Italia e il mondo

Le elezioni e gli Eletti, di Roberto Buffagni

 

 

Che cosa ci insegnano, o almeno suggeriscono, le elezioni europee testé concluse?

Anzitutto, direi che ci confermano un fatto noto ma sempre rilevante: le elezioni europee non cambiano l’Unione Europea, che conforme la sua natura e l’intenzione profonda – anche filosofica e spirituale – che la costituisce è (quasi) impermeabile al voto popolare, diciamo almost ballotsproof, salvo un vero e proprio diluvio o maremoto di voti ad essa contrari o favorevoli che non si verificherà, molto probabilmente, mai. L’Unione Europea sta o cade per l’azione degli Stati-nazione che la compongono, e/o per un evento esogeno o endogeno che ne faccia precipitare le gravi disfunzionalità.

Le elezioni europee e il voto popolare cambiano invece gli equilibri politici nazionali, come d’altronde è naturale, visto che l’unico contesto in cui la democrazia rappresentativa sia possibile e vitale è – oggi come ieri – la nazione. Cambiano gli equilibri politici nazionali, anche se le elezioni europee vanno per così dire “fuori tema”, visto che il voto europeo non muta gli equilibri parlamentari nazionali; ma il sistema elettorale proporzionalistico che adottano, e l’emergere sempre più chiaro del consenso/dissenso rispetto alla UE come clivage politico principale, le trasformano in un fattore politico e simbolico di prima grandezza.

Le elezioni europee testé concluse infatti ci insegnano, o almeno ci suggeriscono, che il consenso/dissenso riguardo la UE e alle sue logiche premesse, implicazioni e conseguenze – il mondialismo, l’individualismo, il progressismo, il costruttivismo sociale, l’universalismo politico  – emerge con sempre maggiore chiarezza come il principale clivage politico, non solo in Europa ma in tutto l’Occidente.

Chi non si schiera di qua o di là, chi esita, chi tiene il piede in due staffe, chi azzarda dei “sì, ma” o dei “ni” è perduto. Il più antico partito d’Europa, il partito conservatore britannico, ha patito la più cocente disfatta di sempre per le sue esitazioni, compromessi e retropensieri in merito alla Brexit; il suo storico rivale, il Labour, ha subito una punizione elettorale meno siderante ma pur sempre grave; e molto probabilmente il suo leader, Jeremy Corbyn, tra breve sarà costretto a prendere posizione per il Remain, come il prossimo leader Tory sarà senz’altro costretto a schierarsi per il Leave, e a consegnare la Brexit. In Italia, nonostante limiti e incertezze del governo gialloverde e suoi propri, la Lega ha raddoppiato i voti guadagnati alle politiche 2018 in virtù della sua recisa posizione contraria all’immigrazione di massa, l’aspetto simbolicamente e politicamente più manifesto della UE; come per le ragioni opposte e complementari è stato severamente punito dagli elettori il Movimento 5*. Ha tenuto invece il PD, e proprio perché si è schierato senza esitazioni nel campo favorevole alla UE, così rastrellando quasi tutti i voti della ex sinistra massimalista e di alcuni transfughi verso i Cinque Stelle.

Di questo colossale, inaggirabile iceberg – lo schieramento in merito alla UE come clivage politico principale – emerge, sinora, soltanto la proverbiale cima. Per ragioni d’ordine tattico, ma più ancora per ragioni d’ordine culturale profondo, nessuna tra le forze rilevanti situate nel campo avverso alla UE ne propone tout court l’abbattimento, come nessuna tra le forze rilevanti situate nel campo ad essa favorevole ne celebra tout court la compiuta perfezione, “attimo fermati, sei bello!”. In entrambi i campi, se ne dà per scontata la permanenza, la si accetta come contesto culturale e politico, e si propongono vari e più o meno credibili progetti di riforma del Mostro Buono, come definì la UE l’intelligente crudeltà di H.M. Enzensberger. Ma la UE, e soprattutto la cultura dominante in Occidente che l’ha prodotta e la sorregge – mondialismo, individualismo, progressismo, costruttivismo sociale, universalismo politico – restano per tutti l’orizzonte visibile in cui pensare e operare: per tutti, comprese le forze politiche avverse alla UE.

Esse, infatti, alla UE ed alla sua cultura cominciano, balbettando, a muovere critiche, anche forti e precise, ma senza saper  passare dalla critica alla proposta credibile e praticabile; così che l’alterità da esse espressa oscilla tra la repulsione emotiva, la nostalgia per un passato idealizzato, la giusta ma limitata rivendicazione politica di interessi, e il bricolage culturale che vi corrisponde; e si cristallizza in un possente, ma ancor cieco, bisogno “di fare una vita normale”: sapere chi si è, imparare un mestiere, trovare un lavoro e procurarsi un reddito decente, farsi una famiglia e una casa, veder  crescere i figli, essere ricordati da una lapide sulla tomba. Un obiettivo minimo, a prima vista, ma contro il quale paiono congiurare – ed effettivamente congiurano – forze esteriori ed interiori incontrollabili, che è molto difficile identificare e nominare: figuriamoci combatterle.

Intanto, sotto la superficie del pensiero, sotto la lettera delle dichiarazioni e dei propositi, in quello che in un dramma si chiamerebbe “sottotesto”, dove agiscono le intenzioni profonde – consapevoli, semiconsapevoli, inconsapevoli – dei personaggi, si precisa e progredisce lentamente ma inesorabilmente la polarizzazione politica e culturale, o meglio: politica perché culturale.

Per farla breve e chiara: contro la UE ci sono solo le destre europee, a favore solo le sinistre, e in mezzo non ci sono ponti o sentieri praticabili: c’è solo il deserto politico. Chi provenga da una cultura politica di destra (ad esempio, i liberal-conservatori) e si schieri a favore dell’Unione Europea è costretto ad allearsi politicamente con la sinistra. Chi provenga da una cultura politica di sinistra (ad esempio, una parte dei comunisti marxisti) e si schieri contro la UE è costretto ad allearsi politicamente con la destra. La stessa identica polarizzazione è in corso nelle Chiese cristiane, manifestandosi come scisma virtuale nella Chiesa cattolica.

La dinamica irresistibile di questa progressiva polarizzazione dipende, a mio avviso, da una logica anzitutto culturale, tutta interna al più profondo conflitto interiore alla civiltà europea, e dunque anche al cristianesimo e ai suoi avatar politico-culturali; conflitto che si è manifestato prima con le guerre di religione del XVI e XVII secolo, e poi con le Rivoluzioni francese e russa.

Per farla di nuovo breve e chiara: è il conflitto in merito all’universalismo, nella sua duplice accezione di universalismo spirituale e valoriale, e di universalismo politico.

L’Unione Europea, che è un progetto massonico cioè liberale e umanistico al 100%, è stata creata, e dopo la caduta del Muro di Berlino potenziata, dalle classi dirigenti europee e statunitensi: liberals wilsoniani, cattolici e protestanti europei democristiani, socialdemocratici; gli eredi legittimi delle classi dirigenti antifasciste che hanno vinto, sul campo di battaglia o nelle urne elettorali, la Seconda Guerra Mondiale e il dopoguerra. Dalla grande alleanza antifascista mancano solo i comunisti sovietici, ma sono rappresentati dai loro eredi: eredi legittimi anche loro, anche se dopo l’estinzione del ramo principale è un ramo cadetto (i maligni dicono, un ramo bastardo) a portare il titolo. Dopo la grande vittoria comune di settant’anni fa, queste grandi forze politiche si sono aspramente combattute per decenni. Oggi governano insieme l’Unione Europea. Come hanno fatto ad accordarsi? Per il potere, si dirà. Certo, per il potere: ma questa risposta, che è sempre vera, non spiega tutto, e anzi forse non spiega niente. Qual è il minimo comun denominatore che ha consentito a queste grandi forze e culture politiche, un tempo in lotta per il potere, di trovare un durevole accordo?

Il minimo comun denominatore delle grandi Casate americane ed europee che sostengono l’Unione Europea è l’universalismo politico.

L’universalismo è una cosa sul piano delle idee, dei valori, della spiritualità (nella cristianità europea, l’istituzione delegata a incarnarlo era la Chiesa, il primo “sole” del De Monarchia dantesco). Se tradotto sul piano politico, però, l’universalismo non può che incarnarsi in forze inevitabilmente particolaristiche: perché esistono solo quelle, nella realtà effettuale.

Volendo, chiunque se ne senta all’altezza può parlare in nome dell’universale umanità; ma non può agire politicamente in nome dell’universale umanità senza incorrere in una contraddizione insolubile, perché l’azione politica implica sempre il conflitto con un nemico/avversario.

Senza conflitto, senza nemico/avversario non c’è alcun bisogno di politica, basta l’amministrazione: “la casalinga” può dirigere lo Stato, come Lenin diceva sarebbe accaduto nell’utopia comunista. A questa contraddizione insolubile si può (credere di) sfuggire solo postulando come certo e autoevidente l’accordo universale, se non presente almeno futuro, di tutta l’umanità: “Su, lottiamo! l’ideale/ nostro alfine sarà/l’internazionale/ futura umanità!” (il “governo mondiale” è un surrogato o avatar della “futura umanità” dell’inno comunista).

Lenin, e in generale il movimento comunista (o anarchico) rivoluzionario, vuole risolvere la contraddizione con la forza. Nella classificazione machiavelliana, Lenin è un “leone”.

L’universalismo politico delle grandi forze politiche nordamericane ed europee che sostengono l’UE non è meno radicato di quello leniniano, perché discende dalla stessa radice illuminista. Esse però vogliono/devono risolvere la contraddizione con l’astuzia; Machiavelli le definirebbe “volpi”. Scrivo “devono”, perché a prescindere dalle intenzioni soggettive, esse non potrebbero essere altro che “volpi”: entrambi i “federatori a metà” della UE, USA e Germania, non possono portare a compimento con la forza la loro opera.

Come l’URSS comunista, anche l’UE postula l’accordo universale, se non presente almeno futuro: accordo anzitutto in merito a se medesima, e in secondo luogo in merito al governo mondiale legittimato dall’umanità universale, che ne costituisce lo sviluppo logico, e giustifica eticamente sin d’ora l’obbligo di accogliere un numero indeterminato di stranieri, da dovunque provenienti, sul suolo europeo. Per questa ragione è impossibile definire una volta per tutte i confini territoriali dell’Unione Europea, che al tempo degli entusiasmi europeisti qualcuno pretendeva di estendere alla Turchia, e persino a Israele: perché ha diritto di far parte dell’UE chi ne condivide i valori universali (cioè virtualmente tutti, dal Samoiedo al Gurkha al Masai), non chi ne condivide i confini storici e geografici.

Il passaggio tra il momento t1 in cui l’accordo universale è soltanto virtuale, e il momento t2 in cui l’accordo universale sarà effettuale, non avviene con il ferro e il fuoco della “volontà rivoluzionaria”. Le volpi oligarchiche UE introducono invece nel corpo degli Stati europei, il più possibile surrettiziamente, dispositivi economici e amministrativi – anzitutto la moneta unica – che funzionano, secondo la celebre definizione di Mario Draghi, come “piloti automatici”. Questi piloti automatici provocano crisi politiche e sociali, previste e premeditate, all’interno degli Stati e delle nazioni, ai quali impongono o di insorgere in aperto conflitto contro la UE, o di addivenire a un accordo universale in merito al “sogno europeo”: per il bene degli europei e dell’umanità, naturalmente, come per il bene dei russi e dell’umanità Lenin ricorreva al terrore di Stato, alle condanne degli oppositori per via amministrativa, etc.

A quest’opera va associata, inevitabilmente, una manipolazione pedagogica minuziosa e su vasta scala, in altri termini una lunghissima campagna di guerra psicologica. La dirigenza UE conduce questa campagna di guerra psicologica da una posizione di ipocrisia strutturale formalmente identica a quella della dirigenza sovietica, perché non è bene e vero quel che è bene e vero, è bene e vero quel che serve alla UE o alla rivoluzione comunista: in quanto Bene e Verità = accordo dell’intera umanità, fine dei conflitti, pace e concordia universali. Le élites, necessariamente ristrette, di “pneumatici” e di “psichici” che conoscono questo arcano della Storia, hanno il diritto e anzi il dovere morale di ingannare e manipolare, per il loro bene, le masse di “ilici” che invece lo ignorano.

Il leone Lenin accetta solo provvisoriamente il conflitto politico, e anzi lo spinge a terrificanti estremi di violenza, in vista dell’accordo universale futuro: dopo la “fine della preistoria”, quando diventerà reale il “sogno di una cosa” comunista e ogni conflitto cesserà nella concordia, prima in URSS poi nel mondo intero. Le volpi UE celano l’esistenza effettuale del conflitto (in linguaggio lacaniano lo forcludono), e da parte loro lo conducono, solo provvisoriamente, con mezzi il più possibile clandestini, in vista dell’accordo universale futuro, quando diventerà reale il “sogno europeo” e ogni conflitto cesserà nella concordia, prima in Europa poi nel mondo intero.

In questo grande affresco romantico proposto alla nostra ammirazione con la colonna sonora dell’Inno alla Gioia (forse non è un caso che il Beethoven delle grandi sinfonie fosse anche il compositore preferito di Lenin) c’è solo una scrostatura: che nella realtà, l’accordo universale di tutta l’umanità non si dà effettualmente mai. Ripeto e sottolineo due volte: mai, never, jamais, niemals, jamàs, etc.

* * *

Ecco. Le recenti elezioni europee hanno certificato questa semplice, persino banale verità: che molti, troppi europei non sono d’accordo. Non sono d’accordo per un’infinità di ragioni, buone e meno buone, nobili e ignobili, serie e frivole, meditate o istintive: ma fatto sta che non sono d’accordo. Questo fatterello elementare, che bastava il buonsenso per prevedere, diventa una pietra d’inciampo grande come l’Himalaya per una cultura politica e filosofica come quella che informa la UE, che del buonsenso non è per nulla amica. Perché il buonsenso, che certo non può dire l’ultima parola sul mondo, né lo pretende, presuppone però che il mondo, e l’azione politica in esso, siano governati dal limite: infatti, uno dei suoi detti preferiti è “c’è un limite a tutto”; mentre l’universalismo politico, il progressismo, l’individualismo, il costruttivismo sociale vedono i limiti solo come sfida a superarli.

Proprio ieri ho letto una conversazione tra due persone intelligenti e preparate, i docenti di filosofia Andrea Zhok e Roberta de Monticelli[1], che mi è parsa esemplare. La professoressa de Monticelli ha pubblicato su “Il Manifesto” un articolo intitolato Stati uniti d’Europa, un edificio politico architettato dalla filosofia, al centro del quale troviamo due argomenti di fondo: che la UE sia  “il vero e proprio cantiere di un edificio politico architettato dalla filosofia: cioè dall’anima universalistica del pensiero politico, che è almeno tendenzialmente cosmopolitica” e che “Cosmopolitica è (…) la forma di una civiltà fondata nella ragione (…). La domanda di ragione e giustificazione è quanto di più universale ci sia. (…) Esser nato in un deserto, o in una contrada afflitta da massacri e guerra, è un accidente: l’accidente della nascita. (…) Ogni ingiustizia si lega all’accidente della nascita.”

Il professor Zhok critica “l’equivalenza tra universalismo e cosmopolitismo”, perché “una volta che la si guardi da vicino” essa “risulta subito destituita di ogni fondamento”, e richiama l’attenzione della de Monticelli sul fatto empiricamente verissimo che “il ‘cosmopolita’, il ‘cittadino del mondo’ di cui qui si parla, è semplicemente un membro di quei ceti economicamente, socialmente, e talvolta anche culturalmente privilegiati, che scelgono di passare periodi della propria vita, per lavoro o per diletto, in più o meno prestigiose sedi estere.” Egli poi passa alla critica filosofica della posizione della de Monticelli, così riformulandola: “Io, che sono un soggetto razionale come te, sono però consegnato alla contingenza di una nascita localmente determinata, che limita la mia aspirazione all’universalità. – Tale contingenza contrasta con la mia natura di soggetto razionale ed è razionalmente ingiustificabile; essa perciò, a causa della sua natura ingiustificata, arbitraria, va corretta.” Le segnala poi l’errore teorico ivi contenuto: “Nella proposizione di cui sopra troviamo presentato come ovvio un contrasto tra universalità e contingenza. Lungi dall’essere un’ovvietà condivisa, l’idea di ‘ragione’ o di ‘universalità’ presupposta da questo ragionamento è assai discutibile. Si tratta infatti di una visione dove la ragione e la sua universalità per essere tali devono appartenere ad una sfera astorica e smaterializzata.” E prosegue citando autori, cari a entrambi gli interlocutori, come Wittgenstein e Husserl, che “hanno attraversato nel corso della loro vita l’intero percorso da una iniziale concezione di razionalità astorica e svincolata dalla materialità, dalle prassi, dalla corporeità, ad una matura concezione in cui la razionalità trovava una sua necessaria collocazione proprio nella sfera della storia, della materia, delle prassi e del corpo vivente.

L’intelligente e interessante conversazione, che invito il lettore a leggere per intero, prosegue poi con una replica della de Monticelli, e una controreplica di Zhok.

Ma quel che più mi sembra interessante e rivelatore, nel dialogo filosofico-politico tra Zhok e la de Monticelli, è che entrambi per così dire “passano a lato” del punto centrale, invero sbalorditivo, del programma filosofico-politico enunciato dalla de Monticelli: “correggere le ingiustizie legate all’accidente della nascita.”

Intesa come programma politico – e così la de Monticelli lo intende, addirittura chiamando in causa l’art. 3 della Costituzione italiana che a suo dire lo implica –  la “correzione delle ingiustizie legate all’accidente della nascita” supera e si lascia indietro di parecchi anni luce tutte le utopie a me note, tutti i programmi politici più massimalisti dell’anarchismo e del comunismo, quello implementato da Pol Pot in Cambogia non escluso; e che a propugnarlo sia una persona di grande intelligenza e cultura, animata dalle migliori intenzioni e certo aliena dalla violenza, fa una notevole impressione.

La professoressa de Monticelli, infatti, proponendo all’Unione Europea l’obiettivo strategico di correggere le ingiustizie legate alla nascita, non si limita ad assumere “il punto di vista di Dio sul mondo”, come le ribatte Zhok. Ella si propone, o meglio propone alla UE, l’ istituzione politica a cui dà il suo sostegno, di prendere il posto di Dio nel mondo, e di agirvi come supplente di una Provvidenza divina assente o difettosa: né più, né meno. (Curioso che la de Monticelli sia curatrice di una bella edizione delle Confessioni di Sant’Agostino, tra i Padri della Chiesa il più attento al tema del peccato originale, che come ognun sa fu occasionato dalla tentazione diabolica ad essere sicut dii, scientes bonum et malum).

Perché è chiaro a tutti che “dall’accidente della nascita” nascono, oltre che tutti gli esseri umani, anche infinite diseguaglianze e ingiustizie. Non è altrettanto chiaro, però, come sia possibile correggerle, fino a qual punto, a quale prezzo, e ad opera di chi. Chi nasce ricco e chi povero, chi bello e chi brutto, chi uomo e chi donna, chi sano e chi malato, chi intelligente e chi stupido, chi africano e chi europeo, chi amato e chi disamato, chi desiderato e chi no, chi destinato a lunga vita, chi a brevissima, eccetera. Che ciò costituisca un enigma, lungamente interrogato dagli uomini nel corso della storia e probabilmente anche prima, non c’è dubbio. A me però pare un enigma anche più grande che qualcuno seriamente programmi di affidare a un’ istituzione politica il compito di correggerlo. Il modesto buonsenso suggerirebbe immediatamente la domanda: “E come si fa?”, ma la maestosa follia universalista, il kantismo turbocompresso della professoressa de Monticelli la scarta con una scrollata di spalle, si rimbocca le maniche e si mette all’opera.

Mettersi politicamente all’opera con questo obiettivo  significa mettersi all’opera nella realtà effettuale, e dunque, tanto per cominciare dal più facile e immediato, spalancare le frontiere all’immigrazione: perché l’accidente della nascita ghanese o afghana non deve privare ingiustamente nessuno dell’opportunità di accedere al tenore di vita, materiale e culturale, dei paesi europei. A chi poi nascesse (o diventasse, ancora non è chiaro) omosessuale, transessuale, *sessuale e in ogni caso non potesse avere figli come gli eterosessuali, privilegiati dall’accidente della nascita, dovrebbe essere garantita (gratis) la possibilità di ricorrere alla maternità surrogata. A chi nascesse stupido, e/o magari, sempre a causa dell’accidente della nascita, appartenesse a un gruppo sociale svantaggiato, dovrebbe essere garantito l’accesso facilitato agli studi, e il loro fruttuoso completamento. A chi nascesse brutto e indesiderabile dovrebbe essere garantito, se non il desiderio altrui (almeno per ora: in seguito, grazie alle psicotecniche, chissà…), il divieto legale di definirlo tale, con relative sanzioni per chi lo violasse. A chi nascesse donna e liberamente decidesse di esercitare una professione tradizionalmente maschile quale, ad esempio, il servizio nei reparti militari d’élite, dovrebbe essere garantita una selezione facilitata, anche se poi sul campo il reparto così selezionato fa fiasco. A chi fosse sul punto di subire “l’accidente della nascita” senza che le condizioni emotive, psicologiche e sociali della madre fossero le ideali per accoglierlo, dovrebbe essere garantito, fino all’ultimo istante, il diritto di non nascere affatto, così risparmiandosi infiniti fastidi, dolori, diseguaglianze e ingiustizie. Per chi nasce povero, poi, le correzioni possibili sono due: o farlo diventare almeno benestante dopo la nascita, mediante provvidenze statali, oppure non farlo nascere affatto (v. punto precedente); come d’altronde proponeva un’altra degnissima e benintenzionata persona, John Maynard Keynes, direttore della Eugenics Society dal 1937 al 1944. Superfluo poi segnalare che il primissimo bersaglio della correzione dell’accidente della nascita dovrà essere la famiglia, nel cui contesto il suddetto sciagurato accidente si verifica con frequenza allarmante, e alla quale dunque sarà opportuno sostituire apposite istituzioni scientificamente validate, che garantiscano risultati statisticamente più omogenei sotto il profilo genetico e sociale.

E chi si incaricherebbe dell’opera di “correzione dell’accidente della nascita”? Be’, naturalmente gli Eletti, i Correttori al timone dell’Unione Europea e dei suoi successivi, logici sviluppi sino al coronamento del progetto di Correzione: il Governo Mondiale.

Che il precedente elenco di maestose follie metafisiche degli Eletti Correttori coincida con posizioni culturali, pratiche sociali e programmi politici attualmente in corso nella realtà effettuale dell’Occidente contemporaneo – posizioni, pratiche e programmi che vanno sotto il nome collettivo di “politically correct” – non è un caso. Non è un caso perché l’Unione Europea, il progressismo, il mondialismo, l’individualismo, etc., condividono lo stesso “accidente della nascita”: è più che vero infatti che, come dice la professoressa de Monticelli, gli Stati Uniti d’Europa sono un edificio politico architettato dalla filosofia.

Peccato che questa filosofia, se politicamente implementata, conduca per direttissima a un dispotismo politico, culturale, psicologico e spirituale senza precedenti nella storia umana; e che se adesso non fa direttamente e intenzionalmente versare un mare di sangue,  probabilmente in futuro ne farà versare un oceano indirettamente e involontariamente, perché sta assiduamente costruendo le condizioni per più guerre civili su base etnico/religiosa, a temperature variabili dal freddo all’incandescente, in tutto l’Occidente.

Secondo Julien Freund, “compito della politica è antivedere il peggio, e sventarlo” (Sociologie du conflit, 1983). Secondo gli Eletti Correttori, compito della politica è produrre una versione riveduta, corretta e migliorata del mondo: fiat iustitia, si correggano gli accidenti della nascita, ed entrino in scena il Mondo e l’Uomo Nuovo.

Ecco perché la polarizzazione in corso non si arresterà, ed ecco perché sono gli antichi involucri delle culture politiche di destra e di sinistra, che si contrapponevano, sino a ieri, intorno a un diverso clivage politico principale, ad accogliere oggi le forze politiche e culturali che si schierano pro o contro l’Unione Europea. A schierarsi contro l’Unione Europea sono tutte le forze che, per motivi anche diversissimi e inconciliabili, rifiutano l’universalismo politico: sia le puramente identitarie e tribali, sia le nazionalistiche, sia quelle che, riferendosi alla “corrente ateniese” del cristianesimo, continuino a distinguere tra universalismo dei valori e universalismo politico, tra spirituale e temporale. A schierarsi a favore dell’Unione Europea, sono tutte le forze che accettano l’universalismo politico: sia le liberali pure, sia le progressiste, sia quelle che, riferendosi alla “corrente ierosolimitana” del cristianesimo, ne mutuano il messianismo e cortocircuitano dimensione escatologica e storicità immanente.

Terreno comune culturale e politico tra le due posizioni ce ne sarà sempre meno; a meno che non nasca una terza forza, una riedizione del partito dei “politiques” che uscì vincitore e conciliatore dalle guerre di religione in terra di Francia, cinque secoli fa. Sarebbe una gran bella cosa, e una riedizione del Trattato di Westfalia il migliore degli esiti e dei compromessi desiderabili. Difficile? Difficile. Chissà.

[1] http://antropologiafilosofica.altervista.org/cosmopolitismo-universalismo-e-lunione-europea-una-risposta-a-roberta-de-monticelli/?doing_wp_cron=1559203478.2017359733581542968750

“Europa: accademismo contro storia” (3/6), di Annie Lacroix-Riz

Prosegue l’impegno di Annie Lacroix-Riz nello svelare la natura dei rapporti tra europeisti nostrani e vincitori americani. https://www.les-crises.fr/europe-lacademisme-contre-lhistoire-3-6/

“Europa: accademismo contro storia” (3/6)

– Introduzione

– “Eminenti storici europei” contro il monarchico documentato Philippe de Villiers

– Un fascicolo storico “di parte” di “eminenti storici europei”

 

  • Le origini fallaci dell’Unione europea
  • Adenauer e la sua gente, dalla vecchia alla “nuova Germania”
  • Dalla Francia “europea” e “resistente” contro Petain al trionfo dei Vichysto-americani?
  • Dimenticando le “prime comunità europee”
  • Jean Monnet “l’americano”: una calunnia?
  • Il tandem Monnet-Schuman e la cosiddetta “bomba” del 9 maggio 1950
  • Robert Schuman diffamato?
  • Walter Hallstein, semplice ” non resistente”?

– Conclusione

Jean Monnet “l’americano”: una calunnia?

Jean Monnet è stato il personaggio più severamente e ampiamente messo in discussione da Philippe de Villiers, e quindi il più ardentemente difeso dagli “eminenti storici europei: essi trattano, in tre paragrafi trastullanti una cronologia molto approssimativa, e il secondo è curiosamente intitolato (intertitolo, forse, del diario di ricezione?) “Monnet e denaro”.

Una gioventù molto anglo-americana

Tacciono sulla lunga carriera finanziaria britannica e americana di questo figlio di un produttore di cognac, iniziata in modo spettacolare prima del 1914 e continuata a Londra anche durante la prima guerra mondiale. Questa descrizione, tuttavia, è stata ampiamente ispirata da de Villiers alla biografia di uno dei firmatari della tribuna, Eric Roussel che una volta descriveva la reputazione di “imboscato” allora diffusa tra i leader francesi (incluso Clemenceau) riguardo al giovane Monnet 1 .

I censori osservano lo stesso mutismo sul periodo tra le due guerre di Monnet, risolutamente dedito alla finanza, più che mai anglo-americano o piuttosto sempre più americano: la ricostruzione di questo curriculum è stato però in gran parte ripresa da Eric Roussel e da due dei suoi compagni di penna, Gérard Bossuat e Philippe Mioche 2 .

Un Monnet, strumento di Washington in guerra con de Gaulle

Questi ultimi, come tutti i loro simili, hanno preferito praticare l’idolatria di un Jean Monnet la cui “vicinanza agli americani” giocava un ruolo decisivo nell’alleato della “vittoria”. Questa pia fantasia è stata ispirata dalle molto “europee ” Memorie ” di Monnet, menzognere su tutte le questioni storiche affrontate 3 .Caratteristica che chiarisce le condizioni non scientifiche della loro produzione, nel capitolo 2 di Villiers, “Dentro il mito” .

No, “l’ esperienza [di Jean Monnet non ha comunque contribuito ] al successo del Programma della Vittoria, il programma economico Rooseveltiano della vittoria. Monnet era solo uno degli europei molto accondiscendenti, accolti o mantenuti a Washington durante la guerra, che erano considerati solo come strumenti essenziali per i piani di insediamento americani in Europa, non come partner; nessuno di loro partecipava come decisore nella progettazione e realizzazione di questi grandi progetti. Ciò è attestato in particolare dagli archivi degli Stati Uniti pubblicati, le “relazioni estere degli Stati Uniti “, pur così incompleti e ricchi di “documenti inediti” che siano 4 .

Si gioca con le parole affermando che Monnet ” non ha mai lavorato nell’ufficio della segreteria di Roosevelt, comunque. Poiché non fu inviato ad Algeri il 23 febbraio 1943, ” se non solo dopo consultazioni con la Casa Bianca [secondo la nostra comune conoscenza occupata da Roosevelt] e ampie conversazioni con i Dipartimenti di Guerra e Stato “. Monnet, ” rappresentante dell’ufficio delle munizioni presieduto da Harry Hopkins ‘ha lasciato Washington per Algeri per la missione formale di” informare regolarmente delle sue impressioni il Dipartimento di Stato “, n particolareuno dei suoi tutori diretti, Robert Murphy, un collaboratore di primo piano , forte germanofilo secondo l’usanza, di Roosevelt 5. Doveva infatti imporre Giraud e cacciare de Gaulle, troppo irrequieto per le ambizioni illimitate degli Stati Uniti: era l’obiettivo ossessivo di Washington, che avrebbe anche garantito un dolce dopoguerra agli uomini di Vichy (per quanto, tuttavia, de Gaulle sarebbe stato molto comprensivo, sebbene avessero passato il loro tempo a trattarlo, fino alla Liberazione, come un burattino “rosso”).

Roosevelt e i suoi rappresentanti a Vichy, ad Algeri e altrove andarono molto d’accordo con i pilastri di Vichy, che la missione anti-gollista di Monnet, affiancata da Robert Murphy, non mancò di rassicurare. Da un lato, aveva dimostrato le eccellenti relazioni degli americani, fino alla Liberazione (e dopo) con Pétain e la sua famiglia, e, d’altra parte, il loro ricorso successivo, dal 1941, ad una serie di eminenze petainiste non precisamente “democratiche”, nella prospettiva dei cambiamenti francesi necessari dopo la guerra.

Fu prima Weygand, già presentato, poi Giraud, “scappato dalla fortezza di Königstein” a metà aprile 1942, con la complicità di alcuni tedeschi già sensibili agli imperativi categorici della Pax Americana . Ma gli americani preferirono nell’autunno del 1942, quando sbarcarono in Nord Africa, un’altra “polena”, candidato sognato, vista la debolezza politica che gli è valso l’odio della maggioranza del popolo francese, Darlan: marmaglia, Churchill ha tuonato ” voltagabbana per avidità di potere e di posti, [dà] non solo alla Francia ma a tutta l’Europa l’impressione che siamo pronti a fare un accordo con i locali Quislings” 6 . Churchill era particolarmente indignato dell’anglofobia dichiarata del favorito degli americani e della sottomissione perinde ac cadaver alle loro esigenze, tra cui la trasformazione imminente Dakar US Naval Air Station. Dopo che Darlan fu scartato il 24 dicembre 1942, Washington optò di nuovo per Giraud, non meno codardo dei due precedenti. Democratici contro il dittatore de Gaulle?

No, tutti disposti, come tutti gli apparati di Vichy, ad adattarsi senza mormorare al programma americano del dopoguerra, lo stesso del 1918, il che implica in particolare la rinuncia all’impero coloniale e l’accettazione della priorità della “ricostruzione tedesca”. Un ufficiale dell’OSS poi trasferito alla CIA, William Langer (e un diavolo anti-sovietico), lo aveva riconosciuto 7 prima che gli archivi gli permettessero di andare oltre. Jean Monnet non si è “mobilitato volontariamente” con de Gaulle, ma è stato costretto a unirsi al generale a parole, ma lo odiava cordialmente come i suoi leader americani.

Perché il generale, bestia nera di Washington, aveva l’enorme sostegno popolare che mancava al Giraud Vichysta: era questo supporto che lo assicurava, subito dopo, il 9 giugno 1943, a scrivere la lettera di dimissioni. Abituato da molto tempo a dissimulare, per il francese, il suo vassallaggio americano, Monnet aveva comunque conservato un grande senso politico. Fu uno di quelli che riconobbero, il 9 giugno, che la partita era compromessa: probabilmente, ha commentato, poteva strappare de Gaulle “nelle settimane a venire senza provocare emozioni”, ma le sue dimissioni “premature” farebbero peggiorare le cose. “Giraud non sarebbe stato in grado di rimanere al potere per più di due o tre mesi, dopo di che l’opinione pubblica francese avrebbe chiesto il ritorno del suo rivale. Tuttavia, “preparò”, come richiesto, la sostituzione di De Gaulle da parte di Catroux,8 .con un trio presunto gaullista« Catroux, Philip et Massigli » messo a punto dal Generale Georges e da Murphy, ma egualmente naufragato. Dovette quindi accettare l’inevitabile prima di Roosevelt, che ha resistito come l’inferno fino al riconoscimento ufficiale del mese di ottobre 1944. Ma i delegati stessi del presidente degli Stati Uniti ad Algeri lo consigliarono caldamente dall’estate del 1944, Murphy incluso, per accogliere l’inevitabile vittoria di De Gaulle 9 .

Nel suo libro The Abyss 1939-1945 , pubblicato nel 1982, lo specialista in relazioni internazionali contemporanee Duroselle ha descritto se non i dettagli delle interdizioni da Washington, almeno l’ostilità nei confronti di un de Gaulle restìo  all’AMGOT 10 . Nessuno allora sospettò lo storico di Americanophobia, e con buone ragioni. Gli archivi americani, tedeschi e francesi dimostrano che Villiers non ha esagerato con gli “ordini” americani, non solo intimati ai politici francesi, ma riflettuti sulla sfera accademica che era intimamente legata a loro. La sua dimostrazione, nel capitolo 2 intitolato “Dietro le quinte del mito”, cronologia e documenti di supporto , 11 rivela che il ruolo di organizzatore accademico delle Memorie di Monnet fu devoluto a Duroselle che assunse senza vacillare: ne fa fede infatti la corrispondenza (1960-1966) tra Jean Monnet e i suoi guardiani americani. Io stesso ho potuto vedere nel 1982 che lo storico prestigioso non ha nascosto la sua lealtà a Washington. Come la mia giuria mi ha invitato nel novembre del 1981, a sostenere la mia tesi, avevo richiesto, per telefono,a  Duroselle, allora direttore delle edizioni della Sorbona, di pubblicarla, secondo la tradizione. Intitolato ” CGT e lavoratori” rivendicazioni allo Stato, dalla Liberazione agli inizi del piano Marshall (settembre 1944-dicembre 1947) – Due strategie di ricostruzione Ha descritto l’estrema dipendenza della Francia dagli Stati Uniti dopo la Liberazione. Duroselle lo descriveva come “politico” o “comunista” e “anti-americano”, e lo intendeva in termini violenti: gridava alla fine della riga (un ascoltatore involontario lo realizzò a distanza) che, sino a quando avesse sostenuto questa posizione, questa tesi ” non sarebbe mai stata pubblicata da Editions de la Sorbonne “. Jean Bouvier, il mio direttore di ricerca, al quale ho, stupito, raccontato la mia disavventura, ha commentato: ” Non mi sorprende, è il più americano degli storici francesi ” 12 .

Il censore del 1982 non era meno obbligato a rispettare certe regole metodologiche, imperative per uno storico della sua generazione, regole che le successive generazioni di europeisti spazzarono via.

“Denaro d’oltremare”, una vecchia storia

Terzo aspetto, e non ultimo per il suo legame diretto con la questione degli “storici d’Europa” dalla nascita della storia ufficiale a cui sono dedicati in tutto o in parte il loro lavoro, “i soldi dall’altra parte dell’Atlantico “. I nostri “eminenti storici europei” giocano ancora a parole, suggerendo che ” il Comitato d’azione per gli Stati Uniti d’Europa (CAEUE), gruppo di pressione Monnet … creato nel 1955 (e non nel 1948!)Sarebbe stato il primo gruppo americano a venire in aiuto finanziario agli “europei”. Gli archivi americani esplorati da Philippe de Villiers confermano solo quelli del Quai d’Orsay, aperti a lungo. “Convinto Europhobe” non ha mentito sui legami iniziali e duraturi, non solo di Monnet, ma anche del ministro degli esteri Schuman e di tutti gli zelanti “europei”, dalla sinistra anticomunista all’estrema destra , con ” la Ford Foundation e il Comitato americano per l’Europa Unita [ACUE], falso naso della CIA “. Tuttavia, l’ACUE, fondata ufficialmente nel marzo 1949, fu ” organizzata dall’inizio dell’estate del 1948 ” 13 e non ” nel 1955 “, data di nascita ufficiale di uno dei suoi tanti babbei.

Di due cose una: o Villiers dice il vero, e non vediamo come le sue osservazioni sarebbero condannabili; o è falso e i censori non osano scrivere: ” Non c’è nulla di nuovo, perché sono passati anni da quando gli storici lo sanno e lo raccontano ai loro studenti. Tuttavia, non ricordo l’intensa comunicazione pubblica dei miei colleghi sulla questione. Solo “anni”? Le fonti declassificate a partire dagli anni 1970-1980 descrivono la corruzione politico-sindacale su scala europea  fissato pubblicamente al congresso della AFL nel novembre 1944 14 .

A guerra è appena finita, fu affidato al delegato ufficiale in Europa del comitato per il libero scambio (FTUC) della Federazione americana del lavoro(AFL), Irving Brown, secondo nel pilastro FTUC Jay Lovestone: leader sindacale ufficiale, al più tardi il suo capo servizio di intelligence dalla seconda guerra mondiale, è stato incaricato dal suo sindacato e dai veri decisori e finanziatori del’impresa, il Dipartimento di Stato e i suoi servizi (OSS e altri servizi che hanno preceduto la CIA, poi la CIA), di venire a capo, sotto la copertura di un’azione sindacale “democratica” della radicalizzazione che aveva provocato la crisi, la guerra e l’occupazione tedesca nel movimento sindacale europeo. Per rompere il sindacalismo combattivo o “comunista” e bloccare il progetto della World Trade Union Federation, compresi i sindacati sovietici, Irving Brown ha inondato il sindacalismo anti-comunista dell’Europa occidentale con denaro – per non parlare dell’Europa orientale dove agisce principalmente attraverso i sindacati della Germania occidentale. L’intero argomento fu trattato negli anni 1980-1990 in inglese, e lo specialista britannico del sindacato americano “Cold War” Anthony Carew, dedicò ad esso una sintesi essenziale dal 198715 Non aveva ancora diritto di cittadinanza il Francia 16 .

Si sapeva anche che il Piano Marshall aveva codificato e generalizzato questi fondi di corruzione ai danni dei comunisti e delle loro cosiddette organizzazioni “satellite”. Questi fondi strutturali, finanziati interamente dai mutuatari, erano forniti dai “crediti del controvalore” 5, quindi il 10% dei prestiti complessivi del Marshall, come “spese amministrative” degli americani, che avevano il controllo completo su di essi. Li hanno annidati sotto la voce “pubblicità” a favore del piano di salvataggio imposto a ciascun “paese Marshall” dagli accordi bilaterali firmati. Dal 1950, senza pregiudizio di appartenenti ad altre categorie, questi fondi sono stati ufficialmente assegnati allo “aumento” di produttività che “dovrebbe derivare dalla concessione di crediti americani 17 . Carew ha appena soppesato,spaventosa , questa corruzione, il risultato di una stretta collaborazione tra il FTUC e la CIA in un nuovo libro. Stima, per molti centri europei, il tasso del dollaro, a partire dal 1945, delle divisioni sindacali e il ritiro della Federazione mondiale dei sindacati – Terzo mondo incluso spingendo lo studio fino alla fine degli anni ’60 18 . Si può sperare che troverà quella traduzione della quale il suo primo lavoro non ha ancora beneficiato.

I pagamenti a varie categorie di filoamericani iniziarono durante la guerra.  Roosevelt aveva inviato nel novembre del 1942 Allen Dulles come capo della OSS per l’Europa, con la Germania al cuore della missione, distribuito alla “resistenza” di destra e di sinistra per il solo criterio di anticomunismo e anti-gollismo: spesso prima dei francesi, 19 storici inglesi lo hanno da tempo affermato. Tra questi, Frances Saunders che Villiers non menziona, e che ha dimostrato più chiaramente dei suoi pari, che la “guerra fredda” culturale – e politico è stato riccamente finanziata da Washington. E che questi fondi erano passati attraverso il canale della CIA, poco dopo la sua nascita nell’estate del 1947, direttamente o sotto copertura di associazioni falsamente private, compresa la Ford Foundation. Perché era buono, tra gli altri come Farfield, Rockefeller, Kaplan, ecc, un “falso naso CIA” tanto quanto “il Comitato americano Europa Unita” , il tandem di fondamentalisti cattolici William Donovan, capo dell’OSS quindi eminenza grigia della CIA che aveva forgiato 20 , e il protestante Allen Dulles 21 .

Villiers non ha omesso, tuttavia, un altro riferimento, innegabile, sui servizi segreti statunitensi e britannici, Richard Aldrich. Il lavoro, formale, l’ultima parte di un libro, dopo un precedente articolo specificamente dedicato alla ACUE ” OSS, CIA e l’unità europea: il Comitato americano United Europe, 1948-1960 ” 22  definisce Schuman e Monnet tra i più spettacolari collaboratori degli Stati Uniti. La concorrenza tra i delegati estesa dalla sinistra alle sfumature della destra era certamente viva; in Francia e altrove, tutti i “padri dell’Europa” occupano un posto di rilievo nel dispositivo, Adenauer, Spaak, Blum, Gasperi, Churchill, per nominare solo le stelle del “Movimento europeo”, tutti e cinque i presidenti onorari del Consiglio d’Europa. Aldrich non aveva che da appoggiarsi alla tesi sugli inizi del “Movimento europeo” di Francois-Xavier Rebattet, figlio di Giorgio, segretario generale di tale movimento, sostenuta a Oxford nel 1962, ma disponibile al pubblico solo nei primi anni 1990.

Aldrich appare favorevole o, nel peggiore dei casi, non ostili, verso l’impresa americana o euro-americana tanto quanto Rebattet (e i nostri “storici europei eminenti”), dichiarando compatibile con gli interessi reciproci. Ma su questa convergenza postulata fra ‘europei e gli americani che lavorano per ACUE decretato sinceramente “federalisti” e pro- “UN”, non ha alcuna fonte 23 . Quando si riferisce agli archivi, conferma l’articolo spietato che si concentra su Schuman e Spaak, del giornalista britannico Ambrose Evans-Pritchard nel Daily Telegraphdel 19 settembre 2000, ” Euro-federalisti Finanziamenti dai capi di spionaggio degli Stati Uniti ‘”i leader del Movimento europeo [, come] il visionario Robert Schuman e l’ex primo ministro belga Paul-Henri Spaak [,] sono stati tutti trattati dai loro sostenitori degli Stati Uniti come stipendiati. Il ruolo degli Stati Uniti era gestito come un’operazione clandestina [secondo il consueto standard di “operazioni” della CIA]. I fondi dell’ACUE provenivano dalle fondazioni Ford e Rockefeller, nonché da circoli economici strettamente legati al governo degli Stati Uniti. ” 24 Aldrich, tanto ” occidentale “che afferma, non ha trovato traduzione francese?

I nostri “eminenti storici europei” giustificano tutto in materia di “denaro dall’altra parte dell’Atlantico”, dal momento che ” gli aiuti americani a Monnet, Schuman, [Henri] Frenay, Force Ouvrière e altri sindacati, provengono dalla mobilitazione contro l’URSS . Ci danno le loro convinzioni politiche anticomuniste o antisovietiche e ci ricordano la loro adesione alla Pax Americana o al Bellum Americanum.. Non ci mostrano che questa estrema dipendenza, regolarmente indicata da Washington in termini umilianti per l’ego delle parti interessate, risulta da una perfetta corrispondenza tra interessi oggettivi francesi e americani. Inoltre, se l’armonia fosse così completa, perché queste pratiche finanziarie erano sistematicamente celate ai contemporanei?

Di Annie Lacroix-Riz, professore emerito di storia contemporanea all’Università Paris 7.

Europa: accademismo contro la storia (1/6), di Annie Lacroix-Riz

https://www.les-crises.fr/europe-lacademisme-contre-lhistoire-1-6/

Mappa:

– Introduzione

– “Eminenti storici europei” contro il monarchico documentato Philippe de Villiers

– Un fascicolo storico “di parte” di “eminenti storici europei”

  • Le origini fallaci dell’Unione europea
  • Adenauer e la sua gente, dalla vecchia alla “nuova Germania”
  • Dalla Francia “europea” e “resistente” contro Petain al trionfo dei Vichysto-americani?
  • Dimenticando le “prime comunità europee”
  • Jean Monnet “l’americano”: una calunnia?
  • Il tandem Monnet-Schuman e la cosiddetta “bomba” del 9 maggio 1950
  • Robert Schuman diffamato?
  • Walter Hallstein, semplice ” non resistente”?

– Conclusione

introduzione

I preparativi per le elezioni europee di solito danno origine a un torrente di personalità, storici in mente, a favore dell’Unione europea e contro ogni critica. Nel marzo-aprile 2019, l’ondata di indignazione si è concentrata sul lavoro di Philippe de Villiers, ho tirato su il filo delle bugie e tutto è venuto , presentato come un modello di “falsità” e “cospirazione” anti-europea. Non c’era dubbio, poco prima di una nuova scadenza per le elezioni europee, di lasciare senza punizione quello che era considerato un pericoloso attacco contro l’Unione europea e l’atlantismo. Dall’Audiovisual Public Service alla stampa, un’inondazione si è riversata, consultando gli “storici di riferimento” a supporto. Così, e tra gli altri, Le Monde , 14 marzo1 , France Culture , 20 marzo, 2 , Le Monde , il 27 marzo, 3 marzo , ha solennemente ammonito i loro lettori contro il ” tessuto di falsi pretesti ” di cui questo ” europeista convinto ” sarebbe stato colpevole ” sulle origini di costruzione europea “. L’ultima “tribuna” menzionata sopra, firmata da ” eminenti storici europei “, ha ispirato vari giornalisti, come Anne-Sophie Mercier, che ha creato una rabbia “copiata” in Le Canard enchaîné du 3 avril 4

“Paranostradamus. “L’Agité du bocage” ha una visione della fondazione dell’Europa apocalittica e l’arte di trasformare le fantasie in verità storiche. . Non esaurisce la lista delle chiamate accademiche per cancellare la vera storia della costruzione europea (o americano-europea) dopo il 1945, che continuò allo stesso modo, in particolare a Le Monde il 17 aprile, 5 , da due dei firmatari del 27 marzo, Robert Frank e Gérard Bossuat, e il 19 aprile, da una nuova squadra internazionale, per iniziativa di due accademici di Lille, Stéphane Michonneau e Thomas Serrier 6 .

La “tribuna” del 27 marzo è incentrata su due temi decretati “Europhobes”:

– 1 ° ” Attacchi approssimativi e tendenziosi contro tre costruttori d’Europa”: Jean Monnet, Robert Schuman e Walter Hallstein “e, contemporaneamente, sull’argomento centrale di Villiers, l’origine molto americana dell’Unione europea . Dedicherò la maggior parte del testo seguente

– 2 ° L’attacco portato da Villiers ” all’onore dei ricercatori francesi ed europei impegnati negli studi sull’Unione europea “, che servirà come una breve conclusione.

I firmatari di questi attacchi pretendono di combattere ” gli attacchi approssimativi e tendenziosi [effettuati] contro” il trio mirato dei “Padri d’Europa ” con affermazioni prese direttamente dalle schede di Wikipedia quando loro (in francese, in particolare) servire gli argomenti presentati: il caso è particolarmente evidente per Walter Hallstein. “Difendere” la loro amata “Europa” senza essere costretti a fare dimostrazioni d’archivio è il solito metodo di “eminenti storici europei”. Assicurati di trovare un caloroso benvenuto in tutti i principali media e avendo l’enorme eco che questa benevolenza dà alla popolazione, si sentono consecutivamente esentati dal presentare le fontidel loro filippico contro le ” insinuazioni ” e ” il metodo insidioso ” di M. de Villiers.

“Eminenti storici europei” contro il regista documentato Philippe de Villiers

Il lavoro incriminato lo conferma, e gli ultimi capitoli in modo caricaturale, Philippe de Villiers è senza dubbio un esempio del royalismo contemporaneo della Vandea. In particolare incolpa l’Unione europea di non essere né abbastanza cattolico-cattolico né anti-“metic” abbastanza o anti-rosso o anti-illuminista, ecc., E negli Stati Uniti di incarnare o incoraggiare il malecristiano che avrebbe sommerso un continente cristiano di essenza, in collusione a volte con … i bolscevichi. Ha anche come complici della rivoluzione in generale, e in particolare i sovietici, e sempre contro l’eterno Europa cristiana, il giornalista diplomatico William Bullitt, accusato di aver dato che la Rivoluzione d’Ottobre ha portato alla complicità fatto tra l’America e i bolscevichi. Un’accusa assurda contro una personalità che, dalla Conferenza di Parigi del 1919, al servizio di Woodrow Wilson, fino alla sua morte (1967), dedicò la sua vita agli interessi del capitale finanziario e della crociata anticomunista. E chi era particolarmente distinto, in questa materia, in Francia, come ambasciatore in posta, prima della guerra, o ancora come interlocutore regolare di circoli dirigenti, dopo la guerra, incluso il governo di “sinistra”, legittimamente ritenuto essenziale per raggiungere il spaccatura decisiva della CGT. Sognando solo tagli e contusioni contro il “rosso” Bullitt, dopo la seconda guerra mondiale, quando l’URSS aveva reso gli Stati Uniti un grande servizio per sconfiggere la Wehrmacht, anche momentaneamente imbarazzante che il Reich, inondato la stampa il suo testi di vendetta che chiedevano di bombardare l’Unione Sovietica in una “guerra preventiva”, poi, dopo il 1949, per riservare lo stesso destino alla Cina persa da Washington.

Tuttavia, riguardo al tema attuale, dobbiamo ammettere che Philippe de Villiers, ansioso di fondare il suo fuoco, cerca di dimostrare le sue affermazioni “Europhobic”. Avendo acquisito durante la sua lunga carriera politica una seria conoscenza delle cose “europee”, conoscenza condivisa con tuttii suoi pari, “sinistra” e destra, ma da loro rigorosamente censurati, ha anche procurato una massa di documenti originali inconfutabili. Questo uomo di destra, anti-sovietico convinto, osa persino, sulla duplice base della sua esperienza personale e della lettura degli archivi, calpestando la doxa delle responsabilità sovietiche nella “guerra fredda”, risuscitando la problematica economica dell ‘”imperialismo”: omettendo qua e là l’ideologia, sottolinea l’ossessione degli Stati Uniti di vendere oltre i loro confini, in questo caso nel continente europeo, le loro (strutturalmente) eccedenze di produzione (anche se non dice la loro sovrapproduzione di capitali, anche versata in enormi quantità).

Si è soffermato su alcuni ausiliari (tra una folla innumerevole) a cui le élite americane, politiche ed economiche, hanno fatto ricorso per raggiungere i loro obiettivi “europei”. Fornisce ” tre [presunti] costruttori europei: Jean Monnet, Robert Schuman e Walter Hallstein “, informazioni a volte molto precise, in particolare per quanto riguarda i primi archivi americani a sostegno. Le sue numerose lettere riprodotte in extenso confermano le dimostrazioni condotte per lungo tempo da storici per lo più inglesi: 1 °, a volte per cinquanta o sessant’anni, sugli appetiti europei di Washington 7

; 2 °, per venti o trenta anni, su questi ausiliari, in inglese soprattutto 8 , ma non esclusivamente 9 .

.

Gli storici europei sono stati così audaci contro questi tre “padri d’Europa”, eroi di una saga che loro stessi hanno forgiato per diversi decenni, succedendo alla generazione precedente guidata da Jean-Baptiste Duroselle e preso di mira da Villiers. Rimuovendo fin dall’inizio i numerosi e inconfutabili documenti citati e riprodotti spesso in extenso , li riducono a ” allusioni “, preferendo al loro esame indispensabile l’attacco ad personam e ad hominemirrilevante. Di solito, è vero, il campo libero per eliminazione della concorrenza, esterno ed interno. Da un lato, il lavoro pionieristico in lingua inglese sull’argomento viene tradotto solo raramente in francese e, quando lo fa, scompare rapidamente dagli scaffali delle librerie, nonostante la domanda. Così è stato per il libro, essenziale, sulla “guerra culturale” americana in Europa dello scienziato politico Frances Saunders pubblicato nel 1999 (seguendo altri, meno in profondità). La sua traduzione del 2004 Chi ottiene la ragazza , esausta e mai ristampato, è diventata finanziariamente inaccessibili si è scambiato sul mercato nero per le informazioni storiche circa 300 € 10 .

D’altra parte, i potenziali storici francesi curiosi, sono stati eliminati dal campo accademico (congressi nazionali ed internazionali “europeo”, riviste accademiche a “pari” stampa scritta o interviste audiovisive, storica consiglio documentari, ecc ) 11 . L’università offre critica in francese, sostenuto le fonti originali, è molto limitata, lo storico di ultra-minoranza “Europe” che mi rifarò il lettore, che può quindi confrontare detto ricerche sulla lunga storia dell’Unione europea, a quelli di “eminenti storici europei”.

Un record storico “prevenuto” da “eminenti storici europei”

Le origini fallaci dell’Unione europea

I firmatari non sono andati indietro nella cronologia “europea” come il loro predecessore Pierre Gerbet, professore all’Istituto di studi politici morto nel 2009 e tra questi, una vera e propria venerazione 12 , che ha datato il progetto europeo di Carlo Magno. Qui, l’origine del vasto progetto è attribuito al re Giorgio di Poděbrady del XV ° secolo. La pagina di Wikipedia francesi, probabile fonte dei firmatari della “piattaforma” del 27 marzo questo sovrano sconosciuto ai contemporanei, questo vantaggio politico-ideologica di forgiare l’Unione europea delle radici dell’Europa centrale 13: la grande idea “europea” verrebbe da un paese situato nell’ex zona di influenza sovietica, che, decisamente, era stato storicamente programmato di non appartenere mai. È quindi legittimo e logico che, dopo il 1989, in conformità con la sua missione “storica”, la Cecoslovacchia, o, d’ora in poi, ciò che rimane di esso, frammentato dal 1938-1939 al 1945, sarebbe entrato in una piega “europea”. Al che lo spaventoso dopo il maggio 1945 l’aveva strappato.

Per quanto riguarda Aristide Briand, altro “fondatore” presunto, lo scopo è in accordo con un mare serpenti della storia ufficiale dell’UE 14 , anche se formalmente abolito negli archivi diplomatici francesi, tedesco, inglese e americana. Briand era dopo la prima guerra mondiale un innegabile precursore del “Appeasement” (1930) contro il Reich in cerca di vendetta su Versailles e un’espansione illimitata, sia in Occidente che in Oriente del Europa, e al Vaticano, che servì a tal fine come battitore permanente a Berlino. Ma il molto cosmetico “Piano dell’Unione Federale Europea”da 1929-1930 il ministro degli Esteri francese, ex “sindacalista rivoluzionaria” seguace del “sciopero generale” convertito le virtù del capitalismo e della repressione anti-lavoro da parte di intenso coinvolgimento ministeriale 15 , realizzato in ambizioni molto limitate. Come dopo la guerra successiva, il Reich si stava già ponendo come “miglior studente della classe europea”, per compiacere Washington contro la Francia e altri paesi europei. Ho applicato qui per la formula 1920 che lo storico Pierre Guillen per la prossima USA Germania del dopoguerra definendolo il ” miglior studente della classe europea e la classe Atlantico ” 16 : era negli anni ’70, dove potevamo ancora, confrontando le notizie nelle fasi precedenti (perché gli archivi non erano ancora aperti), chiama un gatto un gatto.

Briand era, per il suo presunto “piano” “europea”, presentato nel settembre 1929 al podio della Società delle Nazioni, un obiettivo più modesto che ha proclamato fermare o ritardare l’attuazione del totale Gleichberechtigung (parità di diritti). La Repubblica di Weimar ha affermato di essere in grado di spazzare via i trattati di pace del 1919-1920 che sancivano la sconfitta. Avevano infatti, in realtà o sulla carta, ha ridotto il suo territorio del 1918 e le risorse correlate, e ha vietato o limitato la sua espansione territoriale, il riarmo e la vendetta. Il Reich fu assicurato in quest’area come in ogni altro riarmo incluso il fermo supporto degli Stati Uniti: avevano già stabilito la loro testa di ponte in Europa tramite questo socio privilegiato (e rivale) capitalismo commerciale, industriale e finanziario fortemente concentrato se collegato dal prebellico al loro. Quasi tutti i partiti politici tedeschi (KPD e piccola minoranza di socialisti tranne sinistra) ha affermato che “diritti uguali” della maggioranza della SPD in fondo a destra 17 .

.

Adenauer e la sua gente, dalla vecchia alla “nuova Germania”

Illustre nel caso, tra gli altri, il sindaco di Colonia, uno dei leader del partito cattolico, il Zentrum, Adenauer, qui citato, solo una volta, come “cancelliere della nuova Repubblica federale di Germania”.

Nuova Germania, davvero? Questo non è ciò che emerge dal Quai d’Orsay e dagli archivi diplomatici stranieri irremovibile la perfetta continuità della politica estera dello stato tedesco, il II ° Reich Germania Ovest tramite Weimar e III e Reich. Per decenni, il lavoro scientifico ha dimostrato l’importanza delle ipotesi avanzate in questo senso dagli storici con opzioni ideologiche radicalmente opposte. In particolare, lo storico Charles Bloch, ebreo tedesco espulso dalla Germania, bambino, dal regime hitleriano, francese, poi israeliano, autore della sintesi The Third Reich e il mondo 18 Charles Bloch, The Third Reich e il mondo, Parigi, Imprimerie Nationale, 1986 ; e Fritz Fischer, che, per essere stato all’Università di Amburgo, sotto Hitler, dal 1942, professore di storia incontestabilmente nazista (come tutti i suoi colleghi) – ci torneremo su Walter Hallstein, era nondimeno Dopo il 1945, un grande storico, specialista negli obiettivi di guerra molto duraturi della Germania imperiale 1914-1918 19 Fritz Fischer, Gli obiettivi di guerra , Parigi, Treviso, 1970, trad. da Griff nach der Weltmacht , 1961. Buona sintesi, Walter von Goldendach, Hans-Rüdiger Minow, ” Deutschtum erwache! ” Aus dem Innenleben staalichen PangermanismusBerlino, Dietz Verlag, 1994 .

Adenauer, che si potrebbe pensare qui come “nuovo” come il FRG, non lo era molto di più. Molto di mano destra e il sindaco clericale di Colonia (nato 1876), strettamente legato al capitale finanziario tedesco che in precedenza aveva assegnato una serie di scheda di posizioni 20 e ufficiale “padre dell’Europa” dopo “Seconda guerra mondiale, M. de Villiers non dice niente neanche. Ma Adenauer è stato uno dei leader all’interno del Zentrum(partito cattolico), la crociata contro il Diktat di Versailles e tutti i trattati imbrigliare espansione tedesca, contro l’occupante francese e contro la “vergogna nera” del suo Truppe di occupazione coloniale e uno degli araldi della vendetta. Tutti questi obiettivi hanno stabilito prematuramente l’accordo tra Zentrum, Vaticano e NSDAP, sulla politica estera e sull’accordo governativo con il NSDAP, formula di un diritto esclusivo perseguito dopo la Sconfitta.

Champion Sound Gleichberechtigung , severe “parità di diritti” spazzare trattati erigere Reich sconfitto stato di minore Adenauer presentato nel 1920 Anschluss al pubblico straniero – è stato soprattutto l’americano come scopo innocente e pacifica “europea “. Ha ingannato nessuno nei circoli ben informati: l’annessione tedesca dell’Austria è stato vietato dai trattati di Versailles e di St. Germain, perché avrebbe ucciso pochi mesi dopo la sua realizzazione, la Cecoslovacchia e portare a molto assorbimento a breve termine di tutto l’ex impero austro-ungarico 21 .

Lo stesso Adenauer, cancelliere istituito 73 anni sotto gli auspici della occupazione americana, durante la fondazione ufficiale della RFT (Maggio 1949), si è distinto ancora una volta dopo il maggio del 1945, avvocato Gleichberechtigung con i suoi ministri, non ufficiali e ufficiali, gli affari esteri (Walter Hallstein) e guerra (Theodor Blank), anche pangermanisti e vendicativo come lui. “L’uguaglianza dei diritti” della Germania (allora Ovest) coinvolti tra gli altri, sotto l’egida degli Stati Uniti, e come nel precedente post-bellico: 1, agli inizi del riarmo: preparato in maggio 1945 è stato ufficialmente ricevuto nel 1950, con vari pretesti raggruppati sotto il tema della “minaccia sovietica” ideologica, politica e militare, invocato anche dai nostri firmatari; 2 °, la riunificazione del Reich, sotto l’egida dell’amato RFA di Washington.

Il successo di questo secondo obiettivo, di cui il ministro degli esteri pan-tedesco Adenauer Walter Hallstein è stato presentato non appena la sua nomina ufficiale, il campione del suono rivendicando la legittimità dell’unica Repubblica federale di Germania come rappresentante dell’intera Germania, ha richiesto, date le relazioni di forze e compromessi ereditati dal 1945, ancora qualche decennio. Uno dei nostri migliori diplomatici, Armand Bérard, lo aveva spaventato formalmente all’inizio del 1952, con tutte le sue conseguenze per l’Europa dell’Est, incluso il crollo della zona di influenza sovietica:

“L’offensiva anti-sovietica contro che iniziano per innescare gli americani […] risveglia i tedeschi sperano che la sconfitta del 1945 fu un episodio in un conflitto più lungo, nessun trattato e la sanzione la soluzione europea non sarà basata sulla situazione del 1945, ma su quella che deriverà da questa controffensiva. Ora i loro diplomatici reclutati per lo più in zone della Wilhelmstrasse che ha servito il regime di Hitler, e gli esperti militari di manovra al momento del regolamento in Germania è nella posizione più favorevole e rende più una pace dove, per la prima volta, per 40 anni, si svolgerà al fianco dei vincitori. Credono che i meriti che otterrà dipenderanno in larga misura da la soluzione della questione austriaca e quella dei problemi territoriali nell’Europa centrale e orientale. Con l’assenza di qualsiasi misura che lo caratterizzi, la Germania si precipiterà con ardore nel percorso indicato dall’America, se acquisirà la convinzione che la più grande forza è da questa parte e sarà ancora più americana degli Stati Uniti. Uniti. […] Adottando tesi americane, lo staff del Cancelliere [Adenauer] generalmente considera che il giorno in cui l’America sarà in grado di mettere in linea una forza superiore, l’URSS si presterà a un accordo in cui abbandonerà i territori. Europa centrale e orientale che attualmente domina. ” La Germania si precipiterà avidamente nella strada indicata dall’America, se acquisisce la convinzione che la più grande forza è da questa parte e sarà ancora più americana degli Stati Uniti. […] L’adozione dei dipendenti tesi americane Cancelliere [Adenauer] generalmente considerare che quando l’America sarà in grado di caricare un potere superiore, l’URSS si si presta a un insediamento in cui si darà territori Europa centrale e orientale che attualmente domina. ” La Germania si precipiterà avidamente nella strada indicata dall’America, se acquisisce la convinzione che la più grande forza è da questa parte e sarà ancora più americana degli Stati Uniti. […] L’adozione dei dipendenti tesi americane Cancelliere [Adenauer] generalmente considerare che quando l’America sarà in grado di caricare un potere superiore, l’URSS si si presta a un insediamento in cui si darà territori Europa centrale e orientale che attualmente domina. ” l’URSS si presterebbe a un accordo in cui abbandonerà i territori dell’Europa centrale e orientale che attualmente domina. ” l’URSS si presterebbe a un accordo in cui abbandonerà i territori dell’Europa centrale e orientale che attualmente domina. “

In Francia correttamente informato, il telegramma Berard del 18 Febbraio 1952 denunciando i pericoli, per tutta l’Europa, un irredentismo tedesco sfrenata da parte degli Stati Uniti desiderosi di fare battaglia con l’URSS dovrebbe essere replicato in extenso da tutti i libri di storia, dalla scuola superiore 22 . Il testo mozzafiato di questa Cassandra che annunciava il 1989 e il suo futuro sarebbe passato oggi per la letteratura “cospirazione” per “demonizzare” una Germania pacifica e gli Stati Uniti benevoli. Non si adatta bene alla visione idilliaca di una vittoria per la democrazia, finalmente vinta nell’Europa orientale contro il totalitarismo sovietico.

La conversione dei futuri insegnanti alla rilevanza di questa pittura irenica è stato uno dei principali obiettivi nella scelta del tema del Concorso per il reclutamento della scuola secondaria 2007-2009, The Construction of Europe . E ‘stato coniato dallo storico francese Robert Frank firmatario (ed editore) importanti forum del 27 marzo e 17 aprile 2019. Era rendendo così la “pedagogia” per ignoranti Francese provato e espiare loro maggioranza NO al referendum sulla Costituzione europea del maggio 2005: era necessario convincere i candidati alla cattedra di storia, cioè, consecutivamente, le generazioni di alunni e studenti che avrebbero formato, il miracolo “europeo” nato da la “caduta dell’URSS e del muro” 23 .

Le campagne elettorali della primavera del 2019 sono in una notevole continuità. Philippe de Villiers è sulla domanda Adenauer, che peccato, una grande discrezione come i loro firmatari.

Di Annie Lacroix-Riz, professore emerito di storia contemporanea all’Università Paris 7.

Proponiamo questo articolo per ampliare il tuo campo di riflessione. Ciò non significa necessariamente che siamo d’accordo con la visione sviluppata qui. In ogni caso, la nostra responsabilità si ferma con le osservazioni che riportiamo qui. [Leggi di più]

Note

1. https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2019/03/14/philippe-de-villiers-et-l-europe-entre-contre-verites-et-complotisme_5436099_4355770.htmli
2. https://www.franceculture.fr/histoire/leurope-est-elle-une-creation-des-etats-unis
3. https://www.lemonde.fr/idees/article/2019/03/27/philippe-de-villiers-na-pas-le-droit-de-falsifier-l-histoire-de-l-union-europeenne- il-nome-di-un-ideologie_5441688_3232.html
4. “Paranostradamus. “L’Agité du bocage” ha una visione della fondazione dell’Europa apocalittica e l’arte di trasformare le fantasie in verità storiche.
5. Robert Frank e Gérard Bossuat, https://www.lemonde.fr/idees/article/2019/04/17/the-historians-are-non-sold-of-villiers-to-breaking-the-mythe- by-che-solo-il-resistente-have-a-aiuta-the-building-europeenne_5451663_3232.html
6. sconcertante Prescrizione per il lavoro storico ma progressivo, comparsa antirazzista, Stéphane Michonneau e Thomas Serrier, https://www.lemonde.fr/idees/article/2019/04/19/pour-construire-l-europe-il- deve ricostruire la-sua-histoire_5452318_3232.html
7. I pionieri comprendono William A. Williams, The Tragedy of American Diplomacy , New York, Dell Publishing Co., New York, 1972 ( I edizione, 1959); Gabriel Kolko, The Politics of War. La politica estera mondiale e degli Stati Uniti, 1943-1945 , New York, Random House, 1969, e G. e Joyce Kolko, I limiti del potere. Il mondo e la politica estera degli Stati Uniti 1945-1954 , New York, Harper and Row, 1972; e
8. Works, Essential, di Richard Aldrich, The Secret Hand: Inghilterra, America e Cold War Secret Intelligence , Londra, John Murray, 2001; e “OSS, CIA e unità europea: il comitato americano per l’Europa unita, 1948-60”, Diplomacy & Statecraft , 8/1, 1997, citato da Villiers; città, con ulteriori riferimenti nel mio articolo “L’Unione europea della leggenda a realtà storiche,” 2 e di parte, “dall’Europa tedesca verso gli Stati Uniti in Europa: 1940-inizio 1950,” II, The Revival of the Fighters , No. 850, dicembre 2018-gennaio 2019, n. 8, p. 16 (13-20).
9. Oltre ai libri, la sezione articoli e comunicazioni di http://www.historiographie.info/cv.html, molto numerosa, fornisce approfondimenti su Robert Schuman, Jean Monnet e sulla non denazificazione in Europa occidentale (come evidenziato da il caso di Walter Hallstein) solo con i titoli; alcuni sono citati in Le origini del giogo europeo, 1900-1960. Francia sotto influenza tedesca e americana , Parigi, Delga-Le temps des cerises, 2016; revisione degli ausiliari, anticomunista lasciato a destra, Eric Branca, amico americano. Washington contro de Gaulle , Perrin, Parigi, 2017.
10. Saunders Frances, The Cold War culturale: La CIA e il mondo dell’arte e delle lettere , New York, The New Press, 1999 ( Who leading the dance, Cultural Cold War , Denoel, 2004). Anche Philippe de Villiers lo ha rimosso dalla sua bibliografia, preferendo citare autori meno completi e meno opprimenti sugli strumenti ideologici e politici di Washington. Prezzo visualizzato da Amazon, in occasione, fine 2018.
11. Atmosfera accademica, dove la storia si differenzia sempre meno dalla pura propaganda, dalla storia di Carcan e dalla storia contemporanea , Parigi, Delga-The cherry time, 2012.
12. Ibid ., Dove spesso appare la “guida” Gerbet ( Carcan , pp. 8-9), uno dei membri del “team di storici” che ha realizzato le Memorie di Monnet, Villiers, J’ai tir , p. 37.
13. https://fr.wikipedia.org/wiki/Georges_de_Boh%C3%AAme
14. La bibliografia del suo file https://fr.wikipedia.org/wiki/Aristide_Briand#cite_note-13 è un modello di storiografia “europeista”.
15. Il suo curriculum di cui sopra non fornisce alcuna fonte sullo sciopero dei ferrovieri del 1910 e la rabbia che, come presidente del Consiglio, ha schierato (pari a quella del ministro degli interni Clemenceau dal 1906 al 1909).
16. Pierre Guillen e Georges Castellan, Germania. La costruzione di due stati tedeschi, 1945-1973 , Parigi, Hatier, 1979, p. 94; eccellente libro di Guillen, L’Impero tedesco 1871-1918 , Paris, Hatier, 1 ° edizione, 1970 sostituire vantaggiosamente i libri di testo “europeisti” degli ultimi decenni per entrare a studiare il pubblico la notevole continuità della politica tedesca.
17. Non tradotto: Schuker Stephen A., The End of French Predominance in Europe: La crisi finanziaria del 1924 e l’adozione del piano Dawes , Chapel Hill, University of North Carolina Press, 1976; Costigliola Frank, Awkward Dominion: Relazioni politiche, economiche e culturali con l’Europa, 1919-1933 , Itaca, Cornell University Press, 1984; Lacroix-Rice, The Vatican, Europe and the Reich dalla prima guerra mondiale alla guerra fredda (1914-1955) , Parigi, Armand Colin, 2010, indice Briand.
18. Charles Bloch, The Third Reich and the World , Parigi, Imprimerie Nationale, 1986.
19. Fritz Fischer, Gli obiettivi della guerra , Parigi, Treviso, 1970, trad. da Griff nach der Weltmacht , 1961. Buona sintesi, Walter von Goldendach, Hans-Rüdiger Minow, ” Deutschtum erwache! ” Aus dem Innenleben del Pangermanismus staalichen , Berlino, Dietz Verlag, 1994.
20. https://de.wikipedia.org/wiki/Konrad_Adenauer#Oberb%C3%BCrgermeister_K%C3%B6lnssulle sue schede 1920.
21. Stretta comunità sul terreno “cattolico”, Lacroix-Rice, The Vatican , cap. 1-10, passim ; Anschluss, miniera d’Europa, fondi Austria 1918-1940, elencata a p. 664.
22. Tel. riservato n ° 1450-1467 Berard, Bonn, 18 febbraio 1952, generalità Europa, 22, dicembre, gli archivi del ministero degli Esteri, citato testualmente , Carcan , pag. 153-156.
23. Bibliografia di “Pensare e costruire l’Europa”. Historians and Geographers , No. 399, September 2007; Lacroix-Rice, “Pensa e costruisci l’Europa. Osservazioni sulla bibliografia della questione della storia contemporanea 2007-2009 pubblicata in Historians and Geographers No. 399 “, Thought , No. 351, October-December 2007, p. 145-159; e Carcan , p. 6 e passim .

senza e oltre l’Unione Europea con Pier Paolo Dal Monte

Siamo al terzo appuntamento sull’argomento. Dopo Pierluigi Fagan https://italiaeilmondo.com/2019/04/01/quale-europa-e-quante-europa-nel-prossimo-futuro_intervista-a-pierluigi-fagan/

e Piero Visani https://italiaeilmondo.com/wp-admin/post.php?post=3810&action=edit

è la volta di Pier Paolo Dal Monte_Buon ascolto_Giuseppe Germinario

IL TESTAMENTO SPAGNOLO, di Antonio de Martini

IL TESTAMENTO SPAGNOLO

Tra un paio di giorni, la Spagna ci dirà se vuole restare unita oppure farsi preda di una delle periodiche convulsioni che contagiano regolarmente l’Europa.

Eppure sembriamo non capirlo. Preferiamo guardarci l’ombelico della nostra crisi senza capire che siamo inestricabilmente connessi a tutte le convulsioni del mondo Mediterraneo.

Per tre secoli gli spagnoli hanno dominato il globo e sono passati dal dominio alla irrilevanza in maniera inusitata : senza aver subito invasioni o perso una battaglia “storica” decisiva che segnasse la fine.

Sono stati distrutti – con una “ guerra senza guerra” e cento mini sconfitte- dalla inflazione per troppa ricchezza che non hanno saputo gestire e dalla superiorità di interpretazione della realtà degli anglosassoni che hanno logorato questo grande impero militar-cattolico sostituendolo gradatamente con un impero commercial-protestante basato sul dominio del mare.

Grandi studi sono stati realizzati negli anni sugli imperi, dal romano, al cinese all’ottomano, ma pochi sanno come Madrid sia passata da capitale del vecchio e nuovo mondo a buen retiro dei Borboni.

Credo che la ragione dell’oscuramento subito da questi studi, sia da ritrovarsi nella grande somiglianza con la situazione dell’Unione Europea. Potrebbero suggerire paragoni.

L’UE , per numero di abitanti, capacità tecnologiche, potenza commerciale, non è, finora, stata seconda a nessuno nel mondo.

Questo gigante commerciale, culturale, scientifico e demografico, è stato però progressivamente ridotto a un nano politico e gli è stato impedito di dotarsi di un apparato difensivo all’altezza del necessario.

È stato provato della capacità di iniziativa politica e sociale e paralizzato progressivamente.

Senza addentrarci nella Storia, constatiamo che siamo stati incapaci di risolvere il problema dei rapporti con gli USA e con la Russia, di convincere l’Inghilterra a non violentare la geografia e la storia allontanandosi da noi, abbiamo ceduto alle suggestioni egoistiche nazionali di ciascuno senza capire che il livello cui i problemi si pongono è ormai irreversibilmente continentale.

Non abbiamo nemmeno risolto problemi locali come Cipro o Gibilterra o il problema basco.
Non abbiamo stabilizzato il Levante o assorbito armonicamente la Turchia.

Ci siamo fatti imporre il controllo dei traffici marittimi e aerei con gli stessi mezzi che condizionarono gli spagnoli nel XVII e XVIII secolo: la pirateria e la finanza, l’ipervalutazione politica delle minoranze religiose o etniche usate come grimaldello per incrinare il grande valore dell’Unità.

Ci siamo regolarmente fatti imporre lo spartito del concerto, spesso da musicisti da strapazzo, stonando comunque.

Tra due giorni, vedremo se almeno gli spagnoli hanno imparato la lezione, restando uniti e concordino se abboccheranno al nuovo problema della grottesca “ indipendenza” catalana.

Poi tra un mese toccherà a tutta l’Europa.

OLTRE L’UNIONE EUROPEA, a cura di Luigi Longo

OLTRE L’UNIONE EUROPEA

a cura di Luigi Longo

 

Le Elezioni

                                                                                                                                     Generalmente mi ricordo
una domenica di sole
una mattina molto bella
un’aria già primaverile
in cui ti senti più pulito

                                                                                                                                     Anche la strada è più pulita
senza schiamazzi e senza suoni
chissà perché non piove mai
quando ci sono le elezioni

                                                                                                                                     Una curiosa sensazione
che rassomiglia un po’ a un esame
di cui non senti la paura
ma una dolcissima emozione

                                                                                                                                     E poi la gente per la strada
li vedo tutti più educati
sembrano anche un po’ più buoni
ed è più bella anche la scuola
quando ci sono le elezioni

                                                                                                                                     Persino nei carabinieri
c’è un’aria più rassicurante
ma mi ci vuole un certo sforzo
per presentarmi con coraggio

                                                                                                                                     C’è un gran silenzio nel mio seggio
un senso d’ordine e di pulizia
Democrazia!

                                                                                                                                     Mi danno in mano un paio di schede
e una bellissima matita
lunga sottile marroncina
perfettamente temperata

                                                                                                                                     E vado verso la cabina
volutamente disinvolto
per non tradire le emozioni

                                                                                                                                     E faccio un segno
sul mio segno
come son giuste le elezioni.

                                                                                                                                     E’ proprio vero che fa bene
un po’ di partecipazione
con cura piego le due schede

                                                                                                                                     e guardo ancora la matita
così perfetta e temperata…
Io quasi quasi me la porto via.
Democrazia!

Giorgio Gaber, Le elezioni, 1976-                                                                                                           1977, www.giorgiogaber.it

 

Nel mio precedente scritto Il Progetto dell’Unione Europea è finito, la Nato è lo strumento degli Usa nel conflitto strategico della fase multicentrica, apparso su questo sito il 26/11/2018, ho sostenuto la fine dell’Unione Europea come espressione del progetto statunitense nella fase monocentrica e la metamorfosi della Nato come nuovo strumento degli Usa nel conflitto strategico della fase multicentrica.

Soprattutto a quelli che credono ancora nell’Unione Europea e nelle elezioni come massima espressione di democrazia e di partecipazione (sic) propongo la lettura di tre articoli di Manlio Dinucci (A camp Darby le forze speciali italiane, il “partito americano” nelle istituzioni UE e le 70 candeline (esplosive) della Nato apparsi su il Manifesto rispettivamente il 5/3/2019, 19/3/2019 e 2/4/2019) e la Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2019 sullo stato delle relazioni politiche tra l’Unione europea e la Russia, pubblicata sul sito www.europarl.europa.eu (12/3/2019).

Sono letture che evidenziano l’imbarazzante e il vergognoso livello di servitù volontaria europea alle strategie statunitensi, a prescindere dal loro insanabile conflitto interno agli agenti strategici: si va dalle politiche di contrasto alla Russia, alle politiche di contrapposizione alle vie della seta della Cina; dalla americanizzazione dei territori, all’approntamento delle infrastrutture al servizio Usa-Nato.

Riporto, infine, le conclusioni del mio scritto innanzi citato:<< L’attuale Europa è finita. E’ stata ridotta ad una espressione geografica […] a servizio delle strategie statunitensi e, per la prima volta nella sua storia, non sarà protagonista del conflitto tra le potenze mondiali che si formeranno nella fase multicentrica e in quella policentrica. Sarà, ahinoi, solo un campo di battaglia del conflitto mondiale.

All’interno di questo cambiamento europeo che resta, comunque, subordinato alle strategie dei pre-dominanti (gli agenti strategici principali) statunitensi, mancano dei decisori che vogliono attuare un processo di sviluppo nazionale autodeterminato, a partire dalla creazione di uno spazio della resistenza, capace di incunearsi nei giochi che si aprono nella fase multicentrica per proporre un progetto e una strategia di uscita dalla servitù volontaria verso gli USA e guardare a Oriente per le possibili costruzioni di nuove relazioni, di nuove idee di sviluppo, di nuove idee di società, di una Europa diversa […]. Purtroppo, ahinoi, questi decisori non si vedono in giro per l’Europa né si vedranno nel breve-medio periodo, considerata la situazione di degrado culturale, politico e sociale. I dominanti possono fare ancora sonni tranquilli.

Resta un problema storico da affrontare e riguarda i soggetti che si formano nelle varie fasi oggettive della storia nazionale, europea e mondiale. La domanda che si pone è: come i soggetti (sessuati) di trasformazione arrivano, sono pronti alle aperture delle finestre, delle crepe che le fasi multicentrica e policentrica necessariamente apriranno?

Oggi soffriamo la mancanza di una teoria adeguata che ci orienti nella pratica e nella pratica teorica per pensare un progetto-processo di autonomia e di autodeterminazione nazionale ed europeo. Siamo ridotti a scoprire, con le elezioni statunitensi, europee e nazionali (sic), l’esistenza di stati profondi (i luoghi istituzionali dove gli agenti strategici principali, esecutivi e gestionali realizzano il dominio) e a riscoprire l’illusione ideologica che con la vittoria elettorale, cioè la presa del potere non del dominio, gli obiettivi indicati (a prescindere dalle finalità reali, ripeto reali) nel programma elettorale minimamente squilibranti del sistema sono irrealizzabili.>>.

 

 

A CAMP DARBY LE FORZE SPECIALI ITALIANE

L’arte della guerra. È stato stipulato un accordo che prevede il trasferimento in quest’area del Comando delle forze speciali dell’esercito italiano (Comfose) attualmente ospitato nella caserma Gamerra di Pisa, sede del Centro addestramento paracadutismo

Manlio Dinucci*

La notizia non è ufficiale ma già se ne parla: da ottobre su Camp Darby sventolerà il tricolore. Gli Stati uniti stanno per chiudere il loro più grande arsenale nel mondo fuori dalla madrepatria, restituendo all’Italia i circa 1000 ettari di territorio che occupano tra Pisa e Livorno?

Niente affatto. Non stanno chiudendo, ma ristrutturando la base perché vi possano essere stoccate ancora più armi e per potenziare i collegamenti col porto di Livorno e l’aeroporto di Pisa. Nella ristrutturazione restava inutilizzata una porzioncina dell’area ricreativa: 34 ettari, poco più del 3% dell’intera area. È questa che lo US Army Europe ha deciso di restituire all’Italia, più precisamente al Ministero italiano della Difesa, per farne il miglior uso possibile.

È stato così stipulato un accordo che prevede il trasferimento in quest’area del Comando delle forze speciali dell’esercito italiano (Comfose) attualmente ospitato nella caserma Gamerra di Pisa, sede del Centro addestramento paracadutismo. Sono le forze sempre più impiegate nelle operazioni coperte: si infiltrano nottetempo in territorio straniero, individuano gli obiettivi da colpire, li eliminano con un‘azione fulminea paracadutandosi dagli aerei o calandosi dagli elicotteri, quindi si ritirano senza lasciare traccia salvo i morti e le distruzioni.

L’Italia, che le aveva usate soprattutto in Afghanistan, ha fatto un decisivo passo avanti nel loro potenziamento quando, nel 2014, è divenuto operativo il Comfose che riunisce sotto comando unificato quattro reggimenti: il 9° Reggimento d’assalto Col Moschin e il 185° Reggimento acquisizione obiettivi Folgore, il 28° Reggimento comunicazioni Pavia e il 4° Reggimento alpini paracadutisti Rangers. Nella cerimonia inaugurale nel 2014 fu annunciato che il Comfose avrebbe mantenuto un «collegamento costante con lo U.S. Army Special Operation Command», il più importante comando statunitense per le operazioni speciali formato da circa 30 mila specialisti impiegati soprattutto in Medio Oriente.

A Camp Darby – ha specificato l’anno scorso il colonnello Erik Berdy, comandante dello US Army Italy – già si svolgono addestramenti congiunti di militari statunitensi e italiani. Il trasferimento del Comfose in un’area di Camp Darby, formalmente appartenente all’Italia, permetterà di integrare a tutti gli effetti le forze speciali italiane con quelle statunitensi, impiegandole in operazioni coperte sotto comando Usa. Il tutto sotto la cappa del segreto militare.

Non può non venire a mente, a questo punto, la storia delle operazioni segrete di Camp Darby: dalle inchieste dei giudici Casson e Mastelloni è emerso che Camp Darby ha svolto sin dagli anni Sessanta la funzione di base della rete golpista costituita dalla Cia e dal Sifar nel quadro del piano segreto Gladio. Le basi Usa/Nato – scriveva Ferdinando Imposimato, presidente onorario della Suprema Corte di Cassazione – hanno fornito gli esplosivi per le stragi, da Piazza Fontana a Capaci e Via d’Amelio. In queste basi «si riunivano terroristi neri, ufficiali della Nato, mafiosi, uomini politici italiani e massoni, alla vigilia di attentati».

Nessuno però, né in parlamento né negli enti locali, si preoccupa delle implicazioni del trasferimento delle forze speciali italiane di fatto all’interno di Camp Darby sotto comando Usa. I comuni di Pisa e Livorno, passati rispettivamente dal Pd alla Lega e al M5S, hanno continuato a promuovere, con la Regione Toscana, «l’integrazione tra la base militare Usa di Camp Darby e la comunità circostante». Pochi giorni fa è stato deciso di integrare i siti Web delle amministrazioni locali con quelli di Camp Darby. La rete di Camp Darby si estende sempre più sul territorio.

*il Manifesto del 5/3/2019

 

 

Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2019 sullo stato delle relazioni politiche tra l’Unione europea e la Russia
Il Parlamento europeo,

– vista la sua risoluzione del 10 giugno 2015 sullo stato delle relazioni UE-Russia(1)

–visti gli accordi raggiunti a Minsk il 5 e il 19 settembre 2014 e il 12 febbraio 2015(2)

–viste le sue precedenti risoluzioni, in particolare quella del 14 giugno 2018 sui territori georgiani occupati a 10 anni dall’invasione russa(3), e del 4 febbraio 2016 sulla situazione dei diritti umani in Crimea, in particolare dei tatari di Crimea(4),

–vista la sua raccomandazione al Consiglio del 2 aprile 2014 concernente l’applicazione di restrizioni comuni in materia di visti ai funzionari russi coinvolti nel caso Sergei Magnitsky(5),

–viste le conclusioni del Consiglio “Affari esteri” del 14 marzo 2016 sulla Russia,

–visto il premio Sacharov per la libertà di pensiero 2018 conferito al regista ucraino Oleg Sentsov,

–vista la sua risoluzione del 14 giugno 2018 sulla Russia, in particolare il caso del prigioniero politico ucraino Oleg Sentsov(6),

–vista la sua risoluzione del 25 ottobre 2018 sulla situazione nel Mar d’Azov(7),

–vista la relazione finale dell’Ufficio dell’OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR) del 18 marzo 2018 sulle elezioni presidenziali nella Federazione russa,

–visto l’articolo 52 del suo regolamento,

–vista la relazione della commissione per gli affari esteri (A8-0073/2019),

A. considerando che l’Unione europea è una comunità basata su un insieme comune di valori, tra cui pace, libertà, democrazia, Stato di diritto e rispetto dei diritti fondamentali e umani;

B. considerando che riconosce che i principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, dall’atto finale di Helsinki del 1975 e dalla Carta di Parigi dell’OSCE del 1990 rappresentano i capisaldi di un continente europeo pacifico;

C. considerando che tali valori costituiscono la base delle relazioni dell’Unione europea con le terze parti;

D. considerando che le relazioni dell’Unione europea con la Russia devono basarsi sui principi di diritto internazionale, rispetto dei diritti umani, democrazia e risoluzione pacifica dei conflitti e che, a causa dell’inosservanza di tali principi da parte della Russia, le relazioni dell’UE con la Russia si basano attualmente sulla cooperazione in alcuni settori selezionati di interesse comune, quali definiti nelle conclusioni del Consiglio “Affari esteri” del 14 marzo 2016 e sulla dissuasione credibile;

E. considerando che l’Unione europea continua ad essere disponibile ad un partenariato rafforzato e al dialogo che a esso conduce, e auspica una ripresa di relazioni di cooperazione con la Russia, dopo che le autorità russe si siano conformate ai loro obblighi internazionali e giuridici ed abbiano dimostrato il reale impegno della Russia a ricostituire la fiducia perduta; che relazioni costruttive e prevedibili sarebbero reciprocamente vantaggiose e, idealmente, nell’interesse di entrambe le parti;

F. considerando che la Federazione russa, in quanto membro a pieno titolo del Consiglio d’Europa e dell’OSCE, si è impegnata a osservare i principi della democrazia, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani; che le continue e gravi violazioni dello Stato di diritto e l’adozione di leggi restrittive negli ultimi anni stanno mettendo sempre più in dubbio il rispetto degli obblighi nazionali e internazionali da parte della Russia; che la Russia non ha attuato oltre un migliaio di sentenze della Corte europea per i diritti dell’uomo (CEDU);

G. considerando che diverse relazioni governative mostrano il forte aumento, negli ultimi anni, dell’attività di spionaggio ostile da parte della Russia, che ha raggiunto livelli mai visti dalla Guerra fredda;

H. considerando che la piena attuazione degli accordi di Minsk e il generale rispetto del diritto internazionale rimangono un requisito essenziale per una più stretta cooperazione con la Russia; che, in risposta all’annessione illegale della Crimea e alla guerra ibrida condotta dalla Russia contro l’Ucraina, l’UE ha adottato una serie di misure restrittive che dovrebbero rimanere in vigore finché gli accordi di Minsk non saranno rispettati;

I. considerando che, dal 2015, sono emerse nuove aree di tensione tra l’Unione europea e la Russia, tra cui: l’intervento della Russia in Siria e l’ingerenza in paesi come la Libia e la Repubblica centrafricana; esercizi militari su larga scala (Zapad 2017); l’ingerenza russa volta a influenzare le elezioni e i referendum e ad alimentare le tensioni nelle società europee; il sostegno del Cremlino ai partiti antieuropeisti e ai movimenti di estrema destra; restrizioni alle libertà fondamentali ed estese violazioni dei diritti umani in Russia e il diffondersi di un sentimento anti LGBTI; la repressione dell’opposizione politica; azioni dirette e sistematiche contro i difensori dei diritti umani, i giornalisti e la società civile russa, tra cui la detenzione arbitraria di Oyub Titiev, direttore dell’ufficio in Cecenia del Centro per i diritti umani Memorial (HRC Memorial) o il caso di Yuri Dmitriev della filiale careliana di “Memorial”; la stigmatizzazione di attivisti della società civile, etichettati come “agenti stranieri”; gravi violazioni dei diritti umani nel Caucaso settentrionale, in particolare nella Repubblica cecena (sequestri, torture, esecuzioni extragiudiziali, cause penali pretestuose ecc.); la discriminazione della minoranza tatara nella Crimea occupata e la persecuzione politica di Aleksej Naval’nyj e molti altri, nonché uccisioni, come quelle di Boris Nemtsov e Sergei Magnitsky tra i casi più noti; attacchi informatici e ibridi e uccisioni sul territorio europeo eseguite da agenti dei servizi segreti russi utilizzando armi chimiche; intimidazioni, arresti e detenzioni di cittadini stranieri in Russia, tra cui il vincitore del premio Sacharov 2018 Oleg Sentsov e molti altri, in violazione del diritto internazionale; l’organizzazione di elezioni illegali e illegittime nel Donbas; l’organizzazione di elezioni presidenziali non democratiche e prive di qualsiasi scelta reale e con restrizioni alle libertà fondamentali; campagne di disinformazione; la costruzione illegale del ponte di Kerch; la militarizzazione su vasta scala della Crimea occupata e annessa illegalmente, nonché di parti del Mar Nero e del Mar d’Azov; restrizioni alla navigazione internazionale nel Mar d’Azov e attraverso lo stretto di Kerch, anche per le navi battenti bandiere degli Stati membri dell’UE; l’attacco e il sequestro illegali di navi della marina ucraina e l’arresto di militari ucraini nello stretto di Kerch; violazioni degli accordi sul controllo delle armi; il clima oppressivo per i giornalisti e i media indipendenti, con le continue detenzioni di giornalisti e blogger; e la posizione occupata dalla Russia (148° posto su 180) nell’indice mondiale della libertà di stampa 2018;

J. considerando che, dal 1° marzo 2018, il Centro per i diritti umani Memorial ha registrato 143 casi di prigionieri politici, 97 dei quali perseguitati per motivi religiosi; che, da un’analisi dell’elenco dei prigionieri politici stilato dal Centro per i diritti umani Memorial nel 2017, emerge che vi sono stati 23 casi di persone processate per reati connessi a eventi pubblici (sommosse e azioni violente contro un’autorità pubblica) e 21 casi, per lo più connessi alla pubblicazione di post su Internet, di procedimenti giudiziari che sono stati avviati in base agli articoli del codice penale in materia di “anti-estremismo”;

K. considerando che la Russia partecipa direttamente o indirettamente a una serie di conflitti che si protraggono nel vicinato comune – Transnistria, Ossezia del Sud, Abkhazia, Donbas e Nagorno Karabakh – che ostacolano seriamente lo sviluppo e la stabilità dei paesi vicini interessati, ne compromettono l’indipendenza e ne limitano le scelte libere e sovrane;

L. considerando che il conflitto nell’Ucraina orientale è durato più di quattro anni causando oltre 10.000 vittime, quasi un terzo delle quali civili, e migliaia di feriti tra la popolazione civile;

M. considerando che le tensioni e lo scontro attualmente persistenti tra l’UE e la Russia non sono nell’interesse di nessuna delle due parti; che i canali di comunicazione dovrebbero restare aperti nonostante i risultati deludenti; che la nuova divisione del continente mette a rischio la sicurezza tanto dell’UE quanto della Russia;

N. considerando che attualmente la Russia è il principale fornitore esterno di gas naturale dell’UE; considerando che l’energia continua a svolgere un ruolo centrale e strategico nelle relazioni UE-Russia; che la Russia utilizza l’energia come mezzo per difendere e promuovere i propri interessi di politica estera; che la dipendenza dell’Unione europea dall’approvvigionamento di gas russo è aumentata dal 2015; che la resilienza dell’Unione europea alle pressioni esterne può essere costruita attraverso la diversificazione dell’approvvigionamento energetico e la diminuzione della dipendenza dalla Russia; che, per quanto riguarda la sua sicurezza energetica, l’Unione europea deve esprimersi all’unisono e mostrare una forte solidarietà interna; che la forte dipendenza dell’UE dai combustibili fossili nuoce allo sviluppo di un’impostazione europea nei confronti della Russia che sia equilibrata, coerente e fondata su valori; che vi è la necessità di un’infrastruttura energetica più affidabile e strategica nell’UE, negli Stati membri e nei paesi del partenariato orientale (PO), al fine di aumentare la resilienza all’azione ibrida russa;

O. considerando che le azioni irresponsabili di aviogetti da combattimento russi nei pressi dello spazio aereo di Stati membri dell’Unione europea e della NATO pregiudicano la sicurezza dei voli civili e potrebbero costituire una minaccia per la sicurezza dello spazio aereo europeo; che la Russia ha condotto manovre militari provocatorie su larga scala nelle immediate vicinanze dell’UE;

P. considerando che la Russia continua a ignorare le sentenze della Corte europea per i diritti dell’uomo nonché le sentenze vincolanti della Corte internazionale di arbitrato, come nel caso di Naftogaz, mettendo a rischio i meccanismi internazionali di composizione delle controversie commerciali;

Q. considerando che la visione russa policentrica del concerto di potenze contrasta con quella dell’Unione europea di multilateralismo e di un ordine internazionale basato sulle norme; che l’adesione e il sostegno della Russia all’ordine multilaterale basato sulle norme creerebbero le condizioni per relazioni più strette con l’UE;

R. considerando che le autorità russe continuano a trattare le regioni occupate illegalmente come se fossero parte integrante del territorio russo, consentendo la partecipazione di rappresentanti di detti territori agli organi legislativi ed esecutivi della Federazione russa, in violazione del diritto internazionale;

S. considerando che il 21 dicembre 2018 il Consiglio, dopo aver valutato l’attuazione degli accordi di Minsk, ha prorogato le sanzioni economiche riguardanti settori specifici dell’economia russa fino al 31 luglio 2019;

T. considerando che le azioni della Russia violano il diritto internazionale, gli impegni internazionali e le buone relazioni di vicinato;

U. considerando che, nei documenti strategici della Federazione russa, l’UE e la NATO sono rappresentate come i principali avversari della Russia;

 

Sfide e interessi comuni

 

1. sottolinea che l’occupazione e l’annessione illegali della Crimea, regione dell’Ucraina, da parte della Russia nonché il coinvolgimento diretto e indiretto di quest’ultima in conflitti armati nella parte orientale dell’Ucraina e la violazione continua dell’integrità territoriale della Georgia e della Moldova costituiscono una deliberata violazione del diritto internazionale, dei principi democratici e dei valori fondamentali; condanna fortemente le violazioni dei diritti umani perpetrate dai rappresentanti russi nei territori occupati;

2. sottolinea che l’UE non può considerare un graduale ritorno a uno scenario del “non è successo niente” fino a quando la Russia non attui pienamente gli accordi di Minsk e non ripristini l’integrità territoriale dell’Ucraina; invita l’UE, a tale riguardo, a effettuare una completa rivalutazione critica delle proprie relazioni con la Federazione russa;

3. sottolinea che, nelle circostanze attuali, la Russia non può più essere considerata un “partner strategico”; è del parere che i principi di cui all’articolo 2 dell’accordo di partenariato e di cooperazione (APC) non siano più rispettati, e che l’APC andrebbe pertanto riconsiderato; ritiene che qualsiasi quadro per le relazioni tra l’Unione europea e la Russia dovrebbe basarsi sul pieno rispetto del diritto internazionale, dei principi di Helsinki dell’OSCE, dei principi democratici, dei diritti umani e dello Stato di diritto, e consentire un dialogo sulla gestione delle sfide globali e sul rafforzamento della governance globale nonché garantire l’applicazione delle norme internazionali, in particolare in vista di assicurare l’assetto di pace europeo e la sicurezza nel vicinato dell’UE e nei Balcani occidentali;

4. è del parere che l’attuazione degli accordi di Minsk dimostrerebbe la buona volontà della Russia di contribuire alla risoluzione del conflitto nell’Ucraina orientale e la sua capacità di garantire la sicurezza europea; sottolinea la necessità di portare avanti consultazioni nel processo formato Normandia, incluso un ruolo più forte dell’UE; ribadisce il proprio sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina;

5. crede nell’importanza di smorzare le tensioni attuali e avviare consultazioni con la Russia, al fine di ridurre il rischio di malintesi, errate interpretazioni e fraintendimenti; riconosce, tuttavia, che l’UE deve essere risoluta in merito alle sue aspettative sulla Russia; sottolinea l’importanza della cooperazione tra UE e Russia nell’assetto internazionale basato sulle norme e di un positivo impegno in seno alle organizzazioni internazionali e multilaterali di cui la Russia è membro, in particolare nel quadro dell’OSCE, in relazione alle questioni controverse e alle crisi;

6. condanna con forza il coinvolgimento della Russia nel caso Skripal e le campagne di disinformazione e gli attacchi informatici attuati dai servizi segreti russi, volti a destabilizzare l’infrastruttura di comunicazione pubblica e privata e ad accrescere le tensioni all’interno dell’UE e dei suoi Stati membri;

7. è fortemente preoccupato per i legami tra il governo russo e i partiti e governi di estrema destra e nazional-populisti nell’UE che mettono a rischio i valori fondamentali dell’Unione sanciti all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tra cui il rispetto della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani;

8. deplora, inoltre, i tentativi della Russia di destabilizzare i paesi candidati all’adesione nell’UE, in particolare, a titolo di esempio, il sostegno fornito da Mosca alle organizzazioni e alle forze politiche che si oppongono all’accordo di Prespa, che dovrebbe porre fine all’annosa disputa tra la Grecia e l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia in merito alla denominazione di quest’ultima;

9. ritiene che gli attori statali russi abbiano interferito con la campagna del referendum sulla Brexit con mezzi manifesti e occulti, anche sui media sociali e con finanziamenti potenzialmente illeciti, sui quali le autorità britanniche stanno attualmente indagando;

10. sottolinea che una maggiore trasparenza reciproca nelle attività militari e nelle attività delle guardie di frontiera è importante per evitare ulteriori tensioni; denuncia con forza la violazione da parte della Russia dello spazio aereo degli Stati membri dell’UE; chiede un codice di condotta chiaro in relazione allo spazio aereo utilizzato dagli aerei militari e civili; condanna fortemente, in tale contesto, le reiterate violazioni delle acque territoriali e dello spazio aereo dei paesi della regione del Mar Baltico da parte della Russia; condanna la Federazione russa per la sua responsabilità nell’abbattimento del volo MH17 sull’Ucraina orientale nel 2014, come dimostrato dalla squadra internazionale di investigatori e chiede che i responsabili siano consegnati alla giustizia;

11. deplora il notevole peggioramento della situazione dei diritti umani e le restrizioni diffuse e indebite della libertà di espressione, associazione e riunione pacifica in Russia ed esprime profonda preoccupazione per le continue repressioni, vessazioni e persecuzioni nei confronti di difensori dei diritti umani, attivisti e altri oppositori;

12. è profondamente preoccupato per il fatto che la Russia dimostri così apertamente il suo potere militare, rivolga minacce ad altri paesi e manifesti attraverso azioni concrete la sua volontà e prontezza ad usare la forza militare contro altre nazioni, comprese le armi nucleari avanzate, come ribadito in diverse occasioni nel 2018 dal presidente Putin;

13. condanna la continua repressione ad opera del governo russo nei confronti del dissenso e della libertà dei media nonché degli attivisti, degli oppositori politici e di quanti dissentono apertamente con il governo;

14. esprime preoccupazione per le relazioni sui casi di detenzione e tortura di uomini ritenuti omosessuali in Cecenia e condanna le dichiarazioni del governo ceceno, che negano l’esistenza di omosessuali nel paese e incitano alla violenza nei confronti delle persone LGBTI;

15. pone l’accento sul fatto che le sfide globali del cambiamento climatico, dell’ambiente, della sicurezza energetica, della digitalizzazione, dell’impiego di algoritmi nel processo decisionale e dell’intelligenza artificiale, nonché delle questioni di politica estera e di sicurezza, della non proliferazione di armi di distruzione di massa e della lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata e gli sviluppi nel delicato ambiente della regione artica richiedano un impegno selettivo con la Russia;

16. esprime preoccupazione per il possibile riciclaggio di miliardi di euro l’anno attraverso l’UE da parte di società e individui russi, nel tentativo di legalizzare i proventi della corruzione, e chiede che siano condotte indagini su tali reati;

17. sottolinea che il riciclaggio di denaro e le attività finanziarie della criminalità organizzata da parte della Russia sono utilizzate per finalità politiche sovversive e rappresentano una minaccia per la sicurezza e la stabilità europee; ritiene che un riciclaggio di denaro di tale portata rientri nelle attività ostili finalizzate a minare, disinformare e destabilizzare, e nel contempo a sostenere le attività criminali e la corruzione; osserva che le attività russe di riciclaggio di denaro nell’UE mettono a rischio la sovranità e lo Stato di diritto di tutti gli Stati membri in cui la Russia svolge tali attività; afferma che ciò rappresenta una minaccia per la sicurezza e la stabilità europee nonché una delle principali sfide per la politica estera e di sicurezza comune dell’UE;

18. condanna le attività di riciclaggio di denaro, i finanziamenti illeciti e altri mezzi impiegati nella guerra economica della Russia; invita le autorità finanziarie competenti dell’UE a intensificare la cooperazione reciproca e con i pertinenti servizi di intelligence e di sicurezza, al fine di contrastare le attività di riciclaggio di denaro russe;

19. ribadisce che, nonostante la posizione dell’Unione europea sia ferma, coerente e concertata riguardo alle sanzioni dell’UE nei confronti della Russia, che saranno prorogate fintantoché quest’ultima continuerà a violare il diritto internazionale, l’approccio in materia di politica estera e di sicurezza dell’UE nei confronti della Russia richiede maggiore coordinamento e coerenza; invita, in tale contesto, gli Stati membri a cessare i programmi “golden visa”, di cui beneficia l’oligarchia russa che spesso sostiene il Cremlino, e che possono compromettere l’efficacia delle sanzioni internazionali; reitera i suoi appelli precedenti per un atto Magnitsky europeo (il regime di sanzioni dell’UE per le violazioni dei diritti umani), ed invita il Consiglio a proseguire senza indugio i suoi lavori in materia; invita gli Stati membri a cooperare appieno a livello europeo per quanto riguarda la loro politica nei confronti della Russia;

20. sottolinea che le misure restrittive mirate nei confronti dell’Ucraina orientale e della Crimea occupata non sono volte a colpire i cittadini russi, ma taluni individui e imprese connessi alla leadership russa;

21. sottolinea, a tale proposito, che la coerenza fra le sue politiche interne ed esterne, unita ad un migliore coordinamento di queste ultime è la chiave per la riuscita di una politica estera e di sicurezza dell’Unione europea più coerente ed efficace anche nei confronti della Russia; ricorda che ciò si applica in particolare nell’ambito di politiche quali l’Unione europea della difesa, l’Unione europea dell’energia e gli strumenti di difesa informatica e di comunicazione strategica;

22. condanna le violazioni da parte della Russia dell’integrità territoriale dei paesi confinanti, avvenute con mezzi tra cui il rapimento illegale di cittadini di questi paesi, al fine di processarli davanti a un tribunale russo; condanna inoltre l’abuso di Interpol da parte della Russia mediante l’emissione di avvisi di “persone ricercate” (i cosiddetti “avvisi rossi”), per perseguire gli oppositori politici;

23. condanna le azioni della Russia nel Mar d’Azov, in quanto violano il diritto marittimo internazionale e gli impegni internazionali assunti dalla Russia, nonché la costruzione del ponte di Kerch e la posa di cavi sotterranei verso la penisola illegalmente annessa della Crimea senza il consenso dell’Ucraina; rimane profondamente preoccupato per la militarizzazione del Mar d’Azov, della regione del Mar Nero e della regione di Kaliningrad, nonché per il sistematico ricorso della Russia alla violazione delle acque territoriali dei paesi europei nel Mar Baltico;

24. ribadisce il proprio sostegno inequivocabile alla sovranità e all’integrità territoriale della Georgia; chiede che la Federazione russa cessi di occupare i territori dell’Abkhazia e di Tskhinvali/Ossezia meridionale in Georgia, e rispetti pienamente la sovranità e l’integrità territoriale della Georgia; sottolinea la necessità che la Federazione russa adempia incondizionatamente a tutte le disposizioni dell’accordo di cessate il fuoco del 12 agosto 2008, in particolare l’impegno a ritirare tutte le sue forze militari dal territorio della Georgia;

25. sottolinea che il mancato rispetto delle norme internazionali da parte della Russia – in questo caso la libertà dei mari, gli accordi bilaterali e l’annessione illegale della Crimea – rappresenta una minaccia per i paesi vicini della Russia in tutta Europa, non soltanto nella regione del Mar Nero, ma anche nella regione del Mar Baltico e nel Mediterraneo; sottolinea l’importanza di elaborare una politica decisa nei confronti della Russia su tutti questi aspetti;

26. osserva che le elezioni presidenziali del 18 marzo 2018 sono state poste sotto l’osservazione della missione internazionale di osservazione elettorale (IEOM) dell’ODIHR e dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE; sottolinea che, secondo la relazione finale della missione di osservazione elettorale dell’ODIHR, le elezioni si sono svolte in un contesto giuridico e politico eccessivamente controllato, caratterizzato da continue pressioni nei confronti delle voci critiche e da limitazioni delle libertà fondamentali di riunione, associazione ed espressione, nonché della registrazione dei candidati, e che pertanto è mancata una reale concorrenza;

27. è preoccupato per il continuo sostegno della Russia a regimi e paesi autoritari come la Corea del Nord, l’Iran, il Venezuela, la Siria, Cuba, il Nicaragua e altri, e per la sua pratica costante di bloccare qualsiasi azione internazionale esercitando il diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

 

Aree di interesse comune

 

28. ribadisce il suo sostegno ai cinque principi che guidano la politica dell’UE nei confronti della Russia, e chiede una maggiore definizione del principio di dialogo selettivo; raccomanda di porre l’accento sulle questioni concernenti la regione MENA e la regione nordica e artica, il terrorismo, l’estremismo violento, la non proliferazione, il controllo delle armi, la stabilità strategica nel ciberspazio, la criminalità organizzata, la migrazione e il cambiamento climatico, inclusi sforzi congiunti volti a salvaguardare il Piano d’azione globale congiunto (JCPOA) con l’Iran, approvato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e a porre fine alla guerra in Siria; ribadisce che le consultazioni tra l’UE e la Russia sul ciberterrorismo e la criminalità organizzata devono proseguire, e le sistematiche minacce ibride da parte della Russia richiedono un forte deterrente; chiede, in tale contesto, un dialogo UE-Russia-Cina-Asia centrale sulla connettività;

29. sottolinea che l’UE è attualmente il principale partner commerciale della Russia e manterrà la sua posizione di partner economico chiave nel prossimo futuro, ma che il progetto Nord Stream 2 rafforza la dipendenza dell’UE dall’approvvigionamento di gas russo, minaccia il mercato interno dell’UE e non è in linea con la politica energetica dell’UE o con i suoi interessi strategici, e va pertanto fermato; sottolinea che l’UE resta impegnata a completare l’Unione europea dell’energia e a diversificare le sue fonti di approvvigionamento energetico; sottolinea che nessun nuovo progetto dovrebbe essere attuato senza la preventiva valutazione di conformità giuridica con il diritto dell’UE e con le priorità politiche concordate; deplora la politica russa di utilizzare le sue fonti energetiche come strumento politico per esercitare, mantenere ed aumentare la sua influenza e pressione politica su quella che considera essere la sua sfera d’influenza e sui consumatori finali;

30. sottolinea che i programmi di cooperazione transfrontaliera UE-Russia e la cooperazione costruttiva nell’ambito dei partenariati per la dimensione nordica e della regione euroartica del Mare di Barents offrono vantaggi tangibili ai cittadini delle aree transfrontaliere e sostengono lo sviluppo sostenibile di tali aree; raccomanda, in tale contesto, di continuare a promuovere tutti questi ambiti positivi di cooperazione costruttiva;

31. osserva l’importanza dei contatti interpersonali, per esempio tramite l’istruzione e la cultura;

32. invita il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per la politica estera e di sicurezza e gli Stati membri a intensificare gli sforzi per giungere a una soluzione dei cosiddetti “conflitti congelati” nel vicinato orientale, al fine di garantire maggiore sicurezza e stabilità ai partner orientali dell’UE;

 

Raccomandazioni

 

33. sottolinea l’importanza di continuare a fornire sostegno politico e finanziario per favorire i contatti interpersonali in generale e, in particolare, agli attivisti, ai difensori dei diritti umani, ai blogger, ai media indipendenti, agli accademici apertamente critici e alle personalità pubbliche e alle ONG; invita la Commissione a programmare un’assistenza finanziaria, istituzionale e di sviluppo delle capacità più ambiziosa e a lungo termine per la società civile russa, a titolo degli strumenti finanziari esterni esistenti, e invita gli Stati membri dell’UE a contribuire maggiormente a tale assistenza; incoraggia gli Stati membri ad applicare attivamente gli orientamenti dell’UE sui difensori dei diritti umani, fornendo un sostegno e una protezione efficaci e tempestivi ai difensori dei diritti umani, ai giornalisti ed altri attivisti; invita in particolare gli Stati membri a rilasciare visti a lungo termine ai difensori a rischio e ai loro familiari; è favorevole all’aumento dei finanziamenti per la formazione dei giornalisti e gli scambi con i giornalisti europei, nonché per strumenti finalizzati all’avanzamento dei diritti umani e della democrazia, quali lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) e il Fondo europeo per la democrazia (FED);

34. auspica maggiori contatti interpersonali, ponendo l’accento soprattutto sui giovani, su un dialogo e su una cooperazione più intensi tra esperti, ricercatori, società civile e autorità locali dell’UE e russi, e maggiori scambi di studenti, tirocinanti e giovani, in particolare nel quadro di Erasmus+; è a favore, in tale contesto, di maggiori finanziamenti per i nuovi programmi Erasmus+ nel periodo 2021-2027; osserva che l’Unione europea offre il più alto numero di opportunità di mobilità universitaria in Russia, rispetto ad altri paesi partner internazionali;

35. chiede il rilascio incondizionato di tutti i difensori dei diritti umani e altri soggetti detenuti per aver pacificamente esercitato il loro diritto alla libertà di espressione, riunione e associazione, tra cui il direttore del Centro per i diritti umani Memorial nella Repubblica cecena, Oyub Titiev, processato sulla base di accuse pretestuose di possesso di stupefacenti; esorta le autorità russe a garantire il pieno rispetto dei loro diritti umani e giuridici, compresi l’accesso a un difensore e alle cure mediche, l’integrità fisica e la dignità nonché la protezione dalle vessazioni giudiziarie, dalla criminalizzazione e dall’arresto arbitrario;

36. osserva che le organizzazioni della società civile spesso sono troppo deboli per incidere in maniera sostanziale sulla lotta contro la corruzione in Russia, mentre le ONG sono sistematicamente scoraggiate dal partecipare attivamente alle azioni anticorruzione o dal promuovere l’integrità pubblica; sottolinea che è necessario coinvolgere la società civile nel monitoraggio indipendente dell’efficacia delle politiche anticorruzione; invita la Russia ad attuare correttamente le norme internazionali anticorruzione formulate, per esempio, nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione e nella Convenzione dell’OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali (Convenzione sulla lotta alla corruzione);

37. sottolinea che la promozione dei diritti umani e dello Stato di diritto deve essere il fulcro delle relazioni dell’UE con la Russia; invita pertanto l’UE e gli Stati membri a continuare a sollevare la questione dei diritti umani in tutti i contatti con i funzionari russi; incoraggia l’UE a fare continuamente appello alla Russia affinché abroghi o modifichi tutte le leggi e le regolamentazioni incompatibili con le norme internazionali in materia di diritti umani, incluse le disposizioni che limitano la libertà di espressione, riunione e associazione;

38. esprime la convinzione che l’adesione della Russia al Consiglio d’Europa sia un elemento importante dell’attuale panorama delle relazioni istituzionali in Europa; auspica che si possano trovare soluzioni per convincere la Russia a non rinunciare all’adesione al Consiglio d’Europa;

39. condanna i tentativi del governo russo di bloccare i servizi di messaggistica via Internet e i siti web; invita il governo russo a sostenere i diritti fondamentali alla libertà di espressione e alla vita privata sia online sia offline;

40. invita le istituzioni e gli Stati membri dell’UE ad impegnarsi di più per costruire la resilienza, in particolare nei settori informatico e dei media, compresi i meccanismi per individuare e contrastare le interferenze elettorali; chiede l’aumento della resilienza contro gli attacchi informatici; esprime profonda preoccupazione per il fatto che la reazione dell’UE alle campagne di propaganda e agli attacchi diretti di disinformazione di massa della Russia sia stata insufficiente e ritiene che debba essere ulteriormente rafforzata, soprattutto in vista delle prossime elezioni europee del maggio 2019; sottolinea, in tale contesto, la necessità di incrementare notevolmente i finanziamenti e le risorse umane dell’UE a favore della Task Force East StratCom; chiede un sostegno a livello di UE per il settore europeo della sicurezza informatica e per un mercato interno del digitale funzionante, e un maggiore impegno nella ricerca; incoraggia, in tale contesto, la promozione dei valori europei in Russia da parte di East StratCom; accoglie con favore l’adozione del piano d’azione dell’UE contro la disinformazione e invita gli Stati membri e tutti i pertinenti attori dell’UE ad attuarne le azioni e le misure, soprattutto in vista delle prossime elezioni europee del maggio 2019;

41. invita l’UE a valutare la creazione di un quadro giuridico vincolante, sia a livello UE sia internazionale, per affrontare la guerra ibrida, che consenta all’UE di rispondere in maniera incisiva alle campagne che minacciano la democrazia o lo Stato di diritto, comprese sanzioni mirate contro i responsabili dell’organizzazione e attuazione di tali campagne;

42. ritiene che, ai fini di un dialogo significativo, sia necessaria una maggiore unità fra gli Stati membri e una comunicazione più chiara dei limiti invalicabili per l’UE; sottolinea pertanto che l’Unione europea dovrebbe prepararsi ad adottare ulteriori sanzioni, incluse sanzioni personali mirate, e a limitare l’accesso ai finanziamenti e alla tecnologia, nel caso in cui la Russia continui a violare il diritto internazionale; sottolinea, tuttavia, che tali sanzioni non sono dirette al popolo russo, bensì mirate a determinati individui; invita il Consiglio ad eseguire un’analisi approfondita dell’efficacia e del rigore del regime di sanzioni in atto; accoglie con favore la decisione del Consiglio di imporre misure restrittive alle società europee coinvolte nella costruzione illegale del ponte di Kerch; ribadisce la sua preoccupazione per il coinvolgimento di queste società, che consapevolmente o inconsapevolmente hanno compromesso il regime di sanzioni dell’UE; invita la Commissione, in tale contesto, a valutare e verificare l’applicazione delle misure restrittive dell’Unione in vigore, ed esorta gli Stati membri a condividere le informazioni in loro possesso per quanto concerne le indagini nazionali in materia doganale o penale su casi di possibili violazioni;

43. chiede un meccanismo a livello di UE che consenta di esaminare i finanziamenti ai partiti politici e la conseguente adozione di misure al fine di evitare che alcuni partiti e movimenti siano usati per destabilizzare dall’interno il progetto europeo;

44. condanna la crescente portata e il numero delle esercitazioni militari russe, durante le quali le forze russe simulano scenari offensivi con l’uso di armi nucleari;

45. invita la Commissione e il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ad elaborare senza indugio una proposta legislativa per una versione europea della legge Magnitsky, che consentirebbe di imporre divieti di rilascio del visto e sanzioni mirate, quali il congelamento dei beni immobili e degli interessi sui medesimi all’interno della giurisdizione dell’UE, nei confronti di singoli funzionari pubblici o di persone che svolgono una funzione pubblica, responsabili di atti di corruzione o gravi violazioni dei diritti umani; sottolinea l’importanza di elaborare nell’immediato una lista di sanzioni per garantire un’efficace applicazione della versione europea della legge Magnitsky;

46. invita l’UE a verificare l’applicazione delle misure restrittive in vigore nonché la condivisione di informazioni fra Stati membri, al fine di garantire che il regime di sanzioni dell’UE contro le azioni della Russia non sia compromesso, ma applicato proporzionatamente alle minacce poste dalla Russia; sottolinea il rischio di un allentamento delle sanzioni senza che la Russia dimostri, con azioni concrete e non solo a parole, di rispettare i confini dell’Europa, la sovranità dei paesi vicini e delle altre nazioni, nonché le norme e gli accordi internazionali; ribadisce che uno scenario del “non è successo niente” sarà possibile soltanto quando la Russia rispetterà appieno le norme e si limiterà ad agire pacificamente;

47. ribadisce che la Russia non ha diritto di veto in merito alle aspirazioni euro-atlantiche delle nazioni europee;

48. invita la Commissione a monitorare attentamente le conseguenze delle contro sanzioni russe nei confronti di operatori economici e, se necessario, a valutare l’adozione di misure risarcitorie;

49. sottolinea che esistono solo soluzioni politiche per il conflitto nell’Ucraina orientale; promuove misure per rafforzare la fiducia nella regione del Donbas; è a favore di un mandato per l’invio di una forza di mantenimento della pace delle Nazioni Unite in questa regione dell’Ucraina orientale; rinnova l’appello a favore della nomina di un inviato speciale dell’UE per la Crimea e la regione del Donbas;

50. condanna l’arbitrario provvedimento che impedisce l’accesso di politici dell’UE, tra cui deputati ed ex deputati al Parlamento europeo e funzionari UE, al territorio della Russia; chiede la revoca reciproca, immediata e senza condizioni, del divieto di accesso;

51. invita la Russia a rilasciare immediatamente i prigionieri politici, tra cui cittadini stranieri, e i giornalisti;

52. invita la Russia a cooperare appieno in relazione all’indagine internazionale sull’abbattimento del volo MH17, che potrebbe configurarsi come un crimine di guerra; condanna qualsiasi tentativo o decisione di concedere l’amnistia o di rinviare il procedimento di coloro che sono stati identificati come i responsabili, poiché gli autori dovrebbero essere chiamati a rispondere delle loro azioni;

53. invita il governo russo ad astenersi dal bloccare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione in Siria, volte ad affrontare le continue violenze contro i civili anche mediante l’uso di armi chimiche, le gravi inosservanze delle Convenzioni di Ginevra e le violazioni dei diritti umani universali;

54. sostiene il celere completamento di un’Unione europea dell’energia integrata che, in futuro, includerebbe i partner orientali; pone l’accento sul ruolo che una politica ambiziosa in materia di efficienza energetica e fonti rinnovabili può svolgere in questo ambito; condanna con la massima fermezza le pressioni russe sulla Bielorussia volte a spingere questo Stato a rinunciare, de facto, alla sua indipendenza; sottolinea che, a prescindere dall’avanzamento di una strategia UE-Russia, l’UE deve rafforzare il suo impegno e sostegno a favore dei partner orientali e sostenere le riforme volte a rafforzare la sicurezza e la stabilità, la governance democratica e lo Stato di diritto;

55. è a favore di un aumento dei finanziamenti per il Fondo europeo per la democrazia (FED), il Russian Language News Exchange (RLNE) e altri strumenti che promuovono la democrazia e i diritti umani in Russia e altrove;

56. esorta le autorità russe a condannare il comunismo e il regime sovietico nonché a punire i responsabili dei crimini commessi sotto tale regime;

57. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

 

(1) GU C 407 del 4.11.2016, pag. 35.
(2) “Protocollo sui risultati delle consultazioni del gruppo di contatto tripartito”, firmato il 5 settembre 2014, e “Pacchetto di misure per l’attuazione degli accordi di Minsk”, adottato il 12 febbraio 2015.
(3) Testi approvati, P8_TA(2018)0266.
(4) GU C 35 del 31.1.2018, pag. 38.
(5) GU C 408 del 30.11.2017, pag. 43.
(6) Testi approvati, P8_TA(2018)0259.
(7) Testi approvati, P8_TA(2018)0435.

 

 

IL «PARTITO AMERICANO» NELLE ISTITUZIONI UE

 

L’arte della guerra. Una risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 12 marzo sostiene che «la Russia non può più essere considerata un partner strategico e l’Unione europea deve essere pronta a imporle ulteriori sanzioni se essa continua a violare il diritto internazionale»

 

di Manlio Dinucci*

 

«La Russia non può più essere considerata un partner strategico e l’Unione europea deve essere pronta a imporle ulteriori sanzioni se essa continua a violare il diritto internazionale»: così stabilisce la risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 12 marzo con 402 voti a favore, 163 contro e 89 astensioni. La risoluzione, presentata dalla parlamentare lettone Sandra Kalniete, nega anzitutto la legittimità delle elezioni presidenziali in Russia, definendole «non-democratiche», presentando così il presidente Putin come un usurpatore.

Accusa la Russia non solo di «violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina e della Georgia», ma dell’«intervento in Siria e dell’interferenza in paesi come la Libia», e, in Europa, di «interferenza mirante ad influenzare le elezioni e ad accrescere le tensioni». Accusa la Russia di «violazione degli accordi di controllo degli armamenti», attribuendole la responsabilità di aver affossato il Trattato Inf. La accusa inoltre di «estese violazioni dei diritti umani al suo interno, comprese torture ed esecuzioni extragiudiziali», e di «assassini compiuti da suoi agenti con armi chimiche sul suolo europeo». Al termine di queste e altre accuse, il Parlamento europeo dichiara che il Nord Stream 2, il gasdotto destinato a raddoppiare la fornitura di gas russo alla Germania attraverso il Mar Baltico, «deve essere fermato perché accresce la dipendenza della Ue dalle forniture russe di gas, minacciando il suo mercato interno e i suoi interessi strategici».

La risoluzione del Parlamento europeo ripete fedelmente, non solo nei contenuti ma nelle stesse parole, le accuse che Usa e Nato rivolgono alla Russia. E, cosa più importante, ripete fedelmente la richiesta di bloccare il Nord Stream 2: obiettivo della strategia di Washington mirante a ridurre le forniture energetiche russe all’Unione europea per sostituirle con quelle provenienti dagli Stati uniti o comunque da compagnie statunitensi. Nello stesso quadro rientra la comunicazione della Commissione europea ai paesi membri, tra cui l’Italia, intenzionati ad aderire alla iniziativa cinese della Nuova Via della Seta: la Commissione li avverte che la Cina è un partner ma anche un concorrente economico e, cosa della massima importanza, «un rivale sistemico che promuove modelli alternativi di governance», in altre parole modelli alternativi alla governance finora dominata dalle potenze occidentali.

La Commissione avverte che occorre anzitutto «salvaguardare le infrastrutture digitali critiche da minacce potenzialmente serie alla sicurezza», derivanti da reti 5G fornite da società cinesi come la Huawei messa al bando negli Stati uniti. La Commissione europea ripete fedelmente l’avvertimento degli Stati uniti agli alleati.
Il Comandante Supremo Alleato in Europa, il generale Usa Scaparrotti, ha avvertito che le reti mobili ultraveloci di quinta generazione svolgeranno un ruolo sempre più importante nelle capacità belliche della Nato, per cui non sono ammesse «leggerezze» da parte degli alleati.

Tutto ciò conferma quale sia l’influenza che esercita il «partito americano», potente schieramento trasversale che orienta le politiche dell’Unione lungo le linee strategiche Usa/Nato.

Costruendo la falsa immagine di una Russia e una Cina minacciose, le istituzioni Ue preparano l’opinione pubblica ad accettare ciò che gli Usa a guida Trump stanno preparando per «difendere» l’Europa: gli Stati uniti – ha dichiarato alla Cnn un portavoce del Pentagono – si preparano a testare missili balistici con base a terra (proibiti dal Trattato Inf affossato da Washington), cioè nuovi euromissili che faranno di nuovo dell’Europa la base e allo stesso tempo il bersaglio di una guerra nucleare.

 

* il Manifesto del 19/3/2019

 

 

LE 70 CANDELINE (ESPLOSIVE) DELLA NATO

L’arte della guerra. Il 70° anniversario della Nato sarà celebrato dai 29 ministri degli Esteri dell’Alleanza, riuniti a Washington il 4 aprile

Manlio Dinucci*

Il 70° anniversario della Nato sarà celebrato dai 29 ministri degli Esteri dell’Alleanza, riuniti a Washington il 4 aprile. Un Consiglio Nord Atlantico in tono minore rispetto a quello al massimo livello dei capi di stato e di governo. Lo ha voluto il presidente Trump, non tanto contento degli alleati soprattutto perché sono per la maggior parte in ritardo nell’adeguare la spesa militare a quanto richiesto da Washington.

Presiederà il meeting il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, al quale il Consiglio Nord Atlantico ha appena rinnovato il mandato di altri due anni per meriti acquisiti al servizio degli Stati uniti. Il calendario di Stoltenberg a Washington è stato organizzato in base a una attenta regia, per confermare chi comanda nell’Alleanza. Il 2 aprile il Segretario generale della Nato sarà ricevuto dal presidente Donald Trump alla Casa Bianca. Il 3 aprile, farà una relazione alle due Camere riunite del Congresso e sarà ricevuto dal segretario di stato Michael Pompeo.

Quindi, ricevute le ultime istruzioni, presiederà il Consiglio Nord Atlantico del 4 aprile. Lo stesso Consiglio Nord Atlantico ha appena approvato la nomina del generale Tod Wolters, della US Air Force, quale Comandante Supremo alleato in Europa al posto del generale Curtis Scaparrotti dello US Army. Come è «tradizione», da 70 anni il Comandante Supremo Alleato in Europa è sempre un generale statunitense, nominato dal presidente degli Stati uniti.

Poiché il generale che ha l’incarico di comandante supremo della Nato è allo stesso tempo comandante del Comando Europeo degli Stati uniti, la Nato è di fatto inserita nella catena di comando che fa capo al presidente degli Stati uniti. Non si sa ancora quali saranno le «priorità» del generale Wolters, ma di certo non differiranno da quelle del generale Scaparrotti: anzitutto «assicurare gli interessi degli Stati uniti e sostenere una Europa che sia intera e in pace», impegno quest’ultimo che suona tragicamente grottesco a vent’anni dalla guerra con cui la Nato sotto comando Usa demolì la Federazione Jugoslava.

Priorità odierna – dichiara il generale Scaparrotti – è quella che le infrastrutture europee siano potenziate e integrate per permettere alle forze Usa/Nato di essere rapidamente posizionate contro «l’aggressione russa». La Nato sotto comando Usa prosegue così da settant’anni di guerra in guerra. Dalla guerra fredda, quando gli Stati uniti mantenevano gli alleati sotto il loro dominio, usando l’Europa come prima linea nel confronto nucleare con l’Unione Sovietica, all’attuale confronto con la Russia provocato dagli Stati uniti fondamentalmente per gli stessi scopi.

 

*il Manifesto del 2/4/2019

 

EUROPA SI EUROPA NO, di Antonio de Martini

Antonio de Martini ricostruisce da par suo a larghi tratti le dinamiche che hanno portato alla condizione attuale dell’Europa, in particolare dei suoi stati e dei suoi popoli. Ne evidenzia le fratture che hanno determinato ascesa e declino e conclude con un appello accorato: “L’Europa deve restare unita ad ogni costo come entità geopolitica e regolare i conti in famiglia. Se possibile, spietatamente.” E’ un appello realistico e corrispondente alla realtà? Sino a che punto il peccato d’origine dell’Unione Europea, la natura delle sue classi dirigenti, la conferma della sua espressione di dipendenza geopolitica con la implosione del blocco sovietico rendono praticabile una strategia interna di trasformazione della sua missione politica?

EUROPA SI EUROPA NO

Credevo di parlare a gente che sa cosa sia l’Europa e conosca le sue istituzioni. Mi sono accorto dell’errore.

Bisogna partire da zero.

Chi guarda all’Europa di oggi, scopre la caratteristica di una grande civiltà in guerra perenne con se stessa.

È un grande cervello – dove si è più volte pensato il pensiero del mondo – ma ha in se due segni di frattura che vengono definite CULTURE dagli intellettuali e che periodicamente degenerano in tumori che cercano di distruggerla.

La prima frattura è quella tra la cultura cattolica e quella protestante.
L’altra è la religione dell’attaccamento al patrio suolo, con confini che nell’ultimo trentennio hanno assunto addirittura dimensioni provinciali.

Il carattere di ogni società procede dalla sua filosofia, ossia dalla sua religione.

Prima del cinquecento, l’Europa ( e il mondo Mediterraneo di cui non parleremo) era unita e una sola era la religione, da quando Costantino imperatore l’aveva unificata accettando il cristianesimo e creando lo strumento unificante dei Concili per evitare scelte frazionistiche ( eresia = scelta).

L’Europa rimase sostanzialmente una – col nome di cristianità- fino alla Riforma e alle guerre che ne seguirono.

Dal punto di vista geopolitico, gli inglesi introdussero il concetto di “equilibrio europeo” che postulava la divisione dell’Europa in due blocchi e loro ago della bilancia.

I tentativi di ricreare l’Impero unito naufragarono regolarmente ma il danno si allargò perché ogni tentativo ( dei franchi, degli Hohenstaufen, degli Ottoni, degli Absburgo) contribuì, con morti e battaglie, a creare delle metastasi: il concetto di patriottismo e in successivi frazionamenti addirittura fedeltà a dinastie o singoli.

Tutti pretesero riti, cerimonie, giuramenti, ripresi dalla religione, il cui indebolimento progressivo veniva ad essere surrogato con la dimensione “ laica” territorio/signore.

Gli intrighi del papato fecero il resto, ossia cercavano di supplire all’indebolimento della capacità aggregante della religione con l’assunzione di un ruolo politicoe la stipula di alleanze.

Lo stesso “ laicismo “ nacque come concetto a causa delle scomuniche scagliate contro i re francesi.

Il massacro, enorme per l’epoca, della guerra dei trenta anni impose a tutti i trattati di Westfalia e l’accettazione di una serie di leggi internazionali ( che proibivano la pirateria, riconoscevano ai principi tedeschi la scelta religiosa , confini e diritti riconosciuti, princìpi di non ingerenza ecc).

L’affermarsi del nazionalismo in Francia ( Richelieu) e successivamente con Bismarck in Germania ( e gli intrighi inglesi) portarono a confronti armati sempre più cruenti fino al massacro inaudito di trenta milioni di persone nella prima guerra mondiale.

Si giurò che “mai più”, ma una pace mal concepita indusse la Germania ad affidarsi a chi prometteva la rivincita .

La seconda guerra mondiale portò il numero dei morti a sessanta milioni e alla creazione di strumenti bellici capaci di distruggere il pianeta.

Nessuna meraviglia che l’idea di riunificare l’Europa prendesse nuovamente piede assieme all’idea di bandire la armi nucleari.

Anche l’Inghilterra – stremata, surclassata dagli USA e con l’impero perduto – per qualche anno percorse questa strada, ( Churchill promosse anche con successo la costituzione del Consiglio d’Europa), ma riprese dapprima l’armamento nucleare e poi la strada della competizione con una Germania dimezzata ma ancora capace di produrre più ricchezza di un’ isola senza impero e senza agricoltura.

Nel frattempo era nata una forma di Europa economica in funzione anti sovietica, accettabile, perché importatrice solvibile , anche dalla nuova potenza anglosassone nata dai due conflitti mondiali.

La morte di Stalin raffreddò il processo di unificazione in atto ma non riuscì a fermarlo.

L’Inghilterra tentò di mettersi in competizione radunando – il vecchio sogno di Hitler- i paesi satelliti del nord del mondo creando “ la zona di libero scambio “, ma nel 1973 si arrese ed entro nella Comunità economica Europea

La caduta dei soviet e lo sfaldamento del patto di Varsavia produssero – come era già avvenuto per la morte di Stalin- una nuova sensazione di sicurezza appena temperata dalla riunificazione della Germania.

Siamo ormai ai tempi nostri. Senza entrare nel merito basterà dire che gli USA non potendo più reggere il loro ricco e dispendioso treno di vita, identificarono il pericolo per la loro egemonia politica ed economica, nel fattore Europa/ Germania.

L’Europa ha quasi il doppio degli abitanti/consumatori degli Stati Uniti, tecnologie se non superiori, uguali; capacità di sfruttamento dei paesi meno sviluppati e legami mondiali più soft.

Basterebbe la sola Germania, alleata con le riserve della Russia a piegare gli USA.

L’Europa Unita legata a Russia o Cina relegherebbe gli USA al rango potenza secondaria.

Da quando il presidente George Bush senior annunziò IL NUOVO ORDINE MONDIALE, gli USA hanno incoraggiato la rottura tra l’Unione Europea e l’Inghilterra; distrutta la Jugoslavia che minacciava da tergo i paesi dell’est Europa; occupato , di fatto, il continente africano con 86 nuove basi e presidi militari ; polverizzato le velleità indipendentistiche del mondo arabo; indebolito i paesi dell’Europa Mediterranea esportandovi la loro crisi finanziaria e proibendo loro di commerciare con la Russia e l’Iran ; destrutturato la Libia, l’Irak e il Venezuela , ipotecando così l’intera produzione petrolifera del mondo ( eccetto la Russia e Kazakistan).

Unici ostacoli : l’Asia, dove l’Afganistan, e la Siria resistono in armi da 17 e 8 anni rispettivamente e l’Iran ( sono gli stessi paesi che resistettero nel XIX secolo agli attacchi inglesi, con l’aggiunta della Siria all’epoca, ottomana ) .

Il cemento unificante della unità Europea , la cristianità, è in crisi profonda e fu respinta , col silenzio, quando Benedetto XVI lo propose.
L’unico cemento comune rimasto , la democrazia, vissuta dai più come sinonimo di benessere, è crollato sotto i colpi della crisi finanziaria “ globale”.

Manca, oggi, la motivazione filosofica per l’Unità Europea, ma sussiste l’imperativo categorico geopolitico senza il quale saremo condannati all’oscurità per il resto dei tempi.

L’urto più subdolo , sotterraneo, violento è decisivo si sta avendo – nel contempo- tra il mondo cattolico e quello protestante, con quasi gli stessi protagonisti di un tempo, ( Irlanda, Cuba, America Latina, Africa sub sahariana) ma con “una guerra senza guerra” giocata a colpi di comunicazione planetaria. Chi primo conquisterà la Cina vincerà la partita.

Il Papa è gradito a circa il 55% del mondo ( con punte dell’80 % in zone strategiche come Italia-Spagna-Polonia mentre gli USA sono attorno al trenta e arrancano con la palla sul piede di Israele al 20%. del gradimento mondiale e in discesa.

Di qui la “scoperta” della omosessualità dei preti e l’accusa di “ inazione” mossa al Papa da parte di paesi che pur fanno della omosessualità una bandiera di libertà e degli stupri sistematici di interi orfanotrofi del Galles un hobby per intoccabili lords.

Il Papa è in difficoltà sopratutto interna ( replica della operazione wikileaks in chiave vaticana, vicenda omosessualità dei prelati e frazionismo del Papa dimissionario che sembra non aver chiara la situazione geopolitica per concentrarsi su aspetti dottrinari, permettetemi di dirlo, desueti) .

Le prossime elezioni Europee sono l’opportunità che si offre agli USA per dare una ulteriore spallata alla costruzione europea con stati e partiti neo costituiti e dai finanziamenti opachi, i cui protagonisti sono costantemente “ pompati” dai media.

Questi stati e liste quisling sono guidate da marionette al cui confronto i collaborazionisti del terzo Reich erano dei premi Nobel di ogni disciplina e dei gran signori.

Salvini e Di Maio hanno avuto in sei mesi più copertura stampa ( anche internazionale) che Andreotti in quaranta anni. E c’è ancora chi ha dubbi.

L’Agente USA Bannon è venuto in Italia per seminare discordia tra le file dei cattolici, specie tradizionalisti, dispone di ingenti fondi ( ad esempio, ha stipulato un affitto ventennale della Abbazia di Trisulti ( 24.000 metri quadri) e ha detto a Salvini che il vero nemico è il Papa.

I suoi consigli di strategie politiche può darli qualsiasi pubblicitario con cinque anni di esperienza, ma capisco che a costoro sembrino oracoli. Gira con un seguito da magnate con fondi “ di proprietà di una signora”.

L’Europa deve restare unita ad ogni costo come entità geopolitica e regolare i conti in famiglia. Se possibile, spietatamente.

Gli Inglesi – che mostrano segni di europeismo tardivo- sono già fuori. The sooner, the better.

Ivan Krastev – Gli ultimi giorni dell’Unione, di Teodoro Klitsche de la Grange

Ivan Krastev – Gli ultimi giorni dell’Unione. Luiss University Press, Roma 2019, pp. 133 € 16,00

L’autore ha vissuto da giovane il crollo del comunismo, la cui “ragione sociale) era l’emancipazione definitiva dell’umanità e la durata – nel caso più longevo, come l’URSS – è stata poco più di settant’anni. In questo saggio Krastev ritiene assai probabile anche il collasso dell’Unione europea.

Causa principale è l’esaurirsi dello “spirito” originale. Scrive Saraceno nella prefazione “A partire dagli anni Ottanta del Ventesimo secolo, le sfide della globalizzazione hanno messo in crisi questo modello e il suo motore principale, quelle classi medie ormai impoverite, strette fra un élite globale di plutocrati sempre più ricchi che di fatto si sono sottratti al patto sociale, e le classi medie dei Paesi emergenti, che reclamano il posto che compete loro sulla scena globale. A questo si aggiunge in economia un “Nuovo consenso”, anch’esso sviluppatosi negli anni Ottanta e che, in nome di una supposta supremazia dei mercati, rifiuta un ruolo proprio a quello Stato regolatore e al patto sociale che avevano costituito due dei pilastri del modello sociale ed economico europeo. A questo si aggiunge che nel nuovo quadro della globalizzazione “è diventato impossibile effettuare scelte democratiche a livello di Stati nazionali; … essendo la cessione di sovranità all’Unione Europea una chimera, i popoli europei maltrattati dalla globalizzazione hanno cercato spazi di democrazia nel sovranismo e nella protezione dell’interesse nazionale”.

La profezia di “fine dell’Europa” non è auspicata: è anche (e soprattutto) un monito; “è un pugno in faccia alle élite compiaciute che soffrono di “disturbo autistico”.

Tuttavia che il recupero di una piena sovranità nazionale porti alla risoluzione dei problemi pare non meno utopico all’autore del progetto federale in via di decomposizione. Certo occorre cambiare (politiche ed élite dirigenti). Il saggio è pieno di intuizioni originali o poco frequentate: ad esempio il “peso” della concezione di Fukuyama nell’ideologia della globalizzazione. O l’emergere di nuovi conflitti. “I conflitti tra esponenti di visioni Da Ovunque e Da qualche Posto, tra globalisti e nativisti, tra società aperte e società chiuse influenzano l’identità politica degli elettori più di quanto facessero le precedenti identità basate sulle classi”; il tutto mette in crisi, con riduzioni a percentuali sempre più modeste, il consenso ai partiti di sinistra (e non solo) che sulla scriminante di classe avevano investito.

È costante poi la stigmatizzazione di Krastev sull’inadeguatezza delle elite politiche ed economiche europee ad affrontare la crisi; onde hanno in effetti lavorato per i loro avversari sovranisti e populisti. Chi abbia visto (e sopportato) l’opera del governo Monti, principale ostetrico del sovran-populismo italiano, non può che concordare.

Chiudendo tale recensione (breve per definizione di genere) il crescere del populismo ha prodotto anche una copiosa produzione di saggi sul medesimo, che ne attribuiscono l’emergere impetuoso alle cause più varie: dalla decadenza delle élite alla globalizzazione, da uno stile di propaganda alla crisi economica, dalla difesa dell’identità nazionale a quella della democrazia. Verosimilmente tutte (o quasi) compresenti. Se si vuole ascrivere a uno di tali “filoni interpretativi” il saggio di Krastev, questo è a quello – forse il più antico – che risale al saggio di C. Lasch sulla “Ribellione delle élite” di oltre vent’anni orsono.

La tesi di Lasch era che le nuove élite globalizzate, erano separate dalle masse per cultura, aspirazione, modi di vita. Èlite e masse non condividevano non solo l’idem sentire de republica ma molto di più. Se quindi basta la non condivisione dell’idem sentire per generare una crisi di legittimità, ancora più facile e determinante che si produca se quella distinzione è a “tutto tondo”: coinvolge pubblico e privato, lavoro, tempo libero, famiglia e svago, morale e scelte religiose. E da una crisi siffatta si esce in un solo modo: ricostruendo quell’almeno “idem sentire” e, meglio, anche qualcosa di più.

Teodoro Klitsche de la Grange

Le armi e l’ombrello della Nato: così la Germania rafforza la sua egemonia sull’Europa, di Giuseppe Gagliano

Questo saggio di Giuseppe Gagliano assume una particolare importanza per due motivi. Sottolinea il carattere competitivo e conflittuale del sistema di relazioni tra gli stati europei con la Germania impegnata a conquistare una posizione di leadership continentale non assieme ma ai danni dei due altri grandi paesi fondatori, in particolare l’Italia. Una dinamica che però non intende mettere in discussione la funzione di guida degli Stati Uniti almeno nei prossimi dieci anni. Un arco di tempo biblico rispetto alla convulsione dei tempi. Il progressivo inserimento tedesco a capo di gran parte dei centri direzionali della NATO, l’integrazione delle strutture militari di alcuni paesi satelliti non sono avvenuti senza un qualche beneplacito del supervisore americano, quantomeno di una delle due componenti politiche di esso. La Germania, da sola, non è in grado di garantire una unità di azione, tanto meno politica, degli stati europei. Tanto meno può realizzare in queste condizioni l’ambizione di un confronto alla pari con gli Stati Uniti e con le altre potenze emergenti nell’agone internazionale. Quasi tutte le sue carte sembrano giocate nell’ambito economico ed energetico, comprese le esportazioni di armi. Per quanto importante è solo uno degli ambiti di applicazione delle strategie geopolitiche; uno spazio particolarmente esposto alle pressioni e alle incursioni di altre logiche e priorità. Le vicissitudini nel settore automobilistico, il preavviso di tempesta nel settore chimico, due settori trainanti dell’economia tedesca, la fragilità del settore finanziario sono lì a testimoniare la reale collocazione di una potenza probabilmente sovrastimata, incapace di offrire ai vicini una prospettiva comune accettabile. Una rideterminazione del sistema di relazioni degli stati europei e della loro collocazione rispetto ai protagonisti delle dinamiche geopolitiche mondiali, in particolare gli Stati Uniti, deve passare necessariamente attraverso la sconfitta delle attuali leadership tedesca e francese_Giuseppe Germinario

All’inizio del XXI secolo, la Germania si è posta l’ambizione di diventare il principale fornitore degli eserciti europei, e quindi di acquisire un monopolio tecnologico e industriale sui suoi vicini. Ciò avvenne in due modi: imbrigliando gli eserciti vicini nel suo complesso militare-industriale e indebolendo le industrie dei suoi “alleati”. Tale obiettivo può essere raggiunto perché Berlino ha un forte sostegno: la Nato. Pertanto, le procedure volte a bloccare le esportazioni di armi europee lasciano intravedere gli obiettivi reali dei tedeschi: rendere l’industria delle armi la spina dorsale di un’Europa della difesa purchè  questa sia sotto il suo controllo.

Armi ed esportazioni

Tutto ciò non deve destare alcuna sorpresa: la produzione del complesso militare-industriale tedesco è diventata di estrema rilevanza al punto che il mercato delle armi  è diventato molto dinamico.

La  Germania ha infatti, nel contesto dell’industria degli armamenti, ha una visione anglosassone poiché predilige una privatizzazione molto accentuata. Anche se allo stato attuale la Germania non è in grado di mantenere l’indipendenza militare ma è tuttavia in grado di esportare il suo equipaggiamento in Europa e in tutto il mondo per rafforzare l’economia tedesca. Insomma, Berlino sta utilizzando la Nato come un cavallo di troia per rafforzare la sua economia e per dominare, a livello europeo, l’Alleanza atlantica a danno degli altri alleati.

Egemonia sotto protezione Nato

L’ide del framework nation concept è stato sviluppato dalla Germania e proposto al vertice Nato nel 2014. La Nato si basa su questo principio per mettere assieme gli alleati in un sistema di difesa standardizzato ad alte prestazioni.

Già quando il concetto fu formulato era chiaro che la Germania stesse cercando in questo modo di ribaltare l’equilibrio della cooperazione a suo favore. Non a caso nel mese di agosto 2017, la Stiftung für Wissenschaft und Politik (SWP) ha raccomandato che la Germania potesse diventare il ​​pilastro europeo della Nato, anticipando un ritiro degli Stati Uniti e sottolineando altresì come la Bundeswehr potesse diventare una colonna portante della sicurezza europea nel lungo periodo. Questa integrazione tra la Germania e i paesi vicini ha già preso forma. I Paesi Bassi non sarebbero più in grado di schierare il loro esercito senza il supporto di quello tedesco a causa della loro integrazione troppo profonda. L’integrazione attuata dalla Germania è altrettanto profonda  per esempio sia in Norvegia (per i sottomarini) sia in Lituania, dove la Germania investirà 110 milioni di euro. Questo progetto fa parte del piano della Nato per lo schieramento di quattro battaglioni multinazionali negli Stati baltici e in Polonia, dove ancora una volta la Germania sta assumendo il ruolo di nazione ombrello. Berlino ha compreso in modo chiaro  come sfruttare la sua posizione all’interno della Nato per sostenere il complesso militare-industriale del paese.

Così la Germania “frega” i partner

Una delle strategie poste in essere da Berlino per  rafforzare la sua egemonia è quella di bloccare indirettamente le esportazioni di armi da altri paesi europei attraverso tempi di autorizzazione talmente lunghi da scoraggiare le imprese europee concorrenti e n el contempo, autorizzare l’esportazione se questa serve gli interessi tedeschi indipendentemente dal rispetto dei diritti umani o dalla lotta al terrorismo.

Uno dei primi clienti di Berlino è Ankara. La Turchia, in conflitto con i curdi (che sono armati e addestrati da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti e che sono la punta di diamante della lotta contro l’Isis in Oriente), sta combattendo con i carri armati tedeschi. Anche dopo l’inizio del conflitto con i curdi, gli industriali tedeschi hanno continuato a fornire alla Turchia attrezzature militari del valore di milioni di euro.

Un altro eloquente esempio è fornito dal viaggio fatto nel  2008 da Angela Merkel  in Algeria per parlare dei diritti umani e delle libertà religiose. Quattro anni dopo, l’Algeria acquisterà due fregate tedesche per 2,1 miliardi di euro e, per due anni e mezzo, i marinai algerini saranno formati dalla marina tedesca. Allo stato attuale, con buona pace dei francesi, l’Algeria è diventata  ufficialmente il primo cliente per l’esportazione dell’industria tedesca degli armamenti.

Nel 2017, inoltre, Angela Merkel ha incontrato il Re saudita con il  risultato di vendere 270 carri armati Leopard. D’altronde l’Arabia Saudita ha acquistato droni tedeschi al cui uso i soldati sauditi sono stati addestrati dai quadri del Bundeswehr e il fucile d’assalto tedesco G36 è prodotto su licenza sempre da Riad.

Se da un lato Berlino vuole egemonizzare a livello europeo la Nato dall’altro lato è evidente che sta con fermezza perseguendo non solo i propri interessi nazionali secondo una logica pragmatica (come la Francia ad esempio) ma sta marginalizzando sempre di più il nostro paese sia in Europa che nell’ambito dell’alleanza atlantica.

tratto da https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/armi-ombrello-nato-germania-egemonia-europa-111872/?fbclid=IwAR18oQU-T6weEqyYKseWqsRMfhdJBygyyh9_wRaPACx0xTrVXQF0D1VdXW8

Via della seta e capodanno a primavera, di Antonio de Martini _L’inganno sino-europeo, di Pierluigi Fagan

Per molti paesi, ad esempio l’Iran, l’arrivo della primavera coincide col Capodanno.

Quando commerciavamo con la via della seta – quella vera- anche noi adottavamo quel calendario.

Fino al XIV secolo, Firenze , che era il centro mercantile e finanziario del mondo e con quei paesi aveva contatti continui, festeggiava il capodanno al 25 marzo e finanziava i propri artigiani che erano i migliori del mondo.

Poi, la cupidigia dei banchieri fiorentini che preferirono prestare denaro, invece che agli artigiani, ai potenti politici che li spendevano per guerreggiare tra loro, provocò la crisi finanziaria che distrusse la ricchezza della città.

Tutto cominciò col BREXIT dell’epoca: re Edoardo III di Inghilterra che aveva preso a prestito oltre 1.300.000 fiorini d’oro dai banchieri fiorentini, adducendo pretesti, annunziò che non avrebbe più pagato il debito.

Iniziò la catena dei fallimenti dei banchieri e la città decadde.

Il Brexit di oggi , ora come allora, serve a preparare l’Inghilterra ( centro finanziario del mondo) a non pagare più i suoi ingentissimi debiti e far sparire le ricchezze in esso depositate.

Se fosse rimasta nella UE sarebbe stata vincolata a obblighi e sorveglianze di tipo greco.

Risolto il problema dell’uscita, sarà libera nei suoi movimenti.
Solo con questo precedente storico il brexit acquista un significato strategico.

Oggi, la crisi finanziaria di ripete identica, compreso – per i nostri banchieri- i dettagli di considerare ” pericolosa ” la via della seta e prestare il denaro allo Stato ( che aumenta le spese militari) invece che a chi punta a produrre e esportare.
Sembra un investimento sicuro perché non conoscono la storia.

MENO MALE CHE C’E’ MACRON.di Pierluigi Fagan

Sulla stampa nazionale di oggi, qualcuno nota che i francesi hanno firmato contratti coi cinesi anche più cospicui dei nostri. Solo di Airbus si parla di 30 mld (Di Maio ha firmato per soli 2,5 mld o 7 secondo altri calcoli), in più c’è molto altro. Ma ecco il colpo di genio giornalistico. Il fatto non diventa una difesa del fatto che noi abbiamo firmato per molto meno a fronte di una sproporzionata canizza di commenti strappa-capelli (dal “diventiamo colonia” al “adesso gli USA ce la faranno pagare cara”). Diventa un “Macron fa più affari di noi ma non ha alcuna necessità di firmare impegni per la BRI”. Quindi siamo cornuti e mazziati, ci siamo esposti alla firma di cose che non si dovevano firmare ed abbiamo pure svenduto il sacrificio. Però:

1) La Francia ha uno dei quattro vice-presidenti della banca cinese-internazionale che finanzia la realizzazione della BRI (Thierry de Longuemar) che condivide il board of director con un inglese, un tedesco ed un indiano (la banca è la AIIB). Ciò in ragione del fatto che la Francia è il sesto sottoscrittore di quote del capitale della banca (noi decimi, esclusa ovviamente la Cina che è la prima). Quindi non aderisce alla BRI, la finanzia.

2) Come si vede nella cartina, opportuna visto che i più sono deboli in geografia, Trieste è logisticamente il luogo europeo di costa dal quale, sbucando nel Mediterraneo da Suez, con lo stesso tratto si arriva dappertutto tra Europa del sud, est, nord, ovest. Cioè, la Francia non può essere parte della BRI perché ne è una delle tante destinazioni, non ne può essere uno snodo, almeno questo dice la geografia.

3) Il chiasso mediatico-politico agitato su spinta franco-tedesca ed americana, contro gli accordi Italia-Cina ha fatto cassare almeno una ventina di altri accordi, molti dei quali erano tra l’altro più convenienti per noi che per i cinesi. Cito ad esempio, l’agreement tra Politecnico di Milano e Huawei sulla ricerca 5G dove pare chiaro che non era Huawei a bramare le nostre straordinarie competenze, ma semmai il contrario. Proprio in favore di un aumento del nostro know-how nazionale su questa importante tecnologia, anche al fine di controllare meglio quello che i cinesi possono o non possono fare in materia.

Così ci sono quelli che vorrebbero esser governati dagli USA, da Putin, da Merkel ed anche da Macron. Per fortuna sono in ribasso quelli che vorrebbero farsi governare dai britannici. Quinte colonne che sorreggono tutti gli interessi possibili, meno i nostri. Grande Paese, grande futuro .

Nessuna descrizione della foto disponibile.
I contenuti del memorandum franco-cinese_Nota a margine
Accordi firmati tra Francia e Cina:
1 – General Terms Agreement (GTA) fra Airbus e China Aviation Supplies Holding Company (CASC) per 300 apparecchi (290 A32a e 10 A350), per un valore di circa 30 miliardi di euro;
2 – Intesa fra BNP Paribas, Eurazeo e China Investment Corporation per la creazione di un fondo di cooperazione franco-cinese per 1 miliardo di euro;
3 – Accordo EDF-China Energy Investment Corporation sullo sviluppo di un progetto eolico off-shore di Dongtai (1 miliardo di euro);
4 – Accordo Fives-CNBM (China National building Materials Group) sul riscaldamento climatico e la cooperazione in paesi terzi (previsto 1 miliardo di euro): e’ la realizzazione di tecnologie pulite per ridurre il consumo energetico, soprattutto in Africa;
5 – Intesa per il sostegno da parte del fondo franco-cinese presso mercati terzi di una piattaforma sulle energie rinnovabili (fra 1 e 1,5 miliardi);
6 – Accordo di cooperazione e contratto di costruzione di 10 nuove navi con capacita’ di 15.000 container (1,2 miliardi);
7 – Contratto Airbus-Twenty First Century Aerospace Technology per il rafforzamento della cooperazione franco-cinese nel settore dell’immagine satellitare;
8 – Memorandum su cofinanziamenti fra BNP Paribas e Bank of China (fino a 6 miliardi in 3 anni) per finanziamenti in paesi terzi;
9 – Accordo di investimento fra il Grande Porto di Marsiglia e Provence promotion e Quechen silicon chemical international developement (105 milioni);
10 – Accordo cooperazione fra EDF e Huadian per la fornitura di servizi energetiche a Wuhan (100 milioni);
11 – Contratto di acquisto di un sistema di controllo ambientale fra Liebherr Aerospace e COMAC (41 milioni);
12 – Accordo cooperazione strategica fra Schneider Electric e Bank of China per il finanziamento di progetti a paesi terzi;
13 – Accordo di cooperazione strategica fra Schneider Electric e Power Construction Corporation (fino a 6 miliardi) sulla modernizzazione delle fabbriche della PCC in Cina e in un paese terzo;
14 – Partnership fra Indigo e Sunsea per lo sviluppo di parcheggi intelligenti in Cina e in altri paesi.
La Francia inoltre partecipa significativamente al fondo di finanziamento delle Vie della Seta (BRI) promosso dalla Cina
1 86 87 88 89 90 99