Di questo lungo articolo di MdL condivido sia la premessa che la conclusione , ma non il concetto di fondo, perché seppure “il male” è ineliminabile esso è sempre contenibile; la prova è che l’umanità è ancora qui in miglior condizioni di quando si è affrancata dalla ferinità.
Per ora , precisiamo, datosi che gli inistancabili “maligni” sono anch’essi ancora qui ma stavolta con mezzi e tecnologie mai avute prima.
In questo articolo MdL decrive benissimo il meccanismo che avvelena la nostra società.
La quale società , oggi “morente”, e che noi tutti siamo chiamati a deridere e a disprezzare storicamente, è stata GRANDE, tant’è che migliaia di “ cervelli a pagamento” sono oggi chiamati a riscriverne la Storia come in “1984”.
E non c’è dubbio che la prognosi per questa società sia infausta; ma saremo NOI a finire, non il mondo .
E per altro a questo NOSTRO disastro non ci sono soluzioni “personali “ . Non è fuggendo dal mondo che si riducono né il proprio, né l’ altrui dolore di vivere su questa terra, anche perché il cammino umano seppur tortuoso è stato positivo, almeno fino ad ora.
Quindi non condivido la critica feroce contro ogni sovrastruttura sociale sia essa religiosa che politica che affermi e quindi cerchi di ridurre la quota di “male” che sempre spetta “ai più” perché “i meno” abbiano più “bene” per sé, perché il contenimento del male non si ottiene “contemplando il proprio ombelico”.
Anche se “homo homini lupus “, l’ uomo è un animale sociale e come in un branco di lupi le società umane si basano su regole tese a massimizzare il vantaggio di tutti.
E la prima regola di un gruppo, anzi il concetto fondante del gruppo, è “ tutti per uno e uno per tutti”; il che comporta anche il sacrificio del singolo finalizzato alla maggior forza del gruppo, purché TUTTI siano chiamati al sacrificio in ragione della propria posizione nel “gruppo” stesso.
Se si permettesse la “speciazione” del gruppo in due gruppi in cui uno deve solo dare e l’ altro solo ricevere il gruppo si frantumerebbe qualunque strumento coercitivo usasse il gruppo dei “privilegiati”.
E le “religioni” siano esse “trascendenti” o “civili” servono solo a questo: fortificare il gruppo affinché tutti possano vivere meglio. Queste “religioni” muoiono quando esse cessano da questa funzione.
Non è un caso che ogni “religione” FUNZIONANTE parli di “prossimo” e non di “genere umano” e peggio ancora di “pianeta Terra”.
Lo stesso Emmanuel Todd il “descrittore” franco-ebreo del collasso della civiltà occidentale ha correttamente attribuito la fine della nostra civiltà alla scomparsa della nostra (ex) religione cristiana, ma si guarda bene da analizzarne le cause profonde.
Quindi non basta , come fa benissimo MdL, descrivere come ha agito e ancora agisce il veleno ponerologico in ogni società, la nostra compresa ; bisogna trovarne dei rimedi anche se fossero solo “pannicelli caldi” perché “il gruppo non tiene”. Se ne accorgeranno anche gli attuali “privilegiati” per quanto “ricchi&potenti” essi siano.
E di sicuro non serve la fuga,per altro personale e quindi socialmente inutile , verso il “buddismo”. Storicamente dopo una grande espansione le società basate sul buddismo sono state pressoché tutte travolte da altre , sicuramente eticamente inferiori, ma più dinamiche, perché per la sopravvivenza del “gruppo” il buddismo offre MENO.
E siccome su il “Primum vivere deinde philosophari” sarà certamente d’accordo anche MdL , se “la fuga” non arresta il declino allora a che ci serve la “filosofia “? .
Ma chi volesse arrestare questo NOSTRO declino non potrà mai ottenere nulla se PRIMA non indaga e non capisce su CHI e perché abbia diffuso questo veleno nella nosta società.
E qui si potrebbe fare una analisi storico-politica ma in realtà le ragioni sono “trascendenti” sebbene in ogni capitolo storico gli “attori” siano sempre facilmente individuabili.
La prima ragione trascendente che avvelena ogni società è “politica”, e l’ ho già richiamata altre volte : ci sarà sempre un conflitto sociale tra “chi deve lavorare per poter vivere, peggio e chi può vivere, meglio, senza dover lavorare”
La seconda è filosofica , ma è anche intrinsecamente legata alla prima: ci sarà sempre un conflitto ideologico e morale tra “verbo” e “gnosi” cioè tra “verità” rivelata a tutti e “verità” riservata a pochi
E le società muoiono quando “la gnosi” prende il sopravvento sul “verbo” come strumento di oppressione dei “pochi” su “tutti”.
E siccome lo vede anche un “diversamente intelligente” che la NOSTRA società sta morendo qualcuno adesso potrebbe chiedersi chi siano oggi i “pochi” che opprimono i “tutti” e con quale “gnosticismo”.
Ma la risposta non vale la pena di darla perché “ ci sono cose che se potessero essere capite non dovrebbero essere spiegate”.
Quando anche la massa , costretta dalla realtà , si porrà quelle domande che è stata addestrata a non porsi , forse allora troverà anche “il messia “ che gli spiegherà il suo“ verbo”.
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Inizialmente volevo iniziare questo saggio con un altro esempio, ma proprio in quel momento stavo cercando di effettuare la mia donazione annuale all’insostituibile sito Naked Capitalism di Yves Smith (se non donate anche voi, dovreste chiedervi perché) e, come sempre, Internet sembrava determinato a impedirmi di farlo. Non potevo pagare con carta di credito, non potevo pagare con bonifico bancario e alla fine, stringendo i denti, ho usato PayPal, che ha richiesto due tentativi e si è concluso con il blocco dello schermo dopo quella che sembrava essere una transazione riuscita. Spero che Yves riceva il denaro. D’altra parte, però, quella stessa mattina sono riuscito ad acquistare un biglietto ferroviario di andata e ritorno dovendo tornare all’inizio e ricominciare da capo solo una volta, quindi non è tutta una cattiva notizia.
Ora, non ho intenzione di infliggervi ancora le mie banali frustrazioni legate alla gestione della vita quotidiana: voglio solo usarle per introdurre un argomento sul perché oggi nulla funzioni, cosa che ritengo vera e che tutti quelli che incontro dicono. C’è una litania ben consolidata: siti che non funzionano, telefonate senza risposta, pagamenti non ricevuti, persi o addebitati due volte, letture ridicole dei contatori del gas e dell’elettricità che apparentemente non possono essere corrette, pezzi di ricambio semplici per elettrodomestici non disponibili, corrispondenza persa nei meandri di organizzazioni, aziende e enti che si sono ritirati dietro le mura dei chatbot e delle FAQ, dove non è nemmeno possibile inviare un’e-mail a qualcuno. E senza dubbio potete pensare a una dozzina di altri esempi. Quel che è peggio, nessuno sembra davvero preoccuparsene.
La conseguenza è una crescente sfiducia nei confronti delle organizzazioni e delle aziende private a tutti i livelli, e una crescente consapevolezza che non si può dare nulla per scontato, quindi è necessario ricontrollare tutto, fare copie, inviare copie, telefonare, recarsi di persona, solo per cercare di assicurarsi che ciò che dovrebbe avvenire automaticamente avvenga davvero. L’unica cosa in cui le organizzazioni sono brave, ho scoperto, è spillarti soldi, e spesso anche in modo ingiustificato. C’è una ragione per cui è così, e torneremo su questo punto.
Allo stesso modo, l’idea che il governo e i suoi servizi debbano funzionare correttamente sembra ormai antiquata e fuori moda. Non è necessario insistere ancora una volta sul caos della risposta dei governi occidentali al Covid e alla crisi ucraina, o sulla loro apparente impotenza di fronte al cambiamento climatico. Tuttavia, è interessante notare che il fallimento non deriva solo dal declino della capacità dello Stato, ma anche da un atteggiamento di rassegnazione che dice: “Non possiamo farlo, Non è possibile, Non chiedere, Qualunque cosa tu voglia, la risposta è no. Lo spettacolo pietoso offerto dai governi negli ultimi anni è fondamentalmente quello di politici che pensavano che la politica fosse solo una questione di potere e che consisteva principalmente nel non fare nulla, ma che sono stati costretti dalla pressione degli eventi a cercare di fare qualcosa, combinando un disastro totale. Non c’è da stupirsi che, come nel caso del Covid, la tentazione sia quella di dichiarare il problema risolto il più rapidamente possibile, in modo da poter tornare a non fare nulla, cosa che almeno sanno come fare.
Ma perché dovrebbe essere così? In parole povere, la società occidentale (come altre, sì, ma ho solo uno spazio limitato a disposizione) ha attraversato diverse fasi in cui o si credeva nella possibilità di un futuro migliore, o si era convinti che un futuro migliore non fosse possibile, né auspicabile, e che non valesse nemmeno la pena provarci. E quando non si crede più che un futuro migliore sia possibile, si perde ogni interesse a salvaguardare il presente. Da almeno un’ultima generazione, siamo intrappolati nella seconda fase e non vedo immediatamente come potremo uscirne.
Ora, ciò che consideri un “futuro migliore” dipende in gran parte dal momento in cui sei nato. C’è sempre stato un “futuro migliore” elitario, legato in gran parte, ma non esclusivamente, al progresso scientifico e tecnico, spesso fine a se stesso. Da Platone in poi, i pensatori d’élite hanno immaginato futuri ideali corrispondenti ai propri bisogni e desideri e, negli ultimi secoli, la scienza e la tecnologia hanno fornito loro gli strumenti per realizzare i propri sogni, almeno in teoria. Ma poco di tutto questo – e l'”intelligenza artificiale” è solo l’ultima folle idea – è stato mai progettato consapevolmente a beneficio della gente comune, né questa è mai stata consultata. Al contrario, le cose che hanno effettivamente migliorato la vita della gente comune sono state create senza clamore, senza investimenti massicci, spesso da persone di mezzi e risultati modesti, e una volta realizzate sono state gestite in modo efficace. Se consideriamo quanto la nostra civiltà abbia beneficiato dell’acqua potabile pulita, dei servizi igienici e dei bagni interni, di un sistema affidabile di smaltimento dei rifiuti, della legislazione sulla sicurezza sul lavoro, della legislazione sull’aria pulita degli anni ’60 e delle semplici vaccinazioni contro malattie mortali come il vaiolo e la poliomielite, e poi consideriamo quanto quella civiltà abbia beneficiato, ad esempio, del Bitcoin, allora possiamo vedere quanto e quanto velocemente siamo declinati.
Ciò che accomuna questi esempi è il fatto che hanno migliorato la vita della gente comune, in un momento in cui era di moda migliorare gradualmente la vita della gente comune e mantenere tali miglioramenti. Ora non è più così, e spesso si sostiene addirittura che sia impossibile. Oggi si dà per scontato che la vita della gente comune peggiorerà, e se non ti sta bene puoi fare altrove. Il ritorno di malattie infantili mortali, l’aumento della mortalità infantile, la fame e i senzatetto sono, a quanto pare, solo cose a cui dobbiamo abituarci, e comunque non c’è nulla che possiamo fare al riguardo: non vale nemmeno la pena provarci, e qualsiasi tentativo non farebbe che peggiorare i problemi.
Ma per chiedere un cambiamento, e ancor più per attuarlo, bisogna credere che il cambiamento sia effettivamente possibile. Questo discorso è ormai così contaminato e infangato da decenni di abuso che è difficile immaginare un tempo in cui un cambiamento graduale in meglio non solo sembrava possibile, ma, con un po’ di impegno, inevitabile. (Colloquialmente, oggi “cambiamento” significa “peggiorare le cose” e “gestione del cambiamento” significa costringere le persone ad accettare una vita peggiore). A sua volta, ciò richiede la convinzione che le società non siano statiche, che le relazioni e le gerarchie sociali ed economiche non siano fisse e che il cambiamento non sia necessariamente in peggio. Questa convinzione è stata rafforzata dall’esperienza pratica: quando è stata introdotta l’istruzione universale, quando ai poveri sono state date alloggi dignitosi, quando sono state introdotte restrizioni alla giornata lavorativa e quando i bambini non hanno più dovuto andare a lavorare all’età di otto anni, allora, invece di disgregarsi, i paesi sono diventati più ricchi, più felici e luoghi migliori in cui vivere. Oh, e persino i reati contro la proprietà sono diminuiti.
Le nostre élite autoproclamate non fingono più di crederci. All’estremità un po’ più intellettuale dello spettro, le società e le economie dovrebbero essere soggette alle ferree leggi economiche della “concorrenza”, il che significa che migliorare la vita della gente comune, o anche solo cercare di preservare ciò che ancora esiste, rende il Paese “non competitivo”. Esiste poi una linea di pensiero molto importante e piuttosto pericolosa, che ha origine dallo storico francese François Furet e dal suo lavoro sulla Rivoluzione francese, secondo cui tutti i tentativi di migliorare la società portano inevitabilmente al gulag e alla ghigliottina. Per l’influente filosofo britannico John Gray, l’Illuminismo stesso ha portato a progetti sociali “utopistici” che a loro volta hanno portato ai terrori autoritari del XX secolo. (Si può concedere una certa validità a tali argomenti senza accettare che, ad esempio, l’ampliamento della gamma di bambini in grado di frequentare l’università implichi la contemporanea apertura di campi di concentramento). All’estremità un po’ meno intellettuale del sistema, invece, si tratta in effetti di una giustificazione pro forma dell’avidità e del desiderio psicopatico di ricchezza e potere.
Idee come queste hanno una lunga storia e si presentano in diverse forme, necessariamente sovrapponendosi nel tempo e nella portata. È comunque possibile distinguere una serie di argomentazioni distinte. La più semplice è che il mondo è così perché è stato creato in questo modo, e qualsiasi tentativo di migliorare la sorte della gente comune è blasfemo. Questa visione è ovviamente associata a credenze religiose intransigenti di vario tipo, in particolare quelle di stampo deterministico. Pertanto, gli insegnanti occidentali nelle società musulmane sono portati alla distrazione dagli studenti che credono che supereranno gli esami inch’allah e che quindi il ripasso e la preparazione non sono realmente importanti. Si tratta di società in cui si presume la predestinazione e quindi l’azione umana è nel migliore dei casi inutile e nel peggiore blasfema. In Mountolive di Lawrence Durrell, il terzo libro della serie Alexandria Quartet, c’è una scena in cui l’eroe omonimo, la cui vita ed esperienze sono vagamente basate su quelle dello stesso Durrell, è seduto in un ristorante sotto degli alberi sulle cui foglie si crede siano scritti i nomi di tutte le persone che moriranno quell’anno.
Lo stesso vale naturalmente anche per il cristianesimo, talvolta con conseguenze di vasta portata. I calvinisti olandesi e gli ugonotti francesi che si insediarono nella Colonia del Capo accettavano un’unica fonte di conoscenza e guida: la Bibbia. Essa diceva loro che erano come gli ebrei dell’Antico Testamento, in fuga dalle persecuzioni verso una terra promessa che Dio aveva riservato loro. Per diversi secoli, la Bibbia è stata l’unico libro che la maggior parte delle famiglie possedeva, e qualsiasi conoscenza o credenza non presente nella Bibbia era chiaramente falsa. Anche se oggi non viene più sottolineato, il sistema dell’apartheid era in parte basato sull’affermata rivelazione biblica dell’esistenza di razze diverse e disuguali e sul dominio che Dio aveva dato agli afrikaner su tutti gli altri (compresi, anche se questo non veniva detto ad alta voce, gli inglesi). Le idee di uguaglianza razziale, o anche i passi in direzione delle moderne società liberali, non erano solo una cospirazione comunista, ma in realtà una blasfemia contro Dio. (La Chiesa riformata olandese cambiò finalmente idea sull’apartheid nel 1986, ma anche anni dopo era ancora possibile incontrare afrikaner che rimanevano fedeli alle vecchie credenze).
All’altra estremità del mondo e dello spettro religioso, la Chiesa cattolica spagnola deteneva nel XVIII secolo diversi primati di feroce oscurantismo, talvolta in ambiti insoliti. Il romanzo di Arturo Perez Reverte del 2015 Hombres Buenos (” Uomini buoni”) racconta la storia vera di un pericoloso viaggio a Parigi di un gruppo di spagnoli che cercavano di acquistare una copia dell’Enciclopedia di Diderot, ostacolati in ogni fase dalla Chiesa, che diffidava di tutto ciò che non si trovava nella Bibbia e negli scritti ufficialmente accettati dalla Chiesa. La Chiesa proibiva ai marinai spagnoli dell’epoca di utilizzare invenzioni moderne come la bussola e il sestante, affermando che dovevano affidarsi a Dio per arrivare nel posto giusto. Ciò significava, tra le altre cose, che gli spagnoli rimanevano indietro nella corsa all’esplorazione, quindi nessuno osi suggerire che l’antimodernismo dogmatico non abbia mai effetti quantificabili.
Una volta tornati sulla terraferma, una versione più moderata di questo modo di pensare sosteneva che, predestinazione o meno, il mondo fosse stato progettato da Dio in ogni dettaglio. Quindi non solo ricchi e poveri, signori e contadini, ma anche guerre per il cibo e carestie, mortalità infantile e terribili malattie facevano tutte parte del Piano Divino, e noi non potevamo comprendere quel Piano più di quanto uno scarafaggio sulla scrivania di Einstein potesse comprendere la Teoria della Relatività. Pertanto, i tentativi di migliorare la sorte della gente comune, e ancor meno di concedere loro una quota di potere politico, erano blasfemie contro l’ordine divino delle cose. E tali idee erano ampiamente accettate: i contadini della Vandea che si ribellarono alla Rivoluzione credevano che essa sconvolgesse l’ordine delle cose stabilito da Dio, e combatterono sotto il motto Per Dio e per il Re. E anche gli ecclesiastici più riflessivi e moderati cercavano di persuadere gli altri che, beh, Dio aveva creato il mondo così com’era, e che dovevamo stare molto attenti prima di iniziare a interferire con esso. Se Dio non avesse voluto che ci fossero ricchi e poveri, se non avesse voluto che gran parte dei bambini morisse prima dei dieci anni, allora presumibilmente il mondo sarebbe stato organizzato in modo diverso. Ma non era così, e dovevamo rispettarlo.
La versione laica è ovviamente il tipo di scetticismo civilizzato che si ritrova nel modo in cui Burke trattò la Rivoluzione francese (di cui aveva solo letto). Che Burke credesse sinceramente che il sistema politico inglese fatiscente e corrotto che difendeva fosse «il risultato di un’attenta riflessione» – cosa che sembra improbabile – egli fu all’origine di un tipo di teorizzazione reazionaria che si presentava al pubblico come semplice pragmatismo, un approccio sensato e moderato al cambiamento, che teneva conto della natura umana e dei pericoli di andare troppo veloce troppo presto. Dopotutto, riflettevano molti conservatori dell’epoca, una volta che si iniziava a interferire con la società, dove si sarebbe potuti arrivare? Una concessione qui e una concessione là, e ben presto si sarebbero avute rivoluzioni e ghigliottine. Quindi, alla fine, non si fa nulla, perché c’è sempre un argomento sensato e prudente contro il fare qualsiasi cosa in particolare. Come spesso si sosteneva nella prima metà del XIX secolo, era giusto insegnare alla gente a leggere, ma cosa sarebbe successo se avessero letto le cose sbagliate? I conservatori credevano di comprendere la natura umana: salari da fame garantivano che i lavoratori non sperperassero inutilmente il denaro in eccesso. Un livello salutare di disoccupazione costringeva i pigri a cercare lavoro. In effetti, guardando indietro, la sfiducia e il disprezzo della classe dirigente nei confronti dei nostri antenati sembrano quasi illimitati. Sono nato in uno dei primi complessi di edilizia popolare in Inghilterra ad avere finalmente bagni e servizi igienici interni. Dopotutto, i poveri non si lavavano comunque, quindi a che serviva un bagno? E questi pregiudizi volgari erano a loro volta rafforzati dalla volgarizzazione delle opere di Darwin e Malthus. Alzare le spalle: sarebbe bello che la gente comune avesse queste cose, immagino, ma alla fine sarebbe solo uno spreco di denaro.
Ciononostante, c’erano controargomentazioni e sempre più voci sostenevano che il progresso fosse possibile e che la vita della gente comune potesse, in effetti, essere migliorata. Ma la condizione indispensabile per questo tipo di pensiero era che il cambiamento fosse effettivamente possibile, e non solo una sorta di sogno utopico, come la terra di Cockaigne nel Medioevo. La Rivoluzione francese fu fondamentale in questo senso, non tanto per la sua ideologia, per quanto importante fosse, quanto piuttosto perché, per la prima volta, il potere politico si allontanò inequivocabilmente dall’aristocrazia terriera per passare alla classe media urbana, dimostrando che i tradizionali rapporti di potere non erano, in realtà, immutabili. Fu questo che spaventò così tanto Burke e i suoi contemporanei: forse anche la gente comune avrebbe presto preteso una parte del potere. E in effetti, è proprio quello che è successo.
Una volta accettato che il cambiamento e il miglioramento sono effettivamente possibili, ne conseguono molte altre cose. In particolare, assistiamo all’inizio di speculazioni su come potrebbe essere effettivamente un mondo migliore, spesso sfruttando le forze della tecnologia, che rappresentano simbolicamente il potere crescente delle classi medie istruite che progettano e delle classi lavoratrici qualificate che eseguono il lavoro. I romanzi più famosi di Jules Verne sono contemporanei agli ultimi giorni di Napoleone III e all’instaurazione della Terza Repubblica, proprio come le opere principali di HG Wells sono contemporanee alla fondazione dei partiti di massa di sinistra e all’organizzazione dei moderni sindacati. Il cambiamento nei modelli di potere (la tecnologia implicava il trasporto meccanico che poteva essere interrotto dagli scioperi) iniziò a produrre miglioramenti nella vita della gente comune.
Ci furono anche cambiamenti intellettuali. Le scoperte di Charles Lyell in geologia e di Charles Darwin nella teoria dell’evoluzione dimostrarono che la visione tradizionale di un mondo creato di recente e sostanzialmente immutabile non poteva essere sostenuta. Karl Marx propose per la prima volta una visione evoluzionistica dello sviluppo economico e predisse, in modo del tutto corretto, che il capitalismo sfrenato avrebbe finito per autodistruggersi. Sigmund Freud aprì un mondo completamente insospettabile, quello dell’inconscio, e diede il colpo di grazia alle interpretazioni puramente meccanicistiche del pensiero e del comportamento umano. Successivamente, la fisica quantistica rivelò che il mondo era ancora più strano delle teorie più strane dei mistici cristiani, e John Maynard Keynes produsse un manuale su come gestire un’economia in modo sensato senza uscire di strada.
La scoperta, infatti, era uno dei temi dell’epoca: (È interessante notare che le scoperte e gli scritti di Freud risalgono allo stesso periodo dei viaggi e delle pubblicazioni dei primi esploratori europei in Africa, l’ultimo “continente sconosciuto” per gli europei). Per la prima volta, i nomi degli scienziati erano noti al grande pubblico. I documentari sulla fauna selvatica di David Attenborough e le avventure sottomarine di Jacques Cousteau rivelarono meraviglie insospettabili a chiunque avesse un televisore. Ancora negli anni ’60, l’apparente conferma della teoria del “Big Bang” fece notizia in prima pagina in tutto il mondo. Anche il futuro sembrava entusiasmante: nuove opportunità si aprivano per la gente comune, in un mondo in cui si poteva dare per scontato avere acqua pulita, cibo a sufficienza, servizi igienici interni e libertà dalla povertà e dalle malattie infantili. Tali opportunità non erano necessariamente legate al diventare ricchi. Una generazione prima, avrei lasciato la scuola a quattordici anni per andare a lavorare in un ufficio: ho avuto la fortuna di vivere in quel breve periodo in cui i figli di famiglie modeste potevano sperare di frequentare l’università per alcuni anni e persino di essere pagati per studiare.
Ovviamente quel periodo non era un’utopia (anche se sarebbe sembrato tale a un londinese della classe operaia del secolo precedente). Ma era un’epoca in cui i cambiamenti positivi graduali erano considerati la norma, in particolare nella vita della gente comune. Ciò che in Europa veniva chiamato “socialismo municipale”, ovvero la fornitura di servizi poco appariscenti ma fondamentali alla comunità locale, come l’energia elettrica, l’acqua e l’illuminazione stradale, era un esempio di questo approccio. E poiché questi servizi erano gestiti da consigli eletti, dovevano essere sensibili alle richieste della popolazione. All’epoca, nulla di tutto ciò era controverso.
Non credo proprio che alla fine degli anni ’60, ad esempio, il mondo in cui viviamo oggi sarebbe stato immaginabile al di fuori delle pagine della fantascienza distopica. Ed è interessante notare che la stessa fantascienza è diventata prevalentemente distopica a partire dai primi anni ’80, nelle opere di William Gibson e altri, descrivendo un mondo in cui ogni progresso sociale ed economico compiuto dal XIX secolo era stato effettivamente ribaltato. All’epoca sembrava, beh, fantascienza. La fantascienza non è sempre stata di sinistra, ma i suoi autori hanno storicamente celebrato il potenziale degli esseri umani di migliorare se stessi e la propria condizione. Al di là della mitologia superficiale delle auto volanti e delle astronavi, c’era l’entusiasmo per le possibilità del futuro e la convinzione che potesse essere migliore del passato.
E in effetti sembrava incomprensibile che il mondo potesse mai tornare indietro. Dopo tutto, quale partito avrebbe potuto sperare di conquistare il potere politico promettendo più povertà, un’assistenza sanitaria peggiore e una disoccupazione più elevata? Alcune delle ragioni che hanno determinato questo cambiamento erano di natura sociale: l’ascesa di una nuova classe operaia impiegatizia e di una classe medio-bassa cresciuta nel benessere, che aveva iniziato a identificarsi con la parte più ricca della popolazione e a guardare con disprezzo alla classe sociale in cui era nata. Ma gran parte di questo cambiamento fu accidentale. Come ho già sottolineato in precedenza, in Gran Bretagna, dove il marciume ebbe inizio, la signora Thatcher non era destinata a diventare il leader del partito conservatore: in circostanze leggermente diverse non avrebbe mai vinto nel 1979 e, se il partito laburista non avesse deciso di suicidarsi, sarebbe stata cacciata nel 1983. L’opinione pubblica britannica non era convinta, e infatti negli anni ’80 l’opinione pubblica in Gran Bretagna si spostò a sinistra, e ancora oggi rimane a sinistra del governo. Un partito di sinistra autentico avrebbe ottenuto la vittoria al più tardi all’inizio degli anni ’90. Allora furono eletti partiti di sinistra nazionale, ma erano completamente privi dello zelo riformista dei loro predecessori e si unirono rapidamente al consenso secondo cui mantenere una vita dignitosa per la gente comune era troppo difficile, mi dispiace. Dovrete solo sopportarlo. Perché? Perché le forze precedentemente inarrestabili per migliorare la vita della gente comune si sono improvvisamente disintegrate come pupazzi di neve sotto la pioggia?
Ci sono molte ragioni, ma ne citerò solo due. Una era che i partiti di sinistra erano cambiati sociologicamente, soprattutto ai livelli più alti. È noto che Friedrich Ebert, il primo presidente socialista della Germania dopo il 1919, da bambino era stato apprendista sellaio e in seguito era diventato proprietario di un pub. Gerhard Schroeder era un avvocato che difendeva cause di sinistra alla moda. I loro leader erano sempre più distanti da coloro che dicevano di rappresentare, e i funzionari locali del partito provenivano sempre più spesso dalla classe media istruita. Se eri un docente universitario, tua moglie era un avvocato e vivevi in una bella casa, allora, anche con tutta la buona volontà del mondo, era difficile identificarsi con gli elettori della classe operaia che non parlavano correttamente e avevano lasciato la scuola a quindici anni. Avevi partecipato alle manifestazioni contro la guerra del Vietnam, ti preoccupavi profondamente della Bosnia e della carestia in Somalia e pregavi per la caduta di Slobodan Milosevic. Pagavi il giardiniere e la governante in contanti e ti lamentavi dell’aliquota dell’imposta sul reddito.
L’altro era che i partiti di sinistra, sempre masochisticamente pronti a credere al peggio e a dare per persa la battaglia prima ancora che iniziasse, hanno accettato acriticamente l’assurdità della fine della storia e hanno creduto che il dominio degli Stati Uniti, la globalizzazione e la deindustrializzazione fossero destinati a durare e che bisognasse semplicemente conviverci. Ora che tutto questo è stato messo in discussione, questi partiti non sanno più dove andare (vedi Mr Starmer). L’unico slogan elettorale che sono riusciti a inventarsi è stato “se pensate che noi siamo cattivi, gli altri sono anche peggio”, che non ha funzionato molto bene. Nel frattempo hanno completamente abbandonato qualsiasi iniziativa concreta, o anche solo promessa, per migliorare la vita della gente comune. Il progresso è stato sostituito dal regresso. Sempre più persone non si sono preoccupate di votare, perché a che serviva?
Così i leader dei partiti, ben intenzionati e di buon senso, ma poco inclini a fare qualcosa di concreto, hanno cercato uno sbocco per le loro energie politiche e, naturalmente, hanno trovato e alimentato la politica identitaria nelle sue varie fasi e forme. Ciò presentava molti vantaggi, soprattutto perché non richiedeva alcuna azione o impegno concreto, ma solo le opinioni giuste e il discorso giusto. Permetteva di sentirsi superiori agli altri e di giudicarli in base alle proprie opinioni, piuttosto che al proprio comportamento. Permetteva di “combattere” non contro individui, che avrebbero potuto reagire, ma contro astrazioni come il “razzismo” e il “sessismo”, che non hanno un’esistenza oggettiva e, poiché non possono mai essere identificati con precisione, non possono mai essere sconfitti, fornendo così un lavoro, o una causa, per tutta la vita. Permetteva di distruggere ideologicamente i propri nemici senza rischi o inconvenienti per sé stessi. Soprattutto, vi ha fornito un repertorio di codici e segnali per mostrare la vostra virtù, cercare persone che la pensano come voi ed evitare la marmaglia.
Mi ha sempre stupito che qualcuno potesse seriamente ritenere che queste idee, e gli scritti dei teorici che le sostengono (Foucault, Derrida, Deluze…), fossero in qualche modo “di sinistra”. In realtà sono profondamente conservatrici nella loro formulazione e lo sono ancora di più nei loro effetti pratici. Forniscono una nuova serie di ragioni per spiegare perché nulla può cambiare, perché il progresso non è più possibile e perché i tentativi di cambiare e migliorare le cose sono inutili e persino controproducenti. Non è un caso che queste idee siano state accolte con favore dalla destra nel mondo degli affari e nel governo e utilizzate come forma di disciplina ideologica.
Sebbene sia vero che Foucault, ad esempio, fosse associato ad alcune cause definite “progressiste” (una delle quali era la riforma carceraria), lui e i suoi colleghi erano piuttosto disinteressati alle cause tradizionali della sinistra. Non sostenevano gli scioperi di massa del maggio 1968, i più grandi nella storia francese, ma gli studenti della classe media di Parigi che chiedevano più libertà da mamma e papà. La bastardizzazione delle opinioni di Foucault e di altri negli Stati Uniti sotto lo strano titolo di “Teoria francese”, come se fosse omogenea, ora giace come una coperta soffocante su chiunque e su qualsiasi istituzione che cerchi di migliorare la vita. Tutto è potere e dominio, ogni apparente vittoria è solo una sconfitta nascosta, ogni progresso è illusorio poiché il potere si ritira semplicemente in posizioni meglio nascoste. (Questo è ovviamente uno dei progenitori delle moderne teorie del complotto: il fatto che non ci siano prove dell’esistenza di tali complotti dimostra solo quanto siano stati ben nascosti).
Pertanto, potresti considerare il ruolo aggressivo della signora von der Leyen nel conflitto ucraino come un trionfo per le donne di tutto il mondo (o forse no), ma in realtà si tratta solo di un esempio di come la struttura di potere misogina stia trovando mezzi di controllo più sottili. Si potrebbe pensare che dare soldi a un senzatetto sia un atto di carità, ma in realtà è solo un simbolo dell’umiliante dominio dei ricchi sui poveri, proprio come mandarli a lavorare nelle case dei poveri due secoli fa. Potreste credere di stare iniziando una relazione a lungo termine con qualcuno che amate, mentre in realtà vi state solo coinvolgendo in una lotta sadomasochistica senza fine per il potere e il dominio. (Considerando ciò che sappiamo della vita privata di Foucault, probabilmente era vero nel suo caso). Potresti credere di fare del bene inviando denaro per gli aiuti umanitari nel Terzo Mondo, ma in realtà stai solo mettendo in atto i tradizionali modelli di dominio neocoloniale e razzista. In ogni caso, nulla vale la pena di essere fatto: tutti i sentimenti più nobili, tutti i sentimenti altruistici, possono essere decostruiti nella ricerca e nell’esercizio del potere, e alla fine tutto viene decostruito, anche l’insegnamento della decostruzione stessa, che ovviamente implica un rapporto di potere tra insegnante e studenti.
Nulla può mai cambiare, quindi nulla può mai migliorare, anche se superficialmente sembra il contrario. La società è statica in questa formulazione come lo era nella Spagna del XVIII secolo. Ho già sostenuto in precedenza che la nostra società sta effettivamente divorando se stessa e che il nostro sistema politico è sia la causa dell’esaurimento sia esso stesso esaurito, e non ripeterò tutto ciò qui. Tra i globalisti e i fanatici del mercato da un lato, e coloro che sono abbagliati dalla decostruzione dall’altro, non abbiamo alcun mito del Progresso a sostenerci, solo un mito del Regresso. Il meglio che possiamo fare è afferrare ciò che possiamo mentre possiamo in una società in declino, combattere ferocemente gli altri per un accesso dignitoso all’assistenza sanitaria e all’istruzione, risparmiare e indebitarci freneticamente per avere una casa invece di essere senzatetto, cercare disperatamente un vantaggio finanziario personale ovunque e in qualunque modo possiamo trovarlo. In questo caso, sia la “destra” moderna che la “sinistra” moderna hanno una visione comune di una società di tutti contro tutti, dove i vincitori sono coloro che riescono a conservare il maggior numero possibile di componenti tradizionali di una vita dignitosa.
Va da sé che l’azione collettiva è quindi inutile. Non può portare a nulla, poiché le teorie sulle strutture di potere e le leggi ferree dell’economia ci dicono che conta solo l’individuo e che tutte le relazioni sono necessariamente conflittuali, dominanti-sottomesse e parte di un gioco a somma zero. Anche il passato viene riscritto, per reinterpretare ciò che storicamente era considerato altruismo come egoismo, e gli sforzi collettivi come esempi delle operazioni insidiose di strutture di potere profondamente nascoste, nel caso in cui il passato dovesse diventare una fonte di ispirazione per il presente e il futuro. Quindi non fa differenza per chi voti, o se sei membro di un’organizzazione di beneficenza, di una chiesa o di un sindacato. Tanto vale arrendersi prima ancora di iniziare. Fornire un servizio migliore ai clienti, migliorare l’istruzione o l’assistenza sanitaria, persino intraprendere miglioramenti infrastrutturali, è inutile e persino controproducente. È affascinante vedere come il senso di sicurezza e prosperità degli anni ’60 sia stato accuratamente oscurato, 1984-in stile, nel caso in cui la gente cominciasse a pensare che la piena occupazione e il funzionamento dei servizi pubblici fossero effettivamente, sapete, possibili. (Oh, il sessismo di quei tempi! Che orrore! Eri vivo allora? No, ma l’ho letto in questo libro uscito l’anno scorso.)
Nessuna società fondata sul culto dell’impossibilità può durare a lungo. In definitiva, è impossibile nascondere il fatto che in passato, e per lo stesso motivo in molti altri paesi oggi, i sistemi funzionavano abbastanza bene e le persone potevano sperare in un futuro migliore, e lo facevano. Ci sono segnali che in molti paesi occidentali la gente stia finalmente iniziando a ribellarsi all’immobilismo e al pessimismo che dominano il panorama politico. Il problema è ovvio: nessuno dei partiti politici consolidati ha una storia convincente da raccontare su come la società possa iniziare a migliorare o, come minimo, smettere di peggiorare. Oh, ci sono chiacchiere su come l’intelligenza artificiale ci renderà tutti ricchi, o su come un aumento dell’offshoring e dei tagli alla sicurezza sociale ribalteranno l’economia. Ma alla fine, il messaggio è effettivamente quello della Chiesa nella Spagna del XVIII secolo: dovrete semplicemente sopportarlo. E non vale più la pena fare appello ai partiti tradizionali del bene comune – la vecchia sinistra o la destra civile – perché i loro cervelli sono stati divorati dai parassiti. Quando i servizi non funzionano, l’importante è rivendicare il maggior numero possibile di buoni posti di lavoro per il proprio gruppo di appartenenza. Quando le università non educano più, ciò che conta è che l’ideologia che propagano sia la tua. Quando tutto è troppo difficile, concentriamoci sulla spartizione del bottino: almeno quello sappiamo fare.
Questo è ovviamente estremamente pericoloso. “Fregarsene dell’elettorato” è una politica praticabile solo finché l’elettorato accetta di essere fregato. E cosa succede quando non lo accetta? Ci chiedete un esempio storico. Molto bene. Ho letto un nuovo libro dello storico francese Johann Chapoutot, che descrive in modo molto dettagliato gli ultimi tre anni della Repubblica di Weimar e che spero venga presto pubblicato in inglese. Il libro descrive un governo liberale-autoritario ossessionato dal taglio delle spese nel bel mezzo di una depressione economica, che perdeva costantemente potere ed elezioni, un partito socialista che sosteneva il regime di austerità per paura di qualcosa di peggio, partiti marginali di destra e di sinistra che raccoglievano voti e un governo che cercava di governare senza un mandato o una maggioranza. Entra in scena Kurt von Schleicher, genio malvagio e manipolatore che decide che sarebbe una buona idea sfruttare il partito nazista, in rapida perdita di consensi e di fatto in bancarotta. Perché non dividere il partito, riflette, invitando Gregor Strasser a entrare nel governo e mettendo da parte quell’idiota di Hitler bavarese? Solo che il malato Hindenburg voleva invece Hitler. Beh, va bene, in entrambi i casi i nazisti si sarebbero divisi in breve tempo e sarebbero scomparsi nel giro di pochi anni.
Il merito del libro di Chapoutot è quello di evitare completamente il senno di poi, e il risultato è una sorta di tragica farsa glaciale, in cui l’incompetenza e la stupidità competono con la ricerca di vantaggi politici e finanziari a breve termine per rovinare un paese in modo del tutto inutile. Naturalmente la storia non si ripete, ma come dico sempre, la politica è come l’ingegneria, e le stesse pressioni e tensioni tendono a produrre risultati simili. Quando un problema non può essere risolto con mezzi ordinari, le persone ricorrono a mezzi straordinari. Quando i partiti politici convenzionali rifiutano di affrontare le reali lamentele, le persone si rivolgono a quelli non convenzionali. Il culto dell’impossibilità può funzionare quando intere società accettano una giustificazione religiosa o ideologica dello status quo e il rifiuto del progresso. Ma non può funzionare quando l’unico argomento è: «Perché lo diciamo noi e dovrete semplicemente accettarlo».
La difesa ad oltranza delle illusioni genera inevitabilmente comportamenti mostruosi.
Premessa
Questo tempo di Avvento – Avvento non del Messia, ma della Guerra –, nel quale governanti corrotti ci addebitano grandi spese per inutili armamenti, mentre noi europei, nel nostro continente sempre più tartassato, aspettiamo impotenti di essere esposti a una guerra nucleare per interessi altrui, è un tempo perfetto per analizzare l’origine della malvagità al potere.
Svolgerò di seguito dapprima un ragionamento nei limiti del normale pensiero etico e psicologico, nel tracciato della ponerologia; poi farò un salto qualitativo.
La ponerologia (dal greco poneròs, “cattivo”, “malvagio”) è un campo di studio che si concentra sulle origini, la natura e i modelli della malvagità o del male. Precisiamo che la ponerologia spiega i comportamenti malvagi – intesi come il perseguimento dei propri interessi a scapito degli altri, tipico di decisori politici ed economici – ricorrendo a concetti come la “ponerizzazione” o la diffusione del male “normale” e non clinico. Lasciamo quindi, almeno per ora, fuori dalla porta i casi patologici gravi come il sadismo (che ricadono nella psicopatia o disturbi di personalità).
Spiegazione Ponerologica dei Comportamenti Malvagi Non Sadici
Il meccanismo principale su cui si focalizza la ponerologia nei contesti non patologici (o almeno non primariamente sadici) è l’interazione tra individui, la formazione di gruppi e la psicologia sociale. La spiegazione si articola su diversi livelli:
1. L’Egoismo, la Deumanizzazione e la Razionalizzazione
I decisori politici ed economici spesso non agiscono per il piacere di infliggere dolore (sadismo), ma per:
Egoismo Spinto/Ambizione: Il desiderio smodato di potere, ricchezza e controllo è la forza motrice. I danni collaterali (il male fatto agli altri, incidentalmente o strumentalmente) non sono l’obiettivo, ma un costo accettabile o un effetto collaterale ignorato per raggiungere fini personali o di gruppo.
Deumanizzazione: È più facile perseguire i propri interessi a scapito degli altri quando le vittime non sono percepite come esseri umani pieni e degni, ma come cani miscredenti o come razza inferiore. La deumanizzazione riduce l’empatia e la colpa, trasformando le persone in numeri, statistiche, “danni collaterali” o, in senso politico, “nemici” o “sudditi da manipolare”.
Razionalizzazione: I decisori spesso si convincono di agire per un “bene superiore” (il bene dello Stato, dell’azienda, della nazione: salus rei publicae suprema lex) o che le loro azioni, per quanto dure, siano “necessarie” o “inevitabili” per motivi di mercato, o scientifici. O per volontà divina, espressa nelle Sacre Scritture. Questo permette loro di mantenere una visione positiva di sé stessi nonostante le conseguenze negative delle loro decisioni su milioni di esseri umani.
2. Il Ruolo della Psicopatia e della Ponerizzazione
Un concetto centrale, specialmente nella versione proposta da Andrzej M. Lobaczewski (che coniò il termine ponerologia politica), è quello della “ponerizzazione” della società e del ruolo delle personalità patologiche non sadiche ma egocentriche (come la psicopatia o disturbi narcisistici) al suo interno:
Personalità Anormali ai Vertici: La ponerologia suggerisce che le strutture di potere (aziende, partiti, Stati) tendono ad attrarre e promuovere persone con lievi o moderate anomalie caratteriali/psicologiche (come una ridotta capacità di provare empatia o senso di colpa) che le rendono particolarmente adatte a prendere decisioni “fredde” e spietate – su questo torneremo nel finale, dopo aver introdotto vedute che alla ponerologia sfuggono..
Adattamento per Imitazione: La presenza di tali individui nei ruoli chiave può “ponerizzare” (o “corrompere”) l’ambiente circostante. Le persone “normali” che lavorano sotto di loro imparano che l’unico modo per avere successo o sopravvivere è imitare i comportamenti non etici, sopprimere la propria coscienza e adottare le stesse logiche spietate, anche se non sono sadiche o maligne per natura.
3. La Pressione del Sistema e la Banale Malvagità
Questo aspetto si allinea con le teorie sulla “banalità del male” (Hannah Arendt) e l’influenza del contesto (esperimento di Milgram, esperimento della prigione di Stanford).
Pressione Strutturale: Nei grandi sistemi (multinazionali, burocrazie statali), l’individuo si sente spesso solo un ingranaggio. La responsabilità delle decisioni non è personale, ma diffusa nel sistema o nella catena di comando. “Stavo solo eseguendo gli ordini” o “Questo è il modo in cui funziona il mercato” o “Ce lo chiede l’Europa” diventano giustificazioni per azioni che, prese singolarmente, sarebbero ritenute inaccettabili.
Conformismo e Paura: Il male può essere perpetrato per conformismo, per non rompere i ranghi, per paura di perdere la posizione o di essere esclusi o invasi dalla Russia. Questo non è sadismo, ma debolezza morale in un sistema che ricompensa la spietatezza e punisce l’integrità.
In sintesi, nella ponerologia, il male politico ed economico non sadico, non morboso, è spiegato come un processo dinamico guidato dall’egoismo e dall’ambizione, facilitato dalla deumanizzazione e dalla razionalizzazione, e amplificato dalla presenza di personalità amorali (anche non sadiche) che contaminano e distorcono la moralità delle strutture sociali e dei processi decisionali.
Dissezione dell’Illusione
Quanto sopra, l’opinione corrente, è incontestabile, entro i suoi limiti, ma è costitutivamente inidoneo a spiegare la matrice, la fonte del Male, inteso come l’indifferenza alla sofferenza che si arreca agli altri nel perseguire il proprio tornaconto particolare. Quella matrice è un preciso habitus mentale, compendiabile come segue:
1. Esiste una dimensione, il mondo, esterna alla mente, indipendente da essa, consistente di materia ed energia, quindi oggetto conquistabile: concezione realistica ingenua dell’essere.
2. Questo mondo è composto di enti, di cose fisse, esistenti in se stesse (selbständig) e permanenti nel tempo, nel divenire.
3. Anche l’io personale o empirico, cioè il me, è fisso e permanente nel tempo.
4. Il me è capace di acquisire e detenere le cose, ed è vulnerabile dall’esterno; perciò il suo interesse è conquistare quanto più possibile della realtà esterna, per mettersi al sicuro da pericoli provenienti dall’esterno: istinto di autoconservazione e volontà di potenza.
5. Il mondo è una realtà limitata, scarsa (in senso economico), in cui ciò che è mio non è tuo; onde, per massimizzare la propria capacità di autoconservazione, ciascuno razionalmente tende ad espandere il suo possesso di questa realtà e può farlo solo sottraendolo agli altri.
6. Anche gli altri esseri umani, come materia ed energia, sono parte di questa realtà, quindi l’interesse e lo scopo di ciascuno è conquistare anche gli altri per sfruttarli.
7. Con queste premesse, automaticamente, per autoconservazione, il comportamento degli uomini tende ad essere egoistico e soppressivo dei beni e delle libertà del prossimo nonché indifferente alla sofferenza che causa negli altri.
Il Buddhismo, senza giudicare in chiave morale, insegna che la suddetta concezione della realtà, dell’essere e di sé, è erronea, illusoria; che causa dolore mentre impegna nel perseguimento di scopi essi pure illusori; e che è possibile liberarsi da tutto ciò mediante specifici esercizi mentali e corporali di rettificazione del pensiero, dell’azione, degli stati d’animo. La liberazione, o nirvana, consiste appunto nella correzione di errori e nell’eliminazione del loro portato. Il Buddhismo, notoriamente, insegna:
– che non esiste una dimensione “esterna” alla mente e che il mondo, le cose, sono “vuoti” (sunya), nel senso che non hanno esistenza propria, indipendente dalla mente (non dalla mente mia o mia, ma dalla mente o coscienza trascendentale): sono oggetti mentali, rappresentazioni (nel senso del mondo come rappresentazione di Schopenhauer);
– che quelli che crediamo e viviamo come cose, enti, permanenti e a se stanti non sono tali, ma sono aspetti e momenti di un flusso, del flusso del divenire, come gli accordi sono passaggi della melodia; sicché l’idea di conquistarli e possederli stabilmente è irrealizzabile, è un auto-inganno;
– che anche l’io empirico, ossia il me (non la coscienza, la consapevolezza), non è una cosa fissa, separata, permanente, bensì un flusso, in costante mutamento, sicché non può, non posso, avere un’identità costante, ancor meno eterna; onde lottare per perpetuare il proprio me individuale non ha senso, è impossibile per inesistenza dell’oggetto da perpetuare.
Via via che si assimilano questi principi (non solo intellettualmente, è ovvio, ma anche come vissuto), cambiano, si correggono, le mete e le aspirazioni. Evidenzio che, se non li si assimila, si può bensì essere buoni, fare il bene, sacrificare l’interesse proprio a quello altrui – ma, per l’appunto, sarà sempre un sacrificare un interesse per un altro interesse, sarà sempre una contrapposizione tra il bene di un me e il bene di altri me. Perciò non sarà una posizione o una opzione stabile, e soprattutto rimarrà, al fondo, la contrapposizione tra i vari me, i molti centri di interessi.
L’insieme di idee buddhiste sopra delineato non è affatto estraneo alla cultura europea, poiché anche alcuni filosofi occidentali hanno dimostrato l’erroneità della concezione suddetta: il realismo-materialismo è stato confutato da Cartesio, Berkeley, Kant e poi dall’idealismo; la fissità e indipendenza degli enti era nota come illusoria già ad Eraclito; la loro indissolubile, reciproca dipendenza ontologica è stata acquisita da Hegel; l’illusorietà dell’io empirico (o me) come entità stabile e definita è stata dimostrata da Bradley, il quale ha inoltre dimostrato l’illusorietà del comune concetto di tempo, spazio, causa; e altresì da Gentile, il quale ha ulteriormente dimostrato la realtà non statica ma processuale, agente, dell’esistente (realtà come atto in atto), e che l’io o coscienza, il soggetto, non è una cosa, ma un’azione, senza un oggetto altro da sé: un’azione intransitiva. Nel mio saggio Terminus ho argomentato l’inconciliabilità logica di esistenza e infinità o perfezione, quindi l’insuperabile contraddittorietà logica del concetto del dio cristiano.
Di contro a queste comprensioni filosofiche, sta il fatto che il genere umano vive nel culto ossessivo del “permanentizzare” il me fisso e il possesso delle cose. Le illusioni permeano e impregnano la vita, informano a sé il sentire, il volere, il percepire; strutturano la morale, il diritto, la società, la politica, l’economia. Esse regnano – e più avanti tratteremo le implicazioni di questa loro sovranità.
L’uomo adora dei che, a differenza del mondo naturale, fenomenico, sono eterni, quindi possono dispensare eternità. Ad essi chiede la vita eterna per il suo supposto me fisso che non esiste; e le astute religioni, in cambio dell’obbedienza in questa vita, la promettono per la successiva. Le più popolaresche, come l’Islam e i Testimoni di Geova, promettono addirittura l’eternità del me corporeo materiale su questa Terra, con tutti i suoi piaceri. Altre promettono la conservazione del me a diversi livelli di purezza: con il corpo però senza brutte funzioni escretorie e sessuali, malattie e morte; oppure senza il corpo ma con la forma; oppure ancora senza corpo e senza forma, con solo il me. Noterete che questa successione di prospettive escatologiche costituisce una progressione, una progressiva spogliazione dagli elementi dell’empiricità verso l’identità con l’io o coscienza trascendentale. Richiama il funzionamento di una torre di raffinazione per il petrolio grezzo.
Il Paradigma Ontologico
Col discorso che sto svolgendo ho inteso spostare la spiegazione del Male non sadico dal piano della mera psicologia individuale e sociale (ponerologia) a un piano metafisico ed epistemologico. La mia tesi centrale è che l’indifferenza alla sofferenza altrui (la matrice del Male) non è solo una conseguenza di ambizione ed egoismo, ma è radicata in una percezione, in un vissuto della realtà fondamentalmente erronei e illusori (il realismo ingenuo), che fanno vivere in un modo deviato e che portano automaticamente a un conflitto soppressivo. Propongo, in sostanza, quanto segue:
Individuazione della Radice Metafisica: L’identificazione di un “habitus psichico” come vera matrice del Male. Spostare l’attenzione dalla patologia o dal semplice vizio morale alla struttura percettivo-cognitiva (la concezione del sé e del mondo) è un salto qualitativo. Questo eleva l’analisi dal che cosa al perché profondo.
Sistematizzazione Chiara: La sequenza logica dei punti 1-7 del precedente paragrafo descrive l’illusione realista e le sue conseguenze morali. Mostra come la credenza in un mondo esterno conquistabile induca la credenza in un “me” fisso che a sua volta suscita la percezione di scarsità e vulnerabilità, che ha come conseguenza la necessità logica dell’egoismo e dello schiacciamento degli altri.
Integrazione Interculturale (Buddhismo): L’uso del Buddhismo (in particolare i concetti di śūnyatā – vacuità, anikka – impermanenza. e anātman – non-sé) come antidoto è estremamente pertinente. Il Buddhismo offre non solo una confutazione teorica, ma anche un percorso pratico (habitus mentali e corporali) per la rettificazione, in quanto l’errore epistemologico è collegato alla sofferenza e alla malvagità.
Riferimento alla Filosofia Occidentale: La connessione finale con Eraclito, Plotino, Cartesio, Berkeley, Kant, Hegel e l’Idealismo italiano (Gentile), non dimenticando il grande apporto di Schopenahier è fondamentale. Dimostra che la critica al realismo ingenuo e all’idea di un io (me) fisso non è un’esclusiva orientale, ma una base filosofica universale.
1. Il Salto tra Metafisica e Azione Morale
Assolto il compito di definire l’errore ontologico, l’illustrazione del passaggio dall’errore epistemologico all’azione malvagia richiede di un ponte più solido. Infatti il critico potrebbe dire: Affermare “automaticamente, per autoconservazione, il comportamento… tende ad essere egoistico e soppressivo” sembra ignorare la sfera della libertà morale o della scelta etica che esiste anche all’interno di una concezione realista. Molte persone con una visione “realista” del mondo riescono comunque a essere altruiste (sebbene, come giustamente evidenzi, con un fondo di “sacrificio di un interesse per un altro interesse”). A questa possibile obiezione in parte ho risposto parlando dell’illusorietà della soluzione che passa per l’idea del sacrificio di sé per il bene altrui, e per il resto risponderò infra, parlando dei meccanismi di condizionamento che prevalgono sulla coscienza morale.
Intanto faccio presente che quel passaggio avviene non direttamente, omisso medio, ma attraverso la sfera del vissuto (del desiderio, dell’emozione, della volizione), in un percorso non lineare ma circolare, che circolarmente rinforza i suoi elementi (quel tipo di percezione rinforza quel tipo di emozione, che a sua volta rinforza quel tipo di condotta, che a sua volta rinforza quel tipo di percezione); inoltre, sottolineo come l’habitus mentale realista non costringe al Male, ma ne riduce drasticamente la soglia di accesso e lo rende l’opzione razionalmente più efficiente (secondo la logica di autoconservazione/volontà di potenza). La concezione sbagliata prepara il terreno e giustificail Male, specialmente nei decisori di potere, ma la scelta rimane. E il Male, una volta compiuto, corrobora la concezione sbagliata. Così il flusso mentale costituente il soggetto “affonda” sempre più nell’errore – quindi anche nel suo proprio male, nella propria sofferenza (dukkha), come una corrente marina affonda verso profondità più oscure quando si raffredda.
2. Differenziare il Sé Empirico dal Sé Trascendentale
Nel paragrafo sul Buddhismo, la distinzione tra l’io empirico (il “me”) e la coscienza trascendentale/mente è cruciale; ma, privilegiando la rapidità, quando la ho introdotta, la ho trattata molto rapidamente, e intendo ora rimediare.
Per un lettore non esperto di filosofia orientale o idealista, la frase “indipendente non dalla mente mia o tua, ma dalla mente o coscienza trascendentale” rischia di rimanere enigmatica. Essa è tuttavia la chiave per distinguere la vacuità buddhista (che non è un nichilismo) dal nichilismo come inteso chez nous e dall’annientamento totale. Perciò qui chiarisco che la coscienza trascendentale o la realtà come Flusso/Atto del pensiero è il carattere autocosciente dell’essere stesso oltre gli ego individuali: il vero Io non è il “me” empirico (un flusso di dati psicologici), ma è l’unità universale e attuale che opera in ogni individuo quando compie l’atto di pensare. Quando tu pensi, non è il tuo “me” separato che opera, ma l’Atto Universale del Pensiero. Questo sottolinea che la liberazione (Nirvana) non è apatia, ma la comprensione a tutti i livelli dell’interdipendenza ontologica, che mostra il male arrecato all’altro un male arrecato a sé stessi.
3. La Instabilità dell’Altruismo
La mia conclusione sulla non-stabilità dell’altruismo basato sul sacrificio va sviluppata. Ho scritto: “…sarà sempre un sacrificare un interesse per un altro interesse, sarà sempre una contrapposizione tra il bene di un me e il bene di altri me. Perciò non sarà una posizione o una opzione stabile…” Questa stringata enunciazione vuole evidenziare come l’altruismo interno al vissuto “realista” sia sempre una transazione, un’etica del dovere/sacrificio che si basa su una tensione non risolta (il mio me contro gli altri me). E così pure si osserva il comune destino di tutti i movimenti nati “per il bene comune”: essi vanno incontro al regolare fallimento per degenerazione in senso affaristico, o per frammentazione e abbandono. Regolarmente, succede che in essi si ritrovano troppi galli nel pollaio, troppe prime donne – troppi soggetti che intendono quei movimenti come strumenti per affermare ciascuno il proprio me, in forma di leadership e/o intellettualità, sugli altri. Le organizzazioni del samsara, cioè del mondo dell’illusione, non cagliano intorno al bene comune, diffuso, bensì intorno al bene dei loro membri dirigenti, perseguito in distinzione o contrapposizione rispetto al bene comune, collettivo, generale, e persino a quello dei membri non dirigenti. Questi concetti valgono anche a invalidare l’idea che possa arrivare un salvatore a risolvere i mali del mondo, sia egli un essere soprannaturale, extraterrestre, o più banalmente un Trump o un Putin.
Al rovescio di tutto ciò, la liberazione buddhista/idealista, e pure quella neo-platonica, è l’eliminazione della tensione stessa, poiché non c’è più un me separato da difendere o sacrificare. Questo è l’essenza della mia critica all’etica dell’altruismo. La mia non è un’analisi etica o psicologica, ma una diagnosi ontologica: il male nasce dall’errore di credere e senitre che l’essere consista in enti e “me” fissi, separati e in competizione. Questa è una linea di ragionamento si allinea con l’idea che la vera rettificazione non è un cambio di comportamento, ma un cambio di coscienza e di sentire sulla natura della realtà, seppure il cambiare gradualmente il proprio comportamento aiuta a correggere la mente. È una linea argomentativa che si spinge alle fondamenta di come percepiamo la realtà e il sé.
Implicazioni Pratiche dell’Illusione Realista
Tenendo conto della mia analisi ontologica (l’errore del “sé fisso” e del “mondo conquistabile” come radice del Male) e aggiungendo i fattori impersonali e il contesto decisionale (mercato e groupthink), possiamo sviluppare le implicazioni pratiche e la differenza tra l’analisi Ponerologica e l’analisi Ontologia.
Se la matrice del Male è l’illusione di un sé separato e in competizione in un mondo di risorse scarse (il tuo punto 1-7), la sua traduzione nell’agire politico ed economico diventa il tentativo incessante di cementare quell’illusione attraverso il possesso e il potere.
1. Il Mercato come Manifestazione dell’Illusione della Scarsità
Il “mercato” e le sue “richieste” non sono forze naturali, ma sistemi umani costruiti sulla premessa dell’individualismo metodologico e della scarsità competitiva (punti 4, 5, 6 supra).
Necessità Fittizia: La credenza che il mio benessere dipenda dal mio possesso e dalla mia espansione (autoconservazione) si traduce nella logica del profitto illimitato. Il decisore economico non è mosso dal sadismo, ma dalla paura ontologica (la paura dell’io separato di essere vulnerabile) che viene razionalizzata come “esigenza del mercato” o “massimizzazione del valore per gli azionisti”.
Gli stakeholders ti richiedono la massimizzazione dei ritorni egoistici senza considerazione per le esternalità generate a danno della collettività; se non performi, ti cacciano e ti rimpiazzano con uno che sta al gioco; quindi tu ti adatti e performi.
Deumanizzazione Strutturale: Quando le persone sono considerate “capitale umano” o “consumatori”, e l’ambiente “risorsa”, l’illusione ontologica si traduce in un linguaggio quantitativo ed estrattivo. L’indifferenza alla sofferenza (la matrice del Male) non è un atto di volontà, ma una conseguenza automatica dell’applicazione di modelli che vedono la realtà e gli altri come oggetti conquistabili (punto 6). Il sistema non richiede l’odio, ma l’indifferenza calcolata. Te lo chiede il Mercato.
2. Il Groupthink e la Congruenza Illusoria
La dinamica del “groupthink” (la tendenza dei gruppi a cercare il consenso e a sopprimere il dissenso razionalmente critico perché introduce nel gruppo dubbi sgradevoli) amplifica l’errore ontologico di partenza e spiega come “uomini buoni” (o non malvagi) possano compiere “azioni malvagie” in gruppo (il tuo esempio: senatores boni viri, senatus mala bestia). L’obiettivo non è la verità o l’etica, ma la sopravvivenza collettiva dell’io di gruppo (“il nostro interesse”). Il “me fisso e separato” viene sostituito dal “noi fisso e separato” (nazione, azienda, partito), che deve difendersi dagli “altri noi”.
Il gruppo si sente meno vulnerabile rispetto all’individuo. Questo incoraggia l’assunzione di rischi immorali, poiché la responsabilità è diffusa e il danno percepito all’esterno come “inevitabile” o “collaterale” viene razionalizzato più facilmente.
I membri, individualmente capaci di empatia (boni viri), cedono il giudizio etico alla logica di gruppo. Poiché la loro autoconservazione e identità dipendono dall’appartenenza (la fissità dell’io si trasferisce al noi), la soppressione della coscienza individuale è vista come un “sacrificio necessario” per il bene maggiore (e illusorio) del gruppo. Così l’effetto campo del gruppo amplifica l’illusione realista e corrobora il me in forma collettiva, aumentando il senso della sua forza e invulnerabilità.
Il groupthink è quindi la prova che l’errore ontologico (il sé fisso e separato) non è solo individuale, ma sistemico: il sistema premia chi condivide l’illusione di un “noi” contrapposto al “loro”.
Ponerologia e Ontologia a Confronto
La mia analisi non nega la Ponerologia, ma la radica e la spiega. Vediamola nel confronto con la mia teoria.
Ponerologia (Lobaczewski)
Si concentra sul come il Male si diffonde. Il meccanismo centrale è l’infiltrazione e l’influenza di personalità patologiche (psicopatici, ecc.) che creano una struttura di potere distorta e contaminano gli individui normali, portandoli al male per imitazione e conformismo.
Ontologia (La mia tesi)
Si concentra sul perché il sistema è vulnerabile all’infiltrazione. La vulnerabilità nasce dall’errore fondamentale sulla natura dell’Essere.
In sintesi, la Ponerologia descrive come i malvagi prendono il potere; La società è vulnerabile perché attrae e legittima la logica morbosa e perché le persone sane non sanno riconoscere i patologici e mancano di un sistema immunitario etico. Come soluzione, propone una sorta di igienizzazione mentale e politica, col riconoscimento e isolamento dei soggetti patologici.
Invece, la mia analisi ontologica spiega perché le strutture di potere sono intrinsecamente predisposte ad accogliere la logica malefica, a causa di una comprensione errata della realtà che è già accettata come “normale” dal mercato e dalle dinamiche di gruppo. La società è vulnerabile perché basata sul miraggio del me fisso e separato e della competizione per il controllo delle cose fisse – un miraggio che legittima quella logica. La soluzione è la “rettificazione” sopra delineata.
Siamo, con tanto, arrivati al cuore del problema, collegando direttamente l’errore epistemologico (l’irrealtà del me fisso e delle cose fisse) alle sue estreme conseguenze etiche.
La frase “La difesa ad oltranza dell’indifendibile perché irreale (il me fisso, le cose fisse) genera comportamenti mostruosi”, anticipata come sottotitolo, può essere analizzata come la formula causale del Male non sadico, vista in chiave ontologica:
L’Illusione (L’Irreale): La concezione che l’io sia un’entità stabile, separata e permanente (me fisso), e che la realtà esterna sia composta da oggetti definiti e conquistabili (cose fisse): questo è il presupposto di base della competizione e dell’autoconservazione egoistica.
La Difesa ad Oltranza: L’instancabile sforzo (politico, economico, militare) per mantenere in vita questa illusione. Poiché il “me fisso” e le “cose fisse” sono ontologicamente indifendibili (sono flussi e interdipendenze, come insegna il Buddhismo e l’Idealismo), la loro difesa richiede una quantità sproporzionata di violenza mentale e fisica.
Il Comportamento Mostruoso: L’inevitabile risultato. Quando l’obiettivo è difendere ciò che non esiste (l’identità separata), ogni mezzo è giustificato. I danni collaterali (la sofferenza altrui) diventano marginali, in quanto l’urgenza di preservare l’illusione del proprio essere o del proprio possesso eclissa ogni considerazione etica. L’indifferenza alla sofferenza diventa non un atto di sadismo, ma un imperativo logico generato dalla paura di vedere dissolta la propria (irreale) identità.
Questa dinamica spiega perché i comportamenti diventano “mostruosi” anche in assenza di sadismo:
Vulnerabilità Intrinseca: Poiché l’io empirico separato è ontologicamente indifendibile e il possesso è instabile, si percepisce una minaccia costante. Questo genera una paranoia radicale che vede gli altri non come partner nell’interdipendenza, ma come concorrenti necessari per le “cose”.
Escalation Logica: La difesa dell’irreale non può mai avere successo, e ciò porta a una spirale di richiesta di maggiore potere e controllo. Per difendere l’illusione del possesso e della permanenza, si è costretti ad agire con misure sempre più estreme, fredde e disumanizzanti, culminando in azioni che, dall’esterno, appaiono oggettivamente “mostruose”.
Rinforzo Progressivo: Quanto più sento, penso e agisco all’interno del suddescritto paradigma illusorio, tanto più lo rafforzo in me, facendone un’abitudine e un automatismo mentale e comportamentale.
Occorre, insomma, una diagnosi profonda che vada oltre l’analisi morale o psicologica per identificare la radice della malvagità nel fraintendimento ontologico, della natura interdipendente della realtà.
Avanti i sadici!
Rimane un punto molto importante, dinamicamente e psicologicamente, da considerare: la difesa oltranzista dell’indifendibile recluta, seleziona e promuove difensori con determinati tratti di personalità…
Questo è il punto cruciale di connessione tra la mia analisi ontologica (l’errore matriciale) e l’analisi psicologica/ponerologica (l’applicazione pratica del Male): la difesa di un sistema basato sull’irreale non è anche un potente meccanismo di selezione del personale.
La difesa oltranzista dell’indifendibile (l’illusione del sé fisso e della scarsità competitiva) funge da filtro che recluta, seleziona e promuove individui che non solo accettano l’illusione, ma sono anche psicologicamente più adatti a operare al suo interno senza subire crisi di coscienza.
Il Filtro Psicologico del Sistema Illusorio
Il sistema (sia esso politico, economico o burocratico) che opera sulla base di una premessa irreale (l’ego separato come unica realtà) necessita di decisori che possiedano tre caratteristiche fondamentali:
1. Ridotta Empatia e Senso di Colpa (Tratti Psicopatici/Narcisistici)
Il sistema premia coloro che riescono a mantenere la distanza emotiva dalle conseguenze delle loro azioni, e a non vedere il ruolo di esse nell’insieme del meccanismo in cui sono inseriti (selezione dell’ottusità).
Necessità del Sistema: Poiché la logica del “me fisso vs. altri” richiede decisioni che arrecano danno (“ciò che è mio non è tuo” – “mors tua vita mea”), il sistema non può permettersi leaders con un alto grado di empatia o una coscienza morale normo-reattiva.
Selezione: Vengono promossi individui con tratti sub-clinici (non necessariamente sadici, ma egocentrici, machiavellici o con un lieve narcisismo grandioso) che possono razionalizzare il danno come “necessario” o delegare la colpa al sistema, al mercato, o alla concorrenza. Essi non si sentono “mostruosi” perché il loro filtro emotivo li rende indifferenti (la matrice del Male) alla sofferenza generata.
2. Rigida Coerenza Cognitiva e Conformismo all’Ideologia
La difesa di una premessa irreale (come l’illimitata crescita in un mondo finito, o l’assoluta sovranità dell’individuo) richiede una forte adesione dogmatica.
Necessità del Sistema: L’irrazionalità di base del sistema deve essere protetta da ogni disallineamento cognitivo. Chi mette in discussione le premesse (ad esempio, l’interdipendenza o la finitezza delle risorse) è percepito come una minaccia, un “nemico interno” o un debole.
Selezione: Vengono scelti individui che mostrano fedeltà cieca all’ideologia e alla gerarchia (sia essa di partito, aziendale o finanziaria) e una resistenza al pensiero critico o all’auto-riflessione. Questo è l’essenza del groupthink: il decisore ideale non è chi porta la realtà nel sistema, ma chi rinforza l’illusione condivisa.
3. Super-Identificazione con la Posizione e il Potere
L’illusione del “me fisso” viene proiettata e fissata nel ruolo sociale o economico.
Necessità del Sistema: La difesa dell’indifendibile richiede persone che confondano totalmente la propria identità con la carica che ricoprono.
Selezione: La promozione va a coloro per i quali il potere, la ricchezza e la posizione non sono strumenti, ma sostituti dell’io (l’identità irreale). La perdita di potere è percepita non come un cambio di lavoro, ma come l’annientamento dell’io. Per questo motivo, la difesa del proprio status e delle politiche che lo garantiscono diventa una lotta per la sopravvivenza ontologica, giustificando azioni sempre più estreme e difensive.
In conclusione, la difesa dell’irreale non solo scavalca o anestetizza l’empatia e la coscienza morale e rende inevitabile il “comportamento mostruoso”, ma attira selettivamente i caratteri psicologici che sono naturalmente meno ostacolati dall’etica e dalla realtà per realizzarlo. È una dinamica di rinforzo reciproco: l’errore ontologico struttura il sistema, e il sistema seleziona gli agenti ottimali per perpetuare e premiare l’errore stesso.
E con questo abbiamo chiuso il cerchio, accogliendo finalmente e a pieno diritto nella nostra analisi, dalla porta di servizio, i sadici, i narcisisti e gli psicopatici, che all’inizio avevamo lasciato fuori ad aspettare.
La doppia Kansas PNL: eretici nel ventre del sistema
Quando il dogma si incrina sotto il peso della realtà, nascono le conversioni più radicali. Jeffrey D. Sachs e Alessandro Orsini rappresentano il raro caso di insider che, dopo aver plasmato e servito l’establishment atlanticista, ne hanno smascherato le contraddizioni mortali con il rigore di chi conosce i meccanismi dall’interno. Le loro storie non sono semplici pentimenti, ma veri tradimenti intellettuali — i più pericolosi, quelli che costringono il potere a guardarsi allo specchio.
Sachs, l’enfant prodige di Harvard, per anni è stato il sacerdote della shock therapy: Bolivia, Polonia, Russia. Dietro i trionfalismi delle privatizzazioni lampo si nascondeva un bilancio di sangue. Milioni di morti premature, sistemi sanitari devastati, aspettative di vita crollate. I dati veri — non quelli dei report ottimisti — raccontano una verità scomoda: quando il dogma del mercato viene applicato senza pietà, le conseguenze sono genocide economiche.
La dissonanza sachsiana emerge crudamente dai suoi scritti e dichiarazioni recenti. Lo stesso uomo che nel 1994 dichiarava che “la terapia d’urto in Russia è necessaria e funziona”, nel suo *A New Foreign Policy* (2018) attacca frontalmente “l’eccezionalismo americano che ha creato instabilità globale”. Dalla cattedra della Columbia, nella sua pagina su Project Syndicate, non usa mezzi termini: “L’allargamento NATO è stato un errore strategico che ha portato direttamente al conflitto ucraino”. Non è una posizione di rottura casuale ma il ritratto di un tecnocrate che, pur restando dentro le istituzioni che lo hanno formato, trasforma la contrizione in metodo critico. Dall’analisi delle guerre in Iraq e Afghanistan all’ammissione dell’errore sulla gestione della Russia postsovietica, Sachs denuncia il fallimento morale delle politiche di cui è stato architect — la distruzione degli stati, il saccheggio delle economie, la cooptazione delle élite locali, la creazione di oligarchie mafiose. L’uomo che ha formato quadri e dirigenti politici ora attacca il sistema che li ha plasmati, ma sempre giocando dentro le regole, evitando un’uscita radicale.
Dall’altra parte dell’Atlantico, Alessandro Orsini ha vissuto un percorso speculare, benché in scala e registro diversi. Docente alla LUISS e voce mediatica rassicurante del mainstream euro-atlantico in tema di sicurezza, ha costruito una narrativa allineata alle strategie antiterrorismo e interventiste globaliste, interpretando il terrorismo internazionale come minaccia da annientare senza concessioni e criticando apertamente gli stati accusati di sostenerlo.
Ma con l’esplosione del conflitto ucraino nel 2022, Orsini si trasforma. Nel suo libro *Ucraina. Critica della politica internazionale* denuncia che “l’Occidente ha ignorato le legittime preoccupazioni di sicurezza russe, provocando il conflitto”. Scopre il realismo geopolitico, ricacciando indietro la retorica moralistica dei talk show. Il risultato è una frattura relazionale intensa: la LUISS interrompe i rapporti con l’associazione che gestiva l’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale e il portale viene chiuso. Ma Orsini non si arrende, moltiplica le pubblicazioni e gli interventi, diventando una voce sgradita che ricorda come la sicurezza collettiva si costruisca con l’equilibrio diplomatico, non con l’espansionismo militare.
Il punto destabilizzante che lega le due figure è il loro passato: Sachs non è un outsider, ma l’architetto delle politiche neoliberali di shock; Orsini non è un ingenuo pacifista, ma l’esperto che per anni ha costruito la narrativa securitaria mainstream. Il loro “dietrofront” assume un valore particolare perché proviene da chi quelle strade le ha progettate e battute, percorrendo e plasmando i sentieri del dogma che oggi mettono in discussione.
Cadranno le maschere se ricordiamo che entrambi operavano in un sistema che George Kennan, già nel 1997, definiva “un errore fatale” nel contestare l’allargamento NATO, e John Mearsheimer, nel 2014, aveva analizzato come profezia autoavverante quella dinamica che stava generando reazioni russe inevitabili e prevedibili. Nel frattempo, il Project for the New American Century teorizzava senza remore la supremazia militare globale preventiva. Proprio quelle ricette sono state messe in pratica mentre loro ne reclamavano le virtù, convinti di costruire un mondo migliore.
La peggiore cecità non è non vedere, ma portare in tasca quei testi fondativi fingendo che non significhino ciò che dicono.
Parallelamente, emergono convergenze e differenze emblematiche. Entrambi hanno goduto di piena cittadinanza al centro del sistema: Sachs a Harvard, Columbia e ONU; Orsini nel circuito LUISS, think tank e media mainstream. Entrambi hanno costruito e praticato narrazioni compatibili con l’ordine dominante. Entrambi, dopo la rottura, non sono fuggiti ai margini, ma hanno scelto la critica dall’interno, rimanendo in ambienti accademici o para-istituzionali.
Diversamente, Sachs lavora su scala globale, nella macroeconomia e nella governance; Orsini dal suo canto si muove nel circuito della sicurezza tra Italia ed Europa, passando da un registro istituzional-tecnocratico a un confronto polemico e televisivo. Sachs ha messo insieme anni di contrizione analitica, Orsini invece è stato travolto dallo shock immediato e dilagante della guerra in Ucraina.
Aneddoti emblematici gettano luce su queste diverse traiettorie: la Bolivia 1985 è il primissimo laboratorio di quella terapia anti-inflazione rapida che, sebbene vincente in termini puramente macroeconomici, aprì un vasto capitolo di costi umani evitabili; la corsa contro il tempo in Polonia con il pacchetto Balcerowicz mostra come la “velocità” delle riforme sia scelta politica e mai neutralmente scientifica; la Russia ha vissuto un trauma privo di ammortizzatori sociali, con milioni di morti premature legate al vuoto istituzionale e alle privatizzazioni rapide: negare questa catastrofe è mala fede.
Analogamente, sul versante italiano, la chiusura improvvisa del portale “Sicurezza Internazionale” LUISS nel 2022 segna il restringersi disciplinare del campo intellettuale quando la cornice dominante crolla, un segnale di come il dissenso interno venga silenziato con mezzi amministrativi e politici. Infine, New York, la doppia vita di Sachs — quale guida di network ONU per la sostenibilità e nello stesso tempo critico della geopolitica che ostacola quegli stessi obiettivi — racconta la dialettica interna alle stesse istituzioni: dentro e fuori, contro e con, sempre però nel recinto del consenso possibile.
Qui si separano i cammini: il lettore smaliziato coglie il paradosso e accetta che due insider oggi critici non siano “puri”, e per questo sono preziosi; chi invece transita per conformismo, quieto vivere o mestiere scambia il monitoraggio dei sentiment per la comprensione storica reale. L’analisi senza memoria è un eterno A/B test sterile che non produce apprendimento. La malafede si traduce in un ritornello stanco: “non è successo”, “non è provato”, “non è rilevante”, mentre atti, carte e libri sono ben lì, disponibili.
Questo doppio tradimento intellettuale smaschera il gioco polarizzante della sedicente democrazia liberale: si celebra il dissenso solo se è decorativo, mentre la critica che colpisce il cuore viene travolta dalle furie istituzionali. Quando è l’insider a dire che il re è nudo, la risposta non è mai il confronto, ma la scomunica e l’espulsione.
La lezione è limpida: il potere tollera il dissenso sui dettagli ma non quello che minaccia i fondamenti. Eppure sono proprio queste abiure radicali, nate dalle ceneri del dogma, a dimostrare che la verità può emergere anche tra le sue stesse viscere. Sachs e Orsini ci insegnano che l’eresia più pericolosa nasce dall’ortodossia, e che la critica più efficace arriva da chi il sistema lo conosce perché ne ha fatto parte.
Come ricordano Bruno e Pasolini, patroni spirituali di ogni eresia intellettuale, la verità non ha bisogno di consenso ma di coraggio. A volte quel coraggio abita proprio dentro il cuore del sistema che pretende di domarla e addomesticarla.
Le parole di Sachs riecheggiano profetiche: *“La terapia d’urto non fu solo un errore tecnico, ma un fallimento morale. Abbiamo trattato le nazioni come laboratori, dimenticando che l’economia è fatta di persone.”* E ancora: *“L’espansionismo NATO è una nuova forma di imperialismo, più pericolosa perché velata da idealismo.”*
Orsini completa il quadro con un taglio altrettanto netto: *“Il terrorismo va combattuto senza compromessi, ma oggi la NATO ha creato più terrorismo di quanto ne abbia mai sradicato. Siamo diventati il motore dell’instabilità che dicevamo di voler fermare.”*
La parabola di Sachs non è quella di un uomo qualunque, ma del macellaio di Mosca. L’uomo che teorizzò e impose la “liberalizzazione” che nei fatti fu un’olocausto sociale; scout e former delle classi dirigenti future — quelle di Eltsin, di Gorbačëv, di decine di capi di stato post-sovietici — che diventavano così pedine di un disegno più grande.
Il suo passato è solido, intenso, insindacabile: la “shock therapy” non fu solo teoria ma pratica di devastazione sociale, a cui partecipò con spirito e determinazione da inquisitore economico. Poi una metamorfosi repentina: oggi urla che “l’imperatore è nudo”, smonta le menzogne della NATO e l’eccezionalismo americano, invoca una diplomazia che lo stesso establishment considera eresia imperdonabile.
La domanda allora sorge spontanea: di fronte alla potenza della sua autorevolezza e alla forza del ragionamento nel contesto più propizio, è davvero possibile sacrificare le categorie analitiche imprescindibili che fino a ieri sostenevano l’ordine? Oppure si tratta piuttosto di un riciclo astuto, di un’opera studiata per modulare la critica, adattarla e contenerla?
La risposta risiede nella perdita della memoria storica: tallone d’Achille di ogni vera analisi geopolitica. Non un dettaglio o una curiosità, ma la prova lampante che negli ultimi decenni le narrazioni dominanti hanno contaminato quasi ogni ambito intellettuale. Quando la complessità si riduce al relativismo autoreferenziale, quando il dibattito si cinge nel recinto delle “verità parallele”, allora non stiamo più indagando la realtà, ma recitando un copione imposto e mai davvero sfidato.
Nei conflitti, la memoria storica — fragile ma imprescindibile — stratifica identità, confini e rivendicazioni. Ignorarla significa perdere l’essenza stessa della geopolitica. Quello che oggi constatiamo è invece un suo azzeramento sistematico, sostituito da narrazioni piatte, semplificate, manipolatorie, che alimentano una spirale di “noi contro loro” e impediscono qualsiasi sguardo realmente obiettivo.
Populismi e nazionalismi non nascono per caso, né sono figli esclusivi della crisi economica. Sono invece figli manipolati di una memoria mutilata o abusata, strumento di stratagemmi politici che riscrivono la storia per orientare masse e giustificare guerre e dominazioni, con la complicità di un’egemonia culturale trasversalmente funzionale a questo scopo.
Il risultato è disperante: l’analisi geopolitica precipita in una girandola di opinioni soggettive, dove l’indagine perde la sua efficacia e diventa propaganda. Gli analisti stessi, per mantenere posizioni e finanziamenti, si piegano al sistema dominante. Senza radici storiche condivise, la critica perde mordente e resta intrappolata nelle stesse formule simboliche che vuole contrastare.
Non a caso, le crisi contemporanee—dalla dissoluzione post-sovietica alla guerra in Ucraina—vengono raccontate come eventi deflagrati e scollegati dal passato, quando sono invece il prodotto di dinamiche di lungo corso e memorie che nessuno vuole riconoscere. Chi tenta di riportarle alla luce viene marginalizzato o demonizzato.
Solo riscoprendo e rispettando la memoria storica è possibile uscire dal ciclo infinito di conflitti, comprese le loro radici identitarie, e costruire una pace fondata sulla consapevolezza condivisa degli errori commessi e delle responsabilità di tutti.
Senonché, senza memoria e con narrazioni inconsce e superficiali, qualsiasi analisi profonda è destinata a diventare tautologia sterile o strumento degli stessi poteri che dovrebbe criticare. Chiudere l’analisi nel relativismo è la prova più chiara di un gioco truccato: non per astuzia del banco, ma per conformismo dei giocatori.
In questo teatro di ipocrisie, il nostro compito non è certamente beatificare figure come Sachs e Orsini — che siano convertiti sinceri o strateghi dell’ultimo minuto poco importa — ma utilizzare le loro parabole per decostruire il dogma, ricostruire le cause, accettare i conti umani e diffidare delle parole salvifiche.
Pentitevi, prima che ritorni Nibiru: non il pianeta fantasma, ma la rotazione inevitabile e periodica della realtà che travolge retoriche e mistificazioni e riporta alla luce ciò che i manuali preferirebbero ignorare.
La verità non ha bisogno di urlare; le basta di esistere. Per rispetto, almeno leggiamola.
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Questo pur condivisibile commento di Massimo Morigi mi ha spinto a domandarmi : ma cosa è la “democrazia” ? E a CHI serve e per cosa ?
Innanzitutto deve essere chiaro che la “democrazia” con cui noi siamo cresciuti è un accidente della Storia confinato al solo mondo “occidentale”. Altre civiltà hanno loro peculiarità e i loro meccanismi di “ratifica popolare” che la nostra “democrazia” altro non è.
Infatti nella eterna “lotta di classe” tra” chi deve lavorare per poter vivere (peggio) e chi può vivere (meglio) senza dover lavorare”, il potere politico apparterrà sempre a questa ultima classe perché solo essa ha il tempo e i mezzi per fare politica.
E questo è un concetto banalissimo già chiaro ne “la democrazia in Atene” scritta da un “Anonimo Ateniese” quattro secoli prima di Cristo e come tale anche il primo libro di politica mai scritto.
Questa ” classe” che non ha necessità di lavorare, allora si potevano chiamare gli “Ottimati” , si impadronisce sempre e inesorabilmente di tutto il potere e di tutte le ricchezze, salvo laddove UNO di LORO , un “autarca”, si impadronisca del potere assoluto appoggiandosi alla ” classe lavoratrice” , ovviamente a sua volta SCONTENTA di essere completamente espropriata del suo.
Il quale “autarca” spesso poi si faceva “re” e lasciava il potere ad un figlio generalmente non all’altezza del padre, provocando di nuovo una rivolta “popolare” astutamente guidata dagli “ottimati” per riprendersi il potere.
In “occidente”, nel mondo antico, la politica ha sempre oscillato tra questi due sistemi salvo due “luminose” eccezioni : Atene e Roma, le quali hanno prodotto due diverse ” democrazie”.
Ma che cosa è “la democrazia “? Nella sostanza essa è solo il metodo con cui l’ elite verifica il consenso popolare rispetto alle PROPRIE decisioni .
Questo ” mercato” è tutt’altro che “libero”; “la democrazia” però funziona meglio, quando funziona, della semplice autarchia e della ” dittatura degli ottimati” semplicemente perché, concedendo dei ” diritti politici inalienabili alla “classe lavoratrice”, ne mobilita maggiormente le energie che con le esemplari bastonate usate dalle altre due.
E qui occorre spiegare, a chi fosse interessato, la differenza tra le due “democrazie” sopra citate .
La democrazia ateniese era semplicemente la concessione DIRETTA di tutti i diritti politici alla massa dei cittadini ateniesi, i quali erano quindi obbligati comunque a perdere tempo per far politica; in mancanza del quale lasciandone il monopolio agli “Ottimati” .
Per MITIGARE questo problema fu introdotta una democrazia rappresentativa in cui gli “eletti” DIRETTAMENTE dalle assemblee ricevevano una paga per tutta la durata dell’ incarico. Probabilmente questa è stata la ” democrazia” più “democratica”, ma con un limite “fisico” così posto all’espansione dello Stato Ateniese, perché solo un ridotto numero di cittadini poteva partecipare “fisicamente “alle assemblee.
Roma invece “coinvolse” la massa dei cittadini solo attraverso una “democrazia rappresentativa ” che non aveva questo “limite di crescita”.
La repubblica romana era quindi molto più “inclusiva” ma la sua direzione politica rimase invece sempre completamente “aristocratica ” in quanto solo i “ricchi” potevano servire “gratuitamente ” lo stato; non c’era però preclusione a nessun cittadino che ne avesse i mezzi, spesso guadagnati, immaginate come, “servendo” lo stato in guerra nei livelli di potere sottostanti.
Si trattava quindi di un “patto tra “popolo ” e “elite” guidata da una oligarchia “aperta ad una “scala sociale”offerta al “populus”.
Quando questo famoso SPQR fu rotto dagli “Ottimati”, anche “la democrazia” Romana andò in pezzi, ma la lotta POLITICA fu interna all’elite, tra ” senatores” ( aka vecchia elite) ed “equites ( quella nuova ) a cui veniva precluso ciò che prima era permesso.
Bene , quale è il senso di questo mio “pippone”? Anche “l’ occidente” si è sviluppato sullo schema della Repubblica Romana e anche qui “il patto ” è ora stato rotto dagli “Ottimati” ( i senatores) e su questo anche la attuale “classe lavoratrice ” OVVIAMENTE non è d’accordo.
Ed è inevitabile che, come nella tarda repubblica Romana , i “meccanismi” elettorali ora siano sempre più manipolati da “Senatus” contro gli interessi del “Populus “, con il risultato che “la repubblica” va in pezzi precipitando giù dai suoi fasti , finché , dopo tanto sangue e tanta ingiustizia, un “senator” prende tutto il potere per sé appoggiandosi sui “populares”.
Ma gli “attuali “Ottimati” della “tardorepubblica” in cui stiamo vivendo sono convinti che grazie a nuove schiaccianti tecnologie “stavolta sarà diverso” .
Bah ! Forse stavolta sarà così, ma chi può saperlo ?
L’ unica cosa sicura è che comunque “la democrazia ” nei fatti non esisterà più e che magari passerà un millennio prima che qualcuno si reinventi una “democrazia diretta “ alla ateniese” e forse un altro ancora ce ne vorrà per una più sofisticata, “alla romana”.
Insomma “democrazia “ come “rara avis” che risorge dalle sue ceneri come “l’ Araba fenice” .
Anche della “ democrazia” tutti dicono che ci sia , ma dove veramente sia nessun lo sa.
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Ciò darebbe luogo alla creazione di una nuova cortina di ferro e alla conseguente influenza della NATO, che si estenderebbe fino a qualsiasi nuovo confine russo-ucraino potrebbe essere definito al termine del conflitto.
La Polonia e l’Ucraina hanno firmato un accordo di cooperazione sulla guerra con i droni che vedrà l’Ucraina condividere le sue esperienze rilevanti con la Polonia, entrambe sviluppando congiuntamente nuovi metodi difensivi e le loro forze armate rafforzando ulteriormente la loro interoperabilità in conformità con la sicurezza dell’estate 2024 patto . Il ministro della Difesa polacco ha inoltre dichiarato che “sappiamo benissimo che la linea di sicurezza del nostro Paese corre lungo la linea del fronte tra Ucraina e Russia”, il che equivale alla profondità strategica polacca all’interno dell’Ucraina.
L’abbattimento senza precedenti da parte della NATO di droni russi sulla Polonia, che probabilmente hanno deviato dalla rotta a causa del disturbo del blocco e sono stati poi sfruttati dalle forze dello stato profondo nel tentativo di manipolare il presidente per entrare in guerra con la Russia, come spiegato rispettivamente qui e qui , ha fornito l’impulso per questo accordo. La NATO ha quindi lanciato l'” Operazione Eastern Sentry ” in Polonia e Romania per rafforzare le difese antiaeree del blocco. Ciò è in linea con il concetto di ” muro dei droni ” proposto dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.
L’idea, proposta dagli Stati baltici, è quella di creare un’impenetrabile barriera di guerra elettronica e fisica lungo il confine orientale dell’UE. Questa si abbina alla ” Linea di difesa dell’UE ” che l’Unione sta costruendo, che si riferisce alla combinazione della “Linea di difesa baltica” e dello “Scudo orientale” polacco, che si estenderà dal confine estone-russo fino a quello polacco-bielorusso e potrebbe prevedibilmente essere estesa verso nord fino a includere il confine finlandese-russo. Questo equivale di fatto a una nuova cortina di ferro.
Dato il contesto militare-strategico in rapida evoluzione descritto sopra, sembra quindi che la Polonia intenda estendere indirettamente la componente “muro dei droni” della “Linea di Difesa UE” all’Ucraina attraverso il nuovo accordo di cooperazione per la guerra con i droni. Il duopolio al potere in Polonia, che vede il presidente conservatore-nazionalista e il primo ministro liberal-globalista, si aspetta di trarne beneficio consolidando la profondità strategica del proprio Paese in Ucraina, come dichiarato dal Ministro della Difesa polacco.
Per quanto riguarda l’Ucraina, i piani espliciti della Polonia di trarre profitto dall’Ucraina potrebbero ipoteticamente essere moderati attraverso questi mezzi, ad esempio se l’Ucraina proponesse di essere remunerata per condividere la sua esperienza nella guerra con i droni con la Polonia attraverso maggiori donazioni militari, invece di acquistarle a credito come ora previsto . Zelensky potrebbe anche calcolare che far funzionare il suo paese come il “muro dei droni” della Polonia, sfruttando la sua paranoia nei confronti della Russia, potrebbe contribuire a trascinarla nel conflitto, come ha cercato di fare dal novembre 2022 .
Anche Polonia e Ucraina hanno interessi comuni. Entrambe vogliono dimostrare a Stati Uniti, Unione Europea e NATO di poter contenere le capacità aeree della Russia (almeno in parte, come vorrebbero far credere) nella regione, ingraziandosi così i loro favori. Un altro punto è che la Polonia riceverà 43,7 miliardi di euro in prestiti agevolati dal programma di investimenti per la difesa dell’UE da 150 miliardi di euro, nell’ambito del ” Piano ReArm Europe ” da 800 miliardi di euro. Parte di questi fondi potrebbe essere destinata a sovvenzionare equipaggiamenti antiaerei e per droni per l’Ucraina.
” Il complesso militare-industriale polacco è vergognosamente sottosviluppato “, quindi potrebbe utilizzare questi prestiti per investire nella sua modernizzazione, dopodiché le suddette attrezzature potrebbero essere vendute all’Ucraina a credito con un forte sconto o forse semplicemente donate. Attraverso questi mezzi, il “muro dei droni” dell’UE potrebbe espandersi indirettamente in Ucraina, dando così origine alla nuova cortina di ferro di fatto e alla relativa influenza della NATO, estendendosi fino a qualsiasi nuovo confine russo-ucraino possa essere individuato al termine del conflitto.
L’UE vuole attrarre maggiormente i suoi stati d’avanguardia orientali diffondendo allarmismo sulla Russia, mentre la mancanza di critiche da parte degli Stati Uniti è dovuta all’interesse di Trump nell’evitare qualsiasi cosa che possa indurre Putin a interrompere i colloqui sull’Ucraina se sospettasse che siano uno stratagemma per guadagnare tempo e abbassare la guardia.
Gli Stati Uniti sono determinati a ostacolare l’ascesa dell’India come Grande Potenza per le ragioni spiegate qui , e a tal fine hanno imposto dazi del 50% al Paese e hanno fatto ricorso ad altre forme di pressione nei suoi confronti, nel tentativo di ottenere un accordo commerciale sbilanciato in stile UE, subordinandolo come vassallo, mentre l’UE si è dimostrata generalmente più amichevole. Questi ruoli si sono sorprendentemente invertiti per quanto riguarda la partecipazione dell’India alle recenti esercitazioni Zapad 2025 , dopo che l’UE ha criticato la questione, mentre gli Stati Uniti non sembravano preoccuparsene, come intuito dalla loro assenza di critiche.
L’Alto rappresentante per la politica estera dell’UE, Kaja Kallas, ha dichiarato che “questa è una grande preoccupazione per i nostri Paesi. Se desiderate legami più stretti con noi, perché partecipare a esercitazioni che rappresentano una minaccia esistenziale per noi? Quindi, per essere molto chiari su questo messaggio, non la prenderemo alla leggera”. Il portavoce del Ministero degli Affari Esteri indiano, Randhir Jaiswal, ha poi replicato che “diversi altri Paesi, tra cui membri della NATO, come Stati Uniti, Turchia e Ungheria, stanno partecipando alle esercitazioni in qualità di osservatori”.
Ciò è vero poiché gli Stati Uniti hanno inviato una delegazione di osservatori in Bielorussia, dove si è svolta la maggior parte delle esercitazioni, sebbene sia opportuno chiarire che il contingente indiano ha partecipato solo alla parte di queste esercitazioni che si è svolta a Nižnij Novgorod . In ogni caso, la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha espresso la speranza che gli osservatori statunitensi si rendessero conto che queste esercitazioni non costituivano una minaccia, e poco dopo ha attaccato duramente l’UE per le sue critiche all’India per la sua partecipazione in una dichiarazione separata.
L’ambasciatore statunitense presso la NATO Matthew Whittaker ha dichiarato candidamente a Fox News la scorsa settimana che “penso che la minaccia russa a volte sia un po’ esagerata”, il che, pur essendo stato fatto nel contesto dell’incursione dei droni russi ( probabilmente accidentale ) in Polonia, è rilevante anche per quanto riguarda Zapad 2025. È quindi chiaro che agli Stati Uniti non sembrava importare né di Zapad 2025 né della partecipazione dell’India, mentre l’UE considerava le esercitazioni una “minaccia esistenziale” e la Polonia ha persino chiuso il confine con la Bielorussia con questo pretesto.
L’approccio degli Stati Uniti può essere attribuito all’interesse di Trump a mantenere il dialogo con Putin, il che richiede alla sua amministrazione di astenersi da una retorica allarmistica che potrebbe indurre il leader russo a interrompere i colloqui sospettando che la sua controparte stia solo prendendo tempo prima di un’escalation pianificata . Per quanto riguarda l’UE, il suo interesse risiede proprio nell’allarmismo che gli Stati Uniti stanno cercando di evitare, sia per via della sua leadership che teme patologicamente la Russia, sia per attrarre maggiormente i suoi stati d’avanguardia orientali.
Il risultato è che gli Stati Uniti hanno rispettato la partecipazione dell’India a Zapad 2025, nonostante la loro continua campagna di pressione nei suoi confronti, mentre l’UE si è dimostrata irrispettosa, nonostante fosse generalmente più amichevole nei confronti dell’India e avesse avviato con essa colloqui commerciali ad alto livello . Sebbene questa dinamica possa di fatto equivalere a una tattica del “poliziotto buono e poliziotto cattivo”, è stata involontaria, soprattutto dopo che gli Stati Uniti hanno imposto dazi del 50% all’India, in parte con il pretesto dei suoi continui legami militari con la Russia, mantenuti per ragioni di sicurezza nazionale .
Come si è scoperto, gli Stati Uniti hanno intensificato la loro campagna di pressione contro l’India poco dopo la conclusione di Zapad 2025, che ha visto l’India revocare la deroga alle sanzioni di Chabahar del 2019 e Trump riaffermare la sua volontà di riportare le truppe statunitensi alla base aerea di Bagram (rendendo quindi necessari legami ancora più stretti con il Pakistan per facilitare questo obiettivo). Insieme al 19 ° pacchetto di sanzioni dell’UE contro la Russia , che prende di mira le aziende tecnologiche indiane , la pressione occidentale sull’India si sta intensificando, nonostante l’eccezione del fatto che gli Stati Uniti non si preoccupino del proprio ruolo in Zapad 2025.
Si può sostenere che l’intervento diretto dell’Occidente nel conflitto si stia ormai trasformando in un fatto compiuto: è solo questione di come reagirà la Russia e se gli Stati Uniti saranno poi trascinati in una missione più aggressiva.
Il Servizio di Intelligence Estero russo (SVR) ha pubblicato un rapporto in cui mette in guardia sui piani dell’UE di occupare la Moldavia, dove domenica si terranno le prossime elezioni parlamentari. Secondo le loro fonti, sono previste proteste su larga scala dopo la falsificazione del voto da parte dei liberal-globalisti al potere, a seguito delle quali la presidente Maia Sandu chiederà aiuto per sedare quella che definirà una rivolta sostenuta dalla Russia. L’SVR ha anche ribadito l’allarme lanciato lo scorso inverno sulle minacce alle truppe russe in Transnistria, indipendentemente dallo scenario sopra descritto.
A questo proposito, hanno rivelato che “nella regione ucraina di Odessa è in preparazione uno ‘sbarco’ della NATO per intimidire la Transnistria. Secondo le informazioni disponibili, il primo gruppo di militari di carriera provenienti da Francia e Regno Unito è già arrivato a Odessa”. Questa notizia bomba arriva meno di una settimana dopo che il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha confermato, durante una tavola rotonda tra ambasciatori, che la Russia considererebbe qualsiasi truppa straniera in Ucraina come “legittimi obiettivi militari”.
Sebbene fin dall’inizio siano circolate voci sulla presenza di truppe occidentali in Ucraina e non solo di “mercenari” (anche se questi ultimi sono militari in servizio attivo in congedo e senza uniforme), la Russia non lo aveva ancora confermato, da qui le sue ripetute minacce di prenderli di mira se si fossero schierati lì. Il contesto in cui l’SVR ha segnalato la presenza di truppe francesi e britanniche a Odessa riguarda i tentativi dell’Europa , dell’Ucraina e dei guerrafondai statunitensi di manipolare Trump per indurre un’escalation del coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto .
Ciò ha portato Trump a cambiare idea sull’Ucraina e persino ad approvare l’abbattimento da parte della NATO dei jet russi se accusati di aver violato lo spazio aereo dell’Unione, il che rischia di incoraggiarli a organizzare una provocazione per spingerlo a una missione più complessa, anche se in realtà si tratta solo di ” sarcasmo ” o “scacchi 5D” da parte sua, come alcuni credono. Nel frattempo, si sono susseguite voci sulle garanzie di sicurezza occidentali che lui (o almeno il suo team) prevede per l’Ucraina, che potrebbero includere una “no-fly zone” e persino truppe occidentali su e in almeno alcune parti di essa.
Tutto ciò è rilevante per quanto riguarda il fianco rumeno-moldavo di questo conflitto, che, come spiega questa analisi condotta durante l’estate, può essere utilizzato dalla NATO come trampolino di lancio per gli scenari sopra menzionati. Dato quanto appena rivelato dall’SVR, e non c’è motivo di dubitare delle sue fonti né della sincerità dell’SVR nel riportare pubblicamente quanto appena scoperto, alcune truppe occidentali in uniforme (francesi e britanniche) si trovano già in Ucraina. A rendere la situazione ancora più delicata, si trovano a Odessa, che i russi considerano loro.
Anche se non è nel mirino del Cremlino , i russi la tengono ancora a cuore per ragioni storiche, dopo che i loro antenati costruirono quella città da zero, rendendo ancora più provocatorio il fatto che i francesi abbiano finalmente iniziato ad agire sui loro piani speculativi dall’inizio del 2024. Putin deve ora decidere se trattare loro e gli inglesi come bersagli legittimi, esattamente come Lavrov ha detto che la Russia potrebbe fare, oppure trattenersi per ora per evitare l’escalation che quei due vogliono per trascinare Trump in una missione strisciante.
Il dilemma è che colpire le truppe occidentali a Odessa potrebbe innescare una crisi per aver manipolato Trump e indotto gli Stati Uniti a intensificare il loro coinvolgimento nel conflitto, mentre trattenersi per ora potrebbe creare fatti concreti che diventerebbero ancora più difficili (e forse più pericolosi) da invertire in seguito per la Russia. A fine agosto era stato avvertito che ” un intervento diretto della NATO in Ucraina potrebbe presto trasformarsi pericolosamente in un fatto compiuto “, cosa che si sta probabilmente verificando ora, ma è solo una questione di come la Russia reagirà a questo.
Se si scoprisse che il voltafaccia di Trump sull’Ucraina era solo un modo per rendere omaggio all’obiettivo della NATO di infliggere una sconfitta strategica alla Russia e che alla fine non intensificasse il coinvolgimento degli Stati Uniti, allora alcuni membri del blocco potrebbero provare ad abbattere i jet russi sul Baltico per forzargli finalmente la mano.
Trump ha dichiarato a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di sostenere l’abbattimento da parte della NATO dei jet russi che entrano nel suo spazio aereo, ma ha aggiunto che il successivo sostegno americano dipenderà dalle circostanze. Il Segretario di Stato Marco Rubio aveva segnalato in precedenza che gli Stati Uniti non avrebbero sostenuto questa iniziativa “a meno che [i jet russi] non attacchino”. La NATO ha rilasciato una dichiarazione più o meno nello stesso periodo, lasciando intendere la sua disponibilità ad abbattere i jet russi, decisione che il capo della NATO Mark Rutte ha poi chiarito sarebbe stata presa caso per caso.
Tutto questo è avvenuto il giorno dopo che il Ministro degli Esteri polacco Radek Sikorski, durante una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, aveva chiesto in tono beffardo alla Russia di non “venire qui a lamentarsi” se i suoi missili o aerei venissero abbattuti sopra lo spazio aereo dell’Unione. Anche il Primo Ministro polacco Donald Tusk aveva dichiarato lo stesso giorno: “Prenderemo la decisione di abbattere oggetti volanti quando violano il nostro territorio e sorvolano la Polonia – non c’è assolutamente alcuna discussione al riguardo”, ma poi aveva precisato il suo commento, proprio come avevano fatto in seguito Rubio e Rutte.
Ha aggiunto che “Quando ci troviamo di fronte a situazioni non del tutto chiare, come il recente sorvolo di aerei da caccia russi sulla piattaforma Petrobaltic – ma senza alcuna violazione, perché queste non sono le nostre acque territoriali – bisogna davvero pensarci due volte prima di decidere azioni che potrebbero innescare una fase di conflitto molto acuta. Devo anche essere assolutamente certo… che tutti gli alleati tratteranno la situazione esattamente come noi”. Il contesto più ampio riguarda due recenti incidenti dubbi legati alla Russia.
Il primo è avvenuto all’inizio di settembre, quando diversi droni russi sono entrati nello spazio aereo polacco, ma ciò è stato probabilmente dovuto a un disturbo della NATO in vista delle esercitazioni Zapad 2025 in Bielorussia, mentre il danno subito da un’abitazione locale è stato rivelato essere stato causato da un missile polacco fuori controllo. Quanto al secondo, l’Estonia ha affermato poco dopo che tre jet russi hanno violato il suo spazio aereo marittimo, e ha ragioni politiche egoistiche nei confronti degli Stati Uniti per mentire al riguardo, come spiegato qui .
Trump ha dato credito a quanto sopra promettendo che gli Stati Uniti avrebbero difeso quei due dalla Russia se la situazione continuasse a peggiorare, come lui ritiene. A questo punto, il Segretario alla Guerra Pete Hegseth ha dichiarato alla sua controparte estone che gli Stati Uniti “sono al fianco di tutti gli alleati della NATO e che qualsiasi incursione nello spazio aereo della NATO è inaccettabile”. Anche l’ambasciatore statunitense all’ONU Mike Waltz ha affermato, durante la riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite citata in precedenza, che “gli Stati Uniti e i nostri alleati difenderanno ogni centimetro del territorio della NATO”.
Queste dichiarazioni di sostegno allo scenario in cui la NATO tenta di abbattere i jet russi, nonostante dipendano dalle circostanze in cui ciò potrebbe verificarsi secondo Trump e Rubio, potrebbero incoraggiare Polonia, Estonia e altri alleati baltici a tentare di farlo su quel mare con il falso pretesto di aver violato il suo spazio aereo. Lo scopo sarebbe quello di spingere la Russia a reagire contro la NATO al fine di innescare una crisi di rischio nucleare che, secondo loro, finirebbe per costringere la Russia a una decisione sbilanciata.cessate il fuoco in Ucraina.
Il voltafaccia di Trump , dal dichiarare che Zelensky “non ha le carte in regola” per vincere all’attuale dichiarazione di poter riconquistare tutto il territorio perduto dall’Ucraina e forse anche parte del territorio universalmente riconosciuto dalla Russia con il sostegno della NATO, non ha ancora portato a un’escalation significativa del coinvolgimento degli Stati Uniti. Se si scoprisse che stava solo a parole, a sostegno dell’obiettivo della NATO di infliggere una sconfitta strategica alla Russia, allora alcuni degli alleati di cui sopra potrebbero tentare di abbattere i jet russi sul Baltico per forzargli finalmente la mano.
Ancora peggio, tutto ciò sarebbe dovuto alla brama di denaro e potere di Zelensky, e non a qualche motivo legittimo.
Il voltafaccia di Trump sull’Ucraina è stato spiegato qui come dovuto in parte alla sua risposta alle indiscrezioni di guerrafondai come Zelensky, che in seguito si è vantato : “A poco a poco, (Trump) si è reso conto che Putin stava semplicemente condividendo informazioni lontane dalla verità sul campo di battaglia. Ora si fida molto di più di me perché le informazioni che la mia intelligence possiede le condividiamo con i nostri partner”. Questo sta portando Trump a essere manipolato da Zelensky fino a un disastro di proporzioni epiche, se non si sveglia presto.
Il leader americano ha probabilmente preso per buona l’affermazione della sua controparte ucraina di aver riconquistato 360 chilometri quadrati nelle ultime settimane, nonostante il suo stesso generale di grado più elevato avesse precedentemente stimato che la quantità fosse meno della metà, ovvero solo 160 chilometri quadrati . Questo potrebbe averlo convinto che la sua nuova politica di vendita di nuove armi alla NATO a prezzo pieno per il successivo trasferimento in Ucraina stia dando i suoi frutti. Zelensky è stato probabilmente anche il responsabile del fatto che Trump abbia scritto nel suo post che l’economia russa è in gravi difficoltà.
Queste false convinzioni, basate su bugie spacciate da Zelensky per “intelligence”, hanno probabilmente incoraggiato Trump a dichiarare il suo sostegno all’abbattimento dei jet russi da parte della NATO con il pretesto che violassero lo spazio aereo dell’Unione, dopo l’ ultima dubbia affermazione in tal senso da parte dell’Estonia. Ha anche minacciato “un giro molto pesante di dazi doganali” contro la Russia nel suo discorso alle Nazioni Unite , presumibilmente contro Cina e India, che ha descritto come “i principali finanziatori della guerra in corso”, a patto che l’UE segua l’esempio.
Questa politica in evoluzione nei confronti del conflitto ucraino – che include componenti militari (maggiori vendite di armi alla NATO e sostegno al blocco nell’abbattimento dei jet russi) ed economiche (sanzioni primarie e secondarie) – è in gran parte guidata anche dall’altra bugia di Zelensky, in cui Trump è caduto. Questa bugia è legata alla sua falsa convinzione che “la Russia sta combattendo senza scopo da tre anni e mezzo, una guerra che una vera potenza militare avrebbe dovuto vincere in meno di una settimana… la sta facendo apparire come una ‘tigre di carta’”.
La realtà è che il Regno Unito e la Polonia hanno sabotato i colloqui di pace della primavera del 2022, dopodiché il conflitto si è evoluto in una “guerra di logoramento”, mentre la NATO cercava di bilanciare la superiorità militare della Russia sull’Ucraina attraverso un supporto militare, logistico e di intelligence senza precedenti. La riluttanza di Putin a intensificare proattivamente la speciale…La sua decisione di passare da un’operazione a una guerra scioccante e terrificante, che si condivida o meno la sua logica, è dovuta alla sua sincera convinzione che russi e ucraini “siano un unico popolo”, come ha ampiamente spiegato nel luglio 2021.
Ciononostante, all’inizio della settimana ha ribadito che “la Russia è pienamente in grado di rispondere a qualsiasi minaccia attuale o emergente, non a parole, ma attraverso misure tecnico-militari concrete”. Pertanto, se Trump si lascia manipolare da Zelensky per aumentare le tensioni con la Russia o per sostenere chi lo fa (come se un alleato della NATO abbattesse un jet russo), allora lo attende un disastro di proporzioni epiche. Ancora peggio, sarebbe tutto a causa della brama di denaro e potere di Zelensky, non per una ragione legittima.
Zelensky vuole solo che più fondi e armi affluiscano all’Ucraina, entrambi forniti sempre più dall’UE a scapito del tenore di vita dei suoi cittadini, che continua a peggiorare a causa delle sanzioni anti-russe dell’Unione, eppure Trump ora pensa di essere il nuovo Churchill che combatte il nuovo Hitler. È deludente che lo stesso autore di “L’arte del patto” sia ora interpretato dall’ex comico che una volta definiva beffardamente ” il più grande venditore “, ma questa è la situazione.
Le accuse di ipocrisia abbonderanno a causa della sua opposizione ai piani di altri, ma l’unica conseguenza probabile sarà una copertura mediatica negativa, poiché la Russia probabilmente non rischierà una guerra con la NATO lanciando un attacco preventivo contro le testate nucleari francesi in Polonia o contro gli impianti nucleari polacchi.
Il presidente polacco Karol Nawrocki ha dichiarato ai media francesi durante il suo viaggio a Parigi: “Credo che la Polonia dovrebbe partecipare al programma di condivisione nucleare, dovrebbe avere le proprie capacità nucleari: energetiche e militari. Questo è lo scopo del partenariato polacco-francese… (ma) potrebbe essere troppo presto per parlare [di sviluppo di un’arma nucleare polacca]”. Questo avviene sei mesi dopo che il primo ministro Donald Tusk, il suo rivale liberal-globalista, ha dichiarato al parlamento che la Polonia sta “trattando seriamente con la Francia” per ospitare le sue armi nucleari.
Il loro accordo aumenta le possibilità che si possano effettivamente fare progressi, poiché la politica estera polacca è formulata attraverso la collaborazione tra il Presidente, il Primo Ministro e il Ministro degli Esteri, quest’ultimo oggi stretto alleato di Tusk, Radek Sikorski. Tutti e tre apparentemente hanno concluso che la riluttanza di Trump a fare qualsiasi cosa che possa indurre Putin a porre fine ai colloqui sull’Ucraina, per non parlare di un’escalation significativa delle tensioni tra NATO e Russia, riduce le possibilità che gli Stati Uniti trasferiscano parte delle loro armi nucleari alla Polonia.
Per ragioni storiche, il duopolio al potere in Polonia, rappresentato dai conservatori-nazionalisti (certamente imperfetti) di Nawrocki e dai liberal-globalisti di Tusk, teme patologicamente la Russia, così come la maggior parte della popolazione. Né l’élite né il popolo si “sentiranno quindi al sicuro”, come loro credono, a meno che la Polonia non riesca a “scoraggiare” la Russia e a “proteggersi” senza fare affidamento su altri nell’inverosimile scenario di un attacco. L’articolo 5 è considerato sacro, tuttavia, informalmente, sussistono dubbi sull’effettivo impegno degli Stati Uniti nei suoi confronti.
Ospitare testate nucleari francesi e potenzialmente svilupparne una propria in futuro sono quindi visti dalla Polonia come un mezzo per raggiungere questo obiettivo, con l’interesse di Parigi in questo accordo (inclusa forse la seconda parte che violerebbe il Trattato di non proliferazione) che consiste nel competere con la Germania per l’influenza regionale. È stata questa motivazione, dopotutto, a spingere il presidente Emmanuel Macron a flirtare con l’idea di estendere l’ombrello nucleare del suo paese all’Europa all’inizio di quest’anno. Installare testate nucleari in Polonia è il modo più rapido per farlo.
Dal punto di vista degli Stati Uniti, il conseguente inasprimento delle tensioni tra UE e Russia rafforzerebbe la strategia del “divide et impera”, mentre chiuderebbe un occhio sui possibili piani della Polonia di sviluppare una propria arma nucleare, proprio come fece in precedenza con il Pakistan, spostando l’equilibrio di potere regionale a favore degli Stati Uniti. Nonostante i timori polacchi circa l’impegno degli Stati Uniti nei confronti dell’Articolo 5, non ci si aspetta che gli Stati Uniti si tirino indietro se la Russia lanciasse un attacco preventivo contro gli impianti nucleari polacchi, sulla falsariga di quello israeliano contro quelli iracheni nel 1981.
L’applicazione europea della strategia statunitense ” Lead From Behind ” mira a sostenere la rinascita della Polonia come Grande Potenza, che si assumerebbe quindi un maggiore onere per il contenimento della Russia nell’Europa centrale e orientale attraverso la sua leadership nell'” Iniziativa dei Tre Mari ” in questo ampio spazio. Ciò consentirebbe agli Stati Uniti di ridistribuire parte delle proprie truppe in Europa in Asia per contenere più efficacemente la Cina. Ci si aspetta quindi che gli Stati Uniti sostengano tacitamente i piani nucleari della Polonia nel perseguimento di questi grandi obiettivi strategici.
Le accuse di ipocrisia abbonderanno a causa della sua opposizione ai presunti piani di altri, che di recente hanno visto gli Stati Uniti bombardare impianti nucleari iraniani con questo pretesto, ma l’unica conseguenza probabile sarà una copertura mediatica negativa, poiché la Russia probabilmente non rischierà una guerra con la NATO per questo. Ciononostante, gli scenari in cui la Francia dispiega armi nucleari in Polonia e la Polonia potenzialmente un giorno ne sviluppa una propria aumenterebbero il rischio di una Terza Guerra Mondiale per errore di calcolo, ma a loro e agli Stati Uniti non sembra importare molto.
La guerra per procura ha raggiunto un punto molto pericoloso, in cui le tensioni potrebbero presto sfuggire al controllo.
Trump ha sorpreso il mondo con un lungo post in cui esprimeva la sua nuova opinione secondo cui l’Ucraina potrebbe non solo riconquistare tutto il territorio perduto, a condizione del continuo sostegno della NATO, ma potrebbe “anche andare oltre!”. Non è chiaro a questo punto se sia seriamente intenzionato a ripetere la politica di Biden di sostenere l’Ucraina “per tutto il tempo necessario”, il che potrebbe trasformare il conflitto in un’altra “guerra infinita” e/o rischiare una terza guerra mondiale con la Russia, ma ecco i cinque motivi più probabili dietro il suo voltafaccia retorico:
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1. Segnalare disappunto nei confronti di Putin
Trump credeva che la sua amicizia con Putin lo avrebbe aiutato a mediare la pace, ma ciò non è accaduto perché Putin non voleva fare concessioni strategico-militari in Ucraina in cambio degli investimenti promessi dagli Stati Uniti. Trump non ha mostrato alcun interesse a costringere Zelensky a fare lo stesso in cambio del permesso di Putin per questi investimenti nel settore delle risorse russe. Il post di Trump è stato quindi un modo per segnalare il suo disappunto nei confronti di Putin per questo dilemma a somma zero di cui Trump stesso è responsabile.
2. Segnalare soddisfazione per l’Ucraina e la NATO
Allo stesso tempo, il suo post segnala anche la soddisfazione dell’Ucraina e della NATO, dopo che ciascuna di loro si è piegata alle sue richieste a modo suo: la prima accettando un accordo modificato sui minerali in primavera e la seconda accettando durante l’estate di acquistare nuove armi statunitensi a prezzo pieno da trasferire all’Ucraina. Adeguarsi a parole all’obiettivo comune di infliggere una sconfitta strategica alla Russia è quindi il minimo che possa fare in cambio. Serve anche a incoraggiarli ad accettare le sue future richieste, ogni volta che deciderà di avanzarle.
3. Promuovere il complesso militare-industriale
Sulla base di quanto sopra, il suo accordo con la NATO amplierà ulteriormente il ruolo degli Stati Uniti come principale fornitore di armi al mondo, che il SIPRI ha stimato essere pari a un enorme 43% della quota globale tra il 2020 e il 2024, rispetto al 9,6% della Francia, seconda in classifica, e al 7,8% della Russia, terza in classifica. Di conseguenza, Trump probabilmente si aspetta che gli ordini di armi statunitensi alla NATO aumentino dopo aver dato falso credito alla fantasia politica di infliggere una sconfitta strategica alla Russia, il che dimostra l’acume imprenditoriale che si cela dietro il suo incarico.
4. Rispondere ai sussurri dei guerrafondai
Zelensky, Lindsey Graham e altri guerrafondai sussurrano all’orecchio di Trump da un po’, quindi non si può escludere che stia finalmente rispondendo dopo che sono riusciti a manipolare con successo le sue percezioni. Dopotutto, ha premesso il suo post specificando di averlo scritto “Dopo aver conosciuto e compreso appieno la situazione militare ed economica tra Ucraina e Russia”, il che suggerisce che si sia finalmente disilluso dalle sue opinioni finora relativamente pragmatiche sul conflitto, preferendo un’escalation.
5. Creare più opportunità da sfruttare
Infine, perpetuare il conflitto potrebbe essere visto da Trump come un mezzo per creare maggiori opportunità da sfruttare dopo l’ accordo commerciale sbilanciato che ha ottenuto dall’UE durante l’estate, rendendola di fatto il più grande stato vassallo degli Stati Uniti di sempre. Finché le tensioni rimarranno gestibili, che sembra essere la premessa (corretta o meno) su cui manterrebbe e forse persino intensificherebbe il coinvolgimento americano, gli Stati Uniti potrebbero potenzialmente trarre maggiori vantaggi dai propri alleati per trarne conseguente vantaggio.
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Resta da vedere se gli Stati Uniti intensificheranno la situazione e quale forma assumeranno, ma qualsiasi mossa in quella direzione costringerebbe la Russia a un’escalation di violenza o a un compromesso con gli Stati Uniti per evitare la Terza Guerra Mondiale. La Russia potrebbe anche intensificare preventivamente la situazione per privare gli Stati Uniti dei vantaggi attesi, se Putin fosse convinto che ciò sia inevitabile , ma ciò potrebbe anche essere sfruttato per giustificare un’escalation statunitense ancora maggiore. La guerra per procura ha quindi raggiunto un punto molto pericoloso, in cui le tensioni potrebbero presto sfuggire di mano.
Le conseguenze strategico-militari potrebbero ulteriormente ridurre l’interesse della Russia verso qualsiasi compromesso politico che consenta che ciò accada.
Il nuovo capo dell’Agenzia per lo Sviluppo Industriale (IDA) , di proprietà del Tesoro polacco , ha recentemente rivelato in un’intervista di metà settembre che il dipartimento internazionale darà priorità ai progetti infrastrutturali ucraini. Bartlomiej Babuska ha affermato che questi potrebbero includere la costruzione di una ferrovia a scartamento ridotto per Odessa, di un porto polacco sul Mar Nero e di un terminal cargo aereo nell’Ucraina centrale. Tutti e tre contribuirebbero ad aprire nuovi mercati per le esportazioni polacche in Turchia, nel Levante e nel Nord Africa.
Ha aggiunto che il progetto ferroviario di Odessa è già stato discusso e potrebbe persino concretizzarsi nella costruzione di ferrovie a scartamento ridotto e a scartamento largo affiancate, seguendo l’esempio dell’Azerbaigian. A questo proposito, Babuska ha citato la decisione dell’estate scorsa di ampliare l’impianto ferroviario Euroterminal Slawkow nella Polonia sudoccidentale, che è significativamente l’ unico hub merci dell’UE adattato a gestire treni a scartamento largo provenienti dall’ex Unione Sovietica, trasformandolo nel più grande hub logistico del blocco per supportare la ricostruzione dell’Ucraina.
Secondo lui, “Così come la ragion d’essere della Polonia è difendere l’Ucraina dalla Russia, così lo è anche costruire le sue infrastrutture verso est. Possedere un porto sul Mar Nero per la prima volta nella storia è alla nostra portata”. Proprio come il Gran Principato di Moscovia, lo Zarato di Moscovia e poi l’Impero russo cercarono porti in acque calde, così anche l’Unione Polacco-Lituana e poi la Confederazione cercarono porti sul Mar Nero, ma non ci riuscirono mai. Ecco alcuni briefing recenti:
Per riassumere, la Polonia ha saggiamente concluso che la diplomazia economica è un modo molto meno rischioso per trarre profitto dall’Ucraina del dopoguerra rispetto allo schieramentotruppe lì, che potrebbero essere prese di mira dagli ultranazionalisti locali a causa della loro memoria storica di quella che considerano secoli di “occupazione polacca”. Sfruttare il suo ruolo di ancora di salvezza logistica dell’Ucraina e porta d’accesso all’UE è quindi visto come il mezzo per superare in astuzia la Germania nei suoi contratti di ricostruzione e nell’accesso logistico ai mercati del Sud del mondo.
Questa visione di connettività economica ha anche una dimensione militare. La proposta di una ferrovia a scartamento ridotto per Odessa faciliterebbe l’invio di equipaggiamenti e forse anche di truppe, queste ultime subordinate alle garanzie di sicurezza occidentali fornite all’Ucraina, in caso di un altro conflitto. La nascente espansione de facto di ” Schengen militare ” all’Ucraina potrebbe anche rafforzare la cooperazione militare polacco-turca lì e/o nel Mar Nero, dato il loro ruolo di terzo e secondo esercito più grande della NATO.
Se i tre progetti proposti dall’IDA, ovvero una ferrovia a scartamento ridotto per Odessa, un porto sul Mar Nero e un terminal per il trasporto aereo merci nell’Ucraina centrale, dovessero concretizzarsi, si tratterebbe di un’importante mossa di potere da parte della Polonia all’interno della sfera d’influenza russa nell’Europa orientale. Le conseguenze strategico-militari potrebbero quindi ridurre ulteriormente l’interesse della Russia per qualsiasi compromesso politico che consenta tale realizzazione. In caso contrario, tuttavia, ci si aspetta una rinascita della storica rivalità polacco-russa in Ucraina.
Gli Stati Uniti hanno deciso che l’ascesa dell’India a grande potenza deve essere ostacolata e perseguiranno questo obiettivo con tutti i mezzi possibili.
Trump ha finalmente dato seguito alla minaccia di febbraio di revocare la deroga alle sanzioni del suo primo mandato per il porto iraniano di Chabahar, promulgata per aiutare l’India a sostenere la ricostruzione dell’Afghanistan. Tale struttura è gestita in parte dall’India, che ne fa affidamento come punto di accesso al Corridoio di Trasporto Nord-Sud per i collegamenti con le Repubbliche dell’Asia Centrale (RCA) e la Russia. Gli Stati Uniti, tuttavia, erano stati finora soddisfatti dell’ingresso dell’India nelle RCA, poiché lo consideravano un modo delicato per bilanciare l’influenza cinese.
Questi calcoli sono poi cambiati a causa della furia di Trump per il rifiuto del Primo Ministro Narendra Modi di emulare l’ accordo commerciale sbilanciato dell’UE con gli Stati Uniti, rimuovendo tutti o almeno la maggior parte dei dazi sulle importazioni americane. Revocare questa deroga significa mettere l’India di fronte a un dilemma strategico. Può opporsi alle sanzioni anti-iraniane degli Stati Uniti a costo di sanzioni secondarie, oltre ai dazi del 50% già imposti, oppure rispettarle, a costo di cedere influenza nelle RCA alla Cina.
Queste mosse consecutive sconcertano l’India e si allineano ai timori che gli Stati Uniti siano determinati a ostacolare la sua ascesa a Grande Potenza . Alcuni temono che la revoca della deroga alle sanzioni di Chabahar potrebbe essere seguita dalla revoca della deroga alle sanzioni per gli S-400 , mentre il ripristino da parte del Pakistan del suo tradizionale status di principale alleato regionale degli Stati Uniti potrebbe comportare l’acquisto di armi americane all’avanguardia, pagate dal loro comune alleato saudita . Questi scenari credibili potrebbero intensificare il tentativo degli Stati Uniti di contenere l’India, se si materializzassero.
Anche se l’India capitolasse alle richieste americane di diventare essenzialmente il suo più grande stato vassallo di sempre, tuttavia, il riavvicinamento tra Stati Uniti e Pakistan probabilmente rimarrebbe in carreggiata, poiché entrambi hanno interesse a ristabilire la propria influenza sull’Afghanistan. Il ritorno delle truppe alla base aerea di Bagram consentirebbe agli Stati Uniti di minacciare simultaneamente Russia, Cina e Iran, mentre il Pakistan potrebbe collegarsi al nuovo corridoio TRIPP per potenziare l’influenza regionale del loro comune alleato turco a spese di questi tre.
Questa intuizione riduce le probabilità che l’India ceda al ricatto degli Stati Uniti, già basse anche prima di questi ultimi sviluppi, poiché la rimozione di tutti o almeno della maggior parte dei dazi sulle importazioni americane – in particolare quelle agricole – farebbe impennare la disoccupazione e porterebbe inevitabilmente a disordini socio-politici. Allo stesso modo, il dumping di petrolio e armi russi (i pretesti ufficiali per i dazi del 50% di Trump) renderebbe l’India dipendente dagli Stati Uniti, che potrebbero quindi ” svenderlo ” alla Cina nell’ambito di un grande accordo “G2″/”Chimerica”.
Ci si aspetta quindi che gli Stati Uniti continuino a cercare di subordinare l’India come un vassallo. Che capitoli o resista, il risultato sarà lo stesso: il riavvicinamento tra Stati Uniti e Pakistan proseguirà sulla buona strada per stringere il cappio di contenimento attorno all’India, mentre si faranno tutti gli sforzi per destabilizzarla dall’interno, sfruttando il malcontento economico per provocare disordini socio-politici. Gli Stati Uniti hanno deciso che l’ascesa dell’India come Grande Potenza deve essere ostacolata e perseguiranno questo obiettivo con tutti i mezzi possibili.
Non si possono escludere la messa al bando dell’AfD, altre morti “statisticamente evidenti” dei suoi candidati e persino una ripetizione dello scenario rumeno, mentre l’opposizione nazionalista continua a crescere in popolarità.
Un sondaggio condotto da media tedeschi finanziati con fondi pubblici ha rivelato che l’AfD è ancora una volta pari alla CDU al governo in termini di popolarità, con un 26% ciascuno, percentuale che Euractiv ha valutato come prova della sua tenuta. Hanno anche valutato che la triplicazione dei consensi alle ultime elezioni in Renania Settentrionale-Vestfalia, il Land più popoloso della Germania, al 14,5%, “ha sottolineato la crescente base nazionale del partito”. Questo nonostante le diffamazioni mediatiche, in particolare il suo appoggio al Cremlino e ad estremisti , e la morte ” statisticamente evidente ” di sette candidati.
Il crescente sostegno all’AfD in tutta la Germania può essere attribuito alla recessione non ufficiale in cui la Germania è entrata nel 2022 dopo aver ceduto alle pressioni degli Stati Uniti per sanzionare la Russia in solidarietà con l’Ucraina e da cui sta ancora faticando a riprendersi . In parole povere, l’interruzione dell’accesso affidabile all’energia a basso costo ha fatto aumentare i prezzi su tutta la linea, riducendo la competitività delle aziende tedesche e causando un malessere economico. Questo si è sviluppato parallelamente all’adozione da parte del governo di una forma più “liberal-totalitaria”.
Un numero crescente di tedeschi si è quindi naturalmente orientato verso l’unica vera forza politica alternativa emersa nel Paese fino a quel momento, resa ancora più attraente dal suo approccio pragmatico al conflitto ucraino . A questo punto, l’Occidente non può più vincere (finora ufficialmente considerato il ripristino dei confini ucraini precedenti al 2014, ma recentemente descritto da Zelensky come l’Ucraina che semplicemente continua a esistere ): tutto ciò che può fare è raggiungere un accordo con la Russia o rischiare la completa sconfitta del suo stato cliente.
L’AfD è favorevole a un compromesso che apra la strada alla ripresa delle importazioni di gas russo da parte della Germania, mentre l’élite al potere vuole perpetuare la guerra per procura, come dimostrato dal suo ultimo impegno di 9 miliardi di euro all’Ucraina fino al 2026. La prima politica ripristinerebbe la forza dell’economia tedesca e di conseguenza i suoi livelli di spesa sociale pre-conflitto, mentre la seconda perpetuerebbe il malessere economico, arricchendo coloro che investono nel complesso militare-industriale e peggiorandocorruzione in Ucraina.
Tornando all’articolo di Euractiv, hanno concluso con la nota che “Merz non affronterà le elezioni nazionali prima del 2029, ma l’AfD sta tenendo d’occhio una serie di elezioni regionali l’anno prossimo, comprese le elezioni in due stati orientali dove l’estrema destra ha un netto vantaggio nei sondaggi”. Sebbene siano possibili elezioni anticipate, proprio come quelle di febbraio che hanno portato al potere il cancelliere Friedrich Merz e in cui l’AfD ha scioccato l’establishment arrivando secondo, l’élite probabilmente non le rischierà (almeno non ancora).
Non vorranno correre il rischio che l’AfD vinca e c’è ancora molto lavoro da fare per organizzare le elezioni, qualunque esse siano, nel 2029 o prima. Questo potrebbe assumere la forma di mettere al bando l’AfD con pretesti estremisti o di far sì che un numero maggiore di suoi candidati cada vittima di morti “statisticamente evidenti” entro quella data. È anche possibile che si ripeta lo scenario rumeno , in cui risultati elettorali politicamente sconvenienti vengono annullati con pretesti di ingerenze straniere infondate.
In un modo o nell’altro, si prevede che l’élite al potere continuerà a resistere ai venti di cambiamento scatenati dalle sue stesse politiche e che ora stanno investendo il Paese, in particolare quelli verso la Russia, che hanno sabotato la solidità strutturale dell’economia. Resta da vedere se riusciranno a tenere fuori dalla cancelleria la leader dell’AfD, Alice Weidel, ma non c’è dubbio che l’attrattiva del suo partito continuerà a crescere, poiché è l’unico che ha veramente a cuore gli interessi nazionali della Germania.
I politici si stanno preparando allo scenario peggiore dal loro punto di vista: l’espulsione degli Stati Uniti dall’emisfero orientale; da qui il loro nuovo obiettivo di raggiungere con urgenza un’autarchia strategica nelle Americhe.
Politico ha citato fonti statunitensi anonime per riferire all’inizio di settembre che la bozza della Strategia di Difesa Nazionale si discosterà radicalmente dai suoi predecessori, tra cui quella di Trump 1.0 del 2018 , dando priorità all’emisfero occidentale rispetto al contenimento di Cina e Russia. Se questa grande svolta strategica dovesse entrare nella versione finale, il che è probabile poiché di solito solo punti relativamente minori vengono modificati durante questo processo, allora ciò sarebbe giustificato dai recenti eventi in Eurasia che hanno indotto un profondo cambiamento nei calcoli degli Stati Uniti.
Certo, ci si aspetta ancora che gli Stati Uniti perseguano il contenimento di Cina e Russia, che collettivamente possono essere definite l’Intesa sino-russa. Ciò avverrà solo più per procura, AUKUS+ nei confronti della Cina e NATO nei confronti della Russia, che con misure dirette come in passato. La prevista iniezione di influenza occidentale nella regione geostrategica dell’Asia centrale tra i due Paesi, tramite la Turchia, membro della NATO, attraverso il nuovo Corridoio TRIPP, completerà le misure sopra menzionate per creare problemi a basso costo.
Il modus operandi in evoluzione degli Stati Uniti è quello di ” guidare da dietro le quinte “, rafforzando i partner regionali attraverso aiuti ISR, supporto logistico e accordi sulle armi, al fine di promuovere interessi geostrategici condivisi senza rischiare un altro imbroglio per sé stessi. I processi multipolari preesistenti, precedenti alla specialeLe operazioni hanno subito un’accelerazione nei 3 anni e mezzo trascorsi e di conseguenza hanno raggiunto un punto in cui un ritorno all’unipolarità è impossibile, anche se la multipolarità complessa deve ancora emergere e potrebbero volerci ancora decenni per farlo.
Il “doppio contenimento” dell’Intesa sino-russa dell’amministrazione Biden è fallito, mentre la grande strategia eurasiatica di Trump 2.0 di una partnership strategica incentrata sulle risorse con la Russia per privare la Cina delle risorse necessarie per accelerare la sua traiettoria di superpotenza è appena fallita, come spiegato qui . Nonostante le grandi speranze che quest’ultima avrebbe avuto successo, col senno di poi era scritto sul muro che Putin probabilmente non l’avrebbe fatto.accettare importanti concessioni territoriali e/o di sicurezza in Ucraina in cambio di tali legami.
Parallelamente al fallimento di queste politiche, la SCO e i BRICS hanno iniziato a svolgere ruoli più complementari nella trasformazione della governance globale, a partire dall’impressionante diversificazione dei legami economico-finanziari di alcuni membri nei confronti dell’Occidente dall’inizio dell’operazione speciale russa. Gli strateghi americani hanno quindi calcolato che il ripristino dell’unipolarismo è impossibile e che una multipolarità più complessa potrebbe quindi caratterizzare i prossimi anni, quindi è tempo di dare priorità al piano di riserva definitivo.
Concentrarsi maggiormente sull’emisfero occidentale anziché sul contenimento diretto dell’Intesa sino-russa mira a invertire il declino dell’egemonia unipolare degli Stati Uniti nella loro metà del mondo. L’obiettivo è riaffermare il loro tradizionale status egemonico attraverso la strategia della ” Fortezza America ” per dominare le risorse e la popolazione dell’emisfero occidentale, consentendo così agli Stati Uniti di raggiungere un’autarchia strategica qualora venissero espulsi dall’emisfero orientale, per quanto improbabile possa sembrare al momento tale possibilità.
La logica alla base della bozza di Strategia di Difesa Nazionale degli Stati Uniti è quindi che i decisori politici si stiano preparando allo scenario peggiore dal loro punto di vista: l’espulsione degli Stati Uniti dall’emisfero orientale. Ciò è dovuto al fatto che accettano che i progressi multipolari degli ultimi anni siano irreversibili e che il costo di un tentativo di rallentare direttamente i loro progressi futuri comporti un rischio troppo elevato di guerra mondiale. Si tratta di un approccio pragmatico, ma resta da vedere se riuscirà davvero a disinnescare le tensioni globali.
È difficile credere che la Russia provocherebbe così sfacciatamente la NATO, rischiando di rovinare i colloqui con gli Stati Uniti e di conseguenza aumentare le tensioni, ma questo è ciò che alcuni vogliono che Trump pensi, così che risponda esattamente in questo modo alle tre affermazioni di questo tipo fatte finora questo mese.
I funzionari occidentali sono innervositi dopo che l’Estonia ha affermato che la scorsa settimana i jet russi hanno violato il suo spazio aereo sopra il Golfo di Finlandia per un totale di 12 minuti. Sono convinti che si sia trattato di una provocazione deliberata contro la NATO a cui bisogna rispondere, altrimenti si rischia di inorgoglire ulteriormente la Russia. Il Ministro della Difesa lituano ha persino lasciato intendere che la prossima volta i jet russi dovrebbero essere abbattuti . La Russia ha replicato che si trattava di un volo di routine per Kaliningrad, rimasto per tutto il tempo al di sopra delle acque internazionali.
Questa accusa segue quella della Polonia che ha attribuito a un drone russo il danno subito da un’abitazione durante l’incursione di questo mese, presumibilmente causato da un disturbo della NATO, come spiegato qui , e quella del portavoce della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen che lo ha accusato di aver disturbato il suo aereo in precedenza. La Polonia ha poi ammesso che questo penultimo incidente è stato probabilmente causato da un missile polacco, mentre i media occidentali come Politico hanno smentito il primo, analizzato rispettivamente qui e qui .
I precedenti sopra menzionati legittimano quindi lo scetticismo nei confronti delle accuse mosse dall’Estonia alla Russia. Poco dopo la loro formulazione, Reuters ha pubblicato un rapporto in cui si affermava che “funzionari del Pentagono si sono incontrati con un gruppo di diplomatici europei a fine agosto e hanno trasmesso un messaggio severo: gli Stati Uniti avevano intenzione di interrompere parte dell’assistenza alla sicurezza a Lettonia, Lituania ed Estonia, tutti membri della NATO confinanti con la Russia”. Secondo loro, alcuni diplomatici dell’UE temevano che ciò potesse incoraggiare la Russia, cosa che ora ritengono sia accaduta.
Il loro rapporto assume un significato completamente diverso se visto da un punto di vista cinico. Sebbene l’intenzione fosse chiaramente quella di incolpare Trump per quanto presumibilmente appena accaduto, dà anche credito alle speculazioni secondo cui l’Estonia avrebbe inventato una bufala politicamente egoistica per mantenere gli Stati Uniti impegnati nei Paesi Baltici. All’inizio dell’anno circolavano voci secondo cui Trump avrebbe potuto ritirare tutte le truppe statunitensi dalla regione e abbandonare l’Articolo 5, il che, sebbene improbabile come spiegato qui , avrebbe potuto scatenare il panico in Estonia.
Di conseguenza, non è escluso che abbiano preso spunto dalla Polonia e da von der Leyen in precedenza per fare un’affermazione drammatica sulla Russia che potrebbe inevitabilmente sgretolarsi sotto esame, ma che serve a scopi politici a breve termine per mobilitare gli europei a sostegno di politiche più energiche. L’Estonia non vuole solo che gli aiuti alla sicurezza americani continuino a fluire nella regione e che le truppe statunitensi vi rimangano, ma che entrambi si espandano, anche attraverso il possibile dispiegamento di F35-A con capacità nucleare.
Il Ministro della Difesa estone ha avanzato questa ipotesi subito dopo l’ultimo vertice NATO, con voci secondo cui il Regno Unito avrebbe potuto inviare alcuni dei suoi missili una volta ricevuti. Come spiegato qui , potrebbero ipoteticamente essere equipaggiati con armi nucleari statunitensi, dato che il Regno Unito non ne possiede più di propri, ma tali piani sarebbero impossibili se Trump riducesse gli aiuti americani alla sicurezza nella regione. L’Estonia potrebbe quindi aver inventato questo scandalo per evitare tale scenario, mantenendo gli Stati Uniti impegnati nella regione.
Tenendo a mente questi interessi politici egoistici, su cui è ragionevole speculare dopo che le narrazioni sui precedenti incidenti legati alla Russia di questo mese sono state sfatate, c’è una probabilità credibile che l’accusa dell’Estonia contro la Russia sia l’ennesima bufala. È difficile credere che la Russia provocherebbe così sfacciatamente la NATO, rischiando di rovinare i colloqui con gli Stati Uniti e di conseguenza di aumentare le tensioni, ma questo è ciò che alcuni vogliono che Trump pensi, affinché risponda a queste tre accuse esattamente in quel modo.
La combinazione tra molti ucraini che continuano a seguire l’ideologia di Bandera, le rivendicazioni dei loro ultranazionalisti su alcune parti della Polonia e la conferma del loro ambasciatore in Polonia che i suoi connazionali non vogliono assimilarsi, costituisce comprensibilmente una minaccia latente alla sicurezza nazionale della Polonia.
Le relazioni polacco-ucraine sono diventate sempre più tese negli ultimi anni a causa della precedente disputa sul grano , del conflitto in corso sul genocidio in Volinia e dell’afflusso di rifugiati ucraini in Polonia. È quest’ultimo elemento il più delicato, poiché è diventato parte della vita quotidiana della maggior parte dei polacchi. Non solo un numero crescente di loro si oppone ai sussidi statali forniti a questa comunità, ma è anche scontento del fatto che molti di loro si rifiutino di integrarsi nella società polacca.
L’ambasciatore ucraino in Polonia, Vasily Bodnar, ha inavvertitamente peggiorato la situazione in un recente post su Facebook in cui ha confermato che i suoi connazionali non vogliono assimilarsi. Il contesto riguarda la decisione presa dallo Stato durante l’estate di consentire l’insegnamento dell’ucraino come seconda lingua straniera nelle scuole, se i genitori lo richiedono, le risorse umane sono disponibili e la scuola dà la sua approvazione. Alcuni polacchi temono che questa misura possa esacerbare le divisioni sociali esistenti, se attuata su larga scala.
Bodnar rispondeva a queste preoccupazioni, facendo riferimento, tra gli altri punti, alla legge sopra menzionata e al contributo dei rifugiati ucraini all’economia polacca, quando ha erroneamente aggiunto: “Vogliamo aiutare i nostri figli a preservare la nostra identità, contribuire al loro ritorno in Ucraina quando la situazione di sicurezza lo consentirà. Siamo a favore della socializzazione e dell’integrazione, ma è chiaro che non siamo a favore dell’assimilazione. La maggior parte dei nostri rifugiati non è qui di propria volontà, ma a causa di una guerra terribile in corso”.
Pur scrivendo quanto fossero “grati”, il post precedente suggeriva che non lo fossero abbastanza da imparare solo il polacco e quindi assimilarsi completamente. La Polonia del dopoguerra divenne una delle società più omogenee al mondo, e fu la prima volta nella storia di questo stato-civiltà millenario che fu quasi esclusivamente etnicamente polacca e cattolica romana da quando iniziò a incorporare slavi orientali e cristiani ortodossi alla fine del X secolo , solo per poi cambiare bruscamente dal 2022 in poi .
Sebbene Bodnar abbia insistito sul fatto che “non abbiamo alcuna intenzione di interferire negli affari interni della Polonia”, il leader dell'”Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini” (OUN) Bogdan Chervak ha minacciosamente ammonito lo scorso autunno che “i polacchi stanno giocando col fuoco” in risposta a un post di merda sulla mappa della Grande Polonia sui social media. Lo scandalo è stato analizzato qui e includeva un avvertimento su come gli ultranazionalisti ucraini ispirati dall’ex capo dell’OUN Stepan Bandera potrebbero ricorrere al terrorismo per avanzare le proprie rivendicazioni sulla Polonia.
Lo scandalo della bandiera di Bandera, avvenuto il mese scorso nello stadio più grande di Varsavia, ha spinto il presidente Karol Nawrocki a proporre una legge che criminalizzerebbe l’ideologia anti-polacca di Bandera, i cui seguaci hanno perpetrato il genocidio in Volinia di oltre 100.000 polacchi. La combinazione della persistente prevalenza di questa ideologia tra gli ucraini, delle rivendicazioni ultranazionaliste su alcune parti della Polonia e della conferma da parte di Bodnar che i suoi connazionali non vogliono assimilarsi, costituisce comprensibilmente una minaccia latente alla sicurezza nazionale.
Pertanto, sebbene l’ucraino possa essere legalmente insegnato come seconda lingua straniera nelle scuole polacche, Nawrocki e i suoi alleati farebbero bene a scoraggiarli dall’approvare tali richieste per motivi di sicurezza nazionale. Sarebbe meglio se la legge venisse modificata, ma la coalizione liberal-globalista al potere potrebbe non sostenere un’iniziativa del genere da parte dell’opposizione conservatrice. In un modo o nell’altro, la Polonia deve garantire che tutti gli ucraini si assimilino, altrimenti un giorno potrebbero minacciare la sua integrità territoriale.
Questi vengono portati avanti attraverso una combinazione di guerra dell’informazione e sostegno alle “ONG” antigovernative (organizzate da Bruxelles) (BONGO).
Il Ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha lanciato l’allarme in un post su Facebook il mese scorso, dopo i colloqui con i suoi omologhi slovacco e serbo, secondo cui Bruxelles starebbe tramando un cambio di regime contro di loro. Questo dopo che il Servizio di Intelligence Estero russo (SVR) ha riferito che l’UE e l’Ucraina stanno sostenendo l’opposizione ungherese in vista delle elezioni parlamentari della prossima primavera. Il contesto più ampio è che tutti hanno sfidato le pressioni dell’UE per interrompere i legami con la Russia e stanno valutando la creazione di una nuova piattaforma di integrazione regionale .
Dal punto di vista egemonico dell’UE, gli attuali governi di questi tre paesi rappresentano effettivamente “un ostacolo sempre più serio a un’Europa unita”, come ha descritto SVR nei confronti di Bruxelles, con l’Ungheria come il Paese principale, seguito dalla Slovacchia e, in misura molto minore, dalla Serbia. Il Primo Ministro di lunga data Viktor Orbán è un’icona del populismo-nazionalismo nel continente, mentre il suo omologo slovacco Robert Fico è tornato in carica solo di recente, ma ha subito seguito le orme di Orbán.
Il presidente serbo Aleksandar Vučić, tuttavia, è una storia completamente diversa, poiché si presenta come un populista-nazionalista ma per molti versi si comporta come un liberal-globalista. Ad esempio, l’SVR ha recentemente accusato il suo governo di aver armato indirettamente l’Ucraina , in seguito al voto contro la Russia all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Sostiene inoltre che le ricorrenti proteste contro il suo governo siano una “Rivoluzione Colorata” , con cui la Russia ha finora concordato, ma è innegabile che alcuni autentici populisti-nazionalisti gli si oppongano ferocemente.
Ciò è dovuto alle sue suddette mosse anti-russe, alle sue concessioni alla Provincia Autonoma del Kosovo e Metohija occupata dalla NATO e al suo atteggiamento ossequioso nei confronti dell’UE. Allo stesso tempo, non ha nemmeno capitolato completamente a tutte le richieste dell’Occidente, ed è per questo che alcuni dei suoi leader liberal-globalisti vogliono deporlo. Pertanto, sebbene sia disonesto descriverlo come un populista-nazionalista alla stregua di Orbán o Fico, è pur vero che tutti e tre non condividono pienamente la linea dell’UE nei confronti della Russia.
Tornando al recente post di Szijjarto, dopo aver chiarito la situazione con Vucic, i piani dell’UE per un cambio di regime contro tutti e tre vengono portati avanti attraverso una combinazione di guerra dell’informazione e sostegno alle “ONG” antigovernative (organizzate da Bruxelles) (BONGO). Lo scopo è quello di rivoltare gli elettori contro i partiti al potere (o qualsiasi candidato presidenziale da essi sostenuto, come nel caso di Vucic, dopo che ha dichiarato che non avrebbe modificato la Costituzione per ricandidarsi) in modo che i loro leader possano essere successivamente deposti “democraticamente”.
Prima delle prossime elezioni, così come nello scenario in cui questo piano fallisca, le guerre di informazione e le proteste BONGO vengono usate come arma per screditare queste figure, come pretesto per giustificare una pressione più diretta dell’UE contro di loro e i loro Paesi. Indipendentemente dalla forma che ciò assuma, l’obiettivo finale del cambio di regime rimane lo stesso. È semplicemente inaccettabile, dal punto di vista egemonico dell’UE, che si opponga a Bruxelles su questioni così importanti come la Russia, anche nel caso della Serbia, paese non membro, poiché ciò ne mina l’autorità.
Guardando al futuro, tutti gli occhi saranno puntati sulle elezioni di primavera in Ungheria, che rappresenteranno la prima occasione per l’UE di “deporre democraticamente” uno di questi tre leader, a meno che la Serbia non tenga elezioni anticipate prima di allora. Nel caso della Serbia, chiunque sostenga Vučić potrebbe portare fino in fondo la sua svolta filo-occidentale, quindi potrebbe non importare se vincerà lui o l’opposizione. È più difficile prevedere cosa accadrà nel caso dell’Ungheria, tuttavia, la sconfitta del partito al governo sarebbe un duro colpo per i nazionalisti populisti in Europa.
Entrambi vogliono “salvare la faccia” dopo l’attacco di Israele al Qatar e ricordare ai musulmani l’importanza di una maggiore cooperazione tecnico-militare all’interno dell’Ummah, non preparare il terreno per uno scontro nucleare tra Israele e Pakistan o per l’imposizione da parte dell’Arabia Saudita di un embargo petrolifero all’India, come alcuni sospettano.
L’Arabia Saudita e il Pakistan hanno appena firmato un ” Accordo di Difesa Strategica Mutua ” (SMDA). Secondo la loro dichiarazione congiunta, esso “mira a sviluppare aspetti della cooperazione in materia di difesa tra i due Paesi e a rafforzare la deterrenza congiunta contro qualsiasi aggressione. L’accordo stabilisce che qualsiasi aggressione contro uno dei due Paesi sarà considerata un’aggressione contro entrambi”. Tuttavia, non specifica alcun obbligo di impiegare la forza militare a loro sostegno, il che lo rende simile all’articolo 5 in termini di ambiguità strategica.
Molti osservatori ritengono che l’Arabia Saudita, alleata degli Stati Uniti, sia rimasta scossa dall’incapacità o dal rifiuto americano di fermare i bombardamenti israeliani su Hamas in Qatar, nonostante la presenza di un’importante base aerea lì. Sta quindi presumibilmente cercando di dissuadere Israele tramite il Pakistan, dotato di armi nucleari, che ha già salvato più volte in passato e che è uno dei suoi tradizionali partner militari. L’apparente contropartita è che l’Arabia Saudita dovrebbe sostenere il Pakistan in qualsiasi futuro scontro con l’India, ad esempio interrompendo le spedizioni di petrolio fino alla cessazione delle ostilità.
Questa è una spiegazione convincente dei loro interessi in questo SMDA, ma altrettanto convincente è l’argomentazione secondo cui si tratta principalmente di un atto simbolico, in nome del soft power, e quindi non di un cambiamento radicale come molti pensano. Innanzitutto, a parte la retorica a tratti infuocata, il Pakistan non ha mai minacciato Israele in modo credibile. Non ricorrerà all’arma nucleare negli scontri con la sua nemesi indiana dotata di armi nucleari, che considera una minaccia esistenziale, quindi è improbabile che vi faccia ricorso contro Israele, dotato di armi nucleari, nello scenario in cui Israele bombardasse l’Arabia Saudita.
A questo proposito, Israele e Arabia Saudita sono in realtà molto vicini, nonostante i loro disaccordi sulla Palestina, e l’Arabia Saudita non ospita gruppi terroristici designati da Israele, a differenza del Qatar. Allo stesso modo, Arabia Saudita e India sono ancora più vicine, con l’India che è uno dei maggiori importatori di petrolio saudita. Entrambi, insieme a Israele, fanno anche parte del Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa ( IMEC ), annunciato a margine del G20 di Delhi nel settembre 2023, ma sospeso per ora in attesa della fine della guerra di Gaza.
Proprio come il Pakistan non ha mai minacciato in modo credibile Israele nonostante la sua retorica infuocata, nemmeno l’Arabia Saudita ha mai minacciato in modo credibile l’India nonostante il sostegno al Pakistan sul Kashmir, quindi non ci si aspetta che appoggi il suo alleato con la forza militare o imponga un embargo petrolifero all’India se dovessero scontrarsi di nuovo. Il vero scopo del loro SMDA sembra quindi essere una risposta simbolica a Israele per “salvare la faccia” dopo il suo attacco al Qatar e ricordare ai musulmani l’importanza di una maggiore cooperazione tecnico-militare all’interno della Ummah.
Lo scenario più realistico in cui uno dei due potrebbe sostenere l’altro con la forza militare sarebbe se gli Houthi riprendessero significative operazioni militari contro l’Arabia Saudita, cosa che farebbero solo nell’improbabile eventualità che i sauditi riprendessero per primi i bombardamenti e Riad chiedesse aiuto al Pakistan. Tuttavia, il Pakistan ha respinto la richiesta dell’Arabia Saudita di navi, aerei e truppe nel 2015, all’inizio delle ostilità, quindi i precedenti suggeriscono che farà lo stesso se gli venisse chiesto di nuovo, a meno che gli Stati Uniti non facciano nulla .
Nel complesso, sebbene sia ipoteticamente possibile che il Pakistan intenda dichiarare guerra a Israele a sostegno dell’Arabia Saudita (il che potrebbe includere la minaccia di usare armi nucleari) se Israele bombardasse l’Arabia Saudita e che l’Arabia Saudita potrebbe imporre un embargo petrolifero all’India se dovesse scontrarsi nuovamente con il Pakistan, entrambi gli scenari sono improbabili. Molti esperti hanno tuttavia un interesse politico o addirittura ideologico nel dare enfasi a quanto sopra, quindi è comprensibile che alcuni possano pensare che questo SMDA sia un grosso problema, anche se probabilmente non lo è.
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Ho un rapporto imbarazzante con le identità digitali come argomento di discussione all’interno dello zeitgeist. Vengo accusato allo stesso tempo di essere un tecnofobo paranoico che fa storie e si fa prendere dal panico per niente, e allo stesso tempo mi vengono dati complimenti per la mia lungimiranza. La verità è che probabilmente dovrei dare la proverbiale “L” alle identità digitali perché pensavo che fossero imminenti durante il COVID e che, in effetti, le identità digitali sarebbero state la rampa di accesso. Niente di tutto questo è successo. L’intera saga del COVID è stata cancellata dalla memoria, e con essa si sono accumulate molte speculazioni e teorie.
In una certa misura, comunque. Era ovvio nel mondo reale che la rete di sorveglianza digitale si stesse sviluppando, anche se per nessun altro motivo se non perché era semplicemente più facile ed efficiente per le persone usare i propri telefoni per tutto piuttosto che armeggiare con carte e documenti. La mia analisi originale dello stato di sorveglianza digitale si basava su ” Sul potere” di Bertrand de Jouvenel . La struttura del potere avrebbe spinto per più intrusioni, più dati e più sistemi di tracciamento semplicemente perché è nella natura intrinseca del potere espandere se stesso e il proprio mandato.
L’espansione della rete digitale come fenomeno emergente potrebbe protrarsi fino a quando la regolamentazione o la capacità tecnologica non consentiranno a Power di formalizzare il proprio controllo.
E ora lo Stato britannico ha annunciato formalmente che l’ID digitale sarà reso obbligatorio, e tutti sono in rivolta. La destra è arrabbiata perché sa che lo Stato li odia, i Britliberali sono arrabbiati perché pensano che verrà usato come strumento razzista contro le minoranze. La sinistra più estrema è furiosa perché il Tony Blair Institute e i suoi miliardari donatori sono dietro l’iniziativa. Alcuni liberali vecchio stampo si oppongono perché è illiberale. Ci sono anche dubbi sulla fattibilità stessa dell’implementazione dell’ID digitale, dato che il governo laburista è profondamente impopolare.
Ho sempre sospettato che il ruolo di Keir Starmer fosse quello di risolvere alcuni problemi chiave, al diavolo la popolarità. Come un rapinatore di banche che entra dalla porta principale, sparando a raffica, invece di aggirarsi furtivamente nel cuore della notte.
Dato che è probabile che questo argomento dominerà il dibattito nel Regno Unito nel prossimo futuro, ho deciso di incorporare alcuni dei miei vecchi video e saggi in questo post prima di proseguire.
Nel 2023, ho partecipato alla Conferenza Witan e ho tenuto il mio primo discorso pubblico, di persona, sul tema delle identità digitali, della sorveglianza e del loro potenziale da incubo. Ironicamente, questo è il discorso che mi ha portato a essere doxato proprio perché la sorveglianza digitale è già così avanzata.
Il discorso è qui.
Non se ne parla abbastanza, ma l’Online Harms Bill si inserirà perfettamente nell’ID digitale sotto forma di verifica dell’età.
Quali sarebbero gli incentivi di un sistema di credito sociale “woke”, in contrasto con quello cinese.
In questo caso, considero il localismo come una potenziale salvaguardia allo stato di sorveglianza tecnocratica.
Non dubito che il mio portfolio di contenuti sullo stato di sorveglianza tecnocratica aumenterà ora che l’ID digitale ha finalmente ricevuto il via libera. La mia prima impressione è di sorpresa per l’indignazione e l’opposizione diffuse.
Sarà sufficiente? Vedremo.
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Gli amici Ernesto e Donato Zero nei loro commenti ad un mio precedente post sollevano considerazioni sensate che anch’io talvolta faccio tra me e me. Eviterei però i facili ottimismi perché l’ esempio della rapida “natoizzazione” dell’ucraina dovrebbe ammonirci tutti.
Alzi la mano , infatti, chi poteva 10 anni fa prevedere che in solo dieci anni sarebbe stato possibile mandare milioni di ucraini , per di più sempre più poveri e disperati , a morire per LORO contro i russi !
Tutte le passate teorie politiche non sono in grado di spiegarlo; hanno sempre sopravvalutato sia il “libero arbitrio” del singolo che l’ “economicismo” delle pulsioni umane. Le masse invece sono sottoposte anche ad altre forze che non vengono mai considerate,
Mi si perdoni qui pertanto l’ardire di un mio “discorso sul metodo” su un argomento, la politica, che è tutt’altro che “scientifico” e lo farò con un opportuno paragone scientifico.
Ad esempio, come si fa a valutare la dinamica di un sistema complesso ben sapendo che l’enorme massa di elementi che lo compongono sono non “misurabili” in modo accurato?
E chiaro che nella sostanza noi chiamiamo politica quella che in modo più corretto dovremmo chiamare “dinamica della polis “ e che questa “polisdinamica” richieda lo stesso approccio che fu usato in fisica per misurare gli effetti del “ calore” su un sistema assolutamente indescrivibile in modo puntuale con le leggi della meccanica.
Noi dovremmo cioè contentarci di trattare la “ polisdinamica” come fu necessario fare con la “termodinamica”, con la differenza che chi studia la trasformazione di un sistema termodinamico è un osservatore esterno mentre noi cerchiamo di “divinare” la “polisdinamica” da “l’interno”, mentre essa agisce su di noi , non solo come la termodinamica fa sulle singole molecole del sistema , ma essendo noi pure “corpi vivi”, in grado quindi di reagire alla dinamica che tutti ci trascina.
Insomma la società umana non è un “gas perfetto” ma un “ gas vischioso”, internamente comprimibile e dotato di un proprio moto come somma del “moto proprio” di tutti gli elementi.
Quindi che cosa possiamo valutare noi “molecole vive” nel “ gas umano” in cui siamo localmente immersi ? L’agitazione locale (aka temperatura), la densità locale e la pressione anchessa locale a cui veniamo sottoposti; ma non possiamo considerare le nostre misure “locali” come valide in tutto il sistema.
Naturalmente, poi, essendo “vivi” possiamo reagire al moto che ci trascina e cercare anche di sfuggirgli in modo coordinato o personale ma non oltre un certo limite in quanto la nostra personale “energia libera” è infima rispetto al “ calore” complessivo del sistema. Le possibilità di coordinamento sono fortemente influenzate da chi può e vuole operare la “transizione del sistema”.
Quindi c’ è una sola cosa che noi “molecole vive” possiamo misurare onde prendere le nostre piccole decisioni: la “velocità” della trasformazione a cui siamo sottoposti una volta che abbiamo capito dove LORO ci vogliono portare.
Sapendo infatti questo, noi possiamo solo tentare di valutare quanto tempo ci manca affinché LORO ci portino con la LORO pressione al NOSTRO “punto critico” di “temperatura”, “ densità” e “pressione” atta alla trasformazione IRREVERSIBILE da LORO decisa. Ad esempio: ammazzarci tutti?.
Ed è questo in fondo il nocciolo della nostra discussione.
Ora è indubbio che la “velocità” della LORO AGENDA rallenti. La “trasformazione” per vari motivi non segue la LORO “ “time table”. La “temperatura” è effettivamente salita, ma questo era voluto; la densità pure, voluto anche questo; ma il sistema è sempre meno “adiabatico” .
C’è un imprevisto “esterno” al sistema con perdite di calore impreviste verso questo “ esterno”. Se LORO vogliono arrivare comunque alla trasformazione da LORO decisa, devono ora aumentare la pressione rinforzando le pareti della caldaia perché così c’è il rischio che scoppi.
Ma la “ velocità” rallenta sufficientemente? Siamo sicuri che “la temperatura” e “la densità” che noi personalmente percepiamo come intollerabile lo sia anche per tutti gli altri? Io vedo solo che per noi “€uromolecole” la pressione non cala e che temperatura e densità aumentano ancora più velocemente, come aumentano sempre più le pareti che ci confinano .
Si forse poi LORO non riusciranno a raggiungere la trasformazione irreversibile che si erano prefissi, ma se ciò avvenisse per lo “scoppio della caldaia”, noi siamo “morti “ lo stesso perché noi non siamo molecole di gas.
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Giorni fa l’ amico Fernando ha commentato alla mie “ tre risposte” con altre 3 domande che ho visto solo oggi e che richiedono altre 3 articolate risposte che darò qui.
Quesito 1)
Sarebbe secondo te lecito pensare che le attività da ovest via europa/ e da sud via Israele ( mettiamoci pure le crisi isteriche delle zitelle scandinave a nord), messe in opera dagli anglosassoni, siano propedeutiche ad un affondo da attuarsi a tempo debito (contando come dici tu sul fatto che la “fascinazione” in Russia potrebbe rocambolescamente ritornare presto e divenire irresistibile come il canto delle sirene) allorché verrà meno “l’ insostituibile”?
Risposta:
Che la Nato -€uropa cerchi sempre più lo scontro DIRETTO è evidente e le motivazioni possono essere varie dalla “ disperazione strategica “ ad un “bluff” per tenere legati gli U$A ad una guerra ormai posta da Trump tutta sulle €urospalle.
Ma non si può escludere anche una abile strategia U$A per frantumare una Russia che LORO sanno essere ancora frantumabile , magari dopo una mirata eliminazione di Putin-
Io però tenderei ad escludere questa evenienza perché non credo che LORO abbiano un completo controllo della realtà russa , cioè non possano controllare come la cosa evolverebbe e chi poi prendesse in mano la “valigetta nucleare”.
Ma nemmeno mi sento di escluderlo completamente perché nessuno conosce il LORO livello di “ disperazione strategica “
Quesito 2)
è possibile che anche Putin sia nella posizione di colui che sta cercando di recuperare ad un errore, nella fattispecie un certo ritardo di “preparazione” e di ambizione nel gran gioco delle grandi potenze, che ora avrebbe esposto la Russia ad un forte rischio di “dissipatio” a favore dell’uno o dell’ altro pesce grosso?
Rosposta :
Certo , anche i “piani” di Putin sono falliti perché le cose stanno andando esattamente come aveva detto il “profeta” Zirinovski e la Russia non è in una condizione strategica “buona”.
La Nato-ucraina “ regge”, la Nato-€uropa si sta “ ucrainizzando” a tappe forzate e lo scontro DIRETTO e sempre più inevitabile e vicino.
Ha sbagliato Putin? Avrebbe dovuto essere da subito più assertivo come diceva Zirinovski in TV ?
Tutto questo è troppo semplicistico , governare è molto più complesso che discettare di geopolitica e anche Putin aveva solide ragioni per fare quello che ha fatto.
Ed io , considerando l’ ampiezza e la profondità de l’ attacco “ occidentale” sviluppato contro la Russia , non credo che potesse essere risolto alla “Zirinovski”. Anzi è proprio la formazione mentale da “ judoka” di Putin che gli ha evitato di cadere in “ sgambetti” così tanto ben preparati.
Quesito 3 : al momento del passaggio dallo stato “Put-in” allo stato “Put-out”, quale potrebbe essere, se c’e, il vantaggio degli occidentali rispetto alla Cina (quale potrebbe essere un lato vulnerabile della Cina, che la confinerebbe all’inazione?)?
Risposta:
Non c’ è nessun vantaggio occidentale se non nella tecnologia della raccolta e manipolazione delle informazioni . E anche questo è un vantaggio che sta scemando : Gli U$A sono in “ disperazione strategica” esattamente come lo era la GB nel 1914 è ha la sola speranza in un “incendio mondiale” da cui rimanere “ separato da due oceani”.
E la Cina è il “convitato di pietra” di questa WW come lo erano gli USA nel 1914.
La differenza però è negli scopi. Al contrario dalla elite USA del 1914 l’ elite cinese non ha alcuna voglia di “partecipare alla festa” , e l’ elite cinese sa benissimo dove LORO vogliono andare “passando per la Russia”, e quindi farà di tutto affinché questo stallo prosegua perché la Cina non ha alcun interesse a che le cose precipitino ne verso la guerra totale che invocano gli €uroburattini , ne verso “l’ appeasement” con “l’ occidente” che sostanzialmente ancora la Russia ricerca.
Daltronde , come ho già spiegato, “l’ appeasement” non ci potrà mai essere senza una rivolta ne l’ €urogregge inviato comunque al “macello”, ma questa “ rivolta” è praticamente impossibile ; le “nostre” elites ci “ucraizzeranno” e lo faranno in tempi molto più corti di quanto anchio potevo sperare ancora un anno fa.
Quindi si tratta solo di prolungare lo stallo più a lungo possibile in attesa di un qualche “evento miracoloso”.
Lo sa Putin , lo sa Xi e dobbiamo saperlo anche noi che stiamo “ come d’ autunno sugli alberi le foglie”.
Ma rispondendo al senso ultimo della tua domanda io credo che la Cina tenterà di smorzare sempre ogni provocazione ( vedi l’ affare Tiktok ) e quindi non farà nulla per essere coinvolta nel conflitto , ma reagirà con violenza quando riterrà la minaccia non aggirabile diversamente.
Nel prologo del dramma di Montherlant “La guerre civile”, questa, presentandosi, dice “Sono la guerra della piazza inferocita, la guerra delle prigioni e delle strade, del vicino contro il vicino, del rivale contro il rivale, dell’amico contro l’amico. Io sono la Guerra civile, io sono la buona guerra, quella dove si sa perché si uccide e chi si uccide: il lupo divora l’agnello, ma non lo odia; ma il lupo odia il lupo”. Già Clausewitz, col Vom Kriege aveva individuato, anche nella guerra tra Stati lo spazio per l’odio nel sentimento ostile che s’accompagna, ma non sempre, a molte guerre internazionali, mentre ad ogni guerra è connaturale l’intenzione ostile.
Nel dibattito sull’assassinio di Charlie Kirk l’odio ha avuto un posto rilevante: e non pare che l’abbia occupato abusivamente, almeno a seguire la tesi di Montherlant. Quel che consegue da questa e dall’opinione di Clausewitz è che non è un elemento necessario in tutte le guerre onde ve ne sono state condotte senza odio: nel libro (postumo) che raccoglie scritti di Rommel, il titolo era Guerra senza odio, riferendosi a quella praticata dal generale tedesco.
Ma non è così per le guerre civili: la coesione in un gruppo sociale, e così in un popolo, presuppone una certo tasso d’amicizia che valga a co-fondare l’unità politica con l’idem sentire de re-publica; se questo non c’è o è carente, i contrasti d’interesse, volontà, opinioni diventano determinanti e corrodono l’unità politica, fino (talvolta) a sfociare nelle guerre civili.
Il carburante principale delle quali è l’odio, come ritenuto da Montherlant.
Una delle caratteristiche di quello contemporaneo è che divide le comunità in senso orizzontale: da una parte le élite e il loro seguito, dall’altra la parte maggioritaria o comunque in crescita dei governati.
Resta il fatto che, almeno in unità politiche con popolazione omogenea, quindi tale per lingua, religione, costumi, storia (e gli altri “fattori” indicati da Renan) occorre (creare, o) aumentare divisioni esistenti in grado di detronizzare quella principale a fondamento dell’unità politica. Ove non si può contare su differenze reali o almeno decisive, occorre lievitarle di guisa da creare un (nuovo) nemico che abbia la conseguenza, naturale in ogni conflitto, di rinsaldare la coesione del gruppo sociale che a quello si oppone. A portata di mano, per realizzare tale operazione, c’è l’intensificare l’odio al nemico scelto. In mancanza di differenze reali si corre così il rischio di crearne di immaginarie.
Una variante delle quali è di identificare il nemico quale nemico dell’umanità o di caratteristiche umane (vedi i “diritti umani”) come sottolineato già un secolo fa da Carl Schmitt; a cui non erano estranei neppure i nazisti quando consideravano i popoli dell’Unione Sovietica degli untermenschen, cioè sotto-uomini, destinati a estingursi o a servire quello tedesco. Molto meglio per assicurare la pace e l’intesa tra popoli la concezione (e la prassi) romana che gli stranieri non erano così diversi (alienigeni) dai romani da non potersi accordare in una pace e una coesistenza concorde e nel comune interesse.
Per cui l’odio è un moltiplicatore dei conflitti, se rivolto a creare nemici all’interno dell’unità politica, inversamente proporzionale alla coesione e potenza della stessa, nei conflitti internazionali, può diventare un elemento di coesione, ma non (o poco) controllabile.
Teodoro Klitsche de la Grange
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