli Stati Uniti la “nazione indispensabile”. In termini commerciali e tecnologici ciò è sempre meno vero.

L’articolo prosegue descrivendo come la portata e l’influenza degli Stati Uniti si sia indebolita in molti settori chiave, dalla tecnologia verde globale ai bilanci degli aiuti, ora tutti dominati dalla Cina.

Un grande thread che riassume l’esegesi del ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis sullo scontro globale è rivelatore:

L’ex ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis ha appena detto alcune dure verità sul vero motivo della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. E no, non si tratta di “commercio equo” – è una questione di sopravvivenza.

1/ Gli Stati Uniti non temono la Cina a causa della “manodopera a basso costo” o del “furto di proprietà intellettuale”. Ciò che teme veramente è la capacità della Cina di minare l’ordine finanziario globale guidato dagli Stati Uniti, lo stesso sistema che permette all’America di stampare dollari e comprare il mondo.

2/ La vecchia architettura finanziaria di Wall Street sta perdendo la sua presa. Non riesce a controllare i flussi di criptovalute. Non riesce a tenere il passo con i nuovi ecosistemi finanziari. La Cina – con il suo yuan digitale, la sua vasta base industriale e la sua crescente influenza globale – è la prima vera minaccia a questo sistema.

3/ Le “tariffe reciproche” di Trump non hanno mai avuto lo scopo di bilanciare il commercio. Erano un tentativo disperato di rallentare l’ascesa della Cina e di proteggere il sistema del dollaro dal collasso. Perché se la Cina ha successo, gli Stati Uniti perdono la loro arma magica: il dominio monetario.

4/ Oggi Trump si concentra sul cuore finanziario dell’America: – Il mercato dei titoli del Tesoro (l’ancora di salvezza dell’America) – Il mercato azionario (il portafoglio dell’America) Entrambi sono fragili. E qualsiasi pressione esterna potrebbe innescare una reazione a catena.

5/ Gli Stati Uniti sono ora nel panico per chi sta vendendo i Treasury americani. La Cina? Giappone? Altri? Secondo quanto riferito, Trump vuole punire qualsiasi paese in eccedenza che scarica i Treasury, ovviamente con tariffe. Non si tratta di commercio. Si tratta di un impero morente che cerca di fermare l’emorragia.

6/ In breve, l’America non è più sicura della propria fortezza finanziaria. E la Cina non gioca più secondo le vecchie regole. Non si tratta solo di una guerra commerciale, ma di una guerra per il futuro della finanza globale.

Il problema è che gli Stati Uniti vogliono disperatamente mantenere le vestigia di questa architettura finanziaria globale così vantaggiosa per loro, retaggio di un’epoca in cui la potenza degli Stati Uniti poteva effettivamente “imporre” tale sistema, sia attraverso un “soft power” di prima classe che attraverso una varietà militare “dura”. Ora entrambi sono diventati obsoleti: gli Stati Uniti sono regolarmente umiliati dalla loro incapacità di sopprimere militarmente Ansar Allah nel Mar Rosso, mentre sono altrettanto dispiaciuti per i molti rimproveri da parte dell’Ucraina e della Russia, Paesi che l’ex “soft power” degli Stati Uniti avrebbe avuto il peso necessario per spingere.

Allo stesso modo, la guerra economica non è sempre più “sostenuta” da alcun peso reale, poiché le capacità produttive degli Stati Uniti sono da tempo soffocate dall’osso di pollo del “globalismo”. Recenti post virali hanno evidenziato quanto sia arretrata la “manodopera qualificata” statunitense rispetto a quella cinese. Ad esempio, un imprenditore americano ha sfogato la sua frustrazione per l’impossibilità di far lavorare a macchina CNC un semplice progetto di contenitore per la sua azienda da parte di aziende americane. Ha riferito che le numerose aziende di lavorazione con cui ha tentato di lavorare hanno tutte dimostrato vari livelli di incomprensione su come dare vita ai suoi semplici schemi disegnati al CAD. Quando ha inviato gli stessi progetti in Cina, ha ricevuto un prodotto magistralmente eseguito senza alcun feedback: gli abili macchinisti erano semplicemente più bravi e competenti nel loro mestiere.

In modo analogo, molti ormai hanno visto la denuncia virale in corso delle aziende cinesi dietro i vari marchi di lusso occidentali, che sostiene di rivelare che praticamente tutto l’artigianato di “fascia alta” di marchi come Louis Vuitton, Hermès, Gucci e altri, è opera di abili operai cinesi. Naturalmente, viene mantenuta la negazione plausibile:

Catene di fornitura complesse: Mentre alcuni componenti o fasi della produzione di beni di lusso possono avvenire in Cina, la maggior parte dei marchi di lusso sostiene che l’assemblaggio finale e la finitura avvengono in Europa per soddisfare i requisiti di etichettatura “Made in Italy/Francia”. L’effettivo grado di coinvolgimento cinese rimane opaco a causa della natura segreta delle catene di fornitura del lusso.

A quasi cento giorni dall’inizio della sua amministrazione, è difficile dare un vero e proprio voto alle prestazioni di Trump, anche se la parola “incerto” è d’obbligo. La rivoluzione globale che molti attribuiscono a Trump era in realtà già da tempo accesa dalla resistenza del “Sud globale”, con il movimento BRICS guidato da Russia e Cina, tra gli altri.

https://www.rt.com/business/616123-us-tariffs-global-economy/

“Il sistema economico globale sotto il quale la maggior parte dei paesi ha operato negli ultimi 80 anni sta per essere resettato, inaugurando il mondo in una nuova era”il capo economista del FMI Pierre-Olivier Gourinchas ha detto.

Trump è semplicemente arrivato al bivio che gli si è presentato davanti e sta cercando di tracciare una nuova rotta, avendo visto le scritte sul muro. Ma, come già detto, sembra che sia troppo poco e troppo tardi, perché l’etica del lavoro e la cultura americana sono state sventrate da diversi decenni di implosione. Recenti sondaggi come il seguente indicano un’ipocrisia ormai radicata nel Paese quando si tratta di lavorare nei campi o nelle linee di produzione:

L’80% degli americani pensa che staremmo meglio se riportassimo l’industria manifatturiera, ma solo il 25% degli americani pensa che personalmente starebbe meglio se lavorasse nell’industria manifatturiera (CATO).

Sono sicuro che tutti hanno visto i meme ormai prodotti, come tutto il resto, in Cina:

Nel frattempo, i dati economici specifici del settore manifatturiero sono tra i più bassi mai registrati:

SCIOCCANTE: L’indice manifatturiero Empire State di New York è sceso a -8,1 punti in aprile, registrando la terza lettura negativa di quest’anno. Ancora più importante, le prospettive a 6 mesi per le condizioni generali di business sono crollate a -7,4, il valore più basso degli ultimi 24 anni. Inoltre, le prospettive a 6 mesi per i nuovi ordini sono scese a -6,6, il minimo storico. Nemmeno la crisi finanziaria del 2008 ha visto prospettive così negative. Il tutto mentre le prospettive sui prezzi pagati sono schizzate a 65,6, il valore più alto dalla metà del 2022. La stagflazione è qui.

Un servizio di notizie sul trasporto merci segnala:

Volumi di trasporto in calo dell’8,3% mese su mese… Ci stiamo avvicinando ai livelli minimi COVID nel settore degli autotrasporti. Il mercato continua a essere in stallo.

La linea blu nel grafico qui sopra rappresenta il punto di minimo del COVID, mentre la linea bianca mostra gli attuali ordini di autotrasporto.

Certo, alcune delle cifre sopra riportate potrebbero forse rimbalzare dopo che l’esperimento tariffario di Trump sarà terminato o si sarà riconciliato positivamente tra i vari partner commerciali globali. Ma la domanda più grande rimane ancora: gli Stati Uniti hanno effettivamente la capacità grezza – che comprende il pool di talenti, la cultura del lavoro e il personale – di competere veramente nel mondo moderno anti-globalista delle grandi potenze autosufficienti? Potrebbe benissimo essere così: non abbiamo ancora la risposta.

Ma soprattutto nell’era che sta per arrivare, in cui l’IA sostituirà ampiamente il lavoro umano, è difficile immaginare come Trump o qualsiasi altro presidente riuscirà a riaccendere il sogno di una popolazione completamente occupata, che produce beni di alta qualità richiesti in tutto il mondo. Sembra più probabile che abbiamo già visto l’apogeo e che da questo momento in poi tutto sia in discesa, almeno se dobbiamo credere alle promesse degli ottimisti dell’IA, che sostengono che la stragrande maggioranza del lavoro manifatturiero umano sarà presto appannaggio di robot come il Tesla Optimus.

Stranamente, leggendo l’ultimo pezzo di Alastair Crooke per la ricerca di questo articolo, sono stato piacevolmente sorpreso di imbattermi nella citazione del mio precedente articolo di Maga-Stroika, il cui estratto ribadisce ancora una volta il punto di cui sopra e funge da giusto coronamento:

Crooke ha abilmente trasformato quanto sopra in un punto più ampio sul declino della civiltà, un decadimento culturale che è assolutamente inimicato al tipo di rinascita patriottica su cui Trump ha basato la sua intera visione. Ma può Trump riconquistare questo settore vitale della società con le sue vittorie nella guerra culturale? Certamente l’abbattimento della tirannia “liberale”, l’abbattimento delle istituzioni censorie, ecc. avranno un effetto rianimatore, ma fino a che punto? Sarà sufficiente a risvegliare una popolazione diseredata e disaffezionata che ha storicamente una bassa opinione delle proprie istituzioni politiche?

Per far sì che la gente lavori con il tipo di atteggiamento energico che ricorda l’era del dopoguerra, è necessario darle speranza; e per ora, nonostante le spacconate di Trump, i teaser non meritati della “campagna 2028” e altri espedienti di partito, nel cuore pulsante della società, tra l’aumento dei prezzi e le minacce di guerra incombenti, non c’è ancora molta di quella speranza.


Un ringraziamento speciale a voi abbonati a pagamento che state leggendo questo articolo Premium a pagamento che contribuite in modo determinante a mantenere questo blog in buona salute e in piena attività .

Il barattolo delle mance rimane un anacronismo, un arcaico e spudorato modo di fare doppietta, per coloro che non possono fare a meno di elargire ai loro umili autori preferiti una seconda avida porzione di generosità.

MEMORANDUM PER IL SEGRETARIO DEL TESORO
         IL SEGRETARIO DI STATO
         IL SEGRETARIO DELLA DIFESA
         IL PROCURATORE GENERALE
         IL SEGRETARIO DEL COMMERCIO
  IL SEGRETARIO DEL LAVORO
             IL SEGRETARIO DELL’ENERGIA
          IL SEGRETARIO DELLA SICUREZZA INTERNA
         L’AMMINISTRATORE DELL’AGENZIA PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE
  IL DIRETTORE DELL’UFFICIO DI GESTIONE E BILANCIO
           IL DIRETTORE DELL’INTELLIGENCE NAZIONALE
         IL RAPPRESENTANTE COMMERCIALE DEGLI STATI UNITI
           IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI CONSIGLIERI ECONOMICI
         IL DIRETTORE DELL’UFFICIO DI POLITICA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
  L’ASSISTENTE DEL PRESIDENTE PER GLI AFFARI DI SICUREZZA NAZIONALE
                 IL DIRETTORE DELL’UFFICIO FEDERALE D’INDAGINE

OGGETTO:      Politica di investimento America First
 
 
Per l’autorità conferitami in qualità di Presidente dalla Costituzione e dalle leggi degli Stati Uniti d’America, ordino quanto segue:
 
     Section 1.  Principi e obiettivi.Accogliere gli investimenti stranieri e rafforzare i mercati dei capitali pubblici e privati degli Stati Uniti, leader a livello mondiale, sarà una parte fondamentale dell’età dell’oro americana. Gli Stati Uniti hanno le risorse più attraenti al mondo, nella tecnologia e in tutta la nostra economia, e renderemo più facile per i nostri alleati d’oltreoceano sostenere i posti di lavoro degli Stati Uniti, gli innovatori degli Stati Uniti e la crescita economica degli Stati Uniti con i loro capitali.
 
     Gli investimenti degli alleati e dei partner degli Stati Uniti possono creare centinaia di migliaia di posti di lavoro e una ricchezza significativa per gli Stati Uniti.La nostra nazione è impegnata a mantenere un ambiente forte e aperto per gli investimenti, che va a vantaggio della nostra economia e del nostro popolo, migliorando al contempo la nostra capacità di proteggere gli Stati Uniti dalle minacce nuove e in evoluzione che possono accompagnare gli investimenti stranieri.
 
             Gli investimenti a tutti i costi non sono sempre nell’interesse nazionale, tuttavia.Alcuni avversari stranieri, tra cui la Repubblica Popolare Cinese (RPC), dirigono e facilitano sistematicamente gli investimenti in aziende e beni degli Stati Uniti per ottenere tecnologie all’avanguardia, proprietà intellettuale e influenza in settori strategici. La RPC persegue queste strategie in modi diversi, sia visibili che nascosti, e spesso attraverso società partner o fondi di investimento in Paesi terzi. 
 
     La sicurezza economica è sicurezza nazionale. La RPC non permette alle aziende statunitensi di appropriarsi delle proprie infrastrutture critiche e gli Stati Uniti non dovrebbero permettere alla RPC di appropriarsi delle infrastrutture critiche statunitensi. Gli investitori affiliati alla RPC stanno prendendo di mira i gioielli della corona della tecnologia statunitense, le forniture alimentari, i terreni agricoli, i minerali, le risorse naturali, i porti e i terminali di spedizione.
 
     La RPC sta inoltre sfruttando sempre più i capitali degli Stati Uniti per sviluppare e modernizzare i propri apparati militari, di intelligence e di sicurezza, il che rappresenta un rischio significativo per la patria e le forze armate degli Stati Uniti nel mondo.Le azioni correlate includono lo sviluppo e il dispiegamento di tecnologie a duplice uso, armi di distruzione di massa, armi convenzionali avanzate e azioni malevole di tipo informatico contro gli Stati Uniti e il loro popolo. Attraverso la strategia nazionale di fusione militare-civile, la RPC aumenta le dimensioni del suo complesso militare-industriale costringendo le aziende e gli istituti di ricerca civili cinesi a sostenere le sue attività militari e di intelligence.
 
     Queste società cinesi raccolgono anche capitali:  vendendo agli investitori americani titoli che scambiano nelle borse pubbliche americane e straniere; facendo pressione sui fornitori di indici e sui fondi statunitensi affinché includano questi titoli nelle offerte di mercato; e impegnandosi in altre azioni per assicurarsi l’accesso ai capitali statunitensi e ai benefici immateriali che li accompagnano. In questo modo, la RPC sfrutta gli investitori statunitensi per finanziare e far progredire lo sviluppo e la modernizzazione delle proprie forze armate.
 
     Sec. 2.  Politica.(a)  È politica degli Stati Uniti preservare un ambiente di investimento aperto per contribuire a garantire che l’intelligenza artificiale e altre tecnologie emergenti del futuro siano costruite, create e coltivate proprio qui negli Stati Uniti. Gli investimenti nella nostra economia da parte dei nostri alleati e partner, alcuni dei quali dispongono di enormi fondi sovrani, sostengono l’interesse nazionale. La mia amministrazione farà degli Stati Uniti la più grande destinazione al mondo per gli investimenti in dollari, a beneficio di tutti noi. 
 
        b)  Tuttavia, per quanto riguarda gli investimenti nelle imprese statunitensi che operano nel settore delle tecnologie critiche, delle infrastrutture critiche, dei dati personali e di altri settori sensibili, le restrizioni all’accesso degli investitori stranieri alle attività degli Stati Uniti si attenueranno in proporzione alla loro distanza e indipendenza verificabile dalle pratiche predatorie di investimento e di acquisizione di tecnologie della RPC e di altri avversari stranieri o attori di minaccia.
 
         c) Gli Stati Uniti creeranno un processo accelerato “fast-track”, basato su standard oggettivi, per facilitare maggiori investimenti da parte di specifiche fonti alleate e partner in imprese statunitensi coinvolte nella tecnologia avanzata degli Stati Uniti e in altri settori importanti. Questo processo consentirà un aumento degli investimenti stranieri subordinato ad adeguate disposizioni di sicurezza, compresi i requisiti che gli investitori stranieri specificati evitino di collaborare con gli avversari stranieri degli Stati Uniti.
 
          d)  La mia Amministrazione accelererà anche le revisioni ambientali per qualsiasi investimento superiore a 1 miliardo di dollari negli Stati Uniti.
 
             Gli Stati Uniti ridurranno lo sfruttamento dei capitali, della tecnologia e delle conoscenze tecniche del settore pubblico e privato da parte di avversari stranieri come la RPC. Gli Stati Uniti stabiliranno nuove regole per impedire alle aziende e agli investitori statunitensi di investire in industrie che promuovono la strategia nazionale di fusione militare-civile della RPC e impediranno alle persone affiliate alla RPC di acquistare aziende e beni americani critici, consentendo solo gli investimenti che servono gli interessi americani.La mia amministrazione proteggerà i terreni agricoli e le proprietà immobiliari degli Stati Uniti in prossimità di strutture sensibili. Cercherà inoltre, anche in consultazione con il Congresso, di rafforzare l’autorità del CFIUS sugli investimenti “greenfield”, di limitare l’accesso degli avversari stranieri ai talenti e alle operazioni degli Stati Uniti nel campo delle tecnologie sensibili (in particolare l’intelligenza artificiale) e di ampliare l’ambito delle tecnologie “emergenti e fondamentali” che possono essere trattate dal CFIUS.
 
       g)  Per ridurre l’incertezza per gli investitori, ridurre l’onere amministrativo e aumentare l’efficienza del Governo, la mia Amministrazione cesserà l’uso di accordi di “mitigazione” eccessivamente burocratici, complessi e aperti per gli investimenti negli Stati Uniti da parte di Paesi stranieri avversari. In generale, gli accordi di mitigazione dovrebbero consistere in azioni concrete che le aziende possono completare entro un tempo specifico, piuttosto che in obblighi di conformità perpetui e costosi.
 
       h) Gli Stati Uniti continueranno ad accogliere e incoraggiare gli investimenti passivi di tutti i soggetti stranieri. Questi includono partecipazioni non di controllo e azioni senza diritti di voto, di consiglio o altri diritti di governance e che non conferiscono alcuna influenza manageriale, decisioni sostanziali o accesso non pubblico alle tecnologie o alle informazioni tecniche, ai prodotti o ai servizi.
 
         Gli Stati Uniti utilizzeranno inoltre tutti gli strumenti legali necessari per dissuadere ulteriormente le persone statunitensi dall’investire nel settore militare-industriale della RPC.  Queste possono includere l’imposizione di sanzioni ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) attraverso il blocco dei beni o altre azioni, comprese le azioni ai sensi dell’Ordine Esecutivo 13959 del 12 novembre 2020 (affrontare la minaccia degli investimenti in titoli che finanziano le società militari comuniste cinesi), come modificato dall’Ordine Esecutivo 13974 del 13 gennaio 2021 (modificare l’Ordine Esecutivo 13959 – affrontare la minaccia degli investimenti in titoli che finanziano le società militari comuniste cinesi) e dall’Ordine Esecutivo 14032 del 3 giugno 2021 (affrontare la minaccia degli investimenti in titoli che finanziano le società comuniste cinesi), 2021 (che modifica l’Ordine Esecutivo 13959 – affrontare la minaccia degli investimenti in titoli che finanziano società militari comuniste cinesi) e dall’Ordine Esecutivo 14032 del 3 giugno 2021 (affrontare la minaccia degli investimenti in titoli che finanziano alcune società della Repubblica Popolare Cinese), e le azioni ai sensi dell’Ordine Esecutivo 14105 del 9 agosto 2023 (affrontare gli investimenti degli Stati Uniti in alcune tecnologie e prodotti per la sicurezza nazionale in Paesi a rischio). L’Ordine Esecutivo 14105 è in fase di revisione da parte della mia Amministrazione, in base al Memorandum presidenziale del 20 gennaio 2025 (America First Trade Policy), per valutare se include controlli sufficienti per affrontare le minacce alla sicurezza nazionale.
 
       j)  Questa revisione si baserà sulle misure adottate sotto la mia autorità nel 2020 e 2021 e prenderà in considerazione restrizioni nuove o ampliate sugli investimenti in uscita degli Stati Uniti nella RPC in settori come i semiconduttori, l’intelligenza artificiale, la quantistica, le biotecnologie, l’ipersonica, l’aerospaziale, la manifattura avanzata, l’energia diretta e altre aree coinvolte nella strategia nazionale di fusione militare-civile della RPC. Nell’ambito della revisione, la mia Amministrazione prenderà in considerazione l’applicazione di restrizioni su tipi di investimenti quali private equity, venture capital, investimenti greenfield, espansioni aziendali e investimenti in titoli quotati in borsa, da fonti quali fondi pensione, fondi universitari e altri investitori a partecipazione limitata. È ora che le università americane smettano di sostenere gli avversari stranieri con le loro decisioni di investimento, così come dovrebbero smettere di concedere l’accesso all’università ai sostenitori del terrorismo.
 
       k)  Per ridurre ulteriormente gli incentivi per le persone statunitensi a investire nei nostri avversari stranieri, valuteremo se sospendere o terminare la Convenzione sull’imposta sul reddito tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese del 1984. Questo trattato fiscale, insieme all’ammissione della Repubblica Popolare Cinese all’Organizzazione Mondiale del Commercio e al relativo impegno da parte degli Stati Uniti di accordare il trattamento incondizionato della nazione più favorita ai beni e ai servizi della Repubblica Popolare Cinese, ha portato alla deindustrializzazione degli Stati Uniti e alla modernizzazione tecnologica delle forze armate della Repubblica Popolare Cinese.
 
         Per proteggere i risparmi degli investitori statunitensi e incanalarli verso la crescita e la prosperità americane, la mia Amministrazione si impegnerà anche:
 
         (i)     determinare se vengono rispettati adeguati standard di revisione finanziaria per le società che rientrano nel Holding Foreign Companies Accountable Act;
 
         esaminare le strutture delle entità a interesse variabile e delle filiali utilizzate dalle società estere per operare nelle borse degli Stati Uniti, che limitano i diritti di proprietà e le tutele per gli investitori statunitensi, nonché le accuse di comportamento fraudolento da parte di queste società;
 
     Sec. 3.  Implementazione. La politica esposta nella sezione 2 del presente memorandum sarà attuata, nella misura consentita dalla legge e dagli stanziamenti disponibili, e soggetta ai processi programmatici e di bilancio interni, come segue:
 
           (a)  Per quanto riguarda le sezioni da 2(a) a 2(k) del presente memorandum, il Segretario del Tesoro, in consultazione con il Segretario di Stato, il Segretario della Difesa, il Segretario del Commercio, il Rappresentante Commerciale degli Stati Uniti e i capi di altri dipartimenti e agenzie esecutive (agenzie), come ritenuto opportuno dal Segretario del Tesoro, e per quanto riguarda le autorità del CFIUS, in coordinamento con i suoi membri, adotterà le azioni, compresa la promulgazione di norme e regolamenti, per sostenere tutti i poteri concessi al Presidente dall’IEEPA, dalla sezione 721 del Defense Production Act del 1950, e successive modifiche, e da altri statuti per realizzare gli scopi del presente memorandum.
 
       b)  Per quanto riguarda la sezione 2(d) del presente memorandum, l’ Amministratore dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente, in consultazione con i capi di altre agenzie, come appropriato, realizzerà gli scopi del presente memorandum.
 
        c)  Per quanto riguarda la sezione 2(l)(i) del presente memorandum, il Segretario del Tesoro si impegnerà come opportuno con la Securities and Exchange Commission e il Public Company Accounting Oversight Board; per quanto riguarda la sezione 2(l)(ii) del presente memorandum, il Procuratore Generale, in coordinamento con il Direttore del Federal Bureau of Investigation, fornirà una raccomandazione scritta sul rischio posto agli investitori statunitensi in base alla verificabilità, alla supervisione aziendale e all’evidenza di comportamenti fraudolenti penali o civili per tutte le società estere avversarie attualmente quotate nelle borse nazionali; e per quanto riguarda la sezione 2(l)(iii) del presente memorandum, il Segretario del Lavoro pubblicherà standard fiduciari aggiornati ai sensi dell’Employee Retirement Income Security Act del 1974 per gli investimenti in titoli del mercato pubblico di società estere avversarie.
 
     Sec. 4.  Definizione.Ai fini del presente memorandum, il termine “avversari stranieri” include la RPC, compresa la Regione amministrativa speciale di Hong Kong e la Regione amministrativa speciale di Macao, la Repubblica di Cuba, la Repubblica islamica dell’Iran, la Repubblica popolare democratica di Corea, la Federazione russa e il regime del politico venezuelano Nicolás Maduro.
 
     Sec. 5.  Disposizioni generali.  (a)  Nessuna disposizione del presente memorandum potrà essere interpretata in modo da pregiudicare o influenzare in altro modo:

                 (i.) l’autorità concessa dalla legge a un dipartimento o a un’agenzia esecutiva, o al suo capo; o

                 (ii.) le funzioni del direttore dell’Ufficio di gestione e bilancio relative a proposte di bilancio, amministrative o legislative.

             (b)  Il presente memorandum sarà attuato in conformità con la legge applicabile e subordinatamente alla disponibilità di stanziamenti.
 
          c) Il presente memorandum non è inteso a creare, e non crea, alcun diritto o beneficio, sostanziale o procedurale, azionabile per legge o in via equitativa da qualsiasi parte nei confronti degli Stati Uniti, dei suoi dipartimenti, agenzie o enti, dei suoi funzionari, dipendenti o agenti, o di qualsiasi altra persona.

JD Vance: Il mio messaggio all’Europa L’America non vuole un continente vassallo, di Sohrab Ahmari

JD Vance: Il mio messaggio all’Europa L’America non vuole un continente vassallo

Sohrab Ahmari
15 aprile 2025   7 minuti

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“Non è un bene per l’Europa essere il vassallo permanente degli Stati Uniti in materia di sicurezza”. Così dice JD Vance durante una conversazione telefonica con UnHerd lunedì, la sua prima intervista importante con un outlet europeo da quando ha assunto la carica di vicepresidente. Il contesto è quello di una settimana di turbolenze sui mercati finanziari innescate dai dazi della “Festa della Liberazione” del Presidente Trump.

La decisione di applicare (e poi parzialmente revocare) pesanti dazi sugli alleati europei – unita a una raffica di dure dichiarazioni sull’Europa da parte di Vance, sia pubbliche che trapelate in messaggi privati – ha lasciato molti nel Continente a chiedersi se l’America possa ancora essere considerata un’amica.

La risposta di Vance: sì, a patto che i leader europei siano disposti ad assumere un ruolo più indipendente sulla scena internazionale e a rispondere meglio ai propri elettori, soprattutto quando si tratta della questione dell’immigrazione.

“Amo l’Europa”, mi dice Vance in un’ampia intervista dal suo ufficio nell’Ala Ovest, mostrando un lato diplomatico che non è sempre stato in primo piano. “Amo i popoli europei. Ho detto più volte che penso che non si possa separare la cultura americana da quella europea. Siamo un prodotto delle filosofie, delle teologie e, naturalmente, dei modelli migratori provenienti dall’Europa che hanno dato vita agli Stati Uniti d’America”.

I leader europei sono un’altra cosa. Prendiamo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che, in una recente intervista al programma televisivo americano 60 Minutes, ha accusato Vance di “giustificare in qualche modo” l’invasione del suo Paese da parte della Russia.

Vance controbatte facendo riferimento alle sue condanne delle azioni di Mosca dal 2022. Ma aggiunge: “Ho anche cercato di applicare il riconoscimento strategico che se si vuole porre fine al conflitto, si deve cercare di capire dove sia i russi che gli ucraini vedono i loro obiettivi strategici. Questo non significa che si sostenga moralmente la causa russa o che si appoggi l’invasione su larga scala, ma bisogna cercare di capire quali sono le loro linee strategiche rosse, allo stesso modo in cui bisogna cercare di capire cosa gli ucraini cercano di ottenere dal conflitto”.

“Penso che sia assurdo che Zelensky dica al governo [americano], che al momento sta tenendo insieme l’intero governo e lo sforzo bellico, che siamo in qualche modo dalla parte dei russi”. Questo tipo di retorica, dice Vance, “non è certamente produttiva”.

Al di là dell’Ucraina, il vicepresidente americano teme che i leader europei non riescano ancora a fare i conti con le realtà del XXI secolo in materia di immigrazione, integrazione e sicurezza.

“Non è un bene per l’Europa essere il vassallo permanente degli Stati Uniti in materia di sicurezza”.

Vance afferma: “Siamo molto frustrati – ‘noi’ intendendo me, il Presidente, certamente l’intera amministrazione Trump – dal fatto che le popolazioni europee continuino a chiedere a gran voce politiche economiche e migratorie più sensate, e i leader europei continuino a passare attraverso queste elezioni, e continuino a offrire ai popoli europei l’opposto di ciò per cui sembrano aver votato”.

L’immigrazione è al centro della palpabile frustrazione di Vance nei confronti dei leader europei. Egli sostiene che, come negli Stati Uniti, le politiche di apertura delle frontiere, imposte dall’alto, sono velenose per la fiducia democratica. Come osserva Vance, “l’intero progetto democratico dell’Occidente crolla quando i cittadini continuano a chiedere meno immigrazione, e continuano a essere ricompensati dai loro leader con più immigrazione”.

L’altro punto cieco dell’Europa, dice Vance, è la sicurezza. “La realtà è che – è un po’ brusco dirlo, ma è anche vero – l’intera infrastruttura di sicurezza dell’Europa, per tutta la mia vita, è stata sovvenzionata dagli Stati Uniti d’America”. Fino a un quarto di secolo fa, “si poteva dire che l’Europa aveva molti eserciti vivaci, almeno eserciti in grado di difendere la propria patria”.

Oggi, dice Vance, “la maggior parte delle nazioni europee non ha un esercito in grado di garantire una difesa ragionevole”. È vero, “gli inglesi sono un’ovvia eccezione, i francesi sono un’ovvia eccezione, i polacchi sono un’ovvia eccezione. Ma in un certo senso, sono le eccezioni che dimostrano la regola: i leader europei hanno radicalmente sottoinvestito nella sicurezza, e questo deve cambiare”.

Il messaggio di Vance al Continente, dice, è lo stesso lanciato da Charles de Gaulle all’apice della Guerra Fredda, quando il presidente francese insisteva su una sana dose di indipendenza da Washington. De Gaulle “amava gli Stati Uniti d’America, ma riconosceva ciò che certamente riconosco anch’io: che non è nell’interesse dell’Europa, né dell’America, che l’Europa sia un vassallo permanente degli Stati Uniti in materia di sicurezza”.

Ciò che il Vicepresidente non aveva chiarito prima di questa intervista è che preferirebbe vedere un’Europa forte e indipendente proprio perché potrebbe agire come un miglior controllo contro gli errori di politica estera degli americani.

Dice: “Non credo che l’indipendenza dell’Europa sia un male per gli Stati Uniti – è un bene per gli Stati Uniti. Ripercorrendo la storia, penso che – francamente – i britannici e i francesi avessero certamente ragione nei loro disaccordi con Eisenhower sul Canale di Suez”.

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Vance allude anche alla propria esperienza di veterano della guerra in Iraq. “È una cosa che conosco un po’ più personalmente: Penso che molte nazioni europee avessero ragione sulla nostra invasione dell’Iraq. E francamente, se gli europei fossero stati un po’ più indipendenti e un po’ più disposti a farsi valere, forse avremmo potuto salvare il mondo intero da quel disastro strategico che è stata l’invasione dell’Iraq guidata dagli americani”.

In conclusione: “Io non voglio che gli europei facciano semplicemente tutto quello che gli americani dicono loro di fare. Non credo che sia nel loro interesse e non credo nemmeno nel nostro”.

Parlando del Regno Unito in particolare, Vance pone l’accento sul posto che occupa nell’affetto del Presidente Trump, con la conseguente probabilità di un accordo commerciale.

“Stiamo certamente lavorando molto duramente con il governo di Keir Starmer” su un accordo commerciale, afferma Vance. “Il Presidente ama davvero il Regno Unito. Ha amato la Regina. Ammira e ama il Re. È un rapporto molto importante. È un uomo d’affari e ha una serie di importanti relazioni commerciali in [Gran Bretagna]. Ma credo che sia molto più profondo di così. C’è una vera e propria affinità culturale. E naturalmente, fondamentalmente, l’America è un Paese anglo”. Quindi, “penso che ci siano buone possibilità che, sì, si arrivi a un grande accordo che sia nell’interesse di entrambi i Paesi”.

È probabile che anche altri Stati europei raggiungano nuovi accordi commerciali, anche se la salita potrebbe essere più ripida. Già oggi, “con il Regno Unito abbiamo un rapporto molto più reciproco di quello che abbiamo, ad esempio, con la Germania… Pur amando i tedeschi, essi dipendono fortemente dalle esportazioni negli Stati Uniti, ma sono piuttosto duri con molte aziende americane che vorrebbero esportare in Germania”.

Il punto di riferimento dell’amministrazione sarà la “correttezza”, afferma Vance. “Credo che questo porterà a relazioni commerciali molto positive con l’Europa. E ancora, consideriamo l’Europa un nostro alleato. Vogliamo solo che sia un’alleanza in cui gli europei siano un po’ più indipendenti, e che le nostre relazioni commerciali e di sicurezza riflettano questo”.

Nelle ultime settimane i mercati finanziari hanno subito un’ondata di cambiamenti, e non è stato chiaro cosa si intenda per successo dal punto di vista dell’amministrazione. Chiedo a Vance come giudicherà la politica tariffaria a lungo termine. “Quello che vogliamo vedere è una riduzione dei deficit commerciali, in generale”, dice Vance. “A volte un deficit commerciale ha senso. Ad esempio, l’America non produce banane. Quindi, ovviamente, importeremo banane, non le esporteremo. Quindi, con alcune categorie di prodotti e forse anche con alcuni Paesi, un piccolo deficit commerciale può essere giustificato”.

Il sistema dello status-quo nel suo complesso, tuttavia, è intollerabile dal punto di vista della Casa Bianca. “Ciò che il sistema commerciale globale ha portato”, lamenta Vance, “è un ampio e persistente deficit commerciale in tutte le categorie di prodotti, con la maggior parte dei Paesi che utilizza gli Stati Uniti [mercato domestico] per assorbire le loro esportazioni in eccesso. Questo è stato negativo per noi. È stato negativo per i produttori americani. È stato negativo per i lavoratori. E, Dio non voglia, se l’America dovesse mai combattere una guerra in futuro, sarebbe un male per le truppe americane”.

Ma prima di diventare un politico, Vance era un venture capitalist. Ha avuto momenti di sconforto nel vedere il suo portafoglio sprofondare in rosso nelle ultime settimane? Non sembra scoraggiato.

“Qualsiasi implementazione di un nuovo sistema renderà fondamentalmente nervosi i mercati finanziari”, afferma Vance. “Il Presidente è stato molto coerente sul fatto che si tratta di un’operazione a lungo termine…  Ora, naturalmente, bisogna essere sensibili a ciò che la comunità imprenditoriale ci dice, a ciò che i lavoratori ci dicono, a ciò che i mercati obbligazionari ci dicono. Sono tutte variabili a cui dobbiamo rispondere” per “far sì che la politica abbia successo”.

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Ma Vance afferma che l’amministrazione non può governare solo per il mercato azionario. “Nessun piano sarà attuato alla perfezione… Siamo consapevoli del fatto che viviamo in un mondo complicato, dove le decisioni di nessuno sono statiche. Ma la politica fondamentale è quella di riequilibrare il commercio globale, e credo che il Presidente sia stato molto chiaro e persistente su questo punto”.

Anche se gli aggiustamenti e i ritardi sulle tariffe sembrano aver tranquillizzato i mercati e gli alleati, per ora l’amministrazione Trump è decisa ad applicare il suo marchio di terapia d’urto 2.0 al sistema internazionale. L’obiettivo, ovviamente, è quasi l’opposto della terapia originale: mentre la terapia d’urto 1.0 ha spinto il mondo a seguire l’America nell’adozione della globalizzazione neoliberista e a seguire Washington nelle sue avventure militari, questa mira a invertire entrambi i risultati.

Tuttavia, non può essere meno sconcertante vivere il cambiamento, non solo nell’orientamento politico, ma anche nel modo in cui viene comunicato: non da ultimo da un Vicepresidente Millennial molto online che si diverte nel dibattito online. Pensa di twittare troppo? Di certo in Europa si è alzato il sopracciglio quando ha trovato il tempo di entrare in una disputa su Twitter con il podcaster Rory Stewart.

Vance ride. “Questo lavoro ha molti vantaggi. Uno svantaggio indiscusso è che vivo in una bolla di sapone. Sono circondato da agenti dei servizi segreti. È molto difficile che una persona a caso si avvicini a me, anzi è quasi impossibile. Considero i social media un modo utile, anche se imperfetto, per rimanere in contatto con ciò che accade nel Paese in generale… Probabilmente passo molto meno tempo su Twitter rispetto a sei mesi fa, e questo è probabilmente un bene per me”.

In definitiva, l’impegno dell’amministrazione Trump-Vance a voltare pagina rispetto alla globalizzazione come la conoscevamo è più profondo di quanto alleati e avversari possano immaginare. Come dice Vance: “Non siamo dalla parte di nessuno, siamo dalla parte dell’America”.


Sohrab Ahmari è il redattore statunitense di UnHerd e l’autore, più recentemente, di Tyranny, Inc: How Private Power Crushed American Liberty – and What To Do About ItSohrabAhmari

qui sotto un commento di un lettore allo scritto:

Jack Robertson

 19 minuti fa

Non male. Non è un brutto tentativo di salvare almeno ‘qualcosa’ dall’imbarazzante fiasco di Trump dell’ultima settimana o giù di lì. Trovo Vance una figura politica intelligente, interessante e difficile da inquadrare. E francamente – viste le abissali rovine della nascente amministrazione del suo Presidente – anche l’unica (esile) speranza che la credibilità e il potere proiettabile (hard e soft) dell’America hanno di sopravvivere ad altri tre anni e tre quarti di buffonesca pagliacciata alla Casa Bianca (se tale deve essere il destino dell’America). È ora che gli inflessibili apologeti di Trump e i velleitari di UnHerd lo affrontino: se avevate bisogno di altre prove, allora questi ultimi quindici giorni vi avranno sicuramente mostrato che il lavoro in cui si è imbarcato è… semplicemente al di là di Donald J. Trump. È un fallito seriale ignorante, incompetente e sbruffone che è stato elevato alla più alta carica della nazione solo perché il sistema statunitense per la scelta della propria leadership democratica ha fallito, o sta fallendo abbastanza in questo momento di decadenza da aver invertito quasi completamente la grande tradizione democratica americana di genuina meritocrazia. Il Presidente che vi ha dato al vostro 47° tentativo è un anti-leader per un’epoca epistemica invertita: un Liberace televisivo in pancake-spandex e lustrini, un Presidente solo di nome, non un decimo intelligente o tenace nel “negoziare un accordo” come parla (o come i suoi vacui sostenitori sostengono), indifferente alle realtà vissute dagli stessi elettori che lo hanno eletto, e corrotto, da una vita irreprensibile di pigrizia, cinismo, servilismo, clientelismo e nepotismo, al di là di ogni sana e sicura utilità democratica come primus inter pares americano.
Chi vuole continuare a sostenere con coerenza ciò che pensa, o spera, o vorrebbe che l'”Amministrazione Trump” fosse “strategicamente” all’altezza…dovreste chiedervi se un JD Vance potrebbe almeno essere un veicolo di leadership più valido in cui investire i migliori angeli strategici del MAGA. Perché ormai è garantito: Donald J. Trump continuerà a prendere per il culo i loro angeli con la stessa velocità con cui voi continuerete a fare il quarterback del lunedì mattina, cercando disperatamente di adattare un modello coerente e plausibile alle sue auto-indulgenze erratiche e adolescenziali.
Sospetto due cose: che il Vicepresidente Vance sappia meglio di chiunque altro, anche in questa fase iniziale, che pezzo di merda farsescamente distruttivo sia un Presidente Pagliaccio del Culo che sta davvero facendo il suo passo idiota questa volta; e che d’ora in poi si allontanerà il più velocemente possibile da lui e dagli altrettanto improbabili guardiani pretoriani della Casa Bianca come Howard Lutnick, Stephen Miller e Dan Caine, almeno senza gettare nel panico l’intero gregge MAGA, che si dirigerà finalmente verso i propri bunker preallestiti, fatalisticamente e nichilisticamente anti-democratici. Trump ha quasi completato il lungo tradimento democratico nei loro confronti, iniziato con l’amministrazione Clinton. Perché dovrebbero continuare a credere tenacemente nel Sogno Americano, quando il massacro che esso continua a distribuire loro sta ora, sotto quest’ultimo impostore di Main Street, raggiungendo livelli perversi di crudeltà casuale.
Non sto lontanamente scherzando quando suggerisco che il 25° sta iniziando a sembrare un Emendamento che potrebbe rivelarsi estremamente gradito alla politica americana. Un Presidente Vance potrebbe non essere migliore di un Presidente Trump, ma non potrebbe essere peggiore. La democrazia americana ha… toccato il fondo. Il prossimo passo verso il basso, se compiuto, diventa, finalmente e per una volta in modo non iperbolico, qualcosa che semplicemente non è più democrazia. I non americani che hanno a lungo ammirato il marchio unico americano di questa forma di governo meno peggiore – che da sola, tra tutte le iterazioni dell’organizzazione umana mai concepite, ha la saggezza umana di santificare esplicitamente il semplice perseguimento della vita, della libertà e della felicità dell’uomo come sua raison d’etre fondante – vi hanno osservato mentre concedevate volontariamente la licenza a tutto ciò che Trump incarna per cestinarlo metodicamente con un misto di sconcerto, sgomento e impotenza.
Qualcuno della banda MAGA deve fermare questo processo di suicidio nazionale americano, ora. Forse JD Vance è in grado di farlo.

La classe dirigente statunitense e il regime di Trump, di John Bellamy Foster

La classe dirigente statunitense e il regime di Trump

di John Bellamy Foster

(01 apr 2025)

Temi: Capitalismo  Classe  Democrazia  Impero  Imperialismo  Marxismo  Movimenti  Economia politica Luoghi: Americhe  Globale  Stati Uniti

Un altro esempio, tratto questa volta dalla prestigiosa, ma ormai decaduta rivista “Monthly Review”, di come l’utilizzo dei paradigmi classici che fissano in maniera deterministica la relazione tra economia, al meglio rapporti sociali di produzione, politica e sistemi di potere producano analisi non solo fuorvianti, ma che inducono a sbagliare bersaglio e inducono ad atteggiamenti sterili di mera protesta e testimonianza che nascondono una recondita aspirazione alla comoda restaurazione; incapaci di cogliere dinamiche ed opportunità offerte dai nuovi contesti politici. Una postura che stride con la funzione determinante che si vorrebbe attribuire ai soggetti politici_Giuseppe Germinario

Trump in the White House: Tragedy and Farce

Nell’ultimo secolo il capitalismo statunitense ha avuto senza dubbio la classe dirigente più potente e più consapevole della storia del mondo, a cavallo tra l’economia e lo Stato, e ha proiettato la sua egemonia sia a livello nazionale che globale. Al centro del suo dominio c’è un apparato ideologico che insiste sul fatto che l’immenso potere economico della classe capitalista non si traduce in governance politica e che, indipendentemente dalla polarizzazione della società statunitense in termini economici, le sue pretese di democrazia rimangono intatte. Secondo l’ideologia ricevuta, gli interessi ultra-ricchi che governano il mercato non governano lo Stato, una separazione cruciale per l’idea di democrazia liberale. Questa ideologia dominante, tuttavia, si sta ora rompendo di fronte alla crisi strutturale del capitalismo statunitense e mondiale e al declino dello stesso Stato liberaldemocratico, portando a profonde spaccature nella classe dirigente e a un nuovo dominio di destra, apertamente capitalista, dello Stato.

Nel suo discorso di addio alla nazione, pochi giorni prima che Donald Trump tornasse trionfalmente alla Casa Bianca, il presidente Joe Biden ha indicato che una “oligarchia” basata sul settore high-tech e che si affida al “denaro oscuro” in politica sta minacciando la democrazia statunitense. Il senatore Bernie Sanders, nel frattempo, ha messo in guardia dagli effetti della concentrazione della ricchezza e del potere in una nuova egemonia della “classe dominante” e dall’abbandono di qualsiasi traccia di sostegno alla classe operaia in uno dei principali partiti.1

L’ascesa di Trump alla Casa Bianca per la seconda volta non significa naturalmente che l’oligarchia capitalista abbia improvvisamente acquisito un’influenza dominante nella politica statunitense, poiché si tratta di una realtà di lunga data. Tuttavia, negli ultimi anni, soprattutto dopo la crisi finanziaria del 2008, l’intero ambiente politico si è spostato a destra, mentre l’oligarchia esercita un’influenza più diretta sullo Stato. Un settore della classe capitalista statunitense è ora apertamente in controllo dell’apparato ideologico-statale in un’amministrazione neofascista in cui l’ex establishment neoliberale è un junior partner. L’oggetto di questo cambiamento è una ristrutturazione regressiva degli Stati Uniti in una posizione di guerra permanente, risultante dal declino dell’egemonia statunitense e dall’instabilità del capitalismo americano, oltre che dalla necessità di una classe capitalista più concentrata di assicurarsi un controllo più centralizzato dello Stato.

Negli anni della Guerra Fredda che seguirono la Seconda Guerra Mondiale, i guardiani dell’ordine liberal-democratico all’interno dell’accademia e dei media cercarono di sminuire il ruolo preponderante nell’economia statunitense dei proprietari dell’industria e della finanza, che sarebbero stati soppiantati dalla “rivoluzione manageriale” o limitati dal “contropotere”. In questa visione, i proprietari e i manager, il capitale e il lavoro, sono ognuno vincolato all’altro. Più tardi, in una versione leggermente più raffinata di questa visione generale, il concetto di classe capitalista egemone sotto il capitalismo monopolistico fu dissolto nella categoria più amorfa dei “ricchi aziendali”.”2

La democrazia statunitense, si sosteneva, era il prodotto dell’interazione di gruppi pluralisti, o in alcuni casi mediata da un’élite di potere. Non esisteva una classe dirigente funzionale egemone sia in campo economico che politico. Anche se si potesse sostenere che esisteva una classe capitalista dominante nell’economia, essa non governava lo Stato, che era indipendente. Questo è stato trasmesso in vari modi da tutte le opere archetipiche della tradizione pluralista, da La rivoluzione manageriale di James Burnham (1941), a Capitalismo, socialismo e democrazia di Joseph A. Schumpeter (1942), a Chi governa? (1961), a The New Industrial State (1967) di John Kenneth Galbraith, che spazia dagli estremi conservatori a quelli liberali dello spettro.3 Tutti questi trattati miravano a suggerire che nella politica statunitense prevaleva il pluralismo o un’élite manageriale/tecnocratica, non una classe capitalista che governava sia il sistema economico che quello politico. Nella visione pluralista della democrazia realmente esistente, introdotta per la prima volta da Schumpeter, i politici erano semplicemente imprenditori politici che competevano per i voti, proprio come gli imprenditori economici nel cosiddetto libero mercato, producendo un sistema di “leadership competitiva”.

Nel promuovere la finzione che gli Stati Uniti, nonostante il vasto potere della classe capitalista, rimanessero un’autentica democrazia, l’ideologia ricevuta fu raffinata e sostenuta da analisi provenienti da sinistra che cercavano di riportare la dimensione del potere nella teoria dello Stato, sostituendo l’allora dominante visione pluralista di figure come Dahl, e allo stesso tempo rifiutando la nozione di classe dirigente. L’opera più importante che rappresenta questo cambiamento è stata The Power Elite di C. Wright Mills (1956), che sosteneva che la concezione di “classe dirigente”, associata in particolare al marxismo, dovesse essere sostituita dalla nozione di “élite di potere” tripartita, in cui la struttura di potere degli Stati Uniti era vista come dominata da élite che provenivano dalle ricche aziende, dai vertici militari e dai politici eletti. Mills si riferiva notoriamente alla nozione di classe dirigente come a una “teoria della scorciatoia” che presupponeva semplicemente che il dominio economico significasse dominio politico. Sfidando direttamente il concetto di classe dirigente di Karl Marx, Mills affermò: “Il governo americano non è, né in modo semplice né come fatto strutturale, un comitato della ‘classe dirigente’. È una rete di “comitati”, e in questi comitati siedono altri uomini di altre gerarchie oltre ai ricchi delle multinazionali.”5

Il punto di vista di Mills sulla classe dirigente e sull’élite di potere fu contestato dai teorici radicali, in particolare da Paul M. Sweezy nella Monthly Review e inizialmente dal lavoro di G. William Domhoff nella prima edizione del suo Who Rules America? (1967). Ma alla fine ha acquisito una notevole influenza nell’ampia sinistra.6 Come Domhoff avrebbe sostenuto nel 1968, in C. Wright Mills e l’élite del potere, il concetto di élite del potere era comunemente visto come “il ponte tra le posizioni marxiste e quelle pluraliste”. È un concetto necessario perché non tutti i leader nazionali sono membri della classe superiore. In questo senso, si tratta di una modifica e di un’estensione del concetto di “classe dirigente””7.

La questione della classe dirigente e dello Stato è stata al centro del dibattito tra i teorici marxisti Ralph Miliband, autore di Lo Stato nella società capitalista (1969), e Nicos Poulantzas, autore di Potere politico e classi sociali (1968), che rappresentano i cosiddetti approcci “strumentalisti” e “strutturalisti” allo Stato nella società capitalista. Il dibattito ruotava intorno alla “relativa autonomia” dello Stato dalla classe dirigente capitalista, una questione cruciale per le prospettive di acquisizione dello Stato da parte di un movimento socialdemocratico.8

Il dibattito ha assunto una forma estrema negli Stati Uniti con l’apparizione dell’influente saggio di Fred Block “The Ruling Class Does Not Rule” (La classe dirigente non governa) in Socialist Revolution del 1977, in cui Block si spingeva a sostenere che la classe capitalista non aveva la coscienza di classe necessaria per tradurre il suo potere economico nel dominio dello Stato.9 Tale visione, sosteneva, era necessaria per rendere praticabile la politica socialdemocratica. Dopo la sconfitta di Biden contro Trump alle elezioni del 2020, l’articolo originale di Block è stato ripreso da Jacobin con un nuovo epilogo in cui Block sostiene che, dato che la classe dirigente non governava, Biden aveva la libertà di istituire una politica favorevole alla classe operaia secondo le linee del New Deal, che avrebbe impedito la rielezione di una figura di destra – “con un’abilità e una spietatezza di gran lunga maggiori” di Trump – nel 2024.10

Date le contraddizioni dell’amministrazione Biden e il secondo avvento di Trump, con tredici miliardari nel suo gabinetto, l’intero lungo dibattito sulla classe dirigente e lo Stato deve essere riesaminato.11

La classe dirigente e lo Stato

Nella storia della teoria politica dall’antichità a oggi, lo Stato è stato classicamente inteso in relazione alla classe. Nella società antica e nel feudalesimo, a differenza della moderna società capitalistica, non esisteva una chiara distinzione tra società civile (o economia) e Stato. Come scrisse Marx nella sua Critica della dottrina dello Stato di Hegel nel 1843, “l’astrazione dello Stato in quanto tale non è nata fino al mondo moderno perché l’astrazione della vita privata non è stata creata fino ai tempi moderni. L’astrazione dello Stato politico è un prodotto moderno”, realizzato pienamente solo sotto il dominio della borghesia.12 Ciò è stato successivamente ribadito da Karl Polanyi in termini di natura incorporata dell’economia nell’antica polis e del suo carattere disincarnato nel capitalismo, che si manifesta nella separazione della sfera pubblica dello Stato e della sfera privata del mercato.13 Nell’antichità greca, in cui le condizioni sociali non avevano ancora generato tali astrazioni, non c’era dubbio che la classe dirigente governasse la polis e ne creasse le leggi. Aristotele nella sua Politica, come ha scritto Ernest Barker in Il pensiero politico di Platone e Aristotele, ha assunto la posizione che il dominio di classe spiegava in ultima analisi la polis: “Dimmi la classe che è predominante, si potrebbe dire, e ti dirò la costituzione”.”14

Nel regime del capitale, invece, lo Stato è concepito come separato dalla società civile e dall’economia. A questo proposito, ci si chiede sempre se la classe che governa l’economia, cioè la classe capitalista, governi anche lo Stato.

Il punto di vista di Marx su questo tema era complesso, non si discostava mai dall’idea che lo Stato nella società capitalista fosse governato dalla classe capitalista, pur riconoscendo le diverse condizioni storiche che lo modificavano. Da un lato, egli sostenne (insieme a Frederick Engels) ne Il Manifesto Comunista che “L’esecutivo dello Stato moderno non è che un comitato per la gestione degli affari comuni di tutta la borghesia”.” 15 Questo suggeriva che lo Stato, o il suo ramo esecutivo, aveva una relativa autonomia che andava oltre i singoli interessi capitalistici, ma era comunque responsabile della gestione degli interessi generali della classe. Questo potrebbe, come Marx ha indicato altrove, portare a riforme importanti, come l’approvazione della legislazione sulla giornata lavorativa di dieci ore ai suoi tempi, che, pur sembrando una concessione alla classe operaia e contraria agli interessi capitalistici, era necessaria per garantire il futuro dell’accumulazione del capitale stesso, regolando la forza lavoro e assicurando la continua riproduzione della forza lavoro.16 D’altra parte, in Il diciottesimo brumaio di Luigi Bonaparte, Marx indicava situazioni ben diverse in cui la classe capitalista non governava direttamente lo Stato, dando spazio a un governo semi-autonomo, purché questo non interferisse con i suoi fini economici e con il suo comando dello Stato in ultima istanza.17 Riconosceva anche che lo Stato poteva essere dominato da una frazione del capitale rispetto a un’altra. In tutti questi aspetti, Marx sottolineava la relativa autonomia dello Stato dagli interessi capitalistici, che è stata fondamentale per tutte le teorie marxiste dello Stato nella società capitalistica.

Da tempo si è capito che la classe capitalista dispone di numerosi mezzi per funzionare come classe dirigente attraverso lo Stato, anche nel caso di un ordine liberaldemocratico. Da un lato, ciò assume la forma di un’investitura abbastanza diretta nell’apparato politico attraverso vari meccanismi, come il controllo economico e politico delle macchine dei partiti politici e l’occupazione diretta da parte dei capitalisti e dei loro rappresentanti di posti chiave nella struttura di comando politica. Oggi negli Stati Uniti gli interessi capitalistici hanno il potere di influenzare in modo decisivo le elezioni. Inoltre, il potere capitalistico sullo Stato si estende ben oltre le elezioni. Il controllo della banca centrale, e quindi dell’offerta di moneta, dei tassi di interesse e della regolamentazione del sistema finanziario, è affidato essenzialmente alle banche stesse. D’altra parte, la classe capitalista controlla indirettamente lo Stato attraverso il suo vasto potere economico di classe esterno, che comprende pressioni finanziarie dirette, lobbismo, finanziamento di gruppi di pressione e think tank, la porta girevole tra i principali attori del governo e delle imprese e il controllo dell’apparato culturale e di comunicazione. Nessun regime politico in un sistema capitalista può sopravvivere se non serve gli interessi del profitto e dell’accumulazione del capitale, una realtà sempre presente per tutti gli attori politici.

La complessità e l’ambiguità dell’approccio marxista alla classe dirigente e allo Stato è stata trasmessa da Karl Kautsky nel 1902, quando dichiarò che “la classe capitalista governa ma non governa”; poco dopo aggiunse che “si accontenta di governare il governo”.”18 Come è stato notato, fu proprio questa questione della relativa autonomia dello Stato dalla classe capitalista a governare il famoso dibattito tra quelle che vennero conosciute come le teorie strumentaliste e strutturaliste dello Stato, rappresentate rispettivamente da Miliband in Gran Bretagna e da Poulantzas in Francia. Il punto di vista di Miliband è stato fortemente determinato dalla scomparsa del Partito Laburista britannico come autentico partito socialista alla fine degli anni Cinquanta, come illustrato nel suo Socialismo parlamentare.19 Ciò lo ha costretto a confrontarsi con l’enorme potere della classe capitalista come classe dirigente. Questo tema fu ripreso in seguito nel suo Lo Stato nella società capitalista del 1969, in cui scrisse che “se sia… appropriato parlare di una ‘classe dirigente’ è uno dei temi principali di questo studio”. Infatti, “la più importante di tutte le questioni sollevate dall’esistenza di questa classe dominante è se essa costituisca anche una ‘classe dirigente'”. La classe capitalista, cercò di dimostrare, pur non essendo “propriamente una ‘classe dirigente'” nello stesso senso in cui lo era stata l’aristocrazia, di fatto governava in modo abbastanza diretto (oltre che indiretto) la società capitalista. Essa traduceva in vari modi il suo potere economico in potere politico, al punto che la classe operaia, per sfidare efficacemente la classe dirigente, avrebbe dovuto opporsi alla struttura stessa dello Stato capitalista.20

È qui che Poulantzas, che nel 1968 aveva pubblicato il suo Potere politico e classi sociali, entra in conflitto con Miliband. Poulantzas poneva ancora più enfasi sulla relativa autonomia dello Stato, ritenendo che l’approccio di Miliband allo Stato presupponesse un dominio troppo diretto da parte della classe capitalista, anche se era strettamente conforme alla maggior parte delle opere di Marx sull’argomento. Poulantzas ha sottolineato che il governo capitalista dello Stato è più indiretto e strutturale che diretto e strumentale, consentendo una maggiore varietà di governi in termini di classe, includendo non solo specifiche frazioni della classe capitalista ma anche rappresentanti della stessa classe operaia. “La partecipazione diretta di membri della classe capitalista all’apparato statale e al governo, anche quando esiste”, scriveva, “non è il lato importante della questione. La relazione tra la classe borghese e lo Stato è una relazione oggettiva…. La partecipazione diretta dei membri della classe dominante all’apparato statale non è la causa ma l’effetto… di questa coincidenza oggettiva.”21 Sebbene una simile affermazione potesse sembrare abbastanza ragionevole nei termini qualificati in cui veniva espressa, essa tendeva a rimuovere il ruolo della classe dominante come soggetto cosciente di classe. Scrivendo durante l’apice dell’eurocomunismo sul continente, lo strutturalismo di Poulantzas, con la sua enfasi sul bonapartismo che indicava un alto grado di autonomia relativa dello Stato, sembrava aprire la strada a una concezione dello Stato come entità in cui la classe capitalista non governava, anche se lo Stato in ultima analisi era soggetto a forze oggettive derivanti dal capitalismo.

Una simile visione, ha controbattuto Miliband, indicava una visione “superdeterministica” o economistica dello Stato, caratteristica del “deviazionismo di ultra-sinistra”, oppure una “deviazione di destra” nella forma della socialdemocrazia, che tipicamente negava del tutto l’esistenza di una classe dirigente.22 In entrambi i casi, la realtà della classe dirigente capitalista e dei vari processi attraverso i quali essa esercitava il suo dominio, che la ricerca empirica di Miliband e altri aveva ampiamente dimostrato, sembrava essere messa in cortocircuito, non più parte dello sviluppo di una strategia di lotta di classe dal basso. Un decennio dopo, nella sua opera del 1978 Stato, potere, socialismo, Poulantzas spostò l’accento sulla necessità di sostenere il socialismo parlamentare e la socialdemocrazia (o “socialismo democratico”), insistendo sulla necessità di mantenere gran parte dell’apparato statale esistente in qualsiasi transizione al socialismo. Ciò contraddiceva direttamente le enfasi di Marx in La guerra civile in Francia e di V. I. Lenin in Lo Stato e la Rivoluzione sulla necessità di sostituire lo Stato capitalista della classe dirigente con una nuova struttura politica di comando emanata dal basso.23

Influenzato dagli articoli di Sweezy su “La classe dirigente americana” e “Elite di potere o classe dirigente?” in Monthly Review e da The Power Elite di Mills, Domhoff nella prima edizione del suo libro, Who Rules America? nel 1967, promuoveva un’analisi esplicita basata sulle classi, ma indicava comunque di preferire il più neutro “classe di governo” a “classe dirigente” sulla base del fatto che “la nozione di classe dirigente” suggeriva una “visione marxista della storia”.”24 Tuttavia, quando nel 1978 scrisse The Powers That Be: Processes of Ruling Class Domination in America, Domhoff, influenzato dall’atmosfera radicale del tempo, era passato a sostenere che “una classe dirigente è una classe sociale privilegiata che è in grado di mantenere la sua posizione di vertice nella struttura sociale”. L’élite di potere fu ridefinita come il “braccio di comando” della classe dirigente.25 Tuttavia, questa integrazione esplicita della classe dirigente nell’analisi di Domoff ebbe vita breve. Nelle edizioni successive di Chi governa l’America? , fino all’ottava edizione del 2022, Domhoff si piegò alla praticità liberale e abbandonò del tutto il concetto di classe dirigente. Seguì invece Mills nel raggruppare i proprietari (“la classe sociale superiore”) e i manager nella categoria dei “ricchi d’impresa”.”26 L’élite del potere era vista come amministratori delegati, consigli di amministrazione e consigli di amministrazione, sovrapponendosi in un diagramma di Venn con la classe sociale superiore (che consisteva anche di socialite e jet setter), la comunità aziendale e la rete di pianificazione politica. Si trattava di una prospettiva nota come ricerca sulla struttura del potere. Le nozioni di classe capitalista e di classe dirigente non si trovavano più.

Un lavoro empirico e teorico più significativo di quello offerto da Domhoff, e per molti versi più pertinente oggi, è stato scritto nel 1962-1963 dall’economista sovietico Stanislav Menshikov e tradotto in inglese nel 1969 con il titolo Millionaires and Managers. Menshikov fece parte di uno scambio educativo di scienziati tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti nel 1962. Ha visitato “il presidente del consiglio di amministrazione, il presidente e i vicepresidenti di decine di società e di 13 delle 25 banche commerciali” che avevano un patrimonio di un miliardo di dollari o più. Incontrò, tra gli altri, Henry Ford II, Henry S. Morgan e David Rockefeller.27 La dettagliata trattazione empirica di Menshikov sul controllo finanziario delle società negli Stati Uniti e del gruppo o classe dirigente ha fornito una solida valutazione del continuo dominio dei capitalisti finanziari all’interno dei ceti più ricchi. Grazie alla loro egemonia su vari gruppi finanziari, l’oligarchia finanziaria si è differenziata dai semplici manager di alto livello (chief executive officer) delle burocrazie finanziarie aziendali. Sebbene esistesse quello che potrebbe essere definito un “blocco di milionari-manager”, nel senso dei “ricchi aziendali” di Mills, e una divisione del lavoro all’interno della “classe dirigente stessa”, a dominare era “l’oligarchia finanziaria, cioè il gruppo di persone il cui potere economico si basa sulla disponibilità di colossali masse di capitale fittizio…[e] che è alla base di tutti i principali gruppi finanziari”, e non i dirigenti aziendali in quanto tali. Inoltre, il potere relativo dell’oligarchia finanziaria continuava a crescere, anziché diminuire.28 Come nell’analisi di Sweezy sui “Gruppi di interesse nell’economia americana”, scritta per il National Resource Committee’s Structure of the American Economy durante il New Deal, l’analisi dettagliata di Menshikov sui gruppi societari nell’economia statunitense ha colto il persistere di gruppi familiari nell’economia americana.L’analisi dettagliata di Menshikov dei gruppi societari nell’economia statunitense coglieva la continua base familiare-dinastica di gran parte della ricchezza degli Stati Uniti.29

L’oligarchia finanziaria statunitense costituiva una classe dirigente, ma che generalmente non governava direttamente o senza interferenze. Il “dominio economico dell’oligarchia finanziaria”, scrive Menshikov,

non equivale al suo dominio politico. Ma il secondo senza il primo non può essere sufficientemente forte, mentre il primo senza il secondo dimostra che la coalizione dei monopoli e della macchina statale non è andata abbastanza avanti. Ma anche negli Stati Uniti, dove esistono entrambi i presupposti, dove la macchina del governo è stata al servizio dei monopoli per decenni e il dominio di questi ultimi nell’economia è fuori discussione, il potere politico dell’oligarchia finanziaria è costantemente minacciato da restrizioni da parte di altre classi sociali, e a volte viene effettivamente limitato. Ma la tendenza generale è che il potere economico dell’oligarchia finanziaria si trasformi gradualmente in potere politico.30

L’oligarchia finanziaria, sosteneva Menshikov, aveva come alleati minori nel suo dominio politico dello Stato: i dirigenti d’impresa, i vertici delle forze armate, i politici di professione, che avevano interiorizzato le necessità interne del sistema capitalistico, e l’élite bianca che dominava il sistema di segregazione razziale nel Sud.31 Ma l’oligarchia finanziaria stessa era la forza sempre più dominante. “L’aspirazione dell’oligarchia finanziaria all’amministrazione diretta dello Stato è una delle tendenze più caratteristiche dell’imperialismo americano degli ultimi decenni”, derivante dal suo crescente potere economico e dalle necessità che questo generava. Tuttavia, il processo non è stato semplice. I capitalisti finanziari negli Stati Uniti non agiscono “unitariamente” e sono a loro volta divisi in fazioni concorrenti, mentre sono ostacolati nei loro tentativi di controllare lo Stato dalla complessità stessa del sistema politico statunitense, in cui giocano diversi attori.32 “Sembrerebbe”, scrive Menshikov,

che ora il potere politico dell’oligarchia finanziaria dovrebbe essere pienamente garantito, ma non è così. La macchina di uno Stato capitalista contemporaneo è grande e ingombrante. La conquista di posizioni in una parte non garantisce il controllo dell’intero meccanismo. L’oligarchia finanziaria possiede la macchina della propaganda, è in grado di corrompere i politici e i funzionari governativi del centro e della periferia, ma non può corrompere il popolo che, nonostante tutte le restrizioni della “democrazia” borghese, elegge la legislatura. Il popolo non ha molta scelta, ma senza abolire formalmente le procedure democratiche, l’oligarchia finanziaria non può garantirsi completamente contro “incidenti” indesiderati.”33

Tuttavia, la straordinaria opera di Menshikov, Milionari e manager, pubblicata in Unione Sovietica, non ebbe alcuna influenza sul dibattito sulla classe dirigente negli Stati Uniti. La tendenza generale, che si riflette negli spostamenti di Domhoff (e in Europa in quelli di Poulantzas), ha sminuito l’intera idea di una classe dirigente e persino di una classe capitalista, sostituendola con i concetti di corporate rich e di élite di potere, producendo quella che era essenzialmente una forma di teoria delle élite.

Il rifiuto del concetto di classe dirigente (o anche di classe di governo) nel lavoro successivo di Domhoff coincise con la pubblicazione di “The Ruling Class Does Not Rule” di Block, che ebbe un ruolo significativo nel pensiero radicale degli Stati Uniti. Scrivendo in un momento in cui l’elezione di Jimmy Carter a presidente sembrava presentare ai liberali e ai socialdemocratici il quadro di una leadership decisamente più morale e progressista, Block sosteneva che non esisteva una classe dirigente con un potere decisivo sulla sfera politica negli Stati Uniti e nel capitalismo in generale. Egli attribuiva questo fatto al fatto che non solo la classe capitalista, ma anche “frazioni” separate della classe capitalista (qui contrapposte a Poulantzas) mancavano di coscienza di classe e quindi erano incapaci di agire nel proprio interesse nella sfera politica, tanto meno di governare il corpo politico. Egli adottò invece un approccio “strutturalista” basato sulla nozione di razionalizzazione di Max Weber, in cui lo Stato razionalizzava i ruoli di tre attori in competizione: (1) i capitalisti, (2) i dirigenti statali e (3) la classe operaia. La relativa autonomia dello Stato nella società capitalista era una funzione del suo ruolo di arbitro neutrale, in cui varie forze impattavano ma nessuna governava.34

Attaccando coloro che sostenevano che la classe capitalista avesse un ruolo dominante all’interno dello Stato, Block scrisse: “Il modo per formulare una critica dello strumentalismo che non crolli è quello di rifiutare l’idea di una classe dirigente consapevole”, poiché una classe capitalista consapevole si sforzerebbe di governare. Sebbene abbia notato che Marx ha utilizzato la nozione di classe dirigente consapevole, questa è stata scartata come semplice “stenografia politica” per le determinazioni strutturali.

Block ha chiarito che quando i radicali come lui scelgono di criticare la nozione di classe dirigente, “di solito lo fanno per giustificare la politica socialista riformista”. In questo spirito, ha insistito sul fatto che la classe capitalista non governa intenzionalmente, in modo consapevole, lo Stato con mezzi interni o esterni. Piuttosto, la limitazione strutturale della “fiducia delle imprese”, esemplificata dagli alti e bassi del mercato azionario, assicurava che il sistema politico rimanesse in equilibrio con l’economia, richiedendo che gli attori politici adottassero mezzi razionali per garantire la stabilità economica. La razionalizzazione del capitalismo da parte dello Stato, nella visione “strutturalista” di Block, apriva così la strada a una politica socialdemocratica dello Stato.35

Ciò che è chiaro è che alla fine degli anni Settanta i pensatori marxisti occidentali avevano abbandonato quasi completamente la nozione di classe dirigente, concependo lo Stato non solo come relativamente autonomo, ma di fatto grandemente autonomo dal potere di classe del capitale. Questo fa parte di un generale “ritiro dalla classe”.”36 In Gran Bretagna, Geoff Hodgson ha scritto nel suo The Democratic Economy: A New Look at Planning, Markets and Power nel 1984, che “l’idea stessa di una classe che ‘governa’ dovrebbe essere messa in discussione. Al massimo si tratta di una metafora debole e fuorviante. È possibile parlare di una classe dominante in una società, ma solo in virtù del dominio di un particolare tipo di struttura economica. Dire che una classe “governa” significa dire molto di più. Significa che è in qualche modo impiantata nell’apparato di governo”. Era fondamentale, affermava, abbandonare la nozione marxista che associava “diversi modi di produzione a diverse ‘classi dominanti'”.37 Come i successivi Poulantzas e Block, Hodgson adottò una posizione socialdemocratica che non vedeva alcuna contraddizione definitiva tra la democrazia parlamentare, così come era sorta all’interno del capitalismo, e la transizione al socialismo.

Il neoliberismo e la classe dirigente statunitense

Se alla fine degli anni ’60 e ’70 il marxismo occidentale ha abbandonato la nozione di classe dirigente, non tutti i pensatori si sono allineati. Sweezy continuò a sostenere nella Monthly Review che gli Stati Uniti erano dominati da una classe capitalista dominante. Così, Paul A. Baran e Sweezy spiegarono in Monopoly Capital nel 1966 che “una minuscola oligarchia che poggia su un vasto potere economico” è “in pieno controllo dell’apparato politico e culturale della società”, rendendo la nozione di Stati Uniti come autentica democrazia fuorviante nel migliore dei casi.38

Tranne che in tempi di crisi, il sistema politico normale del capitalismo, sia esso competitivo o monopolistico, è la democrazia borghese. Il voto è la fonte nominale del potere politico, mentre il denaro è la fonte reale: il sistema, in altre parole, è democratico nella forma e plutocratico nel contenuto. Questo è ormai talmente riconosciuto che non sembra necessario argomentare il caso. Basti dire che tutte le attività e le funzioni politiche che si può dire costituiscano le caratteristiche essenziali del sistema – l’indottrinamento e la propaganda del pubblico votante, l’organizzazione e il mantenimento dei partiti politici, la gestione delle campagne elettorali – possono essere svolte solo per mezzo di denaro, molto denaro. E poiché nel capitalismo monopolistico le grandi imprese sono la fonte del grande denaro, esse sono anche le principali fonti del potere politico.39

Per Baran e Sweezy, che scrivevano in quella che è stata definita “l’età d’oro del capitalismo”, il potere del dominio della classe dirigente sullo Stato era dimostrato dai limiti posti all’espansione della spesa pubblica civile (generalmente osteggiata dal capitale in quanto interferente con l’accumulazione privata), che consentivano spese militari gargantuesche e vasti sussidi alle grandi imprese.40 Lungi dall’esibire caratteristiche di razionalità weberiana, il “sistema irrazionale” del capitalismo monopolistico, sostenevano, era afflitto da problemi di sovraccumulazione che si manifestavano nell’incapacità di assorbire il capitale in eccesso, che non riusciva più a trovare sbocchi di investimento redditizi, indicando nella stagnazione economica lo “stato normale” del capitalismo monopolistico.41

A pochi anni dalla pubblicazione di Capitale Monopolistico, all’inizio e alla metà degli anni Settanta, l’economia statunitense è entrata in una profonda stagnazione da cui non è stata in grado di riprendersi completamente nel mezzo secolo successivo, con tassi di crescita economica in calo decennio dopo decennio. Ciò ha costituito una crisi strutturale del capitale nel suo complesso, una contraddizione presente in tutti i paesi capitalisti principali. Questa crisi di lungo periodo dell’accumulazione del capitale ha portato alla ristrutturazione neoliberale dall’alto verso il basso dell’economia e dello Stato a tutti i livelli, istituendo politiche regressive volte a stabilizzare il dominio capitalista, che alla fine hanno portato alla deindustrializzazione e alla de-sindacalizzazione nel nucleo capitalista e alla globalizzazione e alla finanziarizzazione dell’economia mondiale.42

Nell’agosto del 1971, Lewis F. Powell, pochi mesi prima di accettare la nomina alla Corte Suprema degli Stati Uniti da parte del Presidente Richard Nixon, scrisse il suo famigerato memo alla Camera di Commercio degli Stati Uniti con l’obiettivo di organizzare gli Stati Uniti in una crociata neoliberista contro i lavoratori e la sinistra, attribuendo loro l’indebolimento del sistema della “libera impresa” statunitense.43 Quindi, proprio mentre la sinistra abbandonava l’idea di una classe dirigente statunitense consapevole, l’oligarchia statunitense riaffermava il proprio potere sullo Stato, portando a una ristrutturazione politico-economica all’insegna del neoliberismo che comprendeva sia il partito repubblicano che quello democratico. Negli anni ’80 è stata istituita l’economia dell’offerta o Reaganomics, colloquialmente nota come “Robin Hood al contrario”. 44

Scrivendo in The Affluent Society nel 1958, Galbraith aveva affermato che: “I benestanti americani sono stati a lungo curiosamente sensibili alla paura dell’espropriazione, una paura che può essere correlata alla tendenza a considerare anche le più blande misure riformiste, nella saggezza convenzionale conservatrice, come portenti della rivoluzione”. La depressione e soprattutto il New Deal hanno fatto prendere un serio spavento ai ricchi americani.”45 L’era neoliberista e il riemergere della stagnazione economica, accompagnata dalla resurrezione di tali paure ai vertici, hanno portato a una più forte affermazione del potere della classe dirigente sullo Stato a ogni livello, volta a invertire i progressi della classe operaia compiuti durante il New Deal e la Great Society, che sono stati erroneamente incolpati della crisi strutturale del capitale.

Con l’aggravarsi della stagnazione degli investimenti e dell’economia nel suo complesso e con le spese militari non più sufficienti a risollevare il sistema dalla sua stagnazione come nella cosiddetta “età dell’oro”, che era stata punteggiata da due grandi guerre regionali in Asia, il capitale aveva bisogno di trovare ulteriori sbocchi per il suo enorme surplus. Nella nuova fase del capitale monopolistico-finanziario, questo surplus è confluito nel settore finanziario, o FIRE (finanza, assicurazioni e immobili), e nell’accumulo di attività reso possibile dalla deregolamentazione della finanza da parte del governo, dall’abbassamento dei tassi d’interesse (il famoso “Greenspan put”) e dalla riduzione delle tasse sui ricchi e sulle imprese. Ciò ha portato alla creazione di una nuova sovrastruttura finanziaria al di sopra dell’economia produttiva, con una rapida crescita della finanza parallelamente alla stagnazione della produzione. Ciò è stato reso possibile in parte dall’espropriazione dei flussi di reddito in tutta l’economia attraverso l’aumento dell’indebitamento delle famiglie, dei costi assicurativi e dei costi sanitari, insieme alla riduzione delle pensioni, il tutto a spese della popolazione sottostante.46

Nel frattempo, si è verificato un massiccio spostamento della produzione aziendale verso il Sud del mondo, alla ricerca di costi unitari del lavoro più bassi, in un processo noto come arbitraggio globale del lavoro. Ciò è stato reso possibile dalle nuove tecnologie di comunicazione e trasporto e dall’apertura della globalizzazione a nuovi settori dell’economia mondiale. Il risultato è stato la deindustrializzazione dell’economia statunitense.47 Tutto questo ha coinciso negli anni ’90 con la grande crescita del capitale high-tech che ha accompagnato la digitalizzazione dell’economia e la generazione di nuovi monopoli high-tech. L’effetto cumulativo di questi sviluppi è stato un grande aumento della concentrazione e della centralizzazione del capitale, della finanza e della ricchezza. Anche se l’economia è stata sempre più caratterizzata da una crescita lenta, le fortune dei ricchi si sono espanse a passi da gigante: i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, mentre l’economia statunitense si è avviata verso il XXI secolo con un ristagno pieno di contraddizioni. La profondità della crisi strutturale del capitale è stata temporaneamente mascherata dalla globalizzazione, dalla finanziarizzazione e dal breve emergere di un mondo unipolare, il tutto bucato dalla Grande Crisi Finanziaria del 2007-2009.48

Man mano che l’economia monopolistico-capitalistica del nucleo capitalistico diventava sempre più dipendente dall’espansione finanziaria, gonfiando le pretese finanziarie alla ricchezza nel contesto di una produzione stagnante, il sistema diventava non solo più diseguale, ma anche più fragile. I mercati finanziari sono intrinsecamente instabili, dipendenti come sono dalle vicissitudini del ciclo del credito. Inoltre, man mano che il settore finanziario diventava più piccolo della produzione, che continuava a ristagnare, l’economia era soggetta a livelli di rischio sempre maggiori. Ciò fu compensato da un maggiore salasso della popolazione nel suo complesso e da massicce infusioni finanziarie statali al capitale spesso organizzate dalle banche centrali.49

Non esiste una via d’uscita visibile da questo ciclo all’interno del sistema monopolistico-capitalistico. Quanto più la sovrastruttura finanziaria cresce rispetto al sistema produttivo sottostante (o all’economia reale) e quanto più lunghi sono i periodi di oscillazione verso l’alto del ciclo economico-finanziario, tanto più devastanti possono essere le crisi che ne conseguono. Nel XXI secolo, gli Stati Uniti hanno sperimentato tre periodi di crollo/recessione finanziaria, con il crollo del boom tecnologico nel 2000, la Grande Crisi Finanziaria/Grande Recessione derivante dallo scoppio della bolla dei mutui delle famiglie nel 2007-2009 e la profonda recessione innescata dalla pandemia COVID-19 nel 2020.

La svolta neofascista

La Grande Crisi Finanziaria ha avuto effetti duraturi sull’oligarchia finanziaria statunitense e sull’intero corpo politico, portando a significative trasformazioni nelle matrici di potere della società. La rapidità con cui il sistema finanziario è sembrato dirigersi verso un “crollo nucleare”, dopo il crollo di Lehman Brothers nel settembre 2008, ha gettato l’oligarchia capitalista e gran parte della società in uno stato di shock, con la crisi che si è rapidamente diffusa in tutto il mondo. Il crollo di Lehman Brothers, che è stato l’evento più drammatico di una crisi finanziaria che si stava sviluppando già da un anno, è stato provocato dal rifiuto del governo, in qualità di prestatore di ultima istanza, di salvare quella che all’epoca era la quarta banca d’investimento statunitense. Ciò era dovuto alla preoccupazione dell’amministrazione di George W. Bush per quello che i conservatori chiamavano l'”azzardo morale” che poteva derivare dall’assunzione di investimenti altamente rischiosi da parte di grandi aziende con l’aspettativa di essere salvate da salvataggi governativi. Tuttavia, con l’intero sistema finanziario che traballava in seguito al crollo di Lehman Brothers, un tentativo di salvataggio governativo massiccio e senza precedenti per salvaguardare gli asset di capitale è stato organizzato principalmente dal Federal Reserve Board. Questo ha incluso l’istituzione del “quantitative easing”, ovvero la stampa di denaro per stabilizzare il capitale finanziario, con conseguente iniezione di trilioni di dollari nel settore delle imprese.

All’interno dell’establishment economico, il riconoscimento aperto di decenni di stagnazione secolare, che era stato a lungo analizzato a sinistra dagli economisti marxisti (e redattori della Monthly Review) Harry Magdoff e Sweezy, è finalmente emerso all’interno del mainstream, insieme al riconoscimento della teoria dell’instabilità finanziaria di Hyman Minsky sulla crisi. Le deboli prospettive dell’economia statunitense, che puntavano a una continua stagnazione e finanziarizzazione, furono riconosciute sia dagli analisti economici ortodossi che da quelli radicali.50

La cosa più spaventosa per la classe capitalista statunitense durante la Grande Crisi Finanziaria è stato il fatto che, mentre l’economia statunitense e quelle di Europa e Giappone erano precipitate in una profonda recessione, l’economia cinese si era a malapena fermata per poi tornare a crescere quasi a due cifre. Da quel momento in poi la scritta sul muro era chiara: L’egemonia economica degli Stati Uniti nell’economia mondiale stava rapidamente scomparendo in linea con l’avanzata apparentemente inarrestabile della Cina, minacciando l’egemonia del dollaro e il potere imperiale del capitale monopolistico-finanziario statunitense.51

La Grande Recessione, pur avendo portato all’elezione a presidente del democratico Barack Obama, ha visto l’improvvisa esplosione di un movimento politico della destra radicale, basato principalmente sulla classe medio-bassa, che si è opposto ai salvataggi dei mutui per le case, ritenendo che questi andassero a beneficio della classe medio-alta e della classe operaia sottostante. La talk radio conservatrice, che si rivolge al suo pubblico bianco di classe medio-bassa, si è opposta fin dall’inizio a tutti i salvataggi governativi durante la crisi.52 Tuttavia, quello che è diventato noto come il movimento di destra radicale del Tea Party si è scatenato il 19 febbraio 2009, quando Rick Santelli, un commentatore della rete economica CNBC, ha iniziato una filippica su come il piano dell’amministrazione Obama per il salvataggio dei mutui per la casa fosse un piano socialista (che ha paragonato al governo cubano) per costringere le persone a pagare per i cattivi acquisti di case e per le case di lusso dei loro vicini, violando i principi del libero mercato. Nel suo intervento, Santelli ha citato il Tea Party di Boston e in pochi giorni sono stati organizzati gruppi Tea Party in diverse parti del Paese.53

Il Tea Party inizialmente rappresentava una tendenza libertaria che era finanziata dal grande capitale, in particolare dai grandi interessi petroliferi rappresentati dai fratelli David e Charles Koch – ognuno dei quali era allora nella top ten dei miliardari degli Stati Uniti – insieme a quella che è nota come la rete Koch di individui ricchi in gran parte associati al private equity. La decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti del 2010 Citizens United v. Federal Election Commission ha eliminato la maggior parte delle restrizioni al finanziamento dei candidati politici da parte di ricchi e aziende, consentendo al dark money di dominare la politica statunitense come mai prima d’ora. Ottantasette membri repubblicani del Tea Party sono stati eletti alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, perlopiù in distretti con una serie di seggi in cui i democratici erano praticamente assenti. Marco Rubio, uno dei preferiti del Tea Party, è stato eletto al Senato degli Stati Uniti dalla Florida. Ben presto è apparso evidente che il ruolo del Tea Party non era quello di avviare nuovi programmi, ma di impedire che il governo federale funzionasse del tutto. Il suo più grande risultato è stato il Budget Control Act del 2011, che ha introdotto tetti massimi e sequestri volti a impedire aumenti della spesa federale a beneficio della popolazione nel suo complesso (in contrapposizione ai sussidi al capitale e alle spese militari a sostegno dell’impero) e che ha prodotto lo shutdown governativo del 2013, ampiamente simbolico. Il Tea Party ha anche introdotto la teoria razzista del complotto (nota come birtherismo) secondo cui Obama sarebbe un musulmano nato all’estero.54

Il Tea Party, che non era tanto un movimento di base quanto una manipolazione conservatrice basata sui media, ha comunque dimostrato che si era creato un momento storico in cui era possibile per le sezioni del capitale monopolistico-finanziario mobilitare la classe medio-bassa, in maggioranza bianca, che aveva sofferto sotto il neoliberismo ed era la sezione più nazionalista, razzista, sessista e revanscista della popolazione statunitense sulla base della propria ideologia innata. Questo strato era quello che Mills aveva definito “la retroguardia” del sistema.55 Composta da manager di basso livello, piccoli imprenditori, piccoli proprietari terrieri rurali, cristiani evangelici bianchi e simili, la classe/strato medio-basso nella società capitalista occupa una posizione di classe contraddittoria.56 Con redditi generalmente ben al di sopra del livello mediano della società, la classe medio-bassa si trova al di sopra della maggioranza della classe operaia e generalmente al di sotto della classe medio-alta o dello strato professionale-manageriale, con livelli di istruzione più bassi e spesso identificandosi con i rappresentanti del grande capitale. È caratterizzata dalla “paura di cadere” nella classe operaia.57 Storicamente, i regimi fascisti sorgono quando la classe capitalista si sente particolarmente minacciata e quando la democrazia liberale non è in grado di affrontare le fondamentali contraddizioni politico-economiche e imperiali della società. Questi movimenti si basano sulla mobilitazione della classe dirigente della classe medio-bassa (o piccola borghesia) insieme ad alcuni dei settori più privilegiati della classe operaia.58

Nel 2013 il Tea Party era in declino, ma continuava a mantenere un notevole potere a Washington sotto forma di House Freedom Caucus, istituito nel 2015.59 Ma nel 2016 si sarebbe trasformato nel movimento Make America Great Again (MAGA) di Trump, una formazione politica neofascista a tutti gli effetti, basata su una stretta alleanza tra settori della classe dirigente statunitense e una classe medio-bassa mobilitata, che ha portato alla vittoria di Trump nelle elezioni del 2016 e del 2024. Nel 2016 Trump ha scelto come compagno di corsa Mike Pence, membro del Tea Party e politico di destra radicale sostenuto da Koch, dell’Indiana.60 Nel 2025, Trump avrebbe nominato Rubio, eroe del Tea Party, Segretario di Stato. Parlando del Tea Party, Trump ha dichiarato: “Quelle persone sono ancora lì. Non hanno cambiato le loro opinioni. Il Tea Party esiste ancora, solo che ora si chiama Make America Great Again”. 61

Il blocco politico MAGA di Trump non predicava più il conservatorismo fiscale, che per la destra era stato un mero strumento per minare la democrazia liberale. Tuttavia, il movimento MAGA ha mantenuto la sua ideologia revanscista, razzista e misogina orientata alla classe medio-bassa, insieme a una politica estera nazionalista e militarista estrema simile a quella dei Democratici. Il nemico unico che definisce la politica estera di Trump è la Cina in ascesa. Il neofascismo MAGA ha visto il riemergere del principio del leader in cui le azioni del leader sono considerate inviolabili. Questo principio è stato accompagnato da un maggiore controllo del governo da parte della classe dirigente, attraverso le sue fazioni più reazionarie. Nel fascismo classico in Italia e in Germania, la privatizzazione delle istituzioni governative (una nozione sviluppata sotto i nazisti) era associata a un aumento delle funzioni coercitive dello Stato e a un’intensificazione del militarismo e dell’imperialismo.62 In linea con questa logica generale, il neoliberismo ha costituito la base per l’emergere del neofascismo e ne è scaturita una sorta di cooperazione, alla maniera dei “fratelli guerrieri”, che ha portato alla fine a un’alleanza neofascista-neoliberale che domina lo Stato e i mezzi di comunicazione, radicata nelle più alte sfere della classe monopolista-capitalista.63

Oggi il dominio diretto di una parte potente della classe dirigente degli Stati Uniti non può più essere negato. La base familiare-dinastica della ricchezza nei Paesi a capitalismo avanzato, nonostante i nuovi ingressi nel club dei miliardari, è stata dimostrata da recenti analisi economiche, in particolare da Thomas Piketty in Capitale nel XXI secolo.ricchi aziendali, in cui coloro che accumulavano le grandi fortune, le loro famiglie e le loro reti rimanevano sullo sfondo e la classe capitalista non aveva e non poteva avere una forte presa sullo Stato, si sono dimostrati tutti in errore. La realtà odierna non è tanto quella della lotta di classe quanto quella della guerra di classe. Come ha dichiarato il miliardario Warren Buffett: “C’è una guerra di classe, d’accordo, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo”. 65

La centralizzazione del surplus globale nella classe monopolistica-capitalista statunitense ha creato un’oligarchia finanziaria senza precedenti, e gli oligarchi hanno bisogno dello Stato. Questo vale soprattutto per il settore dell’alta tecnologia, che dipende profondamente dalla spesa militare statunitense e dalla tecnologia militare sia per i suoi profitti che per la sua stessa ascesa tecnologica. Il sostegno di Trump è arrivato soprattutto dai miliardari che si sono privati (non basando la loro ricchezza su società pubbliche quotate in borsa e soggette a regolamentazione governativa) e dal private equity in generale.66 Tra i maggiori finanziatori rivelati della sua campagna per il 2024 ci sono Tim Mellon (nipote di Andrew Mellon ed erede della fortuna bancaria dei Mellon); Ike Perlmutter, ex presidente della Marvel Entertainment; il miliardario Peter Thiel, cofondatore di PayPal e proprietario di Palantir, un’azienda di sorveglianza e data mining sostenuta dalla CIA (il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance ha dichiarato di essere un miliardario.Il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance è un protetto di Thiel); Marc Andreessen e Ben Horowitz, due delle figure di spicco della finanza della Silicon Valley; Miriam Adelson, moglie del defunto miliardario dei casinò Sheldon Adelson; il magnate delle spedizioni Richard Uihlein, erede della fortuna della birra Uihlein Brewing-Schlitz; ed Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, proprietario di Tesla, X e SpaceX, che ha fornito oltre un quarto di miliardo di dollari alla campagna di Trump. Il dominio del dark money, superiore a tutte le precedenti elezioni, rende impossibile tracciare l’elenco completo dei miliardari che sostengono Trump. Tuttavia, è chiaro che gli oligarchi tecnologici sono stati al centro del suo sostegno.67

È importante notare che il sostegno di Trump nella classe capitalista e tra gli oligarchi tecnologico-finanziari non proveniva principalmente dai sei monopoli tecnologici originari: Apple, Amazon, Alphabet (Google), Meta (Facebook), Microsoft e (più recentemente) il leader della tecnologia AI Nvidia. Al contrario, è stato principalmente il beneficiario dell’alta tecnologia della Silicon Valley, del private equity e del grande petrolio. Sebbene sia un miliardario, Trump è un semplice agente della trasformazione politico-economica della classe dirigente che si sta verificando dietro il velo di un movimento popolare nazional-populista. Come ha scritto il giornalista ed economista scozzese ed ex deputato del Partito Nazionale Scozzese George Kerevan, Trump è un “demagogo, ma è ancora solo un simbolo delle vere forze di classe”.

L’amministrazione Biden ha rappresentato principalmente gli interessi dei settori neoliberali della classe capitalista, pur facendo alcune concessioni temporanee alla classe operaia e ai poveri. Prima della sua elezione aveva promesso a Wall Street che “nulla sarebbe fondamentalmente cambiato” se fosse diventato presidente.69 È stato quindi profondamente ironico che Biden abbia avvertito nel suo discorso di addio al Paese nel gennaio 2025: “Oggi in America sta prendendo forma un’oligarchia di estrema ricchezza, potere e influenza che minaccia letteralmente la nostra intera democrazia, i nostri diritti e le nostre libertà fondamentali e la possibilità per tutti di fare carriera”. Questa “oligarchia”, ha dichiarato Biden, è radicata non solo nella “concentrazione di potere e ricchezza”, ma anche nella “potenziale ascesa di un complesso tecnologico-industriale”. Le basi di questo potenziale complesso tecnologico-industriale che alimenta la nuova oligarchia, ha affermato, sono l’ascesa del “denaro nero” e l’IA incontrollata. Riconoscendo che la Corte Suprema degli Stati Uniti era diventata una roccaforte del controllo oligarchico, Biden ha proposto un limite di diciotto anni per i giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti. Nessun presidente americano in carica dai tempi di Franklin D. Roosevelt ha sollevato con tanta forza la questione del controllo diretto della classe dirigente sul governo degli Stati Uniti, ma nel caso di Biden ciò è avvenuto al momento della sua partenza dalla Casa Bianca.70

I commenti di Biden, anche se forse facili da ignorare sulla base del fatto che il controllo oligarchico dello Stato non è una novità negli Stati Uniti, sono stati senza dubbio indotti dalla sensazione di un grande cambiamento in atto nello Stato americano con una presa di potere neofascista. La vicepresidente Kamala Harris aveva apertamente descritto Trump come “fascista” durante la sua campagna per la presidenza.71 Non si trattava solo di manovre politiche e della solita porta girevole tra i partiti democratico e repubblicano nel duopolio politico statunitense. Nel 2021, la rivista Forbes ha stimato il patrimonio netto dei membri del gabinetto di Biden in 118 milioni di dollari.72 Per contro, gli alti funzionari di Trump comprendono tredici miliardari, con un patrimonio netto totale, secondo Public Citizen, di ben 460 miliardi di dollari, tra cui Elon Musk con un patrimonio di 400 miliardi di dollari. Anche senza Musk, il gabinetto miliardario di Trump ha un patrimonio di decine di miliardi di dollari, rispetto ai 3,2 miliardi della precedente amministrazione.73

Nel 2016, come ha notato Doug Henwood, i principali capitalisti statunitensi guardavano a Trump con un certo sospetto; nel 2025 l’amministrazione Trump è un regime di miliardari. La politica di destra radicale di Trump ha portato all’occupazione diretta di posti di governo da parte di figure tra i 400 americani più ricchi di Forbes con l’obiettivo di revisionare l’intero sistema politico statunitense. I tre uomini più ricchi del mondo si trovavano sull’affollato palco con Trump durante la sua inaugurazione nel 2025. Piuttosto che rappresentare una leadership più efficace da parte della classe dirigente, Henwood vede questi sviluppi come un segno del suo “marciume” interno.”74

Nell’appendice che Block scrisse al suo articolo “The Ruling Class Does Not Rule” (La classe dirigente non governa) quando fu ristampato da Jacobin nel 2020, egli raffigurava Biden come un agente politico ampiamente autonomo nel sistema statunitense. Block sosteneva che, a meno che Biden non istituisse una politica socialdemocratica volta a favorire la classe operaia – cosa che Biden aveva già promesso a Wall Street di non fare -, alle elezioni del 2024 avrebbe vinto qualcuno peggiore di Trump.75 Tuttavia, i politici non sono agenti liberi in una società capitalista. Né sono responsabili principalmente nei confronti degli elettori. Come recita l’adagio, “chi paga il pifferaio chiama la melodia”. Impediti dai loro grandi donatori di spostarsi anche solo leggermente a sinistra durante le elezioni, i Democratici, schierando Harris, il vicepresidente di Biden, come candidato alla presidenza, hanno perso perché milioni di elettori della classe operaia che avevano votato per Biden alle elezioni precedenti ed erano stati abbandonati dalla sua amministrazione hanno abbandonato a loro volta i Democratici. Piuttosto che sostenere Trump, gli ex elettori democratici hanno scelto soprattutto di aderire al più grande partito politico degli Stati Uniti: Il partito dei non votanti.76

Ciò che è emerso è qualcosa di peggiore della semplice ripetizione del precedente mandato presidenziale di Trump. Il regime demagogico MAGA di Trump è ora diventato un caso ampiamente non mascherato di governo politico della classe dirigente sostenuto dalla mobilitazione di un movimento revanscista principalmente di classe medio-bassa, che forma uno Stato neofascista di destra con un leader che ha dimostrato di poter agire impunemente e che ha dimostrato di essere in grado di oltrepassare le precedenti barriere costituzionali: una vera e propria presidenza imperiale. Trump e Vance hanno forti legami con la Heritage Foundation e con il suo reazionario Progetto 2025, che fa parte della nuova agenda MAGA.77 La questione ora è fino a che punto questa trasformazione politica della destra può spingersi e se sarà istituzionalizzata nell’ordine attuale, il che dipende dall’alleanza classe dirigente/MAGA, da un lato, e dalla lotta gramsciana per l’egemonia dal basso, dall’altro.

Il marxismo occidentale e la sinistra occidentale in generale hanno a lungo abbandonato la nozione di classe dirigente, ritenendola troppo “dogmatica” o una “scorciatoia” per l’analisi dell’élite di potere. Tali punti di vista, pur conformandosi alle finezze intellettuali e ai fili d’ago caratteristici del mondo accademico mainstream, inculcavano una mancanza di realismo debilitante in termini di comprensione delle necessità di lotta in un’epoca di crisi strutturale del capitale.

In un articolo del 2022 intitolato “The U.S. Has a Ruling Class and Americans Must Stand Up to It”, Sanders ha sottolineato che,

I problemi economici e politici più importanti che questo Paese deve affrontare sono gli straordinari livelli di disuguaglianza di reddito e di ricchezza, la rapida crescita della concentrazione della proprietà… e l’evoluzione di questo Paese verso l’oligarchia….

Oggi la disuguaglianza di reddito e di ricchezza è maggiore che in qualsiasi altro momento degli ultimi cento anni. Nel 2022, tre multimiliardari possiederanno più ricchezza della metà inferiore della società americana – 60 milioni di americani. Oggi, il 45% di tutti i nuovi redditi va al top 1%, e gli amministratori delegati delle grandi aziende guadagnano una cifra record, 350 volte superiore a quella dei loro lavoratori….

In termini di potere politico, la situazione è la stessa. Un piccolo numero di miliardari e amministratori delegati, attraverso i loro Super Pac, i fondi oscuri e i contributi alle campagne elettorali, giocano un ruolo enorme nel determinare chi viene eletto e chi viene sconfitto. Sono sempre più numerose le campagne in cui i Super Pac spendono più soldi dei candidati, che diventano i burattini dei loro burattinai. Nelle primarie democratiche del 2022, i miliardari hanno speso decine di milioni per cercare di sconfiggere i candidati progressisti che si battevano per le famiglie dei lavoratori.78

In risposta alle elezioni presidenziali del 2024, Sanders ha sostenuto che un apparato del Partito Democratico che ha speso miliardi per perpetrare “una guerra totale contro l’intero popolo palestinese” abbandonando la classe operaia statunitense, ha visto la classe operaia rifiutarlo a favore del Partito dei non votanti. Centocinquanta famiglie miliardarie, ha riferito, hanno speso quasi 2 miliardi di dollari per influenzare le elezioni statunitensi del 2024. Questo ha messo al potere nel governo federale un’oligarchia di classe dirigente che non finge più di rappresentare gli interessi di tutti. Nel combattere queste tendenze, Sanders ha dichiarato: “La disperazione non è un’opzione. Non stiamo combattendo solo per noi stessi. Stiamo combattendo per i nostri figli e per le generazioni future, e per il benessere del pianeta.”79

Ma come combattere? Di fronte alla realtà di un’aristocrazia del lavoro tra i lavoratori più privilegiati dei principali Stati monopolisti-capitalisti che si allineavano con l’imperialismo, la soluzione di Lenin fu quella di approfondire la classe operaia e allo stesso tempo ampliarla, basando la lotta su coloro che in ogni paese del mondo non hanno nulla da perdere se non le loro catene e che si oppongono all’attuale monopolio imperialista.80 In definitiva, il collegio elettorale dello Stato neofascista della classe dirigente di Trump è sottile come lo 0,0001%, costituendo quella porzione del corpo politico statunitense che il suo gabinetto miliardario può ragionevolmente essere detto di rappresentare.81

Note

  1. “Full Transcript of President Biden’s Farewell Address”, New York Times, 15 gennaio 2025; Bernie Sanders, “The US Has a Ruling Class-And Americans Must Stand Up to It”, Guardian, 2 settembre 2022.
  2. James Burnham, The Managerial Revolution (London: Putnam and Co., 1941); John Kenneth Galbraith, American Capitalism: The Concept of Countervailing Power (Cambridge, Massachusetts: Riverside Press, 1952); C. Wright Mills, The Power Elite (Oxford: Oxford University Press, 1956), 147-70.
  3. Joseph A. Schumpeter, Capitalismo, socialismo e democrazia (New York: Harper Brothers, 1942), 269-88; Robert Dahl, Chi governa? Democracy and Power in an American City (New Haven: Yale, 1961); John Kenneth Galbraith, The New Industrial State (New York: New American Library, 1967, 1971).
  4. C. B. Macpherson, The Life and Times of Liberal Democracy (Oxford: Oxford University Press, 1977), 77-92.
  5. Mills, The Power Elite, 170, 277.
  6. Paul M. Sweezy, Modern Capitalism and Other Essays (New York: Monthly Review Press, 1972), 92-109; G. William Domhoff, Who Rules America? (Englewood Cliffs, New Jersey: Prentice-Hall, prima edizione, 1967), 7-8, 141-42.
  7. G. William Domhoff, “The Power Elite and Its Critics”, in C. Wright Mills and The Power Elite, eds. G. William Domhoff e Hoyt B. Ballard (Boston: Beacon Press, 1968), 276.
  8. Nicos Poulantzas, Political Power and Social Classes (London: Verso, 1975); Ralph Miliband, The State in Capitalist Society (London: Quartet Books, 1969).
  9. Fred Block, “La classe dirigente non governa: Note sulla teoria marxista dello Stato”, Rivoluzione socialista, no. 33 (maggio-giugno 1977): 6-28. Nel 1978, l’anno successivo alla pubblicazione dell’articolo di Block, il titolo di Rivoluzione socialista fu cambiato in Rassegna socialista, riflettendo l’esplicito passaggio della rivista a una visione politica socialdemocratica.
  10. Fred Block, “La classe dirigente non governa“, ristampa 2020 con epilogo, Jacobin, 24 aprile 2020.
  11. Peter Charalambous, Laura Romeo e Soo Rin Kim, “Trump ha scelto 13 miliardari senza precedenti per la sua amministrazione. Ecco chi sono”, ABC News, 17 dicembre 2024.
  12. Karl Marx, Early Writings (London: Penguin, 1974), 90.
  13. Karl Polanyi, “Aristotele scopre l’economia”, in Trade and Market in the Early Empires: Economies in History and Theory, eds. Karl Polanyi, Conrad M. Arensberg e Harry W. Pearson (Glencoe, Illinois: The Free Press, 1957), 64-96.
  14. Ernest Barker, The Political Thought of Plato and Aristotle (New York: Russell and Russell, 1959), 317; John Hoffman, “The Problem of the Ruling Class in Classical Marxist Theory,” Science and Society 50, no. 3 (autunno 1986): 342-63.
  15. Karl Marx e Friedrich Engels, Il Manifesto comunista (New York: Monthly Review Press, 1964), 5.
  16. Karl Marx, Capital, vol. 1 (London: Penguin, 1976), 333-38, 393-98.
  17. Karl Marx, The Eighteenth Brumaire of Louis Bonaparte (New York: International Publishers, 1963).
  18. Karl Kautsky citato in Miliband, The State in Capitalist Society, 51.
  19. Ralph Miliband, Parliamentary Socialism: A Study in the Politics of Labor (New York: Monthly Review Press, 1961).
  20. Miliband, Lo Stato nella società capitalista, 16, 29, 45, 51-52, 55.
  21. Nicos Poulantzas, “Il problema dello Stato capitalista”, in Ideologia nella scienza sociale: Readings in Critical Social Theory, a cura di Robin Blackburn (New York: Vintage). Robin Blackburn (New York: Vintage, 1973), 245.
  22. Ralph Miliband, “Reply to Nicos Poulantzas”, in Ideology in Social Science, ed. Blackburn, 259-60.
  23. Nicos Poulantzas, State, Power, Socialism (London: New Left Books, 1978); Karl Marx e Frederick Engels, Scritti sulla Comune di Parigi (New York: Monthly Review Press, 1971); V. I. Lenin, Collected Works (Mosca: Progress Publishers, n.d.), vol. 25, 345-539. Sul passaggio di Poulantzas alla socialdemocrazia, si veda Ellen Meiksins Wood, The Retreat from Class (London: Verso, 1998), 43-46.
  24. Domhoff, Who Rules America? (edizione 1967), 1-2, 3; Paul M. Sweezy, The Present as History (New York: Monthly Review Press, 1953), 120-38.
  25. G. William Domhoff, The Powers That Be: Processes of Ruling-Class Domination in America (New York: Vintage, 1978), 14.
  26. G. William Domhoff, Who Rules America? (London: Routledge, 8a edizione, 2022), 85-87. Nell’edizione del 1967 del suo libro, Domhoff aveva criticato il fatto che Mills avesse riunito i ricchissimi (i proprietari) e i manager nella categoria dei ricchi aziendali, cancellando così questioni cruciali. Domhoff, Chi governa l’America? (edizione 1967), 141. Sul concetto di praticità liberale si veda C. Wright Mills, The Sociological Imagination” (New York: Oxford, 1959), 85-86; John Bellamy Foster, “Liberal Practicality and the U.S. Left”, in Socialist Register 1990: The Retreat of the Intellectuals, eds. Ralph Miliband, Leo Panitch e John Saville (Londra: Merlin Press, 1990), 265-89.
  27. Stanislav Menshikov, Milionari e manager (Mosca: Progress Publishers, 1969), 5-6.
  28. Menshikov, Milionari e manager, 7, 321.
  29. Sweezy, Il presente come storia, 158-88.
  30. Menshikov, Milionari e manager, 322.
  31. Menshikov, Milionari e manager, 324-25.
  32. Menshikov, Milionari e manager, 325, 327.
  33. Menshikov, Milionari e manager, 323-24.
  34. Block, “La classe dirigente non governa”, 6-8, 10, 15, 23; Max Weber, Economia e società, vol. 2 (Berkeley: University of California Press, 1978), 1375-80.
  35. Block, “La classe dirigente non governa”, 9-10, 28.
  36. Wood, La ritirata dalla classe.
  37. Geoff Hodgson, L’economia democratica: A New Look at Planning, Markets and Power (London: Penguin, 1984), 196.
  38. Paul A. Baran e Paul M. Sweezy, Monopoly Capital (New York: Monthly Review Press, 1966), 339.
  39. Baran e Sweezy, Monopoly Capital, 155.
  40. Sull’età dell’oro del capitalismo, si veda Eric Hobsbawm, The Age of Extremes (New York: Vintage, 1996), 257-86; Michael Perelman, Railroading Economics: The Creation of the Free Market Mythology (New York: Monthly Review Press, 2006), 175-98.
  41. Baran e Sweezy, Monopoly Capital, 108, 336.
  42. Sulla stagnazione economica, la finanziarizzazione e la ristrutturazione, si veda Harry Magdoff e Paul M. Sweezy, . Sweezy, Stagnation and the Financial Explosion (New York: Monthly Review Press, 1986); Joyce Kolko, Restructuring World Economy (New York: Pantheon, 1988); John Bellamy Foster e Robert W. McChesney, The Endless Crisis (New York: Monthly Review Press, 2012).
  43. Lewis F. Powell, “Memorandum confidenziale: Attack on the American Free Enterprise System“, 23 agosto 1971, Greenpeace, greenpeace.org; John Nichols e Robert W. McChesney, Dollarocracy: How the Money and Media Election Complex Is Destroying America (New York: Nation Books, 2013), 68-84.
  44. Robert Frank, “‘Robin Hood al contrario’: La storia di una frase“, CNBC, 7 agosto 2012.
  45. John Kenneth Galbraith, The Affluent Society (New York: New American Library, 1958), 78-79.
  46. Si veda Fred Magdoff e John Bellamy Foster, The Great Financial Crisis (New York: Monthly Review Press, 2009).
  47. John Smith, Imperialism in the Twenty-First Century (New York: Monthly Review Press, 2016); Intan Suwandi, Value Chains: The New Economic Imperialism (New York: Monthly Review Press, 2019). L’applicazione di criteri finanziarizzati alle aziende ha alimentato le ondate di fusioni degli anni ’80 e ’90, con ogni sorta di acquisizione ostile di aziende “sottoperformanti” o “sottovalutate” che spesso portavano alla cannibalizzazione dell’azienda e alla vendita delle sue parti al miglior offerente. Si veda Perelman, Railroading Economics, 187-96.
  48. István Mészáros, The Structural Crisis of Capital (New York: Monthly Review Press, 2010).
  49. Si veda Fred Magdoff e John Bellamy Foster, “Grand Theft Capital: The Increasing Exploitation and Robbery of the U.S. Working Class,” Monthly Review 75, no. 1 (maggio 2023): 1-22.
  50. Si veda John Cassidy, How Markets Fail: The Logic of Economic Calamities (New York: Farrar, Straus, and Giroux, 2009); James K. Galbraith, The End of Normal (New York: Simon and Schuster, 2015); Foster e McChesney, The Endless Crisis; Hans G. Despain, “Secular Stagnation: Mainstream Versus Marxian Traditions,” Monthly Review 67, no. 4 (settembre 2015): 39-55.
  51. John Bellamy Foster e Brett Clark, “Imperialismo nell’Indo-Pacifico,” Rassegna mensile 76, no. 3 (luglio-agosto 2024): 6-13.
  52. Matthew Bigg, “Conservative Talk Radio Rails against Bailout”, Reuters, 26 settembre 2008.
  53. Geoff Kabaservice, “The Forever Grievance: Conservatives Have Traded Periodic Revolts for a Permanent Revolution”, Washington Post, 4 dicembre 2020; Michael Ray, “The Tea Party Movement“, Encyclopedia Britannica, 16 gennaio 2025, britannica.com; Anthony DiMaggio, The Rise of the Tea Party: Political Discontent and Corporate Media in the Age of Obama (New York: Monthly Review Press, 2011).
  54. Kabaservice, “The Forever Grievance”; Suzanne Goldenberg, “Tea Party Movement: Billionaire Koch Brothers Who Helped It Growth”, Guardian, 13 ottobre 2010; Doug Henwood, “Take Me to Your Leader: The Rot of the American Ruling Class”, Jacobin, 27 aprile 2021.
  55. C. Wright Mills, White Collar (New York: Oxford University Press, 1953), 353-54.
  56. Sul concetto di contraddittorietà delle posizioni di classe, si veda Erik Olin Wright, Class, Crisis and the State (London: Verso, 1978), 74-97.
  57. Barbara Ehrenreich, Fear of Falling: The Inner Life of the Middle Class (New York: HarperCollins, 1990); Nate Silver, “The Mythology of Trump’s ‘Working Class’ Support” (La mitologia del sostegno della classe operaia di Trump), ABC News, 3 maggio 2016; Thomas Ogorzalek, Spencer Piston e Luisa Godinez Puig, “White Trump Voters Are Richer than They Appear” (Gli elettori bianchi di Trump sono più ricchi di quanto sembrino), Washington Post, 12 novembre 2019.
  58. L’analisi qui riportata si basa su John Bellamy Foster, Trump in the White House (New York: Monthly Review Press, 2017).
  59. Kabaservice, “The Forever Grievance”.
  60. Liza Featherstone, “È un po’ tardi per Mike Pence per atteggiarsi a coraggioso dissenziente di Donald Trump“, Jacobin, 8 gennaio 2021.
  61. Trump citato in Kabaservice, “The Forever Grievance”.
  62. Foster, Trump alla Casa Bianca, 26-27.
  63. Karl Marx, Herr Vogt: A Spy in the Worker’s Movement (Londra: New Park Publications, 1982), 70.
  64. Thomas Piketty, Capital in the Twenty-First Century (Cambridge, Massachusetts: Harvard University Press, 2014), 391-92.
  65. Warren Buffett citato in Nichols e McChesney, Dollarocracy, 31.
  66. Going Dark: The Growth of Private Markets and the Impact on Investors and the Economy”, U.S. Securities and Exchange Commission, 12 ottobre 2021, sec.gov; Brendan Ballou, Plunder: Private Equity’s Plan to Pillage America (New York: Public Affairs, 2023); Gretchen Morgenson e Joshua Rosner, These Are the Plunderers: How Private Equity Runs-and Wrecks-America (New York: Simon and Schuster, 2023).
  67. George Kerevan, “La classe dirigente americana si sta spostando verso Trump“, Brave New Europe, 19 luglio 2024, braveneweurope.com; Anna Massoglia, “La spesa esterna per le elezioni del 2024 infrange i record, alimentata da miliardi di dollari di denaro scuro“, Open Secrets, 5 novembre 2024, opensecrets.org.
  68. Kerevan, “La classe dirigente americana si sta spostando verso Trump”.
  69. Igor Derysh, “Joe Biden ai ricchi donatori: ‘Nulla cambierebbe fondamentalmente’ se venisse eletto”, Salon, 19 giugno 2019.
  70. Biden, “Trascrizione integrale del discorso di addio del Presidente Biden”.
  71. Will Weissert e Laurie Kellman, “Cos’è il fascismo? E perché Harris dice che Trump è un fascista?”, Associated Press, 24 ottobre 2024.
  72. Dan Alexander e Michela Tindera, “Il patrimonio netto del gabinetto di Joe Biden“, Forbes, 29 giugno 2021.
  73. Il gabinetto miliardario di Trump rappresenta il top 0,0001%”, Public Citizen, 14 gennaio 2025, citizen.org; Peter Charalambous, Laura Romero e Soo Rin Kim, “Trump ha intrappolato 13 miliardari senza precedenti nella sua amministrazione. Ecco chi sono”, ABC News, 17 dicembre 2024.
  74. Adriana Gomez Licon e Alex Connor, “Billionaires, Tech Titans, Presidents: A Guide to Who Stood Where at Trump’s Inauguration”, Associated Press, 21 gennaio 2025; Doug Henwood, “Take Me to Your Leader: The Rot of the American Ruling Class”, Jacobin, 27 aprile 2021.
  75. Block, “La classe dirigente non governa” (ristampa del 2020 con epilogo).
  76. Domenico Montanaro, “Trump scende appena sotto il 50% nel voto popolare, ma ottiene più che nelle elezioni passate”, National Public Radio, 3 dicembre 2024, npr.org; Editors, “Notes from the Editors“, Monthly Review 76, n. 8 (gennaio 2025). Sul significato storico e teorico del Partito dei non votanti, si veda Walter Dean Burnham, The Current Crisis in American Politics (Oxford: Oxford University Press, 1983).
  77. Kerevan, “The American Ruling Class Is Shifting Towards Trump”; Alice McManus, Robert Benson e Sandana Mandala, “Dangers of Project 2025: Global Lessons in Authoritarianism“, Center for American Progress, 9 ottobre 2024.
  78. Bernie Sanders, “Gli Stati Uniti hanno una classe dirigente e gli americani devono opporsi”.
  79. Bernie Sanders, “Dichiarazione di Bernie sulle elezioni“, Occupy San Francisco, 7 novembre 2024, occupysf.net; Jake Johnson, “Sanders Lays Out Plan to Fight Oligarchy as Wealth of Top Billionaires Passes $10 Trillion”, Common Dreams, 31 dicembre 2024.
  80. V. I. Lenin, Collected Works, vol. 23 (Mosca: Progress Publishers, n.d.), 120.
  81. Claypool, “Il gabinetto miliardario di Trump rappresenta il top 0,0001%”.

Come rovinare un Paese, di Stephen Walt

Ormai Trump deve riuscire a sopravvivere ad una serie di attacchi concentrici, piuttosto che essere lui ad offendere indiscriminatamente; ogni svolta politica radicale deve partire da un ricambio negli apparati e dall’istituzione di una sorta di stato di eccezione. Questo, comunque, dal punto di vista degli interessi di un paese, che non sono necessariamente i nostri_Giuseppe Germinario

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Come rovinare un Paese

Una guida passo passo alla distruzione della politica estera degli Stati Uniti da parte di Donald Trump.

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Di Stephen M. Walt, editorialista di Politica estera e professore di relazioni internazionali all’Università di Harvard, Robert e Renée Belfer.

U.S. President Donald Trump gives a thumbs-up upon arrival at Joint Base Andrews in Maryland after spending the weekend at Mar-a-Lago.
Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump alza il pollice all’arrivo alla Joint Base Andrews nel Maryland dopo aver trascorso il fine settimana a Mar-a-Lago.

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Se siete lettori abituali di questa rubrica, sapete che spesso critico l’operato degli Stati Uniti sulla scena mondiale. Pensavo che la presidenza di George W. Bush fosse un disastro in politica estera; gli otto anni di Barack Obama sono stati una delusione, il primo mandato di Donald Trump un capolavoro e i quattro anni di Joe Biden sono stati infangati da dannosi errori strategici e morali. Ahimè, Trump e i suoi nominati hanno impiegato meno di tre mesi per superarli tutti in quanto a incompetenza in politica estera. E questo sarebbe vero anche se il Signalgate non fosse mai avvenuto.

Il secondo mandato di Trump

Rapporti e analisi in corso

Per essere chiari: non credo che Trump agisca per conto di una potenza straniera o che voglia consapevolmente rendere gli Stati Uniti meno sicuri e meno prosperi; sta solo agendo come se lo fosse. Si potrebbe dire che sta seguendo questa pratica “Guida in cinque passi per rovinare la politica estera degli Stati Uniti”.

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Passo 1: nominare molti sicofanti e lealisti.

Se volete rovinare un Paese, dovete iniziare assicurandovi che nessuno possa impedirvi di fare cose stupide e dannose. Quindi dovete nominare persone che siano incompetenticiecamente fedeli, totalmente dipendenti dal vostro patrocinio, o carente di spina dorsale o di principi, e liberatevi di chiunque possa essere indipendente, di principi e bravo nel proprio lavoro.

Come ha saggiamente osservato Walter Lippmann, “quando tutti pensano allo stesso modo, nessuno pensa molto”, e questo rende più facile per un leader fuorviato portare un Paese in un fosso. La mancanza di opposizione ha aiutato Joseph Stalin a gestire male l’economia sovietica, ha permesso a Mao Zedong di lanciare il disastroso “Grande balzo in avanti” e ha reso possibile ad Adolf Hitler di dichiarare guerra al resto d’Europa. La mancanza di un forte dissenso interno ha aiutato Bush ad andare in Iraq nel 2003. Se si vuole rovinare la politica estera del proprio Paese, ignorare le voci di dissenso e affidarsi a lacchè è un buon punto di partenza. In effetti, la fase 1 è fondamentale per l’intero programma: Se avete intenzione di fare un sacco di cose stupide, non volete che nessuno possa contraddirvi o limitarvi.


Fase 2: combattere con il maggior numero possibile di Stati.

La politica internazionale è intrinsecamente competitiva, ed è per questo che gli Stati si trovano meglio con molti partner per lo più amici e relativamente pochi nemici. Una politica estera di successo, quindi, è quella che massimizza il sostegno ottenuto dagli altri e riduce al minimo il numero di avversari. Aiutati da una geografia molto favorevole, gli Stati Uniti hanno avuto un notevole successo nell’ottenere il sostegno di alleati importanti in altre parti del mondo e sono stati molto più bravi della maggior parte dei loro avversari. Un ingrediente chiave di questo successo è stato quello di non agire in modo eccessivamente aggressivo o bellicoso, pur esercitando un’enorme influenza. Al contrario, la Germania guglielmina, l’Unione Sovietica, la Cina maoista, la Libia e l’Iraq di Saddam Hussein hanno adottato un comportamento bellicoso e minaccioso che ha incoraggiato i loro vicini e altri a unire le forze contro di loro. Tutte le grandi potenze giocano a carte scoperte, ma una grande potenza intelligente avvolge il suo pugno di ferro in un guanto di velluto, in modo da non provocare un’inutile opposizione.

Cosa sta facendo invece Trump? In meno di tre mesi, l’amministrazione Trump ha ripetutamente insultato i nostri alleati europei; ha minacciato di sequestrare il territorio appartenente a uno di loro (la Danimarca); e ha scatenato inutili litigi con Colombia, Messico, Canada e molti altri Paesi. Trump e il vicepresidente J.D. Vance hanno pubblicamente maltrattato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale e, come boss mafiosi, continuano a cercare di costringere l’Ucraina a cedere i diritti minerari in cambio di una continua assistenza da parte degli Stati Uniti. Con grande clamore, l’amministrazione ha smantellato l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, si è ritirata dall’Organizzazione mondiale della sanità e ha reso abbondantemente chiaro che il governo della più grande economia del mondo non è più interessato ad aiutare le società meno fortunate. Riuscite a pensare a un modo migliore per far fare bella figura alla Cina?

E poi, la settimana scorsa, Trump ha ignorato allegramente i ripetuti avvertimenti degli economisti di tutto lo spettro politico e ha imposto una serie di tariffe bizzarramente costruite su una lunga lista di alleati e avversari. Il verdetto di Wall Street sulla decisione ignorante di Trump è stato immediato: il più grande crollo di due giorni del mercato azionario nella storia degli Stati Uniti, mentre le previsioni di una recessione sono salite. Questa decisione scellerata non è stata una risposta a un’emergenza o un’imposizione al Paese da parte di altri; è stata una ferita autoinflitta che renderà milioni di americani più poveri, anche se non possiedono una sola azione.

Le conseguenze geopolitiche non saranno meno significative. Alcuni Stati stanno già reagendo con ritorsioni, aumentando ulteriormente il rischio di una recessione globale, ma anche i Paesi che non reagiscono cercheranno di ridurre la loro dipendenza dal mercato americano e inizieranno a perseguire accordi commerciali reciprocamente vantaggiosi senza gli Stati Uniti. E come ho notato nella mia ultima rubrica, iniziare una guerra commerciale con i nostri alleati asiatici è in contrasto con il desiderio dichiarato dell’amministrazione di competere con la Cina.


Passo 3: ignorare il potere del nazionalismo.

Trump ama dipingersi come un ardente nazionalista (anche se sembra più interessato all’arricchimento personale che ad aiutare il Paese nel suo complesso), ma non si rende conto che anche altri Paesi hanno sentimenti nazionali altrettanto forti. Quando Trump continua a insultare i leader di altri Paesi, a minacciare di prendere il loro territorio o a parlare di incorporarli, genera un forte risentimento nazionalista e i politici di questi Paesi scopriranno rapidamente che tenergli testa li renderà più popolari in patria. Così, i tentativi di Trump di intimidire e sminuire il Canada hanno messo in pericolo i canadesi e fatto risorgere il Partito liberale, proprio perché l’ex primo ministro Justin Trudeau e il suo successore, Mark Carney, hanno giocato la carta del nazionalismo con grande efficacia. Un risultato immediato è che meno canadesi vogliono visitare gli Stati Uniti (non è un bene per l’industria del turismo statunitense), e il governo sta cercando di stringere nuovi accordi economici e di sicurezza con altri paesi. Ci vuole un notevole livello di inettitudine diplomatica per mettere contro di noi un vicino amico come il Canada, ma Trump è stato all’altezza del compito.


Fase 4: Violare le norme, abbandonare gli accordi ed essere imprevedibili.

I leader saggi dei Paesi potenti sanno che le norme, le regole e le istituzioni possono essere strumenti utili per gestire le relazioni reciproche e controllare gli Stati più deboli. Le grandi potenze riscrivono o sfidano le regole quando è necessario, ma se lo fanno troppo spesso o troppo capricciosamente costringono gli altri a cercare partner più affidabili. Gli Stati che acquisiscono la reputazione di infrangere cronicamente le regole, come la Corea del Nord o l’Iraq sotto Hussein, saranno visti come pericolosi e probabilmente saranno ostracizzati o contenuti.

Trump e i suoi tirapiedi non capiscono nulla di tutto questo. Pensano che le istituzioni e le norme internazionali siano solo fastidiosi vincoli al potere degli Stati Uniti e credono che essere imprevedibili tenga gli altri Stati fuori equilibrio e massimizzi l’influenza degli Stati Uniti. Non si rendono conto che le istituzioni che modellano le relazioni tra gli Stati sono state concepite per lo più con gli interessi degli Stati Uniti e che questi accordi di solito migliorano la capacità di Washington di gestire gli altri. Strappare le regole o ritirarsi dalle principali organizzazioni internazionali rende più facile per gli altri Stati riscrivere le regole in modo da favorirli.

Inoltre, essere imprevedibili è negativo per gli affari – le aziende non possono prendere decisioni di investimento intelligenti se la politica degli Stati Uniti continua a cambiare da un giorno all’altro – e acquisire una reputazione di inaffidabilità scoraggia gli altri a cooperare con gli Stati Uniti in futuro. Perché uno Stato ragionevole dovrebbe modificare il proprio comportamento perché Trump ha promesso di fare qualcosa per loro in cambio, quando il presidente ha dimostrato ripetutamente che le sue promesse hanno poco significato?

Un’illustrazione mostra le mani di Donald Trump che scrivono la sua firma e poi la cancellano davanti a uno sfondo di container.


Fase 5: minare le basi del potere americano.

Nel mondo moderno, la forza economica, la capacità militare e il benessere della popolazione dipendono innanzitutto dalla conoscenza. Il vantaggio scientifico e tecnologico dell’America è il motivo principale per cui è stata l’economia più forte del mondo per decenni e per cui la sua potenza militare è stata così formidabile. La necessità di un potente istituto di ricerca è il motivo per cui la Cina sta investendo trilioni in questo settore e ha creato un numero crescente di università e organizzazioni di ricerca di livello mondiale. Un presidente che volesse che gli Stati Uniti fossero grandi, quindi, farebbe di tutto per mantenerli all’avanguardia del progresso scientifico e dell’innovazione.

Cosa sta facendo invece Trump? Oltre a nominare analfabeti scientifici in posizioni chiave del governo – sto parlando di te, Robert F. Kennedy Jr. – ha dichiarato aperta la stagione delle istituzioni che hanno alimentato la creazione di conoscenza e il progresso scientifico negli Stati Uniti dalla Seconda Guerra Mondiale. Non si tratta solo della decisione di prendere di mira Columbia o Harvard o Princeton o Brown per motivi molto dubbi; l’amministrazione ha anche chiuso l’Istituto della Pace degli Stati Uniti, l’Istituto della Pace degli Stati Uniti, l’Istituto della Pace degli Stati Uniti. Institute of Peace, smantellato il Woodrow Wilson International Center for Scholars, spurgato il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani, sventrato la National Science Foundation e minacciato di trattenere miliardi di dollari di fondi per la ricerca medica. Il risultato? I programmi di ricerca scientifica stanno chiudendo e i programmi di dottorato vengono tagliati, il che significa che in futuro il Paese avrà meno ricercatori qualificati in settori chiave. Gli scienziati stranieri cercheranno altri collaboratori e la capacità dell’America di attrarre le migliori menti a studiare e lavorare qui sarà messa a rischio. In effetti, alcuni scienziati statunitensi probabilmente emigreranno in Paesi dove il loro lavoro sarà ancora adeguatamente sostenuto e rispettato. Trump sta mettendo nella tritacarne un ingrediente chiave del potere, del prestigio e dell’influenza degli Stati Uniti.

E non sono solo le scienze naturali o la medicina a dover essere preservate. Anche dare la caccia agli scienziati sociali, ai programmi di studi di area e alle discipline umanistiche è pericoloso, perché queste aree di indagine sono il luogo in cui la nostra società ottiene nuove idee per affrontare i problemi sociali. È anche il luogo in cui le nuove idee e le proposte politiche vengono esaminate, criticate, sfatate o modificate. Un Paese che vuole essere grande vorrà anche che gli studiosi di tutto lo spettro politico indaghino e mettano in discussione le politiche economiche, le pratiche politiche e le condizioni sociali esistenti, in modo che i cittadini e i loro leader possano capire cosa funziona e cosa no, e proporre e valutare soluzioni alternative. Quando i politici mettono a tacere o emarginano le voci dissenzienti provenienti da tutto lo spettro politico, è più probabile che vengano adottate politiche insensate e meno probabile che vengano corrette quando falliscono. Ecco perché gli autocrati si accaniscono sempre contro le università e altre fonti indipendenti di conoscenza quando cercano di consolidare il potere, anche se così facendo lasciano inevitabilmente il Paese più stupido e più povero.

In breve, il regime di Trump sta violando gran parte di ciò che sappiamo su come dovrebbero essere prese le decisioni e gran parte di ciò che sappiamo sulla politica mondiale. Accoglie il pensiero di gruppo e privilegia la cieca obbedienza al leader rispetto a un onesto dibattito politico. Ignora la tendenza naturale degli Stati a trovare un equilibrio contro le minacce e rischia di alienare gli attuali alleati o addirittura di trasformare alcuni di loro in avversari. Trascura il potere duraturo del nazionalismo e rifiuta ciò che la storia e l’economia insegnano sull’impatto dannoso del protezionismo. Invece di rendere l’America di nuovo grande, questi errori la renderanno più povera, meno potente, meno rispettata e meno influente nel mondo.

E questo, signore e signori, è il modo in cui si rovina la politica estera di un Paese.

Questo post fa parte della copertura continua di FP sull’amministrazione Trump. Seguite qui.

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Stephen M. Walt è editorialista di Foreign Policy e professore di relazioni internazionali all’Università di Harvard, Robert e Renée Belfer. Bluesky: @stephenwalt.bsky.social X: @stephenwalt

Tariffe! E se tutti si sbagliassero?_di Gary Brode

Tariffe – E se tutti si sbagliassero?

Un post di Gary Brode di Deep Knowledge Investing

7 aprile
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L’articolo della scorsa settimana “Balanced Trade” ha suscitato molto interesse, sicuramente più dei miei pensieri sull’epistemologia o la cosmologia. Guarda caso, Gary Brode di Deep Knowledge Investing ha parlato dello stesso argomento. La scorsa settimana, DKI ha posto la domanda ” Tariffe: cosa succede se tutti sbagliano? “. Oggi condivide quell’articolo qui come guest post.

Giovedì alle 14:00 Eastern Time, Gary e io faremo un live streaming discutendo delle tariffe Trump e concentrandoci sugli aspetti della politica che pensiamo la maggior parte delle persone stia interpretando male. Gli abbonati gratuiti sono invitati a guardare il live streaming su YouTube all’indirizzo https://www.youtube.com/@DeepKnowledgeInvesting . Gli abbonati paganti riceveranno i dettagli per accedere direttamente alla chiamata Zoom dove potranno inviare domande!

Passiamo ora al saggio di Gary.


Introduzione:

Ieri ho guardato la conferenza stampa del Presidente Trump sui dazi. Quando il Wall Street Journal ha riferito che il livello dei dazi sarebbe stato solo del 10%, gli indici azionari sono saliti di circa il 2% nel mercato secondario. Poi, il Presidente ha tirato fuori dei grafici che mostravano che oltre al dazio di base del 10%, ci sarebbero stati dazi reciproci aggiuntivi alla metà del tasso che altri paesi applicavano sui prodotti statunitensi che importavano. Questi tassi reciproci erano molto più alti di quanto il mercato si aspettasse e gli indici sono passati da un aumento di circa il 2% a un calo del 4% molto rapidamente, cancellando trilioni di dollari di capitalizzazione di mercato.

Il WSJ ha raccontato solo metà della storia. Immediatamente, i commentatori di X e i media hanno iniziato a sfogare rabbia e frustrazione. Anche se capisco la loro reazione, non sono sicuro che sia quella giusta. Sono sempre stato a favore del libero scambio, quindi sono rimasto un po’ sorpreso negli ultimi mesi quando ho sostenuto che i dazi potrebbero essere utili e necessari. Negli ultimi 50 anni, gli Stati Uniti hanno esternalizzato la loro base manifatturiera. Da un punto di vista, ci siamo impegnati in un commercio redditizio esternalizzando le cose che altri paesi fanno a un prezzo più basso e concentrandoci su attività di servizi asset-light come la progettazione di iPhone e GPU Nvidia. Abbiamo avuto un settore dominante dei servizi finanziari e abbiamo esportato trilioni di dollari.

Sebbene questa visione sia tecnicamente vera, non sono certo che sia l’interpretazione corretta. Vista da un altro punto di vista, abbiamo lentamente svenduto la nostra capacità manifatturiera, lasciando gran parte del paese senza posti di lavoro di alta qualità e creando un problema di sicurezza nazionale. Non produciamo DPI, prodotti farmaceutici, semiconduttori di fascia alta, navi o elettronica di consumo. È stato fantastico per una piccola parte ricca del paese e un disastro per gran parte del resto. Ma cosa succede quando non abbiamo più cose da esternalizzare? Cosa succede quando il resto del mondo si rende conto che il Congresso continuerà a ridurre il potere d’acquisto del dollaro spendendo troppo?

Cosa succede quando il resto del mondo non vorrà più accettare dollari USA? Se non possiamo continuare a esportare dollari a credito in cambio di beni prodotti da altri, cosa succederà agli Stati Uniti?

Per maggiori dettagli sui miei recenti pensieri sulle tariffe, consulta quanto segue:

Riflessioni sulle tariffe

Tariffe – Una visione europea

Tariffe, ancora tariffe, ritardi nelle tariffe: è arrivato il momento di farsi prendere dal panico?

Intervista recente con Wall Street per Main Street

Ecco cosa non sappiamo:

Ho notato nelle ultime versioni di 5 cose che pochissime persone spiegano la natura complicata delle tariffe. La folla pro-tariffe parla solo di tutti i nuovi posti di lavoro nella manifattura americana che verrà presto rinnovata. La folla anti-tariffe parla solo di potenziale inflazione futura. Ciò che leggo quotidianamente è più incentrato su argomenti pro-Trump e anti-Trump che su analisi economiche ponderate.

Nemmeno gli esperti più attenti riescono a mettersi d’accordo sugli eventi storici. Ho letto molte analisi che attribuiscono la colpa della grande depressione allo Smoot-Hawley Tariff Act. Ho anche letto un’analisi convincente che spiega perché lo Smoot-Hawley è stato effettivamente utile. Non conosco la risposta giusta in questo caso, e posso solo sottolineare che le persone che studiano queste cose per vivere non conoscono la risposta. È complicato.

Quando il presidente Trump ha imposto tariffe sulla Cina durante il suo primo mandato, ho visto molte analisi che prevedevano lo stesso tipo di disastro economico che si prevede ora. Sebbene l’analisi avesse senso, il disastro non si è verificato. Non abbiamo visto né inflazione né un rallentamento economico mondiale. Alcuni produttori si sono trasferiti fuori dalla Cina. Alcuni hanno lavorato di più negli Stati Uniti. Nel complesso, l’impatto è stato così esiguo che quando la successiva amministrazione presidenziale ha mantenuto le tariffe di Trump, in pochi se ne sono accorti.

Non c’è niente di sbagliato nel fare previsioni che non si avverano. Di nuovo, sto solo sottolineando che gli stessi esperti che hanno sbagliato l’ultima volta stanno facendo di nuovo le stesse previsioni.

A complicare ulteriormente l’intera questione c’è il fatto che ci saranno molti negoziati imminenti, il che significa che, nonostante la chiarezza di ieri, non sappiamo ancora quali importi tariffari saranno effettivamente applicati.

Dovevamo fare qualcosa:

Sebbene io sia in linea con gli ideali del libero scambio, ciò che stiamo facendo in questo momento non funziona per il paese. La gente si lamenta di tutto il dolore che stiamo per provare. Probabilmente hanno ragione. L’analogia che userei qui è che quando qualcuno è dipendente dall’eroina, la disintossicazione è incredibilmente dolorosa e anche necessaria per salvargli la vita. Continuare a usare eroina significa che oggi sarà più comodo a spese di morire di dipendenza in futuro.

Abbiamo svenduto così tanta della nostra capacità manifatturiera. Abbiamo svenduto la nostra capacità di produrre cose. Esportiamo dollari e riceviamo beni. In cambio di beni a basso costo, abbiamo accumulato debiti impagabili e altre passività. Possiamo continuare a mettere le persone in assistenza pubblica e a finanziare questo con altro debito che causa inflazione. Ma questo non risolve il problema.

Il cambiamento è spesso doloroso e invertire 50 anni di dipendenza dal denaro a buon mercato sarà molto doloroso. L’economia, i livelli di spesa e la produzione che abbiamo ora non sono sostenibili. Quindi, o cerchiamo di risolvere il problema e accettare l’inevitabile dolore, o passiamo il problema alla prossima generazione. Forse le tariffe non funzionano, ma continuare sulla nostra strada attuale sicuramente non funziona.

Con amici come questi:

Ieri ho letto molti commenti in cui si diceva che il presidente Trump ha rovinato 80 anni di relazioni in un giorno. Come sopra, le nostre relazioni con la Cina non funzionano per noi. Utilizzando manodopera a basso costo, finanziamenti statali e furto di proprietà intellettuale, la Cina è riuscita a paralizzare numerose industrie statunitensi. Le aziende statunitensi che producono lì devono cedere la loro proprietà intellettuale e presto si ritrovano a competere con le aziende cinesi finanziate dallo Stato che utilizzano la stessa proprietà intellettuale. La Cina controlla rigorosamente l’accesso al suo mercato di consumatori da 1,4 miliardi di persone e ha tariffe ben superiori alle nostre.

Dal contesto, sospetto che la maggior parte del commento “80 anni di relazioni rovinate” si sia concentrato sull’UE. I paesi europei sono stati alleati per decenni. Il presidente Trump sta sottolineando che sono stati in grado di finanziare una bella rete di sicurezza sociale in parte perché hanno speso meno degli obblighi NATO concordati per decenni. Inoltre, proteggono le proprie industrie con tariffe che sono ancora più alte di quelle che ha appena annunciato.

Molti politici di questi paesi si stanno lamentando in questo momento, ma hanno due opzioni per risolvere il problema. Una è produrre negli Stati Uniti. Come parte del 5 Things della scorsa settimana, abbiamo evidenziato l’impegno di Hyundai a produrre acciaio e automobili negli Stati Uniti. Si prevede che tale investimento, superiore a 20 miliardi di $, creerà 100.000 nuovi posti di lavoro. Non accadrà la prossima settimana, ma invertire 50 anni di declino non accadrà dall’oggi al domani.

C’era un articolo sul WSJ di oggi che notava che metà delle aziende di ingegneria tedesche vogliono aumentare gli investimenti negli Stati Uniti. Mi sembra una situazione win-win. I tedeschi possono costruire impianti qui negli Stati Uniti, sfruttare la nostra energia più economica e accedere al nostro enorme mercato di consumatori senza tariffe. Gli Stati Uniti ottengono investimenti, posti di lavoro e ingegneria tedesca. Spero che stiano già parlando con l’ufficio del Segretario Rubio.

Il secondo modo per risolvere il problema è che questi paesi lamentanti si concentrino sulla parola “reciproco”. Israele ha già annunciato che eliminerà le tariffe sulle importazioni dagli Stati Uniti. Mi aspetto che il presidente Trump adeguerà le tariffe statunitensi sui prodotti israeliani in risposta. Ieri sera ho visto che la Danimarca vuole avviare trattative con gli Stati Uniti. DKI ha molti danesi straordinari nella nostra comunità, ma a quanto ne so, nessuno di noi ha accesso ad alti livelli del governo danese. Tuttavia, non è poi così difficile concludere che la Danimarca spera di staccarsi dall’UE e trovare un accordo che comporti tariffe più basse per le esportazioni statunitensi nel loro paese in cambio di tariffe più basse sulle importazioni danesi qui. Sarebbe una vittoria per la Danimarca, gli Stati Uniti e la folla del libero scambio senza tariffe. DKI accoglie con favore la nuova produzione statunitense di Hyundai, la potenziale ingegneria tedesca e il vantaggioso commercio reciproco con la Danimarca.

Ho visto i commenti israeliani e danesi ieri sera. Sarei scioccato se decine di altri paesi non stessero mettendo insieme offerte da portare alla Casa Bianca entro questo fine settimana. In entrambi i casi, i nostri amici, alleati e partner commerciali hanno opzioni per ridurre tariffe e barriere commerciali per entrambe le parti. Immagina se l’enorme annuncio tariffario del presidente Trump si traducesse in tariffe più basse per tutti, se gli alleati aprissero i loro mercati ai prodotti statunitensi e, a loro volta, gli Stati Uniti abbassassero i livelli tariffari.

Vorrei anche inserire un commento qui: i paesi con tariffe elevate sui prodotti statunitensi che si lamentano del fatto che ora dovranno pagare tariffe pari alla metà del loro livello (più la base del 10%) sono la definizione stessa di chutzpah. (Chutzpah è una parola yiddish che significa incredibile coraggio e sfrontatezza.)

Hubris e il mercato azionario:

Molti dei primi commenti che ho visto ieri erano post su X che prendevano in giro coloro che erano ribassisti. Celebravano le perdite che le persone con posizioni corte avrebbero subito oggi. Cinque minuti dopo, il Presidente ha pubblicato i grafici e il mercato è crollato all’istante. L’arroganza è una cattiva idea e i post di una riga che prendono in giro le persone non sono né redditizi né persuasivi. In generale, i commenti arrabbiati senza ragionamento non sono persuasivi. Altrimenti detto, non schiacciare la palla prima di arrivare alla end zone.

Altri si sono arrabbiati quando hanno capito che il mercato azionario sarebbe sceso molto oggi. Come qualcuno che ha più posizioni che sono scese molto oggi, posso capirlo. Penso che sia anche importante rendersi conto che le persone che hanno avuto il lavoro delocalizzato negli ultimi quattro decenni, non si preoccupano che il mercato azionario sia sceso un po’ rispetto ai massimi storici.

In precedenza in questo articolo, ho commentato che i paesi contrari ai nuovi dazi avevano diverse linee d’azione per risolvere il problema. Come investitori, abbiamo anche delle opzioni. Ho coperto pesantemente il portafoglio all’inizio del 2022. All’epoca è stata una mossa grandiosa. Poi ha prodotto perdite nel 2023 e nel 2024. Quelle coperture sono state di nuovo belle da avere nel 1° trimestre del 2025 e hanno fatto guadagnare un sacco di soldi oggi e questa settimana. Non credo che lamentarsi di un cambiamento di uno status quo impraticabile sia produttivo. Cambiare la propria esposizione o coprire parte del rischio di mercato è un approccio migliore. Se la strategia di investimento dipende da multipli di valutazione in costante aumento, si ha una strategia imperfetta.

Gli incentivi sono importanti:

Uno dei motivi per cui penso che gran parte dell’analisi che ho visto nelle ultime 24 ore sia sbagliata è perché è statica e viviamo in un mondo dinamico. Ad esempio, quando il governo aumenta le aliquote fiscali, presume sempre che raccoglierà più dollari di tasse. Di solito è vero il contrario, poiché tasse più alte incentivano le persone a lavorare meno e a impegnarsi di più nell’elusione fiscale. In esempi estremi, i redditi elevati lasciano i loro Stati o il Paese.

Con elevati oneri fiscali e una costosa rete di sicurezza sociale, gli Stati Uniti incoraggiano molte persone abili a evitare il lavoro. Questa è una perdita per l’economia che perde manodopera produttiva, per i contribuenti che finanziano i programmi di sussidi e per i lavoratori emarginati che perdono un senso di scopo e di iniziativa.

Le tariffe elevate nei paesi stranieri e quelle più basse qui incoraggiano lo spostamento della produzione dagli USA ad altre località. Ciò comporta perdite di posti di lavoro qui e guadagni là.

Una parte del discorso di ieri del Presidente Trump che penso non abbia ricevuto abbastanza attenzione è stata la sua associazione di tariffe con tagli fiscali previsti. Capisco perché molte persone dicono che avremo problemi economici perché le tariffe sono un’altra tassa. Ma cosa succederebbe se le tariffe producessero un incentivo per maggiori investimenti e produzione negli Stati Uniti, e tasse più basse producessero un incentivo per più persone a lavorare? Questo è un modo migliore per risolvere il problema del costo del lavoro. Non conosco l’esito in questo caso, ma penso che stiamo puntando a un insieme di incentivi migliori di quelli che erano in atto in precedenza.

Alcuni sono sorpresi che il dollaro sia in calo:

Le tariffe doganali hanno la reputazione di rafforzare la valuta del Paese che le applica.

Di conseguenza, molti sono rimasti sorpresi dal fatto che il dollaro ($DXY) sia sceso oggi. Penso che la mossa abbia senso. Se le persone pensano che i dazi causeranno inflazione, allora ciò significa un potere d’acquisto ridotto per il dollaro. Questa è la definizione di una valuta più debole.

Ho anche visto alcune analisi che suggeriscono che le tariffe causeranno inflazione, che l’inflazione rallenterà l’economia e che il rallentamento economico porterà la Fed a tagliare i tassi. Non sono sicuro che questa linea di pensiero abbia senso. Perché ciò accada, la Fed dovrebbe tagliare un’inflazione più elevata, il che ritengo improbabile. Il presidente Powell ha precedentemente affermato che l’inflazione tariffaria sarebbe transitoria e, sorprendentemente, sono d’accordo con lui. Quindi, è possibile che la Fed guardi oltre l’inflazione tariffaria e tagli il tasso sui fondi federali, ma non mi aspetto che ciò accada alla prossima riunione.

Cosa hanno mai fatto i pinguini per noi:

Un momento divertente è stato quando qualcuno si è reso conto che gli USA avrebbero imposto tariffe su alcune isole antartiche abitate solo da pinguini. Alcuni hanno detto che era inutile perché i pinguini non esportano nulla, quindi non saremmo stati in grado di riscuotere. In quel caso, forse dovremmo aumentare la tariffa sui pinguini.

Il meglio del DKI:

In diversi articoli di recente, ho scritto che l’amministrazione Trump è disposta a vedere le azioni scendere se ciò significa rendimenti obbligazionari più bassi. Il Segretario del Tesoro, Bessent, deve rifinanziare 7 trilioni di dollari nei prossimi 12 mesi e, a meno che non riesca a farlo a tassi più bassi, avremo un problema di bilancio ancora più grande. Oggi, il NASDAQ è sceso del 6% mentre il rendimento del Tesoro a 10 anni ha chiuso a meno del 4,1%. Vi avevamo detto che avrebbero ucciso le azioni per salvare le obbligazioni2 ed è esattamente quello che stiamo vedendo.

Conclusione:

In realtà non so cosa succederà. Non solo ci saranno ampie negoziazioni da parte di più paesi per cercare di arrivare a una conclusione tariffaria che vada bene per tutti (e che sarebbe meglio per gli Stati Uniti rispetto all’attuale status quo), ma ci sono così tante parti in movimento che è impossibile sapere cosa succederà e quando. È chiaro che dopo mezzo secolo di overdose di esternalizzazione e denaro a basso costo, il dolore della disintossicazione arriverà per primo. Non so quanto tempo ci vorrà per avviare una nuova produzione qui. Potrebbero volerci anni. Il piano è doloroso a breve termine con la speranza di vedere risultati positivi prima piuttosto che dopo.

Venendo al lato pratico delle cose, ignorerei i pessimisti; in particolare, quelli che non spiegano il loro ragionamento. Gli esperti non possono decidere sull’impatto di una politica tariffaria vecchia di 100 anni, e quasi tutti hanno sbagliato l’analisi dell’ultimo giro di tariffe.

Sto osservando attentamente la situazione e sto cercando di mantenere il portafoglio focalizzato su azioni con bassa esposizione a questa situazione. Come rivelato in un post precedente, ho usato la volatilità di oggi per aumentare le dimensioni delle posizioni in alcuni nomi che mi piacciono, dove penso che le vendite siano state esagerate. Il mio portafoglio rimane fortemente coperto. E continuo a possedere asset come oro e Bitcoin invece di dollari.

Come ho consigliato nell’articolo della scorsa settimana “Everybody Hold On”, mantenete la calma, investite a lungo termine e non fatevi travolgere dalle emozioni negative che derivano dallo scorrimento infinito dei media.

So che molti di voi avranno domande, commenti, accordi e disaccordi. Sono sempre qui per voi su IR@DeepKnowledgeInvesting.com.

I miei scritti qui su Contemplations on the Tree of Woe non sempre attraggono l’interesse degli analisti di hedge fund leader a livello mondiale, ma quando succede, mi assicuro di menzionarlo in un guest post. Per ricevere nuovi post e supportare il mio lavoro, prendi in considerazione di diventare un abbonato gratuito o a pagamento.

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