Finlandia, una Ucraina 2 0? Con Roberto Buffagni e Giacomo Gabellini

La linea di contatto tra NATO e Russia si allunga sino all’Artico con l’ingresso della Finlandia e la repentina ospitalità da essa concessa alle basi statunitensi. Gli enormi spazi vuoti sono comunque un problema per tutti e due i contendenti. Non fanno altro che creare le condizioni per atti estremi dalle quali sarà sempre più difficile sottrarsi pena la totale caduta di autorevolezza. Avventurismo statunitense e cieco servilismo europeo. Un mix sempre più esplosivo. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Kelly tra realismo e geopolitica_con Tiberio Graziani, Federico Bordonaro, Roberto Buffagni

Ancora una conversazione sulla geopolitica e sui geopolitici. Grazie al libro curato da Federico Bordonaro, Tiberio Graziani e Emanuel Pietrobon entra nel mirino il geopolitico statunitense Phil Kelly. L’obbiettivo di Kelly è riaffermare il ruolo della geopolitica, quindi della geografia, rispetto al realismo e al costruttivismo; anche, però, iniziare a definire non solo l’autonomia ma anche le relazioni tra di essi. Da qui una definizione aggiornata di heartland e delle interazioni molto più interconnesse tra le tre parti del globo definite dalla geopolitica classica. Una attenzione che consente di discernerere la rilevanza teorica della produzione di Kelly dalla sua fervente affiliazione alla causa della proiezione statunitense, sin troppo evidente in gran parte dei suoi scritti. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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Stati Uniti! Crisi egemonica, rovesci militari e di credibilità, con G Gabellini e Roberto Buffagni

Una interessante discussione con Roberto Buffagni, curata da Giacomo Gabellini sul suo canale YOUTube “il Contesto”. Roberto Buffagni associa la crisi egemonica degli Stati Uniti alla caduta di credibilità della leadership statunitense. I rovesci militari si accompagnano ormai alla incapacità di garantire un equilibrio al proprio sistema egemonico. Più la conflittualità si diffonde e viene alimentata, più gli Stati Uniti sono costretti a scegliere apertamente tra le fazioni in campo e a perdere la funzione di equilibrio ambita dalla propria aspirazione di gestione unipolare del mondo. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Chi accompagna Oleksiy Arestovych alle urne?_a cura di Roberto Buffagni

 

Traduciamo (con il traduttore automatico) questo articolo, di grande interesse, apparso il 17 ottobre su un periodico ucraino. L’ex consigliere presidenziale Oleksiy Arestovych, da tempo dimessosi, sta intensificando le sue critiche al presidente Zelensky, probabilmente in vista delle prossime, possibili elezioni presidenziali e parlamentari in Ucraina, che potrebbero tenersi nel marzo 2024, se Zelensky lo permetterà.

Arestovych caldeggia il cessate il fuoco, l’apertura di una trattativa con la Russia, la rinuncia ai confini ucraini del 1991, obiettivo strategico dichiarato ufficialmente dal governo ucraino. Chi appoggia Arestovych, all’interno e all’esterno dell’Ucraina?

Buona lettura. Roberto Buffagni

 

 

https://strana.news/ukr/articles/analysis/448104-khto-vede-na-vibori-oleksija-arestovicha.html

Zelensky, Akhmetov, il Dipartimento di Stato o l’FSB. Chi accompagna Oleksiy Arestovych alle urne?

Denys Rafalskyi 14:33, 17 ottobre 2023

 

Oleksiy Arestovych, ex consigliere dell’Ufficio presidenziale, ha recentemente criticato duramente la squadra di governo di Volodymyr Zelenskyy.

 

In particolare, ha accusato le autorità di errori strategici in campo militare, di soppressione delle libertà civili e politiche e di incoraggiamento della corruzione.

 

La nostra leadership ha esaurito i limiti della sua competenza, ha portato la situazione a un punto morto e continua a insistere sulle sue politiche sbagliate. Ci sta portando al disastro“, ha scritto recentemente Arestovych nel suo canale Telegram. A suo avviso, è la leadership politica, non quella militare, ad avere la piena responsabilità del corso degli eventi al fronte.

 

Vede una via d’uscita nello svolgimento delle elezioni in Ucraina, che, a suo avviso, fanno sperare in un “reset“, nella “distruzione del monopolio dell’incompetenza” e nell’arrivo al potere di nuove forze “capaci di prendere decisioni che corrispondano alla situazione reale“.

 

“Nei prossimi mesi, anche coloro che si oppongono categoricamente alle elezioni cominceranno a pregare per esse come unica speranza di rompere lo stallo strategico“, prevede Arestovych.

 

Gli esperti attribuiscono questo netto aumento della sua retorica ai preparativi per le prossime elezioni. Tuttavia, il dubbio è se Arestovych stia agendo di propria iniziativa, rompendo finalmente con i vecchi legami e affermandosi nella nicchia dell’opposizione, o in accordo con Bankova come “sparring partner” di Zelenskyi.

 

E se sta giocando una partita non concordata con Zelenskyy, ma contro di lui, allora chi lo sta “coprendo” e promuovendo come progetto politico alternativo al presidente?

 

“Rompere il monopolio dell’incompetenza”

Dopo aver lasciato l’ufficio presidenziale con uno scandalo nel gennaio 2023, Arestovych, sebbene abbia iniziato a criticare l’operato delle autorità, fino a poco tempo fa lo faceva con cautela.

 

Ma ora si limita a riversare condanne sulla squadra al potere.

 

Arestovich si concentra su due aspetti: le decisioni militari della leadership del Paese e la sua politica interna.

 

Parlando della guerra, l’ex consigliere presidenziale ha invitato le autorità a riconoscere che con l’attuale equilibrio delle forze al fronte, “qualsiasi confine del 1991 è fuori questione“.

 

Con l’attuale rapporto tra personale ed equipaggiamento, non c’è alcuna prospettiva di offensiva. Dobbiamo stare sulla difensiva e schiacciare l’esercito russo“, ha detto Arestovych.

 

Secondo Arestovych, la leadership del Paese ha annullato le possibilità di successo di un’offensiva che esistevano fino a poco tempo fa, disperdendo le Forze Armate dell’Ucraina, gettandole ad attaccare “i cumuli di macerie lasciati da Bakhmut“. Secondo Arestovych, era necessario concentrare gli sforzi per sfondare le difese russe nella direzione d’attacco principale – a sud verso il Mar d’Azov. Inoltre, in altre parti del fronte, avrebbero dovuto iniziare a costruire fortificazioni a più livelli simili a quelle russe per mantenere la difesa con perdite minime.

 

Tuttavia, nessuna di queste cose è stata fatta, il che, secondo Arestovych, ha portato al fallimento dell’offensiva ucraina, che non è riuscita a svolgere il suo compito principale di tagliare il corridoio terrestre verso la Crimea.

 

È importante notare che Arestovych incolpa la leadership politica del Paese, non il comando militare. Ovvero, Zelenskyy.

 

Arestovych incolpa anche la leadership politica dell’Ucraina per la corruzione dilagante e i problemi nelle relazioni con i partner stranieri. Afferma inoltre che si è instaurata una “tirannia interna“, che le autorità giustificano con la guerra. “È impossibile spiegare sia a noi stessi sia agli altri perché un Paese che lotta per la “libertà contro l’autocrazia” non permette ai suoi cittadini di andare all’estero, mentre l’autocrazia [intesa come Russia – ndr] lo fa“, ha scritto l’ex consigliere dell’Amministrazione presidenziale sul suo canale Telegram.

 

Pertanto, secondo lui, ci sono “due fronti di lotta contro l’autocrazia per gli ucraini – esterno e interno“.

 

In un altro post, approfondisce questa tesi: secondo lui, la squadra che governa l’Ucraina “blocca” gli affari, le libertà civili e i rivali politici, litiga con i vicini e i principali partner e “incoraggia la corruzione“.

 

Inoltre, ritiene che il governo russo sia più efficace di quello ucraino nel rispondere alle sfide attuali.

 

Mentre le autorità russe stanno già prendendo decisioni, da cannibali ma adeguate alla situazione attuale, la leadership ucraina è corrotta e inadeguata“, ha scritto l’ex consigliere dell’Ufficio presidenziale.

 

Una simile politica ci sta portando [cioè l’Ucraina – ndr] alla catastrofe“, insiste Arestovych. A suo avviso, c’è solo una via d’uscita: le elezioni.

 

Le elezioni danno la speranza di un reset, rompendo il monopolio dell’incompetenza e dando una possibilità a chi è in grado di prendere decisioni in linea con la situazione reale. Capisco bene le preoccupazioni di chi teme che le elezioni in tempo di guerra siano una minaccia di sconvolgimenti interni. Ma queste persone sono solo male informate. Rispetto gli errori di queste persone perché non sono causati dalla loro stupidità, ma dalla mancanza di informazioni reali e di capacità di valutare sobriamente la situazione. come unica speranza di rompere lo stallo strategico“, ha scritto Arestovych sul suo canale Telegram.

Danilov vi ha visto la “mano del Cremlino

Queste dichiarazioni di Arestovych non potevano non attirare l’attenzione su di sé, se non altro perché dall’inizio della guerra nessuno si è mai permesso di criticare così duramente non solo il presidente in prima persona, ma anche il corso del Paese in generale e di prevedere una catastrofe imminente se non ci sarà un cambio di governo.

 

I sostenitori di Poroshenko, ad esempio, criticano molto e spesso Zelenskyy a livello personale, ma nemmeno loro hanno osato dichiarare la “prossima catastrofe“, il fallimento dell’offensiva, o esprimere altre tesi che potrebbero portare all’accusa di “seminare sentimenti disfattisti” dopo il 24 febbraio 2022.

 

La reazione delle autorità non si è fatta attendere.

 

Il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale Oleksiy Danilov ha pubblicato un lungo post su Facebook in cui afferma che il Cremlino avrebbe intenzione di lanciare un nuovo progetto politico in Ucraina, “rivolto ai resti della popolazione filorussa“.

 

I segni di tale attività sono la forte intensificazione di vari ‘esperti‘, ‘attori dell’intelligence’ e altri truffatori nel promuovere l’agenda russa in russo. Sono loro che attualmente gridano al “fallimento” della controffensiva, accennano alla necessità di rivedere gli obiettivi della guerra (e non si tratta più di uno spostamento verso i confini del 1991), danno consigli su come combattere alle Forze armate, emettono false illazioni sui “conflitti” tra i vertici militari e politici, invitano ad accettare i “ russi buoni ” e infine accennano alla necessità di negoziare con la Russia“, ha scritto Danilov. Ha anche osservato che le forze dell’ordine “monitorano attentamente le manifestazioni di tali azioni ostili, identificandole e reprimendole“.

 

Danilov non ha fatto il nome di Arestovich, ma molti lo hanno visto come una risposta alle dichiarazioni dell’ex consigliere dell’Ufficio presidenziale. E quest’ultimo lo ha presto confermato, pubblicando una risposta al segretario dell’NSDC.

 

Arestovych ha scritto sul suo canale Telegram che “l’unica funzione del Segretario dell’NSDC è quella di rompere le scatole allo Stato“.

 

Non ho notato nessun altro beneficio da parte sua in due anni e mezzo nell’Ufficio [del Presidente – ndr]”, ha scritto Arestovych.

 

L'”uomo sobrio” Arestovych

Questa polemica, tuttavia, non ha distolto l’attenzione dalla domanda principale di questa situazione: perché Arestovych ha iniziato a criticare così aspramente la Bankova? La risposta è sostanzialmente la stessa: l’ex consigliere dell’Amministrazione presidenziale si sta preparando per le prossime campagne elettorali.

 

Ma su chi lo stia portando alle urne e sul perché stia criticando così audacemente il governo, le opinioni divergono.

 

Si discutono diverse versioni.

 

La prima, che è in cantiere da tempo, è che gli attacchi di Arestovych siano stati concordati in anticipo con l’Ufficio presidenziale, che sta preparando diverse “colonne” per le elezioni, tra cui il suo ex consigliere.

 

L’analista politico Kost Bondarenko è propenso a questa versione.

 

Arestovych è diventato più attivo dopo le “recensioni” negli Stati Uniti (si dice che a settembre si sia recato in America con Zelenskyy – ndr). Sarà uno dei candidati come sparring partner di Zelenskyi alle prossime elezioni presidenziali. Dopo essersi promosso con questa campagna, passerà alla campagna parlamentare, dove cercherà di consolidare i voti del cosiddetto sud-est. Gli viene garantito il 10% se non ci sono concorrenti in questa nicchia. Naturalmente, la sua candidatura dipende dal fatto che Zelenskyy stesso si candidi e da chi l’Occidente – soprattutto gli Stati Uniti – metterà sulla scheda elettorale. In ogni caso, credo che il suo gioco sia coordinato, altrimenti non sarebbe andato all’estero“, commenta Bondarenko a Country.

 

A sua volta, l’analista politico Vadym Karasyov afferma che non ci sono ancora segnali chiari per stabilire se Arestovych stia giocando per se stesso o per la Bankova. “Più avanti potrebbe essere chiaro se abbiamo visto Arestovych sfidare Bankova e diventare un oppositore, o se si tratta di un piano per conservare i voti di coloro che sono insoddisfatti del governo con l’aiuto di un politico amico dell’Amministrazione presidenziale, con il quale sarà possibile “strappare” una coalizione nella Verkhovna Rada. e un governo di coalizione“, afferma l’esperto.

 

La seconda versione è che Arestovych ha ottenuto il sostegno degli americani che vogliono vedere una maggiore diversità politica in Ucraina e non sono interessati alla monopolizzazione del potere da parte di Zelenskyy.

 

Questa versione è supportata anche dal fatto già citato che la retorica dell’ex consigliere dell’Ufficio presidenziale ha iniziato a inasprirsi dopo il suo viaggio negli Stati Uniti. A questo proposito, si ricorda anche l’intervista rilasciata a Gordon all’inizio di ottobre, in cui ha affermato che se l’Occidente deciderà di porre fine alla guerra senza ritirarsi ai confini del 1991 e Zelenskyy opporrà resistenza, il presidente dell’Ucraina sarà “sostituito” nelle elezioni.

 

Cercheranno una persona sobria che sia in grado di valutare razionalmente ciò che sta accadendo e che firmerà [l’accordo di cessate il fuoco con la Russia – ndr]. Non c’è ancora un’altra immagine“, ha detto Arestovych.

 

E poiché egli chiede di abbandonare l’idea di tornare ai confini del 1991, questa dichiarazione può essere interpretata come un suggerimento che la “persona sobria” che l’Occidente sta cercando è proprio Arestovych.

 

È possibile che Arestovych sia sostenuto da una certa parte delle élite occidentali, che apprezzano l’ampiezza delle opinioni in Ucraina. Dicono che il Paese non può parlare solo con la voce di Zelensky, ci sono anche diverse opinioni critiche“, commenta al Paese l’analista politico Ruslan Bortnik.

 

La terza versione, di cui si discute negli ambienti politici, è che Arestovych sia stato appoggiato e sostenuto da Rinat Akhmetov, il quale, sebbene si sia dato alla macchia, sta probabilmente cercando di trovare un modo per mantenere una certa influenza sul governo ucraino.

I rischi delle elezioni

Infine, ci si chiede se ci saranno elezioni prima della fine della guerra.

 

Nelle ultime settimane, negli ambienti politici ucraini sono circolate voci secondo cui la questione delle elezioni è già stata risolta e sono previste per la prossima primavera, nonostante la guerra. Come minimo, elezioni presidenziali (come prevede la Costituzione a marzo) e forse anche elezioni parlamentari.

 

Tuttavia, è chiaro che sono possibili solo se Zelenskyy è d’accordo. Per avviare il processo, infatti, è necessario modificare il Codice elettorale, cosa impossibile senza i voti della fazione dei Servi del Popolo.

 

Lo stesso Zelenskyy e altri funzionari del governo sono ancora vaghi sulle elezioni, sottolineando i problemi esistenti con il loro svolgimento. Una parte dell’opposizione, guidata da Poroshenko, è contraria alle elezioni durante la guerra. Non ci sono segnali chiari che indichino che la leadership dei Paesi occidentali (e non solo alcuni dei loro rappresentanti, come il senatore statunitense Graham) insiste sullo svolgimento delle elezioni. Anche la maggioranza della popolazione ucraina, secondo i sondaggi, è contraria allo svolgimento di elezioni prima della fine delle ostilità.

 

Tuttavia, secondo la versione attualmente discussa negli ambienti politici ucraini, Zelenskyy vuole ancora indire le elezioni, sperando che durante la legge marziale, con le sue limitazioni dei diritti e delle libertà dei cittadini, il governo abbia maggiori possibilità di raggiungere il risultato desiderato rispetto al tempo di pace. Inoltre, avendo ricevuto un mandato per altri cinque anni, vogliono tenersi le mani libere per qualsiasi esito della guerra senza temere un calo del loro rating se lo scenario della sua fine non coincide con le aspettative degli elettori e le promesse delle stesse autorità.

 

Allo stesso tempo, l’esempio di Arestovych dimostra che il processo pre-elettorale, se avviato, potrebbe rivelarsi un’impresa estremamente pericolosa per il presidente e la sua squadra. Come Arestovych ora, altre forze politiche costruiranno le loro campagne sulla critica più dura a Zelenskyy, promuovendo la tesi che un cambio di governo è necessario, altrimenti ci sarà una catastrofe. Inoltre, se non ci saranno grandi successi in prima linea, come in passato, ci saranno regolarmente scandali di corruzione.

 

Tutto questo potrebbe portare a una forte destabilizzazione della situazione nel Paese e rendere imprevedibile l’esito delle elezioni. Soprattutto se si deciderà di indire elezioni parlamentari, che probabilmente coinvolgeranno un gran numero di militari appartenenti a diverse liste di partito. O forse le Forze Armate creeranno nuovi partiti. In questo caso, la perdita della maggioranza nella Rada da parte di Zelenskyy sarà abbastanza possibile. Per non parlare dei costi in termini di sforzo, di irritazione della società o addirittura dell’esercito, che si disperderà in diversi schieramenti politici.

 

Se Zelenskyy deciderà di tenere le elezioni in queste condizioni è ancora una questione aperta. Tuttavia, se l’Occidente assumerà improvvisamente una posizione dura sulla questione e ne dichiarerà l’assoluta necessità, il margine di manovra del presidente si restringerà notevolmente.

 

 

Politica e geopolitica. La matrice anglosassone Con Federico Bordonaro, Giacomo Gabellini, Roberto Buffagni

Il rapporto tra scuole geopolitiche ed azione politica nelle relazioni internazionali tra centri decisori strategici è particolarmente controverso, come lo è quello tra il politico, come definito da Freund e le decisioni politiche, come lo sono le “onde lunghe” e le costanti della storia da una parte e le fibrillazioni del confronto e conflitto politico sul terreno determinato dai soggetti in azione, in particolare quelli decisori. Non vi è nulla di strettamente determinato su di un medesimo piano. All’egemonia inglese e statunitense degli ultimi due secoli ha corrisposto l’egemonia e alla fine il dominio delle chiavi interpretative geopolitiche anglosassoni nel mondo sino ad indurre le élites dominanti occidentali ad assumere un atteggiamento deterministico e dogmatico tale da allontanarle dalla adeguata interpretazione della realtà e da rappresentare le proprie scelte politiche in un quadro schizofrenico sempre meno credibile ed autorevole. Una crisi dalla quale faticano ad emergere con successo nuove chiavi interpretative più adeguate a definire strategie, obbiettivi e tattiche in un contesto multipolare. Una difficoltà che testimonia dell’incapacità di emersione nel mondo occidentale di nuove élites in grado di comprendere e sostenere adeguatamente il confronto e lo scontro che si prospetta sempre più drammaticamente. Il carattere asfittico del dibattito politico in Italia, compreso quello nel magmatico e sterile movimento “sovranista”, è forse l’aspetto più penoso, pur se innocuo per le sorti del mondo, che ci tocca riscontrare. Il libro di Federico Bordonaro può offrire in proposito al dibattito tanti spunti, come evidenziato, si spera, dalla discussione. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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L’arte della guerra russa in Ucraina Ne discutono Giacomo Gabellini e Roberto Buffagni

Riprendiamo dal canale YouTube “il contesto” https://www.youtube.com/@Il-Contesto una conversazione tra Giacomo Gabellini e Roberto Buffagni https://www.youtube.com/watch?v=S8h5TvjvISw sul tema delle ipotesi e delle interpretazioni sulle quali i contendenti del conflitto in Ucraina hanno definito scelte, strategie e tattiche di guerra. La base di discussione poggia su una pubblicazione della Rand Corporation della quale cureremo a breve la traduzione. Roberto Buffagni ha già pubblicato su www.italiaeilmondo.com numerosi articoli e saggi e curato diverse traduzioni sull’argomento https://italiaeilmondo.com/category/dossier/autori-dossier/roberto-buffagni/ Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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DEGENERAZIONE DELLE CLASSI DIRIGENTI OCCIDENTALI, UN ESEMPIO MICA MALE, di Roberto Buffagni

DEGENERAZIONE DELLE CLASSI DIRIGENTI OCCIDENTALI, UN ESEMPIO MICA MALE.

Sulla guerra in Ucraina i commentatori, gli esperti geopolitici e militari ufficiali dell’Occidente INTERO non hanno imbroccato MAI una previsione. Hanno inanellato errore di analisi su errore di analisi, stupidaggine tecnica su stupidaggine tecnica, e possono persino permettersi di fare nuovi errori di analisi DIVERSI e magari opposti ai precedenti, dire stupidaggini DIVERSE e magari opposte alle precedenti, previsioni sballate DIVERSE e magari opposte a quelle del giorno prima senza che nessuno glielo faccia MAI notare. L’unica coerenza indefettibile che mostrano è che non CI IMBROCCANO MAI.

Poi si danno pacche sulle spalle, si assegnano a vicenda premi, medaglie, pensioni, sinecure, ricchi premi e cotillons. Non faccio nomi perché c’è il codice penale e le cause per diffamazione costano, anche se le vinci.

In compenso, le analisi più accurate e realistiche, le previsioni che si dimostrano più azzeccate provengono da commentatori confinati sui social media, di solito militari pensionati e dilettanti appassionati di storia e cose militari: per nominarne qualcuno e scusandomi con chi non menzionassi, “Big Serge”, Bernhard Horstmann del blog MoonofAlabama, Simplicius the Thinker, Lee Slusher di Deepdive; in Italia, il gen. Fabio Mini (in pensione), il gen. Marco Bertolini (in pensione), Enrico Tomaselli (un designer e curatore di arte contemporanea, dilettante di storia e di cose militari, che scrive sul blog “Giubbe Rosse”), Francesco Dall’Aglio (un medievista dell’Accademia bulgara delle Scienze, appassionato di cose militari, che scrive su Facebook) e se mi è consentito, il sottoscritto (un dilettante di storia e cose militari, di professione drammaturgo,  che scrive sul blog italiaeilmondo.com).

C’è poi il caso clamoroso e assurdo, fino a ieri inconcepibile, di John Mearsheimer, il decano degli studi geopolitici dell’Occidente, per giunta anche diplomato a West Point, le cui opere sono testi obbligatori in tutti i corsi universitari di International Relations occidentali, che in passato ha, logicamente, scritto su tutti i più importanti periodici statunitensi e occidentali, da “Foreign Affairs” al “New York Times”; e che oggi, invece, è costretto anche lui a diffondere le sue analisi (corrette) e le sue previsioni (azzeccate) sui social, con il suo substack https://mearsheimer.substack.com/ , con interviste a blogger, eccetera. Essendo un luminare, perlomeno può fare capolino nell’ufficialità fuori dall’Occidente, si veda la recente intervista a una giornalista televisiva di Hong Kong.

In sintesi la situazione è la seguente. C’è il geometra pensionato (nel caso di Mearsheimer, il celebre architetto) che osserva i lavori nel cantiere di un grattacielo di trecento metri, e si accorge che nel progetto e nell’esecuzione ci sono gravi errori strutturali. Allarmato chiama il capocantiere, glielo fa notare, cerca di spiegarglielo con abbondanza di argomentazioni tecniche e analogie con l’esperienza del passato, si accalora, si sbraccia, rischia l’incidente cardiaco: ma il capocantiere dopo un minuto e mezzo si stanca di questo vecchio che parla a vanvera e se ne va. Se il vecchio insiste lo prende a male parole, se persiste chiama i vigili urbani e lo fa accompagnare a casa, a cucinarsi una minestrina di dado e a bersi la camomilla davanti alla TV.

Però l’anno dopo il grattacielo viene giù, con tutta la gente dentro che ci rimane sotto. That’s all folks.

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A proposito de “IL MONDO È DI CHI FA PROGETTI “di Pierluigi Fagan e Roberto Buffagni

In margine a questo post su Facebook di Pierluigi Fagan del 1 ottobre, l’Autore e Roberto Buffagni hanno intrecciato una bella discussione, da punti di vista diversi, che pensiamo valga la pena di leggere. Nella forma concisa e semplificata di scambi come questo, vi si trovano molti spunti di riflessione sui quali noi tutti dovremo ritornare, in futuro. Ci scusiamo con gli altri interlocutori, molti dei quali sono intervenuti con commenti interessanti e pertinenti. Per coerenza e semplicità di lettura, riportiamo qui soltanto il dialogo a due tra Fagan e Buffagni.

Buona lettura.

 

IL MONDO È DI CHI FA PROGETTI (quindi non è nostro). Pochi mesi dopo l’inizio del conflitto russo ucraino, postai articoli con dichiarazioni molto ben argomentate di Zelensky, nei quali il nostro dichiarava che l’Ucraina sarebbe diventata “l’Israele d’Europa”.

Si riferiva all’idea che, finito il conflitto (era da poco iniziato, ma lui pensava già al “dopo”), Kiev sarebbe diventata un polo tecnologico grazie ad investimenti esteri (occidentali), lanciando così una Ucraina 2.0 nel futuro dell’info-digitale-globale. Per la verità già c’era una storia poco illuminata di fabbriche di biotecnologie soprattutto americane (con dietro storie ancora più oscure in cui si diceva coinvolto il figlio di Biden) dislocate nel paese che, prima della guerra, era noto per essere fuori dal novero dei paesi civili e democratici, come sancito dal Democracy Index del the Economist da qualche anno.

Lo stesso “inner circle” di Zelensky, di cui alcuni rappresentanti abbiamo apprezzato nei talk italici, era composto da giovani rampanti, anglofoni, poco più che trentenni, allevati nelle università anglo-americane. Giovanotti e giovanotte perfettamente in linea culturale con questa idea di una Nuova Ucraina che tramite il bagno di sangue, sarebbe transitata da “stato fallito” a punta di lancia info-tecnica dell’Occidente intero. Tanto al fronte mica ci andavano loro.

La cosa aveva senso non solo in termini di contenuto, ma anche di forma in quanto una Ucraina così importante dal punto di vista della ricerca, sviluppo e produzione strategica per l’intera Europa, sarebbe stata di fatto nell’UE e nella NATO a prescindere da quanto tempo concreto si sarebbe impiegato per ratificarlo. In un altro post, poco tempo dopo l’inizio della guerra, riferivo del noto gruppo di interesse che collettava la galassia atlantista stabilitisi a Kiev da tempo che, già ai tempi dell’elezione di Zelensky, interveniva pubblicamente dicendogli cosa doveva e non doveva fare. Zelensky è stato eletto nel 2019, ma questa gente operava massicciamente in Ucraina da anni.

Tutte cose a suo tempo del tutto note a chi segue le questioni geopolitiche non serietà ovvero non chi si sveglia la mattina e si mette a commentare fatti (o meglio articoli di giornali che danno una certa versione dei fatti) come se questi sorgessero improvvisi dal cappello magico del Mago Epifenomeno.

Per altro, occorre lettori e lettrici comprendano che chi scrive non è un giornalista ed ha poco o nulla interesse a far da cane di caccia di questi dietro le quinte. Come studioso, so perfettamente che ci sono i dietro le quinte, è nella storia, come lo sanno tutti quelli che trattano questi argomenti. Basta quindi approcciare il fenomeno del mondo facendosi le domande giuste, basta una intervista a Zelensky, basta capire cosa sta dicendo dietro ciò che sta dicendo, unirlo ad altre info e si ha il quadro senza passare la vita a scavare nella fogna degli eventi che scorre sotto le nostre strade pulite, resilienti, inclusive, innovative, sfidanti, futuro-promettenti e quanto alla galassia dei “valori” con cui si baloccano le menti ignare della realtà pensando di vivere nel migliore dei mondi possibili.

Non solo gli studiosi, anche i poeti sanno queste cose come ad esempio T.S.Eliot per il quale era noto che “Il genere umano non può sopportare troppa realtà”. Cosa arcinota anche ad ogni potere che riveste le scabrose vicende proprie di ogni potere di confezioni profumate, colorate, morbide ed attraenti ovvero ideologie, passioni, valori, identità, manifesti etici. Chi li vota e chi si sottomette al loro comando, avrebbe uno choc nello scoprire quanto è disgustosa la faccenda.

Molti studiosi abboccano anche loro alla versione parolaia delle realtà, debbono campare quindi lo fanno per lavoro o per debolezza psico-cognitiva. Altri sopportano il male del mondo, c’è, che ci vuoi fare, almeno cerchiamo di capire come funziona, magari troviamo il modo per diminuirlo un po’. I poeti, invece, poverini, ne escono con l’anima maciullata visto che di impostazione sono persone che vivono coltivando la sensibilità umana. Per questo tra i poeti c’è il più alto tasso di suicidi.

Ad ogni modo, eccoci all’approdo odierno di cotanta storia. Copio + incollo da Repubblica di stamane:

«L’Ucraina diventerà l’Israele d’Europa». Gli analisti militari più esperti usano questa immagine per spiegare il senso della cosiddetta Alleanza delle industrie della difesa, l’iniziativa lanciata dal presidente Zelensky davanti a 252 produttori di armamenti ed equipaggiamento giunti a Kiev da trenta Paesi per partecipare al primo forum internazionale del settore organizzato a conflitto in corso. «L’Ucraina nel futuro prossimo vuole essere insieme hub della tecnologia bellica occidentale più avanzata e prima utilizzatrice delle forniture realizzate nel suo stesso territorio», concordano gli analisti. Non più solo consumatrice di sistemi d’arma, quindi, ma anche produttrice ed eventualmente esportatrice. «È lo scenario più plausibile, che ricorda appunto la situazione in cui si trova Israele». C’è da apprezzare il buonsenso dell’idea, da consumatore e produttore, razionalità economica e strategica in un colpo solo.

“Zelensky ha anche un secondo scopo, però: attrarre investimenti e creare partnership con l’industria internazionale della difesa, sia pubblica che privata, finalizzando joint venture che portino alla delocalizzazione, cioè alla produzione delle armi Nato direttamente in Ucraina. “ dice Rep. Ucraina bene comune dell’Occidente ed hot spot governato da una banda di oligarchi trafficanti d’armi che è poi esattamente quello che facevano anche prima della guerra, assieme a corpi di giovani donne e traffico di droga e continuano a fare “per finanziare la propria eroica resistenza”, certificato dal rapporto 2013 del Dipartimento di Stato americano INCSR (International Narcotics Control Strategy Report che elegge lo sfortunato paese, hub internazionale di primo livello nel black-business). Oddio “per finanziare la propria eroica resistenza” magari è un po’ esagerato visto che è abbondantemente finanziata da noi e dagli americani.

Deliziosa la chiusura dell’articolo del giornale di Molinari: “Dietro la mossa di Zelensky, dietro l’Alleanza offerta all’industria della guerra (concordata con Washington assicura il giornale e sponsorizzata dall’industria delle armi britannica e tedesca che poveretti, ora hanno problemi con la loro industria metallurgica visto che gli hanno tagliato il gas), c’è anzitutto un’esigenza. Impellente e decisiva. Kiev ha percepito che l’aiuto degli alleati non sarà per sempre e non sarà per sempre a costo zero. Glielo ha ricordato, ancora due giorni fa, il ministro della Difesa francese Lecornu. «Gli arsenali francesi si stanno svuotando. La fornitura gratuita di armi deve diventare l’eccezione, la regola dev’essere la partnership industriale». Che, tradotto, significa che l’Ucraina, nel medio termine, dovrà mettere in conto di dover pagare per veder arrivare le armi che le stanno consentendo di resistere alla Russia.”. Eh cribbio, mica vorremmo passare la vita a dare soldi agli ucraini per le armi no? Che se le producano loro!

Grandioso, e con quali soldi gli ucraini dovrebbe far investimenti per diventare la Nuova Israele? Ma che sciocchini che siete, coi nostri e con quelli di tutto il complesso finanziar-militar-industrial-commerciale che è la vera punta di lancia dell’Industria 4.0 con cui gli americani sperano di evitare il tramonto occidentale con qualche app ed un po’ di intelligenza artificiale attorno.

Passano gli anni, i decenni, ma l’essenza occidentale non fa un passo avanti, amiamo le tradizioni. Sì, va be’ c’è qualche maschio che si traveste da femmina, siamo per una nuova etica con cui trattare gli animali (Nussbaum), andiamo dallo psicologo perché non sopportiamo il peso della consapevolezza della sesta estinzione di massa che avanza a grandi passi, però al fondo amiamo la nostra essenza eterna: à la guerre comme à la guerre!

Così chi può, ha deciso che affronteremo l’era complessa, meno cultura, mono-informazione, più lavoro a meno costo e diritti, democrazia di nome mai ormai non più di minimo fatto, grandi ondate di indignazione contro il Male del mondo autocratico, arabo, africano, cattivo, insensibile, infame, discriminatorio.

Il mondo è di chi fa progetti, questo è il progetto per il nostro Occidente, pensato e composto da decenni, preparato, guidato, tessuto con perizia e pazienza mentre voi vi dedicate alle pesche. Se poi qualcuno ha l’ardire di farvelo notare, sarà sicuramente un complottista, va tutto bene. L’importante è che non vi venga neanche per l’anticamera del cervello il dubbio che il mondo va, più o meno, per come qualcuno l’ha progettato, le strategie non esistono, tutto accade come lo vedete, a caso, azione-reazione.

Un tizio maligno dopo venti anni di proscenio mondiale, accorpato addirittura nei G8, con cui abbiamo fatto lingua in bocca per anni ed anni, una mattina si sveglia e si ricorda che lui è l’erede di Pietro il Grande, invade l’Ucraina e noi ci alziamo come un sol uomo al grido di “Libertà, Liberta!”. Da qui alla Nuova Israele è un attimo, segue Armageddon. Valore dei classici…

[Non so se l’articolo è a pagamento, l’essenziale però l’ho riportato nel virgolettato] Il noto gruppo di interesse citato nell’articolo è questo, 2019, avvertimento al neoeletto Zelensky (in realtà eletto anche dai russofoni, con mire anticorruzione e favorevole a gli accordi di Minsk. Dopo aver letto “Foreign Policy Issues” (ripeto 2019!), andare su About UCMC e scrollare a Donors: https://uacrisis.org/…/71966-joint-appeal-of-civil…#

 

ROBERTO BUFFAGNI Grazie Pierluigi. Il mondo è di chi fa progetti e ci indovina. Gli ucraini non ci hanno indovinato, e infatti il loro progetto finirà nel buco nero in cui stanno trasformando il loro paese.

PIERLUIGI FAGAN Roberto, il progetto non è ucraino. Attenzione a ridurre il conflitto alle mappe militari, quello è solo un aspetto e neanche il più importante.

ROBERTO BUFFAGNI Certo, hai ragione. Guarda però che a mio avviso, il progetto statunitense è sbagliato perché hanno errato l’analisi della correlazione di forze in tutti i campi dove conta: militare, economico e politico. Poi, sempre secondo me, il confronto militare, specialmente il confronto militare quasi diretto (speriamo non diretto senza quasi) tra grandi potenze come questo NATO-Russia lo è, la cosa più decisiva, perché una sconfitta umiliante fa perdere prestigio, deterrenza, influenza a chi la subisce. Qui chi perde in Ucraina ne esce seccamente ridimensionato se gli sconfitti sono gli USA, destabilizzato e forse distrutto se è la Russia. Perché perda la Russia ci vuole una serie di miracoli. Io in Dio ci credo ma una sfilza di miracoli così non mi è nota.

PIERLUIGI FAGAN C’è un altro piano del discorso. Portare il conflitto ad un livello in cui può succedere l’irreparabile. Tante cose che ci sembravano assurde due anni fa, oggi sono normali. Il conflitto non è stato programmato per avere fine, ma per salire gradini di una scala che chissà dove arriva. Oggi Vincenzo Costa scriveva un post sullo sdoganamento del nazionalismo, bestia che se fai uscire dalla gabbia non la riprendi più. Russia ed Europa sono sulla stessa zolla di terra, gli USA no.

ROBERTO BUFFAGNI Il conflitto è GIA’ su un piano in cui può succedere l’irreparabile. In caso di conflitto convenzionale NATO-Russia lo U.S. Army War college prevede 100.000 perdite/mese, un livello inaccettabile politicamente in Occidente, di modo che si giungerebbe rapidamente all’impiego dell’arma nucleare, prima tattica e poi nessuno sa che cosa succede perché non esistono precedenti e la pressione psicologica sui decisori farebbe fondere il granito. I russi hanno già detto che a loro un mondo senza la Russia non interessa, e io ci credo perché questo grado di determinazione assoluta sta nel loro patrimonio storico plurisecolare (qui quello che per ora, sottolineo “per ora” è stato fatto uscire dalla gabbia è il patriottismo russo, un animale che mette soggezione, ma non è il nazionalismo russo che è la mutazione genetica del patriottismo, e che uscirebbe senz’altro se il conflitto NATO-Russia si fa diretto). Siccome l’elemento più affidabile per indovinare il comportamento futuro è il comportamento passato, se uno pensa che i russi cedano prima di vincere alle loro condizioni quando ritengono sia in ballo l’esistenza della patria si sbaglia, secondo me. Per ora sono estremamente cauti e prudenti, e speriamo che continuino ad esserlo (tanti auguri di lunga vita e buona salute a Putin, statista moderato e saggio). Aggiungo per concludere che gli oceani non proteggono più come prima gli Stati Uniti, per l’evoluzione della tecnologia militare anche convenzionale.

PIERLUIGI FAGAN Sì, sì concordo ovvio, ma non stavamo facendo previsioni di chi vince (troppe variabili aperte e dinamiche non lineari), stavamo facendo analisi su cosa hanno pensato quelli che hanno varato questa strategia. Non so come hanno immaginato il finale. L’idea che qualcuno espone (secondo me per rincuorarsi) di una banda di cialtroni che agiscono alla come viene, non credo sia realistica. Ed al di là del finale più o meno cruento, pensare a cosa sarà la realtà politica, economica, sociale qui in Europa dopo questo lungo trattamento, m’inquieta. Un meeting di 252 armaioli stante che non c’è solo l’Ucraina, o in futuro l’Artico o il Centro-Asia o il Mar cinese, dà il segno dei tempi. Molto brutti, ma non solo per ucraini o russi. Se i “consumatori” diventano “produttori”, anche noi spettatori potremmo diventare attori alle giuste condizioni, condizioni che ci sembrano assurde oggi, ma potrebbero non esserlo più domani. Ritorna al 1914.

ROBERTO BUFFAGNI “cosa hanno pensato quelli che hanno varato questa strategia” è una bellissima domanda alla quale è estremamente difficile rispondere. Secondo me la tua risposta è perfetta se modifichiamo leggermente la domanda: “che cosa HANNO CREDUTO di pensare quelli che hanno varato questa strategia”. Essi NON sono né erano una banda di cialtroni, erano però, a mio avviso a) ubriachi di potenza e di certezza dell’impunità dopo il crollo dell’URSS b) drogati ideologicamente da una prospettiva sul mondo e sull’uomo radicalmente sbagliata che sta producendo la sua maestosa eterogenesi dei fini. Commessi i primi errori strategici di fondo (anzitutto l’integrazione della Cina nel sistema mondo a guida USA e lo sfruttamento senza riguardi della Russia) ne stanno facendo altri, a catena, in un circolo vizioso di correzioni dell’errore che sono altri errori che esigono altre correzioni che sono altri errori e così via fino al BLAM finale che non si sa in che forma e quando arriverà.

PIERLUIGI FAGAN Secondo te non hanno calcolato che i russi sono quattro volte gli ucraini e con 5000 testate nucleari? Ho letto delle analisi di generali americani da te pubblicati. I generali sono come gli economisti, leggono il mondo con una sola lente polarizzata, ma il mondo è l’insieme dei fatti ed a molti, la complessità di questo “insieme” sfugge. Non credo sfugga a chi governa il potere americano, possono sbagliare, possono non aver scelta ed infilarsi in un cul de sac, hanno però consapevolezza dell’intreccio di quell’insieme a differenza di molti altri.

ROBERTO BUFFAGNI Secondo me hanno calcolato a) che i russi fossero militarmente deboli, e che le FFAA ucraine, nel 2022 il secondo esercito NATO dopo gli USA le cui truppe per tradizione storica combattono con molta determinazione, fossero in grado di infliggere loro una sconfitta decisiva IN UCRAINA b) hanno creduto che le sanzioni destabilizzassero l’economia russa e aprissero crepe nella classe dirigente c) non hanno calcolato le capacità di generazione delle forze dell’industria militare russa d) hanno calcolato male la capacità della Russia di formare alleanze politiche. In sintesi hanno creduto che fosse possibile indebolire la Russia abbastanza da a) confinare il conflitto in Ucraina, e qui sconfiggere rapidamente le forze russe disponibili b) destabilizzare la Russia economicamente e politicamente, suscitando le spinte centrifughe sempre latenti in Russia. Per farla corta, hanno creduto che non fosse necessario infliggere una sconfitta militare decisiva a TUTTA la Federazione russa, facendola capitolare, come in realtà sarebbe necessario perché la NATO ottenesse una vittoria, ma bastasse una sconfitta parziale della Russia in Ucraina in combo con l’indebolimento sociale ed economico. Ovviamente quanto precede è una mia ipotesi, non mi ha telefonato Milley. Le ragioni dell’errore sono, in pillola, esposte nel commento precedente. Liofilizzando hanno sottovalutato gravemente la Russia e sopravvalutato gravemente se stessi. Aggiungo che “le analisi dei generali americani da me pubblicate”, che penso sia lo studio dei colonnelli dell’U.S. Army War College, dimostrano una cosa certo vera, ossia che ci sono ottimi professionisti nelle FFAA americane, ma costoro NON fanno parte dei circolo dei decisori, e anzi devono dire quel che dicono in punta di piedi e con mille eufemismi e circonlocuzioni, perché negli USA si verifica quel che si verifica anche qui, cioè la degenerazione delle classi dirigenti, la chiusura del pluralismo delle opinioni, vedi Mearsheimer che deve fare il dissidente sui social come te e me, insomma l’assenza di circolazione delle élites (v. Pareto). In breve chi prende le decisioni e detta l’agenda NON è chi dovrebbe farlo perché è il più bravo. Tutto qui ma è tanta roba.

Aggiunta. La previsione militare degli americani si è dimostrata errata, ma non era folle, perché (sempre secondo me, lo dico una volta sola) i russi, con l’intervento di febbraio, hanno fatto un capolavoro strategico e operativo. In inferiorità numerica 1:3, con una grande manovra diversiva hanno occupato il Donbass e protetto la Crimea. È probabile che l’intervento sia stato deciso in quel momento perché i russi, dalle informazioni che avevano e dall’interpretazione che davano delle intenzioni NATO, hanno prevenuto un attacco in forze ucraino nel Donbass che avrebbe minacciato direttamente la Crimea, e che sarebbe stato impossibile contrastare con le forze russe allora disponibili. Se il piano NATO-Ucraina era quello, in caso di riuscita i russi avrebbero subito una grave sconfitta militare, per reagire alla quale avrebbero dovuto mobilitare centinaia di migliaia di uomini, nell’ordine del milione, e affrontare una guerra estremamente difficile e costosa. Con la spinta di una crisi economica provocata dalle sanzioni, la destabilizzazione della Russia sarebbe stata possibile. Secondo me il progetto NATO-Ucraina era questo, a grandissime linee.

PIERLUIGI FAGAN Io e te abbiamo una visione radicalmente diversa. Tu pensi che la guerra in Ucraina l’abbiano promossa pensando solo alla Russia, io penso che l’abbiano promossa per più ragioni in cui c’è anche quello che dici, ma c’è anche (soprattutto) la piena e veloce cattura egemonica dell’Europa per riquadrare l’Occidente in vista del conflitto multipolare (fatto e non era affatto scontato), oltreché come citava Dado Derrick il vecchio caro keynesismo di guerra che oltretutto mobilita fondi, ricerche e sviluppi con ampie ricadute tecno-commerciali (lo stanno facendo) per economie occidentali sempre più alla frutta (e non solo alla “pesche”  ). Chi decide fa sintesi del sistema, ha responsabilità di sistema e la sintesi sfugge a molti studiosi che sono specializzati in un campo alla volta ed a cui sfugge irrimediabilmente il “sistema”.

ROBERTO BUFFAGNI C’è sicuramente anche questo, Pierluigi. Secondo me la cattura dell’Europa era un contorno, diciamo, e non il piatto forte. Il piatto forte era: sconfiggere la Russia e contenere la Cina. È poi vero che il mio punto di vista può esser distorto perché parziale, vedo meglio le dinamiche militari delle altre così che cerco le chiavi dove per me c’è luce, diciamo.

PIERLUIGI FAGAN Contorno? Pensa che quello che per te è un “contorno” per me è il tacchino del Thanksgiving in chiave di conflitto multipolare. Prima fai la squadra, poi giochi, immagina il conflitto multipolare con Germania, Francia ed Italia che flirtano con russi, cinesi e resto del mondo, entrano nei BRICS e nella Via della Seta e campano col gas siberiano, non ti reggono sponda all’ONU (e conseguenti), commerciano liberamente “col nemico”. Pensa solo se gli olandesi non avessero messo il ban alla Cina per le stampanti di sfoglie di chip ultima generazione. Questo conflitto non è solo multi-polare è multi-dimensionale, come ebbe a notare Qiao Ling in “Conflitto senza limiti” (LEG Edizioni, consiglio vivamente se sfuggito). In più, in termini di soft power, ti tolgono pure la legittimità di agire in nome alla “civiltà occidentale” come capitò a Bush in Iraq. Abbiamo forme del mentale molto diverse, è evidente, ne nascono analisi e giudizi diversi, ovvio. Le guerre era cose solo militari tanto tempo fa oggi sono “la continuazione della politica con tutti i mezzi”.

 

ROBERTO BUFFAGNI Ho pensato alla tua constatazione, indubbiamente corretta, che tu ed io “Abbiamo forme del mentale molto diverse, è evidente, ne nascono analisi e giudizi diversi, ovvio” e ho cercato di capire perché. Credo che la ragione sia l’impostazione teorica: per me, nella logica di potenza la priorità numero 1 degli attori è la sicurezza, la condizione necessaria (benché non sufficiente) per perseguire tutti gli altri obiettivi che si propongono. Di conseguenza, quando il conflitto diviene aperto cioè militare, questo dominio assume l’importanza numero 1, e la gerarchia di tutti gli altri domini si disegna in conformità alla relazione necessaria che intrattengono con esso. Non ho capito bene se anche nella tua impostazione teorica c’è una priorità numero 1.

PIERLUIGI FAGAN Dal punto di vista americano che questa guerra ha preparato, voluto ed apparecchiato? Mantenere quanta più potenza possibile nella pur inevitabile transizione multipolare. Molti hanno scoperto questo concetto del “multipolare” di recente, ma sono almeno due decenni che se ne discute nelle “alte sfere teoriche” di politica, IR (come chiamano l’argomento che noi chiamiamo “geopolitica” gli americani, in genere), geoeconomia e geofinanza, think tank vari. Non c’entra niente la sicurezza, che problema di sicurezza vuoi che abbiamo gli americani in mezzo a due oceani, ma poi chi li minaccerebbe davvero? Catturare integralmente l’Europa, cercar di imporre il “o di qui o di lì” al resto del mondo, apparecchiare la nuova guerra fatta di varie guerre e conflitti che non si sa se fredda o calda, abbassare la potenza militare russa anche in previsione di altri conflitti e sfere di egemonia (Artico, Centro Asia? Africa, Medio Oriente), disturbare in tutti i modi la crescita cinese e provare a fargli terra bruciata attorno. In tutto ciò, usare il militare con ricerca e produzioni annesse (pensa alla corsa per lo spazio) potenziate dallo sviluppo delle tecnologie NBIC, per sostenere un minimo l’economia con un keynesismo bellico di fatto (ci hanno inventato Internet, il GPS e molto altro, partendo da sviluppi militari, è stata la norma in Occidente, sin dal calcolo delle parabole dei proiettili di cannone al tempo di Galileo e tutta la rivoluzione artigianale e meccanica del XV e XVI secolo). Quanto ai russi nello specifico, l’obiettivo è tenerli occupati per lungo tempo ed infatti Putin sta conducendo sin dall’inizio un conflitto basato sul lungo tempo. Sa perfettamente che l’unica strategia americana che in qualche modo ha funzionato nel dopoguerra è stata impegnare l’URSS in decenni di conflitto usando risorse per il militare e non per il sociale. E’ come a poker. Se hai un contro in banca dieci volte il tuo avversario, alzi continuamente la posta, prima o poi lui non reggerà più. La vedo così, per come ho formato la mia interpretazione mentale, in maniera sistemica, credo ragionino in termini strategico sistemici, anzi ne sono certo. Più che leggere i grandi critici del loro sistema, a volte mi dedico a leggere i loro “intellettuali”, cerco di capire che ragionamenti si scambiano nel loro ambito. Si imparano un sacco di cose. Impari più cose da Kagan che da Hudson. Se non l’hai fatto, leggiti Qiao Liang, i cinesi sanno cose quando si tratta di “strategia”. Quel testo fece molto rumore negli USA ed è del 1999!

ROBERTO BUFFAGNI Grazie della bella replica. Ho letto Qiao Liang, anche Kagan e gli altri che citi o a cui alludi. Concordo con te che si debba ragionare in termini sistemici, e che così ragionino i decisori, americani e non solo. Cerco di farlo anche io. La differenza di prospettiva tra noi è che a mio avviso, il sistema si incardina intorno al problema sicurezza, il nucleo e la condizione di possibilità della potenza. Non ritengo più vero che gli Stati Uniti siano protetti dallo scudo oceanico come lo erano fino a qualche anno fa, perché a) l’evoluzione della tecnologia militare convenzionale mette a rischio il territorio statunitense + rende obsolete le flotte di superficie + rende estremamente difficile e costosa la proiezione di forza contro un nemico alla pari + rende vulnerabili le loro molte (troppe) basi estere. Per farla molto corta, gli USA sono overextended. Cercheranno sicuramente di sovraestendere la Russia con la partita a poker che descrivi (è il piano RAND di qualche tempo fa), però a) la guerra in Ucraina fa diventare la Russia PIU’, non MENO potente, perché a) sviluppa il dispositivo militare, tecnologia ed esperienza comprese, e l’economia industriale russa nel suo complesso in quanto potenza latente b) incoraggia una trasformazione complessiva della formazione sociale russa, che ritorna alla sua “forma ideale” che è imperiale, con le forze armate al primo posto e un patto tra lo Stato cesaristico e il popolo minuto (che deve combattere) + si forma una aristocrazia guerriera che innerverà la classe dirigente legittimandosi con la più antica forma di legittimazione, la guida in battaglia + vengono esclusi o marginalizzati dalla classe dirigente gli occidentalisti russi c) sintesi, in questo poker non c’è un giocatore con un C/C centuplo dell’altro, che può rilanciare fino al cielo ed escludere dal tavolo di gioco l’avversario. Ci sono due giocatori, il più forte dei quali ha la classe dirigente nella parabola discendente del ciclo, e il meno forte che ha la classe dirigente nella parabola ascendente. Poi ovviamente c’è il terzo giocatore, la Cina, che anch’essa ha la classe dirigente nella parabola ascendente, ha fondi quasi illimitati, ed è costretto ad allearsi con il giocatore russo perché a) se la Russia viene sconfitta sa di essere il primo della lista b) ha bisogno dell’esperienza militare russa perché la Cina ha le forze armate, ma non fa guerre da troppo tempo e le ultime che ha fatto le ha perdute. Per farla molto corta, a mio avviso gli Stati Uniti stanno facendo il passo molto più lungo della gamba, e mettono a rischio la propria sicurezza, anche la sicurezza del loro territorio nazionale perché i rischi di estensione della guerra in Ucraina sono reali, e implicano una possibilità, per ora piccola che può crescere fino a divenire una seria probabilità, di coinvolgimento del territorio americano. Questo rischio che si stanno prendendo è senz’altro volto a conservare il dominio egemonico che hanno conquistato dopo il crollo dell’URSS, ma andrebbe rammentato che non si può difendere tutto: chi difende tutto non difende nulla. La scelta strategica con un migliore rapporto rischi/benefici non era questa (era il rovesciamento delle alleanze dopo l’implosione dell’URSS, amicizia con la Russia e ostilità verso la Cina) ma una volta adottata la linea diventa estremamente difficile, quasi impossibile cambiarla, e ogni tentativo di correzione parziale implica nuovi errori, e così via in un circolo vizioso molto pericoloso (per tutti noi, non solo per loro).

PIERLUIGI FAGAN Molto bene, bella discussione. Quello che dici alla fine, sai che è quanto pensano più o meno quasi tutti gli strateghi a parte il gruppo degli invasati neocon ovvero dividere il nemico. Non sono certo io a difendere l’altra strategia, mi limito ad analizzarla. E’ piuttosto complicato capire meglio perché hanno scelto questa idea di lasciare l’avversario con due teste invece che provare a dividerlo in due come pensava Trump (e come pensano dai sacri testi di strategia ad un po’ tutti). Forse hanno visto questioni di legittimità, forse la Russia si presta a far keynesismo bellico visto che la Cina certo non abbocca più di tanto a tensioni come quelle di Taiwan, forse dovevano creare il muro tra Europa e Russia, forse -più semplicemente- il grosso del deep state ci metterà qualche generazione prima di non ritenere la Russia il problema dei problemi anche nell’immaginario. Ad ogni modo, per me il punto che hanno in testa è da qui a trenta anni o forse anche meno, in fondo sanno anche loro che ogni quattro-otto anni cambiano squadra, è il come difendere la proprie condizioni di possibilità economico-finanziarie che gli permettono di fare il 20% del Pil mondiale con solo il 4,5% della popolazione mondiale. Quell’eccesso di ricchezza (che poi si ridistribuiscono internamente alla ca@@o) dipende ovviamente molto da quanta porzione di mondo controllano. Quello che infine io credo semmai dovessi far loro una strategia è che forse non c’è una strategia per quell’obiettivo, stanno andando contro la storia, dovrebbero riorganizzarsi internamente fino a che sono ancora grossi e potenti. Ma del fallimento delle élite sorte in un momento storico ed incapaci di cambiare strada riconoscendo in tempo la profondità del cambiamento storico, è piena la storia. Non c’è e non c’è a nessun livello negli Stati Uniti, una discussione anche di nicchia sul “chi siamo? dove andiamo? Come possiamo andarci?”, anche fuori delle élite. E’ proprio che non sono in grado di realisticamente resettarsi, anche solo mentalmente.

ROBERTO BUFFAGNI Sì, bella discussione di cui ti ringrazio. Ecco, uno dei problemi più seri dell’Occidente e delle sue classi dirigenti è che tacita e rende impossibili queste “belle discussioni”, c’era più pluralismo nell’Impero spagnolo che perlomeno consentiva la pubblicazione delle analisi degli “arbitristas” (poi non è bastato, in effetti solitamente le classi dirigenti in decadenza non ascoltano nessuno e vanno a sbattere). Concordo con te che gli USA “dovrebbero riorganizzarsi internamente fino a che sono ancora grossi e potenti”, in sintesi la strategia più prudente ed efficace sarebbe un isolazionismo temperato, rafforzare la propria egemonia sull’emisfero occidentale, rafforzare la coesione in patria redistribuendo meglio la ricchezza, reindustrializzarsi, in sintesi rafforzare la propria base di potenza in vista dei conflitti futuri. Ma è un vaste programme che gli USA non vorranno e potranno seguire perché va contropelo a tutta la loro cultura, alla quale personalmente addebito il 75% della responsabilità degli errori strategici commessi dopo il 1991.

PIERLUIGI FAGAN Temo che il “ripensamento” della nostra condizioni di possibilità, quelle che permettono l’odine relativo delle nostre vite, sia un problema più ampio che riguarda anche noi europei ed italiani. E’ la mancanza di una seria e realistica diagnosi del mondo che inquieta di più. I più non hanno capito in che epoca son capitati. Giusto, ovvio, umano addossare le colpe alle nostre élite direttive. Tuttavia le forme di vita associata collassano tutte intere, élite con popolo appresso.

ROBERTO BUFFAGNI E su questo punto concordiamo al 371%. La responsabilità etica è anzitutto delle classi dirigenti, ma la responsabilità politica è delle intere comunità, che ne pagano il prezzo, spesso in proporzione inversa alla responsabilità etica.

PIERLUIGI FAGAN …da qui la mia invocazione per la ripresa dei modi democratici. Non è ideologica è del tutto e semplicemente funzionale. Tutto l’insieme di cambiamenti cui dovremmo sottoporci per avere una qualche speranza di trovare un modo adattativo al nuovo mondo, non potranno esser gestiti, accettati, condotti se la maggior parte delle persone non partecipa del problema e dei vari tentativi per affrontarlo. E’ come quando la famiglia (impresa/squadra di calcio etc.) è alle prese con problemi gravi, si fa consiglio, si spiega bene a tutti il problema, si sente cosa hanno da dire tutti gli altri, poi si decide e si fa accettando gli sbagli, gli intoppi, le difficoltà in comune. Non c’è una via facile per risolvere il nostro problema adattativo, forse molti non hanno ben presente realistiche diagnosi e prognosi cosa comportano.

ROBERTO BUFFAGNI E’ un’ipotesi di soluzione, spero che venga adottata ma diciamo che non ci scommetterei tanti soldi Pierluigi  Fuor di scherzo la tua ipotesi richiede, per cominciare, che ci sia un padre molto forte, saggio e autorevole, sennò la discussione in famiglia finisce nel chiacchiericcio o nella lite. Nella storia questo padre si chiama re, imperatore, zar, presidente, vedi tu, va bene anche Paperino, l’etichetta conta poco, conta il contenuto.

PIERLUIGI FAGAN A be’, neanche io. Tuttavia sarebbe già di conforto condividerne l’illusoria speranza. Mostrerebbe almeno senso adulto di responsabilità. Vedo molti che ancora pensano che il problema sia il motivetto da far suonare all’orchestra del Titanic. Ci rivediamo tutti di notte nella acque gelide…allora sì che forse si capirà quanto certe discussioni sono surreali.

ROBERTO BUFFAGNI E anche qui concordiamo al 371%. La lezione arriva, sarebbe meglio se arrivasse PRIMA dell’iceberg.

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la Russia, l’Ucraina e il rovesciamento dottrinale della NATO, di Big Serge_a cura di Roberto Buffagni

Traduco un’acuta, concisa e perspicua analisi tecnico-storica di “Big Serge”, probabilmente il miglior commentatore delle operazioni militari in Ucraina. È stata pubblicata il 4 ottobre in forma di thread su Twitter, account @witte_sergei.

L’Autore identifica le forti somiglianze tra la condotta delle operazioni russe in Ucraina e la dottrina NATO della “Airland Battle”, elaborata al culmine della Guerra Fredda per contrastare un attacco delle forze terrestri sovietiche, nettamente superiori per uomini e mezzi disponibili, e avvantaggiate dalla prossimità logistica al campo di battaglia. La dottrina della “Airland Battle” fu elaborata sotto il diretto influsso del più grande teorico militare statunitense, il colonnello John Boyd. L’analisi di “Big Serge” termina con queste parole: “Questo dovrebbe far riflettere i vertici militari occidentali. Piuttosto che liquidare i russi come un prodotto della forza bruta, dovrebbero considerare che questo esercito russo potrebbe essere un discepolo di John Boyd – un pensiero davvero preoccupante.”

È molto significativo che lo stesso, identico richiamo a John Boyd si ritrovi nell’illuminante studio in due parti sulle prime settimane di guerra che “Marinus” – probabilmente, il Ten. Gen. (a riposo) Paul Van Riper, Corpo dei Marines– ha pubblicato nel mese di giugno e agosto del 2022 sulla “Marine Corps Gazette”, e che a distanza di un anno e mezzo si rivela non soltanto di eccellente qualità, ma preveggente. Li ho tradotti[1] e approfonditamente commentati[2] su italiaeilmondo.com. La seconda parte dello studio termina così: “L’invasione russa dell’Ucraina potrebbe segnare l’inizio di una nuova guerra fredda, una “lunga lotta nel crepuscolo” paragonabile a quella che si è conclusa con il crollo dell’impero sovietico più di tre decenni fa. Se così è, allora ci troveremo di fronte a un avversario che, pur attingendo molto dal valore della tradizione militare sovietica, si è affrancato sia dalla brutalità insita nell’eredità di Lenin, sia dai paraocchi imposti dal marxismo. Ancor peggio, potremmo trovarci a combattere dei discepoli di John R. Boyd.

Buona lettura.

Roberto Buffagni

 

 

 

Thread: la Russia, l’Ucraina e il rovesciamento dottrinale della NATO

 

Da quando gli ucraini hanno iniziato la loro controffensiva nel sud del paese, è emerso un tema: i russi stanno combattendo in modo molto simile a quello dettato dalla dottrina della NATO della fine della guerra fredda.

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Thread: Russia, Ukraine, and NATO's doctrinal reversal Ever since the Ukrainians began their counteroffensive in the south, a theme has emerged; namely, that the Russians are fighting in a manner eerily similar to that dictated by NATO's late cold-war doctrine. (1)

Cominciamo tornando ad alcune nozioni di base molto rudimentali. In guerra esistono due tipi di mezzi di combattimento: gli elementi della manovra e il fuoco. Coordinare l’interazione tra i vari mezzi di manovra e il fuoco a distanza è il compito fondamentale delle operazioni militari.

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Let's start by going back to some very rudimentary basics. In warfare, there are really two types of combat assets: maneuver elements and fires. Coordinating the interplay of various maneuver assets and ranged fires is the foundational task of military operations. (2)

I mezzi di manovra sono quelli che forniscono potenza di combattimento sulla linea di contatto e determinano il controllo della posizione – carri armati, fanteria, veicoli blindati, ecc. I sistemi di fuoco a distanza sono quelli che forniscono potenza di fuoco a distanza dalla linea di contatto: artiglieria, razzi, droni, aerei, ecc.

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Maneuver assets are those that deliver fighting power at the contact line and determine positional control - tanks, infantry, armored vehicles, etc. Ranged fires are systems that deliver firepower remotely from the contact line - artillery, rockets, drones, aircraft, etc. (3)

Al culmine della guerra fredda, i pianificatori militari occidentali si trovarono di fronte a un problema molto semplice: come si poteva organizzare una difesa efficace contro le forze del Patto di Varsavia/Armata Rossa che possedevano un enorme vantaggio in termini di mezzi di manovra? Qual è il piano di battaglia per una forza in inferiorità numerica?

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During the height of the cold war, western military planners faced a very simple problem: how could an effective defense be waged against Warsaw Pact/Red Army forces which possessed an enormous advantage in maneuver assets? What is the plan of battle for an outnumbered force? (4)

I primi tentativi teorici di risolvere questo problema sono stati scoraggianti. Un’idea era quella di adottare una postura difensiva proattiva, concentrando la potenza di combattimento sulla linea di contatto più avanzata.

(5)

Early theoretical attempts to solve this problem were discouraging. One idea was to adopt a proactive defensive posture, concentrating fighting power at the most forward line of contact. (5)

Il problema di questo concetto era la dottrina sovietica delle operazioni sequenziali – pacchetti aggiuntivi di forze di riserva fresche per rafforzare l’attacco. Anche se le forze della NATO fossero riuscite a sconfiggere l’assalto iniziale sovietico, avrebbero avuto scarse possibilità di contrastare il secondo e il terzo assalto.

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The problem with this concept was the Soviet doctrine of sequential operations - additional packages of fresh reserve forces to reinforce the attack. Even if NATO forces managed to defeat the initial Soviet onslaught, they had poor odds against the second and third assaults. (6)

Un’alternativa era la “Difesa in profondità”: più strati di linee difensive progettate per assorbire e attutire l’attacco nemico. Questa soluzione fu ritenuta politicamente problematica, perché implicava che gran parte della Germania occidentale potesse essere invasa e occupata prima che i sovietici esaurissero la loro forza.

(7)

An alternative was "Defense in Depth" - multiple layers of defensive lines designed to absorb and attrit the enemy attack. This was deemed politically problematic, because it implied that much of West Germany might be overrun and occupied before the Soviets ran out of steam. (7)

In definitiva, si trattava di un problema abbastanza semplice da capire, ma molto difficile da risolvere. Le forze sovietiche potevano contare su un vantaggio del 60% in carri armati e veicoli corazzati e su un vantaggio simile in termini di truppe.

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Ultimately, this was a problem that was fairly straightforward to understand, but very hard to solve. Soviet forces could count on something like a 60% advantage in tanks and armored vehicles and a similar manpower advantage. (8)

Inoltre, l’URSS era molto più vicina al potenziale campo di battaglia (la Germania) rispetto agli Stati Uniti, il che significava che sarebbe stato molto più facile per i sovietici alimentare forze e rifornimenti aggiuntivi. Questo problema è cresciuto dopo il Vietnam, con la fine della leva in America.

(9)

Furthermore, the USSR was much closer to the potential battlefield (Germany) than the United States, which meant it would be much easier for the Soviets to feed in additional forces and supplies. This problem grew post-Vietnam with the end of the draft in America. (9)

La soluzione – fortemente influenzata dal più grande teorico militare americano, John Boyd – consisteva nel bloccare un’offensiva sovietica utilizzando una combinazione di fuoco a distanza potente e preciso e di sciami di contrattacchi da parte di mezzi di manovra a terra. Esaminiamone con ordine gli elementi.

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The solution - influenced heavily by America's greatest military theorist, John Boyd - was to stymie a Soviet offensive using a combination of powerful and precise ranged fires and swarming counterattacks by maneuver assets on the ground. Let's review the elements in turn. (10)

Il vantaggio sovietico in termini di potenza di combattimento si basava su un massiccio sistema di alimentazione logistica. Dovevano sia alimentare forze aggiuntive in battaglia (scaglioni) sia spostare continuamente enormi quantità di carburante, munizioni e materiali al fronte.

(11)

The Soviet combat power advantage relied on a massive sustainment system. They needed to both feed additional forces into battle (echelons) and continually move enormous quantities of fuel, munitions, and material to the front. (11)

La superiorità del fuoco di precisione americano – in particolare i sistemi missilistici basati a terra (HIMARS) e quelli lanciati dall’aria – offriva il potenziale per interrompere il sistema di sostentamento sovietico, fornendo potenza di fuoco in profondità nelle retrovie dello spazio di battaglia.

America's superior precision fires - particularly ground based rocketry (HIMARS) and air launched systems - offered the potential to disrupt the Soviet sustainment system by delivering firepower deep into the rear of the battlespace. (12)

Si prevedeva che la capacità di colpire con continuità e potenza avrebbe strangolato la potenza di combattimento sovietica, costringendola a nascondere e distribuire le risorse, impedendole di concentrare le forze di riserva, di spostarle rapidamente al fronte o di rifornirle.

. (13)

It was anticipated that a sustained and powerful strike capability would choke off Soviet fighting power by forcing them to hide and distribute assets, preventing them from concentrating reserve forces, moving them quickly to the front, or supplying them. (13)

Saturando le retrovie sovietiche di attacchi, si sperava che la potenza di combattimento sovietica potesse essere fortemente ridimensionata, impedendo all’Armata Rossa di concentrare i suoi mezzi di terra superiori, e rallentando il loro arrivo sulla linea di contatto.

(14)

By saturating the Soviet rear area with strikes, it was hoped that Soviet fighting power could be severely blunted by preventing the Red Army from concentrating its superior assets on the ground and slowing their arrival at the line of contact. (14)

Inoltre, il col. John Boyd suggerì quello che chiamò “counter blitzing”, una dottrina di vivaci contrattacchi su tutto il fronte nemico. Ciò avrebbe creato una situazione operativa ambigua e avrebbe impedito al nemico di concentrare le sue forze.

(15)

Furthermore, Col. John Boyd suggested what he called "counter blitzing" - a doctrine of lively counterattacking all over the enemy front. This would create an ambiguous operational situation and further prevent the enemy from concentrating his forces. (15)

In sostanza, queste dottrine sinergiche – attacchi di precisione in profondità e una postura di contrattacco frenetica e aggressiva – avrebbero esteso lo spazio di battaglia in tutte le direzioni, diluito la potenza di combattimento dei sovietici, e impedito loro di concentrare le forze per un assalto decisivo.

(16)

In essence, these synergistic doctrines - precision strikes in depth and a frenetic and aggressive counterattacking posture - would stretch the battlespace out in all directions, dilute Soviet fighting power, and prevent them from concentrating forces for a decisive assault. (16)

Nel complesso, questa dottrina era nota come “Airland Battle” (battaglia aereo-terrestre) e la sua qualità distintiva era la difesa in contrattacco e l’uso del fuoco di precisione per distruggere le forze nemiche di retroguardia e degradare il sostentamento del nemico.

(17)

Collectively, this doctrine was popularly known as "Airland Battle", and its defining quality was a counterattacking defense and the use of precision fires to attrit rear echelon enemy forces and degrade the enemy's sustainment. (17)

Ebbene, cosa vediamo in Ucraina? Qualcosa di piuttosto simile alla “Airland Battle”, alla battaglia aereo-terrestre, a quanto pare. La difesa russa dalla controffensiva ucraina ha visto sia una postura di contrattacco altamente proattiva, sia una crescita esponenziale delle capacità di attacco russe.

(18)

Well, what do we have in Ukraine? Something rather similar to Airland Battle, it would seem. The Russian defense against the Ukrainian Counteroffensive has seen both a highly proactive counterattacking posture and an exponential growth in Russian strike capabilities. (18)

Mentre la NATO si è impegnata a riattrezzare le forze meccanizzate dell’Ucraina (soprattutto mezzi di manovra di grosso calibro), la maggior parte delle nuove capacità della Russia si presentano sotto forma di fuochi di sbarramento come il Lancet, il Geran, l’UMPK e gli sciami di droni FPV che affliggono le truppe ucraine.

(19)

While NATO labored to retool Ukraine's mechanized force (mainly big ticket maneuver assets), most of Russia's new capabilities come in the form of standoff fires like the Lancet, Geran, UMPK, and the swarms of FPV drones that plague Ukrainian troops. (19)

Mentre gli ucraini vogliono concentrare il loro pacchetto meccanizzato a sud, i russi hanno sferrato attacchi opportunistici su tutto il fronte, attirando le riserve ucraine e creando un’estrema ambiguità operativa. Il col. John Boyd approverebbe.

(20)

While the Ukrainians want to concentrate their mechanized package in the south, the Russians have conducted opportunistic attacks all around the front, drawing in Ukrainian reserves and creating extreme operational ambiguity. Col. John Boyd would approve. (20)

Nel frattempo, i mezzi d’attacco russi continuano a martellare le aree di sosta, i depositi di munizioni e i posti di comando nel teatro meridionale. Hanno colpito treni e punti di assemblaggio, e tempestano le forze ucraine con i droni.

(21)

Meanwhile, Russian strike assets continue to hammer staging areas, ammunition dumps, and command posts in the southern theater. They've hit trains and assembly points, and they harry Ukrainian forces with drones. (21)

Tutto questo rende quasi impossibile per l’Ucraina concentrare i mezzi di manovra per attaccare, e rallenta il rafforzamento dei loro attacchi. In queste condizioni, è quasi impossibile attaccare con successo. Il fuoco viene sfruttato per disperdere e dissipare i mezzi di manovra del nemico.

(22)

All of this works to make it nearly impossible for Ukraine to concentrate maneuver assets to attack, and slow to reinforce their efforts. Under these conditions, its nearly impossible to attack successfully. Fires are leveraged to dissipate the enemy's maneuver assets. (22)

Ovviamente, la dottrina militare russa attinge al suo profondo pozzo di elaborazioni teoriche – il punto qui non è suggerire che abbiano rubato la “Airland Battle”. Forse, invece, dovremmo dire che il piano “Airland Battle” aveva identificato le verità fondamentali del campo di battaglia e delle operazioni.

(23)

Obviously, Russian military doctrine is its own deep well of thinking - the point here is not to suggest that they ripped off Airland Battle. Maybe instead, we should say that Airland Battle had identified fundamental truths of the battlefield and operations. (23)

Quando il nemico ha bisogno di concentrare le sue forze per attaccare con successo, la risposta logica è estendere lo spazio di battaglia sia orizzontalmente (contrattaccando freneticamente) che verticalmente (colpendo le sue infrastrutture di supporto e le sue riserve), costringendolo a disperdersi.

(24)

When the enemy needs to concentrate his forces to attack successfully, the logical response is to stretch the battlespace both horizontally (counterattacking frenetically) and vertically (striking his sustainment infrastructure and reserves), forcing him to disperse. (24)

Questo dovrebbe far riflettere i vertici militari occidentali. Piuttosto che liquidare i russi come un prodotto della forza bruta, dovrebbero considerare che questo esercito russo potrebbe essere un discepolo di John Boyd – un pensiero davvero preoccupante.

(25)

This should give western military leadership pause. Rather than dismissing the Russians as a product of brute force, they ought to consider that this Russian Army might just be a disciple of John Boyd - a sobering thought indeed. (25)

 

 

[1] https://italiaeilmondo.com/2022/08/29/linvasione-russa-dellucraina-parte-i-e-ii-di-marinus_a-cura-di-roberto-buffagni/

[2] http://italiaeilmondo.com/2022/08/31/sulle-implicazioni-dello-studio-sullinvasione-russa-dellucraina-pubblicato-dalla-marine-corps-gazette-di-roberto-buffagni/

OPPENHEIMER, recensione teppistica_di Roberto Buffagni

OPPENHEIMER, recensione teppistica
Ieri pomeriggio ho visto “Oppenheimer”, un brutto film. Anticipo che mi sono perso gli ultimi venti minuti perché mi sono addormentato, come al solito mi ero svegliato molto presto e non avevo potuto fare il solito pisolino pomeridiano.
Prima di vedere il film, di Robert Oppenheimer non sapevo niente tranne quel che sanno tutti, che era stato il direttore del “Manhattan Project”, che dopo la bomba aveva citato le Baghavad-Gita, che aveva avuto qualche problema con il maccartismo, che portava un caratteristico cappello. Dopo il film, non ho imparato niente di più tranne un aspetto interessante e preoccupante della sua vita di cui parlerò dopo.
“Oppenheimer” è un brutto film perché un film incentrato sulla vita di un uomo che non ce ne mostra l’interiorità, con le sue motivazioni, il suo percorso e il suo cambiamento è un brutto film, a meno che l’uomo non sia Conan il Barbaro.
Dal film si evince quanto segue (che non so in che misura corrisponda alla realtà biografica):
Oppenheimer è un fisico brillante. Quanto brillante non si sa. L’impressione che si ricava è che fosse un brillante fisico di second’ordine (essere di second’ordine quando di prim’ordine sono Heisenberg, Bohr, Einstein è ovviamente un risultato notevolissimo). Pare invece che fosse un organizzatore e un venditore di primissimo ordine; anzitutto, venditore di se stesso, della sua immagine e della sua superiorità, tant’è vero che riesce a radunare menti brillantissime e a coordinarle nel progetto che dirige.
Non ha opinioni solide in merito alla politica o alla società. È genericamente “di sinistra” perché in quegli anni, praticamente tutti gli intellettuali che lo circondano lo sono. Il momento della verità coincide con la guerra di Spagna, che con la creazione della Legione internazionale a sostegno del governo repubblicano fornisce l’occasione per dimostrare quanto si fa sul serio a tutti gli intellettuali.
Ovviamente si può fare sul serio per davvero, ovvero prendere parte alla guerra anzitutto per sostenere le proprie idee e la causa repubblicana e antifascista, come fanno Orwell, che poi scrive il bel libro “Homage to Catalunia”, e Simone Weil, l’improbabile guerriera che appena giunta in Spagna si rovescia sui piedi un pentolone d’acqua bollente e deve tornare a casa, e poi, letto il meraviglioso “Les Grands Cimetières sous la lune”, scrive una lettera indimenticabile a Bernanos, un uomo di destra che militava dall’altra parte; oppure si può fare sul serio per finta, cioè per far vedere a tutti quanto siamo più fighi e valorosi di voi, come Hemingway, che fa un giro in Spagna e poi scrive uno dei libri più farlocchi della letteratura universale, “For Whom the Bell Tolls”, un sogno bagnato adolescenziale che pensando all’età in cui lo scrisse risulta seriamente imbarazzante.
Oppenheimer non fa nessuna delle due cose perché, a quanto risulta dal film, è abbastanza astuto e lungimirante da non compromettersi politicamente e così bruciarsi la possibilità di accedere all’ufficialità che desidera ardentemente. Si limita insomma a sostenere le cause di sinistra a parole.
Allo stesso modo non ha opinioni solide in merito alla bomba atomica. È persuaso che bisogna arrivarci prima dei tedeschi, e ovviamente ci sta. Dopo Hiroshima e Nagasaki ha qualche perplessità, che si manifesta nei seguenti modi: citazione dalla Baghavad-Gita (“Io sono morte, il distruttore di mondi”) e contrarietà alla ricerca per la bomba all’idrogeno, come se un aumento quantitativo della potenza distruttiva fosse il punto chiave. Non firma la petizione contro la bomba atomica promossa da Leo Szilard. Butta lì qualche auspicio inconcludente su una trattativa mondiale per la rinuncia generale agli armamenti atomici, non cogliendo il punto della questione: l’atomica non si può disinventare, le ipotesi possibili sono solo a) gli USA finché ne hanno il monopolio nuclearizzano l’URSS e creano un governo mondiale, come suggerito da Bertrand Russell al Segretario alla Difesa statunitense b) si entra nella meccanica avventurosa della deterrenza.
Ci sarebbe poi il tema della mutazione ontologica inaugurata dalla bomba atomica, ossia il fatto nuovo che l’uomo, uscito dalla minorità con l’Illuminismo come dice Kant, è diventato capace di distruggere sul serio se stesso, ma a questo tema Oppenheimer pare non dedicare pensiero alcuno.
Nel dopoguerra, con l’inizio della Guerra Fredda, il sostegno a parole alle cause di sinistra lo frega perché essendo molto vanitoso ha pestato i piedi a personalità importanti che si vendicano.
L’unica cosa nuova che ho imparato su Oppenheimer è che a un certo punto sbologna il figlio piccolo a una coppia di amici, perché sia lui sia la moglie non hanno voglia di occuparsene. Gli amici accettano, forse (è una mia inferenza, non c’è nel film) perché sono entrambi comunisti e sperano che Oppenheimer ricambi il grosso favore con informazioni sulla ricerca atomica da passare all’URSS.
Al momento della consegna del piccolo sventurato, Oppenheimer dice più o meno: “Siamo due persone orrende, insensibili ed egocentriche” e l’amico comunista ribatte “Le persone orrende, insensibili ed egocentriche non sanno di esserlo”, una affermazione totalmente falsa, come ognun sa: sono i PAZZI che credono di essere Napoleone che non sanno di essere pazzi, gli egocentrici sanno benissimo di esserlo e salvo qualche eventuale rimorso, di solito a parole, gli va bene così, sennò non sarebbero egocentrici.
In effetti Oppenheimer e sua moglie, se hanno fatto quel che il film mostra, SONO due persone orrende, insensibili ed egocentriche, anche perché sono entrambi ricchi di famiglia e se proprio non ce la facevano a occuparsi del bambino potevano tranquillamente pagarsi una o più governanti. Il film non spiega come mai non gli sia venuta in mente questa soluzione più semplice e tradizionale del problema “bambino piccolo che dà noia”. Si evince, o almeno io evinco, che non gli è venuta in mente perché sono effettivamente due persone orrende, insensibili ed egocentriche che vogliono sbarazzarsi totalmente della povera creatura che hanno messo al mondo, e per farla fuori non hanno abbastanza pelo sullo stomaco.
Quanto al film come tale, il povero Cillian Murphy che interpreta Oppenheimer brancola nel buio sgranando gli occhi dal primo all’ultimo minuto (salvo errore per gli ultimi venti in cui ho dormito), perché nessun attore può interpretare bene un personaggio così, sfuggente come un’anguilla, che resta sempre identico a se stesso e inspiegato nelle sue motivazioni. Gli altri attori forniscono il minimo sindacale perché i loro personaggi – tutti di contorno anche quando sarebbero interessanti, come l’amante di O. – sono anch’essi costruiti sulla sabbia, figure di cartone.
Bella fotografia di paesaggi, di esplosioni, di manifestazioni dell’energia con tante righine ondulatorie luminose che ci rinviano alla fisica quantistica (di cui si capisce, ovviamente, zero).
Costo: sei euro grazie alla riduzione per vecchi over 65. That’s all folks.

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