Conversazioni sulla Cina, 3a puntata_Con Daniela Caruso

Il gruppo dirigente al potere in Cina, solitamente riservato, in poche settimane ha voluto rendere pubblica la sua visione delle relazioni internazionali: una interpretazione del multilateralismo la cui forza deve dipendere da un equilibrio di forze e dal rispetto del principio di sovranità ed integrità degli stati nazionali piuttosto che dalla capacità egemonica di una potenza. Vi è una ragione prosaica a sostenere questa convinzione: la Cina è stato il paese che, con astuzia e sapienza, ha saputo approfittare delle opportunità di una globalizzazione fondata sulla sicumera di un paese egemone, gli Stati Uniti, convinto di aver consolidato definitivamente la propria condizione di dominio. Vi è, però, una ragione più profonda legata alla mentalità e alla cultura millenaria di un impero il quale, tra tante vicissitudini interne, è però riuscito a mantenere una postura relativamente pacifica anche nelle sue fasi più turbolente. Se le intenzioni sono queste, la realtà al contrario sta spingendo verso un’altra direzione. L’aspro conflitto politico interno agli Stati Uniti e l’incapacità della sua classe dirigente ad accettare l’emersione di nuove potenze e una aspirazione generale alla indipendenza e sovranità di paesi e stati sempre più numerosi sta spingendo progressivamente il confronto geopolitico in una logica di schieramenti sempre più netti e contrapposti. Ogni paese, però, con il proprio retaggio. Non c’è dubbio che quelli occidentali, soprattutto gli Stati Uniti, hanno troppe cose da farsi perdonare per poter contare sulla persuasione e la credibilità, piuttosto che sulla violenza. Un circolo vizioso che non promette niente di buono. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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