Gli Stati Uniti e lo spettro della Russia, di Luigi Longo

 

 

 

Chi governa l’Europa orientale comanda la zona centrale [ la Russia, il cuore della terra, ndr]; chi governa la zona centrale comanda la massa euroasiatica; chi governa la massa euroasiatica comanda il mondo intero.

Halford Mackinder*

 

Chi controlla il Rimland ( ossia il territorio costiero dell’Eurasia) governa l’Eurasia; chi governa l’Eurasia controlla i destini del mondo.

Nicholas John Spykman**

 

 

L’inizio del declino e il bivio storico

 

 

Il declino di una potenza mondiale egemone inizia a presentarsi quando esplodono le contraddizioni interne (conflitti tra agenti strategici delle diverse sfere sociali, fratture sociali e territoriali, degrado totale, eccetera); tale declino è altresì in relazione alle dinamiche di crescita di altre potenze sia regionali sia mondiali che mettono in discussione quella egemonia dominante(1).

Gli strateghi USA, potenza mondiale egemone, sono consapevoli di questo processo, così Zbigniew Brzezinski: << Come la sua epoca di dominio globale finisce, gli Stati Uniti hanno bisogno di prendere l’iniziativa di riallineare l’architettura del potere globale […] La prima di queste verità è che gli Stati Uniti sono ancora l’entità politicamente, economicamente e militarmente più potente del mondo, ma, dati i complessi cambiamenti geopolitici negli equilibri regionali, non sono più la potenza imperiale globale […] quell’epoca sta ormai per finire […] >> (2). Il declino USA è relativo perché è ancora decisiva la sua egemonia in tutte le istituzioni mondiali. La sua capacità di dominio, attraverso il soft power e l’hard power, è ancora grande in rapporto alle potenze mondiali emergenti, come la Russia e la Cina, in questa fase di multicentrismo (3).

Gli statunitensi si trovano ad un bivio storico dove lo spazio-tempo della decisione si fa sempre più stretto e dovranno scegliere quale strada intraprendere. Questa diramazione prospetta paesaggi mondiali diversi: 1. Una potenza mondiale che rivendica la sua egemonia (G7, FMI, BM, NATO, ONU, WTO) e il suo dominio con la supremazia militare indiscussa (4), ma nel ri-lanciare il suo dominio mondiale monocentrico non si preoccupa delle contraddizioni strutturali interne né, ricerca un nuovo modello di sviluppo o una nuova visione di società; 2. Una potenza mondiale che ri-vede il suo modello sociale, fa i conti con le sue contraddizioni strutturali che rischiano di accelerare il declino e ri-lancia la sua egemonia confrontandosi con le altre potenze.

La prima strada accelera la fase multicentrica e prepara la fase policentrica: il conflitto mondiale; la seconda strada ritarda la fase policentrica e rimane in una fase multicentrica che potrebbe portare ad una condivisione e ad un rilancio di nuove relazionali mondiali nel rispetto delle diversità ( storiche, culturali, sociali, politiche, territoriali, eccetera): parafrasando Karl von Clausewitz si può dire che la guerra cessa di essere la continuazione della politica con altri mezzi.

E’ mia opinione che prevarrà la prima strada, per le seguenti ragioni.

La prima. Gli USA credono di essere la nazione indispensabile e hanno la cultura monocentrica del dominio mondiale. Vale per tutti il seguente pensiero di Henry Kissinger. << La sfida in Iraq non era solo vincere la guerra quanto [mostrare] al resto del mondo che la nostra prima guerra preventiva è stata imposta dalla necessità e che noi perseguiamo l’interesse del mondo [ corsivo mio], non esclusivamente il nostro […] La responsabilità speciale dell’America [ USA, mia specificazione], in quanto nazione più potente del mondo, è di lavorare per arrivare a un sistema internazionale che si basi su qualcosa di più della potenza militare, ovvero che si sforzi di tradurre la potenza in cooperazione […] Un diverso atteggiamento ci porterà gradualmente all’isolamento e finirà per indebolirci. >> (5).

La seconda. La piramide sociale statunitense non reggerà più, la base sta scricchiolando e si arriverà alla implosione della nazione e con essa alla fine dell’idea della grande nazione imperiale. Si stanno indebolendo la struttura e il legame sociale della società, che sono il fondamento della potenza imperiale. Gli agenti strategici dominanti sono incapaci di una nuova visione, di un nuovo modello di sviluppo sociale, di nuovi rapporti sociali che potrebbero emergere dalla cosiddetta società capitalistica. Gli strateghi delle sfere egemoniche ( politica, militare, istituzionale, economica-finanziaria,), portatori della visione classica della logica di funzionamento imperiale, agiscono con la convinzione che il dominio, con la coercizione ( la forza militare imperiale) e il denaro ( il dollaro imperiale), sia l’unica strategia per continuare a mantenersi, come grande nazione imperiale, sulle spalle del resto del mondo (le economie dei diversi capitalismi).

Alcuni strateghi, soprattutto delle sfere militare e politica, con i loro gruppi di pensiero (think tank) e i loro centri e istituti di ricerca strategica, si sono resi conto della strada di non ritorno del declino USA, una strada, per dirla con David Calleo, di egemonia sfruttatrice (6), e hanno cercato di deviare, invano (si vedano le elezioni che hanno portato Trump alla Casa Bianca), verso una visione del Paese incentrata sull’economia reale, sul legame sociale da rafforzare, sulla ri-definizione dei rapporti sociali sistemici, sull’apertura di una fase multicentrica; ma realizzare tutto questo significava derogare alle regole della potenza mondiale, cioè ri-collocare gli USA quale potenza mondiale di confronto e condivisione con altre potenze mondiali emergenti: non più come la grande nazione imperiale.

La terza. La lezione della storia, a prescindere dal modo di produzione e riproduzione del legame sociale della società storicamente data, è questa: schiacciando esseri umani sessuati e natura, oltre il limite strutturale sociale e naturale, si rischiano grossi guasti. La forbice tra ricchezza illimitata e povertà assoluta non può divaricarsi all’infinito. Non è un discorso pauperistico del limite superato, ma un ragionamento di modello di sviluppo, di una idea nuova del legame sociale e del rapporto sociale ( sia dentro sia fuori il Capitale, ovviamente inteso come relazione sociale) e di rottura dell’equilibrio dinamico del blocco egemone degli agenti strategici dell’insieme delle sfere sociali del Paese (7).

 

 

Le citazioni scelte come epigrafi sono tratte da:

*Zbigniew Brzezinski, La grande scacchiera, Longanesi, Milano, 1998, pag.55.

**Davide Ragnolini, Geopolitica ed euroasiatismo nel XXI secolo. Intervista a Claudio Mutti, www.eurasia-rivista.com, 7/3/2017.

 

 

NOTE

 

 

  1. Su questi temi rinvio a Giovanni Arrighi, Il lungo XX secolo. Denaro, potere e le origini del nostro tempo, il Saggiatore, Milano, 1996; Giovanni Arrighi, Beverly J. Silver, Caos e governo del mondo, Bruno Mandadori, Milano, 2003; Gianfranco La Grassa, Gli strateghi del capitale, Manifestolibri, Roma, 2005; Gianfranco La Grassa, Finanza e poteri, Manifestolibri, Roma, 2008.
  2. Zbigniew Brzezinski, Toward a global realignmente in “ The American Interest” ( www.the-american-interst.com) , n.6/2016. Stralci dell’intervista sono compresi anche nell’articolo di Mike Whitney, La scacchiera spezzata. Brzezinski rinuncia all’impero americano, www.megachip-globalist.it, 28/8/2016.
  3. Joseph S. jr Nye, Fine del secolo americano?, il Mulino, Bologna, 2016; con una lettura critica si veda anche Etienne Balibar, Populismo e contro-populismo nello specchio americano, www.ariannaeditrice.com, 27/4/2017.
  4. Per un’analisi storica, geopolitica, militare, finanziaria si rimanda alla rivista “Limes”, n.2/2017, “Chi comanda il mondo”, in particolare gli articoli di Dario Fabbri (La sensibilità imperiale degli Stati Uniti è il destino del mondo), di Alberto De Sanctis (Gli Stati Uniti tengono in pugno il tridente di Nettuno), Giorgio Arfaras (Il dollaro resta imperiale). Per un’analisi del consolidamento delle potenze mondiali emergenti e delle transizioni egemoniche si veda Giovanni Arrighi, Capitalismo e (dis)ordine mondiale, a cura di, Giorgio Cesarale e Mario Pianta, Manifestolibri, Roma, 2010. Per un’analisi sulla supremazia militare si rimanda ai lavori puntuali di Manlio Dinucci pubblicati sul sito www.voltaire.org e sul quotidiano “il Manifesto” e ai Rapporti SIPRI ( e non solo) ( www.sipri.org) . E’ interessante sottolineare quanto detto da Noam Chomsky in una recente intervista concessa a “il Manifesto” del 20/4/2017:<< L’Atomic Bulletin of Scienctists nel marzo scorso ha pubblicato uno studio sul programma di ammodernamento dell’arsenale nucleare messo in atto con l’amministrazione Obama ed in mano ora di Trump, dal quale risulta che il sistema dell’arsenale atomico statunitense ha raggiunto un livello di strategia atomica avanzata e radicale, tale da poter annientare la deterrenza dell’arsenale atomico russo. Questo non è all’oscuro di Mosca. Ma con l’intensificarsi della tensione diretta, specialmente nei paesi Baltici ai confini della Russia, determina il rischio di un confronto nucleare diretto con la Russia >>.
  5. La citazione del pensiero di Henry Kissinger è tratta da Robert Kagan, Il diritto di fare la guerra, il potere americano e la crisi di legittimità, Mondadori, Milano, 2004, pp. 59-60.

6.Così David Calleo:<< [il] sistema internazionale crolla non solo perché nuove potenze non controbilanciate e aggressive cercano di dominare i loro vicini, ma anche perché le potenze in declino, invece di adattarsi e cercare una conciliazione, tentano di cementare la loro vacillante predominanza trasformandola in una egemonia sfruttatrice >>. La citazione è tratta da Giovanni Arrighi, Beverly J. Silver, op. cit., pp.335-336.

  1. Utilizzo il termine dominio per delineare una egemonia sociale ( nell’accezione gramsciana, cioè consenso e coercizione) da parte degli agenti strategici dominanti o sub-dominanti costituitosi in blocco sociale come supremazia sugli agenti strategici delle diverse sfere sociali. La filiera del potere è diversa nelle singole sfere sociali e il dominio dell’insieme sociale di una nazione è diverso, è altro dal potere delle sfere sociali. Le sfere sociali sono astrazioni che ci costruiamo per interpretare la realtà che sta sempre avanti. Le sfere sociali possono essere diverse a seconda delle ipotesi di ragionamento per costruire il campo di stabilità. Per esempio Gianfranco La Grassa ne utilizza tre ( politica, economica e culturale), David Harvey ne utilizza sette, eccetera. Nelle sfere sociali è ipotizzabile parlare di potere non di dominio. Cfr il mio, La nazione e lo stato: una grande illusione dei popoli. La rottura teorica del conflitto strategico. Tempo e spazio della ricerca, www.conflittiestrategie.it, 5/7/2016 e www.italiaeilmondo.com, 26/12/2016.