Trattato del Mar Caspio.Verso il cuore dell’Asia e del Mondo, intervista ad Antonio de Martini

Lo scorso agosto i paesi rivieraschi hanno sottoscritto un trattato che regola le controversie secolari sulla delimitazione e l’uso delle acque di quell’enorme specchio d’acqua. Un capolavoro diplomatico in particolare della dirigenza russa agevolato dall’esito della guerra civile in Siria, dalle difficoltà di protrazione dell’intervento militare americano in Afghanistan e, di conseguenza, dall’emersione di ambizioni più autonome di politica estera in Turchia, Iran e Pakistan. Un atto passato in sordina nella stampa europea, non ostante le grandi potenzialità che potrebbe offrire a numerosi paesi europei di una propria collocazione più indipendente. Il segno di un incurabile provincialismo che purtroppo affligge le nostre classi dirigenti. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

Identitari e globalisti 2a parte, di Teodoro Klitsche de la Grange

In calce la seconda parte dell’intervento dell’autore al 30° congresso del PLI tenutosi a Roma nel maggio 2017. Offre sicuramente importanti spunti di riflessione sulle diverse chiavi di interpretazione che si stanno affermando rispetto all’agone politico dei due secoli passati. In rapida successione si pubblicherà il prosieguo_Germinario Giuseppe

qui la prima parte http://italiaeilmondo.com/2018/10/10/identitari-e-globalisti-di-teodoro-klitsche-de-la-grange/

I liberali e la nuova scriminante.

A ogni contrapposizione politica epocale i liberali hanno trovato una collocazione e dato una risposta. Nell’epoca delle guerre di religione i proto-liberali, dai politiques francesi (come Jean Bodin) a filosofi come Spinoza e Locke hanno risposto con la tolleranza e la libertà religiosa. Alla scriminante borghesia/monarchie assolute con l’integrazione delle istanze della classe emergente nello Stato che da assoluto diventava costituzionale (e parlamentare) e infine democratico, a quella borghese/proletario con lo Stato sociale e il “compromesso fordista”.

In una situazione in cui partiti identitari già governano qualche paese europeo, e probabilmente a breve ne governeranno altri, e in altri comunque il consenso raccolto è vicino a metà del corpo elettorale, e talvolta lo supera, il “che fare?” dei liberali italiani consiste nel ruolo che possono svolgere in un sistema politico in cui i “populisti” sono o maggioranza o comunque provvisti di un consenso quasi maggioritario. Tale da dividere grosso modo a metà l’elettorato.

I liberali italiani hanno una caratteristica storica la quale li facilita nella ricollocazione nella realtà politica contemporanea: d’essere l’unica componente del liberalismo europeo ad aver realizzato – col compromesso con la monarchia sabauda – l’unità della nazione. Mentre gli altri euro- liberali hanno trasformato lo Stato nazionale, costruito dalle monarchie in secoli di centralizzazione e riduzione dei poteri feudali, realizzando lo “Stato rappresentativo”, in Italia Cavour e la Destra storica, fondavano l’unità nazionale nello Stato liberale.

Unità nazionale, libertà politica e sociale nascevano insieme: caso unico (per una forza liberale) nella storia dell’Europa moderna. Ne deriva che al liberalismo italiano è peculiare, più che ad altri,  la specificità nazionale e, a ben vedere, anche il connotato di liberalismo idealmente  robusto.

La storia del liberalismo italiano infatti lo mostra associato sempre (almeno finché è stato forza di governo) a decisioni forti e politicamente risolute: dalle guerre d’indipendenza alla guerra civile (il c.d. brigantaggio) al “canto del cigno” del primo conflitto mondiale, non c’è alcunché di “relativista”, di “pensiero debole”, di servilità  mascherata di buone intenzioni. Da un liberale del risorgimento (come a un mazziniano) certi discorsi attuali a favore della globalizzazione sarebbero stati rifiutati come irrealistiche utopie o furbi espedienti per negare l’indipendenza e la pari dignità di Stati (e popoli) sovrani. La sovranità e l’identità  nazionale   furono sempre difese e rivendicate, così come riconosciute – con pari dignità – quelle delle altre nazioni d’Europa.

Si parla di “sovranismo” e compete ai liberali di avere sempre rivendicato (e costruito) la sovranità nazionale. Un liberale particolarmente “robusto”,                        come Orlando, diceva nello splendido discorso contro la ratifica  del Trattato di Pace che “ sovrano è un superlativo; se se ne fa un comparativola difesa    lo si annulla”.

La sovranità è l’essenziale dell’indipendenza: limitarla è conditio sine qua non della dipendenza. Da altri Stati, corporations, sette, banche, che siano: se qualcuno è più sovrano degli altri (di guisa da imporre loro limiti), ciò significa solo che quello è sovrano e gli altri no. La sovranità è assimilabile all’uguaglianza, stravolta dai maiali nella Fattoria degli animali di Orwell.  Come una sovranità “limitata” e tra disuguali si riconcili non solo con la libertà, ma anche, come notava Croce, con la dignità dei popoli, è un enigma tuttora irrisolto.

Non si capisce pertanto lo “scandalo” che ne fanno taluni a sentirne parlare: lo scandalo sarebbe, al contrario, se la si agitasse per ottenere consensi, salvo tradirla nella pratica di governo. Un “nazionalismo” ipocrita e cerchiobottista, prodigo di parole e tirchio di fatti è l’evento da scongiurare: sarebbe l’ennesima doglia (senza parto) della decadenza della Repubblica nata dalla resistenza. Doglie tutte caratterizzate da un profluvio di “idee-forza” agitate con tonitruanti dichiarazioni a copertura di prassi opposte.

L’Europa come testa di turco e capro espiatorio.

A pagare pegno per la nuova discriminante (ed il sentimento politico che ne consegue) sono state le istituzioni europee e la stessa idea di Europa, indicate quali principali responsabili della crisi, e della insufficiente, e talvolta errata, gestione di questa.

Nella realtà, anche se non poche (ma neppure troppe) responsabilità sono da ascriversi all’Unione e ad alcune scelte infelici (specie recenti) della stessa, si deve rimarcare, da un lato che la crisi è stata generata dalla finanza “spericolata”, più che altro delle banche USA (ma gli Stati Uniti l’hanno gestita molto meglio dei paesi europei), dall’altro che una volta scelta la medicina rigorista, in Italia in particolare si è fatto un uso smodato del tipo di giustificazione, già praticata , d’addebitare all’Europa politiche, scelte e prassi di governo, fatte in Italia ma accollate all’Europa. La quale è così la “testa di turco” di una classe dirigente in decadenza, la quale come tutte quelle nella stessa fase del “ciclo”, non ha né la capacità di prendere decisioni congrue né il coraggio di assumerne la responsabilità.

Onde il “ce lo chiede l’Europa”, i “compiti a casa” sono – per lo più – false giustificazioni di élites inadeguate, che hanno per queste il pregio di deviare il malcontento su falsi bersagli. L’espediente, quanto mai pericoloso, ha l’effetto di delegittimare durevolmente le istituzioni europee onde acquisire qualche anno in più di potere. Analogamente a come il giustizialismo ha consunto, a lungo andare, l’immagine (e l’autorità) della giustizia italiana. L’Europa dianzi comoda testa di turco assume, nella fase successiva, il volto (e il ruolo) del capro espiatorio. Ma non merita tale trattamento e tale sorte: non solo l’Europa “storica” dei fondatori. Da De Gasperi a Spaack, da Martino a Monet, le pratiche integrative della comunità europea hanno contrassegnato i migliori anni del dopoguerra; le stesse istituzioni, oggi così criticate hanno portato un respiro liberale e modernizzatore nel panorama catto-comunista. Alla Corte EDU, peraltro organo del Consiglio d’Europa (e non dell’Unione Europea), dobbiamo tante decisioni in difesa dei cittadini dalle soperchierie e inefficienze dei poteri pubblici (nazionali in primis). Che si finisca per buttare via il bambino con l’acqua sporca, o peggio, col tenersi questa e scartare quello, sarebbe il combinato sinergico (tutt’altro che improbabile) di due demagogie opposte, ma convergenti nel risultato: quella delle élite “in lista di sbarco” e l’altra del “nuovo che avanza”.

Economia politica ed economia cosmopolitica.

L’altro bersaglio polemico (di parte) delle demagogie convergenti è il “liberismo sfrenato”, nonché le ombre di Reagan e della Thatcher che appaiono in continuazione ai piccoli Macbeth della contemporaneità italiana.

Anche qui occorre chiarire da una parte che  “l’autonomia del politico” fa si che non possa essere subordinato all’ “economia” (ma è mediabile) ; e che la necessità contingente richiede adattamenti rispetto a modelli ottimali in astratto, ma, spesso, errati in concreto. Occorre un certo pragmatismo in economia (come in politica).

Scriveva Friedrich List che Quesnay, il quale fece sorgere per primo l’idea della libertà universale del commercio, fu anche il primo ad allargare le ricerche su tutto il genere umano, senza però tener conto del concetto di nazione.

E List capiva assai bene come tra economia «cosmopolitica» e «politica» il fundamentum distinctionis è proprio l’insopprimibilità della politica come protezione dell’esistenza e conseguimento dell’interesse generale di una comunità. Se le idee di Adam Smith sono astrattamente fondate, sono (del tutto) applicabili solo in un contesto senza guerra e senza volontà di dominio, ossia in un mondo senza politica, in cui il ruolo del potere sia quello del “guardiano notturno”.

Differente però è la realtà e il ruolo della politica. Questa ha il compito di proteggere l’esistenza (particolare) di una comunità umana (tra tante) e di conseguire il bene comune della stessa.

Ed è perciò concettualmente e (spesso) oggettivamente contrapposta al principio cosmopolitico, perché il mondo politico è un pluriverso di soggetti in conflitto (reale o potenziale). List ricordava che Thomas Cooper «nega perfino l’esistenza della nazionalità. Egli chiama la nazione una cosa inesistente che esiste solo nelle teste degli uomini politici” affermazione che l’economista tedesco considera coerente «perché è chiaro che se si ammette l’esistenza della nazione, con la sua natura ed i suoi interessi, si presenta anche la necessità di modificare l’economia della società umana in relazione a questi interessi speciali».

Per beneficiare realmente di un sistema di libero scambio internazionale occorre che gli Stati abbiano un certo grado di omogeneità e di civiltà, di legislazione e di potenza. Tutte cose non raggiunte e che quindi rendono poco praticabile il modello. Così, a fare un esempio, la delocalizzazione degli apparati industriali da un lato è conseguenza del basso costo (diretto e indiretto) della manodopera nei paesi emergenti; dall’altro di politiche fiscali assai più appetibili praticate da quelli – tipica la flat-tax, diventata realtà in quasi tutti i paesi usciti dal “socialismo reale” – che in quella hanno trovato un ulteriore incentivo per attrarre capitali.

In concreto è la combinazione tra liberalismo internazionale e fiscalismo nazionale a ingigantire la delocalizzazione. Prendersela con il primo per far dimenticare il secondo è un espediente di mediocre propaganda, che sfrutta gli idola di un anti-capitalismo di retroguardia.

Piuttosto occorre una politica che, nell’ambito del possibile e rispettosa delle differenze,  riduca la disomogeneità. Trovarla non è un compito facile: ma non cercarla significa non aver capito il proprio tempo, la situazione concreta e il nemico (politico) principale. Senza che non è possibile individuare gli obiettivi.

Per un proto-liberale dell’epoca delle guerre di religione, il nemico era l’intollerante e l’obiettivo la tolleranza; così per un liberale dell’epoca rivoluzionaria il nemico (principale) era il potere monarchico e l’obiettivo lo Stato rappresentativo; oggi occorre individuare l’avversario da battere e l’obiettivo da conseguire.

In una conversazione ad un Convegno del 2014 di recente tradotta e pubblicata in italiano  Steve Bannon, Chief Political Strategist del Presidente Trump, ha indicato tre avversari principali per un “capitalista illuminato” (termine che nell’uso che ne fa, somiglia molto a un liberale realista): il primo è (una specie di) “capitalismo di Stato, il capitalismo che si vede in Cina e in Russia”, ossia quel tipo, residuo dell’egemonia catto-comunista, che ancora permea le istituzioni italiane; questo “è una forma brutale di capitalismo che si preoccupa solo di creare ricchezze e valore per una piccola minoranza. Un secondo tipo di capitalismo che mi sembra quasi altrettanto preoccupante è quello che io chiamo il capitalismo alla Ayn Rand, oppure la Scuola oggettivista del capitalismo libertario. Questa forma di capitalismo è molto differente da quello che io chiamo «capitalismo illuminato» dell’Occidente ebraico-cristiano. È un capitalismo che davvero cerca di trasformare le persone in merce”; infine “siamo anche nelle fasi iniziali di una guerra globale contro il fascismo islamico”.

Tutt’e tre gli avversari di Bannon lo sono anche di un liberale realista: il primo perché riduce la libertà economica e individuale, il secondo perché, in una declinazione estremista, restringe il diritto delle comunità ad un’esistenza autonoma; il terzo perché nega sia la libertà, sia la separazione tra potere temporale e spirituale.

Il “liberalismo sfrenato”, oggetto di tante recenti critiche, pecca per omissione, nel non considerare l’aspetto politico nazionale, ossia il compito dello Stato di proteggere la comunità, l’esistenza ed il benessere della stessa ma non è in diretto ed insopprimibile contrasto con visione ideale e prassi di governo liberale, mentre gli altri due lo sono; soprattutto se coerentemente e generalmente applicati.

Non è poi comprensibile in che modo un mondo senza frontiere possa raggiungere una situazione di ordine. In fondo, già all’epoca della guerra di religione la regola cuius regio ejus religio, cioè la divisione territoriale delle religioni “ufficiali”, diede una forma di ordine, di cui il principio di tolleranza fu la conquista successiva. Ma “globalizzare” significa negare confini e frontiere: in una situazione in cui le differenze contano più delle concordanze, negare o limitare radicalmente il diritto delle comunità a decidere del proprio modo d’esistenza politica, religiosa, economico-sociale significa non riduzione ma moltiplicazione dei conflitti; ossia un disordine globalizzato.

 

GEOPOLITICA VACCINALE – ZOOTECNIE PER IL GREGGE ITALICO_1a parte, di Elio Paoloni

Qui sotto un lungo e documentato articolo di E. Paoloni sulla problematica delle vaccinazioni e sull’acceso dibattito che imperversa in Italia da oltre tre anni. Una cosa appare certa. Quello delle vaccinazioni non è solo un problema di salute, né solo un problema medico, per altro riducibile ad una controversia tra oscurantisti e progressisti. Non è nemmeno un tema riducibile prevalentemente agli enormi interessi economici in campo medico-sanitario. Nel libro “gli stregoni della notizia” Marcello Foa, tra l’altro, illustra alcuni esempi di manipolazione dell’informazione in campo sanitario. Prossimamente recensiremo un libro dedicato all’argomento che offrirà una prospettiva ancora più ampia alla lettura di queste dinamiche_Buona lettura_Germinario Giuseppe

 

GEOPOLITICA VACCINALE – ZOOTECNIE PER IL GREGGE ITALICO

Elio Paoloni

 

Premesso che:

 

– non si può mettere in dubbio il contributo dei vaccini alla salute umana nel corso della storia;

 

– nessuno, dunque, può dirsi favorevole o contrario ai “vaccini”, poiché non esiste un’unica categoria da accettare o respingere in blocco ma una molteplicità di preparati rivolti a malattie diverse per diffusione e gravità e di tipologie molto diverse, che vengono somministrati a individui di età diverse con stato di salute differente per genetica, condizioni metaboliche e stile di vita della famiglia (il no-vax fondamentalista antiscientista è una macchietta utile ai pro-vax per ridicolizzare qualsiasi seria critica alle specifiche normative in proposito; all’opposto, molti degli scienziati critici con l’uso estensivo dei vaccini sono gli stessi che li hanno creati);

 

– per comodità si continueranno ad utilizzare le definizioni pro-vax e no-vax, intendendo con vax unicamente il decreto di stampo totalitario del governo PD (*);

 

Accertato che:

 

il 29 settembre 2014, a Washington, presente l’ex ministro Lorenzin accompagnata dal Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) prof. Sergio Pecorelli, è stato deciso da un summit di 40 Paesi, con l’intervento di Barack Obama, che l’Italia avrebbe guidato le strategie e le campagne vaccinali nel mondo, ruolo di capofila già deciso in estate durante il vertice di Giakarta, e che questo “importante riconoscimento scientifico e culturale all’Italia” è stato preceduto da una campagna terroristica del New York Times, prontamente ripresa dalla stampa collaborazionista;

 

– il piano si inserisce in un progetto globale USA mirante a vaccinare 4 miliardi di persone in 30 Paesi entro 5 anni, come da infografica del GSHA (1), che contribuirà al compiersi della distopia annunciata nel lontano 1976 da Henry Gadsen, all’epoca direttore della casa farmaceutica Merck, che dichiarò alla rivista Fortune: “Il nostro sogno è produrre medicine per le persone sane. Questo ci permetterebbe di vendere a chiunque”;

 

– gli italici proconsoli hanno prontamente apprestato il decreto per inoculare obbligatoriamente nei neonati due blended più due single malt per un totale di dodici vaccini;

 

– il provvedimento non ha eguali nel mondo civile (ad esclusione della Lettonia): Austria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Islanda, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito non hanno nessun vaccino obbligatorio; il Belgio ne ha solo uno, la polio, Malta ne ha tre, la Grecia ne ha solo quattro; mentre i cugini francesi stanno tentando di mettersi al nostro passo;

 

– in Svezia l’anno scorso si è votato contro tutte le proposte di legge che proponevano i vaccini obbligatori (2) e che ci toccherà invadere questo paese privo di senso civico per obbligare anche i vichinghi a vaccinarsi in massa (è quello che Obama ci ha incaricato di fare; e state certi che se lasciamo fare ai suoi vassalli verrà tirata fuori per questa campagna tutta la capacità di persuasione nei confronti dei fratelli europei che non siamo mai riusciti a sfoderare negli ultimi decenni);

 

Constatato che per giustificare le misure coercitive l’ex ministro (appartenente allo schieramento che pretende di individuare e colpire le fake news) ha fatto ripetutamente ricorso alla menzogna:

 

  • a Porta a porta (3) del 22/10/2014 al minuto 36:22 Beatrice Lorenzindichiarava che “solo di morbillo a Londra, cioè in Inghilterra, lo scorso anno [quindi nel 2013] sono morti 270 bambini per una epidemia di morbillo molto grave”; secondo i dati ufficiali del governo inglese, invece, nel 2013, si è registrato 1 solo decesso, quello di un venticinquenne, in seguito ad una polmonite acuta quale complicanza del morbillo, come si legge qui (4);

 

  • a Piazza Pulita(5) del 22/10/2015 [esattamente un anno dopo] al minuto 5:57 Beatrice Lorenzin dichiarava: “Di morbillo si muore, in Europa! … c’è stata una epidemia di morbillo a Londra lo scorso anno [quindi nel 2014], sono morti più di 200 bambini”; invece nel 2014 ci sono stati 59 casi totali di morbillo a Londra e nessun decesso (6); dal 1989 al 2013 i decessi per morbillo nell’intero Regno unito sono oscillati tra 0 e 4, come si può verificare qui (7);

 

  • in un’intervista aIl Messaggero, il 21 luglio 2016 (8), l’ex ministro insisteva: «… In Gran Bretagna tre anni fa c’è stata una epidemia di morbillo – dovuta proprio al fatto che molti avevano rinunciato al vaccino – che ha causato la morte di centinaia di persone».

 

Considerato che le aziende farmaceutiche, ormai strettamente intrecciate con le famigerate multinazionali dell’agricoltura (9), hanno raggiunto immani capacità di pressione, assicurandosi la complicità di ricercatori, medici, giornalisti, funzionari, ministri con:

 

–  il tradizionale metodo della corruzione (uno dei nostri vaccini fu reso obbligatorio grazie a una tangente da 600 milioni (10) pagata da GlaxoSmithKline all’allora Ministro della Salute e obbligatorio è rimasto (11) nonostante la sentenza sia stata confermata in Cassazione nel 2012) – sancita da sentenze giudiziarie in tutto il pianeta (12) e ben descritta qui (13) da un vero esperto, l’ex Vicepresidente PFIZER dr. Peter Rost;

 

– “azioni di deterrenza e disciplina etica e professionale nei confronti dei medici e degli operatori infedeli che non raccomandano o sconsigliano la vaccinazione (14 – pag. 48): Roberto Gava, primo dei 120 firmatari di una lettera aperta all’Istituto Superiore di Sanità – che si invita a leggere per intero – nella quale si osava manifestare qualche perplessità su un certo tipo di pratica vaccinale (15) è stato radiato dall’ordine dei medici di Treviso;

 

Letto, con particolare attenzione al fumetto in prima pagina nella versione italiana (16) e, in doppia declinazione, alle pagg. 14 e 15 nella versione originale (17), il manuale del CDC, Centers for Disease Control and Prevention – le cui modalità di disinformazione vengono descritte sul Wall Street Journal  da un ex lobbista Roche (18) – per l’addestramento delle istituzioni alla creazione di “preoccupazione, ansia e inquietudine” nella popolazione allo scopo di indurre a una massiccia richiesta di vaccini, con suggerimenti su sofisticate strategie di comunicazione (le ‘ricette’) ed esortazioni alla messa in campo di maggiori investimenti, assodato che “i mass media stanno perdendo influenza ed è necessario esporre le persone al messaggio 10-12 volte”

 

VADO A ESPORRE

 

le obiezioni alle politiche vaccinali correnti; obiezioni di carattere scientifico, giuridico, etico, politico, filosofico:

 

 

 

 

OBIEZIONI SCIENTIFICHE

 

Stante la totale incompetenza in materia – pari solo a quella dei più aggressivi pro-vax – mi limiterò a esibire la imponente mole di pareri, di documenti, di statistiche – e di sentenze – sulla dannosità e/o inutilità di alcuni vaccini.

Lungi dal ritenerla esaustiva e neppure sfiorato dall’illusione di concludere definitivamente il dibattito, che resterà aperto purtroppo per decenni, intendo dimostrare che, anche se non fossimo in possesso di numerosi e inoppugnabili fatti, basterebbero gli innumerevoli, plausibili e inquietanti sospetti per indurre alla cautela, dunque perlomeno alla discussione in aula di qualsiasi provvedimento relativo all’obbligatorietà.

 

Poiché le repliche di Big Pharma e dell’establishment, in mancanza di solide argomentazioni, consistono quasi essenzialmente nella sistematica delegittimazione dell’avversario, mostrerò inoltre che gli studiosi sfavorevoli alla esasperazione di certe profilassi hanno la medesima – se non superiore – autorevolezza di quelle a favore.

 

 

1 – Danni accertati

 

Cito ora alcuni documenti storici (non studi, non opinioni, non estrapolazioni) sulla nocività di molti vaccini:

 

–  nel remoto passato (metà anni 50) la vaccinazione Salk negli Stati Uniti contro la poliomielite si trasformò in disastro perché il virus, rimasto vivo dopo un trattamento che doveva ucciderlo, provocò nei bambini vaccinati 70.000 casi di paralisi e 10 casi di morte, come asseverato da Paul Offit, MD, uno dei più noti pediatri “vaccinisti” nonché creatore del vaccino contro il rotavirus, in The Cutter Incident, Yale University Press, 2005, (la Cutter era una delle aziende responsabili dell’incidente). Qui (19) in un saggio molto articolato e con una ricca bibliografia, tutta la triste storia dell’antipolio, con un interessante aneddoto sulla manipolazione dei dati: “La dissimulazione del rischio reale viene ulteriormente aggravato da una nuova definizione della malattia poliomielitica, introdotta dopo l’inizio delle vaccinazioni di massa risalente agli anni Cinquanta e Sessanta. La definizione classica di poliomielite era ‘una malattia con paralisi residua che si risolve entro 60 giorni’; la nuova definizione è ‘una malattia con paralisi residua persistente per oltre 60 giorni’. Dato che in meno dell’uno per cento dei casi si sviluppa una paralisi residua che persiste per oltre 60 giorni, la nuova definizione ha “eliminato” in quanto non poliomielite la grande maggioranza dei casi in cui la paralisi si risolveva entro 60 giorni”.

 

– anche in un passato molto più recente buona parte dei vaccini sembrano essere stati confezionati in garage (20 – con link interni a siti di diversi paesi) (21) (22); si linka anche un sito anti-fake (23) che giustamente stigmatizza la tendenziosità di alcuni articoli che lasciano supporre – o suggeriscono – che il ritiro di alcuni lotti configuri una nocività del vaccino in quanto tale. Ma stupisce il tono rassicurante, la capacità evasiva di costoro: come se non restasse la gravità della immissione sul mercato nel corso degli anni, nei più diversi paesi, di grandi quantità di prodotti malfatti, adulterati, non verificati. E’ inconcepibile tanta superficialità nel confezionamento di farmaci. Nessun genitore a questo punto può davvero essere certo che non ci sarà qualche veleno nei vaccini che si vogliono inoculare ai loro neonati;

 

–  si prega di tener presente che già negli anni ’50 le rassicurazioni sui vaccini (con Elvis Presley testimonial d’eccezione) erano le medesime di oggi e che i mantra “ora è tutto diverso, le moderne tecnologie, il progresso della scienza, le magnifiche sorti (e progressive)” vengono recitate dai tempi dei salassi a go go;

 

 

 

 

2 – Nocività estremamente probabili (biologicamente plausibili)

 

– sempre a proposito di ‘sicurezza’ dei vaccini, fra gli anni 1955 e 1963 i vaccini antipolio vennero infettati dall’SV40, un virus di scimmia che potrebbe essere la causa di migliaia di casi di mesotelioma pleurico, tumori al cervello, linfomi non-Hodgkin e osteosarcomi. Si è costretti a usare il condizionale perché non è stato dimostrato oltre ogni dubbio l’effetto cancerogeno sull’uomo ma la letteratura scientifica è concorde su tre aspetti: l’SV40 è arrivato nell’uomo tramite il vaccino antipolio, è stato trovato in 4 tipi di tumori, i test fatti su animali di laboratorio con l’SV40 hanno mostrato il rapido sviluppo di questi 4 tipi di tumori (24 –traduzione non impeccabile) (25 – originale);

 

– già negli anni ’80 erano stati evidenziati i rapporti tra vaccinazioni e decessi in culla (26);

 

– fin dal 1994 sono noti alla comunità scientifica i possibili danni del vaccino contro il morbillo: qui (27) si dichiara chiaramente la plausibilità biologica che il vaccino contro il morbillo possa scatenare: Encefalopatia, Panencefalite Subacuta Sclerosante [PESS], Disordini Cerebrali [Residual Seizure Disorders], Neuriti ottiche, Mielite trasversa, Sindrome di Guillain-Barré, Trombocitopenia;

 

–  nel 2010 il Sunday Times pubblicò un articolo sui danni vaccinali (28) basato sui dati ufficiali del MHRA, la Medicines and Healthcare products Regulatory Authority del Regno Unito, ovvero l’autorità governativa che si occupa di farmaci e di salute pubblica, non pubblicati ufficialmente, ma ottenuti dal quotidiano grazie al Freedom of Information Act. Dai dati raccolti sulle reazioni avverse ai vaccini, in particolare al vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia, si scopre che dal 2003 vi erano state più di 2100 gravi reazioni avverse ai vaccini pediatrici, alcune delle quali a rischio della vita: “Si sospetta che quaranta bambini siano morti come conseguenza della somministrazione di routine dei vaccini negli ultimi 7 anni. Si sospetta anche che le vaccinazioni in età infantile abbiano lasciato due bambini con danni al cervello e che abbiano causato più di 1500 reazioni neurologiche, inclusi 11 casi di infiammazione cerebrale, 13 casi di epilessia e uno di coma”;

 

–  nel settembre 2011 l’Agenzia The National Institutes of Healths (programma nazionale statunitense di sorveglianza sulla sicurezza dei vaccini, un’agenzia del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti) pubblicava uno studio dal titolo “Infant mortality rates regressed against number of vaccine doses routinely given: Is there a biochemical or synergistic toxicity?” (29) basato su dati VAERS (Vaccine Adverse Events Reporting System). Nella maggior parte dei casi le reazioni avverse registrate sono “lievi effetti indesiderati”, ma nel 13 per cento dei casi si tratta di “reazioni gravi”, come pericolo di vita, ospedalizzazione, invalidità permanente o morte. Tuttavia – viene precisato – i dati sono abbondantemente sottostimati, perché lo stesso Vaers “è un sistema di farmacovigilanza passivo, intrinsecamente soggetto a sotto-segnalazione”, “una sottostima pari, secondo alcune rilevazioni, a 50 volte”. E’ David Kessler, ex commissario della Food and Drug Administration che sovrintende al sistema Vaers, a stilare questo bilancio: “vengono segnalati solo circa l’1 per cento degli eventi avversi gravi” (30);

 

–  lo studio sopra citato è doppiamente significativo perché i professionisti antibufale hanno tentato di inficiare la validità dello studio screditando gli autori, e chi li aveva citati, e dalla replica (31) si può arguire quale sia l’unico vero metodo argomentativo degli sponsor delle vaccinazioni seriali: delegittimazione dell’interlocutore;

 

–  qui (32) sono elencati alcune decine di studi in originale sui danni da vaccino pubblicati dalla stessa Agenzia. Troverete anche link a elenchi dettagliati delle azioni legali e dei risarcimenti disposti negli Stati Uniti, dei quali si parlerà più diffusamente nel seguito.

 

– il Codacons, che si batte per vaccini singoli e indagini pre-vaccinali, riferisce di migliaia di segnalazioni (parliamo dei vecchi vaccini, non delle mitragliate da dodici) (33). Ma i giornalai ci rassicurano: 8 casi su 10 non sono gravi (34). Che rassicurazione sarebbe? 2 su 10, date le cifre, è un’enormità, una catastrofe. Inutile dire che l’articolo termina con i soliti numeri falsi sui casi di morbillo;

 

– qualche notizia dalla Gabanelli (35)

 

E’ solo un ristrettissimo elenco, brevi cenni sull’universo, giusto per mettere in chiaro che la pericolosità non se la sono inventata quattro ufologi strafatti.

 

 

3 – Pericolosità, inefficacia, inutilità – Opinioni autorevoli

 

Di solito non mi lascio incantare dalle ovazioni, da qualsiasi platea provengano, ma ritengo doveroso linkare questo video (36) alla fine del quale potrete apprezzare la standing ovation ottenuta da Luc Montagnier alla convention dell’Ordine dei biologi.

Inutile dire che per Repubblica e Il Foglio il povero Montagnier, premio Nobel e scopritore del virus HIV, avendo osato sostenere che la vaccinazione obbligatoria è “un errore politico e medico”, è solo un rimbecillito e i biologi italiani sono plagiati dal Presidente del loro ordine, il Senatore D’Anna.

Tra i relatori del Convegno apparivano però il professor Yehuda Shoenfeld – qui (37) qualche dato oggettivo sulla sua autorevolezza, comparato con quella degli alfieri della vaccinazione di massa che troneggiano in Tv – Sonia Manzo, ecotossicologa, primo ricercatore al Centro Ricerche ENEA di Portici, il professor Ivano Spano – qui (38) l’impressionante curriculum – e il professor Giulio Tarro (39) pluricandidato al Nobel in medicina, allievo di Albert Sabin, presidente della Commissione sulle biotecnologie della virosfera all’Unesco, autore di numerose ricerche presso le università statunitensi (tra le quali alcune sul rapporto tra virus e tumori) e del libro 10 cose da sapere sui vaccini nel quale tenta di opporsi al terrorismo mediatico, all’arroganza di tanti Vati al soldo dell’industria farmaceutica che popolano insieme alla scodinzolante politica di casa nostra accademie e salotti parascientifici, ben protetti e foraggiati dai ricchi rubinetti di Big Pharma. Qui (40) un intervista al Prof. Tarro sul sito di Repubblica.

 

“Si può ritenere – sostiene Tarro nel suo libro – che i vaccini, analogamente agli inquinanti ambientali e alle sostanze chimiche in generale (xenobiotici) svolgano un effetto disorganizzante il sistema immunitario e quindi squilibrante/scatenante le patologie latenti che ogni organismo ha. Ciò è particolarmente facile in quei soggetti più deboli o geneticamente predisposti in cui la vaccinazione può scatenare, tanto più facilmente quanto più il bambino è immaturo, la patologia sottostante e, in casi veramente eccezionali, anche la morte”.

E ancora: “La soglia di sicurezza è un concetto basato su contestati algoritmi, ma in nome del quale è stato giustificato lo strumento del decreto per imporre una campagna vaccinale di cui nessuno – tranne gli addetti ai lavori – sentiva il bisogno. Considerato che non era imminente alcuna epidemia, ci sarebbe da domandarsi il perché di un provvedimento di urgenza invece di un disegno di legge che avrebbe garantito una discussione più pacata e certamente più produttiva”.

 

C’è un saggio molto equilibrato di Paolo Bellavite, oltre 200 pagine in cui si esaminano i vaccini uno per uno e si propongono degli aggiustamenti per nulla radicali al decreto (41); se ne riporta un brano: “Se la plausibilità biologica e l’effettività della vaccinazione come mezzo di prevenzione delle malattie infettive in generale sono scientificamente certe e basate su una lunga esperienza, l’efficacia di ogni singola vaccinazione nella situazione geografica e storica attuale deve basarsi su evidenze sicure”.

 

Per accertare senza ombra di dubbio l’affidabilità di uno studioso basta consultare gli articoli degli oppositori dello stesso, meticolosissimi nell’individuare ogni manchevolezza. Qui (42) trovate un pezzo velenoso contro Bellavite: titolo e impostazione fanno pensare a chissà quali tremende rivelazioni a proposito del docente di Verona. Bene, contro 200 pagine di argomentazioni, citazioni, evidenze, i livorosi pro-vax non riescono a tirar fuori altro che un post del professore che dovrebbe screditarlo (e non si capisce perché), attaccando poi un pippone sul fatto che Bellavite NON dice (perché è furbo, sostengono) che i vaccini causano l’autismo. E benché non lo dica loro si lanciano in una filippica contro la bufala dell’autismo. Poi si scagliano contro il Professore perché ha dichiarato di NON essere un omeopata commettendo però il delitto di interessarsi anche di omeopatia. Costoro riescono a far apparire un crimine persino l’incarico affidatogli in proposito dal Ministero della Sanità. Sarà complottista anche il Ministero?

LINK

 

1 – https://www.cdc.gov/globalhealth/security/infographics/decoding_ghsa.htm

2 – http://www.thenhf.se/riksdagen-rostade-nej-till-alla-vaccinmotioner/

3 – https://www.youtube.com/watch?v=I3QIJMyWzlE&feature=youtu.be

4 – https://www.gov.uk/government/publications/measles-deaths-by-age-group-from-1980-to-2013-ons-data/measles-notifications-and-deaths-in-england-and-wales-1940-to-2013

5 – https://www.youtube.com/watch?v=BZFyTam4Sys&feature=youtu.be

6 – https://www.gov.uk/government/publications/measles-confirmed-cases/confirmed-cases-of-measles-in-england-and-wales-by-region-and-age-2012-to-2014

7 – https://www.gov.uk/government/publications/measles-deaths-by-age-group-from-1980-to-2013-ons-data/measles-notifications-and-deaths-in-england-and-wales-1940-to-2013

8 – http://www.ilmessaggero.it/primopiano/sanita/lorenzin_vaccinazioni_diritto_salute-1868355.html

9 – https://ofcs.report/beni-culturali/ambiente/bayer-monsanto-una-fusione-inquietante-e-il-si-delleuropa/

10 – https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/12/lorenzo-poggiolini-condannati-cassazione-dovranno-pagare-milioni-testa-allo-stato/204037/

11 – https://www.byoblu.com/2017/05/03/caro-burioni-ti-scrivo-cosi-mi-rilasso-un-po/

12 –  https://codacons.it/wp-content/uploads/2017/10/Glaxo_-Le-pesanti-condanne-inflitte-alla-casa-farmaceutica-in-tutto-il-mondoJEDA-NEWS.pdf

13 – https://www.youtube.com/watch?v=TrCizlAOBAo

14 – http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2571_allegato.pdf

15 – http://www.informasalus.it/it/articoli/vaccinazioni_lettera_presidente_sanita.php

16 – https://drive.google.com/file/d/1-UmcovSOteuCioiCFEW1eBKX_Uaqeeb-/view

17 – https://drive.google.com/file/d/16EG1RKCOHLq6qGcw2Bamr9SxymRzyAA-/view

18 – https://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2017/03/07/cdc-uses-false-fears-promote-vaccine-uptake.aspx

19 – https://www.nexusedizioni.it/it/CT/fatti-poco-noti-sulla-vaccinazione-contro-la-poliomielite-5591

20 – http://www.comilva.org/ritiro-infanrix-exa-italia-no-problem/

21 – https://ilsalvagente.it/2015/10/17/3298/3298/

22 – https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/21/vaccino-anti-meningite-ossido-ferro-nelle-fiale-lotti-ritirati-famiglie-fanno-causa/1225594/

23 – https://www.davidpuente.it/blog/2017/11/11/il-presunto-ritiro-dal-commercio-del-vaccino-anti-meningite-menveo-la-solita-psicosi-social/

24 – http://www.vacciniinforma.it/2014/08/29/virus-simian-40-sv40-e-incidenza-di-cancro-vaccini-nel-mirino/1313

25 – http://www.sv40foundation.org/CPV-link.html#_edn79

26 – http://www.consumerhealth.org/articles/display.cfm?ID=19990705002005

27 – https://autismovaccini.org/wp-content/uploads/2014/03/adverse_events_associated_with_childhood.pdf

28 – https://www.thetimes.co.uk/article/40-deaths-linked-to-child-vaccines-over-seven-years-5xwhd9jtprr

29 – https://comedonchisciotte.org/vaccini-lallarme-era-noto-al-governo-usa-da-anni-dati-ufficiali-terrificanti

30https://books.google.it/books?id=w5M-DwAAQBAJ&pg=PT133&lpg=PT133&dq=david+kessler+vaers+reazioni+avverse+sotto+stimate&source=bl&ots=0alc5qizir&sig=NM3G6vdy7X1o4W5ml0NgVq03Ymo&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjkyd7OtuPdAhVPzYUKHW95AAoQ6AEwAHoECAkQAQ#v=onepage&q=david%20kessler%20vaers%20reazioni%20avverse%20sotto%20stimate&f=false

31 – https://comedonchisciotte.org/la-mia-critica-sui-vaccini-e-autorevole-studdio-allarmantew-conferemato/

32 – https://www.maurizioblondet.it/giorno-ci-dicono-non-esistono-studi-scientifici-sul-danno-vaccini/

33 –  https://codacons.it/vaccini-codacons-oltre-21-mila-segnalazioni-reazioni-avverse-nel-periodo-2014-2016/

34 – https://www.wired.it/scienza/medicina/2018/07/10/vaccini-reazioni-aifa/

35 – http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-3130cc7a-9973-49e5-99ce-71eb96d3113e.html

36 – https://www.youtube.com/watch?time_continue=2044&v=MDhstaFwsKw

37 – http://www.libreidee.org/2017/08/vaccini-la-scienza-non-e-conoscenza-non-ha-verita-stabili/

38 – https://www.pensareoltre.org/index.php/it/ivano-spano-dislessia-adhd

39 – https://westernorthodoxuniversity.files.wordpress.com/2015/09/breve-cv-prof-giulio-tarro-new.pdf

40 – http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/11/23/news/intervista_giulio_tarro-46382952/

41 –http://www.paolobellavite.it/files/170718ScienzaeVaccinazioniCorr.pdf

42 – https://www.nextquotidiano.it/paolo-bellavite-matteo-salvini/

http://italiaeilmondo.com/2018/10/16/geopolitica-vaccinale-zootecnie-per-il-gregge-italico_2a-parte-di-elio-paoloni/

http://italiaeilmondo.com/2018/10/21/geopolitica-vaccinale-zootecnie-per-il-gregge-italico_3a-parte-di-elio-paoloni/

CONSIGLIO AI ROSICONI, di Teodoro Klitsche de la Grange

CONSIGLIO AI ROSICONI

Prima del 4 marzo l’establishment politico e culturale di sinistra stigmatizzava l’ “incultura, l’inesperienza e la rozzezza” dei populisti, in specie dei grillini.

Il tormentone è aumentato a dismisura con la vittoria elettorale e il varo del governo pentaleghista; anche la carriera accademica di un mite premier come Conte è stata passata al setaccio e così sono stati svelati alcuni peccatucci (veniali), ricorrenti in ogni percorso accademico. Allo stesso è stata poi addebitata l’inesperienza, considerato che, praticamente era rimasto sempre fuori dai giri che contano; e probabilmente questa è stata la principale ragione che ha indotto a nominarlo. Una compromissione plurilustre col potere, che è a giudizio dell’establishment capalbino, un titolo comporta, cosa di cui i suddetti non si rendono conto, anche quella con lo sfascio della seconda repubblica: pessima presentazione per l’elettorato pentaleghista. Tant’è. I rosiconi hanno forse rimosso, ma più probabilmente rimpiangono, i bei tempi in cui trovavano comode e confortevoli nicchie nei bilanci pubblici. E per gente che spesso ha fatto dell’interesse individuale (proprio) la regola dell’agire universale, il venir meno di queste, ovviamente addolora.

Così il movimento cinque stelle appare, nell’immaginario di Capalbio – ed in parte lo è – come un’armata Brancaleone: un insieme disordinato di emarginati dal potere e dalla cultura, rozzi, ignoranti (e opportunisti), guidati da un comico.Inadatti a governare, come a discutere e brillare nei salotti.

Come detto qualcosa di vero c’è, ma occorre non trascurare come, in primo luogo, il livello della classe dirigente negli ultimi trent’anni ha avuto uno scadimento geometrico (nel senso della radice quadrata): un Di Maio steward, è stato preceduto da una Fedeli, ministro dell’istruzione, la quale in comune con Benedetto Croce, aveva di non essere laureata. Purtroppo per lei, i connotati comuni col filosofo si riducevano a quello. Quanto poi abbia contribuito al declino di qualità dei parlamentari, il tentativo ricorrente (e “vincente”) delle diverse leggi elettorali, di farli nominare dai vertici dei partiti più che scegliere dalla base elettorale è sicuramente influente e da valutare nel senso che non sempre è il popolo a sbagliare.

Ma quel che più importa è notare come sia in politica che in quel mezzo della politica che è la guerra, è la qualità del nemico a determinare quella del combattente.

Facciamo un esempio.

Pareto ironizzava su Napoleone III°, perché incerto e (addirittura) ingenuo, tuttavia all’immagine dell’Imperatore (per i postumi) ha contribuito d’esser stato sconfitto – ed aver perso il trono – da un genio della politica come Bismarck e da una perfetta macchina da guerra come l’esercito prussiano. Che giudizio avrebbero formulato i posteri se a sconfiggerlo e detronizzarlo fosse stato un politico di mezza tacca alla guida dell’esercito del Lussemburgo? Anche a Francesco Giuseppe che perse quasi tutti i domini italiani dell’Impero in pochi anni, contribuì non poco di aver avuto come avversario un altro genio come Cavour: e morì circondato dall’affetto e dalla considerazione dei sudditi. Lo stesso avviene per la guerra: il nome di Scipione è noto a tutti perché sconfisse Annibale – il più grande condottiero dell’antichità – a Zama; nessun ricorda il nome dei consoli (Salinatore e Nerone) che qualche anno prima avevano vinto Asdrubale (il fratello meno dotato di Annibale) al Metauro, battaglia non meno decisiva di Zama. Sconosciuti come i consoli suddetti sono i nomi di quei generali delle potenze europee che nel XIX secolo conquistarono tutta l’Africa, debellando le orde tribali autoctone.

Pertanto la spocchia della sinistra conferma, non volendo, due circostanze.

La prima che se l’armata Brancaleone dei grillini  (oltretutto poco “aiutata” e dotata di mezzi) ha vinto la “gioiosa macchina da guerra”, ciò significa che gli italiani ne avevano così piene le scatole di questa da preferire un insieme di ….sfigati a tanto brillante accademia. Chi è ridotto male spera nei salvatori meno probabili, che preferisce a coloro in gran parte responsabili di averlo rovinato.

La seconda che se tale armata Brancaleone, povera di mezzi e appoggi, li ha ridotti così a mal partito vuol dire che non erano poi così bravi, intelligenti ed efficienti. Non sono Bismarck né Scipioni, ma dei Dumford o Baratieri (sconfitti il primo dagli Zulu, il secondo dagli abissini). E per la loro immagine sarebbe bene ne tenessero conto.

Teodoro Klitsche de la Grange

Identitari e globalisti_1a parte, di Teodoro Klitsche de la Grange

In calce la prima parte dell’intervento dell’autore al 30° congresso del PLI tenutosi a Roma nel maggio 2017. Offre sicuramente diversi spunti di riflessione sulle diverse chiavi di interpretazione che si stanno affermando rispetto all’agone politico dei due secoli passati. In rapida successione si pubblicherà il prosieguo_Germinario Giuseppe

Come tanti, ho la sensazione che questi anni saranno decisivi per il futuro dell’Italia e dell’Europa. L’ordine, interno ed internazionale, che durava dalla fine della seconda guerra mondiale, è già arrivato alla fine da quasi trent’anni, dal dissolvimento dell’URSS e dal collasso del comunismo. Quello che doveva sostituirlo, basato su un’unica superpotenza e che comunque appariva transitorio – data l’ascesa della Cina (e non solo) – sta cambiando. E soprattutto è in corso il rinnovamento delle classi dirigenti e dei sistemi politici, con la sostituzione di distinzioni/contrapposizioni fondate sull’asse destra/sinistra, o meglio borghesia/proletariato, un altro, che (pare) quello identità/globalizzazione.

Accanto a questo c’è la decadenza dell’Italia e dell’Europa, la quale rientra nella natura delle società ed istituzioni, come oltre duemila anni fa pensavano (tra gli altri) Platone e Polibio.

La decadenza italiana s’iscrive poi in modo inequivoco nello schema “ciclico” classico. Pur essendo venuto già da quasi trent’anni il presupposto del “vecchio ordine”, cioè quello bipolare di Yalta, è stato mantenuto pressoché inalterato il regime concreto che su quella situazione storica si fondava, con qualche aggiustamento, neppure sempre migliorativo.

Che l’Italia decada è incontrovertibile; in un periodo storico quando, abituati a ritenere decisiva l’economia, il dato che il P.N.L. sia cresciuto dal 1998 ad oggi dello 0,1%, somma di modeste crescite fino al 2008, divorate da una robusta decrescita fino ad un paio di anni fa e dallo stallo successivo, ne da una prova incontestabile.

Tuttavia il problema è politico, come politiche ne sono le conseguenze: di fronte ai modesti risultati delle élites dirigenti è arrivata la risposta dei governati: di cambiare politica, la quale ha preso la forma della “cacciata” della classe di governo. Il populismo non è altro che la manifestazione di questa reazione, tante volte vista nella storia. Partiamo quindi dalla politica.

La fine dell’opposizione destra/sinistra.

Molti ritengono che la dicotomia destra/sinistra (o meglio borghesia/proletariato) sia ancora un criterio intorno al quale si distribuiscono, si riconoscono, si confrontano i partiti e i sistemi politici (e più in generale i gruppi umani che combattono per il potere). Altri, per lo più minoritari, non lo pensano. Per quanto riguarda i “populisti” nella scriminante destra/sinistra non sono inquadrabili (o non lo sono – il che è lo stesso – in modo decisivo). Un interrogativo classico, che riguarda i grillini, è se questi sono di destra o di sinistra, data l’ambiguità su tanti temi del Movimento 5 Stelle. Nella realtà la forza crescente di questi – e degli altri “populisti” – è proprio di non essere riconducibili a tale contrapposizione. Avete mai sentito un grillino parlare di “classe operaia” o di “pericolo comunista”? A me non risulta. Così neppure da parte di altri “populisti” come i leghisti o “Fratelli d’Italia” (se non raramente in tono minore). E il favore  elettorale è dovuto, per lo più, a questo. Il perché può avere una spiegazione.

Ogni epoca della storia dell’Europa moderna ha visto organizzarsi le contrapposizioni politiche in base a una scriminante generale (e prevalente): nel XVI e XVII secolo era quella religiosa, in particolare tra cattolici e protestanti; all’epoca del tardo illuminismo fu sostituita da quella tra borghesia e monarchie assolute; successivamente, nel secolo breve, ma ancora prima, superata da quella tra borghesia e proletariato. Venuto meno la quale, se ne fa avanti una nuova. E quella vecchia subisce un processo d’indebolimento politico: non riesce a suscitare più né un consenso né un dissenso decisivo: viene progressivamente depotenziata e neutralizzata. E così l’ordine che ne conseguiva. Anche le contrapposizioni “minori” (nel senso di particolari e peculiari di zone e aree determinate) nel secolo breve e in particolare dopo la conclusione della seconda guerra mondiale riuscivano a suscitare stati d’intensa ostilità fino alla guerra all’interno sia dei “due” campi, sia tra “clienti” degli stessi, per lo più non indotte dalla discriminante amico/nemico principale.

Infatti vi sono state guerre nello stesso “campo” anche se “relativizzate”: Cina/Vietnam; Vietnam/Cambogia; Cina/Russia; (gli “incidenti” sull’Ussuri) per quello comunista; Gran Bretagna/Argentina (per le Falklands/Malvine) nonché l’occupazione turca di parte di Cipro con le forti tensioni tra Grecia e Turchia. Ma tutti conflitti d’intensità minore rispetto a quello prevalente.

Così è chiaro, risalendo di qualche secolo, che se Frundsberg riuscì nel 1527 a portare un esercito di  protestanti a saccheggiare Roma (“la prostituta di Babilonia”) il tutto non gli sarebbe riuscito né una ventina di anni prima né un secolo (abbondante) dopo: prima perché la scriminante religiosa tra cristiani non c’era, dopo perché era depotenziata.

Il declino dei vecchi partiti e l’ascesa di quelli nuovi oggigiorno trova la propria causa (e spiegazione) principale (ancorché non unica) nella sostituzione della vecchia scriminante politica da parte della nuova. D’altra parte la vecchia non ha senso (o ha poco senso): a comunismo crollato, combattersi in nome del capitale o del proletariato appare come la carica di don Chisciotte contro i mulini a vento. E le masse la osservano con l’incredula indifferenza di Sancho Panza, il quale percepiva che i nemici del suo capo non erano giganti, ossia nemici reali, ma solo mulini.

Di conseguenza non li considerano nemici né impedimento (principale) alle proprie condizioni di esistenza: la percezione del nemico è riservata ad altri, e si fonda su una scriminante diversa e nuova.

La nuova scriminante.

Non è facile operare la reductio ad unitatem dell’affollato insieme dei “populisti”, anche perché è diventato il sinonimo di oppositori alle élites governanti (come definizione in negativo, questa è insufficiente a individuare connotati di “contenuti” comuni). A poco serve insistere all’uopo su aspetti “tecnici” come il rapporto tra capo e seguito, le forme e i processi in cui si articola; o il linguaggio adoperato; neppure l’appello al popolo è un differenziale esauriente, perché il popolo, almeno per sedurlo, è invocato da tutti.

A cercare il senso e i poli della nuova discriminante, adattabile, pur tenendo conto delle differenze, ai movimenti “populisti” nella generalità (o quasi) questa è la polarità identità/globalizzazione.

Il populista “tipo” del XXI secolo si colloca nel primo dei due termini dialettici e  si oppone al secondo – ed al soggetto/i globalizzatore/i.

L’identità può essere declinata in vari modi e con vari accenti: l’importante è che il populista (ci crede e) vuole proteggerla.

Alle volte movimenti populisti mettono l’accento sul profilo economico: la difesa del lavoro nazionale dall’ “esercito di riserva” del capitalismo, ormai costituito quasi esclusivamente dai migranti. E del pari, quella delle industrie dalla finanza globale (e non) o dalla concorrenza extraeuropea. Difesa dell’occupazione e del sistema industriale che, a conferma del tramonto della vecchia scriminante, sono due facce della stessa medaglia, in cui gli interessi un tempo (visti come) confliggenti tendono a solidarizzare e non a contrapporsi.

In altri casi prevale l’aspetto culturale: la globalizzazione tende ad eliminare le differenze e così le culture: il villaggio globale fagocita quelli locali e le loro particolarità, consuetudini, istituti dalla cucina su su fino al rapporto tra i sessi, la famiglia, il matrimonio. Altri sulla  religione, spesso associata alla precedente.

Altri ancora, praticamente tutti, la declinano sotto il profilo politico-istituzionale: nel senso che a decidere sul mondo e le forme dell’esistenza politica, economica e sociale debbano essere i popoli – e non i “mercati” – o meglio i soggetti (poteri) globalizzatori.

Questa istanza, la più diffusa, comporta due conseguenze.

La prima di essere una rivendicazione nazionale, non nel senso che il nazionalismo ha assunto in Europa nel XX secolo (quello che va da Corridoni a Rosenberg, tra tanti), ma in quello che aveva per un uomo del XIX secolo, e in particolare per chi ha fatto il Risorgimento italiano.

In fondo una sintesi non esauriente ma efficace del nazionalismo d’antan la formulava Mazzini nel “Manifesto del comitato nazionale italiano” in cui si può leggere “Che nessun governo è legittimo se non in quanto rappresenta il pensiero nazionale del popolo alla cui vita collettiva presiede, ed è liberamente consentito da esso”. In effetti questa è l’essenza della libertà politica nel senso più antico, ossia come libertà di una collettività umana di decidere autonomamente l’ordinamento della propria esistenza politica, economica e sociale.

Da “America first” di Trump alle rivendicazioni del Front National a quelle di Orban (e si potrebbe continuare nell’elencazione) questo è il “volto nuovo” di un nazionalismo non aggressivo, ma difensivo. Scambiare la difesa con l’aggressione è un espediente di cattiva propaganda.

Tale revival nazionalista è in primo luogo spiegabile dalle differenze con l’ideologia cosmopolita, dei diritti dell’uomo e del pacibuonismo “a prescindere”, della tecnocrazia, e, da ultimo, della prevalenza del normativo sull’esistente e dal rifiuto di tutto questo, o quanto meno dalla di esso relativizzazione. Ovviamente il cosmopolitismo con la sua (auspicata e in parte realizzata) abolizione di tutte le frontiere (spaziali, e non solo), è esattamente l’opposto di quello che ha sostenuto il nazionalismo, da quando si è profilato quale dottrina.

Da tale opposizione è chiaro che il processo di globalizzazione, accelerato dopo il crollo del comunismo, ha provocato o comunque amplificato, per contrapposizione, la controspinta nazionalista, nel senso indicato. La nuova dialettica amico/nemico si propone quindi come negazione/opposizione tra chi vuole conservare la propria specificità (identità) e chi la vuole sopprimere, o quanto meno, relativizzare.

La seconda conseguenza è che, da un lato, si percepisce (di solito) i “populisti”, che sarebbe meglio denominare identitari, come una destra riemergente: ciò ha indubbiamente una parte di verità, nella misura in cui le rivendicazioni nazionali sono state fatte proprie, in Europa, soprattutto dalle destre. Per cui chi ancora è rimasto fermo alla vecchia contrapposizione, non si è del tutto sbagliato, ma interpreta la realtà secondo i vecchi schemi. Tuttavia non lo è – o lo è assai di meno – se si considera da un canto che si tratta di nazionalismo difensivo; dall’altro che, mentre per il vecchio nazionalismo il nemico da cui difendersi o da combattere era un altro Stato, cioè l’istituzione politica di una comunità “altra”, ora è un qualcosa di indefinito, per lo più di non statale: l’Impero di Negri, i “poteri forti” e così via. I quali hanno il connotato comune di non essere (per lo più) Stati, di professarsi (per lo più) non politici, di non essere democratici (tutti), di non conoscere né riconoscere frontiere (di ogni genere). E quindi per lo più di essere non uno Stato ma una lobby, una setta, una società segreta, un partito, un gruppo religioso e così via. Il che crea delle opportunità per il liberalismo nel XXI secolo.

Due importanti progetti sono in preparazione e in espansione in Medio Oriente; potrebbero presto scontrarsi. Di Alastair Crooke

Un interessante articolo di A. Crooke sulle dinamiche in via di formazione nel Medio Oriente. La traduzione presenta qualche difetto che non inficia la comprensione in quanto per mancanza di tempo è stato utilizzato un traduttore come base di lavoro_ Buona lettura_Giuseppe Germinario

Fonte: Strategic Culture, Alastair Crooke , 18-09-2018

Sulle ceneri di due mega-progetti di questo decennio si conclude – vale a dire il tentativo di acquisizione da parte dei Fratelli musulmani e, invece, il progetto del Golfo per romperlo – e ripristinare l’assolutismo ereditaria tribale (il “sistema arabo”) – compaiono due diversi progetti contrapposti. Stanno guadagnando sempre più potere e inevitabilmente competeranno tra loro – prima o poi. In realtà, lo fanno già. La domanda è quanto lontano andrà la rivalità.

Uno di loro è l’assembramento dell’area settentrionale della regione attraverso la diffusione di un’etica politica comune (in base alla resistenza verso gli Stati Uniti i quali insistono che la regione aderisce a un’egemonia americana restaurata) e nel bisogno più concreto di trovare un modo per aggirare la macchina da guerra finanziaria americana.

Quest’ultima società ha conseguito una grande vittoria negli ultimi giorni. Elijah Magnier, un giornalista veterano del Medio Oriente, riassume la situazione in poche parole:

Il candidato preferito degli Stati Uniti al primo ministro [Haidar Abadi] perse la sua ultima possibilità di rinnovare il suo mandato per un secondo mandato quando le rivolte scatenarono attacchi incendiari nella città meridionale di Bassora. del paese e bruciato le pareti del consolato iraniano in quella città. Mentre i residenti manifestavano per le loro legittime richieste (acqua potabile, elettricità, opportunità di lavoro e infrastrutture), i gruppi sponsorizzati con diversi obiettivi si mescolavano alla folla e riuscivano a bruciare uffici, ambulanze, un edificio governativo e una scuola. associato con al-Hashd al-Shaabi e altri gruppi politici anti-americani. Questo comportamento di folla ha costretto Sayyed Moqtada al-Sadr, leader di 54 deputati, abbandonare il suo compagno politico Abadi e porre fine alla sua carriera politica. Moqtada cercò di prendere le distanze dagli eventi di Bassora per permettere che la colpa cadesse solo su Abadi. Si è unito al campo vincente, quello dell’Iran …

“Questa combinazione di eventi ha portato Moqtada a … portare i suoi 54 deputati a unirsi alla più grande coalizione. La sponsorizzazione aperta degli Stati Uniti e gli eventi di Bassora hanno messo fine alla carriera politica di Abadi in Iraq … La più grande coalizione dovrebbe ora includere molti più di 165 deputati, e quindi diventare eleggibile per scegliere il Presidente dell’Assemblea e i suoi due deputati, il Presidente e il nuovo Primo Ministro … La nuova grande coalizione non avrà più bisogno del sostegno dei curdi (42 deputati). “

Il capo di questa vasta coalizione di partiti sciiti e sunniti sarà probabilmente Faleh al-Fayyadi, il leader di Hashd al-Shaabi. Sul fronte politico, l’Iraq è ora incline a far parte del partenariato Russia-Iran-Siria guidato da Russia e Siria al Nord (anche se le divisioni all’interno del campo sciita iracheno rimangono una potenziale fonte di conflitto) . E se, come è probabile, l’Iraq è sotto embargo imposto dagli Stati Uniti per non aver rispettato le sanzioni statunitensi contro l’Iran, allora l’Iraq sarà spinto – dall’urgenza delle circostanze – nella mutevole situazione economica che è stata oggetto di importanti discussioni al vertice di Teheran lo scorso venerdì. Cioè, in una serie in continua evoluzione di quadri economici per la de-dollarizzazione e la violazione delle sanzioni statunitensi.

La portata di questo errore di calcolo (l’istigazione di proteste violente) a Bassora (una complicità saudita è ampiamente sospettata) ha implicazioni più ampie per gli Stati Uniti. Innanzitutto, è probabile che alle forze americane verrà ordinato di lasciare l’Iraq. Secondo, complicherà la capacità del Pentagono di mantenere la sua presenza militare in Siria. La logistica degli schieramenti statunitensi nella Siria nord-orientale, che attraversano l’Iraq, potrebbe non essere più disponibile e le forze statunitensi in Siria saranno inevitabilmente isolate e quindi più vulnerabili.

Ma un’inversione di tendenza in Iraq è anche il culmine dell’aspirazione del presidente Trump a riaffermare il predominio energetico americano nel Medio Oriente. Iran – si sperava – sarebbe poi capitolare e cadono sotto la pressione economica e politica, e come e quando il domino capovolgimento iraniana avrebbe portato con sé il domino iracheno che sarebbe caduta rumorosamente all’accettazione politica

Con questo scenario, gli Stati Uniti finirebbero con le principali fonti di energia del Medio Oriente a “basso costo di produzione” (cioè petrolio, gas e petrolio del Golfo, dell’Iran e dell’Iraq) nelle loro mani. Alla luce degli eventi di questa settimana, tuttavia, sembra più probabile che queste risorse – o almeno le maggiori risorse energetiche di Iran e Iraq – finiranno nella sfera russa (con le prospettive inesplorate del bacino levantino in Siria). E questo “cuore” russo, la sfera che produce energia, potrebbe alla fine rivelarsi un rivale più che sostanziale rispetto alle aspirazioni degli Stati Uniti (che è appena emerso come “il più grande produttore di petrolio al mondo”). ) per ripristinare il loro dominio energetico in Medio Oriente.

L’altra opposta “dinamica” che sta guadagnando massa critica è l’obiettivo di Kushner-Friedman-Grrenblatt di porre fine all’insistenza del popolo palestinese che la sua stessa rivendicazione è precisamente un “progetto politico”. L’obiettivo (secondo i dettagli divulgati finora), è quello di svuotare la forza politica della loro rivendicazione – tagliando gradualmente i principali lavatori di salami che costituiscono in primo luogo questa affermazione che si tratta di un progetto politico.

In primo luogo, ponendo fine al paradigma dei due Stati, che deve essere sostituito da uno stato, uno “stato-nazione” ebraico con diritti differenziati e diversi poteri politici. Secondo, rimuovendo Gerusalemme dal tavolo dei negoziati come capitale di uno stato palestinese; e in terzo luogo, tentando di dissolvere lo status di rifugiato palestinese, per reindirizzare il peso della colonizzazione sui governi ospitanti esistenti. In questo modo, i palestinesi devono essere cacciati dalla sfera politica in cambio della promessa che possono diventare più prosperi – e quindi “più felici” – seguendo la ricetta di Kushner.

E, a quanto pare, facendo affidamento sulla loro esperienza immobiliare nel gestire inquilini scomodi che si distinguono da qualsiasi importante sviluppo immobiliare, è in corso il “restringimento” di Kushner-Friedman: ritiro dei fondi da UNWRA [L’Agenzia di Soccorso e Lavori delle Nazioni Unite per i profughi della Palestina nel Vicino Oriente è un programma di assistenza delle Nazioni Unite ai rifugiati palestinesi nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania, Giordania in Libano e in Siria, 1949, chiusura dell’Ufficio degli Stati Uniti dell’OLP; rimozione degli aiuti agli ospedali di Gerusalemme Est e demonizzazione dei funzionari palestinesi accusandoli di corruzione e ignorando le cosiddette aspirazioni della Palestina (per un’esistenza materialmente migliore).

Recentemente, la squadra di Kushner ha riproposto una vecchia idea (sottolineato in ebraico quotidiano Yedioth Ahoronot da Sima Kadmon, 7 settembre 2018) Abu Mazen [Mahmoud Abbas Selman soprannome NdT] non ha rilasciato direttamente quando è stato avvicinato). È nata con il generale israeliano Giora Eiland nel gennaio 2010 in un articolo che ha scritto per il Begin-Sadat Center for Strategic Studies. Eiland ha scritto:

“La soluzione è stabilire un regno unificante giordano con tre” stati “: la Banca orientale, la Cisgiordania e Gaza. Questi stati, nel senso americano del termine, saranno come la Pennsylvania o il New Jersey. Godranno della completa indipendenza in materia di affari interni e avranno un budget, istituzioni governative, leggi distintive, un servizio di polizia e qualsiasi altro simbolo esterno di indipendenza. Ma, come la Pennsylvania e il New Jersey, non avranno alcuna responsabilità in due aree: politica estera e truppe militari. Queste due aree, come negli Stati Uniti, rimarranno di competenza del governo “federale” di Amman. “

Eiland ha ritenuto che tale soluzione avesse evidenti vantaggi per Israele, rispetto alla soluzione dei due stati. “Primo, c’è un cambiamento nella storia. Non stiamo più parlando del popolo palestinese che vive sotto occupazione, ma di un conflitto territoriale tra due paesi, Israele e Giordania. In secondo luogo, la Giordania potrebbe essere più conciliante su alcune questioni, come la questione territoriale. Aggiungendo che “il Medio Oriente, l’unico modo per garantire la sopravvivenza del regime è quello di garantire un controllo efficace della sicurezza … quindi, il modo per prevenire disordini in Giordania, che sarà alimentato da un futuro regime di Hamas a West Bank, è il controllo militare giordano su questo territorio [più una Cisgiordania smilitarizzata su cui Israele insiste] “.

Nel complesso, i palestinesi di Gaza (secondo i rapporti) saranno installato in Gaza / Sinai (e “controllato” dai servizi segreti egiziani), mentre le restanti enclave palestinesi in Cisgiordania saranno controllati da ufficiali giordani sotto controllo della Sicurezza generale degli israeliani. È un governo “federale” giordano che riceverà le denunce e sarà ritenuto responsabile da Israele per l’intera situazione.

Naturalmente, questo potrebbe essere solo un palloncino di prova di Kushner et al. Non sappiamo quale sarà il Trion’s Century Coup (è stato ritardato molte volte), ma ciò che sembra chiaro è l’intenzione di estinguere la nozione di tutto il potere politico palestinese in sé e rendere docili i palestinesi tagliando i loro capi e offrendo loro un guadagno materiale. I palestinesi sono attualmente deboli. E non c’è dubbio che gli Stati Uniti e Israele, lavorando insieme, potrebbero riuscire a soffocare ogni opposizione al “colpo di stato”. Gerusalemme sarà “data” ad Israele. I palestinesi saranno politicamente de-fenestrati. Ma a quale prezzo? Cosa succederà allora ai re del Golfo?

In un articolo di opinione sul New York Times , lo studioso di Oxford Faisal Devji ha osservato il mal di testa dell’Arabia Saudita:

Dopo la prima guerra mondiale, la marina statunitense sostituì gli inglesi e il petrolio rese il regno una risorsa cruciale per il capitalismo occidentale. Ma la sua supremazia religiosa ed economica è stata contestata dalla continua emarginazione politica dell’Arabia Saudita, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e anche l’esercito pakistano essere responsabile per la stabilità interna e la sua difesa contro le minacce esterne.

Oggi l’Arabia Saudita si oppone apertamente all’Iran, ma le sue pretese di dominio sono rese possibili solo dal declino dell’Egitto e dalla devastazione dell’Iraq e della Siria. La Turchia rimane la sua unica rivale, ancora ambigua, con l’eccezione dell’Iran.

… Il regno del principe Mohammed è più simile a uno stato “laico” che a uno stato “teocratico”, in cui la sovranità è stata finalmente strappata da clan e religiosi per essere richiesta direttamente dalla monarchia. Ma l’Arabia Saudita non può assumere un maggiore potere geopolitico se non mettendo in pericolo il suo status religioso … [Enfasi aggiunta].

Il progetto di fare dell’Arabia Saudita uno stato politicamente definito, piuttosto che religioso, rischia di demolire la visione secolare di una geografia islamica [sunnita], che è sempre stata basata sulla costituzione di un centro depoliticizzato in Arabia Saudita. La Mecca e Medina continueranno ad accogliere i loro pellegrini, ma l’Islam [sunnita] potrà finalmente trovare la sua casa in Asia, dove vive il maggior numero di suoi seguaci e dove la ricchezza e il potere del mondo continuano a fluire.

Ma questo non è semplicemente il caso dell’islam sciita, che ha saputo unire il potere politico con status religioso restaurato – come dimostra la straordinaria crescita del centro di pellegrinaggio sciita di Karbala – e il successo della L’Iran nella sua lotta contro i jihadisti wahhabiti in Siria e Iraq. (Per l’Arabia Saudita, d’altra parte, il conflitto nello Yemen ha minato la sua credibilità politica e religiosa.

Eppure … eppure, nonostante le traiettorie contrastanti, è qui che può verificarsi una collisione: Israele si è inevitabilmente alleata con l’Arabia Saudita e l’Islam sunnita. Allo stesso modo, gli Stati Uniti hanno adottato la posizione partigiana di Israele e Arabia Saudita contro l’Iran. Entrambi spingono il re saudita da dietro per condurre una guerra ibrida contro il suo potente vicino.

Alon Ben David, corrispondente militare israeliana, scrivendo sul quotidiano Ma’ariv in ebraico (7 settembre 2018), illustra la narrazione israeliana Promethean celebra il suo successo (grazie al pieno supporto di Trump): “L’esercito di difesa “Israele [IDF], che era indietro di diversi anni nel rilevare la potenziale minaccia dell’espansione dell’Iran, ha capito che doveva agire … questa settimana l’IDF ha rivelato che erano stati effettuati oltre 200 attacchi aerei in Siria dall’inizio del 2017. Ma se si guarda alla somma delle attività dell’IDF, di solito segrete, nel contesto di questa guerra, negli ultimi due anni, l’IDF ha condotto centinaia di transazioni transfrontaliere di tipo diverso. La guerra tra due guerre divenne la guerra dell’IDF, ed è stato condotto giorno e notte … Finora, Israele è stato più forte nella guerra diretta con l’Iran … quando colpiamo, il nostro potere deterrente diventa più forte. ”

Beh … è una questione di opinione (alto rischio).

Fonte: Strategic Culture, Alastair Crooke , 18-09-2018

IL PRINCIPIO DI AUTO-ORGANIZZAZIONE IN POLITICA, di Pierluigi Fagan

Nei sistemi complessi, sostanzialmente i sistemi dinamico-vitali che si trovano tra il caos aereo e la rigidità minerale, tra cielo e terra, vige una regola di auto-organizzazione, tendono cioè a trovare una qualche forma di ordine da soli. Nel trasferire questa conoscenza al mondo umano occorre in primis osservare lo scalino dell’analogia. Lo scalino dell’analogia è l’avvertimento -quasi mai osservato- del fatto che per trasferire schemi mentali desunti dal reale da un livello all’altro, occorre prima verificare l’omogeneità dei livelli che si comparano. Ad esempio, alcuni scienziati e molti lettori o studiosi della meccanica quantistica, tendono a proiettare gli schemi osservati al livello sub atomico sul livello sovra-atomico. Sebbene ci siano alcuni fisici che sostengono l’esistenza di comportamenti quantistici anche a livello molecolare, al momento è prudente considerare quello che vediamo e sappiamo della mq, confinato al suo livello. Così, il principio di auto-organizzazione dei sistemi complessi va valutato a seconda del tipo di sistema ovvero del tipo di varietà che lo compongono. Particelle sono una cosa, atomi e molecole un’altra, cellule un’altra ancora, individui come celenterati cose a sé, diverse dagli scimpanzé a loro volta parenti di rango inferiore (in termini di complessità) dell’umano. Politica attiene all’umano e quindi ci si domanda quale sia la possibile applicazione del principio di auto-organizzazione all’umano.
Il principio di auto-organizzazione si basa in genere sul fatto che le unità componenti il sistema hanno un range limitato di opzioni di relazione verso le altre. Poiché tutte fanno parte di un unico sistema a sua volta doppiamente condizionato dalla sua struttura e storia interna e dal dovere di trovare accordo con ciò che gli è intorno (ambiente o contesto), le opzioni, che sono limitate, vengono a loro volta chiuse dal comportamento sincronico delle singole parti, tutti si adattano tra loro nel tutto comune che è il sistema che si adatta al contesto. Una applicazione “stagionale” del principio di auto-organizzazione è lo stormo di uccelli. In pratica, ogni singolo uccello ha le semplici disposizioni di tenere la distanza “x” da quello a destra, da quello a sinistra e da quello davanti. Nel complesso, basta un piccolo scarto (il lucreziano “clinamen”) nel comportamento collettivo per riorganizzare l’intero comportamento del sistema, da cui gli affascinanti disegni ad onde degli stormi migratori.
Nel livello umano, c’è una applicazione del principio di auto-organizzazione ed è proprio l’ordinatore delle nostre forme di vita associata: il mercato. E’ la famosa mezza paginetta di poco meno di mille-e-cento della sua più famosa opera, in cui Adam Smith citava la “mano invisibile”, la “mano” come metafora di ciò che mette ordine, “invisibile” perché in effetti non c’è alcuna mano. Smith diceva che il fatto che noi sia abbia tutte le mattine la bottiglia di latte nel bar sotto casa e non si debba prendere il calesse per andare in campagna a mungere una mucca, derivava dalla semplice applicazione della singola disposizione individuale a cercare il profitto. L’allevatore allora munge per noi (e per sé) la mucca e vende il latte al distributore che lo vende al negoziante che lo vende a noi, l’effetto ordine è dato da segmenti di piccole transazioni di profitto mosse dall’interesse individuale, come negli uccelli dello stormo o le formiche eusociali, sebbene noi non si sia propriamente dei tordi o degli imenotteri, potenza dell’analogia.
La cosa venne espressa dal genio di Smith nel 1776 e tra l’altro è discusso se l’espressione “mano invisibile” sia sua (improbabile che un illuminista scozzese usasse questa metafora semi-deista che fa parte più della cultura inglese) poiché se ne potrebbe rinvenire traccia nell’opera molto influente di un certo Bernard de Mandeville che nel 1705 pubblicò una deliziosa favoletta dal titolo “La favola delle api” (analogia dell’imenottero) che tanti studiosi e critici del c.d. “capitalismo” farebbero bene a leggersi per capire meglio di cosa parlano. Tra XIX e XX secolo, la faccenda del mercato come sistema auto-organizzato ed auto-regolato affascinò anche R. Wathely e L. von Mises ed infine F. von Hayek (ma anche Walras, Pareto e molti altri) che vi centrò sopra praticamente l’intera sua opera di pensiero.
Ma il punto poco a fuoco della faccenda è che tutto ciò è pertinente se e soltanto se operiamo a monte una decisione che però rimane indiscussa spesso: se questo è il modo migliore (e pare lo sia) di far funzionare il mercato, chi-dove-come-quando-e-perché ha deciso che l’intera società umana debba ruotare intorno al mercato? Tale decisione venne presa nel mondo reale ma poi anche teorizzata nell’ambito di un altro segmento di pensiero che non è molto illuminato né nello studio politico, né in quello economico che nel frattempo di sono separati. Viene preso nell’ambito dell’utilitarismo inglese (Stuart Mill – Bentham – Sidgwick e -vari- seguenti), esso si potrebbe dire la colonna centrale della riflessione etica di origine inglese, quindi anglosassone: la ricerca della felicità per il maggior numero (più o meno). Stante che gli inglesi sono la genetica del sistema anglo-sassone e questo dell’Occidente (il concetto di “sistema occidentale” è molto tardo ed è di origine anglosassone), questo tipo di etica è diventato l’etica occidentale propriamente detta.
Torniamo allora al problema dei livelli. Se volessimo discutere questa decisione di gerarchia per la quale l’economico è l’ordine della società, economico a sua volta ordinato dal principio di auto-organizzazione detto “mano invisibile”, dovremmo proporre la sudditanza dell’ordine economico all’ordine politico e quindi tornare la nostra domanda iniziale: quale sarebbe l’applicazione del principio di auto-organizzazione al politico?
Qui incontriamo lo scalino dell’analogia. Gli esseri umani non sono né imenotteri, né uccelli, né lupi, né celenterati, e nemmeno atomi o particelle sub-atomiche. Una cosa distingue (o almeno dovrebbe) l’umano dagli ordini inferiori (ci si passi questa geometria piramidale verticale della complessità): l’intenzionalità auto-cosciente. Formiche ed uccelli non decidono il loro comportamento, lo hanno prescritto geneticamente, gli atomi si compongono seguendo la poco nota ma fondamentale “regola dell’ottetto” e la particelle seguono i dettami delle forze (tre-quattro) che agiscono al loro livello.
L’ordine auto-organizzato dei sistemi umani di vita associata (le nostre società) dovrebbe venire da un difficile forma di decisione partecipata delle sue singole componenti che al contempo agiscono in parte per interesse personale, in parte per interesse collettivo, sistemico. Questo presuppone tre cose: 1) l’ordine politico domina l’ordine economico; 2) l’ordine democratico ordina l’ordine politico; 3) le singole parti del sistema (gli individui) debbono avere una doppia visione sia dell’interesse personale, sia dell’interesse collettivo.
Il problema è che praticamente nessuno si preoccupa di coltivare presso gli individui la capacità di assumere conoscenza di cosa sia (non quale sia, quello lo decideranno i singoli individui) l’interesse collettivo. Molti pensano implicitamente esso debba “emergere” dall’incontro-scontro tra i vari interessi personali ma questa idea è viziata dalla falsa analogia. L’ordine del sistema dovrebbe esser pensato dai singoli individui né più (collettivismo), né meno (individualismo) di quello personale. Quindi continuiamo ad essere imenotteri sballottati dalla mano invisibile del formicaio chiamato “società ordinata dal mercato” che però passiamo la vita a criticare inutilmente sperando si dissolva da sé o grazie ad un classe di individui coscienti di esserlo o per catastrofe o per merito di qualche semi-dio illuminato che ci salvi dalla prigionia della nostra impotenza, recludendoci in un’altra.

27°-1 podcast_elezioni di medio termine, di Gianfranco Campa

Raramente, nei settant’anni di vita politica della Repubblica Italiana, le incertezze del conflitto politico negli Stati Uniti si sono riflesse in maniera così diretta nel nostro contesto nazionale come oggi. Gran parte delle fortune presenti e future del Governo Conte, pur tra tanti errori e difetti di impostazioni spesso grossolani, dipendono dalla sopravvivenza se non dall’affermazione dell’attuale leadership americana. Le elezioni di medio termine della Camera e del Senato statunitensi segneranno probabilmente un punto di svolta in un senso o nell’altro. Solitamente rappresentano una scadenza enfatizzata mediaticamente, ma dalle conseguenze poco rilevanti nella concretezza del confronto politico. Questa volta è diverso. Non a caso l’avvicinarsi dell’appuntamento è accompagnato da una serie di atti intimidatori di estrema gravità nei confronti di singoli esponenti politici della compagine conservatrice prossima al Presidente apparsi nella stampa nazionale americana e del tutto ignorati in quella europea. L’atteggiamento tattico adottato dalla compagine democratica e neocon teso a sopire lo spirito di militanza dello schieramento avverso non deve trarre in inganno. Di questo il blog renderà conto prossimamente. Sta di fatto che, per tornare a casa nostra, tutte le vecchie classi dirigenti europee sembrano in attesa di un evento salvifico che consenta loro di tornare rapidamente in sella. Gianfranco Campa, da par suo, nel frattempo ci illustra le varie possibilità che si potranno verificare in base all’esito di queste votazioni e, soprattutto, nella seconda parte ci svelerà alcuni risvolti inquietanti delle scelte di parte democratica riguardanti le candidature. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

https://soundcloud.com/user-159708855/podcast-episode-27-1

uguale tra gli uguali, di Antonio de Martini

Una delle mancanze che venivano rimproverate alle alte gerarchie militari dell’Esercito Italiano, durante la seconda guerra mondiale e non solo, era la distanza e la separazione di ceto e di casta dalla truppa, anche nei momenti cruciali del confronto bellico. Una tara che provocò l’esplicito disprezzo verso i primi e la stima verso i secondi del generale Rommel durante la campagna d’Africa. Le più alte autorità stanno evidentemente cercando di cancellare quel retaggio vergognoso. Una volontà di riscatto apprezzabile, ma con la giusta misura.

Se non ci fosse, Antonio de Martini bisognerebbe inventarlo_Giuseppe Germinario

COME GESTIRE IL MONDO MILITARE. L’UOMO GIUSTO AL POSTO GIUSTO.

Servono ufficiali preparati, vivaci di corpo e di spirito e…democratici.

Il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Graziano è senz’altro un democratico a 24 carati e saluta tutti con una virile stretta di mano.
Eccolo, nella foto, tentare di stringere la mano a un manichino che scambia per un soldato.
Democrazia dieci e lode. Per il resto fidiamo nei buoni rapporti tra San Gennaro e Di Maio.

1 332 333 334 335 336 376