Giorgia Meloni en français_a cura di Giuseppe Germinario

Non siamo soliti riprendere interviste di leader politici italiani. La stampa italiana offre sin troppo spazio e piaggeria ai nostri pressoché inutili protagonisti. L’intervista del settimanale francese “Valeurs Actuelles” https://www.valeursactuelles.com/ a Giorgia Meloni rappresenta quindi un’eccezione alla regola e una conferma che un minimo di chiarezza di termini la si può trovare su lidi stranieri. I motivi sono il fatto che Giorgia Meloni si avvia a qualificarsi come leader di un centrodestra che all’avvicinarsi delle elezioni sembra sempre più destinato a sparigliarsi in parallelo ai problemi di stallo e di decomposizione dello schieramento avverso. Una eccezione giustificata dalla maggiore coerenza delle posizioni assunte nel merito e nel tempo, facilitate dalla postura politica e dalla strutturazione storica del partito. Una coerenza che dovrà fare i conti con i punti critici della sua costruzione analitica. “L’Europa delle Nazioni” è il richiamo sul quale si appoggia la leader nel tentativo di prospettare una nuova costruzione europea; la costruzione di un asse latino-mediterraneo lo strumento per riequilibrare i rapporti di forza interni all’Europa. Manca però una riflessione sul sostanziale fallimento di quella prospettiva, del tutto ignorata e osteggiata dagli altri paesi europei. Una mancanza non casuale in quanto nell’intervista vi è un grande assente, gli Stati Uniti d’America, il vero dominus dell’Occidente. Un egemone che per perpetuare la propria posizione ha bisogno di giocare su almeno tre poli europei debilitati in competizione che di due aree più caratterizzate che potrebbero spingere la Germania a posizioni più autonome. In questa ottica le rivalità europee possono essere viste in funzione della ricorrente conquista di un rapporto privilegiato con gli USA, piuttosto che una dinamica di sganciamento da questi, specie con la probabile permanenza di Macron in Francia e della componente più atlantista della CDU-CSU in Germania. La finestra aperta dall’avvento di Trump si è ormai chiusa e la collocazione geopolitica della Meloni e di FdI non sembra dare adito a dubbi. La Meloni, in sovrappiù, è stata la maggiore artefice, in un gioco speculare con i progressisti, della riproposizione della dinamica destra-sinistra alternativa e complementare al processo di assorbimento nello schieramento liberal-progressista promosso da altre forze. Uno scotto il cui pagamento non dovrà tardare a pagare sulla sua coerenza, viste le fibrillazioni e la frenesia “statica” delle dinamiche politiche italiane. Buona lettura_Giuseppe Germinario

GIORGIA MELONI:“È ORA DI COSTRUIRE UN’ALLEANZA TRA NAZIONI DELL’EUROPA LATINA”
La figura emergente della destra
L’italiana spiega le ragioni
della sua lotta e di ciò che vuole
per il suo paese. Ci dice anche lei
come un’alleanza franco-italiana
può cambiare l’Europa.
Intervista di Antoine Colonna

Rifiutando, a differenza di Matteo Salvini, di entrare a far parte del governo di Mario Draghi, hai affermato la tua linea e ora sei in testa ai sondaggi.
Hai anche appena rifiutato la fusione con Berlusconi. I compromessi non sono il tuo forte?

Ci impegniamo per gli italiani a non appoggiare i governi di sinistra e il Movimento 5 Stelle (M5S), perché noi crediamo che la convivenza con loro possa portare solo a compromessi al ribasso, che i promotori non sono utili all’Italia, soprattutto in questa fase storica. La storia di questa legislatura ha purtroppo dato ragione: il governo Lega-M5S non ha avuto un impatto, il governo M5S-Partito Democratico è stato disastroso e accompagnò l’Italia negli abissi durante la pandemia e il governo Draghi non è comunque riuscito a fare il cambio di passo che molti si aspettavano.
Per quanto riguarda il partito unico di centrodestra, ho fondato Fratelli d’Italia (FdI) proprio perché ho capito che il partito unico di centrodestra (il Popolo della Libertà, di Berlusconi, all’epoca) non aveva funzionato e aveva gradualmente emarginato la rappresentazione delle idee di destra. Ecco perché preferisco una coalizione unita di centrodestra ma plurale al partito unico. non ho intenzione portare i nostri elettori, un’altra volta, su vecchie strade che si sono già rivelate infruttuose e mi sembra che gli italiani apprezzino la chiarezza di queste posizioni, che riempie di orgoglio.
Sei stata recentemente eletta alla guida del partito ECR (Conservatori e Riformisti europei). L’hai spesso menzionato l’idea di un’Europa confederale, proposta dal generale de Gaulle. È questa ancora la tua idea?
Assolutamente, questa è la visione alternativa che noi vogliamo portare alla Conferenza sul Futuro d’Europa, che è stato appena lanciato dall’Unione europea ma che è concepita come un semplice podio che porta ad un risultato prestabilito in direzione federalista, senza alcun spazio all’autocritica. La sua tesi è allo stesso tempo semplice e sbagliata: se l’Europa non funziona
non è perché non ha abbastanza potere; togliamo quindi la sovranità agli Stati nazionali, lascia che passi a Bruxelles e tutto andrà di bene in meglio. La gestione dell’attuale crisi sanitaria, dove il tentativo della Commissione Europea di subentrare agli stati si è rivelato un disastro, ha recentemente negato questo principio.
Crediamo nell’idea che l’Unione Europea non debba fare altro che farle bene, non dovrebbe fare tutto, ma agire solo nei settori in cui può portare un reale valore aggiunto ai suoi cittadini. Ad
esempio, per quanto riguarda il Gafam, la concorrenza sleale dei mercati extraeuropei, dumping fiscale, sicurezza delle frontiere, lotta al terrorismo e sinergie in politica estera; deve rispettare la sovranità nazionale, dove risiede la vera democrazia, e il principio di sussidiarietà, che porta il potere di scelta dei cittadini valorizzando le specificità di ogni nazione e di ogni popolo. Il famoso slogan “L’Europa delle nazioni” di cui parlava anche de Gaulle.
In questo contesto, che futuro vuoi per l’euro?

L’euro è una moneta, come tale uno strumento, mentre negli ultimi anni si è trasformato in un fine; i risparmi dei cittadini di alcuni paesi, Italia al prima posto, si sono piegati alla sua stabilità. Inoltre, è
una moneta nata male, con una forza definita più in base alle esigenze tedesche rispetto alle esigenze europee, in cui l’Italia è entrata ancor peggio con un tasso di cambio troppo alto. Quando un’area valutaria comune si crea anche tra economie diverse, è necessario fornire compensazioni tra coloro che beneficiano del moneta unica e coloro che essa svantaggia. Non è stato così e, dopo la crisi finanziaria del 2008, la Banca centrale europea ha dovuto svolgere questo compito, anche se parzialmente e indirettamente, al fine di evitare l’implosione della zona euro, ma questo ha dato origine a nuove tensioni tra i paesi cosiddetti “frugali” e paesi più indebitati come l’Italia.
La nostra economia è profondamente interconnessa e, con l’altissimo livello del nostro debito pubblico aggravato dalla pandemia, sarebbe impossibile uscirne. Quello che è certamente necessario, invece, è una riforma approfondita delle norme di accompagnamento.
Pensa, ad esempio, che dal 1 gennaio 2023, il patto di stabilità potrebbe essere ripristinato in vigore con i parametri di riduzione di debito in vigore prima della pandemia; è follia e provocazione inaccettabile.
Sarebbe come massacrare la società e uccidere aziende anche quando dovrebbero ricominciare. E questo annullerebbe tutto il lavoro, anche imperfetto, eseguito sul fondo per il recupero e resilienza.
Con l’emergenza Covid, gli italiani però, tra i più fiduciosi nella costruzione europea, sentivano di essere traditi da Bruxelles. Quali tracce quando la crisi se ne andrà?
I primi mesi hanno sicuramente lasciato un po’ di tracce, come se pensassimo in Europa che
noi italiani avevamo una responsabilità specifica nell’innescare la pandemia.
Purtroppo abbiamo avuto solo la sfortuna di fare da cavia per tutti, permettendo ad altre nazioni europee di osservare ciò che stava accadendo e di evitare i nostri errori. C’era
certamente responsabilità politica nei dettagli attribuibili al precedente governo e Fratelli d’Italia furono i primi a evidenziarli fortemente. Ma la percezione che avevamo dell’Europa era pessima: mentre chiedevamo respiratori e maschere, altri paesi dell’Unione Europea impedivano le esportazioni, i nostri autotrasportatori erano bloccati alle frontiere e, in un pomeriggio, Christine Lagarde [Presidente della Banca European Central, ndr] ha bruciato dozzine di miliardi di euro di denaro italiano con un solo comunicato stampa. Un disastro. Poi venne l’idea di un debito comune per finanziare la ripresa, un’idea giusta anche se si tratta di un tuffo tardivo, che porterà molti soldi per l’Italia ma con troppe condizioni politiche grazie alle quali pagheremo il conto. Infine, c’è stata la cattiva gestione della questione vaccini, con contratti opachi scritti sulla sabbia e la comunicazione confusa che ha creato incertezza tra i cittadini. In breve, l’Europa della pandemia ha molto da farsi perdonare.
Emmanuel Macron e Mario Draghi hanno molte vicinanze. Noi stiamo parlando di un “trattato del Quirinale” sul modello di quello dell’Eliseo che la Francia ha firmato per il riavvicinamento franco-tedesco. Cosa ne pensi?
Trovo paradossale che chi sostiene allora l’azione da campioni dell’europeismo, agisce attraverso trattati bilaterali, ammettendo di fare quello che diciamo da tempo, vale a dire che le strutture comunitarie attuali non sono in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini europei. Detto questo, io non so se un’iniziativa simile al trattato sul modello franco-tedesco sia la più efficace, ma sono convinta che i nostri due paesi devono cercare un nuovo modo per impostare le proprie relazioni. In passato, purtroppo, ai nostri occhi le autorità francesi sull’Italia sembravano più concentrarsi sulle possibilità di acquisire i nostri beni e parti preziose del nostro sistema di produzione piuttosto che concentrarsi sullo sviluppo di una partnership strategica; cosa che ha generato il risentimento dell’opinione pubblica italiana verso il tuo paese. Anche questo è spiegato dal fatto che accanto alla determinazione con con cui la Francia ha sempre difeso il suo interesse nazionale, abbiamo assistito alla facilità con la quale i leader italiani erano pronti a svendere i nostri interessi. È quindi necessario ricreare un clima di fiducia, amicizia e cooperazione tra i nostri due popoli, perché noi
abbiamo così tante sfide comuni da superare.
Vorresti un’alleanza latina tra Francia e Italia? Credi che questo sia un movimento necessario per controbilanciare il peso della Germania?
Assolutamente. Fino ad ora, la Francia spesso ha preso la guida di un asse mediterraneo, ma solo per ragioni opportunistiche, per aumentare il tuo potere contrattuale al tavolo con la Germania, senza molto successo. È tempo di passare dalla tattica alla strategia, provando a costruire una vera alleanza tra nazioni dell’Europa latina, grazie alle somiglianze in termini di identità, storia, lingua, tradizioni, costumi, valori, vocazione; la geopolitica e le emergenze da affrontare possono dare un impulso nuovo e alternativo al progetto Europeo. Se un minimo di pressione coordinata tra Italia, Francia e Spagna sulla Germania è bastato a tenerla lontana dalle sirene di paesi del Nord e per convincerla a porre uno strumento di redistribuzione come il fondo di stimolo, immagina cosa potremmo fare se ci organizzassimo come i paesi di Visegrád o della Nuova Lega Anseatica. Ci sono molti argomenti sui quali una forte cooperazione tra i nostri paesi potrebbe portare l’Europa a un cambio di passo. Pensa a un cambiamento nei paradigmi economici che governino l’Unione Europea o al superamento di iniziative inefficaci come il Trattato di Dublino e il Patto migratorio per la gestione dei flussi migratori e, più in generale, la strategia per il Mediterraneo e l’Africa
dove l’Unione brancola nel buio ma dove la sinergia tra Italia e Francia potrebbe favorire
stabilizzazione di aree come il Sahel e Nord Africa, prevenendo, da un lato, la proliferazione del terrorismo islamista e, dall’altro il contenimento della penetrazione di potenze straniere come Turchia e Cina.
Poi c’è la questione dell’industria manifatturiera, dove entrambi ci inseriamo nella grande tradizione che è stata soffocata dalle redini dell’Unione Europea e dove potremmo, al contrario, cooperare per raggiungere l’Asia e l’America in termini, ad esempio, di tecnologia in prodotti all’avanguardia e di alta qualità generale. Inoltre Italia e Francia sono due nazioni il cui gigantesco retaggio culturale è un vettore di influenza e soft power nel mondo; un strumento in grado di garantire all’Europa un posto al sole sull’attuale scena internazionale; insomma non una semplice reazione alle tendenze egemoniche tedesche, ma l’ambizione di un vero progetto strategico che mira a costruire un nuovo modello di Europa, di identità sociale e geopolitica, che mette le persone e non i mercati al centro.
Quanto alla Francia, come vede il suo futuro politico? Cosa ispirano Emmanuel Macron, Xavier Bertrand, Marine Le Pen, Éric Zemmour, Marion Marechal a cui a volte vieni paragonata in termini di linea politica?
Seguo gli sviluppi politici francesi con grande curiosità e, da osservatore esterno, mi è sempre dispiaciuto vedere un sistema politico bloccato in cui gli elettori che non si identificano con la sinistra sono incapaci di avere una rappresentanza unificata. Certo, conosco le ragioni storiche di
questa situazione, ma spero che prima o poi saranno superate. Da quando sono stata eletta Presidente dei Conservatori Europei, mi sforzo ad operare per favorire lo sviluppo di un partito di
destra in tutto il continente che non tradisce valori e che possano trasformarli in una offerta politica matura, concreta e credibile, in modo che non siano emarginati, ma che diventino azione di governo. Noi costruiamo una famiglia politica che possa fare affidamento su forti realtà nazionali e
affermati ovunque, a cominciare dall’Italia, Spagna e Polonia, e con partnership in tutto l’Occidente. In questo panorama, ovviamente posso guardare solo con grande interesse una nazione importante come la Francia e siamo pronti a collaborare con chiunque nel tuo paese condivida questo progetto.
Hai appena pubblicato una storia scritta in prima persona: Io sonoGiorgia, che rieccheggia la tua celebre frase: “Io sono Giorgia, sono una donna, Sono una mamma, sono italiana, sono cristiana! Puoi sentire che la tua esperienza, l’assassinio del giudice Borsellino, ti ha segnato.
Come se volessi “aggiustare” la società…
È vero, le stragi mafiose del 1992 sono state la scintilla che mi ha portato all’attivismo politico. Ero molto giovane, ho visto un’Italia tradita da una classe politica corrotta eattaccata al cuore da un contropotere mafioso. Non potevo accettarlo e ho scelto di bussare alla porta dell’unica forza politica che era estraneo alla mafia e alla corruzione. Vedi, per me la politica è sempre stata prima di
tutto una lotta per il bene della mia patria, che ho sempre vissuto come la mia famiglia allargata secondo questo principio di comunità che trae origine in famiglia e si estende a cerchi concentrici
come ci ha insegnato Aristotele.
Quindi mi sono sempre sentita in dovere di agire per difenderla, per garantirle il benessere, per riparare le sue ferite. Questo è quello che si intende politico per me, prima ancora che potere, nomine e dinamiche elettorali; questo è anche il motivo per cui ho deciso di accettare di raccontare la mia storia in un libro, qualcosa che di solito non faccio di mia spontanea volontà, proprio per aggirare il filtro delle ricostruzioni giornalistiche, che si limitano ovviamente a un resoconto parziale e strumentale dei propri interessi; spiegare alle persone la vera natura della missione
che sto perseguendo. Vederlo come il più venduto è stato una sorpresa straordinaria, perché ha confermato che gli italiani volevano conoscere meglio la natura della mia passione e del mio impegno politico. È vero che attraverso queste pagine si può capire molto del mio carattere e quindi anche sul mio modo di intendere la vita e la politica, che sono entrambe guidate dallo stesso principio guida: non fare niente non sono completamente convinta.
Tra le grandi sfide che attendono l’Italia, c’è la demografia. Come? “O” Cosa?
restituire alle donne italiane “il diritto di essere”madre”?

Fin dalla sua creazione, Fratelli d’Italia ha preso l’iniziativa nel proprio programma elettorale dell’emergenza demografica e il sostegno alla famiglia come pilastro economico, sociale e valoriale della nostra Comunità. Avevamo ragione, perché, dieci anni dopo queste domande sono più che mai
attualità e non abbiamo smesso di lavorare ogni giorno per affermarlo, sia in Italia che in Europa, dove, come presidente dei conservatori europei, combatto quotidianamente contro i tentativi della sinistra di imporci politiche che vanno nella direzione opposta sostenendo che l’immigrazione compenserà il declino demografico dei popoli europei.
La verità è che viviamo in un’epoca in cui tutto ciò che ci definisce è sotto attacco. La nostra identità nazionale è sotto attacco, e ancora di più il ruolo della famiglia, diritto alla vita, libertà educativa dei genitori e nostra identità sessuale. Cercano di rompere ogni punto di riferimento dell’identità e della comunità dell’essere umano per svuotarlo di qualsiasi arma di difesa
e modellarlo a immagine e somiglianza di interessi di mercato. Ecco perché non lo facciamo,
non dobbiamo aver paura di rivendicare e riaffermare questi valori, ma soprattutto, una volta al governo, dobbiamo essere pronti a dare risposte concrete, a partire da regimi fiscali favorevoli alle famiglie, asili nido gratuiti e di sostegno per le giovani madri che scelgono di non abortire.
Il tuo prossimo grande appuntamento politico saranno le elezioni comunali di Roma, il prossimo ottobre. Prendere Roma, non è simbolicamente molto di più di prendere una città?
Roma è la nostra capitale e, negli ultimi anni, ha sofferto della cattiva gestione del movimento 5 stelle. È quindi soprattutto una città che dobbiamo salvare da un declino inaccettabile per ciò che rappresenta, per la sua storia di faro della civiltà europea e per la cultura millenaria che incarna. Lo stesso giorno si svolgeranno anche le votazioni in altre importanti città italiane, come Milano, Torino, Napoli e Bologna. È una tendenza diffusa in tutta Europa che la destra è forte nelle province ma incapace di esprimere un’offerta politica tale da convincere la maggioranza degli abitanti nelle grandi città, i cui profili economici e sociali sono sicuramente più elitari e quindi meno consapevoli delle conseguenze negative del sistema in cui viviamo. Io credo che la destra debba colmare questa lacuna dall’espressione di proposizioni e classi dirigenti leader in grado di portare il diritto di amministrare i centri maggiori, come fa Fratelli d’Italia, che – pur essendo un partito relativamente giovane – governa già due importanti regioni del centro-sud Italia (Marche e Abruzzo) e città come
Catania, Cagliari, Verona •