Nel suo discorso alla nazione in cui spiegava le ragioni del ritiro dopo venti anni dalla guerra in Afghanistan, Biden condensò la ragione dicendo che gli Stati Uniti non dovevano più esaurirsi nel gestire i problemi del 2001 (11 settembre), perché dovevano concentrarsi su quelli del 2021. Diede solo un sintetico ragguaglio su questo nuovo scenario: Russia e Cina.
La Russia è il principale competitor militare degli USA sebbene tra i due ci sia una certa distanza in termini di complessiva forza militare, la supposta “parità atomica” funge da deterrente a scalare i pioli di un possibile conflitto diretto. Abbiamo detto “supposta” parità atomica perché se in termini di testate è certa, in termini di capacità di lancio ed intercetto nessuno può sapere davvero come stanno le cose. Non foss’altro perché i sistemi d’arma spaziali (satelliti) sfuggono ad ogni reale rilevazione da parte degli analisti che si occupano di queste cose. L’aggiornamento dell’arsenale nucleare è stato, con qualche zigzag, praticamente costante negli ultimi settanta anni. La ricerca della preminenza ipotetica che sarebbe la facoltà di un “first strike” annichilente o la ricerca sul come annichilire la risposta avversaria, sono fini in sé. Lo sono per alimentare in continuità il sistema “ricerca e produzione” in un campo che altrimenti non consuma mai il suo prodotto. Lo sono per il fall out tecnologico che questa ricerca produce, fall out che può riversarsi non solo sul campo militare. Lo sono perché obbliga lo e gli avversari a sfinirsi in una continua distrazione di ricchezza su investimenti militari e non civili. Sebbene sia sbagliato dare a questa ultima dinamica ruoli eccessivi, nelle analisi sui perché del crollo sovietico, c’è stata anche una sottolineatura di come questa continua riconcorsa abbia fiaccato -nel tempo- l’economia sovietica, in molte analisi dei principali studiosi in materia. Questa strategia di “costo di potenza”, per ragioni di potenza economica complessiva, ma anche per ragioni di aspirazione di capitali da tutto il mondo tramite il sistema titoli di Stato – dollaro, pone gli USA in una posizione di vantaggio ancora incolmabile. E’ come giocare a poker contro un miliardario, perderete sempre perché lui dà un valore al denaro diverso dal vostro avendone incomparabilmente di più. Quello che non ha glielo presta il resto del mondo perché il Treasury Bond è il bene rifugio principale.
La Cina è il principale competitor, anzi l’unico, sul piano economico. Stimata precedentemente al 2028 la raggiunta parità di Pil tra i due giganti, quando oggi la Cina fa ancora solo tre quarti del Pil americano, le incertezze strategiche economiche americane unite ai due anni di pandemia, hanno fatto temere un pareggio anche più anticipato. Tale pareggio è solo una cifra, è la rete delle conseguenze complesse il problema.
Si consideri l’effetto sistemico di queste competizioni. La Russia ha contrastato l’operazione Siria dietro a cui c’era l’interesse strategico anglo-americano (ed una complessa faccenda di condutture di gas verso l’Europa). E’ entrata nel teatro libico sostenendo la parte avversaria quella promossa da Washington, sta penetrando il Sahel ed è variamente presente in Africa, esporta armamenti a piene mani in India, dà talvolta sponda all’Iran. Quindi al di là del confronto diretto tra le due potenze atomiche, c’è anche questo più ampio scenario mondo. Fiaccare la Russia non è solo l’obiettivo della competizione diretta è anche e soprattutto il poter aver mani libere nell’utilizzo della variabile militare sul tavolo-Mondo. Fiaccare la Russia ma sperabilmente anche promuovere un regime change in favore di un regime più liberale ovvero conforme il gioco dominato dagli USA.
La Cina poi, ha evidente strategia-Mondo nel suo sviluppo infrastrutturale delle varie Vie della Seta. Tale ragnatela, si arborizza da tempo in Asia, Africa e financo Sud America, ha una attenzione particolare al Medio Oriente anche per via della fame energetica cinese, mentre da tempo cerca di penetrare il boccone prelibato ovvero l’Europa. In questo campo di gioco gli Stati Uniti hanno una certa difficoltà strategica. La unità e potenza d’azione dello stato cinese è molto più efficiente della potenza d’azione indiretta americana tramite vari domini di mercato ed istituzioni finanziarie come World Bank e Fondo Monetario Internazionale. I cinesi premettono al loro andare in giro per il mondo a fare affari, il totale agnosticismo rispetto a come il partner si organizza politicamente o economicamente al suo interno, lo trattano da “pari a pari” sebbene solo dal punto di vista politico e culturale. Gli americani invece, oltre ad avere meno potenza finanziaria diretta da investire nel comprare amicizia geopolitica tramite la geoeconomia, vincolano i partner ad affiliarsi a forme di “democrazie di mercato”, nonché vari obblighi a formare l’attività economica secondo vari principi della loro teoria di mercato. L’espressione “democrazia di mercato” dice che poiché gli USA dominano il mercato, son così in grado di gestire la politica di un Paese (almeno ciò che a loro interessa) che, come involucro, rimane formalmente una “democrazia”.
Ieri Lavrov, il ministro degli esteri russo, ha detto a chiare lettere che il problema della pace con l’Ucraina non passa solo dalle relazioni e competizioni tra russi e ucraini, ma tra russi ed americani, via ucraini. Per questo, al di là dei nostri sospiri speranzosi sui passi in avanti delle trattative, toccherà rassegnarsi a tempi medio-lunghi. In realtà gli americani non hanno alcuna fretta a chiudere la partita, anzi. Hanno già ottenuto vari punti segnati dal comportamento stesso dei russi che “non avevano alternative” come recita Putin, ma si può ancora ottenere di più. Incluso portare lo scontro a livelli tali da obbligare la Cina a dover scegliere da che parte stare. Costo alto per i cinesi che se da vari punti di sistema delle alleanze e condivisione degli obiettivi strategici generali quali la promozione di un nuovo ordine multipolare sono alleati di fatto dei russi, dall’altra temono di esser trascinati nell’angolo degli ostracizzati in cui gli americani sono riusciti a ficcare i russi che da questo punto di vista, la partita l’hanno già in buona parte persa.
Altro risultato già ottenuto dagli americani è stato il riaccorpamento integrale dei coriandoli europei al proprio dominio geopolitico, la rottura -irreversibile per lungo tempo futuro- di importanti relazioni commerciali tra Europa e Russia oltre a quelle tra Europa e Cina che verranno curate in seguito. Hanno inoltre ottenuto la, già richiesta invano da Trump, maggior contribuzione alle spese militari della comune alleanza nonché i proventi della vendita delle armi americane all’Europa a seguito di questi spesa militare incrementata. Ma tutto ciò verrà più chiaramente saldato in un molto probabile nuovo trattato commerciale sulle basi dell’ex TTIP poi abbandonato, che farà dall’Occidente a guida USA un sistema omogeneo macro-regionale che sarà la forma della nuova globalizzazione multipolare. Tramite questo nuovo sistema che racchiuderà in sé più del 50% del Pil mondiale (assieme a UK, oceanici e Canada), gli Stati Uniti potranno giocare la competizione con la Cina da rinnovata posizione di forza al di là del Pil specifico. Intorno al Nuovo Sistema Occidentale, andranno poi a collocarsi i partner privilegiati come il Giappone, la Corea del Sud, il Messico e Centro America, nonché tutti quelli che ambiguamente flirtano coi cinesi o coi russi come l’India o gli undici paesi ASEAN a cui verrà progressivamente richiesto da che parte stanno.
Tutto questo che non ha nulla di strano se non per chi è digiuno di questo tavolo del gioco di tutti i giochi a cui in questi giorni accede come spettatore con la testa piena di valori impalpabili senza rendersi conto di come la grammatica di questo gioco sia tremendamente seria, concreta e basata su valori palpabili e tremendamente materiali nonché del tutto amorali. Tutto ciò spiega molte cose del “film di guerra” trasmesso h24 dalle emittenti del racconto del mondo.
Ecco perché sono 3 miliardi i dollari in armamenti e formazione militare investiti fino al 2021 dagli USA in favore dell’Ucraina, ecco perché -anche solo prendendo le recenti notizie del Washington Post- l’impegno americano in Ucraina già dallo scorso dicembre (sono svariati anni in realtà) nel mentre Mosca provava inutilmente a chiedere un tavolo di trattiva di sicurezza con gli USA-NATO, ecco perché gli USA hanno stanziato l’altro ieri 13,6 miliardi di dollari per l’Ucraina con un in più di un altro miliardo d’armi pesanti (con sovralimentazione del proprio ipertrofico complesso militar-industriale) nella sola ultima settimana. Ed ecco perché l’urto catastrofico dei profughi per loro non è un problema mentre lo sarà per gli europei ed ecco anche perché a gli USA, il terremoto planetario i cui effetti molti fanno ancora fatica a scorgere, per loro sarà uno splendido affare.
Gli USA sono potenzialmente l’unica potenza semi-autarchica. Per più di un terzo fanno import-export limitrofo (Canada e Messico), poi c’è l’Europa, poi tutti gli altri in ordine sparso. Con la Cina possono giocare da rinnovate posizioni di forza e se pure dovranno fare qualche sacrificio in termini di import, ne beneficerà la bilancia commerciale, oltretutto spingendo la ripresa industriale interna. Ma lì dove gli USA sono più imperturbabili sono le materie prime. Praticamente autonomi per energia, grano, olii, fertilizzanti ed in parte dei minerali, possono lasciare il resto del mondo precipitare nel buco nero della già paventata “carestia” un concetto medioevale di cui non sentivamo parlare da secoli e che è oggi ben paventato da ONU e FMI. Carestia porta disordine sociale e politico, il temuto Grande Caos in cui il mondo complesso rischia di precipitare in una ragnatela di effetti farfalla con feedback non lineari che è ininfluente per chi sta su una isola (continentale) protetta da due oceani e con l’essenziale stipato in cantina.
Per tutto questo Biden non ha nessuna intenzione di alzare il telefono per invitare Putin al “diamoci una calmata”. La strategia è del tipo “tanto peggio, tanto meglio”. Si valuterà nei prossimi tempi anche le onde telluriche che investiranno le organizzazioni multilaterali, tra cui l’ONU ed il Consiglio di sicurezza.
Alcuni si sono irritati e sorpresi dai miei recenti toni con cui ho trattato Zelensky. Chiunque abbia avuto esperienze di marketing e pubblicità non potrà non notare come tutta la narrazione Zelensky ricalchi in tutta evidenza una chiara strategia. Forse questa affermazione risulterà infondata ai più, ma io ho lavorato in quel campo per due decenni e passa, diciamo ad alti livelli prima di lasciare tutto e convertirmi allo studio, con una specializzazione professionale specifica proprio in strategie di marketing e comunicazione. Non c’è alcuna possibilità di sostenere il contrario, credetemi, la mia non è una convinzione politica è meramente una constatazione tecnica. Zelensky è il testimonial (bravissimo) di una strategia di comunicazione (abilissima e molto professionale) che presuppone un abilissimo team che ne cura immagine e testi, team ovviamente non ucraino. Ma è anche un PR con un altro team che gli apre porte di parlamenti, interventi nelle piazze pacifiste, interviste, servizi copertina e da ultimo anche merchandising e tutto il noto sistema che accompagna il format “rivoluzioni colorate”. E chi lo dirige gestisce anche le sue relazioni internazionali, l’amicizia con i Trimarium in funzione anti-UE, gli attacchi a Germania e qualche volta Israele, l’ambiguo rapporto con la Turchia che sta nella NATO tanto quanto si bilancia con la Russia e molto altro. O mi volete dire che un comico ucraino in politica da tre anni con un Paese al 133° posto per Pil, è in grado di far tutto questo da solo o con un gruppo di amici?
Ogni giorno concede qualcosa facendo respirare gli animi pacifisti e ragionevoli, un minuto dopo fa marcia indietro. Ogni giorno alza la posta paranoica contro l’inumanità russa (che è per molti versi obiettiva), poi chiede più armi, più soldi, più riconoscimento e più odio per il nemico. Ogni giorno noi non abbiamo alcuna informazione terza sui teatri di guerra, ma abbiamo cori di esperti che fanno sperare: “i russi sono impantanati”, “i russi cedono psicologicamente”, “i russi stanno preparando attacchi biochimici ed atomici (quando queste sono pari accuse fatte dai russi nei loro confronti). Non vediamo i militari russi, non vediamo i militari ucraini, vediamo solo immagini ucraine e sentiamo solo comunicati ucraini. Se c’è speranza c’è in invio d’armi e tutto il circuito si rilancia. Ogni giorno gli europei vanno incontro a questo tsunami emotivo terrorizzante spinti da dirette h24 gestite da professionisti della comunicazione che non hanno mai un dubbio, un’alzata di sopracciglio, un possibile ricordo del necessario bilanciamento quando si stratta di comunicazione di guerra. Così i popoli, così i loro intellettuali principali, così i partiti annichiliti. Questa strategia è basica, si chiama “push&pull”. Granelli di sabbia in questa abbondante vasellina che osano finire le frasi col punto interrogativo, sono subito coperti di ignominia ed ostracizzati.
Qui abbiamo ricordato a sommi capi solo dati ufficiali, noti, non discutibili. Così per discorsi fatti negli ultimi anni da tutti gli osservatori geopolitici e di relazioni internazionali che sono le discipline che trattano il campo. A molti risulteranno strani, ma ciò è dovuto all’ignoranza di questo livello del gioco del mondo. Qui non c’è alcun complotto come molti pensano o pensano di quelli che dicono queste cose. A questo livello si chiamano semplicemente strategie e sono la norma per i giocatori di questo gioco. Non c’è nulla di strano, l’unica cosa strana è domandarvi perché non vi avete mai prestato attenzione. Forse credevate che l’agenda del mondo fosse Salvini, o le teorie economiche, o le baruffe culturali. Ma quelli sono solo i giochi, questo è il gioco di tutti i giochi.
E tenete conto che se ad alcuni farà ribrezzo e se ad alcuni altri non piacerà tutto questo, ad altri invece non fa alcun ribrezzo e piace perché convinti della giustezza di questa strategia. Infatti, essa va solo giudicata secondo il “cosa ci converrebbe fare dal punto di vista del nostro interesse”, su cui si possono avere legittime opinioni avversarie, per quanto non sia poi così ben visto un liberale dibattito in merito. Vi spingono a forza a pensare del Bene e del Male, ma da quando mondo è mondo in questi giochi vige solo il “mi conviene – non mi conviene”. Ed in certi casi come l’Italia, non c’è neanche il dubbio, semplicemente non c’è alternativa.
La guerra in Ucraina è l’asse intorno al quale gli Stati Uniti d’America intendono giocarsi una rischiosa ma ben pensata ed obiettivamente molto promettente partita per contrastare l’avvento dell’ordine multipolare che farebbe delle potenze isolane, tutte anglosassoni, dei potenzialmente se non isolati, decisamente ridimensionati. Forse non sarà l’ultima partita, ma è senz’altro un ottimo “buying time”. Ad occhio e croce, penso valga almeno dieci anni di tempo comprato. Sempre che continui ad andare secondo i piani. Complimenti a chi l’ha pensata, chapeau. A tutti gli altri: in bocca al lupo!
https://pierluigifagan.wordpress.com/2022/03/17/ucraina-axis-mundi/