Giù la maschera? Dedicato al Presidente_di Giuseppe Germinario
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Giù la maschera?
Le recenti sortite di Sergio Mattarella, nostro Presidente della Repubblica, non mi hanno sconvolto, ma un po’ sorpreso sì.
Ai più avveduti è risaputo che il requisito determinante che consente la nomina e/o la riconferma del Presidente della Repubblica italiana non è l’adesione alla narrazione irenica e struggente della Unione Europea e nemmeno quello del generale consenso nazionale alla nomina di una figura emblematica dell’unità del paese, come solitamente si preferisce proferire, piuttosto che della Nazione. È imprescindibile, piuttosto, il suo gradimento in particolare agli Stati Uniti e alla sua leadership, qualsiasi essa sia, meglio sia stata.
Gli apparenti momenti di discontinuità emersi nel recente passato, in primis la nomina di Giorgio Napolitano, non furono casuali. Il nostro, recentemente defunto, fu il primo e più importante esponente del PCI a cedere negli ormai lontani anni ’70 alle attenzioni, alla ospitalità e alle profferte amorose statunitensi, così come rivelate anni dopo, tra i tanti, dal “grande statista” Henry Kissinger.
Il recente conseguimento della laurea “honoris causa” conferita al nostro Presidente in carica dall’università di Marsiglia potrebbe rappresentare solo un mero cedimento un po’ superficiale al narcisismo e alla vanagloria della figura politica più emblematica di una nazione; cedimento che ha purtroppo colpito già un numero impressionante, nell’ordine delle centinaia, di personaggi in vista e del sottobosco politico italiani adornati di onorificenze, in particolare della Legion d’Onore, del tutto a costo zero da parte di un paese, la Francia, il quale, assieme alla più discreta ma non meno velenosa Germania, nell’ultimo trentennio ha ripetutamente stilettato e pugnalato il proprio “cugino” subalpino, dalla schiena volutamente scoperta.
La guerra contro la Serbia, il massacro indegno di Gheddafi in Libia, la fortunatamente fallita in extremis pretesa territoriale nei mari Ligure e Tirreno, grazie ad un ripensamento dell’ultimo minuto del solo Parlamento Italiano, sono stati gli episodi più evidenti di un saccheggio perpetrato ai nostri danni sotto la direzione e la mano anglo-statunitense.
Le esternazioni che hanno accompagnato e seguito quel conferimento, per la verità abbastanza in linea con altre precedenti, certamente più animose, soprattutto inopportune e fuori luogo nel nuovo contesto geopolitico che si va determinando, rappresentano, però, un salto di qualità verso un mondo iperuranico di un personale politico storicamente e stoicamente predisposto a darsi la zappa, se non su organi più sensibili, sui piedi propri, e sin qui si rientrerebbe nelle scelte masochistiche, ma personali, e purtroppo del paese e della nazione che si rappresenta. Per così dire “cornuti e mazziati”.
In cosa potrebbe consistere questo salto? Esattamente nel passaggio surrettizio, probabilmente involontario, sto adottando il principio di precauzione, della profferta di fedeltà da uno stato “amico” straniero ad una fazione politica di esso, la peggiore.
Un salto che in verità potrebbe essere un disvelamento di una predisposizione atavica celata dalla coincidenza ed adesione simbiotica, sino al 20 gennaio scorso, tra quella leadership ormai decadente e quello Stato americano, così come svelato dal DOGE del tanto vituperato Elon Musk.
Nella mia modestia, vorrei aiutare il nostro Presidente a riconsiderare le sue perentorie affermazioni per evitare che si possa trasformare irrimediabilmente da capo-nazione a capo-fazione.
Non penso possa arrivare ad assumere il ruolo di capo-bastone; non sembra possederne l’indole e le “phisique du role”, mi si scusi il francesismo.
Vado quindi al punto, anche se non del tutto esaustivo, consapevole di colpire la suscettibilità un po’ permalosa del nostro:
- Il nostro Signor Presidente è a conoscenza degli impegni sulla garanzia di neutralità dell’Ucraina sancita dagli accordi russo-statunitensi negli anni ’90?
- Il nostro Signor Presidente è a conoscenza del contenuto degli accordi di Minsk e del ruolo di garanti assunto solennemente ed eluso da Francia e Germania?
- Il nostro Signor Presidente è a conoscenza del trattato di mutuo sostegno, anche militare, sottoscritto da Ucraina e Stati Uniti e antecedente alle proposte ultimative dei russi nell’ottobre 2021?
- Il nostro Signor Presidente, così sensibile ai temi dei diritti umani e dell’antinazi-fascismo, è a conoscenza delle reali dinamiche del colpo di stato e di mano a piazza Maidan nel 2013/2014, in Ucraina, delle persecuzioni e degli eccidi delle popolazioni russe e russofone presenti massivamente in Ucraina, come per altro in diversi paesi confinanti, appartenenti alla ex-URSS, della messa fuori legge della maggior parte dei partiti di quel “democratico” disgraziato paese, delle intenzioni dichiaratamente aggressive manifestate verso la Russia?
- Il nostro signor Presidente è a conoscenza degli antecedenti storici del patto Molotov-Ribbentrop e dell’incongruenza della analogia offerta dal legame adombrato tra la guerra nazifascista e il conflitto ucraino?
- Il nostro Presidente, da uomo politico, ritengo consumato, è consapevole dell’opportunità delle sue particolari esternazioni e forzature in un contesto e in una prospettiva di ripresa delle relazioni tra Stati Uniti e Russia?
La sua risposta documentata, ragionata ed esauriente a queste domande, pur nella modestia del ruolo dello scrivente, potrebbe offrire la spinta ad assumere il ruolo di mallevadore di una svolta positiva possibile nelle relazioni internazionali, innescato dal nuovo corso inaugurato dall’insediamento della presidenza statunitense. Basterebbe poco per imprimere una svolta decisiva sfruttando almeno per una volta in positivo l’atavica propensione trasformista del nostro ceto politico e della nostra classe dirigente.
La conferma, al contrario, ostinata del vecchio corso lo relegherebbe al ruolo cieco di una mosca cocchiera, fuori tempo massimo, di una causa persa, di una classe dirigente e di un ceto politico in evidente stato di smarrimento e putrefazione.
La scelta è inderogabile; quella di un uomo destinato a conquistarsi un posticino, sia pure di second’ordine, nella storia che conta oppure in quello tapino e grottesco nei cantucci più reconditi riservati ai paladini tardivi delle cause perse e meno nobili.
Dalla sua, la sfortuna e la commiserazione di risiedere e presiedere in un continente, quello europeo, destinato ad assumere un ruolo centrale nello scontro politico ferale, tutto interno agli Stati Uniti, rimanendone, per altro, più ostaggio e strumento che protagonista.
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