Elezioni in Germania : Sedotta e Abbandonata dagli USA ? Buffagni Caracciolo Rosani

Grandi aspettative sulle recenti elezioni in Germania. Aspettative disattese che consentono, purtroppo, la riproposizione di una politica russofoba ancora più esacerbata in un quadro politico altamente instabile_Giuseppe Germinario

Un nuovo ordine mondiale, di Joska Fisher_a cura di Gianpaolo Rosani

Un piccolo compendio, in gran parte di banalità, sufficienti, però, a cogliere le posizioni e la condizione irrimediabile della sinistra in Germania_Giuseppe Germinario

06.03.2025

Un nuovo ordine mondiale

L’ex ministro degli Esteri Joschka Fischer vede il mondo in una fase caotica di transizione. Qui potete leggere in esclusiva un estratto del suo nuovo libro.

La rinascita di vecchi conflitti, come quello tra la Russia, nuovamente preda della sua febbre imperiale, e l’Occidente, ha riportato la guerra di conquista, lo spostamento violento dei confini e la conquista dei territori come parte della geopolitica.

Il libro e l’anteprima del libro Joschka Fischer: Die Kriege der Gegenwart und der Beginn einer neuen Weltordnung, Kiepenheuer & Witsch 2025, 224 pagine, 23 €. L’autore presenterà il libro giovedì 13 marzo 2025 alle 19.30 all’Urania di Berlino. La moderazione sarà affidata ad Anja Wehler-Schöck, membro della redazione del Tagesspiegel.

di Joschka Fischer

Il caos come principio ordinatore: a prima vista sembra una contraddizione in termini. Tuttavia, quando un ordine geopolitico esistente inizia a dissolversi e se ne forma un altro, di solito si ha a che fare con una fase caotica di transizione, almeno secondo l’esperienza storica, fino a quando non si sono affermati i nuovi rapporti di potere. Il mondo si trova esattamente in una situazione del genere ai nostri giorni, ma con un’importante differenza rispetto al passato: a causa della crescita delle conoscenze tecnico-scientifiche, delle forze produttive economiche e della crescita quantitativa dell’umanità, nonché della crescita dei bisogni di oltre otto miliardi di persone, il mondo sta per essere sopraffatto. La cooperazione globale dovrebbe quindi essere il motto del nostro tempo di fronte a queste richieste eccessive che si possono osservare ovunque. Invece, in geopolitica sembra esserci un aumento delle guerre e dei conflitti globali. Invece di un vero e proprio nuovo inizio, che sarebbe necessario ai nostri tempi alla luce dei fatti oggettivi e dei cambiamenti tecnologici, almeno a breve termine tutto sembra volgere verso un prolungamento, o addirittura un ritorno al passato in geopolitica. Le potenze più importanti sembrano avere paura del futuro, nonostante le fantastiche innovazioni tecnologiche. Come si potrebbe spiegare altrimenti il regresso geopolitico del presente che si osserva ovunque? Osservando gli sviluppi mondiali, noi contemporanei non possiamo fare a meno di avere l’impressione di uno scioglimento, di una perdita di ordine globale, la sensazione di un imminente caos che ne deriva. Le generazioni di europei cresciute durante la Guerra Fredda ricordano ancora bene l’ordine implacabilmente rigido, anzi di ferro, che aveva caratterizzato il nostro continente e che era stato generato dalla Guerra Fredda tra le due principali potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. L’Europa di allora era divisa in due, est contro ovest. Enormi eserciti, equipaggiati con armi convenzionali e termonucleari distruttive, si fronteggiavano sul suolo europeo, separati solo da una recinzione, eufemisticamente chiamata “cortina di ferro” (un neologismo dell’ex primo ministro britannico Winston Churchill) per delimitare e proteggere la zona di influenza della rispettiva superpotenza.

La Guerra Fredda in Europa si estese rapidamente oltre i confini del vecchio continente, si globalizzò e portò a un ordine mondiale bipolare negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, la cui caratteristica principale era la “stabilità”, imposta dalla reciproca minaccia di distruzione nucleare.

Nel mondo di oggi, con le guerre in Ucraina e a Gaza, i miliziani Houthi che saccheggiano il Mar Rosso, la pandemia di Covid ancora lontana dall’essere dimenticata, la minaccia di guerra intorno a Taiwan e l’estensione della guerra di Gaza a una guerra regionale in Medio Oriente, un confronto militare diretto tra Iran e Israele, la stabilità sembra essere diventata una risorsa rara.

Nel 1989, poi, accadde inaspettatamente il “miracolo di Gorbaciov”. Accadde qualcosa di impensabile: la Germania fu riunificata, il Patto di Varsavia e l’Unione Sovietica scomparvero in modo pacifico, la Guerra Fredda finì e l’ordine mondiale bipolare che ne era derivato si dissolse. Con questi eventi inaspettati, tuttavia, anche la stabilità della Guerra Fredda svanì, come sappiamo oggi. Il peccato originale dell’Occidente, in retrospettiva, era che l’Occidente non voleva accettare che gli stessi eventi, osserva Joschka Fischer, ex ministro degli Esteri tedesco e politico dei Verdi, in un nuovo ordine mondiale. Un nuovo ordine mondiale

L’ex ministro degli Esteri Joschka Fischer vede il mondo in una fase caotica di transizione. Qui potete leggere in esclusiva un estratto del suo nuovo libro. Di Joschka Fischer che gli stessi eventi che lui definì “miracolo” furono percepiti come “catastrofe” da gran parte dell’élite politica russa. Per ragioni comprensibili, l’Occidente ha seguito un’interpretazione idealistica del “miracolo di Gorbaciov”, non realistica. Perché la stabilità come categoria geopolitica non era affatto diventata superflua con la fine della Guerra Fredda, ma avrebbe richiesto il mantenimento in condizioni geopolitiche completamente diverse. Il “miracolo di Gorbaciov” aveva portato a un ordine mondiale completamente diverso, la cui intrinseca instabilità è diventata visibile solo ai nostri giorni. All’epoca, all’Occidente sembrava essere giunto il momento di realizzare le utopie, almeno così si credeva nel continente europeo, soprattutto nel centro della Guerra Fredda ormai conclusa, in Germania.

La “pace eterna” del filosofo di Königsberg Immanuel Kant sembrava a portata di mano, sembrava realizzabile. Col senno di poi sappiamo che è stato il tempo di una grande, di una bella illusione. Nella dura realtà della geopolitica, in realtà, è sorto per un breve periodo un ordine mondiale unipolare, il dominio esclusivo dell’ultima superpotenza rimasta, l’America, che dopo pochi decenni avrebbe dovuto trovare la sua fine nella Mesopotamia, da tempo immemorabile il “cimitero degli imperi”, a causa dell’arroganza neoconservatrice. L’America si ritirò nel suo emisfero occidentale. Le eccezioni rimasero la presenza in Europa attraverso la NATO e l’Asia orientale con la Corea del Sud e il Giappone, nonché la sua potente presenza navale negli oceani del mondo. Ciò che seguì fu una transizione instabile verso un ordine mondiale multipolare. Questo non è altro che un termine edulcorato per il caos che la rivalità appena emersa tra diverse grandi potenze avrebbe dovuto causare a livello globale.

E così siamo arrivati al presente, all’era della rivalità tra diverse grandi potenze globali, arricchita da una cesura epocale: la lenta scomparsa del dominio occidentale pluricentenario sulla scena mondiale a favore di potenze emergenti, storicamente ma in parte molto antiche, del Sud globale come Cina e India, ma anche Brasile e Indonesia. La ripresa di vecchi conflitti, come quello tra la Russia, nuovamente preda della sua febbre imperiale, e l’Occidente, ha riportato la guerra di conquista, il violento spostamento dei confini e la conquista dei territori come parte integrante della geopolitica. L’osservatore può sentirsi più ricordato della fine del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo che dei tempi del confronto bipolare tra i blocchi durante la Guerra Fredda. Questo sviluppo, il passaggio da un ordine mondiale basato sulle regole a uno basato sul potere, che noi contemporanei occidentali percepiamo come uno sviluppo caotico, significa un ritorno al passato di continue ostilità belliche tra potenze concorrenti? Nella politica globale sembra proprio di sì.

In quale ordine mondiale vivranno in futuro più di otto miliardi di persone? Senza ordine, nel caos della rivalità di diverse grandi potenze e dei loro interessi contrastanti, sistemi di valori e ambizioni irrazionali, tuttavia, a differenza dei secoli precedenti, dotate di armi nucleari, tecnologia digitale e intelligenza artificiale? In quale epoca vivono e pensano il presidente russo Vladimir Putin e i suoi al Cremlino? Lì si vive mentalmente nel presente o piuttosto nella Russia zarista del XIX secolo sotto Nicola I? Il presente comune, l’anno 2024, sembra frammentarsi a causa del ritorno di diversi passati: il tempo russo di Putin, il tempo neo-maoista di Xi Jinping nel Partito Comunista Cinese e il tempo retrò statunitense di Donald Trump con il suo “Make America Great Again!”.

A ciò si aggiungono i molteplici passati nelle fantasie della destra neonazionalista negli Stati nazionali europei, tutti questi tempi immaginari ritornano come non morti politici e tentano una sorta di retroprogettazione del futuro. L’isolazionismo di Donald Trump negli Stati Uniti, il neonazionalismo nell’Europa dell’UE si affiancano a un impero chiamato Russia, costantemente minacciato di disgregazione a causa delle sue dimensioni e delle sue contraddizioni interne, che ancora oggi non sa come dovrebbe considerarsi: uno Stato nazionale del presente o un impero, intrappolato in un passato immaginario e glorioso.

A ciò si aggiunge il ritorno di una divisione del mondo in democrazie e autocrazie. L’ordine, anzi un ordine di pace stabile e sostenibile, difficilmente può nascere in questo castello stregato chiamato presente. Eppure, con lo sviluppo dell’alta tecnologia, il nostro mondo sta entrando in un’era completamente nuova, caratterizzata dall’intelligenza artificiale. Geopoliticamente, tuttavia, abbiamo a che fare con le minacciose ombre del passato. Nella competizione per il ruolo di numero uno a livello globale, la Russia non è più in gioco nel ventunesimo secolo, perché le sue capacità economiche, militari e tecnologiche non sono sufficienti. L’unica cosa che le resta è il suo legame permanente come partner minore della Cina, in un certo senso la sottomissione volontaria a una sorta di secondo “giogo mongolo”. Non va dimenticato che la Russia è stata attaccata due volte dall’Occidente nel XIX e nel XX secolo, sotto Napoleone e Hitler. Se si aggiunge la prima guerra mondiale, sono state tre le volte. Tuttavia, non è mai stata conquistata da lì. Ciò è riuscito solo ai mongoli nell’inverno 1237/38, provenienti da est, e questo fatto avrebbe avuto conseguenze di vasta portata per la storia russa.

L’asse geopolitico principale del ventunesimo secolo sarà costituito dalle relazioni tra gli Stati Uniti e la Cina, le due superpotenze di questo secolo già prevedibili oggi in termini di economia, tecnologia, scienza e militari. Le due potenze rappresentano un contrasto diametrale nella loro storia e filosofia. L’America è un paese ancora giovane dal punto di vista politico, fondato nel 1776 nell’era dell’Illuminismo da emigranti europei che si affidavano principalmente alla libertà individuale e alla responsabilità personale, rispetto alla Cina e alla sua civiltà che ha plasmato l’intera Asia orientale e sud-orientale, con i suoi cinquemila anni di continuità statale ininterrotta, che pone l’interesse generale della società al di sopra dell’individuo e della sua libertà individuale. Un sistema di “controlli ed equilibri” doveva limitare il potere dello Stato emergente fin dall’inizio, e questa volontà trovò la sua espressione istituzionale nella Costituzione degli Stati Uniti. La Cina imperiale e quella comunista, invece, concentravano tutto il potere in una sola persona, erano ed sono ipercentralizzate, mentre gli Stati Uniti sono uno Stato federale decentralizzato. Ciò che accomuna questi due Stati così diversi è il loro enorme potenziale di potere nel ventunesimo secolo, che rende il loro rapporto una questione estremamente contraddittoria: rivali e partner allo stesso tempo. Se questo rapporto sarà basato sulla cooperazione, se queste due superpotenze si capiranno e lavoreranno insieme – cosa che non considero affatto esclusa, nonostante tutte le tensioni e le spaccature attuali tra le due potenze – allora le possibilità di un futuro pacifico nel nostro secolo saranno molto migliori. Ciò vale anche per la gestione delle nuove sfide globali, vere e proprie sfide dell’umanità, come la protezione del clima e il controllo dell’ulteriore sviluppo dell’intelligenza artificiale. E se non sarà così, se il confronto e le alleanze ostili e contrapposte domineranno le relazioni sino-americane, allora si verificherà l’opposto.

La Russia, invece, svolgerà semplicemente il ruolo di un importante partner minore e fornitore di materie prime e, a causa dei suoi sogni e desideri imperiali, rimarrà un rischio costante per la sicurezza e quindi, in quanto vicino diretto, un problema europeo permanente.

Rassegna Stampa tedesca 21 _ a cura di Gianpaolo Rosani

Friedrich Merz ha visitato gli Stati Uniti innumerevoli volte, ha contatti in politica e nell’economia, anche privati. Fa parte del suo DNA politico che la Germania abbia bisogno sia dell’America che dell’Europa. Il curriculum del cancelliere designato suggerisce che questo potrebbe valere anche con Donald Trump alla Casa Bianca, che in brevissimo tempo e soprattutto con lo show nello Studio Ovale ha distrutto molte certezze tra gli europei amici dell’America, anche tra lo stesso Merz, che vuole incontrare Trump il prima possibile (ma per ora non è stato invitato) quando, si spera, avrà in tasca una spesa per la difesa più elevata.

03.03.2025

Friedrich Merz e Donald Trump

Può ancora funzionare?

“Gli americani sono diretti. Anch’io lo sono. Ci si adatta” Friedrich Merz (CDU) in un’intervista.

di Christopher Ziedler Sulla carta, probabilmente ci sono pochi che sarebbero più adatti a tirare fuori dai guai il carrozzone transatlantico: proseguire la lettura cliccando su:

Elezioni nella città-Land di Amburgo: uno sguardo alla mappa dei seggi elettorali mostra che il rosso della SPD domina in gran parte, ma al centro la città tende a votare a sinistra o ai Verdi. La CDU è forte nei suoi classici capisaldi come i sobborghi dell’Elba, i villaggi della foresta e le regioni rurali.

04.03.2025

Dove la CDU, i Verdi e la Sinistra sono in vantaggio

AMBURGO: nei quartieri, la SPD è solitamente in vantaggio, ma ci sono delle eccezioni; migrazione degli elettori: chi ha sottratto voti a chi ….:

di Stephan Steinlein  –  Amburgo. Gli elettori di Amburgo hanno dato al Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD) un chiaro mandato di governo. .proseguire la lettura cliccando su

Solleva obiezioni Il progetto di far derogare al  vecchio parlamento il limite costituzionale al debito, ovvero con i voti della vecchia maggioranza dei due terzi ancora possibile tra CDU, SPD e Verdi prima della costituzione del nuovo Bundestag a fine marzo. Nel nuovo parlamento eletto sono  necessari anche i voti dei deputati dell’AfD o della Sinistra. Sia il gruppo parlamentare dell’AfD che quello della Linke al Bundestag stanno valutando di intraprendere azioni legali. Alla luce della “dimensione assolutamente assurda dell’assunzione di debito pianificata”, per il gruppo parlamentare dell’AfD è fuori discussione “che si tratti di un’azione anticostituzionale e antidemocratica”. Il “Bundestag uscente” toglierebbe al nuovo Bundestag “qualsiasi libertà di azione”. Molti ritengono discutibile che il vecchio Bundestag approvi misure così ampie dopo le elezioni; tuttavia, dal punto di vista giuridico, la maggior parte degli esperti non vede alcun problema.

Nella coalizione ormai molto piccola tra CDU/CSU e SPD, si sta verificando una fusione nucleare del debito tra due partiti fondamentalmente statalisti e socialdemocratici. Ciò rafforzerà la tendenza al ribasso dell’economia tedesca e quindi la Germania perderà “la sua funzione di porto sicuro per i creditori obbligazionari. In futuro vivremo in un mondo di lire.

Martedì sera, durante l’apparizione dei leader dei partiti CDU, CSU e SPD, si è potuto vedere cosa si può ottenere con il 16,41% dei voti in un’elezione. I socialdemocratici hanno ottenuto il 16,41% alle elezioni federali, il che li rende presumibilmente il partner junior significativamente più piccolo nel prossimo governo federale. Ma nelle questioni finanziarie e di bilancio i socialdemocratici hanno ottenuto ciò che solo poche settimane fa potevano solo sognare. Hanno ottenuto tutto. Si aprirà il rubinetto del denaro, completamente. “Senza limiti”, come ha detto Söder. “Ci rendiamo conto che si tratta di somme enormi che a prima vista sembrano schiaccianti”. La SPD non solo ha ottenuto l’allentamento del freno all’indebitamento per il governo federale e i Länder, ma anche il fondo speciale desiderato per le infrastrutture. E questo per l’incredibile importo di 500 miliardi di euro. La Germania può così sfuggire alle pressioni americane. Può dimostrare ai russi che è seriamente intenzionata a prepararsi ad ulteriori attacchi. E che la Germania è tornata sulla scena mondiale. Ma a un prezzo alto, gigantesco.

06.03.2025

Piani di indebitamento: AfD e Linke stanno valutando azioni legali

La Corte costituzionale federale potrebbe fermare i progetti estremamente costosi di Union e SPD?

DI RICARDA BREYTON Alla fine, la coalizione dei semafori fallì anche a Karlsruhe e per motivi economici. Alla fine del 2023, la Corte costituzionale federale dichiarò nulli alcuni dei piani di debito proseguire la lettura cliccando su

I partiti di governo nero-rosso in pectore concordano un fondo speciale di 500 miliardi di euro per dieci anni e, per di più, una riforma del freno all’indebitamento. La frustrazione all’interno della CDU/CSU è grande: per l’entità del debito e per la concessione fatta nei confronti della SPD. Poco prima delle elezioni, Merz aveva sempre rimproverato ai socialdemocratici di rispondere ai problemi solo con l’indebitamento. E ora? Merz si candida come probabile futuro Cancelliere, che potrebbe quasi raddoppiare il debito pubblico della Germania (attualmente 1,7 trilioni di euro). Il candidato alla cancelleria della CDU/CSU ha ora un grave problema di credibilità. Ci sono grandi preoccupazioni: che ora ogni pressione di risparmio e riforma venga abbandonata dai membri della coalizione e che definizioni troppo ampie nella Costituzione consentano di definire tutto come investimento in infrastrutture o sicurezza, per i quali non dovrebbe esserci più un limite massimo di debito. I socialdemocratici esultano per l’accordo, e ancor di più i Länder da loro governati. È “un buon segno che l’Unione sia ora pronta a creare fondi speciali urgentemente necessari”.

06.03.2025

SPD esulta, Unione irritata La svolta di Friedrich Merz

È una chiara sconfitta per l’Unione all’inizio dei negoziati (Johannes Winkel, presidente federale della Junge Union)

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Dopo tre giorni di consultazioni, martedì sera i leader di CDU/CSU e SPD hanno annunciato un piano di investimenti per le infrastrutture, oltre a un enorme indebitamento per la difesa: vogliono che le modifiche alla Costituzione siano ancora approvate dal vecchio Bundestag. Nel nuovo, anche con i Verdi non avrebbero più la necessaria maggioranza dei due terzi. Ci vorrebbe anche il sostegno della sinistra. I Verdi hanno anche sottolineato che è una strategia strana insultare proprio coloro di cui si ha bisogno per ottenere la maggioranza per il progetto più importante della possibile futura coalizione. Per le forze armate ci deve essere di più a breve termine, ha detto Friedrich Merz. “Qualunque cosa serva”, qualunque cosa sia necessaria. Il denaro non sembra più avere importanza. Scholz può quindi fare ancora una volta una grande apparizione a Bruxelles, grazie a Friedrich Merz. È forse la più folle delle svolte nella storia recente della Repubblica Federale Tedesca. A casa, nei loro collegi elettorali, però, i deputati CDU e CSU avranno molto lavoro da fare per spiegare il nuovo corso. Dopo tutto, fino a pochi giorni fa hanno detto ai cittadini l’esatto contrario di ciò che è stato ora deciso.

06.03.2025

I Verdi fanno aspettare Merz

Il presidente della CDU ha bisogno del loro consenso per un pacchetto di debiti senza precedenti per la Bundeswehr e le infrastrutture. Ma il partito ha ancora dei dubbi e si irrita con la CSU.

Di Robert Roßmann Berlino proseguire la lettura cliccando su:

I partiti che formeranno il  governo federale vogliono investire 500 miliardi di euro in infrastrutture nell’arco di dieci anni. A tal fine è prevista la creazione di un fondo speciale. Per farlo, come per l’allentamento del freno all’indebitamento, la Costituzione deve essere modificata con una maggioranza dei due terzi. Il leader della CSU Markus Söder ha elencato tutto ciò che dovrebbe rientrare nelle infrastrutture: ristrutturazioni nel settore dei trasporti, un rafforzamento dell’approvvigionamento energetico, investimenti nell’edilizia, nel digitale, nelle scuole, nell’assistenza all’infanzia e negli ospedali. Solo del clima non ha parlato. Ma non sarà solo il governo federale a trarne vantaggio: 100 miliardi di euro del fondo speciale per le infrastrutture sono destinati ai Länder e ai comuni. Le commissioni consultive dovrebbero procedere a ritmo serrato, in modo che il 17 marzo si possa votare in via definitiva al Bundestag. Il Bundesrat deciderà poi il 21 marzo. Ci sono ancora notevoli ostacoli da superare prima che “Whatever it takes” abbia valore di legge.

06.03.2025

La strada di Merz verso lo stato in debito

Ancora prima che il nuovo governo sia in carica, un pacchetto finanziario senza precedenti dovrebbe rendere l’Italia capace di agire. Ora l’Unione e il Partito Socialdemocratico devono trovare rapidamente una maggioranza dei due terzi.

di Friederike Haupt, Mona Jaeger, Eckart Lohse e Matthias Wyssuwa A seconda di come la luce filtra attraverso il soffitto a cassettoni della Marieelisabeth-Lüders-Haus, le cose appaiono diverse. proseguire la lettura cliccando su:

Con un pacchetto di finanziamento da miliardi di euro, l’Unione e l’SPD vogliono rafforzare la capacità di difesa della Germania e risanare le infrastrutture. Gli esperti dei mercati dei capitali vedono in questo uno dei più grandi cambiamenti di direzione della politica fiscale nella storia del dopoguerra. A seguito dei piani di debito, il mercato obbligazionario tedesco è in subbuglio. I costi di finanziamento sono aumentati notevolmente. Gli analisti avvertono di un aumento dei premi di rischio.

03.03.2025

Merz innesca un balzo dei tassi d’interesse

Il pacchetto da 1,5 trilioni di euro dell’Unione e della SPD fa salire alle stelle il rendimento delle obbligazioni tedesche. La Repubblica Federale dovrebbe contrarre prestiti per 1,5 trilioni di euro nei prossimi dieci anni. Gli esperti dei mercati finanziari non vedono tuttavia alcun rischio di credito.

Di A. Cünnen, M. Maisch

 Francoforte I mercati obbligazionari stanno reagendo in modo significativo ai piani di debito di Union e SPD. I partiti vogliono investire centinaia di miliardi di euro in infrastrutture e armamenti e, per farlo, indebolire il freno al debito. proseguire la lettura cliccando su:

Rassegna stampa tedesca 20 A cura di Gianpaolo Rosani

Secondo le informazioni dell’agenzia di stampa Reuters, tra le future parti della coalizione di governo si sta negoziando per un fondo speciale della Bundeswehr del valore di 400 miliardi di euro e un secondo fondo per le infrastrutture del valore di 400-500 miliardi di euro. Se le consultazioni avranno successo e porteranno all’accordo di coalizione, si arriverà a un accordo piuttosto snello piuttosto che a un contratto di coalizione di 200 pagine. Alla luce della nuova situazione mondiale, altri settori politici come il reddito di cittadinanza o le pensioni dovrebbero svolgere inizialmente un ruolo piuttosto secondario nei futuri colloqui tra l’Unione e l’SPD. Tuttavia, questo potrebbe a sua volta avvantaggiare l’AfD.

03.03.2025

Dopo lo show di Trump

Trattative sotto pressione

I negoziatori dell’Unione e dell’SPD puntano sulla fiducia e l’affidabilità come base di una coalizione.

Di Daniel Delhaes, Martin Greive, Dietmar Neuerer, Frank Specht – Düsseldorf, Berlino

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Con un netto vantaggio, l’SPD ha vinto le elezioni comunali di Amburgo. Come se la storica sconfitta dei socialdemocratici a livello federale una settimana prima non fosse mai avvenuta. E anche se il risultato dell’SPD di Amburgo è inferiore a quello di cinque anni fa, considerando che l’SPD ha ottenuto solo il 16% alle elezioni federali, la domenica diventa un trionfo per il sindaco uscente Peter Tschentscher. Il suo successo ha a che fare con il suo modo di presentarsi, ad Amburgo non vogliono persone che si mettono in mostra,  si vogliono persone solide. Tschentscher conosce molti argomenti fino al più piccolo dettaglio.

03.03.2025

La SPD vince nettamente le elezioni ad Amburgo

Il primo sindaco Peter Tschentscher può continuare a governare / I Verdi perdono terreno / La CDU guadagna terreno

jib./weth È emersa come forza di gran lunga più forte dalle elezioni civiche di Amburgo. Proseguire la lettura cliccando su:

Secondo le informazioni dell’agenzia di stampa Reuters, tra le future parti della coalizione di governo si sta negoziando per un fondo speciale della Bundeswehr del valore di 400 miliardi di euro e un secondo fondo per le infrastrutture del valore di 400-500 miliardi di euro. Se le consultazioni avranno successo e porteranno all’accordo di coalizione, si arriverà a un accordo piuttosto snello piuttosto che a un contratto di coalizione di 200 pagine. Alla luce della nuova situazione mondiale, altri settori politici come il reddito di cittadinanza o le pensioni dovrebbero svolgere inizialmente un ruolo piuttosto secondario nei futuri colloqui tra l’Unione e l’SPD. Tuttavia, questo potrebbe a sua volta avvantaggiare l’AfD.

03.03.2025

Dopo lo show di Trump

Trattative sotto pressione

I negoziatori dell’Unione e dell’SPD puntano sulla fiducia e l’affidabilità come base di una coalizione.

Di Daniel Delhaes, Martin Greive, Dietmar Neuerer, Frank Specht – Düsseldorf, Berlino

Sebbene il cambiamento di rotta mozzafiato degli Stati Uniti e il conseguente vuoto di sicurezza in Europa siano percepiti come esistenziali, il nuovo governo federale tedesco vuole formarsi nel modo consueto: con sondaggi, negoziazioni in gruppi di lavoro, un ampio accordo di coalizione e una decisione dei membri (nella SPD). Si può prevedere una rapida conclusione? Un negoziato che dura settimane potrebbe allungare il processo, sarebbe in contrasto con la constatazione che l’Europa sta vivendo un cambiamento epocale.

02.03.2025

Quando ci sarà un nuovo governo?

L’Unione e la SPD sanno che c’è fretta. Ma le vecchie routine hanno vita lunga.

Di Jochen Buchsteiner Proseguire la lettura cliccando su:

Negoziati tra CDU/CSU e SPD per formare il nuovo governo: a porte chiuse, si devono prima elaborare le ferite della campagna elettorale. In trattative di questo tipo, non contano solo i contenuti, anche il rapporto di fiducia, l’aspetto umano tra gli attori è importante. Non sarà facile. Una cosa è già chiara: una questione chiave durante le consultazioni sarà il bilancio e il suo finanziamento, si cercano quindi vie d’uscita, cioè più debiti.

01-02.03.2025

Missione costruzione della fiducia

L’Unione e l’SPD trattano l’avvio dei loro colloqui esplorativi come una questione di comando segreto. Fin dall’inizio si tratta del tema chiave delle finanze. Durante il primo incontro, i team negoziali non si sono limitati a concordare un calendario e i temi più importanti.

Di Georg Ismar e Robert Rossmann Friedrich 

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I negoziatori dell’accordo di governo da CDU/CSU e SPD sono condizionati dall’escalation della situazione mondiale, la pressione su di loro per formare rapidamente un governo è aumentata. Allo stesso tempo è cresciuto il loro più grande problema: come finanziare tutti i loro piani. Dopo la scenata di Trump, la Germania dovrà spendere ancora più soldi per le armi, e devono trovarli: l’Unione vuole istituire solo un fondo speciale per la Bundeswehr (si parla di 200 miliardi di debiti aggiuntivi). L’SPD, invece, chiede più soldi non solo per l’esercito, ma anche per le scuole, le ferrovie e le strade. Inoltre ci sono  fattori politici: il governo nero-rosso ha solo una maggioranza di 12 voti in parlamento: già ora più di una dozzina di parlamentari SPD minaccia di non votare per Merz nell’elezione del Cancelliere. C’è poi l’asse interno dell’Unione: Merz ha a che fare con il capo della CSU super forte, che in Baviera ha comunque ottenuto un risultato del 37,2%.

02.03.2025

Quanto potere ha davvero Merz?

La prossima settimana l’Unione e la SPD prepareranno i negoziati di coalizione. Il lato positivo: si conoscono. Il lato negativo: si conoscono. Ma cosa succede se la SPD rimane inflessibile su questioni cruciali?

La maggioranza dei tedeschi spera in un governo rosso-nero  – Ampio sostegno a un governo rosso-nero. La maggioranza dei tedeschi (52%) è favorevole a un possibile governo formato da CDU/CSU e SPD, come dimostra un sondaggio INSA per il quotidiano BILD. Temi principali: respingimenti alle frontiere e riforma del freno all’indebitamento.

di ANGELIKA HELLEMANN, FLORIAN KAIN e BURKHARD UHLENBROICH

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Il nuovo cancelliere in pectore Friedrich Merz prova a comporre la coalizione di governo tra cristiani sociali (Unione) e socialdemocratici, ora guidati dal capogruppo parlamentare Lars Klingbeil. Su questioni fondamentali i negoziatori delle due parti sono ancora molto distanti. Temi: la politica estera e di sicurezza ed il loro finanziamento, immigrazione (dopo le elezioni Merz formula tutto in modo più morbido), reddito di cittadinanza, pensioni e assistenza, regimi fiscali. Non mancano poi rivalità interne ai singoli partiti. A livello di politica interna, la coalizione si troverà stretta tra le due sponde della barricata, quella di destra e quella di sinistra. In profondità servirebbe qualcos’altro, una visione, un carisma: Unione e SPD devono trasmettere ai cittadini che esiste un’idea di futuro condivisa e che sono in grado di attuarla. Le consultazioni dovrebbero essere piuttosto brevi, nessuno vuole immaginare che ci si arrenda prima ancora di iniziare i negoziati per la coalizione. E Merz desidera un breve accordo di coalizione. La leader del gruppo parlamentare dell’AfD Alice Weidel ha annunciato che “darà la caccia” alla coalizione.

01.03.2025

È IN GRADO DI GESTIRE LA CRISI?

Come FRIEDRICH MERZ vuole governare il Paese. Aveva promesso un grande “cambiamento politico”. Ma già pochi giorni dopo le elezioni federali, il leader della CDU sta lottando contro le forze di resistenza della politica berlinese – nelle proprie file e con il suo unico partner realistico di coalizione, i socialdemocratici.

L’AfD è in agguato, Putin minaccia, Trump crea fatti: il cancelliere tedesco Friedrich Merz riuscirà con il nero-rosso ciò in cui il suo predecessore ha fallito? Almeno una cosa accomuna lui e il leader del gruppo parlamentare SPD Lars Klingbeil: una scala.

di Sophie Garbe, Konstantin von Hammerstein, Christoph Hickmann, Marc Hujer, Paul-Anton Krüger, Jonas Schaible, Christian Teevs

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In tutti i Länder della Germania orientale, ad eccezione di Berlino, l’AfD è chiaramente in testa. Con il 36,2% dei voti, nei Länder della Germania orientale è ora quasi il doppio della CDU (18,9%).Il miglior risultato per l’AfD è stato ottenuto da Tino Chrupalla nella sua città, con il 48,9%.  Il risultato a livello nazionale della CDU/CSU è stato solo del 28,5% ed è dovuto alla sua debolezza nella Germania orientale. I primi ministri cristiano-democratici per ora governano in Turingia, Sassonia-Anhalt e Sassonia, con l’appoggio divenuto ora incerto della BSW: essi  pressano sulla capitale, perché il futuro dipenderà dalle prestazioni del prossimo governo federale. C’è di più: all’ovest, in alcune località della regione di Stoccarda, l’AfD ha ottenuto risultati fino al 38%.

28.02.2025

ARGOMENTO DEL GIORNO

La paura della CDU per il successo dell’AfD nella Germania orientale

I cristiano-democratici sono in allarme: il partito blu è ora più del doppio più forte di loro nei cinque Länder della Germania orientale. I primi ministri Kretschmer, Haseloff e Voigt chiedono al leader del partito Merz di fornire soluzioni. La loro regione è un “sismografo” per lo sviluppo a livello nazionale

DI CLAUS CHRISTIAN MALZAHN

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In tutti i Länder della Germania orientale, ad eccezione di Berlino, l’AfD è chiaramente in testa. Con il 36,2% dei voti, nei Länder della Germania orientale è ora quasi il doppio della CDU (18,9%).Il miglior risultato per l’AfD è stato ottenuto da Tino Chrupalla nella sua città, con il 48,9%.  Il risultato a livello nazionale della CDU/CSU è stato solo del 28,5% ed è dovuto alla sua debolezza nella Germania orientale. I primi ministri cristiano-democratici per ora governano in Turingia, Sassonia-Anhalt e Sassonia, con l’appoggio divenuto ora incerto della BSW: essi  pressano sulla capitale, perché il futuro dipenderà dalle prestazioni del prossimo governo federale. C’è di più: all’ovest, in alcune località della regione di Stoccarda, l’AfD ha ottenuto risultati fino al 38%.

28.02.2025

ARGOMENTO DEL GIORNO

La paura della CDU per il successo dell’AfD nella Germania orientale

I cristiano-democratici sono in allarme: il partito blu è ora più del doppio più forte di loro nei cinque Länder della Germania orientale. I primi ministri Kretschmer, Haseloff e Voigt chiedono al leader del partito Merz di fornire soluzioni. La loro regione è un “sismografo” per lo sviluppo a livello nazionale

DI CLAUS CHRISTIAN MALZAHN Proseguire la lettura cliccando su: 

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Rassegna stampa tedesca 19 (verso il governo) A cura di Gianpaolo Rosani

Nuovo governo in Germania: CDU/CSU e SPD sono molto meno distanti di quanto si è lasciato intendere in campagna elettorale. Anche all’interno dell’SPD molti desiderano un cambiamento nella politica migratoria, soprattutto nei Länder e nei comuni. L’SPD vuole salvare l’industria e riportare l’economia in avanti, i due partner sono d’accordo sul fatto che l’Europa deve essere rafforzata e sul riarmo della Germania. La disputa non riguarda gli obiettivi, ma il modo per raggiungerli. La parte più complicata dovrebbe essere la politica pensionistica e sociale. Le trattative dovrebbero iniziare la prossima settimana. Friedrich Merz dovrà tenere il ritmo con cui tutto sta accadendo e concedere tempo a se stesso e agli altri. I negoziati saranno anche il primo test di fiducia per un’alleanza nero-rossa. Il fallimento non è un’opzione. Non c’è una coalizione sostitutiva.

27.02.2025

Lavorate insieme

Non si può parlare di una Groko (grande coalizione) se CDU e SPD stanno negoziando ora. Piuttosto di una Noko: una coalizione di emergenza. Come può avere successo?

Possibilità di coalizione L’Unione e l’SPD raggiungono di poco la maggioranza richiesta di 316 seggi, con i Verdi sarebbe più comodo.

Minoranza di blocco – AfD e Linke hanno più di un terzo dei seggi e  quindi sono necessari, ad esempio, modificare la Costituzione e scegliere i giudici costituzionali.

 Risultato delle elezioni federali (percentuale di voti di secondo grado) in percentuale e distribuzione dei seggi nel Bundestag

DI PETER DAUSEND, TINA HILDEBRANDT E MARIAM LAU Proseguire la lettura cliccando su

Finanziare di più la Bundeswehr riformando la legge costituzionale di freno al debito: prima della nuova legislatura, l’alleanza di governo non era riuscita a trovare un accordo su come aumentare le spese per la difesa a lungo termine. Nel nuovo Bundestag, il freno all’indebitamento può essere allentato solo con i voti dell’AfD o della Linke. Anche un altro fondo speciale richiederebbe una maggioranza dei due terzi. Il vecchio Bundestag (in carica fino a quando il 21° Bundestag non si costituirà tra quattro settimane) dovrebbe agire in fretta? Il fondo speciale di 100 miliardi di euro avviato dal cancelliere Olaf Scholz a sostegno dell’Ucraina sarà esaurito entro il 2027. A quel punto, il bilancio della difesa dovrebbe aumentare di almeno 40 miliardi di euro in un colpo solo se la Germania vuole continuare a spendere il due per cento della sua produzione economica per la difesa.

26.02.2025

Merz sta valutando un nuovo fondo speciale

Il vincitore delle elezioni ritiene difficile una decisione del vecchio Bundestag sul finanziamento della Bundeswehr, ma ci sono discussioni in merito. Rifiuta una rapida riforma del freno all’indebitamento_ Proseguire la lettura cliccando su

Di Georg Ismar e Nicolas Richter –  Berlino

La CDU /CSU vuole aspettare che i socialdemocratici si riprendano dalla loro amara sconfitta elettorale e che sia chiaro chi saranno le persone che avranno un ruolo decisivo in futuro. Merz non vuole avvicinarsi ai Verdi per quanto riguarda la formazione del governo. “L’Unione e l’SPD hanno 17 voti in più di quelli necessari per la maggioranza”, ha spiegato. Quindi è superfluo negoziare con due partiti. Ha predisposto 15 ambiziosi punti che dovrebbero essere attuati entro 100 giorni … la maggior parte dei quali indigesti per l’SPD.

26.02.2025

Merz insiste sulla rapida formazione del governo

L’Unione vuole deviare dalle procedure abituali. Non ci sarà un ampio accordo di coalizione con i socialdemocratici

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DI NIKOLAUS DOLL

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RASSEGNA STAMPA TEDESCA 18 (elezioni)_a cura di Gianpaolo Rosani

DAL CANALE TV ZDF: GRAFICI PER RISULTATI ELETTORALI E ANALISI DEL VOTO

per seguire il resto dei diagrammi cliccare su:

altre testate:

Statistica rassegna stampa (verso le elezioni)

Per chi non ama le sottigliezze, ecco il panorama elettorale proposto da “Bild” alla vigilia del voto. Tutto in mezza pagina (comprese le foto, si intende).

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22.02.2025

Domani la Germania eleggerà un nuovo Bundestag

Cosa c’è in gioco domani per chi?

Berlino – Alta tensione prima del giorno delle elezioni! Cosa c’è in gioco per i principali politici?

proseguire cliccando su:

Rassegna stampa tedesca 17 (verso le elezioni)_a cura di Gianpaolo Rosani

Il giornale economico titola come la “Bild” (vedi in questa rassegna stampa), ma sviluppa in modo più articolato le congetture sui  destini dei partiti e dei loro leader e sulle possibili alleanze di governo, come panoramica alla vigilia del voto.

21-22-23.02.2025

Cosa c’è in gioco per i candidati

La sera delle elezioni potrebbero finire alcune carriere politiche. Ma anche il probabile vincitore delle elezioni teme il “caso peggiore”. Una panoramica.

di D. Delhaes, J. Hildebrand,D. Neuerer, J. Olk – Berlino

 

Trionfo o sconfitta? Cancelleria o dimissioni? Raramente, in un’elezione al Bundestag, così tante carriere politiche potrebbero essere decise in una sola sera elettorale come questa domenica. La posta in gioco è alta per i candidati di punta. proseguire la lettura cliccando su: Handelsblatt (21-22-23.02.2025)

Chiamata ai seggi sull’edizione domenicale del “Die Welt”, addirittura modificando la testata (Wählt, votate, che si pronuncia uguale al nome del giornale). Applica al voto la tesi che, come il silenzio, l’ignoranza o il linguaggio del corpo trasmettono un messaggio, anche chi non vota fa una scelta e rafforza i partiti radicali, i cui sostenitori prendono molto seriamente il loro diritto di voto. Segue una proposta semi-seria: “tutti i voti dei non votanti ingiustificati vengono assegnati in blocco a un partito, che viene determinato a sorte. Dal 2009, il MEP (Mir-Egal-Partei – Per me sono tutti uguali) è la seconda forza politica più grande della Germania e, in quanto comunità elettorale, potrebbe ribaltare qualsiasi maggioranza”.

23.02.202

Andate a votare!

Il partito degli astenuti sta diventando sempre più grande. Jean-Remy von Matt ha due idee su come cambiare questa situazione

Jean-Remy von Matt è un artista e co-fondatore dell’agenzia pubblicitaria Jung von Matt. Ha avuto l’idea di cambiare il nostro titolo

proseguire la lettura cliccando su:Die Welt (23.02.2025)

Approssimandosi le elezioni federali, questa settimana troviamo su Stern più che un articolo un pamphlet sul “cambiamento”, quello necessario in quanto inevitabile, nell’alveo della tradizione liberal-conservatrice. Sostiene che per chi non crede più che i mezzi tradizionali della democrazia (Trump e Weidel, che “diffondono bugie”) – dibattito, compromesso, riforma – possano migliorare la propria vita, la distruzione è un’opportunità e qualcosa di bello crescerà dopo il disboscamento. Ne traggono vantaggio gli estremisti, che sono contrari allo stato di diritto e alla democrazia, a tutti i meccanismi che potrebbero limitare il loro guadagno personale. Estremisti che vogliono distruggere a loro favore, non migliorare. Vengono presentati dieci cambiamenti scomodi ma necessari: “Se vogliamo continuare a vivere bene, molte cose devono cambiare in Germania. Purtroppo, durante la campagna elettorale se ne è parlato troppo poco. Cosa fare adesso. I democratici devono dimostrare che c’è speranza nel futuro”.

stern

19.02.2025

C’è qualcosa che non va nella Germania – ed è per questo che molte cose devono essere capovolte

proseguire la lettura cliccando su: Stern (19.02.2025)

Calcoli col bilancino in base a incerti sondaggi. “Il terzo partner” è l’argomento degli ultimi giorni di campagna elettorale. La CDU/CSU avrà la maggioranza relativa, vorrebbe prendersi un solo alleato, ma i numeri sono in bilico: chi supererà la soglia di sbarramento cambierà la composizione del Bundestag e la coalizione di governo dovrà essere più ampia.

20.02.2025

Quale coalizione governerà la Germania?

Raramente l’esito delle elezioni federali è stato così incerto come adesso. L’unica cosa molto probabile è che sarà l’Unione a governare. Lo dimostra un’analisi dei possibili modelli  proseguire la lettura cliccando su: Die Welt (20.02.2025)

In prima pagina il quotidiano di Amburgo a pochi giorni dal voto illustra il suo orientamento elettorale: “Il nostro Paese dipende più che mai dall’auto-aiuto, sia economico che militare. Si può solo augurare a ogni futuro partito della Cancelliera di essere abbastanza forte da formare il governo da solo con un partner di coalizione, invece di logorarsi nella ricerca permanente di compromessi con più partner. Se il centro democratico vuole riconquistare la fiducia perduta, deve dimostrare di poter governare il Paese in modo efficiente e di poter affrontare i problemi, soprattutto nella politica economica e migratoria. Se anche il prossimo governo fallirà, tra quattro anni potremmo ritrovarci in una situazione simile a quella dell’Austria”.

20.02.2025

DEMOCRAZIA

Scelta difficile, ma così importante

Inimmaginabile se in questa situazione mondiale dovesse fallire anche un nuovo governo in Germania

di GIOVANNI DI LORENZO

proseguire la lettura cliccando su: Die Zeit (20.02.2025)

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“Stiamo vivendo una sorta di guerra mondiale postmoderna”, di Carlo Masala_a cura di Gianpaolo Rosani

tratto dal quotidiano tedesco Handelsblatt

21-22-23.02.2025

“Stiamo vivendo una sorta di guerra mondiale postmoderna”

Il professore dell’università dell’esercito tedesco dubita che gli europei abbiano capito il segnale di avvertimento lanciato dal governo statunitense.

Non crede a una pace rapida in Ucraina, né a un piano geniale di Donald Trump.

Lo scienziato Carlo Masala è professore di politica internazionale presso la facoltà di scienze politiche e sociali dell’Università della Bundeswehr di Monaco di Baviera. È considerato un esperto di conflitti armati. L’autore Masala ha scritto numerosi libri e bestseller, come “Perché il mondo non vuole la pace” e “Disordine mondiale”.

Le domande sono state poste da Jens Münchrath e Sven Prange.

Signor Masala, dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sembra voler negoziare inizialmente da solo con il suo omologo russo sull’Ucraina, l’Europa è scioccata e parla di un campanello d’allarme. Non è affatto il primo. Vede delle possibilità che questa volta i responsabili abbiano capito?

I responsabili non hanno altra scelta che capire. Se non lo fanno, il continente europeo è sulla china di un’altra guerra. Il problema è che in Germania siamo alle porte delle elezioni, il presidente in carica è quindi un “anatra zoppa” e non possiamo ancora prevedere quanto tempo ci vorrà prima che la Germania abbia un governo in grado di agire. Ma la Germania è fondamentale per tutto ciò che deve accadere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi in termini di sicurezza e difesa europea.

Come valuta il segnale che è partito da Parigi?

Non ci si poteva aspettare che da lì partissero segnali decisi. Da un lato perché la situazione in Germania è quella che ho appena descritto, dall’altro perché la questione delle truppe europee in Ucraina dipende dal fatto che gli Stati Uniti diano o meno a queste truppe garanzie di sicurezza dall’esterno. E proprio a questa domanda non è possibile rispondere al momento. Per questo motivo molti Stati europei presenti a Parigi sono titubanti.

La parte europea della NATO dispone della forza militare e delle truppe necessarie per garantire una possibile pace?

Sì e no. Non possiede in misura sufficiente molte delle capacità centrali necessarie per una forza robusta: capacità di trasporto aereo, difesa aerea, capacità di ricognizione satellitare. Si pone anche il problema che una grande presenza europea – 50.000 uomini o più – in Ucraina creerebbe delle lacune nei piani di difesa della NATO. In questo modo si protegge l’Ucraina da un nuovo attacco russo, ma si indebolisce la difesa del fianco orientale della NATO, creando così nuove “opportunità” per un’aggressione russa in quella zona.

Trump ha appena invertito i ruoli di carnefice e vittima, attribuendo la colpa della guerra al presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj. Questo non dimostra la direzione che stanno prendendo i negoziati tra Vladimir Putin e Trump?

Con l’affermazione di Trump che Zelenskyj non avrebbe mai dovuto iniziare questa guerra, non solo inverte i ruoli tra vittima e carnefice, ma serve anche, come per altre cose, la narrativa russa secondo cui la Russia ha solo anticipato un imminente attacco ucraino con l’aggressione.

È davvero concepibile che alla fine solo Putin e Trump decidano non solo sul destino dell’Ucraina, ma anche sull’architettura di sicurezza europea?

Non riesco a immaginarlo. È assurdo che il presidente degli Stati Uniti cerchi di negoziare l’architettura di sicurezza europea con il suo omologo russo senza gli europei. Né si può negoziare il futuro dell’Ucraina senza gli ucraini.

Come valuta la possibilità che possa esserci una soluzione diplomatica tre anni dopo l’invasione dell’Ucraina?

Nel complesso, il dibattito su una soluzione diplomatica mi sembra fuorviante. Molti credono evidentemente che il nuovo presidente degli Stati Uniti abbia poteri magici per annullare la logica di questo conflitto.

Beh, si sta comportando in modo molto energico.

A Panama e in Groenlandia questi poteri possono fare colpo. Ma che Trump possa ora convincere Vladimir Putin con un piano di pace è ingenuo. Non vedo alcuna disponibilità da parte della Russia a venire incontro a Trump.

Quindi Trump rappresenta piuttosto un’opportunità o un rischio per gli sforzi di pace?

Entrambe le cose. Opportunità, perché Trump sta effettivamente portando avanti la questione e perché il presidente non sta semplicemente tagliando i fondi, come si temeva. Vedo dei rischi, perché Trump non ha molta pazienza. Potrebbe fare concessioni solo per porre fine a questa fastidiosa questione.

Su cosa si dovrebbe negoziare concretamente: Kiev dovrebbe cedere una parte dell’Ucraina alla Russia in cambio di garanzie di sicurezza?

L’Ucraina ha anche occupato il territorio della Russia, questo può essere oggetto di negoziazione.

Come definireste una vittoria dell’Ucraina o una vittoria della Russia?

Una vittoria della Russia significherebbe che otterrebbe il territorio che ora occupa, cioè circa il 20% dell’Ucraina, nessuna garanzia di sicurezza per l’Ucraina e un esercito ucraino debole. È difficile definire una vittoria dell’Ucraina. Non ci sarà un ritiro completo delle truppe russe. Un successo sarebbe cedere alla Russia molto meno del 20% del territorio più forti garanzie di sicurezza.

Esistono garanzie di sicurezza efficaci al di sotto dell’adesione alla NATO? Trump le rifiuta.

Se includono componenti nucleari, preferibilmente statunitensi, sì.

È realistico?

Proprio no, ed è per questo che dico che stiamo conducendo un dibattito strano. L’aspirazione neoimperialista della Russia si estende ben oltre l’Ucraina. Putin vuole riportare l’architettura di sicurezza europea allo stato del 1997. Lo ha chiarito inequivocabilmente in due lettere identiche inviate a Washington e Bruxelles nel dicembre 2021. Anche nei colloqui in corso, non vuole parlare dell’Ucraina, ma dell’architettura di sicurezza europea e globale.

Se dovesse farla da padrone, non sarebbe un incentivo per altri governanti ad attaccare paesi in violazione del diritto internazionale?

Vedo tre effetti: in primo luogo, Putin si sentirà incoraggiato a continuare. Il secondo effetto è il segnale al resto del mondo; Pechino, ad esempio, potrebbe presumere che gli Stati Uniti non difendano con decisione nemmeno Taiwan. Il principio dell’inviolabilità dei confini sarebbe perso. In terzo luogo, assisteremmo a un’ondata di proliferazione delle armi nucleari. Perché molti Stati crederanno che l’unica cosa che proteggerebbe da un’aggressione imperiale in un mondo del genere sarebbero le armi nucleari.

Il conflitto non è già stato internazionalizzato? Già ora, sul fronte russo, combattono soldati nordcoreani.

La situazione è tale che tre potenze nucleari stanno dalla parte dell’Ucraina e tre potenze nucleari stanno contro l’Ucraina. Ne abbiamo nove al mondo. Due terzi delle potenze nucleari sono quindi già coinvolte direttamente o indirettamente in questo conflitto. Sono davvero una persona prudente, ma stiamo vivendo una sorta di guerra mondiale postmoderna.

Secondo i sondaggi, il rischio di una reazione nucleare a catena preoccupa anche molti tedeschi. Alla fine, tutti coloro che temono l’escalation del conflitto avranno ragione?

La paura di molti tedeschi, che anche il Cancelliere non manca mai di affrontare, deriva dal concetto di parte in guerra. La Germania non dovrebbe diventare una parte in guerra. Ci sono due argomenti a favore di questa tesi: in base al diritto internazionale non possiamo mai diventare una parte in guerra, perché uno Stato attaccato ha sempre il diritto di essere sostenuto. E poi c’è l’argomento politico, secondo il quale Putin potrebbe dichiararci parte in guerra. Ma questo non dipende da ciò che consegniamo. Putin ci ha già definiti parte in guerra quando l’allora ministro della Difesa ha annunciato la consegna di elmetti.

Molti tedeschi la vedono diversamente. Dicono che le forniture di armi alimentano il rischio di escalation, ma non portano la pace. La Russia non può essere sconfitta in ogni caso.

Quale sarebbe l’alternativa? Dobbiamo renderci conto che all’inizio dell’estate del 2022 la Russia aveva occupato quasi la metà del territorio ucraino. L’Ucraina ne ha riconquistato gran parte. Negare agli ucraini il diritto di combattere per il loro paese è esattamente l’atteggiamento imperialista e disumano che ora denunciamo nella nuova amministrazione statunitense, in Cina o anche in Russia.

Crede che la Russia possa essere sconfitta?

Se guardi la mappa, vedi che la Russia sta pagando un prezzo molto alto per aver guadagnato relativamente poco terreno. Ma ancora più importante: siamo stati troppo esitanti nel fornire qualsiasi tipo di arma. Prendi quella discussione infinita sui carri armati. Mentre l’Occidente discuteva, la Russia si è completamente trincerata nel sud dell’Ucraina e ha costruito fortificazioni. Semplicemente non abbiamo fatto tutto il possibile.

Ciò significa che la Russia avrebbe già potuto essere sconfitta o almeno costretta al tavolo dei negoziati se l’Occidente avesse fornito armi con sufficiente determinazione?

Non sto dicendo che ora non ci sarebbe più un russo sul territorio ucraino. Ma l’Occidente non ha mai avuto una strategia veramente chiara su ciò che vuole ottenere in questo conflitto. La frase del Cancelliere, che la Russia non deve vincere e l’Ucraina non deve perdere, non è una strategia.

In termini assoluti, la Germania è il secondo fornitore dell’Ucraina dopo gli Stati Uniti. Come valuta nel complesso la gestione della crisi da parte del Cancelliere, che con il suo discorso sul cambiamento epocale ha comunque dato un’impronta molto apprezzata a livello internazionale?

Il cambiamento epocale non è mai stato un vero e proprio programma. E il governo federale ha deciso la questione del sostegno all’Ucraina quasi esclusivamente sulla base di parametri di politica interna. La Germania ha fornito principalmente solo armi che erano facili da vendere a livello di politica interna. Ad esempio, i sistemi di difesa aerea, in cui la Germania ha davvero fatto molto. La Germania ha sempre esitato a fornire armi che l’Ucraina potesse usare per attaccare in modo efficace.

Anche se il candidato alla cancelleria della CDU e presunto prossimo cancelliere federale Friedrich Merz si è espresso molto chiaramente nei confronti della Russia, la politica tedesca nei confronti dell’Ucraina cambierà presto?

Merz ha una bussola chiara in questo senso. Ma questo non vale per qualsiasi altra situazione dopo le elezioni. Non solo nella SPD, ma anche nella CDU ci sono alcuni, come il primo ministro della Sassonia Michael Kretschmer, che preferirebbero importare di nuovo rapidamente gas russo a basso costo. E ignorano completamente ciò che abbiamo fatto con esso. Con l’acquisto di gas, la Germania ha finanziato la preparazione sistematica dell’invasione dell’Ucraina.

Merz ha annunciato che, come cancelliere, fornirà armi in modo molto più coerente. Questo aiuterebbe ancora l’Ucraina?

Ciò che possiamo ancora ottenere militarmente è una stabilizzazione del fronte. E cambiare il calcolo bellico russo in modo tale che ulteriori conquiste di territorio richiedano un prezzo troppo alto.

Merz è anche molto più ambizioso per quanto riguarda l’aumento della spesa per la difesa, puntando al tre per cento del PIL. È realistico, in primo luogo, considerando che la coalizione è crollata a causa di un deficit di bilancio di otto miliardi di euro, e in secondo luogo, basterebbe?

Se si vuole creare un’architettura di sicurezza in cui gli europei possano cavarsela senza il sostegno degli Stati Uniti, allora si parla piuttosto del 4-6%. Ed è proprio quello che sta accadendo. Tra l’altro, non è Trump a invocare questo nuovo ordine mondiale. È iniziato sotto Barack Obama. Naturalmente, lui lo ha formulato in modo molto più amichevole. Ma in sostanza ha già detto agli europei: fate di più, altrimenti ce ne andiamo.

Ciò significa che Trump sta ottenendo con la forza bruta ciò che altri presidenti degli Stati Uniti non sono riusciti a fare, ovvero che l’Europa si assuma finalmente la responsabilità della politica di sicurezza per un continente?

Esatto. Ma sarà ancora difficile. Gli accordi con Trump, come sperano alcuni nella CDU, non cambieranno nulla a questa dichiarazione. Gli Stati Uniti ridurranno drasticamente il loro impegno in Europa, indipendentemente da Trump. E se ora l’altra parte, mi riferisco ai Verdi, dice: la risposta a America first è Europe United. Naturalmente suona bene, ma in fin dei conti significa davvero che qui dobbiamo spendere fino al sei per cento della nostra produzione economica per gli armamenti.

Cosa che da un giorno all’altro potrebbe essere piuttosto difficile.

L’Europa dovrebbe tentare di concordare con gli americani una tabella di marcia in cui ci impegniamo chiaramente su determinate questioni. Vale a dire: aumentare la spesa per gli armamenti, acquistare prodotti americani, produrre prodotti europei. Bisogna dare un segnale agli americani: abbiamo capito che volete uscire da qui, quindi ci facciamo carico noi.

E cosa ne sarà della garanzia di sicurezza nucleare degli americani per l’Europa, che anche Trump ha già messo in discussione?

Ci comportiamo sempre come se il problema esistesse solo da quando c’è Trump. Fin dalla fondazione della NATO, il problema degli europei è il dubbio che, in caso di emergenza, gli americani rischierebbero davvero la distruzione di New York per liberare Brunsbüttel. Non possiamo evitarlo. La deterrenza estesa ha sempre il problema della credibilità.

Non vorrà davvero dire che la situazione non è cambiata?

Voglio dire che i problemi sono in parte noti da decenni. Trump è solo il tipo che dice le cose in modo molto diretto – e probabilmente le farà anche accadere.

L’Europa è tutt’altro che unita sia nelle questioni di politica di sicurezza che nell’atteggiamento nei confronti della Russia. In questo caso, l’unità non è forse più importante del dibattito sull’entità del bilancio della difesa dei singoli paesi?

L’Europa non ha scelta, non deve dipendere dalle decisioni comuni dei 27 Stati membri in materia di politica di sicurezza. L’Europa dei 27 è unita dall’interesse per il mercato interno, tutto il resto dobbiamo regolarlo in piccoli gruppi. Chiamatela l’Europa delle diverse velocità, chiamatela Europa “core”.

Ma in cosa dovrebbe consistere questa Europa “core”? La Francia non ha un governo in grado di agire da quasi un anno, per quanto riguarda la Germania non si sa, la Gran Bretagna non è nemmeno più membro dell’UE. Sarà difficile affrontare la Russia solo con i paesi baltici e scandinavi.

Per questo c’è bisogno di una Germania determinata. E non dobbiamo più considerare i britannici come un qualsiasi paese terzo in materia di politica di difesa, è assurdo.

Come valuta le prospettive a lungo termine? Ci sarà sicurezza in Europa solo contro la Russia o prima o poi anche con la Russia?

Finché la Russia perseguirà una politica neoimperiale, non ci sarà sicurezza con la Russia. E non mi riferisco solo a Putin. Gran parte della popolazione sostiene questa politica. Quando sarà archiviata, potremo tornare a parlare di sicurezza con la Russia. Ma questo è un processo che è nelle mani della Russia. Il nostro compito nei prossimi anni sarà quello di contenere le mire imperiali della Russia.

Il suo collega Timothy Snyder una volta ha detto che chi vuole una Russia pacifica deve assicurarsi che Putin subisca una pesante sconfitta. Ha ragione?

Storicamente ha ragione. In Russia ci sono sempre stati sconvolgimenti dopo le guerre perse. In Russia non si verificano sconvolgimenti del sistema perché la gente scende in strada e spazza via i governi. Quindi, se si vuole un’Europa stabile e pacifica, la migliore premessa è una clamorosa sconfitta della Russia e, di conseguenza, la fine dell’era Putin e del suo regime. Sarebbe un mondo ideale, ma al momento siamo ancora lontani anni luce da questo.

E il fatto che in un caso del genere potrebbe scoppiare il caos, condizioni simili a una guerra civile in una potenza mondiale con 6000 testate nucleari, non vi preoccupa?

Non dipende da noi. Se il regime di Putin crollerà, allora crollerà, e dovremo affrontare questo crollo. Ma credo che non sia il nostro ruolo e la nostra responsabilità. Quindi sì, la preoccupazione è giustificata. Ma se non abbiamo alcuna influenza sullo sviluppo, non dovrebbe paralizzarci.

Signor Masala, grazie per l’intervista.

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Rassegna stampa tedesca 16 (verso le elezioni)_a cura di Gianpaolo Rosani

Demografia social-elettorale anche sul quotidiano bavarese: ricercatori all’opera, ci dicono che le persone nate tra il 1946 e il 1960 sono state le ultime a mostrare un comportamento elettorale “piuttosto stabile”; ora, con la generazione emergente, il cambiamento elettorale sta aumentando. CDU e CSU sono di gran lunga i partiti più amati dagli anziani, e anche la SPD, non così i Verdi. “Per molto tempo, la scienza politica ha visto solo l’effetto trickle-down, cioè che genitori e nonni trasmettono le loro esperienze ai figli”, ma ora sappiamo che esiste anche un cosiddetto effetto bottom-up, ovvero i nonni e i genitori possono essere influenzati dai loro nipoti e figli. La generazione dei 70 anni e oltre è la più decisa a sostenere la cessione dei territori ucraini alla Russia, se necessario, per consentire la pace.

 

19.02.2025

Come votano gli anziani?

La decisione degli anziani su chi votare è più importante che mai: quasi un quarto degli elettori ha più di 70 anni.

di Sina-Maria Schweikle e Joscha F. Westerkamp – Berlino 

proseguire la lettura cliccando su: Süddteutsche Zeitung (19.02.2025)

Appunti di demografia social-elettorale sul giornale di Stoccarda: nel Land “la sinistra, la SPD e l’AfD ottengano risultati migliori dove l’affluenza alle urne è più bassa, mentre i Verdi, la CDU e il FDP ottengono risultati migliori dove più persone vanno a votare. Gli elettori dei Verdi hanno in media il livello di istruzione più alto di tutti i gruppi di elettori, quelli del FDP il reddito più alto”. Secondo una ricerca, la scelta di votare è guidata dagli stessi fattori che tendono anche a dire qualcosa su chi si dovrebbe votare: le persone che non votano non hanno denaro, istruzione e reti che incoraggino a votare; chi possiede redditi e istruzione più elevati vota più spesso.

19.02.2025

Anche gli astenuti influenzano i politici

Anche il 23 febbraio, secondo gli esperti, si dimostrerà ancora una volta che nelle città ricche molte persone vanno a votare, mentre nelle città più povere spesso solo poche. Questo ha conseguenze sulle decisioni politiche.

 Nelle elezioni del Bundestag la percentuale di coloro che vanno a votare è la più alta rispetto ad altre elezioni

di Chiara Sterk

Breitingen/Schwarzach. Nelle ultime elezioni federali, nel Baden-Württemberg ha votato il 77,8% degli proseguire la lettura cliccando su: Stuttgarter Nachrichten (19.02.2025)

Sondaggi e scenari del dopo-voto: solo due cose sono certe. In primo luogo, che la CDU/CSU ha preso chiaramente le distanze dall’AfD. In secondo luogo, si prevede che i colloqui esplorativi seri inizieranno solo dopo le elezioni del parlamento di Amburgo il 2 marzo, almeno nel caso di rapporti di maggioranza incerti. Fino ad allora sarà di nuovo come adesso: nessun partito vuole spaventare i propri sostenitori con la chiarezza. Anche perché la CDU/CSU spera di non dover ingoiare un boccone amaro: il dover formare una coalizione a tre perché i numeri non saranno sufficienti per blindare o il nero-rosso (CDU/CSU e SPD) o il nero-verde (CDU e Verdi).

19.02.2025

L’agonia della campagna elettorale

Nonostante eventi incisivi e diversi dibattiti televisivi, i sondaggi non mostrano grandi cambiamenti / I partiti sperano in un’accelerazione tardiva

di MARKUS DECKER

Dopo la fine della trasmissione “Quadrell” sulle reti private RTL e n-tv la domenica sera, i demoscopi hanno proseguire la lettura cliccando su: Frankfurter Rundschau (19.02.2025)

Analisi sulle prospettive elettorali e sugli obiettivi dei Verdi: devono combattere contro la CDU/CSU e l’AfD, anche se il vero concorrente è la SPD. Il partito ha registrato decine di migliaia di nuovi iscritti da quando è stato rotto l’accordo con i socialdemocratici. Il leader Habeck ha vissuto una campagna elettorale in cui l’obiettivo era difficile da circoscrivere. Ha dovuto difendersi dalla SPD, dalla Sinistra, dall’Unione, dall’AfD e da parti del suo stesso partito.

18.02.2025

Robert Habeck

Sale piene, piena incertezza

Il candidato cancelliere dei Verdi dà l’impressione di essere un brillante performer, ma la sua fine politica potrebbe essere imminente. Uno sguardo all’interno di una campagna elettorale turbolenta.

di Julian Olk

Dopo il programma televisivo “Quadrell” di domenica sera, Robert Habeck è nel foyer degli studi RTL a Berlino-Adlershof. proseguire la lettura cliccando su: Handelsblatt (18.02.2025)

Die Linke: dall’inizio dell’anno ci sono state oltre 23.500 nuove adesioni.  Ma chi sono i nuovi membri? Cosa vogliono dalla sinistra? La corrispondente del giornale ha trascorso una giornata della campagna elettorale con i militanti mentre facevano il porta-a-porta in una cittadina nella Sassonia (Est), poi in una nell’Assia (Ovest) e infine in alcuni quartieri di Berlino. Cresce la speranza che l’ondata di adesioni possa essere più di un fuoco di paglia. Se il partito riuscirà a coinvolgere i nuovi membri e a lavorare con loro sui suoi conflitti interni, potrebbe trasformarsi da partito elettorale dei pensionati della Germania dell’Est, che ultimamente rischiava di diventare, a partito di membri attivi con un futuro roseo. Il sorprendente esito del voto nazionale auto-organizzato di 166.000 giovani sotto i 18 anni.

18.02.2025

Giovani, di sinistra e determinati

Il partito di sinistra guadagna ogni giorno nuovi membri. Lottano alle porte di casa, contro la svolta a destra e per la giustizia sociale. Chi sono i nuovi? Perché entrano proprio ora? E come dovrebbe andare avanti per loro dopo le elezioni? Tra i nuovi arrivati ci sono molte persone queer, più della metà sono donne, la percentuale di donne è ora del 42 per cento.

 

di Lotte Laloire (testo) Sven Döring (foto)

Con un balzo, Zada Salihovic si solleva in aria, alza il braccio e stacca un adesivo attaccato a una tettoia. proseguire la lettura cliccando su: TAZ_Die Tageszeitung (18.02.2025)

Cronaca dei umori elettorali raccolti nelle strade di una città del Baden-Württemberg, che il giornale ha visitato perché qui l’AfD riceve la percentuale più alta di voti di tutta la Germania occidentale. Le opinioni dei cittadini sono variegate, ma il tema è solo quello: la città ha una delle più alte percentuali di stranieri. Secondo l’Ufficio Statistico Statale, è del 31,2%, mentre la media nazionale è del 15,2%.

17.02.2025

Il successo dell’AfD nella Germania occidentale

In una città del Baden-Württemberg, il partito ha registrato risultati elettorali record: quasi una persona su quattro ha votato per l’AfD. Sul posto, le spiegazioni sono contraddittorie.

di NICOLAS WALTER

Con il cestino della spesa in mano e a passo deciso, la donna, sui cinquant’anni, capelli castani, si avvicina a proseguire la lettura cliccando su: Die Welt (17.02.2025)

Rassegna stampa tedesca 15 (conferenza di Monaco)_a cura di Gianpaolo Rosani

Echi dalla conferenza sulla sicurezza di Monaco. Da questo articolo del quotidiano bavarese si ricava il turbamento nello Stato profondo tedesco, ovvero convinzioni ben consolidate che entrano in dissonanza cognitiva con il presente: “la telefonata di Trump con Putin rientra nella categoria delle perturbazioni, cosa vogliono negoziare gli Stati Uniti e la Russia a spese dell’Ucraina e dell’Europa – e chi può ancora dire la sua? I neoconservatori sono ormai storia, ma da uno dei loro rami è nato il trumpismo, che come è noto vive molto di rabbia, menzogna e imprevedibilità. In questo momento di massima incertezza un vecchio conoscente di questa conferenza garantisce la massima chiarezza: il presidente ucraino che, come molti in sala, teme di essere tradito e venduto da Donald Trump”.

 

17.02.2025

C’era una volta l’America

Raramente la Conferenza sulla sicurezza di Monaco ha tremato così tanto per l’indignazione – e sì, anche per la paura. Dal discorso di J. D. Vance, non è in discussione nient’altro che l’ordine mondiale. Una cosa è certa: a Mosca non crederanno ai loro occhi.

Basta immergersi un po’ nella storia per misurare l’entità della caduta che si è verificata questo fine settimana a Monaco. Per Putin, in ogni caso, sono state giornate di festa, ha potuto semplicemente guardare i suoi avversari sbranarsi a vicenda.

di Stefan Kornelius Proseguire la lettura cliccando su: Süddteutsche Zeitung (17.02.2025)

Come la stampa tedesca riporta e commenta l’intervento spartiacque del vice-presidente americano J.D. Vance alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. In massima sintesi, che vale per ogni testata: lo shock causato dal tradimento e dall’umiliazione da parte della nuova dirigenza USA è profondo; i tedeschi sono spettatori tanto stupiti quanto impotenti. Vance, il segretario di Stato americano Marco Rubio e l’inviato speciale per l’Ucraina Keith Kellogg hanno incontrato un governo di minoranza impotente e un leader dell’opposizione nel rush finale della campagna elettorale.

 

15.02.2025

C’è un nuovo sceriffo in città

La conferenza sulla sicurezza tra panico e modalità di difesa: l’apparizione di J.D. Vance suscita contraddizioni.

di Peter Carstens, Monaco di Baviera

Proseguire la lettura cliccando su: Miscellanea Conferenza Sicurezza Monaco (15.02.2025)

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