redde rationem, di Daniele Lanza

Nota (ce ne sono sempre).
La vera sconfitta in tutto il macello che si profila in Ucraina, non è il paese in questione, invaso o meno che sia.
La VERA sconfitta è l’Europa che si ritrova impotente come dal 1945 ad oggi, pur con una guerra imminente sul proprio suolo : chi ha armi e determinazione – Cremlino e Washington – le usa……chi non le ha (complici 70 anni di benessere irreale, costituzioni pacifiste etc.) sta invece a guardare e a subirne le conseguenze. I paesi europei, piccoli attori riuniti nella grande casa UE (e in questi frangenti di crisi si vede quanto peso reale ha l’UE) sono gli spettatori vocianti e ridicoli.
Mosca cerca di riprendersi ciò che è “suo” da circa 4 secoli e mezzo (la sfera ucro-russofona inglobata nello zarato sin dal 1667), mentre il Pentagono coglie l’occasione (la desidera) per poter instaurare ed rinverdire la faglia di divisione tra bene e male perduta dopo il 1991 (il collasso dell’URSS aveva rovinato la Russia nel breve termine….ma come effetto collaterale aveva anche privato di ogni significato la Nato che negli ultimi 20 anni ha faticato a trovare motivi per continuare ad esistere di fronte agli interrogativi dell’opinione pubblica europea : l’unico motivo che potesse reggere era una difesa……ma difesa da COSA ?! E’ stata utile quindi una risurrezione della Russi potenza che più danni fa più giustifica la presenza della basi statunitensi/Nato in Europa (e magari a carico degli stessi europei).
Il Cremlino e lo stato maggiore russo con poche parole e grande professionalità preparano la mossa……la CNN americana dall’altro lato dell’oceano strepita con megafoni planetari : nel mezzo……i leader europei (l’asse franco-tedesco di Macron e Scholz in testa) che si agitano come marionette e contano come tali.
I veri sconfitti sono loro (cioè noi europei).
Signori (in particolare coloro che non sono d’accordo con me spesso) : suppongo che l’immagine da me scelta in basso – forze kaiseriane coloniali in africa orientale – risultino ostiche perchè evocano violenza e sopraffazione (sì è proprio così) e non è ciò che si vuole idealmente. D’altro canto mi piacerebbe che capiste come l’Europa della PACE della tolleranza e del benessere sopravvissuta per 70 anni è stata sempre un’illusione pia….guscio dorato entro il quale 3 generazioni di europei sono nati e cresciuti beatamente. Il mondo reale è un altro……..è quello dove se non possiedi il “ferro” non hai alcun peso (e tutto il tuo benessere può evaporare in una frazione di secondo). Che piaccia o meno è così : ognuno può continuare a cullarvisi se vuole, nel proprio paradiso interiore, non glielo impedisco).
Buona serata a tutti.
Gregorio Baggiani

La fine della “interiorita protetta”,della “machtgeschützte Innerlichkeit” come ptesagiva il buon Thomas Mann qualche anno fa letteratura piu o meno profetica a parte a parte, la guerra provochera sconquassi ed in definitivo shift of power, nel senso che cambiera definitivamente le relazioni politiche e militari e quindi gli equilibri internazionali..
Ennio Abate

Tutti realpolitik eh!
Ma quest’affermazione: “I veri sconfitti sono loro (cioè noi europei).” mi pare falsa o parziale: nel senso che la sconfitta delle classi dirigenti europee è altra cosa dalla sconfitta dei lavoratori o dei “popoli”.
Brecht: Anders als die Kämpfe der Höhe sind die Kämpfe der Tiefe!
(Diverse dalle lotte sulle cime sono le lotte sul fondo![1]).
[1] Dal frammento La bottega del fornaio
Daniele Lanza

Ennio Abate non sempre gli interessi della classe dirigente coincidono con la popolazione in generale…..ma in certi casi è l’intera società sconfitta ad un qualche livello. L’Europa geopoliticamente lo è dal 1945 ad oggi (dirigenti o lavoratori non c’entra).
Daniele Lanza Nell’Europa sconfitta geopoliticamente «dal 1945 ad oggi» gli sconfitti «dirigenti» se la sono passata più allegramente degli sconfitti «lavoratori». E’ questo che mi preme ricordare. Ed è a questo che la geopolitica non pensa. A me continua a parere un limite.
All’interno degli “europei” io faccio ancora delle distinzioni di classe, che mi paiono evidenti sul piano dei redditi, del possesso di saperi e del tipo di vita sociale che i singoli conducono. Certo, queste distinzioni (o contraddizioni?) oggi sono “inerti” politicamente, nel senso che non condizionano in modi palesi le scelte delle classi dirigenti. Ma ci sono. La geopolitica le trascura o le minimizza. La mia speranza è che tornino “attive”. Tenerle presenti (perciò ho citato l’archeologico Brecht) permette di capire che, in caso di guerra, il peggio che toccherà alla classe dirigente (e non ad una astratta «intera società») è altra cosa dal peggio che toccherà proprio ai lavoratori o al “popolo”.
Giuseppe Germinario

Ennio Abate Il problema da affrontare è infatti come all’interno delle dinamiche geopolitiche e dei rapporti di potenza sia possibile costruire una formazione sociale dinamica, coesa nella quale si riconformino distinzioni di funzione che altrimenti creano degrado, sfruttamento e sperequazioni avvilenti