FENOMENOLOGIA DELL’ ALESSANDRO   ORSINI, di Massimo Morigi

                      FENOMENOLOGIA DELL’ ALESSANDRO   ORSINI

 

E per la chiarezza concettuale e terminologica e per  iniziare l’indispensabile  percorso già indicato ai lettori in “Regnum Cliens”, (all’ URL  de “L’Italia  e il mondo” https://italiaeilmondo.com/2022/04/24/regnum-cliens-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20220424164612/https://italiaeilmondo.com/2022/04/24/regnum-cliens-di-massimo-morigi/; screenshot:  https://web.archive.org/web/20220424164625/http://web.archive.org/screenshot/https://italiaeilmondo.com/2022/04/24/regnum-cliens-di-massimo-morigi/, ed anche su Internet Archive agli URL https://archive.org/details/regnum-cliens-repubblicanesimo-geopolitico-massimo-morigi-italia e  https://ia801505.us.archive.org/10/items/regnum-cliens-repubblicanesimo-geopolitico-massimo-morigi-italia/REGNUM%20CLIENS%2C%20REPUBBLICANESIMO%20GEOPOLITICO%2C%20MASSIMO%20MORIGI%2C%20ITALIA.pdf )  è ora necessario fare un esempio concreto per instradarci verso una nuova pedagogia nazionale che si contrapponga alle vecchie e divisive narrazioni, iniziando innanzitutto da coloro che possono sembrare affini ma, in realtà, ammettendo pure la loro  buona fede, non fanno altro che seminare confusione nel campo di coloro che si stanno rendendo conto che l’Italia non è nient’altro che un “regnum cliens” degli Stati Uniti. Ci riferiamo al prof. Alessandro Orsini, del quale qui di seguito si indica per punti la complessa e contraddittoria fenomenologia di questo comunque interessante personaggio pubblico. Punto primo della fenomenologia di Orsini. Il professore accusato  –  vigliaccamente e distorcendo le sue parole bisogna sottolineare – di essere  fascista,  anziché rimarcare il ruolo paralizzante del mito della resistenza e dell’antifascismo, denuncia anche giustamente di essere stato volutamente frainteso per le posizioni assunte sulla guerra russo-ucraina e per queste sue  posizioni che si sta operando sulla sua persona una sorta di ridicola e deformante “reductio ad fascem” ma facendo ciò ribadisce la sua fedeltà ai valori paralizzanti di cui sopra e non gli passa nemmeno per l’anticamera del cervello (l’abbiamo già detto,  gli si concede la buona fede) che per l’Italia è fondamentale il passaggio ad una nuova pedagogia nazionale che si lasci completamente dietro di sé, appunto, il miti confusionari, divisivi e sommamente paralizzanti  dell’antifascismo e della resistenza e che risultano essere un fenomenale compattatore delle classi dirigenti e parassitarie italiane e, in prospettiva storica, nient’altro che una mitologia costruita ad hoc da un’Italia che aveva perso il secondo conflitto mondiale e che necessitava di questa mitologia per accreditarsi pubblicamente presso i vincitori come una nazione rinnovata ed affidabile (nella realtà inconfessabile, certamente affidabile perché col mito dell’antifascismo e della resistenza si rinunciava alla propria sovranità persa con la guerra ma rinnovata proprio no, anzi il mito copriva il fatto che le strutture dello stato erano sempre quelle fasciste – e quali avrebbero potuto essere ? – e gli italiani non erano per natura antifascisti ma, per la maggior parte, fascisti che avevano perso la guerra cui faceva gioco raccontare all’estero ed anche al loro foro interiore che erano sempre stati antifascisti). Punto secondo della fenomenologia di Alessandro Orsini. Non c’è praticamente alcuna pubblica dichiarazione del professore dove egli non si professi ammiratore della democrazia degli Stati Uniti (???) e nel contempo non affermi che l’Italia deve rendersi più autonoma da questi e cercando di fare i propri interessi, imitando, per giunta, proprio gli Stati Uniti dal professore ritenuti maestri nel perseguire il proprio interesse nazionale. Si tratta, come è di tutta evidenza, di una posizione in sé fortemente contraddittoria (perché allora rendersi autonomi da una potenza che promana tanta civiltà democratica?) ed anche antistorica, perché se è vero che gli Stati Uniti sanno fare i loro interessi (e anche questo è tutto da dimostrare, meglio dire che gli Stati Uniti  hanno di volta in volta grande capacità di imporre agli alleati e agli stati clienti – per l’Italia abbiamo già detto che questa è la definizione che meglio si attaglia riguardo al suo rapporto con gli Stati Uniti – la loro politica del momento), bisogna vedere cosa significhi, a livello di politica interna degli Stati Uniti, fare i propri interessi, che negli ultima trent’anni – se facciamo eccezione dell’amministrazione Trump – non è mai stato l’interesse di quella che più o meno si può definire una classe media (cosa che si intuisce importa molto al prof. Orsini) ma solo quello delle grandi corporation. Quindi, per farla breve e per essere benevoli, Orsini fortemente succube del mito americano e non andiamo oltre. Punto terzo. Orsini si definisce grande europeista e, purtroppo, c’è da credere alla sua sincerità, ma si tratta di una sincerità che confligge – e anche su ciò diamo credito ad Orsini sulla sua sincerità e quindi sul suo accecamento – con la sua volontà di voler rendere l’Italia più assertiva ed efficace in politica  estera. L’Unione Europea è nata per la volontà degli Stati Uniti di controllare il Vecchio continente uscito con le ossa rotte dal Secondo conflitto mondiale e, come si vede nella vicenda della guerra russo-ucraina, svolge egregiamente questo ruolo e non c’è molto altro da dire se non riflettere sull’ingenuità del prof. Orsini, ed anche, se proprio si vuole aggiungere una postilla, concordare  con il ragionamento di Orsini in merito al fatto che per la Francia l’Unione Europea è un moltiplicatore di potenza, ma anche sottolineare che, a differenza dell’opinione di Orsini, è assolutamente velleitario pensare che questo moltiplicatore di potenza possa valere anche per l’Italia, per il semplice fatto che per moltiplicare potenza, potenza bisogna avere e siccome la potenza internazione dell’Italia è uguale a zero, hai voglia a moltiplicare… . Quarto e ultimo punto. Orsini sostiene che l’Italia è un satellite degli Stati Uniti. Errore, grosso errore, errore da sottolineare con la matita blu. L’Italia non è un satellite degli Stati Uniti, perché com’è noto in astronomia, un satellite esercita una sua forza di gravità sul corpo celeste maggiore che va sotto il nome di pianeta, e usando quindi nella relazione di potenza fra Stati Uniti ed Italia la metafora del satellite, ciò vorrebbe dire che l’Italia esercita una pur minima influenza sugli Stati Uniti, ma questo è empiricamente smentito dai fatti, ricevendo l’Italia passivamente e servilmente i desiderata degli Stati Uniti senza portar un pur minimo contributo autonomo agli stessi (vedi sempre guerra russo-ucraina con la ridicolaggine che l’Italia è letteralmente indemoniata nel dire che bisogna fare a meno del gas russo, dimenticando il piccolo dettaglio che essa è la nazione occidentale che più dipende dallo stesso. In realtà l’Italia non è uno stato satellite degli Stati uniti come possono esserlo la Francia, la Germania o la Gran Bretagna, l’Italia è uno stato cliente degli Stati Uniti, dove, come nell’antica Roma, noi attribuiamo a questo termine il significato di uno stato che ha formale personalità giuridica internazionale e formale libertà di scegliersi al suo interno i propri governanti, ma che non solo in materia di difesa militare ma anche in quella delle scelte economiche vitali per il benessere della sua popolazione non può e non deve avere alcuna parola se non quella che direttamente le viene trasmessa dalla nazione con la quale è formalmente alleata ma, nella realtà, completamente sottomessa militarmente ed economicamente (rinuncia al gas russo per ordine degli Stati Uniti anche se questo può uccidere la nostra economia; aumento, sempre su direttiva degli Stati Uniti, delle spese militari per l’Italia anche se questo rischia di far schizzare la già nostra disastrata spesa pubblica, sempre su ordine diretto degli Stati Uniti, invio di armi all’Ucraina, anche se questo ci espone al rischio di essere la prima vittima sacrificale di una ritorsione nucleare da parte della Russia. I Romani con i regni clientes si comportavano esattamente come gli Stati Uniti con noi italiani: prelevavano soldati per le legioni, depredavano i territori dei regni clientes delle risorse minerarie, agricole ed umane, cioè, oltre ai soldati, imponevano de facto  presso costoro anche la fornitura di schiavi oltre quelli che già si procacciavano con la diretta brutale violenza dagli stati debellati tout court dalla loro forza militare). L’interesse della fenomenologia testé tratteggiata  è data dal fatto che col prof. Orsini ci troviamo di fronte ad uno studioso  –  contrariamente alla stragrande maggioranza  degli esponenti del circo intellettual-mediatico mainstream palesemente in malafede e/o talmente istupidito dal crollo delle ideologie novecentesche che “tout va très bien madame la marquise” –   che pur possedendo realmente una competenza geopolitica e pur volendo sinceramente far valere questa competenza a beneficio della nazione cui appartiene, non è riuscito ad acquisire quella necessaria souplesse che gli consenta di sbarazzarsi con decisione di tutti quegli idola fori  del c.d. Occidente che permettono ai gruppi alfastrategici di questo fantomatico e fantasmagorico Occidente di prevalere senza alcuno sforzo sui gruppi omegastrategici che vengono letteralmente privati della loro capacità critica e di autoconservazione vitale tramite l’uso   parareligioso della mitologia dei diritti dell’uomo e della c.d. democrazia rappresentativa (in Italia, sottomiti e diretta gemmazione del mito principale, mito dell’antifascismo presente anche all’estero ma mito dei vincitori per imporre la loro volontà di potenza agli sconfitti mentre in Italia è il mito degli sconfitti e per imporre la volontà di potenza delle classi egemoni sulle classi subalterne e mito della resistenza, anche questo presente all’estero ma in Italia particolarmente farlocco ed arma di “distrazione di massa” a totale detrimento, come nel primo caso, dei gruppi omegastrategici), democrazia e diritti dell’uomo che, secondo questo racconto mitologico, non solo dovrebbero essere imposti sui popoli che non ne vogliono sentire parlare ma, addirittura, dovrebbero essere la chiave di spiegazione universale per interpretare e giudicare le vicende storiche, culturali ed esistenziali dell’Umanità (e se l’imposizione è segno di mentalità imperialista mai morta, e questo passi,  scagli la prima pietra di chi non è mai stato imperialista magari solo sul piano personale, la spiegazione dell’avventura umana lungo le rotaie dei diritti umani e della democrazia quando non di malafede, è veramente segno di profonda ingenuità). In conclusione. Speriamo che la fenomenologia del prof. Orsini, pur segno a nostro giudizio, di buona volontà e anche di buone conoscenze in fatto di geopolitica, possa subire una sua evoluzione verso posizioni più mature ed adulte, speriamo cioè che il segno molto evidente della “fatica del concetto” rappresentato da questo studioso possa portare ad una Epifania Strategica non solo riservata a gruppi ristretti di intellettuali che pur onesti, si lasciano ancora abbindolare dagli idola fori liberaldemocraticistici lasciatici in eredità dal secondo dopoguerra ma anche ad un aumento dell’intelligenza collettiva che, per quanto non nutrita da approfondite conoscenze nelle masse, avverta  e sappia finalmente riconoscere quando i gruppi alfastrategici  tirano fuori le loro  supercazzole ideologiche per fregare gli omegastrategici nel sempiterno conflitto strategico fra gruppi con diverso livello di potere, una fregatura che oggi potrebbe avere come posta in gioco la distruzione dei gruppi omegastrategici stessi attraverso le prime fasi di un conflitto nucleare, prime fasi verso le quali i gruppi dirigenti avrebbero, c’è da scommetterlo, l’intelligenza e le risorse per mettersi al riparo in tempo mentre per i gruppi omegastrategici non ci sarebbe alcuno scampo se non raccomandare l’anima all’Altissimo (su questo punto Orsini è molto lucido: in polemica con Cacciari, per lui la guerra nucleare non significa distruzione di tutta l’Umanità ma, almeno all’inizio, distruzione delle classi più basse e subalterne della società: opinione banale, se vogliamo, ma di una banalità che è segno anche di anticonformismo e profondo realismo politico e sociale). Intanto, per quanto ci riguarda, teniamoci ben stretto, come il nostro (ed altrui, ce lo auguriamo) bene più prezioso la chiarezza terminologica e concettuale riguardo la condizione dell’Italia: l’Italia è stato cliente degli Stati Uniti e, come precedentemente detto, lungo questa consapevolezza si accettano suggerimenti, e perché no? anche dal nostro simpatico seppur non sempre del tutto conseguente prof. Orsini, al quale, comunque, va tutta la nostra solidarietà per i vili e stupidi attacchi ai quali è stato oggetto che testimoniano della sua libertà di studioso e che, ci auguriamo, porti ad una positiva evoluzione del suo pensiero.