Rassegna stampa tedesca 17 (verso le elezioni)_a cura di Gianpaolo Rosani

Il giornale economico titola come la “Bild” (vedi in questa rassegna stampa), ma sviluppa in modo più articolato le congetture sui  destini dei partiti e dei loro leader e sulle possibili alleanze di governo, come panoramica alla vigilia del voto.

21-22-23.02.2025

Cosa c’è in gioco per i candidati

La sera delle elezioni potrebbero finire alcune carriere politiche. Ma anche il probabile vincitore delle elezioni teme il “caso peggiore”. Una panoramica.

di D. Delhaes, J. Hildebrand,D. Neuerer, J. Olk – Berlino

 

Trionfo o sconfitta? Cancelleria o dimissioni? Raramente, in un’elezione al Bundestag, così tante carriere politiche potrebbero essere decise in una sola sera elettorale come questa domenica. La posta in gioco è alta per i candidati di punta. proseguire la lettura cliccando su: Handelsblatt (21-22-23.02.2025)

Chiamata ai seggi sull’edizione domenicale del “Die Welt”, addirittura modificando la testata (Wählt, votate, che si pronuncia uguale al nome del giornale). Applica al voto la tesi che, come il silenzio, l’ignoranza o il linguaggio del corpo trasmettono un messaggio, anche chi non vota fa una scelta e rafforza i partiti radicali, i cui sostenitori prendono molto seriamente il loro diritto di voto. Segue una proposta semi-seria: “tutti i voti dei non votanti ingiustificati vengono assegnati in blocco a un partito, che viene determinato a sorte. Dal 2009, il MEP (Mir-Egal-Partei – Per me sono tutti uguali) è la seconda forza politica più grande della Germania e, in quanto comunità elettorale, potrebbe ribaltare qualsiasi maggioranza”.

23.02.202

Andate a votare!

Il partito degli astenuti sta diventando sempre più grande. Jean-Remy von Matt ha due idee su come cambiare questa situazione

Jean-Remy von Matt è un artista e co-fondatore dell’agenzia pubblicitaria Jung von Matt. Ha avuto l’idea di cambiare il nostro titolo

proseguire la lettura cliccando su:Die Welt (23.02.2025)

Approssimandosi le elezioni federali, questa settimana troviamo su Stern più che un articolo un pamphlet sul “cambiamento”, quello necessario in quanto inevitabile, nell’alveo della tradizione liberal-conservatrice. Sostiene che per chi non crede più che i mezzi tradizionali della democrazia (Trump e Weidel, che “diffondono bugie”) – dibattito, compromesso, riforma – possano migliorare la propria vita, la distruzione è un’opportunità e qualcosa di bello crescerà dopo il disboscamento. Ne traggono vantaggio gli estremisti, che sono contrari allo stato di diritto e alla democrazia, a tutti i meccanismi che potrebbero limitare il loro guadagno personale. Estremisti che vogliono distruggere a loro favore, non migliorare. Vengono presentati dieci cambiamenti scomodi ma necessari: “Se vogliamo continuare a vivere bene, molte cose devono cambiare in Germania. Purtroppo, durante la campagna elettorale se ne è parlato troppo poco. Cosa fare adesso. I democratici devono dimostrare che c’è speranza nel futuro”.

stern

19.02.2025

C’è qualcosa che non va nella Germania – ed è per questo che molte cose devono essere capovolte

proseguire la lettura cliccando su: Stern (19.02.2025)

Calcoli col bilancino in base a incerti sondaggi. “Il terzo partner” è l’argomento degli ultimi giorni di campagna elettorale. La CDU/CSU avrà la maggioranza relativa, vorrebbe prendersi un solo alleato, ma i numeri sono in bilico: chi supererà la soglia di sbarramento cambierà la composizione del Bundestag e la coalizione di governo dovrà essere più ampia.

20.02.2025

Quale coalizione governerà la Germania?

Raramente l’esito delle elezioni federali è stato così incerto come adesso. L’unica cosa molto probabile è che sarà l’Unione a governare. Lo dimostra un’analisi dei possibili modelli  proseguire la lettura cliccando su: Die Welt (20.02.2025)

In prima pagina il quotidiano di Amburgo a pochi giorni dal voto illustra il suo orientamento elettorale: “Il nostro Paese dipende più che mai dall’auto-aiuto, sia economico che militare. Si può solo augurare a ogni futuro partito della Cancelliera di essere abbastanza forte da formare il governo da solo con un partner di coalizione, invece di logorarsi nella ricerca permanente di compromessi con più partner. Se il centro democratico vuole riconquistare la fiducia perduta, deve dimostrare di poter governare il Paese in modo efficiente e di poter affrontare i problemi, soprattutto nella politica economica e migratoria. Se anche il prossimo governo fallirà, tra quattro anni potremmo ritrovarci in una situazione simile a quella dell’Austria”.

20.02.2025

DEMOCRAZIA

Scelta difficile, ma così importante

Inimmaginabile se in questa situazione mondiale dovesse fallire anche un nuovo governo in Germania

di GIOVANNI DI LORENZO

proseguire la lettura cliccando su: Die Zeit (20.02.2025)

  • Sostieni il nostro lavoro!Il sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000€/anno), ecco come contribuire:✔ Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704
    ✔ IBAN: IT30D3608105138261529861559
    ✔ PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo
    ✔ Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

    Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione)

“Stiamo vivendo una sorta di guerra mondiale postmoderna”, di Carlo Masala_a cura di Gianpaolo Rosani

tratto dal quotidiano tedesco Handelsblatt

21-22-23.02.2025

“Stiamo vivendo una sorta di guerra mondiale postmoderna”

Il professore dell’università dell’esercito tedesco dubita che gli europei abbiano capito il segnale di avvertimento lanciato dal governo statunitense.

Non crede a una pace rapida in Ucraina, né a un piano geniale di Donald Trump.

Lo scienziato Carlo Masala è professore di politica internazionale presso la facoltà di scienze politiche e sociali dell’Università della Bundeswehr di Monaco di Baviera. È considerato un esperto di conflitti armati. L’autore Masala ha scritto numerosi libri e bestseller, come “Perché il mondo non vuole la pace” e “Disordine mondiale”.

Le domande sono state poste da Jens Münchrath e Sven Prange.

Signor Masala, dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sembra voler negoziare inizialmente da solo con il suo omologo russo sull’Ucraina, l’Europa è scioccata e parla di un campanello d’allarme. Non è affatto il primo. Vede delle possibilità che questa volta i responsabili abbiano capito?

I responsabili non hanno altra scelta che capire. Se non lo fanno, il continente europeo è sulla china di un’altra guerra. Il problema è che in Germania siamo alle porte delle elezioni, il presidente in carica è quindi un “anatra zoppa” e non possiamo ancora prevedere quanto tempo ci vorrà prima che la Germania abbia un governo in grado di agire. Ma la Germania è fondamentale per tutto ciò che deve accadere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi in termini di sicurezza e difesa europea.

Come valuta il segnale che è partito da Parigi?

Non ci si poteva aspettare che da lì partissero segnali decisi. Da un lato perché la situazione in Germania è quella che ho appena descritto, dall’altro perché la questione delle truppe europee in Ucraina dipende dal fatto che gli Stati Uniti diano o meno a queste truppe garanzie di sicurezza dall’esterno. E proprio a questa domanda non è possibile rispondere al momento. Per questo motivo molti Stati europei presenti a Parigi sono titubanti.

La parte europea della NATO dispone della forza militare e delle truppe necessarie per garantire una possibile pace?

Sì e no. Non possiede in misura sufficiente molte delle capacità centrali necessarie per una forza robusta: capacità di trasporto aereo, difesa aerea, capacità di ricognizione satellitare. Si pone anche il problema che una grande presenza europea – 50.000 uomini o più – in Ucraina creerebbe delle lacune nei piani di difesa della NATO. In questo modo si protegge l’Ucraina da un nuovo attacco russo, ma si indebolisce la difesa del fianco orientale della NATO, creando così nuove “opportunità” per un’aggressione russa in quella zona.

Trump ha appena invertito i ruoli di carnefice e vittima, attribuendo la colpa della guerra al presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj. Questo non dimostra la direzione che stanno prendendo i negoziati tra Vladimir Putin e Trump?

Con l’affermazione di Trump che Zelenskyj non avrebbe mai dovuto iniziare questa guerra, non solo inverte i ruoli tra vittima e carnefice, ma serve anche, come per altre cose, la narrativa russa secondo cui la Russia ha solo anticipato un imminente attacco ucraino con l’aggressione.

È davvero concepibile che alla fine solo Putin e Trump decidano non solo sul destino dell’Ucraina, ma anche sull’architettura di sicurezza europea?

Non riesco a immaginarlo. È assurdo che il presidente degli Stati Uniti cerchi di negoziare l’architettura di sicurezza europea con il suo omologo russo senza gli europei. Né si può negoziare il futuro dell’Ucraina senza gli ucraini.

Come valuta la possibilità che possa esserci una soluzione diplomatica tre anni dopo l’invasione dell’Ucraina?

Nel complesso, il dibattito su una soluzione diplomatica mi sembra fuorviante. Molti credono evidentemente che il nuovo presidente degli Stati Uniti abbia poteri magici per annullare la logica di questo conflitto.

Beh, si sta comportando in modo molto energico.

A Panama e in Groenlandia questi poteri possono fare colpo. Ma che Trump possa ora convincere Vladimir Putin con un piano di pace è ingenuo. Non vedo alcuna disponibilità da parte della Russia a venire incontro a Trump.

Quindi Trump rappresenta piuttosto un’opportunità o un rischio per gli sforzi di pace?

Entrambe le cose. Opportunità, perché Trump sta effettivamente portando avanti la questione e perché il presidente non sta semplicemente tagliando i fondi, come si temeva. Vedo dei rischi, perché Trump non ha molta pazienza. Potrebbe fare concessioni solo per porre fine a questa fastidiosa questione.

Su cosa si dovrebbe negoziare concretamente: Kiev dovrebbe cedere una parte dell’Ucraina alla Russia in cambio di garanzie di sicurezza?

L’Ucraina ha anche occupato il territorio della Russia, questo può essere oggetto di negoziazione.

Come definireste una vittoria dell’Ucraina o una vittoria della Russia?

Una vittoria della Russia significherebbe che otterrebbe il territorio che ora occupa, cioè circa il 20% dell’Ucraina, nessuna garanzia di sicurezza per l’Ucraina e un esercito ucraino debole. È difficile definire una vittoria dell’Ucraina. Non ci sarà un ritiro completo delle truppe russe. Un successo sarebbe cedere alla Russia molto meno del 20% del territorio più forti garanzie di sicurezza.

Esistono garanzie di sicurezza efficaci al di sotto dell’adesione alla NATO? Trump le rifiuta.

Se includono componenti nucleari, preferibilmente statunitensi, sì.

È realistico?

Proprio no, ed è per questo che dico che stiamo conducendo un dibattito strano. L’aspirazione neoimperialista della Russia si estende ben oltre l’Ucraina. Putin vuole riportare l’architettura di sicurezza europea allo stato del 1997. Lo ha chiarito inequivocabilmente in due lettere identiche inviate a Washington e Bruxelles nel dicembre 2021. Anche nei colloqui in corso, non vuole parlare dell’Ucraina, ma dell’architettura di sicurezza europea e globale.

Se dovesse farla da padrone, non sarebbe un incentivo per altri governanti ad attaccare paesi in violazione del diritto internazionale?

Vedo tre effetti: in primo luogo, Putin si sentirà incoraggiato a continuare. Il secondo effetto è il segnale al resto del mondo; Pechino, ad esempio, potrebbe presumere che gli Stati Uniti non difendano con decisione nemmeno Taiwan. Il principio dell’inviolabilità dei confini sarebbe perso. In terzo luogo, assisteremmo a un’ondata di proliferazione delle armi nucleari. Perché molti Stati crederanno che l’unica cosa che proteggerebbe da un’aggressione imperiale in un mondo del genere sarebbero le armi nucleari.

Il conflitto non è già stato internazionalizzato? Già ora, sul fronte russo, combattono soldati nordcoreani.

La situazione è tale che tre potenze nucleari stanno dalla parte dell’Ucraina e tre potenze nucleari stanno contro l’Ucraina. Ne abbiamo nove al mondo. Due terzi delle potenze nucleari sono quindi già coinvolte direttamente o indirettamente in questo conflitto. Sono davvero una persona prudente, ma stiamo vivendo una sorta di guerra mondiale postmoderna.

Secondo i sondaggi, il rischio di una reazione nucleare a catena preoccupa anche molti tedeschi. Alla fine, tutti coloro che temono l’escalation del conflitto avranno ragione?

La paura di molti tedeschi, che anche il Cancelliere non manca mai di affrontare, deriva dal concetto di parte in guerra. La Germania non dovrebbe diventare una parte in guerra. Ci sono due argomenti a favore di questa tesi: in base al diritto internazionale non possiamo mai diventare una parte in guerra, perché uno Stato attaccato ha sempre il diritto di essere sostenuto. E poi c’è l’argomento politico, secondo il quale Putin potrebbe dichiararci parte in guerra. Ma questo non dipende da ciò che consegniamo. Putin ci ha già definiti parte in guerra quando l’allora ministro della Difesa ha annunciato la consegna di elmetti.

Molti tedeschi la vedono diversamente. Dicono che le forniture di armi alimentano il rischio di escalation, ma non portano la pace. La Russia non può essere sconfitta in ogni caso.

Quale sarebbe l’alternativa? Dobbiamo renderci conto che all’inizio dell’estate del 2022 la Russia aveva occupato quasi la metà del territorio ucraino. L’Ucraina ne ha riconquistato gran parte. Negare agli ucraini il diritto di combattere per il loro paese è esattamente l’atteggiamento imperialista e disumano che ora denunciamo nella nuova amministrazione statunitense, in Cina o anche in Russia.

Crede che la Russia possa essere sconfitta?

Se guardi la mappa, vedi che la Russia sta pagando un prezzo molto alto per aver guadagnato relativamente poco terreno. Ma ancora più importante: siamo stati troppo esitanti nel fornire qualsiasi tipo di arma. Prendi quella discussione infinita sui carri armati. Mentre l’Occidente discuteva, la Russia si è completamente trincerata nel sud dell’Ucraina e ha costruito fortificazioni. Semplicemente non abbiamo fatto tutto il possibile.

Ciò significa che la Russia avrebbe già potuto essere sconfitta o almeno costretta al tavolo dei negoziati se l’Occidente avesse fornito armi con sufficiente determinazione?

Non sto dicendo che ora non ci sarebbe più un russo sul territorio ucraino. Ma l’Occidente non ha mai avuto una strategia veramente chiara su ciò che vuole ottenere in questo conflitto. La frase del Cancelliere, che la Russia non deve vincere e l’Ucraina non deve perdere, non è una strategia.

In termini assoluti, la Germania è il secondo fornitore dell’Ucraina dopo gli Stati Uniti. Come valuta nel complesso la gestione della crisi da parte del Cancelliere, che con il suo discorso sul cambiamento epocale ha comunque dato un’impronta molto apprezzata a livello internazionale?

Il cambiamento epocale non è mai stato un vero e proprio programma. E il governo federale ha deciso la questione del sostegno all’Ucraina quasi esclusivamente sulla base di parametri di politica interna. La Germania ha fornito principalmente solo armi che erano facili da vendere a livello di politica interna. Ad esempio, i sistemi di difesa aerea, in cui la Germania ha davvero fatto molto. La Germania ha sempre esitato a fornire armi che l’Ucraina potesse usare per attaccare in modo efficace.

Anche se il candidato alla cancelleria della CDU e presunto prossimo cancelliere federale Friedrich Merz si è espresso molto chiaramente nei confronti della Russia, la politica tedesca nei confronti dell’Ucraina cambierà presto?

Merz ha una bussola chiara in questo senso. Ma questo non vale per qualsiasi altra situazione dopo le elezioni. Non solo nella SPD, ma anche nella CDU ci sono alcuni, come il primo ministro della Sassonia Michael Kretschmer, che preferirebbero importare di nuovo rapidamente gas russo a basso costo. E ignorano completamente ciò che abbiamo fatto con esso. Con l’acquisto di gas, la Germania ha finanziato la preparazione sistematica dell’invasione dell’Ucraina.

Merz ha annunciato che, come cancelliere, fornirà armi in modo molto più coerente. Questo aiuterebbe ancora l’Ucraina?

Ciò che possiamo ancora ottenere militarmente è una stabilizzazione del fronte. E cambiare il calcolo bellico russo in modo tale che ulteriori conquiste di territorio richiedano un prezzo troppo alto.

Merz è anche molto più ambizioso per quanto riguarda l’aumento della spesa per la difesa, puntando al tre per cento del PIL. È realistico, in primo luogo, considerando che la coalizione è crollata a causa di un deficit di bilancio di otto miliardi di euro, e in secondo luogo, basterebbe?

Se si vuole creare un’architettura di sicurezza in cui gli europei possano cavarsela senza il sostegno degli Stati Uniti, allora si parla piuttosto del 4-6%. Ed è proprio quello che sta accadendo. Tra l’altro, non è Trump a invocare questo nuovo ordine mondiale. È iniziato sotto Barack Obama. Naturalmente, lui lo ha formulato in modo molto più amichevole. Ma in sostanza ha già detto agli europei: fate di più, altrimenti ce ne andiamo.

Ciò significa che Trump sta ottenendo con la forza bruta ciò che altri presidenti degli Stati Uniti non sono riusciti a fare, ovvero che l’Europa si assuma finalmente la responsabilità della politica di sicurezza per un continente?

Esatto. Ma sarà ancora difficile. Gli accordi con Trump, come sperano alcuni nella CDU, non cambieranno nulla a questa dichiarazione. Gli Stati Uniti ridurranno drasticamente il loro impegno in Europa, indipendentemente da Trump. E se ora l’altra parte, mi riferisco ai Verdi, dice: la risposta a America first è Europe United. Naturalmente suona bene, ma in fin dei conti significa davvero che qui dobbiamo spendere fino al sei per cento della nostra produzione economica per gli armamenti.

Cosa che da un giorno all’altro potrebbe essere piuttosto difficile.

L’Europa dovrebbe tentare di concordare con gli americani una tabella di marcia in cui ci impegniamo chiaramente su determinate questioni. Vale a dire: aumentare la spesa per gli armamenti, acquistare prodotti americani, produrre prodotti europei. Bisogna dare un segnale agli americani: abbiamo capito che volete uscire da qui, quindi ci facciamo carico noi.

E cosa ne sarà della garanzia di sicurezza nucleare degli americani per l’Europa, che anche Trump ha già messo in discussione?

Ci comportiamo sempre come se il problema esistesse solo da quando c’è Trump. Fin dalla fondazione della NATO, il problema degli europei è il dubbio che, in caso di emergenza, gli americani rischierebbero davvero la distruzione di New York per liberare Brunsbüttel. Non possiamo evitarlo. La deterrenza estesa ha sempre il problema della credibilità.

Non vorrà davvero dire che la situazione non è cambiata?

Voglio dire che i problemi sono in parte noti da decenni. Trump è solo il tipo che dice le cose in modo molto diretto – e probabilmente le farà anche accadere.

L’Europa è tutt’altro che unita sia nelle questioni di politica di sicurezza che nell’atteggiamento nei confronti della Russia. In questo caso, l’unità non è forse più importante del dibattito sull’entità del bilancio della difesa dei singoli paesi?

L’Europa non ha scelta, non deve dipendere dalle decisioni comuni dei 27 Stati membri in materia di politica di sicurezza. L’Europa dei 27 è unita dall’interesse per il mercato interno, tutto il resto dobbiamo regolarlo in piccoli gruppi. Chiamatela l’Europa delle diverse velocità, chiamatela Europa “core”.

Ma in cosa dovrebbe consistere questa Europa “core”? La Francia non ha un governo in grado di agire da quasi un anno, per quanto riguarda la Germania non si sa, la Gran Bretagna non è nemmeno più membro dell’UE. Sarà difficile affrontare la Russia solo con i paesi baltici e scandinavi.

Per questo c’è bisogno di una Germania determinata. E non dobbiamo più considerare i britannici come un qualsiasi paese terzo in materia di politica di difesa, è assurdo.

Come valuta le prospettive a lungo termine? Ci sarà sicurezza in Europa solo contro la Russia o prima o poi anche con la Russia?

Finché la Russia perseguirà una politica neoimperiale, non ci sarà sicurezza con la Russia. E non mi riferisco solo a Putin. Gran parte della popolazione sostiene questa politica. Quando sarà archiviata, potremo tornare a parlare di sicurezza con la Russia. Ma questo è un processo che è nelle mani della Russia. Il nostro compito nei prossimi anni sarà quello di contenere le mire imperiali della Russia.

Il suo collega Timothy Snyder una volta ha detto che chi vuole una Russia pacifica deve assicurarsi che Putin subisca una pesante sconfitta. Ha ragione?

Storicamente ha ragione. In Russia ci sono sempre stati sconvolgimenti dopo le guerre perse. In Russia non si verificano sconvolgimenti del sistema perché la gente scende in strada e spazza via i governi. Quindi, se si vuole un’Europa stabile e pacifica, la migliore premessa è una clamorosa sconfitta della Russia e, di conseguenza, la fine dell’era Putin e del suo regime. Sarebbe un mondo ideale, ma al momento siamo ancora lontani anni luce da questo.

E il fatto che in un caso del genere potrebbe scoppiare il caos, condizioni simili a una guerra civile in una potenza mondiale con 6000 testate nucleari, non vi preoccupa?

Non dipende da noi. Se il regime di Putin crollerà, allora crollerà, e dovremo affrontare questo crollo. Ma credo che non sia il nostro ruolo e la nostra responsabilità. Quindi sì, la preoccupazione è giustificata. Ma se non abbiamo alcuna influenza sullo sviluppo, non dovrebbe paralizzarci.

Signor Masala, grazie per l’intervista.

  • Sostieni il nostro lavoro!Il sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000€/anno), ecco come contribuire:✔ Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704
    ✔ IBAN: IT30D3608105138261529861559
    ✔ PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo
    ✔ Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

    Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione)

Cosa fare nell’era Trump ? Il manifesto europeo di Mario Draghi

Cosa fare nell’era Trump ? Il manifesto europeo di Mario Draghi

Dopo le parole di Sergio Mattarella contro il “vassallaggio felice”, l’ex premier e banchiere centrale italiano ha pronunciato ieri a Bruxelles un discorso chiave: un manifesto europeo per l’era Trump.

Questa chiamata all’azione inizia con un imperativo: ” dobbiamo essere ottimisti “.

E un corso  ” è sempre più chiaro che dobbiamo agire come se fossimo un unico Stato. “

Lo traduciamo.

Autore
Le Grand Continent

Immagine

Ieri, 18 febbraio, a Bruxelles, davanti al Parlamento europeo, Mario Draghi ha parlato a lungo del suo Rapporto nel contesto della disruption trumpista;

Di fronte agli sconvolgimenti geopolitici contemporanei, l’ex banchiere centrale ha insistito su un fondamentale : il tempo sta per scadere. “Ogni giorno che ritardiamo, la frontiera tecnologica si allontana sempre di più da noi”, ha avvertito, sottolineando che l’Europa è in ritardo in settori strategici come l’intelligenza artificiale, dove “otto dei dieci maggiori modelli linguistici sono stati sviluppati negli Stati Uniti e gli altri due in Cina”. Questo ritardo minaccia non solo la nostra competitività, ma anche la nostra sovranità, in un mondo in cui le dipendenze tecnologiche stanno diventando leve decisive di influenza politica ed economica.

Di fronte a questa battuta d’arresto, Draghi difende la possibilità di rivedere il modello economico ed energetico europeo. Se l’Europa vuole diventare “un luogo attraente per l’innovazione, [deve] ridurre i prezzi dell’energia “. – I prezzi dell’elettricità nel continente rimangono “da due a tre volte superiori a quelli degli Stati Uniti”.

Lo sviluppo di infrastrutture digitali, il finanziamento di tecnologie dirompenti e l’integrazione dei mercati finanziari europei sono tutte condizioni per porre fine alla fuga di talenti e capitali all’estero. L’ex premier italiano ha proposto anche una semplificazione normativa, insistendo sul fatto che le barriere interne all’Unione equivalgono a tariffe del 45% sul settore manifatturiero e del 110% sui servizi. Nell’era della guerra commerciale trumpiana, ” in questo senso, siamo spesso il nostro peggior nemico “.

Draghi non si è fermato alle considerazioni economiche. Si è detto convinto che queste riforme non possano avere successo senza una forte azione collettiva. In uno dei passaggi più impressionanti del suo discorso, ha insistito sulla necessità di una trasformazione radicale del processo decisionale e della governance. A suo avviso, l’Europa deve operare con un livello di coordinamento senza precedenti: “È sempre più chiaro che dobbiamo agire come se fossimo un unico Stato”;

Questo obiettivo implica una decisione storica  l’Europa deve superare i suoi blocchi istituzionali e rinunciare allo status quo. Draghi è molto esplicito  ” Non possiamo dire no a tutto : se rifiutiamo il debito comune, il mercato unico, l’unione dei mercati dei capitali, dobbiamo ammettere che non siamo in grado di difendere i valori fondamentali dell’Unione Europea. “

In un momento preoccupante, in cui una forma di passività sembra aver attanagliato alcune élite politiche del continente, questo appello all’azione si basa su una constatazione: ” la forza delle democrazie europee “;

Draghi non si accontenta di dipingere un quadro allarmistico: ” dobbiamo essere ottimisti “.

È un piacere tornare qui al Parlamento europeo per discutere il seguito della relazione sulla competitività dell’Europa.

Il contributo dei rappresentanti eletti è stato essenziale nel processo di preparazione della relazione e molti membri del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali mi hanno contattato dopo la sua pubblicazione.

Il vostro feedback è stato prezioso per affinare le proposte e creare le condizioni per un’opportunità di cambiamento.

Il vostro impegno sottolinea la forza delle democrazie europee e la necessità che tutti gli attori lavorino insieme per trasformare l’Europa.

Dalla pubblicazione del rapporto, i cambiamenti avvenuti sono ampiamente in linea con le tendenze in esso descritte. Tuttavia, il senso di urgenza di intraprendere il cambiamento radicale auspicato dal rapporto è diventato ancora più forte.

Innanzitutto, l’IA è progredita a passi da gigante.

I modelli più avanzati hanno raggiunto un’accuratezza di quasi il 90% nei test di riferimento del ragionamento scientifico, superando i punteggi degli esperti umani. Alcuni modelli sono diventati anche molto più efficienti, con costi di addestramento divisi per dieci e costi di inferenza divisi per più di venti.

Per il momento, la maggior parte dei progressi è stata fatta al di fuori del nostro continente. Otto dei dieci modelli linguistici più grandi di oggi sono stati sviluppati negli Stati Uniti, mentre gli altri due provengono dalla Cina.

Ogni giorno che passa, la frontiera tecnologica si allontana sempre di più da noi, ma il calo dei costi ci offre anche l’opportunità di recuperare più rapidamente.

In secondo luogo, i prezzi del gas naturale rimangono altamente volatili, essendo aumentati di circa il 40% da settembre. I margini sulle importazioni di GNL dagli Stati Uniti sono aumentati notevolmente rispetto allo scorso anno.

Anche i prezzi dell’elettricità sono aumentati in tutti i Paesi e sono ancora due o tre volte superiori a quelli degli Stati Uniti. E abbiamo visto il tipo di tensioni interne che possono derivare dall’incapacità di agire rapidamente per affrontare le sfide poste dalla transizione energetica.

Ad esempio, durante la Dunkelflaute dello scorso dicembre, quando la produzione di energia solare ed eolica è scesa quasi a zero, i prezzi dell’elettricità in Germania sono aumentati di oltre dieci volte il prezzo medio annuale.

Periodo di ” siccità energetica ” o grigiore anticiclonico caratterizzato dall’assenza di sole e vento, che paralizza la produzione di energia rinnovabile.

Questo, a sua volta, ha portato a significativi aumenti dei prezzi in Scandinavia – con i Paesi che devono esportare energia per compensare il deficit – inducendo alcuni di essi a considerare la possibilità di rimandare i progetti di interconnessione.

Allo stesso tempo, le crescenti minacce alle infrastrutture critiche sottomarine sottolineano l’imperativo di sicurezza di sviluppare e proteggere le nostre reti.

In terzo luogo, quando è stato redatto il rapporto, il tema geopolitico principale era l’ascesa della Cina. Oggi l’UE dovrà affrontare nei prossimi mesi le tariffe imposte dalla nuova amministrazione statunitense, ostacolando l’accesso al nostro principale mercato di esportazione.

Inoltre, l’aumento dei dazi doganali statunitensi sui prodotti cinesi riorienterà la sovraccapacità cinese verso l’Europa, colpendo ancora più duramente le nostre imprese. Le principali aziende dell’UE sono molto più preoccupate di questo effetto che della perdita di accesso al mercato statunitense.

Potremmo anche trovarci di fronte a politiche che incoraggino le aziende europee a produrre di più negli Stati Uniti, basate su tasse più basse, energia più economica e deregolamentazione. L’aumento della capacità industriale negli Stati Uniti è una parte fondamentale del piano del governo per garantire che le tariffe non siano inflazionistiche.

Infine, se le recenti dichiarazioni sono indicative, possiamo aspettarci di essere in gran parte da soli a garantire la sicurezza in Ucraina e nella stessa Europa.

Per affrontare queste sfide, è sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre più come se fossimo un unico Stato. La complessità della risposta politica che coinvolge la ricerca, l’industria, il commercio e la finanza richiederà un grado di coordinamento senza precedenti tra tutti gli attori: governi e parlamenti nazionali, Commissione e Parlamento europeo.

La risposta deve essere rapida. Poiché il tempo non è dalla nostra parte, l’economia europea ristagna mentre la maggior parte dei Paesi del mondo cresce. La risposta deve essere all’altezza delle sfide. E deve concentrarsi con precisione sui settori che stimoleranno la crescita.

Velocità, scala e intensità saranno essenziali.

Dobbiamo creare le condizioni che consentano alle imprese innovative di crescere in Europa, anziché trovarsi di fronte alla scelta impossibile di rimanere piccole o di trasferirsi negli Stati Uniti. Ciò significa eliminare le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e promuovere un mercato dei capitali più equo.

Eppure, da questo punto di vista, siamo spesso i nostri peggiori nemici.

Abbiamo un mercato interno di dimensioni simili a quello degli Stati Uniti. Abbiamo il potenziale per agire su larga scala. Eppure, secondo le stime del FMI, le nostre barriere interne equivalgono a una tariffa di circa il 45% per il settore manifatturiero e del 110% per i servizi.

E abbiamo scelto un approccio normativo che ha favorito la precauzione a scapito dell’innovazione, in particolare nel settore digitale. Ad esempio, si stima che il RGPD abbia aumentato del 20% il costo dei dati per le imprese dell’UE.

In Europa abbiamo anche molti risparmi che potremmo utilizzare per finanziare l’innovazione. Ma, a parte alcune eccezioni, i nostri Paesi dipendono principalmente dai prestiti bancari, che in genere non sono adatti a questo compito. Questo ci porta a inviare all’estero più di 300 miliardi di euro di risparmi ogni anno perché qui mancano le opportunità di investimento.

Dobbiamo aiutare le nostre aziende leader a recuperare il ritardo nella corsa all’IA investendo di più nelle infrastrutture IT e nelle reti digitali. L’iniziativa AI Champions recentemente annunciata dall’UE è un ottimo esempio di come il settore pubblico e quello privato possano collaborare per colmare più rapidamente il divario di innovazione.

Se agiamo con determinazione per rendere l’Europa un luogo attraente per l’innovazione, abbiamo un’opportunità unica: invertire la fuga di cervelli che ha spinto i nostri migliori scienziati oltreoceano. Il rapporto individua diversi modi per migliorare la nostra ricerca. Se li attuiamo, la nostra tradizione di libertà accademica e l’assenza di pregiudizi culturali nei finanziamenti pubblici potrebbero diventare i nostri vantaggi comparativi.

Dobbiamo anche ridurre i prezzi dell’energia.

Questo è diventato un imperativo non solo per le industrie tradizionali, ma anche per le tecnologie all’avanguardia. Si stima che il consumo energetico dei data center in Europa sarà più che triplicato entro la fine del decennio.

Ma è anche sempre più chiaro che la decarbonizzazione stessa può essere sostenibile solo nella misura in cui i benefici che porta sono percepibili.

Oltre al fatto che l’UE non è un grande produttore di gas naturale, il rapporto individua una serie di ragioni per l’elevato livello dei prezzi dell’energia in Europa: il limitato coordinamento dell’approvvigionamento di gas naturale, il funzionamento del mercato dell’energia, i ritardi nella creazione di capacità rinnovabili, le reti poco sviluppate, l’elevata tassazione e i margini finanziari.

Questi e altri fattori sono tutti sotto il nostro controllo. Possono quindi essere corretti se abbiamo la volontà di farlo.

Il rapporto propone una serie di misure: la riforma del mercato dell’energia, una maggiore trasparenza nel commercio dell’energia, un maggiore ricorso a contratti a lungo termine per l’elettricità e l’acquisto di gas naturale, nonché massicci investimenti nelle reti e nelle interconnessioni.

Il rapporto chiede non solo di accelerare la diffusione delle energie rinnovabili, ma anche di investire nella produzione di energia pulita del carico di base e in soluzioni di flessibilità che possano essere utilizzate quando le energie rinnovabili non producono elettricità.

Allo stesso tempo, dobbiamo garantire condizioni di parità per il nostro settore innovativo delle tecnologie pulite, in modo che possa trarre vantaggio dalle opportunità della transizione. La decarbonizzazione non deve significare la perdita di posti di lavoro verdi, poiché le aziende dei Paesi con un maggiore sostegno statale possono conquistare quote di mercato.

Infine, il rapporto affronta una serie di vulnerabilità dell’economia europea, tra cui il nostro sistema di difesa, dove la frammentazione delle capacità industriali lungo linee nazionali ci impedisce di ottenere il necessario effetto di scala.

Anche se siamo collettivamente il terzo consumatore mondiale, non saremmo in grado di soddisfare un aumento della spesa per la difesa attraverso la nostra capacità produttiva. I nostri sistemi di difesa nazionali non sono né interoperabili né standardizzati in alcune parti chiave della catena di fornitura.

Questo è uno dei tanti esempi in cui l’Unione è inferiore alla somma delle sue parti.

Oltre a modernizzare l’economia europea, dobbiamo sostenere la transizione delle nostre industrie tradizionali.

Queste industrie rimangono importanti per l’Europa. Dal 2012, i dieci settori la cui produttività è aumentata più rapidamente appartengono quasi tutti alla cosiddetta mid-tech, come l’automotive e i macchinari.

Il nostro settore manifatturiero impiega inoltre circa 30 milioni di persone, contro i 13 milioni degli Stati Uniti. In un mondo in cui gli equilibri geopolitici si spostano continuamente e il protezionismo prende piede, è diventato strategico mantenere industrie come quella siderurgica e chimica, che forniscono input all’intera economia e sono essenziali per la difesa.

Il sostegno alle industrie tradizionali viene spesso presentato come una scelta binaria: lasciarle andare e permettere alle risorse di spostarsi verso nuovi settori, oppure sacrificare lo sviluppo di nuove tecnologie e infine rassegnarsi a una bassa crescita a lungo termine.

Tuttavia, la scelta non deve essere così radicale. Se attuiamo le riforme necessarie per rendere l’Europa più innovativa, ciò contribuirà a ridurre il peso di molti dei compromessi tra questi obiettivi.

Ad esempio, se sfruttiamo le economie di scala del nostro mercato europeo e integriamo il nostro mercato dell’energia, questo ridurrà i costi di produzione ovunque. Saremo quindi in una posizione migliore per gestire i potenziali vantaggi derivanti, ad esempio, dalla fornitura di energia a basso costo alle industrie ad alta intensità energetica.

Se offriamo un tasso di rendimento più competitivo in Europa e mercati dei capitali più efficienti, i nostri risparmi resteranno naturalmente in patria. Avremo quindi a disposizione più capitale privato per finanziare sia le nuove tecnologie sia le industrie consolidate che mantengono un vantaggio competitivo.

Inoltre, eliminando le nostre barriere interne e aumentando la crescita della produttività, saremo in grado di aumentare il nostro margine di manovra fiscale. Di conseguenza, saremo in grado di finanziare meglio i progetti di interesse pubblico che il settore privato difficilmente si accollerà, come la decarbonizzazione dell’industria pesante.

Ad esempio, il rapporto stima che un aumento della produttività totale dei fattori di appena il 2% nei prossimi dieci anni ridurrebbe di un terzo il costo per i governi del finanziamento degli investimenti necessari.

Allo stesso tempo, la rimozione delle barriere interne aumenterà gli effetti moltiplicatori di questi investimenti.

È stato dimostrato che i moltiplicatori fiscali diminuiscono con l’apertura del commercio, perché parte dello stimolo fiscale è compensato da un aumento delle importazioni. L’economia europea è molto aperta al commercio – più del doppio di quella degli Stati Uniti – il che è sintomatico delle nostre elevate barriere interne.

Con l’espansione del nostro mercato interno de facto limitata, le aziende dell’UE hanno cercato opportunità di crescita all’estero, mentre le importazioni sono diventate relativamente più attraenti grazie alla riduzione delle tariffe.

Ma se riuscissimo ad abbassare queste barriere interne, assisteremmo a un importante ritorno della domanda sul nostro mercato. L’apertura degli scambi diminuirebbe naturalmente e la politica fiscale diventerebbe proporzionalmente più potente.

La Commissione ha recentemente lanciato la sua “Bussola della competitività”, che è in linea con questo programma. Gli obiettivi della Bussola sono pienamente in linea con le raccomandazioni del rapporto e segnalano il necessario riorientamento delle principali politiche europee.

Ora è importante che la Commissione riceva tutto il sostegno necessario, sia per l’attuazione del programma che per il suo finanziamento. Il fabbisogno finanziario è enorme: la cifra di 750-800 miliardi di euro all’anno è una stima prudente.

Per aumentare la nostra capacità di finanziamento, la Commissione propone un’apprezzabile razionalizzazione degli strumenti di finanziamento dell’Unione. Ma non è prevista la creazione di nuovi fondi europei. Il metodo proposto consiste nel combinare gli strumenti dell’UE con un uso più flessibile degli aiuti di Stato, coordinati da un nuovo strumento europeo.

Se da un lato ci auguriamo che questa costruzione fornisca il necessario sostegno finanziario, dall’altro il successo dipenderà dalla capacità degli Stati membri di utilizzare il margine di manovra di bilancio a loro disposizione e di agire all’interno di un quadro europeo.

La Commissione è solo un attore. Può fare molto nelle sue aree di competenza esclusiva, dalla politica commerciale alla politica di concorrenza. Ma non può agire da sola. Il Parlamento europeo, i parlamenti nazionali e i governi nazionali devono essere al suo fianco.

Il Parlamento ha un ruolo chiave nell’accelerare le decisioni dell’Unione. Se seguiamo le procedure legislative abituali, che spesso richiedono fino a 20 mesi, le nostre risposte politiche rischiano di essere obsolete quando vengono prese.

Contiamo anche sul fatto che il Parlamento diventi un vero e proprio protagonista di questo cambiamento: per costruire l’unità politica, per creare uno slancio per il cambiamento, per chiedere conto ai decisori politici se vacillano e per attuare un ambizioso programma d’azione.

Possiamo rilanciare lo spirito di innovazione del nostro continente. Possiamo recuperare la capacità di difendere i nostri interessi. E possiamo ridare speranza ai nostri popoli.

In questo momento di svolta nella storia dell’Europa, i governi e i parlamenti nazionali del nostro continente, così come la Commissione e il Parlamento europeo, sono chiamati a essere i custodi di questa speranza.

Solo insieme possiamo raggiungere questo obiettivo.

Trascrizione dei colloqui con i parlamentari

Se dovessi riformularle, le prime domande dicevano sostanzialmente  sì, il rapporto è giusto e siamo d’accordo con voi, siamo d’accordo con il rapporto, ma veniamo da una storia così lunga di indecisione ed esitazione che facciamo fatica a credere che le cose possano cambiare in futuro, e che possiamo davvero imparare a fare le cose in modo diverso, a prendere decisioni in modo rapido ed efficiente…;

La risposta è semplice: non c’è alternativa, non abbiamo alternative. La relazione usa spesso la parola “esistenziale”. L’Unione è stata creata per garantire ai suoi cittadini pace, indipendenza, sicurezza, sovranità, sostenibilità, prosperità, democrazia, equità e inclusione. Sono tante cose. E fondamentalmente siamo riusciti a garantire tutto questo, a vivere in una situazione abbastanza confortevole in cui la retorica dominava e le sfide più difficili non erano davvero in primo piano. Quel mondo confortevole è alle nostre spalle. Dobbiamo quindi fare il punto della situazione e chiederci se vogliamo difendere questi valori essenziali e la nostra Unione per quello che può davvero fare per noi – o se dobbiamo semplicemente andarcene. Ma dove andare? È qui che il rapporto comincia davvero. L’intera relazione è una guida su come lottare per i nostri valori esistenziali. Alla domanda se io stesso sono un ottimista: non abbiamo altra scelta che essere fiduciosi. Dobbiamo essere ottimisti.

Passerò ora ad alcuni punti più specifici. Uno di questi è stato sollevato da molti di voi: il finanziamento. Ci sono diverse cose da dire su questo argomento. Permettetemi di fare un’osservazione preliminare. La cifra di 750-800 miliardi di euro di investimenti necessari, come ho detto prima, è una stima prudente. Potrebbe infatti essere più alta se consideriamo che gli investimenti per la mitigazione dei cambiamenti climatici e altri importanti obiettivi non sono inclusi in questo calcolo. Ma questa cifra è stimata sulla base della situazione attuale. Ecco perché dobbiamo emettere un debito comune. Questo è ciò che dice la relazione. E questo debito comune deve essere, per definizione, sovranazionale, perché alcuni Paesi non avranno un margine di bilancio sufficiente per perseguire questi obiettivi. Questo vale anche per i Paesi più grandi, mentre altri non hanno alcun margine di manovra di bilancio. Ma bisogna tenere presente che si tratta di una stima della situazione attuale. Il rapporto dice anche che se queste riforme verranno attuate, il fabbisogno di fondi potrebbe essere inferiore. Quali riforme? Il mercato unico è una di queste. Lo è anche una regolamentazione più semplice, lo è anche la politica della concorrenza; lo è anche l’unione dei mercati dei capitali, come ho suggerito. Siamo abituati a discutere dell’unione dei mercati dei capitali dal punto di vista bancario, perché le banche vogliono consolidarsi e pensano di avere difficoltà a farlo nell’attuale situazione di frammentazione dei mercati dei capitali. Ma questo non è il motivo principale per cui dovremmo preoccuparci dell’unione dei mercati dei capitali. Vengono in mente almeno due ragioni. Il primo è il finanziamento dell’innovazione. Il motivo per cui i prestiti bancari non sono adatti a finanziare l’innovazione è che i progetti innovativi hanno generalmente un lungo periodo di gestazione e ritorni molto incerti. È quindi molto difficile finanziare questi progetti con un prestito. Il secondo è quello delle PMI: le PMI di nuova costituzione non hanno soldi per ripagare i loro debiti. Pensate alle più grandi aziende digitali degli Stati Uniti: non pagano dividendi da molti, molti anni. Pensate ad Amazon. Per farlo è necessario disporre di capitale proprio. Alcuni Paesi europei, come la Svezia, stanno facendo proprio questo. La maggior parte dei finanziamenti è fornita dai mercati dei capitali, il 70%, e solo il 30% dai prestiti bancari, anche in altri Paesi europei. Ma quando si va nei grandi Paesi come Germania, Francia, Italia e Spagna, nel centro dell’Europa, si vede il contrario. Il 70 % di prestiti bancari, il 30 % di mercati dei capitali. L’unione dei mercati dei capitali è quindi molto importante per questo motivo: può accompagnare il cambiamento nella composizione dei finanziamenti. Un’altra ragione non ha necessariamente a che fare con le banche. Se si guarda alle famiglie, la loro ricchezza media è cresciuta tre volte più velocemente negli Stati Uniti. E se si guarda al mercato azionario, la situazione per noi è ancora peggiore. In altre parole, siamo più poveri, molto più poveri, ma risparmiamo il doppio degli Stati Uniti. Quindi risparmiamo molto di più e siamo più poveri. Ecco perché dobbiamo creare una situazione in cui le persone possano risparmiare e ottenere un tasso di rendimento più elevato. I nostri risparmi vanno negli Stati Uniti perché lì il tasso di rendimento è più alto. Che altro possiamo fare se non cercare di aumentare il tasso di rendimento in questo continente? Si capisce quindi che finanziamento e riforma sono intimamente legati. È quello che ho detto qualche tempo fa, intervenendo a una riunione dell’Ecofin, prima che la relazione fosse completata;

Dite no al debito pubblico. Dite no al mercato unico. State dicendo no alla creazione di un’unione dei mercati dei capitali. Non si può dire no a tutto. Altrimenti bisogna anche ammettere, per coerenza, che non si è in grado di rispettare i valori fondamentali per cui è stata creata questa Unione. Quindi, quando mi chiedete cosa sia meglio, cosa si debba fare ora, vi rispondo: non ne ho idea, ma fate qualcosa.

Un’altra cosa sulla paura di creare debito pubblico. Lasciate che vi ricordi un’altra cosa. Se si considerano gli ultimi 15 o 20 anni, il governo statunitense ha immesso nell’economia oltre 14 trilioni di dollari, mentre noi abbiamo fatto sette volte meno. Questo deve aver fatto la differenza. E dimostra anche che si può desiderare un ulteriore sviluppo. E per svilupparsi ulteriormente, a volte è necessario il denaro pubblico, ma è anche necessario creare le condizioni affinché il denaro privato sia produttivo. Questa è l’essenza del rapporto.

Passiamo al clima. Il messaggio della relazione sul clima è che dobbiamo accelerare la decarbonizzazione. Perché? Perché, in fin dei conti, è l’unica cosa che garantirà l’indipendenza e la sovranità del nostro continente in materia di approvvigionamento energetico. Abbiamo imparato a nostre spese cosa significa dipendere da qualcun altro e, soprattutto in un contesto in cui le relazioni geopolitiche cambiano rapidamente e in modo incerto, dobbiamo evitare di creare dipendenze molto forti da un partner che domani potrebbe cambiare e diventare nostro nemico. Questo è uno dei motivi strategici per cui dobbiamo accelerare la decarbonizzazione. Naturalmente, la ragione della lotta al cambiamento climatico è globale. Ma per raggiungere questo obiettivo – accelerare la decarbonizzazione è una delle parole chiave del rapporto – dovremo allineare strumenti e obiettivi. Non possiamo allo stesso tempo imporre lo stop all’uso dei motori a combustione interna – e in un certo senso dire all’intero settore produttivo che deve interrompere un’importante catena produttiva – e allo stesso tempo imporre con la stessa forza l’installazione di stazioni di ricarica senza creare le interconnessioni per farlo. Le cose devono essere allineate. Questo è l’altro imperativo climatico: l’allineamento.

Alcuni di voi hanno sollevato la questione degli aspetti sociali del rapporto. Fin dall’inizio, il rapporto ha prestato molta attenzione alla dimensione sociale. È difficile da capire ora, a distanza di un anno dal rapporto, ma all’epoca eravamo tutti in preda a un vecchio modello di pensiero, che sostanzialmente diceva che se volevamo investire di più, dovevamo tagliare la spesa sociale. Il resto del mondo ama dire che gli europei sono iperprotetti da un sistema di protezione sociale molto costoso. Questo non è vero. Quando abbiamo analizzato i fatti, abbiamo scoperto che in realtà, per avere una maggiore crescita della produttività e un’economia in espansione, non è necessario distruggere il modello di protezione sociale; ancora una volta, la Svezia ne è un buon esempio. Questo è quindi il punto di partenza del rapporto: vogliamo crescere ancora e mantenere il nostro modello di protezione sociale, anche perché è essenziale in tempi di profonde transizioni – come il rapporto suggerisce che stiamo per sperimentare – per avere una società coesa. Non è quindi il momento giusto per fare esperimenti. E sarebbe contrario all’equità, che è un altro dei valori della nostra Unione.

La relazione presta anche molta attenzione alle competenze, all’acquisizione di competenze e al processo di apprendimento permanente, perché questi aspetti stanno per cambiare. La composizione sta cambiando e anche questo è un aspetto molto importante della relazione.

Molti di voi hanno sollevato la questione dell’attuazione. L’attuazione è essenziale, naturalmente, soprattutto dopo una lunga storia di esitazione e indecisione, forse segnata dalla mancanza di speranza. Ci si è subito chiesti: lo attueremo davvero? Su questo punto, la relazione è chiara: per attuarla, dobbiamo cambiare il nostro modello decisionale. Per farlo, dobbiamo innanzitutto chiederci se l’unanimità continuerà a essere il principio guida del processo decisionale nell’Unione. La relazione suggerisce che non dovrebbe essere così, che dovremmo passare al voto a maggioranza qualificata in moltissimi settori. Ma ho la sensazione che, nei prossimi mesi, i Paesi si riuniranno proprio su questo punto: chi continuerà a difendere l’unanimità e chi è disposto a scendere a compromessi e a passare al voto a maggioranza qualificata. Ma la relazione continua dicendo che ci sono altri strumenti a nostra disposizione. Uno di questi è il modello di cooperazione rafforzata, che è presente nei nostri trattati e sul quale non siamo stati molto creativi. Il terzo punto è il modello intergovernativo, in cui due, tre o quattro governi si accordano su determinati obiettivi e decidono di procedere insieme, pur rimanendo aperti all’adesione di altri Paesi. È ovviamente preferibile avanzare tutti insieme, ma avanzare insieme, soprattutto in settori come la difesa o la politica estera, richiede una valutazione comune dei rischi, dei compromessi o, soprattutto, di chi sia il nemico.

Per quanto riguarda la regolamentazione, esistono due serie di misure. Una è a livello europeo, e ho la sensazione che la Commissione sia pronta a rivedere i regolamenti elaborati negli ultimi anni e a decidere che alcuni di essi sono piuttosto ridondanti, inutili o addirittura dannosi. La seconda serie di misure consiste nell’introdurre nuove norme – il Presidente ha deciso di creare un nuovo Vicepresidente il cui compito sarà quello di esaminare la normativa e decidere cosa è veramente utile e cosa no, individuando i casi in cui potrebbero essere utili nuove regole. Ma i costi per le imprese e i singoli cittadini per l’attuazione di questo regolamento saranno superiori ai benefici. Un’altra parte della regolamentazione avviene a livello nazionale. Ed è importante. È quello che ho detto oggi: dobbiamo uniformare le nostre regole, o almeno, se vogliamo continuare a regolamentare, garantire che non si creino situazioni in cui le regole sono di fatto diverse da un Paese all’altro. In altre parole: armonizzare e semplificare le norme a livello nazionale.

[…]

Tre brevi commenti sugli interventi che hanno seguito la mia precedente dichiarazione.

Il primo riguarda il clima. Alcuni di voi hanno detto  ma non è un male per la crescita ? Il rapporto affronta una domanda chiave: la decarbonizzazione fa male alla crescita? La nostra risposta è no, non deve essere necessariamente negativa per la crescita. Può essere positivo per la crescita perché, nel complesso, abbasserà il prezzo dell’energia. Tuttavia, se gli strumenti non sono allineati, il processo di decarbonizzazione si blocca, bloccando allo stesso tempo la crescita. Ecco perché continuo a dire che dobbiamo abbassare i prezzi dell’energia, perché l’energia è un ingrediente essenziale della crescita. Più in generale, suggerisco di abbandonare l’ideologia e di adottare un approccio neutrale rispetto al carbonio, attenendoci ai fatti: ridurre le emissioni e raggiungere l’indipendenza energetica. Questo è il modo principale per far sì che l’Europa diventi veramente sovrana in materia di energia.

Il secondo punto riguarda alcune osservazioni sul processo decisionale. Non sto necessariamente suggerendo una centralizzazione: sto suggerendo che dovremmo essere in grado di fare le cose insieme come se fossimo un unico Stato. Se questo richieda o meno la centralizzazione dipende essenzialmente dalla legittimità democratica di ciò che vogliamo fare. Possiamo fare le cose insieme. Perché dobbiamo fare le cose insieme? Qualcuno ha detto: dopo tutto, questo Paese – il nostro Paese, il mio Paese – ha fatto molto bene fino ad ora. Ebbene, non ci siamo più. Ci troviamo quindi in una situazione diversa, in cui la portata dei problemi supera di gran lunga le dimensioni dei nostri Paesi. Che si tratti di difesa, clima, innovazione o anche ricerca, c’è molto da fare. Qualcuno ha detto, molto bene, che dovremmo ispirare i nostri giovani ricercatori. La relazione ne parla a lungo e propone delle soluzioni. Ma non può essere solo un problema di innovazione. Oggi i problemi si sono aggravati e la concorrenza è molto più forte di noi.

La relazione è stata pubblicata all’inizio di settembre e l’ultima volta che mi sono rivolto al Parlamento europeo l’ho sostanzialmente illustrata. Ora, cinque mesi dopo, cosa stiamo facendo? Abbiamo discusso, ma cosa abbiamo imparato? Che il contenuto del rapporto è ancora più urgente di quanto non fosse cinque mesi fa. Questo è tutto. Spero che la prossima volta, se mi inviterete, potremo discutere di ciò che è stato fatto, di ciò che è stato fatto in modo efficace. Non nego che la situazione sia molto difficile in questo momento; ognuno di noi ha i suoi valori e ha delle differenze di opinione. Ma non è questo il momento di concentrarsi su queste differenze. È il momento di sottolineare che dobbiamo lavorare insieme, concentrandoci su ciò che ci unisce. E ciò che, a mio avviso, ci unisce sono i valori fondanti dell’Unione. E dobbiamo sperare e lavorare per essi. Grazie per il vostro sostegno.

  • Sostieni il nostro lavoro!

    Il sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000€/anno), ecco come contribuire:

    ✔ Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704
    ✔ IBAN: IT30D3608105138261529861559
    ✔ PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo
    ✔ Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

    Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione)

Per l’Europa è tempo di fare l’impensabile, Di Kishore Mahbubani

Bruxelles ha seguito servilmente Washington per troppo tempo e ha dimenticato come promuovere i propri interessi geopolitici.

Di , illustre ricercatore presso l’Asia Research Institute dell’Università Nazionale di Singapore.
People stand in front of NATO headquarters in Brussels.
Persone in piedi davanti alla sede della NATO a Bruxelles.
Persone in piedi davanti alla sede della NATO a Bruxelles, il 12 febbraio. John Thys/AFP via Getty Images

Il mio FP: Al momento non sei registrato. Per iniziare a ricevere i digest di My FP basati sui tuoi interessi clicca qui.

A mali estremi, estremi rimedi. E come mi hanno insegnato i miei guru della geopolitica, bisogna sempre pensare all’impensabile, come deve fare ora l’Europa.

È troppo presto per dire chi saranno i veri vincitori e i perdenti della seconda amministrazione Trump. Le cose potrebbero cambiare. Tuttavia, non c’è dubbio che la posizione geopolitica dell’Europa sia notevolmente diminuita. La decisione del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump di non consultare o avvertire i leader europei prima di parlare con il Presidente russo Vladimir Putin dimostra quanto l’Europa sia diventata irrilevante, anche quando sono in gioco i suoi interessi geopolitici. L’unico modo per ripristinare la posizione geopolitica dell’Europa è considerare tre opzioni impensabili.

FP Insider in diretta:

Alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, i leader globali discutono i maggiori problemi di difesa e sicurezza nazionale del mondo. Guarda una chiamata speciale di Insider Access su Monaco e sulle prime settimane della presidenza Trump.

In primo luogo, l’Europa dovrebbe annunciare la sua volontà di uscire dalla NATO. Un’Europa costretta a spendere il 5% per la difesa è un’Europa che non ha bisogno degli Stati Uniti. Il 5% del PIL combinato dell’UE e del Regno Unito nel 2024 ammonta a 1.100 miliardi di dollari, paragonabile alla spesa per la difesa degli Stati Uniti di 824 miliardi di dollari nel 2024 (nel 2024, l’UE e il Regno Unito insieme hanno speso circa 410 miliardi di dollari per la difesa). Alla fine, non è necessario che l’Europa abbandoni. Ma solo una minaccia credibile di andarsene potrebbe svegliare Trump (e il vicepresidente J.D. Vance e il segretario alla Difesa Pete Hegseth) e costringerlo a trattare l’Europa con rispetto. Al contrario, l’insistenza degli europei a rimanere nella NATO dopo le azioni provocatorie di Trump dà l’impressione al mondo che stiano leccando gli stivali che li stanno prendendo a calci in faccia.

Ciò che sconvolge molti nel mondo è che gli europei non hanno previsto il pantano in cui si trovano. Una delle prime regole della geopolitica è che bisogna sempre pianificare gli scenari peggiori. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, tutti i pensieri strategici europei si sono basati sullo scenario migliore, ovvero che gli Stati Uniti fossero un alleato assolutamente affidabile, nonostante avessero vissuto il primo mandato di Trump e le sue minacce di uscire dalla più grande alleanza militare del mondo. Per un continente che ha prodotto menti strategiche come Metternich, Talleyrand e Kissinger, il pensiero strategico sull’Ucraina e sulle sue conseguenze a lungo termine è stato quasi infantile.

Se Metternich o Talleyrand (o Charles de Gaulle) fossero vivi oggi, raccomanderebbero l’impensabile opzione 2: elaborare un nuovo grande accordo strategico con la Russia, in cui ciascuna parte accolga gli interessi fondamentali dell’altra. Molte influenti menti strategiche europee si opporrebbero a questi suggerimenti, perché sono convinte che la Russia rappresenti una reale minaccia alla sicurezza dei Paesi dell’UE. Ma davvero? Qual è il principale rivale strategico della Russia, l’UE o la Cina? Con chi ha il confine più lungo? E con chi il suo potere relativo è cambiato così tanto? I russi sono realisti geopolitici di prim’ordine. Sanno che né le truppe di Napoleone né i carri armati di Hitler avanzeranno di nuovo verso Mosca. Gli europei non vedono l’ovvia contraddizione tra l’esultare per l’incapacità della Russia di sconfiggere l’Ucraina (un Paese di 38 milioni di persone e un PIL di circa 189 miliardi di dollari nel 2024) e poi dichiarare che la Russia è la vera minaccia per l’Europa (che ha 744 milioni di persone e un PIL di 27 mila miliardi di dollari nel 2024). I russi sarebbero probabilmente felici di trovare un compromesso equo con l’UE, rispettando gli attuali confini tra Russia e UE e un compromesso realistico sull’Ucraina che non minacci gli interessi fondamentali di nessuna delle due parti.

Nel lungo periodo, dopo che si sarà ristabilita una certa fiducia strategica tra la Russia e una nuova Europa strategicamente autonoma, l’Ucraina potrebbe gradualmente fungere da ponte tra l’UE e la Russia piuttosto che da pomo della discordia. Bruxelles dovrebbe ritenersi fortunata che, in termini relativi, la Russia sia una potenza in declino e non in ascesa. Se l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico, un’organizzazione regionale relativamente più debole, è in grado di instaurare un rapporto di fiducia a lungo termine con una potenza in ascesa come la Cina, sicuramente l’UE può fare meglio con la Russia.

E questo porta all’impensabile opzione 3: elaborare un nuovo patto strategico con la Cina. Sempre nell’ambito dell’ABC della politica estera, c’è un motivo importante per cui geopolitica è una combinazione di due parole: geografia e politica. La geografia degli Stati Uniti, che si affacciano sulla Cina dall’altra parte dell’Oceano Pacifico, combinata con la volontà di primato di Washington, spiega il rapporto ostile tra Stati Uniti e Cina. Quali pressioni geopolitiche hanno causato la flessione delle relazioni UE-Cina? Gli europei hanno creduto stupidamente che una fedeltà servile alle priorità geopolitiche americane avrebbe portato a ricchi dividendi geopolitici per loro. Invece, sono stati presi a calci in faccia.

L’aspetto notevole è che la Cina può aiutare l’UE ad affrontare il suo vero incubo geopolitico a lungo termine: l’esplosione demografica in Africa. Nel 1950, la popolazione europea era il doppio di quella africana. Oggi la popolazione africana è doppia rispetto a quella europea. Entro il 2100 sarà 6 volte più grande. Se l’Africa non svilupperà le proprie economie, ci sarà un’ondata di migranti africani in Europa. Se gli europei credono che l’Europa non produrrà mai leader come Trump, è chiaro che si stanno illudendo. Elon Musk non è l’unico miliardario che sostiene i partiti di estrema destra in Europa.

Per preservare un’Europa gestita da partiti centristi, gli europei dovrebbero accogliere con favore qualsiasi investimento estero in Africa che crei posti di lavoro e mantenga gli africani in patria. Invece, gli europei si danno la zappa sui piedi criticando e opponendosi agli investimenti cinesi in Africa. Solo questo atto dimostra quanto sia diventato ingenuo il pensiero strategico europeo a lungo termine. Bruxelles sta sacrificando i propri interessi strategici per servire quelli americani, nella speranza che la sudditanza geopolitica porti a delle ricompense.

Chiaramente, non è così. Duemila anni di geopolitica ci hanno insegnato una lezione semplice e ovvia: Tutte le grandi potenze mettono al primo posto i propri interessi e, se necessario, sacrificano gli interessi dei propri alleati. Trump si sta comportando come un attore geopolitico razionale, mettendo al primo posto quelli che ritiene essere gli interessi del suo Paese. L’Europa non dovrebbe limitarsi a criticare Trump, ma dovrebbe emularlo. Dovrebbe realizzare l’opzione attualmente impensabile: Dichiarare che d’ora in poi sarà un attore strategicamente autonomo sulla scena mondiale che metterà i propri interessi al primo posto. Trump potrebbe finalmente mostrare un po’ di rispetto per l’Europa se questa lo facesse.

  • Sostieni il nostro lavoro!Il sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000€/anno), ecco come contribuire:

    ✔ Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704
    ✔ IBAN: IT30D3608105138261529861559
    ✔ PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo
    ✔ Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

    Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione)

La lotta contro il Diritto _ Con Buffagni, Klitsche de la Grange, Sinagra, Germinario, Semovigo

Il Diritto. Da principio regolatore della civiltà, il diritto si trasforma in una macchina di potere, chi è dentro e chi è fuori. Un capovolgimento radicale che ricorda la critica di Carl Schmitt alla neutralità liberale: il diritto non è più neutrale, ma espressione della volontà del più forte.

Dike, CPI e la crisi della sovranità
Il diritto penale internazionale diventa un’arma geopolitica che rimane intoccabile. È il modello della guerra giuridica (lawfare)

Hegel, Stato e diritto: il tradimento delle istituzioni
Hegel vedeva lo Stato come l’incarnazione dello Spirito, il luogo in cui il diritto trova la sua realizzazione. Ma cosa accade quando lo Stato abdica al proprio ruolo e diventa un mero esecutore di decisioni prese altrove ?

L’UE come spazio di controllo giuridico
L’Unione Europea ha creato un sistema di diritto che vincola gli Stati membri e impone un modello giuridico o è un apparato burocratico autoreferenziale ?

Dike e il tradimento della giustizia – Dalla Grecia classica a oggi, il diritto è sempre stato fondamento della civiltà. Ma cosa accade quando diventa un’arma di guerra?

Lawfare: il nuovo volto del totalitarismo – Dalla CPI ai tribunali europei, il diritto penale internazionale portatore di neutralità ?

L’Unione Europea e il soft power giuridico – Trattati, corti e regolamenti indipendenti ?

Ospiti e relatori

⚖️Teodoro Klitsche de la Grange – autore di : La Lotta contro il Diritto
Roberto Buffagni – saggista e analista politico
⚖️ Augusto Sinagra – giurista e magistrato
Giuseppe Germinario – Analista Geopolitico e direttore di Italia e il Mondo
Cesare Semovigo – regista e documentarista

  • Sostieni il nostro lavoro!Il sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000€/anno), ecco come contribuire:

    ✔ Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704
    ✔ IBAN: IT30D3608105138261529861559
    ✔ PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo
    ✔ Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

    Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione)

Rapporti sul congelamento dei fondi per l’Ucraina: un destino funesto per l’allineamento tra Trump e la Russia, di Simplicius

Rapporti sul congelamento dei fondi per l’Ucraina: un destino funesto per l’allineamento tra Trump e la Russia

  • Sostieni il nostro lavoro!Il sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000€/anno), ecco come contribuire:

    ✔ Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704
    ✔ IBAN: IT30D3608105138261529861559
    ✔ PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo
    ✔ Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

    Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione)

Continua la settimana difficile per l’Ucraina, che continua a scivolare in un abisso senza speranza. Una serie di nuovi rapporti indicano un approccio così massimalista da parte di Trump, che è difficile non sensazionalizzare le cose con un entusiasmo prematuro.

Per molto tempo ci siamo chiesti quali fossero le vere intenzioni di Trump e della sua squadra nei confronti della guerra, e se forse il segmento dei falchi della guerra neocon avrebbe di nuovo fatto marcia indietro, guidando Trump nella stessa vecchia spirale di escalation contro la Russia. Finora, però, abbiamo assistito al dispiegarsi davanti a noi del percorso più ottimistico che si potesse immaginare.

Non solo tutte le nomine più critiche contro lo Stato profondo, come Tulsi Gabbard e ora Kash Patel, sono state confermate con successo – il che di per sé eliminerà la componente di “cattiva informazione” della classica morsa dei globalisti sul ramo esecutivo – ma tutti i segnali indicano che Trump punta non a una soluzione “a metà” della guerra, ma a una soluzione veramente decisiva, per annientare una volta per tutte il partito della guerra dello Stato profondo. E per loro è niente di meno che il peggior incubo immaginabile, come evoca l’ultimo numero dell’Economist, di proprietà della Rothschild:

Vediamo le ultime trasmissioni che indicano con tanta enfasi un’accelerazione degli eventi verso l’asse massimalista.

In primo luogo ci sono le notizie provenienti dall’Ucraina stessa, secondo cui la squadra di Trump ha effettivamente congelato i finanziamenti. Il capo del Comitato per la Difesa della Rada ucraina, Roman Kostenko, ha dato per primo la notizia:

❗️Gli Stati Uniti hanno smesso di vendere armi all’Ucraina, – il capo del Comitato per la Difesa della Rada Roman Kostenko.

Gli Stati Uniti hanno smesso di vendere armi all’Ucraina, ha dichiarato il capo della Commissione Difesa della Verkhovna Rada, Roman Kostenko.

“Secondo le mie informazioni, le armi che erano in vendita – le consegne si sono fermate. Le aziende che avrebbero dovuto trasferire queste armi ora stanno aspettando, perché non c’è alcuna decisione”, ha detto il deputato.

“E tutti aspettano di vedere se ci sarà una decisione di fornire armi qui almeno in cambio di denaro”, ha aggiunto Kostenko.

Dopo di che il collega Goncharenko, deputato della Rada, è apparso “confermare” la notizia da fonti americane da lui stesso dichiarate:

Ma secondo il Kiev Post, la deputata ucraina Oleksandra Ustinova ha contestato queste affermazioni, anche se si può vedere Goncharenko respingere la sua stessa contro-dichiarazione sopra:

Al CPAC Mike Johnson ha nuovamente dichiarato che “non c’è appetito” per nessun nuovo disegno di legge di finanziamento per l’Ucraina:

Quest’ultimo fatto ha portato a speculazioni sul fatto che l’Ucraina collasserà entro sei mesi se non verranno ripristinati gli aiuti. Le Monde ha scatenato una tempesta di fuoco con questo articolo:

Da quanto sopra:

Ma senza gli aiuti militari americani, “dureremo sei mesi”, ha spiegato il tenente generale Ihor Romanenko, ex primo vice dello Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine, ad Al-Jazeera il 17 febbraio, durante la Conferenza di Monaco.

Le attuali forniture statunitensi, se utilizzate con parsimonia, non possono durare oltre “la metà dell’estate” o “l’autunno”, ha aggiunto Nikolai Mitrokhin, ricercatore dell’Università di Brema (Germania), anch’egli citato dal canale qatariota.

Come si può vedere da quanto sopra, praticamente tutti i personaggi di rilievo convergono sulla tempistica dei “sei mesi”, che include Budanov nel suo precedente “discorso segreto” trapelato. Certo, questo non significa che l’AFU crollerà necessariamente in sei mesi: significa che i rifornimenti potrebbero esaurirsi, e a quel punto l’AFU potrebbe teoricamente ancora resistere a costo di perdite ancora più elevate, almeno per un certo periodo di tempo.

Alcuni di questi aspetti sono già stati notati: per esempio, negli attacchi dei droni Geran di ieri su Kiev, i commentatori hanno osservato una netta mancanza di difesa aerea, dato che i droni, che si muovevano lentamente, sono stati in grado di fluttuare tranquillamente verso i loro obiettivi senza essere disturbati. Ricordiamo che proprio nel precedente rapporto avevo postato un video di Zelensky che spiegava come l’Ucraina sia in condizioni critiche soprattutto per quanto riguarda gli intercettori Patriot. Ora la Reuters riporta addirittura che gli Stati Uniti hanno minacciato di tagliare del tutto il servizio Starlink dell’Ucraina, dopo che Musk ha lanciato una dura offensiva contro Zelensky su X.

Ricordiamo che le ostilità sul fronte sono state di intensità piuttosto bassa per un po’ di tempo a causa del tempo, ma una volta che questo inizierà a schiarirsi e la Russia aumenterà la pressione, l’Ucraina potrà fare ben poco se non ripiegare senza grandi aiuti.

E sta cominciando a sembrare proprio quello che Trump intende fare.

In primo luogo, l’indiscrezione bomba dell’europarlamentare finlandese Mika Aaltola, secondo cui gli Stati Uniti avrebbero segretamente dato all’Europa un ultimatum di tre settimane per “concordare la resa dell’Ucraina” o affrontare il ritiro totale degli Stati Uniti dall’Europa:

Va notato che, come è consuetudine degli istrionici euro-tecnocrati, egli è presumibilmente iperbolico nel definirla “la resa dell’Ucraina”. Piuttosto che Trump voglia effettivamente firmare una capitolazione, l’eurodeputato finlandese si riferisce probabilmente alle richieste degli Stati Uniti in merito a un accordo di pace – come quello sui minerali – che gli europei percepiscono semplicemente come equivalente alla resa, nonostante sia in realtà ben lontano dalla capitolazione che potrebbe verificarsi se non venisse firmato un accordo di pace.

La prossima notizia bomba afferma che una fonte vicina a Trump ha lasciato intendere che Zelensky deve lasciare immediatamente l’Ucraina per la Francia:

Una seconda fonte vicina a Trump concorda con la valutazione e suggerisce che “il caso migliore per [Zelensky] e per il mondo è che se ne vada in Francia immediatamente”.

Un analista russo commenta quanto sopra:

Le voci sul trasferimento di Zelensky in Francia non sono iniziate senza motivo. Questo è un indizio: Volodya, lo sappiamo tutti.

Ovviamente, il denaro della famiglia Zelensky è nascosto lì.

Nel 2023, Elena Zelenskaya ha aperto conti speciali di tesoreria in tre banche della holding Rothschild, nascosti ai controlli fiscali e antiriciclaggio.

Per ordine del capo di gabinetto di Macron, il movimento dei fondi in questi conti è nascosto alle ispezioni e alla supervisione, ed è anche inaccessibile al controllo a distanza da parte dei regolatori di Bruxelles.

È qui che possono essere nascosti i profitti delle transazioni in criptovaluta, dell’acquisto e della vendita di armi e di altri contanti.

Questo per non lasciare tracce nella giurisdizione statunitense.

Quelle stesse consegne di armi messicane e africane di cui ha parlato Tucker Carlson, così come la rivendita di UAV d’attacco alla Siria per la nuova leadership, che, su ordine segreto di Biden, sono stati prodotti per l’assemblaggio di cacciaviti per gli ucraini.

Durante il periodo di un’importante verifica, gli Stati Uniti stabiliranno facilmente tutte le transazioni su questi conti, soprattutto considerando tutte le criptovalute che sono state utilizzate e che sono sotto il controllo della CIA e del Tesoro americano.

L’offerta di andare in Francia è l’ultimo avvertimento cinese.

A proposito, se siete sospettosi del legame con i Rothschild che suona cospiratorio, non esserlo: è un fatto ben noto che molte figure dell’opposizione ucraina e russa hanno partecipazioni segrete con i Rothschild. Poroshenko è uno di questi:

E tutti ricordiamo il famoso video in cui lo stesso Khodorkovsky ammette di aver posto la sua società Yukos sotto la protezione segreta di Jacob Rothschild:

Collegati dalla loro affiliazione tribale, Khodorkovsky, Poroshenko, Zelensky e Rothschild erano destinati a raggruppare i loro soldi in una ristretta cerchia elitaria. A parte ciò, è interessante notare che gli stessi Rothschild hanno ammesso di non avere alcuna attività in Russia e di essere stati effettivamente cacciati dal Paese, in una telefonata trapelata con i famosi imitatori Vovan e Lexus.

Rothschild, che crede di parlare con ‘Zelensky’, afferma: “Dal 2017 siamo molto più coinvolti con il vostro Paese”.

Ma torniamo indietro. Zelensky sta chiaramente iniziando a non essere più il benvenuto, e nemmeno i Rothschild saranno in grado di proteggerlo dalle cose che verranno. Gli USA avrebbero abbandonato una risoluzione del G7 che chiedeva un linguaggio che citasse “l’aggressione russa” contro l’Ucraina, mentre allo stesso tempo si dice che Trump rinuncerà a “perseguire i crimini di guerra” russi:

Ci sono molte altre iniziative che si sono perse nel dimenticatoio, come la richiesta del senatore Josh Hawley di controllare gli aiuti all’Ucraina:

Si è arrivati al punto che persino Arestovich sta ora aumentando le sue buffonate, dichiarando in diverse interviste che, se dovesse diventare presidente dell’Ucraina, ordinerebbe l’arresto immediato e l’ergastolo di Zelensky, Turchinov e degli altri cattivi responsabili di questo pasticcio:

Il fronte di pressione che si è venuto a creare ha fatto sì che molti si chiedessero: per quanto tempo Zelensky potrà sopravvivere in un simile ambiente informativo?

Lo Spiegel, per esempio, esalta il martirio del narcofuhrer dichiarando in modo ridicolo che Zelensky è stato “tradito”:

Forse è una domanda retorica, ma lo Spiegel ha mai parlato di “tradimento” quando Zelensky ha impoverito decine di milioni di cittadini tedeschi con il più grande attacco terroristico alle imprese tedesche nella storia con il Nord Stream? Si presume di no…

Dall’articolo sopra citato:

“Credo che Zelensky non sia ancora psicologicamente pronto per una fine della guerra in cui non è il vincitore”, afferma il politologo Fessenko. Il presidente è davvero cresciuto nella guerra e lo dimostra con la sua barba, il suo abbigliamento paramilitare e i suoi discorsi serali. “Se improvvisamente smettesse di tenere discorsi e tornasse a indossare giacca e cravatta, sarebbe uno shock per gli ucraini”.

Per Selenskyj, essere Churchill significava camminare coraggiosamente attraverso la guerra come in un tunnel, con gli occhi puntati esclusivamente sulla luce in fondo, mobilitando le forze di una società stanca che non vede la luce.

Ora si scopre che il tunnel non ha una vera uscita, che alla sua fine inizia un nuovo tunnel, che si chiamerà pace ma non sarà una vera pace, e nel quale ci aspettano nuove difficoltà e delusioni. Come spiegare alla vostra gente che la luce promessa è stata ingannevole? Quali sono i ruoli storici per questo?

L’Europa ora arranca per trovare un modo per sostenere il regime di Zelensky che sta naufragando. Ma, come ha dichiarato la “fonte” in apertura, è improbabile che l’Europa sia in grado di sostituire gli aiuti statunitensi. Il fiasco europeo si è trasformato in una crisi politica senza precedenti, lasciando gli eurocrati a rincorrersi la coda nel disordine, mentre le opzioni si riducono. L’unica cosa che gli resta sono gli appelli frammentati a incrementare gli armamenti militari e altre retoriche bellicose che cadono come gocce d’acqua sulle orecchie sorde della popolazione disaffezionata ed esausta.

A sinistra: nuovi titoli di oggi, a destra: un titolo del 2022 come riferimento.

Ecco a cosa ammonta il “piano” europeo per salvare il regime di Zelensky, brillantemente riassunto da Alex Christoforou qui sotto:

Come nota interessante, in una nuova clip che fa riferimento all’accordo di pace, Trump afferma che pensa che Putin “voglia fare un accordo” ma che “non deve fare un accordo perché può avere [tutta l’Ucraina] se vuole”.

È affascinante perché rivela che Trump è più perspicace di quanto forse a volte gli abbiamo dato credito. La maggior parte dell’amministrazione statunitense ha creduto alla menzogna, basata su informazioni sbagliate, che la Russia sia debole e abbia un disperato bisogno di un cessate il fuoco. Ma in realtà Trump sembra pienamente consapevole che Putin non ha bisogno di questo accordo, e può continuare a ingoiare l’Ucraina. Questo è fondamentale, perché rivela molte implicazioni: ad esempio, il fatto che Trump probabilmente sa che l’incentivo deve essere estremamente forte perché la Russia scelga un accordo piuttosto che prendersi tutta l’Ucraina come parte del bottino di guerra. Di conseguenza, possiamo supporre che gli Stati Uniti debbano logicamente preparare importanti concessioni alle richieste di Putin per far funzionare realisticamente un “accordo di pace”.

E oggi abbiamo avuto una conferma di ciò, in quanto è stato riportato dal Financial Timesche il ritiro delle truppe americane dall’Europa orientale è stata una richiesta esplicita da parte russa a Riyadh, per qualsiasi normalizzazione.

Un nuovo rapporto del Financial Times ha rivelato che durante i colloqui USA-Russia di martedì in Arabia Saudita, Mosca ha richiesto il ritiro delle forze NATO e americane dall’Europa orientale come condizione per “normalizzare le relazioni”.

Sempre più segnali indicano che Trump sta cercando di invertire un secolo e mezzo di infruttuoso comportamento atlantista di avversione verso la Russia, in particolare con l’altra voce di oggi, attraverso la rivista francese Le Point, secondo cui Trump intende partecipare alla parata del Giorno della Vittoria di Mosca del 9 maggio. Trump avrebbe smentito questa notizia.

Per concludere, ecco un estratto del precedente pezzo dello Spiegel:

Non c’è più alcun ruolo per Selenskyj e l’Ucraina. Un oggetto di scena che viene spinto sul palcoscenico non ha una parte di parola. Come per l’invasione di tre anni fa, il suo obiettivo è quello di dimostrare ancora una volta di essere un soggetto attraverso le sue azioni, senza guardare alle conseguenze. Per dire, come fece allora, al suo popolo e al mondo intero, l’uomo al Cremlino e l’uomo alla Casa Bianca: Sono ancora qui anch’io.

Sì, sei ancora qui, ma non per molto.

Qualche ultima notizia:

Putin ha commentato gli anni di scienza segreta dei materiali che hanno preceduto la creazione del sistema missilistico Oreshnik:

La temperatura della sua superficie è quasi uguale a quella del sole. È interessante notare che le temperature di funzionamento del missile statunitense Sprint erano note:

Sprint accelerava a 100 g, raggiungendo una velocità di Mach 10 (12.000 km/h; 7.600 mph) in 5 secondi. Una velocità così elevata ad altitudini relativamente basse creava temperature della pelle fino a 6.200 °F (3.400 °C), richiedendo uno scudo ablativo per dissipare il calore. L’alta temperatura ha causato la formazione di un plasma intorno al missile, che ha richiesto segnali radio estremamente potenti per raggiungerlo per la guida. Il missile si è illuminato di un bianco brillante mentre volava.

È uno dei pochi missili documentati ad aver effettivamente raggiunto velocità ipersoniche a bassa quota in condizioni di pressione atmosferica densa, a causa della sua rapida accelerazione; in quanto tale fornisce una linea di base approssimativa. Si dice che la temperatura della superficie del sole sia di poco inferiore ai 10.000 gradi centigradi. Se lo Sprint ha raggiunto i 6.200° a Mach 10, ciò sembrerebbe suggerire velocità interessanti per l’Oreshnik se, secondo Putin, raggiunge temperature superficiali molto più elevate.

Le forze ucraine hanno allestito dei percorsi ad ostacoli per i droni a fibra ottica russi, sperando di “impigliare” i loro cavi nelle zone critiche di trasporto:

Ma come si può vedere, gli operatori dei droni russi riescono a superare questi ostacoli.

Il governatore di Kherson Saldo minaccia che se Kiev non accetterà l’attuale serie di negoziati, la prossima serie includerà referendum in tutte le altre regioni ex-russe e dell’URSS oltre a quelle attualmente annesse:

I referendum per l’adesione alla Russia potrebbero essere indetti in tutte le regioni dell’Ucraina che facevano parte dell’Impero russo o dell’URSS se Kiev non accetterà le condizioni di Mosca, ha dichiarato il governatore della regione di Kherson Saldo. – FRWL

Il colonnello austriaco Reisner fornisce un interessante aggiornamento di mezz’ora sul campo di battaglia in inglese, per chi fosse interessato:

Il tuo supporto è inestimabile. Se hai apprezzato la lettura, apprezzerei molto se sottoscrivessi un impegno mensile/annuale per supportare il mio lavoro, così che io possa continuare a fornirti report dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, puoi lasciare la mancia qui: buymeacoffee.com/Simplicius

[Messaggio troncato]  Visualizza intero messaggio

Lo Stato profondo: un male necessario?_di Morgoth

Lo Stato profondo: un male necessario?

Sul problema della democrazia in un’epoca geopolitica turbolenta

20 febbraio
  • Sostieni il nostro lavoro!Il sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000€/anno), ecco come contribuire:

    ✔ Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704
    ✔ IBAN: IT30D3608105138261529861559
    ✔ PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo
    ✔ Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

    Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione)

Trump Backers Fear 'Deep State' Aims to Undermine Administration

Il sovvertimento geopolitico derivante dai riallineamenti della politica estera di Donald Trump spesso assomiglia a qualcuno che raccoglie una scacchiera impolverata, dove tutti i pezzi si sono sistemati, la lancia in aria e la calcia attraverso una finestra quando atterra. La cosiddetta “Dottrina Don-Bro” è in procinto di recidere accordi di lunga data con gli insopportabili europeisti poveri, imponendo un’esecuzione per pietà dell’esercito ucraino e di Zelensky e ridefinendo simultaneamente l’ Arte dell’accordo nel senso di “Qualunque cosa tu dica, Vlad?”. Sono lontani i giorni in cui il ministro degli Esteri britannico, il ridicolo David Lammy , poteva sedersi pomposamente all’ONU e fare la predica al rappresentante russo sulla sua stessa pelle nera.

Il popolo americano ha votato per America First e, con l’inevitabile eccezione di Israele, sembra che lo otterranno. Come ama dire il presidente ombra Musk, “Vox Populi, Vox Dei”. In realtà, questo, il più delle volte, si manifesta come Vox Populi, Vox Confusus. La volontà del popolo è una cosa volubile e irrazionale e basare una strategia geopolitica a lungo termine sul suo flusso e riflusso non porterà probabilmente a risultati stabili o coerenti.

Oggi, il cosiddetto “Deep State” è associato all’invio di somme di denaro dei contribuenti da far venire l’acquolina in bocca per sovvertire e transare nazioni in tutto il mondo tramite dottrine woke. Ma in passato, era una burocrazia profondamente radicata allineata con l’apparato decisionale delle agenzie di intelligence, delle banche centrali e dei lobbisti. I politici per cui abbiamo votato sono andati e venuti, ma il Deep State e i suoi obiettivi a lungo termine sono rimasti indisturbati. Prendiamo l’immigrazione come esempio. Più duramente i populisti hanno votato contro, più ne hanno ottenuti. Era come se una creatura gigantesca avesse assorbito i colpi e aumentato la sua massa e il suo odio più veniva provocata.

Come sistema di governo e da governare, è demoralizzante, esasperante e osceno nel suo inganno. Grottesco e moralmente fallimentare com’è, è almeno prevedibile e coerente, e le politiche a lungo termine potrebbero essere implementate sapendo che il populi non rovinerebbe le cose.

Lo stesso potrebbe essere detto dell’Occidente in grande stile sulla scena globale, con l’America che stabilisce gli obiettivi, il tono e la strategia a lungo termine a cui i suoi vassalli si atterrebbero. La Dottrina Don-Bro è attualmente impostata sull’invio degli europei al Fat Camp geopolitico, estraendo l’America dalla situazione ucraina giocando a piedi con la Russia, che è di per sé un tentativo di fare un Nixon/Kissinger al contrario e di separare Cina e Russia. Con il tempo, un’America ringiovanita può affrontare la Cina.

È un bel piano. L’unico problema è che le masse hanno votato a favore e presumibilmente potranno votare contro di esso tra quattro anni alle prossime elezioni.

È facile comprendere l’impazienza dell’amministrazione Trump di allentare le tensioni con la Russia e che l’Ucraina è in eccedenza rispetto ai requisiti dell’interesse nazionale americano. La fretta, che potrebbe essere definita sconsiderata, con cui la politica viene perseguita sembra offrire a Putin tutto ciò che desidera. La grande speranza è che una distensione con la Russia, un allentamento dalla Cina, consenta all’America di affrontare la Cina uno contro uno.

Il problema è che, quando questo piano si concretizzerà, il 78enne Trump potrebbe essere stato spostato a Mar-al-Lago, e una nuova razza di democratici potrebbe essere nello Studio Ovale. E sia Putin, sia i cinesi, sia gli eurocrati lo sanno. Notate anche che tutte le fazioni sono trincerate nelle rispettive strutture di potere e sono inclini a pianificazioni a lungo termine precedentemente garantite dal Deep State americano.

Pertanto, i russi sono incentivati a “fare fieno finché splende il sole” e ad approfittare il più possibile di Trump, mantenendo nel contempo in silenzio i loro stretti rapporti con i cinesi, solidi come una roccia, perché, per quanto ne sanno, tra soli cinque anni si troveranno ad affrontare un’America antagonista.

Fondamentalmente, il problema sta nel combinare la strategia geopolitica con l’adesione agli ideali democratici. Forse è una piccola sorpresa che le popolazioni occidentali non abbiano avuto quasi nessuna voce in capitolo nella formazione o espansione della NATO, e la maggior parte di queste persone non abbia avuto voce in capitolo nell’essere assorbita nell’Unione Europea.

Tuttavia, non si tratta di una novità. Elisabetta I non chiese al popolo inglese di dare il suo contributo nel suo sostegno agli olandesi, il che portò il re Filippo II di Spagna a inviare l’armata per invadere l’Inghilterra. Non solo la regina Elisabetta aveva qualcosa di simile a un embrione di Deep State guidato da Sir Franci Walsingham, ma regnò anche per 44 anni. I suoi obiettivi strategici a lungo termine erano di garantire un’Inghilterra protestante alla periferia di un continente cattolico ostile.

Allo stesso modo, Vladimir Putin ha ereditato i rottami dell’URSS all’inizio del Millennio ed è stato in grado di stabilire obiettivi russi per un quarto di secolo. Tuttavia, la Russia ha anche il suo stato profondo, giusto per essere sicuri.

In termini geopolitici, longevità, continuità e stabilità contano più della volontà del popolo. In questo modo, una burocrazia permanente che non può essere facilmente disinstallata e che trascende lo showbiz rosso/blu è una salvaguardia eminentemente sensata contro il capriccio dell’uomo comune.

Il improvviso dietrofront sulla guerra tra Russia e Ucraina è appropriato qui. Indipendentemente da quale sia la vostra posizione sulla guerra e di chi sia in ultima analisi la colpa, molte nazioni occidentali, alleate della NATO, si sono date tutto per sostenere l’Ucraina, solo per essere ora abbandonate dal paese più grande della coalizione, insultate e lasciate al freddo mentre il loro ex alleato costruisce freneticamente ponti con la Russia, il paese contro cui erano tutti uniti solo tre mesi fa.

Le élite europee della coalizione occidentale sembrano commissari sovietici provinciali che continuano a svolgere le loro funzioni di lunga data anche dopo che il nucleo centrale del blocco è sprofondato: tentacoli rimasti intrappolati dopo che il corpo principale del polipo è fuggito.

Inoltre, il primo ministro britannico Keir Starmer sarà probabilmente ancora al potere quando Donald Trump lascerà l’incarico. Le prossime elezioni britanniche non dovranno svolgersi prima dell’agosto 2029.

La questione, quindi, è come garantire la longevità e la continuità di un regime basato su vibrazioni e culto della personalità piuttosto che su uomini oscuri in completi grigi. Non importa come la si guardi, che la politica sia quella di tornare alla tradizionale NATO, alla configurazione dell’alleanza occidentale o alla politica America Alone del MAGA, la democrazia ostacola il raggiungimento di entrambe.

I rivali dell’America non sanno se otterranno un accordo vantaggioso per l’oleodotto, una stretta tariffaria, una raffica di ATACMS o una parata del gay pride dall’egemone sempre più schizofrenico.

Quindi, se siamo onesti, la scelta giusta è se continuare a delegare potere a manager senza volto e facilmente corruttibili che prendono decisioni politiche a lungo termine o avere un “Presidente a vita” che possa continuare la visione trumpiana per i decenni a venire. Naturalmente, è perfettamente possibile che JD Vance vinca le prossime elezioni e ricopra un mandato completo di otto anni in cui la visione MAGA possa diventare realtà. Tuttavia, i leader mondiali non hanno modo di sapere se ciò accadrà o se avranno a che fare con Alexandria Ocasio-Cortez.

L’attaccamento sentimentale alla democrazia è così forte che una discussione del genere sembra al limite dell’eresia. Tuttavia, l’anomalia storica è la convinzione che le masse dettino la strategia geopolitica e delle grandi potenze. Una teoria alternativa sarebbe che lo Stato profondo stia ancora dettando la politica nell’amministrazione Trump. Tuttavia, se così fosse, i leader europei non sembrano certamente esserne consapevoli e, quindi, i problemi di incertezza sono semplicemente aggravati.

Da qualunque punto di vista la si guardi, la facciata della democrazia americana è diventata un ostacolo e tutti cercano un modo a lungo termine per creare una società sicura e protetta.

Al momento sei un abbonato gratuito a Morgoth’s Review . Per un’esperienza completa, aggiorna il tuo abbonamento.

Passa a pagamento

BRUXELLES: GLI ORFANI DELLA GUERRA_di Michele Rallo

Le opinioni eretiche

di Michele Rallo

BRUXELLES: GLI ORFANI DELLA GUERRA

Come volevasi dimostrare. La nuova presidenza Trump ha buttato giù tutta la laboriosa costruzione dei clan democrat e del Complesso militar-industriale che voleva scatenare la terza guerra mondiale: in Europa, naturalmente, come le altre due. Naturalmente The Donald non l’ha fatto per amore del nostro continente, ma perché lui è espressione dell’anima isolazionista dell’America profonda, sempre turlupinata dall’altra America (quella interventista, globalista, guerrafondaia) e trascinata nelle due precedenti guerre mondiali, in fraterna comunione d’intenti con i cugini della City londinese.

Siamo stati a un pelo dalla catastrofe, graziati sol perché le forze di Putin hanno prevalso contro una NATO che ha armato fino all’inverosimile quella modesta Ucraina che, altrimenti, non avrebbe potuto resistere più di un paio di mesi di fronte al colosso russo. Ci è andata bene perché Mosca ha vinto, come è sotto gli occhi di tutti. Perché, se per caso si fosse trovata a mal partito, la Russia avrebbe fatto ricorso all’arma nucleare, come è espressamente previsto dalla sua dottrina militare («in caso di aggressione contro la Russia con l’uso di armi convenzionali quando l’esistenza stessa dello Stato è minacciata»).

Sono cose note non soltanto agli esperti di strategie militari, ma pure a chi conosca anche soltanto i rudimenti di politica diplomatica e di difesa. Eppure nei palazzi di Bruxelles ci si è gettati a corpo morto nel conflitto per procura, teorizzando addirittura che l’Ucraina potesse vincere, e incuranti della più vasta e catastrofica guerra che una eventualità del genere avrebbe potuto provocare. E meno male che non esiste ancòra (e speriamo che non esista mai) il famoso “esercito europeo” invocato dagli euroincoscienti in servizio permanente effettivo. Se un tale esercito fosse esistito, la donnetta di Bruxelles e/o qualche altro dilettante allo sbaraglio ci avrebbero già coinvolti nella guerra russo-ucraina, con rischi inimmaginabili.

Sia stato come sia stato, comunque, siamo infine arrivati al redde rationem: archiviata l’insana voglia di guerra dei clan clintoniano ed obamiano (Biden era soltanto un modesto tappabuchi), l’America dell’era Trump non intende più bruciare miliardi di dollari in una guerra persa in partenza, e sta tirando i remi in barca. Attenzione: per il momento non si tratta tanto dell’auspicata trattativa di pace fra Russia e Ucraina, quanto piuttosto della volontà americana di tirarsi fuori, di ricostruire il rapporto con Mosca, di scongiurare il rischio di essere coinvolti direttamente nel conflitto – tramite NATO – e, in ultimo, di tentare di allontanare la Russia dalla braccia della Cina, dove la avevano sospinta le folli politiche del Deep State, lo “Stato profondo” che dettava la linea al partito democratico americano. Cosa – l’allontanamento da Pechino – allo stato non certamente facile.

A restare con il cerino in mano sono rimasti i fessacchiotti di Bruxelles e dintorni, pervasi da una folle smania di guerre e di sanzioni, crogiolati nella narrazione (falsa, e vedremo dopo perché) di una Russia che avrebbe “immotivatamente” aggredito l’Ucraina, immersi in un film che immagina il regime di Mosca come una specie di quarto Reich e il putinismo come una versione aggiornata di un “nazifascismo” che esiste solo nelle loro fantasie. Poveretti, giocano ancòra a fare la guerra del ’39-’45, sognano i marines a Iwo Jima e lo sbarco in Normandia.

Falsa – dicevo – la vulgata dell’aggressione russa “immotivata”. Quella aggressione – innegabile – è stata in realtà provocata, scientemente provocata per poter poi disporre di un pretesto per scatenare la guerra della NATO contro Mosca.

Perché dico questo? Perché – e sfido chiunque a dimostrare il contrario – l’odierna guerra russo-ucraina è la conseguenza (voluta, cercata, inevitabile) della precedente “guerra del Donbass”: una guerra che i brusselloti fanno finta di ignorare, ma che è durata 8 anni (dal 2014 al 2022) ed ha causato oltre 13.000 morti (diconsi tredicimila), 35.000 feriti (diconsi trentacinquemila) e 1.500.000 sfollati (diconsi unmilionecinquecentomila). Dati di fonte Wikipedia, per intenderci, non di “propaganda putiniana”.

Alla fine, Vladimir Putin è caduto nel tranello ed ha invaso l’Ucraina, così mettendosi formalmente – ma solo formalmente – dalla parte del torto. Gli 8 anni di guerra del Donbass, infatti, erano – in teoria – un “affare interno” dell’Ucraina; mentre questi ultimi 3 anni di guerra sono – sempre in teoria – una “aggressione ad uno stato sovrano”.

Niente di nuovo sotto il sole: in fondo, anche la seconda guerra mondiale è stata scatenata con metodi non dissimili, sempre prediletti dai “partiti della guerra” anglosassoni.

Ma torniamo al presente. Spiazzata dalla mossa di Trump, l’Unione Europea tenterà il tutto per tutto per sabotare la pace, stracciandosi le vesti e gridando che la pace non può significare la sconfitta dell’Ucraina. Ma – piaccia o non piaccia – è proprio così: l’Ucraina è stata sconfitta sul campo. Non poteva che essere così: troppo grande la sproporzione di forze. Le continue iniezioni di denaro e di armamenti da parte americana ed europea hanno solamente prolungato l’agonia. A spese dell’Ucraina, letteralmente dissanguata: non sono soltanto i 100.000 caduti in combattimento, ma un complesso di circa 20 milioni di persone, il 40% degli abitanti del paese: emigrati a ovest (per sfuggire alla guerra e ai reclutamenti) o ad est (rimasti dietro le linee dei “fratelli russi”, ivi comprese diverse migliaia di disertori).

E non è tutto, perché l’Ucraina ha finora perso un quinto del suo territorio nazionale a beneficio di Mosca; ed è quel quinto di territorio che custodisce una parte ragguardevole dei giacimenti minerali che Zelenskyi dice di poter cedere agli USA in cambio di nuove armi. In realtà, le disponibilità ucraine di risorse sono molto meno di quelle che il capataz di Kyiev mostra sulle mappe ai giornalisti; e quelle superstiti risorse disponibili Trump le vuole già come pagamento di non so quante centinaia di miliardi di dollari per vecchie forniture di armi, non come corrispettivo di nuove forniture.

In sostanza, la situazione è drammatica, e Donald Trump vorrebbe congelarla al più presto con un trattato di pace o almeno con un armistizio, prima che i russi avanzino ancòra e conquistino nuove terre (e nuove risorse).

Tutto ciò – si è detto ed è certamente vero – spiazza quella Unione Europea che giocava a fare la superpotenza, senza esserlo neanche lontanamente. Certo i brusselloti reagiranno fieramente, facendo finta di essere ancòra qualcuno: Macron, Scholz e tutti gli altri azionisti (finora di maggioranza) di questa strana società che si chiama Unione Europea faranno il diavolo a quattro, appoggiandosi a Keir Starmer, il premier inglese che tutti i sondaggi danno strabattuto dal partito sovranista di Nigel Farage.

Intanto domenica si vota in Germania, e si attendono risultati eclatanti. E a Parigi il governo Bayrou resta appeso a un filo, filo che per il momento la Le Pen ha deciso di non tagliare; ma il presidentuzzo Macron rappresenta ormai soltanto se stesso, anche se si ostina a rimanere in carica fino all’ultimo giorno del suo mandato. Per il resto, nei paesi minori si va avanti a colpi di elezioni annullate (come in Romania) o con candidati presidenziali che si vorrebbero cancellare dalle schede elettorali (come in Polonia). Dimenticavo l’Ucraina: lì Zelenskyi vuole proprio cancellare le elezioni, con la scusa della guerra in corso. In realtà, sa bene che non riuscirà a rimanere in sella un giorno soltanto dopo la fine del conflitto. E sarà fortunato se riuscirà a fare un pacifico passaggio di consegne. A Kyiev non si perdonano facilmente i fallimenti.

Orbene, lor signori si riuniscono in questi giorni a Parigi, chiamati a raccolta da Emmanuel Macron per vedere cosa è possibile fare per sabotare la pace di Trump e di Putin. Sarà una somma di debolezze, di fallimenti, di fiaschi, di scacchi, di smacchi, una fiera dell’impotenza, un disastro annunziato.

RALLO – Orfani della guerra (578)

  • Sostieni il nostro lavoro!Il sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000€/anno), ecco come contribuire:

    ✔ Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704
    ✔ IBAN: IT30D3608105138261529861559
    ✔ PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo
    ✔ Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

    Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione)

 

 

 

Rassegna stampa tedesca 16 (verso le elezioni)_a cura di Gianpaolo Rosani

Demografia social-elettorale anche sul quotidiano bavarese: ricercatori all’opera, ci dicono che le persone nate tra il 1946 e il 1960 sono state le ultime a mostrare un comportamento elettorale “piuttosto stabile”; ora, con la generazione emergente, il cambiamento elettorale sta aumentando. CDU e CSU sono di gran lunga i partiti più amati dagli anziani, e anche la SPD, non così i Verdi. “Per molto tempo, la scienza politica ha visto solo l’effetto trickle-down, cioè che genitori e nonni trasmettono le loro esperienze ai figli”, ma ora sappiamo che esiste anche un cosiddetto effetto bottom-up, ovvero i nonni e i genitori possono essere influenzati dai loro nipoti e figli. La generazione dei 70 anni e oltre è la più decisa a sostenere la cessione dei territori ucraini alla Russia, se necessario, per consentire la pace.

 

19.02.2025

Come votano gli anziani?

La decisione degli anziani su chi votare è più importante che mai: quasi un quarto degli elettori ha più di 70 anni.

di Sina-Maria Schweikle e Joscha F. Westerkamp – Berlino 

proseguire la lettura cliccando su: Süddteutsche Zeitung (19.02.2025)

Appunti di demografia social-elettorale sul giornale di Stoccarda: nel Land “la sinistra, la SPD e l’AfD ottengano risultati migliori dove l’affluenza alle urne è più bassa, mentre i Verdi, la CDU e il FDP ottengono risultati migliori dove più persone vanno a votare. Gli elettori dei Verdi hanno in media il livello di istruzione più alto di tutti i gruppi di elettori, quelli del FDP il reddito più alto”. Secondo una ricerca, la scelta di votare è guidata dagli stessi fattori che tendono anche a dire qualcosa su chi si dovrebbe votare: le persone che non votano non hanno denaro, istruzione e reti che incoraggino a votare; chi possiede redditi e istruzione più elevati vota più spesso.

19.02.2025

Anche gli astenuti influenzano i politici

Anche il 23 febbraio, secondo gli esperti, si dimostrerà ancora una volta che nelle città ricche molte persone vanno a votare, mentre nelle città più povere spesso solo poche. Questo ha conseguenze sulle decisioni politiche.

 Nelle elezioni del Bundestag la percentuale di coloro che vanno a votare è la più alta rispetto ad altre elezioni

di Chiara Sterk

Breitingen/Schwarzach. Nelle ultime elezioni federali, nel Baden-Württemberg ha votato il 77,8% degli proseguire la lettura cliccando su: Stuttgarter Nachrichten (19.02.2025)

Sondaggi e scenari del dopo-voto: solo due cose sono certe. In primo luogo, che la CDU/CSU ha preso chiaramente le distanze dall’AfD. In secondo luogo, si prevede che i colloqui esplorativi seri inizieranno solo dopo le elezioni del parlamento di Amburgo il 2 marzo, almeno nel caso di rapporti di maggioranza incerti. Fino ad allora sarà di nuovo come adesso: nessun partito vuole spaventare i propri sostenitori con la chiarezza. Anche perché la CDU/CSU spera di non dover ingoiare un boccone amaro: il dover formare una coalizione a tre perché i numeri non saranno sufficienti per blindare o il nero-rosso (CDU/CSU e SPD) o il nero-verde (CDU e Verdi).

19.02.2025

L’agonia della campagna elettorale

Nonostante eventi incisivi e diversi dibattiti televisivi, i sondaggi non mostrano grandi cambiamenti / I partiti sperano in un’accelerazione tardiva

di MARKUS DECKER

Dopo la fine della trasmissione “Quadrell” sulle reti private RTL e n-tv la domenica sera, i demoscopi hanno proseguire la lettura cliccando su: Frankfurter Rundschau (19.02.2025)

Analisi sulle prospettive elettorali e sugli obiettivi dei Verdi: devono combattere contro la CDU/CSU e l’AfD, anche se il vero concorrente è la SPD. Il partito ha registrato decine di migliaia di nuovi iscritti da quando è stato rotto l’accordo con i socialdemocratici. Il leader Habeck ha vissuto una campagna elettorale in cui l’obiettivo era difficile da circoscrivere. Ha dovuto difendersi dalla SPD, dalla Sinistra, dall’Unione, dall’AfD e da parti del suo stesso partito.

18.02.2025

Robert Habeck

Sale piene, piena incertezza

Il candidato cancelliere dei Verdi dà l’impressione di essere un brillante performer, ma la sua fine politica potrebbe essere imminente. Uno sguardo all’interno di una campagna elettorale turbolenta.

di Julian Olk

Dopo il programma televisivo “Quadrell” di domenica sera, Robert Habeck è nel foyer degli studi RTL a Berlino-Adlershof. proseguire la lettura cliccando su: Handelsblatt (18.02.2025)

Die Linke: dall’inizio dell’anno ci sono state oltre 23.500 nuove adesioni.  Ma chi sono i nuovi membri? Cosa vogliono dalla sinistra? La corrispondente del giornale ha trascorso una giornata della campagna elettorale con i militanti mentre facevano il porta-a-porta in una cittadina nella Sassonia (Est), poi in una nell’Assia (Ovest) e infine in alcuni quartieri di Berlino. Cresce la speranza che l’ondata di adesioni possa essere più di un fuoco di paglia. Se il partito riuscirà a coinvolgere i nuovi membri e a lavorare con loro sui suoi conflitti interni, potrebbe trasformarsi da partito elettorale dei pensionati della Germania dell’Est, che ultimamente rischiava di diventare, a partito di membri attivi con un futuro roseo. Il sorprendente esito del voto nazionale auto-organizzato di 166.000 giovani sotto i 18 anni.

18.02.2025

Giovani, di sinistra e determinati

Il partito di sinistra guadagna ogni giorno nuovi membri. Lottano alle porte di casa, contro la svolta a destra e per la giustizia sociale. Chi sono i nuovi? Perché entrano proprio ora? E come dovrebbe andare avanti per loro dopo le elezioni? Tra i nuovi arrivati ci sono molte persone queer, più della metà sono donne, la percentuale di donne è ora del 42 per cento.

 

di Lotte Laloire (testo) Sven Döring (foto)

Con un balzo, Zada Salihovic si solleva in aria, alza il braccio e stacca un adesivo attaccato a una tettoia. proseguire la lettura cliccando su: TAZ_Die Tageszeitung (18.02.2025)

Cronaca dei umori elettorali raccolti nelle strade di una città del Baden-Württemberg, che il giornale ha visitato perché qui l’AfD riceve la percentuale più alta di voti di tutta la Germania occidentale. Le opinioni dei cittadini sono variegate, ma il tema è solo quello: la città ha una delle più alte percentuali di stranieri. Secondo l’Ufficio Statistico Statale, è del 31,2%, mentre la media nazionale è del 15,2%.

17.02.2025

Il successo dell’AfD nella Germania occidentale

In una città del Baden-Württemberg, il partito ha registrato risultati elettorali record: quasi una persona su quattro ha votato per l’AfD. Sul posto, le spiegazioni sono contraddittorie.

di NICOLAS WALTER

Con il cestino della spesa in mano e a passo deciso, la donna, sui cinquant’anni, capelli castani, si avvicina a proseguire la lettura cliccando su: Die Welt (17.02.2025)

Il futuro politico di Zelensky è incerto a causa della sua violenta frattura con Trump, di Andrew Korybko

Il futuro politico di Zelensky è incerto a causa della sua violenta frattura con Trump

20 febbraio
  • CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 4.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIOll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704
    oppure iban IT30D3608105138261529861559
    oppure PayPal.Me/italiaeilmondo
    oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Trump è sul piede di guerra fin dall’insediamento e sta neutralizzando politicamente tutti i suoi nemici in patria, quindi Zelensky avrebbe dovuto saperlo prima di diventare il nuovo nemico di Trump all’estero e rischiare la sua ira.

Trump si è scagliato contro Zelensky in un post sui social media mercoledì, in cui lo ha accusato di essere un dittatore impopolare che non vuole elezioni, di aver manipolato l’America “in una guerra che non poteva essere vinta” e di averle probabilmente rubato decine di miliardi di dollari di aiuti dal 2022. Questo segue l’accusa di Zelensky di vomitare “disinformazione russa” dopo che Trump in precedenza aveva affermato che il tasso di approvazione del leader ucraino era solo del 4% quando ha spiegato perché non avrebbe tenuto elezioni.

Le tensioni tra i due sono in fermento da un bel po’ di tempo e possono essere ricondotte al modo in cui i democratici hanno sfruttato una delle loro telefonate del primo mandato di Trump come pretesto per metterlo sotto accusa. Trump aveva chiamato Zelensky per chiedere informazioni sulle prove che il suo governo avrebbe potuto essere in possesso per dimostrare la presunta corruzione della famiglia Biden in Ucraina. Quell’esperienza ha lasciato a Trump un’impressione molto negativa ma duratura dell’Ucraina in generale e di Zelensky in particolare.

È stato gradualmente rafforzato quando l’amministrazione Biden si è apertamente alleata con Zelensky nel corso della presidenza ucraina. Conflitti e ancora più voci abbondavano su altri accordi corrotti. Le speculazioni credibili su fondi sottratti e persino mancanti iniziarono a irritare Trump, così come l’evidenza della loro reciproca riluttanza a congelare almeno le ostilità con la Russia. Tutto divenne personale quando Zelensky si lasciò usare come sostegno per la campagna dai democratici in Pennsylvania lo scorso settembre.

La sua risposta all’elezione storica di Trump circa sei settimane dopo è stata quella di provare a fare appello al suo ego con elogi insinceri e persino di comprarlo offrendogli un vago accordo sui minerali di terre rare dell’Ucraina, che Kiev ha convinto Lindsey Graham durante l’estate valessero la bellezza di 10-12 trilioni di dollari . Zelensky ha poi respinto una bozza di accordo di Trump che, secondo i resoconti , “avrebbe rappresentato una quota maggiore del PIL ucraino rispetto alle riparazioni imposte alla Germania dal Trattato di Versailles”, se accettata.

Bloomberg ha poi riferito all’inizio di questa settimana che l’Ucraina ha a malapena minerali di terre rare per cominciare, suggerendo così che Zelensky stava cercando di manipolare Trump per fornire all’Ucraina più aiuti con il falso pretesto che gli Stati Uniti avrebbero potuto raccogliere un enorme ritorno sul loro investimento tramite queste risorse inesistenti. A peggiorare ulteriormente le cose, questo è avvenuto poco dopo che Zelensky aveva diffuso il panico lunedì che l’Ucraina potrebbe trasformarsi in un Afghanistan 2.0 se Trump ponesse fine frettolosamente anche a questo conflitto, il che avrebbe dovuto irritarlo.

Ma non è tutto, perché Zelensky aveva anche autorizzato le sue forze a bombardare infrastrutture petrolifere in parte di proprietà statunitense in Russia quel giorno, proprio prima del primo round di attacchi russo – statunitensi. colloqui sull’Ucraina da cui poi si è lamentato di essere stato escluso. Tali osservazioni hanno spinto Trump a dichiarare quanto fosse ” deluso ” da Zelensky. Invece di tapparsi la bocca e lavorare freneticamente dietro le quinte per riparare i suoi rapporti problematici con Trump, Zelensky lo ha accusato di essere in combutta con la Russia.

Il vicepresidente Vance ha prontamente avvertito Zelensky che “sparlare” di Trump si sarebbe ritorto contro di lui, mentre il consigliere per la sicurezza nazionale Waltz si è lamentato del fatto che i legami tra quei due leader stavano “chiaramente andando nella direzione sbagliata”. Come si può vedere, la loro feroce frattura è dovuta interamente all’arroganza sfrenata di Zelensky nel pensare di poter manipolare il magnate degli affari Trump con false promesse di ricchezze di terre rare e poi aspettarsi inspiegabilmente che gli insulti pubblici lo avrebbero intimidito con successo, il che è un enorme errore di giudizio.

Se Zelensky si fosse morso la lingua anche dopo la sua battuta sull’Afghanistan di lunedì, allora avrebbe potuto almeno provare a dichiarare di ignorare il fatto che i suoi militari avevano bombardato un’infrastruttura petrolifera parzialmente di proprietà degli Stati Uniti in Russia e dare la colpa ai suoi consiglieri per averlo disinformato sulle ricchezze di terre rare dell’Ucraina, ma invece si è scavato una buca. Lamentarsi di essere stato escluso dai colloqui tra Russia e Stati Uniti, sparlare di Trump e insinuare l’abbandono da parte degli Stati Uniti, e poi accusare Trump di vomitare “disinformazione russa” sono stati errori.

Zelensky è in definitiva un uomo indipendente e deve assumersi la responsabilità delle sue azioni. Non ha importanza chi potrebbe averlo mal consigliato in modo speculativo, dato che ha comunque accettato ciò che avrebbero potuto suggerire nonostante la reputazione di Trump di non cedere mai a chi lo pressa e soprattutto lo insulta. Trump è sul piede di guerra sin dall’insediamento e sta neutralizzando politicamente tutti i suoi nemici in patria, quindi Zelensky avrebbe dovuto saperlo meglio di quanto avrebbe dovuto fare per non diventare il nuovo nemico di Trump all’estero e rischiare la sua ira.

È difficile immaginare un ripristino di cordiali relazioni di lavoro tra Zelensky e Trump dopo quanto appena accaduto. In effetti, Trump potrebbe anche non voler più parlare con Zelensky, ma potrebbe comunque doverlo fare come parte del processo di pace. L’unico modo per evitare l’imbarazzo che ciò comporterebbe sarebbe se Zelensky si dimettesse, venisse sostituito dopo aver finalmente tenuto le elezioni che ha scandalosamente rinviato l’anno scorso, o venisse deposto con altri mezzi.

Nel frattempo, Trump potrebbe fare affidamento sui suoi subordinati come l’inviato speciale Keith Kellogg per trasmettere messaggi tra loro da qui in poi, a meno che non si verifichi l’improbabile scenario che Zelensky si umili con delle sincere scuse e poi accetti di fare tutto ciò che Trump gli chiede. Dal momento che ciò non è prevedibile data la sua sfrenata arroganza, che è presumibilmente collegata al ” complesso di Dio ” che i democratici e i loro alleati europei hanno coltivato in lui dall’inizio del 2022, i mediatori dovranno bastare.

Zelensky potrebbe non avere molto tempo a disposizione per decidere cosa fare, tuttavia, dato che sta già pattinando sul ghiaccio sottile data la sua impopolarità oggettiva (che potrebbe non essere così grave come Trump ha affermato, ma spiega perché è contrario alle elezioni) e il suo crescente numero di rivali in patria. Mentre la situazione sul fronte peggiora e i legami con gli Stati Uniti continuano a deteriorarsi, sia a livello personale che nazionale, potrebbe presto essere raggiunto un punto di svolta in base al quale potrebbe essere avviato un processo di cambio di regime di qualche tipo.

Che questo avvenga sotto forma di dimissioni, elezioni finalmente indette (alle quali potrebbe anche accettare di non candidarsi), pressioni per fare una delle due cose suddette da proteste su larga scala (che potrebbero assumere i contorni di una Rivoluzione colorata sostenuta dagli Stati Uniti ), o la deposizione tramite un colpo di stato è un’ipotesi che nessuno può fare. C’è anche la possibilità che non accada nulla di drammatico, ma ciò sembra improbabile data la violenza della sua frattura con Trump e l’indole vendicativa del leader americano dopo tutto quello che ha dovuto passare.

Per questo motivo, gli osservatori non dovrebbero dare per scontato il governo di Zelensky sull’Ucraina, poiché potrebbe accadere qualcosa all’improvviso, che si tratti di un evento naturale, del risultato dell’ordine di Trump ai suoi servizi segreti di “occuparsi” di Zelensky, o di un mix di entrambi nel caso di proteste o tentativi di colpo di stato sostenuti dagli Stati Uniti. Vance sarà quindi probabilmente giustificato nell’avvertire che le “offese” di Zelensky a Trump si ritorceranno contro. Ma resta da vedere quale forma assumerà e se riuscirà a far progredire il processo di pace.

La partecipazione diretta della Polonia al conflitto, anche se solo in veste di mantenimento della pace, è parte integrante del perpetuarsi delle ostilità o del loro riaccendersi nel caso in cui venga concordato un cessate il fuoco.

Il primo ministro polacco Donald Tusk ha ribadito la sua posizione della fine dell’anno scorso, secondo cui il suo Paese non invierà forze di pace in Ucraina, dopo che il nuovo segretario alla Difesa Pete Hegseth ha dichiarato che gli Stati Uniti non estenderanno le garanzie dell’articolo 5 a qualsiasi membro della NATO che invii truppe in Ucraina. Il ministro della Difesa di Tusk, Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, ha poi rivolto l’attenzione al modo in cui i soldati polacchi in Ucraina potrebbero escalare le tensioni con la Russia, un’osservazione ovvia, ma che la Polonia non aveva mai condiviso.

Il ritrovato pragmatismo della Polonia è dovuto a calcoli politici in vista delle elezioni presidenziali di maggio. I liberal-globalisti al potere vogliono sostituire il presidente conservatore uscente (e molto imperfetto) con uno dei loro per rimuovere questo ostacolo ai loro piani di trasformazione della società polacca. Sono quindi costretti a rispondere al peggioramento dell’opinione pubblica sull’Ucraina precludendo l’invio di forze di pace per evitare che il loro candidato perda le elezioni di maggio se guerrafondaio.

Le opinioni dei polacchi nei confronti dell’Ucraina sono cambiate a tal punto che Politico ha appena pubblicato un articolo dettagliato al riguardo qui, dove si citano gli ultimi sondaggi di opinione di un rinomato centro di ricerca polacco che mostrano che “solo un polacco su quattro ha un’opinione positiva degli ucraini, mentre quasi un terzo ha un’opinione negativa”. In relazione a ciò, un sondaggio di un’istituzione altrettanto rispettabile della scorsa estate ha mostrato che solo il 14% è favorevole al dispiegamento delle proprie truppe in Ucraina, il che potrebbe essere ancora meno ora dopo tutto quello che è successo.

In breve, il revival della Volhynia Genocidio discussione combinata con l’ingratitudine ucraina nei confronti della Polonia dopo che Kosiniak-Kamysz ha rivelato che il suo Paese aveva massimizzato i suoi aiuti militari pro bono per tossificare le percezioni reciproche, e questo è molto più marcato nella società polacca che in quella ucraina. Questo cambiamento ha portato il ministro degli Esteri Radek Sikorski a ritirare la sua precedente proposta che prevedeva che la Polonia abbattesse i missili russi sopra l’Ucraina occidentale con il pretesto di proteggere le sue centrali nucleari.

La posizione dei liberali-globalisti al governo nei confronti dell’Ucraina è cambiata così drasticamente che il vice primo ministro Krzysztof Gawkowski, dell’ala sinistra (“Lewica”) della loro coalizione parlamentare, ha accusato Zelensky all’inizio di novembre di voler trascinare la Polonia in una guerra con la Russia. Kosiniak-Kamysz ha poi ricordato a tutti all’inizio di questa settimana la proposta del cardinale grigio conservatore Jaroslaw Kaczynski della primavera del 2022 di inviare truppe in Ucraina, una posizione che lui stesso non sostiene più, ha detto Kaczynski.

Anche il candidato presidente di Kaczynski si è dichiarato contrario all’invio di soldati del proprio Paese, mostrando così come il duopolio al potere in Polonia, composto da liberali-globalisti e conservatori (molto imperfetti), sia ora in competizione tra loro su chi sia più propenso a rimanere fuori dal conflitto. La posizione precedentemente aggressiva di ciascuno è cambiata a un certo punto negli ultimi tre anni, come dimostrato nei due paragrafi precedenti, e questo è il risultato del fatto che la maggior parte dei polacchi ora vuole la pace in Ucraina anche a spese di Kiev.

Questo mette a repentaglio i piani dei guerrafondai europei, poiché la partecipazione diretta della Polonia al conflitto, anche se solo in veste di mantenimento della pace, è integrale per perpetuare le ostilità o per riaccenderle nel caso in cui venga concordato un cessate il fuoco. La Polonia è il leader indiscusso della regione dell’Europa centrale e orientale, grazie alla sua popolazione molto più numerosa, alla sua economia più forte e alle sue forze armate, per non parlare dell’eredità civile che il suo ex Commonwealth ha lasciato in alcuni di questi Paesi fino ad oggi.

La decisione della sua leadership di limitare la partecipazione del Paese al conflitto a un ruolo logistico ridisegna di conseguenza le previsioni di scenario. Ciò significa che solo i Paesi dell’Europa occidentale potrebbero prendere parte a un eventuale ruolo di mantenimento della pace, ma le rispettive leadership sono sensibili al peggioramento dell’opinione pubblica sull’Ucraina tanto quanto la Polonia, forse anche di più vista la loro propensione alle elezioni anticipate. Non si può quindi dare per scontato che nessuno di loro vada fino in fondo, a meno che non lo faccia anche la Polonia.

Dopo tutto, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha appena confermato la posizione del suo Paese secondo cui “la presenza di forze armate di Paesi della NATO, anche sotto la bandiera dell’UE o come parte di contingenti nazionali, è per noi del tutto inaccettabile”. Ricordando che Hegseth ha recentemente dichiarato che gli Stati Uniti non estenderanno le garanzie dell’Articolo 5 a qualsiasi membro della NATO che invii truppe in loco, e tenendo presente l’importanza della Polonia, tradizionalmente anti-russa, che si siede ai margini, l’Europa occidentale potrebbe riconsiderare i suoi piani.

Se questo dovesse accadere e nessuno di loro rischiasse di provocare l’ira di Trump o una guerra calda con la Russia inviando unilateralmente truppe in Ucraina, allora sarebbe il risultato del ritrovato pragmatismo della Polonia, dovuto in gran parte al peggioramento dell’opinione pubblica sull’Ucraina, come è stato spiegato. C’è naturalmente la possibilità che i liberal-globalisti conquistino la presidenza dopo le elezioni di maggio e poi capitolino ai guerrafondai europei, ma questo rischierebbe di far loro perdere le elezioni parlamentari del 2027.

Infatti, c’è anche la possibilità che la loro coalizione parlamentare di governo crolli di conseguenza e che vengano indette elezioni anticipate poco dopo che questa fatidica decisione potrebbe essere presa, il che potrebbe portare alla sostituzione della metà conservatrice (molto imperfetta) del duopolio polacco. C’è anche la possibilità che i populisti-nazionalisti della Confederazione, il cui candidato alla presidenza ha raggiunto un massimo storico del 16,8% nell’ultimo sondaggio, facciano un risultato a sorpresa per emergere come una potente terza forza indipendente in parlamento.

Questi rischi politici credibili potrebbero convincere i liberal-globalisti a mantenere l’impegno di non dispiegare truppe in Ucraina, indipendentemente dalle pressioni esercitate su di loro. Ciò peggiorerebbe i loro legami con l’Europa occidentale mentre quelli con la Russia non mostrano segni di miglioramento, portando così a un relativo isolamento della Polonia dagli affari continentali. Come è stato appena spiegato qui, questo potrebbe portare gli Stati Uniti a sfruttare la posizione della Polonia per dividere e governare l’Europa dopo la fine del conflitto ucraino, che gli osservatori dovrebbero tenere sotto controllo.

Attualmente sei abbonato gratuitamente alla newsletter di Andrew Korybko. Per un’esperienza completa, aggiorna il tuo abbonamento.

Aggiornamento a pagamento

La sua retorica è molto forte ed è stata completamente inaspettata dalla maggior parte degli osservatori, ma questo perché sia quelli occidentali che quelli russi non capiscono molto bene la Polonia contemporanea.

La Polonia è emersa inaspettatamente come il principale oppositore al dispiegamento di forze di pace europee in Ucraina, il che è reso ancora più significativo dalla sua reputazione di Stato d’avanguardia anti-russo della NATO, screditando così preventivamente le prevedibili accuse di “fare gli interessi del Cremlino”. L’ultimo sviluppo su questo fronte è avvenuto dopo che il ministro della Difesa Wladyslaw Kosiniak-Kamysz ha detto all’Europa di dare priorità alla ricostruzione dell’Ucraina rispetto alle forze di pace, altrimenti si rischia un’escalation delle tensioni con la Russia.

Secondo le sue parole, “credo che sia più importante inviare sul posto aziende polacche, europee e americane piuttosto che inviare soldati”. Guardando alla missione ONU in Libano, i soldati non sono una garanzia di pace. Decine di Paesi, dalla Cina a tutti gli altri, non hanno garantito la pace, nemmeno sulla linea di confine dove sono stanziati… (Inoltre,) se soldati europei di Paesi confinanti con la Russia venissero sparati (in Ucraina) e uno di loro morisse, (allora) questo sarebbe già l’inizio di un conflitto armato (con la Russia)”.

Questa posizione atipicamente pragmatica è guidata da diversi calcoli. In primo luogo, il nuovo Segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth ha dichiarato che il suo Paese non estenderà le garanzie dell’Articolo 5 a nessun membro della NATO che invii le sue truppe in loco. In secondo luogo, la Polonia porterebbe al limite le sue capacità militari partecipando a una missione di questo tipo. In terzo luogo, non vuole porre le proprie truppe sotto il comando di altri. Quarto, potrebbe comportare enormi costi economici. E infine, i polacchi sono assolutamente contrari all’invio di truppe in Ucraina.

L’ultimo punto è particolarmente rilevante in vista delle elezioni presidenziali di maggio, che la coalizione liberal-globalista al governo vuole vincere per sostituire il presidente conservatore uscente (e molto imperfetto) con uno dei propri, in modo da rimuovere questo importante ostacolo legale ai loro piani di trasformazione della società polacca. Sebbene possa essere stata la ragione iniziale per cui hanno iniziato a escludere lo scenario delle truppe alla fine dello scorso anno, gli altri fattori sono ora altrettanto influenti, se non di più. Ecco alcune informazioni di base:

* 8 novembre 2024: “Il vice primo ministro polacco ha accusato Zelensky di voler provocare una guerra polacco-russa

* 29 dicembre 2024: “Cinque ragioni per cui la Polonia non deve partecipare direttamente a nessuna missione di pace ucraina

* 18 febbraio 2025: “Il capo della sicurezza polacca ha condiviso alcune interessanti intuizioni sulla partita finale del conflitto ucraino“.

* 19 febbraio 2025: “La Polonia è di nuovo pronta a diventare il primo partner degli Stati Uniti in Europa“.

* 20 febbraio 2025: “Il rifiuto della Polonia di inviare forze di pace in Ucraina impedisce i piani dei guerrafondai europei“.

Le valutazioni ivi contenute sono ora probabilmente condivise dalla stessa leadership polacca, come dimostrano le ultime parole di Kosiniak-Kamysz, il cui impatto non può essere sopravvalutato in termini di come potrebbe rimodellare la conversazione sull’invio di forze di pace europee in Ucraina. I suoi tre punti sono tutti validi: 1) la ricostruzione post-conflitto può essere molto più utile delle forze di pace; 2) le forze di pace non mantengono la pace, come ha dimostrato il Libano; e 3) potrebbero addirittura servire da trappole per la Terza Guerra Mondiale.

Nell’ordine in cui sono stati citati, il primo potrebbe avere una sorta di motivazione di interesse personale, in quanto “le esportazioni polacche verso l’Ucraina – dai macchinari agli alimenti lavorati – sono a livelli record”, secondo l’ultimo rapporto di Politico al riguardo, dovuto in gran parte al fatto che la Polonia è la porta d’ingresso dell’UE in Ucraina. In parole povere, la Polonia vuole sottilmente ritagliarsi una sfera di influenza economica almeno nell’Ucraina occidentale attraverso questi mezzi, che sarebbero privi dei costi e dei rischi associati all’invio di truppe.

Per quanto riguarda il secondo punto sul fatto che le forze di pace non mantengono effettivamente la pace, questo è innegabile ed è diventato più che mai importante dopo l’ultima guerra del Libano. Il riferimento a quel precedente aveva lo scopo di instillare nell’opinione pubblica il massimo dubbio sulle prospettive di successo di una missione di peacekeeping in Ucraina. Questo motivo si ricollega al già citato punto sui vantaggi economici della Polonia nella ricostruzione dell’Ucraina postbellica e sulla volontà di Varsavia di convincere tutti gli altri a seguirne l’esempio.

Infine, l’ultimo punto rafforza semplicemente il primo, ma ricorda all’opinione pubblica le conseguenze potenzialmente esistenziali se qualcosa dovesse andare storto con la missione di peacekeeping proposta dall’élite europea in Ucraina. Nel complesso, la retorica di Kosiniak-Kamysz è molto potente ed è stata completamente inaspettata dalla maggior parte degli osservatori, ma questo perché sia quelli occidentali che quelli russi non capiscono molto bene la Polonia contemporanea. I suoi calcoli strategici ricalibrati meritano quindi uno studio più approfondito.

Il discorso di Vance a Monaco ha confermato la previsione di Putin per l’estate 2022 sul cambiamento politico in Europa

15 febbraio

Il leader russo fu il primo a parlare di una rivoluzione populista-nazionalista su scala europea e a prevedere l’emergere di stati-civiltà come fase successiva della transizione sistemica globale.

Il vicepresidente Vance ha criticato duramente gli europei nel suo discorso inaugurale alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco della scorsa settimana, che può essere letto integralmente qui . Ha accusato l’élite liberal-globalista al potere di essere diventata la più grande minaccia per la propria civiltà dopo essersi allontanata dai suoi valori tradizionali e aver importato massicciamente migranti. Vance ha chiarito che Trump 2.0 non li sosterrà contro il loro stesso popolo, in particolare i populisti-nazionalisti che stanno attivamente cancellando, censurando e perseguitando.

Ha lasciato intendere con forza che gli USA vogliono che questi stessi movimenti con idee simili salgano al potere in tutta Europa, il che equivarrebbe a una rivoluzione continentale del tipo che Putin è stato il primo a prevedere nel giugno 2022 mentre parlava al Forum economico internazionale di San Pietroburgo di quell’anno. Il suo discorso può essere letto per intero qui , ma quello che segue è l’estratto pertinente che è stato da allora rivendicato nientemeno che dal nuovo vicepresidente americano quasi tre anni dopo essere stato deriso dai leader occidentali:

“Un risultato diretto delle azioni e degli eventi dei politici europei di quest’anno sarà l’ulteriore crescita della disuguaglianza in questi paesi, che, a sua volta, dividerà ancora di più le loro società, e il punto in questione non è solo il benessere, ma anche l’orientamento ai valori di vari gruppi in queste società. In effetti, queste differenze vengono soppresse e nascoste sotto il tappeto.

Francamente, le procedure democratiche e le elezioni in Europa e le forze che salgono al potere sembrano una facciata, perché partiti politici quasi identici vanno e vengono, mentre in fondo le cose rimangono le stesse. I veri interessi delle persone e delle aziende nazionali vengono spinti sempre più verso la periferia.

Una tale disconnessione dalla realtà e dalle richieste della società porterà inevitabilmente a un’ondata di populismo e movimenti estremisti e radicali, grandi cambiamenti socioeconomici, degrado e un cambiamento delle élite nel breve termine. Come puoi vedere, i partiti tradizionali perdono sempre. Nuove entità stanno venendo in superficie, ma hanno poche possibilità di sopravvivenza se non sono molto diverse da quelle esistenti”.

I populisti-nazionalisti che da allora sono emersi in tutta Europa non avrebbero avuto neanche lontanamente il sostegno che hanno se non fosse stato per la controproducente adesione dell’élite liberal-globalista al potere alle sanzioni anti-russe degli Stati Uniti. Anche l’enorme importazione di immigrati dissimili per civiltà, molti dei quali rifiutano di assimilarsi e integrarsi nella società europea, ha giocato un ruolo importante, ma sono state le conseguenze economiche di queste sanzioni a portare alla loro impennata di popolarità negli ultimi tre anni.

L’opinione pubblica in generale ha appoggiato i populisti-nazionalisti a seguito di questi cambiamenti socio-culturali (legati ai migranti) e soprattutto economici (legati alle sanzioni), questi ultimi accelerati dal 2022 a differenza dei primi che hanno raggiunto il picco nel 2015 e da allora si sono per lo più stabilizzati. Prevedendo l’ulteriore peggioramento di queste tendenze economiche in mezzo alle sanzioni allora appena imposte e pronosticandone le conseguenze politiche, Putin ha elaborato subito dopo la sua previsione.

Lo ha fatto alla cerimonia di benvenuto di quattro ex regioni ucraine in Russia il 30 settembre 2022. Il suo discorso completo può essere letto qui ed è stato analizzato qui all’epoca, che si è concentrato sugli ultimi due terzi del suo discorso sulla lotta globale per la democrazia contro l’élite occidentale, sia in tutto il mondo che all’interno dell’Occidente stesso. C’è troppo da citare, quindi i lettori sono incoraggiati almeno a leggere l’analisi se non hanno il tempo di leggere il discorso completo, ma ecco alcuni punti salienti:

“La gente non può essere nutrita con dollari ed euro stampati… Ecco perché i politici in Europa devono convincere i loro concittadini a mangiare meno, fare la doccia meno spesso e vestirsi in modo più pesante a casa. E coloro che iniziano a fare domande giuste come ‘Perché, in effetti?’ vengono immediatamente dichiarati nemici, estremisti e radicali. Puntano il dito contro la Russia e dicono: quella è la fonte di tutti i vostri problemi. Altre bugie.

Vorrei ripetere che la dittatura delle élite occidentali prende di mira tutte le società, compresi i cittadini dei paesi occidentali stessi. Questa è una sfida per tutti. Questa rinuncia completa a ciò che significa essere umani, il rovesciamento della fede e dei valori tradizionali e la soppressione della libertà stanno diventando simili a una “religione al contrario”, ovvero puro satanismo.

Come ho già detto, abbiamo molte persone che la pensano come noi in Europa e negli Stati Uniti, e sentiamo e vediamo il loro sostegno. Un movimento essenzialmente emancipatorio e anticoloniale contro l’egemonia unipolare sta prendendo forma nei paesi e nelle società più diversi. Il suo potere non potrà che crescere con il tempo. È questa forza che determinerà la nostra futura realtà geopolitica”.

Putin stava parlando esattamente degli stessi populisti-nazionalisti che ora sono sul punto di arrivare al potere tramite elezioni in tutta Europa e i cui movimenti sono stati appena approvati da Vance a Monaco. La confluenza di interessi tra la Russia e l’America di Trump per quanto riguarda queste forze politiche è stata appena accennata anche in questa analisi qui , che menziona come questi tre – la Russia, l’America di Trump e i populisti-nazionalisti d’Europa – abbraccino il modello di civiltà-stato del filosofo russo Alexander Dugin.

Vance ha dimostrato la sua adesione a queste opinioni parlando della “civiltà condivisa” degli Stati Uniti e dell’Europa, che si allinea con l’essenza degli insegnamenti di Dugin su come le relazioni internazionali si stanno evolvendo nella direzione di stati-civiltà come l’Occidente e il mondo russo , et al. Trump 2.0, il cui ritorno al potere può essere descritto come la ” Seconda rivoluzione americana “, e i populisti-nazionalisti europei possono essere considerati le avanguardie della rinascita della civiltà occidentale che Trump chiama “l’ età dell’oro americana “.

Putin ha abbracciato il modello di civiltà-stato di Dugin molto tempo fa, e la sua espressione più famosa è l’articolo che ha scritto nel luglio 2021 ” Sull’unità storica di russi e ucraini “, che parla esplicitamente dei “legami di civiltà” di queste persone affini. Da allora ha fatto ripetuti riferimenti all’unicità della civiltà russa, anticipando così le sue controparti occidentali, che solo ora stanno iniziando a parlare allo stesso modo.

Considerando tutto questo, è stato veramente il caso che Vance abbia appena rivendicato la previsione di Putin sul cambiamento politico in Europa, che potrebbe portare a un “nuovo ordine mondiale” se avesse successo. La coalescenza dell’Occidente in uno stato-civiltà può accelerare un ritorno a “sfere di influenza” modellate sul paradigma della ” scacchiera delle grandi potenze del XIX secolo “, in cui gli stati-civiltà guidati da grandi potenze come la Russia e l’Occidente guidato dagli Stati Uniti stipulano accordi tra loro su paesi più piccoli invece di usarli l’uno contro l’altro.

Sebbene questo approccio sia certamente controverso, è l’incarnazione della realpolitik negli affari globali contemporanei, che evita pragmaticamente gli imperativi ideologici in favore di accordi guidati dagli interessi. Se l’Occidente guidato dagli Stati Uniti iniziasse ad applicarlo, o piuttosto tornasse a questo modello di diplomazia che ha praticato in precedenza per secoli, allora ripristinerebbe enormemente la stabilità nelle relazioni internazionali. È prematuro prevedere se ciò accadrà, per non parlare di quando, solo che ora è uno scenario credibile da monitorare.

Per essere chiari, le spiegazioni e le previsioni condivise in questa analisi riguardano lo scenario di un riavvicinamento della Russia all’Occidente in seguito alla conclusione positiva dei colloqui di pace con gli Stati Uniti e non costituiscono in alcun modo una dichiarazione di ciò che accadrà sicuramente.

La proposta di Trump di riportare la Russia nel G7 e la previsione di Orban sul fatto che verrà “reintegrata nel… sistema di sicurezza europeo e persino nel sistema economico ed energetico europeo” dopo la fine del conflitto ucraino accennano a un riavvicinamento russo con l’Occidente. Sono in corso colloqui di pace tra Russia e Stati Uniti e, se riuscissero a produrre uno qualsiasi dei suddetti risultati, allora questo dovrebbe essere giustificato in modo convincente, così come il futuro della politica estera russa. Ecco alcune spiegazioni e previsioni:

———-

* La Russia ha neutralizzato le minacce provenienti dall’Ucraina provenienti dalla NATO

Lo speciale durato quasi tre anni l’operazione ha visto la Russia distruggere tutte le scorte della NATO che aveva inviato in Ucraina, che altrimenti avrebbero potuto essere utilizzate per aiutare a lanciare un’invasione convenzionale per procura della Russia un giorno se la Russia non avesse fermato in modo decisivo l’espansione clandestina del blocco in Ucraina. Sebbene il rischio di una terza guerra mondiale sia aumentato a volte nel frattempo a causa di alcune provocazioni ucraine molto pericolose sostenute dagli Stati Uniti, tale rischio è ora ampiamente diminuito a causa della vittoria della Russia sul procuratore ucraino della NATO.

* Il ritorno di Trump ha rivoluzionato le relazioni tra Russia e Stati Uniti

La purga del “Dipartimento per l’efficienza governativa” dei guerrafondai liberal-globalisti, che fino a quel momento avevano controllato le burocrazie militari, di intelligence e diplomatiche permanenti degli Stati Uniti (“stato profondo”), subito dopo l’insediamento di Trump è responsabile dell’inizio dei colloqui tra Russia e Stati Uniti. Questi rapidi processi hanno rivoluzionato le relazioni tra Russia e Stati Uniti e di conseguenza hanno contribuito alla ricalibrazione della Russia nella sua valutazione della minaccia per gli Stati Uniti, che a sua volta ha riaperto opportunità precedentemente chiuse.

* I compromessi reciproci pragmatici sono finalmente possibili

Mentre resta da vedere esattamente quale forma assumeranno, qualsiasi accordo possa emergere dagli attuali colloqui tra Russia e Stati Uniti comporterà quasi certamente compromessi pragmatici reciproci, che sarebbero stati possibili grazie ai fattori sopra menzionati. Né Putin né Trump sono massimalisti, ed entrambi hanno dimostrato il loro pragmatismo in passato, quindi è ragionevole aspettarsi che si incontrino a metà strada. L’esempio che hanno dato potrebbe quindi diventare la norma per risolvere le controversie e i conflitti di altri stati.

* La Russia non ha mai rifiutato la cooperazione con nessun Paese

È stato l’Occidente guidato dagli USA a rifiutare la cooperazione con la Russia, non il contrario, poiché la Russia ha sempre sostenuto che avrebbe cooperato con qualsiasi paese amico. Per questo motivo, i nemici di oggi potrebbero diventare i partner di domani se invertissero le loro politiche ostili. Dopo tutto, ex nemici come Turchia, Iran e Cina sono ora alcuni dei partner più stretti della Russia, e i legami con la Germania erano eccellenti prima del 2022 nonostante il genocidio dei sovietici da parte dei nazisti, quindi esiste il precedente per un riavvicinamento con l’Occidente.

* I suoi movimenti multipolari sono sempre stati graduali e responsabili

A parte l’operazione speciale, che è stata un ultimo disperato tentativo di salvaguardare la sicurezza nazionale della Russia dopo l’espansione clandestina della NATO in Ucraina, tutte le mosse multipolari della Russia sono sempre state graduali e responsabili. Creare una moneta BRICS , ad esempio, cosa che la Russia ha confermato di non fare, potrebbe gettare nel caos l’ordine fragile e interconnesso a danno di tutti. Qualsiasi rallentamento percepito delle mosse multipolari da parte sua dopo un riavvicinamento con l’Occidente sarebbe quindi un’illusione.

* Sia la Russia che l’America di Trump preferiscono i populisti-nazionalisti

Per la prima volta dalla fine della vecchia Guerra Fredda, l’America sotto la seconda amministrazione di Trump ora preferisce apertamente leader e movimenti populisti-nazionalisti rispetto ai liberal-globalisti, il che si allinea con la preferenza della Russia dell’ultimo decennio. Questa convergenza di interessi potrebbe persino vederli lavorare insieme in paesi terzi come parte di un nuovo modus vivendi per liberarli dal giogo dei superstiti liberal-globalisti che gli Stati Uniti stanno ora attivamente espellendo dal loro “stato profondo”.

* Entrambi sono anche favorevoli all’ascesa degli stati-civiltà

La previsione del professor Alexander Dugin sull’ascesa degli stati-civiltà si è avverata dopo che l’Unione Eurasiatica della Russia ha assunto tali contorni in nome del mondo russo, mentre Trump 2.0 ha avanzato rivendicazioni su Canada e Groenlandia come parte di una politica complementare di ” Fortezza America “. Potrebbero quindi supportare congiuntamente movimenti populisti-nazionalisti negli stati-ancora di civiltà che si sforzano di costruire le proprie sfere di influenza regionali simili nell’ordine mondiale emergente di civiltà multipolare.

* La Russia è neutrale nella dimensione sino-americana della nuova guerra fredda

Proprio come la Cina è neutrale nella dimensione russo-americana della Nuova Guerra Fredda , così anche la Russia è neutrale nei confronti di quella sino-americana, nonostante ciascuna sia il principale partner strategico dell’altra. Tuttavia, è importante che non siano alleati ed è per questo che nessuno dei due è obbligato a supportare l’altro contro gli Stati Uniti, il che spiega perché la Cina non arma la Russia o non riconosce il suo controllo sulle Nuove Regioni, il che giustifica ulteriormente la neutralità russa se la rivalità sino-americana dovesse prevedibilmente intensificarsi dopo la fine del conflitto ucraino.

* Il multi-allineamento è il pilastro della politica estera russa

La Russia ha sempre cercato di trovare un equilibrio tra i suoi diversi partner stranieri, ma il suo grande obiettivo strategico di fungere da ponte tra la Cina e l’UE che aggiunge valore al commercio in entrambe le direzioni è stato compensato dall’operazione speciale che è stata costretta a intraprendere. Un riavvicinamento significativo con l’Occidente potrebbe portare alla ripresa di questa politica, anche se in nuove condizioni dopo quanto appena accaduto e l’imminente intensificazione della rivalità sino-americana, che ripristinerebbe il suo atto di bilanciamento brevemente abbandonato.

* La Russia promuoverà sempre la multipolarità nel mondo

Non c’è alcuna possibilità realistica che la Russia smetta mai di promuovere la multipolarità, poiché i suoi duraturi interessi di sicurezza nazionale dipendono dal completamento con successo di questi processi in tutto il mondo. Anche se i legami con l’Occidente migliorassero, la Russia continuerebbe a promuovere la regionalizzazione nel Sud del mondo per accelerare l’ascesa degli stati-civiltà e delle loro sfere di influenza associate, il che può accelerare la creazione di un “nuovo ordine mondiale” che sia più prevedibile almeno per i giocatori più grandi. Questa è probabilmente la mossa finale della Russia.

———-

Per essere chiari, le spiegazioni e le previsioni condivise sopra riguardano lo scenario di un riavvicinamento russo all’Occidente in seguito alla conclusione positiva dei colloqui di pace con gli Stati Uniti, non sono in alcun modo una dichiarazione di ciò che accadrà sicuramente. Tale scenario rimane credibile, sebbene la sua probabilità non possa essere valutata con sicurezza, a causa di eventi recenti. Lo scopo di questo esercizio è quindi esclusivamente quello di prevedere le motivazioni della Russia se ciò dovesse accadere e le possibili conseguenze per la sua politica estera.

La Polonia è di nuovo pronta a diventare il principale partner degli Stati Uniti in Europa

19 febbraio

La sua autoesclusione dal proposto “esercito d’Europa”, unita alle crescenti preoccupazioni informali sulle intenzioni territoriali di Germania e Ucraina, rendono la Polonia il partner perfetto degli Stati Uniti per un’Europa in cui il principio “divide et impera” sarà finalmente concluso, dopo la guerra per procura della NATO con la Russia.

Il ministro degli Esteri polacco Radek Sikorski si è espresso contro la proposta di Zelensky di un ” esercito d’Europa ” dichiarando categoricamente che ” non accadrà “, nonostante molti dei suoi pari volessero dare priorità a tali piani alla luce dell’imminente disimpegno degli Stati Uniti dal continente a cui JD Vance aveva accennato nel suo storico discorso . Gli osservatori occasionali hanno dato per scontato che questo eurofilo da sempre avrebbe colto al volo l’opportunità, così come l’ex presidente del Consiglio europeo diventato primo ministro Donald Tusk, ma ciò non è accaduto.

Anche se sono rispettivamente più anglofili e germanofili che europeisti, e i loro corrispondenti sostenitori stranieri sostengono la proposta di Zelensky, la metà del duopolio al potere in Polonia di Sikorski e Tusk deve immediatamente fare appello all’opinione pubblica prima delle elezioni presidenziali di maggio. Devono sostituire il presidente uscente Andrzej Duda con il loro collega membro di “Piattaforma civica” (PO) Rafal Trzaskowski invece di permettere al suo collega membro di “Diritto e giustizia” (PiS) Karol Nawrocki di farlo.

La coalizione liberal-globalista guidata da PO di Tusk è salita al potere nell’autunno del 2023, ma non è stata in grado di attuare la sua radicale agenda socio-culturale in patria a causa dei diritti di veto del presidente conservatore (molto imperfetti). Sostituirlo con Trzaskowski consentirebbe a PO di realizzare i suoi piani, mentre la sua sostituzione con Nawrocki porterebbe a una continua situazione di stallo fino alle prossime elezioni parlamentari dell’autunno del 2027. Sul fronte della politica estera, sia PO che PiS sono filoamericani, anche se a livelli diversi.

Il PO non può essere descritto come antiamericano in nessun modo, ma è stato tradizionalmente considerato più filo-tedesco che filo-americano, mentre il PiS si è evoluto in un partito apertamente anti-tedesco che è rabbiosamente filo-americano. Di conseguenza, il PO potrebbe ipoteticamente voler partecipare a un “esercito d’Europa”, ma per ora deve giocare a fare il freddo prima delle elezioni presidenziali di maggio. Allo stesso tempo, tuttavia, si è anche evoluto dall’autunno 2023 e ha iniziato a promuovere alcune politiche a sostegno dell’interesse nazionale.

Questi hanno assunto la forma di fortificare il muro di confine del PiS con la Bielorussia, costruito per fermare le invasioni di immigrati clandestini , su cui il leader del paese vicino, come minimo, chiude un occhio, in quanto risposta asimmetrica alla campagna di cambio di regime della Polonia contro di lui, e di resistere all’Ucraina. Quest’ultima ha visto la Polonia far rivivere la Volinia Genocidio hanno contestato negli ultimi mesi e hanno dichiarato che forniranno armi all’Ucraina solo a credito, invece di continuare a darle tutto gratuitamente come in passato.

Con queste politiche in mente, che potrebbero essere sincere e non solo una farsa per convincere alcuni cosiddetti “nazionalisti moderati” del PiS, PO potrebbe anche essere serio riguardo alla sua opposizione all'”esercito d’Europa”. In tal caso, in realtà non importerebbe se Trzaskowski o Nawrocki sostituiranno Duda tra qualche mese, poiché la Polonia potrebbe ancora escludersi da questo processo regionale nel perseguimento di quello che il suo duopolio al potere avrebbe apparentemente accettato essere l’interesse nazionale.

Per elaborare, la Polonia ha costantemente cercato di ritagliarsi una ” sfera di influenza ” per sé nell’Europa centrale e orientale, sia sovrapponendosi a parti del suo ex Commonwealth, sia espandendosi oltre quei confini in nuovi domini come i Balcani. Queste ambizioni hanno preso la forma del ” Partenariato orientale ” del 2009 che ha co-fondato con la Svezia, della ” Iniziativa dei tre mari ” del 2016 che ha co-fondato con la Croazia e del ” Triangolo di Lublino ” del 2020 che ha co-fondato con Lituania e Ucraina.

Prima che PO tornasse al nocciolo di questi piani alla fine dell’anno scorso, i primi mesi del suo governo più recente lo hanno visto essenzialmente subordinare la Polonia al concetto tedesco di ” Fortezza Europa “, che si riferisce ai piani dell’amministrazione Biden di far sì che il leader de facto dell’UE assumesse il controllo del continente come suo rappresentante. L’incomparabile forza economica della Germania e l’ideologia liberal-globalista della coalizione di governo abbinate al manifesto egemonico di dicembre 2022 di Olaf Scholz rendono questo uno scenario molto attraente per gli Stati Uniti.

Tutto è cambiato da allora dopo il ritorno politico senza precedenti di Trump nell’ultimo anno, che sta rivoluzionando la politica estera degli Stati Uniti e ha portato allo storico discorso di Vance la scorsa settimana, in cui ha accennato all’imminente disimpegno del suo paese dall’Europa. Il discorso di Vance ha coinciso anche in modo importante con l’elogio del nuovo Segretario alla Difesa Pete Hegseth alla Polonia come ” alleato modello nel continente “, tuttavia, suggerendo così che gli Stati Uniti favoriranno ancora una volta la Polonia rispetto alla Germania.

Non sarebbe sorprendente, dato che è la stessa politica applicata da Trump durante il suo primo mandato, ma sarebbe di grande aiuto se il PiS rimanesse alla presidenza e la Polonia non precipitasse nel genere di distopia liberal-globalista contro cui Vance si è appena scagliato se Trzaskowski vincesse. Anche se lo facesse, tuttavia, il PO potrebbe esercitare autocontrollo e controllare alcuni dei suoi impulsi liberal-globalisti più estremi in modo da non mettersi dalla parte sbagliata di Trump e rischiare di essere preso come un esempio, come è già successo ad altri .

Il rafforzamento dei legami militari polacco-statunitensi durante l’imminente disimpegno degli USA dall’Europa, mentre “tornano (indietro) verso l’Asia” per contenere più muscolosamente la Cina, farebbe progredire entrambi gli interessi. Dal lato americano, la Polonia può ancora una volta essere usata come un cuneo per tenere sotto controllo i legami tedesco-russi se migliorano dopo la fine del conflitto ucraino e l’AfD gioca un ruolo nella prossima coalizione di governo per aiutare a realizzare ciò, il che si collega direttamente a ciò che la Polonia ha da guadagnare da questo.

In parole povere, i sogni del duopolio al potere di ripristinare la gloria geopolitica perduta del loro paese potrebbero essere di nuovo intrattenuti se gli Stati Uniti tornassero a favorire apertamente la Polonia come principale alleato europeo, il che potrebbe portare al sostegno americano per la “Three Seas Initiative” guidata dalla Polonia e il “Lublino Triangle” nel perseguimento di questo obiettivo. La Polonia diventerebbe la calamita naturale per stati regionalmente scontenti come i Paesi baltici, la Romania e persino l’Ucraina se la guerra per procura NATO-Russia finisse con un compromesso come previsto, quindi questo è molto plausibile.

A seconda dell’esito del riavvicinamento pianificato dagli Stati Uniti con la Bielorussia , la Polonia potrebbe essere incoraggiata a intensificare e riparare anche i rapporti con il principale alleato della Russia, il tutto nel tentativo di allontanare Lukashenko da Mosca e riportarlo al suo “atto di equilibrio” pre-estate 2020 per tenere Putin in bilico. Niente di tutto ciò sarebbe possibile se la Polonia cedesse ancora più sovranità all’UE guidata dalla Germania unendosi all'”esercito d’Europa” appena proposto da Zelensky e indebolisse così la sua alleanza militare con gli Stati Uniti.

Alcuni polacchi temono anche che il possibile ruolo dell’AfD nella prossima coalizione di governo in Germania potrebbe portare alla ripresa di rivendicazioni almeno informali su ciò che Varsavia chiama i “Territori recuperati” che furono ottenuti dopo la seconda guerra mondiale. Questi erano polacchi per secoli prima di diventare tedeschi, ma è al di là dello scopo di questa analisi entrare nei dettagli. Allo stesso modo, c’è anche il rischio che l’Ucraina post-conflitto reindirizzi parte del suo iper-nazionalismo dalla Russia alla Polonia, le cui regioni sudorientali sono rivendicate da alcuni radicali.

Di conseguenza, l’imminente disimpegno degli Stati Uniti dall’Europa potrebbe incoraggiare una Germania parzialmente governata dall’AfD e un’Ucraina irrimediabilmente iper-nazionalista ad avanzare un giorno le loro pretese sulla Polonia ( forse Anche congiuntamente ), che potrebbe essere scoraggiata solo dagli stretti legami militari della Polonia con gli Stati Uniti. Di rilievo, l’Ucraina afferma di avere già quasi 1 milione di truppe mentre Polonia e Germania sono attivamente in competizione per costruire il più grande esercito dell’UE, con la Polonia che ha già il terzo più grande nella NATO .

I due paragrafi precedenti non sono stati scritti per implicare una previsione sulla Germania e/o l’Ucraina che invaderanno la Polonia, ma semplicemente per descrivere come il duopolio al potere in Polonia potrebbe percepire i rapidi processi in corso in Europa in questo momento e cosa pensano che potrebbero eventualmente portare. Questa interpretazione spiegherebbe perché la metà filo-tedesca di questo duopolio che è attualmente al potere ha rotto con Berlino su questa questione e mostra quanto facilmente gli Stati Uniti possano sfruttare questa percezione per continuare a dividere e governare l’Europa.

Non ci si aspetta che nessuna delle due metà del duopolio al potere in Polonia sostituisca il proprio allarmismo su un’invasione russa con un allarmismo su un’invasione tedesca e/o ucraina, ma sono evidentemente preoccupati per gli ultimi due scenari, come dimostrato dal nuovo approccio di PO verso l’UE e gli USA. Rifiutarsi di cedere più sovranità militare all’UE guidata dalla Germania, rafforzando al contempo i legami militari con gli USA, dimostra che persino la metà più eurofila di questo duopolio si sta proteggendo dalle suddette minacce.

Guardando al futuro, PO smaschererà l’approccio sopra menzionato come una farsa elettorale dopo il voto presidenziale di May o continuerà su questa traiettoria facendo sì che la Polonia torni a essere il principale alleato degli Stati Uniti nel continente, dopodiché il suo duopolio al potere cercherebbe di ricavarne alcuni benefici. Questi potrebbero assumere la forma dell’aiuto degli Stati Uniti a ripristinare la sua gloria geopolitica perduta nelle condizioni contemporanee tramite la “Three Seas Initiative” scoraggiando al contempo le minacce percepite dalla Germania e/o dall’Ucraina.

L’imminente disimpegno degli USA dall’Europa rimarrebbe incompleto in quel caso, poiché il suo focus continentale si sposterebbe sulla Polonia e sulla sua prevista “sfera di influenza”. La quantità totale di truppe lì sarebbe inferiore a quella che ha ora in Europa, ma sarebbe comunque sufficiente per supervisionarle tutte dopo la fine del conflitto ucraino. Tutto dipende da PO, tuttavia, e potrebbero alla fine preferire mantenere la Polonia subordinata alla Germania invece di provare ancora una volta a crescere come potenza regionale.

Questo attacco su larga scala con i droni non solo ha danneggiato uno degli investimenti regionali più importanti degli Stati Uniti, ma ha anche messo a repentaglio la sicurezza energetica del suo alleato israeliano, che dipende in larga misura dal petrolio kazako che transita attraverso questo oleodotto internazionale che termina in Russia.

L’Ucraina ha condotto un attacco di droni su larga scala contro la stazione di pompaggio del Caspian Pipeline Consortium (CPC), parzialmente di proprietà statunitense, nella regione russa di Krasnodar, lunedì mattina presto. Finora, pochi erano a conoscenza di questo progetto, per non parlare del fatto che continuava a funzionare senza problemi nonostante la guerra per procura NATO-Russia in Ucraina e le sanzioni anti-russe dell’Occidente, ma è uno degli investimenti regionali più significativi dell’America. Questo attacco audace rischia quindi di provocare l’ira di Trump.

L’ex presidente russo e vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev ha pubblicato martedì un lungo post su Telegram in cui sosteneva che Zelensky era a conoscenza del legame degli Stati Uniti con il PCC ma che ha comunque portato avanti questo attacco con droni su larga scala. Secondo lui, avrebbe dovuto essere “un triplo colpo per le aziende americane, il mercato petrolifero e Trump personalmente”, il che è stato fatto in risposta ai timori che il leader statunitense costringesse l’Ucraina a fare la pace con la Russia.

Potrebbe aver ragione, visto che il Telegraph ha rivelato che Zelensky è arrabbiato per il tentativo di Trump di imporre richieste all’Ucraina che “ammonterebbero a una quota maggiore del PIL ucraino rispetto alle riparazioni imposte alla Germania dal Trattato di Versailles”, se accettasse la proprietà delle sue risorse da parte degli Stati Uniti. Il parlamentare russo Dmitry Belik ha ipotizzato il giorno prima del post di Medvedev che elementi avversari all’interno dello “stato profondo” degli Stati Uniti potrebbero aver anche elaborato questa provocazione con il Regno Unito per “mettersi nei guai (Trump)”.

Indipendentemente dal fatto che sia così o meno, gli orchestratori di questo attacco probabilmente non sapevano nemmeno che il CPC è parte integrante della sicurezza energetica del principale alleato americano, Israele, che ha ricevuto una notevole quantità di petrolio da questo megaprogetto nel corso della sua ultima guerra regionale contro l’ Asse della Resistenza guidato dall’Iran . I lettori possono saperne di più qui , che ha analizzato i dati sulle esportazioni di petrolio del Kazakistan e persino della Russia verso Israele durante quel conflitto durato 15 mesi, di cui pochi erano a conoscenza fino ad allora.

Considerando che una guerra di continuazione con Hamas e/o Hezbollah potrebbe scoppiare in qualsiasi momento, data la fragilità dei cessate il fuoco di Israele con entrambi, non c’è dubbio che Bibi farà tutto il necessario per convincere Trump a garantire la sicurezza del PCC nel caso in cui la regione ricada in un conflitto. Ciò potrebbe assumere la forma di Trump che, come minimo, minaccia dietro le quinte di trattenere gli aiuti finanziari e/o militari all’Ucraina, a meno che non abbandoni unilateralmente la sua politica di attacco alle infrastrutture petrolifere russe.

Il contesto più ampio dei colloqui di pace in corso tra Russia e Stati Uniti sull’Ucraina potrebbe persino portare Mosca a seguire l’esempio evitando i propri attacchi contro l’infrastruttura energetica di quel paese come primo passo verso un possibile cessate il fuoco per facilitare le elezioni che potrebbero poi portare alla sostituzione di Zelensky . Ovviamente resta da vedere esattamente come Trump risponderà alla provocazione oltraggiosa di Zelensky, ma è estremamente improbabile che la ignori, soprattutto considerando come ciò danneggi indirettamente anche Israele.

L’attacco di droni su larga scala dell’Ucraina contro il CPC, in parte di proprietà degli USA, finirà probabilmente per essere qualcosa di cui si pentirà. Sarebbe prematuro descriverlo come un punto di svolta, ma non avrebbe potuto verificarsi in un momento peggiore per l’Ucraina, dati gli attuali colloqui tra Russia e Stati Uniti su quel paese. Chiunque abbia orchestrato e approvato questo attacco potrebbe persino perdere il lavoro o peggio, considerando quanto prevedibilmente finirà per essere dannoso per gli interessi dell’Ucraina in questo momento cruciale del conflitto .

Ha affermato che nessuno in Europa sa quale sia effettivamente il piano di Trump, che non sono in grado di radunare le circa 100.000 truppe che richiederebbe una prolungata missione di mantenimento della pace in Ucraina e che la Polonia è ancora riluttante a partecipare a una missione del genere, anche se subisce forti pressioni a farlo.

Il capo dell’ufficio per la sicurezza nazionale della Polonia, Dariusz Lukowski, ha rilasciato un’intervista a Radio ZET lunedì sulla posizione del suo paese nei confronti del conflitto ucraino . Secondo lui, non dovrebbe inviare peacekeeper in Ucraina, ma questo non può ancora essere escluso in futuro nonostante il primo ministro Donald Tusk una volta di nuovo dicendo esplicitamente che non lo farà. Questo perché ci sarebbe molta pressione sulla Polonia per essere coinvolta se altri inviassero prima i loro peacekeeper, ma non è ancora sicuro che ciò accadrà.

Ha valutato che l’Europa nel suo complesso non ha le 100.000 truppe pronte che sarebbero necessarie per pattugliare la linea del fronte lunga oltre 1.000 chilometri per il decennio in cui si aspetta che una tale missione duri almeno. Anche se la Polonia non partecipasse sul campo, tuttavia, ha detto che potrebbe comunque “mettere in sicurezza lo spazio aereo sopra l’Ucraina. Una forma di polizia aerea. Gli aerei basati in Polonia potrebbero pattugliare lo spazio aereo dell’Ucraina”. Tali scenari dipenderebbero naturalmente dall’esito dei colloqui tra Russia e Stati Uniti .

A questo proposito, Lukowski ha detto che il nuovo Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Pete Hegseth non ha informato i suoi ospiti sui dettagli del piano di pace previsto da Trump durante la visita della scorsa settimana né ha chiesto loro di partecipare a una missione di mantenimento della pace. Ha aggiunto che “Abbiamo provato a porre alla parte americana una domanda del genere (sulla loro strategia negoziale), perché siamo interessati a quali tipi di strumenti vorrebbero usare per convincere Putin ad adottare questa o quella soluzione e non altre, ma non sono stati forniti dettagli specifici”.

Un altro punto sollevato da questo alto funzionario della sicurezza è stato che il presidente uscente Andrzej Duda “ha cercato di trasmettere in modo molto chiaro come la Polonia percepisce le questioni russe, che non ci si può fidare della Russia”, ma non ha detto se pensava che Hegseth avrebbe ascoltato ciò che il leader polacco aveva da dire. Lukowski ha continuato affermando che la Russia potrebbe attaccare la Polonia in qualsiasi momento, ma ha detto che non crede che gli Stati Uniti tradirebbero la Polonia anche se ciò accadesse abbandonandola ad affrontare la Russia da sola.

Ciononostante, ha avvertito che la Polonia ha ancora bisogno di tre anni “per avere le capacità di resistere efficacemente o dissuadere un potenziale avversario dall’attaccare il nostro paese”, probabilmente in un cenno alla parte ” East Shield ” della ” European Defense Line ” che il suo paese sta costruendo lungo i suoi confini con Kaliningrad e Bielorussia. In ogni caso, Lukowski ha detto che il piano del suo paese è di sopravvivere per 2-3 settimane fino a quando non potrà arrivare il supporto dei suoi alleati, il che suggerisce curiosamente un ritardo molto più lungo negli aiuti della NATO rispetto a quanto si aspettino la maggior parte degli osservatori.

Forse la cosa più importante da ricordare nella sua intervista è stata la sua ammissione che la Polonia ha fallito nei suoi piani di produrre le proprie munizioni. Nelle sue parole, “È una brutta situazione. In molte aree non abbiamo indipendenza. Questa è una situazione classica che osserviamo in Ucraina e una lezione che deve essere appresa. Se non abbiamo il nostro potenziale, le nostre forniture garantite, altri decideranno il ritmo e il modo di condurre la guerra”. Ha poi detto di non capire perché questo problema persista e ha messo in guardia sulle sue conseguenze.

L’intervista di Lukowski ha confermato l’esitazione della Polonia a coinvolgersi direttamente nel conflitto ucraino, esattamente come ha segnalato il vice primo ministro Krzysztof Gawkowski lo scorso novembre, quando ha avvertito che Zelensky vuole provocare una guerra tra loro e la Russia. È anche fuori dal giro quando si tratta dei colloqui di pace in corso tra Russia e Stati Uniti, nonostante Hegseth abbia descritto la Polonia come “alleato modello” dell’America durante la visita della scorsa settimana. Pertanto, non ci si aspetta che la Polonia faccia mosse drammatiche o avventate per il momento.

La cosa migliore da fare sarebbe quella di anticipare gli Stati Uniti invece di accettare qualsiasi accordo da loro stipulato nei confronti di Russia e/o Bielorussia, ma nessuna delle due metà del duopolio al potere ha un simile interesse.

Il New York Times ha riferito sabato che un recente viaggio a Minsk del vice assistente segretario di Stato come parte dell’ultimo scambio di prigionieri tra Russia e Stati Uniti potrebbe precedere un riavvicinamento tra Bielorussia e Stati Uniti. Secondo le loro fonti, quel funzionario ha detto ai diplomatici occidentali che stanno esplorando un “grande accordo” in base al quale Lukashenko “rilascerebbe una serie di prigionieri politici” in cambio dell’allentamento delle sanzioni statunitensi sulle sue banche e sulle esportazioni di potassio, che potrebbero andare di pari passo con l’ultima diplomazia degli Stati Uniti con la Russia.

Hanno citato un parente di una delle figure più importanti imprigionate, il quale ha suggerito che questo accordo potrebbe “allentare la dipendenza della Bielorussia dalla Russia e preservare una certa influenza per gli Stati Uniti e l’Unione Europea”. Estrapolando da questo potenziale imperativo, si potrebbe quindi fare un altro tentativo per incentivare Lukashenko a spostarsi verso ovest come fece prima della fallita Rivoluzione Colorata dell’estate 2020 , il che potrebbe spingere la Russia a essere più flessibile verso qualsiasi compromesso sull’Ucraina se abboccasse all’amo.

Qualsiasi miglioramento delle relazioni tra Bielorussia e Stati Uniti, indipendentemente dal motivo, lascerebbe la vicina Polonia in difficoltà, tuttavia, poiché è stata in prima linea in questa operazione di cambio di regime occidentale contro Lukashenko. Quindi, si può sostenere che abbia risposto a questo ibrido non provocato. Aggressione bellica , come minimo chiudendo un occhio sugli immigrati clandestini dissimili per civiltà che invadevano la Polonia da oltre il confine comune. Da allora le tensioni sono precipitate fino al loro attuale punto più basso. Ecco cinque briefing di base:

* 13 maggio 2024: “ L’aumento delle fortificazioni al confine con la Polonia non ha nulla a che fare con legittime percezioni di minaccia ”

* 2 giugno 2024: “ La Polonia può difendersi dall’invasione degli immigrati clandestini senza peggiorare le tensioni con la Russia ”

* 19 luglio 2024: “ Perché la Polonia ha respinto la proposta della Bielorussia di risolvere i loro problemi di confine? ”

* 26 novembre 2024: “ La prossima provocazione anti-russa dell’Occidente potrebbe essere quella di destabilizzare e invadere la Bielorussia ”

* 30 gennaio 2025: “ La Polonia non invierà truppe in Bielorussia o in Ucraina senza l’approvazione di Trump ”

Anche se il nuovo Segretario alla Difesa Pete Hegseth ha elogiato la Polonia come ” alleato modello del continente ” durante la sua prima visita bilaterale europea, Trump 2.0 sta mettendo al primo posto gli interessi americani, non quelli di un singolo partner o di un gruppo di questi come quelli della NATO. Ciò sta assumendo la forma di dare priorità a un accordo di pace con la Russia rispetto all’Ucraina, che potrebbe quindi come minimo facilitare il “ritorno in Asia” degli Stati Uniti per contenere più energicamente la Cina e come massimo costruire un “nuovo ordine mondiale” con essa. Ecco tre briefing a riguardo:

* 13 febbraio 2025: “ Ecco cosa succederà dopo che Putin e Trump hanno appena concordato di avviare i colloqui di pace ”

* 14 febbraio 2025: “ Perché la Russia potrebbe riparare i suoi legami con l’Occidente e come potrebbe questo rimodellare la sua politica estera? ”

* 15 febbraio 2025: “ Il discorso di Vance a Monaco ha confermato la previsione di Putin per l’estate 2022 sul cambiamento politico in Europa ”

Il primo scenario potrebbe portare a un rapido cessate il fuoco o a un armistizio, mentre il secondo potrebbe vedere Russia e Stati Uniti unire le forze, in generale o caso per caso, per supportare una rivoluzione populista-nazionalista globale volta a portare al potere figure e movimenti che condividono la loro visione del mondo. Il ministro degli Esteri polacco Radek Sikorski ha già accennato il mese scorso che gli Stati Uniti potrebbero interferire nelle elezioni presidenziali di maggio tramite Musk personalmente e la sua piattaforma X più in generale, come è stato analizzato qui .

Il partito di opposizione “Law & Justice” (PiS) è più conservatore socialmente e filoamericano dei liberal-globalisti al potere della “Civic Platform” (PO), che si allineano molto più strettamente con la Germania ma non sono comunque antiamericani in alcun modo. PiS è stato al potere dal 2015 al 2023, rendendolo quindi responsabile sia della fallita Rivoluzione colorata dell’estate 2020 in Bielorussia sia del continuo sostegno della Polonia ai militanti antigovernativi in seguito, oltre ad aver aiutato il Regno Unito a sabotare i colloqui di pace russo-ucraini della primavera 2022.

Il modo in cui tutto questo si collega alle elezioni presidenziali di maggio è che né la sostituzione del presidente uscente Andrzej Duda con un altro membro del PiS, Karol Nawrocki, né il membro del PO Rafal Trzaskowski faranno alcuna differenza in termini di legami polacco-bielorussi, poiché entrambi praticano più o meno la stessa politica. L’unica differenza è che mantenere il PiS alla presidenza durante il mandato del leader del PO Donald Tusk come premier (la Polonia ha uno strano accordo di governo in questo momento) impedirà a quest’ultimo di cambiare la società.

Tuttavia, non ci si aspetta che nessuno dei due esiti elettorali veda la Polonia battere gli USA sul tempo, rattoppando i suoi problemi con la Bielorussia prima che lo facciano gli USA, il che sarebbe oggettivamente la migliore linea d’azione. Pertanto, la Polonia sarà probabilmente costretta ad accettare qualsiasi cosa gli USA accettino riguardo alla Russia e/o alla Bielorussia, invece di modellare le circostanze nella direzione dei suoi interessi nazionali, come dare priorità a un riavvicinamento con la Bielorussia e/o la Russia per superare gli USA e l’UE in questo senso.

Ciò significa in pratica che la Polonia continuerà a essere esclusa dagli sviluppi regionali chiave, proprio come è stata esclusa in precedenza dal vertice di Berlino dello scorso autunno tra i leader tedeschi, americani, britannici e francesi. I sogni del suo duopolio al potere di ripristinare la gloria geopolitica perduta della Polonia attraverso la creazione di una sfera di influenza regionale rimarranno di conseguenza nient’altro che illusioni di grandezza rese impossibili dalla loro mancanza di visione e di leale fedeltà agli interessi dei loro patroni stranieri.

Un mercenario australiano catturato potrebbe essere scambiato con una coppia russa accusata di spionaggio e forse anche con un giornalista attivista che ha trovato rifugio nel consolato russo a Sydney.

L’Australian Broadcasting Corporation ha riferito alla fine del mese scorso che ” un gruppo russo spinge per liberare spie accusate in cambio dell’australiano Oscar Jenkins “, il mercenario catturato alla fine dell’anno scorso nel Donbass, in un accordo che potrebbe includere anche Simeon “Aussie Cossack” Boikov. Quest’ultimo è un giornalista attivista che ha ricevuto la cittadinanza russa nel settembre 2023 e si è rifugiato nel consolato russo a Sydney per sfuggire a quella che descrive come persecuzione politica per le sue opinioni.

Nel frattempo, la coppia russa è accusata di spionaggio dopo che la moglie avrebbe ordinato al marito di accedere al suo account di lavoro mentre si trovava in Russia in licenza dal suo lavoro come tecnico dei sistemi informativi dell’esercito per passare informazioni segrete, rendendoli così figure di maggior valore per uno scambio. Rybar , che è un popolare canale milblog su Telegram che funge anche da una specie di think tank, ha valutato che loro e Jenkins potrebbero essere scambiati dopo che entrambi avranno ricevuto i rispettivi verdetti.

Il loro rapporto menzionava Boikov in relazione a questo scenario, ma era ambiguo sul fatto che alla fine sarebbe stato incluso in un eventuale scambio. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che non è stato accusato di spionaggio come quella coppia russa, quindi l’Australia potrebbe essere meno propensa ad accettare. Allo stesso tempo, la Russia potrebbe sostenere che Jenkins è una figura di valore molto più elevato di tutti e tre quegli altri australiani messi insieme, poiché è un mercenario che è stato catturato sul campo di battaglia, quindi è giusto scambiarlo con loro.

Se si raggiungesse un accordo di qualche tipo, potrebbe persino costituire la base di uno scambio più ampio se Trump proponesse che altri paesi occidentali si coinvolgano per scambiare alcuni dei russi detenuti nelle loro giurisdizioni con alcuni dei loro cittadini che potrebbero ancora essere detenuti in Russia, anche se non è chiaro chi. Tuttavia, è noto che i paesi a volte trattengono le presunte spie altrui senza annunciarlo pubblicamente, quindi potrebbero essercene alcuni da entrambe le parti che potrebbero essere scambiati se esistesse la volontà.

Trump ha una ragione per insistere in tal senso, poiché è importante continuare a costruire la fiducia con Putin nel mezzo dei loro nascenti negoziati sull’Ucraina, e il precedente del recente scambio di Alexander Vinnik con Marc Fogel e tre detenuti in Bielorussia (uno dei quali è americano) fa ben sperare per la suddetta proposta. Il processo di pace potrebbe trascinarsi per mesi se prima si concordasse un cessate il fuoco per revocare la legge marziale ucraina e consentire così nuove elezioni più avanti quest’anno, quindi questo non è un compito urgente per tutti i soggetti coinvolti.

Anche così, potrebbe ancora essere nelle carte, sia come scambio di basso livello tra Australia e Russia (indipendentemente dal fatto che Boikov sia incluso anche se presumibilmente dovrebbe esserlo) o qualcosa di molto più grande. Più grande è, meglio è quando si tratta di costruire la fiducia e forse anche di gettare le basi per un graduale riavvicinamento russo-occidentale dopo la fine della guerra per procura, sebbene entro limiti politici comprensibili. Sarebbe quindi una buona idea per tutti i potenziali stakeholder considerare seriamente questa possibilità.

Tutto sommato, i piani della base navale russa nel Golfo di Aden e nel Mar Rosso dipendono innanzitutto dall’attuazione o meno dell’accordo a lungo rimandato dal Sudan; in caso contrario, la variabile successiva è se gli Stati Uniti manterranno la loro base a Gibuti o trasferiranno le loro forze da lì al Somaliland, una volta riconosciuto quest’ultimo.

Il Corno d’Africa ha avuto un ruolo di primo piano nell’agenda diplomatica della Russia la scorsa settimana dopo due impegni di alto profilo con Gibuti e Somaliland. Il primo ha riguardato la visita del Presidente dell’Assemblea nazionale a Mosca per incontrare la sua controparte russa, mentre il secondo ha ospitato una delegazione guidata dal Presidente della Russian Trade Association in Africa che ha accettato di espandere la cooperazione agricola, logistica e industriale. Entrambi gli sviluppi potrebbero avere una dimensione militare.

La Russia ha cercato a lungo di far rivivere la sua presenza navale dell’era sovietica nella regione del Golfo di Aden-Mar Rosso (GARS), decidendo infine di costruire una base in Sudan, ma l’attuazione di questi piani è stata ripetutamente ritardata a causa della guerra civile di quel paese e della pressione occidentale. Ecco perché la Russia potrebbe cercare alternative a Gibuti o in Somaliland nel caso in cui l’ultimo segnale di intenti del Sudan non portasse ancora una volta a nulla. Anche se le cose funzionassero, tuttavia, uno di questi potrebbe comunque ospitare strutture complementari.

È stato spiegato qui nel novembre 2023 ” Come la Russia potrebbe mediare una serie di accordi tra Gibuti, Etiopia e Sudan del Sud “, che potrebbe portare all’ottenimento di una base navale a Gibuti in cambio di quote in società minerarie congiunte del Sudan del Sud, esportazioni agricole scontate e un oleodotto regionale. Gibuti potrebbe finalmente essere interessato a questo se Trump implementasse la proposta del “Progetto 2025” (pagina 186) di riconoscere il Somaliland “come una copertura contro il deterioramento della posizione degli Stati Uniti a Gibuti” nei confronti della Cina.

Gibuti potrebbe sostituire in prospettiva o addirittura probabilmente compensare eccessivamente le sue entrate perse dall’affitto di una base navale statunitense lì se gli USA trasferissero le loro forze in Somaliland, prendendo la Russia (e in misura minore l’Etiopia e il Sudan del Sud) su questo piano. La Russia potrebbe persino ipoteticamente assumere il controllo della (allora ex) base navale gibutiana degli USA, proprio come ha assunto il controllo dell’ex base aerea statunitense in Niger lo scorso maggio. Una transizione senza soluzione di continuità sarebbe nell’immediato interesse finanziario di Gibuti e porrebbe le basi per altri accordi.

D’altro canto, gli USA potrebbero restare a Gibuti, nel qual caso la Russia darebbe naturalmente priorità al Somaliland come possibile alternativa al Sudan. Sebbene abbia relazioni cordiali con la Somalia, che rivendica il Somaliland, il presidente somalo ha attaccato la Russia due volte a fine gennaio 2024 mentre parlava a un’importante conferenza internazionale in Italia. Questo contesto potrebbe spiegare in parte perché la Russia non ha scrupoli a offendere la Somalia inviando la sua delegazione commerciale e di investimento in Somaliland.

La Russia potrebbe cercare di gettare le basi per un accordo in base al quale il riconoscimento formale potrebbe essere esteso al Somaliland insieme all’aumento dei loro investimenti recentemente concordati in cambio di una base navale . Per essere chiari, lo scenario sopra menzionato è una congettura istruita poiché al momento in cui scrivo non sono stati pubblicati rapporti credibili che suggeriscano che i loro rappresentanti ne abbiano effettivamente discusso durante la visita della delegazione, ma non può essere escluso dato il contesto strategico in cui ha avuto luogo il loro viaggio.

Tutto sommato, i piani della base navale GARS della Russia dipendono prima di tutto dal fatto che il Sudan implementi il loro accordo a lungo rimandato , in assenza del quale la variabile successiva è se gli Stati Uniti manterranno la loro base a Gibuti o trasferiranno le loro forze da lì al Somaliland dopo aver riconosciuto quest’ultimo. Come si può vedere, la Russia sta reagendo agli sviluppi regionali invece di cercare di plasmarli, che i suoi decisori politici hanno valutato come l’approccio più pragmatico verso questo dinamismo dati i limiti dell’influenza del loro paese.

Mantenendo sempre aperte le sue opzioni, l’India spera di motivare altri partner a offrirle accordi ancora migliori, decidendo infine quale proposta sia la migliore per i suoi obiettivi interessi nazionali, così come la sua leadership ritiene sinceramente che siano.

Modi e Trump si sono incontrati a Washington la scorsa settimana, ma il loro incontro è stato ampiamente oscurato dai media dalla chiamata di Trump con Putin di diversi giorni prima, che li ha portati ad avviare colloqui di pace sull’Ucraina . Molti osservatori potrebbero quindi essersi persi il modo in cui questo ultimo summit ha messo in mostra la strategia di multi-allineamento dell’India . La loro dichiarazione congiunta può essere letta qui mentre RT ha riassunto i punti chiave qui . I risultati principali sono che India e Stati Uniti hanno in programma di cooperare più strettamente su commercio, esercito ed energia.

Questi piani sono stati concordati in un momento cruciale della transizione sistemica globale , in cui la multipolarità è finalmente diventata inevitabile, ma la sua forma finale deve ancora prendere forma. Gli Stati Uniti vogliono rimanere l’attore più importante negli affari globali, mentre l’India vuole svolgere un ruolo più importante, commisurato alle sue dimensioni demografiche ed economiche. Questi obiettivi non si escludono a vicenda, poiché hanno concordato di lavorare insieme per perseguirli, come si può comprendere dalla loro dichiarazione congiunta.

A differenza dell’amministrazione Biden che ha cercato di contenere geopoliticamente l’India e di intromettersi nei suoi affari interni, analizzata qui l’anno scorso, l’amministrazione Trump vuole riparare il danno che il suo predecessore ha arrecato ai loro legami in modo che l’India possa fungere da parziale contrappeso alla Cina. Il quid pro quo è che l’India deve riequilibrare il suo commercio con gli Stati Uniti riducendo le tariffe sui prodotti americani, sebbene sia incentivata a farlo dalle promesse di una più stretta cooperazione militare ed energetica.

A tal fine, gli Stati Uniti stanno accennando alla possibilità di offrire all’India i caccia F-35 e di diventare il suo principale fornitore di combustibili fossili, sebbene ciò sia apertamente in competizione con i ruoli di leadership della Russia in ogni settore indiano. Tuttavia, l’accettazione da parte dell’India di questi obiettivi a lungo termine non dovrebbe essere fraintesa o spacciata come anti-russa, ma piuttosto come un altro esempio del suo multi-allineamento tra poli in competizione. Per spiegare, l’India non rifiuterà mai proposte amichevoli, ma non accetterà nemmeno un simile affronto a nessun altro.

Mantenendo sempre aperte le sue opzioni, l’India spera di motivare altri partner a offrirle accordi ancora migliori, decidendo in ultima analisi quale proposta sia migliore per i suoi interessi nazionali oggettivi, come la sua leadership ritiene sinceramente che siano. In questo contesto, l’India sta accettando i rami d’ulivo degli Stati Uniti estesi da Trump per aiutare a riparare il danno causato da Biden, il tutto senza essersi concretamente impegnato in nulla di tutto ciò in modo irreversibile, poiché l’unica cosa concordata era l’intenzione di muoversi in questa direzione.

Ci sono ancora dei problemi anche nei rapporti indo-americani, non ultimo la richiesta di Trump a Modi di abbassare drasticamente le tariffe notoriamente elevate del suo paese, così come le continue sanzioni del leader americano sul petrolio russo e la sua minaccia di modificare o annullare la deroga alle sanzioni della sua prima amministrazione per il porto iraniano di Chabahar. Questi fattori potrebbero rallentare il riavvicinamento che ha cercato di avviare durante il loro vertice e potrebbero persino ritorcersi contro se l’India aumentasse con aria di sfida le importazioni di petrolio dalla Russia e il commercio con l’Iran.

Dopotutto, sostituire i ruoli di primo piano della Russia nelle industrie militari ed energetiche dell’India rischia di costringere il suo partner strategico decennale a una relazione di dipendenza potenzialmente sproporzionata con la Cina, per disperazione, per sostituire queste entrate perse, che l’India ha finora fatto del suo meglio per evitare. Questo scenario potrebbe portare la Cina a sfruttare la sua posizione di vertice per costringere la Russia a ridurre l’esportazione di pezzi di ricambio militari e nuove attrezzature in India come parte di un gioco di potere per risolvere le loro controversie di confine a suo favore.

Se l’India lasciasse che ciò accadesse, allora accetterebbe essenzialmente di cedere la sua autonomia strategica duramente guadagnata, rendendo la sua sicurezza dipendente dal fatto che gli Stati Uniti deterrerebbero la Cina per suo conto, il che non può essere dato per scontato ed è l’intera ragione per cui l’India ha finora sfidato la pressione degli Stati Uniti per prendere le distanze dalla Russia. Modi potrebbe quindi proporre alcuni compromessi da Trump, come esenzioni dalle sanzioni sulle importazioni e gli investimenti di petrolio russo insieme all’estensione di quella esistente per Chabahar senza modifiche significative.

Trump e il suo team potrebbero non rendersene conto, ma l’India è indispensabile per il suo obiettivo dichiarato di ” s-unire ” Russia e Cina nella misura in cui impedisce alla prima di diventare il partner minore della seconda, come è stato spiegato, ma questo potrebbe ancora dover essere comunicato loro esplicitamente dalla parte indiana. I colloqui di pace russo-statunitensi sull’Ucraina potrebbero quindi includere incentivi statunitensi del tipo proposto alla fine di questa analisi qui, tramite i quali il ruolo dell’India come contrappeso parziale alla Cina potrebbe essere rafforzato.

Queste potrebbero assumere la forma di esenzioni dalle sanzioni per l’acquisto continuato di petrolio russo da parte dell’India e i prossimi investimenti nella sua industria del GNL con l’intento di sostituire il ruolo della Cina in entrambi allo scopo di alleviare la potenziale dipendenza sproporzionata della Russia da essa e promuovere gli obiettivi degli Stati Uniti. Tale accordo soddisferebbe gli interessi russi, indiani e statunitensi, ma Trump e il suo team devono mostrare la flessibilità politica richiesta, che non può essere data per scontata a questo punto e potrebbe quindi vanificare questi piani.

In ogni caso, gli osservatori non dovrebbero trarre conclusioni affrettate sull’impatto del vertice Modi-Trump sulle relazioni indo-russe, poiché Delhi ha dimostrato l’abilità della sua diplomazia e non ha mai accettato nulla a spese di Mosca, quindi è prematuro ipotizzare che gli Stati Uniti creeranno una spaccatura tra loro. Alcuni membri del team di Trump potrebbero sperare di farlo, ma rischierebbero di rovinare il suo riavvicinamento pianificato con l’India, il che potrebbe finire per causare ancora più danni ai legami bilaterali di quanto non abbia fatto Biden se ciò accadesse.

L’ultimo patto militare indo-russo conferma la forza della loro partnership strategica

19 febbraio

In pratica, la firma dell’accordo RELOS (Reciprocal Exchange Of Logistics), negoziato da tempo, probabilmente preannuncia altre esercitazioni navali russe nell’omonimo oceano indiano, che proseguiranno la tendenza a diversificare il “perno verso l’Asia” della Russia, allontanandolo dal suo precedente orientamento sinocentrico.

Il vertice di Modi con Trump di venerdì scorso è stato seguito da speculazioni relazioni sul futuro dei legami indo-russi, che alcuni osservatori ritengono potrebbero essere indeboliti dal rafforzamento di quelli indo-statunitensi. Queste preoccupazioni non sono nuove, ma sono state espresse negli ultimi tre anni dall’inizio dell’operazione speciale russa e in alcuni casi l’hanno persino preceduta. Per quanto possano sembrare convincenti ad alcuni, non c’è più motivo di dar loro credito dopo l’ultimo patto militare indo-russo.

Hanno finalmente firmato martedì il loro accordo di scambio reciproco di logistica (RELOS) a lungo negoziato , che consentirà a ciascuno di utilizzare più facilmente i porti dell’altro durante le esercitazioni congiunte. In pratica, questo probabilmente preannuncia altre esercitazioni navali russe nell’omonimo oceano indiano, che continueranno la tendenza a diversificare il “Pivot to Asia” della Russia, allontanandolo dalla sua precedente sino-centricità come parte della sua politica per evitare preventivamente una dipendenza potenzialmente sproporzionata dalla Repubblica Popolare. Ecco sei briefing di base:

* 27 gennaio 2024: ” Perché la Russia consente all’India di esportare missili supersonici prodotti congiuntamente nelle Filippine? ”

* 23 giugno 2024: “ Il patto logistico militare della Russia con l’India completa la sua strategia asiatica recentemente ricalibrata ”

* 16 novembre 2024: “ Korybko a Sputnik India: Russia e India stabilizzano congiuntamente il fronte asiatico della nuova guerra fredda ”

* 10 dicembre 2024: “ I legami di difesa russo-indiani si evolvono con i tempi ”

* 20 gennaio 2025: “ Trump dovrebbe consentire all’Indonesia di acquistare missili BrahMos prodotti congiuntamente da Russia e India ”

* 18 febbraio 2025: “ L’ultimo vertice Modi-Trump ha messo in mostra la strategia di multi-allineamento dell’India ”

Il succo è che la “diplomazia militare” tra Russia e India, che si manifesta in questo caso attraverso accordi sulle armi ed esercitazioni congiunte, svolge un ruolo fondamentale nel mantenere la forza della loro partnership strategica. Hanno dimostrato la loro reciproca affidabilità nel corso dei decenni e quindi si sentono più a loro agio nel continuare a collaborare tra loro in questa sfera delicata che con qualsiasi altro paese. L’ultimo sviluppo su questo fronte arriva in un momento cruciale, mentre Russia e Stati Uniti iniziano finalmente i colloqui sull’Ucraina:

* 13 febbraio 2025: “ Ecco cosa succederà dopo che Putin e Trump hanno appena concordato di avviare i colloqui di pace ”

* 14 febbraio 2025: “ Perché la Russia potrebbe riparare i suoi legami con l’Occidente e come potrebbe questo rimodellare la sua politica estera? ”

* 15 febbraio 2025: “ Il discorso di Vance a Monaco ha confermato la previsione di Putin per l’estate 2022 sul cambiamento politico in Europa ”

Il primo round dei loro colloqui si è concluso con l’accordo di formare gruppi di lavoro per elaborare i dettagli più fini di un trattato di pace, avviando un reset diplomatico ripristinando reciprocamente le piene operazioni delle ambasciate e creando un meccanismo per risolvere le controversie bilaterali, e discutendo di una futura partnership economica. Se tutto rimane in carreggiata, Putin e Trump potrebbero persino concordare su quella che può essere descritta come una “Nuova distensione” tra le loro nazioni, il che potrebbe avere gravi implicazioni per la Cina.

La più immediata e realistica tra queste riguarda questa proposta qui da inizio gennaio per la Russia di concordare tacitamente con gli Stati Uniti di non espandere la cooperazione energetica con la Cina a favore di una priorità per le esportazioni e gli investimenti dall’Occidente, dall’India e dal Giappone. Il capo del Russian Direct Investment Fund e membro della delegazione russa a Riyadh Kirill Dmitriev ha confermato dopo i loro colloqui che le due parti hanno discusso di progetti energetici congiunti nell’Artico esattamente come suggerito dalla precedente analisi ipertestuale.

Tutto ciò ha a che fare con l’India perché Russia e Stati Uniti hanno interessi comuni nel farla fungere da parziale contrappeso alla Cina, la prima come mezzo per evitare con delicatezza una dipendenza potenzialmente sproporzionata da essa e la seconda come mezzo per contenerla nell’Asia continentale. Questa convergenza di interessi, unita al magistrale allineamento multiplo dell’India tra centri di potere concorrenti, potrebbe vedere Russia e Stati Uniti gestire in modo più responsabile la loro competizione per i mercati delle armi e dell’energia dell’India.

Nessuno dei due vuole spingere l’India nelle braccia dell’altro, spingendolo aggressivamente verso dilemmi a somma zero che potrebbero sconvolgere l’equilibrio di potere che stanno cercando di creare nell’Asia continentale, ognuno nel perseguimento dei propri interessi come spiegato, e tutti e tre trarrebbero vantaggio dalla cooperazione trilaterale. Ciò potrebbe assumere la forma di investimenti indiani in progetti energetici congiunti russo-statunitensi nell’Artico e, nel caso in cui la “Nuova distensione” russo-statunitense dia i suoi frutti, allora forse anche attraverso esercitazioni navali trilaterali lì.

Su questa tangente, l’esperto russo stimato dell’India Alexey Kupriyanov ha detto a RT che il loro paese potrebbe impiegare RELOS per facilitare esercitazioni congiunte con l’India nell’Artico. Nelle sue parole , “È possibile che le disposizioni di questo accordo si applichino nel caso di esercitazioni congiunte nei territori artici e nelle acque dell’Oceano Artico. Dal punto di vista delle élite militari indiane e della comunità di esperti, questo è importante perché Delhi è preoccupata per l’aumento dell’attività cinese nelle regioni polari”.

La partnership della Russia con l’India nell’Artico è in linea con il grande obiettivo strategico dell’America di contenere la presenza della Cina lì, così non le dispiacerebbe che quei due svolgessero esercitazioni regolari in quelle acque. Come è stato scritto sopra, se la “Nuova Distensione” che si sta negoziando si realizzasse davvero, allora questo potrebbe gettare le basi per esercitazioni navali trilaterali lì un giorno. Non sarebbero rivolte contro nessuno, ma basate sulla creazione di fiducia e buona volontà, mentre quei tre iniziano a fare più affidamento sull’Artico per il loro commercio estero.

Tornando a RELOS, può quindi essere visto come una pietra miliare non solo nelle relazioni indo-russe, ma forse anche nella transizione sistemica globale se alla fine si abbina alla “Nuova distensione” verso cui Russia e Stati Uniti stanno lavorando e si traduce in esercitazioni navali trilaterali nell’Oceano Artico. Anche se questo scenario migliore non si verificasse, RELOS conferma comunque la forza della partnership strategica indo-russa, che scredita i resoconti speculativi sul futuro dei loro legami dopo l’ultimo vertice Modi-Trump.

Attualmente sei abbonato gratuitamente alla newsletter di Andrew Korybko. Per un’esperienza completa, aggiorna il tuo abbonamento.

Aggiornamento a pagamento

1 2 3 401