PASTICCIO COSMICO-STORICO, di Teodoro Klitsche de la Grange

PASTICCIO COSMICO-STORICO

Se accadrà, come Di Maio e Salvini prevedono, che alle prossime elezioni europee gli equilibri politici saranno ribaltati, soprattutto per la prevedibile, drastica riduzione dei socialisti e per l’aumento – altrettanto notevole – dei populisti il contributo decisivo a tale risultato sarà dato dagli italiani. E ciò non solo perché i partiti sovran-popul-identitari, si attestano ormai, a seguire i sondaggi post 4 marzo, a circa due terzi dell’elettorato complessivo, nè perché il nostro è l’unico paese euroccidentale ad aver un governo populista “puro”, ma perché la crescita di tali partiti sovran-popul-identitari è stata (inconsuetamente) veloce e tumultuosa.

Al contrario di altri paesi (come la Francia e l’Austria) dove l’incremento fino alle ragguardevoli – ma non maggioritarie – percentuali elettorali si è “spalmato” in un ventennio (e anche qualche anno in più), il nostro si è realizzato in pochi anni; ad essere più precisi dai sette (al minimo) ai 10 (al massimo).

In effetti, come ci è già capitato di notare, nel 2008 i 5 Stelle, e la Lega “sovranista” (cioè salviniana) non erano presenti in Parlamento; lo era la Lega bossiano-secessionista, peraltro in percentuali ridotte.

C’è da interrogarsi quindi sulle cause di un incremento così rapido e travolgente, e su quello che sia successo in quei 7-10 anni per convincere gli italiani a un rapido cambio di regime politico – o più modestamente – di sistema partitico, con il “pensionamento” della vecchia coppia centrosinistra-centrodestra.

Non è sufficiente al riguardo dare la risposta che mi è capitata di sostenere più volte: che la vecchia scriminante del politico, ossia borghese/proletario è finita da quasi trent’anni (col crollo del comunismo) e ne è in corso la sostituzione con la nuova, cioè identità/globalizzazione, perché questo non da conto della differenza italiana, essendo comune a tutti i popoli dell’ “occidente”.

Neppure l’obiezione più calzante, ossia che dal 2008 è iniziata la crisi, spiega la differenza italiana per la stessa ragione: la crisi è comune a tutta la parte più sviluppata del pianeta (che include l’occidente). Anche se in Italia ha morso (forse) più che altrove.

La spiegazione (principale) della differenza è un’altra, o meglio altre. La prima è che l’Italia stagna da venticinque anni – esattamente la durata della seconda repubblica: è l’ultima per tasso di crescita sia nell’area euro che nell’area UE. Non è solo la crisi ad averci ridotto così, ma quel che l’ha preceduta.

La seconda è l’inconsistenza e la modestia del governo Monti, non riparata ma, in larga parte condivisa da quelli che gli sono succeduti, peraltro con un centrodestra che, anche quando collocato all’opposizione, non riusciva a distinguersi adeguatamente dai governi. Anche nei tempi il grande balzo dei 5 Stelle (dallo 0 al 25%) coincide con le elezioni del 2013 il cui risultato consisteva essenzialmente in un giudizio negativo sul governo “tecnico” e su chi l’aveva sostenuto (in Parlamento) e propiziato (anche da fuori).

A tale proposito sul “golpe” del 2011 c’è ormai una vasta letteratura; anche se discordante sul punto di chi fossero i mandanti della detronizzazione di Berlusconi  e dell’intronizzazione del governo tecnico.

Chi, al riguardo sostiene l’insieme Francia-Germania-Ue, altri i poteri forti – finanziari soprattutto – non solo europei e così via. Probabilmente tutte le spiegazioni hanno qualcosa di vero (nel senso di essere concause); interessa a questo punto vedere se, almeno per la classe dirigente europea e nazionale il tutto non si risolva e si risolverà in un caso esemplare di eterogenesi dei fini.

Con tale espressione è stato chiamato il fatto che molto spesso gli effetti delle azioni degli individui e delle comunità umane non sono quelli che gli agenti si propongono, ma altri, diversi e spesso opposti. Osservazione già contenuta in S. Agostino e ripetuta, modificata, integrata e secolarizzata da tanti, da Vico a Wundt, da Hegel a Max Weber e Freund. In particolare Hegel scriveva che «dalle azioni degli uomini risulti qualcosa d’altro, in generale, da ciò che essi si propongono e … immediatamente sanno e vogliono …(essi) recano in atto quel che a loro interessa, , ma da ciò vien portato alla luce anche altro, che vi è pure implicito, ma che non è nella loro coscienza e intenzione». A seguire tale concezione  – e quella, prossima, dell’ “astuzia della ragione” – causa, non esclusiva, ma principale della débacle annunciata potrebbe essere il golpe del 2011 con la catena di eventi che ha provocato.

La considerazione su esposta induce ad una riflessione “post-hegeliana”. Scrive Hegel che gli individui cosmico-storici sono coloro che eseguono nella storia il “piano” dello spirito del mondo (Weltgeist).

In questo caso ai vari complottisti del 2011 andrebbe conferita la medaglia al merito del Weltgeist, per aver favorito l’emergere della nuova fase storico-politica, anche se (speriamo) a spese delle loro fortune personali.

Ho però seri dubbi che quanto scrive il filosofo sia da condividere sic et simpliciter. A mio avviso i governanti vanno più utilmente divisi in due categorie: quelli che hanno la capacità di vedere a lungo termine (di pre-vedere) e coloro che riescono a percepire solo nei tempi brevi. I primi costruiscono gli Stati e le loro principali istituzioni; i secondi le coalizioni di potere (partiti compresi) destinate a durare qualche anno. Nella classe dirigente italiana ed europea vedo tanti che appartengono alla seconda, nessuno alla prima. Al contrario De Gaulle e Deng-Tsiao-Ping facevano parte, e la Costituzione della V Repubblica è sopravvissuta mezzo secolo al suo fondatore, come il nuovo corso del PC cinese voluto da Deng ha salvaguardato l’unità della Cina e ne ha promosso la potenza.

Sarà, ma ho la netta impressione che le élite nazionali ed europee, in lista di sbarco, potranno essere ricordate nella storia come quelle che affossarono inconsapevolmente la costruzione dei vecchi europeisti, da Adenauer a Martino.

In questo, ma solo in questo esecutori di un disegno (forse) superiore. Magra consolazione.

Teodoro Klitsche de la Grange

 

27°-2 podcast_elezioni di medio termine, di Gianfranco Campa

Il 27° podcast di Gianfranco Campa è una autentica gemma; un pezzo di grande giornalismo degno di essere ospitato nelle più autorevoli riviste di analisi politica. Offre informazioni ed analisi introvabili nell’editoria più affermata. La grande stampa, però, è ormai schiava della peggiore e più ottusa partigianeria, condita da un livello di approssimazione sconcertante; offre rarissimi spazi ad analisi obbiettive ed approfondite. questo blog ha sottolineato più volte la crucialità della scadenza delle elezioni americane di medio termine sia per quella nazione che per le dinamiche geopolitiche. Sino ad ora si è soffermato soprattutto sulle vicende della Presidenza Trump, sul suo rapporto conflittuale, aspro con il Partito Repubblicano e con i settori maggioritari e più potenti dello Stato. A prezzo di pesanti cedimenti e compromessi del Presidente, ha tuttavia rivelato sì la forza di questi settori, ma anche la loro mancanza di una strategia coerente e di una prospettiva convincente tale da consentire il controllo accettabile della situazione e un recupero di credibilità. Una situazione che ha consentito l’acquisizione di un controllo accettabile del Partito Repubblicano da parte di Trump a costo però di una fronda disposta a tutto pur di affossarlo e ridurlo in minoranza rispetto ai democratici. La scadenza elettorale sta rivelando un accenno di strategia coerente del fronte di opposizione a Trump. Una strategia tesa a paralizzare il Presidente, presumibilmente, sino alla fine del suo mandato ma anche a controllare le possibili fratture che minacciano la tenuta anche del Partito Democratico americano. Si deve ricordare che la Clinton, in cambio del sostegno tiepido di Sanders, successivo alla vittoria fraudolenta alle primarie, ha dovuto cedere il controllo di ampi settori del partito in cambio della rinuncia all’astensione e ad una probabile scissione dei settori radicali di quel partito. La strada scelta è del tutto inedita e sorprendente; inquietante soprattutto. Si assiste, ormai, all’ingresso esplicito e massiccio nella scena politica di esponenti dello stato profondo. Una dimostrazione di forza e di debolezza allo stesso tempo. Per questo l’ascolto del podcast merita grande attenzione. La situazione in Italia e in Europa, del resto, dipende in gran parte dall’evolversi di questa situazione.

Qui sotto sono forniti i link ai quali fa riferimento Campa nel suo intervento e la lista parziale ma significativa dei candidati direttamente legati ai servizi di intelligence. Sono circa la metà del totale delle candidature alla Camera, al Senato e ai Governatorati. Se volete avete tutta la possibilità di approfondire e verificare l’attendibilità delle informazioni. 

Buon ascolto_Giuseppe Germinario

Ripensare la politica ripensando la guerra – 1, di Piero Visani

Ripensare la politica ripensando la guerra – 1

https://derteufel50.blogspot.com/2018/10/ripensare-la-politica-ripensando-la.html?spref=fb&fbclid=IwAR3_eWrH-cSVmvGmJFTMnGs2ROf8n5ydUqMYfC5gzA5jiacWHOCGamBrSGg

       Mettendo ordine nel mio archivio, oggi mi è balzata davanti agli occhi questa comunicazione, da me redatta in occasione del “Convegno Internazionale sugli Studi Strategici” organizzato a Torino dal 9 al 12 dicembre 1982, al quale partecipai come membro del Centro Studi Manlio Brosio e assistente personale dell’ambasciatore Edgardo Sogno. Il testo di questa comunicazione avrebbe dovuto essere da me letto nel corso del convegno, ma incontrò qualche problema e… saltò. Certo, ero il più giovane e il meno titolato dei partecipanti al Convegno, e c’erano moltissimi partecipanti di assoluto rilievo internazionale, ma il sospetto di una piccola “censura” mi è sempre rimasto e, conoscendo i liberali, poi mi è aumentato…
       Lo riproduco qui in due parti, come omaggio postumo, principalmente a me stesso.
 
       Mai come oggi, il concetto di “guerra” è sottoposto a indagine e, nel contempo, a revisione, alla luce delle realtà emergenti nel contesto internazionale. Fioriscono i dibattiti, i convegni sull’argomento e, ancor più, sullo scottante problema dei rapporti tra guerra e politica. A questo proposito, chiave di volta del pensiero polemologico moderno è sempre stata l’ormai celeberrima proposizione clausewitziana: “la guerra non è dunque solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi” (1). Da ciò il conseguente accento posto sulla subordinazione della guerra nei confronti della politica.
       Tuttavia, in questo come in altri campi, occorre tenersi lontani dal rischio di un’impostazione eccessivamente meccanicistica, ciò che forse non sempre è stato fatto. In effetti, se così fosse stato, la subordinazione della guerra alla politica sarebbe stata sì riaffermata, ma si sarebbero valutati con ben maggiore attenzione gli elementi di conflittualità presenti all’interno del concetto di “politica”. Come ha scritto il professor Gianfranco Miglio, quello tra politica e conflittualità è un nesso inscindibile, dato che “dovunque esiste politica, esiste anche conflittualità” (2). Il merito di aver stabilito questo nesso deve essere indubbiamente attribuito al grande politologo tedesco Carl Schmitt, per il quale alla base del “politico” (un concetto assai più complesso e sfumato della semplice “politica”) stava una distinzione eminentemente conflittuale, quella tra amico e nemico. . “La guerra” – sono parole di Schmitt – “non è dunque scopo o meta o anche solo contenuto della politica, ma ne è il presupposto sempre presente come possibilità reale, che determina in modo particolare il pensiero e l’azione dell’uomo provocando così uno specifico comportamento politico” (3).
       A sua volta, Schmitt fece notare come, per Clausewitz, la guerra non fosse semplicemente uno dei molti strumenti della politica, “ma la ultima ratio del raggruppamento amico-nemico. La guerra ha una ‘grammatica’ sua propria (cioè un insieme esclusivo di leggi tecnico-militari) ma il suo ‘cervello’ continua ad essere la politica: essa cioè non è dotata di una ‘logica propria’” (4), la quale, al contrario, può essere desunta soltanto dai concetti di amico e nemico.
       Se Schmitt definì a livello teorico gli elementi di conflittualità presenti nel concetto di “politica”, Lenin li definì qualche tempo prima sul piano pratico, dando alla sua concezione di politica delle valenze di aggressività e ostilità tali da poter farla considerare quasi un’inversione della famosa formula clausewitziana, cioè come una continuazione della guerra con altri mezzi, condotta senza scrupolo alcuno contro un nemico con più identificato come relativo (com’era tipico dei conflitti interstatali), ma come assoluto. In realtà, più che di invertire la celebre formula clausewitziana, si trattava – per Lenin – di esprimere, “con altri mezzi”, l’originario rapporto amico-nemico, insistendo in maniera inusitata e senza precedenti sul carattere assoluto dell’ostilità e ribadendo, sia pure per vie diverse, il primato della politica.
       Quella fin qui delineata è la griglia interpretativa ideale per comprendere gli eventi degli ultimi due secoli e, in particolare, i due conflitti mondiali e la stessa “guerra rivoluzionaria” che si è affermata già in epoca atomica (5). Tuttavia – ci si è giustamente chiesti (6) – nell’era atomica è davvero ancora possibile una guerra e, dunque, una politica? In tale contesto, infatti, la guerra non può più valere come prosecuzione della politica con altri mezzi, ma come rottura irreversibile, come punto di non ritorno, oltre il quale i conflitti perdono ogni produttività politica, ogni capacità di rideterminare, in forme nuove, gli assetti politici esistenti. Malgrado la nascita di nuove forme di guerra accanto a quelle classiche (“guerra rivoluzionaria”, “guerra culturale”, etc.) e malgrado le prospettive aperte dalla fine del “Medioevo nucleare” e dall’avvento di ordigni atomici sempre più “puliti” e miniaturizzati, la minaccia atomica viene perciò a ribaltare i termini del tradizionale rapporto tra politica e guerra, inserendo fra essi una frattura che impedisce la reversibilità e la traducibilità dell’uno nell’altro: dopo la guerra nucleare, non ci sarà più posto alcuno per la politica.
       Questa tesi è stata di recente avanzata da studiosi di area prevalentemente marxista e li ha indotti, proprio per la sua tragica impraticabilità, a porsi il problema di iniziare un lavoro di aggiornamento e revisione sul piano delle categorie interpretative del rapporto tra politica e guerra. Nella fattispecie, costoro hanno acquisito la consapevolezza che esiste una stretta relazione tra un dato tipo di politica e un dato tipo di guerra, e si sono sforzati di stabilire se, e con quali mezzi, sia possibile produrre un reale cambiamento di forma nella struttura del sistema politico, senza innescare da un lato un conflitto condotto contro un nemico assoluto (qualcosa di simile a una “guerra civile”) e, dall’altro, senza cadere nella riduzione del conflitto stesso a gioco, la cui “logica ludica” (con l’accettazione del nemico come nemico relativo) comporta – a loro dire – l’eliminazione della base stessa del conflitto.
Costretti dall’evoluzione del loro pensiero a rifiutare l’identificazione – cara a Lenin – di un nemico assoluto e decisi, nel contempo, a non accettare quella – ritenuta priva di qualsiasi valore politico – di un nemico relativo, ecco questi studiosi ricorrere una volta di più a Schmitt e andare alla ricerca di un nemico reale, l’ostilità nei confronti del quale si ponga a cavallo tra quella prevista nei due casi in precedenza citati, assumendo un valore per così dire intermedio. Tra la falsa conflittualità di una politica condotta come “gioco”, dove tutti i partecipanti accettano le regole dello stesso e sono impossibili mutamenti sostanziali, ma solo simboliche alternanze  tra gruppi formalmente avversi ma in realtà omologhi e ben decisi a conservare al loro interno le chiavi del potere, senza lasciar entrare in campo nuovi “giocatori”, se non preventivamente disposti ad un’accettazione totale e incondizionata delle rules of play; e la conflittualità spinta all’estremo di una lotta politica in cui l’avversario sia individuato unicamente come nemico assoluto e sia dunque oggetto di un’ostilità altrettanto assoluta, con tutte le conseguenze del caso, esiste – a detta di questi studiosi – una fascia mediana in cui l’avversario non è né uno pseudo-avversario di comodo, da combattere per finta, né un “altro da sé”, incarnazione del Male assoluto, da annientare affinché il Bene trionfi, bensì un nemico reale, contro il quale è possibile combattere in forme accettabili al fine di determinare un effettivo cambiamento sul piano politico, senza eccessi estremistici né contrasti formali e fittizi.
E’ innegabile che ci troviamo di fronte a sviluppi teorici di notevole portata, in particolare per l’accento posto sulla natura eminentemente conflittuale della politica in termini estranei al pensiero marxista tradizionale. Dobbiamo allora chiederci in quale misura essi possano essere accettati e in quale misura, invece, respinti.

(Continua)

                             Piero Visani


Note


(1), Von Clausewitz, Carl, Della guerra, trad. it., Mondadori, Milano 1970, vol. I, p. 38.

(2) Miglio, Gianfranco, Guerra, pace, diritto, in AA.VV., Della guerra, Arsenale Cooperativa Editrice, Venezia 1982, p. 38.

(3) Schmitt, Carl, Le categorie del ‘politico’, trad. it., Il Mulino, Bologna 1972, p. 117.

(4) Ivi, p. 117, nota 24.

(5) Cfr. Schmitt, Carl, Teoria del partigiano, trad. it., Il Saggiatore, Milano 1981, pp. 71-73.

(6) Cfr. Curi, Umberto, Introduzione, in AA.VV., Della guerra, cit., p. 11.

GEOPOLITICA VACCINALE – ZOOTECNIE PER IL GREGGE ITALICO_2a parte, di Elio Paoloni

Qui sotto la seconda parte di un lungo e documentato articolo di E. Paoloni sulla problematica delle vaccinazioni e sull’acceso dibattito che imperversa in Italia da oltre tre anni. Una cosa appare certa. Quello delle vaccinazioni non è solo un problema di salute, né solo un problema medico, per altro riducibile ad una controversia tra oscurantisti e progressisti. Non è nemmeno un tema riducibile prevalentemente agli enormi interessi economici in campo medico-sanitario. Nel libro “gli stregoni della notizia” Marcello Foa, tra l’altro, illustra alcuni esempi di manipolazione dell’informazione in campo sanitario. Prossimamente recensiremo un libro dedicato all’argomento che offrirà una prospettiva ancora più ampia alla lettura di queste dinamiche_Buona lettura_Germinario Giuseppe

GEOPOLITICA VACCINALE – ZOOTECNIE PER IL GREGGE ITALICO_1a parte, di Elio Paoloni

4. Neonati in missione di guerra

 Dopo anni di accertamenti le quattro Commissioni della Difesa (delle quali una Parlamentare) (43) che hanno indagato sulle cause delle gravi patologie che colpiscono i militari italiani, hanno focalizzato l’attenzione sui vaccini e in particolare sull’MPR, evidenziando la possibilità che pratiche vaccinali particolari, massicce e ravvicinate potessero comportare una “disorganizzazione del sistema immunitario” (la tesi del prof. Tarro), suscettibile a sua volta di concorrere alla manifestazione di gravi patologie autoimmuni, quali tiroidite, sclerosi multipla, eritema nodoso, lupus, artrite reumatoide, diabete e, secondo taluni studi, leucemie e linfomi, giungendo a raccomandare il numero massimo di cinque vaccini per i soldati in servizioA ben piantati guerrieri 5 e ai neonati 12. Non fa una piega.

 

 

5 – L’effetto gregge

 

Tra le pezze a colore del decreto campeggia l’effetto gregge (44 – brevi cenni) (45 – relazione più dettagliata) mero calcolo probabilistico sulla immunità della popolazione in relazione all’immunizzazione naturale, continuamente smentito dai fatti: è talmente inaffidabile che, da una previsione del 55% di vaccinati per ottenere l’immunità si è saliti pian piano, nel corso di decenni, a un 95% che sembra non bastare più (46).

Pare infatti che la malattia riesploda anche all’interno di popolazioni interamente vaccinate, come avvenuto in Mongolia (47) (48) per il morbillo (50.000 casi fra 2015 e 2016 su una popolazione di 3,2 milioni di persone con il 99% di copertura vaccinale e oltre il 95% con almeno due dosi) e negli Usa per la parotite (49).

 

I vaccini sono progettati per proteggere la persona che li riceve, non per impedire il contagio. Anzi, subito dopo alcune vaccinazioni i bambini possono essere contagiosi (50) (51) come si evince anche dagli stessi foglietti illustrativi di diversi vaccini (52) e dunque pericolosi per i coetanei e per le donne in gravidanza.

Paradossalmente il morbillo e le malattie similari sono divenute pericolose grazie alle vaccinazioni: impedendo l’immunità naturale e ritardando nel tempo la malattia, perché sposta in avanti la soglia di suscettibilità senza fornire un’immunizzazione duratura, fa sì che la malattia tenda a colpire soprattutto gli adulti (non immunizzati per via naturale) e i neonati, per i quali è più pericolosa.

 

Va tenuto presente, infine, che la copertura da vaccino non va identificata tout court con una protezione immunitaria per tre motivi:

1) c’è una percentuale di “non responders” che, appunto, non producono anticorpi (53);

2) gli anticorpi da vaccino scemano con l’andar del tempo e così la protezione, forse anche per la minor circolazione del virus selvaggio e quindi alla mancanza del rinforzo naturale della memoria immunologica;

3) i vaccini provocano l’evoluzione di agenti patogeni più virulenti (54)

 

Ma la stampa fa il gioco di Big Pharma sbattendo in prima pagina i casi limite degli infelici bambini immunodepressi, i quali, ad ogni modo, non potrebbero andarsene a passeggio neppure con la copertura del 100% della popolazione planetaria, dato che sono esposti a innumerevoli malattie per le quali non esistono vaccini; è probabile anzi che sarebbero più al sicuro tra i non vaccinati, che pare siano mediamente più sani di quelli vaccinati, come mostrano molte ricerche indipendenti e l’esperienza clinica di molti medici (per esempio, dei centoventi che firmarono con Roberto Gava una lettera a Walter Ricciardi, presidente dell’ISS (55), all’epoca dei 4 vaccini obbligatori).

 

 

6 – Perché proprio questi vaccini?

 

Il tetano non è contagioso. La poliomielite e la difterite sono pressoché scomparse; il poliovirus è assente in Europa da 35 anni e si trova praticamente solo nei vaccini. L’epatite B è una malattia grave, ma si trasmette per via ematica e sessuale e il vaccino in età neonatale si può giustificare solo in presenza di rischi accertati.

 

In quanto al morbillo, negli anni ’60 il padre dell’epidemiologia Alexander Langmuir (56) lo riteneva una malattia benigna: “infezione autolimitante di breve durata, di moderata gravità e bassa mortalità… Le complicanze sono infrequenti e, con un’adeguata terapia medica, è rara la probabilità di un decesso… L’immunità che segue alla guarigione è forte e robusta e dura tutta la vita” (57)

In effetti il morbillo si è sempre manifestato con epidemie più o meno estese. In epoca pre-vaccinale gli anticorpi materni erano in grado di proteggere il bambino piccolo fino a nove, dieci mesi, l’età più delicata. Venivano colpiti bambini e ragazzi fino ai 14 anni, che poi rimanevano immuni per tutta la vita. La mortalità è andata scemando fino a scomparire ben prima dell’era vaccinale.

Si decise ugualmente di eradicarlo. E’ famosa la risposta dello stesso Langmuir a chi gli chiedeva perché mai: la stessa che Edmund Hillary utilizzò quando gli chiesero perché voleva scalare il monte Everest: “perché è lì”. Tratterebbesi di megalomania “scientifica”, magari a caccia di qualche premio e posto nella storia. O qualcosa di più: quando c’è da guadagnarci, banalissime malattie – o semplici soglie – vengono trasformate in anticamere del terrore. Qui (58) una documentata storia del terrore falso e di quello vero.

 

 

7 – Siamo noi che siamo sbagliati

 

La variabilità genetica della popolazione rende la vaccinazione di massa uguale per tutti – come per i polli in batteria – simile ad una roulette russa.

Di recente perciò le industrie del farmaco stanno investendo ingenti capitali in una nuova branca della vaccinologia, l’adversomica (60), allo scopo di dimostrare che gli effetti collaterali dei vaccini sono legati unicamente alle caratteristiche genetiche del soggetto vaccinato. L’iniziativa è lodevolissima: queste ricerche potrebbero stoppare la vaccinazione di massa senza se e senza ma salvaguardando alcuni dei soggetti più a rischio di reazioni avverse. D’altro canto è palese il tentativo di dimostrare che ad essere difettose sono le persone mentre i vaccini sono sempre e comunque perfetti e sicuri.

 

Cosa risponde l’establishment a tutto questo?

 

Quali sono le argomentazioni dei pro-vax, (quelle “scientifiche”) a favore del decreto ndo cojo cojo?

Per rendere l’idea del tenore delle repliche basterà un articolo (59), un pezzo davvero emblematico: una summa di apoditticità, con tanta sicumera e neppure un solo riferimento a studi, ricerche, statistiche. I link che troverete sono: uno a Team Vax Italia, non funzionante, due alle pagine Facebook di povere mamme indottrinate, e uno (questo sì che taglia la testa al toro) al sito dell’incontenibile Burioni.

In nome di tanta scienza segue un elenco impressionante di NON E’ VERO. Non è vero che… non è vero che… non è vero che… Punto. Non c’è una sola argomentazione, un solo testo citato, un solo nome. Non è vero e basta, non state a rompere. Al massimo troverete questa poderosa pezza d’appoggio: “spiegano i pediatri”. Quali pediatri? Quanti? Dove? Sembra la pubblicità di un dentifricio: “i Dentisti consigliano”. La correlazione con l’autismo? E’ “falsa, ripeto falsa”. “Ripeto”. Basta ripetere per dimostrare. La correlazione è ovviamente “smentita da centinaia di studi rigorosissimi” (che ci resteranno ignoti). Alla fine sparano il pezzo forte: la bufala dell’epidemia di morbillo (qualche centinaio di casi all’anno, quanti se ne verificavano gioiosamente al paese del sottoscritto in un giorno).

Non ci sono studi. E’ la frase più ricorrente sulla bocca dei minimizzatori: non ci sono studi che dimostrino questo o quell’altro possibile effetto. Dovrebbe essere un argomento tranquillizzante, e molti cittadini, in effetti, si lasciano tranquillizzare, come se la mancanza di una dimostrazione costituisse la certezza della mancanza di danno. Ma è la più inquietante delle risposte: perché, dovrebbe chiedersi il cittadino, mi somministrate qualcosa senza averla studiata a sufficienza? Perché questi studi non ci sono? Forse perché non vi conveniva? Vi pesava il costo o temevate i risultati?

Mercurio, alluminio e stronzio. Molti eccipienti, come le cellule renali di scimmia, sono dichiarati dai produttori (del resto senza alluminio diversi vaccini non avrebbero efficacia) che, va detto, si stanno impegnando a eliminare il mercurio, responsabile, come minimo (a detta delle autorità sanitarie) di possibili reazioni allergiche. Altre sostanze sono state rintracciate da ricercatori. Una delle repliche più diffuse alle preoccupazioni sui metalli, sempre sotto il titolone “Smentita la bufala!” è questa: ci sono più metalli nel latte materno, nell’acqua e nell’aria. E giù tabelle con microgrammi e nanogrammi. Nessuno che vi dica che l’ingestione e l’iniezione sono cose un po’ diverse. Se volete comprendere perché l’alluminio iniettato non viene espulso dei reni ma crea seri problemi immergetevi pure in questa dotta esposizione: https://www.freedompress.it/alluminio-nei-vaccini-e-nellalimentazione-facciamo-chiarezza-sulla-sua-azione/.

I burioni che si autolegittimano come unici depositari della Verità e danno del Somaro a qualsiasi interlocutore di opinione diversa sono per ciò stesso al di fuori della scienza: “La scienza non è un insieme di asserzioni certe, o stabilite una volta per tutte, e non è neppure un sistema che avanzi costantemente verso uno stato definitivo. La nostra scienza non è conoscenza: non può mai pretendere di aver raggiunto la verità, e neppure un sostituto della verità come la probabilità» (Karl Popper, Logica della scoperta scientifica).

 

Siamo insomma di fronte ad un arrogante e ottuso razzismo dell’intelligenza, di cui parlava il sociologo francese Pierre Bourdieu, citato – proprio a proposito di Burioni – dal filosofo Roberto Sgobba nell’editoriale del numero di Febbraio di AboutPharma and Medical Devices (61).

 

Sull’attendibilità della “scienza” medica invito a leggere le dichiarazioni di:

 

– Richard Horton, direttore di Lancet, la più famosa rivista scientifica al mondo, secondo il quale (62) una buona metà dei cosiddetti “articoli scientifici” apparsi sulle riviste mediche accreditate potrebbe avere una base non scientifica. Anche per il flagrante conflitto di interessi che vige tra studiosi, medici e case farmaceutiche: troppo spesso gli scienziati forgiano i dati per avvalorare una tesi precostituita. Oppure rivedono le ipotesi per adattarle ai dati”;

 

–  John P.A. Joannidis, docente di politiche sanitarie e direttore del Centro prevenzione e ricerca all’Università di Stanford, che ha pubblicato nel 2005 su “Plos Medicine”, un articolo (63) dal titolo inequivocabile: “Perché la maggior parte della ricerca è falsa”;

 

Una breve riflessione: se neppure i direttori delle principali riviste scientifiche sanno cosa è vero e cosa è falso, o meglio sanno benissimo che vero e falso si spartiscono il campo esattamente a metà, come pensate che l’uomo della strada – ma anche un semplice medico – possa davvero arrivare a decidere in proposito? I dibattiti tecnici non possono che frastornare il cittadino, costretto a scegliere sulla fiducia. Inutile dire che i genitori, e in particolare le sempre più fragili mamme, tenderanno a ritenere più autorevoli i pareri di chiunque venga presentato come esperto dalle televisioni dell’universo mondo a rete unificate: ovvero qualche alfiere di Big Pharma e dell’alta finanza (già: sappiate che la finanza creativa è riuscita a partorire i bond vaccinali) (64).

 

Nel dubbio sarebbe buona norma prendere per buoni i giudizi dietro ai quali non si profila – almeno apparentemente – la lunga mano dell’industria: chi si espone al ludibrio senza possibili – o anche solo probabili – motivi di profitto, di sicurezza, di carriera, deve godere sempre, a parer mio, di un credito maggiore, benché non illimitato. Resta l’impossibilità di scegliere con cognizione di causa (e chi tra noi, medici e ricercatori compresi, ha davvero cognizione di causa – anzi di cause, e di concause?) dunque la necessità di attenersi a una regola aurea: evitare probabili rischi per ipotetici benefici.

 

A parte i disastri storicamente acclarati e diverse inoppugnabili statistiche, in queste ultime pagine sono stati riportati soprattutto studi, pareri, sospetti, dibattiti. Non sempre, come abbiamo visto, comprensibili per noi profani e, soprattutto, confutabili, anzi facilmente stigmatizzabili.

Non si insisterà dunque sulla diatriba puramente scientifica. No, non abbiamo alcun bisogno di infilarci in questo ginepraio: possiamo tranquillamente attingere a dati incontrovertibili che possono e devono mettere in guardia il cittadino: le sentenze di risarcimento per danni causati da vaccini.

 

Queste sentenze sono solo la punta dell’iceberg: ricordate le considerazioni di David Kessler a proposito del Vaers: “vengono segnalati solo circa l’uno per cento degli eventi avversi gravi” e tenete presente che gli studi legali delle aziende farmaceutiche sono in grado, solitamente, di triturare chiunque, ammesso che le famiglie arrivino in Tribunale o che, appunto, siano rese edotte sui possibili legami tra vaccinazioni ed eventi successivi).

 

Soprattutto si tenga presente che anche quando non accertano definitivamente la correlazione tra vaccini e danni gravi o gravissimi, morte compresa, le sentenze giudiziarie non le escludono MAI: nella maggior parte dei casi si limitano a riscontrare che non ve ne è assoluta certezza. Tale diffusa incertezza (parliamo di decine di migliaia di casi) sbandierata dagli inoculatori seriali come assoluta mancanza di correlazione, dovrebbe indurre alla cautela, specie se si considerano la documentata inefficacia di alcune pratiche vaccinali. Ma ecco a voi

 

LE SENTENZE

 

Qui (65) un elenco non esaustivo del foglio della Confindustria, notoriamente complottista; e qui (66) un altro terrificante esempio di superstizione, ignoranza e antiscientismo regalatoci dalla Corte di Giustizia Europea; ma voglio insistere sulle sentenze statunitensi (67) (68) e sapete perché? Non sono impugnabili dai seguaci della Lorenzin, dato che proprio un pro-vax, Andrea Grignolio, ha tentato di smontare la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea comparandola sprezzantemente (69) proprio alle serissime procedure processuali statunitensi:

“I tribunali nordamericani valutano le testimonianze degli esperti non in base all’autorevolezza del perito o in base a “indizi gravi”, né in base a liste di consulenti tecnici (CTU) spesso stilate senza un principio di competenza come avviene in Italia, bensì in base a una procedura, nota come standard Daubert. Tale standard ritiene prove legali solo ipotesi ed esperimenti che siano controllabili e falsificabili empiricamente, che siano basati su una solida letteratura scientifica, che siano disegnati con procedure di controllo di riferimento, di cui sia noto il tasso d’errore, nonché su teorie e tecniche accettate da una comunità scientifica internazionale. Con queste regole, non ci sarebbero più sentenze o decisioni dei tribunali contra scientiam”.

Bene, se lo sostiene Grignolio, vuol dire che le sentenze statunitensi sono inoppugnabili e che i danni vaccinali gravi e gravissimi esistono e sono in buon numero, anzi in numero enorme.

Pochi sanno che da decenni esiste negli Stati Uniti un tribunale apposito. Si occupa esclusivamente dei danni da vaccino e risarcisce le vittime senza ricercare alcuna responsabilità, specie penale. Un regalo a Big Pharma, che dopo essere stata fatta a pezzi da cause legali tradizionali, aveva minacciato di sospendere la fabbricazione di vaccini. Anziché costringere i produttori a garantire la produzione di vaccini meno tossici o sospenderne l’obbligatorietà, il Congresso approvò il National Childhood Vaccine Injury Act, in base al quale sono i cittadini americani – e non i produttori dei vaccini – a pagare le spese di indennizzo (70). Qui uno degli elenchi di risarcimento (71) e l’originale di una delle sentenze (72) riguardante “convulsioni, encefalopatia e ritardo dello sviluppo”.

 

Una prima conclusione: i danni vaccinali non sono inventati da qualche millantatore ma accertati da corti di giustizia. Esistono. E non stiamo parlando di un po’ di febbre passeggera. Ciò – benché non metta certo fine al dibattito scientifico – ci permette di passare alle altre considerazioni.

43 –  https://www.analisidifesa.it/2017/09/in-principio-era-luranio-impoveritopoi-i-vaccini/

44 – https://www.liberascelta.org/immunita-di-gregge-cose-come-funziona/

45 – http://www.mednat.org/vaccini/relazione-ffranchi-11-marzo-2018-effetto-gregge-f.pdf

46 – http://www.assis.it/vaccinare-il-gregge/

47 – http://www.medicinapiccoledosi.it/vaccini/mongolia-morbillo-free-50-000-casi/

48 – http://apps.who.int/immunization_monitoring/globalsummary/countries?countrycriteria%5Bcountry%5D%5B%5D=MNG&commit=OK

49 – https://autismovaccini.org/2014/02/22/nuova-epidemia-di-parotite-in-soggetti-vaccinati/

50 – https://www.sciencemag.org/news/2014/04/measles-outbreak-traced-fully-vaccinated-patient-first-time

51 – https://academic.oup.com/cid/article/58/9/1205/2895266

52 – https://www.comilva.org/comunita-scolastica-rischi-della-convivenza-tra-vaccinati-non-vaccinati-e-soggetti-a-rischio/

53 – (https://www.siaip.it/upload/riap/1434_Basi_genetiche_della_risposta_immune_vaccinazioni.pdf

54 – https://journals.plos.org/plosbiology/article?id=10.1371/journal.pbio.1002198

55 – http://www.informasalus.it/it/articoli/vaccinazioni_lettera_presidente_sanita.php

56 – https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4550144/

57 – https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1522578/?page=1

58 – http://www.comilva.org/si-dissolvono-le-illusioni-sul-vaccino-anti-morbillo/

59 – https://www.linkiesta.it/it/article/2016/08/11/contro-tutte-le-bufale-degli-antivaccinisti/31446/

60 – https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2843136/

61 – https://www.aboutpharma.com/blog/2018/02/05/burioni-vaccini-somari-la-scienza-arrogante-danneggia-stessa/

62 – https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(15)60696-1/fulltext

63 – https://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.0020124

64 – https://www.maurizioblondet.it/le-obbligazioni-sulla-morte-anche-le-obbligazioni-sui-vaccini-rendono-un-bellinteresse/

65 –https://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoCivile/responsabilita/2017-10-16/vaccinazioni-obbligatorie-e-soggetti-danneggiati-141140.php?preview=true

66 – https://www.iltempo.it/cronache/2017/06/21/news/vaccini-sentenza-choc-della-corte-di-giustizia-europea-di-bruxelles-indizi-gravi-posso-provare-il-nesso-con-la-malattia-1030487/

67 – https://www.naturalnews.com/2018-04-05-court-ruling-confirms-gardasil-vaccine-kills-people-scientific-evidence-beyond-any-doubt.html

68 –https://www.notizieora.it/notizie/vaccino-morbillo-causa-danno-permanente-a-bambina-famiglia-risarcita-con-101-milioni-di-dollari-la-sentenza/

qui trovate la sentenza:

https://www.mctlawyers.com/vaccine-cases/vaccine-case-results/16-119V-MeaslesMumpsRubella%28MMR%29-Encephalopathy.pdf

69 –http://www.repubblica.it/salute/prevenzione/2017/06/22/news/danni_da_vaccini_per_corte_ue_indizi_gravi_provano_nesso-168816584/

70 – http://www.informasalus.it/it/articoli/danni-vaccino-dati.php

71 – https://www.mctlawyers.com/vaccine-injury/cases

72 – http://www.uscfc.uscourts.gov/sites/default/files/opinions/ABELL.ZELLER073008.pdf

Trattato del Mar Caspio.Verso il cuore dell’Asia e del Mondo, intervista ad Antonio de Martini

Lo scorso agosto i paesi rivieraschi hanno sottoscritto un trattato che regola le controversie secolari sulla delimitazione e l’uso delle acque di quell’enorme specchio d’acqua. Un capolavoro diplomatico in particolare della dirigenza russa agevolato dall’esito della guerra civile in Siria, dalle difficoltà di protrazione dell’intervento militare americano in Afghanistan e, di conseguenza, dall’emersione di ambizioni più autonome di politica estera in Turchia, Iran e Pakistan. Un atto passato in sordina nella stampa europea, non ostante le grandi potenzialità che potrebbe offrire a numerosi paesi europei di una propria collocazione più indipendente. Il segno di un incurabile provincialismo che purtroppo affligge le nostre classi dirigenti. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

Identitari e globalisti 2a parte, di Teodoro Klitsche de la Grange

In calce la seconda parte dell’intervento dell’autore al 30° congresso del PLI tenutosi a Roma nel maggio 2017. Offre sicuramente importanti spunti di riflessione sulle diverse chiavi di interpretazione che si stanno affermando rispetto all’agone politico dei due secoli passati. In rapida successione si pubblicherà il prosieguo_Germinario Giuseppe

qui la prima parte http://italiaeilmondo.com/2018/10/10/identitari-e-globalisti-di-teodoro-klitsche-de-la-grange/

I liberali e la nuova scriminante.

A ogni contrapposizione politica epocale i liberali hanno trovato una collocazione e dato una risposta. Nell’epoca delle guerre di religione i proto-liberali, dai politiques francesi (come Jean Bodin) a filosofi come Spinoza e Locke hanno risposto con la tolleranza e la libertà religiosa. Alla scriminante borghesia/monarchie assolute con l’integrazione delle istanze della classe emergente nello Stato che da assoluto diventava costituzionale (e parlamentare) e infine democratico, a quella borghese/proletario con lo Stato sociale e il “compromesso fordista”.

In una situazione in cui partiti identitari già governano qualche paese europeo, e probabilmente a breve ne governeranno altri, e in altri comunque il consenso raccolto è vicino a metà del corpo elettorale, e talvolta lo supera, il “che fare?” dei liberali italiani consiste nel ruolo che possono svolgere in un sistema politico in cui i “populisti” sono o maggioranza o comunque provvisti di un consenso quasi maggioritario. Tale da dividere grosso modo a metà l’elettorato.

I liberali italiani hanno una caratteristica storica la quale li facilita nella ricollocazione nella realtà politica contemporanea: d’essere l’unica componente del liberalismo europeo ad aver realizzato – col compromesso con la monarchia sabauda – l’unità della nazione. Mentre gli altri euro- liberali hanno trasformato lo Stato nazionale, costruito dalle monarchie in secoli di centralizzazione e riduzione dei poteri feudali, realizzando lo “Stato rappresentativo”, in Italia Cavour e la Destra storica, fondavano l’unità nazionale nello Stato liberale.

Unità nazionale, libertà politica e sociale nascevano insieme: caso unico (per una forza liberale) nella storia dell’Europa moderna. Ne deriva che al liberalismo italiano è peculiare, più che ad altri,  la specificità nazionale e, a ben vedere, anche il connotato di liberalismo idealmente  robusto.

La storia del liberalismo italiano infatti lo mostra associato sempre (almeno finché è stato forza di governo) a decisioni forti e politicamente risolute: dalle guerre d’indipendenza alla guerra civile (il c.d. brigantaggio) al “canto del cigno” del primo conflitto mondiale, non c’è alcunché di “relativista”, di “pensiero debole”, di servilità  mascherata di buone intenzioni. Da un liberale del risorgimento (come a un mazziniano) certi discorsi attuali a favore della globalizzazione sarebbero stati rifiutati come irrealistiche utopie o furbi espedienti per negare l’indipendenza e la pari dignità di Stati (e popoli) sovrani. La sovranità e l’identità  nazionale   furono sempre difese e rivendicate, così come riconosciute – con pari dignità – quelle delle altre nazioni d’Europa.

Si parla di “sovranismo” e compete ai liberali di avere sempre rivendicato (e costruito) la sovranità nazionale. Un liberale particolarmente “robusto”,                        come Orlando, diceva nello splendido discorso contro la ratifica  del Trattato di Pace che “ sovrano è un superlativo; se se ne fa un comparativola difesa    lo si annulla”.

La sovranità è l’essenziale dell’indipendenza: limitarla è conditio sine qua non della dipendenza. Da altri Stati, corporations, sette, banche, che siano: se qualcuno è più sovrano degli altri (di guisa da imporre loro limiti), ciò significa solo che quello è sovrano e gli altri no. La sovranità è assimilabile all’uguaglianza, stravolta dai maiali nella Fattoria degli animali di Orwell.  Come una sovranità “limitata” e tra disuguali si riconcili non solo con la libertà, ma anche, come notava Croce, con la dignità dei popoli, è un enigma tuttora irrisolto.

Non si capisce pertanto lo “scandalo” che ne fanno taluni a sentirne parlare: lo scandalo sarebbe, al contrario, se la si agitasse per ottenere consensi, salvo tradirla nella pratica di governo. Un “nazionalismo” ipocrita e cerchiobottista, prodigo di parole e tirchio di fatti è l’evento da scongiurare: sarebbe l’ennesima doglia (senza parto) della decadenza della Repubblica nata dalla resistenza. Doglie tutte caratterizzate da un profluvio di “idee-forza” agitate con tonitruanti dichiarazioni a copertura di prassi opposte.

L’Europa come testa di turco e capro espiatorio.

A pagare pegno per la nuova discriminante (ed il sentimento politico che ne consegue) sono state le istituzioni europee e la stessa idea di Europa, indicate quali principali responsabili della crisi, e della insufficiente, e talvolta errata, gestione di questa.

Nella realtà, anche se non poche (ma neppure troppe) responsabilità sono da ascriversi all’Unione e ad alcune scelte infelici (specie recenti) della stessa, si deve rimarcare, da un lato che la crisi è stata generata dalla finanza “spericolata”, più che altro delle banche USA (ma gli Stati Uniti l’hanno gestita molto meglio dei paesi europei), dall’altro che una volta scelta la medicina rigorista, in Italia in particolare si è fatto un uso smodato del tipo di giustificazione, già praticata , d’addebitare all’Europa politiche, scelte e prassi di governo, fatte in Italia ma accollate all’Europa. La quale è così la “testa di turco” di una classe dirigente in decadenza, la quale come tutte quelle nella stessa fase del “ciclo”, non ha né la capacità di prendere decisioni congrue né il coraggio di assumerne la responsabilità.

Onde il “ce lo chiede l’Europa”, i “compiti a casa” sono – per lo più – false giustificazioni di élites inadeguate, che hanno per queste il pregio di deviare il malcontento su falsi bersagli. L’espediente, quanto mai pericoloso, ha l’effetto di delegittimare durevolmente le istituzioni europee onde acquisire qualche anno in più di potere. Analogamente a come il giustizialismo ha consunto, a lungo andare, l’immagine (e l’autorità) della giustizia italiana. L’Europa dianzi comoda testa di turco assume, nella fase successiva, il volto (e il ruolo) del capro espiatorio. Ma non merita tale trattamento e tale sorte: non solo l’Europa “storica” dei fondatori. Da De Gasperi a Spaack, da Martino a Monet, le pratiche integrative della comunità europea hanno contrassegnato i migliori anni del dopoguerra; le stesse istituzioni, oggi così criticate hanno portato un respiro liberale e modernizzatore nel panorama catto-comunista. Alla Corte EDU, peraltro organo del Consiglio d’Europa (e non dell’Unione Europea), dobbiamo tante decisioni in difesa dei cittadini dalle soperchierie e inefficienze dei poteri pubblici (nazionali in primis). Che si finisca per buttare via il bambino con l’acqua sporca, o peggio, col tenersi questa e scartare quello, sarebbe il combinato sinergico (tutt’altro che improbabile) di due demagogie opposte, ma convergenti nel risultato: quella delle élite “in lista di sbarco” e l’altra del “nuovo che avanza”.

Economia politica ed economia cosmopolitica.

L’altro bersaglio polemico (di parte) delle demagogie convergenti è il “liberismo sfrenato”, nonché le ombre di Reagan e della Thatcher che appaiono in continuazione ai piccoli Macbeth della contemporaneità italiana.

Anche qui occorre chiarire da una parte che  “l’autonomia del politico” fa si che non possa essere subordinato all’ “economia” (ma è mediabile) ; e che la necessità contingente richiede adattamenti rispetto a modelli ottimali in astratto, ma, spesso, errati in concreto. Occorre un certo pragmatismo in economia (come in politica).

Scriveva Friedrich List che Quesnay, il quale fece sorgere per primo l’idea della libertà universale del commercio, fu anche il primo ad allargare le ricerche su tutto il genere umano, senza però tener conto del concetto di nazione.

E List capiva assai bene come tra economia «cosmopolitica» e «politica» il fundamentum distinctionis è proprio l’insopprimibilità della politica come protezione dell’esistenza e conseguimento dell’interesse generale di una comunità. Se le idee di Adam Smith sono astrattamente fondate, sono (del tutto) applicabili solo in un contesto senza guerra e senza volontà di dominio, ossia in un mondo senza politica, in cui il ruolo del potere sia quello del “guardiano notturno”.

Differente però è la realtà e il ruolo della politica. Questa ha il compito di proteggere l’esistenza (particolare) di una comunità umana (tra tante) e di conseguire il bene comune della stessa.

Ed è perciò concettualmente e (spesso) oggettivamente contrapposta al principio cosmopolitico, perché il mondo politico è un pluriverso di soggetti in conflitto (reale o potenziale). List ricordava che Thomas Cooper «nega perfino l’esistenza della nazionalità. Egli chiama la nazione una cosa inesistente che esiste solo nelle teste degli uomini politici” affermazione che l’economista tedesco considera coerente «perché è chiaro che se si ammette l’esistenza della nazione, con la sua natura ed i suoi interessi, si presenta anche la necessità di modificare l’economia della società umana in relazione a questi interessi speciali».

Per beneficiare realmente di un sistema di libero scambio internazionale occorre che gli Stati abbiano un certo grado di omogeneità e di civiltà, di legislazione e di potenza. Tutte cose non raggiunte e che quindi rendono poco praticabile il modello. Così, a fare un esempio, la delocalizzazione degli apparati industriali da un lato è conseguenza del basso costo (diretto e indiretto) della manodopera nei paesi emergenti; dall’altro di politiche fiscali assai più appetibili praticate da quelli – tipica la flat-tax, diventata realtà in quasi tutti i paesi usciti dal “socialismo reale” – che in quella hanno trovato un ulteriore incentivo per attrarre capitali.

In concreto è la combinazione tra liberalismo internazionale e fiscalismo nazionale a ingigantire la delocalizzazione. Prendersela con il primo per far dimenticare il secondo è un espediente di mediocre propaganda, che sfrutta gli idola di un anti-capitalismo di retroguardia.

Piuttosto occorre una politica che, nell’ambito del possibile e rispettosa delle differenze,  riduca la disomogeneità. Trovarla non è un compito facile: ma non cercarla significa non aver capito il proprio tempo, la situazione concreta e il nemico (politico) principale. Senza che non è possibile individuare gli obiettivi.

Per un proto-liberale dell’epoca delle guerre di religione, il nemico era l’intollerante e l’obiettivo la tolleranza; così per un liberale dell’epoca rivoluzionaria il nemico (principale) era il potere monarchico e l’obiettivo lo Stato rappresentativo; oggi occorre individuare l’avversario da battere e l’obiettivo da conseguire.

In una conversazione ad un Convegno del 2014 di recente tradotta e pubblicata in italiano  Steve Bannon, Chief Political Strategist del Presidente Trump, ha indicato tre avversari principali per un “capitalista illuminato” (termine che nell’uso che ne fa, somiglia molto a un liberale realista): il primo è (una specie di) “capitalismo di Stato, il capitalismo che si vede in Cina e in Russia”, ossia quel tipo, residuo dell’egemonia catto-comunista, che ancora permea le istituzioni italiane; questo “è una forma brutale di capitalismo che si preoccupa solo di creare ricchezze e valore per una piccola minoranza. Un secondo tipo di capitalismo che mi sembra quasi altrettanto preoccupante è quello che io chiamo il capitalismo alla Ayn Rand, oppure la Scuola oggettivista del capitalismo libertario. Questa forma di capitalismo è molto differente da quello che io chiamo «capitalismo illuminato» dell’Occidente ebraico-cristiano. È un capitalismo che davvero cerca di trasformare le persone in merce”; infine “siamo anche nelle fasi iniziali di una guerra globale contro il fascismo islamico”.

Tutt’e tre gli avversari di Bannon lo sono anche di un liberale realista: il primo perché riduce la libertà economica e individuale, il secondo perché, in una declinazione estremista, restringe il diritto delle comunità ad un’esistenza autonoma; il terzo perché nega sia la libertà, sia la separazione tra potere temporale e spirituale.

Il “liberalismo sfrenato”, oggetto di tante recenti critiche, pecca per omissione, nel non considerare l’aspetto politico nazionale, ossia il compito dello Stato di proteggere la comunità, l’esistenza ed il benessere della stessa ma non è in diretto ed insopprimibile contrasto con visione ideale e prassi di governo liberale, mentre gli altri due lo sono; soprattutto se coerentemente e generalmente applicati.

Non è poi comprensibile in che modo un mondo senza frontiere possa raggiungere una situazione di ordine. In fondo, già all’epoca della guerra di religione la regola cuius regio ejus religio, cioè la divisione territoriale delle religioni “ufficiali”, diede una forma di ordine, di cui il principio di tolleranza fu la conquista successiva. Ma “globalizzare” significa negare confini e frontiere: in una situazione in cui le differenze contano più delle concordanze, negare o limitare radicalmente il diritto delle comunità a decidere del proprio modo d’esistenza politica, religiosa, economico-sociale significa non riduzione ma moltiplicazione dei conflitti; ossia un disordine globalizzato.

 

GEOPOLITICA VACCINALE – ZOOTECNIE PER IL GREGGE ITALICO_1a parte, di Elio Paoloni

Qui sotto un lungo e documentato articolo di E. Paoloni sulla problematica delle vaccinazioni e sull’acceso dibattito che imperversa in Italia da oltre tre anni. Una cosa appare certa. Quello delle vaccinazioni non è solo un problema di salute, né solo un problema medico, per altro riducibile ad una controversia tra oscurantisti e progressisti. Non è nemmeno un tema riducibile prevalentemente agli enormi interessi economici in campo medico-sanitario. Nel libro “gli stregoni della notizia” Marcello Foa, tra l’altro, illustra alcuni esempi di manipolazione dell’informazione in campo sanitario. Prossimamente recensiremo un libro dedicato all’argomento che offrirà una prospettiva ancora più ampia alla lettura di queste dinamiche_Buona lettura_Germinario Giuseppe

 

GEOPOLITICA VACCINALE – ZOOTECNIE PER IL GREGGE ITALICO

Elio Paoloni

 

Premesso che:

 

– non si può mettere in dubbio il contributo dei vaccini alla salute umana nel corso della storia;

 

– nessuno, dunque, può dirsi favorevole o contrario ai “vaccini”, poiché non esiste un’unica categoria da accettare o respingere in blocco ma una molteplicità di preparati rivolti a malattie diverse per diffusione e gravità e di tipologie molto diverse, che vengono somministrati a individui di età diverse con stato di salute differente per genetica, condizioni metaboliche e stile di vita della famiglia (il no-vax fondamentalista antiscientista è una macchietta utile ai pro-vax per ridicolizzare qualsiasi seria critica alle specifiche normative in proposito; all’opposto, molti degli scienziati critici con l’uso estensivo dei vaccini sono gli stessi che li hanno creati);

 

– per comodità si continueranno ad utilizzare le definizioni pro-vax e no-vax, intendendo con vax unicamente il decreto di stampo totalitario del governo PD (*);

 

Accertato che:

 

il 29 settembre 2014, a Washington, presente l’ex ministro Lorenzin accompagnata dal Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) prof. Sergio Pecorelli, è stato deciso da un summit di 40 Paesi, con l’intervento di Barack Obama, che l’Italia avrebbe guidato le strategie e le campagne vaccinali nel mondo, ruolo di capofila già deciso in estate durante il vertice di Giakarta, e che questo “importante riconoscimento scientifico e culturale all’Italia” è stato preceduto da una campagna terroristica del New York Times, prontamente ripresa dalla stampa collaborazionista;

 

– il piano si inserisce in un progetto globale USA mirante a vaccinare 4 miliardi di persone in 30 Paesi entro 5 anni, come da infografica del GSHA (1), che contribuirà al compiersi della distopia annunciata nel lontano 1976 da Henry Gadsen, all’epoca direttore della casa farmaceutica Merck, che dichiarò alla rivista Fortune: “Il nostro sogno è produrre medicine per le persone sane. Questo ci permetterebbe di vendere a chiunque”;

 

– gli italici proconsoli hanno prontamente apprestato il decreto per inoculare obbligatoriamente nei neonati due blended più due single malt per un totale di dodici vaccini;

 

– il provvedimento non ha eguali nel mondo civile (ad esclusione della Lettonia): Austria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Islanda, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito non hanno nessun vaccino obbligatorio; il Belgio ne ha solo uno, la polio, Malta ne ha tre, la Grecia ne ha solo quattro; mentre i cugini francesi stanno tentando di mettersi al nostro passo;

 

– in Svezia l’anno scorso si è votato contro tutte le proposte di legge che proponevano i vaccini obbligatori (2) e che ci toccherà invadere questo paese privo di senso civico per obbligare anche i vichinghi a vaccinarsi in massa (è quello che Obama ci ha incaricato di fare; e state certi che se lasciamo fare ai suoi vassalli verrà tirata fuori per questa campagna tutta la capacità di persuasione nei confronti dei fratelli europei che non siamo mai riusciti a sfoderare negli ultimi decenni);

 

Constatato che per giustificare le misure coercitive l’ex ministro (appartenente allo schieramento che pretende di individuare e colpire le fake news) ha fatto ripetutamente ricorso alla menzogna:

 

  • a Porta a porta (3) del 22/10/2014 al minuto 36:22 Beatrice Lorenzindichiarava che “solo di morbillo a Londra, cioè in Inghilterra, lo scorso anno [quindi nel 2013] sono morti 270 bambini per una epidemia di morbillo molto grave”; secondo i dati ufficiali del governo inglese, invece, nel 2013, si è registrato 1 solo decesso, quello di un venticinquenne, in seguito ad una polmonite acuta quale complicanza del morbillo, come si legge qui (4);

 

  • a Piazza Pulita(5) del 22/10/2015 [esattamente un anno dopo] al minuto 5:57 Beatrice Lorenzin dichiarava: “Di morbillo si muore, in Europa! … c’è stata una epidemia di morbillo a Londra lo scorso anno [quindi nel 2014], sono morti più di 200 bambini”; invece nel 2014 ci sono stati 59 casi totali di morbillo a Londra e nessun decesso (6); dal 1989 al 2013 i decessi per morbillo nell’intero Regno unito sono oscillati tra 0 e 4, come si può verificare qui (7);

 

  • in un’intervista aIl Messaggero, il 21 luglio 2016 (8), l’ex ministro insisteva: «… In Gran Bretagna tre anni fa c’è stata una epidemia di morbillo – dovuta proprio al fatto che molti avevano rinunciato al vaccino – che ha causato la morte di centinaia di persone».

 

Considerato che le aziende farmaceutiche, ormai strettamente intrecciate con le famigerate multinazionali dell’agricoltura (9), hanno raggiunto immani capacità di pressione, assicurandosi la complicità di ricercatori, medici, giornalisti, funzionari, ministri con:

 

–  il tradizionale metodo della corruzione (uno dei nostri vaccini fu reso obbligatorio grazie a una tangente da 600 milioni (10) pagata da GlaxoSmithKline all’allora Ministro della Salute e obbligatorio è rimasto (11) nonostante la sentenza sia stata confermata in Cassazione nel 2012) – sancita da sentenze giudiziarie in tutto il pianeta (12) e ben descritta qui (13) da un vero esperto, l’ex Vicepresidente PFIZER dr. Peter Rost;

 

– “azioni di deterrenza e disciplina etica e professionale nei confronti dei medici e degli operatori infedeli che non raccomandano o sconsigliano la vaccinazione (14 – pag. 48): Roberto Gava, primo dei 120 firmatari di una lettera aperta all’Istituto Superiore di Sanità – che si invita a leggere per intero – nella quale si osava manifestare qualche perplessità su un certo tipo di pratica vaccinale (15) è stato radiato dall’ordine dei medici di Treviso;

 

Letto, con particolare attenzione al fumetto in prima pagina nella versione italiana (16) e, in doppia declinazione, alle pagg. 14 e 15 nella versione originale (17), il manuale del CDC, Centers for Disease Control and Prevention – le cui modalità di disinformazione vengono descritte sul Wall Street Journal  da un ex lobbista Roche (18) – per l’addestramento delle istituzioni alla creazione di “preoccupazione, ansia e inquietudine” nella popolazione allo scopo di indurre a una massiccia richiesta di vaccini, con suggerimenti su sofisticate strategie di comunicazione (le ‘ricette’) ed esortazioni alla messa in campo di maggiori investimenti, assodato che “i mass media stanno perdendo influenza ed è necessario esporre le persone al messaggio 10-12 volte”

 

VADO A ESPORRE

 

le obiezioni alle politiche vaccinali correnti; obiezioni di carattere scientifico, giuridico, etico, politico, filosofico:

 

 

 

 

OBIEZIONI SCIENTIFICHE

 

Stante la totale incompetenza in materia – pari solo a quella dei più aggressivi pro-vax – mi limiterò a esibire la imponente mole di pareri, di documenti, di statistiche – e di sentenze – sulla dannosità e/o inutilità di alcuni vaccini.

Lungi dal ritenerla esaustiva e neppure sfiorato dall’illusione di concludere definitivamente il dibattito, che resterà aperto purtroppo per decenni, intendo dimostrare che, anche se non fossimo in possesso di numerosi e inoppugnabili fatti, basterebbero gli innumerevoli, plausibili e inquietanti sospetti per indurre alla cautela, dunque perlomeno alla discussione in aula di qualsiasi provvedimento relativo all’obbligatorietà.

 

Poiché le repliche di Big Pharma e dell’establishment, in mancanza di solide argomentazioni, consistono quasi essenzialmente nella sistematica delegittimazione dell’avversario, mostrerò inoltre che gli studiosi sfavorevoli alla esasperazione di certe profilassi hanno la medesima – se non superiore – autorevolezza di quelle a favore.

 

 

1 – Danni accertati

 

Cito ora alcuni documenti storici (non studi, non opinioni, non estrapolazioni) sulla nocività di molti vaccini:

 

–  nel remoto passato (metà anni 50) la vaccinazione Salk negli Stati Uniti contro la poliomielite si trasformò in disastro perché il virus, rimasto vivo dopo un trattamento che doveva ucciderlo, provocò nei bambini vaccinati 70.000 casi di paralisi e 10 casi di morte, come asseverato da Paul Offit, MD, uno dei più noti pediatri “vaccinisti” nonché creatore del vaccino contro il rotavirus, in The Cutter Incident, Yale University Press, 2005, (la Cutter era una delle aziende responsabili dell’incidente). Qui (19) in un saggio molto articolato e con una ricca bibliografia, tutta la triste storia dell’antipolio, con un interessante aneddoto sulla manipolazione dei dati: “La dissimulazione del rischio reale viene ulteriormente aggravato da una nuova definizione della malattia poliomielitica, introdotta dopo l’inizio delle vaccinazioni di massa risalente agli anni Cinquanta e Sessanta. La definizione classica di poliomielite era ‘una malattia con paralisi residua che si risolve entro 60 giorni’; la nuova definizione è ‘una malattia con paralisi residua persistente per oltre 60 giorni’. Dato che in meno dell’uno per cento dei casi si sviluppa una paralisi residua che persiste per oltre 60 giorni, la nuova definizione ha “eliminato” in quanto non poliomielite la grande maggioranza dei casi in cui la paralisi si risolveva entro 60 giorni”.

 

– anche in un passato molto più recente buona parte dei vaccini sembrano essere stati confezionati in garage (20 – con link interni a siti di diversi paesi) (21) (22); si linka anche un sito anti-fake (23) che giustamente stigmatizza la tendenziosità di alcuni articoli che lasciano supporre – o suggeriscono – che il ritiro di alcuni lotti configuri una nocività del vaccino in quanto tale. Ma stupisce il tono rassicurante, la capacità evasiva di costoro: come se non restasse la gravità della immissione sul mercato nel corso degli anni, nei più diversi paesi, di grandi quantità di prodotti malfatti, adulterati, non verificati. E’ inconcepibile tanta superficialità nel confezionamento di farmaci. Nessun genitore a questo punto può davvero essere certo che non ci sarà qualche veleno nei vaccini che si vogliono inoculare ai loro neonati;

 

–  si prega di tener presente che già negli anni ’50 le rassicurazioni sui vaccini (con Elvis Presley testimonial d’eccezione) erano le medesime di oggi e che i mantra “ora è tutto diverso, le moderne tecnologie, il progresso della scienza, le magnifiche sorti (e progressive)” vengono recitate dai tempi dei salassi a go go;

 

 

 

 

2 – Nocività estremamente probabili (biologicamente plausibili)

 

– sempre a proposito di ‘sicurezza’ dei vaccini, fra gli anni 1955 e 1963 i vaccini antipolio vennero infettati dall’SV40, un virus di scimmia che potrebbe essere la causa di migliaia di casi di mesotelioma pleurico, tumori al cervello, linfomi non-Hodgkin e osteosarcomi. Si è costretti a usare il condizionale perché non è stato dimostrato oltre ogni dubbio l’effetto cancerogeno sull’uomo ma la letteratura scientifica è concorde su tre aspetti: l’SV40 è arrivato nell’uomo tramite il vaccino antipolio, è stato trovato in 4 tipi di tumori, i test fatti su animali di laboratorio con l’SV40 hanno mostrato il rapido sviluppo di questi 4 tipi di tumori (24 –traduzione non impeccabile) (25 – originale);

 

– già negli anni ’80 erano stati evidenziati i rapporti tra vaccinazioni e decessi in culla (26);

 

– fin dal 1994 sono noti alla comunità scientifica i possibili danni del vaccino contro il morbillo: qui (27) si dichiara chiaramente la plausibilità biologica che il vaccino contro il morbillo possa scatenare: Encefalopatia, Panencefalite Subacuta Sclerosante [PESS], Disordini Cerebrali [Residual Seizure Disorders], Neuriti ottiche, Mielite trasversa, Sindrome di Guillain-Barré, Trombocitopenia;

 

–  nel 2010 il Sunday Times pubblicò un articolo sui danni vaccinali (28) basato sui dati ufficiali del MHRA, la Medicines and Healthcare products Regulatory Authority del Regno Unito, ovvero l’autorità governativa che si occupa di farmaci e di salute pubblica, non pubblicati ufficialmente, ma ottenuti dal quotidiano grazie al Freedom of Information Act. Dai dati raccolti sulle reazioni avverse ai vaccini, in particolare al vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia, si scopre che dal 2003 vi erano state più di 2100 gravi reazioni avverse ai vaccini pediatrici, alcune delle quali a rischio della vita: “Si sospetta che quaranta bambini siano morti come conseguenza della somministrazione di routine dei vaccini negli ultimi 7 anni. Si sospetta anche che le vaccinazioni in età infantile abbiano lasciato due bambini con danni al cervello e che abbiano causato più di 1500 reazioni neurologiche, inclusi 11 casi di infiammazione cerebrale, 13 casi di epilessia e uno di coma”;

 

–  nel settembre 2011 l’Agenzia The National Institutes of Healths (programma nazionale statunitense di sorveglianza sulla sicurezza dei vaccini, un’agenzia del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti) pubblicava uno studio dal titolo “Infant mortality rates regressed against number of vaccine doses routinely given: Is there a biochemical or synergistic toxicity?” (29) basato su dati VAERS (Vaccine Adverse Events Reporting System). Nella maggior parte dei casi le reazioni avverse registrate sono “lievi effetti indesiderati”, ma nel 13 per cento dei casi si tratta di “reazioni gravi”, come pericolo di vita, ospedalizzazione, invalidità permanente o morte. Tuttavia – viene precisato – i dati sono abbondantemente sottostimati, perché lo stesso Vaers “è un sistema di farmacovigilanza passivo, intrinsecamente soggetto a sotto-segnalazione”, “una sottostima pari, secondo alcune rilevazioni, a 50 volte”. E’ David Kessler, ex commissario della Food and Drug Administration che sovrintende al sistema Vaers, a stilare questo bilancio: “vengono segnalati solo circa l’1 per cento degli eventi avversi gravi” (30);

 

–  lo studio sopra citato è doppiamente significativo perché i professionisti antibufale hanno tentato di inficiare la validità dello studio screditando gli autori, e chi li aveva citati, e dalla replica (31) si può arguire quale sia l’unico vero metodo argomentativo degli sponsor delle vaccinazioni seriali: delegittimazione dell’interlocutore;

 

–  qui (32) sono elencati alcune decine di studi in originale sui danni da vaccino pubblicati dalla stessa Agenzia. Troverete anche link a elenchi dettagliati delle azioni legali e dei risarcimenti disposti negli Stati Uniti, dei quali si parlerà più diffusamente nel seguito.

 

– il Codacons, che si batte per vaccini singoli e indagini pre-vaccinali, riferisce di migliaia di segnalazioni (parliamo dei vecchi vaccini, non delle mitragliate da dodici) (33). Ma i giornalai ci rassicurano: 8 casi su 10 non sono gravi (34). Che rassicurazione sarebbe? 2 su 10, date le cifre, è un’enormità, una catastrofe. Inutile dire che l’articolo termina con i soliti numeri falsi sui casi di morbillo;

 

– qualche notizia dalla Gabanelli (35)

 

E’ solo un ristrettissimo elenco, brevi cenni sull’universo, giusto per mettere in chiaro che la pericolosità non se la sono inventata quattro ufologi strafatti.

 

 

3 – Pericolosità, inefficacia, inutilità – Opinioni autorevoli

 

Di solito non mi lascio incantare dalle ovazioni, da qualsiasi platea provengano, ma ritengo doveroso linkare questo video (36) alla fine del quale potrete apprezzare la standing ovation ottenuta da Luc Montagnier alla convention dell’Ordine dei biologi.

Inutile dire che per Repubblica e Il Foglio il povero Montagnier, premio Nobel e scopritore del virus HIV, avendo osato sostenere che la vaccinazione obbligatoria è “un errore politico e medico”, è solo un rimbecillito e i biologi italiani sono plagiati dal Presidente del loro ordine, il Senatore D’Anna.

Tra i relatori del Convegno apparivano però il professor Yehuda Shoenfeld – qui (37) qualche dato oggettivo sulla sua autorevolezza, comparato con quella degli alfieri della vaccinazione di massa che troneggiano in Tv – Sonia Manzo, ecotossicologa, primo ricercatore al Centro Ricerche ENEA di Portici, il professor Ivano Spano – qui (38) l’impressionante curriculum – e il professor Giulio Tarro (39) pluricandidato al Nobel in medicina, allievo di Albert Sabin, presidente della Commissione sulle biotecnologie della virosfera all’Unesco, autore di numerose ricerche presso le università statunitensi (tra le quali alcune sul rapporto tra virus e tumori) e del libro 10 cose da sapere sui vaccini nel quale tenta di opporsi al terrorismo mediatico, all’arroganza di tanti Vati al soldo dell’industria farmaceutica che popolano insieme alla scodinzolante politica di casa nostra accademie e salotti parascientifici, ben protetti e foraggiati dai ricchi rubinetti di Big Pharma. Qui (40) un intervista al Prof. Tarro sul sito di Repubblica.

 

“Si può ritenere – sostiene Tarro nel suo libro – che i vaccini, analogamente agli inquinanti ambientali e alle sostanze chimiche in generale (xenobiotici) svolgano un effetto disorganizzante il sistema immunitario e quindi squilibrante/scatenante le patologie latenti che ogni organismo ha. Ciò è particolarmente facile in quei soggetti più deboli o geneticamente predisposti in cui la vaccinazione può scatenare, tanto più facilmente quanto più il bambino è immaturo, la patologia sottostante e, in casi veramente eccezionali, anche la morte”.

E ancora: “La soglia di sicurezza è un concetto basato su contestati algoritmi, ma in nome del quale è stato giustificato lo strumento del decreto per imporre una campagna vaccinale di cui nessuno – tranne gli addetti ai lavori – sentiva il bisogno. Considerato che non era imminente alcuna epidemia, ci sarebbe da domandarsi il perché di un provvedimento di urgenza invece di un disegno di legge che avrebbe garantito una discussione più pacata e certamente più produttiva”.

 

C’è un saggio molto equilibrato di Paolo Bellavite, oltre 200 pagine in cui si esaminano i vaccini uno per uno e si propongono degli aggiustamenti per nulla radicali al decreto (41); se ne riporta un brano: “Se la plausibilità biologica e l’effettività della vaccinazione come mezzo di prevenzione delle malattie infettive in generale sono scientificamente certe e basate su una lunga esperienza, l’efficacia di ogni singola vaccinazione nella situazione geografica e storica attuale deve basarsi su evidenze sicure”.

 

Per accertare senza ombra di dubbio l’affidabilità di uno studioso basta consultare gli articoli degli oppositori dello stesso, meticolosissimi nell’individuare ogni manchevolezza. Qui (42) trovate un pezzo velenoso contro Bellavite: titolo e impostazione fanno pensare a chissà quali tremende rivelazioni a proposito del docente di Verona. Bene, contro 200 pagine di argomentazioni, citazioni, evidenze, i livorosi pro-vax non riescono a tirar fuori altro che un post del professore che dovrebbe screditarlo (e non si capisce perché), attaccando poi un pippone sul fatto che Bellavite NON dice (perché è furbo, sostengono) che i vaccini causano l’autismo. E benché non lo dica loro si lanciano in una filippica contro la bufala dell’autismo. Poi si scagliano contro il Professore perché ha dichiarato di NON essere un omeopata commettendo però il delitto di interessarsi anche di omeopatia. Costoro riescono a far apparire un crimine persino l’incarico affidatogli in proposito dal Ministero della Sanità. Sarà complottista anche il Ministero?

LINK

 

1 – https://www.cdc.gov/globalhealth/security/infographics/decoding_ghsa.htm

2 – http://www.thenhf.se/riksdagen-rostade-nej-till-alla-vaccinmotioner/

3 – https://www.youtube.com/watch?v=I3QIJMyWzlE&feature=youtu.be

4 – https://www.gov.uk/government/publications/measles-deaths-by-age-group-from-1980-to-2013-ons-data/measles-notifications-and-deaths-in-england-and-wales-1940-to-2013

5 – https://www.youtube.com/watch?v=BZFyTam4Sys&feature=youtu.be

6 – https://www.gov.uk/government/publications/measles-confirmed-cases/confirmed-cases-of-measles-in-england-and-wales-by-region-and-age-2012-to-2014

7 – https://www.gov.uk/government/publications/measles-deaths-by-age-group-from-1980-to-2013-ons-data/measles-notifications-and-deaths-in-england-and-wales-1940-to-2013

8 – http://www.ilmessaggero.it/primopiano/sanita/lorenzin_vaccinazioni_diritto_salute-1868355.html

9 – https://ofcs.report/beni-culturali/ambiente/bayer-monsanto-una-fusione-inquietante-e-il-si-delleuropa/

10 – https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/12/lorenzo-poggiolini-condannati-cassazione-dovranno-pagare-milioni-testa-allo-stato/204037/

11 – https://www.byoblu.com/2017/05/03/caro-burioni-ti-scrivo-cosi-mi-rilasso-un-po/

12 –  https://codacons.it/wp-content/uploads/2017/10/Glaxo_-Le-pesanti-condanne-inflitte-alla-casa-farmaceutica-in-tutto-il-mondoJEDA-NEWS.pdf

13 – https://www.youtube.com/watch?v=TrCizlAOBAo

14 – http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2571_allegato.pdf

15 – http://www.informasalus.it/it/articoli/vaccinazioni_lettera_presidente_sanita.php

16 – https://drive.google.com/file/d/1-UmcovSOteuCioiCFEW1eBKX_Uaqeeb-/view

17 – https://drive.google.com/file/d/16EG1RKCOHLq6qGcw2Bamr9SxymRzyAA-/view

18 – https://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2017/03/07/cdc-uses-false-fears-promote-vaccine-uptake.aspx

19 – https://www.nexusedizioni.it/it/CT/fatti-poco-noti-sulla-vaccinazione-contro-la-poliomielite-5591

20 – http://www.comilva.org/ritiro-infanrix-exa-italia-no-problem/

21 – https://ilsalvagente.it/2015/10/17/3298/3298/

22 – https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/21/vaccino-anti-meningite-ossido-ferro-nelle-fiale-lotti-ritirati-famiglie-fanno-causa/1225594/

23 – https://www.davidpuente.it/blog/2017/11/11/il-presunto-ritiro-dal-commercio-del-vaccino-anti-meningite-menveo-la-solita-psicosi-social/

24 – http://www.vacciniinforma.it/2014/08/29/virus-simian-40-sv40-e-incidenza-di-cancro-vaccini-nel-mirino/1313

25 – http://www.sv40foundation.org/CPV-link.html#_edn79

26 – http://www.consumerhealth.org/articles/display.cfm?ID=19990705002005

27 – https://autismovaccini.org/wp-content/uploads/2014/03/adverse_events_associated_with_childhood.pdf

28 – https://www.thetimes.co.uk/article/40-deaths-linked-to-child-vaccines-over-seven-years-5xwhd9jtprr

29 – https://comedonchisciotte.org/vaccini-lallarme-era-noto-al-governo-usa-da-anni-dati-ufficiali-terrificanti

30https://books.google.it/books?id=w5M-DwAAQBAJ&pg=PT133&lpg=PT133&dq=david+kessler+vaers+reazioni+avverse+sotto+stimate&source=bl&ots=0alc5qizir&sig=NM3G6vdy7X1o4W5ml0NgVq03Ymo&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjkyd7OtuPdAhVPzYUKHW95AAoQ6AEwAHoECAkQAQ#v=onepage&q=david%20kessler%20vaers%20reazioni%20avverse%20sotto%20stimate&f=false

31 – https://comedonchisciotte.org/la-mia-critica-sui-vaccini-e-autorevole-studdio-allarmantew-conferemato/

32 – https://www.maurizioblondet.it/giorno-ci-dicono-non-esistono-studi-scientifici-sul-danno-vaccini/

33 –  https://codacons.it/vaccini-codacons-oltre-21-mila-segnalazioni-reazioni-avverse-nel-periodo-2014-2016/

34 – https://www.wired.it/scienza/medicina/2018/07/10/vaccini-reazioni-aifa/

35 – http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-3130cc7a-9973-49e5-99ce-71eb96d3113e.html

36 – https://www.youtube.com/watch?time_continue=2044&v=MDhstaFwsKw

37 – http://www.libreidee.org/2017/08/vaccini-la-scienza-non-e-conoscenza-non-ha-verita-stabili/

38 – https://www.pensareoltre.org/index.php/it/ivano-spano-dislessia-adhd

39 – https://westernorthodoxuniversity.files.wordpress.com/2015/09/breve-cv-prof-giulio-tarro-new.pdf

40 – http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/11/23/news/intervista_giulio_tarro-46382952/

41 –http://www.paolobellavite.it/files/170718ScienzaeVaccinazioniCorr.pdf

42 – https://www.nextquotidiano.it/paolo-bellavite-matteo-salvini/

http://italiaeilmondo.com/2018/10/16/geopolitica-vaccinale-zootecnie-per-il-gregge-italico_2a-parte-di-elio-paoloni/

http://italiaeilmondo.com/2018/10/21/geopolitica-vaccinale-zootecnie-per-il-gregge-italico_3a-parte-di-elio-paoloni/

CONSIGLIO AI ROSICONI, di Teodoro Klitsche de la Grange

CONSIGLIO AI ROSICONI

Prima del 4 marzo l’establishment politico e culturale di sinistra stigmatizzava l’ “incultura, l’inesperienza e la rozzezza” dei populisti, in specie dei grillini.

Il tormentone è aumentato a dismisura con la vittoria elettorale e il varo del governo pentaleghista; anche la carriera accademica di un mite premier come Conte è stata passata al setaccio e così sono stati svelati alcuni peccatucci (veniali), ricorrenti in ogni percorso accademico. Allo stesso è stata poi addebitata l’inesperienza, considerato che, praticamente era rimasto sempre fuori dai giri che contano; e probabilmente questa è stata la principale ragione che ha indotto a nominarlo. Una compromissione plurilustre col potere, che è a giudizio dell’establishment capalbino, un titolo comporta, cosa di cui i suddetti non si rendono conto, anche quella con lo sfascio della seconda repubblica: pessima presentazione per l’elettorato pentaleghista. Tant’è. I rosiconi hanno forse rimosso, ma più probabilmente rimpiangono, i bei tempi in cui trovavano comode e confortevoli nicchie nei bilanci pubblici. E per gente che spesso ha fatto dell’interesse individuale (proprio) la regola dell’agire universale, il venir meno di queste, ovviamente addolora.

Così il movimento cinque stelle appare, nell’immaginario di Capalbio – ed in parte lo è – come un’armata Brancaleone: un insieme disordinato di emarginati dal potere e dalla cultura, rozzi, ignoranti (e opportunisti), guidati da un comico.Inadatti a governare, come a discutere e brillare nei salotti.

Come detto qualcosa di vero c’è, ma occorre non trascurare come, in primo luogo, il livello della classe dirigente negli ultimi trent’anni ha avuto uno scadimento geometrico (nel senso della radice quadrata): un Di Maio steward, è stato preceduto da una Fedeli, ministro dell’istruzione, la quale in comune con Benedetto Croce, aveva di non essere laureata. Purtroppo per lei, i connotati comuni col filosofo si riducevano a quello. Quanto poi abbia contribuito al declino di qualità dei parlamentari, il tentativo ricorrente (e “vincente”) delle diverse leggi elettorali, di farli nominare dai vertici dei partiti più che scegliere dalla base elettorale è sicuramente influente e da valutare nel senso che non sempre è il popolo a sbagliare.

Ma quel che più importa è notare come sia in politica che in quel mezzo della politica che è la guerra, è la qualità del nemico a determinare quella del combattente.

Facciamo un esempio.

Pareto ironizzava su Napoleone III°, perché incerto e (addirittura) ingenuo, tuttavia all’immagine dell’Imperatore (per i postumi) ha contribuito d’esser stato sconfitto – ed aver perso il trono – da un genio della politica come Bismarck e da una perfetta macchina da guerra come l’esercito prussiano. Che giudizio avrebbero formulato i posteri se a sconfiggerlo e detronizzarlo fosse stato un politico di mezza tacca alla guida dell’esercito del Lussemburgo? Anche a Francesco Giuseppe che perse quasi tutti i domini italiani dell’Impero in pochi anni, contribuì non poco di aver avuto come avversario un altro genio come Cavour: e morì circondato dall’affetto e dalla considerazione dei sudditi. Lo stesso avviene per la guerra: il nome di Scipione è noto a tutti perché sconfisse Annibale – il più grande condottiero dell’antichità – a Zama; nessun ricorda il nome dei consoli (Salinatore e Nerone) che qualche anno prima avevano vinto Asdrubale (il fratello meno dotato di Annibale) al Metauro, battaglia non meno decisiva di Zama. Sconosciuti come i consoli suddetti sono i nomi di quei generali delle potenze europee che nel XIX secolo conquistarono tutta l’Africa, debellando le orde tribali autoctone.

Pertanto la spocchia della sinistra conferma, non volendo, due circostanze.

La prima che se l’armata Brancaleone dei grillini  (oltretutto poco “aiutata” e dotata di mezzi) ha vinto la “gioiosa macchina da guerra”, ciò significa che gli italiani ne avevano così piene le scatole di questa da preferire un insieme di ….sfigati a tanto brillante accademia. Chi è ridotto male spera nei salvatori meno probabili, che preferisce a coloro in gran parte responsabili di averlo rovinato.

La seconda che se tale armata Brancaleone, povera di mezzi e appoggi, li ha ridotti così a mal partito vuol dire che non erano poi così bravi, intelligenti ed efficienti. Non sono Bismarck né Scipioni, ma dei Dumford o Baratieri (sconfitti il primo dagli Zulu, il secondo dagli abissini). E per la loro immagine sarebbe bene ne tenessero conto.

Teodoro Klitsche de la Grange

Identitari e globalisti_1a parte, di Teodoro Klitsche de la Grange

In calce la prima parte dell’intervento dell’autore al 30° congresso del PLI tenutosi a Roma nel maggio 2017. Offre sicuramente diversi spunti di riflessione sulle diverse chiavi di interpretazione che si stanno affermando rispetto all’agone politico dei due secoli passati. In rapida successione si pubblicherà il prosieguo_Germinario Giuseppe

Come tanti, ho la sensazione che questi anni saranno decisivi per il futuro dell’Italia e dell’Europa. L’ordine, interno ed internazionale, che durava dalla fine della seconda guerra mondiale, è già arrivato alla fine da quasi trent’anni, dal dissolvimento dell’URSS e dal collasso del comunismo. Quello che doveva sostituirlo, basato su un’unica superpotenza e che comunque appariva transitorio – data l’ascesa della Cina (e non solo) – sta cambiando. E soprattutto è in corso il rinnovamento delle classi dirigenti e dei sistemi politici, con la sostituzione di distinzioni/contrapposizioni fondate sull’asse destra/sinistra, o meglio borghesia/proletariato, un altro, che (pare) quello identità/globalizzazione.

Accanto a questo c’è la decadenza dell’Italia e dell’Europa, la quale rientra nella natura delle società ed istituzioni, come oltre duemila anni fa pensavano (tra gli altri) Platone e Polibio.

La decadenza italiana s’iscrive poi in modo inequivoco nello schema “ciclico” classico. Pur essendo venuto già da quasi trent’anni il presupposto del “vecchio ordine”, cioè quello bipolare di Yalta, è stato mantenuto pressoché inalterato il regime concreto che su quella situazione storica si fondava, con qualche aggiustamento, neppure sempre migliorativo.

Che l’Italia decada è incontrovertibile; in un periodo storico quando, abituati a ritenere decisiva l’economia, il dato che il P.N.L. sia cresciuto dal 1998 ad oggi dello 0,1%, somma di modeste crescite fino al 2008, divorate da una robusta decrescita fino ad un paio di anni fa e dallo stallo successivo, ne da una prova incontestabile.

Tuttavia il problema è politico, come politiche ne sono le conseguenze: di fronte ai modesti risultati delle élites dirigenti è arrivata la risposta dei governati: di cambiare politica, la quale ha preso la forma della “cacciata” della classe di governo. Il populismo non è altro che la manifestazione di questa reazione, tante volte vista nella storia. Partiamo quindi dalla politica.

La fine dell’opposizione destra/sinistra.

Molti ritengono che la dicotomia destra/sinistra (o meglio borghesia/proletariato) sia ancora un criterio intorno al quale si distribuiscono, si riconoscono, si confrontano i partiti e i sistemi politici (e più in generale i gruppi umani che combattono per il potere). Altri, per lo più minoritari, non lo pensano. Per quanto riguarda i “populisti” nella scriminante destra/sinistra non sono inquadrabili (o non lo sono – il che è lo stesso – in modo decisivo). Un interrogativo classico, che riguarda i grillini, è se questi sono di destra o di sinistra, data l’ambiguità su tanti temi del Movimento 5 Stelle. Nella realtà la forza crescente di questi – e degli altri “populisti” – è proprio di non essere riconducibili a tale contrapposizione. Avete mai sentito un grillino parlare di “classe operaia” o di “pericolo comunista”? A me non risulta. Così neppure da parte di altri “populisti” come i leghisti o “Fratelli d’Italia” (se non raramente in tono minore). E il favore  elettorale è dovuto, per lo più, a questo. Il perché può avere una spiegazione.

Ogni epoca della storia dell’Europa moderna ha visto organizzarsi le contrapposizioni politiche in base a una scriminante generale (e prevalente): nel XVI e XVII secolo era quella religiosa, in particolare tra cattolici e protestanti; all’epoca del tardo illuminismo fu sostituita da quella tra borghesia e monarchie assolute; successivamente, nel secolo breve, ma ancora prima, superata da quella tra borghesia e proletariato. Venuto meno la quale, se ne fa avanti una nuova. E quella vecchia subisce un processo d’indebolimento politico: non riesce a suscitare più né un consenso né un dissenso decisivo: viene progressivamente depotenziata e neutralizzata. E così l’ordine che ne conseguiva. Anche le contrapposizioni “minori” (nel senso di particolari e peculiari di zone e aree determinate) nel secolo breve e in particolare dopo la conclusione della seconda guerra mondiale riuscivano a suscitare stati d’intensa ostilità fino alla guerra all’interno sia dei “due” campi, sia tra “clienti” degli stessi, per lo più non indotte dalla discriminante amico/nemico principale.

Infatti vi sono state guerre nello stesso “campo” anche se “relativizzate”: Cina/Vietnam; Vietnam/Cambogia; Cina/Russia; (gli “incidenti” sull’Ussuri) per quello comunista; Gran Bretagna/Argentina (per le Falklands/Malvine) nonché l’occupazione turca di parte di Cipro con le forti tensioni tra Grecia e Turchia. Ma tutti conflitti d’intensità minore rispetto a quello prevalente.

Così è chiaro, risalendo di qualche secolo, che se Frundsberg riuscì nel 1527 a portare un esercito di  protestanti a saccheggiare Roma (“la prostituta di Babilonia”) il tutto non gli sarebbe riuscito né una ventina di anni prima né un secolo (abbondante) dopo: prima perché la scriminante religiosa tra cristiani non c’era, dopo perché era depotenziata.

Il declino dei vecchi partiti e l’ascesa di quelli nuovi oggigiorno trova la propria causa (e spiegazione) principale (ancorché non unica) nella sostituzione della vecchia scriminante politica da parte della nuova. D’altra parte la vecchia non ha senso (o ha poco senso): a comunismo crollato, combattersi in nome del capitale o del proletariato appare come la carica di don Chisciotte contro i mulini a vento. E le masse la osservano con l’incredula indifferenza di Sancho Panza, il quale percepiva che i nemici del suo capo non erano giganti, ossia nemici reali, ma solo mulini.

Di conseguenza non li considerano nemici né impedimento (principale) alle proprie condizioni di esistenza: la percezione del nemico è riservata ad altri, e si fonda su una scriminante diversa e nuova.

La nuova scriminante.

Non è facile operare la reductio ad unitatem dell’affollato insieme dei “populisti”, anche perché è diventato il sinonimo di oppositori alle élites governanti (come definizione in negativo, questa è insufficiente a individuare connotati di “contenuti” comuni). A poco serve insistere all’uopo su aspetti “tecnici” come il rapporto tra capo e seguito, le forme e i processi in cui si articola; o il linguaggio adoperato; neppure l’appello al popolo è un differenziale esauriente, perché il popolo, almeno per sedurlo, è invocato da tutti.

A cercare il senso e i poli della nuova discriminante, adattabile, pur tenendo conto delle differenze, ai movimenti “populisti” nella generalità (o quasi) questa è la polarità identità/globalizzazione.

Il populista “tipo” del XXI secolo si colloca nel primo dei due termini dialettici e  si oppone al secondo – ed al soggetto/i globalizzatore/i.

L’identità può essere declinata in vari modi e con vari accenti: l’importante è che il populista (ci crede e) vuole proteggerla.

Alle volte movimenti populisti mettono l’accento sul profilo economico: la difesa del lavoro nazionale dall’ “esercito di riserva” del capitalismo, ormai costituito quasi esclusivamente dai migranti. E del pari, quella delle industrie dalla finanza globale (e non) o dalla concorrenza extraeuropea. Difesa dell’occupazione e del sistema industriale che, a conferma del tramonto della vecchia scriminante, sono due facce della stessa medaglia, in cui gli interessi un tempo (visti come) confliggenti tendono a solidarizzare e non a contrapporsi.

In altri casi prevale l’aspetto culturale: la globalizzazione tende ad eliminare le differenze e così le culture: il villaggio globale fagocita quelli locali e le loro particolarità, consuetudini, istituti dalla cucina su su fino al rapporto tra i sessi, la famiglia, il matrimonio. Altri sulla  religione, spesso associata alla precedente.

Altri ancora, praticamente tutti, la declinano sotto il profilo politico-istituzionale: nel senso che a decidere sul mondo e le forme dell’esistenza politica, economica e sociale debbano essere i popoli – e non i “mercati” – o meglio i soggetti (poteri) globalizzatori.

Questa istanza, la più diffusa, comporta due conseguenze.

La prima di essere una rivendicazione nazionale, non nel senso che il nazionalismo ha assunto in Europa nel XX secolo (quello che va da Corridoni a Rosenberg, tra tanti), ma in quello che aveva per un uomo del XIX secolo, e in particolare per chi ha fatto il Risorgimento italiano.

In fondo una sintesi non esauriente ma efficace del nazionalismo d’antan la formulava Mazzini nel “Manifesto del comitato nazionale italiano” in cui si può leggere “Che nessun governo è legittimo se non in quanto rappresenta il pensiero nazionale del popolo alla cui vita collettiva presiede, ed è liberamente consentito da esso”. In effetti questa è l’essenza della libertà politica nel senso più antico, ossia come libertà di una collettività umana di decidere autonomamente l’ordinamento della propria esistenza politica, economica e sociale.

Da “America first” di Trump alle rivendicazioni del Front National a quelle di Orban (e si potrebbe continuare nell’elencazione) questo è il “volto nuovo” di un nazionalismo non aggressivo, ma difensivo. Scambiare la difesa con l’aggressione è un espediente di cattiva propaganda.

Tale revival nazionalista è in primo luogo spiegabile dalle differenze con l’ideologia cosmopolita, dei diritti dell’uomo e del pacibuonismo “a prescindere”, della tecnocrazia, e, da ultimo, della prevalenza del normativo sull’esistente e dal rifiuto di tutto questo, o quanto meno dalla di esso relativizzazione. Ovviamente il cosmopolitismo con la sua (auspicata e in parte realizzata) abolizione di tutte le frontiere (spaziali, e non solo), è esattamente l’opposto di quello che ha sostenuto il nazionalismo, da quando si è profilato quale dottrina.

Da tale opposizione è chiaro che il processo di globalizzazione, accelerato dopo il crollo del comunismo, ha provocato o comunque amplificato, per contrapposizione, la controspinta nazionalista, nel senso indicato. La nuova dialettica amico/nemico si propone quindi come negazione/opposizione tra chi vuole conservare la propria specificità (identità) e chi la vuole sopprimere, o quanto meno, relativizzare.

La seconda conseguenza è che, da un lato, si percepisce (di solito) i “populisti”, che sarebbe meglio denominare identitari, come una destra riemergente: ciò ha indubbiamente una parte di verità, nella misura in cui le rivendicazioni nazionali sono state fatte proprie, in Europa, soprattutto dalle destre. Per cui chi ancora è rimasto fermo alla vecchia contrapposizione, non si è del tutto sbagliato, ma interpreta la realtà secondo i vecchi schemi. Tuttavia non lo è – o lo è assai di meno – se si considera da un canto che si tratta di nazionalismo difensivo; dall’altro che, mentre per il vecchio nazionalismo il nemico da cui difendersi o da combattere era un altro Stato, cioè l’istituzione politica di una comunità “altra”, ora è un qualcosa di indefinito, per lo più di non statale: l’Impero di Negri, i “poteri forti” e così via. I quali hanno il connotato comune di non essere (per lo più) Stati, di professarsi (per lo più) non politici, di non essere democratici (tutti), di non conoscere né riconoscere frontiere (di ogni genere). E quindi per lo più di essere non uno Stato ma una lobby, una setta, una società segreta, un partito, un gruppo religioso e così via. Il che crea delle opportunità per il liberalismo nel XXI secolo.

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