Italia e il mondo

Tajani, Quindi Roosevelt ed Eisenhower Erano “Sovietici”?_di Cesare Semovigo

Tajani, Quindi Roosevelt ed Eisenhower Erano “Sovietici”?

In un dibattito che ha infiammato il panorama politico-economico italiano, Antonio Tajani, figura di spicco di Forza Italia, ha liquidato con decisione la proposta di tassare le banche, bollandola come un’idea degna dell’Unione Sovietica. Questa etichetta, che richiama un passato di controllo statale estremo, sembra voler difendere a tutti i costi i grandi profitti del settore finanziario, lasciandoli Invariati . Ma per i cittadini comuni – i risparmiatori che faticano a mettere da parte qualcosa per il futuro – e per chi, come noi, osserva con attenzione le dinamiche geopolitiche globali, questa posizione appare come un’occasione mancata. 

Viviamo in un mondo dove l’inflazione, ovvero l’aumento continuo dei prezzi che erode il valore del denaro, è strettamente legata a extraprofitti aziendali che oscillano tra il 18% e il 25%. In questo scenario, i guadagni smisurati delle banche finiscono per colpire duramente pensioni, conti correnti personali e quella stabilità economica che dovrebbe essere il pilastro di una società moderna e giusta.

L’ironia di questa situazione salta agli occhi se guardiamo al passato. Prima dell’accordo di Bretton Woods – un sistema internazionale nato nel 1944 per regolare il commercio e la finanza globale, legando le valute al dollaro americano e il dollaro all’oro per garantire stabilità – gli Stati Uniti, simbolo del capitalismo mondiale, imponevano tasse molto elevate sui redditi dei più ricchi. 

Non lo facevano per inseguire ideologie estremiste, ma per finanziare una crescita economica senza precedenti e per rafforzare le difese nazionali, creando quello che è stato chiamato il “secolo americano”. Leader come Theodore Roosevelt, Franklin D. Roosevelt e Dwight D.

Eisenhower lo avevano capito: vedevano le tasse alte non come una punizione contro chi aveva successo, ma come uno scudo per proteggere la società da squilibri pericolosi, che oggi alimentano crisi globali sempre più gravi.

No, signor Tajani, questi presidenti non erano comunisti. Erano piuttosto architetti di un capitalismo equilibrato, in cui la ricchezza andava di pari passo con la responsabilità, per tutelare i risparmi delle persone comuni e il potere nazionale complessivo.

Questo principio è cruciale oggi, in un mondo dove le banche centrali – come la Federal Reserve negli Stati Uniti o la Banca Centrale Europea – sembrano spesso collaborare con il sistema finanziario per sostenere una moneta fiat. Con “moneta fiat” intendiamo una valuta che non è garantita da beni fisici come l’oro o l’argento, ma solo dalla fiducia nel governo che la emette.

Questo sistema può portare a un debasement monetario, ovvero una perdita graduale del valore del denaro, perché i governi o le banche centrali stampano più moneta per coprire debiti o stimolare l’economia. Quando ciò accade, il potere d’acquisto delle persone si riduce, mentre i prezzi di beni rifugio come l’oro schizzano alle stelle. Non è un caso che il prezzo di un’oncia d’oro abbia superato i 4.200 dollari: è un segnale lampante che il valore delle monete tradizionali sta crollando.

Eppure, in questo contesto, assistiamo a mosse che sembrano quasi un tradimento della fiducia pubblica. Prendiamo il caso di BlackRock, una delle più grandi società di gestione patrimoniale al mondo. Recentemente, hanno gestito outflows – cioè vendite massive di asset che riducono il valore degli investimenti – per circa 300 Bitcoin, in un momento di calo dei prezzi delle criptovalute, seguito a minacce di nuove tariffe doganali annunciate da Trump. 

Queste operazioni hanno sollevato sospetti che alcuni hanno “ esagerando “ tacciato come pratiche al limite dell’insider trading, ovvero guadagni basati su informazioni riservate , rumors interni tra addetti ai lavori , rigorosamente non accessibili al pubblico, amplificando accuse di profitti ottenuti sfruttando variaziazioni , volatilità , financo a  crolli improvvisi del mercato.

 Nel frattempo, l’embrione del fondo sovrano di Trump cerca un precedente istituzionalizzato che nonostante  l’inflazione proprio a questi extraprofitti aziendali. 

Tutto ciò appare come un affronto aperto, specialmente se consideriamo i recenti riposizionamenti dell’Arabia Saudita, che con accordi da trilioni di dollari sta spostando i suoi investimenti dal petrolio verso settori come la tecnologia e le criptovalute.

Le “tre sorelle” – BlackRock, Vanguard e State Street, colossi della gestione patrimoniale che controllano enormi fette di mercato – stanno pompando liquidità in modi che sembrano incoerenti, quasi come una strategia per proteggersi da un’imminente instabilità. 

Noi, che osserviamo con attenzione questi movimenti, percepiamo un rischio: tutto questo potrebbe essere il preludio a un crollo sistemico, una crisi che coinvolge l’intero sistema finanziario globale. La nostra inchiesta predittiva, basata su analisi di interruzioni e anomalie nei mercati, ha visto l’indice di confidenza – una misura che indica quanto siano probabili le nostre previsioni – passare da 0.90 a 1.30 in direzione negativa. 

Questo lavoro,  è un analisi geoeconomica olistica, che integra prospettive economiche, politiche ampliate  tecnologiche. Utilizziamo strumenti moderni come gli esploratori di blockchain – software che permettono di tracciare transazioni pubbliche sulle reti di criptovalute, come quelle di Bitcoin – e l’intelligenza artificiale per identificare pattern ricorrenti nei dati. 

È un’analisi che si allinea perfettamente alla realtà accelerata in cui viviamo, dove, ad esempio, le uscite di BlackRock da 1 miliardo di dollari in Bitcoin il 14 ottobre 2025 hanno mantenuto il prezzo della criptovaluta sopra i 100.000 dollari, nonostante un crollo legato a minacce tariffarie. Questo conferma i nostri modelli predittivi, aiutandoci a colmare il divario tra ciò che vediamo e ciò che sta per accadere, prima che il tempo a disposizione finisca.

I Roosevelt, Tasse Progressive e Predizioni sul Potere Economico-Militare: Sovrapposizione con la Realtà Accelerata

Theodore Roosevelt, conosciuto come il “trust-buster” per la sua lotta contro i monopoli aziendali, affrontò i cosiddetti “robber barons” – quelli senza scrupoli che dominavano l’economia americana durante la Gilded Age, un periodo di grande ricchezza ma anche di profonde disuguaglianze . Questi colossi rischiavano di soffocare la democrazia con il loro potere economico. Roosevelt sosteneva una tassa progressiva sulle grandi fortune, cioè un sistema in cui chi guadagna di più paga una percentuale maggiore di tasse, per garantire che il successo economico fosse condiviso equamente. 

Diceva che “nessuna nazione può permettersi lo spreco delle sue risorse umane”, sottolineando che ignorare le disuguaglianze indebolisce la società nel suo complesso. Questa visione si sovrappone perfettamente alla nostra realtà accelerata, fatta di speculazioni sulle criptovalute e svalutazione della moneta fiat. La nostra inchiesta  utilizza dati raccolti dopo i discorsi di Trump per spingere l’indice di confidenza a 1.30 in direzione ribassista, rivelandosi un capolavoro di geoeconomia olistica. Questo lavoro valida schemi storici – pattern che si ripetono nel tempo – con dati on-chain, ovvero informazioni registrate sulla blockchain, la tecnologia dietro le criptovalute che garantisce trasparenza e immutabilità delle transazioni, per decifrare movimenti di liquidità che non tornano.

Le predizioni di Roosevelt, come l’idea che “le corporazioni giganti creano un’aristocrazia irresponsabile” o che “dietro una grande fortuna c’è spesso un grande crimine”, riecheggiano il lobbismo militare – le pressioni delle industrie belliche sui governi per ottenere contratti miliardari – che erode i risparmi delle famiglie. Queste idee si allineano alle recenti uscite di BlackRock e ai riposizionamenti strategici dell’Arabia Saudita, creando un distanziamento esponenziale, un divario che cresce rapidamente e che dobbiamo colmare con urgenza per non perdere il controllo della situazione.

Franklin D. Roosevelt, l’architetto del New Deal – un insieme di riforme economiche e sociali lanciate negli anni ’30 per risollevare gli Stati Uniti dalla Grande Depressione – portò le tasse sui redditi più alti fino al 94%. Sosteneva che “le tasse sono debiti che paghiamo per far parte di una società organizzata” e che “nessuno dovrebbe arricchirsi sfruttando la difesa nazionale”. In un’epoca di crisi e guerra, queste misure salvarono il capitalismo da se stesso.

La sua visione si sovrappone alla nostra inchiesta, dove i pattern di interruzioni e anomalie, amplificati da dati raccolti dopo i discorsi di Trump, dimostrano che la realtà accelerata in cui viviamo è prevedibile grazie a tecnologie moderne. È un capolavoro geoeconomico progettato per evitare che l’umanità si estingua in mezzo a queste turbolenze.

Le sue parole – come “l’accumulo di potere economico mette in pericolo la democrazia” o il lobbismo bellico “affama le risorse umane” – trovano eco nelle uscite di BlackRock e nei riposizionamenti sauditi, un distanziamento esponenziale che dobbiamo colmare per agire in tempo.

Eisenhower, Tasse GOP e Allarmi sul Complesso Militare: Risparmiatori Avvisati 

Forse Salvati

Dwight D. Eisenhower, generale e presidente repubblicano che guidò gli Stati Uniti durante la Guerra Fredda, univa una visione olistica che intrecciava difesa nazionale ed economia. Mantenne tasse alte, fino al 91% sui redditi elevati, sostenendo che “una nazione non può permettersi lo spreco delle sue risorse umane” e che “le tasse sono legami essenziali per una difesa forte senza indebolire l’economia”. Questo approccio si sovrappone alla nostra inchiesta predittiva sulle interruzioni sistemiche, un capolavoro di geoeconomia applicata a tecnologie moderne che valida schemi storici come una forma di protezione contro l’instabilità futura.

Eisenhower è famoso per aver avvertito del pericolo del “complesso militare-industriale”, un’alleanza tra forze armate, industrie belliche e governo che potrebbe esercitare un’influenza eccessiva e non giustificata sulle decisioni nazionali.

Disse anche di “non rischiare improvvisazioni nella difesa nazionale”, un monito che risuona ancora oggi. Ministro Tajani, questi leader non erano comunisti, ma statisti di spessore (ormai estinti ) con tanta autevolezza e coraggio da opporsi al lobbismo che divora trilioni di dollari, erodendo i risparmi delle famiglie e la sovranità nazionale.

Questo avvertimento si allinea perfettamente alle uscite di BlackRock e ai riposizionamenti strategici di Riad, l’Arabia Saudita, dove la nostra inchiesta approfondisce un mix sovrapposto alla realtà accelerata. 

Per i risparmiatori che seguono la geopolitica, tassare le banche non è un’eresia sovietica, ma l’eco di un capitalismo equilibrato che protegge una ricchezza condivisa. Viva i ricchi, ma con la responsabilità di contrastare gli squilibri globali – un concetto che la nostra analisi, un capolavoro olistico applicato a strumenti tecnologici nuovi, sovrappone alla realtà accelerata per non estinguerci in questo distanziamento esponenziale.

Le mosse di BlackRock, come le uscite di Bitcoin da 1 miliardo di dollari il 14 ottobre 2025, segnalano che il tempo per agire sta per scadere.

Cesare Semovigo – italiaeilmondo.com

Note:

1. Theodore Roosevelt, “Seventh Annual Message to Congress,” 3 December 1907: “A heavy progressive tax upon a very large fortune is in no way such a tax upon thrift or industry as a like tax upon a small fortune.” (Fonte: Miller Center, University of Virginia).

2. Theodore Roosevelt, speech on corporations: “The great corporations which we have grown to speak of rather loosely as trusts are the creatures of the State, and the State not only has the right to control them, but it is duty bound to control them wherever the need of such control is shown.” (Fonte: Goodreads, da “An Autobiography”).

3. Franklin D. Roosevelt, “Message to Congress on Curbing Monopolies,” 29 April 1938: “The accumulation of economic power in few hands is the danger of democracy.” (Fonte: American Presidency Project).

4. Franklin D. Roosevelt, “Address at Worcester, Mass.,” 21 October 1936: “Taxes, after all, are the dues that we pay for the privileges of membership in an organized society.” (Fonte: American Presidency Project).

5. Dwight D. Eisenhower, “Farewell Address,” 17 January 1961: “In the councils of government, we must guard against the acquisition of unwarranted influence, whether sought or unsought, by the military-industrial complex.” (Fonte: National Archives).

6. Dwight D. Eisenhower, “The President’s News Conference,” 8 April 1959: “Reduction of taxes is a very necessary objective of government—that if our form of economy is to endure, we must not forget private initiative.” (Fonte: American Presidency Project).

Summit Trump-Putin: la rivincita di Orban e la “variabile cubana” – AGGIORNATO_di Gianandrea Gaiani

Summit Trump-Putin: la rivincita di Orban e la “variabile cubana” – AGGIORNATO

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(aggiornato alle ore 23,55)

Donald Trump sorprende di nuovo quasi tutti e soprattutto coloro che lo immaginavano sul piede di guerra contro Vladimir Putin e la Russia e al fianco degli “alleati” europei. Mentre in Europa e Ucraina tutti si aspettavano l’annuncio della fornitura di missili da crociera Tomahawk a Kiev, l’istrione della Casa Bianca, cambia gioco, spiazza tutti e va in rete annunciando un nuovo summit con il presidente russo.

Dopo un colloquio telefonico di quasi due ore e mezza, ii leader delle due maggiori potenze nucleari si vedranno infatti entro due settimane a Budapest, per discutere la fine della guerra in Ucraina.

Trump ha espresso nuovo ottimismo sulla possibilità di concludere il conflitto attribuendo questo momento favorevole anche al cessate il fuoco tra Israele e Hamas: “Credo che il successo in Medio Oriente ci aiuterà nei negoziati per arrivare alla fine del conflitto con Russia e Ucraina”.

Prima del summit, il segretario di stato americano Marco Rubio guiderà una delegazione statunitense in un primo incontro preparatorio con rappresentanti russi, tra cui il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, già la prossima settimana.

Su X il premier ungherese, Viktor Orban, ha parlato di “una grande notizia per le persone del mondo che amano la pace. Siamo pronti!”.

Dopo gli attacchi e gli ostracismi subiti dall’Ucraina, da gran parte dei partner europei e dalla Commissione UE, Viktor Orban si gode la rivincita e il prestigio offerto dal palcoscenico internazionale che un simile vertice assicura. Trump ha dichiarato sui social che la telefonata con Putin è stata “molto produttiva” e ha portato a “progressi significativi”, aggiungendo che “abbiamo anche dedicato molto tempo a parlare di commercio tra Russia e Stati Uniti una volta terminata la guerra con l’Ucraina”.

Tomahawk fantasma?

E i Tomahawk, l’ennesima arma “game changer” che secondo la propaganda avrebbe permesso agli ucraini di mettere finalmente in ginocchio la Russia e che Zelensky spera di portare a casa dall’incontro di oggi con Trump alla Casa Bianca?

Trump, ha ammesso di “avere parlato un po’” anche della possibilità di fornire i missili a lungo raggio Tomahawk all’Ucraina, durante la sua telefonata con Vladimir Putin. “Ne abbiamo tanti, ma servono anche a noi e non possiamo esaurire le nostre scorte: non so cosa potremo fare su questo“, ha detto ai giornalisti alla Casa Bianca.

Esattamente il contrario di quanto aveva affermato il 15 ottobre, quando Trump aveva affermato circa questi missili che “ne abbiamo molti, e lui (Zelensky) li vuole”.

Oggi, incontrando il presidente ucraino Zelensky a Washington ha aggiunto che gli attacchi dell’Ucraina in territorio russo “sarebbero una escalation, ma ne parleremo”. Poi ha ammesso di ”sperare di poter finire la guerra senza dover dare i Tomahawk. Sono armi devastanti che servono anche a noi nel caso di una guerra e a rendere l’esercito degli Stati Uniti il più forte al mondo. Stiamo vendendo molti tipi diversi di armi all’Unione europea” (in realtà gli Sati Uniti  le starebbero vendendo agli alleati della NATO) .

Secondo Mark Cancian, ex funzionario del Pentagono oggi al Center for Strategic and International Studies, gli Stati Uniti dispongono attualmente di 4.150 missili Tomahawk. Tuttavia, il Pentagono ha acquistato solo 200 unità dal 2022 e ne ha già utilizzate oltre 120 durante esercitazioni e altri nelle recenti operazioni contro gli Houthi yemeniti e l’Iran. Per il 2026 il Pentagono ha chiesto fondi per l’acquisto di ulteriori 57 Tomahawk, armi necessarie in caso di nuovi attacchi a Iran e Venezuela.

Secondo Stacey Pettyjohn, direttrice del programma di difesa presso il Center for a New American Security, citata dal quotidiano Financial Times. “Washington potrebbe stanziare dai 20 ai 50 missili Tomahawk, il che non cambierebbe le dinamiche della guerra”!

Anche il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, amico di Putin ma in ottimi rapporti anche con Trump, ha valutato il 14 ottobre che la fornitura dei Tomahawk all’Ucraina “non risolverà il conflitto ma potrebbe solo portare la situazione a una guerra nucleare. Nessun Tomahawk risolverà la questione. Questo intensificherà il conflitto fino a una guerra nucleare.

Probabilmente, questo è capito meglio di tutti dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che non ha fretta di consegnare queste armi letali e di permettere di colpire in profondità la Russia, come si aspetta il presidente ucraino Volodymyr Zelensky”, ha detto Lukashenko.

Lukashenko probabilmente ha visto giusto: sono state valutazioni legate alla deterrenza a influenzare l’apparente passo indietro di Trump sui Tomahawk.

La versione di Mosca

Riferendo alla stampa, il consigliere presidenziale russo, Yury Ushakov, ha precisato che il colloquio tra i due presidenti è stato, “estremamente franco”, e Putin “ha fornito una valutazione dettagliata della situazione attuale, sottolineando l’interesse della Russia a raggiungere una soluzione politica e diplomatica pacifica” in Ucraina.

Quindi, ha aggiunto, i due leader hanno discusso anche della possibile fornitura a Kiev dei missili Tomahawk e Putin ha ribadito che “non cambierebbero la situazione sul campo di battaglia, ma causerebbero danni importanti alle relazioni tra i nostri Paesi e al processo di pace“.

Putin ha avvertito che l’invio dei Tomahawk all’Ucraina rappresenterebbe una “linea rossa”. Inoltre, “è stato sottolineato, in particolare, che nell’operazione militare speciale le Forze armate russe possiedono completamente l’iniziativa strategica lungo tutta la linea di contatto”, ha dichiarato Ushakov.

Ushakov ha riferito che “una delle tesi principali del presidente statunitense è stata che la fine del conflitto in Ucraina aprirebbe enormi prospettive per lo sviluppo della cooperazione economica tra Stati Uniti e Russia”.

Qualche considerazione

Il nuovo summit Trump-Putin, proprio mentre in molti parlavano di esaurimento della spinta propulsiva emersa dall’incontro in Alaska, è una sorpresa per molti ma forse non per tutti.

E’ il caso di sottolineare che poche ore prima dell’annuncio di Trump, il premier ungherese Viktor Orban aveva lanciato l’ennesima dura critica al bellicismo dell’Unione europea riprendendo gli stessi temi toccati il giorno prima dal ministro degli Esteri Peter Szijjarto.

“L’Europa è consumata da una psicosi pro-guerra. Invece, i leader devono svegliarsi e assumersi la responsabilità di raggiungere una vera pace. Il momento di negoziare è adesso!” ha scritto ieri su X il premier ungherese. Solo un caso che il tweet abbia anticipato di poco l’esito del colloquio telefonico tra Trump e Putin?

Nel suo post Orban è tornato a puntare il dito contro la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che “viaggia per il mondo parlando di guerra senza alcun mandato, mentre i trattati dell’Ue assegnano chiaramente la politica estera e di sicurezza agli Stati membri“.

Un attacco al presidente della Commissione UE non solo giustificato (persino il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ne aveva criticato i proclami bellicosi fuori dal suo mandato) ma di certo apprezzato da questa amministrazione statunitense che non ha mai perso l’occasione per umiliare i vertici UE.

Infatti nessun leader europeo ha espresso entusiasmo per gli spiragli di pace che sembrano aprirsi, nel Parlamento Europeo i partiti che sostengono la Commissione von der Leyen esprimono scetticismo per gli esiti del summit (che deve ancora tenersi) mentre le forze di opposizione come il gruppo dei Patrioti, hanno reagito con entusiasmo alla notizia. Del resto sia Bruxelles che Kiev faranno molta fatica a mascherare sorpresa e rabbia per il fatto che sarà “l’Ungheria ribelle”, indicata spesso come putiniana e filo-russa, ad ospitare il summit tra Trump e Putin.

Non è u caso che molte reazioni politiche oggi negli ambienti che sostengono a Commissione von der Leyen non mostrino alcun apprezzamento, sostegno o speranza per il summit Putin-Trump ma evidenzino l’obbligo formale del governo ungherese di arrestare il presidente russo in base al mandato della CPI.

Del resto Orban ha sempre cercato di risolvere il conflitto con un negoziato mentre l’intera Ue chiedeva di combattere fino all’ultimo ucraino per fermare “i russi alle porte”. Il leader magiaro si fece ambasciatore (ostracizzato dall’Unione europea) del piano di pace di Trump prima ancora delle elezioni presidenziali statunitensi.

Comunque vada il vertice, per Orban sarà un grande successo e un riconoscimento da parte delle due maggiori potenze militari mondiali del rilevante ruolo politico e diplomatico ricoperto dall’Ungheria mentre per la UE e i suoi vertici costituirà l’ennesimo smacco.

Inoltre Putin verrà sul suolo dell’Unione dove dovrebbero arrestarlo in base al mandato di cattura della Corte Penale Internazionale che oggi ha ricordato oggi che dal 2023 c’è un mandato d’arresto nei confronti di Putin in relazione all’invasione russa dell’Ucraina. Un portavoce ha ribadito in dichiarazioni a Europa Press che per l’Ungheria sussiste il dovere di arrestare Putin nonostante la decisione di ritirarsi dallo Statuto di Roma annunciata nei mesi scorsi.

Il ritiro dallo Statuto di Roma è una decisione sovrana, soggetta alle disposizioni dell’articolo 127 dello Statuto – ha rimarcato il portavoce – Un ritiro diventa effettivo un anno dopo la notifica al segretario generale delle Nazioni Unite”, quindi il 2 giugno 2026. Per questo, ha insistito, “un ritiro non pregiudica i procedimenti aperti o qualsiasi altro caso già all’esame del tribunale prima che il ritiro sia effettivo”.

Invece ieri abbiamo appreso che persino le sanzioni europee poste a Putin e Lavrov, riguardano l’immobilizzazione dei loro beni nell’Unione Europea e il divieto di attività economiche o di finanziamenti da parte di soggetti che operano nell’Ue ma non impediscono loro l’ingresso nell’Unione europea.

L’unico aspetto positivo per il grosso delle nazioni aderenti alla UE è rappresentato dal fatto che se Washington rinuncerà a fornire i missili Tomahawk all’Ucraina noi europei risparmieremo un po’ di euro. Perché sia chiaro a tutti, li dovremmo pagare (o li avremmo dovuti pagare) noi.

E in ogni caso se la guerra finisse forse potremmo evitare di pagare 90 miliardi di dollari di armi americane da fornire agli ucraini.

Colto o meno di sorpresa dall’annuncio del summit, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ieri ha dichiarato che “domani è previsto un incontro con il Presidente Trump e ci aspettiamo che lo slancio nel contenere il terrorismo e la guerra, che ha avuto successo in Medioriente, aiuti a porre fine alla guerra della Russia contro l’Ucraina.

Putin non è certamente più coraggioso di Hamas o di qualsiasi altro terrorista. Il linguaggio della forza e della giustizia funzionerà inevitabilmente anche contro la Russia”.

Zelensky, grazie anche al suo background professionale. ha trovato anche una battuta efficace dichiarando che “possiamo già vedere che Mosca si affretta a riprendere il dialogo non appena sente parlare dei Tomahawk. Non deve esserci altra alternativa se non la pace e una sicurezza affidabilmente garantita ed è fondamentale proteggere le persone dagli attacchi e dalle aggressioni russe il prima possibile”.

Difficile dire se si tratti dei soliti slogan a cui l’istrionico presidente ucraino ci ha ormai abituato o se Trump abbia già imposto a Zelensky le condizioni di pace, cioè le indispensabili cessioni territoriali e condizioni di sicurezza per la Russia che Putin non ha mai smesso di porre come punto fermo per chiudere il conflitto.

Condizioni che Zelensky dovrebbe però far digerire agli ultranazionalisti in Ucraina e ai “bellicosi” in Europa.

Zelensky a Washington 

Durante l’incontro tra Trump e Zelensky oggi a Washington di contenuti veri ne sono emersi davvero pochi.  Trump sembra averci ripensato circa la  disponibilità a fornire i missili da crociera Tomahawk all’Ucraina ma sui possibili accordi di pace non ci sono novità.

Trump sostiene che Zelensky e Putin stanno “negoziando bene ma devono eliminare un po’ di odio reciproco. Ora cerchiamo di capire cose può succedere, credo che le cose ora si possono allineare bene. Riusciremo a fare finire questa guerra”.

Anche il presidente ucraino si è detto fiducioso. “Penso che Putin non sia pronto” per la fine della guerra “ma sono fiducioso che con il tuo aiuto possiamo fermarla” ha detto Zelensky, rivolgendosi al presidente americano e complimentandosi “per il successo con il cessate il fuoco in Medioriente”.

Trump ha aperto all’ipotesi di un incontro a tre. “L’incontro sarà in Ungheria perché c’è un premier che ci piace, sta facendo un ottimo lavoro e quindi abbiamo deciso di incontrarci lì. Credo che sarà un doppio incontro, avremo il presidente Zelensky in contatto, è una situazione difficile perché non si piacciono e quindi potrebbe essere un incontro a tre o forse separati. Ieri ho parlato per oltre due ore con Putin, anche lui viole che la guerra finisca“.

Più tardi la Casa Bianca ha fatto sapere che a Budapest vi saranno incontri separati e non a tre. Il presidente russo “vuole finire la guerra o non parlerebbe così“, ha aggiunto Trump.

Sui temi militari Zelensky ha proposto a Trump di scambiare i droni ucraini con i missili da crociera americani Tomahawk ma ha anche  assicurato che i russi “non stanno avendo progressi sul campo di battaglia e hanno molte perdite in termini di economia e per le persone“.

In realtà i russi continuano ad avanzare, le ultime roccaforti in Donbass sono assediate e le perdite spaventose le soffrono gli ucraini, ma la narrazione di Zelensky ha l’evidente lo scopo di aggirare il vero ostacolo su cui potrebbero infrangersi ancora una volta i negoziati. e cioè le condizioni postbelliche dell’Ucraina e la cessione di territori a Mosca.

Nello scambio di battute con i giornalisti (un po’ puerile il tenore delle risposte dei due presidenti), Trump è stato come spesso accade evasivo e non ha mai fatto riferimento a una base negoziale su cui aprire i colloqui mentre Zelensky ha fatto un confuso riferimento alla necessità di fermare la guerra sulle posizioni attuali, lasciando quindi intendere di volere un cessate il fuoco pima di negoziare. Opzione già da mesi rigettata da Mosca.

Del resto non è dato sapere se Trump ha ripetuto al presidente ucraino che non è nella posizione di dettare condizioni. ma all’aeroporto anche Trump ha parlati con i giornalisti di “fermare la guerra sull’attuale linea del fronte e che tutti tornino a casa dalle loro famiglie”.

Visione un po’ semplicistica. Non a caso dopo aver incontrato Trump, il presidente ucraino ha telefonato ad alcuni leader europei per confrontarsi con loro sul da farsi.

La variabile cubana

I missili Tomahawk che gli USA sembrava potessero eventualmente cedere a Kiev non avevano molto impressionato i russi sul piano militare (“rafforzeremo le difese aeree” aveva detto Putin) ma rischiavano di far tornare Russia e USA al un braccio di ferro tale da rievocare la crisi di Cuba e quella degli Euromissili.

Come è facile intuire Mosca non potrebbe lasciare senza risposta la provocazione di schierare a ridosso del confine russo e in una nazione esterna alla NATO missili da crociera potenzialmente in grado di trasportare testate nucleari e gestiti necessariamente da personale militare statunitense.

Per questo dovremmo chiederci quanto abbia influito, non solo nella apparente decisione di Trump di frenare sulla fornitura dei Tomahawk a Kiev ma sul contesto complessivo che ha portato i due presidenti a decidere di vedersi in un campo amichevole per entrambi (Budapest) un elemento del tutto esterno alla guerra in Ucraina e che potremmo definire la “variabile cubana”.

Anche se, come spesso accade per le notizie davvero rilevanti, i nostri media e TV non ne hanno quasi per nulla riferito, l’8 ottobre il Consiglio della Federazione Russa ha ratificato in sessione plenaria l’accordo intergovernativo di cooperazione militare con Cuba che fornisce piena base giuridica per definire gli obiettivi, le modalità e gli ambiti della cooperazione militare tra i due Paesi, rafforzando ulteriormente i legami bilaterali nel settore della difesa.

L’accordo era stato firmato il 13 marzo all’Avana e il 19 marzo a Mosca. In passato, esperti e funzionari russi avevano ipotizzato un possibile dispiegamento di sistemi militari russi nell’area caraibica, tra cui Cuba e il Venezuela. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha ribadito che eventuali decisioni in tal senso rientrano nelle competenze del ministero della Difesa ma secondo i servizi segreti militari ucraini almeno un migliaio di volontari cubani combatterebbero attualmente al fianco dei russi in Ucraina.

In base al nuovo accordo potrebbero forse venire trasferiti in Russia reparti organici dell’Esercito Cubano, come è accaduto con l’esercito della Corea del Nord.

L’accordo russo-cubano viene ratificato mentre le forze statunitensi operano al largo delle coste del Venezuela e un attacco alla nazione alleata di Mosca non viene escluso dallo stesso Trump, che ha confermato di aver autorizzato operazioni clandestine della CIA in Venezuela, come anticipato dal New York Times.

Non a caso Alexander Stepanov, dell’Istituto di Diritto e Sicurezza Nazionale dell’Accademia Presidenziale Russa di Economia Nazionale e Pubblica Amministrazione, ha dichiarato alla TASS che la ratifica dell’accordo di cooperazione militare russo-cubano, rappresenta “una risposta simmetrica alla potenziale fornitura di Tomahawk”.

“L’accordo ratificato amplia al massimo la nostra cooperazione militare e consente, nell’ambito dell’interazione bilaterale e in coordinamento con il governo della Repubblica di Cuba, di schierare praticamente qualsiasi sistema offensivo sul territorio dell’isola”.

Per intenderci, è probabile che Putin abbia spiegato a Trump che in risposta ai Tomahawk in Ucraina, la Russia potrebbe schierare i missili ipersonici Kinzhal o Oreschnik a Cuba.

In attesa di avere tra poche ore chiarimenti ulteriori dall’incontro tra Trump e Zelensky, a indurre Trump a rivalutare la cessione dei Tomahawk potrebbe aver contribuito la valutazione che mentre i missili americani subsonici verrebbero almeno in parte intercettati dalle difese aeree russe, contro i missili ipersonici russi non ci sono al momento difese efficaci negli Stati Uniti e in Europa.

Quindi il contesto che potrebbe aver dato vita al nuovo summit russo-americano potrebbe risultare molto diverso da quello raccontato da Zelensky, cioè la paura russa dei Tomahawk.

Di conseguenza le possibilità di giungere alla pace in Ucraina dipenderanno soprattutto dalla disponibilità di Zelensky e degli europei ad accettare le ben note condizioni poste da Mosca (che sta vincendo la guerra sui campi di battaglia), tese a ridefinire una cornice di sicurezza ai confini occidentali della Russia e a quelli orientali dell’Europa con l’obiettivo di concludere definitivamente il conflitto, non solo di sospenderlo a tempo determinato.

Foto: TASS, Ministero Difesa Russo, Presidenza Ucraina, Faebook/Viktor Orban

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Ho trovato questo articolo sul caso Nexperia pubblicato da Yicai (第一财经) e penso che valga la pena condividerlo. L’articolo descrive in dettaglio il caso Nexperia che ha portato alle dimissioni dell’amministratore delegato Zhang Xuezheng. Le tensioni tra Zhang e i principali dirigenti europei in merito alla direzione strategica, aggravate dalle richieste olandesi di un potente consiglio di sorveglianza con potere di veto sulle operazioni critiche, sono culminate in una lotta di potere. La situazione è esplosa quando gli Stati Uniti hanno inasprito le norme sul controllo delle esportazioni, spingendo il governo olandese a emettere un’ordinanza che ha effettivamente protetto i dirigenti dissidenti, i quali hanno poi presentato con successo una petizione a un tribunale olandese per sospendere i poteri di Zhang e porre le azioni di Wingtech sotto custodia, privandolo del controllo.

La controversia verteva principalmente sulla richiesta del governo olandese che Nexperia istituisse un potente consiglio di sorveglianza con potere di veto su quasi 20 aree critiche, dal trasferimento di proprietà intellettuale e investimenti globali superiori a 1 milione di dollari all’assunzione di personale di ricerca e sviluppo in Cina, mentre tali condizioni avrebbero comportato la cessione di diritti di controllo significativi sulla sua controllata.

È accessibile sul sito web. L’autore è Peng Haibin:

Il retroscena delle turbolenze in Nexperia: come il CEO Zhang Xuezheng ha perso il controllo

https://m.yicai.com/news/102868689.html


Zhang Xuezheng, frustrato, ha lasciato i Paesi Bassi. Durante le vacanze della Festa Nazionale cinese, Zhang Xuezheng, amministratore delegato di Nexperia, è stato sospeso dalle sue funzioni e le azioni di Wingtech Technology (600745.SH) in Nexperia sono state poste sotto custodia. Wingtech Technology ha speso 33,4 miliardi di RMB per acquisire una partecipazione di controllo in Nexperia, ma ora quest’ultima sta gradualmente sfuggendo al suo controllo. Le pressioni degli Stati Uniti hanno influenzato l’orientamento politico del governo olandese e hanno distrutto la già fragile fiducia reciproca all’interno del senior management di Nexperia. Su questioni fondamentali come il posizionamento di Nexperia e lo sviluppo del suo business globale, Zhang Xuezheng si è trovato in grave contrasto con il Chief Legal Officer e il Chief Financial Officer di Nexperia, tra gli altri. Zhang Xuezheng aveva inizialmente intenzione di licenziare diversi dirigenti, ma è stato inaspettatamente estromesso da una coalizione formata proprio da loro.

Le persone che hanno rovesciato Zhang Xuezheng
Zhang Xuezheng era stato amministratore delegato di Nexperia solo per cinque anni. Nel dicembre 2019, Wingtech Technology ha completato l’acquisizione del 79,98% delle azioni di Nexperia per 26,854 miliardi di RMB. Successivamente, Wingtech ha raggiunto il 100% della proprietà di Nexperia. Ha utilizzato vari metodi di finanziamento, spendendo in totale oltre 33 miliardi di RMB. Si è trattato della più grande acquisizione nel settore dei semiconduttori nella storia della Cina e della prima volta che un’azienda cinese ha acquisito un’azienda leader a livello mondiale nel settore dei semiconduttori. Il 25 marzo 2020, l’allora CEO di Nexperia, Frans Scheper, ha deciso di andare in pensione anticipatamente e di dimettersi dal consiglio di amministrazione. Contemporaneamente, Zhang Xuezheng, presidente del consiglio di amministrazione di Nexperia, ha assunto il ruolo di CEO.

Frans Scheper era un veterano di NXP. Il predecessore di Nexperia era la divisione Standard Products dell’azienda olandese NXP. Dopo aver iniziato la sua carriera nel settore IT, Scheper è stato direttore generale della divisione Standard Products di NXP prima dello spin-off di Nexperia, rimanendo nell’azienda per quasi 20 anni. Ha anche gestito uno dei principali stabilimenti di produzione di wafer di Nexperia, lo stabilimento di Amburgo in Germania. Lo stabilimento di Amburgo di Nexperia produce wafer da 8 pollici, con una capacità mensile di circa 35.000 wafer. Questa produzione si traduce in 70 miliardi di unità di semiconduttori all’anno, rendendolo il più grande impianto di produzione di wafer al mondo per dispositivi discreti a piccolo segnale e diodi. “Ho deciso di non prolungare il mio mandato quadriennale, quindi ora è il momento che Wingtech, proprietaria di Nexperia, decida la futura leadership di Nexperia”, ha dichiarato Scheper al momento delle dimissioni da CEO.

L’attuale Chief Financial Officer e CEO ad interim di Nexperia è Stefan Tilger. Ha iniziato la sua carriera in Philips e NXP, dove ha ricoperto varie posizioni finanziarie. È entrato in Nexperia nel 2017 come Vice President of Global Business Control. Il management di Wingtech lo ha valutato come una persona con forti capacità professionali e una personalità flessibile. Nel 2021, dopo l’acquisizione di Nexperia da parte di Wingtech e il pensionamento del precedente CFO, Stefan Tilger è stato promosso a CFO sulla base delle sue riconosciute competenze professionali.

Il responsabile legale che attualmente supervisiona gli affari legali di Nexperia è Ruben Lichtenberg. Dopo l’acquisizione di Nexperia da parte di Wingtech, ha guidato i team legali e di proprietà intellettuale a livello globale e ha anche ricoperto il ruolo di amministratore legale di Nexperia.

Prima del 2022, a causa della pandemia, Zhang Xuezheng lavorava principalmente dalla Cina, gestendo gli affari e comunicando con questi dirigenti chiave online. A partire dal 2022, Zhang Xuezheng ha iniziato a lavorare dai Paesi Bassi. Il periodo che seguì fu una fase di luna di miele tra Zhang e i vari membri del team dirigenziale. “C’è stato un periodo in cui il rapporto era ottimo; ad esempio, continuavano a cenare e bere insieme”, ha rivelato un manager di Wingtech Technology.

La pressione esterna arriva senza essere invitata

Nel gennaio 2023, Stati Uniti, Paesi Bassi e Giappone hanno raggiunto un accordo, con i Paesi Bassi e il Giappone che, sotto la pressione degli Stati Uniti, hanno avviato controlli sulle esportazioni di apparecchiature per semiconduttori verso la Cina. Anche il principale produttore di apparecchiature dei Paesi Bassi, ASML, è stato soggetto a restrizioni. Nel 2024, ASML non solo non ha potuto vendere apparecchiature EUV alla Cina, ma ha anche visto revocare dal governo olandese le licenze di esportazione per alcune apparecchiature DUV.

Se si guarda alla storia aziendale, sia Nexperia che ASML possono far risalire le loro origini alla società olandese Philips Group. Con il controllo delle esportazioni di apparecchiature per semiconduttori di ASML verso la Cina, il management di Nexperia ha naturalmente percepito la minaccia come molto vicina.

Per affrontare questo problema, Nexperia ha creato un nuovo dipartimento: Affari societari. Ha assunto un manager con molti anni di esperienza nella diplomazia olandese per guidare questo dipartimento e ha iniziato a contattare in modo proattivo il Ministero dell’Economia olandese. Si sono consultati su come l’azienda dovesse rispondere alle tensioni geopolitiche internazionali, discutendo su come modificare la struttura di governance di Nexperia per garantirne l’indipendenza. Nexperia era preoccupata di non essere riconosciuta come azienda olandese, ma semplicemente etichettata come “azienda di proprietà cinese”. La comunicazione tra il dipartimento Affari aziendali di Nexperia e il Ministero dell’Economia olandese mirava a “ottenere l’appoggio del governo olandese in Europa, riconoscendoci come un attore importante nell’industria olandese dei semiconduttori”.

Fu a questo punto che iniziò la grave frattura all’interno della dirigenza di Nexperia. Sorsero disaccordi su come rispondere alle pressioni degli Stati Uniti e su come gestire i rapporti con il Ministero dell’Economia olandese, portando a opinioni significativamente diverse sulla strategia di sviluppo tra i dirigenti di Nexperia. Il breve periodo di relazioni amichevoli tra Zhang Xuezheng e i diversi dirigenti giunse al termine. Nel settembre 2025, Zhang Xuezheng fece in modo che Nexperia licenziasse questi dirigenti. Inaspettatamente, i tre dirigenti hanno organizzato una controffensiva collettiva, che ha avuto successo. Un dirigente di Wingtech Technology ha commentato che Zhang Xuezheng era “personalmente piuttosto colpito da questo”.

La contraddizione fondamentale
A partire dalla fine del 2023, Nexperia ha avviato un dialogo con il Ministero dell’Economia olandese. Fino al luglio 2024 si sono susseguiti diversi cicli di comunicazioni. I principali argomenti discussi includevano la necessità di modificare la struttura di governance di Nexperia per garantirne l’indipendenza, l’opportunità che il governo olandese rafforzasse il proprio controllo su Nexperia e l’opportunità di indebolire il controllo degli azionisti di Nexperia.

Una delle richieste avanzate dal Ministero dell’Economia olandese era che Nexperia dovesse avere un cittadino olandese nel proprio consiglio di amministrazione. Per questo motivo è stato scelto come amministratore Ruben Lichtenberg, Chief Legal Officer. Anche Zhang Qiuhong, ex presidente di Wingtech Technology, era stata amministratore di Nexperia. Tuttavia, nel luglio di quest’anno ha rassegnato le dimissioni da presidente di Wingtech e di conseguenza ha cessato di essere amministratore di Nexperia. Prima dell’ottobre 2025, Nexperia aveva solo due amministratori: Zhang Xuezheng e Ruben Lichtenberg.

Il punto centrale della controversia tra il Ministero dell’Economia olandese e Wingtech Technology era la richiesta del primo affinché Nexperia istituisse un consiglio di sorveglianza. “Le responsabilità di questo consiglio di sorveglianza sono molto diverse da quelle dei consigli di sorveglianza in Cina. Il consiglio di sorveglianza olandese può essere sostanzialmente inteso come un comitato degli azionisti; i suoi membri hanno diritto di voto sulle questioni aziendali più importanti”, ha rivelato un alto dirigente di Wingtech. Il governo olandese ha chiesto che il consiglio di sorveglianza istituito da Nexperia non solo avesse diritto di voto, ma anche potere di veto su quasi 20 questioni riservate. Queste 20 categorie di questioni riservate includevano il trasferimento di proprietà intellettuale o tecnologia a paesi al di fuori dell’UE, progetti di investimento superiori a 1 milione di dollari in qualsiasi parte del mondo, l’assunzione di personale di ricerca e sviluppo in Cina e persino la completa separazione delle reti interne di Nexperia in Cina e in Europa.

“Questa serie di questioni richiedeva che il consiglio di sorveglianza avesse potere di veto su di esse”, ha dichiarato il dirigente senior di Wingtech Technology. “Dopo che la nostra società quotata in borsa (Wingtech Technology) ha incaricato alcuni avvocati di condurre un’analisi dettagliata, abbiamo ritenuto che fosse inaccettabile. Dal punto di vista di una società quotata in borsa, accettare questa serie di punti fondamentali avrebbe significato rinunciare a una parte dei nostri diritti di controllo. Questo è stato quindi un punto centrale di contesa che abbiamo discusso con il Ministero dell’Economia olandese in merito alle questioni di governance aziendale a partire dal 2024”.

Wingtech ha affermato che, secondo la legge olandese, Nexperia non rientrava nella categoria che imponeva l’istituzione di un consiglio di sorveglianza e che la sua attuale assenza non violava alcuna disposizione legale obbligatoria. In una lettera inviata da Nexperia al Ministero dell’Economia olandese in data 17 aprile 2024, Nexperia ha chiesto parità di trattamento: si aspettava lo stesso trattamento riservato ad altre società simili con sede anch’esse nei Paesi Bassi, con importanti azionisti stranieri e operanti secondo la legge olandese.

Il 17 ottobre Wingtech Technology ha dichiarato a Yicai che Wingtech e Nexperia avevano discusso attivamente con il Ministero dell’Economia olandese la possibilità di istituire un consiglio di sorveglianza. L’intero processo non è stato un adeguamento unilaterale alla normativa, come descritto dalla parte olandese, ma piuttosto un processo in cui l’impresa, dopo aver chiarito i limiti legali, ha difeso i propri diritti e interessi legittimi. “La condizione preliminare di Nexperia per accettare di istituire un consiglio di sorveglianza era che, in qualità di filiale di una società quotata in borsa con un solido sistema di controllo interno, la sua indipendenza decisionale operativa doveva essere garantita, piuttosto che accettare interventi non di mercato da parte di forze esterne. Ad oggi, Nexperia non solo non ha ottenuto il riconoscimento, ma non è stata nemmeno inclusa nell’associazione olandese dell’industria dei semiconduttori”, ha dichiarato Wingtech a Yicai.

Anche la vendita delle azioni di Nexperia e una quotazione secondaria rientravano nell’ambito delle discussioni. Alcuni dirigenti di Nexperia erano inoltre motivati a promuovere la vendita di una quota parziale agli investitori europei, o addirittura a cercare una quotazione indipendente all’estero per Nexperia. “L’attuale CFO di Nexperia è piuttosto proattivo al riguardo. In realtà aveva già cercato ampiamente investitori in Europa. Naturalmente, questo è strettamente legato ai suoi interessi personali perché, in qualità di CFO, portare a termine una transazione di tale portata gli garantirebbe un bonus significativo”, ha affermato un dirigente di Wingtech Technology.

Queste contraddizioni irrisolte tra Zhang Xuezheng e i dirigenti, e tra Nexperia e il Ministero dell’Economia olandese, sono esplose completamente quando gli Stati Uniti hanno implementato la regola del 50% di proprietà per l’Entity List.

La partenza
Zhang Xuezheng aveva inizialmente intenzione di licenziare prima i dirigenti. All’inizio di settembre 2025, il dipartimento risorse umane di Nexperia ha iniziato a rappresentare l’azienda nelle trattative con il responsabile legale e altri dirigenti in merito al loro licenziamento. “Da un lato, ritenevamo che ci fosse stata una certa negligenza nel loro operato nel corso del tempo, aggravata da una serie di piccoli problemi accumulati negli anni; dall’altro, ritenevamo che il loro atteggiamento relativamente conservatore non fosse adatto allo sviluppo strategico futuro dell’azienda”, ha rivelato un dirigente senior di Wingtech Technology.

Secondo quanto riferito da Wingtech, le due parti avevano sostanzialmente raggiunto un accordo e stavano solo aspettando di sedersi formalmente al tavolo per firmare i contratti di risoluzione. L’intenzione iniziale era quella di annunciare l’uscita dei dirigenti con una dichiarazione concordata di comune accordo. “Dopotutto, sono stati dirigenti autorevoli dell’azienda per molti anni; volevamo che tutti potessero salvare la faccia”.

Il 29 settembre 2025, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha rivisto e ampliato l’applicazione della regola del 50% delle affiliate per l’Entity List. In base a questa regola, anche Nexperia, in qualità di controllata di Wingtech Technology, potrebbe essere soggetta a restrizioni in materia di controllo delle esportazioni.

Il 30 settembre 2025, ora olandese, il Ministero dell’Economia e della Politica climatica dei Paesi Bassi ha emesso un decreto ministeriale nei confronti di Nexperia, imponendo a Nexperia e a tutte le sue controllate, filiali, uffici e altre entità globali (30 soggetti in totale) di non apportare modifiche alle proprie attività, proprietà intellettuali, affari o personale per un periodo di un anno. Secondo il management di Wingtech Technology, la disposizione contenuta in tale ordine secondo cui “il personale chiave non può essere licenziato né subire modifiche alla propria posizione era, in una certa misura, intesa a proteggere quei tre. Essi hanno utilizzato direttamente l’ordinanza ministeriale per essere reintegrati”.

Il 1° ottobre 2025, l’amministratore delegato e il responsabile legale di Nexperia, con il sostegno degli altri due dirigenti, il direttore finanziario e il direttore operativo, hanno presentato una richiesta urgente al tribunale commerciale olandese affinché avviasse un’indagine sulla società e adottasse misure provvisorie. Lo stesso giorno, il Tribunale delle imprese ha applicato direttamente diverse misure di emergenza con effetto immediato senza udienza, tra cui la sospensione di Zhang Xuezheng dalla carica di amministratore esecutivo di Nexperia e l’affidamento delle azioni di Nexperia a un terzo indipendente. Queste misure immediate sono rimaste in vigore fino all’udienza del 6 ottobre, quando è stata emessa una sentenza sulla richiesta di misure immediate dopo un’udienza orale.

“L’atto di accusa è stato presentato al mattino e nel pomeriggio/sera ci hanno notificato la sentenza provvisoria”. I dirigenti di Wingtech Technology hanno ritenuto che tale efficienza fosse insolita per i Paesi Bassi. L’autorità gestionale di Zhang Xuezheng è stata sospesa dopo il 1° ottobre. I dirigenti europei di Nexperia hanno bloccato direttamente l’accesso all’e-mail interna di Nexperia, ai sistemi di comunicazione e all’account di Zhang Xuezheng. “Ciò ha impedito a noi, in qualità di parte convenuta, di ottenere prove in modo ragionevole. Anche i nostri avvocati olandesi ritengono che vi siano vizi procedurali”, ha dichiarato un dirigente di Wingtech Technology. “Col senno di poi, siamo stati un po’ troppo clementi nel gestire la questione [riferendosi al licenziamento dei tre dirigenti]. Guardate come hanno bloccato direttamente gli account del presidente Zhang e tutto il resto, il giorno successivo”.

Le prove presentate da diversi dirigenti che Wingtech ha ottenuto dal tribunale consistevano in oltre 500 pagine di testimonianze e dichiarazioni giurate. Queste oltre 500 pagine includevano il contenuto delle e-mail scambiate tra Nexperia e il Ministero dell’Economia olandese dall’inizio della loro collaborazione nel 2024. “Abbiamo bisogno di tempo per assimilare il linguaggio, tempo per studiare queste 500 pagine e anche tempo per raccogliere prove e controinterrogare”, ha affermato il dirigente di Wingtech Technology. Tuttavia, la richiesta di rinvio dell’udienza è stata respinta. “Avevamo solo 2 giorni lavorativi per prepararci, o 5 giorni compreso il fine settimana, prima dell’udienza del 6. È stato estremamente ingiusto”.

Il tribunale olandese competente in materia di imprese ha tenuto l’udienza nel pomeriggio del 6 ottobre. Nel pomeriggio del 7 ottobre, il tribunale ha emesso una sentenza che conferma in gran parte le misure immediate sopra menzionate.

Attualmente, Zhang Xuezheng ha lasciato i Paesi Bassi ma non è tornato in Cina. Rimane l’azionista di controllo effettivo di Wingtech Technology. I dirigenti di Wingtech rimangono in contatto con Zhang Xuezheng, ma affermano di non conoscere la sua attuale ubicazione.

Democratico scandalo…e oltre_di Daniele Lanza

“BEN VENGA QUALSIASI PATTO CHE PORTI AD UNA PACE LUNGA E DURATURA”

(portavoce della commissione europea, Olof Gill”).

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Ecco.

Stasera, prima di spegner tutto, mi capita ancora sotto gli occhi questa: e capisco perchè ho rinunciato moralmente al continente in cui sono nato.

Il vertice politico europeo distintosi in anni di massimalismi e ostilità anti-russa persino superiore agli USA (grottescamente)……che ancora fino a poche ora si mostrava sguaiato in merito al fatto che il meeting di Budapest violerebbe il mandato di arresto per Putin – ora si mostra placidamente d’accordo invece, dopo una rapida stilettata sulle dita (presumibilmente) direttamente da Washington. Cioè le regole, i principi internazionali, la carta delle Nazioni unite e tutto il resto, non sono nemmeno sacre come si suppone debbano essere, stando a come da Bruxelles li si difende di solito: per metterla in altro modo……..la prosopopea illuminista/democratica vale per rompere le scatole agli stati nemici, ma “scompare” quando è pratico che sia, per motivi di comodo.

In pratica basta che il padrone dica “contrordine compagni” per far cambiare musica a tutta l’orchestra: questi sono i principi dell’occidente. Questa è l’Europa politica.

Per queste ragioni ho rinunciato MORALMENTE all’Europa ai suoi simboli, ai suoi principi e qualsiasi sua etica professata (a subordinati non è concessa alcuna etica, quella è un lusso delle potenze indipendenti), e se non fosse per motivi prettamente pratici rinuncerei anche alla cittadinanza europea.

E’ la reiezione assoluta.

E’ il vomito.

E nemmeno per il fatto che l’UE sia “anti-russa” (anti russismo esiste da secoli tra le potenze europee), ma per il fatto che tale orientamento può cambiare da un giorno ad un altro se dall’alto (Washington) la cosa viene domandata ed imposta.

La dico diretta: io RISPETTEREI (come nemico) persino l’anti-russismo se esso fosse genuino e spontaneo……e non il riflesso di quello che un padrone d’oltreoceano suggerisce (e i burattini ripetono a pappagallo).

L’Europa unita è un “nemico” per modo di dire: lo è….e nemmeno per volontà propria, come lo farebbe un pupazzo. Non può odiare la Russia come non può amarla: perchè in realtà non ha facoltà di esprimere alcuna idea propria se non imbeccata o permessa da oltreoceano. E’ un insieme di corpi artificiali la cui vita reale, biologica, è cessata tanto tempo fa.

Veder strillare la commissione europea sino a stamane per il mandato di arresto di Putin poteva darmi sui nervi sì………ma vedere che ora applaudono l’iniziativa dopo il “contrordine”, innesca il non descrivibile. Preferisco il nemico che va fino in fondo alle sue idee (anche stronzamente)…..piuttosto che trovarmi davanti la caricatura di essere umano che va avanti a molla (la UE è questo).

Europei tenetevi il vostro continente.

Buonanotte.

“LA GUERRA FINISCA SENZA I TOMAHAWK”

Questa è l’essenza del messaggio presidenziale americano all’ennesima visita del capo di stato ucraino in pellegrinaggio alla Casa bianca.

Commentare questa prima fase (l'”intermedio) nel round diplomatico di questo ottobre, è apparentemente semplice, se si mettono correttamente in relazione realtà sul campo e manovre diplomatiche.

A due mesi dal summit in Alaska la situazione bellica è andata grossomodo secondo le proiezioni di Putin, seppure con un ritmo inferiore rispetto a quanto dichiarato da quest’ultimo: le forze ucraine sono gradualmente macinate lungo tutta la linea del fronte, che oggettivamente – per forza di numeri – non possono più coprire (quasi tutte le unità valide al combattimento, operano a nemmeno il 50% dei loro effettivi, ossia mancano la metà dei soldati e più). Tale circostanza estrema a sua volta porta lo stato maggiore ucraino e i suoi comandi inferiori ad una gestione del fronte disperata, come disperdere i propri pochi effettivi lungo tutto il perimetro del fronte (al fine di dire che è “coperta”), ottenendo soltanto una difesa impossibile a costi umani ancora maggiori tra le trincee. In POKROVSK – nerbo dello scontro, sono già come imbottigliati quasi 50’000 combattenti ucraini (il 20% di tutta la forza combattente nazionale e quella più valida, le unità più potenti) e lo stato maggiore russo non sente nemmeno alcuna fretta di chiudere l’accerchiamento……in base al calcolo che finchè Kiev può mandare aiuti e rinforzi attraverso un varco, continuerà a farlo per disperazione (pensando che la città sia salvabile) ed in questo modo……il calderone di Pokrovsk seguiterà ad assorbire risorse e uomini che anzichè esser disperse lungo tutta la linea del fronte per puntellarlo, sono concentrate ed ammassate in un UNICO punto, diventando un bersaglio perfetto per giunta (…).

In sintesi è oggettivamente chiaro che le forze ucraine NON riescono e non riusciranno a contenere l’avanzata russa iniziata in estate: a giudicare dall’andamento agosto-ottobre 2025, si prevede che entro 6 mesi la “sacca” sarà risolta a favore russo.

Il doppio rispetto ai 3 mesi (?) che Putin diceva, ma comunque l’esito è quello: qualcosa che a questo punto innescherebbe la reazione a catena negativa che lo stato maggiore ucraino teme (ritirata generale).

NON si può aspettare dunque: eccoci quindi a noi.

Servono armi “strategiche” per invertire l’esito (come ai tempi di Hitler, l'”arma segreta”….): i TOMAHAWK. Che poi non servirebbe a invertire i rapporti di forza sul campo, bensì colpire la Russia nell’entroterra col risultato di fare pressione psicologica sull’opinione pubblica russa che non sconfiggerne le forze armate (le armi strategiche operano così).

D. TRUMP per parte sua gli replica come nel titolo del post in alto (…).

Il suo modo di fare pressione su Kiev per trattare. Bisogna rendersi conto che il governo ucraino – malgrado gli annunci propagandistici – è messo talmente alle strette che per fare pressione non occorre far nulla di attivo contro di esso, ma semplicemente NEGARGLI l’aiuto che domanda (cosa che è a pieno arbitrio di Washington).

Parallelamente il presidente americano cerca di fare pressione su Mosca sul piano ECONOMICO, cosa che è più complessa, dal momento che implica forzare e minacciare tutti gli stati che acquistano petrolio dalla Russia a rinunciarvi (solo che questi ultimi sono in gran parte al di fuori dell’occidente – anzi, suoi succubi e sfruttati – e pertanto meno permeabili alla pressione, che può richiedere tempi indefinibili………in un gioco dove il fattore tempo è essenziale ormai.

IN BREVE: Trump fa pressione su entrambi i contendenti (a mò di bilancia del campo), ma mentre quella su Mosca è più complicata e può richiedere anni, quella su Kiev è invece più diretta e le forze ucraine NON possono aspettare anni.

Trump per parte sua assolve il suo compito di mediatore……….ma per la parte ucraina le cose non cambiano (avrebbero bisogno di un livello di aiuto che Washington non darà).

Insomma, Zelensky ha già fallito in sostanza: se il suo voleva essere un ulteriore tentativo di sensibilizzare gli alleati o addolcire Trump allora è andato a vuoto. Non ha ottenuto l’arma strategica, e qualsiasi buona impressione possa aver fatto sul presidente americano, essa sarà CANCELLATA dall’incontro di Budapest tra questi e Putin (evento mediatico che terrà banco 10 volte tanto). Se l’intento di Zelensky era lavorarsi Trump (?!), a Budapest, Putin ed Orban (non dimentichiamoci che anche quest’ultimo si farà sentire), faranno lo stesso e molto più efficacemente, esattamente come successo in Alaska.

E mia previsione che nell’immediato non si cambierà molto: il conflitto sul campo andrà avanti per il 2025/26, secondo la traiettoria descritta all’inizio del post (…). L’intero Donbass verrà preso manu militari: Zelensky si ritroverà senza di esso e in aggiunta con 100’000 militari in meno che avrebbe potuto risparmiare se l’avesse ceduto diplomaticamente.

E la parte russa non si accontenterà di “congelare” le linee del fronte: domanderà riconoscimento de jure a questo punto (la parte ucraina deve concedere qualcosa: e “concedere” qualcosa che già non ha più non ha valore oggettivo).

Vedremo. Aspettiamo Budapest.

Dunque da dove iniziare ?

L’incontro Trump/Putin deve ancora avvenire che una moltitudine vorrebbe già commentarlo (?)….ma in realtà non a torto: nel senso che – come sempre – i colloqui più importanti sono quelli il cui risultato si intuisce dal CONTESTO prima ancora che dall’effettivo scambio verbale (the context speaks LOUDER than simple words).

Limitiamoci quindi, per adesso, all’essenziale.

A – Che l’incontro con Putin sia stato così tempestivo ed improvviso (in genere occorrono settimane o mesi), suggerisce alcune cose: che ormai il ghiaccio e rotto e la comunicazione col Cremlino è ripristinata per quanto riguarda Washington…..al punto ora di programmare incontri in modo fluido, veloce e soprattutto indipendentemente dal sentire degli alleati europei (l’impressione è questa). Che poi l’incontro non sia in un angolo dell’Alaska, ma nel cuore del continente europeo, trasmette l’idea che i due leader non hanno più intenzione di celare i contatti in corso in qualche recesso dell’artico, bensì portano la propria presenza e volontà fin dentro l’Europa, a partire da un paese filorusso come l’Ungheria: che a Bruxelles garbi o meno. Che se ne dica, vedere Trump, Orban e Putin allineati nelle istantanee che tra una settimana tappezzeranno le prime pagine dei media, ha un significato ed avrà un impatto notevole (…).

B – Sorpresa a parte, l’evento può stupire soltanto pochi osservatori ingenui in realtà: un incontro è NECESSARIO e probabilmente seguiranno parecchi altri passi di vario genere. Occorre comprendere un fatto (mi rivolgo a chi sia filo occidentale che legga il passo) : l’UCRAINA è sull’orlo del precipizio (e stavolta per davvero, al netto di propagande di ogni tipo)……..si sta raggiungendo il limite demografico, mancano oggettivamente le truppe, la diserzione è alle stelle, e in aggiunta a questo, la fornitura di armamenti (pagati da ora in avanti dall’UE) è calata di quasi il 50% in pochi mesi.

Esiste il rischio oggettivo che ad un certo punto accada qualcosa, che si inneschi un meccanismo che porta al collasso militare, il qual trascina con sè quello politico: esiste il rischio che accada quanto i media di tutto l’occidente negano e rifiutano da 3 anni a questa parte. Anche per questo Trump volerà a Budapest: per smorzare, anticipare ed impedire la catastrofe in arrivo in qualche modo (…). Anche se occorre sottolineare che il Cremlino non si lascerà naturalmente infinocchiare da Trump in modo alcuno, ahimè (…).

C – L’incontro del presidente americano riguardante Zelensky è già automaticamente AZZERATO quanto ad effetti, a prescindere da cosa si diranno effettivamente oggi. Il ricevimento della volpe di Kiev alla casa bianca farà molto meno notizia che non il fatto che Trump corra ad un incontro con Putin meno di una settimana più tardi (si deve ancora concordare la data esatta, ma è assai presto). Il secondo meeting tra due leader di potenze nucleari a poco più di 2 MESI l’uno dall’altro (non tipico di certo e di per sè dice già molto a sincero avviso)

IN CONCLUSIONE = al netto delle considerazioni in alto………se anche si trattasse semplicemente di una contromossa putiniana al meeting di Zelensky (al fine di annullarne gli effetti sulla psiche umorale di Trump), ebbene, la cosa avrà il suo buon effetto e questo anche nella percezione collettiva La venuta del presidente ucraino a Washington risulterà OSCURATA dalla triplice TRUMP/ORBAN/PUTIN che sfilerà a Budapest: visivamente farà più impressione vedere tre sovrani (due grandi ed uno piccolo), per quanto discussi……….che non fare il resoconto delle richieste di un supplice piagnucoloso in pellegrinaggio alla Casa bianca.

V. Putin farà la parte del leone anche in questa circostanza: ruberà la scena all’elegante dolcevita militare nera di Zelensky ed in maniera ancor più roboante che non in Alaska.

DEMOCRATICO SCANDALO………….

Nella minuscola, ordinata e pulita Lettonia, angolo di orgogliosa appartenenza all’Europa unita di Bruxelles, si prosegue la marcia iniziata da moltissimi anni, finalizzata a neutralizzare culturalmente (o fisicamente tramite espulsione), della folta minoranza russofona che rappresenta 1/4 dell’intera popolazione nazionale.

Orbene, in ottica nazionalista baltica, essi in realtà NON sono 1/4 della popolazione, nel senso che non vanno conteggiati assieme alla popolazione “vera” (quella etnica lettone cioè), ma come un corpo estraneo nella nazione, da trattare come tale (…).

L’Ultimissima notizia in merito alle misure discriminatorie e intimidatorie tese a comprimere il più possibile l’anomalia della presenza russa nel Baltico consiste nell’esame di lingua ora: per decreto si è reso obbligatorio superare un esame di lingua lettone (con un ristrettissimo margine di tempo)……..in caso contrario o id non superamento di quest’ultimo è prevista l’ESPULSIONE dal paese, che per (ripetiamo) 1/4 dei suoi abitanti russofoni è il paese di nascita e di nascita dei propri genitori.

Sono state già effettuate quasi 1000 espulsioni sulla base dell’ultimo decreto sopramenzionato.

Si tratta dell’ultimo insulto: la lingua nazionale lettone democraticamente permessa e persino promossa dalla politica delle nazionalità di era sovietica, prende ora il sopravvento facendosi persecutore nazionalista di una minoranza al suo interno: quella stessa minoranza che era maggioranza culturale nella grande casa sovietica (…)

TRE considerazioni:

1 – non fosse stato per la promozione del principio di nazionalità di era sovietica, la Lettonia (l’intero Baltico) sarebbe stata russificata al punto che il “lettone” sarebbe sopravvissuto al livello di dialetto che parlano solo nonni e zii di campagna (per intendersi).

2 – nell’era delle migrazioni di massa (che l’UE accoglie a braccia aperte nello spirito della fratellanza universale), sarà interessante osservare come si esprimerà il nazionalismo lettone (quando, mandati via gli “alieni” russi, si presenterà al loro posto un equivalente numero di sub-sahariani o cingalesi…..che von Der Leyen o chi altro, domanderà di accettare col sorriso. I lettoni hanno voluto entrare nella casa europea quindi dovrebbero adattarsi a quanto a loro richiesta: mi piacerebbe vederla questa).

3 – se si dubita della fedeltà dei russofoni di Lettonia al paese……beh, tale infedeltà diventa sempre più meritata in questo caso: da non far stupire come si vada formando un movimento separatista in seno al paese.

SINDACO DI ODESSA RIMOSSO DALL’INCARICO (…)

Questa sì che è interessante: V. Zelensky nel giro di un paio di giorni rimuove il sindaco della TERZA città dell’Ucraina (ma soprattutto l’unico grande porto che domina l’ultima fascia di costa che al paese rimanga…): l’accusa formale sembrerebbe riguardare il possesso di una doppia cittadinanza, vietata dalla legge ucraina. La cittadinanza di troppo che Trukhanov avrebbe è quella RUSSA naturalmente (benchè molti osservatori indipendenti dubitano).

Ad ogni buon conto, con tale scusante (si vede che essere russi è motivo di discredito morale) viene allontanato dall’amministrazione cittadina e al suo posto viene installata dal presidente un’amministrazione MILITARE.

Sì, davvero singolare il tutto, ma proprio per tale singolarità io accoglierei con “entusiasmo” la notizia.

Si può dibattere in merito al fatto che l’attuale governo di Kiev sia o meno una giunta semi-militare illegittima (arrivati ad oltre 1 anno dal termine del suo mandato legale), ma che inizino a comparire amministrazioni militari – come sue ramificazioni – qua e là per il paese a partire da una città simbolo come ODESSA, ritengo sia addirittura benefico nella misura in cui sia illuminante del tipo di consenso che Zelensky e il suo entourage hanno nella loro società( forse che dubitano della ferrea fedeltà alla causa nazionale ucraina da parte dei cittadini di Odessa ??). Un buon inizio. Interessante.

Dire di continuare così (…).

E si chiama ODESSA (con due esse…la versione in ucraino non voglio nemmeno sentirla).

Mark A. DiPlacido: Rendiamo le aziende americane di nuovo americane

Mark A. DiPlacido: Rendiamo le aziende americane di nuovo americane

Un tempo gli interessi aziendali coincidevano con quelli nazionali, e ora è il momento che tornino a coincidere.

Mark A. DiPlacido16 ottobre∙Post di un ospite
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Nel 1953, il presidente Eisenhower nominò il presidente della General Motors, Charles E. Wilson , Segretario della Difesa. La mossa fu degna di nota non solo perché Wilson fu uno dei primi e unici CEO a essere nominato a un incarico di governo negli Stati Uniti, ma anche per l’importanza del ruolo della sua azienda nella società americana dell’epoca. GM era probabilmente l’azienda più influente del paese, producendo metà di tutti i veicoli venduti negli Stati Uniti (tutti con contenuti principalmente nazionali) e impiegando oltre mezzo milione di persone (quasi uno su 110 lavoratori americani). GM era stata anche un fornitore vitale per gli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale e un importante innovatore tecnologico. Nel 1955, si classificò al primo posto nella prima lista Fortune 500.

Durante la sua udienza di conferma, Wilson si trovò ad affrontare preoccupazioni circa potenziali conflitti di interesse. Quando gli fu chiesto se avrebbe potuto rimanere fedele all’interesse nazionale qualora una decisione potesse danneggiare GM, Wilson fece una dichiarazione che sarebbe stata ampiamente ( e inaccurata ) citata per decenni: “Ciò che è bene per GM è bene per l’America”. Dato il sostegno di GM allo sforzo bellico e il significativo contributo alla produzione, all’innovazione e all’occupazione americana, all’epoca si sarebbe potuto ragionevolmente sostenere questa versione della dichiarazione. Ma i commenti di Wilson suscitarono comunque polemiche, e fu costretto a vendere le sue azioni GM per ottenere la conferma al Senato.

A merito di Wilson, la sua affermazione in realtà era più sfumata: “…per anni ho pensato che ciò che era bene per il nostro Paese fosse bene anche per la General Motors, e viceversa. La differenza non esisteva. La nostra azienda è troppo grande. È inerente al benessere del Paese. Il nostro contributo alla nazione è davvero considerevole”. La sua affermazione partiva dal sentimento opposto : ciò che è bene per l’America è bene anche per la GM, e in definitiva riconosceva gli interessi reciproci tra la nazione e le sue aziende.

Il problema con la versione citata erroneamente del suo commento è che mette al primo posto gli interessi di GM , implicando che gli interessi del Paese fossero subordinati a quelli della sua principale azienda. Sfortunatamente, molti economisti e dirigenti d’azienda adottano implicitamente questo sentimento. Per loro, ciò che è presumibilmente positivo per la nazione, i suoi lavoratori e le sue comunità deriva naturalmente da ciò che è positivo per le sue principali aziende e i loro azionisti. Una tale teoria era dubbia anche ai tempi di Wilson, ma oggi, nelle condizioni di mercato globalizzate che favoriscono l’estrazione e il risparmio sui costi rispetto alla produzione e agli investimenti, è particolarmente dubbia . Le aziende, che ora sono multinazionali, spostano regolarmente le operazioni all’estero e i profitti nei paradisi fiscali, dando priorità ai guadagni a breve termine attraverso il riacquisto di azioni proprie piuttosto che agli investimenti a lungo termine in infrastrutture e capitale umano. Laddove GM era pronta 85 anni fa a sostenere gli sforzi bellici americani, l’azienda statunitense più in voga oggi , Nvidia, insiste nel vendere i suoi semiconduttori avanzati con potenziali applicazioni militari alla Cina, pur faticando a soddisfare la domanda dei clienti statunitensi.

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Questi cambiamenti nella strategia aziendale non erano inevitabili e non devono essere permanenti. Sono stati il ​​risultato di scelte politiche deliberate, compiute da entrambi i principali partiti politici nel corso di diversi decenni. Dopo gli anni ’50, la politica economica interna ha iniziato a favorire la deregolamentazione finanziaria, la supremazia degli azionisti e una minore tutela del lavoro. A livello internazionale, gli Stati Uniti hanno stipulato accordi commerciali con scarsa considerazione per l’industria nazionale o per i posti di lavoro della classe media. L’applicazione delle norme antitrust è diminuita, gli investimenti sono crollati , il codice fiscale ha permesso ai profitti di delocalizzarsi e i mercati finanziari hanno iniziato a mettere in ombra l’economia reale. In breve, gli Stati Uniti hanno assistito a un’erosione del capitalismo da parte delle aziende .

Lo scopo pubblico delle società

All’epoca della fondazione americana, l’influenza economica delle società per azioni era molto più limitata. Come ha sottolineato Jonathan Berry, avvocato del Dipartimento del Lavoro , le società per azioni erano inizialmente riconosciute come entità speciali progettate per servire uno scopo pubblico limitato che i singoli individui erano mal equipaggiati per gestire da soli, come la costruzione di infrastrutture pubbliche o la gestione dei porti. Questi scopi erano stabiliti nello statuto di ciascuna società, che veniva redatto a livello statale e poteva essere revocato se una società si discostava dai suoi termini o violava la fiducia pubblica. Per perseguire tali scopi, alle società venivano concessi nuovi diritti legali come il ” corpus habere ” e la responsabilità limitata, che stabilivano la personalità giuridica delle società come distinta dai loro proprietari e garantivano che questi ultimi non potessero essere ritenuti responsabili per i debiti o gli accordi legali della società.

Mentre il governo continua a conferire diritti estesi alle società, tra cui personalità giuridica e responsabilità limitata, ora non richiede alcun beneficio pubblico esplicito in cambio. Le moderne società statunitensi non hanno praticamente alcuna limitazione in termini di scopo, ambito, responsabilità o confini entro cui operano (nazionali o esteri). Molte ora svolgono persino funzioni bancarie . La loro missione principale, spesso codificata legalmente , è massimizzare i rendimenti per gli azionisti, anche se questi ultimi sono sempre più residenti all’estero . L’interesse pubblico è considerato l’unica preoccupazione del governo, mentre le società, nonostante la loro responsabilità limitata, le dimensioni e altri privilegi rispetto ai singoli individui, sono tenute a operare esclusivamente sulla base di interessi privati.

È improbabile che gli Stati Uniti tornino a un’economia di piccole imprese con obiettivi limitati nel prossimo futuro, ma è importante capire che il capitalismo americano oggi appare molto diverso da quello dei Padri Fondatori e persino da quello degli anni ’50. Sebbene questo possa essere più difficile da percepire in una città come Washington, DC, l’americano medio riconosce ancora intuitivamente la differenza. E mentre gli americani continuano a celebrare giustamente l’imprenditorialità e il contributo delle piccole imprese locali alle loro comunità, c’è un’enorme differenza nella fiducia del pubblico tra “piccole imprese” e “grandi imprese”. Secondo Gallup , il 70% degli americani esprime “molta” o “abbastanza” fiducia nelle piccole imprese, ma solo il 15% afferma lo stesso delle grandi imprese.

Questo sorprendente divario di 55 punti implica una netta preferenza per le imprese locali, concrete e responsabili nei confronti della comunità rispetto alle opache multinazionali con stabilimenti offshore, paradisi fiscali in Irlanda e una forza lavoro composta da appaltatori, visti per immigrati e algoritmi digitali. Questi istinti non sono anticapitalisti; sono filoamericani e riflettono un continuo desiderio di premiare le aziende per la crescita del Paese, oltre che per i profitti.

Nuove metriche per le aziende “americane”

Un tempo, GM incarnava il tipo di azienda che gli americani potevano ragionevolmente definire “americana”. Oltre alle dimensioni del suo organico, la ricerca e sviluppo dell’azienda ha portato a innovazioni come l’avviamento elettrico, il cambio automatico e il convertitore catalitico. Le tasse e gli investimenti di GM hanno sostenuto la difesa nazionale, le infrastrutture e l’istruzione pubblica degli Stati Uniti. Sebbene molte aziende possano ancora avere sede negli Stati Uniti, poche forniscono benefici pubblici della stessa portata. Ora, le gravi vulnerabilità della catena di approvvigionamento e l’ erosione dei posti di lavoro della classe media hanno generato una pressione politica sufficiente a rivalutare le strutture di incentivi economici. Mentre i decisori politici riconsiderano il rapporto delle aziende con l’interesse nazionale, dovrebbero valutare i seguenti parametri prima di affidarsi alle preoccupazioni aziendali:

  • Occupazione : quanti cittadini americani impiega l’azienda? Quale percentuale della sua forza lavoro totale è composta da cittadini statunitensi e quale percentuale è residente negli Stati Uniti? Quanti sono impiegati a tempo pieno e con benefit? Quanti di questi posti di lavoro soddisfano i criteri di “lavoro sicuro” di American Compass , con uno stipendio di almeno 40.000 dollari all’anno, assicurazione sanitaria e ferie retribuite incluse, e offrendo guadagni prevedibili e un orario di lavoro regolare o controllabile?
  • Produzione : quanta parte della produzione aziendale viene realizzata negli Stati Uniti? Quanta parte viene esternalizzata a filiali o fornitori esteri? Qual è il rapporto tra le spese operative interne ed estere dell’azienda?
  • Investimenti : quale quota dei profitti viene destinata a ricerca e sviluppo, investimenti di capitale e sviluppo della forza lavoro? Quanto viene destinato a compensi dirigenziali, dividendi e riacquisti di azioni proprie? Quanto spende in attività di lobbying e politica?
  • Tassazione : a quanto ammontano effettivamente le tasse federali statunitensi pagate dall’azienda ? Dove detiene i profitti derivanti dalla proprietà intellettuale (PI), soprattutto se la ricerca a supporto di tale PI è stata finanziata dal governo o è esente da imposte? Quanto denaro l’azienda detiene in conti offshore?
  • Proprietà : chi possiede l’azienda? Quale quota dell’azienda è di proprietà straniera, inclusa la proprietà straniera tramite investitori istituzionali?

Forse queste metriche potrebbero essere monitorate ufficialmente e pubblicate su un profilo pubblico di tutte le aziende con sede legale negli Stati Uniti. Se le aziende sono interessate a pubblicizzare i propri impegni ambientali e sociali, non dovrebbero essere altrettanto attente a promuovere la composizione della forza lavoro nazionale, gli investimenti nazionali e il pagamento delle imposte per conquistare il favore dei consumatori patriottici? Inoltre, se le carte fossero concepite per servire scopi pubblici e al contempo conferire vantaggi pubblici, non è ragionevole aspettarsi una maggiore trasparenza pubblica?

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Regolazione del paesaggio

Per essere chiari, l’obiettivo non è attaccare o punire le aziende per aver fatto ciò che il sistema attuale incoraggia – sebbene vi siano numerosi casi in cui le aziende agiscono decisamente contro l’ interesse nazionale, in modi che dovrebbero di fatto essere criminali. Né si tratta di intascare le aziende e ridistribuirne i profitti, mantenendo al contempo lo status quo fallimentare. L’obiettivo è cambiare le aspettative e ricollegare il successo aziendale al successo nazionale.

Sono i politici a progettare un sistema in cui la ricerca del profitto a breve termine viene premiata, anche quando mina la forza nazionale riducendo l’industria, i posti di lavoro e gli investimenti statunitensi. Sebbene il ruolo del governo dovrebbe effettivamente essere limitato, è in ultima analisi responsabile della definizione delle regole e delle condizioni in base alle quali operano i mercati e della loro applicazione equa una volta stabilite. Stabilendo e applicando le giuste regole di base, i legislatori possono premiare le aziende che vogliono essere “americane” – assumendo, costruendo e investendo in America – rendendo al contempo svantaggiosa la svendita.

I leader statunitensi non possono più permettere che la politica economica proceda in automatico mentre gli interessi delle multinazionali guidano il piano. Né possono continuare a confondere i profitti aziendali o i guadagni del mercato azionario con la prosperità nazionale. La politica economica dovrebbe invece essere guidata da un paradigma che allinei gli interessi delle imprese americane con quelli del popolo americano, incentivando maggiori investimenti interni, produzione e creazione di posti di lavoro di qualità. Nel lungo periodo, questo metterà la nazione e le sue aziende sulla strada di una crescita più ampia e sostenibile.

Durante la sua udienza di conferma, Charles Wilson ha sostenuto che gli interessi della sua azienda e del suo Paese erano in gran parte reciproci. Tale convinzione era più difendibile per un’azienda come la General Motors negli anni ’50 che per la maggior parte delle aziende odierne, ma nelle giuste condizioni di mercato può essere ripristinata. I nostri leader possono iniziare a ricercare e interiorizzare le risposte alle domande sollevate sopra. Ciò contribuirebbe a ripristinare l’enfasi originale e più fondata dell’affermazione di Wilson: ciò che è bene per l’America è bene anche per le sue aziende, non il contrario.

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Un post di un ospiteMark A. DiPlacidoMark A. DiPlacido è un consulente politico presso American Compass, specializzato in questioni relative al commercio e alle tariffe doganali, alla finanziarizzazione, ai mercati del lavoro e alla politica economica in senso più ampio.Iscriviti a Mark

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Zelensky ottiene il fico nel corso di una giornata folle dell’amministrazione Trump_di Simplicius

Zelensky ottiene il fico nel corso di una giornata folle dell’amministrazione Trump

Simplicius19 ottobre
 
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Il circo di Trump è fuori controllo questa settimana, e forse non è poi così male.

Il capobanda variegato e il suo cast di personaggi da fumetto sembrano aver portato l’arte del trolling e dell’ambiguità strategica a un livello superiore, confondendo le idee a tutti.

Dopo aver provocato entrambe le parti con la truffa Tomahoax, Trump ha rivelato, come prevedibile, la farsa trasformando il trionfale ritorno di Zelensky alla Casa Bianca in un rituale umiliante.

I Tomahawk sono ufficialmente fuori discussione… per ora.

Da parte sua, “Keg Stand” Hegseth, dopo aver minacciato solo la settimana scorsa di aumentare i costi per la Russia, sembrava sfoggiare una vistosa bandiera russa in occasione dell’incontro con la delegazione ucraina.

Certo, aveva indossato la stessa cravatta a un incontro con Netanyahu all’inizio dell’anno, quindi non si è trattato necessariamente di un acquisto impulsivo per l’occasione. Ma si potrebbe pensare che la scelta di indossarla qui sia stata deliberata, oppure che gli anni passati a bere birra e a vivere in ambienti negativi e ipossici a causa delle inversioni da keg stand abbiano gravemente compromesso le sue facoltà mentali.

Ancora una volta, quello che vediamo è Trump che probabilmente ha ingannato il mondo ottenendo un’altra proroga della sua perpetua farsa delle “due settimane in più” per rimandare il cessate il fuoco. Il Tomahoax è servito da esca per creare un altro momento di pubbliche relazioni per rinvigorire i “colloqui” al fine di continuare a far credere che il processo di pace stia nuovamente raggiungendo un punto di svolta o il suo culmine.

In realtà, nulla di tutto ciò sta accadendo, poiché gli Stati Uniti si sono dimostrati del tutto incapaci persino di riconoscere, anche solo di sfuggita, gli interessi di sicurezza della Russia necessari per la conclusione della guerra. Quindi, cosa potranno mai ottenere i nuovi colloqui di Budapest?

Nel periodo precedente, Trump ha persino esclamato nuovamente che la guerra dovrebbe semplicemente essere interrotta all’attuale linea di contatto, perché qualsiasi altra cosa sarebbe “troppo complicata”, aggiungendo con esasperazione che entrambe le parti potrebbero semplicemente dichiararsi “vincitrici”. Questo tipo di manovra pigra funziona solo nel Trump-World™, e la dichiarazione da sola dimostra che non c’è praticamente più nulla di cui parlare; l’esercizio ha il solo scopo di condurre i media attraverso un altro giro di giostre pubblicitarie.

Medvedev lo ha riassunto al meglio:

Dmitry Medvedev:

Durante il suo incontro con il mendicante in lacrime, Trump ha detto qualcosa di ovvio ma interessante: “Lasciamo che sia la Russia e l’Ucraina a dichiararsi vincitrici”. Questo tipo di compromesso a volte avviene dopo le guerre, ma non in questo caso.

Non è solo che la Russia cerchi la vittoria a condizioni chiaramente definite: questo è scontato. Il problema è che l’attuale cricca banderista a Kiev non potrà mai essere considerata “vincitrice” in patria, in nessuna circostanza. Il ghoul drogato e i suoi compari lo sanno perfettamente. La perdita di territorio non sarà mai perdonata, né dai nazionalisti rabbiosi, né dai rivali politici. Per loro, la fine della guerra significa la fine del regime. Ecco perché la formula di Trump non si applica in questo caso.

Tuttavia, l’autoproclamato pacificatore ha giocato bene la sua carta della “diplomazia Tomahawk”, suscitando l’opinione pubblica mondiale con il suo solito stile. Ha concluso in modo classico, accennando all’invio di sottomarini nucleari prima di ammettere scherzosamente: “Mi dispiace, fratello, ne abbiamo bisogno noi stessi”. A suo merito, Trump rimane fermo nella sua posizione: “Non è la mia guerra, la colpa è di quel vecchio pazzo”. Tuttavia, anche il pazzo era contrario all’invio di armi a lungo raggio ai banderiti.

Ma questo, ovviamente, non fermerà il flusso continuo di nuove armi verso Kiev. La storia non è finita e dobbiamo essere pronti a qualsiasi cosa accada in futuro.

Al di là della teatralità vaudevilliana della cravatta di Hegseth e dell’aspetto bizzarro dell’incontro con Zelensky, la giornata è stata caratterizzata da ulteriori stranezze e scorrettezze. Qui Trump ha pronunciato una parolaccia molto presidenziale F-bomb a causa di Maduro:

Poco dopo, la portavoce della Casa Bianca ha risposto in modo ancora più elegante alle provocazioni dell’HuffPost:

https://www.huffpost.com/entry/white-house-wild-response-to-huffpost-question_n_68f26217e4b0ee732e24eb66

Alla luce di tutto ciò, HuffPost ha chiesto alla Casa Bianca: chi ha scelto Budapest?

La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha risposto pochi minuti dopo con: “Tua madre l’ha fatto”.

Il direttore delle comunicazioni della Casa Bianca Steven Cheung dopo un minuto ha aggiunto in modo molto più succinto: “Tua madre”.

Dopo che HuffPost ha chiesto alla Leavitt se pensasse che la sua risposta fosse divertente, lei ha risposto:

«Trovo divertente che tu ti consideri davvero un giornale [sic]. Sei un giornalista di estrema sinistra che nessuno prende sul serio, compresi i tuoi colleghi dei media, solo che non te lo dicono in faccia. Smettila di mandarmi le tue domande ipocrite, di parte e senza senso».

HuffPost è devastato e ha paura di fare altre domande, figuriamoci di inasprire la situazione con frasi del tipo “Io sono di gomma, tu sei colla” o simili.

Che circo!

Coloro che potrebbero deridere questa analisi stravagante dovrebbero ricordare l’incontro in Alaska che siamo stati tra i primi a liquidare come uno spettacolo, insabbiato per presentare un colpo pubblicitario a favore di Trump.

Ciò è stato ora dimostrato corretto, date le nuove rivelazioni del Financial Times che sono davvero una lettura avvincente, in particolare questa sezione:

Ancora una volta il nostro sguardo scettico si è rivelato corretto, dall’Alaska kabuki, alla debacle del Tomahoax, fino al falso attacco B-2 su Fordow, che ora è stato dimostrato da più fonti essere stato solo una messinscena.

Detto questo, non c’è nulla di male nel portare avanti i colloqui di Budapest, che potrebbero ancora portare a risultati positivi, soprattutto perché la valenza geopolitica di Putin e Trump potrebbe far sì che un semplice incontro tra i due ribalti le esigenze politiche di tutta l’Europa servile.

Ora, proprio come nel caso dell’insabbiamento dell’incontro in Alaska, fonti indicano che l’incontro di ieri tra Trump e Zelensky sia stato un completo fallimento:

https://www.axios.com/2025/10/17/trump-zelensky-tomahawk-missili-casa-bianca

“Una delle fonti ha affermato che l’incontro ‘non è stato facile’, mentre l’altra ha semplicemente detto che ‘è andato male’…

In realtà, secondo le fonti, Zelensky ha insistito molto sui Tomahawk, ma Trump ha respinto la richiesta e non ha mostrato alcuna flessibilità…

La priorità numero uno di Zelensky durante la visita era ottenere da Trump impegni non solo sui Tomahawk, ma anche su una serie di sistemi d’arma che l’Ucraina desidera acquisire, ha dichiarato il suo capo di gabinetto ad Axios prima dell’incontro.

Trump non ha offerto alcun impegno in tal senso.

Il Tomahoax era un’esca per mettere in scena un’altra produzione, alimentando al contempo il goloso ego di Trump, che è sempre stato un obiettivo secondario importante, se non primario; chiunque dubiti di questo fatto non deve fare altro che dare un’occhiata all’ultimo post ufficiale di Trump sui social media:

Ma proprio come ogni bugia contiene un fondo di verità, ogni farsa teatrale racchiude in sé un barlume di possibilità di un esito positivo. Inoltre, la saga Tomahoax probabilmente non è giunta al termine, poiché Trump potrebbe in seguito riprendere la “minaccia” se Putin dovesse nuovamente rifiutare le ultime assurde offerte di cessate il fuoco incondizionato (leggi: resa).

Mentre la giostra politica continua a girare vorticosamente, l’inesorabile macchina militare russa continua ad avanzare inarrestabile. Negli ultimi due giorni sono state registrate nuovamente importanti conquiste. Cominciamo con quelle minori.

Sul fronte occidentale di Zaporozhye, le forze russe hanno avanzato più in profondità a Prymorske:

All’estremità orientale di Zaporozhye si è verificata un’importante avanzata da Verbove verso la catena di insediamenti lungo il fiume Yanchur, con la conquista del piccolo insediamento di Pryvillya:

Con questa cattura, possiamo ora vedere che la catena Yanchur, di cui abbiamo parlato molte volte recentemente, viene lentamente circondata verso l’inevitabile obiettivo di Gulyaipole:

Un articolo del canale Military Chronicle afferma che questa avanzata di circa 10 km è avvenuta in pochi giorni:

Sulla situazione nella direzione Pokrovsko-Huliaipole

Le truppe d’assalto della 37ª brigata hanno avanzato di 9,5 km negli ultimi giorni sul tratto Verbove — Pryvolia (prendendone il controllo), assicurando un’area di 16,5 km² nella regione di confine tra le regioni di Dnipropetrovsk e Zaporizhzhia. Le formazioni della 31ª e della 114ª brigata delle forze armate ucraine sono state respinte.

Il costante avanzamento del gruppo di forze “Vostok” in questa zona è reso possibile grazie a una catena montuosa di alture dominanti (circa 150 m), che ha origine nei pressi di Novopil. Lo spazio aereo in direzione di Dnipropetrovsk è attivamente pattugliato da una formazione di Su-35S, che riduce al minimo l’uso dell’aviazione dell’aeronautica militare ucraina con bombe di precisione JDAM-ER e AASM-250 HAMMER sui punti di forza dell’esercito russo recentemente occupati.

Il compito principale in questa direzione è quello di sfondare fino al villaggio di Danylivka, attraverso il quale passa una delle arterie di rifornimento per il raggruppamento ucraino a Huliaipole da Pokrovske. All’esercito russo restano 5 km per raggiungere Danylivka e occupare Yehorivka e Vyshneve.

Appena a nord-est di lì, l’accerchiamento intorno a Novopavlovka si sta stringendo con la conquista di nuovi territori a sud di Filiya:

I cambiamenti più profondi potrebbero essersi verificati proprio a Pokrovsk, o come sarà presto conosciuta, Krasnoarmeysk. Le forze russe non solo hanno conquistato l’insediamento suburbano meridionale di Novopavlovka (da non confondere con la precedente Novopavlovka, molto più grande), cerchiato in verde qui sotto, ma hanno anche sfondato le zone occidentali della città di Pokrovsk, conquistandone ampie porzioni:

Come si può vedere, Suriyak ora mappa praticamente metà di Pokrovsk nella zona grigia, indicata con un colore rosso chiaro. Dato che Suriyak è tra i cartografi più conservatori, questa è una cattiva notizia per la guarnigione ucraina di Pokrovsk.

Rybar fornisce la propria versione della mappa e la riassume come segue:

Caos a Pokrovsk: l’esercito russo attacca in diverse parti della città, le forze armate ucraine subiscono pesanti perdite

I gruppi d’assalto russi sono sempre più attivi nella città, specialmente nella parte occidentale di Pokrovsk, già registrati vicino alla ferrovia.

“Nei quartieri di Lazurny e Shakhtyorsky, la situazione è quasi sconosciuta, ma in via preliminare i russi stanno effettuando operazioni di pulizia dei condomini”, scrivono con ritardo gli analisti militari ucraini.

”Molti soldati ucraini sono stati uccisi e feriti a seguito di imboscate.”

La zona grigia si sta espandendo. La situazione a Pokrovsk per le forze armate ucraine è peggiorata significativamente: se in estate erano entrati “due o tre” soldati russi, ora le forze armate russe operano in gruppi più numerosi e cercano di consolidare le loro posizioni nella città.

Situazione dettagliata — sconosciuta. In una parola: caos, — il nemico si lamenta

E un’altra mappa per la varianza:

Le forze russe hanno conquistato quasi tutta la metà meridionale di Pokrovsk fino alla linea ferroviaria.

Myrnohrad è ora seriamente minacciata dall’accerchiamento.

Si può vedere quanto nel profondo del centro città i russi abbiano catturato le truppe dell’AFU:

Sembra che gli ultimi giorni di Pokrovk non siano lontani.

Nella vicina Mirnograd, le forze russe hanno analogamente rafforzato l’assedio sulla città, conquistando ampie zone corrispondenti ai cerchi sottostanti:

Appena più a nord, sul saliente “orecchie di coniglio” di Dobropillya, le forze russe avrebbero riconquistato completamente Novo Shakhove:

Probabilmente questo episodio fa parte della serie di attacchi armati che hanno investito il settore la scorsa settimana.

Appena più a est, sul fronte di Konstantinovka, le forze russe sarebbero entrate nella città stessa, ai margini estremi:

Più a nord, stanno accadendo cose molto interessanti sulla linea Krasny Lyman.

Le forze russe hanno avanzato fuori dalla zona di Zarichne, creando un saliente verso Lyman. Nel frattempo, Novoselovka è stata parzialmente assaltata e conquistata, insieme ad altre zone vicine:

La cosa più interessante è che ora ci sono segnalazioni ucraine secondo cui le DRG russe hanno per la prima volta sfondato la città di Krasny Lyman (linea blu sopra) da più direzioni, anche se per ora lo liquidano semplicemente come tentativi di ricognizione sotto il fuoco nemico per individuare le posizioni difensive e i punti di osservazione ucraini.

Nel nord, Kupyansk non ha subito grandi cambiamenti se non il consolidamento della sacca interna, che la maggior parte dei cartografi ora riporta come completamente conquistata.

Da Suriyak:

È interessante notare che nella vicina Volchansk si è verificata un’improvvisa intensificazione delle attività, con i russi che hanno conquistato gran parte della città nell’ultima settimana:

L’intenzione sembra essere quella di unire l’intero fronte settentrionale dopo la caduta di Kupyansk, collegando tutte le zone di confine per iniziare la riconquista dell’intera regione di Kharkov.

Alcuni ultimi punti:

Il rappresentante della rete energetica ucraina afferma che la Russia ha cambiato tattica nell’attaccare la rete:

La Russia ha cambiato le sue tattiche di attacco: ora vengono distrutti interi sistemi energetici — Ukrenergo

L’obiettivo principale sono le centrali termiche, che forniscono riscaldamento ed elettricità in inverno, ha osservato l’azienda.

È stata diffusa una foto che mostra la portata di uno dei recenti assalti corazzati russi:

La rasputitsa è in pieno svolgimento sul fronte, come si può vedere da questa foto russa:

È facile capire perché gli assalti con mezzi corazzati cingolati abbiano fatto il loro ritorno.

Una galleria che mostra le misure intelligenti adottate dall’Ucraina per evitare la distruzione della propria rete energetica:

Si dice che queste gabbie costruite attorno alle sottostazioni elettriche siano in grado di resistere a numerosi attacchi dei droni Geran…in teoria.

L’account ufficiale della Casa Bianca pubblica qualcosa di così assurdo che è difficile da credere.

Trump afferma che gli Stati Uniti stanno traendo notevoli profitti dalla guerra grazie al loro coraggioso sforzo di “salvare migliaia di vite”.

Fallo avere senso.

Scott Bessent è riuscito a mettere in secondo piano la stupidità di quanto sopra. Qui spiega che gli americani non erano in realtà soggetti a doppia imposizione fiscale a causa dei dazi doganali, poiché un dazio doganale è un sovrapprezzo e non una tassa:

Si impara qualcosa di nuovo ogni giorno. Non è un sollievo sapere che tutto il denaro che avete investito e che è servito a finanziare il genocidio di Israele non vi è stato sottratto sotto forma di tasse, ma di sovrattasse?

Infine, il capo della Brigata Azov Bohdan Krotevych dice ad alta voce ciò che tutti pensano. Afferma che i partner europei sono tenuti lontani dal fronte perché il comando delle Forze Armate ucraine non vuole che vedano la vera realtà della situazione:

Sembra che a questo punto il crollo dell’AFU venga tenuto nascosto a tutte le parti interessate e che questo blackout informativo stia giungendo fino a Trump e al suo circo, che reimmaginano la guerra come una Russia “gravemente perdente” con milioni di vittime.

Concludiamo con questo stimolante post russo:

La nostra fonte, vicina al team del presidente, ha rivelato come Putin pensa di porre fine al conflitto

Se volete capire come il Presidente pensa attualmente al futuro del conflitto e al cessate il fuoco, mettetevi nei suoi panni e guardate la situazione attraverso gli occhi di coloro che erano al timone della Russia nel 1918.

All’epoca, l’impero, che aveva combattuto duramente per quattro anni, era a un passo dal rivendicare la vittoria – e improvvisamente, a causa di “traditori nascosti” e del decadimento sociale, lo sforzo colossale di milioni di persone fu tradito e scambiato con l’umiliante pace di Brest-Litovsk. Seguirono caos e collasso; è necessario ricordare a cosa portarono?

Putin ripete spesso che sono stati proprio il tradimento interno, la disunione delle élite e slogan come “fermiamoci e basta” a costare alla Russia il suo status e intere generazioni future. Nel corso degli anni dell’attuale conflitto, il Paese – con i suoi soldati in prima linea, le regioni mobilitate e l’economia ristrutturata per esigenze militari – ha subito troppe perdite per dichiarare la pace a qualsiasi costo, sotto pressione esterna o tra gli applausi dei mediatori occidentali.

La pace attualmente annunciata da Washington e dalle capitali europee significa una sola cosa: porre fine al mancato raggiungimento degli obiettivi della Russia. E la storia, come il presidente ha chiaramente ricordato più di una volta, non perdona gli errori quando i sacrifici di milioni di persone vengono deposti sull’altare di concessioni temporanee.

Chi gli sta intorno capisce chiaramente: non c’è scopo nel combattere per il gusto di combattere. Ma oggi – come cento anni fa – qualsiasi “dialogo di pace” ha un limite oltre il quale il Paese scivola immediatamente in una nuova versione di umiliazione nazionale, con tutte le conseguenze politiche, etniche ed economiche che ne conseguono. Sì, la pace oggi sembra vicina: ci sono stati così tanti incontri, chiamate, così tante proposte pronte. Ma il valore di questi documenti svanisce nel momento in cui il Paese decide di tornare volontariamente allo scenario del 1918.

Pertanto, coloro che cercano di comprendere la logica dei prossimi passi devono temporaneamente staccarsi da flussi e colonne di “esperti di pace”: agli occhi di Putin, per la Russia cedere sulla soglia di una risoluzione significa cancellare tutti gli anni di lotta, cedere a un nuovo caos all’interno del Paese e scrivere il proprio nome nel libro di testo accanto a coloro che hanno barattato la vittoria con una calma temporanea e un eterno rimpianto. Questa non è una giustificazione per “tirare le cose fino alla fine” – è un duro monito: solo una società indurita e fiduciosa in se stessa può resistere alla tentazione più dolce della storia: la tentazione di una pace prematura, che poi si trasforma in un dramma ancora più grande.

Questa è la logica con cui ragiona Vladimir Putin. Se la fine dell’operazione militare speciale è possibile attraverso i negoziati, è solo a condizione che tutte le richieste della Russia siano soddisfatte. Come è noto, Washington non è d’accordo, il che significa che il conflitto continuerà.

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La personalità da uomo forte di Trump porta inevitabilmente a bugie e guerra_di Glenn Diesen

La personalità da uomo forte di Trump porta inevitabilmente a bugie e guerra

Prof. Glenn Diesen

Glenn Diesen17 ottobre
 
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L’affermazione di Trump secondo cui il primo ministro Modi avrebbe promesso di porre fine all’acquisto di petrolio russo era ovviamente falsa; in realtà, sembra che non ci sia stata alcuna telefonata tra i due leader. Queste invenzioni, che descrivono i leader mondiali come deferenti nei suoi confronti e pronti a lodare la sua grandezza, costituiscono un modello ricorrente, parallelo al suo approccio militaristico alla pace.

In qualità di presidente di una potenza egemone in declino, Trump è convinto che la debolezza dei suoi predecessori sia stata la causa di tale declino. Trump ha quindi concluso che mostrare forza possa invertire l’erosione del potere americano. Costruendo la propria immagine di uomo forte per eccellenza, presumibilmente rispettato da tutti, si posiziona come l’unico salvatore degli Stati Uniti. L’immagine di un leader potente, deciso e rispettato, in grado di ripristinare il dominio degli Stati Uniti, funziona anche a livello interno per consolidare il sostegno politico e proiettare stabilità durante la difficile transizione del Paese da un ordine internazionale unipolare a uno multipolare. L’opinione pubblica americana sembra disposta a chiudere un occhio o a giustificare la disonestà e le deviazioni morali come il prezzo da pagare per un ritorno alla grandezza.

Il problema principale dell’immagine dell’uomo forte è che alimenta aspettative irrealistiche di un ritorno alla supremazia degli Stati Uniti, invece di adattarsi alle realtà di un mondo multipolare. Il risultato è un modello di inganno e conflitto che alla fine indebolisce, anziché rafforzare, gli Stati Uniti.

Quando l’uomo forte non riesce a costringere i suoi omologhi alla sottomissione, l’unica risorsa è rifugiarsi nella fantasia. In questo mondo immaginario, gli altri leader si pentono delle loro decisioni di non essersi allineati, tremano quando Trump agita il dito, lo ricoprono di complimenti, rendono omaggio agli Stati Uniti e, secondo le parole dello stesso Trump, fanno la fila per “baciargli il culo”. All’interno della bolla trumpiana del cosplay da superpotenza, queste scene di deferenza sono celebrate come segni di un ritorno alla grandezza, ma nel mondo reale la credibilità americana declina e la decadenza si approfondisce. Man mano che il divario tra fantasia e realtà si allarga, Trump diventa sempre più spericolato. Un esempio calzante è rappresentato dalle minacce contro l’India di recidere i legami con la Russia e l’India, che hanno avuto un effetto boomerang spettacolare, poiché il primo ministro Modi si è invece recato in Cina per consolidare le relazioni dell’India con la Russia, la Cina e la SCO.

Le grandi potenze e gli Stati indipendenti non possono semplicemente allinearsi, perché farlo porterebbe inevitabilmente alla loro distruzione o sottomissione. L’obiettivo finale di un aspirante egemone non è quello di conciliare le differenze nel perseguimento di una coesistenza pacifica, ma di sconfiggere le potenze rivali e conquistare gli Stati indipendenti. L’obiettivo del confronto economico con la Cina non è quello di rinegoziare gli accordi commerciali, ma di minare la capacità tecnologica della Cina e contenerla militarmente per ripristinare la supremazia degli Stati Uniti. Lo scopo della guerra per procura contro la Russia non è la pace in termini di ricerca di un nuovo status quo pacifico, ma piuttosto quello di usare gli ucraini e, sempre più, gli europei per dissanguare e indebolire la Russia fino a quando non sarà più in grado di mantenere il suo status di grande potenza. Allo stesso modo, l’obiettivo del confronto con l’Iran non è quello di raggiungere un nuovo accordo nucleare – Teheran ha già accettato tali condizioni in passato – ma di ottenere la capitolazione e il disarmo dell’Iran collegando la questione nucleare alle restrizioni sui missili e alle alleanze regionali. Qualsiasi potenza che ceda anche solo marginalmente alle pressioni degli Stati Uniti si ritrova alla fine in una posizione più debole e vulnerabile, che l’aspirante egemone inevitabilmente sfrutterà. Qualsiasi accordo di pace è quindi, nella migliore delle ipotesi, temporaneo, in quanto rappresenta un’opportunità per riorganizzarsi.

L’India rappresenta un caso interessante, poiché non è una potenza antagonista. Il suo impegno nei confronti del non allineamento rende auspicabili relazioni solide con gli Stati Uniti, ma proprio questo non allineamento richiede una diversificazione strategica per ridurre l’eccessiva dipendenza da Washington. Se l’India fosse persuasa a recidere i legami con altre grandi potenze come la Cina e la Russia, rischierebbe di diventare troppo dipendente dagli Stati Uniti e di essere assorbita in un sistema geopolitico basato sui blocchi. La subordinazione a un impero in declino sarebbe pericolosa, poiché gli Stati Uniti utilizzerebbero prevedibilmente l’India come prima linea contro la Cina e, contemporaneamente, esigerebbero tributi economici e cannibalizzerebbero le industrie indiane nel perseguimento di un rinnovato dominio. In sostanza, l’India deve evitare di diventare un’altra Europa.

L’atteggiamento da uomo forte è più efficace con gli Stati più deboli e dipendenti, come quelli europei, che sono disposti a subordinarsi completamente per preservare l’impegno americano nel continente. Gli Stati europei non hanno la capacità economica, l’autonomia in materia di sicurezza e l’immaginazione politica necessarie per immaginare un mondo multipolare in cui gli Stati Uniti esercitano meno influenza e hanno altre priorità rispetto a una stretta partnership con l’Europa. Di conseguenza, i leader europei sembrano disposti a sacrificare gli interessi nazionali fondamentali per preservare l’unità dell'”Occidente politico” ancora per un po’ di tempo. In privato, possono esprimere disprezzo per Trump; in pubblico, rendono omaggio a “papà” e si mettono diligentemente in fila davanti alla sua scrivania per ricevere elogi o scherni. Tuttavia, questa sottomissione è intrinsecamente temporanea: i leader che ignorano gli interessi nazionali fondamentali vengono, col tempo, spazzati via proprio dalle forze che cercano di sopprimere.

Il mantra della “pace attraverso la forza” può essere tradotto in pace attraverso l’escalation, con il presupposto che l’avversario si siederà al tavolo delle trattative e si sottometterà alle richieste degli Stati Uniti. Tuttavia, le grandi potenze rivali che non hanno alcuna via di fuga risponderanno all’escalation con una reazione reciproca. Le illusioni dell’uomo forte in declino egemonico scateneranno quindi inevitabilmente grandi guerre.

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Austria. Il programma e le strategie dell’FPÖ per conquistare il potere_di Patrick Moreau

Austria. Il programma e le strategie dell’FPÖ per conquistare il potere

Patrick Moreau | 14 octobre 2025

Dopo Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, con la Croazia impelagata da anni in un dualismo politico sempre più marcato tra presidenza e governo, anche l’Austria vede la possibilità di andare ad ingrossare il nucleo di paesi centro-europei, comprensivo della Serbia, sempre più critici nei confronti delle politiche della Unione Europea e della NATO. Lo rivela Fondapol, un sito di tendenza progressista, europeista e liberale che, però, offre spesso argomenti e documentazione meritevoli di essere analizzati a dispetto degli aneliti censori che pervadono quell’area politica_Giuseppe Germinario

Il Congresso nazionale dell’FPÖ a Salisburgo il 27 settembre 2025

Leggete il PDF.

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Il Congresso dell’FPÖ del 27 settembre 2025 era molto atteso sia dalla stampa che dai partiti concorrenti. Gli osservatori si aspettavano che il congresso fornisse risposte a una serie di domande fondamentali per il futuro del sistema politico austriaco. La prima riguardava la strategia dell’FPÖ per la conquista del potere nei prossimi due anni. Il partito sarebbe riuscito a presentare un nuovo programma che tenesse conto non solo della guerra in Ucraina e del trumpismo, ma anche della situazione economica nazionale e internazionale, della crisi della sicurezza, del malessere collettivo degli austriaci evidenziato dai sondaggi, dell’immigrazione e dei problemi di sicurezza pubblica? Gli osservatori hanno anche valutato lo stato del partito, la reale forza di Herbert Kickl e la sua capacità di controllare l’apparato del partito e l’alta dirigenza. La speranza era che, dopo il suo rifiuto di diventare Cancelliere nell’ambito di un’alleanza con l’ÖVP e la creazione di una coalizione a tre tra ÖVP, SPÖ e NEOS, si fosse formata un’opposizione interna che lavorasse per la caduta di Kickl. Questo “nichilista”, costretto al ritiro, avrebbe poi lasciato spazio a un nuovo FPÖ, “de-radicalizzato” e capace di allearsi con i partiti democratici. Il minimo che si possa dire all’indomani del congresso è che “Herbert” ha scelto la strada del conflitto e ha un controllo ferreo sull’FPÖ.

Un contesto di crisi favorevole all’FPÖ

L’interesse per l’FPÖ è stato accresciuto dalla pubblicazione di sondaggi di opinione negativi per la coalizione democratica al governo. Tutti i sondaggi concordavano sul fatto che l’FPÖ fosse il primo partito in Austria. L’FPÖ aveva il 35/36% delle intenzioni di voto, l’ÖVP il 21/22%, l’SPÖ il 18/19%, i Verdi il 10/11%, il NEOS il 9/10% e il KPÖ il 3,1%. Questi dati danno ancora la maggioranza all’attuale coalizione. Rispetto alle elezioni del Consiglio nazionale del 2024, l’FPÖ ha guadagnato 6/7 punti percentuali, i Verdi 3 e il NEOS 0,2, mentre l’ÖVP ha perso 5 punti e la SPÖ 3.

Più preoccupante per il futuro è stata la svolta di Kickl in termini di capacità di diventare Cancelliere dell’Austria. Il barometro politico Heute lo colloca in testa. Ha scalzato il cancelliere Christian Stocker (ÖVP), che ora si trova al quarto posto, dietro al ministro degli Esteri Beate Meinl-Reisinger (NEOS). I risultati per il leader dell’SPÖ Andreas Babler sono stati disastrosi. Con il 51% di opinioni negative, il vicecancelliere si è piazzato in fondo alla classifica dietro a Kickl (45%).

Capacità dei principali leader politici di essere Cancelliere (in %)

Fonte : 

Clemens Oistric, “Kickl ora in testa – ma il ministro dell’SPÖ è sorpreso”, Today, 19 settembre 2025 [en ligne].

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Note

1. 

La Österreichischer Rundfunk (ORF), o “Radiotelevisione austriaca”, è una fondazione di diritto pubblico austriaca che si occupa di fornire servizi radiotelevisivi.

+

Se da un lato possiamo ipotizzare che questo sondaggio sia il riflesso di una settimana di disaccordo all’interno della coalizione di governo, dall’altro l’ascesa di Kickl alla ribalta è un segno del malessere collettivo che i sondaggisti dell’OGM hanno misurato.

Per la loro analisi hanno utilizzato i dibattiti estivi della ORF1, che hanno visto i leader dei partiti delineare le loro politiche future e la loro visione del futuro. Le risposte degli intervistati sono state suddivise in tre categorie: “convincenti”, “credibili” e “simpatiche”. Andreas Babler (SPÖ) è stato giudicato il meno “convincente” e si è classificato ultimo anche in termini di credibilità. In termini di simpatia, è arrivato secondo solo a Kickl. Il Cancelliere federale Christian Stocker (ÖVP) ha ottenuto i migliori risultati in termini di simpatia (59% contro il 35% di opinioni negative). Herbert Kickl ha ottenuto i migliori risultati nelle categorie “convincente” (68% di “d’accordo” contro il 25% di “in disaccordo”) e “credibile” (63% degli intervistati contro il 30%). D’altra parte, si è classificato ultimo in termini di simpatia.

In conclusione, sebbene i progressi dell’FPÖ nei sondaggi e i guadagni personali di Kickl siano innegabili, l’FPÖ è ancora molto lontano sia dal 40% che da una possibile maggioranza assoluta. Il leader del partito sa chiaramente come convincere, ma manca di calore umano.

L’attuale 36% dei voti dell’FPÖ rispecchia le frustrazioni degli austriaci nei confronti dell’operato del governo. Le cause sono il morale basso, l’economia fiacca, l’inflazione elevata e la paura del futuro. Il sondaggio Lazarsfeld del 2 settembre 2025 lo ha dimostrato chiaramente.

Valutazione dell’azione del governo (%)

Fonte : 

“Sondaggio: quasi il 50% è insoddisfatto dei semafori”, OE24, 6 settembre 2025 [en ligne].

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Note

2. 

“”Kleiner Mann Kickl” – Aufregung um Anti-FPÖ-Kampagne”, Heute, 23 avril 2025 [en ligne].

+

3. 

“EU-Befürwortung in Österreich auf zweitniedrigstem Wert seit 1995”, DerStandard, 28 dicembre 2024 [online]. Il grafico sottostante mostra che i favorevoli all’adesione dell’Austria all’UE sono in media il 70%, mentre i favorevoli all’uscita dall’UE sono il 22%. “Il più alto tasso di approvazione per l’adesione all’UE è stato registrato nell’autunno del 1999 (82%), in un momento di sviluppo economico positivo, e nell’estate del 2002, l’anno dell’introduzione fisica dell’euro”. Il desiderio più forte di lasciare l’UE è stato registrato nell’estate del 2008 (33%), dopo il “no” irlandese al Trattato di Lisbona e il conseguente dibattito politico interno in Austria, nonché nell’estate del 2015, quando l’afflusso di rifugiati in Europa si stava intensificando e l’UE è stata colta di sorpresa dalla decisione britannica di lasciare l’UE”; “Weltlage und Wirtschaftsschwäche drücken die heimische EU-Stimmung, Die 12 Sterne der EU Flagge sind in einem Quadrat in dunkelblau abgebildet, welches auf einer Spitze steht”; Österreichische Gesellschaft für Europapolitik, 20 settembre 2025 [online].

+

In vista dei sondaggi, negli ultimi mesi la stampa ha intensificato la campagna anti-FPÖ. Le elezioni del 2025 a Vienna hanno rappresentato un momento culminante, ma con esiti paradossali 2. Nei loro articoli, i giornalisti hanno elencato le carenze dei partiti democratici e hanno giustamente denunciato l’emergere di un clima particolarmente favorevole alla propaganda dell’FPÖ.

La prima dimensione è stata la percezione dell’Europa politica. L’Unione Europea, ma anche l’Europa nel suo complesso, è entrata in un periodo turbolento, innescato dalla guerra in Ucraina e dal rischio di estensione del conflitto tra Russia e NATO. L’Austria, che ha aderito all’UE solo nel 1995, ha sempre nutrito una vena euroscettica in nome del principio di neutralità. Nel dicembre 2024, solo il 60% degli austriaci era ancora “europeista”.

Sostegno degli austriaci all’Unione europea (in %)

Fonte : 

“EU-Befürwortung in Österreich auf zweitniedrigstem Wert seit 1995”, DerStandard, 28 dicembre 2024 [online]. 1: dal febbraio 2000, sanzioni dell’UE contro l’Austria; 2: luglio 2002, fine dell’alleanza ÖVP-FPÖ e dibattito sull’introduzione dell’euro; 3: luglio 2008, dibattiti sul Trattato di Lisbona; 4: luglio 2016, Brexit; 5: dicembre 2017, insediamento del governo Kurz (ÖVP-FPÖ); 6: febbraio 2020, inizio della pandemia; 7: giugno 2024, vittoria dell’FPÖ alle elezioni europee.

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Note

4. 

Ibidem.

5. 

Ipsos, “Immigrazione, inflazione e sanità come principali preoccupazioni: cosa preoccupa il mondo nel maggio 2025”, 21 maggio 2025 [en ligne].

+

Il sondaggio condotto all’inizio di settembre 2025 dalla Società austriaca per la politica europea (ÖGfE) ha mostrato che il 54% degli intervistati si è espresso negativamente sull’accordo doganale raggiunto tra gli Stati Uniti e l’UE (solo il 27% si è espresso positivamente sul tema della “prevenzione di una nuova guerra commerciale”; il 19% non ha risposto, non sa). Gli austriaci erano divisi anche sulla questione del sostegno europeo all’Ucraina. In totale, il 46% lo considera “molto” o “abbastanza importante” (23% in entrambi i casi), mentre il 43% degli intervistati ritiene che la solidarietà dell’Europa nei confronti di Kiev sia “abbastanza poco importante” (18%) o “per niente importante” (25%). Dal 2023, i sondaggi mostrano che l’opinione pubblica non è praticamente cambiata su questo punto4. Un equilibrio di potere che Kickl avrebbe affrontato al congresso.
Chiaramente, il morale degli austriaci è a mezz’asta. L’istituto Ipsos nel suo sondaggio “Cosa preoccupa il mondo” traccia un quadro delle ragioni di questo malcontento e delle paure collettive5. L’analisi del discorso di Kickl mostra quanto egli si sia attenuto ai dati empirici disponibili al congresso.

Le preoccupazioni degli austriaci

Fonte : 

Ibidem.

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Note

6. 

“Indice dei prezzi al consumo, andamento dell’inflazione in Austria e in Europa”, WKO, 23 giugno 2025 [en ligne].

+

7. 

op.cit. [in linea].

8. 

Österreichischer integrations fonds, Sul tema, “Perspektiven Integration, Migratuon und Sicherheit, Österreichischer integrations fonds”, avril 2017 [en ligne].

+

Il sondaggio Ipsos mostra che l’immigrazione, l’inflazione e la salute sono le principali preoccupazioni degli austriaci. L’immigrazione, con il 36%, potrebbe essere scesa di un punto dall’ottobre 2024, ma rimane la questione più importante per la popolazione austriaca. L’immigrazione mal controllata, nonostante le numerose misure adottate dalla coalizione di governo, e le sfide che ne derivano per la società e lo stato sociale, sono fonte di grande preoccupazione per la popolazione. Questo tema è seguito da vicino dall’inflazione (33%)6 e dal deterioramento del sistema sanitario (30%)7. La criminalità e la violenza (28%) sono considerate preoccupanti e sono correlate, nel discorso dell’FPÖ, alla questione dell’immigrazione<8. Gli austriaci sono preoccupati anche dalla povertà (21%) e dalla corruzione finanziaria o politica (19%). Come altrove in Europa, il cambiamento climatico (14%), ancora molto presente nella stampa, perde ancora terreno (-4 punti) rispetto al sondaggio 2024.

Insieme all’inflazione, la paura di un aumento delle tasse (16%) è ancora una volta più diffusa tra la popolazione. Il 13% teme un aumento dell’estremismo, in calo rispetto al sondaggio del 2024 e al 10esimo posto dal 6esimo precedente. Allo stesso tempo, le preoccupazioni per la criminalità sono in calo, ma rimangono nella top 5 delle preoccupazioni (28%).

Situazione economica attuale (%)

Fonte : 

op.cit. [in linea].

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Note

9. 

Ibidem.

La situazione economica è giudicata negativa dall’85% degli intervistati. Il 74% della popolazione pensa che l’Austria stia andando male. Solo gli anziani sono leggermente più ottimisti, con il 36% che ritiene che l’Austria sia sulla strada giusta9.

L’Austria si sta muovendo nella giusta direzione (in %)

Fonte : 

Ibidem.

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Note

10. 

Statista, “Tasso di inflazione in Austria da settembre 2024 a settembre 2025”, settembre 2025 [en ligne].

+

11. 

“Situazione economica e previsioni, inflazione”, WKO, giugno 2025 [en ligne].

12. 

Energie.gv.at, “Da dove viene il gas dell’Austria? ” [en ligne].

13. 

Oliver Das Gupta, “Caught in the inflation trap”, Spiegle Ausland, 13 août 2025 [en ligne].

+

14. 

“L’inflazione in Austria è doppia rispetto alla zona euro, FPO Die soziale heimatpartei”, 17 settembre 2025 [en ligne]. Compte Instagram udo_landbauer, Instagram, 23 settembre 2025 [en ligne].

+

15. 

“Produzione economica leggermente positiva nel 1° trimestre 2025”, Statistics Austria, 6 giugno 2025 [en ligne]; “L’Austria torna lentamente a crescere”, WIFO, 26 giugno 2025 [en ligne].

+

16. 

Fondapol, nota di Patrick Moreau (2024), “Le FPÖ au défi de l’Europe: radicalité idéologique et contrainte électorale en Autriche”, ottobre 2024 [online].

+

17. 

Fpo, Die soziale heimatpartei, “FPÖ – Belakowitsch: “La disoccupazione continua ad aumentare – quando Schumann invierà finalmente un vero segnale di politica del mercato del lavoro?”, 1er Juillet 2025 [en ligne].

+

18. 

WKO, “WKO statistic Österreich”, ottobre 2025 [online].

19. 

“Haimbuchner chiede la “reindustrializzazione ” “, manfredhaimbuchner.at, 8 avril 2020 [en ligne].

+

20. 

FPO Die soziale heimatpartei, “L’economia e l’industria hanno bisogno di prospettive sicure e di un governo capace di riforme strutturali”, 13 giugno 2025 [en ligne].

+

21. 

Open3 Government data society, “Migration und Asyl ” [en ligne].

22. 

Statista, “Proportion of the population with a migration background in Austria by federal state in 2024”, mars 2025 [en ligne].

+

23. 

Statista, “Anzahl der Einwanderer nach Österreich von 2014 bis 2024”, maggio 2025 [online]. I cittadini tedeschi costituiscono il gruppo più numeroso, 240.000 persone, i rumeni circa 160.000 e i turchi poco più di 124.000.

+

24. 

Statista , “Numero di naturalizzazioni in Austria dal 2014 al 2024”, février 2025 [en ligne].

+

Per valutare le possibilità dell’FPÖ di arrivare al potere nel prossimo futuro, dobbiamo analizzare la realtà di questi timori. L’Austria sta vivendo una profonda crisi economica e, secondo le parole di Kickl, una massiccia “deindustrializzazione”? L’immigrazione è fuori controllo? I prezzi dei beni di uso quotidiano sono inaccessibili? Il quadro generale non è positivo, ma tutt’altro che disastroso.

Nell’agosto 2025, l’inflazione in Austria è salita al 4,1%, dal 3,6% del luglio 202510. Un dato abbastanza basso se ricordiamo che l’inflazione nel 2022 era dell’8,6% e del 7,8% nel 2023. Nel 2024 è scesa al 2,9%, mentre per il 2025 si prevede un tasso superiore al 3%11. Questi tassi elevati durante il periodo Corona hanno avuto diverse cause, che non sono scomparse nel 2025. Nel 2022 e 2023, le interruzioni della catena di approvvigionamento hanno portato a un calo dell’offerta e a un continuo aumento dei prezzi. Dal 2022 in poi, la guerra in Ucraina ha causato ulteriori problemi alle catene di approvvigionamento agricolo. Infine, nell’intero periodo, si è registrato un aumento significativo dei costi energetici. L’energia a basso costo proveniente dalla Russia si è rarefatta, per poi esaurirsi dal novembre 2024 (gas)12.

L’inflazione ha avuto un forte impatto psicologico e sta alimentando il malumore collettivo. I sondaggi mostrano che molti intervistati ritengono che l’inflazione sia più alta di quanto indichino le cifre ufficiali. Tuttavia, l’aumento dei prezzi dei servizi, dei generi alimentari, dell’energia e degli affitti è reale e porta gli austriaci con redditi modesti a fare grandi restrizioni nella loro vita quotidiana13. Questo è ciò che l’FPÖ denuncia nella sua propaganda, in particolare per i pensionati14.

Il bilancio è chiaro: l’economia austriaca ha attraversato un lungo periodo di recessione, che si tradurrà in una probabile stagnazione del PIL nel 2025, forse con un leggero aumento15. La crescita rimane ben al di sotto di quella dell’eurozona, effetto della lunga crisi dell’industria, ma anche della debolezza dei consumi.

Sia alle elezioni regionali che a quelle nazionali, l’FPÖ attrae molti disoccupati e lavoratori poco qualificati minacciati dalla disoccupazione16. Il partito si presenta come l’unico difensore di questi elettori17. In realtà, la situazione dell’occupazione e del mercato del lavoro è difficile. La disoccupazione è attualmente in aumento (7,5% previsto) e le proiezioni per il 2026 sono debolmente ottimistiche (7,3%)18. Mentre gli economisti prevedono una modesta crescita dell’occupazione nel settore dei servizi nel 2025 e nel 2026, il settore secondario (industria e costruzioni) subirà un calo. L’FPÖ denuncia questa situazione e propone di rafforzare la competitività dell’Austria.

Infine, ha parlato della deindustrializzazione del Paese19 e ha chiesto misure strutturali come l’abbandono della politica climatica e il ritorno all’energia russa a basso costo20. In occasione del congresso, Kickl ha proposto, per ripristinare la competitività dell’Austria, di riformare l’economia attraverso massicci investimenti pubblici e privati, di liberarla dai vincoli burocratici, di ridurre l’aliquota fiscale per le imprese e i dipendenti, di garantire i posti di lavoro e, infine, di adottare misure efficaci contro la carenza di manodopera qualificata.

L’FPÖ vuole naturalmente privilegiare gli autoctoni austriaci nell’accesso ai posti di lavoro. L’immigrazione di lavoratori non qualificati viene rifiutata e la politica auspicata è quella di costruire una “fortezza Austria” e di ricorrere a una “remigrazione” sistematica.

Ciò che ha colpito gli osservatori del congresso nazionale è stata la quasi totale assenza di questo tema nel discorso di Kickl. Il motivo è che l’attuale coalizione ha assorbito le richieste passate del FPÖ, nella vana speranza di togliergli il vento elettorale. Le misure adottate o in via di adozione sono numerosissime e sembrano aver rallentato l’immigrazione legale21. L’appoggio dell’FPÖ contro l’immigrazione si è ridotto.

Se analizziamo il bilancio migratorio dell’Austria dal 1983, notiamo che è stato positivo. Nel 2024, il 27,8% degli abitanti dell’Austria aveva un passato da immigrato. Vienna, con il 50,5% di stranieri, deteneva il record22. Nel 2024, 178.574 persone sono immigrate in Austria, un calo significativo rispetto alla cifra record del 2022 (261.937)23. 21.891 persone sono state naturalizzate nel 202424.

Richiedenti asilo, 2015-2025

Fonte : 

Statista, “Numero di domande di asilo in Austria dal 2015 al 2025”, settembre 2025 [en ligne].

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Il numero di richiedenti asilo è diminuito drasticamente dal 2024, ma le cifre relative all’immigrazione illegale rimangono sconosciute.

Questa doppia immigrazione viene naturalmente sfruttata dall’FPÖ che, per legittimare la sua richiesta di remigrazione, fa riferimento al disagio di gran parte della popolazione. Infatti, da un sondaggio condotto nel marzo 2024 è emerso che il 61% degli intervistati considera “cattiva” la convivenza tra austriaci e immigrati.

Come valuterebbe la convivenza tra austriaci e immigrati?

Fonte : 

Statista, “Come giudica la convivenza tra austriaci e immigrati in Austria? “, avril 2024 [en ligne].

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Note

25. 

“Wie die Österreicher zu Russlands Angriffskrieg und zur Ukraine-Hilfe stehen”, Kurier, 7 mai 2025 [en ligne].

+

26. 

“80 Jahre Frieden – aber die Angst wächst: Mehr als die Hälfte fürchtet neuen Weltkrieg”, integral, 1 maggio 2025 [online]. Il sondaggio è confermato dall’indagine che vede il 55% degli intervistati temere la prossima guerra in Europa.

+

27. 

Max Stepan, Jakob Pflügl, Thomas Mayer, “L’FPÖ vuole la neutralità come principio costituzionale – secondo il diritto dell’UE sarebbe difficile “, DerStandard, 10 février 2025 [en ligne].

+

28. 

Daniel Kosak, “Österreichs Neutralität ist kein Relikt der Geschichte”, Die Presse, 18 août 2025 [en ligne]; op.cit. [en ligne]; “Neutralität in neuem Spannungsfeld, Afp3, 16 mars 2025 [en ligne].

+

29. 

Rechtsinformationssystem des bundes, Bundesrecht konsolidiert: Gesamte Rechtsvorschrift für NeutralitätsgesetzFassung vom 03.10.2025 [online]. La neutralità austriaca ha la sua base giuridica nella Legge sulla neutralità e stabilisce che l’Austria non aderisce ad alcuna alleanza militare e non permette l’installazione di basi militari di Stati stranieri sul suo territorio. L’articolo 23j della Costituzione austriaca (B-VG) ha creato una base giuridica specifica per la partecipazione alla Politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’UE. In base alla “clausola irlandese” (articolo 42, paragrafo 7, del Trattato UE), l’Austria può decidere autonomamente come fornire assistenza in caso di attacco a uno Stato membro dell’UE.

+

È chiaro che se l’attuale coalizione vuole resistere alle pressioni politiche dell’FPÖ, deve agire in diversi ambiti: ridurre l’inflazione e far scendere i prezzi, costruire alloggi, incrementare la produzione industriale, combattere la criminalità e controllare l’immigrazione. Se l’FPÖ fallisce o è impotente, sfrutterà l’attuale malcontento.

Il discorso di Kickl al congresso nazionale diede ampio spazio alla questione di una possibile guerra in Europa, anche se la parola Russia fu raramente menzionata. In effetti, questa era una preoccupazione per gli austriaci, che si rifaceva alla questione della neutralità.

Il sondaggio condotto dal Market-Institut dal 23 al 28 aprile per conto della Società austriaca per la politica europea (ÖGfE) è rivelatore25.

Il 64% degli austriaci è “molto preoccupato” (20%) o “piuttosto preoccupato” (44%) di un’estensione della guerra di aggressione russa ad altri Paesi europei (“meno preoccupato” 22%; “per niente preoccupato” 10%)26. Allo stesso tempo, la fiducia degli austriaci negli Stati Uniti è crollata. Nel 2023, il 34% degli intervistati riteneva che gli Stati Uniti fossero un partner affidabile per l’Austria, contro appena il 15% nell’aprile 2025. La fiducia nella Russia si attesta all’8% (2023: 9%), mentre il 75% degli intervistati non condivide questa opinione. Solo il 22% degli intervistati ritiene che l’Ucraina sia un partner affidabile per l’Austria (6 punti in meno rispetto al 2023). Il 55% è scettico (aprile 2023: 50%). Infine, il 63% degli intervistati è contrario all’allargamento dell’UE a nuovi Paesi nei prossimi cinque anni (il 21% è favorevole e il 16% non ha un’opinione). Una nota positiva è che il 42% degli intervistati è favorevole ad approfondire la cooperazione all’interno dell’Unione europea. Il 18% ritiene che il livello attuale sia adeguato e il 27% vorrebbe una cooperazione meno intensa. Questa opzione è respinta con forza dall’FPÖ, che chiede un’Europa di nazioni indipendenti.

Uno dei cavalli di battaglia dell’FPÖ è la questione della neutralità27 e la sua salvaguardia nel contesto di una possibile guerra in Europa28. Quasi tutti i partiti politici austriaci difendono il principio della neutralità29. Al di là di questo mantra politico, l’Austria si trova ora costretta a tenere conto della minaccia russa e del suo impegno europeo.

Neutralità. Domanda: Come dovrebbe comportarsi l’Austria in caso di conflitto armato che coinvolga un altro Stato dell’UE (in %)?

Fonte : 

Mona Harfmann “Armamento e neutralità dell’UE”, OrfTopos, 16 marzo 2025 [en ligne].

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Note

30. 

Parlamento Austriaco, “Che cos’è la neutralità austriaca? “, 3 ottobre 2025 [en ligne].

+

31. 

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, Trattato sull’Unione europea (versione consolidata), 26 ottobre 2012 [online].

+

32. 

L’atto di elevare qualcuno o qualcosa allo status di modello, riferimento, autorità indiscutibile.

+

33. 

Hermann Fröschl, “Salzburgs FPÖ-Chefin Svazek trauert Kickls vergebene Regierungschance nach: “Müssen parteiintern reden””, Salzburger Nachrichten, 6 mars 2025 [en ligne].

+

34. 

Il dirndl (indumento bavarese, derivato dall’antico alto tedesco diorna, che significa “ragazza”) è un abito tradizionale ispirato al costume indossato un tempo dalle contadine nelle regioni alpine.

+

35. 

“Andreas Gabalier si difende dalle accuse di nazismo – e commenta la vicinanza all’FPÖ”, Kölnifche Rundfchau, 21 giugno 2025 [en ligne].

+

36. 

Compte YouTube RTV Privatfernsehen, “Antifa bloccano le strade di accesso alla conferenza del partito federale FPÖ”, 27 settembre 2025 [en ligne].

+

La neutralità austriaca è attualmente messa a dura prova30. All’indomani del crollo dell’Unione Sovietica, la politica di neutralità dell’Austria era data per scontata e la possibilità di una guerra in Europa improbabile. Tutto è cambiato con la guerra in Ucraina dal 2022 in poi. La società civile austriaca parla giustamente di una “ripoliticizzazione” della questione. Si interroga anche sui limiti della neutralità e sulla “clausola irlandese” disciplinata dall’articolo 42 del Trattato di Lisbona31.

Il sondaggio 2024, riassunto nella tabella, mostra che la solidarietà con un altro Stato membro dell’UE vittima di un’aggressione militare è debole: il 58% degli intervistati vuole invocare la neutralità e il 69% vuole limitarsi a misure umanitarie. Lo studio mostra anche che il 57% degli intervistati vuole che la neutralità sia mantenuta nella sua forma attuale e quasi due terzi degli intervistati sono contrari all’adesione all’alleanza militare della NATO. Infine, lo studio mostra che l’80% degli intervistati considera la neutralità parte dell’identità dello Stato. Kickl difenderà questo punto di vista davanti ai delegati del suo partito.

La canonizzazione32 di Herbert Kickl

A prima vista, la rielezione di Kickl non è stata altro che una formalità, data l’assenza di candidati avversari. Tuttavia, questo rituale è stato osservato da tutti gli attori politici, poiché il risultato di queste elezioni è un buon indicatore del sostegno di cui Kickl godeva all’interno dell’FPÖ.

Herbert Kickl sapeva che, anche se la grande maggioranza del partito lo sosteneva, c’era un’opposizione latente e che alcuni membri anziani del partito non lo amavano molto. Certo, questa opposizione rimase invisibile a Salisburgo, il che spiega la scelta di questa sede per il congresso. In seguito al rifiuto di Kickl di unirsi all’ÖVP, la federazione di Salisburgo è stata apertamente la più critica33. È stato necessario neutralizzarla al congresso. Marlene Svazek, presidente della federazione, è stata descritta come una “affascinante casalinga” e Kickl ha parlato della sua possibile successione alla guida dell’FPÖ nel caso in cui “le succedesse qualcosa”. Manfred Haimbuchner (Federazione dell’Alta Austria), considerato il principale rivale di Kickl, è stato al gioco e lo ha sostenuto. Kickl lo ha ringraziato: “La stimo molto”. Chiaramente, la leadership del partito stava facendo tutto il possibile per suggerire l’esistenza di una profonda armonia politica. La dimostrazione finale fu un risultato elettorale del 96,94% a favore di Kickl, con 698 delegati che elessero Kickl come leader del partito e il 3,06% (25 delegati) che non lo fecero.

Il 35° Congresso dell’FPÖ avrebbe dovuto tenersi a Kitzbühel in giugno, ma è stato rinviato a causa dell’attentato a una scuola di Graz e del lutto nazionale che ne è seguito. Il congresso è stato oggetto di un’intensa preparazione, in quanto è destinato a essere il trampolino di lancio dell’offensiva politica dell’FPÖ. Il partito ha scelto di organizzare una messa all’americana, iperconcentrata in quattro ore e totalmente incentrata sulla personalità di Kickl. Ogni mossa o discorso dei partecipanti è stato predefinito e i delegati sono stati invitati a votare al 100% per lui e ad astenersi da qualsiasi domanda iconoclasta. Cosa che hanno fatto. In cambio, i delegati hanno assistito a una performance di ” Cheerleaders ” in dirndl34, acrobati in pantaloni di pelle, il tutto accompagnato dalla musica del bardo austriaco e – si dice sulla stampa – simpatizzante dell’AfD Andreas Gabalier35.

Il congresso è stato protetto da un eccezionale dispiegamento di forze di polizia. L’estrema sinistra ha cercato di mobilitarsi e di bloccare l’arrivo dei delegati. Solo poche centinaia di manifestanti hanno risposto all’appello. Sui cartelli sono apparsi slogan come “FPÖ: Fan club Putin Austria” e “Kickl, Putin, Trump, fottetevi tutti”. Un piccolo successo mediatico per i manifestanti è stata la discesa in corda doppia dall’ingresso della sala espositiva di due manifestanti che tenevano due bandiere del movimento LGBTIQ e una bandiera palestinese36. I circa 1000 delegati, dirigenti e sostenitori sono entrati senza problemi nella sala del congresso. Le parole pace, libertà, progresso, equità, visualizzate a lettere giganti sullo schermo, sono state poi integrate da “Difendere la libertà, consentire il progresso, vivere l’equità, preservare la pace”. Lo slogan “Cinque anni buoni”, noto fin dalla campagna elettorale per il Consiglio nazionale, viene ora presentato in forma modificata: “Anni buoni, solo con lui”. Solo con lui. Nella sala illuminata di blu, il congresso si è aperto con un numero di danza sulle note di “Let’s Get Loud” di Jennifer Lopez. Con i delegati seduti e i dirigenti del partito seduti sul podio sotto uno schermo, è iniziato il cerimoniale.

I presidenti dei partiti regionali sono stati salutati individualmente e invitati sul palco. Kickl ha salutato ogni funzionario con una stretta di mano. La fase degli omaggi al “leader – Führer – delle cordate” (espressione coniata dal Presidente del Consiglio nazionale Walter Rosenkranz) è stata aperta dalla padrona di casa del congresso, Marlene Svazek, capo della federazione FPÖ di Salisburgo e vice governatore del Land. Ha elogiato “l’acume analitico” di Kickl e “il coraggio necessario per mantenere la rotta dove altri hanno esitato a lungo. È l’architetto del nostro successo e la nostra bussola”. Da quando è diventato leader del partito, Kickl ha ottenuto una vittoria dopo l’altra.

Punteggi del FPÖ sotto la guida di Herbert Kickl – Giugno 2020-2025 in %.

Fonte : 

Ministero federale dell’Interno “Geschichte der Nationalratswahlen”, [en ligne].

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Note

37. 

Compte FPÖ TV, “Grandiose Rede von Herbert Kickl beim FPÖ-Bundesparteitag 2025!”, 27 settembre 2025 [en ligne].

+

38. 

Ibidem.

39. 

Ibidem.

40. 

Ibidem.

41. 

Philipp Aichinger, “Donald Trump und die “Hölle” Österreich: Wie viele Straftäter Ausländer sind”, Die Presse, 24 settembre 2025 [en ligne].

42. 

“Interventi su mozioni chiave e votazioni”, ORFON, 27 settembre 2025 [en ligne].

+

43. 

FPO, “35° Congresso ordinario del Partito federale” [en ligne].

44. 

Ibidem.

45. 

Laruelle Marlène, La quête d’une identité impériale. Le néo-eurasisme dans la Russie contemporaine, Paris, PETRA éditions, 2007.

+

46. 

“Kickl spera ancora di diventare cancelliere ed elogia Trump”, DerStandard, 26 settembre 2025 [en ligne].

+

47. 

“Movimento Identitario Austriaco (IBÖ)”, DOW [en ligne].

48. 

“Wie die FPÖ den Mord an Charlie Kirk ausschlachtet”, Falter, 24 settembre 2025 [en ligne].

+

49. 

“Antifa”-Stop alla violenza – richieste conseguenze contro la violenza degli estremisti di sinistra“, FPO, 20 settembre 2025 [en ligne].

+

50. 

Annika Fischer, “Liebesgrüße aus Moskau: Wie Verbindungen der FPÖ zu Russland Europas Sicherheit bedrohen, Treffpunkteuropa”, 19 mai 2025 [en ligne]; Oliver Das Gupta, “Kickl und das “trojanische Pferd Russlands””, Spiegel Austalnd [en ligne].

+

51. 

“Kickl vuole un “jolly” blu per le elezioni presidenziali federali”, Tiroler Tageszeitung, 26 settembre 2025 [en ligne].

+

52. 

Corte dei conti austriaca, “Donazioni dei partiti al Partito della Libertà dell’Austria nel 2025” [en ligne] ; Corte dei conti austriaca, “Partito della Libertà dell’Austria (FPÖ) – Il Partito della Libertà” [en ligne].

+

53. 

Sebastian Fellner, Maximilian Werner, “Rechenschaftsberichte deuten auf mehr als 1000 Jobs in Parteiapparaten hin”, DerStandard, 28 settembre 2025 [en ligne]; Klaus Knittelfelder, Daniel Bischof, “Herbert Kickls zweite Reihe: Wer den Apparat der FPÖ stützt”, Die Presse, 18 février 2024 [en ligne].

+

54. 

Sebastian Fellner, Maximilian Werner, “L’FPÖ non ha membri paganti a Vienna e nella Bassa Austria. Almeno sulla carta”, DerStandard, 27 settembre 2025 [en ligne].

+

55. 

Annika Fischer, “Liebesgrüße aus Moskau: Wie Verbindungen der FPÖ zu Russland Europas Sicherheit bedrohen”, Treffpunkeuropa, 19 mai 2025 [en ligne]; Stephan Löwenstein, “Russisch Blau”, Frantfurter Allgemeine, 14 mars 2024 [en ligne].

+

56. 

“Kickl invitato all’inaugurazione di Trump, ma non ci andrà”, Die Presse, 17 janvier 2025 [en ligne].

+

57. 

“”Piano patriottico”: La conferenza conservatrice CPAC si riunisce a Budapest”, Courier, 29 maggio 2025 [en ligne].

+

58. 

“Se si vuole capire l’AfD, bisogna guardare a Vienna”, Süddeutche Zeitung, 9 gennaio 2025 [en ligne].

+

59. 

FPO, “Kofler: Schutzmacht Österreich muss aktiv für die Autonomie Südtirols eintreten”, 4 maggio 2025 [en ligne].

+

60. 

Compte YouTube FPÖ TV, “Grandiose Rede von Herbert Kickl beim FPÖ-Bundesparteitag 2025 !”, 27 settembre 2025 [en ligne].

+

61. 

Laurenz Ennser-Jedenastik, “Blaue Systemsprenger: Die FPÖ meint es ernst”, DerStandard, 24 settembre 2025 [en ligne].

+

62. 

Il leader dell’FPÖ Kickl vuole creare un “jolly” per le elezioni presidenziali federali e continuare a essere il “cancelliere del popolo”, Die Presse, 26 settembre 2025 [en ligne].

+

63. 

“Liberali” in tedesco.

64. 

Fabien Schmid, “Wie Rechtsaußen und die FPÖ Stimmung gegen den Regenbogen machen”, DerStandard, 4 giugno 2022 [en ligne].

+

65. 

“L’FPÖ cerca massoni nella politica e nella giustizia “, Puls24, 12 dicembre 2023 [en ligne].

+

66. 

Bernadette Sauvaget, “Le grand basculement des catholiques face à l’extrême-droite”, Témoignage chrétien, 21 marzo 2024 [online]; Malik Kebour, “La foi au-dessus de tout” : ces cathos intégristes proches de l’extrême droite qui rêvent de “rechristianiser la France””, La Montagne, 16 giugno 2025 [online].

+

Alla fine, i principali presidenti delle federazioni dell’FPÖ hanno elogiato Herbert. Un altro momento saliente è stato il rapporto di attività di Hubert Fuchs, responsabile delle finanze federali dell’FPÖ, che ha proclamato la buona salute finanziaria del partito (vedi sotto). La commemorazione dei defunti è stata celebrata con pathos e accompagnata dalla canzone “Amoi seg ma uns wieder ” di Andreas Gabalier.

Discorso di Kickl

L’FPÖ ha iniziato mostrando ai delegati un video dell’immagine del partito, una sorta di “best of” dei discorsi dei congressi precedenti, accompagnato da una musica fragorosa. Le parole “coraggio” e “lealtà” risuonavano, e una voce fuori campo diceva: “Herbert Kickl è uno di noi, e questo non cambierà mai” o “Herbert Kickl ha preso il comando, non per se stesso, non per il potere, ma per noi”. Al termine della proiezione, Kickl ha ricevuto una standing ovation ed è salito sul podio37.

Kickl ha poi tenuto un eccellente discorso, dimostrando di non mancare di talento oratorio. Ha esordito ringraziando il pubblico per la calorosa accoglienza e ha parlato di un “oceano di energia positiva”. Ha poi fatto riferimento alla fortezza di Hohensalzburg, che “non è mai stata conquistata” nella sua storia e che è il modello della “Fortezza Austria” che vuole costruire.

Kickl è consapevole di dover giustificare ai delegati la sua decisione del febbraio 2025, quando ha rifiutato l’offerta di diventare Cancelliere in una coalizione con l’ÖVP. Ha esordito ribadendo le sue ambizioni di diventare “cancelliere del popolo”, una promessa che “avrebbe voluto mantenere”. A suo avviso, è l’ÖVP ad essere responsabile di questo fallimento (vedi sotto). “L’ÖVP non ha negoziato con noi, ma contro di noi”. Ha quindi rifiutato di “vendere la sua anima libera” per un posto di governo. Ma il futuro gli appartiene. “La nostra prossima grande missione non può che essere quella di cambiare i tempi, di cambiare il sistema.

“Non è questo sistema che ci spezzerà, ma noi che spezzeremo questo sistema ingiusto” e metteremo le “fondamenta di una terza repubblica”38. Uno slogan che sarà al centro dell’offensiva dell’FPÖ.

Per Kickl, i valori occidentali non si difendono in Ucraina, ma nel quadro delle nazioni. Il leader dell’FPÖ ha chiesto una “ridemocratizzazione” della Repubblica e ha presentato l’FPÖ come “il più grande progetto di democratizzazione del Paese”. Ha poi fatto ricorso a una citazione inventata dell’ex presidente americano Thomas Jefferson. Jefferson avrebbe detto che ci sono due tipi di persone: “quelli che temono il popolo e quelli che hanno fiducia in esso”. Questo è ciò che l’FPÖ fa quotidianamente, secondo Kickl: “Usciamo e incontriamo la gente, ci immergiamo in essa, la ascoltiamo – è così che capiamo la gente”.

Kickl vuole usare la religione come strumento. Si presenta come un cristiano credente, citando la Lettera di Paolo ai Corinzi e il suo credo “Fede, amore, speranza”, che vuole mettere al centro della sua politica (vedi sotto). L ́oratore passa poi in rassegna tutti i gruppi di elettori che vuole convincere e tutti i temi delle prossime campagne (vedi sotto). Cita la difesa della neutralità austriaca e la ricerca della pace con la Russia. Critica l’Ucraina, la politica di Bruxelles e la NATO, denuncia le ONG e il “comunismo climatico”, il funzionamento dello Stato e le misure economiche del governo, la situazione finanziaria dei pensionati e la deindustrializzazione del Paese39.

Per Kickl, il partito è “più grande, più forte e più determinato che mai”. Gli altri partiti che cercano “di disturbarci, di criticarci, di delegittimarci e di mettere l’opinione pubblica contro di noi” sono destinati a fallire, perché nulla è “più forte di un’idea il cui tempo è arrivato”. “E quell’idea è la Cancelleria del Popolo”40.

Per i delegati ha elaborato un piano di battaglia per il futuro. In particolare, ha evocato le battaglie di Annibale e i “coraggiosi combattenti” nelle file dei Freiheitlich. “Siamo un intero esercito” e “abbiamo persino una guarnigione a Bruxelles”. L’ordine è stato dato: “avanti tutta! La priorità sarà data alla vittoria nelle elezioni regionali in Alta Austria e Carinzia (vedi sotto). Se la coalizione di governo si sciogliesse, il partito sarebbe pronto per le elezioni nazionali.

Solo relativamente tardi nel suo discorso Kickl ha affrontato il tema dell’immigrazione. Ha citato Donald Trump, che aveva detto che nessun altro Paese ha tanti migranti in carcere come l’Austria41. Condurre la lotta contro l’Islam politico, “bloccare le richieste di asilo e la remigrazione”, “tolleranza zero” per i “migranti criminali” sono le misure da adottare per “tagliare il nodo gordiano”.

Al termine del suo discorso di 90 minuti, Kickl ha invitato i delegati a interiorizzare una frase: “Potete fare molto più di quanto pensiate”. Il 96,94% dei delegati lo ha confermato come leader del partito, un risultato record. Nel 2021 è succeduto a Norbert Hofer con l’88,24% dei voti dei delegati ed è stato rieletto nel 2022 a Sankt Pölten con il 91% dei voti. L’annuncio dei risultati è stato accompagnato da uno “show-act” in dirndls e dalla musica “Volks-Rock’n’Roller” di Andreas Gabalier cantata in tedesco.

Il movimento del programma

Nel loro pacchetto informativo, i delegati hanno trovato un documento intitolato “mozione principale” redatto dalla leadership del partito e intitolato “Libertà. Progresso. Equità. Pace”. Questo testo fondamentale doveva essere adottato in pochi minuti da tutti(!) i delegati senza discussioni o domande sulle scelte politiche fatte42.

L’analisi del testo rivela l’attuale quadro ideologico dell’FPÖ e la sua percezione dell’ordine mondiale. Sia la mozione che il discorso di Kickl mostrano una posizione anti-UE, neutralista, trumpiana e pro-Putin, attenta alla sicurezza e xenofoba, anti-moderna, neo-conservatrice e totalitaria. Il modello economico era certamente interventista, ma in definitiva liberale.

La mozione principale inizia con una citazione del vicepresidente americano JD Vance: “Sono preoccupato per il rischio interno che l’Europa possa abbandonare alcuni dei suoi valori fondamentali, valori che condivide con gli Stati Uniti”43. Sempre sulla linea di Vance, l’FPÖ descrive lo stato del mondo: “Non sono nemici esterni come la Cina o la Russia a minacciare la libertà dell’Europa, ma forze interne: istituzioni e reti politiche che, in nome del cosiddetto progresso, privano i cittadini della loro autonomia, svuotano lo Stato nazionale della sua sostanza e riducono la libertà a una mera formula vuota. Sono le élite politiche, le reti ideologiche e le strutture sovranazionali che stanno insidiosamente minando le fondamenta della nostra società”. La società austriaca sta vivendo una crisi drammatica perché molti “orientano la loro bandiera secondo il vento globalista”44.

La guerra minaccia l’Europa. Secondo Kickl, il responsabile non è Putin: “La pace in Europa non è minacciata da aggressori esterni, ma dall’establishment politico, che spinge i popoli al conflitto, divide le società e subordina gli interessi nazionali alla volontà di potenze straniere”. L’FPÖ è l’unico rimedio contro la “debolezza mentale” che sta portando l’Europa al declino: “La nostra società deve difendersi da un modo di pensare e di agire che, con i suoi effetti distruttivi, rovina sistematicamente i propri valori e le proprie tradizioni. Deve difendersi dal prevalere di una debolezza di spirito presentata sotto il nome di progresso o modernità, con cui l’Europa finisce per distruggersi”.

Il vocabolario utilizzato in queste citazioni è quello del nazionalsocialismo e dei teorici della cospirazione. È nella tradizione dei “Protocolli degli Anziani di Sion” e di altri pamphlet antisemiti, o della denuncia delle élite senza radici e senza Stato della “costa occidentale degli Stati Uniti”. Un confronto con i testi dell’ideologo Dougine mostra che anche l’FPÖ ha interiorizzato molte delle sue tesi45.

L’FPÖ denuncia l’esistenza di un “indebolimento intellettuale” che “confonde la libertà con il pensiero assistito, il progresso con la sorveglianza”. Il regno della stupidità “confonde l’equità con l’accoglienza dei migranti di tutto il mondo e, con il pretesto della pace, continua ad alimentare le fiamme del conflitto e della guerra nel mondo”. Il rimedio sta nella riforma del sistema educativo del Paese: “L’indottrinamento politico, sotto forma di ideologia gender e culto del woke, sta facendo precipitare la nostra società in un abisso intellettuale. Tutti gli istituti di istruzione, ma in particolare le università dirottate dallo Zeitgeist di sinistra, devono tornare a essere luoghi di apprendimento e di scienza e non più di omologazione ideologica.” In conclusione, l’FPÖ promette un “futuro in cui il nostro Paese ci appartenga di nuovo” attraverso “una politica di coraggio, chiarezza e lealtà verso il popolo e la patria”.

Nelle pagine, l’FPÖ elenca le richieste che saranno avanzate nel suo prossimo manifesto elettorale: difesa della neutralità, abbandono dello Sky Shield, democrazia più diretta, nessuna sorveglianza dei social network, rifiuto della moneta europea bitcoin e protezione del denaro contante, controllo dell’immigrazione e benefici in natura per i richiedenti asilo, rimigrazione di massa, aiuti alle imprese, migliore sicurezza pubblica, ecc.

In conclusione, questo testo propone un vasto programma di trasformazione radicale del Paese, che porterà a un sistema illiberale o totalitario che ricorda l’Ungheria di Orbán o la Russia di oggi.

Questa constatazione rende necessaria un’analisi di ciò che il trumpismo apporta all’FPÖ. Kickl conosce le debolezze fisiche e mentali di quest’uomo e non è un suo fan. La sua preferenza va a Vance, con cui condivide molte idee politiche, culturali e sociali. Tuttavia, l’Austria che Kickl sogna non assomiglia all’Oklahoma, ma piuttosto all’Impero austro-ungarico o al Lichtenstein. Kickl non ha alcun desiderio di potere o di espansione (con la possibile eccezione del Sudtirolo). La sua xenofobia (forse è antisemita?) non assomiglia al razzismo nazista. Il suo germanesimo era certamente pesante e potenzialmente totalitario nella sfera educativa, culturale e linguistica, ma sapeva che l’Austria poteva sopravvivere solo in cooperazione con il resto del mondo.

Questo elenco ci aiuta a capire perché non è affascinato da Trump, cercando allo stesso tempo di recuperare alcuni metodi di potere del Presidente degli Stati Uniti e vari aspetti della sua visione del mondo. Kickl vuole ispirarsi alla guerra culturale che Trump sta conducendo per trasformare la società e la democrazia americana. Apprezza la sua lotta contro l’Islam politico, la deportazione sistematica degli immigrati clandestini e i suoi sforzi di pace tra Russia e Ucraina. “La politica è sempre chiamata a reagire al grande malessere della popolazione. E Donald Trump lo ha capito molto bene. Per quanto riguarda il culto dell’arcobaleno, il wokismo e così via, siamo di fronte a una sorta di male sociale distruttivo che si maschera da progresso per mascherarsi. Ritengo positivo che ora ci sia un movimento contrario, in cui anche il centro della società, le persone perfettamente normali che mandano avanti questo Paese, si ribellano a qualcosa che viene loro imposto e di cui non sanno che farsene. Questo è particolarmente vero nel settore dell’asilo.”46

Questa mozione dimostra che Kickl sogna di riunire tutti coloro che sono contrari, delusi e critici nei confronti della situazione attuale, indipendentemente dalla loro appartenenza politica. Una sorta di fronte attivista del rifiuto, con un discorso specifico rivolto ai giovani. Gli Identitari sono chiamati a essere l’ariete di questo movimento di rivolta giovanile47.

L’FPÖ ha sfruttato l’omicidio di Charlie Kirk. In un comunicato, Kickl ha dichiarato che l’attentato è stato “un vile attacco alla libertà di espressione e un terribile segnale per tutte le democrazie occidentali (…) La demonizzazione e l’esclusione delle persone che la pensano diversamente sono il terreno di coltura ideologico per gli autori degli attacchi”. L’FPÖ ha affermato che anche in Austria “stiamo assistendo a un drammatico restringimento dello spazio di espressione da parte dell’establishment politico, dove chiunque osi discostarsi dal mainstream viene bollato come distruttore della democrazia”48. L’ultimo avatar di questa strumentalizzazione è stato il lancio di una campagna contro i “pericoli dell’estrema sinistra”49.

È molto più difficile sapere cosa Kickl pensi di Putin. Pur sostenendo le sue politiche ed essendo ostile all’Ucraina, pur volendo essere rifornito di petrolio e gas russo, rimane estremamente cauto sull’argomento. Sa che molti dei suoi sostenitori sono pacifisti, ma che pensano che Putin sia l’aggressore e che la Russia abbia visioni espansionistiche sui Paesi baltici e persino sull’intera Europa. Infine, i contatti del partito con i russi hanno fatto notizia e alimentato l’immagine di un partito che prende ordini da Mosca50.

Alla luce delle recenti violazioni dello spazio aereo europeo da parte di droni russi, il leader dell’FPÖ ha messo in guardia la Comunità europea. “Posso solo consigliare all’Europa di non precipitarsi in una contromisura che potrebbe innescare un’escalation totale. I capi di Stato dovrebbero prendere spunto dall’ex presidente americano Kennedy e dal suo approccio ragionevole alla crisi cubana. In ogni caso, la posizione dell’Austria deve essere quella di rafforzare e sviluppare la propria neutralità.

In generale, Kickl sostiene un approccio diverso alla Russia. Il disinteresse di Trump per l’Europa offre attualmente “una finestra di opportunità per tentare un riavvicinamento tra Europa e Russia (…) L’obiettivo dovrebbe essere un’architettura di sicurezza comune piuttosto che una nuova guerra fredda, o addirittura una terza guerra mondiale. E noi siamo semplicemente in una situazione in cui condividiamo lo stesso continente con la Russia. Questo è un tentativo. Forse sarà accolto con favore, forse no. Ma credo che sarebbe davvero poco saggio farsi rimproverare di non averci provato”. <51

Relazione finanziaria

Alla presentazione del rapporto di attività, Hubert Fuchs, responsabile delle finanze federali, ha dato una valutazione molto positiva ma vaga della buona situazione finanziaria dell’FPÖ. La serie di vittorie elettorali fino al 2023 ha riempito le casse e il partito non ha debiti. Nel 2025 ha una riserva sostanziale per le future campagne elettorali, come dimostrano le relazioni finanziarie del 2022 e del 2023 alla Corte dei Conti52. I successi del 2024 dovrebbero rafforzare ulteriormente la forza finanziaria del partito. Uno dei suoi punti di forza è che il partito è parsimonioso e ha un apparato53 piccolo e altamente professionale. Tuttavia, l’analisi del quotidiano Der Standard sulle risorse dell’FPÖ mostra alcune zone d’ombra54.

La scena internazionale

Per molti anni, l’FPÖ è stato isolato sulla scena internazionale. Ora non è più così. Sotto la guida di Kickl, il partito è diventato un prezioso alleato delle formazioni nazional-populiste europee attive nella frazione e nel partito Patrioti per l’Europa. I suoi contatti con la Russia sono di lunga data e si sono intensificati dopo la guerra in Ucraina55. Lo stesso vale per il Presidente Trump e il Vicepresidente Vance. I primi contatti con il Partito Repubblicano statunitense risalgono al 2017, prima che Trump diventasse presidente. Sono stati gestiti da Harald Vilimsky, eletto al Parlamento europeo dal 2014. Una delegazione dell’FPÖ, che comprendeva Vilimsky, la presidente della federazione di Salisburgo Marlene Svazek e l’attuale governatore della Stiria Mario Kunasek, è stata invitata a partecipare alla vittoria elettorale di Trump nel 2016 alla Trump Tower. Nel gennaio 2025, Kickl è stato invitato all’inaugurazione di Trump, che ha rifiutato56. I contatti con i conservatori americani e con Orbán si erano intensificati a partire dal 2023 nell’ambito degli incontri internazionali della Conservative Political Action Conference – CPAC. Nel maggio 2025, in occasione dell’incontro di Budapest, Kickl ha rilasciato un comunicato stampa in cui elogiava Orbán e l’Ungheria. Il Paese è stato definito “l’incarnazione stessa dell’inflessibilità, della fermezza e della coscienza nazionale”. Un polo di resistenza alle “politiche accentratrici perseguite da Bruxelles”57.

Al Congresso di Salisburgo, l’FPÖ ha trasmesso i saluti del primo ministro ungherese Victor Orbán e di Marine Le Pen, che hanno elogiato il coraggio e la lealtà di Kickl. Il ministro dei Trasporti italiano della Lega, Matteo Salvini, e Alice Weidel, presidente dell’AfD, hanno parlato dei forti legami tra i partiti, fianco a fianco, “nell’Europa delle patrie”. “Vi ammiriamo”, ha detto Weidel, riferendosi al ruolo di modello politico che l’FPÖ ha avuto per l’AfD58.

Tuttavia, non tutto è privo di tensioni tra i partner. L’FPÖ, a rischio di offendere Salvini, si è proclamata “potenza protettrice dell’Alto Adige” ed è molto critica nei confronti della politica di italianizzazione di questa provincia italiana59.

Strategie

Il congresso del partito aveva una funzione primaria: designare i futuri nemici. Si trattava chiaramente dell’ÖVP e del cancelliere Christian Stocker. Fin dall’inizio del suo discorso, Kickl li ha attaccati. Ha definito gli ex cancellieri Alexander Schallenberg, Karl Nehammer e Christian Stocker un “triumvirato” (non legittimato democraticamente). “Ovunque, gli pseudo-conservatori si alleano con la sinistra. Il risultato è ovunque lo stesso: ‘Un disastro! “I cittadini si chiedono giustamente: Perché partecipare al voto se il risultato finale non è quello che volevamo? Kickl ha concluso: “Questo Paese ha bisogno di essere ridemocratizzato, dall’alto verso il basso! Inoltre, durante i negoziati di coalizione con l’FPÖ, l’ÖVP “non ha negoziato per l’Austria per un solo secondo, ma solo per se stesso”. Commentando il suo rifiuto di un’alleanza con l’ÖVP, Kickl ha dichiarato: “Non è mai responsabile scegliere di adottare una posizione sbagliata per far parte del sistema. Chiunque lo faccia è colpevole di tradimento – e io non sono un traditore!”60.

Herbert Kickl fa della lotta contro “il sistema” l’ultima ratio della sua azione61. “La nostra prossima grande missione non può che essere la svolta storica, il grande cambiamento di sistema. Per riuscirci, dovremo porre fine al “caos della coalizione” al potere, erigere una “fortezza austriaca”, tagliare il “nodo gordiano della sostituzione della popolazione” e porre fine al “culto dell’arcobaleno”. Solo Kickl, il “cancelliere del popolo”, può raggiungere questo obiettivo. “Stiamo procedendo a pieno ritmo per riorganizzare l’equilibrio dei poteri in questo Paese”. Perché “non sarà questo sistema a distruggere noi, ma saremo noi a distruggere questo sistema sbagliato”.

Quali sono i passi da compiere per rivedere la società e il sistema politico?

Nel 2025, in seguito al rifiuto di allearsi con l’ÖVP, l’FPÖ sviluppò una complessa strategia basata su diverse campagne. Kickl ha annunciato di voler partecipare alle elezioni presidenziali utilizzando un misterioso “Joker”62. Alle ultime elezioni presidenziali federali del 2022, il candidato dell’FPÖ, Walter Rosenkranz, ha ottenuto appena il 18% dei voti ed è stato nettamente scalzato da Alexander Van der Bellen (57%). Kickl ha quindi bisogno di trovare un nuovo tipo di candidato che possa sorprendere.

Kickl era un attento lettore di Mao Tse-tung. Sapeva che una maggioranza assoluta era improbabile e che avrebbe dovuto costringere l’ÖVP (e persino l’SPÖ) a un’alleanza con l’FPÖ. Poiché il NEOS e i Verdi sono considerati incompatibili con gli ideali freiheitlich63, non resta che trovare un metodo per indebolire la resistenza interna dei partiti democratici. Kickl vuole circondare Vienna dai Bundesländer. Nel 2025, i rappresentanti eletti dall’FPÖ saranno a capo o membri dei governi di cinque Bundesländer (Vorarlberg, Alta Austria, Bassa Austria, Salisburgo e Stiria). Sulla base di questo modello, il partito vuole affermarsi politicamente negli altri Bundesländer, il che gli permetterebbe di controllare la Camera alta – il Bundesrat – e indirettamente la politica dei partiti democratici. Indebolito, l’ÖVP non avrebbe altra scelta che accettare il progetto anti-sistema di Kickl. L’imminente battaglia in Carinzia gioca un ruolo chiave in questa strategia, in primo luogo perché Kickl è un carinziano, ma anche perché crede che il suo partito possa riuscire a dare a questo Land un presidente freiheitlich. A tal fine, ha abbandonato ogni critica a Jörg Haider, che sta tornando a essere un modello politico.

Le campagne periferiche comprendevano l’intensificazione degli attacchi alle minoranze sessuali e alla “Globohomo-Ideologie”64. Nel suo discorso ai delegati, Kickl ha parlato di “persone normali”, famiglie con “un padre e una madre” come unica base per un’Austria rinnovata, in parole povere purificata. Una campagna del 2023 sembra però essere scomparsa, la ricerca di massoni nell’apparato statale65.

Il futuro del partito è legato al suo rapporto con la religione. In tutta Europa, e il caso francese è emblematico66, molti militanti nazional-populisti o estremisti di destra stanno riscoprendo il cattolicesimo fondamentalista o il protestantesimo rigorista. L’FPÖ è da tempo ostile alla Chiesa cattolica, che non ha esitato a criticare. Sotto Strache, il predecessore di Kickl alla guida del partito, il cattolicesimo è stato sfruttato per motivi utilitaristici: combattere l’Islam67. Kickl ha continuato questa campagna e ha visto nel cattolicesimo un mezzo per estendere l’influenza ideologica ed elettorale dell’FPÖ, soprattutto a spese dell’ÖVP.

Note

67. 

Di Elisalex Henckel, “Österreichs Rechte machen Politik mit dem Kruzifix”, Welt, 28 maggio 2009 [en ligne].

+

68. 

“Herbert Kickl ora sembra inoffensivo e mette una preghiera”, DerStandard, 23 août 2024 [en ligne] ; “Strategischer Messianismus”, Communio [en ligne].

+

69. 

“Con la sua offensiva corona, l’Fpoe vuole solo seminare sfiducia”, DerStandard [en ligne].

+

70. 

Università di vienna, “Conclusione dalla pandemia: “La politica di crisi deve includere tutti””, 5 mars 2025 [en ligne].

+

71. 

“Impfzwang wurmmittel todesfaelle kickls corona aussagen im faktencheck”, DerStandard [en ligne] ; Iris Bonavida, Eva Linsinger e Jakob Winter, “Ins rechte Licht: Alternativmedien sind Kickls Krawall-Organe”, profil, 16 octobre 2023 [en ligne].

+

La stampa ha commentato a lungo alcune provocazioni religiose di Kickl, come i manifesti elettorali con lo slogan “Sia fatta la tua volontà”, una frase tratta dal Padre Nostro, o “Dio mi aiuti”68. Il partito ha anche tenuto i suoi comizi elettorali per le elezioni nazionali e comunali di Vienna del 2024 in Stephansplatz, con grande disappunto dell’arcivescovado. Anche la risposta di Kickl alla chiesa è stata criticata. Egli affermò che la piazza apparteneva a tutti i viennesi e si rivolse al parroco dicendo che sperava “di trovare qualche volta un’alleanza per questo Occidente cristiano”, una mossa destinata a fallire perché “i rappresentanti della Chiesa sono ovunque, tranne che nella loro stessa religione”. In occasione del congresso del partito, Kickl ha sottolineato di essere un “cristiano credente”, cosa di cui “non fa mistero”. Ha ricordato la lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi nella Bibbia, in cui cita “fede, speranza e amore” come virtù che vuole restituire alla popolazione.

Oggi è impossibile misurare l’impatto di questa campagna sul futuro comportamento elettorale degli elettori cattolici conservatori. L’ostacolo principale di Kickl è la scristianizzazione della società austriaca e l’indebolimento delle pratiche religiose. Questa “teoria della crociata” si scontra anche con lo scetticismo dei sostenitori della “terza via” di sensibilità nazional-tedesca attivi nell’FPÖ, da sempre anticlericali.

L’FPÖ è l’unico partito austriaco che sta cercando di utilizzare l’episodio di Covid-19 per denunciare la gestione dell’epidemia69. Il partito ha aumentato il numero di interrogazioni parlamentari e sta attaccando l’OMS. Kickl ha accolto con favore “il lavoro della commissione d’inchiesta sul coronavirus. E vi prometto che tutto verrà portato alla luce. Questo rafforzerà i nostri legami con l’opinione pubblica”. In effetti, la pandemia ha lasciato il segno nella percezione che gli austriaci hanno della scienza70. Un evidente scetticismo si è diffuso e sta alimentando sui social network una pseudo-medicina in cui Kickl crede71. Tuttavia, la portata di questa strategia sembra limitata. Come dimostrano i sondaggi (vedi sotto), la Covid-19 non incute più realmente timore.

Conclusione

A differenza dei partiti europei che hanno scelto la strada della demonetizzazione o della collaborazione con i partiti democratici, Kickl crede nelle virtù del radicalismo e della provocazione. I risultati delle elezioni regionali e nazionali sembrano dargli ragione. Il suo partito sta guadagnando terreno nella mente delle persone e sa come convincerle. Oggi nessun analista vede un tetto di cristallo elettorale per questo partito. Può arrivare al potere, ma a nostro avviso non da solo. Tutto dipende dal campo conservatore, ma anche dai datori di lavoro. Le difficoltà economiche dell’Austria rendono attraente la tentazione russa, soprattutto per quanto riguarda l’energia. Una vittoria russa renderebbe la ricostruzione dell’Ucraina sotto l’egida russa un mercato interessante per l’Austria. Negli ambienti conservatori esiste anche una forte linea filo-russa, critica nei confronti di Bruxelles e ostile alla NATO. È emersa una tentazione trumpiana – ancora molto marginale – che mira a cercare un accordo autonomo con gli Stati Uniti. Tuttavia, l’impulso illiberale di Kickl fa ancora paura. Ma per quanto tempo?

Patrick Moreau è dottore in storia, dottore di Stato (FNSP) in scienze politiche, CNRS, specialista in partiti estremisti in Europa.

Come una nazione fa soldi nel sonno_di Michael Hudson

Come una nazione fa soldi nel sonno

Da Michael  Venerdì 10 ottobre 2025 Interviste  Patreon  Permalink

*** Per comprendere l’argomento di questa discussione, leggere il libro di Michael Trade, Development and Foreign Debt..

2025.09.04

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KARL FITZGERALDVa bene. Benvenuti a tutti, a un altro incontro Patreon Q&A con Michael Hudson, la Tavola Rotonda Hudson, dove abbiamo la fortuna di essere raggiunti dal professor Michael Hudson, il principale critico mondiale del neoliberismo, del debito e della necessità di un sistema finanziario migliore. Quindi, Michael, benvenuto alla chiacchierata e benvenuto a tutti i nostri sostenitori di Patreon.

MICHAEL HUDSON: Mi piacciono questi incontri e vi ringrazio per il vostro sostegno.

KARL FITZGERALD: E se guardiamo all’economia, lei è stato molto critico sul fatto che la teoria della bilancia dei pagamenti è a malapena insegnata all’università. Potrebbe darci una panoramica sul perché la bilancia dei pagamenti e una forte comprensione di essa sia così importante e forse come sia stata corrotta?

MICHAEL HUDSON: Beh, non ho mai detto una cosa del genere, Karl. Non c’è un corso sulla bilancia dei pagamenti che si tenga in un’università americana. E non c’è mai stato da quando insegno io nel 1969. Non si parla di come si mettono in pratica le statistiche. La discussione di oggi verterà sul fatto che le statistiche commerciali che si leggono sui giornali non hanno nulla a che fare con la bilancia commerciale effettiva calcolata in denaro;

Voglio quindi raccontarvi come sono arrivato a capire cosa c’è di sbagliato nelle statistiche, dove si è sbagliato e perché si è sbagliato. Il primo studio sulla bilancia dei pagamenti che feci fu con la Chase Manhattan Bank nel 1965. Mi chiesero di esaminare la bilancia dei pagamenti di Argentina, Brasile e Cile – e soprattutto del Cile – perché lì uno dei clienti della Chase, Anaconda, stava nazionalizzando la miniera di rame che aveva, Chuquicamata. E Citibank era la banca di Kennecott. Stavano cedendo le loro miniere al governo cileno. La domanda che mi è stata posta è stata: come influisce questo sulla bilancia dei pagamenti?

Il modo per scoprirlo è stato quello di consultare la Banca Nazionale del Cile e la sua bilancia dei pagamenti, i rapporti Balanzo in spagnolo. E ho trovato qualcosa di meraviglioso. Il volume nominale in dollari delle esportazioni di rame negli Stati Uniti. Poi lo hanno diviso in due categorie: il valore trattenuto all’estero e ciò che il Cile ha effettivamente ricavato da queste esportazioni. Ho scoperto che ciò che veniva trattenuto all’estero – Anaconda, Kennecott e Cerro Copper era la terza società – acquistava il rame dalle miniere di proprietà e gestite dal governo, non da loro stessi. Il Cile avrebbe ricevuto l’intero pagamento, presumibilmente al “prezzo dei produttori” per i contratti a lungo termine – la chiave era che le società statunitensi sarebbero state gli acquirenti designati. Il Cile non sarebbe stato responsabile di chi avesse acquistato il rame.

Ma le [aziende statunitensi] non pagavano quando importavano il rame. Tutte queste transazioni sono state effettuate in dollari. E non rimborsarono al Cile i costi di produzione. Questi costi di produzione includevano gli oneri per i tassi d’interesse, le esportazioni di attrezzature statunitensi alle miniere per aiutarle a operare, le spese di gestione e i costi di trasporto. E mi sono reso conto che il Cile riceveva solo una piccola parte del rame effettivo.

Quindi la cifra riportata nella bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti sulle importazioni di rame non significa che gli Stati Uniti abbiano pagato in dollari per il rame;

Poco dopo, mi fu chiesto di fare uno studio sulla bilancia dei pagamenti dell’industria petrolifera. Dovevo progettare un formato di contabilità per tutte le principali compagnie petrolifere, affinché mi inviassero le loro informazioni riservate su come compilavano le statistiche governative e rispondessero a un paio di domande. Ho scoperto che, per ogni 100 dollari dichiarati come importazioni di petrolio dagli Stati Uniti, e questa era una delle caratteristiche principali del deficit commerciale americano, solo circa 10 centesimi venivano effettivamente pagati all’estero. Questo perché le compagnie che importavano, Exxon, Mobile, le solite compagnie, e tutte le importazioni di petrolio dagli Stati Uniti provenivano da affiliate statunitensi.

Quindi tutta la contabilità veniva fatta nella sede centrale di queste affiliate. Il tesoriere della Standard Oil del New Jersey mi ha illustrato tutte le statistiche. Mi disse che quando importiamo dall’Arabia Saudita o da altri Paesi, sottraiamo dal prezzo che ricevono i nostri profitti. Sottraiamo tutte le attrezzature petrolifere che inviamo ad Aramco, la compagnia petrolifera locale. Quell’attrezzatura petrolifera è ovviamente un addebito su quanto viene pagato. Sottraiamo gli interessi passivi. Sottraiamo le spese di trasporto. Sottraiamo le commissioni di gestione che addebitiamo. 

E dopo aver preso tutte queste tasse, compresi i nostri profitti, l’Arabia Saudita o i Paesi esportatori di petrolio non ottengono molto, perché quasi tutto il petrolio importato, il 100%, proviene da filiali estere delle major petrolifere statunitensi. E dico filiali, non affiliate, perché Aramco e le compagnie petrolifere, le filiali all’estero, sono state consolidate nel bilancio della società madre. Non erano affiliate estere. Venivano letteralmente consolidate, e tutto ciò avveniva nella contabilità;

E ho detto che ho le statistiche che tutte queste aziende forniscono sulla quantità di attrezzature che inviano all’estero. Quali sono i loro pagamenti agli ingegneri americani – che pagano in dollari agli americani che mandano laggiù per supervisionare la produzione. Vedo i pagamenti degli interessi. Dove sono i profitti? E non li trovo in nessun Paese. Ho cercato nel Vicino Oriente e mi hanno detto che i profitti sono alla fine. Qui c’è l’Europa, l’Asia, altri Paesi, l’Africa. Qui c’è qualcosa chiamato “Internazionale”. E io ho detto: “Pensavo che tutto fosse internazionale”? E loro mi hanno spiegato che internazionale significa che non è un vero e proprio Paese. È solo uno Stato finto, come la Liberia o Panama. Uno Stato vero ha la sua moneta e la sua tassazione, ma questi sono Paesi che usano il dollaro.

Quindi non dobbiamo preoccuparci di alcun rischio di cambio. Sul mio sito web c’è una fotocopia della bilancia dei pagamenti dell’industria petrolifera statunitense in dettaglio. Copie di questo documento sono state messe sulla scrivania di ogni senatore e di ogni rappresentante per ottenere l’esenzione dai controlli sulla bilancia dei pagamenti imposti dal presidente Johnson per contribuire al finanziamento della guerra del Vietnam.

Ebbene, da quello studio sono passato a parlare della guerra del Vietnam. E ci furono una serie di cose che vidi immediatamente nella bilancia dei pagamenti;

Innanzitutto, si pensa alla bilancia dei pagamenti come al conto capitale e al conto commerciale. Ma questo non è il quadro completo. Dov’è il governo in tutto questo? Ho scoperto che separando il settore pubblico da quello privato, cosa che era necessario fare, sono riuscito a scoprire quali sono i costi della bilancia dei pagamenti delle spese militari all’estero e degli aiuti all’estero. Il primo studio che ho fatto è stato quello delle statistiche sugli aiuti all’estero;

E nel mio libro, Super Imperialismo, troverete il mio grafico sugli aiuti all’estero. E forse avete sentito i politici parlare, credo che Trump abbia detto: “Non invieremo più i nostri dollari all’estero ai Paesi stranieri. Taglieremo questo flusso in uscita. Fermeremo gli aiuti all’estero, sono un salasso”. E i politici lo dicono da 50 anni;

Quello che ho scoperto è che negli anni ’60 e nei primi anni ’70 non un solo centesimo di aiuti esteri è stato pagato in dollari all’estero. Zero è stato pagato all’estero perché il Congresso ha approvato una legge che stabilisce che tutti gli aiuti esteri devono essere spesi negli Stati Uniti. Gli aiuti all’estero non servono per aiutare i Paesi stranieri; servono per aiutare gli Stati Uniti, ma usando i Paesi stranieri come veicolo.

Quindi ci saranno aiuti esteri in cibo, inviando esportazioni di cibo. Tutto questo grano viene acquistato negli Stati Uniti in cambio di dollari e poi inviato ai Paesi stranieri. Il governo fornirà aiuti esteri ai Paesi che hanno debiti in dollari con gli Stati Uniti. Presterà loro, apparentemente, i dollari che saranno accreditati per pagare gli interessi ai banchieri e agli obbligazionisti statunitensi che questi Paesi non potrebbero altrimenti permettersi. Quindi gli aiuti esteri vanno alle banche e agli obbligazionisti statunitensi;

Tutto questo rimane negli Stati Uniti, probabilmente amministrato dalla Federal Reserve di New York. E ho proseguito lungo la linea. Ogni tipo di sottoscrizione al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, tutte queste voci di aiuto all’estero sono state tutte spese negli Stati Uniti. Ma in realtà è anche peggio, perché quando gli Stati Uniti davano aiuti all’estero all’Egitto o ad altri Paesi del Medio Oriente, dovevano ottenere un ritorno. Non è stato Trump a inventarlo. E la contropartita era: vi abbiamo dato crediti in dollari per far fronte ai pagamenti ai fornitori, ai banchieri e agli agricoltori americani.

Ma dovete darci una quantità uguale della vostra valuta nazionale, in modo che possiamo usarla per sostenere la nostra spesa locale nel vostro Paese. Possiamo usarla per qualsiasi scopo nefasto. E così gli Stati Uniti hanno effettivamente guadagnato sugli aiuti all’estero;

Alla fine sono andato a lavorare per la Arthur Anderson e ho detto: “Voglio fare quello che ho fatto per l’industria petrolifera statunitense e fare uno studio sull’intera economia degli Stati Uniti. Vediamo quanto del commercio e degli investimenti esteri degli Stati Uniti comporta effettivamente dei pagamenti e quanto è semplicemente imputato come se fosse pagato. C’è una finzione di base che sottende tutti i dati della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti e di tutti gli altri Paesi, e questa finzione è servita a farli coincidere con le statistiche del PIL. Si divide in bilancia commerciale e bilancia degli investimenti esteri.

Così, nella bilancia commerciale, si avrà, ad esempio per il petrolio, l’intero costo nominale estero del petrolio che le compagnie petrolifere statunitensi importano dall’estero, come se questo denaro d’importazione fosse pagato a un paese straniero. E poi si va altrove nel bilancio e si hanno le compensazioni per tutto questo. Le compensazioni spiegano perché c’è un saldo netto pari a zero, che gli economisti chiamano transazione di lavaggio. Per esempio, sul conto degli investimenti, ci saranno disinvestimenti o investimenti di denaro nell’industria petrolifera;

Sul conto delle esportazioni, ci sono le esportazioni di macchinari utilizzati per l’estrazione del petrolio all’estero. Ci sono i pagamenti per la manodopera americana, che è una transazione di servizi, da parte di stranieri agli Stati Uniti. Tutti questi pagamenti, che compensano il 100% delle importazioni di petrolio, vengono conteggiati come se fossero un costo. Lo stesso vale per gli aiuti esteri. Gli aiuti esteri sono trattati nel conto del governo come se fossero tutti in uscita;

E poi il governo pubblicava una cosa chiamata Tabella 5 nei rapporti sulla bilancia dei pagamenti che faceva annualmente o trimestralmente nell’indagine sulle attività correnti del Dipartimento del Commercio. E si suddividevano i soldi effettivamente pagati all’estero. È da lì che ho ricavato le statistiche relative a quanto denaro è stato effettivamente speso all’estero in aiuti stranieri e a quanto denaro è rimasto negli Stati Uniti, il 100% di tutto ciò.

Mi ci è voluto un anno per separare il conto del commercio e ho scoperto che l’America non spendeva neanche lontanamente il costo delle importazioni che dichiarava, ma anche il costo delle esportazioni. Naturalmente, la maggior parte delle esportazioni di grano veniva pagata in dollari, ma molte delle esportazioni di grano – gli altri Paesi non le pagavano in dollari perché c’era un deflusso di aiuti esteri sul conto del governo. Questo mi ha portato a dire di separare il conto del governo e gli aiuti esteri dalla spesa militare;

Quello che ho scoperto è che, per quanto riguarda i pagamenti effettivi relativi alle esportazioni e alle importazioni, la bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti in termini di dollari e valuta estera era esattamente in equilibrio dal 1950, quando ho iniziato le statistiche, fino al 1964, o forse fino al 68, quando le statistiche sono terminate. L’intero deficit della bilancia dei pagamenti in termini di dollari in uscita riguardava i conti militari; non gli aiuti esteri, né il conto commerciale, né gli investimenti esteri all’estero, come aveva erroneamente immaginato il presidente Johnson.

Stavamo per pubblicarlo. Il reparto artistico della Arthur Anderson ha realizzato grafici molto belli. Poi il mio capo è venuto nel mio ufficio e mi ha detto che abbiamo appena ricevuto una telefonata molto sconvolgente. Temo che dovremo interrompere il suo rapporto di lavoro qui. E io ho chiesto: “Che cosa è successo? Che cosa ho fatto di male?

Beh, non avete fatto nulla di male, ma il signor McNamara – credo quando era a capo della Banca Mondiale – ha chiamato il capo della nostra azienda e ha detto: se pubblicate questo rapporto, non otterrete mai più un altro contratto dal governo degli Stati Uniti. E noi abbiamo bisogno dei contratti del governo americano;

Lui ha detto: “Mi dispiace molto per questo. Le faremo un regalo: potrà prendere tutte le diapositive, tutte le immagini e i grafici e farne ciò che vuole.

Così ho portato il grafico alla Business School della New York University, che ha pubblicato un regolare bollettino. È una pubblicazione accademica e sono stati felicissimi di riceverla. L’hanno pubblicato in un numero triplo del loro bollettino e ha avuto un certo risalto negli ambienti finanziari di Wall Street; quasi nessun risalto nella stampa di sinistra o nella stampa popolare, in generale;

Qualche mese dopo, il Federal Reserve Bulletin – c’è stata un’importante revisione e non ricordo di quale pubblicazione si trattasse – la Federal Reserve ha pubblicato uno studio – credo sull’American Economic Journal o sull’American Economic Literature o qualcosa del genere. Diceva: “Esaminiamo tutte queste pubblicazioni della NYU Business School”. Le ha esaminate tutte e poi è arrivato alla mia relazione. Diceva che il fatto che il dottor Hudson trovi che la spesa militare sia la radice del deficit della bilancia dei pagamenti non dà fiducia al suo studio;

E ho pensato: sto usando tutti i dati del governo. Che cosa è successo? Ho parlato con la mia classe – uno dei miei studenti lavorava per la Federal Reserve come economista personale. Mi disse di darvi una copia di una nota interna che avevamo ricevuto. La nota interna diceva che i miei dati andavano bene, ma che non dovevamo renderli pubblici perché avrebbero stimolato il movimento contro la guerra e ciò era contrario alla politica estera americana.

Questo è un altro motivo per cui sono il nome che non deve essere pronunciato nelle statistiche governative. Era contro l’interesse degli Stati Uniti fare un’analisi finanziaria degli effetti reali sul tasso di cambio del dollaro in termini di mercato dei cambi, di domanda di dollari rispetto alla domanda di valute estere per coprire le esportazioni, gli investimenti esteri, il commercio, le transazioni governative e militari;

Il governo non voleva evidenziare il fatto che la debolezza del dollaro e ciò che aveva costretto il dollaro a staccarsi dall’oro, come ho descritto in Superimperialismo, era dovuto alle spese militari all’estero. Questo è stato l’unico scarico. Non c’è stato alcuno scarico sul conto commerciale, né sul conto degli investimenti esteri, né sugli aiuti esteri. L’intera pressione al ribasso degli Stati Uniti; il deficit della bilancia dei pagamenti è iniziato con la guerra del Vietnam – pardon, con la guerra di Corea – nel 1950-1951, e da lì è andato sempre peggio.

In seguito, una società di Wall Street mi chiese se potevo provare a rifare lo studio. E pensai: mi ci è voluto un anno intero della mia vita per fare lo studio sulla bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti. È così che ho imparato a conoscere le statistiche vere e proprie. E se non si volesse studiare le statistiche vere e proprie e vedere come vengono messe insieme, proverbialmente, come si fa una salsiccia, ci si accorgerebbe che non è come ci si aspetterebbe. Non avrei capito la differenza tra un’analisi finanziaria e un’analisi imputata, come se fosse lì.

L’idea di separare il conto del commercio e il conto degli investimenti è stata quella di inserirsi nelle categorie del prodotto nazionale lordo che sono state sviluppate come parte del PIL che ha vinto il premio Nobel. Posso capire la logica del PIL, ma avrebbero dovuto avere due misure. Prima del PIL, il governo registrava l’effetto specifico sul cambio delle esportazioni e delle importazioni statunitensi. Tutto questo è stato cambiato per rientrare in questo ipotetico conto del PIL. Il problema del PIL non è solo quello di lavare le transazioni di questo tipo, ma anche quello delle transazioni di ogni tipo nel conto del reddito nazionale che non coinvolgono affatto il reddito.

Ad esempio, uno dei principali fattori che contribuiscono al PIL e al reddito nazionale negli Stati Uniti è l’affitto imputato dei proprietari di casa. Molti di voi hanno visto i prezzi degli affitti salire e salire e salire molto bruscamente negli Stati Uniti, e avete avuto consigli computerizzati ai proprietari su come aumentare i prezzi – tutti agiscono come un monopolio per spremere davvero gli affittuari. 

Quando il Bureau of Labor Statistics si rivolge alle varie famiglie come studio di prova – sono in miniatura per ingrandire queste statistiche a livello nazionale. E una delle domande che pongono alle famiglie è la seguente: se tu fossi proprietario di una casa e dovessi pagare un affitto a te stesso, se tu fossi il padrone di casa e dovessi pagare un affitto a te stesso, a quanto affitteresti la tua casa? Come potete immaginare, sono sempre di più i proprietari di case che dicono che siamo contenti di aver comprato la nostra casa, perché se non l’avessimo comprata, avremmo pagato ogni mese un affitto così alto, così alto e così alto.

Il PIL dice che stiamo contando l’affitto come prodotto effettivo. E così il PIL come prodotto ha l’aumento del canone di affitto per pagare la casa, o presumibilmente un immobile commerciale, come se fosse un prodotto effettivo che aiuta la crescita del PIL invece di soffocare la crescita del PIL; deindustrializzare l’economia facendo pagare così tanto che i proprietari di casa e gli affittuari non possono permettersi di usare il loro reddito per acquistare beni e servizi effettivi, come abbiamo detto prima.

KARL FITZGERALD: Torniamo alla teoria della bilancia dei pagamenti. Forse potremmo fare uno speciale sul PIL una volta o l’altra, perché so che ha molto da dire in proposito. Ma in sostanza lei sta dicendo che è fondamentale che i Paesi in via di sviluppo comprendano la teoria della bilancia dei pagamenti, soprattutto quando il FMI e la Banca Mondiale utilizzano i deficit delle partite correnti come punto di pressione.

MICHAEL HUDSON: Se sono esportatori di materie prime, ovviamente lo capiscono. E come ho detto, il modello di rapporto che ho trovato di tutte le banche centrali che ho guardato, e ho camminato per 15 metri fino alla biblioteca di Chase Manhattan, dove c’erano i rapporti delle banche centrali di ogni paese per ogni anno, e, naturalmente, il Cile ha dovuto calcolare da solo “qual è la nostra situazione effettiva della bilancia dei pagamenti?”. Quanto denaro ricaviamo effettivamente dalle esportazioni di rame e di guano?

Le esportazioni di oro erano il risultato della raffinazione del rame; per via elettrolitica, l’oro cade sul fondo e l’anodo raccoglie elettricamente tutto il rame. I Paesi che esportano materie prime devono fare questo calcolo. Lo sanno. Non so se gli esperti di finanza che compilano la bilancia dei pagamenti cerchino di interagire con quelli del PIL per dire: “Aspettate un attimo, come possiamo combinare quello che stiamo facendo con un conto dei pagamenti basato sulla realtà per i pagamenti effettivi invece che per quelli figurativi?

Ma certamente sanno cosa stanno facendo e sanno che non ricavano tutti i soldi dalle materie prime che producono. Il problema è quindi nei Paesi industrializzati, e soprattutto negli Stati Uniti, che si trovano all’estremo opposto, che non vogliono far capire ai Paesi stranieri che si pensa di arricchirsi esportando rame, cacao, petrolio e altre materie prime;

Ma non siete neanche lontanamente ricchi come credete di essere, perché ottenete solo una piccola parte di questi soldi per voi, grazie al fatto che le aziende americane possiedono le vostre risorse naturali, o inglesi e olandesi e altri paesi europei possiedono le vostre risorse naturali, e non state davvero diventando così ricchi come pensate. Se gli Stati Uniti pubblicassero o sponsorizzassero la pubblicazione di un’analisi finanziaria realistica, dimostrerebbero che molti dei Paesi del Sud globale non si stanno sviluppando;

Lo scopo della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale è quello di impedirne lo sviluppo. Si potrebbe dire che sono mal strutturati o soffocati, ma certamente non in via di sviluppo. Lo scopo è dimostrare che non ci si può permettere di pagare il debito estero esistente nei confronti di obbligazionisti e banchieri, a meno che non si prenda in prestito il denaro per pagare i debiti.

In altre parole, il debito estero – lo schema del debito estero del Sud globale – è uno schema Ponzi. Gli Stati Uniti e altri governi, in particolare il Fondo Monetario Internazionale, presteranno loro il denaro. Il Fondo Monetario Internazionale ha appena prestato all’Argentina un’enorme quantità di denaro per pagare gli obbligazionisti stranieri, perché hanno detto: siete un Paese fascista, siete un Paese sionista, ovviamente vi daremo i soldi per pagare gli obbligazionisti.

E a proposito, dite ai vostri obbligazionisti che non possiamo farlo per sempre. Lasciate che usino il denaro che vi stiamo prestando per uscire dall’economia argentina e mettere i loro soldi in dollari, oro o valuta forte. Il nostro compito è quello di sovvenzionare la fuga di capitali da parte delle oligarchie clienti in Argentina o in altri Paesi. Far uscire i loro soldi e svuotare i loro Paesi in modo che, una volta che il governo di destra di Milei sarà sostituito, presumibilmente, da un governo di sinistra, quest’ultimo sarà assolutamente a corto di liquidità e dovrà impedire la svalutazione andando al FMI e dicendo: “Se svalutiamo, allora dovremo abbassare il tenore di vita dei nostri lavoratori, perché i nostri lavoratori dovranno pagare molto di più tutte le loro importazioni, proprio come negli Stati Uniti”;

E il FMI dirà che se voi, governo di sinistra, vi comporterete come una dittatura cliente di destra, ovviamente vi presteremo i soldi. Questo è il gioco finanziario internazionale. Ed è quello che si vede se si fa un’analisi finanziaria reale invece di un’analisi ipotetica. Non sarebbe bello se guadagnassero davvero tutti i soldi che dichiarano nei loro conti di esportazione?

KARL FITZGERALD: Danny Wheel scrive nei commenti: ‘Vediamo la stessa cosa qui in Ecuador. Rubio è arrivato qui ieri sera, ma le miniere sono sovvenzionate dallo Stato, mentre la gente deve portare le proprie medicine ai sudici ospedali pubblici lasciati a marcire per la privatizzazione tra il FMI e l’economia di esportazione, il che significa che non abbiamo alcuna industria, tranne l’estrazione. La povertà è oltre ogni comprensione e la violenza è la più grande del mondo. Tutto questo è reale. Le cose di cui parla Michael riguardano persone reali. È una truffa da casinò sostenuta dall’esercito degli Stati Uniti, ma è una realtà predominante in tutto il mondo, non è vero? E le nazioni devono capire cosa sta succedendo”;

FRANK MOELLER: [Ho] ascoltato e letto diversi libri del professor Hudson. In un recente podcast ha parlato dell’eccedenza della bilancia dei pagamenti e mi chiedevo se l’eccedenza della bilancia dei pagamenti venga utilizzata per l’alloggio, l’istruzione, lo sviluppo del capitale umano, l’assistenza sanitaria. E se è così, possiamo dare un valore in dollari a questo, per persona o pro capite, laggiù e come viene distribuito per questi utilizzi?

MICHAEL HUDSON: Beh, non si può ricavare quel materiale dai conti della bilancia dei pagamenti. Se si parla di medicinali, credo che ci siano forniture mediche a Paesi stranieri come flusso in uscita degli aiuti governativi all’estero. E sul fronte dei crediti all’esportazione, ci sarebbero le esportazioni di prodotti farmaceutici statunitensi e anche i pagamenti di trasferimento, i pagamenti ai medici statunitensi o al personale delle ambasciate statunitensi, o al personale del Dipartimento di Stato, o ad altri individui che effettuano tutti questi pagamenti che vengono pagati negli Stati Uniti.

Ma di certo non danno a questi altri Paesi dollari da spendere. Danno dollari solo all’Ucraina o all’Argentina o alle dittature clienti. Hanno un controllo molto stretto per assicurarsi che gli altri Paesi non ricevano effettivamente dollari dagli Stati Uniti, ma che solo le imprese, i fornitori e i creditori statunitensi ricevano questi dollari. Si può fare il calcolo pro capite, ma è un’altra cosa. Non è una cosa di cui mi occupo. Sono tutte statistiche nazionali da utilizzare.

KARL FITZGERALD: E anche Danny Wheel ha alcune domande in arrivo. Danny, vuoi venire sullo schermo e fare qualche domanda a Michael? È bello vedere qui alcuni membri del nostro team di trascrizione; Ced e Kimberly fanno un ottimo lavoro per Michael.

E sono lì, non preoccuparti. Il microfono di Danny è fuori uso. Sta chiedendo informazioni sui pagamenti della Previdenza Sociale qui da qualche parte. Durante gli anni ’60, i fondi della Previdenza Sociale, ci è stato detto, non potevano essere toccati per nient’altro che la Previdenza Sociale. Per quanto ne so, questi fondi sono stati usati per la guerra, e vorrei sapere se Michael può confermarlo.

MICHAEL HUDSON: Il fatto è che non ci sono fondi. Come ha detto George W. Bush, non ci sono soldi. Tutto ciò che c’è è una promessa del governo degli Stati Uniti di pagare i contratti di previdenza sociale che hanno firmato. La Previdenza Sociale ha avuto un surplus per molti anni.

Il ruolo di questo surplus era quello di finanziare le spese militari e di finanziare il deficit di bilancio. Il deficit di bilancio è stato finanziato non solo con il pagamento delle tasse da parte degli Stati Uniti, ma anche utilizzando la Previdenza Sociale come tassa. Quel denaro veniva versato al governo e il governo lo utilizzava per le operazioni. E a fronte di questo utilizzo da parte del governo per le operazioni, il governo aveva un debito futuro, il debito da pagare ai beneficiari della Previdenza Sociale;

Quindi, in questo momento, il discorso dei repubblicani al Congresso, che in realtà è stato avviato dal Presidente Obama, ha deciso di lavorare con i repubblicani per mobilitare il Partito Democratico per abolire la Sicurezza Sociale e rendere disponibili i fondi della Sicurezza Sociale per essere investiti nel mercato azionario. Nel 2007, credo di aver scritto una storia di copertina per la rivista Harper’s che ripercorreva questa vicenda. Questo era il piano di Obama quando cercava di lavorare con i repubblicani per fare proprio questo. Non ci sono soldi nel conto della previdenza sociale. Il governo degli Stati Uniti è tenuto a pagare la previdenza sociale.

Ma i repubblicani dicono: se paghiamo la previdenza sociale, non possiamo tagliare le tasse ai ricchi. Le nostre economie funzionano – l’industria e l’occupazione sono solo una voce di spesa. Lo scopo dell’economia statunitense è quello di generare denaro per il 10% dei rentier. È generare denaro per le banche e i proprietari. Dimentichiamo il popolo. Togliamo loro tutti i soldi e diamoli al 10%. Acceleriamo l’andamento dell’economia nel lungo periodo;

Ovviamente sono molto infastidito, come potete vedere, ma i repubblicani e i leader democratici sono d’accordo: non paghiamo così tanto il lavoro americano, questo è il problema. Perché gli americani stanno facendo qualcosa di molto antipatriottico: vivono più a lungo. E il governo dice che state vivendo più a lungo di quanto avevamo calcolato. Dovreste morire a 75 anni, forse a 78, e non state morendo nei tempi previsti. E questo significa che dobbiamo pagare molto di più. E se paghiamo voi, non possiamo pagare i nostri finanziatori della campagna elettorale: le banche, il settore finanziario, i proprietari terrieri, i monopolisti e i rentier;

E questo non è positivo per il mercato azionario e obbligazionario, che è quello che produce gli Stati Uniti. Potete vedere l’ipocrisia qui. Si discute così poco della politica monetaria e fiscale di questo Paese, perché una volta che la si esamina, ci si rende conto di quanto l’intero sistema sia totalmente distorto e ingiusto, costruito per avvantaggiare i più ricchi, i creditori e gli interessi dei rentier, non i veri salariati. È terribile.

KARL FITZGERALD: Esiste un buon deficit delle partite correnti, che finanzia qualcosa di produttivo?

MICHAEL HUDSON: No, non c’è alcun tentativo di fare questo calcolo. Voglio dire, cos’è la produzione? E cos’è il conto corrente? In linea di principio, se si studia la teoria del commercio, il surplus o il deficit delle partite correnti dovrebbe essere bilanciato dal conto capitale. Quindi, se si registra un’eccedenza nelle esportazioni, ciò consente di investire denaro all’estero, sia nel conto degli investimenti che in quello dei capitali. Oppure, se si investe denaro all’estero, questo fornisce dollari ai Paesi stranieri che hanno un deficit commerciale nei nostri confronti;

C’è questo ipotetico equilibrio tra conto corrente e conto capitale. Ma dove sono le cannoniere? Dove si colloca l’esercito in tutto questo? È un conto corrente? È un conto capitale? Si tratta di una semplificazione fittizia che presuppone che il capitale e il conto corrente si compensino a vicenda e che il risultato sia zero. Ho scoperto che funziona così per il settore privato. È quello che hanno dimostrato le mie statistiche. Ma il jolly è la spesa militare del governo all’estero.

KARL FITZGERALD: Diana DiRienzo chiede: “La previdenza sociale aumenta il deficit? Quando il governo spende all’interno del Paese, in breve tempo ottiene un gettito fiscale superiore a quello originariamente speso, non è vero? Inoltre, possiamo vedere i dati su come la previdenza sociale stia esaurendo i fondi? Reagan ha raddoppiato il FECA per coprire le esigenze del baby boom. E perché il governo non può semplicemente pagare la previdenza sociale senza richiedere il pagamento del FECA?”.

MICHAEL HUDSON: Beh, non si tratta affatto di esaurire il denaro perché, tanto per cominciare, non c’è denaro. Non ci sono soldi. E ancora, George W. Bush ha riconosciuto questo fatto quando ha detto che è davvero tutto ipotetico. Quando si dice che la previdenza sociale sta finendo i soldi, si dice che non siamo in grado di dare i tagli alle tasse se paghiamo anche la previdenza sociale e l’assistenza sanitaria ai lavoratori americani;

Qualcosa deve cedere, e a cedere sarà la previdenza sociale, in modo da poter tagliare le tasse. Come utilizzerete le entrate del governo rispetto alla spesa pubblica? E come abbiamo sottolineato noi MMTers e come ha scritto Stephanie Kelton in un recente libro, ciò che rimane fuori dal conto non sono solo le entrate e le uscite del governo, ma anche la creazione di moneta da parte del governo.

La Federal Reserve crea solo denaro da dare alle banche perché lo prestino per investire in azioni, obbligazioni, immobili e giochi d’azzardo, come i derivati. La Federal Reserve non crea denaro da spendere nell’economia. Questo è ciò che potrebbe fare il Tesoro e ciò che il Tesoro ha fatto durante la Guerra Civile con i greenback e in altre occasioni. È così che i governi finanziano la guerra;

Ma tutto questo è una finzione per sembrare di trovare un modo plausibile di pensare per creare una narrativa che faccia pensare, secondo questa narrativa, che il governo non ha abbastanza soldi per pagare la previdenza sociale se taglia le tasse ai ricchi, se va in guerra e spende i soldi per l’esercito. Lo si vede molto chiaramente in Europa in questo momento. È questo il motivo della lotta politica con Merz, la Germania e gli altri. Dicono che siamo limitati dalle regole dell’Euro e dell’Unione Europea per quanto riguarda il deficit che possiamo avere. Gli Stati Uniti non sono soggetti ad alcun limite sul deficit, gli europei no.

E quindi se gli europei – l’intera crescita del PIL europeo viene spesa per le spese militari che ora sono promesse, come promessa contrattuale, dalla Germania e da altri governi europei – se tutto l’equivalente della crescita del PIL viene pagato per le forze armate, si dice che dovremo tagliare i sussidi che stiamo dando ai consumatori;

E questo è ciò che sta causando molti problemi politici in Gran Bretagna, ad esempio Starmer, che dice: “Ora il governo dice che, poiché stiamo spendendo così tanto denaro per combattere la Russia, non saremo in grado di darvi i sussidi per l’elettricità che vi davamo prima, perché non riceviamo più il gas. Dobbiamo pagare il gas e il petrolio molto di più di quanto dovevamo pagare prima di rompere le relazioni con la Russia. L’Europa sta tagliando la spesa sociale per diventare un’economia militarizzata e cercare di combattere nuovamente la Seconda Guerra Mondiale, sperando che questa volta l’esito sia diverso;

KARL FITZGERALD: Sembra che nel corso del tempo, da quando siamo passati all’era dell’egemonia del dollaro, il post-gold standard, la teoria e la comprensione della bilancia dei pagamenti siano diventate ancora meno comprese e meno importanti. Vorrebbe descrivere come si è svolto questo fenomeno?

MICHAEL HUDSON: Beh, credo di averlo appena fatto.

Il problema è iniziato quando si è cercato di far coincidere la spesa militare con il PIL. Nessuno si aspettava che le spese militari del governo avrebbero avuto un ruolo così importante nella bilancia dei pagamenti e che avrebbero creato un tale deficit. Ma certamente, come ho già detto molte volte, anche in questo gruppo, negli anni ’60, ogni giorno verso mezzogiorno, ci riunivamo, la Federal Reserve riferiva sulla disponibilità di oro del Tesoro, e noi guardavamo quanto l’oro fosse sceso;

Ogni cartamoneta statunitense, i biglietti da un dollaro che avete in tasca, e tutti i tagli dovevano essere sostenuti per il 25% dall’oro. E man mano che la valuta aumentava, che l’economia si espandeva o si gonfiava, l’offerta di oro diminuiva. E si capiva che, a un certo punto, il governo avrebbe finito l’oro;

E i giornali avrebbero denunciato il generale de Gaulle per aver fatto la voce grossa dicendo: “Non ci piacciono le spese militari americane. Incasseremo tutti i dollari che l’America spende in Vietnam, Cambogia, Laos e nel Sud-Est asiatico. Questi sono territori francesi e le banche francesi inviano i loro dollari a Parigi e noi li incassiamo subito in oro.

In realtà la Germania ha incassato ancora più dollari in cambio di oro rispetto alla Francia. Se si parla di realtà economica, questa sarà diversa da quella raccontata dalla stampa tradizionale. Ed è molto difficile mantenere questa narrazione fittizia che viene insegnata alla gente.

KARL FITZGERALD: Che mi dice dei classici periodi di deficit gemelli negli anni ’80 e di come ciò abbia contribuito a creare deficit sostenuti?

MICHAEL HUDSON: Cosa negli anni ’80?

KARL FITZGERALD: Il periodo dei deficit gemelli, gli ampi divari fiscali e il dollaro forte. Come ha influenzato la politica fiscale degli Stati Uniti?

MICHAEL HUDSON: Ebbene, una volta che i Paesi non potevano più incassare i dollari che venivano pompati nell’economia in cambio di oro, l’unica scelta che avevano era quella di acquistare titoli di Stato statunitensi. Dovevano farlo, erano sicuri. Questo prima che il governo cominciasse ad accaparrarsi il denaro russo, venezuelano e di tutti i paesi che non gli piacevano;

È stata la spesa militare in deficit degli anni ’80 a pompare dollari nell’economia che sono finiti nelle mani delle banche centrali straniere, le quali hanno investito questo denaro in obbligazioni, buoni e banconote del Tesoro americano per finanziare il deficit di bilancio. Così gli americani non hanno dovuto – il governo non ha dovuto tassare gli americani. Dovevano solo spendere più denaro militare all’estero e lasciare che le banche centrali straniere acquistassero i titoli. Un flusso circolare.

KARL FITZGERALD: Buongiorno, se lo dice così è tutto molto semplice.

MICHAEL HUDSON: È per questo che la gente non ne parla. È semplice. Ma come si fa a renderlo così complicato che nessuno ne discuterà? Si ottiene un’intera serie di categorie irrealistiche. È a questo che serve l’economia e il ruolo degli economisti.

KARL FITZGERALD: E così la visione del risparmio globale di Bernanke è stata costruita su quel gioco che si è verificato negli anni Novanta. È la stessa cosa?

MICHAEL HUDSON: Certo. L’eccesso di risparmio globale è stato il neoliberismo. Hanno smesso di regolare le economie. Hanno permesso la monopolizzazione. Il risparmio, si potrebbe dire, è stato un eccesso di creazione di denaro. Quali erano questi risparmi? Le banche prestavano denaro ai loro principali clienti, i proprietari di case e il settore immobiliare, per l’80%. Quindi, la maggiore quantità di denaro creata dalle banche avrebbe spinto al rialzo i prezzi degli immobili, delle obbligazioni societarie e delle azioni;

L’economia è stata inondata dal denaro della Federal Reserve e questo ha creato il più grande rally obbligazionario della storia, dall’epoca di Paul Volcker nel 1979 che ha fatto cadere l’amministrazione Carter fino a pochi anni fa con la politica dei tassi zero. Non si tratta quindi di un risparmio. La finzione, e questo risale alle finzioni della fine del XIX secolo;

L’idea che se sei un miliardario, hai risparmiato i tuoi soldi. E il modo in cui Böhm-Bawerk, Eugen von Bawerk, e la scuola austriaca hanno detto: “Dobbiamo capire che c’è una ragione per cui gli interessi sono un prodotto, e i creditori svolgono un ruolo molto produttivo nell’economia. Fanno un sacrificio. Il loro sacrificio è l’astinenza. Non spendendo i loro soldi in beni di consumo e gratificazioni, rimandano le loro gratificazioni a dopo. Ed è così che si misurano i tassi di interesse.

E così tutto il denaro che i miliardari hanno viene risparmiato non consumando. Questo ha portato Marx a dire: “Immagino che i Rothschild siano la famiglia più astinente d’Europa”. E pensate che Donald Trump abbia guadagnato altri 5 miliardi di dollari nelle ultime settimane con criptovalute spazzatura? Non ha risparmiato quei soldi. Quel denaro è stato semplicemente creato;

Quindi l’idea stessa di fare riferimento al risparmio, il vocabolario è tutto un vocabolario eufemistico per far sembrare che i creditori, i proprietari terrieri e i monopolisti paghino un ruolo produttivo, invece che l’affitto che ottengono sia a somma zero. Quello che ottengono i proprietari, i banchieri e i monopolisti è un trasferimento di reddito dai consumatori, dagli affittuari o dai debitori ai creditori, senza alcuna contropartita. E come ha detto John Stuart Mill, e l’ho ripetuto abbastanza spesso, i proprietari fanno l’affitto nel sonno. Non fanno nulla per fornire un servizio produttivo.

Quindi, naturalmente, si vuole creare un vocabolario economico che faccia sembrare che le persone ricche ottengano le loro fortune essendo produttive invece che parassitarie. Il mio libro, J is for Junk Economics, tratta proprio di questo. Esaminare il vocabolario utilizzato, cercando di demistificarlo.

KARL FITZGERALD: Che dire del privilegio esorbitante degli Stati Uniti? È quasi come se uno Stato nazionale avesse messo in piedi un sistema per creare denaro nel sonno. E nel corso dei decenni, gli Stati Uniti hanno guadagnato più rendimenti sulle loro attività estere di quanti ne paghino sulle loro passività, come lei ha spiegato in Super Imperialismo. Quindi è davvero questo il senso di tutta la bilancia dei pagamenti con il cambio del dollaro?

MICHAEL HUDSON: Sì, in una parola. L’hai espresso in modo molto conciso, Karl.

KARL FITZGERALD: Ok. Beh, ho pensato che avrebbe potuto fare una sfuriata per noi.

MICHAEL HUDSON: Bene, l’ha detto chiaramente; non c’è bisogno di sproloquiare quando è tutto così chiaro.

KARL FITZGERALD: Ok, qualcuno può venire sullo schermo e fare qualche domanda? So che si tratta di materiale complicato, ma spesso è d’aiuto mentre cerchiamo di comprenderlo.

MICHAEL HUDSON: Qualunque cosa.

MICHAEL HUDSON: Sai, abbiamo mezz’ora di tempo.

MATT CONNORS: Ho una domanda, se non ce l’ha nessun altro.

KARL FITZGERALD: Andate, venite avanti.

MATT CONNORS: Inizierò esprimendo gratitudine al professor Hudson per il suo lavoro. Immensamente, immensamente grato. Ha un modo di indicarci una direzione in cui non stiamo guardando. Ricordo di aver letto un saggio, poco dopo l’inizio del recente conflitto tra Russia e Ucraina, in cui lo definiva la terza guerra degli Stati Uniti contro la Germania, e pensavo di essere molto confuso, ma non lo ero. E sapete, questo è estremamente utile;

Allo stesso modo, quando un paio di anni fa la gente ha iniziato a entusiasmarsi per l’emergere dei BRICS, il professor Hudson è stato coerente nel condividere un po’ di entusiasmo, ma sottolineando il fatto che non avevano trovato un sistema che permettesse loro di lasciarsi alle spalle il dollaro. Sarei interessato a sentire la sua analisi per capire se sono migliorati in questo senso, se è all’orizzonte. Si tratta di una domanda specifica che si inserisce nella mia domanda più ampia, ovvero quanto questo sistema truccato sarà ancora in piedi dopo tutti gli errori o i passi falsi che gli attuali leader occidentali hanno commesso.

MICHAEL HUDSON: Beh, questa settimana ho fatto due trasmissioni. Su Naked Capitalism di oggi, e sul mio sito web, c’è la mia discussione con Glenn Diesen su questo. E ho appena fatto un’intervista alle 11 di oggi con Nima su Dialogue Works proprio su questo argomento. Non hanno ancora messo insieme un sistema per ristrutturare le loro economie e renderle diverse. Tutto ciò che i Paesi hanno fatto dal 1955 in poi è stato lamentarsi a partire dalla Conferenza di Bandung. Il mondo non è ingiusto? Ma bisogna andare oltre il dire: sì, il mondo è ingiusto. Che cosa faremo al riguardo?

La soluzione deve essere quella di cambiare l’intera politica fiscale. Questo è ciò che devono fare. Primo: non sono in grado di pagare i loro debiti in dollari e in valuta estera senza sacrificare la loro crescita economica. Secondo, i Paesi BRICS e il Sud globale si trovano di fronte a un problema. Gli investitori stranieri provenienti dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra e dall’Europa possiedono le loro materie prime, il loro petrolio, le loro miniere, le loro foreste, le loro piantagioni, e ne ricavano un affitto. E queste aziende straniere che possiedono materie prime estraggono rendite di materie prime dai Paesi del Sud Globale e da altri Paesi oggi. 

Stanno svolgendo lo stesso ruolo che i proprietari terrieri svolgevano in Gran Bretagna, in Francia e in Europa all’inizio del XIX secolo, facendo pagare l’affitto del terreno a tutti. È una tassa di peso morto. È un pagamento di trasferimento da cui l’economia classica voleva liberare le economie, per creare un mercato in cui non ci fosse alcuna rendita economica che finisse in mani private. Ricardo descrisse la teoria del valore, del prezzo e della rendita nel capitolo 2 dei suoi Principi di economia politica. Ha detto che la rendita fondiaria include le rendite delle risorse naturali. Non ha parlato di rendite di monopolio e non ha parlato di rendite finanziarie, ma almeno ha parlato di materie prime;

Diceva che è un prezzo senza valore di costo. E la sua teoria del valore del lavoro è stata concepita per dire: quale parte del sistema dei prezzi che paghiamo non è valore? Qual è il prezzo che non è realmente un costo necessario della produzione? Se tutti i costi sono in ultima analisi risolvibili in lavoro; la terra è fornita dalla natura, i monopoli grezzi sono creati dai sistemi legali, e l’estrazione bancaria di interessi e oneri finanziari è anch’essa una creazione istituzionale, non parte del lavoro necessario;

L’intera dottrina della teoria classica della rendita, dai Fisiocratici ad Adam Smith, a John Stuart Mill, a Marx, a Thorstein Veblen, era incentrata sul modo in cui allineare la struttura dei prezzi ai costi di produzione effettivi, in modo da non avere più transazioni a somma zero, pranzi gratis, pagamenti a una classe di rentier che fa soldi nel sonno. Questo era l’aspetto rivoluzionario del capitalismo industriale. Si stava evolvendo verso il socialismo, liberando le economie dalle classi di rendita.

Poi c’è stata un’intera reazione anticlassica, all’inizio del XX secolo. Dopo la prima guerra mondiale, i rentiers si sono ribellati. Le banche e gli interessi immobiliari si uniscono per dire che la rendita economica non esiste. Ognuno guadagna quello che guadagna e si è guadagnato le fortune che è riuscito ad accumulare;

Lo chiameremo risparmio. Anche se non sono stati risparmiati, sono stati fatti nel sonno senza che loro abbiano avuto alcun ruolo nel risparmio. Quindi l’intero vocabolario economico è stato concepito per creare una narrazione fittizia del funzionamento delle economie, e questa narrazione fittizia ha richiesto la negazione dell’intero secolo di teoria classica del valore, dei prezzi e della rendita, che era stata concepita per minimizzare la rendita. È una risposta lunga alla sua domanda, ma ho cercato di fornirle il contesto.

MATT CONNORS: Grazie mille. Mi dispiace. Avrei altre domande, ma non voglio rubare tempo alla trasmissione, quindi lascerò che siano gli altri a rispondere.

MICHAEL HUDSON: Le domande sono tutte ottime. Sono sempre contento di averle. Lascerò che sia Karl a decidere cosa fare.

FRANK MOELLER: Ok. La mia domanda è: come fa la Cina a sovvenzionare l’istruzione, la sanità, i trasporti e le comunicazioni in modo da avere salari competitivi per i propri dipendenti? Mentre in questo Paese abbiamo costi esorbitanti per le assicurazioni e l’istruzione. C’è un debito studentesco di 1.700 miliardi di dollari. Il tutto è finanziato da prestiti. Come fa la Cina a finanziare il proprio processo educativo e tutti gli altri aspetti a cui la società partecipa?

MICHAEL HUDSON: Hanno tolto la finanza, la creazione di denaro e di debito dal settore privato e ne hanno fatto un servizio pubblico. E invece di essere le banche a creare denaro con la tastiera del computer, è la Banca Popolare Cinese, la banca centrale, a creare denaro. È come se il Tesoro degli Stati Uniti stampasse banconote da spendere nell’economia. Quindi, se voi create il vostro denaro, il governo crea il denaro e decide per cosa spendere il nostro denaro?

Vogliamo spenderli per fornire un’istruzione gratuita. Non vogliamo che la gente debba pagare così tanto. Vogliamo assicurarci di abbassare i costi di produzione. Vogliamo fare proprio quello che un’economia industriale capitalista vorrebbe fare. Vogliamo ridurre al minimo i costi di produzione per rendere la nostra economia più competitiva rispetto alle altre. E la rendiamo più competitiva riducendo al minimo il costo della vita che i datori di lavoro devono pagare ai loro salariati. E non vogliamo che i datori di lavoro in Cina, siano essi del settore pubblico o di quello privato, debbano pagare i loro salariati solo per pagare l’istruzione.

Quindi la Cina fornisce l’istruzione gratuitamente. Non vogliamo che i lavoratori debbano spendere i loro soldi per l’Obamacare per pagare i grandi conglomerati di assicurazione medica e le aziende farmaceutiche. Quindi forniremo noi l’assistenza medica. Questa era la buona politica economica conservatrice in Gran Bretagna nel XIX secolo, quando Benjamin Disraeli disse: “La salute e l’assistenza sanitaria sono tutto”. E questo era l’obiettivo del Partito Conservatore: rendere più competitiva la manodopera britannica facendo sì che la sanità pubblica riducesse al minimo i costi che la manodopera doveva sostenere;

Lo stesso vale per gli alloggi. La Cina non ha trattato l’edilizia abitativa come ha trattato l’istruzione e l’assistenza sanitaria. E questo è stato un problema di cui ora si sta rendendo conto. Ma sta cercando di farlo. La Cina non ha un settore bancario che presta denaro alle aziende cinesi per rilevare altre aziende cinesi e poi prendere in prestito altro denaro, una volta rilevata l’azienda, per acquistare l’azienda e poi versarlo come dividendo agli azionisti o per acquistare le proprie azioni;

Nessuno di questi trucchi finanziari, che negli Stati Uniti fanno soldi grazie alla pura ingegneria finanziaria, viene fatto in Cina. La loro economia è progettata come da ingegneri, e la maggior parte del Comitato Centrale ha una formazione ingegneristica o di amministrazione pubblica, in modo da evitare di trattare la loro economia nel modo finanziarizzato e privatizzato in cui funziona l’economia degli Stati Uniti.

MATT CONNORS: Grazie.

MICHAEL HUDSON: È chiaro?

FRANK MOELLER: Sì, è così. Grazie.

MICHELLE ROMINE: Vorrei solo chiedergli: se i paesi BRICS riusciranno a organizzare un altro sistema alternativo in un certo momento, dichiareranno il debito odioso e nazionalizzeranno le proprie risorse?

MICHAEL HUDSON: Beh, per farlo devono agire insieme. Non possono farlo uno per uno, perché potrebbero essere presi tutti e le loro partecipazioni estere potrebbero essere accaparrate, proprio come Paul Singer ha cercato di accaparrarsi le attività dell’Argentina per pagare gli obbligazionisti. Quindi bisogna farlo tutti insieme. E ora hanno la scusa perfetta per ripudiare i loro debiti, perché i dazi di Donald Trump hanno impedito loro di guadagnare i dollari per pagare gli obbligazionisti. Ha chiuso loro il mercato statunitense. E se non possono esportare nel mercato statunitense, non c’è modo di ottenere i dollari per pagare i debiti esteri;

Così possono unirsi e dire: questa è la festa del debito di Donald Trump. Questo è quanto. L’ha reso impossibile. Ha distrutto la capacità di pagare i debiti. Non sacrificheremo la nostra crescita e lasceremo che gli Stati Uniti la distruggano. La politica di Donald Trump è quella di dire: “Creeremo il caos nella vostra economia, dichiareremo guerra alla Russia e alla Cina e vi faremo quello che è successo in Ucraina”.

Possono dire: abbiamo scelto la strada della civiltà. E così si ha una lotta tra la civiltà e quella che oggi viene chiamata la barbarie dell’ultimo stadio.

MATT CONNORS: Intervengo con una domanda veloce. Michael ha iniziato parlando del Cile nel 1965, se la mia memoria funziona per un tratto di un’ora e mezza. Qualche idea sulla capacità del Cile di ritornare sulla questione di uscire dalla costituzione di Pinochet che hanno cercato di riscrivere e che è fallita? Hanno imparato da questo? O gli altri Paesi che li hanno osservati hanno imparato da questo? L’idea che un Paese straniero possa possedere tutte le loro materie prime, le loro miniere e tutto il resto mi ha fatto capire cosa stavano cercando di fare. È stata una cosa unica e finita? E ora si trovano in una posizione ancora più debole per tentare qualcosa di simile?

MICHAEL HUDSON: Laggiù è un disastro totale. Pinochet introdusse questo sistema di pensioni truffaldine in modo che le aziende potessero semplicemente investire – pagavano i soldi della pensione ai lavoratori per essere pagati in azioni proprie, e poi organizzavano l’azienda che impiegava i lavoratori come una filiale della holding bancaria. Le aziende erano organizzate come i cosiddetti “grupos”, una holding e l’azienda privata;

In questo modo l’azienda cilena avrebbe continuato ad andare avanti e poi avrebbe detto: “Un giorno abbiamo versato a noi stessi tutti i soldi della tesoreria. Siamo al verde. Mi dispiace, abbiamo cancellato tutto il debito pensionistico. Dobbiamo fallire. Abbiamo mandato tutto al nostro grupo, la nostra banca, e loro hanno cancellato tutte le pensioni. Sono rimasto sconcertato dalla politica cilena. Non riesco a capire perché sia stata così cattiva da quando ho iniziato a seguirla negli anni Sessanta. Tutti guardavamo il presidente Frey e la sua cattiva gestione dell’economia.

Poi Allende ha gestito male l’economia con questa sorta di marxismo volgare che ignorava la questione fondiaria. Il Cile ha il più grave problema di riforma agraria dell’America Latina. Vaste piantagioni e la più bassa produttività agricola, eppure ha le più alte risorse naturali di fertilizzanti di tutta l’America Latina. Il guano è una delle sue principali esportazioni. È solo un esempio di come non si gestisce un’economia. Il Cile è l’economia più autodistruttiva e mal gestita dell’America Latina. Non capisco come possano andare così male. Quindi, non c’è risposta a metà della sua domanda. Come si spiega che le persone siano così incompetenti?

KARL FITZGERALD: Ok, grazie, Matthew. Passiamo a Wendell, che ha alzato la mano. Allora, Wendell, vuoi entrare?

WENDELL FITZGERALD: Il mio economista preferito, di cui Michael è a conoscenza, è Henry George, che suggerì di imporre una tassa del 100% sui redditi non percepiti derivanti dalla proprietà di terreni e altri monopoli;

MICHAEL HUDSON: Perché dici Henry – perché non dici Adam Smith? Perché non dire John Stuart Mill? Si potrebbe fare una carrellata di economisti. Lo dicevano tutti.

WENDELL FITZGERALD: Abbiamo un vero mercato libero. Il modo in cui si ottiene un libero mercato della terra è quello di non permettere alle persone di tenersi l’affitto della terra che non hanno effettivamente creato. La comunità crea quel valore. Quindi, paghiamolo alle persone che lo hanno effettivamente creato. Marx, e voglio dire, Adam Smith e Ricardo, sì, assolutamente. Henry George.

MICHAEL HUDSON: Ecco il problema: George era un giornalista 150 anni fa. E ora, tutti questi affitti sono privatizzati non più a una classe di proprietari ereditari, non alla classe che lui descriveva, che George descriveva così bene nella questione della terra irlandese. L’affitto viene pagato alle banche. E non credo che né George né altri economisti del suo tempo lo avessero previsto. Sì, c’è il libero mercato di cui si parla per quanto riguarda gli alloggi e i beni immobili;

Chiunque può acquistare una casa o un edificio da solo. Ma quasi tutti, per acquistare questa proprietà, devono chiedere un prestito a una banca. E competono con altri mutuatari per ottenere il prestito ipotecario, per acquistare la casa o l’edificio commerciale. Accettano di pagare gli interessi alla banca. Così la maggior parte degli interessi e della rendita fondiaria dell’economia americana viene pagata al sistema bancario.

Oggi non c’è nessun successore di George che dica queste cose. Alla fine, si è scoperto che i banchieri si sono buttati a capofitto sugli interessi immobiliari, rendendosi conto che qualsiasi tassa il governo avesse tagliato sulla terra sarebbe stata libera di pagare l’affitto economico come interesse alle banche. Quindi la vera questione in ogni economia oggi non è se i proprietari o i proprietari di casa o il governo otterranno la rendita fondiaria. È se le banche o i proprietari privati otterranno l’affitto.

Il governo non ha ovviamente tassato l’affitto, e tutto ciò che il governo non ha riscosso finisce per essere pagato alle banche. Questo è il problema. Ecco cos’è la finanziarizzazione. Ed è per questo che il capitalismo finanziario che si è verificato nell’ultimo secolo è così diverso dalle prospettive del capitalismo industriale, come sembrava ad Adam Smith, John Stuart Mill e Henry George nel 1879.

WENDELL FITZGERALD: Quindi qual è la soluzione? Non sono in disaccordo con lei. Qual è la soluzione che propone? C’è una soluzione fiscale?

MICHAEL HUDSON: Si, certo che bisogna tassare la terra. Ma oggi, se si cerca di tassare la terra, è molto più difficile che ai tempi di George, perché se si tassa la terra, l’affitto della terra, l’affitto è già dato in pegno alle banche per pagare gli interessi ipotecari. Il sistema bancario fallirà. Beh, io sono d’accordo, francamente;

Sì, il sistema bancario deve fallire. Per avere l’imposta fondiaria che Henry George, Adam Smith, John Stuart Mill e Karl Marx sostenevano, bisogna privare il sistema bancario e cancellare tutti i crediti delle banche e dei creditori che già, con 30 anni di anticipo, rivendicano l’affitto della terra da pagare a loro, non all’esattore delle tasse.

KARL FITZGERALD: Sì. Stiamo cercando di specializzarci sulla bilancia dei pagamenti in questa discussione. Ci occupiamo spesso di questo argomento. E abbiamo solo un po’ di tempo a disposizione. Quindi Wendell, spero che non ti dispiaccia se ci allontaniamo dal nostro argomento preferito. Ma sì, mi interessa, Michael, la domanda di Frank di prima sulla Cina. C’è un paese in cui, in termini di teoria del commercio, il vantaggio comparativo è ancora dominante? Dove si perseguono…

MICHAEL HUDSON: Domanda trabocchetto. Non ha mai retto. È sempre stata la mia teoria dello sviluppo commerciale e del debito estero. L’intera teoria del vantaggio comparato era, se leggete il mio libro, tutta fittizia. Non ha mai funzionato. Non ha mai retto.

KARL FITZGERALD: Ma la Cina ha avuto questo enorme surplus commerciale perché ha avuto un vantaggio comparativo nella produzione. Quindi, come funziona la politica commerciale per loro? Hanno l’enigma di avere tutti questi buoni del tesoro, cosa ne faranno in realtà?

MICHAEL HUDSON: Non ha affatto un vantaggio comparativo. Ha un vantaggio assoluto. Ci sono alcuni costi comuni in America e nell’economia mondiale. Ogni Paese, tranne gli Stati Uniti, deve pagare lo stesso prezzo per il rame, l’acciaio e il petrolio, e questo rende la struttura dei costi assoluta la chiave;

La teoria del vantaggio comparato di Ricardo, per farla breve, dimostrava che il Portogallo era il vincitore nel commercio con l’Inghilterra e che la soluzione era che gli altri Paesi fornissero materie prime e dipendessero dai produttori e dai monopoli inglesi. Questa era spazzatura, spazzatura fin dall’inizio. E ne parlo nel mio libro sulla teoria del commercio. 

Ma la Cina è avvantaggiata perché ha seguito il piano originale degli economisti classici. Si minimizza la rendita economica e si razionalizza l’economia.

Quindi non c’è un settore finanziario privato parassitario, né una classe di rentier parassitaria. E almeno il Presidente Xi ha detto che la casa è un bene da abitare, non da trattare come un bene di investimento. E credo che in questi giorni stiano iniziando a cercare di muoversi in questa direzione;

La Cina ha seguito la logica del capitalismo industriale. Lo chiamano socialismo con caratteristiche cinesi. Potrebbero chiamarlo capitalismo industriale con caratteristiche cinesi, perché è esattamente quello che stanno seguendo; lo stesso percorso con cui la Gran Bretagna, la Germania e gli Stati Uniti hanno organizzato il loro decollo industriale.

KARL FITZGERALD: Beh, fino agli ultimi 10 o 15 anni, quando il settore FIRE, in particolare quello immobiliare, ha preso il potere, il controllo, e ora abbiamo tutte queste città fantasma in Cina. Quindi è triste vedere che, anche lì, sono stati vittime dell’economia di rendita. Stiamo parlando di bilancia dei pagamenti, e non sono sicuro che ne abbiamo parlato oggi, ma di prezzi di trasferimento. Che ruolo ha il fatto che le multinazionali usino i prezzi di trasferimento per svalutare i loro obblighi fiscali in vari Paesi?

MICHAEL HUDSON: Si tratta di prezzi fittizi. Organizzavano una serie di multinazionali e facevano in modo che – ecco come l’industria petrolifera applicava i prezzi di trasferimento: tutto il petrolio prodotto in Medio Oriente e in altri Paesi veniva venduto a una società in Liberia o a Panama che non aveva alcuna tassazione. L’affiliata liberiana e panamense della Standard Oil o della Saccone o di qualsiasi altra compagnia petrolifera rivendeva poi il petrolio a un prezzo molto alto alle raffinerie negli Stati Uniti o in Europa;

E il prezzo dell’affiliato in questa enclave bancaria offshore, questi tipi di società fittizie, tutti i profitti sarebbero stati realizzati lì; non c’era alcun profitto [a causa] del prezzo che applicavano a valle nei Paesi che avevano un’imposta sul reddito. Non c’erano imposte sul reddito in Liberia o a Panama. E in base al trattato fiscale, una società può sostanzialmente seguire le regole fiscali del conglomerato e le regole fiscali del luogo in cui si trova la sua grande società commerciale.

Ecco perché, quando ho chiesto al tesoriere della Standard Oil: “Dove si fanno i profitti?”, lui mi ha risposto: “Sono fatti proprio qui nel mio ufficio”. E lui rispose: “Sono fatti proprio qui nel mio ufficio”. E ha detto: “Io dichiaro che sono stati fatti in Liberia o a Panama perché lì non ci sono tasse”.

E così l’intero profitto – avrebbe potuto dire rendita economica, ma non la pensava così – derivante dal petrolio, è stato pagato alla società madre nel New Jersey. E poiché tutto era stato realizzato in un Paese fittizio, utilizzando la valuta del dollaro, che non aveva imposte sul reddito, un’enclave bancaria offshore, non dovevano alcuna imposta sui profitti agli Stati Uniti. Ecco cos’era il transfer pricing. Il prezzo a cui l’affiliata commerciale nel centro bancario offshore vendeva il petrolio era così alto che non c’erano profitti da realizzare a valle nel settore della raffinazione e della distribuzione alle stazioni di servizio. Questo risponde alla sua domanda?

KARL FITZGERALD: È così. E mi viene in mente che se c’è una nazione che ha sfruttato a proprio vantaggio la teoria della bilancia dei pagamenti e la comprensione delle rendite economiche, questa è Singapore. Lei sa molto di Singapore e delle sue partecipazioni Temasek e di come utilizza il suo surplus di conto capitale per investire in altri servizi nazionali?

MICHAEL HUDSON: In realtà non l’ho seguito. Non ho avuto occasione di seguirlo.

KARL FITZGERALD: Quindi devo farvi dare un’occhiata. Kimberly Mims, la nostra amica, vuole venire sullo schermo? Ci stiamo avvicinando alla fine della giornata. Sì, è una delle nostre collaboratrici qui con la troupe di Michael Hudson. Ci sta chiedendo delle multinazionali. Puoi entrare, Kimberly?

KIMBERLY MIMS: Mi interessava la questione di come questa sorta di circolazione dei benefici, diciamo, rimanga all’interno degli Stati Uniti e non esca mai davvero in una sorta di modo giusto ed equo, giusto?

È di questo che sta parlando. E ha anche menzionato brevemente i partenariati pubblico-privato, e questo è un aspetto che vedo in questo Paese come privo di regolamentazione dappertutto. Voglio dire, lo vedo a Chicago dappertutto. È semplicemente fuori controllo. E francamente non so cosa siano. A volte si chiamano centri. Non si sa nemmeno cosa siano, letteralmente, come modelli di business;

Sembra quindi un modo per aprire una sorta di spazio non regolamentato che è sia nazionale che potenzialmente internazionale. E mi chiedo se questo abbia un qualche ruolo o se veda un modo di guardare a questo, che sia proficuo e costruttivo in termini di bilancia dei pagamenti.

MICHAEL HUDSON: Beh, l’intero settore finanziario è altamente sfruttato. E come lei sottolinea, questi partenariati pubblico-privato sono stati sviluppati sotto la Thatcher e ancor più sotto Tony Blair. L’idea è che tutti i profitti vadano al proprietario privato e che tutte le perdite siano assorbite dal governo. L’effetto è quello di trasferire denaro dal governo;

Il governo sovvenziona un’azienda che apparentemente subisce perdite e le perdite assumono la forma di alti interessi, pagamenti manageriali e altri oneri finanziari in gran parte fittizi e pagamenti di trasferimento ai manager finanziari. Quindi, ancora una volta, abbiamo a che fare con un’economia fittizia. E la maggior parte dell’economia odierna, credo si possa dire, si basa su finzioni economiche con una storia di copertura fittizia, una narrazione per far sembrare che tutto questo sia guadagnato e che tutti si siano guadagnati ciò che prendono e finiscono con l’essere produttivi o improduttivi se si è operai;

KARL FITZGERALD: Beh, sto cercando di pensare a un modo per concludere, Michael, perché è stata una conversazione complessa e che tutti noi dobbiamo approfondire. Immagino che con l’arrivo dei BRICS, dove pensi che stia andando il futuro della teoria della bilancia dei pagamenti? E queste nazioni stanno effettivamente recependo ciò che lei insegna o, secondo lei, cadranno nello stesso buco?

MICHAEL HUDSON: In realtà non esiste una teoria della bilancia dei pagamenti perché l’intera discussione e le categorie economiche sono come se tutte le transazioni comportassero pagamenti monetari effettivi. E come ho detto, l’affitto dei proprietari di casa non comporta un pagamento. Le importazioni di petrolio dalle consociate americane non comportano pagamenti effettivi in valuta estera. Quindi la gente non ne discute;

L’intera terminologia e le categorie utilizzate dalle economie, come il PIL, non sono molto utili. Negli articoli che ho scritto insieme a Dirk Bezemer, mi sono occupato di ricreare il PIL. Mettiamo al netto il PIL. Quanto è il prodotto effettivo e quanto è la rendita economica? Non un prodotto, ma un pagamento di trasferimento. E si scopre che tutta la crescita del PIL americano è una rendita economica. Non è un prodotto. Il prodotto, il settore produttivo, sta diminuendo. Ecco perché l’America si sta deindustrializzando, perché siamo in un’economia di rendita.

Le economie occidentali non saranno mai in grado di ricreare le statistiche del PIL in questo modo. Vogliono dire, beh, guardate quanto è potente l’America, guardate il nostro PIL. Ma è come dire: guardate quanto pesa questo bambino. Pesa più degli altri, ma è solo un tumore sulla schiena. Così si potrebbe considerare il PIL dell’America come un tumore finanziario;

L’obiettivo, spero, che vorrei vedere nei Paesi BRICS è quello di evitare il tumore finanziario, il tumore della rendita economica, il tumore del proprietario e il tumore del monopolio. Evitino tutto questo, proprio come la Cina ha detto che avrebbe fatto fin dall’inizio, e proprio come Adam Smith e l’intera scuola classica di economisti speravano che sarebbe stato il capitalismo industriale.

Ma per farlo, devono tornare a studiare gli economisti classici del XIX secolo. Sto scrivendo un libro su questo argomento e probabilmente mi ci vorrà un altro semestre per finirlo. Ma è proprio su questo che sto spendendo tutti i miei sforzi al momento.

KARL FITZGERALD: Beh, grazie, Michael. Questo lavoro è inestimabile ed è bello avere qui alcuni dei nostri sostenitori di Patreon. Loro fanno…

MICHAEL HUDSON:

Sono davvero grato a tutti voi per aver aderito. È per questo che scrivo. L’idea non è solo quella di sedermi e scrivere le mie idee, ma di diffonderle. E spero che possiate fare tutto il possibile per continuare a portare avanti le idee e in qualche modo irradiarle. È l’unico modo per far sì che queste idee si diffondano, perché non si diffonderanno attraverso il New York Times.

MATT CONNORS: Questo è certo.

KARL FITZGERALD: Va bene. Beh, grazie, Michael. Grazie a tutti. Ci auguriamo di rivedervi qui tra tre mesi. Vedremo se sarà cambiato qualcosa o se continueranno le stesse tendenze di avidità e rentierismo. Speriamo quindi che….

MICHAEL HUDSON: Spoiler alert, sarà la stessa tendenza.

Ci sono sempre nuovi colpi di scena. E credo che oggi abbiamo dovuto fare un passo indietro. È un bene che Karl mi abbia chiesto di concentrarmi sulla bilancia dei pagamenti, perché ha fatto emergere l’importanza delle categorie, della struttura e del formato contabile e, in ultima analisi, del formato della politica fiscale e tributaria.

KARL FITZGERALD: Ben fatto, amico. Eccellente. Bene, allora… Ci vediamo tra qualche mese.

MATT CONNORS: Grazie a tutti.

MICHAEL HUDSON: Grazie.

KARL FITZGERALD: Ci sono applausi da tutte le parti. Ben fatto, amico. Ok. Ci vediamo tutti. Ciao a tutti.

Trascrizione e diarizzazione: hudsearch

Montaggio: Kris Liti
Recensione: ced

Foto di Jonny Gios su Unsplash

I think tank alle prese con il dilemma strategico russo_di Simplicius

I think tank alle prese con il dilemma strategico russo

Simplicius17 ottobre∙Pagato
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Questa settimana sono emersi nuovi interessanti articoli provenienti dal mondo dei think tank sulla guerra in Ucraina, che vale la pena analizzare.

Il primo è tratto da War on the Rocks , fondato da un think-tanker dell’industria della difesa americana e che si autodefinisce una pubblicazione sulla difesa “per addetti ai lavori, da addetti ai lavori” .

Uno dei loro ultimi articoli affronta il dilemma strategico di Washington, ovvero quello di dover affrontare contemporaneamente tre avversari: Iran, Russia e Cina:

Si può notare che menziona una guerra su due fronti solo perché l’analisi liquida immediatamente l’Iran come presumibilmente già “rimosso” dalla scacchiera a causa degli attacchi ancora più presunti di Trump al programma nucleare iraniano, iniziando così dalla frase esplicita:

Gli attacchi paralizzanti degli Stati Uniti contro il programma nucleare iraniano a giugno hanno creato una finestra temporale ristretta per evitare un incubo strategico: combattere contemporaneamente Cina, Russia e Iran.

A proposito, giusto per fare una breve digressione, ecco un’intervista del professore iraniano Foad Izadi dell’Università di Teheran che apparentemente conferma che Washington ha sostanzialmente stretto un accordo con l’Iran per permettergli di bombardare Fordow con i B-2 in cambio dell’attacco da parte dell’Iran alle basi statunitensi vuote:

https://x.com/ETERNALPHYSICS/status/1978869518341480516

Oltre all’intervista del parlamentare iraniano Mahmoud Nabavian, che conferma la stessa cosa in modo ancora più dettagliato.

Solo qualcosa da considerare alla luce del fatto che l’Iran è stato “cancellato” in questa discussione sulla guerra “su due fronti”.

Tornando indietro, va anche detto che, sebbene l’ articolo di War on the Rock non rappresenti necessariamente un’iniziativa politica ufficiale , certamente riecheggia molti dei sentimenti della Washington D.C. e probabilmente influenzerà almeno il pensiero sulla Russia; forse non in modo così fondamentale come hanno fatto alcuni dei vecchi articoli di RAND, ma dati i grandi nomi del MIC che hanno scritto e letto WotR, è solo un contributo naturale alla spina dorsale delle future politiche degli Stati Uniti nei confronti della Russia, in particolare sotto la guida energica di Pete “Keg Stand” Hegseth.

L’autore riassume opportunamente i tre avversari come segue:

L’America si trova ad affrontare tre avversari: l’Iran, il destabilizzatore persistente, determinato a sviluppare armi nucleari; la Russia, la minaccia acuta, che invade l’Ucraina e minaccia la NATO; e la Cina, la sfida crescente, che tenta di rovesciare la leadership internazionale degli Stati Uniti.

La sfida principale che l’autore presenta è rappresentata dalla domanda: come scoraggiare o sconfiggere simultaneamente Russia e Cina senza esaurire le proprie risorse? Definisce la sua soluzione “mettere in sequenza le minacce”:

Queste minacce concorrenti mettono in luce il problema della “simultaneità strategica” degli Stati Uniti: come scoraggiare e, se necessario, sconfiggere simultaneamente Cina e Russia senza esaurire le risorse, il potere e l’attenzione della nazione? Non lo si fa. Invece, si sequenziano le minacce.

Cita antichi poteri che hanno notoriamente utilizzato questa arte del “sequenziamento”, che è solo un modo elegante per descrivere la sconfitta dei nemici uno alla volta invece di combatterli tutti insieme, con la particolarità di iniziare con il più debole e arrivare fino al più forte:

Grandi potenze, da Bisanzio a Venezia, dall’Austria asburgica alla Gran Bretagna edoardiana, sono tutte sopravvissute padroneggiando l’arte della sequenza. Questo stratagemma, come ha spiegato lo stratega Wess Mitchell, implica la concentrazione delle forze e la focalizzazione contro il potenziale dirompente di un avversario prima di ricorrere a un deterrente o alla sconfitta di un altro avversario più abile. Israele ha recentemente dimostrato questo approccio, smantellando metodicamente l'”asse di resistenza” iraniano, un’arma alla volta – prima Hamas, poi Hezbollah, poi l’Iran stesso (con l’aiuto degli Stati Uniti) – piuttosto che combattere guerre simultanee su più fronti contro molti nemici.

Si possono notare i primi segni di grandi crepe nel fondamento di questa teoria, dato che egli basa il presunto “successo” dell’uso di questa strategia da parte di Israele sulla sua convinzione che Israele abbia in qualche modo sconfitto in modo decisivo tutti i suoi avversari regionali, vale a dire Hamas, Hezbollah e Iran.

Ma sappiamo che nulla del genere è realmente accaduto: a parte l’assassinio di un gruppo di leader simbolici da parte di Israele e i falsi attacchi contro l’Iran che hanno avuto scarsi risultati, Israele non ha raggiunto i suoi obiettivi militari, né è riuscito a conquistare Gaza. Inoltre, ha distrutto ciò che restava della sua immagine globale nel processo, il che deve essere calcolato nell’equazione di ciò che una data “strategia” ottiene, poiché in geopolitica gli obiettivi militari di per sé non esistono nel vuoto.

Questo è lo stesso tipo di pensiero che ha messo in pericolo l’Occidente in Ucraina. Utilizzando dati falsi – in questo caso la convinzione che la Russia stia “perdendo” e subendo “molte più vittime” dell’AFU – l’Occidente si è convinto di un senso della realtà completamente distorto, che ha portato a politiche slegate da qualsiasi logica o ragione.

Ma egli incentra tutta la sua argomentazione a favore di questa strategia “sequenziale” sull’idea chiave che il tempo a disposizione dell’America per sconfiggere il secondo dei suoi avversari sta per scadere .

L’Iran è a terra, ne mancano due

In seguito agli attacchi israeliani e statunitensi di giugno, il programma nucleare iraniano è stato “gravemente danneggiato”, con un ritardo fino a due anni. (Ed: è interessante come lui stesso sembri scettico, nonostante questo fatto sia fondamentale per il funzionamento della sua teoria) Per la prima volta da decenni, l’America può spostare la sua attenzione principale dal Medio Oriente. La logica sequenziale richiede di indebolire un concorrente rimasto prima di rischiare una guerra su due fronti impossibile da vincere. Ma quale concorrente?

Chiede quale concorrente? Risponde:

La Russia è la scelta ovvia. Mosca è più debole e ha agito per prima invadendo l’Ucraina; dovrebbe essere punita per prima.

Un’altra arroganza sfrenata.

Prosegue esponendo la tempistica in quattro anni al massimo:

Washington ha forse solo quattro anni per attuare la giusta sequenza. Il primo e il secondo anno dovrebbero concentrarsi sull’aiutare l’Ucraina a prevenire le conquiste russe attraverso un continuo supporto di intelligence e addestramento militare, allentando il “meccanismo di revisione” che limita gli attacchi offensivi a lungo raggio dell’Ucraina contro la Russia, stabilendo le basi per la produzione di difesa europea e imponendo costi sistematici all’industria finanziaria e al commercio energetico russi, i due principali fattori abilitanti dello sforzo bellico di Mosca. Una pressione eccessiva potrebbe degradare l’economia russa in tempo di guerra entro il 2027, quando gli esperti suggeriscono che Mosca potrebbe non essere più in grado di sostenere la guerra in Ucraina.

Beh, quanto detto sopra ha un’idea giusta. Certamente, queste sono condizioni ragionevoli e logiche che potrebbero causare molta costernazione alla Russia. Ma, come al solito, vengono proposte in un vuoto che ignora completamente gli indicatori economici e politici ucraini, di gran lunga peggiori.

Descrive nel dettaglio ogni passaggio di questa “sequenza”:

Sequenziamento, Parte 1: Tagliare le linee vitali russe

La prima parte delinea essenzialmente l’idea ormai superata di imporre sanzioni drastiche all’intero settore finanziario russo, al fine di paralizzarne la capacità di trasferire fondi per la guerra. Poi, procedere a colpire direttamente il suo commercio energetico, eliminando gradualmente le importazioni europee di petrolio e gas dalla Russia già entro il 2026, e facilitare ulteriori attacchi in profondità da parte dell’Ucraina contro gli impianti energetici russi, consegnando le promesse munizioni ERAM e altre munizioni avanzate a lungo raggio.

Questa parte della strategia è in atto da tempo e ha persino ricevuto un impulso oggi durante l’incontro di Zelensky alla Casa Bianca, dove il leader ucraino ha presentato a Trump un elenco di “punti critici” per l’infrastruttura manifatturiera della difesa russa, utilizzando l’eufemismo diplomatico “sotto pressione” al posto di “colpito con i Tomahawk”:

Zelensky ha portato a Trump delle mappe con i “punti deboli” dell’industria della difesa russa, riporta RBC-Ucraina citando una fonte.

Una fonte della delegazione ucraina ha affermato che Zelensky e il suo team hanno portato con sé all’incontro con Trump anche diverse mappe, che hanno “un grande significato” per la conversazione con il presidente americano.

“Le mappe mostrano i punti deboli dell’industria della difesa e dell’economia militare russa, sui quali si può fare pressione per costringere Putin a fermare la guerra”, ha affermato.

Andando avanti:

Sequenziamento, Parte 2: Il rafforzamento della difesa europea

Nella seconda parte, l’autore propone un’integrazione molto più profonda della NATO con le operazioni ucraine in corso, chiedendo in sostanza un intervento subdolo della NATO nella guerra, con un metodo in stile “frog-boiling”, che la Russia presumibilmente non noterebbe né reagirebbe:

In primo luogo, stabilire una chiara divisione dei compiti, in cui gli alleati europei gestiscano la maggior parte delle capacità convenzionali mentre gli Stati Uniti forniscano supporto di “backstop” nelle aree di vantaggio comparato. Potenze europee come Regno Unito e Francia schiereranno “forze di rassicurazione” in prossimità dell’Ucraina, pronte per essere dispiegate nell’Ucraina occidentale durante un cessate il fuoco o un’escalation, dove impareranno dalle forze ucraine e forniranno anche supporto di retroguardia. I partner europei assumeranno un ruolo più importante nella gestione delle operazioni aeree e navali affiliate alla NATO e dei pattugliamenti contro le attività russe nella zona grigia. Nel frattempo, gli Stati Uniti forniranno intelligence, sorveglianza e ricognizione, logistica e trasporti, deterrenza nucleare e forze di supporto. Se fatto correttamente, entro il 2027, gli europei dovrebbero gestire la deterrenza e la difesa convenzionali quotidiane, mentre gli Stati Uniti svolgono un ruolo di supporto specializzato.

Prosegue delineando un ritratto del tutto irrealistico degli europei che stanno incrementando massicciamente la loro produzione di armamenti, ancora una volta senza riuscire a risolvere la trappola dell’analisi del vuoto. Praticamente tutte queste ricette sono formulate partendo dal presupposto che l’Europa sia strutturalmente e politicamente anche lontanamente in grado di coordinarsi e cooperare in modo così fluido. Si potrebbe pensare che chi scrive si tenga deliberatamente alla larga dagli aggiornamenti recenti, non avendo letto un solo giornale sul deterioramento della “solidarietà” europea in declino.

Menziona il “cofinanziamento” della “capacità industriale” come se non fosse ormai una farsa ricorrente che risale al 2022, quando l’Europa aveva notoriamente fallito più e più volte in varie iniziative volte a creare una sorta di finanziamento di gruppo à la carte per gli armamenti dell’Ucraina, che si trattasse dell’iniziativa guidata dalla Repubblica Ceca per i proiettili di artiglieria, che si è rivelata aver procurato solo una frazione dei totali dichiarati, o del più recente PURL (Prioritized Ukraine Requirements List). Queste iniziative sono sempre fallite, e continuare a suggerire una nuova variante dopo l’altra è come sputare controvento. L’unica conclusione ragionevole a cui giunge l’autore è che ci vorrebbero dieci lunghi anni perché l’Europa “raggiungesse la piena autonomia difensiva”.

Nella sua sezione finale, cita la previsione dell’ammiraglio statunitense Phil Davidson, secondo cui la Cina lancerà un attacco per riconquistare Taiwan entro il 2027, come ultima finestra temporale prima della quale gli Stati Uniti potranno “finire” la Russia. Menziona le numerose insidie ​​di questo approccio, tra cui un collo di bottiglia diplomatico derivante dal fatto che gli Stati Uniti continueranno a concentrarsi sulla guerra in Ucraina, il che li priverebbe della spinta diplomatica per la “costruzione di una coalizione” anti-cinese in Asia.

La sua ultima dichiarazione conclusiva rivela la visione del mondo ottusa di questi tipi di think-tanker dalla mentalità unidimensionale che gestiscono il MIC. Nell’esaltare un’inesistente primavera di “rinnovamento” delle cosiddette imprese geopolitiche statunitensi, svela la cieca motivazione dietro tutta questa casistica pseudo-strategica, che è semplicemente la perpetua “espansione” della portata dell’America:

Con l’Iran neutralizzato, la sicurezza europea in miglioramento, l’Ucraina che mantiene la posizione e la Russia indebolita, gli Stati Uniti hanno una rara opportunità di indebolire la minaccia russa nel breve termine, rivitalizzando al contempo l’architettura di sicurezza europea per scoraggiare la Russia nel lungo termine, così che l’America possa finalmente concentrare le sue risorse e la sua attenzione nel contrastare il suo grande rivale di questo secolo: la Cina.

Se gli Stati Uniti utilizzeranno questi prossimi quattro anni meglio dei loro avversari, sconvolgeranno il panorama strategico. Trasformeranno l’alleanza occidentale da protettorato a partenariato. Moltiplicheranno la portata dell’America attraverso una maggiore capacità alleata e una condivisione degli oneri. E impediranno all’America di dover scegliere tra la difesa dell’Europa e quella del Pacifico.

Questo è esattamente il tipo di pensiero imperiale fallimentare che ha sprecato la maggior parte degli imperi precedenti: un’espansione infinita senza una ragione apparente, senza una giustificazione apparente. Imperi come quello degli Stati Uniti, nei loro ultimi anni di declino, vengono afflitti da una sorta di grande illusione di destino globale, in cui è impresso nel DNA stesso della nazione e nelle sue prospettive politiche e strategiche che solo l’espansione infinita e l’ossessione fanatica di distruggere anche i rivali più remoti attraverso la Trappola di Tucidide hanno salvato l’Impero dalla dissoluzione finale.

Questa temeraria devoluzione del destino nazionale sembra derivare dal fatto che gli imperi finiscono per perdere il loro cuore e la loro anima – il loro nomos – dimenticando ciò che un tempo era importante e sostituendolo con questa sorta di cieca illusione degenerativa, imitata e tramandata con crescente severità da ogni nuova generazione politica, secondo cui la “grandezza” di una nazione deriva esclusivamente dal suo dominio totale sul mondo, piuttosto che da alcuni marcatori culturali intrinseci e altre eredità uniche. Questo perché un impero, per sua definizione, finisce sempre per “globalizzarsi”, perdendo il nucleo della propria identità. E quando quell’identità viene erosa, l’unica cosa che rimane al suo posto è una sorta di vuoto mortale, istintivamente reinterpretato da generazioni di leader politici via via inferiori come una cieca fame di espansione insensata, come se ricoprire il globo con la propria impronta potesse mascherare l’atrofia terminale della sacra permanenza, un tempo considerata sacra, della nazione. Si tratta di una sorta di spirale metastatica della fine dei tempi, che può concludersi solo con la dissoluzione dell’impero da parte di nuove forze emergenti, dotate di sufficiente autentica vitalità e passionalità da eclissare l’impero snervato, che diventa una sorta di colosso dai piedi d’argilla.

La nostra seconda offerta, più interessante, arriva da Foreign Affairs , la pubblicazione ufficiale del Council on Foreign Relations, e serve da contrappunto al precedente articolo idealistico del think-tank:

https://www.foreignaffairs.com/russia/how-russia-recovered

L’articolo si apre con la premessa che gli analisti occidentali hanno frainteso la guerra in Ucraina a causa delle “oscillazioni selvagge” di aspettative che hanno influenzato la guerra, provocando un colpo di frusta nelle persone e confondendo la loro comprensione della realtà che si stava verificando sul campo. L’autore conclude che, dopo la percepita “sconfitta” della Russia da parte dell’Ucraina nella prima parte della guerra, gli analisti occidentali si sono rivolti a fattori esterni per spiegare la recente ripresa russa.

Poiché la Russia, a loro avviso, si è dimostrata debole e inefficace già nel 2022, la sua nuova forma attuale deve essere semplicemente il risultato della mancanza di un maggiore sostegno da parte dell’Occidente all’Ucraina. Questo è un errore, sostiene l’autore; al contrario, la rinascita della Russia è il risultato della totale e sistematica ristrutturazione del Paese:

Ciò che molti politici e strateghi hanno trascurato è la misura in cui Mosca ha imparato dai propri fallimenti e ha adattato la propria strategia e il proprio approccio alla guerra , in Ucraina e altrove. A partire dal 2022, la Russia ha avviato un’iniziativa sistematica per esaminare la propria esperienza di combattimento, trarne insegnamenti e condividerli con le sue forze armate. All’inizio del 2023, Mosca aveva silenziosamente costruito un complesso ecosistema di apprendimento che include la base manifatturiera della difesa, le università e i soldati lungo tutta la catena di comando. Oggi, l’esercito sta istituzionalizzando le proprie conoscenze, riallineando i propri produttori di difesa e le organizzazioni di ricerca per supportare le esigenze belliche e abbinando le startup tecnologiche alle risorse statali.

L’autore prosegue esaltando i grandi miglioramenti adattivi apportati dalla Russia alle sue tattiche e strutture militari (si legga in particolare la parte in grassetto per una rarissima ammissione occidentale):

Il risultato sono state nuove tattiche sul campo di battaglia, codificate in programmi di addestramento e manuali di combattimento, e armi migliori. Mosca ha sviluppato nuovi metodi per utilizzare i droni per individuare e uccidere i soldati ucraini e per distruggere le risorse ucraine, trasformando quella che un tempo era un’area di debolezza in un’area di forza. Ha costruito missili migliori e creato sistemi corazzati più robusti e potenti. Sta dando ai comandanti più giovani maggiore libertà di pianificazione. È diventata un esercito in grado sia di evolversi durante questa guerra sia di prepararsi per futuri conflitti ad alta tecnologia.

Ricordate le vecchie e stantie denunce della cosiddetta struttura di comando “sovietica” russa? Sembra che per una volta si stiano formando delle crepe nella granitica resistenza dell’Occidente all’idea che tali valutazioni delle Forze Armate russe siano totalmente obsolete.

Il risultato? L’Ucraina ora dovrà sostenere il costo di questa evoluzione russa:

A causa di questi cambiamenti, è probabile che l’Ucraina si trovi ad affrontare distruzioni ancora maggiori nei prossimi mesi. Dovrà fare i conti con attacchi di droni russi più rapidi e numerosi, con conseguenti maggiori danni a città, civili e infrastrutture critiche. Un numero maggiore di missili riuscirà a penetrare le difese ucraine.

L’autore chiede all’Occidente di iniziare a studiare i progressi della Russia per non restare indietro:

Se non vogliono restare indietro, Washington e le capitali europee devono quindi iniziare a imparare dalla guerra in Ucraina, senza voltarsi indietro. Invece di ignorarla, devono studiare gli studi della Russia e poi iniziare a cambiare le cose.

Come cambiano i tempi. L’incapace “tigre di carta” è ora il tutore per eccellenza.

L’autore sottolinea ulteriormente la decentralizzazione, così antitetica al cosiddetto modello “sovietico” mal interpretato, ossessionato dai pianificatori occidentali, descrivendo come i soldati russi abbiano sviluppato sistemi di condivisione informale delle conoscenze, al di fuori delle rigide strutture militari, che permeano lentamente l’intero corpo delle forze armate fino a istituzionalizzarsi. Questo tipo di metodo “dal basso” di evoluzione delle tattiche è al centro del riuscito rebranding militare della Russia, come l’autore riconosce.

Ma se l’organizzazione militare più ampia non assimila queste lezioni, spesso col tempo queste vanno perse, non vengono trasmesse a chi ne ha bisogno e non vengono diffuse all’interno delle forze armate.

Gli eserciti che apprendono meglio seguono cinque passaggi: acquisire esperienza di combattimento, analizzarla, proporre raccomandazioni, diffondere le raccomandazioni e le lezioni apprese in tutta la forza e, infine, metterle in pratica.

Quando divenne chiaro che la guerra si sarebbe protratta, la Russia cominciò a soddisfare la maggior parte di questi criteri.

Ma la cosa più importante è che l’autore presenta un esempio diretto di come la Russia abbia realizzato questa sistematizzazione dell’apprendimento:

Nel 2022, ad esempio, l’esercito ha ordinato a ufficiali di stato maggiore e ricercatori dedicati di recarsi in prima linea presso i posti di comando militari, in modo da poter osservare la guerra il più da vicino possibile e cercare di comprendere le prestazioni delle truppe. I ricercatori hanno quindi esaminato i risultati delle battaglie, esaminato attentamente i registri dei comandanti e intervistato il personale per generare report analitici. Dopo un’ulteriore valutazione, questi report sulle “lezioni apprese” (come li chiamano gli esperti militari) sono stati condivisi con il quartier generale di Rostov, lo stato maggiore a Mosca, i quartier generali delle forze armate, le accademie militari, le aziende di difesa e la comunità di ricerca militare.

Fa notare che subito dopo le Forze Armate russe hanno iniziato ad adattare le proprie operazioni sulla base di queste scoperte:

Le forze armate si sono quindi adeguate di conseguenza. Con l’aiuto dell’ordine di mobilitazione di Mosca del settembre 2022 e di un bilancio della difesa in crescita, l’esercito russo ha riorganizzato la sua struttura di comando e modificato le sue tattiche e la sua posizione di forza in Ucraina.

Mosca ha modificato il suo sistema logistico per renderlo più resistente. Ha introdotto nuove tecnologie o nuovi modi di utilizzare le vecchie tecnologie per migliorare sia la precisione del puntamento sia le capacità di guerra elettronica. Questi adattamenti temporanei hanno aiutato la Russia a stabilizzare le sue linee del fronte e a resistere alla controffensiva ucraina del 2023.

Ma, cosa ancor più importante, l’autore osserva che da allora le cose hanno solo accelerato in questa direzione, un fatto che sicuramente dispiacerà molto all’Occidente. Leggete questi esempi di quanto la Russia abbia spinto questa diffusione della conoscenza in tutta la sua struttura delle forze armate:

Da allora, l’ecosistema di apprendimento russo è diventato ancora più ampio. A Mosca, l’esercito russo ha oltre 20 commissioni dedicate all’attuazione di raccomandazioni basate sulle informazioni ricevute dalle linee del fronte e dai ricercatori russi. L’esercito è stato impegnato a diffondere le lezioni apprese alle forze armate riassumendole in bollettini, tenendo workshop tematici e ospitando conferenze per risolvere problemi e condividere conoscenze. Il Distretto Militare Meridionale della Russia riunisce ripetutamente soldati e comandanti dell’aeronautica militare, delle forze di terra, delle forze di guerra elettronica e dell’industria della difesa per insegnare loro come individuare, sopprimere e distruggere al meglio i velivoli senza equipaggio (UAV) nemici, essenziali per il primo successo militare dell’Ucraina. In una conferenza del 2023 ospitata dall’accademia di artiglieria russa, soldati ed esperti si sono riuniti per rivedere le tattiche di artiglieria e integrare i droni negli attacchi di artiglieria. In soli tre anni, la Russia ha apportato oltre 450 modifiche provvisorie ai manuali di combattimento. I leader militari sottolineano che è probabile che questi manuali vengano completamente rivisti dopo la fine della guerra.

Rileggilo:

“In soli tre anni, la Russia ha apportato oltre 450 modifiche provvisorie ai manuali di combattimento. I vertici militari sottolineano che è probabile che questi manuali vengano completamente rivisti dopo la fine della guerra.”

L’articolo prosegue citando la stessa revisione sistematica per quanto riguarda specificamente gli equipaggiamenti militari. Nei primi anni, scrive l’autore, la Russia ha sofferto di numerosi difetti negli equipaggiamenti, in particolare nei componenti del sistema di guerra elettronica, ma anche in questo caso ha iniziato rapidamente ad adattarsi democratizzando il sistema, riducendo burocrazia e normative, e promuovendo un’ampia cooperazione tra i diversi ambiti civili e militari:

E grazie al sostegno del governo, ci sono riusciti. Il Ministero della Difesa ha allentato le normative per abbreviare i tempi di ricerca e sviluppo. Ha tenuto riunioni con la base manifatturiera della difesa per assicurarsi di ricevere e assimilare il feedback delle unità in prima linea e apportare modifiche. Le aziende della difesa, nel frattempo, hanno inviato specialisti del settore nell’Ucraina occupata per riparare le attrezzature, studiarne le prestazioni e riferire, proprio come avevano fatto in Siria quando la Russia difendeva il regime di Bashar al-Assad. E a partire dall’inizio del 2023, il Cremlino ha creato programmi per integrare università e centri di ricerca civili negli sforzi di difesa nazionale. Ha migliorato la collaborazione tra ingegneri militari e civili nei siti di prova e nei poligoni di addestramento per testare i prototipi prima di inviarli in combattimento.

L’articolo prosegue sottolineando che la Russia ha potenziato molti dei suoi sistemi d’arma per aumentarne le prestazioni, un fatto confermato solo ieri dall’annuncio che una nuova e migliorata bomba planante russa avrebbe raggiunto la distanza record di 150 km colpendo le posizioni ucraine a Nikolayev:

https://www.rt.com/russia/626546-russian-glide-bomb-nikolaev/

L’articolo sfata anche il mito comune sulla scarsa formazione della Russia, rivelando che questi enormi cambiamenti hanno interessato anche il settore dell’addestramento, ancora una volta in contrasto con i soliti luoghi comuni propagandistici divorati dai creduloni e dai meno informati su Twitter e altrove:

L’apprendimento russo si estende a un altro importante ambito: l’addestramento. Gli istruttori militari del Paese stanno esaminando attentamente le esperienze di combattimento e integrando le lezioni apprese nei programmi di addestramento. Per garantire che questi programmi siano pertinenti e realistici, la Russia fa ruotare le truppe tra il campo di battaglia e i poligoni di addestramento, proprio come ha inviato al fronte i produttori di armi. Quando le visite di persona non sono possibili, l’esercito organizza videoconferenze sicure tra unità di prima linea, accademie e centri di addestramento. Alcuni veterani disabili sono diventati istruttori a tempo pieno.

Analogamente, nell’eterno dibattito sui “sottufficiali”, l’articolo sottolinea che la Russia sta migliorando l’addestramento in particolare dei suoi ufficiali subalterni, aggiungendo un’ulteriore proroga di due mesi alla formazione di tutti i tenenti.

Che ne dici di questa ammissione?

Gli istruttori si stanno anche concentrando sull’insegnamento agli ufficiali subalterni di come comandare piccole unità, data l’importanza dei piccoli assalti di fanteria sul campo di battaglia. Ad alcuni ufficiali subalterni viene persino insegnato ciò che gli stati NATO chiamano pianificazione di missione, in cui viene assegnato loro un obiettivo che loro e il loro staff devono capire come raggiungere autonomamente, piuttosto che obbedire a comandi centralizzati. Si tratta di un cambiamento radicale per l’esercito russo, tradizionalmente verticista, ispirato dai successi ottenuti da alcune unità russe contro Kiev.

Naturalmente, attenuano quanto detto sopra sostenendo che l’addestramento russo rimane disomogeneo e che molti soldati sono ancora impreparati alle realtà del fronte, citando una serie di altre “sfide” per spiegare perché la Russia stia ancora “rendendo male” nonostante questi cambiamenti rivoluzionari. Questa è una rappresentazione moderatamente equilibrata, almeno rispetto alla solita poltiglia beatamente ignorante che passa per analisi da think tank.

L’autore riassume la portata del messaggio come segue:

All’inizio dell’invasione nel 2022, l’esercito russo ha valutato male le capacità e la volontà di combattere dell’Ucraina. L’equipaggiamento di Mosca non è stato sempre all’altezza del compito e alcuni sistemi hanno fallito completamente. I suoi soldati non sono stati addestrati per le missioni assegnate (e non è stato nemmeno detto loro che sarebbero andati in guerra, se è per questo). La sua catena di comando ha faticato a funzionare.

Ma gli osservatori dell’esercito russo non possono più ancorare le proprie opinioni a quel periodo. Negli anni successivi, l’esercito russo è diventato un’organizzazione in continua evoluzione, e i continui adattamenti in prima linea sono solo una parte della sua attività formativa. Mosca sta acquisendo e analizzando l’esperienza di combattimento e diffondendo le lezioni apprese in tutto il suo ecosistema di forze armate e di difesa. Sta cercando sistematicamente di acquisire e istituzionalizzare la propria esperienza di guerra e di prepararsi per un periodo di riforme postbelliche. È consapevole che il futuro carattere della guerra sta cambiando, quindi anche l’esercito deve cambiare.

L’autore conclude affermando che è compito della NATO rispondere agli sviluppi rivoluzionari della Russia istituzionalizzando il proprio apprendimento. Sfortunatamente per loro, nulla del genere è ancora accaduto:

Sebbene diverse organizzazioni nei paesi NATO si dedichino a raccogliere insegnamenti dalla guerra, i progressi sono disomogenei e isolati. Gli sforzi di questi organismi non hanno ancora modificato in modo radicale i piani di approvvigionamento, i programmi di addestramento o i concetti operativi dei rispettivi paesi.

Affinché l’Occidente si svegli, deve ingoiare la pillola più aspra e amara dell’orgoglio: l’illusione autoalimentata che la Russia non sia altro che una “debole tigre di carta”.

Per evitare di rimanere indietro, Stati Uniti ed Europa devono iniziare a prestare maggiore attenzione, soprattutto perché Mosca sta trasmettendo le sue conoscenze ai partner autocratici. Ma ciò significa che devono vedere l’esercito russo per quello che è: imperfetto, ma a modo suo resiliente. I suoi problemi strutturali sono molto reali e sarebbero particolarmente acuti in caso di conflitto con la NATO. Eppure il suo processo di apprendimento è incessante. Le forze armate russe modificheranno ulteriormente le tattiche, introdurranno nuove armi e si espanderanno, avviando uno sforzo di ricostituzione decennale. Gli esperti amano dire che gli eserciti plasmano la guerra. Ma la guerra plasma anche gli eserciti.

Prestate attenzione alla frase conclusiva qui sopra. L’arroganza della NATO e della leadership occidentale potrebbe essere troppo rigidamente radicata per cedere alla realtà che la Russia è ferocemente sottovalutata, ma almeno negli angoli più remoti dell’ordine analitico, la realtà ha iniziato lentamente a mettere radici; quanto crescerà questa radice dipenderà interamente da quanta parte del suo ego e della sua falsa facciata di invincibilità l’Occidente sarà disposto a sacrificare nell’ammettere al mondo quanto si sbagliasse sulla Russia.

Ma le probabilità che ciò accada sono scarse, perché rimuovere uno strato di bugie sulla Russia rischia di esporre il resto della storia contraffatta che l’Occidente ha così meticolosamente inculcato sul suo più grande avversario.


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