LO STATO DELLE COSE DELLA GEOPOLITICA, di Massimo Morigi _ 2a di 11 parti

AVVERTENZA

La seguente è la seconda di undici parti di un saggio di Massimo Morigi. Nella prima parte è pubblicata in calce l’introduzione e nel file allegato il testo di Morigi, nella sua seconda parte è disponibile a partire da pagina 130. L’introduzione è identica per ognuna delle undici parti e verrà ripetuta solo nelle prime righe a partire dalla seconda parte.

PRESENTAZIONE DI QUARANTA, TRENTA, VENT’ANNI DOPO A LE
RELAZIONI FRA L’ITALIA E IL PORTOGALLO DURANTE IL PERIODO
FASCISTA: NASCITA ESTETICO-EMOTIVA DEL PARADIGMA
OLISTICO-DIALETTICO-ESPRESSIVO-STRATEGICO-CONFLITTUALE DEL
REPUBBLICANESIMO GEOPOLITICO ORIGINANDO DALL’ ETEROTOPIA
POETICA, CULTURALE E POLITICA DEL PORTOGALLO*

*Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo durante il periodo fascista ora presentate sono
pubblicate dall’ “Italia e il Mondo” in undici puntate. La puntata che ora viene
pubblicata è la prima e segue immediatamente questa presentazione, e questa prima
puntata (come tutte le altre che seguiranno) è preceduta dall’introduzione alla stessa di
Giuseppe Germinario. Pubblicando l’introduzione originale delle Relazioni fra l’Italia
e il Portogallo durante il periodo fascista come prima puntata e che, come da indice,
non è numerata, la numerazione delle puntate alla fine di questa presentazione non
segue la numerazione ordinale originale in indice delle parti del saggio, che è stata
quindi mantenuta immutata, quando questa presente.

SECONDA PUNTATA STATO DELLE COSE

 

Rolf Peter Sieferle, Finis Germania, recensione di Teodoro Klitsche de la Grange

Rolf Peter Sieferle, Finis Germania (a cura di Francesco Coppellotti), Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2022, pp. 174, € 22,00

Come scrive Antonio Caracciolo nella presentazione: “A differenza che per il passato, nel 1945, la guerra – la stessa che ebbe inizio nel 1914 – non si è conclusa con Trattati di pace che restituivano ogni paese a se stesso, magari con diminuzioni territoriali, passate ad altre città statuali. Si è voluto procedere alla devastazione spirituale delle nuove generazioni che non avevano vissuto la moderna guerra dei Trent’anni”. Il tema del saggio (postumo) è proprio questo; la sconfitta nella seconda guerra mondiale ha comportato un “lavaggio del cervello e del carattere permanente”, tendente a cancellare o a modificare radicalmente la cultura del vinto.

Infantilizzazione, colpevolizzazione, relativismo ne sono gli aspetti più evidenti. Anche se spesso neppure aventi il carattere di novità. Vediamo la colpevolizzazione dei tedeschi (con le guerre mondiali e l’olocausto): il tutto non pare tanto voluto ed eseguito (per di più a oltre settant’anni dal compimento dei fatti) per il crimine in se, quanto per colpevolizzare una nazione e la sua cultura. Ma che la colpevolizzazione (di massa) o almeno lo sfruttamento del senso di colpa sia uno strumento di potere l’aveva già scoperto Thomas Hobbes nel “Behemoth” quando scrive che i pastori protestanti predicavano in particolare contro la concupiscenza perché essendo una pulsione naturale tutti ne erano “colpevoli” in quanto peccatori “E, così, divennero confessori di quelli che avevano la coscienza turbata per questo motivo, e che obbedivano loro come a direttori spirituali, in tutti i casi di coscienza”. Per cui il senso di colpa si convertiva in disposizione all’obbedienza a chi aveva il potere.

Altro argomento è il relativismo coniugato al progresso “La relatività di tutte le culture, compresa la propria, viene accettata; al tempo stesso esse vengono però allineate accuratamente su una linea progressiva. La propria cultura diventa allora incompatibile in quanto è la più progressiva di tutte. Il modo del progresso diviene così un assoluto che può di nuovo togliere le penne al relativismo”. Ed è proprio quel che succede: se la Storia finisce è l’ultima cultura quella che, contraddittoriamente, diviene assoluta. E questa cultura è quella dei vincitori. Ma quando il progresso scompare, entrando in una fase di decadenza, il relativismo diventa un virus distruttivo di cultura, posizione ed identità.

Anche qui la memoria va al passato a Maurice Hauriou il quale faceva del “pensiero critico” (qualcosa di assai simile al relativismo almeno sul piano socio-politico) uno dei caratteri della decadenza. Solo che se di una storia “lineare” ordinata lungo l’asse del progresso si passa ad una storia “ciclica”; c’è comunque da sperare che il nuovo ciclo in gestazione riavvii un’epoca di miglioramento culturale, sociale, economico.

Una lunga ed accurata post-fazione di Francesco Coppellotti completa il volume e sintetizza così il saggio di Sieferle “Possiamo dire che finis Germania è la descrizione lucida della cappa ideologica che determina la vita religiosa, politica e culturale della Bundesrepublik che Sieferle ha disegnato e contro la quale, novella Antigone, si è infranto” e ciò perché “Sieferle ha mantenuto viva la fiamma della sua giovinezza ed ha sconfessato alla radice la Bundesrepublik, ma non perché, come hanno cantato tutti i filistei in tutto il mondo, voleva la scomparsa della Germania, ma perché ha voluto tenere aperta quella ferita chiamata Germania”.

Teodoro Klitsche de la Grange

Ucraina, il conflitto_ 9a puntata Con Max Bonelli

Ad ogni assedio di città, la capacità di resistenza dell’esercito ucraino si affievolisce costantemente. I primi segni di cedimento cominciano ad essere evidenti. E’ evidente che il regime ucraino è disposto a sacrificare la propria popolazione in una azione di resistenza senza prospettive. Ben presto si potrà toccare con mano il livello di popolarità effettiva del regime ben lontano dalla rappresentazione romantica offerta dalla stampa occidentale. Un regime che si alimenta delle risorse offerte da uno stato di guerra permanente per conto terzi sino a compromettere l’integrità di quel che resterà del Paese. Si avviano intanto i preparativi per la grande abbuffata della ricostruzione dell’Ucraina. Ogni paese occidentale ha premurosamente adottato un territorio. Dovranno provvedervi i contribuenti europei con oltre settecento miliardi di investimento. Sapete quale regione è toccata all’Italia? Il Donestk, ovvero come far festa senza l’oste. La grande novità prodotta da questo conflitto sarà di rilevanza sconvolgente: il ruolo di hub della Turchia nelle forniture energetiche all’Europa e di grande cerimoniere di Erdogan nell’area mediterranea. Non a caso, il nostro eroe nazionale insediato a Palazzo Chigi ha scelto di fare mesta anticamera immediatamente al cospetto del sultano. Ha superato di gran lunga l’eroe della commedia italiana, Arlecchino. Altro che servo di due padroni; siamo arrivati ad ossequiarne e contentarne cinque contemporaneamente. Meraviglie di un funambolismo straordinario che meriterà sicuramente il prezzo salato del biglietto che gli italiani saranno costretti a pagare. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v1bgrfp-ucraina-il-conflitto-9a-puntata-con-max-bonelli.html

Le condizioni di un possibile cambiamento, di Roberto Buffagni

In Italia, quando ci sarà (se ci sarà) un minimo sindacale di opposizione politica alla strategia USA in Ucraina? Conte, incoraggiato dal Vaticano, ha provato ad aprire timidamente bocca, è stato attenzionato e castigato (scissione Di Maio, sconfessione di Grillo). Ha dunque ritenuto che conviene fare (e perdere) lotta dura senza paura sul 110%, chi tocca l’Ucraina tocca i fili dell’alta tensione e se non muore stava sicuramente meglio prima.
Previsione: in Italia (forse, speriamo, in Europa) ci sarà un minimo sindacale di opposizione politica alla strategia USA in Ucraina quando si saranno verificati due fatti madornali, impossibili da nascondere con il maquillage retorico e forse anche con la chirurgia plastica. (Si parva licet: gli italiani si opposero in massa alla nostra partecipazione alla IIGM quando gli cominciarono a piovere in testa le bombe Alleate, non prima).
I due fatti madornali sono:
a) sconfitta della controffensiva che gli ucraini stanno preparando – per ragioni politiche più che militari – per il prossimo agosto-settembre. La sconfitta ucraina è probabile, perché il meglio dell’esercito ucraino sta subendo perdite gravissime nella battaglia di annientamento in corso nel Donbass, gli armamenti occidentali arrivano ma in misura insufficiente, e le truppe ucraine che saranno impiegate nella controffensiva saranno di scarsa qualità e male armate, mentre i russi avranno il vantaggio della difesa, e di una capacità di combattimento, potenza di fuoco e logistica superiore. Ci sarebbe anche il presupposto che i russi NON possono permettersi di perdere, e disponendo di risorse strategiche enormemente superiori alle ucraine prima o poi, in un modo o nell’altro vinceranno: ma questo fatto preliminare si poteva rilevare il giorno 1 dell’operazione militare speciale, e non è stato notato quasi da nessuno.
b) crisi energetica (probabilmente i russi chiuderanno i rubinetti dopo la sconfitta della controffensiva ucraina); crisi economica patente e grave: chiusura di aziende, disoccupazione che cresce, prezzi che impennano, salari che non ce la fanno, in breve ci accorgiamo che la vita quotidiana non va più avanti come prima e farci i fatti nostri diventa assai complicato.
Se si verificheranno questi due fatti madornali (probabile) il problema sarà la capacità soggettiva delle forze politiche realmente esistenti di fare un’opposizione decente, motivandola in modo da farsi capire dalla popolazione. Sarà un grosso problema. Le forze politiche realmente esistenti sono quel che sono [omissis] e la motivazione principale per opporsi alla strategia USA in Ucraina è realistica: parteciparvi è manifestamente contrario all’interesse nazionale italiano e ci può provocare danni colossali, irrimediabili.
Le argomentazioni realistiche sono decisamente indigeribili per il popolo italiano, per complesse ragioni culturali che non ho voglia di analizzare, ma che si possono riassumere in queste due frasi:
a) la prospettiva realistica non prevede alcun lieto fine, e il lieto fine piace a tutti
b) è largamente diffusa la bizzarra teoria che in Ucraina si svolge un conflitto tra autocrazie e democrazie, e “la democrazia” agli italiani piace molto, anche se ciascuno dà alla parola “democrazia” il significato che preferisce lui, di solito eleggendola a sinonimo di un suo personale Mulino Bianco, liberale, socialista, costituzionale, comunista, primorepubblicano, anni 80 con Jerry Calà & Umberto Smaila di “Colpo grosso”, etc. Rinunciare al Mulino Bianco è difficile.
C’è un altro fatto madornale che potrebbe verificarsi e aiutare: una sconfitta devastante dei Democrats alle elezioni di midterm statunitensi. I favorevoli all’attuale linea strategica USA si trovano anche nel partito repubblicano, ma l’opportunità di scaricare la colpa di tutto sull’avversario politico sconfitto potrebbe aprire qualche spiraglio di discussione negli Stati Uniti, che guidano questo treno su cui siamo incautamente saliti.
Secondo me, stiamo messi così. No, non c’è il lieto fine, mi spiace. C’è una fine tutt’altro che lieta per l’Italia se non ci sganciamo da questa strategia, questo sì. That’s all, folks.

La NATO, di Luigi Longo

LA NATO E’ LO STRUMENTO DEGLI USA NEL CONFLITTO STRATEGICO DELLA FASE MULTICENTRICA

di Luigi Longo

 

La Nato e un’autonoma forza europea comune di difesa

                                        non possono crescere insieme. Una sola delle due può

                                        emergere e la nostra volontà dovrebbe essere che questa sia                                              la Nato, in modo che nel nostro scontro con la Cina l’Europa                                             rimanga per noi una risorsa militare e non si trasformi in una                                                      passività.

Robert D. Kaplan*

 

La Nato, divenuta apertamente strumento dell’espansionismo

                                            americano e non più della difesa europea, pone termine alle

                                             illusioni di una “autonomia europea”, costringendo l’Unione

                                          Europea a un nuovo allineamento, ancora più severo di quello

                                           imposto nel passato con il pretesto della “guerra fredda”.

Samir Amin**

 

Non l’America che comanda il mondo, ma il mondo che                                                    diventa America.

Perry Anderson***

 

 

1.Premessa

 

Avanzo l’ipotesi di una sequenza temporale (timeline) della Nato come momenti significativi di svolte e di fasi (1) che ne costruisce il ruolo e funziona, per l’essenzialità del ragionamento, da elemento sintattico della riflessione. La sequenza temporale evidenzia “momenti” storici che narrano i punti di svolta delle diverse fasi mondiali (monocentrica, multicentrica, policentrica) sia nel loro passaggio di fase, sia nel loro consolidamento. Le fasi mondiali sono viste come il conflitto strategico (2) tra le potenze mondiali per il dominio. Il dominio può essere multicentrico con la spartizione del mondo tra le potenze dominanti storicamente date (con le relative aree di influenza) in modo da evitare la guerra per la supremazia che comporterebbe la fine del pianeta terra considerato la potenza distruttrice raggiunta dall’uso delle armi nucleari (3); oppure monocentrico, cioè, dominio relativo di coordinamento mondiale di una potenza storicamente determinata scaturita dalla guerra: difficile da realizzarsi perché le condizioni storiche sono fortemente cambiate dalla seconda guerra mondiale per il falso progresso de le magnifiche sorti e progressive (4) che ci porterà al rischio della fine della vita sul pianeta terra come innanzi detto.

Evidenzio, en passant, la quasi assenza, a mia conoscenza, della ricerca (pubblica e privata) sia sulle relazioni tra basi militari Usa-Nato e sviluppo locale, regionale, nazionale e internazionale, sia sulle relazioni politiche, militari, industriali, economiche, sociali e culturali nei territori di localizzazione delle basi e delle loro proiezioni nei sistemi di valori territoriali (5).

 

 

2.La sequenza temporale della Nato

 

L’ipotesi della sequenza temporale della Nato, che propongo, è la seguente:

 

  • Dopo la seconda guerra mondiale gli USA si affermano, nel campo occidentale, come potenza egemone e coordinatrice di un modello di sviluppo economico, politico, sociale e culturale. Si avvia la fase monocentrica occidentale.

         Nasce la Nato: lo strumento contro il campo orientale e il cosiddetto          comunismo.

 

  • Dopo l’implosione dell’URSS, caduta del mondo erroneamente detto comunista, gli USA si ergono a potenza egemone di coordinamento mondiale. Si afferma la fase monocentrica mondiale.

         La Nato si trasforma e allarga le sue competenze oltre alla sfera   militare anche a quella economica, dello sviluppo dei territori, della sicurezza territoriale, del controllo sociale, della ricerca, della      penetrazione e dell’ampliamento dell’area di influenza ad Est e nel        Medio Oriente (per esempio: la prima guerra del Golfo, la    dissoluzione della Jugoslavia, l’inglobamento dei paesi già parte          dell’ex Patto di Varsavia e dell’ex URSS).

 

  • Dopo la distruzione della Libia, il tentativo di demolire la Siria e con l’emergere in maniera definitiva delle due potenze in ascesa (Russia e Cina), gli USA temono la loro messa in discussione come unica potenza di coordinamento mondiale.

Il percorso della fase multicentrica è tracciato.

         La Nato diventa lo strumento di conflitto contro le potenze emergenti          (guerra economica alle vie dell’energia russa e alle vie della Seta          cinese, la militarizzazione dell’Est, del Medio Oriente e dell’Asia centrale per l’accerchiamento della Russia, la militarizzazione dell’Oceano Indiano e dell’area dell’Asia-Pacifico per l’accerchiamento della Cina. ).

 

  • Con la configurazione del nascente polo asiatico, coordinato da Russia e Cina, gli USA avviano in maniera determinata un attacco alla Cina (via virus Sars Cov 2) e alla Russia (via Ucraina).

         La fase multicentrica entra nel vivo della sua costruzione.

         La Nato è ricalibrata come strumento del conflitto contro il nascente     polo asiatico. Il suo modello viene riproposto sia nel Mediterraneo (il Dialogo mediterraneo, DM), sia nel Medio Oriente (con gli accordi di        Abramo), sia nel Pacifico (patto Aukus, l’alleanza Quad), sia in Africa   (DM, Operazione “Active Endeavor”, Standing Maritime Group          One), sia in America latina, sia nel circolo polare Artico dove gli USA,     oltre la questione delle risorse naturali, temono, soprattutto, le nuove       vie dell’Artico verso l’Atlantico che possono far saltare le loro    strategie (prioritariamente militari e logistiche) nel Pacifico          innervando sempre di più il coordinamento tra la Russia e la Cina.

 

 

2.Perchè la Nato

 

La fine della fase policentrica, avvenuta con la seconda guerra mondiale, ha comportato la divisione del mondo in due blocchi contrapposti e in parte alternativi: quello occidentale egemonizzato dagli USA e quello orientale egemonizzato dall’URSS.

Gli USA, per un controllo del loro campo occidentale, soprattutto dell’Europa, hanno creato sia l’Unione Europea (1947) sia la Nato (1949) (6).

Nasce la Nato: lo strumento contro il campo orientale e il cosiddetto comunismo.

L’URSS, come risposta alla strategia USA e per un controllo della sua area di influenza, ha costituito sia il Comecon (1949) sia il Patto di Varsavia (1955) che non tratterò perché non sono oggetto del presente scritto (7).

La Nato è stata costruita, secondo la retorica di basso livello degli USA-Nato, perché << […] l’Unione Sovietica era considerata come la principale minaccia alla libertà e all’indipendenza dell’Europa occidentale. L’ideologia comunista, gli obiettivi e i metodi politici e le capacità militari indicavano che, quali che fossero state le reali intenzioni dell’Unione Sovietica, nessun governo occidentale avrebbe potuto permettersi di ignorare la possibilità di un conflitto. In conseguenza di ciò, dal 1949 alla fine degli anni ’80 – periodo noto come quello della Guerra Fredda – il compito principale dell’Alleanza è stato quello di mantenere sufficienti capacità militari per difendere i suoi membri da ogni forma di aggressione da parte dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia. La stabilità fornita dalla NATO durante questo periodo ha consentito all’intera Europa occidentale di tornare alla propria prosperità dopo la Seconda Guerra mondiale, accrescendo la fiducia e la prevedibilità, che sono essenziali per lo sviluppo economico […]Alla metà degli anni ’50, una strategia cosiddetta della “risposta massiccia” enfatizzava la dissuasione basata sulla minaccia che la NATO avrebbe risposto all’aggressione contro chiunque dei suoi membri con ogni mezzo a sua disposizione, incluse in modo particolare le armi nucleari. Nel 1967, veniva poi introdotta la strategia della “risposta flessibile” (corsivo mio, LL), che mirava a scoraggiare l’aggressione creando nella mente di un potenziale aggressore incertezza riguardo a quella che poteva essere la natura della risposta della NATO, convenzionale o nucleare. Questa è rimasta la strategia della NATO sino alla fine della Guerra Fredda >> (8).

In realtà, come sostiene Mahdi Darius Nazemroaya, la Nato era nient’altro che una clausola di garanzia per gli Stati Uniti, che stabiliva gli USA quale unica superpotenza nucleare globale col compito di proteggere il resto dell’Alleanza atlantica (9) con il principale obiettivo, come racconta M. Arnaud Leclercq, di prevenire l’aggregazione dei centri di potere del “vecchio mondo” in una coalizione ostile ai loro propri interessi (10).

La strategia durante la guerra fredda è stata quella di difesa dell’Europa occidentale da una eventuale aggressione dell’URSS, così per gli USA-Nato sin << Dalla nascita della NATO, il ruolo fondamentale delle forze alleate è stato quello di garantire la sicurezza e l’integrità territoriale degli stati membri. Il compito di fornire sicurezza attraverso la dissuasione e la difesa collettiva restano un fondamentale compito […] Durante la Guerra Fredda, la pianificazione della difesa della NATO era principalmente indirizzata a mantenere le capacità necessarie per difendersi da una possibile aggressione dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia >> (11).

Ma come non ricordare, a tal proposito, tenendo conto delle condizioni storiche mutate (soprattutto con l’implosione del cosiddetto campo del comunismo egemonizzato dall’URSS) e l’uso delle categorie che le esprimono, l’ideologia reazionaria statunitense denunciata (gennaio 1953, Poscritto sull’irrazionalismo del dopoguerra) da Gyorgy Lukacs quando sosteneva che << E’ apparso chiaro a una cerchia sempre più vasta di persone ciò che gli iniziati sapevano da tempo, e cioè che la fine della guerra significa solo la preparazione di una nuova guerra contro l’Unione Sovietica, che la preparazione ideologica delle masse a questa guerra rappresenta un problema centrale del mondo imperialistico […] Poiché infatti, dopo la fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti sono apparsi sempre più come forza dirigente della reazione imperialista, e hanno preso, sotto questo aspetto, il posto della Germania, si dovrebbe scrivere obbiettivamente una storia della loro filosofia per mostrare, con la stessa minuzia, con cui qui è stato fatto per la Germania, quale è l’origine sociale e spirituale e delle odierne ideologie del <<secolo americano>> e dove se ne possono trovare le radici >> (12). Qui il senso degli USA come potenza mondiale pericolosa e reazionaria, perché non accetta un dominio mondiale condiviso con le altre potenze, è di grande attualità soprattutto per un progetto di stabilizzazione dinamica della fase multicentrica così come la trappola di Tucidide ha dimostrato storicamente in quattro casi (13).

 

 

3.Perchè si trasforma la Nato

 

Con la fine della guerra fredda dovuta sostanzialmente alla implosione dell’URSS (1991) e l’affermazione degli USA come unica potenza di coordinamento mondiale si apre un periodo di fase monocentrica terminata nel 2010 con l’emergere delle due potenze in ascesa: la Cina e la Russia. Si avvia sia il tracciamento del percorso della fase multicentrica, sia la costruzione della strada della fase multicentrica.

 

La fase monocentrica

 

In questa fase monocentrica (1991-2010, il periodo è relativamente indicativo perché i processi che racchiude sono di lunga durata) la Nato subisce un primo cambiamento: da strumento USA di contenimento dell’URSS durante la guerra fredda a strumento di espansione ad Est e nel Medio Oriente con un allargamento del suo campo di azione che riguarda la quasi totalità delle sfere sociali.

 

La Nato si trasforma e allarga le sue competenze oltre alla sfera militare anche a quella economica, dello sviluppo dei territori, della sicurezza territoriale, del controllo sociale, della ricerca, della penetrazione e dell’ampliamento dell’area di influenza ad Est e nel Medio Oriente (per esempio: la prima guerra del golfo, la dissoluzione della Jugoslavia, l’inglobamento dei paesi già parte dell’ex Patto di Varsavia e dell’ex URSS) (14).

 

La strategia che viene elaborata, secondo la retorica ideologica degli USA-Nato, è quella della << […] sicurezza euroatlantica [che] era divenuta più complessa e molte nuove sfide erano emerse al di fuori dell’Europa, tra cui gli stati in disfacimento, la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei loro vettori, e il terrorismo. Questa nuova agenda della sicurezza è divenuta evidente all’inizio degli anni ’90 con i conflitti etnici nei Balcani, dove infine le forze della NATO sono state chiamate a svolgere un ruolo a sostegno della pace e di gestione delle crisi. Più recentemente, gli attacchi terroristici del settembre 2001 e le successive operazioni in Afghanistan per sradicare al Qaida, il gruppo terrorista responsabile degli attacchi, hanno portato a un crescente interesse per le minacce poste dal terrorismo, dagli stati in disfacimento e dal diffondersi delle armi di distruzione di massa. Le forze della NATO ora contribuiscono alla difesa contro il terrorismo e svolgono un ruolo più ampio nelle missioni internazionali a sostegno della pace, che impegnano la NATO al di fuori dell’area euroatlantica per la prima volta nella sua storia (corsivo mio, LL). Così, mentre le minacce che l’Alleanza ha oggi di fronte sono potenzialmente meno apocalittiche rispetto a quelle della Guerra Fredda, sono assolutamente reali, urgenti e spesso imprevedibili >> (15).

Gli USA, quindi, non solo pongono le basi per contrastare l’affermarsi di potenze rivali, nello spazio euro-asiatico ed asiatico, in grado di mettere in discussione la loro egemonia mondiale, ma guidano le trasformazioni della Nato all’interno delle loro strategie di dominio. Infatti, come fa notare Manlio Dinucci, << la nuova strategia viene ufficialmente enunciata, sei mesi dopo la fine della Guerra del Golfo, nella National Security Strategy of the United States (Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti), pubblicata dalla Casa Bianca nell’agosto 1991. […] il documento sottolinea che “in Medio Oriente e Asia Sud-Occidentale il nostro obiettivo è quello di rimanere la potenza esterna predominante e preservare l’accesso statunitense al petrolio della regione (da usare, così come le altre risorse energetiche fossili, come strumento nel conflitto strategico tra le potenze, mia precisazione LL). Resta di fondamentale importanza impedire che una potenza egemone o una coalizione di potenze domini la regione >>. Tale strategia sarà adattata in tutte le “regioni critiche per la sicurezza degli Stati Uniti, le quali comprendono l’Europa, l’Asia orientale, il Medio Oriente, l’Asia sud-occidentale e il territorio dell’ex Unione Sovietica. Abbiamo in gioco importanti interessi anche in America latina, Oceania e Africa subsahariana”. […] il nostro obiettivo primario è impedire il riemergere di un nuovo rivale, o sul territorio dell’ex Unione Sovietica o altrove, è impedire che qualsiasi potenza ostile domini una regione le cui risorse sarebbero sufficienti, se controllate strettamente, a generare una potenza globale”. Tale strategia deve essere attuata nei confronti non solo di “qualsiasi potenza ostile”, ma anche dei “paesi industriali avanzati, per dissuaderli dallo sfidare la nostra leadership o cercare di capovolgere l’ordine politico ed economico costituito. Infine, dobbiamo mantenere i meccanismi per scoraggiare i potenziali competitori anche a un maggiore ruolo regionale o globale”. […] E’ quindi della massima urgenza per gli Stati Uniti ridefinire non solo la strategia, ma il ruolo stesso della NATO. Sotto la crescente pressione esercitata da Washington, la Nato comincia a orientarsi a un nuovo ruolo subito dopo il “crollo del muro di Berlino”, prima ancora che il Patto di Varsavia e l’Unione Sovietica si dissolvano.I1 17 novembre 1991, i capi di stato e di governo dei sedici paesi della NATO, riuniti a Roma nel Consiglio Atlantico, varano il nuovo Concetto strategico dell’Alleanza >> (16).

Questa nuova strategia ha portato nel 2010 alla elaborazione del documento Nato sul “Concetto strategico per la difesa e la sicurezza dei membri dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico adottato dai capi di Stato e di governo a Lisbona” dove la Cina e la Russia non sono neanche nominate (17). Dal 1991 al 2010 la fase monocentrica statunitense ha prodotto le due guerre del Golfo, la dissoluzione della Federazione Jugoslava, l’espansione a Est e l’accerchiamento della Russia, la guerra globale al terrorismo (18). Manlio Dinucci sostiene che << La guerra contro la Jugoslavia costituisce allo stesso tempo l’atto fondante da cui nasce quella che il summit, convocato a Washington il 23-25 aprile 1999, definisce “una nuova Alleanza più grande, più flessibile, capace di intraprendere nuove missioni, incluse le operazioni di risposta alla crisi”. Da alleanza che, in base all’Articolo 5 del Trattato del 4 aprile 1949, impegna i paesi membri ad assistere anche a “condurre operazioni di risposta alle crisi non previste dall’Articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza” >> (19).

Dopo la disgregazione della Jugoslavia ad opera degli USA-Nato, il sistemico Sergio Romano afferma che << i primi a trarne le conseguenze furono gli ex satelliti dell’Unione Sovietica. Per creare una nuova economia, dopo il fallimento del sistema comunista, ricorsero all’Unione Europea, di cui divennero membri troppo frettolosi. Ma per garantire la loro sicurezza, decisero che la protezione americana sarebbe stata più efficace di quella fornita da un gruppo di Stati europei ancora sprovvisti di una politica militare comune. Il risultato fu l’allargamento della Nato sino alla vecchia Urss e, dopo l’ingresso delle repubbliche baltiche, entro i suoi confini. Non bastava: per gli Stati Uniti quella era soltanto una tappa verso un’organizzazione militare che avrebbe compreso l’Ucraina e la Georgia.

E’ questo il momento in cui Vladimir Putin diventa il restauratore del grande Stato russo e della sua area d’influenza. Ed è questo il momento in cui la Russia, a Washington, comincia a essere percepita come un potenziale nemico. Nel primo documento sulla sicurezza nazionale diffuso dalla Casa Bianca dopo la elezione di Donald Trump, è scritto: “Benchè la minaccia del comunismo sovietico non esista più, nuove minacce mettono alla prova la nostra volontà. La Russia sta usando misure sovversive per indebolire la credibilità dei nostri impegni europei, scardinare l’unità transatlantica, indebolire le istituzioni dei governi europei. Con le sue invasioni della Georgia e dell’Ucraina, la Russia ha dimostrato la sua intenzione di violare la sovranità degli Stati nella regione. La Russia continua a indebolire i suoi vicini con comportamenti minacciosi e la dislocazione avanzata di forze militari”.

Il passaggio dedicato alla Cina non è troppo diverso. Anche la politica cinese, agli occhi di Washington, appare troppa ambiziosa e, quindi, potenzialmente minacciosa. “La Cina e la Russia” è scritto nel documento sulla sicurezza “sfidano la potenza degli Stati Uniti, la loro influenza e i loro interessi, e si propongono di erodere la loro sicurezza e la loro prosperità”. Agli alleati l’America chiede di essere aiutata a fronteggiare i suoi nemici. “Ci aspettiamo che i nostri alleati europei, entro il 2024, aumentino le spese per la difesa sino al 2 per cento del loro Prodotto interno lordo. Sul fronte orientale della Nato continueremo a rafforzare la deterrenza e la difesa, a catalizzare gli alleati e i partner sulla linea del fronte affinchè siano in condizioni di meglio difendere se stessi. Lavoreremo con la Nato per migliorare le sue capacità missilistiche di difesa integrata contro le minacce missilistiche provenienti soprattutto dall’Iran” >> (20).

La fase monocentrica, 1991-2010, a coordinamento USA, si è conclusa con una illusione statunitense che ha evidenziato sia il suo consolidato declino (relativo) sia l’incapacità storica (21) di pensare ad un nuovo ordine mondiale (senza l’arroganza di essere la “sola nazione indispensabile al mondo”) con l’uso quasi esclusivo della forza militare (hard power) altro che il soft power, cioè, la capacità di sedurre e persuadere le altre nazioni senza dover ricorrere alla forza o alla minaccia, come sostenuto da J.S. Nye, considerato uno dei più eminenti pensatori liberali della politica estera statunitense (22). Gianfranco La Grassa sostiene che << Ciò che si sta verificando è, almeno a partire dal 2001, dopo l’attacco “islamista” contro le Torri Gemelle, un avanzamento del multipolarismo sulla scacchiera del potere internazionale. L’unipolarismo o monocentrismo americano, che in seguito all’implosione dell’URSS si autoreferenziava come secolare (New American Century), si è scontrato, nel giro di un decennio o poco più, con le sue velleità >> (23). Diana Johnstone ricorda che << Il buon senso è antico e semplice. Prima della rovina viene l’orgoglio e prima della caduta c’è l’arroganza. Questo è un insegnamento che quasi chiunque dovrebbe essere in grado di capire >> (24).

 

Il percorso della fase multicentrica

 

Riporto due brevi riflessioni tratte da due miei scritti (25) che inquadrano il percorso della fase multicentrica in cui il conflitto USA-Nato, scatenato in Libia e in Siria, ha accelerato la partnership strategica sempre più profonda tra Mosca e Pechino (ho usato le parole del servo Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato).

La prima riflessione riguarda lo smembramento della Libia. In esso

molti studiosi hanno visto i processi economici in particolare della Francia e del Regno Unito (interessi di imprese, risorse energetiche, finanziamenti occulti, eccetera) ma non hanno visto i processi strategici della potenza imperiale USA che impongono una fase del caos mirata ad un attacco deciso alla Russia (primavera araba, Siria, Ucraina, Iran, accordo Russia-Cina-Iran, eccetera) e alla Cina (ridimensionamento della politica di penetrazione e di espansione in Africa). Insomma un attacco duro e pericoloso per indebolire quelli che potrebbero essere i punti di forza delle nuove potenze che aspirano a competere con l’egemonia USA non solo a livello di specifiche aree geografiche ma soprattutto a livello mondiale.

La seconda riflessione concerne lo smembramento non riuscito della Siria.

La guerra in Siria, al contrario delle altre guerre nel Medio Oriente (Iraq), nei Balcani (ex Jugoslavia) e nel Nord Africa (Libia), può rappresentare il punto di svolta verso il consolidamento del polo di aggregazione intorno alla Russia e alla Cina [che già collaborano nella sfera economica (risorse energetiche, via della seta, trattati di area, accordi commerciali, eccetera)] capace di approntare una strategia tutta orientale che lancia un confronto tra nazioni eguali con una visione multicentrica del mondo e un nuovo rapporto tra Oriente e Occidente [senza dimenticare né l’influenza della sedimentazione storica del rapporto tra Russia ed Europa a partire dalla metà del XV secolo con lo zar Ivan III (1440-1505), né l’attrito storico tra Russia e Cina]. Non si tratta di un confronto basato sulla forza militare ma sul dialogo e sul confronto tra storie, culture, popoli diversi. Tale confronto non esclude affatto le questioni fondamentali quali i rapporti sociali basati sul potere e sul dominio che riguardano sia le logiche interne che esterne delle nazioni e delle relazioni con le nazioni divenute potenze mondiali [si pensi, per esempio, a quanta influenza ha l’egemonia USA nel decidere lo sviluppo e la politica delle nazioni europee e dell’Unione Europea (che è bene ricordarlo non è l’Europa delle nazioni, ma un luogo istituzionale sovranazionale nato da un progetto pensato, finanziato e guidato dagli Stati Uniti e gestito da sub-agenti dominanti)].

Gli USA devono bloccare con la forza militare la possibilità di formazione del polo Russia-Cina perché sanno che l’avverarsi di tale polo, unito alla loro incapacità di fermare il proprio declino egemonico e alla convinzione che l’unica strada percorribile sia quella della guerra (è attraverso la guerra che hanno sempre affermato l’autorità globale), non sarebbe altro che l’inizio della transizione egemonica con una diversa riorganizzazione sistemica. Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski, due importanti protagonisti delle strategie di dominio statunitensi, hanno sempre combattuto e temuto la formazione di un polo sia euroasiatico (Europa-Russia) sia asiatico (Russia-Cina) perché vedevano in esso una seria minaccia alla egemonia mondiale statunitense.

La guerra USA, al contrario di quello che pensava Niccolò Macchiavelli (ne Il Principe) che la intendeva come portatrice di benessere, è solo distruzione di popoli, di territori e di nazioni per contenere la Russia e distruggere sul nascere il polo di formazione asiatico intorno a Russia e Cina.

Il declino egemonico mondiale degli USA sta nella perdita della capacità di un modello sociale di benessere interno ed esterno; gli Stati Uniti basano la loro resistenza egemonica solo sulla forza militare aggressiva e distruttrice senza creazione, senza consenso e senza confronto.

La stessa storia si ripete oggi, in maniera diversa, con il recente attacco USA alla Siria, dopo sette anni di tentativi di smembramento di una nazione sovrana, con morti e sofferenze inenarrabili della popolazione, insieme agli alleati ufficiali europei (Francia e Regno Unito) interessati alla sfera economica, per contrastare l’egemonia dell’area della Russia e il consolidamento di una potenza regionale come l’Iran che minerebbe il ruolo di Israele come potenza regionale vassallo USA nella politica in Medio Oriente (senza dimenticare la questione storica, politica e territoriale della Turchia) (25 bis), area nevralgica del conflitto strategico mondiale.

La strategia USA-Nato, che ha portato all’approvazione del suddetto documento Nato sul “Concetto strategico per la difesa e la sicurezza dei membri dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico adottato dai capi di Stato e di governo a Lisbona” nel 2010, ha tracciato delle linee generali della solita bassa retorica statunitense senza mai delineare e nominare le potenze emergenti in grado di mettere in discussione la loro egemonia mantenendosi, per dirla nel linguaggio della menzogna sistematica, su concetti come il ruolo della difesa collettiva ex art. 5 del Trattato, la gestione delle crisi su scala regionale e internazionale, il ruolo della sicurezza cooperativa mediante partnership con altre organizzazioni internazionali e Stati terzi che aderiscono ai criteri di pace e sicurezza collettiva dell’Alleanza. Voglio dire che occorre un nuovo svelamento della pratica reale della Nato come braccio armato degli USA [la forma del Trattato è un vincolo che esplicita la forma di dominio statunitense (26)] per il conflitto tra potenze per l’egemonia mondiale che nulla ha a che fare né con i suoi Trattati ufficiali né con i suoi diversi concetti strategici elaborati su una realtà sempre in continua trasformazione. I concetti strategici elaborati dagli USA-Nato non sono altro che codifiche, teoriche e pratiche, di eventi che già accadono da lungo tempo, la cui narrazione è orwelliana. Dal 2010 ad oggi i fatti accaduti hanno trasformato le relazioni internazionali (fase monocentrica, fase multicentrica) e la elaborazione del nuovo concetto strategico, uscito dal vertice Nato di Madrid (giugno 2022), non è altro che una codifica ideologica dei nuovi cambiamenti geostrategici della Cina e della Russia nello scenario mondiale.

 

Il percorso della fase multicentrica è tracciato. La Nato diventa lo strumento di conflitto contro le potenze emergenti (guerra economica alle vie dell’energia russa e alle vie della Seta cinese, la militarizzazione dell’Est, del Medio Oriente e dell’Asia centrale per l’accerchiamento della Russia, la militarizzazione dell’Oceano indiano e dell’area dell’Asia-Pacifico per l’accerchiamento della Cina.).

 

La strada della fase multicentrica

 

E’ evidente che attorno ai Centri dei Paesi potenza di Cina e Russia si stanno organizzando aggregazioni di altri Paesi, con la istituzione di associazioni, trattati, organizzazione di cooperazione, accordi, eccetera, con la ricerca di una propria moneta che rifletta il progetto, la visione di un mondo multicentrico, con il coinvolgimento dei Paesi con i relativi sviluppi territoriali, che configureranno un vero polo asiatico coordinato di grandi e piccole aree (l’Oriente) in grado di mettere in discussione l’attuale Centro del Paese potenza degli USA che configurerà il polo euroatlantico coordinato anch’esso in grandi e piccole aree (l’Occidente). Qui Occidente e Oriente sono intesi non nella logica pseudoscientifica alla Samuel P. Huntington dello scontro di civiltà (Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, 2000), ma nella logica dell’incontro, come è sempre stato nella storia, tra diverse culture, tradizioni, popoli, territori, rapporti sociali che si incontrano, si scambiano, si arricchiscono nella loro esperienza di vita. Parlo di popoli, con le loro articolazioni sociali con i loro valori di ricchezza umana, non di elitès più o meno illuminate.

Riprendendo la Trappola di Tucidide e capovolgendo la contrapposizione Sparta-Atene proposta all’interno del “the Classicizing of the America Mind” (Usa=Atene e Sparta=Urss) posso dire che gli USA sono Sparta, una potenza conservatrice incline allo status quo, all’immobilismo che non si sforza di ideare vie nuove; Cina e Russia sono Atene che sconvolge l’ordine esistente, è veloce nell’ideare vie nuove, è veloce nel realizzare ciò che ha deciso (27).

Con la configurazione del nascente polo asiatico, coordinato da Russia e Cina, gli USA-Nato avviano in maniera determinata un attacco alla Cina (via virus Sars Cov 2) e alla Russia (via Ucraina) (28).

La Nato << Alla riunione dei capi di Stato e di governo dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) tenutasi a Londra nel dicembre 2019, i leader dell’Alleanza hanno chiesto al Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg di intraprendere un processo di riflessione lungimirante per valutare le modalità per rafforzare la dimensione politica della NATO Alleanza. A tal fine, nell’aprile 2020, il Segretario generale Stoltenberg ha nominato un gruppo di riflessione indipendente co-presieduto da Thomas de Maizière e A. Wess Mitchell e composto da John Bew, Greta Bossenmaier, Anja Dalgaard-Nielsen, Marta Dassù, Anna Fotyga, Tacan Ildem , Hubert Védrine e Herna Verhagen […] Questo documento è il rapporto finale del Gruppo di Riflessione al Segretario Generale. La prima parte riassume il rapporto, delinea la visione del Gruppo per la NATO nel 2030 e fornisce una versione sintetica dei principali risultati del Gruppo. La seconda parte valuta le principali tendenze che daranno forma all’ambiente della NATO da qui al 2030. La terza parte fornisce una discussione più dettagliata delle raccomandazioni, organizzate tematicamente secondo ciascuno dei tre obiettivi forniti al Gruppo dal Segretario Generale. L’analisi e le raccomandazioni qui offerte hanno lo scopo di informare le deliberazioni del Segretario generale in vista della riunione dei leader della NATO nel 2021, quando concluderà il processo di riflessione offrendo raccomandazioni per rafforzare la politica >> (29). Il citato Rapporto raccomanda tutta una serie di interventi e mette in evidenza per la prima volta le preoccupazioni che derivano dalla Cina e dalla Russia come << Il crescente potere e assertività della Cina è l’altro grande sviluppo geopolitico che sta cambiando il calcolo strategico dell’Alleanza. Al loro incontro a Londra nel dicembre 2019, i leader della NATO hanno affermato che la crescente influenza della Cina e le politiche internazionali presentano sia opportunità che sfide che devono essere affrontate come un’Alleanza. La Cina pone un tipo di sfida molto diverso alla NATO rispetto alla Russia; a differenza di quest’ultima non rappresenta, allo stato attuale, una minaccia militare diretta all’area euro-atlantica (corsivo mio, LL). Tuttavia, la Cina ha un’agenda strategica sempre più globale, supportata dal suo peso economico e militare. Ha dimostrato la sua volontà di usare la forza contro i suoi vicini, così come la coercizione economica e la diplomazia intimidatoria ben oltre la regione indo-pacifica. Nel prossimo decennio, la Cina probabilmente sfiderà anche la capacità della NATO di costruire la resilienza collettiva, salvaguardare le infrastrutture critiche, affrontare le tecnologie nuove ed emergenti come il 5G e proteggere i settori sensibili dell’economia, comprese le catene di approvvigionamento. A lungo termine, è sempre più probabile che la Cina proietti potenza militare a livello globale, anche potenzialmente nell’area euro-atlantica >>. In particolare sulla Russia evidenziano che << Dopo la fine della Guerra Fredda, la NATO ha tentato di costruire un partenariato significativo con la Russia, basato sul dialogo e sulla cooperazione pratica in aree di interesse comune. Ma l’aggressione della Russia contro la Georgia e l’Ucraina, seguita dai continui potenziamenti militari e dall’attività assertiva nelle regioni del Baltico e del Mar Nero, nel Mediterraneo orientale, nel Baltico e nell’estremo nord, hanno portato a un forte deterioramento delle relazioni e ha avuto un impatto negativo sulla sicurezza dell’area euro-atlantica. La Russia si impegna regolarmente in operazioni militari intimidatorie nelle immediate vicinanze della NATO e ha migliorato la sua portata e le sue capacità per minacciare lo spazio aereo e la libertà di navigazione nell’Atlantico. Ha violato una serie di importanti impegni internazionali e ha sviluppato una serie di capacità convenzionali e non convenzionali che minacciano sia la sicurezza dei singoli alleati della NATO che la stabilità e la coesione dell’Alleanza nel suo insieme. La Russia ha ampiamente dimostrato la sua capacità e volontà di usare la forza militare e continua a tentare di sfruttare le fessure tra gli alleati e all’interno delle società della NATO. Ha anche impiegato armi chimiche sul suolo alleato, costando vite civili >> e raccomandano, nell’ambiguità, una grande fermezza e determinazione nel << continuare a rispondere alle minacce e alle azioni ostili russe in un’ottica politicamente unita, modo determinato e coerente, senza un ritorno al “business as usual”, salvo alterazioni del comportamento aggressivo della Russia e il suo ritorno al pieno rispetto del diritto internazionale. L’unità della NATO sulla Russia è il simbolo più profondo della coesione politica che è alla base di un’efficace deterrenza, la dimostrazione più chiara che, quando minacciata, risponde con chiarezza e forza >>. Mentre sulla Cina mettono in risalto il ruolo delle << […] infrastrutture in tutta Europa con un potenziale impatto sulle comunicazioni e sull’interoperabilità. Un certo numero di alleati ha attribuito attacchi informatici ad attori con sede in Cina, identificato furti di proprietà intellettuale con implicazioni per la difesa e sono stati oggetto di campagne di disinformazione originarie della Cina, soprattutto nel periodo dall’inizio della pandemia di COVID-19.

La portata del potere cinese e la portata globale pongono sfide acute alle società aperte e democratiche, in particolare a causa della traiettoria di quel paese verso un maggiore autoritarismo e un’espansione delle sue ambizioni territoriali. Per la maggior parte degli alleati, la Cina è sia un concorrente economico che un importante partner commerciale. La Cina è quindi meglio intesa come un rivale sistemico a tutto spettro, piuttosto che un attore puramente economico o un attore di sicurezza incentrato esclusivamente sull’Asia. Sebbene la Cina non rappresenti una minaccia militare immediata per l’area euro-atlantica sulla scala della Russia (corsivo mio, LL), sta espandendo la sua portata militare nell’Atlantico, nel Mediterraneo e nell’Artico, approfondendo i legami di difesa con la Russia (corsivo mio, LL) e sviluppando missili e aerei a lungo raggio, portaerei e sottomarini da attacco nucleare con portata globale, ampie capacità spaziali e un arsenale nucleare più ampio. Gli alleati della NATO sentono sempre di più l’influenza della Cina in ogni campo. La sua Belt and Road, Polar Silk Road e Cyber Silk Road si sono estese rapidamente e sta acquisendo infrastrutture in tutta Europa con un potenziale impatto sulle comunicazioni e sull’interoperabilità. Un certo numero di alleati ha attribuito attacchi informatici ad attori con sede in Cina, identificato furti di proprietà intellettuale con implicazioni per la difesa e sono stati oggetto di campagne di disinformazione originarie della Cina, soprattutto nel periodo dall’inizio della pandemia di COVID-19. Le politiche dichiarate dalla Cina includono l’ambizione di diventare un leader mondiale nell’intelligenza artificiale entro il 2030 ed entro il 2049 di essere la principale superpotenza tecnologica globale del mondo >> e suggeriscono che << La NATO dovrebbe rafforzare la sua capacità di coordinare la strategia e salvaguardare la sicurezza degli Alleati nei confronti della Cina. C’è un bisogno fondamentale di aumentare il coordinamento politico degli alleati presso la NATO (corsivo mio, LL) su questioni in cui l’approccio della Cina è contrario ai loro interessi di sicurezza. L’Alleanza dovrebbe continuare i suoi sforzi in corso per infondere la sfida alla Cina nelle strutture e nei comitati esistenti, compresi quelli cyber, ibrido, EDT, spazio, controllo degli armamenti e non proliferazione. L’Alleanza dovrebbe prendere in considerazione l’istituzione di un organo consultivo, a sostegno degli sforzi esistenti, per riunire gli alleati della NATO e altre istituzioni e partner se del caso, per scambiare informazioni, condividere esperienze e discutere tutti gli aspetti degli interessi di sicurezza degli alleati nei confronti della Cina. Se gli alleati sono minacciati dalla Cina, la NATO deve essere in grado di dimostrare la sua capacità di essere un attore efficace per fornire protezione >> (30). Infine mi interessa sottolineare nel suddetto Rapporto, tra le tante questioni che oscillano dalle tecnologie emergenti e dirompenti alle strutture politica, personale e risorse, la questione delle partnership (con le relative raccomandazioni) che riguardano le aree geografiche che da tempo sono oggetto di costruzioni di organizzazioni sul modello Nato. Esse, coordinate dal Pentagono (le forze armate nelle fasi multicentriche assumono un peso particolare all’interno degli agenti strategici egemonici) (31), riguardano le aree strategiche (Nord-Est Europa, Medio Oriente, Sud, Indo-Pacifico e Asiatica) di accerchiamento e di contrasto all’allargamento delle zone di influenza del nascente polo asiatico avendo come coordinamento la Cina e la Russia (32). Sono le organizzazioni modello Nato che gli USA stanno costruendo contro il polo asiatico. D’altronde il servo Jens Stoltenberg (per dirla con Giorgio Gaber, una faccia compiaciuta, vanitosa, che si auto incensa come una vecchia baldracca) non ha dichiarato che il nuovo concetto strategico della NATO è il progetto per l’Alleanza in un mondo più pericoloso e competitivo? Egli dimentica (per un processo di falsa coscienza necessaria) che gli USA e il loro strumento NATO sono i pericoli dell’uso nefasto del dominio per l’intera umanità e per questo vanno fermati.

Gli enunciati del nuovo concetto strategico, approvato al summit di Madrid del 28-30 giugno scorso, ricalcano quanto espresso nel surriportato Rapporto Nato 2030 del dicembre 2021 dove vengono delineate le strategie USA-NATO sia per l’egemonia monocentrica del mondo sia per contrastare il nascente polo asiatico ad egemonia cinese e russa.

Gli USA-NATO adoperano, per bloccare la temuta alleanza tra la Cina e la Russia, una strategia tesa a indebolire la Russia vista come una minaccia militare diretta all’area euro-atlantica; nei confronti della Cina hanno una tattica di breve-medio periodo di apertura guardinga e una strategia di medio-lungo periodo di conflitto perché la ritengono il motore del nascente polo asiatico. Una sorta di rozza applicazione del divide et impera che nulla ha a che fare con la raffinatezza spregiudicata di un Henry Kissinger nel periodo delle relazioni USA-Cina alla fine degli anni Sessanta e inizio degli anni Settanta del Novecento.

 

La strada della fase multicentrica entra nel vivo della costruzione.

La Nato è ricalibrata come strumento del conflitto contro il nascente polo asiatico. Il suo modello viene riproposto sia nel Mediterraneo (il Dialogo mediterraneo, DM), sia nel Medio Oriente (con gli accordi di Abramo), sia nel Pacifico (patto Aukus, l’alleanza Quad), sia in Africa (DM, Operazione “Active Endeavor”, Standing Maritime Group One), sia in America latina, sia nel circolo polare Artico dove gli USA, oltre la questione delle risorse naturali, temono, soprattutto, le nuove vie dell’Artico verso l’Atlantico che possono far saltare le loro strategie (prioritariamente militari e logistiche) nel Pacifico innervando sempre di più il coordinamento tra la Russia e la Cina.

 

Con lo scontro tra potenze per il dominio mondiale (monocentrico, multicentrico, policentrico), dove per la prima volta nella storia l’Europa sarà solo un campo di battaglia, si pone una prima domanda nel momento in cui bisogna andare oltre la trasformazione dentro il capitale (inteso come rapporto sociale) che le diverse fasi della storia mondiale impongono nelle loro peculiari configurazioni di potenze (la Cina non è la Russia e la Russia non sono gli Stati Uniti d’America). Cioè pensare una rivoluzione fuori il capitale. E qui si pone una seconda domanda: chi deve farla? Quali soggetti? Quali forze nuove?

Dico, per incapacità di sognare una blochiana speranza, che occorrono nuovi agenti strategici in un mondo in forte movimento per il trapasso di epoca così come sosteneva Niccolò Macchiavelli, nella Mandragola la più bella commedia italiana scritta tra il 1513 e i primi mesi del 1514, :<< […] L’espressività di Nicia, il suo sputare motti popolari a raffica diventano emblematici di un attaccamento ottuso a una fiorentinità senza prospettive, in un’epoca in cui […] la crisi politica e morale che stringe Firenze e l’Italia richiederebbe uomini nuovi, lungimiranti, tutt’altro che intenti a tenere lo sguardo fisso all’ombra del proprio campanile >> (33).

 

 

Le citazioni riportate in epigrafe sono tratte da:

 

  • Robert D. Kaplan, How We Would Fight China, “The Atlantic Monthly”, giugno 2005, pag. 64, citato in Giovanni Arrighi, Adam Smith a Pechino. Genealogie del ventunesimo secolo, Feltrinelli, Milano, 2008, pag.320.
  • Samir Amin, Fermare la Nato. Guerra nei Balcani e globalizzazione, Edizioni Punto Rosso, Milano, 1999, pag.34.
  • Perry Andersen, Consilium, “The New Left Review”, n.83, pag. 160 citato in Marco D’Eramo, L’eterno ritorno del declino americano, “MicroMega”, n.1/2022, pag. 6.

 

 

NOTE

 

1.Sull’uso della timeline nelle pratiche del discorso si rimanda a Daniela Brogi, Lo spazio delle donne, Einaudi, Torino, 2022, pp. 56-68.

2.Gianfranco La Grassa, Dal marxismo al conflitto strategico. Note per una revisione teorica, Undici Edizioni, Crescentino (VC), 2022.

3.Manlio Dinucci, La guerra. E’ in gioco la nostra vita, Byoblu Edizioni, Milano, 2022, pp. 7-53.

4.Cesare Luporini, Leopardi progressivo, Editori Riuniti, Roma, 1993, pp.107-123; si veda Gunthers Anders, L’uomo è antiquato. Considerazioni sull’anima nell’epoca della seconda rivoluzione industriale, Bollati Boringhieri, Torino, 2003.

  1. 5. Sul significato dei valori territoriali si rimanda a David Harvey, Marx e la follia del capitale, Feltrinelli, Milano, 2018, pp.131-172.

6.Luigi Longo, Il progetto dell’Unione Europea è finito, la Nato è lo strumento degli USA nel conflitto strategico della fase multicentrica, www.italiaeilmondo.com, 26/11/2018.

7.Samir Amin, Il sistema mondiale del secondo novecento. Un itinerario intellettuale, Edizioni Punto Rosso, Milano, 1997, pp. 27-54; Pasquale Paone, Comunità internazionale in Lelio Basso, a cura di, Scienze politiche 2 (relazioni internazionali), Enciclopedia Feltrinelli Fischer, Milano, 1973, pp. 88-101; Franco Soglian, Guerra fredda e distensione in Lelio Basso, a cura di, Scienze…, op.cit., pp. 242-254; Scipione Guarracino, Storia degli ultimi sessant’anni. Dalla guerra mondiale al conflitto globale, B. Mondadori, Milano, 2004, pp.16-45.

8.Nato, Una Nato trasformata, www.nato.int/nato_static/assets/pdf/pdf/_publications/20120116_nato-trans-it.pdf, 2004, pp.3 e 14.

  1. 9. Mahdi Darius Nazemroaya, La globalizzazione della Nato. Guerre imperialiste e colonizzazioni armate, Arianna Editrice, Bologna, 2014, pag.19.
  2. 10. Arnaud Leclercq, La Russie puissance d’Eurasie. Histoire geopolitique des origines à Poutine, Ellipses Editions, Paris, 2012, pag. 174, citato in Guy Mettan, Mille anni di diffidenza, Sandro Teti Editore, Roma, 2016, pag. 280.
  3. 11. Nato, Una Nato trasformata, op.cit., pag.12

12.Gyorgy Lukacs, La distruzione della ragione, Einaudi editore, Torino, 1959, pp.772-773.

13.Luigi Longo, L’Europa tra le vie della Nato, le vie della seta e le vie dell’energia, prima parte, www.italiaeilmondo.com, 19/11/2019; si legga Guy Mettan, Russofobia, op.cit., pp. 272-312.

14.La trasformazione e l’allargamento delle competenze della Nato hanno trovato la formalità (in parte) nel summit di Madrid di fine Giugno 2022. Esso è stato preceduto dal documento “Nato 2030.Uniti per una nuova era” che indica le raccomandazioni in tre aree di intervento: 1) Rafforzare l’unità, la solidarietà e la coesione alleate, anche per cementare la centralità del legame transatlantico; 2) Aumentare la consultazione politica e il coordinamento tra gli Alleati nella NATO; 3) Rafforzare il ruolo politico della NATO e gli strumenti pertinenti per affrontare le minacce attuali e future e sfide alla sicurezza dell’Alleanza provenienti da tutte le direzioni strategiche. E’ importante sottolineare le raccomandazioni per rafforzare la partnership nel Nord e nell’Est, la partnership al Sud, la partnership indo-pacifiche e asiatiche nella logica del contenimento del blocco asiatico coordinato da Cina e Russia, la lotta al terrorismo internazionale e ai cyber attacks, i nuovi strumenti per il coordinamento politico e per la maggiore decisionalità, incisività e accorciamento della filiera di comando, la capacità di gestione della pandemie e dei cambiamenti climatici, lo sviluppo delle nuove tecnologie Emerging and Disruptive Tecnologies (EDT), vale a dire l’insieme di tecnologie e conoscenze legate all’intelligenza artificiale e al cyberspace), un maggior coordinamento tra la Nato e l’UE, la difesa comune della UE all’interno delle strategie Nato, cfr,https://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/2020/12/pdf/201201,-Reflection-Group-Final-Report-Uni.pdf

15.Nato, Una Nato trasformata, op. cit., pag. 12.

16.Manlio Dinucci, op. cit., pp. 65-68.

17.Il documento sulla strategia 2010 è reperibile sul sito https://www.nato.int/cps/en/natohq/official_texts_68580.htm alla voce Pubblicazioni della Nato. Per una sintesi dei documenti strategici della Nato dal 1949 al 2022 si rimanda al sito della Nato (www.nato.int/cps/en/natohq/topics_56626.html).

18.Si rimanda alle seguenti letture; Manlio Dinucci, op. cit., Mahdi Darius Nazemroaya, op.cit., AaVv, Escalation. Anatomia della guerra infinita, Derive Approdi, Roma, 2005, Gianfranco La Grassa, Considerazioni del dopoguerra. Insegnamenti dell’aggressione USA (e NATO) alla Jugoslavia, Editrice C.R.T., Pistoia, 1999, Costanzo Preve, Il bombardamento etico. Saggio sull’interventismo Umanitario, sull’Embargo Terapeutico e sulla Menzogna Evidente, Editrice C.R.T., Pistoia, 2000; Guy Mettan, op. cit., Samir Amin, op. cit., Diana Johnstone, Hillary Clinton. Regina del caos, Zambon editore, Francoforte sul Meno, 2016.

19.Manlio Dinucci, op. cit., pag. 75; Mahdi Darius Nazemroaya sostiene che << L’impegno militare della Nato al di fuori del proprio territorio di competenza non è partito con la Jugoslavia, dove divenne solamente di pubblico dominio. In pochi sono pienamente a conoscenza del fatto che l’Alleanza atlantica era stata ufficiosamente coinvolta nella Guerra del golfo nel 1991 e che la guerra in Iraq fosse un’operazione Nato né più né meno di quella contro la Jugoslavia. Mentre nel corso degli anni Novanta in Italia e nel resto d’Europa si diffondevano le notizie sugli apparati staybehind, dall’altra parte dell’Atlantico il presidente George H.W. Bush senior manteneva un silenzio inquietante su quanto veniva allo scoperto su questi gruppi, inquadrati dalla NATO e diretti dagli USA >> in Mahdi Darius Nazemroaya, op. cit., pag.98.

20.Sergio Romano, Atlante delle crisi mondiali. Dalla guerra fredda ai conflitti moderni: conoscere il passato per capire il presente, BUR Rizzoli, Milano, 2019, pp. 258-259.

21.Su questo rimando ai lavori di Raimondo Luraghi che è stato uno dei massimi esperti della storia statunitense. Indico, uno su tutti, Raimondo Luraghi, Storia della guerra civile americana, BUR Rizzoli, Milano, 2009.

22.Citato in Guy Mettan, op. cit., pp.291-293.

23.Gianfranco La Grassa, Gianni Petrosillo, Per una forza nuova, Edizioni Solfanelli, Chieti, 2021, pag. 118, si legga l’intero capitolo IV, pp. 117-149.

24.Diana Johnstone, op. cit., pag 247.

25.Luigi Longo, Le ragioni della disintegrazione della Libia da parte degli USA e Che ci fa l’Isis in Libia? Perché non lo chiediamo agli USA, www.italiaeilmondo.com, 22/3/2021; Luigi Longo, La Siria punto di svolta della fase multicentrica, www.italiaeilmondo.com, 15/4/2018.

25.bis La Turchia sta ri-costruendo, con la sua peculiare configurazione territoriale e geografica tra Occidente e Oriente, un ruolo da protagonista nell’area Mediterranea, nel Medio Oriente, nelle rinnovate relazioni con gli Stati Uniti, nella NATO (si veda l’infame accordo sottoscritto tra Turchia-Svezia-Finlandia). Cfr Andrew Korybko, L’espansione della Nato nel Nord è davvero una grande sconfitta per la Russia?, (a fine scritto è riportato il Trilaterale tra Turchia-Svezia-Finlandia), www.italiaeilmondo.com, 3/7/2022; Luigi Tedeschi, Finlandia e Svezia nella Nato: l’atlantismo armato e la russofobia ideologica avanzano, www.ariannaeditrice.it, 16/4/2022; Andrea Virga, Il nono (9°) tradimento dei Curdi da parte delle potenze occidentali, www.ariannaeditrice.it, 2/7/2022.

  1. 26. Sul concetto di vincolo che esplicita la forma di dominio e non un libero rapporto nel Trattato NATO rimando a Petr I. Stucka, La funzione rivoluzionaria del diritto e dello stato, Einaudi, Torino, 1967, capitolo VIII, pp.128-137. Petr I. Stucka è stato uno dei protagonisti della rivoluzione d’Ottobre del 1917 nonché uno degli esponenti più autorevoli della scienza giuridica sovietica.
  2. 27. Eva Cantarella, Sparta e Atene. Autoritarismo e democrazia, Einaudi, Torino, 2021, pp. 165-184; Graham Allison, Destinati alla guerra. Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide?, Fazi editore, Roma, 2018, pag. 90 e 74; Sull’ascesa della potenza di Atene si rimanda a Tucidide, La guerra del Peloponneso, Mondadori, Milano, 1976, volume primo, Libro I, pp.3-97.

28.Luigi Longo, L’Europa tra le vie della Nato, le vie della seta, le vie dell’energia, seconda parte, www.italiaeilmondo.com, 17/3/2022.

29.Nato, “Nato 2030.Uniti per una nuova era”, op.cit., pag 3.

  1. Nato, “Nato 2030.Uniti per una nuova era”, op.cit., pp. 17-25-27-58-59-60.

31.Manlio Dinucci, L’Occidente serra i ranghi per la battaglia, www.voltairenet.org, 4/7/2022.

32.Redazione Ansa, G7, Biden il piano contro la Via della Seta cinese:

“Investiremo 600 mld in infrastrutture del 26/6/2022.

33.Niccolò Macchiavelli, Mandragola, Oscar Mondadori, Milano, 2006, pag.25.

 

 

JUS SCHOLAE E ITALIANI DA FARE, di Teodoro Klitsche de la Grange

JUS SCHOLAE E ITALIANI DA FARE

Qualche sera fa in televisione era invitato un parlamentare PD il quale strenuamente difendeva il d.d.l. sullo jus scholae ripetendo che i giovani cui sarebbe stato applicato (ove approvato) erano “italiani” ed avevano “diritto” alla cittadinanza.

È facile obiettare che un tale modo di ragionare ha il (doppio) difetto di dare per scontata e pacifica l’italianità (cioè il “presupposto di fatto” per la concessione della cittadinanza) ossia la cosa da provare, a realizzare la quale può concorrere (anche) la frequentazione scolastica; dall’altra che il tutto sarebbe un “diritto”. Ma se è un diritto (positivo) è inutile battersi per riconoscerlo; se invece è – com’è – una pretesa, occorre valutare se tale pretesa – promossa a diritto – sia legittima ed opportuna. Che è poi l’oggetto del dibattito nell’opinione pubblica e in Parlamento. Di fronte a tali argomentazioni strabiche e filiformi, la risposta acconcia è quella di Salvini: con tanti problemi che abbiamo dalla guerra al COVID, dalle macro-bollette alla crisi energetica e all’inflazione, è proprio così pressante e decisivo il riconoscimento di cittadinanza?

Ma invece di dare la consueta risposta dietrologica: che è importante per il PD il quale spera di trovare nei riconosciuti italiani un serbatoio elettorale sostitutivo di quello in gran parte perso (nonché una bandiera da sventolare), vediamo come sia stato considerato il problema da oltre due millenni fa.

Scrive Aristotele nella Politica esaminando le cause dei rivolgimenti politici e quindi (anche) dei cambiamenti costituzionali “Anche la differenza di razze è elemento di ribellione finché non si raggiunga concordia di spiriti, perché, come non si forma uno stato da una massa qualunque di uomini, così nemmeno in un qualunque momento del tempo. Per ciò (coloro che) hanno accolto uomini d’altra razza sia come compagni di colonizzazione sia come concittadini dopo la colonizzazione, la maggior parte sono caduti in preda alle fazioni” (1303b) e prosegue, per dimostrarlo, con un lungo elenco di “inclusioni” finite in guerre civili.

Anche i romani che della concessione della cittadinanza (a singoli o a collettività) fecero un efficace sistema d’integrazione, questa era normalmente uno dei benefici per i veterani non cittadini che avevano militato per 25 anni nell’esercito. Né i tempi erano granché solleciti: a parte l’editto di Caracalla (dopo oltre due secoli dalla costituzione dell’impero), la cittadinanza latina (e non romana) fu concessa a tutta la Spagna all’epoca dei Flavi (anche qua, oltre due secoli dalla conquista) e mentre la Spagna dava alla letteratura latina alcuni dei più suoi grandi scrittori. Ma a differenza dei politici italiani i romani non misuravano benefici del genere con i tempi delle campagne elettorali. Anche la storia successiva prova che, per fare una nazione da più etnie, occorrono secoli.

Renan sosteneva che una “nazione è un’anima, un principio spirituale”, e soprattutto due cose la costituiscono: il comune possesso di ricordi nel passato  e il consenso nel presente “Un passato eroico, grandi uomini e gloria (mi riferisco a quella vera), ecco il capitale sociale su cui poggia un’idea nazionale. Avere glorie comuni nel passato e una volontà comune nel presente: aver compiuto grandi cose insieme e volerne fare altre ancora; ecco le condizioni essenziali per essere un popolo”.  Ma qua di comune passato non se ne parla affatto, perché non c’è; l’altro è assai dubbio che esista (nel presente).

Quel che succede nella banlieu francesi o nei quartieri islamici belgi non lascia granché da sperare. Ma soprattutto appare un misto di furberia burocratica e utopia interessata credere che per fare un italiano basti farlo nascere nel Bel Paese ed assolvere l’obbligo scolastico. Era un compito che – per gli italiani, quindi assai facilitati rispetto agli immigrati – già toglieva il sonno ai governanti del Risorgimento consapevoli della necessità di fare gli italiani; e invece i nostri dem hanno trovato una soluzione così semplice e a portata di mano: un esame e passa la paura. Per una questione che, da Aristotele in poi, ha preoccupato statisti e pensatori, abituati a ragionare sulla realtà e sui precedenti storici (e giuridici). Se D’Azeglio lo avesse saputo…

Teodoro Klitsche de la Grange

BISCOTTI E MISSILI: IN UCRAINA IL TRIANGOLO WASHINGTON-EUROPA-RUSSIA, di Hajnalka Vincze

Al termine del confronto bipolare, l’ottimo diplomatico americano allora ambasciatore a Mosca, Robert S. Strauss, segnalava a Washington: “L’evento più rivoluzionario dell’anno 1991 per la Russia non è stato il crollo del comunismo, ma la perdita dell’Ucraina” . A trent’anni di distanza, il destino di questo Paese fratello-nemico resta, per Mosca, uno dei punti più delicati. Attraverso la NATO/America, è quindi a Kiev che si svolgono gran parte delle relazioni tra Europa e Russia. Washington sa perfettamente che, mantenendo la pressione su questo centro nevralgico, mantiene il suo posto di padrone del gioco nella sicurezza europea.

Vittoria in manovra

Nel dicembre 2013, durante le manifestazioni contro il presidente ucraino che si era rifiutato di firmare l’accordo di associazione con l’UE, il vicesegretario di Stato americano per gli affari europei è sceso in modo spettacolare nell’arena. Victoria Nuland si è unita a Independence Square con un grande sacchetto di plastica in mano, da dove ha distribuito i biscotti ai manifestanti. Lo stesso Nuland aveva spiegato al Senato degli Stati Uniti, appena un mese prima, come Washington stesse facendo pressioni sugli europei affinché offrissero questo accordo a kyiv, un accordo redatto in modo tale da poter essere visto solo come una provocazione al Cremlino. Poche settimane dopo, l’audio della conversazione telefonica tra Victoria Nuland e l’ambasciatore americano a Kiev è trapelato alla stampa; li sentiamo orchestrare la composizione del futuro governo ucraino. Fu in questo scambio che il vicesegretario di Stato pronunciò l’ormai famosa frase“Al diavolo l’Ue” , diceva in un linguaggio molto più colloquiale.

Allo stesso tempo, questo ex ambasciatore degli Stati Uniti presso la NATO ha affermato, durante una conferenza d’affari, che Washington aveva investito 5 miliardi di dollari in Ucraina per promuovere “istituzioni democratiche e altri obiettivi”. Ora sottosegretario n. 3 del Dipartimento di Stato per gli affari politici, ha detto al Financial Times che l’America ha non meno di 18 scenari nella manica se gli Stati Uniti dovessero invadere l’Ucraina attraverso Mosca. È anche lei ad affermare che il gasdotto Nord Stream 2 appena ultimato, tra Germania e Russia, verrà bloccato se necessario, anticipando allegramente qualsiasi annuncio ufficiale da parte tedesca. Incoraggia anche l’intensificazione delle consegne di armi “difensive letali”., compresi i missili antiaerei e anticarro, a Kiev, dicendo di voler rendere “una lotta molto sanguinosa” per la Russia.

Continuità americane

Capo di stato maggiore del Dipartimento di Stato sotto l’amministrazione Clinton, consigliere del vicepresidente Cheney sotto George W. Bush, Victoria Nuland incarna perfettamente il consenso bipartisan ampiamente predominante che regna su questi argomenti a Washington. Come si spiega questa coerenza quando, a 30 anni dalla fine della Guerra Fredda, la principale preoccupazione per gli Stati Uniti non è più la Russia – relegata nei documenti ufficiali allo stato di “disturber” – ma la Cina? E che, nella sua strategia di difesa nazionale, l’America non aspira nemmeno più a poter combattere due grandi guerre contemporaneamente?

In realtà, è proprio pensando alla Cina che Washington sta lavorando ancora di più per mantenere le posizioni acquisite in Europa. Perché la cosa principale, per l’America, è la sua politica di contenimento di Pechino, e la leva europea è fondamentale per raggiungere questo obiettivo. Tuttavia, senza lo spettro del pericolo russo, c’è il rischio che i suoi alleati europei gli sfuggano. D’altra parte, se la minaccia russa è forte, gli europei si schierano dietro agli Stati Uniti. In primo luogo, gli alleati orientali si precipitano sotto la loro ala protettiva, anche se ciò significa mettere, come ha detto il presidente Valéry Giscard d’Estaing,  “la fedeltà atlantista al di sopra dell’attaccamento al sistema europeo”. In secondo luogo, in un clima di animosità, essendo i legami di cooperazione gravemente ostacolati, Parigi e Berlino si trovano politicamente (ed economicamente) tagliate fuori dalla Russia. Divisi tra loro, isolati dalla Russia, gli europei sono quindi – fintanto che la questione russa resta in cima al conto – lontani anni luce dalle loro recenti ambizioni di autonomia.

L’eccellente specialista in politica estera e di sicurezza russa, Jean-Christophe Romer, parla giustamente dell’interesse degli Stati Uniti a “impedire una vera unificazione dell’Europa da Brest a Vladivostok – dove l’Ucraina avrebbe potuto fungere da ponte – e quindi un forte riavvicinamento tra l’UE e la Russia. Questa unificazione costituirebbe una competizione inaccettabile per Washington..[1] Tanto più che l’attuale status quo gli conferisce molteplici vantaggi, a cominciare dagli acquisti di armi americane da parte degli alleati, a cui si aggiungono le importazioni di gas naturale liquefatto (il cui volume aumenterebbe esponenzialmente se alcuni paesi, Germania in primis, riducessero ciò che Washington diffama come la loro eccessiva dipendenza energetica dalla Russia). Più in generale, ogni volta che una controversia commerciale contrappone l’UE agli Stati Uniti, molte voci europee si levano per spiegare che un tale fascicolo non merita di “mettere in pericolo le relazioni transatlantiche” . Non c’è da stupirsi che Washington sia soddisfatta dell’attuale stato delle cose e preferisca mantenere la Russia e l’UE il più distanti possibile.

La Nato è l’origine del male

Per realizzare questa strategia americana, la NATO è uno strumento privilegiato. Gli Stati Uniti occupano una posizione dominante innegabile lì, e questa ex controparte del tardo Patto di Varsavia irrita la Russia al massimo grado. Il peccato originale fu la rottura della promessa – a lungo negata in Occidente, ma confermata dall’apertura degli archivi – fatta a Gorbaciov, in base alla quale l’Alleanza non si sarebbe estesa “per un centimetro” verso Oriente…[2] Da allora, come se nulla fosse, il numero degli Stati membri è quasi raddoppiato, dai 16 di allora ai 30 di oggi. E per rassicurare i nuovi paesi, provenienti dall’ex blocco sovietico, la Nato ha installato sempre più le sue infrastrutture, il suo quartier generale, le sue esercitazioni ei suoi missili più a est.

Ultimamente, sempre più esperti americani si stanno rendendo conto dei danni di questo approccio “tutto o niente” , che è andato avanti senza considerare alcuno status speciale per i nuovi membri, né limiti o garanzie particolari.[3] Lo stesso presidente del prestigioso Council on Foreign Relations, Richard Haass, ammette:“L’allargamento della NATO verso est è stata la politica più significativa e controversa del periodo successivo alla Guerra Fredda. Che la NATO continui ad esistere, o anche che si espanda, non è stato scritto in anticipo”. Da parte sua, avrebbe preferito vedere un rafforzamento del programma di Partenariato per la Pace degli anni ’90, che abbracciasse, attorno all’Alleanza Atlantica, i paesi dell’Europa orientale, compresa la Russia. La decisione del presidente Clinton di aprire le porte alla NATO ha presto eliminato tale opzione. Secondo Haass, “la scelta dell’allargamento ha avuto un ruolo nell’alienazione di Mosca” .[4]

Questa tendenza è culminata nel vertice dell’Alleanza a Bucarest nel 2008, la cui dichiarazione finale parlava del futuro del codice per l’adesione di Ucraina e Georgia, senza però dare una data precisa. Al termine di un burrascoso dibattito, il consigliere americano per la sicurezza nazionale aveva deciso: “Dobbiamo far capire alla Russia che la Guerra Fredda è finita e che l’ha persa” . La storica Mary Elise Sarotte paragona la politica americana dell’ultimo quarto di secolo, spingendo per l’allargamento della NATO, a una ruota a cricchetto: ad ogni nuova svolta, anche la più insignificante, le tacche impediscono ogni ritorno sui binari, non possiamo che continuare sempre nella stessa direzione. [5] Anche se ciò significa inimicarsi la Russia e fomentare divisioni all’interno dell’Alleanza.

Europa, parco giochi

È un ovvietà: i paesi europei hanno spesso atteggiamenti diametralmente opposti nei confronti della Russia. Da un lato i baltici, i polacchi, i romeni, i bulgari temono soprattutto una rinascita del potere russo e desiderano sfruttare gli equilibri di potere favorevoli alla NATO per creare le condizioni che lo proibiscano. Dall’altro, Germania, Francia, ma anche Spagna e Italia, sono certamente critiche nei confronti di Mosca, ma aspirano a un approccio più equilibrato. Questi paesi non credono che la stabilità del continente dipenda dal radicamento della Russia, al contrario, l’umiliazione è vista come una fonte di tensione, e sono anche più sospettosi della particolare agenda degli Stati Uniti. .

In effetti, la politica ufficiale di Washington continua ad essere guidata dal desiderio di mantenere la sua posizione di tutela in Europa – e alcuni paesi europei, credendo che l’America sia il loro unico e unico protettore, fungono da intermediari. In questo contesto, l’ambizione della presidenza francese dell’Ue, ovvero “realizzare una proposta europea che costruisca un nuovo ordine di sicurezza e stabilità” è simile alla quadratura del cerchio. Secondo il presidente Macron, intervenuto al Parlamento europeo sull’argomento: “Dobbiamo costruirlo tra gli europei, quindi condividerlo con i nostri alleati nel quadro della NATO. E poi offrilo alla Russia per la trattativa”. Solo che qualsiasi accordo che normalizzi i rapporti con Mosca, grazie a garanzie di sicurezza reciproca, ridurrebbe meccanicamente l’importanza, e quindi l’influenza, dell’America con i suoi alleati europei…

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[1]Jean-Christophe Romer, Russie-Europe: des malentendus paneuropéens, L’Inventaire, 2016.
[2]National Security Archives, NATO Expansion: What Gorbaciov ha sentito?, Washington DC, 12 dicembre 2017.
[3]ME Sarotte, Contenimento oltre la Guerra Fredda – Come Washington ha perso la pace post-sovietica, Affari esteri, novembre/dicembre 2021 ; Michael Kimmage, È ora che la NATO chiuda i battenti – L’Alleanza è troppo grande – e troppo provocatoria – per il suo bene, Affari esteri, 17 gennaio 2022.
[4]Richard Haass, Un mondo allo sbando: la politica estera americana e la crisi del vecchio ordine, Penguin Press, 2017.
[5]ME Sarotte, Not one inch – America, Russia, and the making of post-guerra fredda stallo, Yale UniversityPress, 2021.

Hajnalka Vincze, Europeans Facing the Old-New American Foreign Policy, Impegno n. 134 (primavera 2022) , ASAF (Associazione di supporto dell’esercito francese).

https://hajnalka-vincze.com/list/etudes_et_analyses/617-des_biscuits_et_des_missiles_en_ukraine_le_triangle_washingtoneuroperussie

IL NUOVO CONCETTO STRATEGICO, di Pierluigi Fagan

IL NUOVO CONCETTO STRATEGICO. Siamo entrati in un nuovo periodo storico di transizione, a livello mondiale, non più animato solo da stati ma da sistemi con più stati.
Il primo sistema ha al suo cuore una alleanza che lega due sponde dell’Atlantico. Originariamente creata da Stati Uniti e Regno Unito, paesi di comune antropologia e diversa geografia, quindi storia. Questa fratellanza antropologica è fatta di discendenti dei barbari continentali del Mare del Nord, angli, sassoni, frisoni, juti, poi danesi e varie fazioni normanne che si impossessarono di parte dell’isola britannica (spingendo ai margini o sottomettendo celti, britanni e scoti). Poi migrarono nel nord del continente americano, in Australia e Nuova Zelanda e si allargarono in Canada sottomettendo e segregando nativi americani, ispano messicani, aborigeni. Nel grande conflitto euro-continentale coi germani metà Novecento vennero salvati dai cugini d’oltremare mentre i germani incappavano in una forma delirante di volontà di potenza che incautamente aveva allargato il conflitto alle vaste pianure russe che, com’è noto, sono troppo profonde per esser conquistate. Saldato in un accordo del 1941 detto Carta Atlantica, il rapporto speciale tra popoli di comune discendenza, lingua e religione, fece da base alla successiva formalizzazione del successivo Trattato del Nord Atlantico e relativa organizzazione operativa (la “O” di NATO) nel 1949. I cinque paesi anglosassoni pesano oggi il 6% del mondo in termini di popolazione, ma il 31% in termini di Pil. Poco meno del 59% è il totale delle riserve valutarie del mondo in dollari e poco meno del 5% in sterline. La loro lingua è la lingua franca internazionale, la loro cultura in certi campi vastamente egemone anche se non da sola e sempre meno, la loro forza militare ancora primeggia.
Se questo è cuore antropologico del primo sistema da cui una mentalità dominante ben precisa, intorno si è condensata una corona di popoli affiliati al sistema. Tale corona è fatta dagli europei continentali a loro volta frazionati tra scandinavi, germanici, balto-slavi, latino-mediterranei ed altri del complesso mondo del Vecchio Continente, più, in Asia il Giappone e talvolta la Corea del Sud. Questo “sistema” si è affermato negli ultimi settanta anni come sistema politico-economico. Fondato sui principi dell’economia moderna sviluppati dagli inglesi già alla fine del XVII secolo che qualcuno chiama “capitalismo”, si basa però anche su un sistema politico chissà perché chiamato “democrazia” quando in effetti è il triplo potere statale (legislativo, giudiziario ed esecutivo) al servizio degli interessi economici e finanziari che ordinano il sistema. Così come gli anglosassoni condividono parte del loro potere mondiale con occidentali e orientali non antropologicamente del tutto affini, così le élite economiche e finanziarie cooptano al loro servizio parti di funzionariato di sistema che non originano direttamente dalla macchina economica e finanziaria.
Questo sistema è oggi sulla china calante della classica curva a campana che connota la vita di ogni sistema. La sua demografia è in vistosa contrazione percentuale sul totale mondo, la sua anagrafe è sempre più anziana (gli “occidentali” ed affini sono l’esatto ultimo quarto dei 200 paesi del mondo per età media), l’idea di ringiovanirla e rinvigorirla con etnie diverse da subordinare ma anche cooptare funziona in teoria ma per niente in pratica (vedi casi americano, inglese, francese, giapponese). Questa sempre maggior relativizzazione demografica (oggi gli “occidentali” sono scarsi il 16% del mondo), porta a traino la relativizzazione culturale che si manifesta in diversi aspetti. Ma ancora forte è il peso economico-finanziario sebbene con tre grossi problemi. Il primo è che, in quanto sistema ipersviluppato, l’Occidente fa sempre più fatica a trovare ragioni di ulteriore sviluppo per crescere. Visioni molto poco realistiche dell’economia, sottovalutano che il sistema di economia moderna serve a fare cose, ma le cose da fare sono nel dominio del finito e gli ipersviluppati sono coloro che sono arrivati ai margini delle potenzialità del sistema, l’hanno sfruttato tutto e bene e gli rimane davvero poco per alimentare il proprio impeto di crescita. Il secondo problema è l’enorme debito parallelo al funzionamento del sistema economico, viepiù inquietante laddove non si cresce per ripagarlo almeno in parte o dar la vaga impressione di poterlo fare. Il terzo è che questo primato economico-finanziario che molti pensano dovuto a chissà quali leggi ferree che governerebbero i sistemi economici come quelle newtoniane governavano l’Universo, è un sistema aperto, aperto all’ambiente naturale ed all’ambiente economico e politico mondiale. Cattive notizie però provengono dall’ambiente naturale quanto ad ulteriore sfruttamento, ma ancor più cattive notizie provengono da un ambiente politico ed economico mondiale dove, nel frattempo, sono nati e si stanno sviluppando nuovi attori potenzialmente potenti o indisponibili ad esser spazio gregario e passivo di possibilità per l’alimentazione dell’ipertrofico benessere occidentale.
Questo secondo altro sistema è molto più ampio, meno formalizzato e con al centro una unione almeno di intenti generali tra i paesi compresi nell’acronimo BRICS: riservarsi sempre maggiori condizioni di possibilità per il proprio sviluppo. Sono quasi tutti paesi in traiettorie di sviluppo, alcuni ancora demografico, molti se non altro economico e finanziario, altri ancora ribelli alle forme del dominio occidentale sotto altri aspetti. Ma oltre al nucleo di questa unione finora poco formalizzata ma forse in via di maggior formalizzazione (come recitano loro: 41% demografico del mondo, 25% del Pil globale e il 50% della crescita globale dell’ultimo anno con una crescita interna del 33% degli scambi commerciali tra loro cinque), praticamente ogni altro paese non compreso direttamente nei due sistemi è per molti versi dalla parte di questi sfidanti che vorrebbero ridurre il peso del primo sistema in modo da garantirsi maggiori condizioni di possibilità da poi disputarsi tra loro. Questa posizione terza, invero, tenderà ad usare il conflitto tra i due sistemi affinché l’uno contenga l’altro alternativamente e ponendosi come partner al miglior offerente per singole iniziative. Questa stessa posizione anima, in parte, anche il Brasile, il Sud Africa e l’India cuore del sistema BRICS. Cina e Russia sono in effetti il cuore di questo sfocato sistema alternativo ed infatti sono loro i nemici più nitidamente definiti come tali dal primo sistema.
Questo è, in breve, lo scenario della storia del mondo che si svolgerà nei prossimi anni/decenni. Il primo sistema è in una traiettoria di contrazione e proviene da ampio potere, il secondo di espansione e vuole ampliare il proprio potere. Il primo sistema pesa solo meno di un sesto del Mondo ma è più compatto ed ancora molto forte in molti aspetti, il secondo è il resto dei cinque-sesti ma assai meno compatto ed ancor di forza relativa sebbene crescente. Il primo si sente accerchiato dall’impeto del secondo e si unisce sempre più in forme difensive-aggressive per non perdere troppo o troppo velocemente, le condizioni di possibilità che ne hanno sino a qui garantito il potere, quindi il benessere. O anche per non esser costretto a cambiare le proprie forme interne per adattarsi ai nuovi equilibri del mondo. Il secondo ha vari gradi di contrasto col primo e più crescerà, più vedrà formarsi al suo interno concorrenze interne inedite come quella tra Cina ed India. La sua gran parte però, non ha interesse al conflitto diretto col primo sistema, vorrebbe semmai una transizione morbida di peso ed è sfruttando questa ritrosia ad iscriversi a forme di conflitto diretto generanti attriti non voluti e negativi per il proprio sviluppo che il cuore del primo sistema alzerà la tensione militare cercando di infilarsi nella differenza di intenti tra Russia e Cina da una parte e tutti gli altri dall’altra. Infine, il primo sistema ha intenti molto ambiziosi ancorché contrari all’andamento naturale del mondo e se il dover reagire oggi lo tiene unito, viepiù si passerà a dettagliare il come-quanto-quando, viepiù potrebbe screpolarsi. Non solo nella composizione della sua forma sistemica, anche nelle composizioni delle forme politiche e sociali interne ad ogni stato. Il secondo ha da sé la dinamica del mondo e quindi il tempo dalla sua parte, ha ambizioni forse più contenute e parte rischiando meno.
“Noi” ci troviamo in mezzo a tutto ciò. Una avvertenza, se mi posso permettere. Il tutto va compreso nella sua dinamica che è concreta, ogni forma di giudizio di valore non aggiunge nulla e rischia di non far comprendere l’esatta logica della dinamica.

Putin ha messo in guardia gli analisti strategici russi dall’indulgere sul pio desiderio, di Andrew Korybko

I previsori strategici devono sempre aspirare a riflettere la realtà nel modo più accurato possibile, comprendendo che ciò è impossibile da fare perfettamente nella pratica, ma tuttavia si muovono continuamente in questa direzione e migliorando regolarmente il loro lavoro a tal fine.

Il presidente Putin ha parlato con lo staff attuale e con i veterani del suo Foreign Intelligence Service (SVR) nel centenario della fondazione della loro intelligence illegale da parte dell’Unione Sovietica. Questo ramo dei suoi servizi speciali si riferisce a quelle spie che non operano sotto copertura diplomatica e quindi non possono essere semplicemente espulse una volta catturate. È senza dubbio il servizio di intelligence più pericoloso ma anche tra i più importanti che chiunque possa fare. Il leader russo ha colto l’occasione per condividere alcuni consigli generali con l’SVR e offrire alcuni commenti su altre questioni correlate, inclusa l’importanza dei previsori strategici che non si abbandonano a un pio desiderio come fanno le loro controparti occidentali.

Secondo il presidente Putin:

“Il Foreign Intelligence Service e altri servizi di sicurezza danno la priorità alle previsioni strategiche dei processi internazionali. E questa analisi deve essere realistica, obiettiva e basata su informazioni verificate e un’ampia gamma di fonti affidabili. Non si dovrebbe indulgere in un pio desiderio. A proposito, il cosiddetto Occidente collettivo si è ritrovato intrappolato, si è infilato proprio in questa trappola e con le sue stesse azioni procede dall’idea che non c’è alternativa al suo modello di globalismo liberale… l’Occidente sta cercando di ignorare un realtà scomoda, la formazione di un ordine mondiale multipolare… Gli atteggiamenti dogmatici del passato e la riluttanza ad affrontare la realtà aumentano inevitabilmente il rischio di azioni premature e impulsive da parte dell’Occidente in futuro”.

Le informazioni di cui sopra verranno ora analizzate.

A livello professionale, i previsori strategici devono sempre aspirare a riflettere la realtà nel modo più accurato possibile, comprendendo che ciò è impossibile in pratica perfettamente, ma tuttavia si muovono continuamente in questa direzione e migliorando regolarmente il loro lavoro a tal fine. Il pio desiderio, che a volte può essere il risultato del credere che la propria propaganda, come ha spiegato il presidente Putin durante il Forum economico internazionale di San Pietroburgo (SPIEF) del mese scorso, fosse al centro della decisione dell’Occidente di sanzionare la Russia senza precedenti, può portare alla formulazione di controproducenti e politiche anche pericolose che contraddicono gli interessi nazionali oggettivi.

Questa saggezza è rilevante anche a livello pubblico.

L’ Alt-Media Community (AMC) si abbandona regolarmente a un pio desiderio rispetto alle loro fantasie sulla grande strategia russa, che molti credono sinceramente essere reali nella loro stessa mente. Ad esempio, un segmento significativo di questa comunità è convinto che il presidente Putin sia segretamente un alleato antisionista con la Resistenza guidata dall’Iran al fine di distruggere Israele nonostante il suo paese sia attualmente di fatto alleato del sedicente Stato ebraico. Un’altra narrativa di pio desiderio immagina che la Russia stia segretamente complottando per destabilizzare Turkiye in un modo o nell’altro, ancora una volta nonostante quei due abbiano gestito in modo impressionante le loro differenze nel corso degli anni.

Queste e altre narrazioni in realtà minano gli interessi russi.

Per spiegare, il pubblico viene fuorviato da queste fantasie di pio desiderio generate da quelle che considerano fonti attendibili e affidabili. Quando la realtà si instaura e l’illusione viene infranta, quelle stesse fonti raramente modificano i loro modelli imprecisi, ma invece raddoppiano su di essi vomitando letterali teorie del complotto per rendere conto di fatti “politicamente scomodi” come Israele e Turchia che rifiutano entrambi le pressioni occidentali guidate dagli Stati Uniti su loro di sanzionare la Russia. Con il tempo, la fantasia di un pio desiderio si distacca completamente dalla realtà e inizia letteralmente a somigliare a un culto, completo di regolari inquisizioni svolte dai guardiani contro i “blasfemi” che “osano” sfidare il loro dogma.

A livello professionale e pubblico, il pio desiderio è quindi una trappola ideologica.

Per quanto riguarda il primo, può letteralmente mettere in pericolo il paese nel modo più diretto possibile essendo responsabile della formulazione di politiche controproducenti che contraddicono gli interessi nazionali oggettivi, mentre il secondo riguarda la perdita involontaria di cuori e menti mentre le persone sobrie diventano disilluse dal letterale teorie del complotto vomitate da persone che affermano di sostenere la Russia. Il problema è intrinsecamente ideologico nel suo nucleo poiché i pio desiderio hanno la tendenza a filtrare i fatti “politicamente scomodi” a causa della loro zelante dedizione a qualunque possa essere la loro causa. Questa è una trappola evitabile, ma da cui è difficile liberarsi una volta che ci si cade dentro.

Può, tuttavia, essere sconfitto.

Ciò che devono fare coloro che sono indottrinati con un pio desiderio è rendersi conto che servono al meglio la loro causa facendo in modo che il loro lavoro rifletta la realtà nel modo più accurato possibile in modo che i responsabili politici e il pubblico rispettivamente possano trarre le proprie conclusioni. I propri funzionari statali non devono mai essere guidati deliberatamente in una direzione che è avulsa dalla realtà, ma a volte ci sono ragioni strategiche per farlo al pubblico, anche se non è responsabilità dei previsori strategici o dei membri dell’AMC ma di professionisti “gestori della percezione ”. In effetti, quei membri dell’AMC che “diventano canaglia” (anche se si sono convinti che sia “per la giusta causa”) possono effettivamente complicare inavvertitamente tali operazioni.

Ci sono quindi diverse lezioni da trarre dall’intuizione del presidente Putin.

In primo luogo, il precedente del pio desiderio dell’Occidente che ha influenzato la formulazione di politiche controproducenti nei confronti della Russia è un avvertimento per i previsori strategici di tutti gli altri paesi. In secondo luogo, i professionisti devono aspirare a riflettere la realtà nel modo più accurato possibile e non lasciare mai che le loro preferenze ideologiche influenzino i loro prodotti informativi. Terzo, l’AMC deve fare lo stesso a meno che non informi apertamente il suo pubblico che stanno agendo come attivisti che spingono l’agenda in modo che nessuno li confonda come analisti. In quarto luogo, quei professionisti e membri dell’AMC che si abbandonano a un pio desiderio lavorano contro la propria causa. E infine, il pio desiderio può essere curato comprendendo oggettivamente il proprio ruolo nel sistema.

https://oneworld.press/?module=articles&action=view&id=3039

Vladimir Putin si è congratulato con l’attuale staff e con i veterani del Foreign Intelligence Service per il centenario dell’intelligence illegale

Il presidente ha deposto fiori alla Patria, monumento d’onore al valore presso il quartier generale dei servizi di intelligence stranieri a Mosca e si è congratulato con l’attuale personale del servizio e con i veterani per il centenario dell’intelligence illegale.

20:00
Mosca
Vladimir Putin si è congratulato con l'attuale staff e con i veterani del Foreign Intelligence Service per il centenario dell'intelligence illegale.
Vladimir Putin si è congratulato con l'attuale staff e con i veterani del Foreign Intelligence Service per il centenario dell'intelligence illegale.
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Vladimir Putin si è congratulato con l’attuale staff e con i veterani del Foreign Intelligence Service per il centenario dell’intelligence illegale. Foto: RIA Novosti

Presidente della Russia Vladimir Putin : compagni ufficiali, veterani,

Ci siamo riuniti per celebrare una data importante: il centenario dell’intelligence illegale nel nostro paese. Già nel 1922, questa sfera di lavoro è stata praticamente ripristinata nonostante tutti gli sconvolgimenti rivoluzionari, assicurando continuità in un’area vitale per il nostro stato, la sicurezza nazionale e la sovranità.

Vorrei congratularmi cordialmente con tutti coloro per i quali lavorare in questa area critica era la loro vocazione e il loro destino; coloro che per anni e decenni hanno difeso gli interessi nazionali del nostro Paese senza alcuna copertura diplomatica o di altro genere; e tutti coloro che oggi svolgono operazioni uniche, trasmettendo preziose informazioni al Centro.

Il vostro dipartimento ha una ricca storia e tradizioni gloriose. Negli anni ’30 e all’inizio degli anni ’40, agenti sotto copertura acquisirono informazioni urgenti sull’aggressione pianificata da Hitler e dai suoi sostenitori, nonché sulle manovre dietro le quinte dei paesi occidentali che spinsero i nazisti ad attaccare l’URSS, a marciare verso est.

Dopo l’inizio della Grande Guerra Patriottica, agenti sotto copertura rivelarono i piani del nemico, accelerando la Grande Vittoria. Durante la Guerra Fredda, hanno dato un enorme contributo al raggiungimento della parità strategica. Hanno fornito un’assistenza inestimabile nello sviluppo dell’industria e della scienza nazionali, hanno contribuito a rafforzare le capacità di difesa della Patria e hanno aggiunto alla sua influenza e prestigio internazionali.

I nomi di Yakov Serebryansky e Naum Etingon, Dmitry Bystrolyotov e Konon Molody, i Vartanian, Alexei Botyan e altri combattenti del fronte invisibile sono per sempre nella storia del nostro paese, dei nostri servizi di sicurezza e dell’intelligence. Sono un esempio di professionalità e coraggio personale per le generazioni attuali e future di ufficiali dell’intelligence.

E oggigiorno, il lavoro in questo settore è pieno di grandi responsabilità, con ufficiali che devono affrontare requisiti estremamente severi.

La situazione nel mondo resta difficile e cambia rapidamente. Dobbiamo fare i conti con problemi non convenzionali e molte variabili sconosciute, e rispondere a sfide in cui il fattore di incertezza è elevato.

In questa situazione, il Foreign Intelligence Service e altri servizi di sicurezza danno la priorità alla previsione strategica dei processi internazionali. E questa analisi deve essere realistica, obiettiva e basata su informazioni verificate e un’ampia gamma di fonti affidabili.

Non si dovrebbe indulgere in un pio desiderio. A proposito, il cosiddetto Occidente collettivo si è trovato intrappolato, si è gettato in questa trappola e con le sue stesse azioni procede dall’idea che non c’è alternativa al suo modello di globalismo liberale. In sostanza, questo modello è solo una versione aggiornata del neocolonialismo e nient’altro. È un mondo alla maniera americana, un mondo per gli eletti in cui i diritti di tutti gli altri vengono semplicemente calpestati.

Una chiara prova di ciò è il destino di molti paesi e popoli del Medio Oriente e di altre regioni del mondo – e di milioni di persone in Ucraina oggi che vengono cinicamente usate dall’Occidente come materiale di consumo nei suoi giochi geopolitici, nei suoi tentativi di “Dissuadere” la Russia. A proposito, cosa significa scoraggiare? Per impedirci di svilupparci al giusto ritmo e sulla base dei nostri valori tradizionali. È deterrenza? È solo una lotta contro la Russia.

Nel frattempo, l’Occidente sta cercando di ignorare una realtà scomoda, la formazione di un ordine mondiale multipolare. Ovviamente, non possono distogliere completamente lo sguardo da queste tendenze oggettive. Ma nella loro politica pratica, sono guidati da un obiettivo, che è mantenere il loro dominio con ogni mezzo.

Gli atteggiamenti dogmatici del passato e la riluttanza ad affrontare la realtà aumentano inevitabilmente il rischio di azioni premature e impulsive da parte dell’Occidente in futuro. Allo stesso tempo, questo offre nuove opportunità alla Russia e ai paesi che la pensano allo stesso modo – come sapete, ce ne sono parecchie. È vero che alcuni di loro non sono ansiosi di parlare, ma sono più o meno sulla stessa lunghezza d’onda con noi. Ci sono molti paesi, popoli e nazioni che la pensano allo stesso modo che vorrebbero seguire la propria strada sulla base dei principi del vero multilateralismo.

Naturalmente, dobbiamo condurre una discussione separata su un modello e una visione del futuro e un’agenda che non separerà ma unirà l’umanità. Credo sia importante dedicare a questo argomento uno dei miei futuri interventi pubblici o eventualmente scegliere qualche altra forma.

Oggi vorrei sottolineare che il multipolarismo è, secondo me, la cosa principale. Vorrei sottolineare che multipolarità, come la intendiamo noi, significa soprattutto libertà. La libertà dei paesi e delle nazioni e il loro diritto intrinseco al proprio modo di sviluppo e alla conservazione della loro identità e del loro carattere unico. In questo modello del mondo non dovrebbero esserci posto per diktat, stereotipi o ideali di eccezionalismo imposti dai singoli paesi o blocchi.

Vorrei ribadire che è importante vedere il quadro generale sullo sfondo delle trasformazioni fondamentali in corso e utilizzarlo per agire in modo proattivo. Molto dipende, ovviamente, da te, dal tuo lavoro e dalla sua qualità. Mi riferisco in primo luogo alla sicurezza nazionale e alla tempestiva fornitura di informazioni sui piani militari e geostrategici di alcuni Stati e delle loro associazioni, che rappresentano o possono rappresentare una minaccia diretta per il nostro Paese.

Occorre prestare un’attenzione costante alla situazione dell’economia e della finanza globali. È importante studiare la situazione e le tendenze di base nei mercati globali, per elaborare le possibili conseguenze dei passi e delle decisioni che incidono sugli interessi della Russia e degli affari russi, nonché sulla nostra integrazione e sui progetti internazionali.

Come prima, una delle priorità del Foreign Intelligence Service è fornire assistenza allo sviluppo industriale e tecnologico del nostro Paese e al rafforzamento del suo potenziale di difesa. Questo è sempre importante, ma soprattutto in condizioni di pressione sanzionatoria esercitata sulla Russia. Per inciso, come tutti noi sappiamo benissimo, il nostro paese ha sempre vissuto sotto sanzioni durante il periodo sovietico e anche prima. In un modo o nell’altro, si cercava sempre di contenerci.

Un altro obiettivo chiave della nostra agenda è la lotta al terrorismo internazionale. Riguarda, in parte, il supporto informativo per le unità russe dispiegate in Siria, l’identificazione delle rotte lungo le quali vengono consegnati armi e denaro ai terroristi e l’ubicazione delle loro basi, posti di comando e centri di addestramento.

Dobbiamo continuare a prestare attenzione alla sicurezza dei cittadini russi all’estero, anche nel continente americano, in Occidente in generale, in Medio Oriente e in Africa. Vorrei sottolineare in questo contesto che negli ultimi anni il Foreign Intelligence Service ha notevolmente potenziato le proprie capacità operative, informative e di analisi. Le sue risorse umane sono aumentate. Sono fiducioso che farai tutto il necessario per adempiere encomiabile a tutti i compiti che ti sono stati assegnati. Come i tuoi leggendari predecessori, lavorerai in modo accurato ed efficace e servirai la nostra Patria e il nostro popolo in modo onorevole.

Vorrei congratularmi ancora una volta con te. Auguro a te e ai tuoi cari tutto il meglio, buona salute e risultati professionali.

Grazie.

Le mie congratulazioni.

Direttore del Servizio di intelligence estero Sergei Naryshkin: Colleghi,

Ricevere questa alta valutazione delle operazioni del Foreign Intelligence Service, che celebra oggi il suo 100° anniversario, è per noi un grande onore e un segno di speciale riconoscimento da parte del presidente russo Vladimir Putin. Siamo particolarmente orgogliosi che il Presidente abbia espresso questa opinione presso il  Monumento Patria, Valore, Onore presso la sede del Servizio.

Il centenario dell’intelligence illegale è un evento importante per il nostro Servizio e le altre agenzie che stanno a guardia della sicurezza nazionale della Federazione Russa, che è stato notato con grande interesse nella società russa e dai nostri partner stranieri. È un segno di riconoscimento dell’efficacia di questo affilato strumento di operazioni di intelligence a disposizione del Servizio e del rispetto dei russi per l’eroismo del nostro personale di intelligence che ha dedicato la propria vita al servizio della Patria.

Siamo pienamente consapevoli del significato crescente dell’intelligence illegale nel mezzo della crisi politico-militare nelle relazioni con la Russia progettata da Washington e dai paesi della NATO. La leadership e il personale della Direzione S, i nostri agenti illegali, stanno onorevolmente seguendo le orme dei loro predecessori, mantenendo gli elevati standard di combattimento della Direzione e introducendo nuove forme e metodi di lavoro di intelligence nell’ambiente digitale globale e in mezzo alla dura contraccolpo del nemico.

Compagni, vorrei congratularmi ancora una volta con voi per il centenario dell’intelligence illegale sovietica e russa. I russi sono una nazione di vincitori. Faremo tutto il necessario per garantire la sicurezza e la prosperità della nostra grande Patria.

Vorrei augurarvi buona salute, ogni successo e prosperità. Grazie per il vostro servizio.

http://en.kremlin.ru/events/president/news/68790

Gli Stati Uniti sono diventati due paesi all’interno di una nazione, Di Steve McCann

Da anni nel mondo e da pochi mesi in Italia si inizia a parlare apertamente del declino degli Stati Uniti, della fine del mondo unipolare, del rischio che quel paese arrivi addirittura a dividersi facendo precipitare alle estreme conseguenze il virulento dibattito politico in corso al proprio interno. Un segno inconfondibile del declino e del tramonto inesorabile di un paese, più che la virulenza del confronto, è piuttosto l’accettazione amorfa ed inconsapevole della propria condizione. Lo scontro accanito è un segno di vitalità e di protagonismo. Evitiamo quindi  di vendere la pelle dell’orso prima che sia catturato; soprattutto, guardiamoci in casa nostra, in Europa. Qui i segnali di vitalità tendono ad affievolirsi come le luci di candele consunte. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Non dal decennio che ha preceduto la guerra civile si è discusso così tanto sulla possibilità che gli Stati Uniti si dividano in due o più paesi come negli ultimi 10 anni. La realtà è che questa nazione si è effettivamente divisa in due paesi che, per il momento, vivono debolmente fianco a fianco.

La razza o l’etnia è stata la base fondamentale nella creazione di ogni nazione nella storia dell’umanità ad eccezione degli Stati Uniti, poiché la sua fondazione si basava sul principio che tutti gli uomini sono creati uguali e sono dotati di determinati diritti inalienabili che il governo non può abrogare. Poiché non ha i fattori coesi di razza o etnia, questa nazione così costituita può sopravvivere solo sulla base della bontà della sua gente e della saggezza e dell’integrità della sua classe dirigente.

Ben Franklin alla chiusura della Convenzione costituzionale nel 1787 in un discorso ai suoi colleghi membri della convenzione disse della Costituzione appena redatta e del governo che aveva creato:

… e non c’è alcuna forma di governo se non quella che può essere una benedizione per il popolo se ben amministrata, e [io] credo inoltre che questo sarà probabilmente ben amministrato per un corso di anni, e può finire solo con il dispotismo, come altri moduli hanno fatto prima di esso…

Il preveggente avvertimento di Ben Franklin si è avverato. Negli ultimi trent’anni, una pluralità di cittadini male istruiti e malleabili ha permesso alla classe dirigente egoista, decadente e nescitrice, in alleanza con la sinistra radicale, di stabilire un dispotismo quasi permanente negli Stati Uniti. Hanno deliberatamente e inesorabilmente ampliato il divario tra il popolo e il governo e hanno effettivamente diviso la nazione in due paesi de facto che sono ai ferri corti ideologici e sociali.

  • Un’America è decisa a privare i suoi cittadini del loro diritto inalienabile all’autodifesa come codificato nel Secondo Emendamento e ad eliminare la libertà di parola costituzionalmente protetta. La loro insensata determinazione a confiscare le armi con ogni mezzo possibile, palese o subdolo, e a censurare i discorsi che non approvano sono sfrenati e sfrenati indipendentemente dalle sentenze dei tribunali.

L’altra America è ferma e ferma nella sua convinzione che i diritti inalienabili e costituzionalmente protetti siano non negoziabili e immutabili. L’impavido tentativo di disarmo ha avuto l’effetto di convincere più della metà della popolazione che queste azioni sono un preludio alla volontà del governo di usare la forza contro i cittadini per spogliarli di tutti i loro diritti. Questo, poiché il 92% degli americani crede che tutti i loro diritti fondamentali siano sotto assedio.

  • One America è determinata a proteggere gli interessi delle élite al potere istituendo un implacabile sistema di giustizia a due livelli . La classe dirigente e i suoi compagni di letto militanti hanno creato un sistema giudiziario in cui i loro alleati, seguaci e criminali e criminali politicamente corretti sono trattati con indulgenza o, in molti casi, non perseguiti, mentre i loro avversari politici e i loro seguaci che rappresentano una minaccia alla loro egemonia e criminali e criminali non politicamente corretti sono perseguitati e perseguiti.

Nel frattempo, nell’altra America, i cittadini credono fermamente nell’uguaglianza di giustizia secondo la legge: che loro e tutti gli americani hanno un diritto costituzionalmente protetto a una giustizia equa e imparziale.  Ben più della metà della cittadinanza è irrevocabilmente convinta che esista un sistema giudiziario a due livelli e iniquo che avvantaggia le élite dominanti a loro spese. Questa mentalità ora intrattabile è stata rafforzata dal trattamento dei manifestanti non violenti del 6 gennaio 2021 rispetto alle azioni dei terroristi domestici nell’estate del 2020.

  • One America è guidata e promuove le distinzioni di classe . In cima alla piramide ci sono le élite dominanti e i loro ricchi mecenati che guardano con disprezzo al resto della società mentre vivono nelle loro bolle autonome tirando i fili del governo e concentrandosi esclusivamente sulla loro mobilità verso l’alto. Sebbene possano guardare al futuro, la maggior parte della società non può, poiché devono concentrarsi sulla sopravvivenza del presente a causa dell’avarizia della classe dirigente e della loro decennale fedeltà al globalismo elitario. Questi due settori hanno situazioni residenziali nettamente diverse, possibilità di mobilità verso l’alto, opportunità educative, accesso alle cure mediche e interazione con la legge.

Nell’altra America, i cittadini si aggrappano ancora al rispetto per il duro lavoro, lo sforzo onesto e applaudono coloro che si sforzano di migliorare se stessi e la società. Poiché vivono in una nazione che un tempo si vantava di essere una società essenzialmente senza classi caratterizzata da una mobilità verso l’alto, non possono tollerare una società strutturata basata sull’egocentrismo e sull’avarizia. Grazie a questo egocentrismo elitario e al malgoverno, oltre il sessanta per cento dei cittadini crede che il sogno americano non sia più realizzabile per loro, poiché il loro risentimento verso la classe dirigente privilegiata e la rabbia per essere permanentemente rinchiusi in un sistema di caste de facto crescono inesorabilmente.

  • One America ha ripristinato il razzismo e la discriminazione sponsorizzati dal governo con l’intento malevolo di frammentare la società e la cultura al fine di raggiungere un’egemonia politica permanente. La classe dirigente ha favorito i suoi alleati di sinistra radicale affermando che il razzismo è radicato nel DNA dell’America (cioè, il razzismo sistemico ), che è esclusivamente colpa dell’attuale popolazione bianca. Questo segmento della società, quindi, dovrebbe essere capro espiatorio e discriminato, mentre la società americana viene radicalmente trasformata a causa della fondazione “bianca” della nazione. Come risultato di questa tattica malevola, hanno fomentato con successo l’animosità razziale e hanno manipolato gli americani facendogli credere che le relazioni razziali fossero peggiori che mai. Come solo il 25%credono che le relazioni razziali siano eccellenti o buone nella nazione nel suo insieme.

L’altra America è la stessa che nel 2005 ha visto quasi il 70% degli americani affermare che le relazioni razziali negli Stati Uniti erano molto o in qualche modo buone. Queste sono le stesse persone che sono tra il 77% in un recente sondaggio che pensava che le relazioni razziali fossero buone nella loro comunità nonostante fossero notevolmente peggiorate a livello nazionale. Questa dicotomia rivela che questo paese di lavoratori della classe operaia non è razzista o infastidito dalla cosiddetta “supremazia bianca” e la cui indignazione nei confronti delle élite razziste che si lamentano di queste false accuse sta aumentando.

  • In un’America c’è tra le élite dominanti e i loro servitori senza cervello la convinzione dominante che gli Stati Uniti come fondati siano un paese carente e irredimibile la cui storia è piena di atrocità e ingiustizia. Pertanto, il governo della nazione deve essere convertito in un’oligarchia socialista a partito unico e i suoi documenti imperfetti devono essere effettivamente riscritti. Questo processo risoluto iniziato decenni fa ha effettivamente portato alla frammentazione permanente di quella che era una cultura americana unica e universalmente accettata.

Nell’altra America la maggior parte della cittadinanza ( 85% degli americani) crede che gli Stati Uniti siano un grande paese che ha superato con successo le carenze umane dei suoi cittadini del passato. Si oppongono con veemenza a qualsiasi modifica sostanziale ai documenti costitutivi della nazione. Capiscono che la Costituzione così come è scritta garantisce loro libertà e indipendenza da un governo ormai prepotente. Non scenderanno a compromessi né saranno disposti a trovare una via di mezzo con la classe dirigente e i loro servi senza cervello.

  • In un’America le élite e i loro compagni di viaggio nelle classi superiori hanno ipocritamente abbandonato praticamente tutta la moralità nella loro risoluta ricerca dell’edonismo superficiale, della ricchezza e della fama. Sono sempre più agnostici, promuovono sfacciatamente lo sfruttamento sessuale dei bambini, approvano l’aborto fino al momento della nascita e giustificano qualsiasi mezzo immorale o non etico per raggiungere i propri fini, tra cui l’imposizione coatta della loro immoralità al resto della società . Come sottoprodotto dei loro alleati nell’establishment dei media e dell’intrattenimento che promuovono la loro immoralità, un recente sondaggio ha indicato che il 50% degli americani ha valutato i valori morali della nazione come poveri e in peggioramento.

Mentre nell’altra America la stragrande maggioranza dei cittadini ( 81%) crede in Dio, riconosce che credere in Dio o in una religione non è una necessità per comprendere l’importanza della moralità e vivere una vita morale. Quella moralità è la base di fondo di una società libera. Senza la moralità, e la sua enfasi sul rispetto della vita, la libertà si estingue. Queste due visioni diametralmente opposte della moralità non possono coesistere nella stessa società.

Questi due paesi all’interno di un paese non possono più mantenere la loro relazione sempre più tenue e potenzialmente instabile. Noi come nazione siamo in quel momento decisivo in cui una parte deve vincere e l’altra perde; non ci sono vie di mezzo. L’era dei conservatori, dei libertari e degli americani di mezzo che cercano un accordo con la sinistra e la classe dirigente è finita, che lo vogliano o meno, poiché più della metà dei cittadini americani è d’accordo con l’affermazione: “USA la democrazia è a rischio di estinzione” e solo il 26% crede che sopravviverà.

Affinché l’America fondata vinca senza che nessuna delle parti ricorra alla dissoluzione o alla potenziale violenza, le linee di vita delle élite al potere/della sinistra radicale devono essere troncate e il loro peso politico completamente emarginato.

La recente attenzione all’avvio di mezzi di informazione “conservatori” deve lasciare il posto a concentrarsi invece sui nuovi media di intrattenimento al fine di minare i punti vendita di intrattenimento di sinistra esistenti. Dopo che i boicottaggi e la perdita di pubblico hanno preso il loro pedaggio finanziario, queste e le società di media in fallimento dovrebbero essere acquisite. Le società “politicamente corrette” devono subire le conseguenze finanziarie di assecondare la sinistra attraverso boicottaggi, messaggi mediatici e l’acquisizione mirata dei loro consigli di amministrazione. I finanziamenti del governo per le università “svegliate” devono essere drasticamente ridotti e infine eliminati.

La trasformazione del Partito Repubblicano, iniziata dal presidente Trump, deve continuare fino a quando il partito non sarà epurato da tutti i politici e amministratori eletti non disposti a lottare incondizionatamente per l’anima del Paese. Uno sforzo determinato e concertato deve essere intrapreso nelle Camere di Stato per fare in modo che determinate elezioni siano eque e prive di frodi. L’affluenza alle urne per tutte le elezioni locali, statali e federali deve superare le medie storiche poiché i politici che la pensano allo stesso modo devono essere selezionati alle primarie e alle elezioni generali.

Infine, invece di crogiolarsi nella loro indipendenza e stare in disparte lanciando pietre senza pensare, i libertari e altre fazioni che la pensano allo stesso modo devono unirsi alla battaglia e allearsi incondizionatamente con conservatori, repubblicani ed elettori moderati che desiderano preservare questo paese come fondato.

In caso contrario, il paese che tutti conosciamo e amiamo non ci sarà più.

https://www.americanthinker.com/articles/2022/07/the_united_states_has_become_two_countries_within_a_nation.html

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