TARDE BRICIOLE DI CONSAPEVOLEZZA, di Andrea Zhok

TARDE BRICIOLE DI CONSAPEVOLEZZA
In giovane età s’ha bisogno di certezze, saldi segnavia che ci permettano di orientarci. Perciò passiamo tutti attraverso una fase “faziosa”, in cui assumiamo che quelli del gruppo ideale X, i “nostri” abbiano sempre caratteristiche positive, argomenti validi, ottime ragioni, sensibilità adeguate, senso della realtà, mentre gli “altri”, appartenenti al gruppo ideale Y, presentano incorreggibili tratti negativi, barbarici, irragionevoli, insensibili, fondamentalmente abietti.
Abbastanza presto, con l’età adulta, alcuni fanno spazio ad un qualche grado di tolleranza, ammettendo che non tutto il male è negli “altri”, non tutto il bene è nei “nostri”.
Questo livello critico è di solito il livello più avanzato cui pervengono i più spiritualmente accorti, e il suo raggiungimento ci fa ritenere di aver ottenuto in qualche modo una sorta di saggezza, di maturità, di equilibrio.
E poi, e poi, alcuni, carchi d’anni e di delusioni onusti, pervengono ad un’ulteriore, amara, Illuminazione.
Lì, davanti agli occhi sta la verità, quella verità che non si avrebbe mai voluto vedere, quella verità che, forse, a saperla troppo presto ci avrebbe storpiato moralmente, e che tuttavia ora ci guarda in faccia.
E la verità è che i buoni e i cattivi, i ragionevoli e gli irragionevoli, i sensibili e gli insensibili, i cretini e gli intelligenti, i colti e gli ignoranti, i coraggiosi e i codardi, i magnanimi e i meschini sono distribuiti in maniera ASSOLUTAMENTE EQUANIME rispetto ad ogni credenza, ad ogni ideologia, ad ogni bandiera.
Tra quelli che perorano ideologie eroiche è zeppo di vigliacchi, tra quelli che proclamano l’amore per il prossimo è pieno di cinici, tra gli alfieri del pacifismo è pieno di soverchiatori prepotenti, tra i cavalieri dell’ideale ci sono secchiate di meschini, tra i veneratori della ragione ci sono legioni di dogmatici, tra i fedeli timorati di Dio brulica la hybris individualistica, ecc.
E peraltro di buono c’è che anche le qualità sono distribuite in maniera inaspettatamente equanime.
(Con una singola eccezione: quei liberali che rivendicano orgogliosamente di perseguire il proprio interesse e basta, perché è giusto così – fiat avaritia, pereat mundus – sono esattamente e solamente le nullità morali che sembrano essere.)
Molti sono disposti a fare un tratto di percorso in questa direzione, ammettendo che sì, forse dobbiamo aggiustare le nostre aspettative, forse dobbiamo ammettere che le spazio delle virtù e dei vizi è più variegato di quanto ci aspettavamo; ma dubito che molti siano disposti ad accettare il bruto fatto sociale che le credenze manifeste, le idee proclamate, la bandiere brandite non hanno nessuna, assolutamente nessuna capacità predittiva delle qualità umane di chi le impalma.
Tutti noi continuiamo ad essere propensi ad aprire credito ad alcune bandiere e ad avere deplorevoli aspettative verso altre. Si tratta probabilmente di una reazione primitiva, di un remoto istinto del gregge, che, in un mondo dove non ci sono praticamente più appartenenze su base materiale (fisica, territoriale, biologica, ecc.) ha bisogno di aggrapparsi all’idea che comunque tra “noi” e “loro” ci debba essere una differenza in qualche modo fondamentale.
Invece no.
Le differenze, qualitativamente enormi, abissali, antropologicamente incolmabili, ci sono naturalmente, ma ci sono tra alcuni di “noi” e alcuni di “loro”, tra alcuni di “noi” e altri tra “noi”, tra alcuni ed altri dei “loro”.
Per chi – come i filosofi – fa del traffico delle idee il proprio commercio d’elezione, questa è un’intuizione amarissima, una delusione profonda.
Eppure è qualcosa che abbiamo tutti verificato mille volte, vergognandoci di apparenti “alleati nelle idee”, la cui sola esistenza suonava come una confutazione in vivo di quelle stesse idee.
Ma il punto delle idee non può essere il loro possesso finale, non lo è mai stato, quasi fossero monete da ritirare dalla circolazione e mettere sotto il materasso una volta per tutte.
Il punto del commercio delle idee è sempre stato solo il loro uso, la loro pratica, il loro esercizio: esse sono come la proverbiale scala di Wittgenstein, che una volta saliti dove l’aria è più tersa e la vista più ampia può tranquillamente essere lasciata cadere.

LA GIOVIN POTENZA, di Pierluigi Fagan

LA GIOVIN POTENZA. Leggevo l’articolo di Rampini sul tour Biden. Rampini dice che i G7 erano il 70% del Pil mondiale quaranta anni fa, oggi il 40%, ma l’outlook è prossima, decennale, contrazione.
Biden ha lanciato la Via della Seta delle Lega delle Democrazie, ma senza soldi. Voglio poi vedere coordinare 12 soggetti che debbono decidere chi fa cosa, come e dove (coi soldi di chi). O più se consideriamo l’UE che non riesce a decidere neanche come ripartirsi 10.000 migranti.
Biden ha deciso di sparare 1 miliardo di siringhe sul mondo per guarirlo dal Covid, ma ne servono 11 miliardi per arrivare alla supposta immunità di gregge o insomma per dare una bella botta alle reti di contagio. La variante indiana, intanto, sta bloccando alcuni porti cinesi con un danno di logistica globale che sta pareggiando per entità la nave di traverso di Suez.
Hanno poi deciso di legalizzare una tassa al 15% per le compagnie speciali, ma dicono che è meglio di prima che pagavano zero. Sì, senz’altro, ma così legalizzi un vantaggio fiscale che tra l’altro a pura logica di mercato (Smith, Hayek) è cosa vietatissima. Sono pazzi. Poi l’accordo va ancora ratificato da tutti, inclusa l’Irlanda e l’Olanda.
Sul clima, chiacchiere ma verdi.
Io capisco che fare una strategia per i prossimi trenta anni per gli Stati Uniti d’America sia un gran bel problema strategico. Ma mi sembra che la giovin potenza vada errando. In Europa, a far la guerra fredda ai cinesi, non va a nessuno. Ho letto la ricerca dell’European Council for Foreign Relations che linko, per gli “europei” generalmente ed a maggioranza intesi, l’Europa dovrebbe diventare geopoliticamente più autonoma sebbene in alleanza con gli atlantici e soprattutto attrarre come un “faro”, cooperando un po’ con tutti, ma ogni tanto anche esprimendo valori e critiche. Una visione che l’estensore del commento definisce alla fine di solo “soft power”. Un continente di anziani, che hanno una lunga storia, coi francesi ed i tedeschi che coi cinesi fanno filarini niente male.
La ricerca dice tra l’altro anche che il sentiment medio degli europei verso l’UE è sempre meno positivo ed altre cose interessanti.
Ciò non vuol dire che la Cina non sia un problema negli equilibri multipolari, un gigante del genere, in qualsiasi sistema, tende per sola massa a condizionare il sistema del mondo. Non oggi, non per qualche decennio forse, ma in prospettiva senz’altro.
Sul problema Cina ne riparleremo, ma sugli americani io penserei a sviluppare di più un discorso critico sulle due culture, quella europea e quella anglosassone. Gli americani debbono darsi una calmata e ridistribuire meglio la loro enorme ricchezza al loro interno. Hanno ancora qualcosa come il 24% del Pil mondiale con appena il 4,2% della popolazione mondiale. I britannici seppero viversi, primo popolo che io ricordi, la contrazione di potenza senza dar di matto. La giovin potenza va accompagnata a darsi una calmata. I diritti d’autore su “democrazia” ed ogni altro valore di Occidente sono europei, e quella loro non nacque tale e tale non è mai stata, è un governo rappresentativo ed anche molto poco rappresentativo secondo molti studiosi politici anche americani. Sarebbe ora che gli europei ricominciassero a pensar con la testa propria e questo sembra non solo una idea di buonsenso ma anche sostanzialmente ben condivisa dai concontinentali, il che conforta.
Intanto i cinesi sfottono, questo meme intitolato “The Last G7” è diventato “viral” come una fiammata su Sina Weibo. Gli USA stampano dollari dalla carta igienica dicendo “Attraverso questo possiamo ancora governare il mondo”. La Germania prima a sinistra osserva poco convinta, l’australiano cerca di prender i dollari, la volpe giapponese serve acqua radioattiva di Fukushima a tutti, l’italiano si astiene. Poi c’è l’inglese ed il canadese, il francese che prende appunti e l’elefantino indiano. La rana è Taiwan. Dietro si vedono bombole ad ossigeno e una sacca da flebo. L’artista si chiama Bantonglaoatang. Cortesie multipolari 🙂.

IL GRAN TOUR DI BIDEN È UN GIRO A VUOTO, di Antonio de Martini

IL GRAN TOUR DI BIDEN È UN GIRO A VUOTO
Con il G7 Biden ha lanciato un duplice messaggio: l’America è tornata e siamo tutti uniti rispetto alla Cina che è l’avversario/concorrente da abbattere.
In realtà non avverrà nulla di tutto questo.
Le tre componenti del G7 – USA, UE e UK – hanno iniziato la litania dei distinguo : Johnson si è detto entusiasta di Biden , ma contrariamente alla prassi, Biden ha voluto due conferenze stampa separate.
Macron ha posto un “ prealable” circa l’affidabilità del governo inglese, specie sul tema spinoso e secolare del nord Irlanda.
“ Johnson vuole rinegoziare il protocollo firmato appena sei mesi fa, ma non c’è nulla da negoziare”.
Chi vuole rinegoziare sei mesi dopo la firma non vuole mantenere nessun impegno.”
La staffilata scava un fossato tra UE e UK e gli USA, dove è presente una importante diaspora irlandese, non possono spalleggiare l’alleato inglese.
L’impressione, al di la dell’enfatico “ unbreakable alliance” lanciato da Johnson, è che nessuno viole sentirsi ripetere l’ukaze di Bush del 2001 “ o con noi o contro di noi” e hanno “ fatto ammuina” per evitare di diventare ostaggi delle ossessioni anticinesi del presidente americano.
Il G7 rischia di dare quindi ombra a Biden che cerca di presentarsi all’incontro con Putin e allo scontro coi Cinesi come il leader dell’intero mondo occidentale.
Non è la figura trionfale che pensava di mostrare a amici e nemici.
Andrà, se andrà, all’incontro con Putin di mercoledì infragilito.
Ad onta del Brexit Johnson sta rendendosi conto che, per avere indipendenza commerciale e politica, deve assumere posizioni simili a quelle della UE nei confronti del grande fratello americano.
Nessuno è più disposto ad accettare il ritorno USA nel mondo multilaterale senza porre limiti e condizioni impensabili quattro anni fa.

Geopolitica. L’Artico o gli Artici? Di  Thierry GARCIN

Una indispensabile panoramica. Buona lettura

Geopolitica. L’Artico o gli Artici?

Di  Thierry GARCIN , 5 giugno 2021  Stampa l'articolo  lettura ottimizzata  Scarica l'articolo in formato PDF

Thierry Garcin, dottore in scienze politiche (Sorbona) e autorizzato a supervisionare la ricerca, è ricercatore associato presso l’Università di Parigi (Doctoral School) e visiting professor presso l’Università Sorbona di Abu Dhabi. Ha insegnato alla Sorbona, alla Sorbonne nouvelle, alle università di Marne-la-Vallée e Reims Champagne-Ardenne, a Sciences-Po Paris e all’Istituto Internazionale di Pubblica Amministrazione (IIAP). Ex revisore dell’Istituto per gli studi superiori di difesa nazionale (IHEDN), ex insegnante presso la Scuola di guerra, docente presso la Scuola nazionale di amministrazione (ENA) e docente presso HEC, è stato produttore di Radio-France (responsabile del programma “Les Enjeux internationales”, Francia-Cultura , dal 1984 al 2017). Membro del Consiglio Scientifico di Diploweb.comHa appena pubblicato la seconda edizione di ”  Geopolitica dell’Artico” , ed. economico.

Sotto il duplice effetto dell’internazionalizzazione e della regionalizzazione, l’Artico merita ora un approccio multiscala per subregioni, che non obbediscono alle stesse logiche di sviluppo. È quindi nell’ordine delle cose che viene privilegiata la cooperazione à la carte. Insomma, si può già parlare di Artico nell’Artico, dimostra brillantemente Thierry Garcin. Ha appena pubblicato la seconda edizione di “  Geopolitica dell’Artico  ”, ed. economico. Tre mappe accompagnano questo articolo.

Q HAT questione del cambiamento climatico nei prossimi decenni, l’Artico rimarrà una regione separata, se non altro per ragioni geografiche: il freddo, la distanza, di notte, l’esistenza di banchi di ghiaccio invernali, la natura ostile all’uomo, la fauna specifica, ecc. . Prendere questa parte della Terra nel suo insieme è pienamente giustificato, al punto che l’Artico sta gradualmente entrando a far parte delle relazioni internazionali classiche  [ 1 ]. Vi si esercitano infatti politiche di potere, i cinque stati rivieraschi (Canada, Danimarca via Groenlandia, Stati Uniti via Alaska, Norvegia via Svalbard, Russia) sono attori geopolitici di prim’ordine. Per ragioni di semplificazione, l’Artico riguarderà qui lo spazio situato principalmente a nord del Circolo Polare Artico, mentre le questioni strategiche (difesa) non saranno trattate come tali.

Ma, man mano che diventa più internazionale, l’Artico si suddivide . Per questo, ea fini dimostrativi, insisteremo sulle specificità di ogni Stato, di ogni sub-regione, di ogni approccio tematico, anche se rimarrebbe essenziale uno studio trasversale  [ 2 ] . Inoltre, l’attuale espansione delle tecniche di informazione e comunicazione (che presto saranno amplificate dalle reti di cavi sottomarini) e il previsto aumento degli scambi economici non standardizzeranno l’Artico, di cui molte caratteristiche sono notevoli e durature. Insomma, gli “artici”  [ 3 ] sono sempre più presenti sulla scena internazionale.

Geopolitica. L'Artico o l'Artico?
Mappa n° 1: L’Artico visto dal Polo Nord e i cinque paesi rivieraschi (sottolineato)
Clicca sulla miniatura per ingrandire la mappa. Progettazione e produzione: Thierry Garcin. NB: nessuna scala

Certo, ci sono ovvie somiglianze…

L’unico modo conveniente per studiare il mondo artico è trascurarlo, cioè guardarlo verticalmente sopra il Polo Nord (vedi mappa n° 1, proiezione azimutale  [ 4 ] ).

Certo, in questo modo vi sono importanti fattori di unità che continueranno. Tra gli altri, il riscaldamento globale ; lo scioglimento del ghiaccio marino estivo e del permafrost (terreno permanentemente ghiacciato); lo sfruttamento più o meno riuscito delle rotte marittime (i due passaggi del Nordovest canadese e del Nord russo, oltre alla futura rotta transpolare estiva); ricorso alla Commissione sui limiti della piattaforma continentale (ONU), anche se formula solo raccomandazioni; il ruolo del Codice Polare, che richiede alle navi e ai loro equipaggi di avere qualifiche adeguate al di sopra dei 60° di latitudine; l’assenza di vegetazione reale (tundra); minacce alla fauna particolare (orsi, pesci, uccelli, ecc.); il divieto di pesca al Polo Nord, tutelando un’area di 2,8 milioni di km² (moratoria 2017)  [ 5 ] ; la vicinanza a grandi centri economici, perché le città popolate circondano l’Artico, mentre l’Antartide (peraltro priva di popolazioni indigene) è particolarmente lontana dagli agglomerati.

Soprattutto, per tutti, il concetto chiave di sicurezza rimarrà essenziale, perché vitale. Sicurezza terrestre e marittima, essendo i due imparentati. In caso di danni edilizi, naufragi, disastri ecologici (sversamenti di petrolio, ecc.), gli aiuti arriveranno da lontano, saranno lenti, disadattati e in gran parte militari. Ad esempio, i preziosi elicotteri, che dovranno essere trasportati quando sarà il momento, sono rari, hanno un raggio d’azione limitato e una portata ridotta. I rimorchiatori valorosi dipendono per definizione dai loro porti di origine, spesso molto distanti, e non caratterizzati dalla loro velocità. Inoltre, per tutti, civili e soldati, che lavorano nel freddo estremo e di notte, mentre affrontano elementi infuriati, rimangono profondamente incerti, nonostante l’abilità tecnica e il coraggio degli uomini. Nel 2019, una nave da crociera (1.300 passeggeri), la Viking Sky, totalmente alla deriva durante una tempesta, è quasi caduto sugli scogli della costa norvegese, dovendo issare più di quattrocento persone (singolarmente o in coppia) in condizioni spaventose: le immagini sono edificanti. Siamo stati vicini al disastro. Certo, si può dire che la cooperazione internazionale ci sarà, proverbiale la solidarietà tra marittimi, oltre all’ospitalità propria degli abitanti di ambienti estremi (foreste vergini, alta montagna, deserti, ecc.).

Da segnalare anche due iniziative positive. Da un lato, Mosca e Washington hanno spinto nel 2018 per l’adozione da parte dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) di un regolamento che istituisce “sei vie di traffico a doppio senso e sei zone di cautela nel mare di Bering e nello stretto di Bering, al largo della costa della penisola di Chukotka e dell’Alaska”, aggiunti alle zone da evitare. Dal 2021, invece, dovrebbe essere costituita una rete di centri di ricerca e soccorso nel Passaggio Nord, con 16 imbarcazioni di vario tipo previste (costo previsto di 434 milioni di euro) (vedi mappa n.°2). Infine, le controversie di confine, terra e mare sembrano risolvibili nella negoziazione.

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Mappa 2: L’Artico russo
Clicca sulla miniatura per ingrandire la mappa. Progettazione e produzione: Thierry Garcin. NB: nessuna scala

Osserviamo a questo punto che nel suo stesso ambiente o anche nei suoi dintorni, la Russia è il paese più attrezzato , anche se le sue coste artiche si estendono per circa 14.000 km (i dati variano da una fonte all’altra). La militarizzazione o remilitarizzazione delle basi russe viene denunciata, spesso con magniloquenza: queste installazioni saranno comunque molto utili, con i mezzi a loro disposizione, in caso di drammatiche situazioni civili. Non è affatto il caso della base americana di Thule in Groenlandia (molto isolata) né dei meritevoli ma debolissimi apparati militari canadesi a nord del Circolo Polare Artico (attrezzature, porti, Ranger, ecc.). Per quanto riguarda la rete di radar americani e apparecchiature di preallarme nell’estremo nord canadese (” North American Aerospace Defense Command  ”, NORAD), non saranno di alcun aiuto, proprio come i missili antimissile americani situati in Alaska (vedi mappa n°3). Solo i droni (soprattutto quelli ad alta quota ea lungo raggio) sarebbero di grande utilità in questa vasta regione, ma per il momento sono solo prerogativa degli Stati Uniti  [ 6 ] . Fortunatamente, i satelliti extra-atmosferici compensano in parte questa crudele mancanza di mezzi di osservazione mobili e rapidamente disponibili.

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Mappa 3: L’Artico canadese
Clicca sulla miniatura per ingrandire la mappa. Progettazione e produzione: Thierry Garcin. NB: nessuna scala

Insomma, “  Search and Rescue  ”, per necessità, è potentemente unificante: il Consiglio Artico ha adottato nel 2011 un accordo in questa direzione (lo stesso nel 2013 per la lotta all’inquinamento e nel 2017 per la cooperazione scientifica e tecnica  [ 7 ] ). Le principali tendenze convergenti nell’Artico sono quindi rafforzate dagli interessi ben compresi dei cinque paesi rivieraschi  [ 8 ] e dalle organizzazioni economiche regionali  [ 9 ] .

…ma, realtà geografiche disparate

In effetti, qualsiasi approccio globale ha i suoi limiti, soprattutto perché l’Artico si sta notevolmente diversificando.

Nature diverse

Noteremo innanzitutto che, se il circolo polare è una comoda delimitazione dello spazio artico (a questa latitudine, c’è almeno un giorno dell’anno senza sole e un altro senza notte)  [ 10 ], l’Artico può scendere ben al di sotto di questa linea (Canada, Russia), mentre l’arcipelago norvegese delle Svalbard e la Groenlandia meridionale beneficiano di un clima meno rigido. Fauna e flora assumono quindi diverse capacità di adattamento, peraltro dipendenti dal riscaldamento globale per diversi decenni. Aggiungiamo che, anche per le popolazioni indigene, l’identità artica è percepita, vissuta e trasmessa in modo non omogeneo. La loro diversità è evidente: rapporto con il territorio, organizzazione sociale, costumi, lingue, dialogo con il potere centrale, grado di associazione con le ricchezze e i destini della regione, ecc. Un pastore di renne non è un cacciatore di foche. Per quanto riguarda la banchisa stessa, in estate si scioglie in modo diverso da una subregione all’altra, ritraendosi a nord delle Svalbard e della Russia,ma riuscendo ad attenersi ai terreni a nord della Groenlandia e ad ovest dell’arcipelago canadese.

Anche a livello marittimo non sono in atto le stesse logiche. La Russia guarda agli oceani Artico e Pacifico, così come gli Stati Uniti in Alaska. Danimarca e Norvegia guardano solo agli oceani Artico e Atlantico. Da solo, il Canada è bagnato dai tre oceani, Artico, Pacifico e Atlantico. E per quanto riguarda il rapporto con le regioni subartiche, non è lo stesso: la questione non si pone geograficamente per gli Stati Uniti in Alaska o per la Danimarca in Groenlandia, mentre è fondamentale per Russia e Canada  [ 11 ] . Il caso norvegese ha una sub-regione peri-artica a nord del suo territorio continentale (da Capo Nord alle Isole Lofoten), ma senza continuità terrestre con le Svalbard (Mare di Norvegia).

Artico russo dinamico, Artico canadese isolato

A questo proposito, possiamo stilare un rapido e sintetico confronto tra i due grandi paesi artici, Russia e Canada , che dimostrerà che la Russia è incomparabile nell’Artico e che manterrà questo status nei prossimi decenni: gli altri quattro paesi .i residenti non giocano nello stesso cortile.

Certamente, Russiae il Canada si assomigliano, in quanto l’Artico è un confine interno naturale, uno spazio di grande superficie, molto difficile da unire tra l’est e l’ovest. L’arcipelago artico canadese occupa 1,4 milioni di km². La vastità della Siberia, poco a nord e in gran parte a sud del Circolo Polare Artico, copre 12,5 milioni di km². Tanto che i russi hanno sempre nutrito un giustificato complesso ossessivo, sempre circondati dal freddo, dal ghiaccio, dalla notte e dalla vastità dei territori. Non possono infatti raggiungere facilmente l’alto mare e raggiungere le profondità strategiche dei grandi oceani: sulle pendici occidentali e meridionali, il Mar Baltico e il Mar Nero semichiusi, il Mar Mediterraneo semichiuso fino alla perforazione del Canale di Suez (1869); sul versante orientale,Mare di Okhotsk ostacolato e dipendente dagli stretti giapponesi (Tsushima, Tsugaru e La Pérouse dit Soya), controllati dall’Impero giapponese e poi dagli americani. Le uniche tre uscite russe permanenti sono quindi Murmansk verso l’Atlantico, Petropavlovsk (latitudine di Brema e… 2.300 km dallo Stretto di Bering) e Vladivostok (latitudine di Biarritz) verso il Pacifico. Per quanto riguarda il Canada, qualsiasi cambio di mare da ovest a est e viceversa sarebbe un tour de force. Il Passaggio a Nord Ovest non fu attraversato per la prima volta fino al 1906 (dal norvegese Roald Amundsen), dopo un viaggio di tre anni. Un ultimo punto in comune: Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.controllata dall’Impero giapponese e poi dagli americani. Le uniche tre uscite russe permanenti sono quindi Murmansk verso l’Atlantico, Petropavlovsk (latitudine di Brema e… 2.300 km dallo Stretto di Bering) e Vladivostok (latitudine di Biarritz) verso il Pacifico. Per quanto riguarda il Canada, qualsiasi cambio di mare da ovest a est e viceversa sarebbe un tour de force. Il Passaggio a Nord Ovest non fu attraversato per la prima volta fino al 1906 (dal norvegese Roald Amundsen), dopo un viaggio di tre anni. Un ultimo punto in comune: Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.controllata dall’Impero giapponese e poi dagli americani. Le uniche tre uscite russe permanenti sono quindi Murmansk verso l’Atlantico, Petropavlovsk (latitudine di Brema e… 2.300 km dallo Stretto di Bering) e Vladivostok (latitudine di Biarritz) verso il Pacifico. Per quanto riguarda il Canada, qualsiasi cambio di mare da ovest a est e viceversa sarebbe un tour de force. Il Passaggio a Nord Ovest non fu attraversato per la prima volta fino al 1906 (dal norvegese Roald Amundsen), dopo un viaggio di tre anni. Un ultimo punto in comune: Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.Petropavlovsk (latitudine di Brema e… 2.300 km dallo Stretto di Bering) e Vladivostok (latitudine di Biarritz) verso il Pacifico. Per quanto riguarda il Canada, qualsiasi cambio di mare da ovest a est e viceversa sarebbe un tour de force. Il Passaggio a Nord Ovest non fu attraversato per la prima volta fino al 1906 (dal norvegese Roald Amundsen), dopo un viaggio di tre anni. Un ultimo punto in comune: Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.Petropavlovsk (latitudine di Brema e… 2.300 km dallo Stretto di Bering) e Vladivostok (latitudine di Biarritz) verso il Pacifico. Per quanto riguarda il Canada, qualsiasi cambio di mare da ovest a est e viceversa sarebbe un tour de force. Il Passaggio a Nord Ovest non fu attraversato per la prima volta fino al 1906 (dal norvegese Roald Amundsen), dopo un viaggio di tre anni. Un ultimo punto in comune: Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.

Tuttavia, l’elenco delle somiglianze da punto a punto è stato rapidamente chiuso.

I due passaggi, Nord (russo), Nordovest (canadese)

Innanzitutto, l’Artico canadese è costituito da un puzzle triangolare di terre ghiacciate, circondate da canali che sono essi stessi generalmente ghiacciati (35.500 isole!), mentre l’Artico russo si presenta come una costa ghiacciata per tre quarti dell’anno, lineare a sé stante modo e dipendente da una navigazione delicata per il resto del tempo. In realtà, questa rimane molto difficile nella sua parte orientale (“Rotta del Mare del Nord”), verso lo Stretto di Bering: spesso è richiesta la scorta di un potente rompighiaccio russo a propulsione nucleare. Inoltre, consente il passaggio di poche navi (“traffico di transito”, direttamente dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico, e viceversa  [ 12 ]). Sulla rotta del Mare del Nord sono state scambiate due milioni di tonnellate nel 2010, 18 milioni nel 2018, circa 30 milioni a seconda delle fonti nel 2020. Vale a dire, un aumento di dieci volte dei carichi nel solo decennio del 2010, cifre che partono da quasi niente, è vero.

Tuttavia, il “traffico di destinazione” che interessa i porti durante il viaggio (soprattutto da e verso i porti artici della Russia centrale e orientale, oltre ai porti europei e asiatici) è in forte aumento. Nel 2019 sono stati 2.694 i viaggi effettuati da 278 imbarcazioni. Principalmente petroliere, gigantesche navi metaniere (gas naturale liquefatto) con capacità rompighiaccio e navi da carico (carbone, piombo, nichel, zinco e altri minerali), che vanno dalla penisola di Yamal e dalla vasta penisola di Taimyr (400.000 km²) verso i paesi asiatici  [ 13 ]. Inizialmente, prima di moderare le proprie previsioni, le autorità federali volevano raggiungere gli 80 milioni di tonnellate entro il 2024 (scadenza posticipata al 2030), per l’intero Passaggio Nord (da Murmansk allo Stretto di Bering). . Perché ora l’intero Passaggio del Nord e la rotta del Mare del Nord (dal Mare di Kara allo Stretto di Bering) si stanno aprendo al traffico prima e più a lungo, dato il riscaldamento globale.

Diversità dell’Artico, ancora: l’Amministrazione della Rotta del Mare del Nord stabilisce non meno di sette suddivisioni nei mari costieri  [ 14 ] . Va anche notato che questo passaggio settentrionale è delimitato da isole spesso non molto distanti dalla costa (da ovest a est: arcipelago François-Joseph, New Zemble, Northern Lands, isole della Nuova Siberia, isola di Wrangel). Infine, l’Artico russo sta vivendo giganteschi incendi estivi sempre più frequenti e contiene una vera e propria “spazzatura nucleare” (sottomarini in banchina o affondati – intenzionalmente o meno – e reattori in fondo al mare).

Al contrario, il Canadian Northwest Passage, situato alla stessa latitudine, non è in procinto di aprirsi al grande traffico marittimo: rotta particolarmente tortuosa, navigazione lenta, correnti insidiose, nebbie estive, ghiaccio alla deriva, scogliere, pescaggio basso, passaggi stretti , improvvisi intasamenti di ghiaccio, pericolosi intasamenti di ghiaccio, distanza da qualsiasi centro urbano e da ogni mezzo di soccorso, assenza di rompighiaccio, cartografia ritenuta incompleta, ecc.  [ 15 ] Una fuoriuscita di petrolio sarebbe un disastro grave e duraturo. Infatti, se nel 2017 abbiamo contato 33 transiti  [ 16 ], erano spesso imbarcazioni da diporto o di piccola stazza. A ragione, armatori e assicuratori considerano questa rotta una stranezza antiergonomica e finanziariamente controproducente.

Russia, un giocatore eccezionale

Come in tutte queste terre sconosciute, oscure, lontane, spesso irraggiungibili, le esplorazioni erano discontinue e spesso iterative. C’è qualcosa. Le temperature sono micidiali per il corpo umano: possono essere -50° o -60°. L’esploratore norvegese Fridtjof Nansen annotava vicino al polo: “Tempo molto freddo: la sera dell’8 il termometro è sceso a -48°, l’11 a -50° e la sera a -51,22” (spedizione da Fram, 1893-1896). Fu lo stesso per i russi in Siberia, un fronte pionieristico del XV-XVI secolo. E, al giorno d’oggi, né uomini né infrastrutture né metalli amano il freddo estremo, mentre i militari sanno che il generale Winter preferisce lasciare che il nemico sprofondi nel freddo estremo e nelle distese desolate, che costituiscono uno scudo naturale (Napoleone, Hitler).

Allo stesso tempo, non dobbiamo mai dimenticare che la Russia non si è riunita a se stessa, fino all’Oceano Pacifico, fino a tardi.

Geograficamente, la Siberia in quanto tale è una rappresentazione dello spirito più che una regione a sé stante. Così la tundra artica russa (15% del territorio) scende ben al di sotto del circolo polare. Il record assoluto di freddo nell’Artico russo, performance poco invidiata, è detenuto anche dalla città continentale di Verkhoyansk (latitudine approssimativa del circolo polare): -67,8° nel 1892, che nel 2019-2020 conobbe tra estate e inverno un differenza di temperatura di 95 ° (+ 38 °, -57 °)  [ 17 ] . Quindi riconosciamo che la Siberia rimane un divario interno complesso e, sicuramente, un altro mondo.

“La Siberia è tutt’altro che omogenea”, osserva Jean Radvanyi  [ 18 ] , tanto più che il suo sud confina amministrativamente con la Mongolia e la Cina. In realtà, ci sono tradizionalmente tre Siberia, da ovest a est. La pianura siberiana occidentale (2,4 milioni di km²), tra i fiumi Ob e Yenisei, contigua o ospita notevoli risorse di idrocarburi (Yamal); l’altopiano siberiano centrale , tra i fiumi Yenisei e Lena (4,1 milioni di km²), dove i rigori estremi dell’Artico scendono in profondità nel sud del paese; le montagne della Siberia orientaleinfine (6 milioni di km², cime tra 2.000 e 3.000 m, popolazione ridotta). Quest’ultimo è spesso associato all’Estremo Oriente russo. Inoltre, ha una doppia facciata: mondo artico fino allo stretto di Bering (montagne Anadyr e montagne Kolyma), mondo pacifico verso Petropavlovsk (penisola Kamtchatka). Inoltre, la Siberia e l’Estremo Oriente al di sopra del circolo polare fanno parte di una regione amministrativa ( oblast ), un territorio amministrativo ( krais ) e una repubblica. Basti dire che la Siberia è un insieme enorme (23 volte la dimensione della Francia), suddiviso in molti modi.

Inoltre, di fronte all’Alaska, l’estremo oriente artico russo è uno dei fianchi più vulnerabili della Russia: territori vuoti, a parte alcune piccole città e attività minerarie. Per quanto riguarda la penisola della Kamchatka (1.400 km di lunghezza), essa appartiene a un’altra realtà socio-economica (foreste). È questo Estremo Oriente, marittimo a due teste (Oceano Artico, Oceano Pacifico), che viene sempre più promosso dall’amministrazione presidenziale. Ma è molto più di un vuoto geopolitico che di una vera sub-regione. Giustamente le autorità vogliono installarvi infrastrutture in grado di contrastare l’influenza cinese e hub marittimi per il trasbordo tra navi artiche e navi oceaniche.

Entroterra russo e canadese non comparabili

Infatti, grazie ad un’estensione della “  Corrente del Golfo », La parte occidentale della Russia (penisola di Kola) gode di un clima meno rigido che altrove, anche se il vicino porto di Arkhangelsk (situato a una latitudine inferiore rispetto a Murmansk) è in parte ghiacciato durante l’anno. Cittadella (base per sottomarini nucleari che lanciano missili), Murmansk (288.000 abitanti) è anche un grande porto peschereccio e un grande porto industriale (carbone, ecc.). È sia un solido trampolino di lancio oceanico che una porta aperta sull’Atlantico (convogli marittimi transatlantici dal Canada e dagli Stati Uniti, durante la seconda guerra mondiale). Inoltre, questo Artico occidentale russo beneficia di adeguate reti di comunicazione (fiumi, ferrovie, strade, aeroporti, telecomunicazioni, ecc.), anche se è scarsamente collegato alla Finlandia e alla Scandinavia.Il nord della Norvegia e della Finlandia, entrambi confini, è privo di treni (cosa che non avviene in Svezia, che è ben attrezzata). Va anche notato che questa regione artica russa beneficia di un entroterra con connessioni complesse ma multiple. [ 19 ] e la grande popolazione. Ricorda che i russi vivono nell’ovest del Paese: l’80% della popolazione occupa solo il 25% del territorio.

In confronto, la Siberia è quasi deserta, se non lungo fiumi potenti, strutturanti e molto lunghi, che scorrono da sud a nord  [ 20 ]  : Ob (3.600 km o 5.400 km con il suo affluente, l’Irtysh), Yenisei (3.500 km) e Lena (4.400 km). I tre fiumi sono navigabili in tutto o in parte nella stagione giusta, un notevole vantaggio.

La Russia ha quindi beni di cui gli altri residenti non beneficiano: un progetto (“Arctic 2035”), un’amministrazione centralizzata, un’organizzazione dedicata alla rotta del Mare del Nord ( Sevmorput ), l’obbligo del governo che le navi artiche russe siano costruite in Russia con alcuni eccezioni, una flotta di rompighiaccio a propulsione nucleare (potenza, autonomia, ecc.), di cui una affidata all’esercito  [ 21 ] , la prima di una serie di chiatte a sostegno di piccole centrali nucleari (installate a Pevek, nell’estremo oriente artico )  [ 22 ] .

Al contrario, in Canada, Churchill (latitudine approssimativa di Stoccolma, meno di 1.000 abitanti) è l’unico porto artico in acque profonde del Canada, incastonato sul fondo della Baia di Hudson  [ 23 ] . Almeno ha una stazione (l’unica ferrovia artica canadese), che la collega al Manitoba sudoccidentale (Le Pas, 5.500 abitanti) e gli permette di esportare grano; inoltre, un aeroporto, con certamente pochi collegamenti (soprattutto con il capoluogo di provincia, Winnipeg). Da segnalare inoltre che il porto è stato chiuso dal 2016 al 2019, oltre al fatto che la ferrovia è stata bloccata dall’alluvione. L’entroterra è quasi vuoto di uomini  [ 24 ], costellata di laghi, punteggiata di foreste (soluzione permanente di continuità, che complica ogni spostamento), anche se beneficia di dighe idroelettriche nella sua parte sud-orientale (soprattutto, la penisola peri-artica del Labrador nell’estremo nord del Quebec, diverso da Terranova)  [ 25 ] .

Nuove prospettive

L’Artico rimarrà essenzialmente un mondo marittimo, dove saranno all’opera rapporti di potere geopolitici (e quindi terrestri), tra cooperazione, competizione e rivalità. Da questo lato, nulla di nuovo sotto il sole, l’approccio irenico non è appropriato e rimane geopoliticamente emiplegico. Naturalmente, nessuno può prevedere gli sviluppi a lungo termine dei regimi russo e cinese. Tuttavia, alcune tendenze importanti permarranno in campo politico ed economico, mentre nuove domande stanno già emergendo.

Politicamente , il G-5 (i cinque rivieraschi) manterrà la sua preminenza, non volendo veder erosa la sua influenza o il suo potere: il Consiglio Artico (i Cinque più Finlandia, Islanda e Svezia, oltre a organizzazioni comunitarie e osservatori permanenti) rimangono utili e innovativi ma non vincolanti. Né Washington né Mosca hanno interesse a rafforzarla. In ogni caso, non ci sono organizzazioni regionali nell’Artico nordamericano  [ 26 ]né nell’Artico dell’Estremo Oriente. L’influenza di alcune organizzazioni di popolazioni indigene sull’opinione pubblica e sugli stati rimane difficile da prevedere. D’altra parte, la prevista indipendenza della Groenlandia modificherà il paesaggio. Quando arriverà il momento, questo macro-stato geograficamente diventerà un micro-stato politicamente, indebolito dal patronato cinese e dalle pressioni degli imperiali e imperiosi Stati Uniti? Sarà anche “isolato” da Washington?

Economicamente , se il gas è sempre più popolare, quale destino sarà riservato al petrolio, maledetto quando sarà trasportato via mare (Stati Uniti, Norvegia, Russia)? Quanto alle risorse minerarie, esse sono per natura molto disuguali: poco conosciute in Groenlandia, residuali alle Svalbard, significative in Alaska, importanti in Canada, notevoli in Russia. Le riserve di terre rare, così pregiate, non sono ancora chiaramente inventariate. L’energia idroelettrica continuerà a essere favorita nel Canada subartico e in Norvegia (95% dell’elettricità). Il turismo, in particolare la crociera in Groenlandia e Svalbard o anche in Russia (a bordo di navi rompighiaccio), non riguarderà la Siberia orientale o la Russia nell’Oceano Pacifico e rimarrà soggetta a danni, spiaggiamenti, incidenti, ecc.  [ 27], per non parlare delle conseguenze commerciali di epidemie e pandemie (coronavirus). Lo sviluppo dell’arco russo che va dalla Siberia orientale alla Russia del Pacifico sarà sicuramente uno dei file più interessanti da studiare (il Giappone aveva già offerto i suoi servizi, invano, negli anni ’60 e ’90. ). Il progetto cinese “Polar Silk Road”, annunciato nel 2016-2017 e uno dei tre rami marittimi (con l’asse Oceano Indiano-Mediterraneo e l’asse Cina-Sud Pacifico verso il Sud America), dovrà essere sottoposto alla prova dei fatti. I cavi nell’Artico (fibra ottica) apriranno una nuova era, oggetto di rivalità quanto di cooperazione. L’eventuale apertura della rotta transpolare estiva non può che valorizzare il ruolo della Norvegia, passaggio necessario per le navi, e quello dello Stretto di Bering,dove americani e russi avranno senza dubbio interesse a trovare un accordo, per contrastare le ambizioni della Cina (entrambi, tra i cinque residenti, sono membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU). Questo nuovo Mediterraneo, un mare tra le terre divenuto interoceanico, ridurrà meccanicamente il traffico del Passaggio Nord russo e attirerà molta invidia. Più tardi, vedere rompighiaccio nucleari e SSBN cinesi in questo nuovo bacino non sarà sorprendente.vedere rompighiaccio nucleari e SSBN cinesi in questo nuovo bacino non sarà sorprendentevedere rompighiaccio nucleari e SSBN cinesi in questo nuovo bacino non sarà sorprendente [ 28 ] .

*

Pertanto, sotto il duplice effetto dell’internazionalizzazione e della regionalizzazione, l’Artico merita ora un approccio multiscala per subregioni, che non obbediscono alle stesse logiche di sviluppo. È quindi nell’ordine delle cose che viene privilegiata la cooperazione à la carte. In breve, possiamo già parlare dell’Artico nell’Artico.

Copyright giugno 2020-Garcin / Diploweb.com


Di più

. Thierry Garcin, “  Geopolitica dell’Artico  ”, 2a ed., Parigi, Economica , 2021, 256 p. Su amazon

L’Artico è diventato un vero problema nelle relazioni internazionali. È un teatro che si apre e un nuovo spazio di lussuria. Ma è anche un mondo complesso, che la stampa mainstream ha notevolmente semplificato. Un motivo in più per individuare i grandi problemi e valutare le logiche di potere in atto, a medio e lungo termine.

Dieci capitoli, chiaramente suddivisi, individuano le domande chiave. Ventitré caselle specificano i punti essenziali. Un quaderno centrale colorato di sedici carte familiarizza il lettore con questa nuova problematica.

L’autore: Thierry Garcin, dottore in scienze politiche (Sorbona) e autorizzato a supervisionare la ricerca, è ricercatore associato presso l’Università di Parigi (Doctoral School) e visiting professor presso l’Università Sorbonne Abu Dhabi. Ha insegnato alla Sorbona, alla Sorbonne nouvelle, alle università di Marne-la-Vallée e Reims Champagne-Ardenne, a Sciences-Po Paris e all’Istituto Internazionale di Pubblica Amministrazione (IIAP).

Ex revisore dell’Istituto per gli studi superiori di difesa nazionale (IHEDN), ex insegnante presso la Scuola di guerra, docente presso la Scuola nazionale di amministrazione (ENA) e docente presso HEC, è stato produttore di Radio-France (responsabile del programma “Les Enjeux internationales”, Francia-Cultura , dal 1984 al 2017).

Vedi su Amazon Thierry Garcin, “  Geopolitics of the Arctic  ”, 2a ed., Paris, Economica, 2021, 256 p.

https://www.diploweb.com/Geopolitique-L-Arctique-ou-les-Arctiques.html

SE E’ LUNEDÌ DEVE ESSERE IL BELGIO, di Antonio de Martini

SE E’ LUNEDÌ DEVE ESSERE IL BELGIO
Il vezzo molto americano di ottimizzare i vorticosi viaggi esteri del Presidente ha finito per mettere definitivamente in crisi quel che resta della NATO così com’é oggi.
Premuta dalla Russia che sembra avere in mano tutte le carte utili all’America ( in specie l’approvvigionamnto energetico della Cina e dell’Europa, l’alternativa – via transiberiana – alla via della seta che gli USA vogliono controllare e le relazioni militar-industriali col plateau turco-iranico che condiziona gli equilibri del mondo arabo), Joe Biden e consorte in Cornovaglia hanno ottenuto poco più che il sospirato thé con la regina e una dichiarazione d’amore appassionato del premier inglese, ma – con l’eccezione di Mario Draghi che ha definito l’altlantismo “ una colonna della nostra politica estera” ( senza spiegare come mai e perché Pacciardi che ne fu il proponente sia stato poi ostracizzato a vita )- ha ricevuto sorrisi e pacche sulle spalle ma nessun risultato concreto: una generica e quindi non vincolante adesione a un , per adesso ancora inesistente, progetto di alternativa alla via della seta cinese.
Macron, ha aperto le ostilità diplomatiche togliendo focus all’evento ancor prima di partire per Londra.
Ha avvertito con veemenza che non avrebbe preso in considerazione nessun cambiamento agli accordi dello scorso semestre sull’Irlanda e ponendo altrimenti dubbi sulla affidabilità inglese a mantenere gli impegni sottoscritti.
Questo contenzioso é andato ad aggiungersi alla guerra del baccalà sui diritti di pesca tra francesi e inglesi.
Non registravamo un contenzioso navale tra loro dai tempi della distruzione preventiva della flotta francese a Mers el kebir ( 1940).
Una volta sul posto il presidente francese ha annunziato che appena arriverà, al 1 luglio, alla presidenza di turno della UE, pretenderà a spese dell’inglese, l’uso del francese in tutti i documenti dell’Unione e per sottolineare la mancanza del sostegno americano ha annunciato “ il ritiro” – in realtà un dimezzamento scaglionato su tre anni – delle forze francesi da triangolo del Sahel (Mali, Burkina Faso, Niger) della operazione “Barkhane” che nacque- col sostegno logistico americano- nel quadro della lotta al terrorismo voluta dagli USA e che dovrebbe in teoria trascinarsi con aiuti europei scarsi e tenui.
Per compiere l’opera demolitrice della immagine NATO, dopo l’ex premier tedesco Schroeder diventato lobbista della Gasprom russa, ieri l’annunzio che l’ex premier francese Francois Fillon seguirà analoga strada nell’ente petrolifero statale russo.
Se a questi si aggiungono gli ex premier di seconda fila Blair e Prodi che fanno da consulenti al Kazakistan e incassando ricche parcelle ai seminari annuali a San Pietroburgo con Putin, la frana sotto i piedi di Joe e della NATO é completa.
La Germania evidentemente non si é accontenta della levata del veto USA sul gasdotto “ nord stream” e si intravede la manina merkelliana che ha bisogno di una maggiore “autonomia strategica” europea per fronteggiare l’estrema destra tedesca alle imminenti elezioni.
Tutta la dirigenza tedesca , da Bismarck in poi, ha predicato l’allargamento a est e il surplus monstre di 500 miliardi di euro registrato l’altro anno dalla Germania é dovuto in buona sostanza ai rapporti commerciali con la Cina.
Che si aspettavano?
La NATO, premuta dall’esterno dalla Russia e dall’interno dalla Turchia potrebbe essere recuperabile alla sola condizione di cambiare politica e con essa il segretario generale Stoltenberg rivelatosi inadeguato come leader e inaffidabile per la Germania ( si é bruciato aiutando la CIA a spiare la Merkel che ha fatto accusare la Danimarca di inaffidabilità) va cambiato con urgenza.
L’annunzio della dipartita potrebbe già essere fatto domani alla riunione NATO presente un frastornato Biden che sta raccogliendo la gramigna seminata da Trump e deve farlo con attenzione: La FOX che ha preso le distanze dall’ex Presidente ha perso un tre mesi il 45% dell’audience e conseguenti introiti pubblicitari.
Iniziano domani in Belgio le manovre per sostituire il danese alla NATO.
Non può essere un tedesco. Non si può premiare il ribelle e imprevedibile francese, Il portoghese é già all’ONU, resta – di prima fila- solo una possibile candidatura italiana a patto che non sia improvvisata ( 5 stelle) o inaffidabile per varie ragioni ( PD, Fdi, Berlusconiano o altri personaggi folcloristici del nostro panorama).
Di affidabili per un incarico NATO tipo Manlio Brosio, Figliuolo docet, potrebbe esserci solo un militare con un minimo di preparazione politica e in età non veneranda: Camporini. Who else?

In medicina le bugie hanno le gambe corte, di Max Bonelli

NB_L’articolo risale al 19 aprile scorso e risente quindi in alcune parti del successivo corso degli avvenimenti. Nell’affrontare un problema come quello della crisi pandemica da Covid 19 le strumentalizzazioni e le manipolazioni sono insite nell’azione politica. Da una parte sono conseguenze di calcoli e gelida pianificazione, dall’altra di dinamiche, spesso sempre più perverse, che inducono a comportamenti reattivi. Vi sono, però, altri fattori determinanti. Nel caso tragico di Camilla, la cui morte pare essere codeterminata da patologie in corso, risaltano anche altri aspetti altrettanto gravi, come l’inadeguatezza e la confusione frutto di disordine istituzionale e scompensi organizzativi. E’ mai possibile che, tra le tante mancanze che non tarderanno ad emergere e a portare all’affossamento e al discredito di gran parte di questa classe dirigente e politica, nel 2021 la sicurezza di un individuo sia legata ancora all’autocertificazione anziché all’accesso digitale alla cartella clinica del paziente da parte del personale sanitario? _Giuseppe Germinario

In medicina le bugie hanno le gambe corte, di Max Bonelli

La vulgata dei vaccini come panacea per l’emergenza covid

sta manifestando tutti i suoi punti deboli complice un governo che non ha saputo indirizzarli sulle vere categorie a rischio ed invece li ha proposti come soluzione a 360 dell’emergenza.

Il lettore abbia la pazienza di esaminare queste semplici cifre estratte da

un sito di statistica collegato all’Istituto Superiore di Sanità. che analizza i macro dati del covid-19 in Italia al 31 marzo 2021.(1).

Da questo sito si può calcolare la letalità (rapporto contagiati -deceduti) per fasce di età. Su un campione di circa tre milioni e mezzo di contagiati. Al 31 marzo risultavano cento seimila deceduti la cui età media era 81 anni.

Con una letalità del 3% ,una delle più alte al mondo.

Se focalizziamo la fascia di età delle persone sotto i 50 anni abbiamo cifre completamente meno drammatiche.

Letalità sotto i 50 anni 0,034% (1188 decessi )e se scendiamo di dieci anni ci sono stati solo 282 morti entro i 40 anni

Letalità sotto i 40 anni 0,008% .

Di questi 164 avevano gravi patologie concomitanti (oncologiche, cardiovascolari etc). Dei restanti 118 abbiamo

80 pazienti di cui non si conosce la storia cllinica e per eccesso di zelo li diamo morti da Covid. Pari ad una percentuale 0,0033% di letalità.

Vuol dire 1 morto ogni 30.000 contagiati sotto i 40 anni che non hanno altre patologie (ammesso e non concesso che gli 80 senza storia clinica erano senza patologie concomitanti).

Il vaccino Astra Zeneca si è attestato su 1 morto ogni 300.000 vaccinazioni secondo le ultime rilevazioni aggiustate ad i decessi di persone che non avevano patologie concomitanti e di cui la storia clinica era nota, con una maggioranza significativa di donne ed uomini sotto i 50 anni.

In realtà sono state scartati a favore dei vaccini tutte le persone che avevano avuto eventi avversi ma che avevano malattie concomitanti che potevano essere collegati agli eventi avveri

Facciamo un esempio semplice se un vaccinato che aveva una storia di patologie cardiovascolare moriva dopo il vaccino per un evento trombotico veniva escluso dalla lista degli eventi avversi da vaccino.

Se si fosse applicato lo stesso principio sui decessi con covid ed avremmo esclusi quelli dove l’evento covid non era predominante come causa di morte avremmo sicuramente altri numeri su tutte le fasce d’età.

Una riflessione viene spontanea perché utilizzare un metodo di conteggio

di eventi avversi più restrittivo per i vaccini?

Considerando che sono terapie fatte in grande affanno e con iter sperimentali accelerati e con i produttori che non si assumono responsabilità ne civili ne penali per l’uso dei loro prodotti, questo doppio standard lascia perplessi.

Come lascia dubbiosi l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari spesso in fasce di età entro i 50anni dove il rischio di letalità da covid-19 è estremamente basso ancor più se si pensa che la vaccinazione non li rende esenti dalla trasmissione del virus ma solo nel migliore dei casi di aver meno rischi di ammalarsi e di eventuali ricoveri ospedalieri.

L’obbligo fa sorgere un quesito etico sulla imposizione di terapie vaccinali che giorno dopo giorno suscitano punti interrogativi da parte degli organi di controllo internazionali con indicazioni di queste alle fasce di età più a rischio e si arriva fino allla sospensione,, come in Danimarca nei confonti del vaccino Astra Zeneca.

La campagna vaccinale del governo è in ritardo sugli anziani dove dati alla mano vale la pena rischiare effetti indesiderati, in quanto il virus risulta pericoloso.

Viceversa si è voluto forzarlo sulle categorie a basso rischio nel tentativo di avere meno ricoveri ospedalieri mentre scrivo è arrivata la notizia che Astra Zeneca è stata sospesa la somministrazione alle forze dell’ordine.

Forse la risposta a questa ricerca insensata della panacea vaccinale sta nel rifiuto nel rivedere il profilo di investimenti a lungo termine nel settore sanitario dove 30 anni da tagli hanno prodotto una incapacità palese a rispondere alle emergenze.

Il governo Draghi impedito dai vincoli europei a rivedere gli scarsi investimenti di lungo respiro nella sanità è costretto a rincorrere scorciatoie se non a raccontare mezze verità dalle gambe corte.

Max Bonelli

(1)

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia

pubblicato il 19 aprile 2021 anche su https://www.lavocedelpatriota.it/in-medicina-le-bugie-hanno-le-gambe-corte/

Stati Uniti, lo smarrimento di un ceto politico_ con Gianfranco Campa

In Italia si ha una percezione del tutto falsata riguardo alla condizione di degrado e di incertezza nelle quali annaspano le classi dirigenti dominanti statunitensi, grazie soprattutto al conformismo e alla cialtroneria della quasi totalità del sistema mediatico e degli analisti di supporto. Come pure si rimuove l’esistenza della marea montante di protesta, sempre più consapevole e determinata che sta attraversando l’intero paese. Il nostro ceto politico, ancora una volta, si farà trovare completamente spiazzato dagli eventi e farà precipitare il paese in balìa dei flutti. Solo Draghi sembra perseguire in qualche modo una rotta; riuscirà forse a preservare in qualche maniera l’esistenza dell’Italia e del suo stato, ma non la sua autonomia operativa e strategica. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

L’accoglienza riservata a Kamala Harrys

in Guatemala

https://rumble.com/vidy2d-stati-uniti-un-ceto-politico-ormai-smarrito-intervista-a-gianfranco-campa.html

Gli auguri di Trump

 

 

 

 

10 Giugno 2021 –

Dichiarazione di Donald J. Trump, 45esimo Presidente degli Stati Uniti d’America

In qualità di Presidente, ho avuto un incontro fantastico e molto produttivo a Helsinki, in Finlandia, con il presidente russo Putin. Nonostante la tardiva rappresentazione dell’incontro da parte delle Fake News, gli Stati Uniti hanno ottenuto molto, compreso il rispetto del presidente Putin e della Russia. Grazie alla farlocca Russia, Russia, Russiagate, inventata e pagata dai Democratici e dalla corrotta Hillary Clinton, gli Stati Uniti sono stati messi in posizione di svantaggio, uno svantaggio che è stato comunque recuperato da me. Per quanto riguarda di chi mi fido di più, mi hanno chiesto, se della Russia o della nostra “Intelligence” dell’epoca di Obama, con ciò intendendo se mi fido di più di gente come Comey, McCabe, i due amanti, Brennan, Clapper e numerosi altri cialtroni o della Russia, la risposta, dopo tutti i trascorsi scoperti e scritti, dovrebbe essere ovvia (Si fida piu della Russia e di Putin)… Raramente il nostro governo ha avuto dei farabutti come questi che lavorano per lui (Biden). Buona fortuna a Biden nel trattare con il presidente Putin: non addormentarti durante l’incontro e per favore porgigli i miei più cordiali saluti!

INCONTRI DEL PRIMO TIPO, di Antonio de Martini

INCONTRI DEL PRIMO TIPO
Il Washington Post ha annunziato un nuovo mega contratto russo con l’Iran che minaccia di migliorare la posizione strategica iraniana e quella dei suoi alleati.
Il sistema satellitare Canopus-V dotato di una attrezzatura fotografica e di rilevamento ben più efficace e rapida dei mezzi a disposizione dell’Iran oggi.
L’imminente entrata in azione di questo strumento permetterebbe – ad esempio- all’hezbollah o agli houtis- di non essere piu colti di sorpresa e di tenere sotto controllo le basi israeliane da cui potrebbero partire azioni offensive.
La diffusione di questa notizia negli USA, nel silenzio russo e iraniano, significa che al dipartimento di stato prevale la corrente di pensiero che rifiuta l’ipotesi di fare richieste aggiuntive agli iraniani al negoziato di Vienna sul “rientro USA nell’accordo nucleare” come suggerito da alcuni falchi che sottovalutano la determinazione iraniana a non cedere e il fair play russo che continua a fornire solo mezzi difensivi.
Se la Russia rompesse il tacito accordo con Washington e fornisse il sistema antiaereo S400 a Teheran, cambierebbe significativamente la situazione strategica con Israele e nell’area.
Ecco un dossier serio – come quello cinese- sul tavolo della bilaterale russo americana di mercoledi invece che le chiacchiere sulla Crimea, l’Ucraina e i diritti umani ad uso delle folle.

Acqua: un prezioso know-how, di Jean-Baptiste Noé

In economia questo si chiama bene negativo, vale a dire un bene di cui ci accorgiamo dell’esistenza quando è scomparso. Questo è il caso della sicurezza e della pace, è anche il caso dell’acqua potabile. Se non c’è niente di più normale che aprire un rubinetto per fare la doccia o bere un bicchiere d’acqua, questo gesto quotidiano e innocuo è recente.

Acqua: un prezioso know-how

In Francia, cento anni fa, un gran numero di villaggi non aveva ancora l’acqua corrente. L’accesso all’acqua e il controllo della fonte sono stati oggetto di molti drammi e il retroscena di Jean de Florette e Manon des Sources di Marcel Pagnol. Senza acqua potabile, niente vita. Senza un sistema di approvvigionamento idrico, non c’è industria né agricoltura. Nel suo ultimo libro, Guerra e acqua . L’acqua, una questione strategica nei conflitti moderni(Robert Laffont, 2021), Franck Galland risale alle battaglie del 1914 quando l’acqua era essenziale per rifornire le truppe. Anche oggi gli eserciti in proiezione devono provvedere all’approvvigionamento dell’acqua, o che provenga dall’esterno, o che provenga da pozzi. Non c’è operazione riuscita senza collegamento all’acqua.

L’acqua non è una risorsa naturale, ma la dimostrazione della volontà politica e del genio umano. Molti territori hanno un trabocco d’acqua e tuttavia mancano di acqua per la loro popolazione. È il caso del Brasile, compreso San Paolovive in condizioni di stress idrico, quando questo paese è tuttavia un enorme serbatoio d’acqua ed è attraversato da uno dei fiumi più grandi del mondo. Idem nell’Africa tropicale: se l’acqua cade dal cielo, non scorre nei rubinetti. Al contrario, l’Andalusia, sebbene una regione arida, ha saputo molto presto come padroneggiare l’approvvigionamento e l’irrigazione per diventare un frutteto della Spagna. Con i loro acquedotti ancora visibili, i romani erano padroni dell’approvvigionamento idrico. In materia acquatica, non ci sono paesi privilegiati e paesi trascurati, ci sono paesi che sanno padroneggiare e sviluppare tecniche e quelli che sono rimasti indietro. Arabia Saudita e Qatar stanno sviluppando impianti di desalinizzazione, Singapore ricicla le sue acque reflue per renderle sicure al consumo, quando ancora sconsigliato, in una città come Mosca

Leggi anche:  Podcast – La guerra dell’acqua. Franck Galland

L’acqua potabile non è gratuita .

Trattare l’acqua, trasportarla e riciclarla ha un costo. Le grandi aziende sono molto brave a farlo, comprese Suez e Veolia in Francia. Si tratta di lavori tecnici, impegnativi, specializzati che richiedono un’elevata padronanza tecnologica. Città del Capo e Roma, per non aver mantenuto le proprie tubature e dighe, sono state vittime di penuria d’acqua e tagli. È fin troppo facile dare la colpa di questo al cambiamento climatico, quando i veri colpevoli sono politici avventati e demagoghi a breve termine. La mancata manutenzione dei tubi consente un breve risparmio e quindi abbassa i prezzi. Politicamente intelligente a breve termine, questa tattica si è conclusa in un dramma dieci anni dopo, quando i tubi e le infrastrutture sono diventati fatiscenti e obsoleti.

La vera guerra dell’acqua è quindi prima di tutto tecnologica. Acqua riciclata, desalinizzata, pompata in profondità, deviata o riservata, ci sono molti modi per essere in grado di fornire acqua alle megalopoli, affidandosi a società ad alte prestazioni che padroneggiano questi complessi traffici. Per aver fatto la scelta di un accentramento amministrativo dell’acqua, gli Stati americani sono regolarmente posti in stress idrico, in particolare in California. I tubi sono fatiscenti, spesso piombo, che causa gravi problemi sanitari, come in Flintnel Michigan. È un dibattito importante, anche se oscurato, che forse Joe Biden prenderà sul serio, lui che ha un “Mr. Water” nella sua squadra. La Cina sta anche affrontando la scarsità d’acqua, a causa della grande popolazione e dei territori aridi. Portare l’acqua dagli altipiani tibetani ai territori settentrionali e alla costa sarà una delle sue opere maggiori negli anni a venire. Forse un’opportunità di cooperazione globale, che non trasformerebbe più l’acqua in un agente bellicoso, ma in un fattore di pace.

Leggi anche:  La strategia idropolitica della Turchia 

https://www.revueconflits.com/leau-un-savoir-faire-precieux/

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