Cambiando lato – 14 volta-faccia nel 20° secolo. Intervista con Étienne Augris _ di Paulin de Rosny

Dinamiche che torneremo a vedere sempre più spesso in questa situazione così convulsa_Giuseppe Germinario

Cambiando lato – 14 volta-faccia nel 20° secolo. Intervista con Étienne Augris

di 

Traditori, collaboratori, opportunisti o fedeli ai propri ideali? Perché alcuni hanno deciso di cambiare schieramento o di rompere con gli ambienti da cui provenivano? Questo è il tema del libro diretto da Étienne Augris, che esamina quattordici volte-faccia.

” I regimi vanno e vengono, la Francia resta. A volte, servendo ardentemente un regime, si possono tradire tutti gli interessi del proprio Paese, ma servendo questo si è sicuri di tradire solo quelli intermittenti”. Così Talleyrand, uomo di tutti i governi e di tutti i compromessi, descriveva il XIXe secolo. Il XX secolo non ha nulla da invidiare al suo predecessore: ha la sua parte di decisioni da prendere, volenti o nolenti. La pace o la guerra con la Germania, la Resistenza o il collaborazionismo, la Francia con o senza l’Algeria, con o senza de Gaulle, la guerra fredda, la sinistra, la destra, l’estrema sinistra e l’estrema destra; tutti i rovesci sono descritti in queste quattordici storie di “voltafaccia” del XXe secolo, che illustrano le svolte della nostra storia collettiva.

Intervista di Paulin de Rosny

Étienne Augris, (a cura di), Changer de camp: 14 volte-faces au XXe siècle, Novice, 2024

P. de R. : Potrebbe spiegarci il progetto generale del suo libro Changer de camp, che ha diretto come parte di un collettivo di 12 autori?

É. A.: Questo progetto è nato da un’idea di Timothé Guillotin, il nostro editore, con il quale volevamo studiare i cambiamenti di campo attraverso figure emblematiche del XXe secolo in Francia. Abbiamo cercato di capire come, in tempi di crisi – e il XXsecolo ne è pieno – le traiettorie individuali possano far luce sulle dinamiche collettive, e viceversa. Queste crisi aiutano a mettere in discussione le scelte degli individui, siano esse di parte, ideologiche o anche più intime.

La nostra riflessione è partita dalla domanda: che cosa possiamo imparare da questi singoli capovolgimenti di fronte sui principali punti di svolta della storia? Ci siamo concentrati sulle principali crisi – la prima guerra mondiale, gli anni Trenta, la seconda guerra mondiale, la guerra d’indipendenza algerina e la guerra fredda – e sulle traiettorie personali degli individui in questi momenti di svolta. L’idea era quella di vedere come questi periodi costringessero gli individui a riconsiderare le proprie posizioni e a compiere rotture in un contesto di sconvolgimento e persino di collasso dei punti di riferimento.

P. de R. : Lei parla di quattordici traiettorie. Come le ha selezionate? Quali criteri hanno guidato le vostre scelte?

É. A.: La selezione è stata fatta gradualmente, tenendo conto di diversi criteri. In primo luogo, volevamo coprire diversi decenni del XXe secolo, includendo figure rappresentative di ciascuno dei principali periodi di crisi. Questo ci ha portato a includere figure chiave come Jacques Doriot e Jacques Soustelle, ma anche figure meno conosciute come Robert Chantriaux e Louis Vallon, trattati rispettivamente da Alexandre Laumond e Jérôme Pozzi.

In secondo luogo, volevamo mostrare la diversità delle traiettorie possibili. Alcuni personaggi, come Roger Garaudy, compiono scelte ancora oggi difficili da comprendere. Altri, come Jacques Chevallier, sono più in linea con la storia, come racconta Mehdi Mohraz, passato dall’Algeria francese all’impegno per l’indipendenza algerina, dopo essersi confrontato con la realtà della colonizzazione come sindaco di Algeri. Abbiamo anche incluso figure emblematiche della Resistenza, come Marie-Madeleine Fourcade, e altre più controverse, come Mathilde Carré, una spia nota per i suoi numerosi tradimenti, in un capitolo scritto da Romain Rosso.

P. de R. : Ha citato Roger Garaudy, che sembra particolarmente complesso, attraversando molteplici cambiamenti ideologici. Come si è avvicinato a questa figura nel libro?

É. A.: Roger Garaudy è senza dubbio uno dei personaggi più sconcertanti di questo libro, studiato da Guy Konopnicki. Intellettuale influente, è una figura importante del Partito Comunista Francese. Come responsabile del Centro di studi e ricerche marxiste, si occupò in particolare del dialogo con le religioni. La sua espulsione dal Partito nel 1970 segnò l’inizio di una serie di cambiamenti ideologici che lo portarono ad abbracciare il cattolicesimo e poi l’Islam, dopo il protestantesimo della sua giovinezza. Oltre al percorso religioso, Garaudy si impegnò anche nell’ecologia e nel pacifismo, cercando costantemente di rinnovare il suo impegno per cause che considerava universali. Ma la sua carriera ebbe una svolta definitiva quando pubblicò i suoi scritti sulla negazione dell’Olocausto.

P. de R. : Le traiettorie che lei descrive sembrano spesso andare da sinistra a destra. Si tratta di un fenomeno ricorrente?

É. A.: Sì, è abbastanza comune. Lo storico Philippe Burrin sottolinea il ruolo del disincanto ideologico. A sinistra, e in particolare nell’estrema sinistra, gli individui hanno spesso forti ideali di trasformazione sociale. Quando si scontrano con battute d’arresto o ostacoli insormontabili, la loro delusione può portarli a ritirarsi su posizioni opposte. Gustave Hervé, ad esempio, descritto nel libro di Julien Blottière, passò da un socialismo antimilitarista virulento, simboleggiato dallo slogan “la crosse en l’air” (“il bastone in aria”), a un nazionalismo esacerbato.

Ma naturalmente le traiettorie non sono a senso unico! Altre figure, come Marie-Madeleine Fourcade, la cui storia è raccontata da Véronique Chalmet, o Claude Roy, su cui ha lavorato Jean El Gammal, illustrano l’oscillazione opposta, da un ambiente molto conservatore, persino di estrema destra, a un ruolo centrale in una Resistenza con ideali progressisti. Jacques Chevallier, da parte sua, illustra un’evoluzione motivata da una graduale presa di coscienza delle realtà della colonizzazione. Queste traiettorie ci ricordano che un cambiamento di campo può avvenire in qualsiasi direzione e che ogni caso è unico.

P. de R. : Queste oscillazioni sembrano spesso mescolare ideali e circostanze personali..

É. A.: In realtà, spesso si tratta di un misto di entrambi. Le crisi sconvolgono i punti di riferimento ideologici, ma rivelano anche conflitti personali, disillusioni e ferite. Prendiamo ad esempio Jacques Doriot. Nato in una famiglia operaia, si unì giovanissimo alle Jeunesses Communistes prima di diventare una figura di spicco del Partito Comunista Francese negli anni Venti. Fu espulso dal Partito Comunista nel 1934 per aver proposto un avvicinamento ai socialisti. Ma la sua espulsione fu dovuta principalmente a una rivalità personale con Maurice Thorez e alla diffidenza di Mosca nei suoi confronti. Le tensioni sulla strategia politica erano solo un pretesto. Fondò il Partito Popolare Francese (PPF), che prendeva in prestito sia il comunismo, nell’organizzazione e nella retorica, sia il fascismo, nell’ideologia e nei codici. Jacques Doriot è un’affascinante figura di estremo cambiamento.

Un altro esempio, raccontato da Mehdi Mohraz, è quello di Jacques Pâris de Bollardière, generale decorato durante la Seconda guerra mondiale, che si oppose alla tortura in Algeria prima di rompere con l’esercito. Questa scelta, motivata da convinzioni morali, rifletteva anche una rottura personale con un sistema, incarnato dal suo ex compagno di classe e superiore di Saint-Cyr, Massu, che non poteva più sostenere. Queste traiettorie dimostrano che le motivazioni alla base di un cambiamento di campo raramente sono puramente ideologiche.

Anche da leggere

Forze morali : il ruolo dello spirito e della collettività nella guerra.

P. de R. : Oltre a Doriot, lei ha scritto il capitolo su Jacques Soustelle. Può dirci qualcosa di più sul suo percorso professionale?

É. A.: Jacques Soustelle ha una traiettoria che mi ha molto interessato perché mette in discussione il gollismo e la personalità di De Gaulle. Antropologo di fama e specialista delle popolazioni amerindie del Messico, Soustelle era inizialmente vicino alla sinistra. Durante la Seconda guerra mondiale si unì alle Forze libere francesi e divenne un diretto collaboratore di De Gaulle. Dopo la guerra si impegnò a fondo nel gollismo, ma il suo impegno per l’Algeria francese, sempre frutto di un ripensamento legato all’esperienza sul campo del 1955, gli diede un altro obiettivo prioritario. Cercando inizialmente di conciliare la difesa dell’Algeria francese con il ritorno di De Gaulle, ruppe con quest’ultimo nel 1960, quando il nuovo Presidente cambiò posizione sulla questione algerina. Soustelle ritenne che de Gaulle avesse tradito il gollismo orientandosi verso l’idea dell’indipendenza algerina, come aveva fatto al potere. Questo cambiamento, che era tanto ideologico quanto personale (i rapporti tra i due uomini si erano notevolmente deteriorati nel corso degli anni), illustra le tensioni insite in questo periodo di crisi.

P. de R.Il suo libro solleva la questione della fedeltà.

É. A.: Questa è una delle grandi domande del libro. A chi e a cosa siamo fedeli? La lealtà può essere verso una persona, un partito o degli ideali. Rimanere leali, o fedeli, agli ideali può significare rompere con un uomo o con un partito. Jacques Soustelle, ad esempio, si considerava fedele a una certa visione del gollismo, anche quando si opponeva a un de Gaulle che incarnava una sorta di “neogollismo”. In ogni caso, queste traiettorie dimostrano che la fedeltà è un concetto fluido, sempre in tensione tra convinzioni personali e circostanze storiche.

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 4.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704

oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Palladio, di Simplicius

Palladio

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 4.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704

oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Uno dei principali difetti nel funzionamento delle nostre società è che i sistemi in vigore sono stati tutti progettati per operare sotto l’assunzione che gli ingranaggi essenziali si comportino in modo morale ed etico. Questo vale sia per il livello micro che per quello macro ed è una conseguenza della generale illusione – o dell’illusorio desiderio – di vivere in una società relativamente “ad alta fiducia”.

Prendete l’America. Ovunque ci si guardi intorno, i sistemi sono progettati per funzionare con il presupposto che non saranno usati impropriamente dai membri delle classi privilegiate. Certo, c’è un’infarinatura di “sistemi di sicurezza” simbolici, concepiti più come deterrenti simbolici che come veri e propri meccanismi di responsabilità. Il livello micro se la cava meglio, perché il cittadino medio è molto più in sintonia con il naturale stato selvaggio dell’uomo. Più si sale nella catena alimentare, fino al livello corporativo-governativo, e più le valvole di pressione appaiono deliberatamente impostate su “lasco”; è come se il direttore di un carcere corrotto lasciasse la porta sul retro apparentemente “chiusa”, ma non aperta, per consentire alle attività illecite di passare nel buio della notte.

Qualcuno ha detto che:

“Se vuoi capire come funziona il mondo, immagina che ogni azione sia il risultato di una cospirazione dei tuoi nemici” .

Questa affermazione può sembrare cinica all’apparenza, persino nichilista quando si insegue davvero il pensiero, ma oggi scopriamo sempre più spesso che si tratta purtroppo di una prospettiva realista. Quando si tratta di analizzare le azioni di figure governative, politiche e burocratiche, si deve sempre prudentemente partire dalla posizione che esse agiscono in modo non etico e cospirativo contro i migliori interessi della popolazione. È una sorta di tautologia: le figure aziendali e governative sono corrotte perché i loro scopi e obiettivi sono in conflitto con quelli del popolo, costringendole a perseguire tali scopi in modo subdolo; e invariabilmente si contrappongono al popolo in questo modo perché sono corrotti.

Assistiamo sempre a una sorta di “teatro” quando funzionari aziendali o governativi vengono chiamati in causa. Che si tratti di un interrogatorio del Congresso al dottor Fauci, in cui vengono lanciate palle mosce e le sue risposte vengono prese per buone, o, come di recente, di dirigenti di Visa e Mastercard rastrellati da un “focoso” Josh Hawley:

In ogni caso, si rivela la stessa sordida e immiserente realtà: stiamo assistendo a un tipo di teatro fatto di strette di mano segrete o, più precisamente, di kayfabe sotto forma di lottatori che si sussurrano mosse mentre fingono di calare braccia a incudine sui pesi dell’altro. Il problema è che non sempre si tratta di una kayfabe strettamente deliberata, ma piuttosto dell’illusione di una kayfabe frutto di un sistema moralmente progettato per funzionare solo al massimo della responsabilità.

La natura disprezza i responsabili. Al contrario, la natura favorisce la supremazia selvaggia.

Quello che otteniamo è un sistema senza i giusti freni, un sistema facilmente raggirabile e manipolabile, sfruttato da persone per le quali queste cose sono una seconda natura. Come una forma di assicurazione, un sistema progettato correttamente dovrebbe sempre assumere lo scenario peggiore; le sue regole e le sue catture dovrebbero funzionare sulla base della premessa che i peggiori predatori della società sono intenzionati ad aggirarle.

Invece, abbiamo un sistema veramente credulo, che presuppone un operatore etico, in senso teorico, ai più alti gradini dello status sociale e del potere, eppure continua a offrire indulgenze e benefici del dubbio.

Non si tratta solo di come i nostri funzionari rispondono alle figure aziendali avversarie, ma di come sono costruite le norme e i regolamenti del sistema stesso. Richiedono una scarsa supervisione, che di per sé presuppone che i conflitti di interesse tra soggetto e supervisore siano benigni, senza alcuna salvaguardia per filtrare o vagliare tali aspetti. Quando il commissario della FDA Scott Gottlieb è entrato a far parte del consiglio di amministrazione di Pfizer, letteralmente due mesi dopo il suo incarico alla FDA, la presunzione di innocenza era un dato di fatto, che non consentiva alcun meccanismo per mettere in discussione – per non parlare di agire effettivamente – questo inappropriato esempio di revolving-doorism. Innumerevoli altri possono essere citati ad nauseam, come la consolidata relazione di revolving door tra le agenzie di intelligence e le società di social media Big Tech.

Le origini esatte di questo difetto fatale sono difficili da individuare; se il radicato meta-frame storico protestante del Paese, che ha inflitto una sorta di credulità morale agli architetti dei sistemi che ora ci presiedono, ci abbia maledetto con questa santa incapacità di essere cinici; o forse è solo un ottimismo tossico di origine ambigua, come sottoprodotto della magnanimità dello “spirito americano”, esso stesso effluente dell’industria e dell’identità del dopoguerra, che ci ha instillato questa nobile virtù secondo cui tutti gli esseri umani sono fondamentalmente buoni, e che qualche “trauma” aberrante può trasformarne una manciata cattiva. O forse è l’intenzionale manipolazione dei nostri sistemi civici e sociali da parte di potenti interessi a riflettere l'”ingenuità innocente” che serve loro così bene. Ricordiamo che ai gradini più bassi della catena alimentare non viene mai concesso un simile margine di presunzione di innocenza. Se si commette il più piccolo crimine, come intascare una barretta Snickers in un negozio, ci si ritrova trascinati fuori e non si viene graziati. Si può ammettere che questo non sia il caso di San Francisco, Seattle o altre “Zone Blu” senza legge – anomalie della natura che sono uscite dal continuum in una sorta di mutazione salvadoregna, un’Area X della piega dell’Annientamento, piena di stranezze pulsanti e altri fenomeni spaventosi; questi possono essere scartati.

Il problema si estende a tutto, dalla conformità normativa alla supervisione, fino alle tasse. A livello personale, il controllo è massimo: sarà difficile sfuggire con clemenza alla più piccola trasgressione fiscale, sia essa involontaria o sbagliata. Si presume invece che le società si comportino sempre in modo corretto, perché la loro “lunga eredità” e il loro “prestigio” garantiscono loro un’immunità totale, o almeno una maggiore indulgenza per i loro “errori”. Poiché i loro rappresentanti indossano abiti eleganti e appaiono raffinati, hanno denti lucidi e modi da ricchi, l’assunto psicologico del sistema tende sempre al perdono; “troppo grandi per fallire”, un esempio tra i tanti.

L’era Covid ha visto alcuni degli esempi più eclatanti di questa alta tolleranza e assunzione di “alta fiducia” da parte degli operatori. Un uomo potenzialmente responsabile dell’assassinio di milioni di persone è stato tributato davanti al Congresso numerose volte e gli è stato permesso di prendersi apertamente gioco dei membri del Congresso in carica, mentendo in modo evidente e violando l’intero sistema. Eppure, ogni volta, a causa dell’apparente prestigio della sua carica, le sue dichiarazioni false sono state messe da parte o lasciate passare. Ad esempio, per gli osservatori onesti era innegabile che i suoi tentativi di ridefinire estemporaneamente il termine consolidato di “guadagno di funzione” fossero un’offesa alla fiducia, tale da richiedere l’immediata revoca della sua credibilità. Invece, è stato concesso un bizzarro tipo di rinvio esoterico, come se nessuna quantità di aperta cattiva condotta potesse far pendere la bilancia contro questa insidiosa presunzione incorporata di “alta fiducia”.

Un altro esempio più recente è il conflitto palestinese. Al nostro livello istituzionale è semplicemente “accettato” prima facie che Israele abbia buone intenzioni e non abbia secondi fini nel portare avanti la sua macabra offensiva contro Gaza e ora contro il Libano. Non esiste un’architettura sistemica che tratti questi sviluppi barbari da un punto di vista scettico. Tutto viene preso al valore nominale, tutte le dichiarazioni “ufficiali” da parte israeliana vengono accettate senza discussioni e senza opposizioni; l’esempio più famoso è quello degli Stati Uniti che permettono a Israele di “indagare su se stesso” e poi, con gli occhi lucidi, accettano i risultati senza alcuna remora.

Oppure prendiamo, ad esempio, gli attuali sviluppi della società quando si tratta di Big Tech o dei piani globali del demimonde di Davos. In nessun luogo del nostro sistema sono presenti valvole e controlli con l’appropriato scrutinio per offrire anche solo una sfida sommaria a queste proposte esogene di vampiri non eletti. Da nessuna parte è sancito nei progetti dei nostri patti sociali o delle nostre strutture civiche che i grandi cartelli di interessi commerciali e finanziari sono quasi certi di tramare in modi che li avvantaggiano a nostre terribili spese. Allo stesso modo, quando un ufficio non eletto di tecnocrati globali si riunisce per discutere di cambiamenti sociali per i quali non hanno alcun mandato civile, i nostri sistemi non dispongono di sistemi di sicurezza o di salvaguardia per lanciare almeno una bandiera rossa di avvertimento. I nostri sistemi dovrebbero essere progettati in modo da far scattare l’allarme come regola, quando si riuniscono convocazioni come quella di Davos, data la presunta probabilità, basata su una logica rudimentale, che l’élite di potere non si riunisca semplicemente per la propria salute o, ancora più assurdamente, per il beneficio della sottoclasse sotto di loro. Nella storia non è mai stato così e non lo sarà mai.

Questo problema esiste perché anche solo suggerire che le cabale cospirano nell’ombra significa essere etichettati come “teorici della cospirazione” dalle stesse forze che hanno interesse a proteggere la storia segreta del dominio dinastico dietro le istituzioni del mondo. Sono loro che mantengono i favorevoli doppi principi dell’innocenza e della “bontà di base”, centrali nella grande cospirazione dell'”Alta Fiducia”.

Quanto sopra può sembrare pittoresco sulla carta, ma sicuramente è solo una sorta di nebuloso wishful thinking o di giovanile ottimismo suggerire che possa esistere un mondo in cui la cultura del sospetto e della circospezione nei confronti dei potenti interessi sia una norma sociale consolidata. Ma non è affatto così. Le nostre élite fariseiche ci distolgono dalla testimonianza diretta delle alternative esistenti.

Ci sono Paesi le cui istituzioni civili sono costruite in modo da essere sospettose e avverse alla classe dei baroni rapinatori. Nella grande granularizzazione e compartimentazione del managerialismo post “Grande Società” e della globalizzazione post OMC, si è formata una sorta di meccanizzazione dello Stato e delle sue appendici. Si è creata una profonda opacità intorno alla sovrapposizione non rendicontabile tra affari, finanza, interessi speciali e istituzioni governative, una matassa sempre più difficile da districare. Il fenomeno del revolving-doorism divenne così sempre più comune, poiché la Macchina era diventata un cifrario impossibile da decifrare, tanto che l’uomo comune non poteva preoccuparsi di estrarlo. E poiché anche il Quarto Stato ne era rimasto invischiato, non si poteva contare sul fatto che i media ponessero le domande più difficili, che rivolgessero un occhio indagatore a questa melma sempre più fitta; il che ha portato alla retorica: chi sorveglia i guardiani?

Questo sondaggio ha rilevato che il 1964 è stato l’ultimo anno in cui il Paese ha potuto essere definito una società ad “alta fiducia”:

Marc Andreessen ha scritto di quanto sopra:

1964: Picco di fiducia, picco di centralizzazione, picco di sviluppo tecnologico, picco di competenza. L’ultimo anno di una civiltà perduta.

Non è affascinante che la Grande Società e il fondamentale Civil Rights Act di Johnson siano stati entrambi approvati nel 1964?

L’Immigration and Nationality Act del 1965 seguì un anno dopo, stimolando un diluvio di migrazioni dall’America Latina, e in particolare dal Messico, con milioni di persone che si riversavano all’anno:

Nel corso dei due decenni successivi, la società fu rimodellata in modo indelebile.

L’America moderna si presenta spesso come una cosmopoli laica e libera. Ma la religione è stata semplicemente sostituita da nuove istituzioni di culto, la cui messa in discussione è stata trasformata in pronunciamento eretico. Questo perché, per certi versi, il travolgente “successo” dell’America del XX secolo ha sancito una sorta di portata mitica dei pilastri fondanti di quel successo: capitalismo, liberalismo, eccezionalismo, che sono diventati litanie la cui profanazione è stata ritenuta profondamente “antiamericana”.

Allo stesso modo, Hollywood come istituzione è riuscita a inserirsi in questa “cattedrale” – o “chiesa blu”, come la definisce Jordan Hall – in modo da godere dei frutti di un’istituzione “pilastro” d’oro. Quali sono i vantaggi che questo conferisce, esattamente? Prendiamo i Weinstein e gli Epstein, i Roman Polanski e i molti altri come loro. Praticamente tutti coloro che si trovavano nella loro orbita erano a conoscenza delle loro predilezioni e delle loro malefatte. Ma poiché rappresentavano queste “icone” del business e della cultura intrinsecamente americane, gli accoliti temevano di essere emarginati come iconoclasti nel nominarli e svergognarli. Queste figure avevano assunto i paramenti e le abitudini del nuovo organismo ecumenico.

Lo stesso vale per la struttura di Davos sulla scena mondiale. Rimane inattaccabile proprio per il motivo che questo organismo globale ha costruito intorno a sé un fossato di riverenza. Mettere in discussione la cabala significa essere tacciati di “teorici della cospirazione”. Lo stesso vale per il corpo dei media tradizionali, che si è anch’esso aggrappato disperatamente allo status divinizzato di “istituzione essenziale”, persino ora in contrasto con Musk per la sua proclamazione rivoluzionaria secondo cui: siamo tutti i media ora.

I media della legacy hanno operato per decenni sotto il nimbo di essere qualche archetipo componente del quasi mistico shibboleth della “democrazia”. Hanno fatto di tutto per instillare in noi la convinzione che l’istituzione fosse incapace di sbagliare, presentandosi come un’esaltata “bilancia” della verità imparziale.

Il presupposto incorporato nel sistema rimane: che gli operatori dei media siano etici e morali, senza un forte meccanismo di falsificazione che li metta in discussione; come sempre, il sistema è auto-poliziesco e inattaccabile.

Una delle ragioni per cui questi organismi sono in grado di immergersi nel flusso mistico dell’essenzialità sembra avere in parte a che fare con la segreta nostalgia dell’umanità per il passato: quando la nobiltà presiedeva su di noi come una sorta di contrafforte spirituale collettivo, o pietra miliare. Ancora oggi trattiamo istintivamente i funzionari pubblici e le istituzioni come l’FBI con un’atavica deferenza, rivolgendo loro il nostro pio “grazie, signori”, piuttosto che riconoscerli come i pubblici servi che sono. In quanto tali, i corpi che abitano tendono a risuonare con una solennità da tempio, lasciandoci passivi di fronte all’intenzionale cecità della colpevolezza insita nelle istituzioni che dovrebbero fungere da baluardo contro di loro.

E questo è il problema: l’incalcolabile grandezza del successo dell'”esperimento americano” ha portato a ordinare queste strutture come radici e fusti dello stesso albero sacro. Quando queste istituzioni parlano, lo fanno attraverso la voce roboante di figure consacrate dell’agiografia americana. Sono Roosevelt, Hearst e Vanderbilt in un’unica persona, pilastri di questa meraviglia collettiva della storia mondiale, che ha generato fortuna e prosperità senza pari, o almeno così si dice. Le stesse figure mediatiche cavalcano le code di questo trattamento regale, cavalcando con i baroni della tangenziale e i boiardi di Capitol Hill, privilegiati con un posto permanente al tavolo del. È il motivo per cui reagiscono con un tale shock offensivo alla più piccola resistenza, come ora si vede nella faida di Musk: considerano sé stessi gli unti, l’haute monde, le corone sui pilastri che tengono in piedi questa macchina ineffabilmente divina; nella loro mente, sono i prodighi courtiers del moderno technocourt – in realtà, più vicini alle cortigiane. Sono morali ed etici per semplice virtù della loro posizione. Per loro la moralità non è un campo di rovi, ma un sentiero di primule; le loro stesse azioni la definiscono per il resto di noi.

Il punto cruciale è che queste cose non possono essere lasciate ai mutevoli costumi del nostro tempo, ma devono essere codificate nella stessa Costituzione come aggiornamento ai tipi di sinergie istituzionali di potere che nemmeno i padri fondatori potevano prevedere. La presunzione di cospirito dietro i gesti di qualsiasi organo di potere deve essere codificata per essere presunta, come principale palladio portante contro il nesso di tirannie non contrastate che ora ci minacciano.

Ripresa:

“Se vuoi capire come funziona il mondo, immagina che ogni azione sia il risultato di una cospirazione dei tuoi nemici” .


Se vi è piaciuta la lettura, vi sarei molto grato se vi abbonaste a un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo da poter continuare a fornirvi rapporti dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, potete lasciare una mancia qui: Tip Jar

FUKUYAMA È TORNATO, di Teodoro Klitsche de la Grange

FUKUYAMA È TORNATO

In un articolo comparso sul “Financial Times” del 7 novembre, Fukuyama ha spiegato cosa significhi per gli U.S.A. la rielezione di Trump: “quando Trump fu eletto per la prima volta nel 2016, era facile credere che questo evento fosse un’aberrazione… Quando Biden vinse la Casa Bianca quattro anni dopo, sembrò che le cose fossero tornate alla normalità. Dopo il voto di martedì, ora sembra che sia stata la presidenza di Biden a essere l’anomalia e che Trump stia inaugurando una nuova era nella politica statunitense e forse per il mondo intero… Non solo ha vinto la maggioranza dei voti e si prevede che conquisterà ogni singolo stato indeciso, ma i repubblicani hanno ripreso il Senato e sembrano intenzionati a mantenere la Camera dei rappresentanti”.

Date le dimensioni della vittoria, lo studioso nippo-americano si chiede quale sia la natura profonda di questa “nuova fase della storia americana”. E che l’America così si avvii a non essere più uno Stato liberale classico definito in base al duplice criterio della protezione dei diritti fondamentali e della separazione dei poteri (v. art. 16 dichiarazione dei diritti del 1789). Ma tale identificazione ha subito “due grandi distorsioni”: il neoliberismo e il “liberalismo woke” “in cui la preoccupazione progressista per la classe operaia è stata sostituita da protezioni mirate per un insieme più ristretto di gruppi emarginati”, con relativo cambiamento della base sociale, così come in Francia ed Italia gli elettori di sinistra hanno votato per Marine Le Pen e Giorgia Meloni. Cui si può aggiungere che anche Sholz, tra AFD e Wagenknecht non se la passa troppo bene. E fin qui l’analisi è condivisibile. Ma non lo è nel seguito “Donald Trump non solo vuole far retrocedere il neoliberalismo e il liberalismo woke, ma è una minaccia importante per lo stesso liberalismo classico” (il corsivo è mio).

Ciò perché si crede controlli ed equilibri delle istituzioni americane glielo impediranno: cosa che Fukuyama considera un grave errore.

Quando però spiega perché sia tale comincia col citare il protezionismo del Tycoon: ma  questo è stato per diversi periodi di storia USA il sistema prevalente. E non risulta che abbia compromesso la tutela dei diritti fondamentali né la separazione dei poteri. Quanto all’immigrazione sostiene – e probabilmente ha ragione – che rispedire a casa qualche milione di immigrati è un compito immane. Ma più che lesivo dei principi del liberalismo classico, è una difficoltà oggettiva. Né spiega perché sarebbe contro i fondamenti del liberalismo classico il cambiamento in politica estera.

L’unico argomento apportato da Fukuyama che sia contraddittorio come i principi del liberalismo classico e l’uso politico della giustizia. Ma è un rischio che proprio le vicende di Trump nel passato quadriennio provano che non basta a impedire alla democrazia liberale di funzionare né al Tycoon, indicato come pubblico malfattore, d’essere rieletto a maggioranza ampliata. Proprio il carattere (profondamente) democratico delle istituzioni americane e quello federale costituiscono i maggiori ostacoli a una democrazia del genere.

L’articolo di Fukuyama, pertanto coglie nel segno allorquando pensa che siamo in una nuova fase della storia americana e che il liberalismo praticato ha subito due grosse distorsioni che lo differenziano da quello classico.

Tanti anni fa, proprio nell’Opinione-mese (dicembre 1990) commentavo il famoso articolo di Francis Fukuyama sulla “fine della storia”. Saggio che prospettava due tesi fondamentali: l’una che col crollo del comunismo “Non l’uomo nuovo nato dal superamento dei valori e dell’organizzazione politico-sociale della borghesia, ma la società dei diritti dell’uomo e dei consumi costituirebbe l’ultima (e definitiva) forma di organizzazione umana”; l’altra che “ciò non è dovuto alla sola superiorità economica del sistema liberale rispetto a quello comunista. Prima che effetto di una débacle economica, l’evoluzione (o meglio la rivoluzione) dei paesi comunisti sarebbe il frutto della sconfitta ideologica”. Mentre sostanzialmente concordavo che con il crollo del comunismo era venuta meno la contrapposizione politica borghesi/proletari, ritenevo che di fine della storia non era proprio il caso di parlare perché contraria alla costante (regolarità) del conflitto (Machiavelli) e del nemico (Schmitt) e credere di liberarsi di una regolarità del politico è come voler abolire la legge di gravità. Finita una contrapposizione se ne fanno avanti altre. Il trentennio passato ce l’ha confermato.

Anche per questo intervento di Fukuyama bisogna da un lato dar atto allo studioso nippo-americano di aver preso atto del cambiamento epocale dato dalla vittoria di Trump, dall’altro di aver considerato che tale fatto avrebbe fatto regredire il liberalismo classico, invece che far dimagrire le due “deformazioni che ricorda”.

Invece se per le distorsioni la previsione di Fukuyama è vera, non lo è per il liberalismo classico. Il quale, almeno in termini di chiarezza e realismo, ha, probabilmente, qualcosa da guadagnare.

Teodoro Klitsche de la Grange

Francis Fukuyama: cosa significa un Trump scatenato per l’America

Il presidente eletto repubblicano inaugura una nuova era nella politica statunitense e forse per il mondo intero

Fukuyama: cosa significa Trump scatenato per l’America su x (si apre in una nuova finestra) Francis Fukuyama: cosa significa Trump scatenato per l’America su facebook (si apre in una nuova finestra) Francis Fukuyama: cosa significa Trump scatenato per l’America su linkedin (si apre in una nuova finestra) Condividi Salvare progresso attuale 0% Francis Fukuyama NOVEMBER 8 2024 1149 Stampa questa pagina

La vittoria schiacciante di Donald Trump e del partito repubblicano martedì sera porterà a cambiamenti importanti in settori politici importanti, dall’immigrazione all’Ucraina. Ma il significato dell’elezione va ben oltre queste questioni specifiche e rappresenta un rifiuto decisivo da parte degli elettori americani del liberalismo e del modo particolare in cui la concezione di “società libera” si è evoluta dagli anni Ottanta. Quando Trump è stato eletto per la prima volta nel 2016, è stato facile credere che questo evento fosse un’aberrazione. Correva contro un avversario debole che non lo prendeva sul serio, e in ogni caso Trump non aveva vinto il voto popolare. Quando Biden vinse la Casa Bianca quattro anni dopo, sembrava che le cose fossero tornate alla normalità dopo una presidenza disastrosa di un solo mandato. Dopo il voto di martedì, ora sembra che sia stata la presidenza Biden a rappresentare un’anomalia e che Trump stia inaugurando una nuova era nella politica statunitense e forse per il mondo intero. Gli americani hanno votato con piena consapevolezza di chi fosse Trump e di cosa rappresentasse. Non solo ha conquistato la maggioranza dei voti e si prevede che conquisterà ogni singolo Stato in bilico, ma i repubblicani hanno riconquistato il Senato e sembrano intenzionati a mantenere la Camera dei Rappresentanti. Dato il loro attuale dominio sulla Corte Suprema, sono ora destinati a detenere tutti i principali rami del governo. Ma qual è la natura di fondo di questa nuova fase della storia americana? Il liberalismo classico è una dottrina costruita sul rispetto della pari dignità degli individui attraverso uno Stato di diritto che ne protegge i diritti e attraverso controlli costituzionali sulla capacità dello Stato di interferire con tali diritti. Ma nell’ultimo mezzo secolo questo impulso di base ha subito due grandi distorsioni. La prima è stata l’ascesa del “neoliberismo”, una dottrina economica che ha santificato i mercati e ridotto la capacità dei governi di proteggere coloro che sono stati danneggiati dai cambiamenti economici. Il mondo è diventato complessivamente molto più ricco, mentre la classe operaia ha perso posti di lavoro e opportunità. Il potere si è spostato dai luoghi che hanno ospitato la rivoluzione industriale originaria all’Asia e ad altre parti del mondo in via di sviluppo. La seconda distorsione è stata l’ascesa della politica dell’identità o di quello che si potrebbe definire il “liberalismo sveglio”, in cui la preoccupazione progressista per la classe operaia è stata sostituita da protezioni mirate per un insieme più ristretto di gruppi emarginati: minoranze razziali, immigrati, minoranze sessuali e simili. Il potere dello Stato è stato sempre più utilizzato non al servizio di una giustizia imparziale, ma piuttosto per promuovere risultati sociali specifici per questi gruppi. La vera questione a questo punto non è la malignità delle sue intenzioni, ma piuttosto la sua capacità di mettere effettivamente in atto ciò che minaccia. Nel frattempo, i mercati del lavoro si stavano trasformando in un’economia dell’informazione. In un mondo in cui la maggior parte dei lavoratori sedeva davanti allo schermo di un computer piuttosto che sollevare oggetti pesanti dai pavimenti delle fabbriche, le donne sperimentarono una maggiore parità. Questo ha trasformato il potere all’interno delle famiglie e ha portato alla percezione di una celebrazione apparentemente costante delle conquiste femminili. L’ascesa di queste concezioni distorte del liberalismo determinò un importante cambiamento nella base sociale del potere politico. La classe operaia sentì che i partiti politici di sinistra non difendevano più i suoi interessi e iniziò a votare per i partiti di destra. Così i Democratici persero il contatto con la loro base operaia e divennero un partito dominato da professionisti urbani istruiti. I primi hanno scelto di votare repubblicano. In Europa, gli elettori del partito comunista in Francia e in Italia hanno disertato per Marine Le Pen e Giorgia Meloni. Tutti questi gruppi erano scontenti di un sistema di libero scambio che eliminava i loro mezzi di sostentamento mentre creava una nuova classe di super-ricchi, ed erano scontenti anche dei partiti progressisti che sembravano preoccuparsi più degli stranieri e dell’ambiente che delle loro condizioni. Un sostenitore indossa un cappello con la bandiera statunitense e quella messicana durante una tappa della campagna di Trump a Juneau, nel Wisconsin, il mese scorso © Jamie Kelter Davis/The New York Times/Redux/eyevine Questi grandi cambiamenti sociologici si sono riflessi nelle modalità di voto di martedì. La vittoria repubblicana è stata costruita intorno agli elettori bianchi della classe operaia, ma Trump è riuscito a staccare un numero significativamente maggiore di elettori neri e ispanici della classe operaia rispetto alle elezioni del 2020. Ciò è stato particolarmente vero per gli elettori maschi di questi gruppi. Per loro, la classe contava più della razza o dell’etnia. Non c’è una ragione particolare per cui un latino della classe operaia, ad esempio, dovrebbe essere particolarmente attratto da un liberalismo di destra che favorisce gli immigrati recenti senza documenti e si concentra sulla promozione degli interessi delle donne. È anche chiaro che la stragrande maggioranza degli elettori della classe operaia semplicemente non si è preoccupata della minaccia all’ordine liberale, sia interno che internazionale, posta specificamente da Trump. Donald Trump non solo vuole far retrocedere il neoliberismo e il liberalismo woke, ma rappresenta una grave minaccia per lo stesso liberalismo classico. Questa minaccia è visibile in un gran numero di questioni politiche; una nuova presidenza Trump non assomiglierà affatto al suo primo mandato. La vera questione a questo punto non è la malignità delle sue intenzioni, ma piuttosto la sua capacità di realizzare effettivamente ciò che minaccia. Molti elettori semplicemente non prendono sul serio la sua retorica, mentre i repubblicani mainstream sostengono che i controlli e gli equilibri del sistema americano gli impediranno di fare del suo peggio. Questo è un errore: dovremmo prendere molto sul serio le sue intenzioni dichiarate. Trump è un protezionista autoproclamato, che dice che “tariffa” è la parola più bella della lingua inglese. Ha proposto tariffe del 10 o 20 per cento contro tutti i beni prodotti all’estero, sia da amici che da nemici, e non ha bisogno dell’autorità del Congresso per farlo. Raccomandato Tassi di interesse USA L’economia di Trump. Quanto grande? Quanto bello? Come sottolineato da numerosi economisti, questo livello di protezionismo avrà effetti estremamente negativi su inflazione, produttività e occupazione. Sarà un’enorme perturbazione delle catene di approvvigionamento, che porterà i produttori nazionali a chiedere esenzioni da quelle che equivalgono a pesanti tasse. Ciò offre l’opportunità di alti livelli di corruzione e favoritismo, poiché le aziende si affrettano a entrare nelle grazie del presidente. Tariffe di questo livello invitano anche a ritorsioni altrettanto massicce da parte di altri Paesi, creando una situazione di crollo del commercio (e quindi dei redditi). Forse Trump farà marcia indietro di fronte a questo; potrebbe anche rispondere come ha fatto l’ex presidente argentina Cristina Fernández de Kirchner, corrompendo l’agenzia statistica che riportava le cattive notizie. Per quanto riguarda l’immigrazione, Trump non vuole più semplicemente chiudere il confine, ma vuole deportare il maggior numero possibile degli 11 milioni di immigrati senza documenti già presenti nel Paese. Dal punto di vista amministrativo, si tratta di un compito talmente grande che richiederà anni di investimenti nelle infrastrutture necessarie per realizzarlo: centri di detenzione, agenti di controllo dell’immigrazione, tribunali e così via. Avrà effetti devastanti su un gran numero di industrie che si basano sulla manodopera immigrata, in particolare l’edilizia e l’agricoltura. Sarà anche una sfida monumentale in termini morali, dato che i genitori verranno allontanati dai loro figli cittadini, e creerà lo scenario per un conflitto civile, dato che molti dei senza documenti vivono in giurisdizioni blu che faranno tutto il possibile per impedire a Trump di ottenere il suo scopo. I partecipanti alla Convention nazionale repubblicana di Milwaukee, a luglio, mostrano il loro sostegno alle politiche sull’immigrazione di Trump © Joe Raedle/Getty Images. Per quanto riguarda lo Stato di diritto, durante questa campagna Trump si è concentrato esclusivamente sulla ricerca di vendetta per le ingiustizie che ritiene di aver subito per mano dei suoi critici. Ha giurato di usare il sistema giudiziario per perseguire tutti, da Liz Cheney e Joe Biden all’ex presidente dello Stato Maggiore congiunto Mark Milley e Barack Obama. Vuole mettere a tacere i critici dei media togliendo loro la licenza o imponendo loro delle sanzioni. Non si sa se Trump avrà il potere di fare tutto questo: il sistema giudiziario è stato una delle barriere più resistenti ai suoi eccessi durante il suo primo mandato. Ma i repubblicani hanno lavorato costantemente per inserire nel sistema giudici simpatici, come il giudice Aileen Cannon in Florida, che ha respinto il forte caso di documenti classificati contro di lui. Non ci sono campioni europei che possano prendere il posto dell’America come leader della NATO, quindi la sua futura capacità di tenere testa a Russia e Cina è in forte dubbio. Alcuni dei cambiamenti più importanti avverranno nella politica estera e nella natura dell’ordine internazionale. L’Ucraina è di gran lunga la più grande perdente; la sua lotta militare contro la Russia stava vacillando già prima delle elezioni, e Trump può costringerla ad accettare le condizioni della Russia trattenendo le armi, come ha fatto la Camera repubblicana per sei mesi lo scorso inverno. Trump ha minacciato privatamente di ritirarsi dalla NATO, ma anche se non lo facesse, potrebbe indebolire gravemente l’alleanza non rispettando la garanzia di mutua difesa di cui all’articolo 5. Non ci sono campioni europei che possano prendere il posto dell’America come leader dell’alleanza, quindi la sua futura capacità di tenere testa a Russia e Cina è in forte dubbio. Al contrario, la vittoria di Trump ispirerà altri populisti europei come l’Alternativa per la Germania e il National Rally in Francia. Gli alleati e gli amici degli Stati Uniti in Asia orientale non si trovano in una posizione migliore. Se da un lato Trump ha parlato con durezza della Cina, dall’altro ammira molto Xi Jinping per le sue caratteristiche di uomo forte e potrebbe essere disposto a fare un accordo con lui su Taiwan. Trump sembra congenitamente avverso all’uso del potere militare ed è facilmente manipolabile, ma un’eccezione potrebbe essere il Medio Oriente, dove probabilmente sosterrà con convinzione le guerre di Benjamin Netanyahu contro Hamas, Hezbollah e Iran. Ci sono ottime ragioni per pensare che Trump sarà molto più efficace nel realizzare questa agenda di quanto non lo sia stato durante il suo primo mandato. Lui e i repubblicani hanno riconosciuto che l’attuazione delle politiche è tutta una questione di personale. Quando è stato eletto per la prima volta nel 2016, non è entrato in carica circondato da un gruppo di assistenti politici, ma ha dovuto fare affidamento sui repubblicani dell’establishment. Consigliato La grande lettura Trump ridisegna la mappa politica dell’America. In molti casi, hanno bloccato, deviato o rallentato i suoi ordini. Alla fine del suo mandato, ha emesso un ordine esecutivo che ha creato un nuovo “Schedule F” che avrebbe privato tutti i lavoratori federali delle loro tutele lavorative e gli avrebbe permesso di licenziare qualsiasi burocrate. Il rilancio dello Schedule F è al centro dei piani per un secondo mandato di Trump, e i conservatori si sono impegnati a compilare liste di potenziali funzionari la cui principale qualifica è la fedeltà personale a Trump. Per questo motivo è più probabile che questa volta egli porti a termine i suoi piani. Prima delle elezioni, alcuni critici, tra cui Kamala Harris, hanno accusato Trump di essere un fascista. Si trattava di un’accusa errata, in quanto non stava per attuare un regime totalitario negli Stati Uniti. Piuttosto, ci sarebbe stato un graduale decadimento delle istituzioni liberali, proprio come è avvenuto in Ungheria dopo il ritorno al potere di Viktor Orbán nel 2010. Questa decadenza è già iniziata e Trump ha fatto danni sostanziali. Ha approfondito una polarizzazione già sostanziale all’interno della società e ha trasformato gli Stati Uniti da una società ad alta fiducia in una società a bassa fiducia; ha demonizzato il governo e ha indebolito la convinzione che esso rappresenti gli interessi collettivi degli americani; ha reso più grossolana la retorica politica e ha dato il permesso a espressioni palesi di bigottismo e misoginia; e ha convinto la maggioranza dei repubblicani che il suo predecessore era un presidente illegittimo che ha rubato le elezioni del 2020. L’ampiezza della vittoria repubblicana, che si estende dalla presidenza al Senato e probabilmente anche alla Camera dei Rappresentanti, sarà interpretata come un forte mandato politico che conferma queste idee e permette a Trump di agire a suo piacimento. Possiamo solo sperare che alcuni dei restanti guardrail istituzionali rimangano al loro posto al momento del suo insediamento. Ma forse le cose dovranno peggiorare molto prima di migliorare. Francis Fukuyama è senior fellow presso il Center on Democracy, Development, and the Rule of Law di Stanford e autore, da ultimo, di ‘Liberalism and Its Discontents’. Scopri prima le nostre ultime storie – segui FTWeekend su Instagram e X, e abbonatevi al nostro podcast Life and Art ovunque lo ascoltiate. Lettere in risposta a questo articolo: Un collega newyorkese offre un parere personale sul presidente eletto / Da Donald Laghezza, New York, NY, US Trump non può contare sul fatto che gli Stati Uniti siano la ‘nazione indispensabile’ / Da Andrew Mitchell, Londra W4, UK

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704

oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Proemio per tutte le civiltà dell’età post-buia, di Tree of Woe

Proemio per tutte le civiltà dell’età post-buia

Valutare i limiti e i confini di ogni futura società post-industriale

Due settimane fa ho pubblicato il saggio L’alba di una nuova civiltà, che proclamava la nascita di un uomo Enea nello spazio liminale tra la sventura e il destino. L’opera ispirò numerosi lettori con il suo spirito eroico. Ha anche ispirato un certo numero di risposte severe da parte di lettori pessimisti, che hanno messo in dubbio la possibilità stessa di una civiltà Enea dopo il nostro stato faustiano di esaurimento delle risorse. Sebbene abbia tentato di “accelerare” il caso pessimistico nel saggio della scorsa settimana La Sfida Enea, il mio sforzo è stato limitato dal fatto che in realtà non sono un sostenitore della popolazione e delle risorse. Il mio amico Ahnaf Ibn Qais, tuttavia, *è* un sostenitore di questo tipo; e si è gentilmente offerto di “fare da titanium-man” alla causa contro la civiltà Enea. Così questo post ospite.

Ahnaf e io discutiamo costantemente di questi temi, e nel pubblicare il suo saggio non appoggio le sue conclusioni. Penso piuttosto che chiunque suggerisca che l’umanità abbia il coraggio di andare su Marte dovrebbe avere il coraggio di permettere che le sue opinioni siano messe in discussione da qualcuno che dissente con veemenza. Senza ulteriori indugi….

Pater Tree of Woe ha chiesto al vostro amichevole mercante di DOOM di quartiere di annusare qualcosa di DOOM-ful per ‘compensare’ la poca speranza, l’ottimismo e l’anelito che ha eloquentemente generato con il suo Epic Shrub of Joy Essay Duo sul futuro dell’Enea.  Trigger Warning: Segue materiale eccezionalmente cupo, tetro &; disperante… Comunque, siete stati avvertiti, cari lettori &; ascoltatori! 

Nessuno andrà verso le stelle

Image

Energia, demografia e tecnologia.

Questi tre elementi formano una relazione triadica che li lega l’uno all’altro.

Qualsiasi cambiamento in due di essi comporterà un movimento corrispondente nel terzo.

Per esempio, se l’energia primaria pro capite di una società dovesse diminuire, in concomitanza con la transizione demografica e il declino, seguirà una stagnazione tecnologica.

Questo è esattamente ciò che vediamo nelle varie società “sviluppate” e industriali del mondo occidentale, ovvero Europa, Stati Uniti, Oceania, Giappone e Corea del Sud.

Prima di tutto, iniziamo a considerare la demografia e il declino demografico:

Spesso, le persone si concentrano sui TFR (cioè i tassi di fertilità totale) e si perdono il quadro generale…

In altre parole, quando la forma della piramide demografica si sposta, le nascite grezze vengono sopraffatte dai decessi grezzi e la parte superiore della piramide si riempie rapidamente di anziani, aumentando così il rapporto di dipendenza della società nel suo complesso:



Le società con un rapporto di dipendenza più elevato (cioè nelle fasi 4, 5 e 5+ della transizione demografica) si imbattono in una pletora di problemi che si rivelano presto intrattabili:

Le tasse, il welfare e quant’altro vengono aumentati per compensare il rapido invecchiamento della società, poiché l’età media aumenta rapidamente a causa della bassa fertilità e dell’aumento dell’aspettativa di vita. La forza lavoro che si riduce e invecchia è sovraccarica e i governi ricorrono all’emigrazione di massa:

L’automazione, i robot e l’intelligenza artificiale non hanno i margini economici ed energetici o la fungibilità complessiva per sostituire la maggior parte dei lavori muscolari ad alta intensità di lavoro. Sebbene si verifichi una certa automazione, questa non è sufficiente nel grande schema.

I robot e l’intelligenza artificiale sono in ultima analisi variabili endogene del sistema, soggette a compromessi (economici, ecologici, energetici, ecc.) e ad altri problemi correlati.

In molti campi dell’attività umana (come l’agricoltura), i limiti dell’automazione sono stati raggiunti decenni fa, con nazioni come gli Stati Uniti che hanno registrato una linea di tendenza stagnante o in declino per quanto riguarda i cavalli vapore per unità di terreno agricolo per diversi decenni:


Sir Bullfrog Patriarch l’ha detto molto meglio di quanto possa fare il sottoscritto! 
FONTE: https://x.com/SouthPatriarch/status/1859959606610665963

Tutto questo per dire che i “robot” non verranno a salvare la situazione.

Dati i suddetti limiti e ottimizzazioni, l’automazione sarà presente “per un po’” in una società fino a quando questa non sarà troppo impantanata nei debiti, non soffrirà di carenze di *inserire qui le materie prime* a causa di variabili geoeconomiche, o non subirà simili contrattempi.

Nel frattempo, la maggior parte del lavoro ad alta intensità di manodopera, a basso costo, ‘per pochi centesimi e gratis’ schiavizzato… sarà fatto attraverso i migranti che arrivano legalmente e illegalmente.

Questa è dunque la natura fondamentale del problema demografico.

Non è solo che la società industriale, per la sua natura di perseguire la “Growth Ubër Alles,” dà origine a legioni di uomini e donne senza figli e a carichi di anziani…; essa fa nascere anche la schiavitù dei giorni nostri per mantenere l’economia falsa e ghey in funzione.

Le società, ora piene di tensioni e conflitti etnici, si troveranno presto impantanate in enormi livelli di debito, grazie alla cura di una popolazione anziana in crescita.



Col tempo, le condizioni di vita della classe operaia (nera, bianca, bruna, ecc.) si deterioreranno e le ondate di emigrazione di massa partiranno verso pascoli più verdi. Così, gli anziani non troveranno più un aiuto sufficiente e moriranno in modo lento e inesorabile.

Detto questo, per quanto riguarda le linee di tendenza della demografia nella società industriale…

In secondo luogo, passiamo ora alla povertà e alla scarsità di energia nel mondo industriale.

Qui, due problemi convergono l’uno sull’altro in modo estremamente brutale:

In primo luogo, la generazione di elettricità è un’attività eccezionalmente dispendiosa. Sono necessari da 1,5 a 2 volte gli input di energia iniziale per tenere conto delle perdite di energia durante la conversione. Ciò significa che solo un terzo degli input raggiunge il traguardo.

Per gli Stati Uniti, l’Europa e le altre società industriali, il consumo eccessivo e lo “stile di vita da grande città”sono un dato di fatto. Ciò significa un aumento della domanda e del consumo di elettricità per vari usi (residenziali, commerciali, industriali, ecc.).



Gli Stati Uniti, una vera e propria superpotenza energetica, utilizzano tutto (!) il proprio nucleare & la maggior parte del carbone & le fonti rinnovabili per ‘assorbire‘ le inefficienze di conversione del 65% per la generazione di elettricità, & questo rapporto è rimasto stabile per oltre mezzo secolo.

Proprio come gli interessi sul debito divorano oltre il 25% di tutti gli afflussi al Tesoro come un buco nero in continua espansione, presto troveremo fenomeni simili negli Stati Uniti e in altre nazioni occidentali per quanto riguarda le perdite di energia dalla conversione dell’elettricità.

Il gas naturale, il fondamento della generazione di elettricità nella maggior parte delle società industriali, continuerà a essere importato in massa dagli Stati Uniti (e da altri) per soddisfare la crescente domanda, con un aumento geometrico del buco nero delle perdite di conversione.

Questo porta alla nostra seconda (e forse più brutale) situazione:

Il ruolo essenziale svolto da petrolio, carbone e gas naturale nell’economia globale.

I combustibili fossili sono fungibili, concentrati e accessibili. Nient’altro sulla Terra possiede tutti e tre gli attributi contemporaneamente. Le fonti rinnovabili sono intermittenti e diffuse, anche se i margini sono migliorati drasticamente negli ultimi decenni:



I costi livellati dell’energia (cioè i LcoE) per le rinnovabili sono diminuiti considerevolmente, grazie ai sussidi governativi, all’innovazione, alle economie di scala e ai relativi guadagni derivanti dal “ciclo economico virtuoso”.

Ciò che non è cambiato, tuttavia, è che sono necessari ampi buffer e capacità di stoccaggio per fare scorta durante i cicli negativi, che comprendono circa tre quarti dell’anno solare complessivo per il solare convenzionale e l’eolico nella maggior parte delle località a livello globale.

La tecnologia per creare riserve di così vasta scala e portata non esiste, soprattutto se iniziamo a prendere in considerazione i futuri aumenti della domanda di energia dovuti ai cambiamenti nei consumi e alla crescita della popolazione. Ma la situazione è ben peggiore di questa:

il dottor Simon P. Michaux, professore associato di Geometallurgia presso il Servizio Geologico della Finlandia, ha osservato che qualsiasi spostamento su larga scala verso l’energia solare, eolica e altre fonti rinnovabili richiederà metalli, minerali, ecc. che non esistono.

In Stima della quantità di metalli per eliminare gradualmente i combustibili fossili in una sostituzione completa del sistema, rispetto alle risorse minerarie (2024)scritta per il Servizio Geologico della Finlandia, egli nota che i requisiti elementari & energetici sono troppo grandi:



In sostanza, i minerali & metalli richiesti non esistono (& non esisteranno).

Né i numeri della produzione globale annua, né le riserve globali totali (in superficie e nei fondali marini), né la futura efemeralizzazione e l’aumento della produttività sono sufficienti per un’economia post-carburanti fossili e ad alto consumo energetico.

Il dottor Simon ha costruito diversi modelli nel documento citato, ognuno dei quali ha modificato diverse variabili (ad esempio, una maggiore produzione globale all’anno, più riserve trovate in superficie e nei fondali marini, l’effemeralizzazione e l’aumento della produttività), senza alcun risultato…

Quindi, il futuro energetico dell’uomo è legato ai combustibili fossili, il che significa che i loro cicli di vita rispecchieranno il destino dell’uomo moderno e del suo industrialismo dell’abbondanza.

Quindi, il futuro sarà Industriale di scarsità, in cui non esisterà alcun surplus di metalli, minerali, materiali & energia per alcuna ‘Migrazione interstellare’.

‘Tomorrowland’ è andato & non tornerà.

Come Gran Maestro di DOOM

John Michael Greer

ha detto succintamente:

‘Eccoci qua…!


Tech & l’innovazione non cambierà la situazione

Image

“Qualcuno, da qualche parte, risolverà questo problema!”.

Il sottoscritto può sentire questo grido da migliaia di chilometri di distanza in questo momento.

Cari lettori e ascoltatori… il problema non è qualcosa da “aggiustare”. Si tratta di Scala, Portata, Resilienza, Attuazione tempestiva e, infine, Sostenibilità.

Il solare e l’eolico (come già detto) richiedono buffer giganteschi, che non possono essere costruiti e/o mantenuti grazie ai limiti imposti dalla geologia terrestre. Per esempio, una maggiore forza di volontà da parte dell’uomo faustiano non aumenterà magicamente la fornitura di rame.

Tutte le altre fonti rinnovabili (geotermiche, idroelettriche, maremotrici, rifiuti organici, ecc.) non hanno la scala e la portata necessarie per questa analisi. Vale a dire, data la loro natura marginale e/o localizzata, non possono essere impiegate in tempo, date le nostre varie difficoltà.

La geotermia, le maree e i rifiuti organici… hanno ciascuno componenti molto specializzati, per i quali le catene globali del valore non hanno i requisiti (cioè trasporto, materiali, acume ingegneristico, ecc.) per una diffusione di massa in scala. Sono… ‘troppo marginali.



Hydro, invece, è localizzato alla cinetica del campo idrologico di un’area locale; non può essere distribuito in massa a causa di questa limitazione. La riserva di energia idroelettrica per un uso futuro in una data e in un luogo successivi… si scontra con gli stessi problemi intrinseci che affliggono il solare e l’eolico.

I biocarburanti richiedono l’intrusione nelle forniture alimentari di intere nazioni e soffrono di molte delle limitazioni naturali notate finora (cioè, buffer, localizzazione, “fringe-ness,” ecc.) Anch’esse non saranno mai un granché, se non per alcune applicazioni su piccola scala.

Se escludiamo tutte queste opzioni e i combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturale), insieme alle biomasse tradizionali, grazie ai loro alti e bassi, imminenti o in corso, non resta che l’energia nucleare.

È qui che i tecnofili, i cornucopi e gli ottimisti vari si rallegrano.

Dopo tutto, ci è stato detto (per decenni, dopo la Seconda Guerra Mondiale) che questo sarebbe stato “il biglietto dell’uomo per le stelle, il carburante per il suo viaggio verso l’ignoto, verso il vasto cielo stellato!”.

Già… a proposito di questo:



Il nucleare convenzionale soffre di una battuta d’arresto fatale, che ha portato alla sua decennale stagnazione e all’altopiano dalla fine degli anni ’90 ad oggi:

L’uranio deve essere acquistato a prezzi bassi per ottenere buoni margini. Date le complesse catene di valore dell’energia nucleare, insieme al sofisticato pool di talenti necessario per gestirla, il nucleare non può competere con concorrenti più economici.

Ecco perché la Francia, da sempre manifesto di un “programma nucleare di successo”, ha dovuto saccheggiare & saccheggiare il Sahel per decenni per rubare vaste porzioni delle sue vaste riserve di uranio per pochi centesimi. Questo, però, non sarà più possibile in futuro:.

Dopo l’umiliante uscita delle forze francesi e alleate dal Sahel, è diventato sempre più chiaro che il calcolo geoeconomico nella regione è cambiato per sempre. Ora saranno i mercenari russi e gli ingegneri cinesi ad affollare il Sahel, non gli occidentali.

Data la produzione sproporzionata di uranio nella sfera eurasiatica, unita a LcoE sfavorevoli per il nucleare convenzionale, questo percorso è un vicolo cieco:


A line graph tracking the levelized cost of major electricity sources between 2009 and 2023 in dollars, according to data from Lazard. With time, the cost of renewable energies goes down significantly, most notably solar, for which the price goes from 359 dollars per megawatt-hour in 2009 to 60 dollars in 2023

Gli occidentali non avranno accesso a fonti di uranio affidabili e a basso costo per diversi decenni, man mano che la biforcazione geoeconomica tra Est e Ovest si consoliderà.

Non esiste alcuna capacità militare e/o cinetica per farlo, e la maggior parte delle nazioni della sfera eurasiatica non è interessata a commerciare con gli occidentali, che stanno rapidamente diventando nemici di più Stati civili (e dei loro alleati) contemporaneamente.

Intanto, i sussidi governativi, la “riduzione della burocrazia”, eccetera, saranno poco utili poiché (1) la maggior parte dei governi occidentali sono fortemente indebitati & (2) quel poco di produzione che esiste oggi ha già massimizzato la maggior parte delle sue efficienze economiche, & non aumenterà molto, quindi.

Questo è quanto… beh, che dire delle forme non convenzionali di energia nucleare?

A questo punto, i fratelli spaziali cornucopi e tecnofili tirano fuori la loro ultima goccia… quella che li salverà (in qualche modo) dall’annegamento…

e il campo; cioè i reattori a sali fusi di torio (MSR) per la fissione nucleare:



I reattori MSR al torio sono molto interessanti (dato il loro basso costo energetico e la relativa mancanza di scorie nucleari). Inoltre, mostrano grandi promesse negli attuali test su piccola scala, promettendo di migliorare il riutilizzo e la riciclabilità di minerali e metalli chiave.

Come per il nucleare convenzionale, la complessità della catena del valore e i requisiti del pool di talenti sono ancora validi, ma l’ingombro ridotto riduce questi problemi.

L’aspetto del combustibile liquido (come nota il dottor Simon) significa anche che tutti gli elementi coinvolti possono partecipare alla reazione simultaneamente, accelerando notevolmente il tutto.

Quindi… per quanto riguarda le “ultime risorse” di un uomo che sta affogando, tutto questo è piuttosto impressionante.

Tuttavia, essendo un mercante di DOOM diligente nel suo mestiere, il sottoscritto dovrà fare eco alle parole di Ivan Drago qui & go… “Devo spezzarti!”. 

Gli MSR al torio, pur essendo una componente impressionante di una futura “transizione viola”, richiederanno comunque un’attenta pianificazione e una gestione frugale di vari materiali ed energia.


FONTE: Dr. Simon P. MichauxServizio geologico della FinlandiaStima della quantità di metalli per eliminare gradualmente i combustibili fossili in una sostituzione completa del sistema, rispetto alle risorse minerali (2024).

L’adozione diffusa degli MSR al torio non salverà la capacità industriale esistente, la cui energia sta rapidamente diminuendo in tutto il mondo occidentale. Non ha né il rendimento, né la scalabilità, né la portata per raggiungere questo obiettivo.

Per capire perché, è opportuno fare un po’ di brainstorming sul nucleare convenzionale:

Oggi ci sono circa 440 centrali nucleari convenzionali, che producono 6.800-7.000 TWh di energia all’anno… di cui 2.600-2.800 TWh di elettricità all’anno. Questo numero aumenta di 1-2 impianti in più all’anno.

La componente globale dell’elettricità da nucleare si aggira attualmente intorno all’8-10%. Per quanto riguarda il mix di energia primaria globale, attualmente si aggira intorno al 3-5%.

Nel fare i conti con le transizioni che coinvolgono il nucleare, il dottor Simon ha analizzato diversi scenari che prevedevano la modifica della componente nucleare nella ripartizione dell’energia.

Gli scenari Delta, Epsilon e Zeta hanno analizzato le capacità annue supplementari necessarie… e le nuove capacità totali annue installate necessarie… e lo hanno fatto per la componente nucleare del mix, aumentata rispettivamente al 10%, 20% e 30%:


FONTE: Dr. Simon P. MichauxServizio geologico della FinlandiaStima della quantità di metalli per eliminare gradualmente i combustibili fossili in una sostituzione completa del sistema, rispetto alle risorse minerali (2024).

FONTE: Dr. Simon P. MichauxServizio geologico della FinlandiaStima della quantità di metalli per eliminare gradualmente i combustibili fossili in una sostituzione completa del sistema, rispetto alle risorse minerali (2024).

FONTE: Dr. Simon P. MichauxServizio geologico della FinlandiaStima della quantità di metalli per eliminare gradualmente i combustibili fossili in una sostituzione completa del sistema, rispetto alle risorse minerarie (2024).

Mentre la capacità totale di installazione annuale richiesta è stata ridotta in modo significativo, la capacità annuale supplementare necessaria per eliminare gradualmente i combustibili fossili rimane enorme.

La riduzione della prima dall’alto di 28.669 GigaWatt (nello Scenario Delta) al basso di 23.767 GigaWatt (nello Scenario Zeta) è una diminuzione apprezzabile. Tuttavia, date le realtà pratiche “sul campo” in tutto il mondo, resta un obiettivo annuale inattaccabile.

Gli MSR al torio, se dovessero essere commercializzati e distribuiti in massa nei prossimi anni e decenni… avranno produzioni dell’ordine di 500-1.000 MegaWatt per impianto, o forse anche superiori… ma questo sarà irrilevante, dati i costi ridicolmente elevati per la dismissione graduale.

In definitiva, il problema non è una specifica pallottola d’argento & la sua capacità (o mancanza) di risolvere le questioni. Piuttosto, la situazione è che, dati gli attuali modelli di consumo, i dati demografici e le infrastrutture energetiche, i requisiti sono troppo grandi….

La nostra attuale capacità industriale non potrà essere mantenuta…

e quindi è necessaria una semplificazione.


Così l’uomo morirà qui sulla Terra

Image

Stagnazione ed equilibrio sulla Terra.

Questo è il futuro lontano per tutti i nostri discendenti, millenni e secoli dopo.

Oltre l’era dell’industriale della scarsità che ci troviamo a vivere, unita a vari colli di bottiglia e limiti all’acqua dolce, alla terra coltivabile, ecc, le società di La Nuova Età Oscura (che abbraccia diversi secoli e millenni), dovranno improvvisare:

Molti si rifugeranno in un patchwork di governo feudale e/o neo-feudale, dove la decentralizzazione (di terra, lavoro e capitale) tornerà a essere la norma. Altri ricorreranno a stili di vita da Scavenging. Altri ancora diventeranno Nomadic Warbands.

Le risorse energetiche economiche, abbondanti e fungibili (ad esempio i combustibili fossili) che attualmente vengono bruciate a una velocità vertiginosa in tutto il mondo industrializzato faranno sì che le generazioni future non avranno accesso a tali risorse, se non in piccole quantità.

Per metalli e minerali, la situazione è ancora più semplice, poiché i tassi di riciclaggio e riutilizzabilità per molti di essi ammontano a pochi punti percentuali; pertanto, sono essenzialmente “beni monouso” che i nostri discendenti non vedranno, salvo piccole tracce:


FONTE: Dott. Simon P. Michaux Geological Survey of Finland , Stima della quantità di metalli per eliminare gradualmente i combustibili fossili in una sostituzione completa del sistema, rispetto alle risorse minerali (2024)

La tecnologia, l’innovazione e le conquiste e meraviglie umane correlate stanno per scontrarsi con un brutale collo di bottiglia dal quale non si riprenderanno mai più… vale a dire, la totale e totale interruzione di materiali ed energia per i quali non esistono sostituti adeguati su larga scala e portata.

A questo mix dobbiamo ora fare un passo indietro e aggiungere la brutale situazione della demografia:

Nei prossimi anni e decenni, assisteremo al rapido invecchiamento di ampi segmenti del mondo industriale. Ciò significherà che entro la metà o la fine del XXI secolo, una carenza assoluta di manodopera (qualificata, semi-qualificata e non così qualificata) rovinerà queste società.

La transizione demografica, avviata dalle varie innovazioni tecnologiche, sociali ed economiche della rivoluzione industriale (più o meno dalla metà del XVIII secolo all’inizio del XIX secolo e oltre), si esaurirà durante questo periodo in modo prevedibile:

I tassi di mortalità nel mondo industrializzato continueranno a sopraffare nettamente i tassi di natalità. Per molte di queste società, questa sarà la prima volta nella loro storia che una cosa del genere accadrà in tempo di pace, e senza calamità e disastri naturali.

Ciò sarà devastante poiché in queste società si verificherà uno spopolamento (attraverso ondate di emigrazione di massa, eutanasia, ecc.) mentre le loro linee di tendenza saranno le seguenti:



Sebbene questo set di dati di quasi cinque secoli (!) riguardi nascite e morti di persone comuni in Inghilterra e Galles, è un microcosmo della destinazione dell’Uomo Faustiano .

Un’ulteriore transizione demografica basata su queste linee di tendenza significherà che le Fasi 5+ saranno sovrappeso e piene di milioni di nonni e nonne settantenni e oltre, molti dei quali non saranno né disposti, né pronti, né in grado di partecipare ad attività intensive:

Che si tratti di lavoro, innovazione o anche di sogni del genere in cui è immerso oggi l’uomo faustiano (ad esempio, energia da fusione, intelligenza artificiale e migrazione interstellare ), tutto questo verrà presto gettato nella proverbiale pattumiera della storia…

… perché non rimarrà *nessuno* con la giusta disposizione giovanile per sognare, faticare e innovare per queste cose, né ci saranno i materiali e l’energia necessari per farlo, poiché la maggior parte sarà stata consumata o gettata in una discarica da qualche parte.

Mentre le nazioni d’Europa e del mondo occidentale, in generale, continuano ad affrontare massicce carenze di fabbriche e manodopera a causa di questa sterilizzazione di massa, l’abbondante surplus di energia e metalli attualmente intorno a loro… presto scomparirà:


FONTE: Dott. Simon P. Michaux Geological Survey of Finland , Stima della quantità di metalli per eliminare gradualmente i combustibili fossili in una sostituzione completa del sistema, rispetto alle risorse minerali (2024)

Le società future dell’Età Oscura Deindustriale razioneranno quindi brutalmente energia, metalli e minerali, allo stesso modo in cui molti individui e famiglie risparmiano e gestiscono il loro denaro e i beni correlati. Lo stesso varrà per tutte le civiltà post-Età Oscura.

La società industriale, l’apice dell’uomo faustiano, l’ottava grande cultura spengleriana, lo aiutò a costruire la prima civiltà globale della storia, almeno la prima di cui siamo a conoscenza, data la storia umana registrata fino ai giorni nostri.

Non sarà l’ultima e non sarà ricordata con affetto dai nostri discendenti.

Piuttosto, molte delle sue pratiche, ossessioni, sogni e stranezze saranno viste come grottesche e demoniache, sprecone e spendaccione, crudeli e capricciose. Questa sarà la sua eredità:

Perché avrà raccontato a queste civiltà future di un periodo irripetibile di surplus planetario ed eccesso di demografia, energia e materiali… solo per scoprire che tutto questo è stato sperperato in banalità varie, senza preoccuparsi dei suoi discendenti.

Per le generazioni future, l’attenzione sarà rivolta a migliorare i peggiori eccessi di secoli e millenni di declino e caduta, man mano che l’economia a somma negativa prende piede.


Immagine

Senza dubbio alzeranno lo sguardo verso il cielo e la volta stellata.

e senza dubbio desidereranno in qualche modo anche il cosmo.

Ma rimarranno per sempre legati alla Terra, cercando di arrangiarsi con ciò che resta loro.

La nona civiltà umana verrà saccheggiata dall’uomo di Mizaan, che cerca l’equilibrio con il mondo che lo circonda.

Non sognerà Grandi Sogni né si abbandonerà a Fantasie Romantiche su un mondo che non potrà mai realizzarsi. Il pragmatismo sarà il suo Forté.

Egli presiederà un mondo in declino, decaduto, che l’Ottava Civiltà, costruita dall’Uomo Faustiano, avrà completamente sviscerato tramite eccesso di risorse ed energia, cattive pratiche ecologiche e malattie correlate. Questo è ciò che erediterà.

Allo stesso modo, non sarà interessato agli eccessi dell’Ottava Civiltà.

Se, come teorizzò Spengler, le Culture Superiori che si susseguono (ad esempio, quella dei Magi contro quella dei Faustiani ) lo fanno per un feroce antagonismo… allora è così che andranno le cose.

L’ uomo Mizaaniano e la società ecotecnica e retrotopica che egli costruirà diversi secoli e millenni dopo la Nuova Era Oscura … rinnegheranno completamente l’ethos e la metafora faustiana centrale: ” un eterno moto verso un vuoto senza limiti “.


Immagine

La Città Giardino è l’esempio di “Una pienezza entro limiti, dove l’anima ritorna”.

Questo sarà l’Ur-simbolo dell’Uomo Mizaaniano e della Civiltà che persegue. La sua vocazione sarà la Gestione Ecologica, la Contentezza Spirituale e la Soddisfazione.

Costruito dall’Uomo Eurabiano e dall’Eurabia (come ho teorizzato nei miei scritti), sarà il primo di una lunga serie di successori dell’Occidente faustiano e della Società Industriale.

Sarà la prima goffa espressione della ricerca dell’umanità di un’intimità ecosofiana con la biosfera e la sua rete eterogenea di vincoli ecologici vivificanti ed equifinali.

Quindi, l’uomo faustiano, che aveva girato l’8 di lato per formare l’∞ e perseguito l’infinito in tutte le cose… sarebbe stato, alla fine, soppiantato dall’uomo eurabiano:

Perché lui, l’uomo di Mizaan, cercherà resilienza, armonia e amministrazione di tali sistemi, e dovrà ringraziare l’Uomo Faustiano per i suoi vari eccessi e passi falsi, che presto gli daranno il mondo intero su un piatto d’argento…

Fino ad allora, ricordate, cari ascoltatori e lettori…

… La SORTE ARRIVA…!

Su questa nota fioca, il nostro guest post si conclude. Ora riprenderemo il nostro consueto programma di guai, che è un guaio filosofico che potrebbe applicarsi a tutti gli uomini in ogni momento, piuttosto che un guaio specifico di un’epoca, diretto al nostro stato impoverito.

Invita i tuoi amici e guadagna premi

Se ti è piaciuto Contemplazioni sull’albero del dolore, condividilo con i tuoi amici e riceverai dei premi quando si iscriveranno.

Invita amici

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704

oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Il problema con i bravi ragazzi_di Morgoth

Il problema con i bravi ragazzi

Sugli antieroi, Trump, gli agricoltori e come evitare l’escalation.

21 novembre
The Penguin | Official Website for the HBO Original | HBO.com

Di recente ho guardato alcuni episodi del nuovo successo della HBO The Penguin . È sicuramente un miglioramento rispetto al fango che l’industria dell’intrattenimento ci ha propinato per anni. Le trame sono serrate, il mondo avvincente, anche se cupo, e Colin Farrell offre una performance eccezionale sotto strati di trucco che sembrano spessi come un materasso. Fondamentalmente, però, The Penguin è l’ennesimo soggiorno nel regno sporco del personaggio centrale amorale, nichilista e omicida che domina i media moderni. La serie è uno spin-off del film del 2022 The Batman (la mia recensione qui ). Inevitabilmente, il film è anche “moralmente grigio”. Le motivazioni e il codice morale del personaggio titolare vengono incessantemente messi in discussione e indeboliti.

Questo è solo un fatto mediatico, ormai, e lo è da anni: non ci sono buoni ragazzi diretti perché il mondo è moralmente complesso; è grigio e machiavellico. Un personaggio come Penguin ci eccita di più perché è spietato e senza empatia o pietà di quanto ci piaccia la sua compagnia. È deforme e brutto. Ha quello che può essere definito solo un “anti-carisma”. È odiato da quasi tutti tranne che da sua madre, ma è in pace con tutto questo perché è disposto a oltrepassare confini e confini che altri non sono.

Il Pinguino, quindi, è Daniel Plainview, Tywin Lannister (o quasi tutti quelli del Trono di Spade), Walter Whyte, Tony Soprano o l’Imperatore Palpatine. È una curiosa piega della nostra epoca attuale che tali personaggi occupino la mente moderna come un tempo facevano John Wayne o Steve McQueen. Si potrebbe sostenere che James Bond a volte fosse moralmente dubbioso, ma non è mai stato in dubbio che alla fine fosse dalla parte del bene. Ciò che caratterizza l’archetipo moderno dell’antieroe è che sono disposti a compiere atti malvagi per puro interesse personale. I buoni perdono; gli uomini onesti sono dei coglioni idealisti. Solo gli spietati hanno successo. Anche quando sono accerchiati da tutte le parti e hanno una mano perdente, attraverso pura brutalità e volontà, ottengono il risultato inizialmente desiderato, senza pensare ai danni collaterali o al dolore e alla sofferenza inflitti agli innocenti.

Per il resto di noi, che ci affanniamo sotto il grassone femminilizzato del gonfiore manageriale che schiaccia l’anima, ci è concessa una forma di catarsi di seconda mano mentre assistiamo a uomini d’azione immaginari che impongono la loro volontà e vincono la partita. Decisioni difficili e dilemmi di vita o di morte sono stati da tempo sottratti alle nostre mani e ridotti a umili scelte di consumo che hanno scarso impatto su qualsiasi cosa di importante.

Ci sono vari teatri di attività politica in Occidente ora dove la determinazione delle persone che cadono in fallo del potere istituzionale viene messa alla prova. Tuttavia, il fallimento è dovuto il più delle volte al fatto che la parte dissidente dell’equazione è composta da brave persone; cioè, cercano di evitare danni indebiti e un’escalation delle tensioni.

Nonostante la tendenza delle persone a insistere che gli inglesi se ne stavano seduti a guardare in silenzio mentre il loro paese veniva distrutto, c’è stata una successione costante di gruppi di protesta e partiti politici canaglia che miravano in un modo o nell’altro a resistere alla fine della nazione. Tuttavia, la sfilata apparentemente infinita di ragazzi del Nord diretti a Londra per la giornata non ha portato a nulla in termini di cambiamenti strutturali o richieste soddisfatte. La ragione principale per cui non è cambiato nulla è stata perché alcune migliaia di uomini bianchi della classe operaia a Londra non avevano alcuna influenza sui politici, nessuna fiche da giocare, nessun asso da tirare fuori nei momenti di bisogno.

Gli agricoltori, d’altro canto, sì. Gli agricoltori non rappresentano un problema per i regimi autoritari perché possono usare i trattori per bloccare il traffico nelle aree metropolitane, ma perché hanno vaste distese di terra e beni e sono responsabili della produzione alimentare. Come per Bertrand De Jouvenel, sono un castello rivale o un nodo in una rete che è in qualche modo indipendente dal Potere. Come l’orso di De Jouvenel, il Potere vede tutta quella terra rigogliosa e redditizia come un favo succoso e riflette su come aprirlo e divorarne la dolcezza. Di sicuro, la litania di agevolazioni fiscali e sussidi di cui gli agricoltori già godono li ha, per certi aspetti, ridotti a clienti del governo; la loro mano non è così forte come potrebbe essere. Tuttavia, ora, di fronte a quella che è apparentemente una minaccia esistenziale , gli agricoltori si trovano di fronte alla scelta di come procedere.

Il primo gradino di quella che gli esperti di geopolitica chiamano la “scala dell’escalation” è stato raggiunto semplicemente protestando e segnalando la propria opposizione alle nuove tasse.

E il governo non ha cambiato nulla.

Allo stesso modo, spruzzare letame sugli edifici governativi potrebbe dare vita a divertenti video virali sui social media. Tuttavia, non cambierà una parola su alcun documento all’interno di quegli edifici per questo motivo.

In definitiva, la mossa che gli agricoltori seri dovranno fare è invocare il loro controllo sulla produzione alimentare come leva. Il potenziale è, ovviamente, il motivo per cui Power si preoccupa degli agricoltori per cominciare. Le persone possono litigare o elaborare strategie su come farlo. Ad esempio, gli agricoltori potrebbero semplicemente iniziare a vendere i prodotti ai mercati locali e bypassare i supermercati aziendali, oppure, come è stato proposto a Jeremy Clarkson, potrebbero andare in sciopero.

Non è difficile immaginare i media che piombano giù e atterrano come avvoltoi sul primo supermercato con scaffali vuoti o una pagnotta con un cartellino del prezzo di 5 sterline. E qui arriviamo al problema: salire la scala dell’escalation comporta conseguenze spiacevoli, e agli agricoltori non piacciono le conseguenze spiacevoli perché sono brave persone. Essere brave persone significa non voler essere demonizzati, non voler essere odiati dal pubblico e non volere che nessuno soffra nemmeno nel modo più insignificante, quindi l’escalation è quasi impossibile.

Gli stronzi e i bastardi che riempiono la mente collettiva della cultura pop sono una manifestazione della frustrazione di essere dei bravi ragazzi e di essere bloccati in un mondo decaduto, dove il fatto stesso della rettitudine morale si traduce solo in una sconfitta.

Donald Trump ha recentemente rilasciato una dichiarazione in cui ha ricordato a tutti che non avrebbe cercato vendetta e giustizia nei confronti dei suoi numerosi nemici.

Image

Considerando che le persone di cui parla Trump hanno provato per quasi dieci anni a mandarlo in bancarotta, a incarcerarlo e forse a sparargli, possiamo solo supporre che lo farebbero di nuovo in futuro, e la vecchiaia post-presidenza di Donald Trump sarebbe quella di difendersi da pene detentive e cause legali. Trump ha persino affermato di essere stato responsabile di aver tenuto Hillary Clinton fuori di prigione . Sospetto che la decisione di Trump di non andare dietro alle creature della palude sarebbe giustificata sotto gli auspici di “Healing America” o qualche altra sciocchezza. La mia opinione è che il potenziale spettacolo di Nancy Pelosi, Chuck Schumer e Stacey Abrams portati via in manette e sottoposti a processi farsa sconvolgerebbe sia Trump che la sua base perché sono tutti bravi ragazzi.

Le argomentazioni sul pragmatismo, l’ideologia e l’ottica sono, a mio avviso, giustificazioni a posteriori e foglie di fico utilizzate per nascondere la loro natura essenzialmente debole e il loro buon cuore.

Al contrario, Elon Musk si vanta attivamente di aver licenziato migliaia di burocrati dopo che Trump è entrato nello Studio Ovale. Ora gli scribacchini e i lacchè degli uffici in tutta America si preoccuperanno che le loro buste paga si esauriscano e che i loro mutui falliscano, e Musk lo sa e sembra pensare che sia divertente.

Elon Musk on X: "Department of Government Efficiency https://t.co/mlI25deCBn" / X

Inoltre, chi presto sarà disoccupato può guardare i precedenti di Musk su Twitter e sapere che ha già fatto una cosa del genere. Hanno tutto il Ringraziamento e Natale per preoccuparsene, e quando saranno licenziati, la CNN e il New York Times daranno un servizio su Alice dell’IT, che si sbellica dagli occhi. Se Trump fosse veramente machiavellico, delegherebbe i corsi d’azione più, diciamo, “spiacevoli” (come l’arresto dei suoi nemici) a politici e legislatori di livello inferiore, mentre lui stesso appare al di sopra di tutto e distaccato da tutto. La facciata da bravo ragazzo può rimanere intatta, ma cosa più importante, il risultato dell’arresto delle persone più corrotte e assassine d’America sarebbe l’atto di un brav’uomo piuttosto che di un bravo ragazzo.

Il XXI secolo è un periodo difficile per essere oggettivamente un bravo uomo. Per tornare alla posizione teorica in cui si trovano gli agricoltori, il risultato, se dovessero fallire, si tradurrebbe in un’acquisizione aziendale pubblica/privata della campagna britannica. Tuttavia, un corso d’azione che farebbe leva sul potere contro il governo avrebbe probabilmente esiti negativi a breve termine, come l’impennata dei prezzi del cibo o persino gli scaffali vuoti nei negozi.

Il problema, in definitiva, è che viviamo in un’epoca che presuppone che ogni difficoltà e ogni parvenza di disagio debbano, per definizione, essere negativi e debbano essere evitati perché siamo gentili.

Forse è arrivato il momento di intraprendere un percorso diverso, di accettare che il mondo è crudele e ingiusto, che essere buoni è difficile e ingrato, ma che alla fine ne vale la pena.

Al momento sei un abbonato gratuito a Morgoth’s Review . Per un’esperienza completa, aggiorna il tuo abbonamento.

Passa a pagamento

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704

oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Guardare avanti dal bivio, di Simplicius

Quando una nuova era albeggia lentamente sull’America come una rugiada mattutina, la domanda che attraversa la coscienza nazionale è: Come possiamo andare avanti? Come costruire un nuovo mythos nazionale, dove un senso di ottimismo acceso possa tornare a essere una norma quotidiana? Non nella concezione grandiosa di “mythos”, di cui si parla in infiniti articoli qui su Substack, incentrati sulle tradizioni percepite della “grande antichità”, come il “vitalismo”, lo “spartanesimo” e simili; piuttosto, in un senso molto più concreto e quotidiano. Un nuovo mythos sotto forma, semplicemente, di un senso di futuro coeso con una traiettoria tangibile di progresso, piuttosto che un futuro che si sente visceralmente senza uscita in una coltre nera che avvolge la nostra visione in un’oscurità ristretta e soffocante – e quale tessuto culturale, ideologico, o umwelt, sarebbe necessario per raggiungere questa riconfigurazione?

C’è un potpourri di articoli là fuori, da parte di tutti i tipi di pensatori della Nuova Destra che prendono il nome da uova crude, età del bronzo e altri appellativi audaci e virili. Scrivono discorsi trionfali e pieni di grandi inviti all’azione che sembrano inchiostrati su una pergamena consegnata al vostro rifugio montano con gli artigli di ghiaccio di un’aquila stridente. No, non è questo quel genere di contemplazione che intendo intraprendere qui. Intendo invece teorizzare una serie di aspettative più relazionabili: non tutti ci sforziamo di diventare conquistatori greci o stoici masticatori di vetro. Ma come può il cittadino medio tornare a una forma relativamente stabile di esistenza vibrante, con una chiara visione del futuro e un minimo di entusiasmo per il proprio posto, le proprie opere e l’ambiente che lo circonda?

Il primo, e probabilmente più potente, cambiamento che propongo potrebbe riequilibrare le nostre vite nel prossimo decennio è la semplice revoca della caccia alle streghe e delle persecuzioni contro il pensiero conservatore e il “pensiero sbagliato” in generale. Una delle principali tendenze in atto è il rifiuto dell’aura mitica della “sinistra woking” che controlla la narrazione nazionale. Il massiccio spostamento demografico verso Trump tra i giovani al di sotto dei 30 anni, le minoranze e i cittadini dei centri urbani in generale, ha reso accettabile o addirittura “cool” esaltare il populismo e l’eterodossia, in virtù del fatto che classi di privilegi precedentemente intoccabili si sono convertite ai discorsi della campagna di Trump. Molte celebrità nere, rapper e altri influencer considerati tra i creatori di gusti “cool” alla moda hanno fatto apparire l’essere un sostenitore di Trump come la nuova ribellione, cosa che in realtà è sempre stata; questo nonostante i liberali ci abbiano fatto credere che il partito della macchina aziendale fosse in realtà il cuore della “resistenza”.

E così, un risultato sottovalutato è che la sottile dissipazione delle oppressioni quotidiane da parte dell’establishment woke porterà alla rimozione di quel disagio pervasivo, della paura cronica e dell’ansia ribollente che ha afflitto la comunità eterodossa dall’esplosione della guerra culturale di Obama. Solo su questa base, possiamo ipotizzare che i prossimi anni potrebbero essere vissuti come un grande goblin vampirico sollevato dal nostro petto collettivo, permettendoci di respirare più facilmente e di godere di una vita più tranquilla, recuperando un senso di comunità, di meraviglia e di attesa per il futuro. Questa è una grande differenza rispetto al vivere in un costante stato di paura e preoccupazione per le continue minacce a noi stessi, alle nostre famiglie e alla nostra reputazione, come conseguenza di un’affermazione sbagliata o di un “pensiero sbagliato”.

Immaginate per un momento: siamo nel 2025 e Trump ha neutralizzato le agenzie federali di controllo e altri organismi di “polizia del pensiero”, ha smantellato l’FBI e molti altri uffici ostili addestrati per anni a perseguitare i dissidenti del pensiero-nemici dello Stato. Sono stati istituiti molti ideali del Progetto 2025; un riallineamento tettonico ha spostato le sponsorizzazioni delle aziende per paura, mentre la pubblicità DEI e woke si stacca come una pelle di serpente morta. Molti dubitano di questa visione perché Trump sta radunando una manciata di neocon per il suo gabinetto, ma finora si tratta soprattutto di politica estera, dove Trump non è mai stato un grande. L’America è dipendente dall’imperialismo perché l’egemonia globale è ciò che conferisce all’America la sua presunta “grandezza” e il suo eccezionalismo; non possiamo aspettarci che questo cambi molto al momento. Ma per quanto riguarda la politica interna, quando si tratta di eliminare le crescite maligne della burocrazia neoliberale, è una questione completamente diversa in cui la squadra di Trump può effettivamente brillare.

Quelle micro-aggressioni istituzionali quotidiane e pervasive contro i dissidenti hanno portato scompiglio nelle nostre vite. Il semplice atto di uscire – soprattutto nel periodo successivo alla campagna di terrorismo con maschera di Covid – è diventato per molti un esercizio ansiogeno; un viaggio di routine al negozio all’angolo assume lo sforzo di una sorta di infiltrazione in territorio nemico. Pensateci: i veri americani si sentono nemici perseguitati sul proprio territorio.

Ma le carte in tavola sono cambiate. Ora è l’establishment del passo dell’oca, in fuga, a doversi rintanare nell’ombra, incappucciato e nervoso per il rischio che i suoi orientamenti “segreti” si intravedano in pubblico. Il punto è semplicemente dire che: L’America non ha necessariamente bisogno di una specifica visione grandiosa come mythos per scrollarsi di dosso l’oscurità che l’ha avvolta negli ultimi dieci anni e più; ma piuttosto, la semplice eliminazione dei terrori quotidiani della “sinistra” dovrebbe da sola fare miracoli nel riequilibrare il continuum per la persona media, permettendole di respirare più facilmente, di sognare di nuovo .

La maggior parte delle persone non ha bisogno di molte cose, in particolare nulla di stravagante come le visioni troppo lunghe dell’antichità empirea a cui si faceva riferimento prima; bastano le cose semplici. La possibilità di respirare liberamente ogni giorno: non doversi preoccupare che i propri figli vengano propagandati, rapiti dal punto di vista medico o addirittura condizionati segretamente a odiarvi a scuola.

Ciò non vuol dire che non ci sia senza spazio per le concezioni più grandiose: le visioni intricate del mito nazionale, dello spirito del tempo e della coscienza animatrice come traiettoria diretta verso il futuro. A questo proposito, l’America in particolare si è affidata al potere culturale di Hollywood per dipingere il percorso da seguire per decenni. Hollywood e le sue propaggini di cultura e musica mainstream sono state il cuore pulsante della concezione che l’America ha di se stessa: lo specchio cosmico che proietta il suo riflesso sul futuro collettivo.

Ma dopo il tradimento spirituale dell’illusione Covid, la popolazione si è ribellata alla cultura decadente delle celebrità e a Hollywood in generale. La campagna di Kamala ha puntato su celebrità ancora dotate di un’aura mistica o di un cachet culturale, a suo grande discapito:

Ogni tipo di star si è schierata a favore di Kamala, ma non ha sortito alcun effetto, poiché i cittadini sono ormai assuefatti ai loro cretini sermoni, oltre che disgustati dal flusso infinito di scandali degli ultimi anni, che hanno messo a nudo i segreti più oscuri di Hollywood.

Per questo motivo, Hollywood sta morendo, avendo perso la sua influenza e il suo fascino – nel senso più antico e magico del termine – non solo per influenzare le nostre inclinazioni politiche, ma su una scala più grande e spirituale: per dirigere lo “spirito del tempo”, comandare lo Zeitgeist, esercitare il controllo sul nostro viaggio meta-estetico come civiltà occidentale. È per questo che la campagna “Joy” di Kamala si è incagliata come un sorriso malriuscito, perché collegando il falso ottimismo tossico di Hollywood all’atmosfera già costruita della campagna Harris non si è ottenuto altro che un kabuki sintetico, un corteo di facce di plastica e cuori superficiali.

La gente ha iniziato a percepire l’inquietante scollamento dopo la “Rivoluzione Culturale” di ObaMao dell’Anno Celeste dell’Imperatore del 2008. Ma poi si è avvertito davvero durante i pogrom di Covid, quando i cittadini allineati con l’establishment si sono uniti alle Camicie Brune nei massacri dei ventilatori. Ora non si può più tornare indietro: il Paese guarda avanti, ma la vista è per la prima volta nebbiosa, non descritta. I pensatori, gli opinionisti e gli pseudo-intellettuali si affannano a cercare un senso per il futuro.

Guardatevi intorno: ogni leader di pensiero brucia l’olio di mezzanotte per dare un senso a questo pantano. Da Matt Taibbi qui sotto:

E altri:

8Ball
La storia di queste elezioni inizia nel 2020…
5 giorni fa – 46 likes – Sean Monahan

La sempre incisiva ‘femminista reazionaria’ Mary Harrington tocca brevemente un nuovo intrigo lungo questa direttrice che lei chiama il Nuovo Fusionismo:

Mary Harrington
Vi avevo promesso un nuovo post la scorsa settimana, poi sono stata molto malata e non ho potuto. Ma, oh mio Dio, quante cose sono successe nel frattempo! Vi scrivo dall’aeroporto di Dulles dopo un paio di giorni a Capitol Hill e… beh, che settimana per essere a Washington…
8 giorni fa – 163 mi piace – 45 commenti – Mary Harrington

Quello che lei chiama New Fusionism rappresenta una sorta di nuova realtà di ex-liberali o libertari che producono Big Tech come Musk, Peter Thiel, o anche Vivek Ramaswamy, che si “fondono” con il movimento conservatore come rifugiati, forse riluttanti, di una sinistra che li ha alienati tradendo i valori liberali classici.

Elon, dopo tutto, non è un normale conservatore sociale. Vuole colonizzare Marte. Ha qualcosa come 12 figli, avuti da più donne, attraverso un mix di maternità surrogata, fecondazione in vitro e il vecchio metodo. Vuole impiantare chip nel cervello delle persone. Pensa di usare la tecnologia per diventare qualcosa di più che umano. Ora possiede la piazza del mondo e il prossimo Presidente degli Stati Uniti gli deve un favore.

Almeno alcune di queste cose metteranno (per usare un eufemismo) a dura prova i precetti sociali conservatori fondamentali sulla famiglia e sulla persona umana. Ma le persone dovranno lavorare insieme. La politica è questo. Sono l’ultima persona a cui chiedere una prospettiva da insider su quale sarà il risultato, ma la mia intuizione iniziale di lettore di foglie di tè è che stiamo per vedere il vero nuovo “fusionismo” prendere forma concreta.

L’ultimo insediamento “fusionista” di questo tipo, per la destra americana, si è formato nella seconda metà del XX secolo. È riuscito a far quadrare il cerchio (dopo una certa moda) tra i cristiani conservatori americani, in gran parte protestanti, e la grande finanza. Oggi ci sono molte critiche da parte della Nuova Destra a questo accordo, ma ha retto per un periodo di tempo considerevole.

Dopo tutto, nel momento in cui scriviamo, Trump ha ufficialmente annunciato Musk e Ramaswamy a capo del Dipartimento per l’Efficienza del Governo.

Harrington prosegue evidenziando l’epitome di questa “fusione”: il cattolico di provincia convertito JD Vance come comandante in seconda di un’amministrazione dotata di un’avanguardia di cervelli AI Big Tech:

Al contrario, il nuovo insediamento dovrà, almeno in termini di sensibilità, far quadrare il cerchio tra un conservatorismo sociale fortemente cattolico da un lato e le Big Tech dall’altro: in particolare l’avanguardia dell’AI e delle biotecnologie. Se pensate che questo sia un luogo improbabile per cercare un terreno comune, beh: non siete i soli. Eppure siamo qui. Come sarà il risultato, in termini di politica concreta, è ora nelle mani di tutti gli operatori impegnati dietro le quinte; ma il fatto che il convertito cattolico, ex finanziere e noto poeta JD Vance sia ora il vicepresidente entrante può dare un’idea della sua sensibilità complessiva.

Affrontando l’aspetto più metafisico di quest’epoca di transizione, il sempre rivelatore Albero dei Guai dichiara che siamo sull’orlo di un tipo di civiltà completamente nuovo. Sono finiti i giorni della civiltà apollinea, modellata su un logos ellenico, così come la civiltà magica dell’era cristiana e quella faustiana della nostra epoca moderna. Citando Musk come principale motore ideologico, egli proclama con coraggio l’inizio dell’età enea :

Contemplazioni sull’albero della sventura
Solo tre giorni fa, il 5 novembre 2024, Donald J. Trump è stato nuovamente eletto alla carica di Presidente degli Stati Uniti, ottenendo 312 voti elettorali e, per la prima volta nella sua carriera politica, il voto popolare. È stata la più grande rimonta nella storia della politica americana…
8 giorni fa – 184 mi piace – 93 commenti – L’albero dei guai

L’alleanza tra Musk e Trump ha segnato un momento di transizione: il momento in cui un’etica faustiana in via di estinzione ha ceduto il passo a un ascendente spirito eneo.

Per chi fosse interessato, la tassonomia spengleriana delle civiltà si articola come segue, secondo Tree of Woe:

La civiltà apollinea della Grecia e di Roma era fondamentalmente orientata verso uno spazio finito e delimitato. L’anima apollinea desiderava simmetria, proporzione ed equilibrio. I templi greci riflettevano questo desiderio: erano monumenti autosufficienti e statici alla perfezione e all’armonia, che incarnavano un mondo definito da limiti chiari e dalla legge naturale. Per la mente apollinea, il mondo era finito e ordinato, e la grandezza umana doveva fiorire all’interno dei vincoli dell’armonia naturale.

La civiltà magiara, definita dal mondo del primo cristianesimo, dell’Islam e dell’Impero Romano d’Oriente, introdusse un nuovo orientamento verso lo spazio. La sua anima era quella dei recinti e della divinità nascosta, simboleggiata architettonicamente dalla cupola e dal sancta sanctorum. Questo spazio era un mondo di fede rivolto verso l’interno, dove Dio era il centro invisibile, avvolto nel mistero e nella rivelazione. Qui, lo spazio cavernoso sotto la cupola non offriva l’infinito, ma la presenza intima e potente del divino. L’anima magica desiderava l’unità all’interno, l’unità tra l’umanità e il divino, incapsulata all’interno di un recinto sacro.

Poi arrivò la civiltà faustiana, quella che chiamiamo Occidente, con il suo impulso unico per uno spazio senza confini, senza limiti. Lo spirito faustiano, sorto dall’epoca medievale e fiorito attraverso il Rinascimento e l’età moderna, guardava sempre verso l’esterno, verso l’orizzonte infinito e le stelle al di là. La sua architettura ha catturato questa spinta: Le cattedrali gotiche si protendevano verso il cielo con le loro guglie, mentre i moderni grattacieli e le prodezze tecnologiche estendevano questo anelito verso l’infinito. L’anima faustiana era spinta all’infinito verso la conquista, la scoperta e il dominio, senza farsi scoraggiare da ostacoli o remore etiche. Questa civiltà osò scalare montagne, imbrigliare l’atomo, dividere i geni e tracciare le stelle. Ma la sua ricerca incessante ebbe un grande costo: l’incuranza del progresso faustiano cominciò a rivelare i pericoli di una ricerca incontrollata del dominio, una ricerca che ora si tinge di esaurimento.

È interessante notare che la sua concezione dell’Enea è straordinariamente in sintonia con il concetto di “fusione” di Mary Harrington, pur non avendo alcun legame con esso. Questo tipo di sincronicità è al centro dei cambiamenti che occupano gli attuali pensatori citati in precedenza.

Molti sono stufi dell’attenzione soffocante dell’ultimo decennio per l’ego e l’identità interiori, cioè per le vanità microcosmiche che hanno trasformato la narrazione dell’umanità in un nesso banalizzato di orientamento sessuale, microaggressioni sul colore della pelle, eccetera. Come un sospiro di sollievo collettivo, l’umanità sembra pronta a guardare verso l’esterno, verso immagini più grandiose, per la prima volta da una generazione. Questo spiega non solo l’urgenza di Elon Musk di raggiungere le stelle, ma anche la preoccupazione e l’entusiasmo di un numero crescente di persone per i suoi sviluppi verso questo obiettivo. Dopo anni in cui si è stati schiacciati dal pensare “in piccolo”, per una volta le persone vogliono tornare a pensare “in grande”. Gesti grandiosi, immaginazioni sconfinate, l’universale al di sopra delle vanità grossolane e visioni di nuovi mondi illimitati: questo potrebbe essere il nuovo “cambio di vibrazioni”, se il mandato di Trump riuscirà a risvegliare un numero sufficiente di dormienti.

Un altro aspetto del fenomeno della “fusione” è che i prossimi anni vedranno probabilmente un grande scossone a livello fondamentale di partiti e orientamenti culturali. Il riallineamento è stato evidente durante l’elezione di Trump, quando latinos, neri e persino donne bianche hanno iniziato a staccarsi sia dal partito democratico che dagli aderenti al liberalismo in generale. Ciò significa che, proprio come gli elettori blu della California che si riversano in Texas per adulterare il bacino di voti rossi autoctoni, anche in questo caso vedremo gli “spazi” generali conservatori/destra essere sempre più popolati – o “invasi”, se vogliamo – da rifugiati sbandati che si sono alienati dal loro partito. Questo porterà a una lenta diluizione del conservatorismo/destra in una nuova miscela. Non è necessariamente tutto un male – è semplice evoluzione, e i segmenti più arroccati della “destra” potrebbero certamente usare un po’ di “aria” da parte degli emigranti più moderati come parte delle pulizie di primavera del rinnovamento.

È un ciclo evolutivo naturale, e probabilmente necessario, in parte perché ogni punto culminante cultural-politico tende a generare un’oscillazione reazionaria verso l’estremo opposto; ad esempio, un periodo di governo scapestrato di “sinistra” crea naturalmente il contraccolpo di un autoritarismo di “destra”. Per questo motivo, la diluizione che si sta verificando può servire ad attenuare il contraccolpo attraverso il compromesso e la riduzione degli estremi.

I cambiamenti che subiremo nei prossimi anni saranno cruciali e duraturi. La vittoria di Trump annuncia un importante cambiamento culturale: non per virtù di Trump stesso, le maree si erano ovviamente già spostate negli ultimi anni; Trump è semplicemente arrivato nel momento perfetto per dare il colpo di grazia. Il fatto che la sua amministrazione si trovi ora di fronte a un allineamento improbabilmente raro, una perfetta sinergia politica di Camera, Senato e Magistratura, tutti sotto il suo controllo, significa che i cambiamenti tematici interni saranno percepiti in modo preponderante, rimbalzando a valle attraverso la cultura in un modo che consolida i cambiamenti generazionali come “nuove norme”. Inoltre, si può dire che i Democratici non hanno subito solo una sconfitta “anomala” o casuale, ma piuttosto una revoca totale da parte dell’umanità in generale che potrebbe riecheggiare per diversi mandati e amministrazioni. Dopo le pulizie di casa del team di Trump sull’integrità del voto, l’establishment farà fatica a rubare un’altra elezione, sia essa congressuale o presidenziale. Ciò significa che gli epocali cambiamenti civici e culturali a cui stiamo per assistere diventeranno segni distintivi profondamente radicati di una “nuova” era almeno per la prossima generazione o più.

Quale modo migliore per concludere tutto questo se non quello di citare il famoso oracolo che aveva profetizzato l’esatto opposto di ciò che sta accadendo? Il nuovo articolo di Francis Fukuyama analizza le implicazioni della vittoria ormai certa di Trump. L’uomo che una volta annunciava un’era nascente nel mondo post-sovietico ora invoca l’avvento di un’altra nuova:

Apre citando il rifiuto da parte del popolo americano dell’etica liberale che ha dominato la società a partire dagli anni Ottanta:

La vittoria schiacciante di Donald Trump e del partito repubblicano martedì sera porterà a grandi cambiamenti in importanti aree politiche, dall’immigrazione all’Ucraina. Ma il significato dell’elezione va ben oltre queste questioni specifiche e rappresenta un rifiuto decisivo da parte degli elettori americani del liberalismo e del modo particolare in cui la concezione di una “società libera” si è evoluta a partire dagli anni Ottanta.

Dopo la vittoria di Biden alla presidenza nel 2020, continua, il precedente mandato di Trump è sembrato un'”anomalia” – ma:

… ora sembra che sia stata la presidenza Biden a costituire un’anomalia, e che Trump stia inaugurando una nuova era nella politica statunitense e forse per il mondo nel suo complesso.

Questo va al cuore della mia tesi: che ciò che stiamo vivendo ora non è un’anomalia, ma piuttosto un cambiamento polare generazionale.

E prosegue con una spiegazione molto efficace e astuta di ciò che è andato storto:

Ma mentre quanto sopra sembra comprensibile, il pericolo, secondo Fukuyama, sta nel fatto che Trump intende andare oltre l’abbattimento delle più recenti aggiunte “neoliberali” e “woke liberali” all’ideologia di base: vuole abbattere il “liberalismo classico” in sé. Ed è questo il cuore del cambiamento epocale che sta per alterare la traiettoria del mondo stesso.

È interessante notare che, mentre definisce prontamente i ceppi neo- e woke- liberali, si astiene stranamente dal farlo per il liberalismo canonico stesso, che tratta con vellutata deferenza. In realtà, esaminando la sua sintassi, si scopre che – come accade di solito con le piante globaliste – egli sta semplicemente scambiando il “liberalismo” con l'”ordine globale”, ossia quel sistema di regole di base non scritte e tacite concordate dai tipi del WEF in strette di mano segrete. Il modo in cui sappiamo questo è che Fukuyama cita diverse obiezioni altamente illiberali a ciò che Trump sta facendo; per esempio, si oppone alle politiche di libertà di parola di Trump, anche se la censura governativa va contro gli ideali liberali classici. Allo stesso modo, Fukuyama lamenta che Trump abbia “demonizzato il governo”: biasimarlo per questo è anche altamente illiberale, dato che due dei principali principi liberali classici sono “libertà individuale” e “governo limitato”; altri esempi di questa ipocrisia abbondano nell’articolo.

Quindi, i tipi alla Fukuyama non credono che Trump stia distruggendo il “liberalismo” – in realtà, sono loro che si aggrappano senza fiatare alle ultime vestigia di ordini segreti altamente illiberali destinati a mantenere certi cartelli dinastici alla guida del potere globale.

Possiamo constatare che ESGDEICRT stanno iniziando a fallire, con le aziende che le abbandonano o vanno in bancarotta; proprio la settimana scorsa MSNBC è stata messa in vendita, mentre la CNN ha annunciato il licenziamento di centinaia di dipendenti. Le aziende produttrici di videogiochi, film, automobili e pubblicità si stanno sempre più allontanando dalla DEI, e gli inserzionisti in generale sono tornati a rivolgersi alla X di Musk dopo le elezioni.

Diamine, persino gli influencer e i politici che negli ultimi anni si sono rivestiti di un’immagine di wokeness tokenizzata sembrano abbandonare i segnali di virtù obsoleti come stracci usati.

Prima e dopo la vittoria di Trump:

Prima e dopo la vittoria di Trump.

Per concludere, l’America non ha bisogno di un nuovo “mythos” o ideale frettolosamente ricucito, di un pastiche di antichità scontate o di simbolismi fittizi come il Kwanzaa o il Festivus. Dopo tutto, è stata la “sinistra” a percorrere questa strada travagliata, tentando di creare un nuovo mythos nazionale con una serie di celebrazioni artificiali come il Mese dell’Orgoglio, che si è lentamente trasformato in una specie di mostro ecumenico. No, ciò di cui l’America ha bisogno è di essere spogliata della sua gestione manageriale per lasciare che la società respiri naturalmente ed espanda la propria visione soffocata in avanti, organicamente.

È l’unico vero modo di fare cultura: seminare il terreno, tenere lontane le cavallette, e poi lasciare che cresca ciò che può – altrimenti si sta solo giocando a fare Dio, e una caduta attende tutti coloro che sono così arroganti.


Se la lettura vi è piaciuta, vi sarei molto grato se sottoscriveste un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo da poter continuare a fornirvi rapporti dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, potete lasciare una mancia qui: Tip Jar

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704

oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

L’alba di una nuova civiltà, di Tree of Woe

L’alba di una nuova civiltà

Dopo l’anima apollinea, magica e faustiana viene l’anima enea

8 novembre

Solo tre giorni fa, il 5 novembre 2024, Donald J. Trump è stato eletto ancora una volta alla carica di Presidente degli Stati Uniti, assicurandosi 312 decisivi voti elettorali e, per la prima volta nella sua carriera politica, il voto popolare. È stato il più grande ritorno nella storia della politica americana.

Per molti a sinistra, una vittoria di Trump era impensabile; persino molti a destra sono rimasti sorpresi dalla portata del trionfo tinto di rosso di Trump. Gli storici trascorreranno anni a discutere quali elementi della campagna del 2024 si siano rivelati i più decisivi. È stata la sostituzione di Joe Biden con Kamala Harris? Il coraggio di Trump dopo un tentato assassinio? La morte dello scoiattolo Peanut e del procione Fred per mano di agenti governativi armati?

Qualunque altro fattore potesse essere in gioco, il ritorno di Trump sarebbe stato impossibile se non avesse ricevuto il supporto dell’uomo più ricco del mondo: Elon Musk. Senza il supporto di Musk, il ritorno di Trump avrebbe potuto vacillare; con esso, è balzato verso la vittoria.

Musk, architetto della nuova frontiera tecnologica, ex beniamino dell’industria tecnologica progressista, imprenditore che ha costruito la sua eredità su visioni audaci e inflessibili del futuro dell’umanità, non potrebbe mai essere definito un “conservatore” o un “populista”, eppure è stato senza dubbio l’alleato più prezioso di Trump.

Perché Musk, una figura sinonimo di futurismo e tecnocrazia, dovrebbe schierarsi con Trump, un simbolo di disruption e populismo? “Considero questa elezione un bivio sulla strada del destino”, ha detto Musk. “Penso che la vittoria di Donald Trump faccia una grande differenza nel far sì che l’umanità arrivi su Marte e renda la vita multiplanetaria. Vota Trump se vuoi che l’umanità arrivi su Marte”.

Per coloro che sono ciechi alle correnti della storia, le parole di Musk sono state facilmente liquidate come arroganza, avidità o infantilismo. Ma coloro che hanno occhi per vedere i cicli della civiltà ne sapevano di più.

Lo stato del mondo moderno, potente ma fragile; fiorente ma finito; in espansione geometrica ma sotto minaccia esistenziale, richiedeva una nuova visione del mondo. L’allineamento di Musk con Trump è nato organicamente in un modo che trascende sia l’uomo che il movimento. L’allineamento ha annunciato l’alba di una nuova civiltà, una la cui anima è accesa dall’ambizione cosmica di conquistare le stelle, ma temperata dall’acuta comprensione della fragilità e del pericolo planetari.

L’alleanza tra Musk e Trump ha segnato un momento di transizione: il momento in cui un ethos faustiano in declino ha ceduto il passo a un ascendente spirito eneico.

Possono conquistare chi crede di poterlo fare.

Image

Le civiltà di Spengler: apollineo, magico e faustiano

Per comprendere questo cambiamento, dobbiamo rivisitare la visione di Oswald Spengler dei cicli storici e delle culture. In The Decline of the West , Spengler ha mappato la vita e la morte di varie civiltà storiche, ciascuna animata dalla sua unica “anima”, uno zeitgeist o visione del mondo che dà forma e significato alle sue espressioni nell’arte, nell’architettura, nella scienza e nella religione. Spengler ha identificato tre civiltà centrali per l’eredità occidentale: l’Apollineo, i Magi e i Faustiani, ciascuna con il suo orientamento spaziale e simbolismo architettonico.

Le anime di queste civiltà fungevano da filo conduttore per ciascuna delle loro epoche, e ciascuna era autosufficiente nello scopo e nell’aspirazione. Erano, in effetti, le pulsioni sottostanti dei loro tempi. Spengler comprese che l’estetica unica delle tre civiltà si manifestava in accordo con la particolare architettura dell’anima di ciascuna civiltà.

La civiltà apollinea di Grecia e Roma era fondamentalmente orientata verso uno spazio finito e delimitato. L’anima apollinea desiderava ardentemente simmetria, proporzione ed equilibrio. I templi greci riflettevano questo: erano monumenti autonomi, statici, alla perfezione e all’armonia, incarnando un mondo definito da limiti chiari e legge naturale. Per la mente apollinea, il mondo era finito e ordinato, e la grandezza umana doveva prosperare entro i vincoli dell’armonia della natura.

La civiltà dei Magi, definita dal mondo del primo Cristianesimo, dell’Islam e dell’Impero Romano d’Oriente, introdusse un nuovo orientamento verso lo spazio. La sua anima era quella di recinti e divinità nascosta, simboleggiata architettonicamente dalla cupola e dal sancta sanctorum. Questo spazio era un mondo di fede rivolto verso l’interno, dove Dio era il centro invisibile, avvolto nel mistero e nella rivelazione. Qui, lo spazio cavernoso sotto la cupola non offriva l’infinito, ma l’intima e potente presenza del divino. L’anima dei Magi desiderava ardentemente l’unità interiore, un’unità tra l’umanità e il divino, incapsulata all’interno di recinti sacri.

Poi arrivò la civiltà faustiana, quella che chiamiamo Occidente, con il suo impulso unico per uno spazio sconfinato e illimitato. Lo spirito faustiano, che nacque dall’era medievale e prosperò attraverso il Rinascimento e l’età moderna, guardò sempre verso l’esterno, verso l’orizzonte infinito e le stelle oltre. La sua architettura catturò questa spinta: le cattedrali gotiche raggiungevano il cielo con le loro guglie, mentre i moderni grattacieli e le imprese tecnologiche estendevano questo desiderio di infinito. L’anima faustiana era spinta senza fine verso la conquista, la scoperta e il dominio, senza farsi scoraggiare da ostacoli o scrupoli etici. Questa civiltà osò scalare montagne, sfruttare l’atomo, dividere i geni e tracciare le stelle. Ma con la sua incessante ricerca arrivò un grande prezzo: l’incoscienza del progresso faustiano iniziò a rivelare i pericoli di una ricerca incontrollata di dominio, una ricerca ora tinta di sfinimento.

Vedo guerre, guerre feroci, e il Tevere spumeggia di fiumi di sangue.

Saint Louis Gateway Arch - Square Format - Color Photograph by Gregory ...

L’ascesa della civiltà enea: dall’infinito alla liminalità

Mentre raggiungeva il precipizio del sovvertimento ambientale, tecnologico e sociale, l’anima faustiana affrontò una resa dei conti. È qui che lo spirito eneico cominciò a emergere, un’anima animata non dall’ambizione fine a se stessa, ma dalla delicata consapevolezza che l’umanità si trova su una soglia, uno spazio liminale con una scelta chiara: trascendere o perire.

L’anima enea, che prende il nome da Enea, l’eroe dell’Eneide di Virgilio , che fuggì dalle rovine di Troia per fondare una nuova e più grande Roma, abbraccia la dualità di distruzione e destino, di esaurimento e ringiovanimento.

L’anima enea è definita dalla sua comprensione dell’umanità come sospesa sull’orlo del destino cosmico, consapevole della nostra unicità nell’universo, e tuttavia ossessionata dallo spettro dell’estinzione, il Grande Filtro che incombe minacciosamente sul nostro futuro. Cerca di stabilire una nuova civiltà che, poiché minacciata dai pericoli esistenziali del collasso, è quindi spinta a trascendere i confini della Terra per garantire la sopravvivenza umana.

La transizione dal faustiano all’eneo si riflette nelle strutture che simboleggiano la nostra epoca. Mentre la cultura faustiana celebrava il grattacielo svettante e la ferrovia che si allontanava all’infinito, l’epoca enea venera il volo arcuato del razzo. Laddove l’architettura faustiana celebra l’infinito torreggiante, l’architettura enea celebra la sublime liminalità, la soglia in cui ci si trova sul bordo di una realtà e si considera di entrare in un’altra. Il suo orientamento non è verso linee rette, ma piuttosto verso archi, portali e portali : simboli di transizione e trasformazione.

Gli archi non solo creano uno spazio liminale tra i loro pilastri, ma nella loro ascesa verso grandi altezze poggiano su due fondamenta anziché su una: metaforicamente, il passato e il presente creano la porta verso il futuro. Gli archi servono anche come avvertimento che tutto ciò che sale cade. Opportunamente, l’ultimo comizio di Trump in North Carolina si è tenuto nella Dorton Arena, la prima struttura al mondo basata su due archi parabolici in cemento.

The Research Triangle's best modernist buildings - Axios Raleigh

Le porte dell’inferno sono aperte notte e giorno;
Semplifica la discesa, la strada è facile:
Ma per tornare indietro e vedere i cieli allegri,
In questo sta il compito e il duro lavoro.

L’anima enea: attenta all’inazione, cauta al crollo

Se l’anima faustiana era incurante delle conseguenze delle sue azioni, l’anima enea è attenta alle conseguenze dell’inazione. Sa che il futuro non è vinto da coloro che aspettano passivamente, ma da coloro che agiscono; tuttavia l’azione deve essere fatta deliberatamente, saggiamente e con riverenza per gli avvertimenti della storia. L’uomo eneo è l’uomo dell’azione e del pensiero, uniti.

L’anima apollinea vedeva il tempo come ciclico e limitato, che si muoveva in schemi ripetuti. L’anima faustiana, al contrario, vedeva il tempo come lineare e illimitato, un percorso verso un progresso perpetuo e infinito. L’anima enea sa che il tempo è simultaneamente ciclico ma illimitato. Gli schemi di ascesa e caduta sono inevitabili, ma l’ampiezza tra l’apice e il nadir non è limitata; c’è la possibilità di un risultato più grande di qualsiasi cosa l’umanità abbia mai realizzato, e il rischio di un crollo molto peggiore di qualsiasi cosa Minosse o Roma abbiano mai visto. L’alto arco svettante è il simbolo di quell’aspirazione a salire fondata sulla consapevolezza che su entrambi i lati di una cima c’è una valle.

Così, laddove la civiltà faustiana credeva di poter esercitare il dominio tramite la volontà di potenza, la civiltà enea sa di dover governare saggiamente, per evitare che la sua sconsideratezza acceleri la rovina stessa da cui cerca di sfuggire. La civiltà enea è definita dalla consapevolezza che l’umanità marcia in avanti su uno stretto ponte , e ciò che sembra una distesa infinita può facilmente trasformarsi in un abisso spalancato.

Lo spirito eneo conserva l’ambizione del faustiano ma la tempera con la saggezza dell’apollineo e la riverenza del mago. L’anima enea raggiunge le stelle con la consapevolezza che le risorse, la saggezza e l’unità dell’umanità sono finite. Sa che siamo sulla soglia del destino; che dobbiamo bilanciare il coraggio con la cautela, l’ambizione con la moderazione; che mentre la scelta di agire potrebbe non salvarci, la scelta di non agire ci condannerà sicuramente .

Enea fondò Roma dopo essere sopravvissuto alla caduta di Troia; l’anima enea cerca di fondare una nuova civiltà dalle rovine di quella faustiana. Non cerca solo l’espansione ma la conservazione, non solo la conquista ma la continuità. Ha rispetto per le lezioni del passato; esamina la rovina dell’antica grandezza e vede sia il trionfo dello spirito umano sia la fragilità dell’impegno umano. In questo senso, l’anima enea non è semplicemente la successore di quella faustiana; è la sua redenzione.

Una storia più grande si apre davanti ai miei occhi,
Mi attende un compito più grande.

I grandi progetti della civiltà enea

Trovandosi costretto dalle circostanze a scegliere se il destino dell’umanità debba essere un’esistenza squallida ma sostenibile su un suolo impoverito, o un’odissea eroica costellata di pericoli, l’Eneide sceglie la seconda. Guida la nave dell’umanità verso le stelle, conoscendo bene il rischio.

L’esplorazione spaziale diventa non una ricerca faustiana di confini infiniti, ma una ricerca enea di sicurezza di fronte al Grande Filtro; non un atto di arroganza, ma di conservazione; non un mezzo per ottenere una fama imperitura, ma un mezzo per garantire che la fiamma dell’umanità rimanga imperitura anche se questo pianeta si spegne.

Allo stesso modo, la colonizzazione di Marte non diventa semplicemente una sfida tecnologica da affrontare per questa generazione, ma un impegno esistenziale assunto per le generazioni future. Poiché la Terra non può sostenerci senza fine, dobbiamo sostenerci fuori dalla Terra o finire. L’uomo faustiano è famoso per “essere andato sulla Luna non perché fosse facile, ma perché era difficile”; l’uomo eneico andrà su Marte, non perché sia difficile, ma perché è necessario.

Anche sulla Terra, le anime enee vedono l’umanità in piedi nello spazio liminale tra la rovina e il trionfo. L’intelligenza artificiale, perseguita con ambizione puramente faustiana, potrebbe essere il più grande errore dell’uomo; se perseguita con magnanimità enea, può essere la più grande conquista dell’uomo. Dall’ingegneria genetica all’automazione robotica, dalla nanotecnologia all’energia nucleare, la civiltà enea tempera l’ambizione con cautela. L’era enea non persegue ciecamente la tecnologia per il gusto della tecnologia; comprende che un balzo in avanti può portarci verso l’alto o verso il basso.

Di fronte a rischi esistenziali quali tempeste solari e guerre nucleari, minacce che possono porre fine all’esperimento umano prima che raggiunga il suo apice, l’Eneo accetta la sfida con la grandezza d’animo che gli antichi chiamavano megalopsychia.

Lo spirito Eneo arde in te?

Io sono Enea, vincolato al dovere e conosciuto
Sopra l’alta aria del cielo per la mia fama,
Portando con me sulle mie navi i nostri dei
Del focolare e della casa, salvati dal nemico.

SpaceX Wallpaper 4K

Se questo saggio ti ha convinto ad abbracciare lo spirito di Enea, ti prego di oltrepassare la soglia liminale del lettore occasionale e di passare a un abbonato gratuito o a pagamento.

Invita i tuoi amici e guadagna premi

Se ti è piaciuto Contemplazioni sull’albero del dolore, condividilo con i tuoi amici e riceverai dei premi quando si iscriveranno.

Invita amici

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704

oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Niente più eroi_di Aurelien

Niente più eroi.

Peccato che la nazione abbia bisogno di quelli di qualcun altro.

Condividi

Per quanto riguarda le elezioni americane, non ho nulla da dire. .

Questi saggi saranno sempre gratuiti, ma potete sostenere il mio lavoro apprezzando e commentando, e soprattutto trasmettendo i saggi ad altri, e passando i link ad altri siti che frequentate. Alcune persone mi hanno anche chiesto di effettuare dei pagamenti una tantum. Questo, naturalmente, è il punto in cui Buy Me a Coffee dovrebbe entrare in gioco, ma sembra che la gente non si accorga del link. Quindi, per la seconda e ultima volta: .

Il link per comprarmi un caffè è qui:

E se volete convertirvi in un abbonamento a pagamento non vi ostacolerò, anche se non posso offrirvi alcun incentivo!

Grazie ancora a coloro che continuano a fornire traduzioni. Le versioni in spagnolo sono disponibili qui, e alcune versioni italiane dei miei saggi sono disponibili qui. Anche Marco Zeloni sta pubblicando le traduzioni in italiano e ha creato un sito web dedicato qui.  Sono molto lieto di dire che la prossima traduzione in francese di Hubert Mulkens è pronta e la pubblicherò nel fine settimana. Sono sempre grato a coloro che pubblicano occasionalmente traduzioni e riassunti in altre lingue, a condizione che si dia credito all’originale e che me lo si faccia sapere. Quindi:

*************************************

Quando ero giovane, c’erano gli eroi.

Non c’era nulla di insolito, né tantomeno di potenzialmente nostalgico in questo fatto. Ogni società, da sempre, ha scelto persone eccezionali da ammirare ed emulare: era un modo per unire la società e fornire punti di riferimento comuni. La nostra società di oggi, invece, con il suo presentismo, la sua presunzione di superiorità morale rispetto al passato anche recente e la sua ideologia di ricerca spietata del potere e del denaro, non ha spazio per le persone eccezionali, se non per quelle eccezionalmente ricche. Credo che questo sia un male e cercherò di spiegare perché.

Alcune società prima della nostra avevano elaborato teorie sull’eccellenza. I Greci avevano il concetto di arete, (che a quanto pare condivide una radice comune con aristos) e significava eccellenza, vivere al massimo delle proprie potenzialità in qualsiasi campo. In Omero, ad esempio, il termine viene applicato sia al guerriero Achille che a Penelope, moglie di Odisseo, tra i tanti. In forma meno concreta, il termine si trova negli scritti di Aristotele sull’etica e nelle lettere bibliche di Paolo. Suppongo che “sii il meglio che puoi essere” sia un equivalente moderno molto rozzo, anche se questa ingiunzione riguarda in gran parte il successo materiale.

Anche altre società hanno istituzionalizzato il concetto. In giapponese, ad esempio, sensei (先生) può significare semplicemente “insegnante”,”ma è meglio tradotto come “colui che è stato prima”, ed è un titolo onorifico dato a chiunque abbia eccelso in un particolare campo e sia in grado di trasmettere le proprie conoscenze ed esperienze ad altri. Come ho già sottolineato in precedenza, la nostra società liberale guidata dall’ego ha difficoltà a concepire il concetto che ci sono persone che sanno più di noi, che sono più brave di noi e da cui possiamo imparare.

Tradizionalmente, l’eccellenza poteva presentarsi in tutti i modi. Quando ero giovane, la Seconda Guerra Mondiale era ancora un ricordo recente, quindi inevitabilmente la cultura popolare dell’epoca vi trovava molti dei suoi eroi. Nella Battaglia d’Inghilterra, per esempio, combattuta sopra l’Inghilterra meridionale dove sono cresciuto, negli spettacolari raid aerei, nel tranquillo eroismo delle scorte dei convogli raccontato nel libro di Nicholas MonserratIl mare crudele, negli uomini e nelle donne della Resistenza francese e negli operatori dietro le linee nemiche. Già da bambino cercavo senza successo di immedesimarmi nella mentalità di equipaggi di bombardieri poco più che ventenni che partivano per le operazioni, sapendo di non avere statisticamente alcuna possibilità di sopravvivere a un tour di trenta missioni.

Ma non era tutto rose e fiori. C’erano gli scienziati e gli ingegneri che progettarono e costruirono gli Spitfire e gli Hurricane e il sistema radar che vinse la Battaglia d’Inghilterra. Ci sono state persone comuni di ogni estrazione sociale che hanno dato un contributo importante allo sforzo bellico. Tutti conoscono Constance Babbington-Smith, la giornalista e fotografa d’aviazione che divenne un’importante interprete fotografica per la RAF e identificò per prima il caccia a reazione Me163 e la bomba volante V-1, o Frank Whittle, l’ex apprendista ingegnere che inventò di fatto il motore a reazione.

C’erano persone eccezionali in ogni ambito della vita: lo sport, ad esempio, che a quei tempi era spesso solo semi-professionale e vergognosamente poco sfruttato dal punto di vista finanziario. Una delle poche partite di calcio che ho seguito con entusiasmo è stata la finale della Coppa del Mondo del 1966 tra Inghilterra e Germania, una partita satura di delicate risonanze storiche. A quei tempi, i calciatori erano generalmente ragazzi della classe operaia che avevano fatto l’apprendistato nella loro squadra locale. Il capitano dell’Inghilterra, Bobby Moore, era anche capitano del West Ham, una squadra londinese che aveva sede non molto lontano da dove vivevo io. I calciatori ricevevano uno stipendio decente con un bonus per le vittorie, ma erano persone normali e conoscevo persone che avevano visto Moore fare la spesa nel supermercato locale e avevano chiesto e ottenuto il suo autografo. A quei tempi gli eroi erano certamente persone eccezionali, ma sufficientemente vicine alla vita comune da permettere a un ragazzo della classe operaia di pensare che un giorno avrebbe potuto seguire le loro orme. L’idea dei calciatori come commercianti multimilionari indipendenti e manager d’azienda sarebbe sembrata un’idea uscita da un brutto pezzo di satira sociale. Anche nel cricket non si guadagnava molto e si sognava di giocare per la contea in cui si era nati. A quei tempi, naturalmente, tutto lo sport era visibile gratuitamente in TV e la gente poteva, e lo faceva, identificarsi strettamente con il suo status di semi-dilettante: il grande pilota britannico Graham Hill, per esempio (padre di Damon), non era solo un campione di Formula 1, ma anche un campione di canottaggio e di auto sportive e un pilota qualificato, che in tempi più innocenti guidava la propria auto alle gare.

Anche in questo caso, non si tratta di un esercizio di nostalgia: si trattava del modello tradizionale in cui le persone eccezionali venivano attratte dalle comunità da cui provenivano e rimanevano vicine ad esse, diventando così esempi plausibili, modelli di ruolo e persino eroi per un’altra generazione. E questo non era solo un fenomeno britannico o occidentale. Un tempo seguivo da vicino l’atletica e c’erano pochi interpreti più entusiasmanti dei mezzofondisti kenioti. Ricordo di aver visto correre Kipchoge Keino a un campionato a Londra negli anni Sessanta. All’ultimo giro partì come un razzo, con un ampio sorriso sul volto, divertendosi enormemente e lasciando tutti gli altri nella polvere. Non ha mai guadagnato molto con l’atletica e ha trascorso il resto della sua vita facendo beneficenza. Non riesco nemmeno a pensare a qualcuno di simile.

L’esplorazione era una cosa importante. All’incirca nel periodo in cui sono nato, Edmund Hilary e Sherpa Tensing hanno compiuto la prima scalata dell’Everest. Poco dopo ci furono i primi filmati primitivi degli abissi oceanici realizzati dai coniugi Hans e Lotte Haas e trasmessi dalle televisioni di tutto il mondo, e le esplorazioni subacquee di Jacques Cousteau. E poi c’era David Attenborough, che spariva nelle giungle del Borneo per tornare con filmati di incredibili creature simili a draghi. In tutto il mondo, i bambini iniziarono a sognare una carriera nella biologia marina o nella storia naturale.

Ovviamente alcune di queste persone, soprattutto nel mondo dello spettacolo, si sono lasciate rapidamente alle spalle le loro origini, spesso hanno cambiato nome, e sono diventate esseri eccezionali di un altro tipo: stelle che il nostro cinema moderno, con la sua gestione da MBA, la sua paura di sperimentare, i suoi vincoli di marketing a livello mondiale e la costante reinvenzione della ruota, non può mai sperare di riprodurre. Ho avuto la fortuna di vedere finalmente una proiezione di Casablanca sul grande schermo un anno o due fa, e ciò che mi ha sorpreso (a parte la dimenticata raffinatezza politica della sceneggiatura) è stato il modo in cui tutte le star, e non solo Bogart e Bergman, sembravano dominare il cinema, quasi arrampicandosi fuori dallo schermo. Le star del cinema erano allora persone comuni che, come nella mitologia greca, erano state trasformate in dei e dee. Ero troppo giovane per rendermene conto, ma uomini e donne che videro Brigitte Bardot, Marilyn Monroe o Sophia Loren nei loro primi film usciti nel Regno Unito mi raccontarono dell’equivalente di una bomba al neutrone che esplodeva al cinema. La stessa cosa, a quanto pare, valeva per coloro che videro Elvis dal vivo: persone comuni toccate dalla grazia.

Non avevo soldi per assistere ai concerti, ma ricordo le apparizioni di Bob Dylan a tarda notte sulla BBC durante il suo primo tour nel Regno Unito e la sensazione di trovarmi alla presenza virtuale di un essere divino. Naturalmente risparmiavo i miei soldi fino a quando non potevo uscire e comprare una chitarra scadente, come un milione di altri giovani: è a questo che servono gli eroi, a provocare l’emulazione. Forse sono ormai vecchio e cinico, ma non riesco a pensare a nulla di anche solo lontanamente simile oggi, dove il successo significa essenzialmente fama e denaro, e adorazione. Chi è il portavoce dell’attuale generazione di giovani come Dylan lo è stato per la mia?

Fa riflettere l’età di alcuni degli artisti di maggior successo di oggi, anche se si misura il successo solo in base agli incassi e alle riproduzioni su Spotify, senza considerare l’influenza culturale. Clint Eastwood ha appena pubblicato un nuovo film all’età di 94 anni, Martin Scorsese a 81 anni. Mick Jagger, mi ha divertito sapere, ha la stessa età di Joe Biden. Keith Richards, in qualche modo, è ancora vivo a quasi 81 anni. Un’intera generazione – McCartney, Starr, Dylan, Simon – sta per lasciare la scena, così come Leonard Cohen, che ha composto e registrato quasi fino alla morte, a 82 anni. Il vuoto che lasceranno dietro di loro nella cultura popolare potrà essere colmato a breve termine da “nuovo” materiale prodotto dall’IA per la soddisfazione degli MBA, ma probabilmente di nessun altro.

Ma basta lamentarsi. Se si accetta che la cultura moderna non produce eroi, modelli di ruolo o figure da ammirare ed emulare come un tempo, allora perché? La prima cosa da dire è che il liberalismo non è affatto interessato a fare qualcosa per se stesso, tanto meno bene. Avere fatto salvo il senso limitato di abilità nel fare soldi, non conta. Non contano nemmeno la qualità, la dedizione, la pratica, e nemmeno l’abilità naturale affinata alla perfezione. Ciò che conta è la rapidità e la completezza con cui qualcosa può essere monetizzato. I risultati eccezionali ed eroici sono interessanti solo nella misura in cui è possibile strutturarvi intorno libri, CD, film, sponsorizzazioni di prodotti e campagne pubblicitarie. (Al giorno d’oggi, Hilary e Tensing sarebbero il centro di un’industria multimiliardaria). Gli eventi completamente immaginari o massicciamente reimmaginati sono in realtà migliori di quelli reali, perché possono essere curati con attenzione per fare più soldi, e non c’è nessuno che possa lamentarsi di una rappresentazione errata.

Le professioni liberali (come ad esempio la giurisprudenza per eccellenza) presuppongono essenzialmente un’abilitazione all’esercizio della professione e un’abilità nel produrre argomenti vincenti. (La società anglosassone non ha una tradizione di giuristi illustri, scrittori di libri di testo e teorici del diritto accademico). Alla fine, si tratta di capire quanto denaro si può guadagnare o, all’altro estremo dello spettro politico, quanta influenza si può ottenere e quanta pubblicità si può generare per ottenere una carriera più redditizia come capo di una ONG, per esempio. Dal punto di vista intellettuale, la qualità di alcuni lavori può essere molto alta, ma non è questo il punto. E ironicamente, come ho sottolineato in precedenza, la stessa sopravvivenza della società liberale, con la sua ossessiva preoccupazione per il denaro, dipende proprio dall’esistenza di persone che non la pensano così, dal medico che fa una diagnosi disinteressata all’elettricista che viene a riparare il televisore. A questo proposito, persino i liberali tesserati vorrebbero un avvocato competente per l’acquisto di una casa.

Ma il risultato è che gli esempi che la nostra società propone per l’emulazione sono tutti basati sul diventare molto ricchi, spesso molto rapidamente, e indipendentemente da come lo si fa. Naturalmente ci sono sempre state persone guidate dall’avidità. Ma nelle ultime due generazioni le modifiche alle norme fiscali e alle regole connesse hanno permesso di accumulare fortune in modi che prima non erano possibili. Quando si può diventare multimilionari semplicemente comprando, affittando e vendendo case con denaro che in realtà non si possiede, ad esempio, si trasmette un messaggio su ciò che la società apprezza e su ciò che i suoi membri più giovani dovrebbero emulare. Così, da qualche anno a questa parte, le università sfornano fiumi di laureati che si dirigono verso i luoghi dove sembra esserci più denaro, dalla giurisprudenza agli studi economici, dalla programmazione informatica a qualsiasi altra novità. Queste persone spesso entrano nelle industrie tradizionali senza alcuna conoscenza o capacità se non quella di manipolare fogli di calcolo, e procedono a fare ciò che sanno fare meglio e per cui sono più apprezzate, ovvero trasformare beni, competenze, persone, infrastrutture ed esperienze in denaro. Di conseguenza, la società sarà necessariamente molto più povera, poiché coloro che decidono queste cose non danno più valore all’eccellenza, se non a quella finanziaria.

Persone molto più esperte di me hanno scritto di ciò che questo ha comportato per l’industria dello spettacolo, dove tradizionalmente ci si faceva strada gradualmente e faticosamente nella speranza di sfondare un giorno. Non ho mai condiviso l’entusiasmo dei miei genitori per Frank Sinatra, ma sapevo riconoscere il talento vocale quando lo sentivo e sapevo che aveva faticato per anni in orchestre di bande da ballo, affinando il suo talento. I Beatles non sono arrivati completamente formati: hanno investito chissà quante migliaia di ore a lavorare ad Amburgo per perfezionare il loro spettacolo. Al giorno d’oggi, l’intelligenza artificiale produrrà tutte le canzoni che i Beatles non hanno mai scritto nel 1963, con tanto di animazioni convincenti. Il gusto del pubblico, a mio avviso, è stato sempre più condizionato a non volere nulla di nuovo e di diverso, poiché ciò richiede tempo, impegno, denaro e giudizio, tutti elementi che scarseggiano.

Poiché in uno Stato liberale il valore di qualsiasi cosa è espresso in ultima analisi in termini finanziari, e poiché lo Stato liberale non riconosce alcuna motivazione per alzarsi al mattino se non quella di fare soldi e aumentare l’autonomia personale,  il liberalismo ha un problema quasi insuperabile nello spiegare in modo convincente ciò che è accaduto in passato, e anche ciò che sta accadendo nel mondo di oggi, quando così tante persone si sono comportate e si stanno ovviamente comportando per ragioni che non hanno nulla a che fare con la massimizzazione dell’utilità a breve termine (o anche a lungo termine). Esiste infatti una ben nota fallacia logica che consiste nel cercare disperatamente una qualsiasi teoria razionale di massimizzazione dell’utilità, per quanto complessa e improbabile, per spiegare una determinata sequenza di eventi, invece di accettare la realtà disordinata, per quanto semplice e probabile.

Uno dei risultati è un processo di banalizzazione, in cui i conflitti storici e contemporanei vengono sottoposti a una sorta di riduzionismo economico, come se fosse tutto ciò che c’era e poteva esserci. Un risultato ironico è che molti dei più feroci critici del sistema neoliberale contemporaneo sono così intellettualmente posseduti dai suoi principi che le loro critiche si basano sulla stessa serie di assunti utilizzati dai suoi sostenitori. Così le guerre in Afghanistan o in Iraq, ad esempio, vengono banalizzate in lotte per il commercio e le materie prime, come se si trattasse solo di questo. Le grandi questioni politiche e di sicurezza, come la militanza islamica, vengono ignorate, perché non c’è modo di inserirle in un paradigma di massimizzazione razionale dell’utilità personale e quindi non possono esistere.

La difficoltà che la società liberale affronta con la scomparsa dell’eroe, per riprendere, è che ha ancora bisogno di figure da emulare. I ricchi non sono in genere una specie attraente e suscitano antipatia e disprezzo da parte della gente comune più che emulazione e ammirazione. Inoltre, poiché per definizione non tutti possono essere ricchi, mentre tutti in linea di principio possono migliorare il proprio gioco del tennis, quasi tutti i tentativi di emulazione della ricchezza falliscono, generando di conseguenza rabbia e disillusione. La risposta, logicamente anche se forse curiosamente, è quella di sostituire l’eroe con la vittima, l’attivo con il passivo, la persona che fa le cose con la persona a cui le cose vengono fatte. Questo è logico nel senso che la concomitanza della ricerca liberale della ricchezza è la ricerca dei diritti, qui intesi nel loro senso fondamentale di obblighi che cerchiamo di imporre agli altri di agire o non agire in certi modi per avvantaggiarci. Così come la ricchezza aumenta il potere, anche lo status di vittima può aumentare, perché la vittima rivendica diritti, e quindi potere, sugli altri. C’è una competizione brutale per stabilire i diritti, e quindi il potere sugli altri, poiché in una società liberale i diritti agiscono come una moneta surrogata che conferisce potere, status e infine denaro. Un modo di vedere la politica dell’attuale crisi a Gaza è il tentativo disperato di un quasi-monopolista affermato dello status di vittima e dei diritti di impedire l’emergere di un concorrente, per tutto il mondo come Micro$oft e Apple vent’anni fa.

Quindi, in una società liberale siamo incoraggiati a emulare le vittime, sia collettivamente che individualmente. Collettivamente, perché possiamo identificarci come un gruppo identitario “emarginato” o “represso” e chiedere che gli altri ci diano un po’ del loro potere, del loro status e del loro denaro per compensare questo fatto. Ancora una volta, questo non funziona molto bene nella pratica, in parte perché tutti noi apparteniamo a vari “gruppi”, i cui confini e la cui posizione nell’Indice di Oppressione cambiano continuamente, e in parte perché la maggior parte di questi gruppi tende a essere guidata da imprenditori dell’identità che hanno l’abitudine di fare soldi.

A livello individuale, una società liberale può tollerare risultati eccezionali se questi sono saldamente inseriti in un contesto sociale più ampio. Così, chi proviene da un ambiente “emarginato” e ha successo nello sport, nella politica o nella cultura, sarà lodato non tanto per quel risultato, quanto per aver “superato i pregiudizi” o altro, per aver ottenuto quello status, con un implicito rimprovero alla comunità maggioritaria per aver avuto pregiudizi in primo luogo. Ma la questione si complica perché, ad esempio nello sport, esiste davvero una gerarchia che premia il talento. Così in Francia (per fare l’esempio che conosco meglio) le squadre sportive, la musica popolare, la televisione e il cinema includono una percentuale sproporzionata di persone provenienti da comunità “emarginate”. E certamente nel caso dello sport, queste persone sono rispettate ed emulate per i loro risultati, piuttosto che per la loro origine etnica. Tutto ciò è imbarazzante per i teorici dell’identità liberale.

La soluzione, nella misura in cui esiste, è che una grande organizzazione o lo Stato stesso nominino qualcuno a una posizione basata non sulle sue capacità, ma sulla sua identità. Così, leggiamo spesso del “primo X a diventare Y”, come se si trattasse di un risultato personale basato sul merito. Ma ovviamente non è così, e l’unico messaggio che trasmette per l’emulazione è che tutti dovrebbero sfruttare la propria condizione di vittima o di emarginato per convincere o intimidire qualche grande organizzazione a concedere loro una posizione di ricchezza e potere a cui altrimenti non avrebbero potuto aspirare. Ironia della sorte, la competizione per raggiungere questo status è altrettanto spietata e brutale di quella per diventare un operatore obbligazionario di successo, anche se le abilità coinvolte sono leggermente diverse. Ma questo è del tutto tipico di una società liberale: ciò che conta non è l’abilità, l’esperienza o la formazione, ma piuttosto la capacità di commercializzare se stessi come un prodotto che un’organizzazione o un pubblico si sentono obbligati a comprare. Alla fine, ovviamente, questi risultati non riguardano affatto gli individui e quindi non possono essere motivanti o responsabilizzanti. Sono in realtà dichiarazioni di autocompiacimento da parte di un’organizzazione o della stessa società liberale: guardate quanto siamo tolleranti e inclusivi.

Internet ha fornito opportunità di auto-marketing che non erano mai esistite prima e che vanno ben oltre la ristretta politica identitaria, fino alla frammentazione del discorso stesso guidata dalla domanda. È semplicemente necessario identificare un mercato per un certo tipo di discorso polemico e poi affrontarlo. Circa quattrocento anni fa, Ben Jonson scrisse una commedia satirica intitolata Lo Staple of News, dove “staple” significava “monopolio”. In questo stabilimento si poteva acquistare qualsiasi notizia che si desiderava, vera, esagerata o semplicemente inventata, a seconda di ciò che si voleva sentire. Internet lo ha reso praticamente possibile e si può leggere, a seconda dei gusti, un articolo sull’Ucraina violentemente antirusso o violentemente filorusso, il cui fattore comune è che l’autore in questione ha individuato un mercato a cui non interessano le sfumature e nemmeno tanto la conoscenza e l’accuratezza. In effetti, non chiediamo più che gli articoli sull’attualità siano accurati, ma solo che ci dicano ciò che vogliamo sentire.

Allora, cambiando leggermente argomento, si possono sfogliare articoli online su Gaza che in realtà dovrebbero essere preceduti da una dichiarazione del tipo Non ho mai visitato il Medio Oriente, non parlo l’arabo, conosco molto poco della storia e della cultura della regione e ho potuto consultare rapidamente solo alcune fonti in lingua inglese. Ma ho opinioni molto forti, quindi vi prego di mandarmi dei soldi in modo che possa continuare a esprimerle. Beh, questa è l’identificazione di un’opportunità di mercato nei classici termini neoliberali, ma è un peccato che non si richieda più a chi esprime opinioni forti di sapere di cosa sta parlando. Un giornalista di vecchio stampo come Robert Fisk, ad esempio, non faceva mistero delle sue simpatie, ma ha trascorso la maggior parte della sua vita in Medio Oriente e sapeva esattamentedi cosa stava parlando. Oggi, i suoi contributi si perderebbero nel rumore e probabilmente sarebbero considerati troppo difficili e troppo ricchi di sfumature.

Tutto questo produce inevitabilmente malafede e imbarazzo terminale. È una convinzione indiscutibile del liberalismo che il mondo stia avanzando costantemente e ineluttabilmente verso un futuro moralmente migliore. Mai, a quanto pare, abbiamo conosciuto tanta tolleranza, diversità e inclusione. Purtroppo, però, non funziona nulla e le élite politiche, mediatiche, imprenditoriali e intellettuali della nostra società sono più incapaci e moralmente dubbie che mai. A livello profondo, tutti lo sanno, per quanto siano fermamente convinti che viviamo in un presente splendente e che ci stiamo muovendo verso un futuro più splendente.

Dopotutto, supponiamo di lavorare in un’università il cui edificio principale è stato progettato da un architetto duecento anni fa ed è praticamente come nuovo. Nel frattempo, l’edificio annesso progettato negli anni ’80 è troppo pericoloso per essere utilizzato e deve essere abbattuto. All’esterno dell’edificio difettoso di Scienze ci sono statue di grandi inventori e scopritori, mentre sono decenni che non si vince un premio importante e tutti i migliori studenti laureati di questi tempi vengono da oltreoceano. L’imponente edificio della Facoltà di Lettere e Filosofia è stato donato da un industriale di successo e filantropo nel XIX secolo, mentre l’edificio di Business Studies, ora in rovina, è stato pagato da un hedge fund con sede nelle Isole Cayman, in cambio di un dottorato onorario per il suo fondatore. L’Istituto di Geologia e Geografia, un tempo famoso in tutto il mondo, è stato intitolato alla prima persona che ha attraversato l’Antartico da sola a piedi con un cane. Ma ora non riesce ad attirare studenti e non è abbastanza redditizio. Eccetera. È così dappertutto: tutte le professioni liberali, i media, la legge, la politica, i think-tank, il mondo accademico, l’opinionismo, la finanza, sono in declino e la maggior parte di esse ha perso la posizione pubblica e l’autorità morale che aveva. In qualche modo, non riusciamo più a progettare edifici o ponti che rimangano in piedi, a sviluppare tecnologie che funzionino o a far funzionare le organizzazioni in modo efficace e onesto. I cinesi riescono a costruire nuove ferrovie nel tempo che noi impieghiamo a costruire pacchetti di finanziamento per i servizi di ristorazione su treni che noi non riusciamo a far funzionare in tempo, o addirittura per niente. .

Le nostre élite sono quindi consapevoli di non poter essere all’altezza dei loro predecessori, né dal punto di vista pratico né da quello morale, e questo le mette in imbarazzo, e a sua volta le fa arrabbiare.  Il risultato è quindi abbastanza logico: se il passato ci offende, distruggiamolo. Se non possiamo essere all’altezza delle grandi figure del passato, miniamole e portiamole al nostro livello, così non dovremo mai più sentirci inferiori. Non avendo eroi oggi, dobbiamo distruggere gli eroi dei nostri predecessori. L’odio per il passato è stato una caratteristica fondamentale del liberalismo fin dall’inizio: dopo tutto, il passato è fatto di superstizioni, pregiudizi, ignoranza, intolleranza e molte altre cose che saranno spazzate via dalla chiara luce della logica dell’interesse personale razionale e illuminato. Le prove che potrebbero indicare il contrario devono essere distrutte.

Ma, circondati da squallore, incompetenza e corruzione, è sempre più difficile per noi guardare al passato con un atteggiamento di superiorità morale. Che figure spaventose ci sembrano oggi quei riformatori del XIX secolo, con la loro intensa serietà morale? Ma naturalmente non avevano il nostro atteggiamento illuminato nei confronti del transessualismo. Forse uno di loro, in una lettera a un amico, ha osservato che era contento che l’omosessualità fosse illegale. Con uno sforzo sufficiente, si può trovare abbastanza sporco su qualcuno, solo per il fatto di essere nato un paio di secoli fa. E poiché l’Inghilterra era una nazione commerciale, se ci si sforza davvero tanto, si può collegare chiunque a qualche aspetto della schiavitù, anche indirettamente. E poi la superiorità morale si fa sentire, si può abbattere la loro statua, rinominare il loro College e castrare simbolicamente quel passato verso il quale la maggior parte delle persone oggi si sente inferiore. (In fondo, dopo tutto, si tratta di rabbia edipica: siamo una società con problemi di papà).

In nessun altro caso è così come per le generazioni che hanno combattuto la Prima e la Seconda guerra mondiale, hanno sofferto la tirannia, la povertà e l’insicurezza degli anni tra le due guerre e hanno ricostruito l’Occidente dopo il 1945. Oggi non potremmo farlo. Semplicemente, le nostre società crollerebbero sotto questo tipo di stress, e lo sappiamo. Non è perché siamo esseri inferiori, o perché la società è decadente, o per altre frivole scuse, è che le nostre società neoliberali semplicemente non potrebbero fare quello che hanno fatto i nostri antenati, individualmente e collettivamente. Come reagisce chi è stato educato a credere che le parole siano violenza di fronte a un vero cadavere accanto a sé? Come reagisce chi è stato educato a credere che la povertà sia violenza quando sopravvive con 500 grammi di cibo al giorno, se è fortunato? Non è colpa loro: nulla nel sistema operativo del neoliberismo odierno può dirci come affrontare tali sfide, tranne forse come corrompere la nostra via d’uscita dalla lotta e come gestire un mercato nero.

Questo è diventato un problema alla fine degli anni Sessanta, per la mia generazione che era cresciuta lontano dall’ombra della guerra imminente, anche se alcuni Paesi conservavano il servizio militare. Ne è emersa una forma di antimilitarismo beffardo e sprezzante, che faceva parte della ribellione di quella generazione contro i propri genitori. Spesso si nascondeva dietro l’opposizione alla guerra del Vietnam e non era pacifismo (una filosofia curiosa, ma comunque coerente), anche se spesso si fingeva che lo fosse. In genere, si trattava di un sostegno palese ai Viet Cong e di poster sui muri con uomini armati di fucile, anche se non di pelle bianca. Una volta sono stato a un concerto di Pete Seeger a Londra, dove ha cantato prima il potente inno pacifista Where Have All The Flowers Gone, con tanto di omelia sul bisogno essenziale di pace nel mondo, seguito dalla canzone della guerra civile spagnola Viva La Quince Brigada, con tanto di omelia sulla necessità di combattere il fascismo, con le armi se necessario. Né lui né la maggior parte del pubblico sembrarono notare la logica contraddizione.

Per molti versi, anche diverse generazioni dopo, siamo ancora in ribellione contro la generazione simbolicamente genitoriale che ha diretto e combattuto la Seconda guerra mondiale. Non avendo mai dovuto subire queste cose e sapendo che non saremmo stati in grado di affrontarle se avessimo dovuto, non risparmiamo gli sforzi per disprezzare coloro che le hanno subite. Questo si manifesta a vari livelli, da un’ondata dopo l’altra di storia e biografia tediosamente “revisioniste” di qualità molto variabile, alla riconfigurazione della Seconda Guerra Mondiale come esclusivamente incentrata sulle vittime (“Auschwitz e Hiroshima sono più o meno la stessa cosa, no?”), alla concentrazione sulla letteratura e sul cinema contro la guerra e pacifista nei programmi scolastici e universitari. E così possiamo immaginarci simbolicamente moralmente superiori a quelle generazioni, e tutti sono felici.

Tranne che, ovviamente, abbiamo bisogno di eroi. Tutte le società ne hanno bisogno. E così i più ferventi antimilitaristi cercano, come hanno sempre fatto, surrogati dall’estero da ammirare e rispettare: quello che George Orwell chiamava notoriamente il “patriottismo dei derattizzati”. Dai Viet Cong ai mujahidin afghani, fino agli esempi odierni di Hezbollah e degli Houthi, ammiriamo e troviamo l’eroismo in persone al di fuori delle nostre società, perché siamo troppo imbarazzati per cercarlo al loro interno.

Il caso classico in questo momento è l’Ucraina. La realtà è che le società occidentali non potrebbero sostenere una guerra di questo tipo, da entrambe le parti, e lo sappiamo. Questo ci rende arrabbiati e risentiti. Così reagiamo in vari modi. I figli dei figli che sono stati educati a disprezzare l'”Impero” americano adottano invece la Russia e il suo esercito come totem. Più in generale, la consapevolezza che i russi fanno cose che noi non possiamo più fare, a livello sociale, industriale o organizzativo, è umiliante per alcuni, ma psicologicamente destabilizzante e inaccettabile per altri. Da qui le fantasie di centinaia di migliaia di morti, di truppe russe mal equipaggiate e mal addestrate che combattono con le pale; tutto pur di aggrapparsi all’illusione della superiorità morale liberale occidentale.

Perché non si sottolineerà mai abbastanza che nessun Paese occidentale potrebbe sostenere una guerra di questo tipo per più di qualche settimana. Non mi riferisco solo al fatto che esaurirebbe le munizioni e la logistica nel giro di pochi giorni, e non ha più le armi, la leadership e l’addestramento per partecipare a un simile conflitto. Consideriamo, per un momento, solo la questione delle vittime. Ho già suggerito in precedenza che, sulla base di stime prudenti delle perdite russe, esse equivalgono forse a 25-30.000 morti per un Paese medio dell’Europa occidentale, forse a 150.000 morti nel caso degli Stati Uniti. A questi vanno aggiunti almeno altrettanti invalidi a lungo termine. E poi, bisogna supporre che il patriottismo spinga decine di migliaia di persone a offrirsi volontarie per compensare le perdite. E questo solo per la Russia. Nessuno ha davvero idea di quali siano le vittime ucraine, ma prendiamo una stima molto prudente di 200.000 morti per un Paese che nel 2022 aveva una popolazione inferiore a quella di Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna o Italia. Pensateci un attimo, e riflettete anche che nella Seconda Guerra Mondiale i tedeschi da soli hanno perso circa 4,5 milioni di uomini in sei anni di combattimenti. Cifre del genere non sono calcolabili al giorno d’oggi: causerebbero il blocco totale dell’algoritmo liberale di massimizzazione dell’utilità.

E nonostante ciò continuano a combattere. Sì, ci sono pressioni da parte ucraina, sì, ci sono forze che impediscono la diserzione. Ma è fatuo supporre che dietro ogni squadra isolata di truppe ucraine ci sia un distaccamento di Azov pronto ad abbatterle in caso di ritirata. Combattono, come combattono i russi, perché questo è ciò che gli uomini fanno in quella regione, e hanno sempre fatto. I loro padri si sono addestrati per queste guerre, i loro nonni e bisnonni vi hanno combattuto. Le società occidentali non sono più in grado di fare questo: non perché siamo diventati “decadenti” o “morbidi” o altre spiegazioni simili, ma perché le società liberali non offrono nulla per cui combattere, né ricompense per essere il tipo di persona che combatterebbe comunque.

E così l’ultimo disperato espediente di una società che ha esternalizzato tutto il resto è esternalizzare l’eroismo. Abbiamo creato un’Ucraina di fantasia, piena di persone che vorremmo essere, ma che non possiamo più essere, che lottano contro avversità schiaccianti, che difendono la civiltà liberale occidentale, ecc. Questo non deve essere minimamente credibile per gli esterni, può tranquillamente ignorare ogni sorta di cose scomode sui nazionalisti estremi e sulla corruzione. L’Ucraina così come viene presentata è una costruzione occidentale virtuale, piena di persone eroiche che fanno cose che noi non possiamo più fare. E finora, almeno, il consenso dell’élite è che esternalizzare l’eroismo in Ucraina è stato altrettanto efficace che esternalizzare la produzione in Cina. Dopo tutto, non avremo più bisogno di mostrare l’eroismo: subappaltiamolo.

“Peccato per la nazione” scriveva il poeta libanese Khalil Gibran “che acclama il prepotente come eroe”. Mi fa più pena la nazione che non ha eroi e che deve appaltare l’eroismo ad altri.

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704

oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Shoshana Zuboff: il capitalismo della sorveglianza By Sociologicamente –

Shoshana Zuboff: il capitalismo della sorveglianza

Il mondo digitale ha preso il sopravvento, ridefinendo qualunque cosa prima che venga offerta la possibilità di riflettere e decidere. Si possono apprezzare gli ausili e le prospettive che l’interconnessione offre, ma allo stesso tempo si aprono nuovi territori fatti di ansia, pericoli e violenza, mentre l’idea stessa di un futuro prevedibile svanisce per sempre.

Questo è il pensiero che emerge dal libro “Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri”, di Shoshana Zuboff, professoressa americana e business analyst di Harvard, la quale sostiene che Big Tech sia determinata a mercificare, controllare e cooptare ogni esperienza umana per trasformarla in dato comportamentale grezzo da utilizzare per accrescere ancora di più i propri profitti e il proprio potere.

Zuboff sostiene che il capitalismo di sorveglianza consista nel monitorare, analizzare e modificare costantemente il comportamento umano per il profitto dei giganti della tecnologia, che investono in quelli che lei definisce “mercati comportamentali futures”,dove il sapere in anticipo cosa faranno le persone domani o l’anno prossimo diventa un’informazione di enorme valore per chi vuole vendergli un prodotto o un servizio.

Indice

La rete… di una volta

Venti anni fa la rete era il mezzo postmoderno per realizzare la libertà. Oggi nessuno avrebbe il coraggio di ripeterlo. La Zuboff dimostra come, in un contesto di “nuova razionalità neoliberista”, i dati che si lasciano nelle attività on-line e off-line sono la materia prima che permette a enormi aziende di indirizzare i consumi e di “predirli”, arrivando a modificare i comportamenti degli individui, dei gruppi e di intere popolazioni.

Shoshana Zuboff fa partire la sua analisi sociologica a tutto tondo dell’attuale evoluzione del capitalismo, una forma di mercato inimmaginabile fuori dal contesto digitale ma che non coincide con esso. Il capitalismo della sorveglianza infatti non è una tecnologia, è una logica che permea la tecnologia e la trasforma in azione.

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono più diffuse dell’elettricità e raggiungono tre dei sette miliardi di persone sulla Terra. I dilemmi intrecciati della conoscenza, dell’autorità e del potere non sono più limitati ai luoghi di lavoro come negli anni Ottanta del Novecento, ma sono ramificati in tutte le necessità quotidiane e mediano quasi ogni forma di partecipazione sociale.

Cos’è il capitalismo della sorveglianza

Le nuove tecnologie non stanno solo sfuggendo al controllo umano, ma vengono anzi utilizzate proprio come strumento di controllo. L’ espressione “capitalismo della sorveglianza”, coniata da Shoshana Zuboff, condensa efficacemente due concetti: quello di un nuovo capitalismo, alternativo a quello industriale dei secoli scorsi, e quello di un nuovo sistema di potere fondato sul controllo del comportamento individuale.

Il capitalismo della sorveglianza si appropria dell’esperienza umana, usandola come materia prima da trasformare in dati sui comportamenti. Alcuni di questi dati vengono utilizzati per migliorare prodotti o servizi, ma il resto diviene un surplus comportamentale privato, sottoposto a un processo di lavorazione avanzato noto come intelligenza artificiale per essere trasformato in prodotti predittivi in grado di vaticinare i comportamenti futuri o, come lo chiama Zuboff, il mercato dei comportamenti futuri. L’ideologia strumentalizzante conosce e indirizza i comportamenti umani verso nuovi fini. Anziché usare eserciti e armi, impone il proprio potere tramite l’automazione e un’architettura computazionale sempre più presente, fatta di dispositivi, oggetti e spazi smart interconnessi.

Sorveglianza e informazione

È diventato davvero difficile sfuggire a questo tipo di mercato. Basti pensare all’indottrinamento degli innocenti giocatori di Pokémon Go; all’atto di mangiare, bere e fare acquisti in ristoranti, bar, fast food e negozi che pagano per avere una parte del mercato dei comportamenti futuri; alla spietata espropriazione del surplus dei profili Facebook per delineare i profili individuali, che si tratti dell’acquisto di una crema per brufoli o di un paio di nuove scarpe da ginnastica; fino alle elezioni politiche.

Zuboff distingue, dunque, fin dall’inizio il capitalismo di sorveglianza dal capitalismo dell’informazione. Mentre il capitalismo dell’informazione si arricchisce attraverso le informazioni che gli vengono fornite, il capitalismo di sorveglianza si maschera dietro ad accordi intimidatori sui termini di servizio e in realtà manipola il comportamento dell’uomo in vari modi affinché si faccia ciò che esso vuole, perpetuando un ciclo di feedback di controllo predatorio e spionaggio emotivo attraverso meccanismi sofisticati di apprendimento automatico e programmazione algoritmica.

Se è gratis, il prodotto sei tu!

Google ha avuto un ruolo pionieristico nel capitalismo della sorveglianza sia in senso teorico che pratico, finanziando ricerca e sviluppo, ponendosi all’avanguardia della sperimentazione e dell’implementazione, ma non è più il solo attore in scena. Infatti, il capitalismo della sorveglianza è arrivato, ben presto, a Facebook e a Microsoft, e anche Amazon inizia a muoversi in questa direzione. Ogni individuo è sorvegliato, perché plusvalore di questo nuovo capitalismo. Ciò che costituisce il lavoro gratuito dato al capitalista, non sono altro che i dati e i comportamenti personali, utilizzati per costruire una strategia di marketing individualizzato e poi per guidare il comportamento stesso del singolo, tramite suggerimenti e ambienti  preposti. I clienti non sono gli utenti di Google, Facebook etc., bensì sono coloro che vogliono vendere agli utenti.

L’insondabilità e la segretezza delle tecniche e delle operazioni sono “il fossato attorno al castello”, in modo da non far avvicinare nessuno a quel che succede all’interno. Inventando il targeted advertising, la pubblicità targettizzata, Google ha spianato la propria strada verso il successo finanziario, ma ha anche spalancato un percorso dalla portata molto più vasta: la scoperta e l’elaborazione del capitalismo della sorveglianza. Il suo modo di fare affari è connotato sul modello pubblicitario e molti sono gli articoli sul metodo d’asta automatizzato di Google e sulle altre innovazioni che portano all’online advertising.

Le persone diventano, quindi, inconsapevoli api operaie disponibili, senza coercizione apparente, a essere scrutate e orientate, a diventare consumatrici sotto spinte e rinforzi che sembrano servizi efficienti o ambienti naturali, mentre sono ambienti e gabbie artificiali controllate dagli algoritmi dell’intelligenza artificiale delle piattaforme digitali e dai motori di ricerca dei capitalisti della sorveglianza. La libertà di decidere e di scegliere, la privacy, il diritto di essere persone singole e uniche, inviolabili, sono così facoltà minacciate in maniera inesorabile; il tutto essendo “liberi” ed esercitando la propria “volontà”, i propri desideri e così facendo dando informazioni per estrarre valori da questi desideri condotti a essere azioni previste.

I prodotti e i servizi come “esche”

I meccanismi del capitale della sorveglianza e i suoi imperativi economici sono diventati il modello base per la maggior parte dei business basati su Internet. Alla fine, la pressione della competizione ha trasferito il paradigma su tutto il mondo online, dove gli stessi meccanismi di base che si appropriano della navigazione, dei like e dei clic, oggi vengono applicati alla vita quotidiana delle persone. I prodotti predittivi vengono attualmente scambiati in un mercato dei comportamenti futuri che va ben oltre le pubblicità online dirette a un preciso target e che comprende molti altri settori, come assicurazioni, vendita al dettaglio, finanza, e una serie sempre più ampia di aziende che vendono servizi e sono intenzionate a entrare in un simile mercato.

Secondo Shoshana Zuboff, i prodotti e i servizi del capitalismo della sorveglianza non sono oggetto di uno scambio di beni. Non pongono un rapporto di reciprocità costruttivo tra produttore e consumatore. Sono, al contrario, “esche” che attirano gli utenti in operazioni nelle quali le loro esperienze personali vengono estratte e impacchettate per gli scopi di altre persone. Le persone non sono veri “clienti” del capitalismo della sorveglianza, ma i veri clienti sono le aziende che operano nel mercato dei comportamenti futuri. Internet è diventato essenziale per avere una vita sociale, ma è anche saturo di pubblicità, e la pubblicità è subordinata al capitalismo della sorveglianza.

I capitalisti della sorveglianza sanno tutto degli utenti, mentre per gli utenti è impossibile sapere quello che fanno i capitalisti. Infatti questi ultimi accumulano un’infinità di nuove conoscenze dagli utenti, ma non per gli utenti. Dunque, l’esperienza umana diventa la materia prima da sfruttare da parte di questa forma capitalistica e il pericolo sta nell’assuefazione della società di fronte a questo processo o nella debolezza delle istituzioni quasi sempre subalterne a questo processo.

La metafora marxiana del capitalismo vampiro

Non c’è peggior vampiro del capitalista. Lo pensava già Karl Marx, che nei suoi scritti si è servito più volte di questa metafora per spiegare i rapporti tra i padroni e i lavoratori, tra il cosiddetto “lavoro morto”, già svolto in passato e materializzato e il “lavoro vivo”, gli operai. Il primo, “come un vampiro, vive solo succhiando il lavoro vivo, e più lavoro succhia più vive”. “I proprietari delle fabbriche, motivate soltanto dal profitto, emergono come una forma di vampiri economici”, scriveva. “migliorando i bilanci aumentando le ore di lavoro, abbassando gli stipendi e peggiorando le condizioni di lavoro.

I capitalisti”, continuava, “drenano il valore del lavoro dei loro lavoratori per arricchire se stessi. Proprio come i vampiri soprannaturali succhiano la forza vitale delle loro vittime per diventare sempre più forti”. E allora si capisce che proprio la metafora regge tutto il sistema: il vampiro è l’individuo nella sua essenza.

È predatore, inumano, anti-umano, senza obblighi morali nei confronti degli altri. Una condizione che, alla fine, conduce all’alienazione. Ma del resto, anche nei racconti di vampiri uno dei temi più battuti è proprio l’incapacità del vampiro di connettersi alla vita degli altri. Shoshana Zuboff rievoca questa metafora nel suo libro, in quanto gli scienziati  dei dati e degli algoritmi, l’intelligenza artificiale impegnata nel controllo e condizionamento sono totalmente fuori portata. Chi è dentro alla connettività sempre più onnipresente e ubiqua, dentro questo “Grande Altro”, novello Grande Fratello, lavora, anzi vive e agisce dentro un ambiente controllato e alimentato dalla linfa vitale in termini di dati, quasi come se fosse un vampiro.

L’orientamento economico di Max Weber

La tecnologia non è e non può essere una cosa a sé, isolata da economia e società. Per questo l’inevitabilità tecnologica non esiste. Le tecnologie sono sempre dei mezzi al servizio dell’economia, e non dei fini. Nell’epoca moderna, il Dna della tecnologia è segnato in partenza da quello che il sociologo Max Weber chiama “orientamento economico”. I fini dell’economia, osserva Weber, sono sempre intrinseci allo sviluppo e alla diffusione della tecnologia: “L’azione economica” determina gli obiettivi, mentre la tecnologia offre i “mezzi appropriati”. Nell’ottica di Weber, il fatto che il cosiddetto sviluppo tecnologico dell’epoca moderna sia tanto orientato economicamente al profitto è fondamentale nella storia della tecnologia.

In una società capitalista moderna, la tecnologia è stata, è e sarà sempre un’espressione degli obiettivi economici che l’hanno posta in azione. Il capitalismo della sorveglianza, secondo Shoshana Zuboff, impiega molte tecnologie, ma non può essere equiparato ad alcuna tecnologia. Le sue operazioni usano delle piattaforme, ma le operazioni e le piattaforme non coincidono. Usa l’intelligenza artificiale, ma non può essere ridotto a tali macchine. Produce e sfrutta degli algoritmi, ma non equivale ad algoritmi. Dunque, gli imperativi economici, propri del capitalismo della sorveglianza, sono i burattinai nascosti dietro le quinte che dirigono le macchine e le mettono in azione.

La divisione del lavoro di Émile Durkheim

La Zuboff, nel suo volume, fa riferimento, inoltre, alla divisione del lavoro, di cui parla Émile Durkheim, in “La divisione del lavoro sociale”. Le nuove forme di mercato sono più produttive quando si plasmano in armonia con le esigenze e i valori delle persone. Il grande sociologo lo sottolinea all’inizio del Ventesimo secolo. Osservando gli sconvolgimenti plateali operati dall’industrializzazione nella sua epoca, Durkheim comprende che per quanto gli economisti potessero scrivere tali sviluppi, non erano in grado di coglierne la causa. Esso ipotizza che questi cambiamenti radicali fossero causati dai nuovi bisogni delle persone: “La divisione del lavoro ci appare diversa da come appare agli economisti. Per loro, la maggior produttività è solo una conseguenza necessaria, una ripercussione del fenomeno. Se ci specializziamo non è per produrre di più, ma per essere in grado di vivere secondo le nuove condizioni di esistenza create per noi”.

Durkheim identifica l’eterno tentativo di vivere in modo efficace nelle nostre condizioni di esistenza come l’invisibile potere causale in grado di generare la divisione del lavoro, le tecnologie, l’organizzazione, il capitalismo e di conseguenza la civiltà stessa. Ognuna di queste cose è forgiata nella fucina del bisogno, generata da quella che Durkheim chiama “la violenza della lotta” per una vita efficace. Se il lavoro viene maggiormente diviso è a causa di una lotta per l’esistenza che si fa più dura. La razionalità del capitalismo riflette tale allineamento, anche se imperfetto, con i bisogni delle persone che cercano di vivere al meglio a seconda delle condizioni di esistenza del loro tempo e del loro luogo. L’individuo diviene il centro di ogni azione e scelta morale, e l’individualizzazione è una conseguenza della modernizzazione, tratto indelebile della vita contemporanea.

Sirena Frattasio

Riferimenti bibliografici e sitografici   

  • S. Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, Luiss University Press, Roma, 2020.
  • M. Hilbert, Journal of the American Society for Information Science and Technology, 2013.
  • É. Durkheim, La divisione del lavoro sociale, il Saggiatore, Milano, 2016.
  • https://www.jstor.org/stable/23004024
  • https://www.linkiesta.it/2018/11/qual-e-il-modo-migliore-per-spiegare-marx-usare-le-storie-di-vampiri/

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO
ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:
postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704
oppure iban IT30D3608105138261529861559
oppure PayPal.Me/italiaeilmondo
oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/
Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Trump III: questa volta è personale, di Morgoth

Trump III: questa volta è personale

L’infestazione della cultura pop degli anni ’80 si manifesta.

Dopo essermi assentato per qualche giorno da internet e dai social media, sono tornato per essere accolto da rumors che ipotizzavano la mia morte in un pub. In realtà mi ero incontrato con un vecchio amico per fare una passeggiata in collina e poi andare al pub, ma probabilmente sono più in salute per questo. Tuttavia, mi è venuto in mente un grande dialogo nel film di Clint Eastwood Unforgiven tra English Bob (Richard Harris) e Little Bill Daggett (Gene Hackman).

English Bob: Ciao, Bill, pensavo fossi morto. Avevo sentito dire che eri caduto da cavallo ubriaco, ovviamente, e che ti eri rotto quel maledetto collo.

L’ho sentito anch’io, Bob. Diavolo, ho persino pensato di essere morto, finché non ho scoperto che era solo perché ero in Nebraska.

Potrebbe benissimo esserci uno scambio equivalente in Chaucer, Shakespeare o Omero, ma quello che mi è familiare e che posso citare senza alcuna ricerca è quello di Unforgiven.

Tornando dalla mia pausa ed essendo ancora molto vivo, mi sono sintonizzato sul mega-show di Donald Trump al Maddison Square Garden per assistere a Hulk Hogan che saltellava sul palco al ritmo della sua sigla, I’m a Real American – un bel pezzo di formaggio patriottico ricoperto di sciroppo d’acero in veste soft-rock anni ’80. Non essendo mai stato un fan del wrestling americano, associo Hulk Hogan a Rocky III. Poi mi è venuto in mente che il Maddison Square Garden è anche la sede dell’esplosivo incontro di Rocky con Clubba Lang, che costituisce l’epico finale dell’intero film.

Durante lo “show”, uno dei figli di Trump ha tenuto un discorso che ha raccontato la storia fino a quel momento. Donald Trump era ricco, popolare e famoso. Aveva i grandi e i buoni di New York e l’establishment liberale americano tra le chiamate rapide e poteva semplicemente sedersi e godersi la vita. Ahimè, la corruzione, l’ingiustizia e l’agenda dei matti libertari erano troppo da digerire e così entrò nell’arena della politica, prima per deridere e poi per orrore del sistema.

Nel secondo atto, l’Impero tornò a colpire e colpì duramente. La creatura della palude era più estesa e più potente di quanto si potesse immaginare. Non sei tu a prosciugare la palude, è la palude che prosciuga te. Tradimenti, tradimenti e imbrogli hanno visto Trump sconfitto e gettato nel deserto della Verità Sociale, con i più accaniti fedeli del MAGA a fargli compagnia nel deserto digitale e politico. Joe Biden è stato insediato come grottesca parodia del prestigio presidenziale, la reputazione dell’America nel mondo è crollata e la megera Kamala si è allegramente dedicata alla rovina dell’eredità di Trump. Lo stesso Trump, come un grande Gulliver arancione, è stato legato e vincolato con una causa dopo l’altra, una procedura legale dopo l’altra per il suo presunto tentativo di colpo di stato, facendogli assumere il ruolo di un rinnegato disprezzato e di un pazzo bastardo a tutto tondo.

La guerra è tornata alla geopolitica, mentre le città americane sono state sommerse da immigrati e tossicodipendenti, che si accalcavano in attesa di morire per la disperazione.

La fiamma del MAGA si è affievolita, mentre il rossetto dei generali transessuali a quattro stelle ardeva.

Altrove, nel tetro zeitgeist, Elon Musk ha ottenuto una vittoria, rubando Twitter da sotto il naso del regime. Le rivelazioni sono arrivate in fretta e furia e hanno confermato ciò che tutti sapevano: cospirazione! Si trattava di un complotto dello Stato profondo per censurare, derubare e deporre Trump fin dall’inizio.

Si possono solo fare ipotesi sulle conversazioni di Trump in esilio in questi giorni di disperazione.

Trump: Devo ricandidarmi. Hanno bisogno di me.

Melania: Vai in pensione. Hai dato a queste persone tutto.

Trump: Non tutto, non ancora…

E così, nel terzo atto, abbiamo Il ritorno di Trump.

Le persone diventano comprensibilmente irritate ed esauste per gli incessanti riferimenti culturali pop che sono un segno distintivo della nostra epoca iperreale e postmoderna. È un segno che tutti noi siamo stati programmati da Hollywood, dalla televisione o da forme d’arte scadenti. Come ho notato in un altro saggio:

Mi è venuto in mente che mi trovavo in una terra iperreale come Skyrim o i film del Signore degli Anelli. Mi è venuta in mente la scena preferita di Cacciatore di cervi, in cui Robert De Niro insegue un cervo tra le montagne, mentre la colonna sonora di un coro ortodosso si aggiunge alla pura maestosità della fotografia.

Perché diavolo stavo pensando ai film e a un vecchio videogioco in questo posto? Ancora una volta, l’autenticità si agitava tra le mie dita come una piccola anguilla, mentre prendevo coscienza del milione di immagini mediatiche incastonate nella mia mente che denotavano un “fantastico paesaggio naturale”.

Il problema della saga di Donald Trump è che sembra essere stata creata consapevolmente e deliberatamente non solo per seguire un percorso standard in tre atti completo di cliché, ma anche per invocare direttamente i sentimenti, i personaggi e il formato dei film degli anni ’80 e ’90 che ne costituiscono il nucleo. Non è possibile guardare Hulk Hogan al Maddison Square Garden, celebrando il ritorno trionfale di Trump, senza ricordarsi che si sta guardando Rocky III in forma politicizzata.

Può essere stancante, nell’era della post-verità di Internet, vedere commenti sparsi ovunque su come tutto sia “teatro” o “tutto segue un piano”. Tuttavia, nel caso del grande arco di Trump, si ha davvero l’impressione di una trama che si sta svolgendo.

Ovviamente, anche il realismo politico viene messo in campo. Resta il fatto che, come ho notato di recente, la follia dei Democratici ha alienato gli ex alleati che ora accorrono a Trump per necessità, che si tratti di elementi della Lobby sionista o di titani della tecnologia digitale timorosi delle imminenti politiche fiscali.

Tuttavia, vorrei sostenere che ciò che il mythos di Trump incarna in realtà è una forma di hauntology in cui forme culturali vecchie di decenni, ritenute morte, esistono come ripensamenti all’interno della psiche culturale, in attesa di essere strappate all’etere e riportate in vita con un elettroshock. Tutti, nel profondo del 2020, sentivano che la storia di Trump era irrisolta e che era necessaria una conclusione soddisfacente; che fosse una tragedia o il trionfo della cintura dei pesi massimi, doveva finire correttamente. Ma questa è la politica del mondo reale, non un film.

Forse ci siamo tutti persi in un miasma di tropi e simboli della cultura pop a tal punto che la serietà e l’autenticità devono essere espresse attraverso il suo linguaggio. Al Maddison Square Garden, Trump ha descritto i crimini più feroci e orrendi perpetrati dalle bande di immigrati ai danni del popolo americano; gli credo quando ci dice che tutto questo finirà quando sarà di nuovo presidente. Credo che ne sia sinceramente sconvolto. Eppure il “meta” è Trump come angelo vendicatore, Trump come sceriffo che torna in città, Trump come Dirty Harry, Trump come consumato showman e intrattenitore. Non è tanto che noi, come pubblico, siamo saturi dell’immaginario dei media e di Hollywood, ma che anche i politici lo sono, forse anche più di noi.

Kamala Harris ha più consensi di celebrità di quanti ne abbia Trump, ma i suoi consensi rappresentano il facile nulla e la miseria del qui e ora. Il managerialismo da regina dello Yas con un contorno di yacht chic di Leo, la frequentazione di gay e femministe dell’HR non è all’altezza di Rocky che prende a pugni la carne in un mattatoio e corre per le strade di Philadelphia piene di rifiuti prima di lanciarsi sui gradini del Museo d’Arte della città.

Il MAGA al Maddison Square Garden sembrava un gigante inarrestabile. Tuttavia, ero anche consapevole del fatto che questa sarebbe stata l’ultima volta in cui sarebbe stato possibile utilizzare Rocky III come strumento di inquadramento ideologico prima dell’inizio dei sequel scadenti. Il bagliore nostalgico si raffredderà e i riferimenti svaniranno di nuovo nel limbo dell’hauntologia.

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704

oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

1 2 3 83