Italia e il mondo

L’arroganza e la teatralità segnano il distacco dalla realtà dell’Occidente atlantista_di Simplicius

L’arroganza e la teatralità segnano il distacco dalla realtà dell’Occidente atlantista

Simplicius15 ottobre
 
LEGGI NELL’APP
 Il  sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000 € all’anno), ecco come puoi contribuire:
– Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704;
– IBAN: IT30D3608105138261529861559
PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo
Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo
Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione).
Contatti: italiaeilmondo@gmail.com – x.com: @italiaeilmondo – Telegram: https://t.me/italiaeilmondo2 – Italiaeilmondo – LinkedIn: /giuseppe-germinario-2b804373

Di tanto in tanto capita di assistere a dimostrazioni di arroganza così sbalorditive che bisogna vederle per crederci. Durante il vertice dei ministri della Difesa della NATO tenutosi questa settimana a Bruxelles, il goffo segretario generale Mark Rutte ha battuto il record delle dichiarazioni più imbarazzanti in due minuti; è stata una delle incarnazioni più evidenti dell’arroganza imperiale alla base del disastroso deterioramento della NATO e dell’UE:

Non solo finge di credere che la NATO sia economicamente decine di volte più potente della Russia, ma anche che il suo esercito sia “infinitamente” superiore, usando il linguaggio dei bambini.

Fingendo di essere una specie di duro, arriva persino a fingere di non sapere cosa siano i MiG-31; perché, ovviamente, sottovalutare il proprio avversario fino al punto di ignorarne completamente le risorse è un segno inequivocabile della “forza” militare che Rutte cerca così disperatamente di incarnare.

La parte più tragicomica della retorica umiliante del “papà” Don è che, se si ascolta attentamente, il suo scopo sembra essere semplicemente quello di placare i suoi compagni apparatchik, che probabilmente stanno avendo dei ripensamenti dopo aver sfiorato la morte antagonizzando la Russia.

Con tono supplichevole —con toni di estrema umiliazione—Rutte li supplica di «tenerne conto, per favore» e di «trovare conforto» nella finta esaltazione dell’alleanza che sta disperatamente cercando di costruire per coprire la sua effettiva debolezza storica. Lo scopo diventa chiaro: si tratta di una sessione di persuasione volta ad alleviare le preoccupazioni dei suoi compatrioti; e non sarebbe stata necessaria se non fosse stato per il fatto che tutti loro credono esattamente il contrario della retorica entusiasta e spavalda che Rutte sta sputando fuori dalla sua bocca. Tali eccessi di spavalderia sono necessari proprio quando si manca di fiducia in ciò che si dice.

Purtroppo, quella non era nemmeno la parte peggiore della sua sfacciataggine. Nel video successivo, Rutte supera radicalmente se stesso invocando il Red October di Tom Clancey per dipingere la marina russa come ridotta a un sottomarino rotto e “zoppicante”. La sua diarrea verbale è così grossolanamente esagerata che è difficile credere che provenga da un cosiddetto “Vertice dei ministri della Difesa della NATO”, piuttosto che da qualche battuta dietro le quinte nella sauna preferita di Rutte a Bruxelles:

Il “uomo forte” Cancelliere della NATO continua dichiarando debolmente che l’alleanza scorterà “delicatamente” gli aerei russi che non rappresentano una minaccia perché la NATO è “così forte” e solo se la NATO fosse “debole” l’alleanza dovrebbe abbattere gli aerei russi. Sembra che la programmazione orwelliana sia riuscita a creare un altro schiavo mentale.

Ma quello che noterete è che l’intero ordine occidentale è degenerato in un teatro dell’assurdo. Praticamente tutto è stato ridotto a espedienti e artifici, uno più imbarazzante dell’altro.

Si prenda ad esempio la visita odierna del ministro degli Esteri polacco Sikorski a Londra, dove ha messo in scena un drone russo Geran catturato nella sanguinosa Camera dei Comuni del Parlamento britannico per ottenere il massimo effetto teatrale:

https://www.reuters.com/business/aerospace-defense/polands-sikorski-says-europe-must-prepare-deep-russian-strike-2025-10-14/

Quanto può diventare ancora più assurdo e caricaturale questo freakshow?

A peggiorare le cose, in una nuova intervista il disonorato “generale” Ben Hodges ha affermato che se la Russia osasse attaccare la “potente” NATO, sia Kaliningrad che Sebastopoli sarebbero “annientate” nella prima ora:

Con ironia, il suo insipido discorso ha offerto agli ucraini uno spaccato della psicopatia e dell’indifferenza dell’Occidente nei confronti dell’Ucraina stessa, considerata nient’altro che una pedina sacrificabile nella guerra per distruggere la Russia:

Come se questo tripudio di vuoto narcisismo non bastasse, il re dell’ego in persona ha coronato la giornata di pomposa esultanza con un’ultima serie di chiacchiere che fanno venire voglia di prendersi a schiaffi. Dopo aver blaterato senza senso di circa 1,5 milioni di vittime russe, ha citato le “lunghe code per il gas russo” prima di affermare ridicolmente che l’economia russa presto “crollerà”:

Per non parlare del fatto che continua a ripetere senza ironia l’affermazione secondo cui avrebbe distrutto il BRICS. Al contrario, il BRICS è diventato sempre più forte, con la de-dollarizzazione in forte espansione tra gli ultimi annunci secondo cui le compagnie petrolifere indiane sono tornate a pagare il petrolio russo in yuan; per non parlare di altre notizie:

https://www.wsj.com/economy/trade/chinas-exports-rise-at-fastest-pace-in-six-months-despite-u-s-tariffs-123f115c

Trump ha poi continuato con minacce allusive riguardo ai missili Tomahawk in vista della visita di Zelensky di venerdì, durante la quale il pifferaio magico ucraino dovrebbe mettersi a cantare e ballare in una stravagante esibizione per ottenere le risorse a lungo raggio.

Trump ha continuato a sfruttare in modo superficiale il cosiddetto “Tomahoax”, ignorando completamente che gli Stati Uniti non hanno praticamente nulla da offrire. Un nuovo articolo del Financial Times cita Stacie Pettyjohn, “direttrice del programma di difesa presso il think tank Center for a New American Security”, che riconosce che gli Stati Uniti sarebbero in grado di fornire all’Ucraina solo 20-50 dei missili da 1,3 milioni di dollari. Leggi attentamente il testo in grassetto qui sotto:

Tuttavia, gli Stati Uniti sarebbero probabilmente in grado di fornirne solo pochi all’Ucraina. Ciò alla luce del fatto che, secondo gli esperti della difesa, dei 200 missili acquistati dal Pentagono dal 2022, ne sono già stati lanciati più di 120. Il Dipartimento della Difesa ha richiesto finanziamenti per soli 57 Tomahawk in più nel suo bilancio 2026.

Washington avrebbe probabilmente bisogno anche dei missili Tomahawk per qualsiasi attacco sul suolo venezuelano.

Stacie Pettyjohn, direttrice del programma di difesa presso il think tank Center for a New American Security, ha affermato che Washington potrebbe mettere a disposizione dell’Ucraina dai 20 ai 50 missili Tomahawk, «il che non modificherà in modo decisivo le dinamiche della guerra».

L’articolo proseguiva osservando:

Sebbene i missili a lungo raggio potrebbero integrare i droni d’attacco a lungo raggio e i missili da crociera dell’Ucraina “in grandi salve complesse per ottenere un effetto maggiore”, essi “avrebbero comunque una capacità molto limitata… certamente non sufficiente per consentire attacchi prolungati e profondi contro la Russia”, hanno aggiunto.

Che fine hanno fatto quei missili Storm Shadow, comunque? Dopo che hanno iniziato a essere regolarmente recuperati dal fondo del Mar Nero, sembra che questi missili, molto più avanzati dei Tomahawk, siano semplicemente passati di moda.

Ad ogni modo, l’ultimo kabuki atlantista serve solo a ricordarci quanto l’Occidente abbia perso credibilità e ragionevolezza. Tra minacce vuote, vanterie ancora più vuote, finto complesso di superiorità e altre stravaganze, l’Occidente appare ogni giorno più debole e stupido, mettendo a nudo le proprie contraddizioni sul fatto che la Russia sia allo stesso tempo abbastanza debole da poter essere derisa e abbastanza forte da mantenere Rutte e la sua banda di smidollati in uno stato di frenesia bellica.

Sul fronte bellico, gli ucraini hanno notato un enorme aumento degli attacchi con mezzi corazzati russi su tutti i fronti principali, in netto contrasto con la tattica del “gocciolamento” a cui erano abituati da tempo. Sembra che la stagione della “grande offensiva” sia ricominciata.

Ci sono molte ragioni per questo. Una è il fatto che sta iniziando l’autunno rasputitsa , con strade che diventano fangose e impraticabili per carri, Lada, biciclette, scooter, asini e i consueti mezzi di trasporto del XXI secolo.

Il secondo motivo è che la defogliazione delle siepi espone i soldati di fanteria isolati, limitando la loro capacità di nascondersi con il consueto trucco dei due uomini.

Terzo, e forse più importante, anche se più soggettivo, credo che il comando russo percepisca che la maggior parte degli attuali punti caldi stiano raggiungendo la massa critica per il crollo della resistenza ucraina. Il metodo “a goccia” è una tattica di infiltrazione a lungo termine che minimizza le perdite ed è utile per modellare il campo di battaglia lungo un determinato punto di convergenza o obiettivo, ma a un certo punto, quando il terreno è stato “modellato” al massimo effetto e si sono accumulati i vantaggi della propria parte il più possibile, può essere decisivo sferrare finalmente i colpi finali in massa. Questo è particolarmente vero quando, come parte di quella fase di “modellamento”, si sono ridotte le difese locali del nemico sotto forma di ISR, squadre di droni, EW, ecc.

Solo nell’ultimo giorno ci sono state almeno tre o quattro grandi offensive corazzate in aree come Dobropillya dell’asse Pokrovsk, Mirnograd e Shakhove. In ciascun caso, le AFU hanno naturalmente affermato di aver distrutto tutto e respinto gli attacchi, anche se stranamente i cartografi hanno notato dei progressi in alcune delle aree oggetto di questi assalti.

Ad esempio, negli attacchi a Shakhove, i russi sembravano aver conquistato alcuni campi e spinto il fronte quasi direttamente contro il confine di Shakhove:

Ecco un video ucraino che sembra mostrare l’assalto a Shakhove:

Si possono vedere molti colpi di droni sulle armature, ma poche perdite definitive. Le riprese dei colpi dei droni sui veicoli blindati nel 2025 sono estremamente fuorvianti, poiché la tecnologia delle protezioni secondarie ha fatto passi da gigante e la maggior parte dei colpi finisce per avere un effetto minimo. Oggigiorno occorrono molti, molti colpi per distruggere un veicolo blindato medio sia sul fronte russo che su quello ucraino. Tra la dozzina o più di veicoli che si vedono nel video, forse solo uno appare decisamente distrutto e in fiamme.

Mentre l’assalto era in corso, la 132ª brigata russa colpì Rodynske dall’altra parte delle “orecchie di coniglio” e riuscì a consolidare alcuni dei primi distretti:

Un altro assalto lungo lo stesso asse, ma più a sud, è riuscito a penetrare nella periferia di Mirnograd:

Questo ha portato i principali produttori di mappe ad annunciare che la battaglia per Mirnograd era finalmente iniziata ufficialmente:

Come promemoria, tutti i punti sopra citati sono sullo stesso asse, il che significa, come afferma Serge sopra, che la Russia ha probabilmente deciso di chiudere l’intero teatro:

AMK_Mapping ci ricorda giustamente l’ovvio paragone con Avdeevka, proprio alla vigilia della sua conquista nel febbraio 2024:

È piuttosto evidente che Pokrovsk sia in una situazione molto più precaria in questo momento, anche se manca, per la parte russa, l’enorme quantità di battaglioni penali Storm-Z “sacrificabili” che avevano coraggiosamente guidato l’ultima offensiva su Avdeevka.

A Kupyansk non ci sono cambiamenti significativi, se non il riconoscimento da parte dei cartografi che la “sacca” centrale è stata effettivamente abbandonata dalle forze armate ucraine. Tuttavia, nei prossimi giorni i russi condurranno “operazioni di rastrellamento” per ripulire le case di questo vasto distretto, che per ora rimane colorato in modo “leggero” per indicare che non è stato ancora conquistato “completamente”.

Il governo ucraino ha colto il suggerimento quando le notizie dell’evacuazione di 40 insediamenti vicini hanno fatto il giro delle onde radio:

Il mese scorso il capo dell’amministrazione militare regionale ucraina Andriy Kanashevich aveva osservato che poche persone stavano evacuando dalla stessa Kupyansk, suggerendo che stavano aspettando che i russi venissero a “liberarle”.

Dovremo attendere chiarimenti nei prossimi giorni, ma il fatto che persino Deep State abbia classificato la città come zona grigia è significativo:

Un ultimo elemento di interesse:

Un nuovo servizio di Rossiya-1 sui recenti progressi e le esercitazioni russe nel campo dei droni, con particolare attenzione al Courier UGV che ha recentemente presentato una funzione di sminamento laser, anch’essa mostrata qui:

Come previsto, i sistemi robotici terrestri Courier (“Курьер”) continuano ad essere sottoposti a nuove modifiche, come dimostrato durante un raduno di unità delle truppe del genio delle forze terrestri russe in un poligono di addestramento nella regione di Volgograd.

Oltre alla versione standard dell’UGV per il supporto antincendio/ingegneria, dotata di una mitragliatrice PKT da 7,62 mm con televisione bispettrale e mirino termico (MWIR/LWIR) e una gittata effettiva di 1. 100-1.300 m, e che trasporta 10 mine anticarro TM-62M, nonché una variante con un lanciagranate automatico AGS-17/30 con una gittata di 1.900-2.100 m (utilizzato anche nella zona delle operazioni militari speciali), è stata presentata anche una versione esclusivamente ingegneristica.

Questa variante è dotata di un modulo di sminamento laser “Ignis” (“Игнис”) con una portata effettiva di oltre 150 m, in grado di bruciare gli involucri di proiettili ad alto potenziale esplosivo, termobarici e di altro tipo.

Alcune specifiche del sistema robotico terrestre Courier:

— Dimensioni: lunghezza della piattaforma
— 1,4 m; larghezza
— 1,2 m; altezza (senza armamento)
— 58 cm.
— Peso: 250 kg.
— Velocità: fino a 35 km/h.
— Autonomia: da 12 a 72 ore.
— Propulsione: cingolata.
— Motori elettrici: 6 kW.
— Raggio di controllo: da 3 a 10 km.
— Sistema di controllo: remoto, tramite un canale radio sicuro.


Il tuo sostegno è inestimabile. Se ti è piaciuto leggere questo articolo, ti sarei molto grato se ti iscrivessi a un abbonamento mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo che io possa continuare a fornirti report dettagliati e approfonditi come questo.

In alternativa, puoi lasciare una mancia qui: buymeacoffee.com/Simplicius

CONFRONTANDO AGATOCLE CON NETANYAHU  COMMENTANDO ISRAELE-ITALIA DI CESARE SEMOVIGO_di Massimo Morigi

CONFRONTANDO AGATOCLE CON NETANYAHU  COMMENTANDO ISRAELE-ITALIA DI CESARE SEMOVIGO: IL RAPPORTO FRA VIRTÙ, FORTUNA E MORALE  NEL  REALISMO POLITICO DEL PRINCIPE DI MACHIAVELLI E NEL PENSIERO E NELL’AZIONE DI GIUSEPPE MAZZINI A PROPOSITO   DELL’ACCORDO    FRA   ISRAELE   ED   HAMAS E DEL ‘COMPIUTO    PECCATO’    DELL’OCCIDENTE  E   DELL’ITALIA

di Massimo Morigi

 Cesare Semovigo ha appena pubblicato in data 10 ottobre 2025 per “L’Italia e il Mondo” Israele-Italia un’alleanza bipartisan. Italia e Israele: alleati privilegiati, un binomio strategico tra storia, tecnologia e politica (http://web.archive.org/web/20251010104842/https://italiaeilmondo.com/2025/10/10/israele-italia-un-alleanza-bipartisan-di-cesare-semovigo/) prima parte di suoi ulteriori interventi sull’argomento degli  (ahimè) inscindibili legami fra Italia e Israele –  stante l’attuale stato delle cose degli strettissimi rapporti indusrial-militari-finanziari fra i due paesi – , legami di una tale intensità e pervasività che rendono l’Italia forse la nazione del c.d. occidente con forma di stato democratico-rappresentativa più succube  all’imperialista politica di potenza di Israele e prona alla sua ideologia sionista, la quale a livello mainsteam, in Italia come nel resto del già menzionato c.d. occidente, non ci si permette nemmeno di nominare dando la colpa di quanto è successo negli ultimi due anni (dimenticando che è una vicenda che si trascina dalla costituzione stessa dello stato d’Israele) al “terrorismo” di Hamas (‘terrorismo’, parola del lessico politico mainstream che svolge la funzione di una sorta di ‘orizzonte degli eventi’ del concetto per designare senza ulteriore ragionamento ed analisi il nemico) che avrebbe agito contro un paese retto da una matura e completa democrazia (medesima funzione di “orizzonte degli eventi” di quest’ultima parola, solo che in questo caso denotante un giudizio positivo su un sistema politico, non considerando menomamente la  realtà effettuale cui il lemma ‘democrazia’ fa da velo  a livello interno ed internazionale e che, nel caso di Israele,  è connotata dal più feroce e razzista imperialismo di stampo sionista), una democrazia israeliana che – sempre secondo il mainstream – se proprio le si vuole fare un appunto, avrebbe la sventura di essere oggi governata dal malvagio primo ministro Benjamin Netanyahu, trascurando però il “piccolo” dettaglio che questo personaggio, al netto di tutto il male che se ne possa dire, non è arrivato al potere tramite la violenza ed in maniera illegale ma attraverso i ben oliati e “universalmente” venerati meccanismi della democrazia rappresentativa, la quale anche se tecnicamente in quanto democrazia rappresentativa sarebbe più corretto chiamarla ‘polioligarchia competitiva’ (e sul mito occidentale della democrazia rappresentativa in realtà ‘polioligarichia competitiva’ praticamente nulla è stato scritto, avendola definita i suoi critici apparentemente più feroci – ma in realtà anch’essi omologati – al più come poliarchia, vedi Robert Dahal che con il termine ‘poliarchia’ vorrebbe restituirci una visione più realista della democrazia ma mantenendone un giudizio sostanzialmente positivo perché col termine vorrebbe indicare la democrazia come una polifonia più o meno armoniosa di poteri e  Colin Crouch che ha coniato a suo tempo il termine ‘postdemocrazia’,  il quale col termine  prospetta un destino gramo per la democrazia, un’analisi sulla quale si concorda tranne che sull’  “insignificate” dettaglio che in realtà la democrazia non s’è mai vista sulla faccia della Terra, secondo la vulgata appartenendo  questo potere  al popolo, in realtà un potere conteso fra varie oligarchie che lo se lo contendono, nel caso delle c.d. democrazie rappresentative occidentali attraverso il suffragio universale libero e segreto, questo sì, ma quasi del tutto eteroderodiretto in ragione dello squilibrio cognitivo e di potere politico-economico che le élite o le oligarchie che dir si voglia hanno da sempre sulla massa ma questo è un discorso sul quale torneremo), non si può nemmeno affermare che essa, almeno nello spirito, non rappresenti sempre – sia a livello di politiche pubbliche che a livello di selezione della classe dirigente –  in qualche modo e secondo variabili gradi di intensità dipendenti dalle diverse realtà nazionali,    il paese inserito nel  suo sistema politico. E nel caso di Israele non è azzardato dire  che la c.d.  democrazia rappresentativa è il sistema di potere che più di ogni altro del mondo occidentale retto tramite questa forma politico-isituzionale riesce a rappresentalre e a dare seguito agli umori del paese, totalmente informati tutti, destra e sinistra indifferentemente, all’imperialismo sionista. Il lucido e spietato articolo di Cesare Semovigo, che guarda ai legami un tempo si direbbe strutturali che a livello internazionale orientano non solo la politica di Israele ma ancor per noi più importante, la nostra vergognosa dipendenza economica ed anche morale dal malvagio comportamento interno ed internazionale di questo paese,  fa quindi totalmente giustizia di questa fanciullesca narrazione non tentando nemmeno di “smontarla” ma, giustamente, semplicemente ignorandola e, piuttosto, concentrandosi, molto opportunamente, sul perché, strutturalmente, l’Italia è così prona ad Israle, e che Benjamin Netanyahu sia o no un politico malvagio o, a suo modo, semplicemente realista non gliene potrebbe fregar de meno. Tuttavia, siccome il realismo politico quando nacque ad opera di Niccolò Machiavelli non si basava su un modello  poggiato sull’analisi della commistione fra i decisori dei grandi gruppi economici e i decisori politici, si era agli albori della nostra modernità occidentale e la società industrial-capitalista doveva ancora un po’ attendere,  ma era incentrato sull’analisi di come il decisore politico-militare potesse ottenere il successo (cioè la conquista e poi il mantenimento ed infine l’accrescimento del suo potere personale)  riuscendo con la sua peculiare personalità  a tenere testa e a vincere contro una casualità (la fortuna) a lui del tutto indifferente se non ostile  e siccome pensiamo anche che una completa visione geopolitica non possa prescindere da considerazioni sul lato umano  del decisore, ci si permette qui di inquadrare meglio alla luce del Principe e delle sue categorie machiavelliane che hanno presieduto alla nascita della Weltanschauung politica realista, la figura del primo ministro israeliano, fiduciosi che questa piccola incursione nell’archeologia della geopolitica ma, soprattutto, antropologica (nel senso dell’antropologia del decisore ma anche del popolo che esso guida e con ciò si confida quindi di essere pienamente conformi ad un discorso geopolitico, che mai deve tralasciare il loto umano-culturale dell’oggetto di studio della disciplina) possa essere d’aiuto per meglio inquadrare, anche dal punto di vista strutturale o per meglio dire dal punto di vista della dialettica del conflitto strategico fra i grandi decisori umani e/o associati in gruppi collettivi di potere che animano lo scenario geopolitico e che struttura il discorso di  Semovigo,  non solo la politica interna ed estera dello Stato di Israele ma anche il ‘compiuto peccato’ dell’occidente che nella vicenda del martirio del popolo palestinese ha distinte ma ugualmente gravissime responsabilità  in concorso con lo Stato sionista.

Ecco allora come nel capitolo 7 del Principe, De principatibus novis qui alienis armis et fortuna acquiruntur, Niccolo Machiavelli inquadra la rovina del Valentino, il principe estremamente violento ma anche pieno di virtù, almeno nell’accezione machiavelliana del termine, dovuta alla morte del suo protettore e padre, il Papa Alessandro VI Borgia: « […] E l’animo suo era assicurarsi di loro; il che gli sarebbe presto riuscito, se Alessandro viveva. E questi furono e’ governi suoi quanto alle cose presenti. Ma quanto alle future, lui aveva a dubitare, in prima, che uno nuovo successore alla Chiesa non li fussi amico e cercassi tòrli quello che Alessandro gli aveva dato. Di che pensò assicurarsi in quattro modi: prima, di spegnere tutti e’ sangui di quelli signori che lui aveva spogliati, per torre al papa quella occasione: secondo, di guadagnarsi tutti e’ gentili uomini di Roma, come è detto, per potere con quelli tenere el papa in freno: terzo, ridurre el Collegio più suo che poteva: quarto, acquistare tanto imperio, avanti che il papa morissi, che potessi per se medesimo resistere a uno primo impeto. Di queste quattro cose, alla morte di Alessandro ne aveva condotte tre; la quarta aveva quasi per condotta; perché de’ signori spogliati ne ammazzò quanti ne possé aggiugnere, e pochissimi si salvorono; e’ gentili uomini romani si aveva guadagnati, e nel Collegio aveva grandissima parte: e, quanto al nuovo acquisto, aveva disegnato diventare signore di Toscana, e possedeva di già Perugia e Piombino, e di Pisa aveva presa la protezione. È come non avessi avuto ad avere respetto a Francia (ché non gliene aveva ad avere più, per essere di già e’ Franzesi spogliati del Regno dagli Spagnoli, di qualità che ciascuno di loro era necessitato comperare l’amicizia sua), e’ saltava in Pisa. Dopo questo, Lucca e Siena cedeva subito, parte per invidia de’ Fiorentini, parte per paura; e’ Fiorentini non avevano remedio. Il che se li fusse riuscito (che gli riusciva l’anno medesimo che Alessandro morì), si acquistava tante forze e tanta reputazione, che per se stesso si sarebbe retto, e non sarebbe più dependuto dalla fortuna e forze di altri, ma dalla potenzia e virtù sua. Ma Alessandro morì dopo cinque anni ch’egli aveva cominciato a trarre fuora la spada. Lasciollo con lo stato di Romagna solamente assolidato, con tutti gli altri in aria, intra dua potentissimi eserciti inimici, e malato a morte. Ed era nel duca tanta ferocia e tanta virtù, e sì bene conosceva come gli uomini si hanno a guadagnare o perdere, e tanto erano validi e’ fondamenti che in sì poco tempo si aveva fatti, che, se lui non avessi avuto quegli eserciti addosso, o lui fussi stato sano, arebbe retto a ogni difficultà. E ch’e’ fondamenti sua fussino buoni, si vidde: ché la Romagna lo aspettò più di uno mese; in Roma, ancora che mezzo vivo, stette sicuro; e benché Baglioni, Vitelli e Orsini venissino in Roma, non ebbono seguito contro di lui; possé fare, se non chi e’ volle, papa, almeno che non fussi chi non voleva. Ma se nella morte di Alessandro lui fussi stato sano, ogni cosa gli era facile. E lui mi disse, ne’ dì che fu creato Iulio II, che aveva pensato a ciò che potessi nascere, morendo el padre, e a tutto aveva trovato remedio, eccetto che non pensò mai, in su la sua morte, di stare ancora lui per morire, Raccolte io adunque tutte le azioni del duca, non saprei reprenderlo; anzi mi pare, come ho fatto, di preporlo imitabile a tutti coloro che per fortuna e con l’arme d’altri sono ascesi allo imperio. Perché lui avendo l’animo grande e la sua intenzione alta, non si poteva governare altrimenti; e solo si oppose alli sua disegni la brevità della vita di Alessandro e la malattia sua. Chi, adunque, iudica necessario nel suo principato nuovo assicurarsi de’ nimici, guadagnarsi degli amici, vincere o per forza o per fraude, farsi amare c temere da’ populi, seguire e reverire da’ soldati, spegnere quelli che ti possono o debbono offendere, innovare con nuovi modi gli ordini antiqui, essere severo c grato, magnanimo e liberale, spegnere la milizia infedele, creare della nuova, mantenere le amicizie de’ re e de’ principi in modo che ti abbino o a beneficare con grazia o offendere con respetto, non può trovare e’ più freschi esempli che le azioni di costui. Solamente si può accusarlo nella creazione di Iulio pontefice, nella quale lui ebbe mala elezione; perché, come è detto, non potendo fare uno papa a suo modo, e’ poteva tenere che uno non fussi papa; e non doveva mai consentire al papato di quelli cardinali che lui avessi offesi, o che, diventati papi, avessino ad avere paura di lui. Perché gli uomini offendono o per paura o per odio. Quelli che lui aveva offesi erano, infra gli altri, San Piero ad Vincula, Colonna, San Giorgio, Ascanio; tutti gli altri, divenuti papi, aveano a temerlo, eccetto Roano e li Spagnuoli: questi per coniunzione e obligo; quello per potenzia, avendo coniunto seco il regno di Francia. Pertanto el duca, innanzi a ogni cosa, doveva creare papa uno spagnolo, e, non potendo, doveva consentire che fussi Roano e non San Piero ad Vincula. E chi crede che ne’ personaggi grandi e’ benefizii nuovi faccino dimenticare le iniurie vecchie, s’inganna. Errò, adunque, el duca in questa elezione; e fu cagione dell’ultima ruina sua.»: Niccolò Machiavelli, De Principatibus (Il Principe), cap. VII  De principatibus novis qui alienis armis et fortuna acquiruntur, in Id., Machiavelli. Tutte le opere, a cura di Mario Martelli, Firenze, Sansoni, 1971, pp.268-269.

La sventura irreparabile per il Valentino della  morte di suo padre il  papa Borgia paragonabile per il primo ministro Benjamin Netanyahu all’elezione come Presidente degli Stati uniti di Donald Trump, il quale a dispetto di tutto quello che si possa dire sul suo conto, col suo America first sta inaugurando la nuova fase nei rapporti internazionali da noi già definita ‘impérialisme en forme’, un ‘impérialisme en forme’ connotato sul piano ideologico nel far cadere tutti i precedenti velami della precedente narrazione liberaldemocratica al fine di ottenere una totale libertà di azione nello scenario internazionale sempre più configurato in forma policentrica e sempre più refrattario alla vecchia retorica liberaldemocratica e, sul piano operativo, oltre che dal diretto protagonismo di Trump, dalla necessità, proprio per ottenere una maggiore efficacia operativa e spendibile hic et nunc, di abbandonare lunghe e snervanti trattative con il fantomatico raggruppamento degli alleati che singolarmente hanno aderito alla NATO e che pretenderebbe di avere una personalità internazionale (nella trattativa sui dazi, per Trump   l’Unione europea ha meritato solo disprezzo in quanto essa viene da lui giudicata una   entità non  geopolitica ma meramente burocratica, e non ha proprio tutti i torti, anzi!…), privilegiando il rapporto con ogni singolo alleato preso separatamente per imporgli, così, la legge del più forte, cioè quella degli Stati uniti. Nel caso dell’imposizione da parte di Trump della fine delle ostilità di Israele contro Hamas, sarebbe, però, certamente un eccesso di analogismo storico sovrappore integralmente la sventura del Valentino cui morì il padre papa protettore, con la sventura di Benjamin Netanyahu al quale è politicamente morto il già rimbambito padre protettore, e totalmente asservito al sionismo,  Biden, che è stato sostituito dall’imperialista in forma Donald Trump, non certo avverso al sionismo per ragioni ideologiche ma fermamente contrario, per carattere e per la nuova impostazione della politica estera americana marcata ora da un drastico unilateralismo; e questo anche perché nel passo machiavelliano appena citato è assente una valutazione sistemica dei rapporti fra Stati nella penisola italica, riducendosi quindi le valutazioni di Machiavelli attorno a considerazioni sulla natura concretamente operativa della personalità del leader, il Valentino, e di come questo leader con la sua virtù avesse cercato di  far pendere la fortuna a sua favore (cosa che nel Valentino ma non per sua colpa non si verificò) ma anche perché, e qui interviene una nostra idiosincrasia personale ma condivisa fortunamente da molti in Italia e nel c.d. occidente, se possiamo convenire con Machiavelli che il Valentino fu sì tanto virtuoso ma anche tanto sfortunato, non ci sentiamo proprio di condividere un analogo  moto di empatica simpatia verso il primo ministro israeliano che se sfortunato è stato per la morte politica del suo asservito protettore Biden sostituito dall’esoso ed arrogante protettore Donald Trump, altrettanto irresponsabile si è dimostrato nel ficcarsi in una guerra contro Hamas che comportava, “piccolo” dettaglio, l’annientamento del popolo palestinese (volutamente non si impiega il termine ‘genocidio’ perché esso implica anche la volontà di mettere in atto pure lo sterminio biologico, fino all’ultima persona presente sulla faccia della Terra, di un gruppo etnico, i palestinesi nella fattispecie. Questo non è nei piani di Netanyahu e nemmeno delle frange più oltranziste del sionismo, attuale e delle origini. Sarebbe più corretto parlare, in questo caso, del tentativo di compiere una pulizia etnica condotta, come esige questa macabra tipologia di interventi, con metodi del tutto criminali   –  lo sterminio di gran parte della popolazione di Gaza per costrigere i rimanenti a lasciare il territorio per un’imprecisata destinazione che comporterebbe, fra l’altro, oltra alla perdità di identità del popolo palestenise, anche ulteriori morti –  e animati da un proposito totalmente illegale e piratesco, la cacciata dei palestinesi dalle loro proprietà al fine di impossessarsene ma, come si dice, nulla di nuovo sotto il sole, essendo questo il modo col quale è sorto lo Stato di Israele compiendo una iniziale  anche se non completa pulizia etnica ai danni dei palestenisi e che nelle intenzioni del  primo ministro israliano ora in carica avrebbe dovuto essere portata al suo totale compimento: quindi, in conclusione di ragionamento, non ci si sente proprio di condannare l’uso improprio del termine ‘genocidio’ da parte dei giustamente simpatizzanti della causa palestinese, avendo l’azione politica delle ragioni che non sono proprio quelle dell’analisi scientifica ma che, in questo caso, sono convergenti nel condannare l’azione criminale del primo ministro israeliano, fondata su una purtroppo consolidata tradizione storica di dominio e furto coloniale dello Stato di Israele ed ancor oggi, come alla nascita di questo Stato, appoggiata da buona parte della popolazione di Israele, e con ciò non ci si accusi di antisemitismo perché di pulizie etniche è piena la storia dell’occidente cristiano, con una particolare intensificazione di queste pratiche tramite il colonialismo che, guarda caso, ebbe il suo acme mentre le sue forme istituzionali a livello interno assumevano via via forme sempre più simili alla c.d. nostra “democrazia rappresentativa”).

Ma se nel passo citato, assai sfuocata da parte di Machiavelli l’analisi della dinamica conflittuale degli Stati italiani del tempo (e incentrando quindi la sua analisi, pur sempre improntata al realismo politico di cui Machiavelli è l’indiscusso iniziatore, alla dimensione  puramente antropologica della descrizione della volontà di potenza del Valentino rappresentandone  l’impossibilità, nonostante il suo grande valore, di sormontare una avversa sorte), ed anche insoddisfacente o del tutto schematica un’analisi sul valore della morale (o della finzione della stessa) nella dinamica politica, ed anzi dal passo citato sembrando che tanto più il Principe è immorale questo è più virtuoso, è impossibile il suo impiego integrale come idealtipo in cui rientrerebbe l’attuale imposizione a Netanyahu da parte di Trump della fine delle ostilità contro Hamas, il capitolo 8 del Principe, De his qui per scelera ad principatum pervenere, è invece un’analisi veramente esemplare dell’importanza del buon nome di un regnante e di quanto quindi sia fondamentale evitare  i danni reputazionali derivanti da una sconsiderata azione politica: « […] Agatocle Siciliano, non solo di privata ma di infima e abietta fortuna, divenne re di Siracusa. Costui, nato di uno figulo, tenne sempre, per li gradi della sua età, vita scellerata: nondimanco, accompagnò le sue scelleratezze con tanta virtù di animo e di corpo, che, voltosi alla milizia, per li gradi di quella pervenne ad essere pretore di Siracusa. Nel quale grado sendo costituito, e avendo deliberato diventare principe e tenere con violenzia e sanza obligo d’altri quello che d’accordo gli era suto concesso, e avuto di questo suo disegno intelligenzia con Amilcare cartaginese, il quale con gli eserciti militava in Sicilia, raunò una mattina il populo e il Senato di Siracusa, come se egli avessi avuto a deliberare cose pertinenti alla republica; e, ad uno cenno ordinato, fece da’ sua soldati uccidere tutti li senatori e li più ricchi del popolo; li quali morti, occupò e tenne il principato di quella città sanza alcuna controversia civile. […] Chi considerassi, adunque, le azioni e vita di costui, non vedrà cose, o poche, le quali possa attribuire alla fortuna; con ciò sia cosa, come di sopra è detto, che, non per favore d’alcuno, ma per li gradi della milizia, li quali modi possono fare acquistare aveva guadagnati, pervenissi al principato, e quello di poi con tanti partiti animosi e periculosi mantenessi. Non si può ancora chiamare virtù ammazzare e’ sua cittadini, tradire gli amici, essere sanza fede, sanza pietà, sanza religione; li quali modi possono fare acquistare imperio, ma non gloria. Perché, se si considerassi la virtù di Agatocle nello entrare e nello uscire de’ periculi, e la grandezza dello animo suo nel sopportare e superate le cose avverse, non si vede perché egli abbia ad essere iudicato inferiore a qualunque eccellentissimo capitano; nondimanco, la sua efferata crudeltà e inumanità, con infinite scelleratezze, non consentono che sia infra gli eccellentissimi uomini celebrato. Non si può, adunque, attribuire alla fortuna o alla virtù quello che sanza l’una e l’altra fu da lui conseguito. […] Potrebbe alcuno dubitare donde nascessi che Agatocle e alcuno simile, dopo infiniti tradimenti e crudeltà, possé vivere lungamente sicuro nella sua patria e defendersi dagli inimici esterni, e da’ suoi cittadini non gli fu mai cospirato contro; con ciò sia che molti altri, mediante la crudeltà, non abbino, etiam ne’ tempi pacifici, possuto mantenere lo stato, non che ne’ tempi dubbiosi di guerra. Credo che questo avvenga dalle crudeltà male usate o bene usate. Bene usate si possono chiamare quelle (se del male è licito dire bene) che si fanno a uno tratto, per la necessità dello assicurarsi, e di poi non vi si insiste drento, ma si convertiscono in più utilità de’ sudditi che si può. Male usate sono quelle le quali, ancora che nel principio sieno poche, più tosto col tempo crescono che le si spenghino. Coloro che osservano el primo modo, possono con Dio e con gli uomini avere allo stato loro qualche remedio, come ebbe Agatocle; quegli altri è impossibile si mantenghino. Onde è da notare che, nel pigliare uno stato, debbe l’occupatore di esso discorrere tutte quelle offese che gli è necessario fare; e tutte farle a un tratto, per non le avere a rinnovare ogni dì, e potere, non le innovando, assicurare gli uomini e guadagnarseli con beneficarli. Chi fa altrimenti, o per timidità o per mal consiglio, è sempre necessitato tenere il coltello in mano; né mai può fondarsi sopra li sua sudditi, non si potendo quelli, per le fresche e continue iniurie, assicurare di lui. Perché le iniurie si debbono fare tutte insieme, acciò che, assaporandosi meno, offendino meno: e’ benefizii si debbono fare a poco a poco, acciò si assaporino meglio. E debbe, sopra tutto, uno principe vivere con li suoi sudditi in modo che veruno accidente o di male o di bene lo abbi a far variare; perché, venendo, per li tempi avversi, le necessità, tu non se’ a tempo al male, e il bene che tu fai non ti giova, perché è iudicato forzato, e non te n’è saputo grado alcuno. »: Idem, ivi, cap. VIII De his qui per scelera ad principatum pervenere, in Idem, ivi, pp. 269-271.

Per quanto possa sembrare assurdo, al contrario di Agatocle, il primo ministro israeliano non è stato in grado di portare fino in fondo il suo piano malvagio di cancellare il popolo palestinese  e quindi, dal punto di vista machiavelliano, non solo gli è mancata la fortuna, la salita al potere di Trump, ma gli è anche mancata la virtù perché come dice Machiavelli (e quanto stranamente suona alle orecchie di chi non è avvezzo a frequentare i luoghi del Segretario fiorentino, che nei loro momenti più fulgidi esprimono con quel loro sinuoso ed avvolgente modo di argomentare tutta la complessità dialettica dell’agire umano ma che tanto nel corso dei secoli hanno reso perplessi anche i suoi più ferventi estimatori e dato il destro ai suoi denigratori di ritenere il Principe di Machiavelli un’opera demoniaca): «Non si può ancora chiamare virtù ammazzare e’ sua cittadini, tradire gli amici, essere sanza fede, sanza pietà, sanza religione; li quali modi possono fare acquistare imperio, ma non gloria. Perché, se si considerassi la virtù di Agatocle nello entrare e nello uscire de’ periculi, e la grandezza dello animo suo nel sopportare e superate le cose avverse, non si vede perché egli abbia ad essere iudicato inferiore a qualunque eccellentissimo capitano; nondimanco, la sua efferata crudeltà e inumanità, con infinite scelleratezze, non consentono che sia infra gli eccellentissimi uomini celebrato. Non si può, adunque, attribuire alla fortuna o alla virtù quello che sanza l’una e l’altra fu da lui conseguito.». Contrariamente alla vulgata, il vero realismo politico è da sempre un’inestricabile e dialettico nodo fra potere, inteso come imposizione più o meno violenta della propria volontà, e moralità che per convinzione o per opportunismo valuta sempre le conseguenze pratiche ed etiche, dove un’opzione etica non ha valore se  non ha una ricaduta concreta e una scelta pragmatica nega sé stessa se le manca un’orizzonte di senso morale   delle proprie azioni (Max Weber: la dialettica fra l’etica della convinzione e quella  della responsabilità ma, soprattutto, Giuseppe Mazzini: la politica senza morale è brigantaggio e Antonio Gramsci: non la conquista violenta del potere ma la creazione ed esercizio dell’egemonia all’interno della società etc.). E sempre  contrariamente a quanto si pensa, Machiavelli era ben consapevole di questa dialettica. Ed è una vera sfortuna non solo per il primo ministro ed il popolo del paese che governa ma anche per le c.d. liberaldemocrazie che la scriteriata politica israeliana hanno sempre appoggiato, che questa dialettica sia costantemente ignorata, coperta dal chiasso della retorica della difesa di una inesistente democrazia (quella israeliana ma anche quella interna di questi paesi). In ultima analisi, un atteggiamento tanto più pericoloso ora che il principale sponsor di questa retorica, gli Stati uniti, si stanno dedicando all’edificazione del loro ‘impérialisme en forme’. E quanto è accaduto con la provvisoria fine delle ostilità fra Israele ed Hamas ma anche con le scriteriate posizioni dell’Europa nella vicenda Ucraina, che sono lì a dimostrare il definitivo declino strategico e morale del c.d. occidente c.d. liberaldemocratico. Machiavelli ne avrebbe abbondante materiale per scrivere un nuovo trattato non su un Principe virtuoso e di come esso possa sormontare le avversità della sorte ma su un Principe privo di ogni virtù e di come questo, nonostante le buone carte che gli vengono date dalla storia, sia diretto verso la sua dissoluzione. Insomma, qui non abbiamo ragionato solo intorno al peccato originale della nascita dello Stato d’Israele ma anche, se non soprattutto, intorno al ‘compiuto peccato’ della “democrazia”  dell’occidente, nel quale una posizione di primato appartiene all’Italia, un compiuto peccato che già molto tempo prima, anche se non dandogli una specifica denominazione e solo impersonificandolo nel personaggio storico di Agatocle col  suo modus operandi totalmente malvagio e perciò incurante dei danni arrecati allo Stato e alla popolazione sotto la sua sovrantà  ma non configurandolo direttamente come un problema sistemico di una comunità politica, anche Niccolò Machiavelli nel suo Principe aveva avuto piena contezza. Una dialettica consapevolezza dei legami fra azione politicamente efficace ed orizzonte morale che è propria del vero realismo politico e che, se lo si studia più a fondo e non riducendolo ad un santino astrattamente moraleggiante e di stampo liberalmocratico, fu anche del primo uomo che concretamente si pose politicamente il problema di unificare l’Italia. Ma su Giuseppe Mazzini e di come la sua azione e il suo pensiero ci indichino la via per uscire dal ‘compiuto peccato’ italiano e del c.d. occidente liberaldemocratico, ancora torneremo  nei prossimi discorsi…

Massimo Morigi, ottobre 2025

Il  sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000 € all’anno), ecco come puoi contribuire:

– Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704;

– IBAN: IT30D3608105138261529861559

PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo

Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione).

Contatti: italiaeilmondo@gmail.com – x.com: @italiaeilmondo – Telegram: https://t.me/italiaeilmondo2 – Italiaeilmondo – LinkedIn: /giuseppe-germinario-2b804373

Che mal di testa…_di Tree of Woe

Che mal di testa…

Complicazioni di salute sull’albero del dolore

5 ottobre
 LEGGI NELL’APP 
Il  sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000 € all’anno), ecco come puoi contribuire:
– Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704;
– IBAN: IT30D3608105138261529861559
PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo
Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo
Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione).
Contatti: italiaeilmondo@gmail.com – x.com: @italiaeilmondo – Telegram: https://t.me/italiaeilmondo2 – Italiaeilmondo – LinkedIn: /giuseppe-germinario-2b804373

La mia produttività è calata all’Albero del Dolore, e ho pensato di scrivere un po’ per spiegarne il motivo. Non è certo per mancanza di argomenti su cui scrivere: mai così tanta sofferenza è stata disponibile su cui riflettere! Ciò che mi è mancato è stata la mia capacità di contemplarla con lucidità.

Ecco il riassunto: Una malattia acuta l’anno scorso ha innescato una condizione cronica che mi ha lasciato sconvolto per mesi. Finalmente ho ricevuto una diagnosi e ora posso sottopormi a un intervento chirurgico per risolvere il problema. Dovrei stare meglio dopo l’intervento. Fine.

Se vuoi la versione Strange Dark & ​​Mysterious Medical Mysteries di MrBallen … continua a leggere.


Lo scorso ottobre io e mia moglie abbiamo contratto il COVID. Eravamo riusciti in qualche modo a sfuggire alla temuta arma biologica prodotta a Wuhan già dal 2020, presumibilmente grazie al nostro stile di vita pulito, alla dieta a base di impasto crudo di cavallo e alle minime interazioni sociali con i nostri simili . sapiens. Purtroppo, alla fine non ci è servito a nulla.

Considerati i molteplici problemi di salute di Amy, non sorprende che il COVID l’abbia colpita duramente. Ma ha colpito duramente anche me, e questa è stata una sorpresa. Di solito vado avanti e vado avanti. Non questa volta. Il COVID mi ha lasciato con una confusione mentale e una stanchezza costanti. Mi è sembrato di avere l’influenza, ma è durata settimane invece che giorni.

Eppure, la vita continua. Ho seguito i vari protocolli post-COVID per favorire la ripresa. Ho aumentato il consumo di caffè per compensare il malessere mentale. Sono uscito e ho giocato con il cane. Ho iniziato a stare meglio.

Qualche mese dopo, la situazione peggiorò. Mentre partecipavo alla Convention Repubblicana, contrassi un’altra brutta infezione virale. Una settimana dopo, mi svegliai con delle bizzarre aure oculari. Forme scintillanti erano ovunque alla periferia del mio campo visivo. Le luci erano più intense, come se fossero permeate da un’effervescenza astrale proveniente da un piano superiore. Le ombre erano più scure, apparentemente nere come la pece. Era come vedere il mondo degli spiriti.

Ora, ho avuto aure emicraniche in passato, ma erano deboli e brevi. Quest’aura era molto più grave e non si è ritirata, né dopo 20 minuti, né dopo un’ora, né dopo due ore. Mia moglie ha deciso di portarmi al pronto soccorso nel caso si trattasse di un ictus o di un attacco ischemico. Non è stato così, grazie a Dio, e sono stato dimesso. Ma era chiaramente qualcosa …

Qualunque cosa fosse, le aure continuarono per settimane, a volte durando solo un’ora o due, a volte dieci ore al giorno. Quando le aure erano attive, non riuscivo nemmeno a guardare il monitor di un computer senza sentirmi nauseato. Quando non lo erano, ero costantemente in ritardo. Era intollerabile.

Così ho proseguito con neurologia, oculistica e (da lì) neuro-oftalmologia. Ho fatto un esame dopo l’altro, costosissimo. Ho scoperto che l’Obamacare, in effetti, fa schifo. Gli ingranaggi della medicina specialistica si muovono lentamente, quindi ogni appuntamento richiedeva settimane per essere fissato. Nel frattempo, le aure diminuivano lentamente di frequenza e intensità. Ma man mano che svanivano, la nebbia cerebrale, la stanchezza e il dolore sono tornati, peggiori di prima. Le mattine sono diventate singolarmente infelici. Riesco a malapena a funzionare fino al tardo pomeriggio o alla sera. Sono passati troppi mesi in cui ho realizzato troppo poco. Sono passato dallo scrivere libri di ruolo da un milione di parole con la massima concentrazione alla fatica di gestire la posta elettronica.

Finalmente, la settimana scorsa, i risultati di una risonanza magnetica con contrasto hanno rivelato cosa stava succedendo. Ho una sinusite fungina allergica (AFS) nel seno sfenoidale. È così grave che il mio neuro-oculista mi ha indirizzato a un otorinolaringoiatra per un intervento chirurgico per rimuovere i “detriti fungini”.

Cos’è l’AFS, vi chiederete? Di certo non ne avevo mai sentito parlare. Mi è sembrato piuttosto innocuo quando l’ho visto sul risultato del test. Ecco un riassunto, per quanto ne so.

Le fasi della sinusite fungina secondo la mia community Discord (grazie ragazzi)

Ogni respiro che facciamo trasporta spore fungine nei nostri seni paranasali. I seni paranasali sono rivestiti da ciglia, peli microscopici che si muovono a ondate, trasportando il muco lungo il naso. Normalmente, il muco intrappola le spore e le ciglia le spazzano via. Macrofagi e neutrofili distruggono le spore rimaste.

Nella SAF, il sistema immunitario reagisce in modo eccessivo. Induce una risposta allergica Th2, inviando anticorpi IgE, mastociti e una “cascata di citochine” di eosinofili che creano una mucina allergica appiccicosa. La mucina ostruisce le aperture di drenaggio, chiudendo i seni paranasali; le ciglia non riescono a eliminarla. Le spore fungine e la mucina rimangono intrappolate e si mineralizzano. Il fungo intrappolato continua a scatenare ulteriori reazioni allergiche, aumentando la pressione. Se non trattata, la pressione può erodere l’osso.

Quella pressione e quell’infiammazione sono la causa del profondo mal di testa, della stanchezza e del rallentamento cognitivo. Lo stesso caos infiammatorio che riempie e ostruisce i seni paranasali diffonde anche segnali nel flusso sanguigno, creando il malessere costante simil-influenzale. Stare sdraiati fa sì che le secrezioni si accumulino e la pressione aumenti; da qui la brutale infelicità mattutina. L’AFS spiega anche le stranezze visive. Il seno sfenoidale si trova a pochi millimetri dai nervi ottici e dalle aree visive del cervello. Il gonfiore e la pressione in quella zona innescano fenomeni luminosi “simili all’aura” anche in assenza di emicrania classica.

Sono allergico alle muffe da sempre, quindi perché ho sviluppato la sindrome da affaticamento senile ora? A causa del COVID, molto probabilmente… Il COVID infetta e uccide le cellule ciliate nel rivestimento nasale e dei seni paranasali, compromettendone la clearance. Tende anche a spostare il sistema immunitario verso la dominanza Th2 nelle persone allergiche (come me), il che amplifica l’attività delle IgE e degli eosinofili. La combinazione di un aumento degli eosinofili e di un drenaggio ridotto ha creato le condizioni necessarie per la sigillatura dei miei seni paranasali con cemento fungino.

Ora che il fungo si è mineralizzato nel seno mascellare, l’unico modo per curare la condizione è asportarlo. Mercoledì andrò da un otorinolaringoiatra e cercherò di programmare l’intervento chirurgico il prima possibile.

Questo è più o meno il succo. Spero di tornare in forma dopo l’intervento chirurgico ai seni paranasali. Fino ad allora, la frequenza con cui aggiornerò continuerà a essere inferiore a prima. Se siete interessati a scrivere un guest post per l’Albero del Dolore, è un buon momento per contattarmi, dato che il calendario dei post ha ancora qualche posto libero.

Invita i tuoi amici e guadagna premi

Se ti piace Contemplazioni sull’albero del dolore, condividilo con i tuoi amici e riceverai dei premi quando si iscriveranno.

Invita amici

Rassegna stampa tedesca 55a puntata A cura di Gianpaolo Rosani

Il  sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000 € all’anno), ecco come puoi contribuire:

– Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704;

– IBAN: IT30D3608105138261529861559

PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo

Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione).

Contatti: italiaeilmondo@gmail.com – x.com: @italiaeilmondo – Telegram: https://t.me/italiaeilmondo2 – Italiaeilmondo – LinkedIn: /giuseppe-germinario-2b804373

Il ministro della difesa Pistorius si era distinto per le critiche alla cattiva gestione dell’esercito
tedesco e per le sue numerose dichiarazioni incisive. Ora, nella fase due, deve mantenere le
promesse fatte. Ed è qui che iniziano i problemi. Il servizio militare, il suo progetto più importante,
rischia di partire con il piede sbagliato. I grandi progetti di armamento sono afflitti da una serie di
contrattempi. Nella coalizione, ma anche nel suo ministero, alcuni si chiedono ormai se Pistorius si
impegni abbastanza per le sue cause, se forse non abbia abbastanza grinta per ricoprire la carica.
Pistorius aveva assunto la carica con l’intenzione di promuovere una nuova mentalità nell’esercito
e nell’amministrazione. Meno evasività, più responsabilità individuale. A quanto pare, finora non ha
ottenuto grandi risultati. Può spendere più denaro di qualsiasi suo predecessore. L’eccezione al
freno all’indebitamento per le spese di difesa consente al ministro di equipaggiare le truppe su
larga scala con armi e attrezzature. Ciò richiederebbe però un sistema di approvvigionamento
agile ed efficiente, con una gestione dei rischi reattiva.

10.10.2025
Fuoco dalle proprie fila
Difesa – Boris Pistorius era considerato finora un uomo d’azione, che sembrava riuscire in molte cose. Ora
però nel suo ministero si moltiplicano gli errori e gli incidenti. Il politico più amato della Germania si trova
in difficoltà nel fornire spiegazioni.

Di Matthias Gebauer, Paul-Anton Krüger, Christian Schweppe
Boris Pistorius appare euforico quando martedì di questa settimana si presenta davanti alla stampa nel suo
ministero.

Sembra che Netanyahu sia ora costretto ad accettare condizioni che garantiscono il fallimento
della pace. Senza alcuna contropartita, Hamas ha ottenuto il ritiro dell’IDF, che stava per
conquistare completamente la città di Gaza. Per 20 civili innocenti torturati e maltrattati e altrettanti
cadaveri, Hamas ottiene la liberazione di 250 assassini condannati e 1750 potenziali combattenti,
alcuni dei quali probabilmente coinvolti nel massacro del 7 ottobre. Se le truppe turche ed egiziane
dovranno garantire che il gruppo terroristico consegni le armi, Hamas non dovrà preoccuparsi del
proprio futuro. Qualche centinaio di soldati statunitensi, di stanza in Israele e non a Gaza, non
serviranno a nulla. Chi non impara dal passato è costretto a ripeterlo. L’Occidente ha perso le
guerre in Iraq, Afghanistan e Libia che esso stesso aveva iniziato, anche perché non era disposto
a reprimere con coerenza il nemico ormai indebolito.


13.10.2025
COMMENTO – EDITORIALE
La tragedia di Benjamin Netanyahu

Di ALAN POSENER
Certo, non era prevedibile, ma se c’era qualcuno che meritava il Premio Nobel per la Pace, quello era
Benjamin Netanyahu.

La Cina riveste un ruolo dominante a livello mondiale nella produzione e nella lavorazione di
materie prime critiche in generale e di terre rare in particolare. Queste ultime sono attualmente
insostituibili per la produzione di semiconduttori, auto elettriche, batterie, impianti eolici e molti beni
militari. Pertanto, con l’attuale aggravarsi della situazione nell’industria tedesca, crescono i timori di
carenze di approvvigionamento e persino di interruzioni della produzione. “Le nuove norme del
Ministero del Commercio cinese avranno prevedibilmente un impatto di vasta portata sulle forniture
dei prodotti interessati alla Germania e all’Europa, nonché sul loro trasporto”, ha dichiarato
domenica l’associazione automobilistica VDA su richiesta della F.A.Z. Con le nuove restrizioni
all’esportazione delle terre rare e delle relative tecnologie di lavorazione, la Cina sta ulteriormente
espandendo il suo controllo sulle catene del valore. Preoccupazioni simili sono state espresse dai
costruttori di macchinari e dall’industria elettrica e dei semiconduttori (ZVEI).

13.10.2025
Si inasprisce la disputa commerciale tra Stati
Uniti e Cina
L’industria tedesca teme difficoltà di approvvigionamento a causa delle norme sulle esportazioni imposte
da Pechino
La Cina controlla l’accesso alle materie prime

Il conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina si è nuovamente inasprito nel fine settimana, alimentando
anche in Germania il timore di gravi danni economici.

Intervista al generale ex comandante dell’esercito USA in Europa: ”Alla Casa Bianca c’era un
grande Consiglio di sicurezza nazionale con processi ben rodati che coordinava tutto, tra i vari
ministeri e i servizi segreti. Queste strutture non esistono più. Sono state smantellate
intenzionalmente. Il consigliere per la sicurezza nazionale è stato licenziato. E ora il ministro degli
Esteri è anche consigliere per la sicurezza, il che non ha senso. Entrambe le cariche sono lavori a
tempo pieno. Anche al Ministero della Difesa regna il caos, molti posti sono vacanti, le strutture
consolidate sono state smantellate. Ecco perché ancora oggi non esiste una strategia: perché lo
stesso governo non sa cosa vuole. All’interno del governo statunitense ci sono forze che vogliono
mantenere lo stretto partenariato transatlantico con l’Europa. E altre che consigliano di rivolgersi
maggiormente alla regione indo-pacifica”. “Se l’Ucraina perdesse, la colpa sarebbe nostra, perché
non l’abbiamo sostenuta abbastanza. Le conseguenze sarebbero catastrofiche”.

09.10. 2025
«È difficile assistere alla politicizzazione
dell’esercito»
Il generale statunitense in pensione Ben Hodges mette in guardia Donald Trump dal compromettere la
fiducia degli americani e degli alleati nell’esercito statunitense. Chiede inoltre un atteggiamento più duro
nei confronti della Russia e di Vladimir Putin.
Curriculum
Il generale Frederick Benjamin “Ben” Hodges, dopo aver completato la formazione da ufficiale presso l’Accademia
militare di West Point, ha intrapreso la carriera nelle forze armate statunitensi. È stato comandante delle forze terrestri
della NATO presso il quartier generale di Izmir, in Turchia, prima di assumere, alla fine del 2014, la carica di
comandante dell’esercito statunitense in Europa, che ha ricoperto fino alla fine del 2017. Oggi, il 67enne, tenente
generale in pensione, è un consulente e autore molto richiesto (“Future War”). Hodges vive a Francoforte sul Meno.
Già nel 2015, un anno dopo l’annessione della Crimea, era dell’opinione che la Russia si stesse preparando a una
guerra su larga scala.

Le domande sono state poste da Frank Specht

Signor Hodges, il presidente Donald Trump sta preparando l’esercito americano a una “guerra” interna,
mentre il ministro della Difesa Pete Hegseth vuole che i generali siano magri e ben rasati.

Gli ucraini stanno combattendo una battaglia che è fatale anche per la Germania. Vladimir Putin
attacca una democrazia, guarda con interesse ai partner della NATO e dell’UE nei Paesi baltici,
provoca con i droni. La Germania, attraverso le sue amicizie e i suoi trattati, è parte di questa
guerra, motivo per cui fornisce armi all’Ucraina e invia soldati in Lituania. Putin è un revanchista,
un imperialista, un brutale autocrate per il quale vale solo la legge del più forte. Si prende tutto ciò
che può ottenere. Quindi bisogna fargli capire che non otterrà nulla. Putin ha iniziato da tempo ad
attaccare la Germania. Le conseguenze non sono città distrutte, né montagne di cadaveri sui
campi di battaglia, motivo per cui la parola “guerra” può sembrare inappropriata. Ma la guerra ha
nuovi volti, nuove forme.

10.10.2025
EDITORIALE
Allarme sereno
Il cancelliere Friedrich Merz afferma che la Germania non vive più in pace. Ha ragione, ma quali sono le
conseguenze?

Di Dirk Kurbjuweit
Guerra o pace? Quale parola descrive meglio questi tempi? Per l’Ucraina è chiaro, ma che dire della
Germania, degli Stati dell’UE, della NATO? Il cancelliere Friedrich Merz ha recentemente risposto a questa
domanda a modo suo: «Non siamo in guerra, ma non siamo più in pace».

La quota di mercato dei tedeschi è scesa dal 21,7% al 19,3%. Il motivo principale è la debolezza
delle auto elettriche in Cina. Qui le immatricolazioni di veicoli elettrici di VW (del 21%), BMW (del
37%) e Mercedes (del 58%) sono crollate, mentre il mercato cinese complessivo è cresciuto del
60%. In Europa, i produttori hanno registrato una crescita. Le case automobilistiche stanno già
lottando con le conseguenze del calo delle vendite: Bosch taglierà 22.000 posti di lavoro in
Germania, ZF 14.000. BMW ha avvertito di un calo dei profitti quest’anno. Volkswagen ha tagliato i
turni negli stabilimenti di Zwickau e Dresda. Motivo: calo della domanda. L’argomento sembra
pretestuoso: secondo l’analisi di Handelsblatt le vendite sono in crescita: tra gennaio e agosto
sono stati venduti 35,7 milioni di veicoli, due milioni in più rispetto a due anni fa. La coalizione sta
ora discutendo un compromesso sull’eliminazione dei motori a combustione interna. “Il vice
cancelliere ha chiarito che può immaginare una maggiore flessibilità per l’eliminazione dei motori a
combustione interna nel 2035”, ha affermato il ministro dell’Economia Katherina Reiche (CDU). I
primi ministri della Baviera e della Bassa Sassonia, Markus Söder (CSU) e Olaf Lies (SPD),
avvertono: “Il 100% di mobilità elettrica nel 2035 non è più realistico.

09.10. 2025
VW, BMW e Mercedes continuano a perdere
terreno
Prima del vertice sull’auto alla Cancelleria federale, il settore lamenta il calo dei mercati. Eppure le
vendite di auto stanno crescendo in tutto il mondo, solo i tedeschi non ne traggono vantaggio. Il 100% di
mobilità elettrica entro il 2035 non è più realistico.

Di L. Backovic, M. Buchenau, M. Scheppe, R. Tyborski

Quando giovedì il cancelliere Friedrich Merz (CDU) e il ministro delle finanze Lars Klingbeil (SPD)
riceveranno i capi delle case automobilistiche tedesche per un vertice, la questione centrale sarà se l’uscita
dei motori a combustione interna prevista per il 2035 in Europa rimarrà in vigore.

Alice Weidel ha affermato che il servizio militare obbligatorio è “indispensabile per la difesa del
nostro Paese”. È però anche indiscutibile “che i nostri soldati non debbano mai essere inviati in
zone di guerra straniere. Mai, soprattutto non in Ucraina”. La mozione della coalizione per un
servizio militare volontario sarà quindi “respinta in blocco”. L’AfD non sosterrà mai “che un
governo, senza una decisione del Parlamento, possa inviare soldati in guerre straniere che non ci
riguardano affatto”. La legge prevista dalla coalizione nero-rossa non riguarda le missioni
all’estero, ma il personale della Bundeswehr: dovrebbe consentire la registrazione dei giovani per
un possibile servizio in patria o in caso di difesa, inizialmente su base volontaria.


09.10.2025
L’AfD discute sul servizio militare obbligatorio
Da tempo il partito ne chiede la reintroduzione. Ma i critici, che accusano il governo federale di “retorica
bellicista”, stanno alzando la voce

Di FREDERIK SCHINDLER E PAULINE VON PEZOLD (“POLITICO”)
Il gruppo parlamentare dell’AfD al Bundestag si trova di fronte a una decisione importante. Al momento,
all’interno del partito non c’è quasi nessun altro tema che sia oggetto di un dibattito così acceso come
quello del possibile ripristino del servizio militare obbligatorio.

Emmanuel Macron ha sempre voluto entrambe le cose: essere amato da tutti e allo stesso tempo
stare al di sopra di tutti. Sono passati quasi otto anni e mezzo da quando i francesi hanno eletto
per la prima volta come loro capo di Stato questo nuovo arrivato e uomo di successo, seduttore e,
alla fine, innovatore fallito in modo clamoroso nel 2017. Dovranno probabilmente continuare a
convivere con lui alla guida della Repubblica per un altro anno e mezzo, a meno che Macron non
getti la spugna prima della fine del suo secondo mandato nel maggio 2027. E in questi giorni molti
lo chiedono. Ma da dove viene questa hybris, questa presunzione di considerarsi l’unico garante
della stabilità nonostante tutto?

09.10.2025
Il tramonto del presidente a Parigi
Emmanuel Macron non è ancora alla fine del suo mandato, ma i francesi ne hanno abbastanza di lui

Di DANIEL STEINVORTH, PARIGI
Aveva molti soprannomi prima di diventare l’uomo più potente di Francia. Lo chiamavano il «Mozart
dell’Eliseo» o anche il «Mozart della finanza», quando era ancora un giovane e carismatico amante dell’arte
e dell’opera, circondato da un’aura di genio.

Intervista a Jouanna Hassoun, dell’associazione educativa Transaidency. Ha origini palestinesi e
da bambina è fuggita con la sua famiglia dal Libano alla Germania. Non possiamo portare cibo a
Gaza. Raccogliamo donazioni e le inviamo ai nostri referenti a Gaza. Con questi soldi, i nostri
collaboratori sul posto possono acquistare farina, lenticchie e tutto ciò che riescono a trovare, a
prezzi molto alti. Ovviamente riusciamo ad aiutare solo una minima parte della popolazione

09.10.2025
“Il denaro a Gaza sembra quello del Monopoli”
L’organizzazione Transaidency raccoglie fondi per fornire generi alimentari alla popolazione di Gaza. I
prezzi sono alti e le strutture mafiose, afferma l’amministratrice delegata Jouanna Hassoun

Intervista di Dinah Riese e Lisa Schneider
taz: Signora Hassoun, a Gaza la gente muore di fame e voi distribuite generi alimentari. Com’è la
situazione?
Jouanna Hassoun: La situazione delle persone a Gaza è catastrofica. E lo stesso vale per
l’approvvigionamento.

Europicidio_di WS

L’ amico  Ernesto  ha riportato ottimi spunti  nel suo commento  qui

Avevo  appunto  cominciato a rispondergli  in modo  sintetico , ma  poi ho capito  che   per non essere travisato  serviva un  commento più esteso. Mi ha portato ad una  conclusione  certamente   “ divisiva”,  perché  sono  sicuro  che ancora pochi  la vedono  con la chiarezza che  appare a me.

1) quella di Herr H non era una soluzione ma la perversione di un “orecchiante”.

 Chi ha studiato a  fondo  l’ essenza reale della “nota etnia” sa  che cosa  essi intendano  per “orecchiante  della porta”. Con tale  definizione  essi  chiamano   chi  gli  si appressa  ,  sia come  simpatizzante   che  emulo; non solo,  quest’ultimo  è   in questo mosso  solo  da   rancorosa  ostilità.

 ESSI comunque irridono     sempre  questi   “ orecchianti”   ed operano   affinché   costoro  siano   in pratica  solo  “strumenti”  dei PROPRI progetti .

Certo i valori di base  del  “signor H “ sembravano  nella  tradizione europea ( virtu’ , armonia bellezza, ect.. ); ma da dove poteva il “signor H” avere orecchiato il suo Darwinismo e la sua visione razzista e suprematista ?

C’era nel signor H una totale negazione di una visione cristiana e una sua totale apertura ad ogni visione gnostica. Non faccio nomi ma non è appunto un caso che alcuni  suoi “nipotini” siano oggi i più determinati e stupidi strumenti della cabala globalista.

E qui  faccio notare anche come l’ intera opera del signor  H  sia poi  nella  sostanza   andata    esattamente  a  favore  dei piani  di tale  “cabala”.

Sapeva “il signor H”   di  essere un “orecchiante”?  Certamente  no , ma aveva le caratteristiche  giuste per   diventarlo, esattamente    come  un  “ nipote  della  serva “cresciuto  rabbioso  in una Vienna     già  corrotta  e decadente.

Qualcuno  sicuramente lo  avrà notato   dai  suoi  discorsi     “in birreria”   e gli    avrà “insufflato” i giusti “input”; certi “cognomi” dei suoi più intimi “ camerati” lo lascerebbero   pensare .

Ma  questo è un argomento piuttosto  complesso che non può  essere  trattato  in poche pagine.  Quello  che è certo    è che  ai piani     della “  setta mondialista”   serviva   comunque  qualcuno in Europa  che  ridesse “fuoco alle polveri”  e  di fatti    il “ signor  H”  è servito  egregiamente a questo  esito.

2)Trovo   maliziosamente pretestuosa  la sparata di Todd   sulle  virtù  del protestantesimo. 

Di quale   “ superiorità ”    dovrebbe  essere incensata    questa   setta   del cristianesimo?  A parte il fatto  che il suo  valore  religioso   peculiare     è     appunto  un “settarismo”    vestito  di ipocrisia , al protestantesimo   vengono  attribuiti in sostanza  solo i “meriti” di una sua particolare  “sottosetta”: quel  calvinismo, portatore di   giustificazione  religiosa  del peggior  “homo homini  lupus”   che  ci  ha portato  allo  sfrenato  capitalismo  attuale    “ che tanto bene   ci sta  facendo”.

In realtà  l’€uropa  muore   non perché siano  venuti meno i “valori”  piuttosto   gretti  e comunque   divisivi    del protestantesimo , ma per l’ esatto contrario:  la perdita  dei suoi valori  comunitari  e trascendenti  originari , valori  certamente  anche cristiani  ma  integrati   indissolubilmente   in quelli  precedenti “greci” , “romani” e anche “germanici”  in secoli  e secoli  di  generazioni  di  “ Padri della  Chiesa” .

3) Tutto questo ovviamente  non è una questione  “etnica”,  ma “  culturale”.

Ma  questa contrapposizione  è un non  sense  perché nella  storia    “etnia” e “cultura” si sono  sempre  confusi. Noi parliamo di “cultura del  bronzo,  del  ferro  ect “ mica  di “etnia del ferro”. Gli indoeuropei , i  “signori del ferro” ,  sono  accumunati     da comuni  elementi “culturali”   come    lingua, mitologia,  tradizioni,  organizzazione  sociale  e non perché  hanno   tutti  “ lo stesso sangue”.

Chi ha introdotto il concetto  di “etnia”  voleva  appunto  restringere  il campo  della identità culturale  solo  ad una  comunità di “ sangue” ,  cioè un ritorno ad un passato  tribale e il cui  sottoprodotto    non poteva    essere  che  l’ odio  tribale.

L’ Europa non  era  così;  domandiamoci  quindi da  chi    il “ signor H”  possa mai aver orecchiato   questa  perversione.

Quale è la  conclusione  di   tutto questo ragionamento ?  

Che l’ Europa  , questa  comunità   culturale   che ha avuto un passato  unitario  splendido     e  la  cui memoria     migliaia  di “cervelli a pagamento”   oggi  sono impiegati    a     denigrare  e seppellire  sotto una montagna  di contumelie e  di bruttezze , è  stata  “ackerata” .

 C’è una   cultura   “aliena”  alla    guida dei popoli europei  ,  che non solo li  usa  per il PROPRIO  interesse  senza  alcun  riguardo per  essi   , ma addirittura  ha per  TUTTI  essi un  odio  tanto belluino  ed implacabile che userà   qualunque mezzo per  cancellarli per sempre.

E   la cosa  che   questo “alien” più  teme  è  che  qualcosa  o qualcuno possa  risvegliare la  vittima  prima  che il “danno “  sia   completo.

Se infatti  la  “vittima” riuscisse a  reagire  in tempo,   che    cosa essa  dovrebbe  fare   a questo   MORTALE  “parassita”  ?

Ti sei mai chiesto  perché  nelle “ parole d’ordine”  che  dai  vertici  ci vengono  martellate in  testa ogni giorno  c’è sempre più la parola “ resilienza” ?  Quale  ne è il valore e in che cosa  essa  si differenza  da “resistenza “ ?

Solo nel fatto  che il “  resistente”   può   reagire  ai colpi  che  riceve, il “ resiliente” invece  li incassa  e basta.

E  d’altronde i numeri  già sono impietosi;  il  vero  “genocidio”  in corso     è il nostro.

Il commento di Ernesto:

ernesto20 ore fa

Alle volte viene da pensare, in modo semplicistico e paradossale, che se le soluzioni di Mister H fossero state attuate fino in fondo, non avremmo i problemi di oggi. Ma è un paradosso ed anzi, proprio la soluzione di Mster H ha favorito l’amplificazione dei problemi di oggi. Perchè concordo con Emmanule Todd, sul fatto che anche il luteranesimo, pur contenente caratteristi messianiche aveva anche un’etica del lavoro e del dovere, che sono stati motori della gradenzza occidentale: purtroppo come sosteine lo scrittore, questa etica è scomparsa ed oggi anche i figli del luteranesimo, all’etica del dovere e del lavoro preferiscono quella della rendita. E la rendita, il vivere di rendita, è una forma mentis dei pochi che vivono alle spalle di molti; è la forma mentis di chi usa il controllo del denaro per esercitare predominio su molti. Questa mentalità avvelenatrice delle tradizioni culturali dell’occidente è il verme che ha eroso dell’interno il dinamismo della società occidentale. Ma atenzione a non farne una questione etnica: si rischia di confondere il problema con la soluzione. Perchè la soluzione non è, a mio modo di vedere, trvolgere il rispetto della sostanza umana che ci accomuna tutti al mondo ma concentarsi su gli aspetti antropologici/culturali per recuperare la grandezza. Ma forse sono un illuso e un inguaribile ottimista.

Il  sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000 € all’anno), ecco come puoi contribuire:

– Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704;

– IBAN: IT30D3608105138261529861559

PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo

Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione).

Contatti: italiaeilmondo@gmail.com – x.com: @italiaeilmondo – Telegram: https://t.me/italiaeilmondo2 – Italiaeilmondo – LinkedIn: /giuseppe-germinario-2b804373

LA PACE DI TRUMP – Campa & GERMINARIO

LA PACE DI TRUMP – Campa & GERMINARIO_Al momento della pubblicazione di questa conversazione è in corso a Sharm el-Sheikh la firma di un memorandum tra oltre venti paesi a garanzia della cessazione delle ostilità e del processo di ricostruzione di Gaza. Non sono presenti, significativamente, i due contendenti del conflitto: Israele e Hamas. Dal numero e dalla qualità dei garanti, difficilmente i due contendenti, a cominciare da Nethanyahu, potranno sfuggire alla morsa di un accordo che potrà cambiare gli equilibri e il peso dei vari paesi di quell’area. Difficile, ma non impossibile. Difficile per il peso politico dei garanti, per la stanchezza dell’esercito israeliano e la relativa vulnerabilità del suo sistema di difesa; non impossibile per l’incertezza dell’esito dello scontro politico negli Stati Uniti e per i tempi stretti di cui dispone l’attuale presidenza statunitense. Un accordo che non tarderà a mettere a nudo la natura e l’evoluzione dei rapporti tra le varie élites del mondo occidentale, i centri di Israele e quelli del Medio Oriente- Un tassello della grande complessità e ambiguità entro la quale si trova ad agire Trump e il suo composito schieramento. Un dato certo permane: l’assenza di una adeguata rappresentanza politica dei palestinesi. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

Il  sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000 € all’anno), ecco come puoi contribuire:

– Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704;

– IBAN: IT30D3608105138261529861559

PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo

Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione).

Contatti: italiaeilmondo@gmail.com – x.com: @italiaeilmondo – Telegram: https://t.me/italiaeilmondo2 – Italiaeilmondo – LinkedIn: /giuseppe-germinario-2b804373

https://rumble.com/v7096a6-la-pace-di-trump-con-gianfranco-campa.html

Il ritorno di Andrej Babiš: l’inizio di una nuova ondata di euroscetticismo in Europa?

Il ritorno di Andrej Babiš: l’inizio di una nuova ondata di euroscetticismo in Europa?_di Daria Luisa Petrucci

Dopo quattro anni all’opposizione, il magnate ceco torna a guidare il Paese e rilancia la sfida a Bruxelles con un’agenda nazionalista e pragmatica

Daria Luisa Petrucci

7 Ott, 2025

In questo report:

  • Babiš torna al potere con un’agenda euroscettica
  • Praga si avvicina al fronte sovranista dell’Est
  • L’Europa verso una nuova ondata di scetticismo?

Ascolta questo articolo

9 min

Con una campagna costruita su slogan anti-immigrazione, critiche ai “burocrati di Bruxelles” e promesse di aumenti salarialiAndrej Babiš ha vinto le elezioni parlamentari in Repubblica Ceca con circa il 35% dei voti. Il magnate populista torna al potere promettendo di “difendere Praga da Bruxelles”.

Data la mancanza di una maggioranza assoluta, Babiš sta cercando alleanze con altre forze radicali affini, come il partito Libertà e democrazia (Spd), apertamente anti-Ue anti-Nato, o il movimento dei Motoristi, gruppo populista che si oppone alle politiche ambientali europee e alla transizione verde.

Chi è Andrej Babiš e perché l’abbiamo già sentito nominare

Andrej Babiš, già Primo ministro tra il 2017 e il 2021, è un noto imprenditore e miliardario ceco. Con un patrimonio stimato in circa 4,3 miliardi di dollari, è uno degli uomini più ricchi del Paese. È il fondatore di Agrofert, un colosso agrochimico e alimentare che impiega 34 mila persone e comprende oltre 250 società attive nei settori dell’agricoltura, dell’energia, dei media e dell’alimentazione. Nel comparto agroalimentare e chimico, Agrofert controlla più di due terzi del mercato ceco.

Nel 2013 Babiš è entrato anche nell’industria dei media acquisendo il gruppo Mafra, compagnia alla quale fanno capo alcuni dei giornali più letti del Paese. L’anno successivo ha acquistato Radio Impuls, la stazione radiofonica più seguita in Repubblica Ceca. Per il suo mix di potere economicocontrollo mediatico e retorica anti-establishment, Babiš viene spesso paragonato a Donald Trump e a Silvio Berlusconi.

L’esordio politico risale al 2011, con la fondazione del movimento Akce nespokojených občanů (Azione dei cittadini insoddisfatti o Ano). Il partito, caratterizzato da toni populisti, conquistò rapidamente un elettorato trasversale, soprattutto tra la classe media e i piccoli imprenditori.

Nel 2013 Ano entrò in Parlamento e nel 2014 Babiš divenne vicepremier e ministro delle Finanze. Tre anni dopo, nel 2017, conquistò la carica di Primo ministro. Già tra il 2014 e il 2017, durante il suo mandato da ministro e poi da premier, Babiš attirò l’attenzione della stampa europea per un potenziale conflitto di interessi derivante dal suo doppio ruolo di politico e imprenditore. Si trovava infatti nella posizione di approvare, tramite ministeri o agenzie sotto il suo controllo, l’erogazione di fondi europei destinati ad aziende del gruppo che lui stesso possedeva o ad altre aziende in vario modo collegate.

Nel frattempo, il Parlamento ceco approvò una legge anti-conflitto d’interessi, soprannominata Lex Babiš, che vietava ai membri del governo di possedere media e di ricevere fondi pubblici nazionali o europei attraverso aziende controllate. Per aggirare la disposizione, Babiš trasferì formalmente Agrofert in due trust fiduciari, risultando così, tecnicamente, non più proprietario diretto delle quote.

Tuttavia, un audit condotto dalla Commissione europea concluse che il conflitto d’interesse persisteva poiché Babiš, pur non essendo più titolare formale delle società, ne manteneva l’influenza e continuava a trarne beneficio economico. Secondo Bruxelles, le sue aziende avevano beneficiato impropriamente di sussidi europei erogati durante il suo mandato.

Parallelamente, l’Ufficio europeo antifrode (Olaf) stava indagando su un altro fascicolo riguardante Babiš. L’imprenditore era accusato di aver ottenuto, già nel 2008, prima del suo ingresso in politica, un finanziamento europeo indebito per la costruzione del resort  Nido della Cicogna.

Babiš avrebbe occultato che il complesso appartenesse al gruppo Agrofert per poter accedere a fondi destinati esclusivamente alle piccole e medie imprese, ai quali diversamente non avrebbe avuto accesso. Nel gennaio 2023 un tribunale lo ha assolto, ma nel giugno del 2025 l’Alta Corte di Praga ha annullato la decisione e ordinato un nuovo processoattualmente pendente.

Nel 2021 Babiš perse le elezioni contro la coalizione liberale Spolu (Insieme), travolto dallo scandalo dei Pandora Papers, una fuga massiva di documenti finanziari che rivelò come numerosi leader politici e imprenditori utilizzassero società offshoretrust e altre strutture societarie complesse per occultare proprietà e movimenti di capitale.

L’episodio condusse all’apertura di un’indagine per sospetto riciclaggio di denaro da parte delle autorità francesi, trovandosi in Francia alcuni degli immobili coinvolti. Babiš respinse ogni accusa, definendo il caso “un attacco politico” orchestrato per indebolirlo durante la campagna elettorale.

Connessioni tra le aziende nel portafoglio Agrofert

Il ritorno di Babiš tra populismo e pragmatismo

La crisi economica e il malcontento sociale hanno riaperto uno spazio politico per la retorica di Babiš: il 4 ottobre 2025 è tornato a vincere, rilanciando la narrativa populista ed euroscettica, centrata su sicurezzasovranità e tutela economica nazionale.

Il suo partito, Azione dei Cittadini Insoddisfatti (Ano) ha vinto le elezioni con il  34.5% dei voti, superando la coalizione di centro-destra Spolu (Insieme) messa insieme dal precedente premier Petr Fiala, che si assesta intorno al 23.4%. In questo modo, Ano ha ottenuto circa 80 seggi nella Camera bassa, che ne conta 200, in aumento rispetto ai 72 seggi dello scorso mandato ma comunque con una maggioranza risicata: Babiš ha dichiarato di volere un governo monopartitico ma che formerà delle alleanze per ottenere un sostegno più ampio.

Sono già iniziati i colloqui con i piccoli partiti euroscettici di destra che sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 5%: il partito anti-green Motoristi e partito anti-immigrazione Libertà e democrazia diretta (Spd), guidato dall’imprenditore ceco-giapponese Tomio Okamura. Con i Motoristi, Babiš condivide i timori riguardo agli obiettivi europei di riduzione delle emissioni e promette di modificarli o di rifiutarli in toto.

Durante la campagna elettorale, il partito Azione dei Cittadini Insoddisfatti (Ano) ha promesso una più rapida crescita economicasalari e pensioni più alti, tasse più basse e sconti fiscali per studenti e giovani famiglie, preannunciando probabili aumenti del deficit di bilancio. Babiš è così riuscito a capitalizzare il malcontento verso l’inflazione e la percezione di un’eccessiva ingerenza dell’Unione Europea nelle politiche nazionali.

Sul piano della politica estera, Ano si posiziona per una riduzione del sostegno all’Ucraina, punto chiave nell’agenda del precedente governo, avendo dichiarato di voler porre fine alle numerose iniziative messe in piedi per difendere Kiev. Inoltre, Babiš si è già in passato opposto all’adesione dell’Ucraina all’Unione. Intende concentrarsi sulle politiche interne, ha dichiarato, ma respinge fermamente le richieste dell’aspirante alleato, il partito Spd, di indire un referendum sull’uscita del Paese dall’Ue e dalla Nato.

L’Europa verso una nuova ondata di scetticismo?

Babiš riflette un modello di populismo manageriale: un leader che si presenta come uomo “del fare” e che accusa Bruxelles di ostacolare la crescita economica del Paese con normative superflue ed eccessivamente rigorose.

Sostenitore del leader ungherese Viktor Orban, ha stretto un’alleanza con diversi partiti di estrema destra nel gruppo Patrioti per l’Europa del Parlamento europeo, al fine di contestare l’orientamento mainstream delle politiche europee, compresa la decarbonizzazione e il nuovo patto sull’immigrazione.

In ambito europeo, dunque, si affianca ai governi di Slovacchia e Ungheria nel pretendere una maggiore autonomia economicalimiti alle competenze di Bruxelles e politiche più dure sull’immigrazione. La vicinanza con Budapest e Bratislava rischia di riportare Praga verso la sfera d’influenza di Mosca.

Secondo il Manifesto, l’ascesa di Babiš non è un episodio isolato. In tutta l’Europa centro-orientale si registra una nuova ondata di diffidenza verso l’Ue, alimentata da inflazione e costo della vita, considerati come effetti collaterali delle sanzioni alla Russia.

Le politiche ambientali europee vengono percepite come penalizzanti per le industrie locali e la crisi migratoria torna a pesare nei dibattiti pubblici nazionali. Le elezioni ceche riflettono un trend europeo che sta prendendo forma: la sfiducia nelle élite di Bruxelles, accusate di essere lontane dai cittadini, insieme all’assenza di una sinistra capace di proporre valide alternative, stanno facendo strada agli oligarchi populisti, alle forze di estrema destra e al trumpismo.

Babiš vuole perseguire una linea più pragmatica che ideologica e vuole una Repubblica Ceca più sovrana, più nazionale, meno integrata. Il riposizionamento di Praga tra gli Stati membri euroscettici dell’Europa centrale, accanto a Budapest e Bratislava rischia di indebolire il fronte orientale pro-Ucraina, proprio mentre l’Unione cerca di mantenere l’unità nel sostegno a Kiev.

Anche se non sembra che il neo-premier persegua una rottura netta con Bruxelles, il ritorno di Praga su posizioni euroscettiche rappresenterà una spina nel fianco delle prossime negoziazioni europee su energia, sostenibilità e Difesa comune, in un momento in cui l’Unione è già divisa sul piano interno a causa delle partecipatissime manifestazioni pro-Palestina che si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutte le principali capitali europee.

Immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38699826; immagini presenti nell’articolo: https://en.wikipedia.org/wiki/Andrej_Babi%C5%A1#/media/File:Ing_Andrej_Babis.png

Si accettano miracoli, di WS

Consiglio di rilanciare questo notevole intervento di Aurelien https://italiaeilmondo.com/2025/10/05/ripartire-da-zero_di-aurelien/ che mi ero perso; confesso che non lo avevo nemmeno letto  finché  l’ ho  ritrovato oggi   per caso   su Reseau International.

E in  ciò   mi dichiaro  colpevole  di  essere  prevenuto   perché oramai leggo  Aurelien  distrattamente  considerandolo solo un  raffinato  gatekeeper.

Questa volta, però, Aurelien mostra  che non è un personaggio  così banale; lui   “le cose le sa” e  sa trarne tutte le dovute conseguenze.  L’  €uropa  è ad bivio   tra  “tornare indietro”  pagando  comunque  un duro  contraccolpo o andare  avanti  in un abisso  che di certo non la vedrà “vincitrice”.

 Ma il nostro è come sempre un po’ ” perfidamente omissivo” perché qualunque sia la migliore “gestione del danno” nell’ormai inevitabile “ripartire da zero ” ( perché ” a zero” alla fine  ci saremo COMUNQUE finiti) , se  si vuole  “ridefinire  “ la futura  politica  europea   in un post-ucraina  che   non ci veda   a  “zero  tagliato” ,   si deve inevitabilmente partire dal definire PRIMA   tutte le colpe di chi “il danno” lo ha voluto e provocato.

 Io trovo in questo articolo  di Aurelien appunto l’ eco di un  dibattito che sicuramente adesso corre nei quadri intermedi delle elite inglesi da cui il nostro proviene; dibattito ovviamente riservato e che di sicuro non è ancora iniziato invece nelle élites coloniali del resto d’€uropa.

Questo è  certamente  un segno  interessante ma  temo  molto probabilmente finalizzato alla speranza  dei più   furbi  di potersene  appunto” filare a l’ inglese” lasciando   nelle pesti  tutti gli altri . 

Una  cosa che però non dovrebbe essere permessa al principale “piromane” di questo danno. Anche perché in questo  gli inglesi  sono almeno tre volte recidivi; non c’ è dubbio che se la facesse   franca l’elite inglese ci  riproverebbe alla prima occasione.

La    russofobia delle elites inglesi non è una pulsione  occasionale    come  quelle  della  sue “scimmie”  italiche; è ben  radicata  e perseguita  con maligna “coerenza”   da almeno   due secoli  e mezzo.

Aurelien  questo lo sa , ma soprattutto  sa  che  questo cominciano a comprenderlo  tutti i russi.  Aurelien  non è ora preoccupato  per “l’€uropa” , cosa  di cui  ad ogni inglese  importa un piffero , ma   della  SUA  Inghilterra  per  cui    comunque  le  cose  volgono  al peggio-

   E appunto  ora valuta la necessità  di definire   per TUTTI   ciò che i russi  hanno  chiesto  sempre e da subito: la definizione  di un quadro  di sicurezza  collettiva,   financo  fosse  una    totale €urofinlandesizzazione,  che però  sostanzialmente  lasci  libera  e nell’ ombra  la  solita  “manina” inglese.

Ma  Aurelien  sa  certamente  anche  “che i fatti  comportano  conseguenze” . 

C’ è appunto un  primo   fatto  che  questa  nuova “ sicurezza  collettiva”  alla  Russia  è stata  negata   su istigazione  inglese   suppur per voce  spesso  dei  suoi  “obbedienti”  massonici posti a dirigere  i vari  €uronanerottoli .

E  c’ è un  un  secondo  fatto:  la “sconfitta  strategica”   che  si  voleva così  imporre  alla  Russia   dovrà per  forza  ritorcersi verso chi l’aveva progettata  e perseguita.

 Certo  Putin non vuole “vincere”, la Russia  lotta solo per  “sopravvivere”; ma   se  ci riesce,  quale  “ sicurezza  collettiva”   potrà mai    firmare   con chi   ha  così  subdolamente  minacciato l’esistenza  della Russia?

Forse  qualcuno   più  resipiscente  in €uropa sta  sinceramente valutando una  “nuova  Helsinki “   ma  anche  qui  c’ è un  terzo  fatto:  quella “Finlandia”   lì non  esiste più. La memoria  del  voltafaccia  finlandese, per non dire   tradimento  dei patti sottoscritti,  ora  non potrà essere rimossa  dalla  testa  dei russi.

In altre  parole  tutto    deve necessariamente passare PRIMA  per  la  rimozione  delle  attuali  elites  €uropee ,  perché  “chi  è stato parte  del problema non può essere parte  della  soluzione”. 

Solo  così  la Russia  potrà veramente   credere  che valga la pena  di firmare  qualcosa   con chi la voleva morta.

Ma  queste   élites  non  se ne andranno  da  sole;  lotteranno fin in fondo  per  trascinare  tutti con  sé.

La conclusione  quindi  è la  stessa di sempre  e  mi rendo  conto  di essere  noioso  a   ribadirla continuamente.

 Non ci sono più margini per  fermare   questo  treno in corsa , “salvo miracoli” ovviamente.

Il  sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000 € all’anno), ecco come puoi contribuire:

– Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704;

– IBAN: IT30D3608105138261529861559

PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo

Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo

Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione).

Contatti: italiaeilmondo@gmail.com – x.com: @italiaeilmondo – Telegram: https://t.me/italiaeilmondo2 – Italiaeilmondo – LinkedIn: /giuseppe-germinario-2b804373

Gli Stati Uniti coordinano gli attacchi in profondità dell’Ucraina, mentre Trump flirta con i Tomahawk_di Simplicius

Gli Stati Uniti coordinano gli attacchi in profondità dell’Ucraina, mentre Trump flirta con i Tomahawk

Simplicius13 ottobre
 
LEGGI NELL’APP
 Il  sito Italia e il Mondo non riceve finanziamenti pubblici o pubblicitari. Se vuoi aiutarci a coprire le spese di gestione (circa 4.000 € all’anno), ecco come puoi contribuire:
– Postepay Evolution: Giuseppe Germinario – 5333171135855704;
– IBAN: IT30D3608105138261529861559
PayPal: PayPal.Me/italiaeilmondo
Tipeee: https://it.tipeee.com/italiaeilmondo
Puoi impostare un contributo mensile a partire da soli 2€! (PayPal trattiene 0,52€ di commissione per transazione).
Contatti: italiaeilmondo@gmail.com – x.com: @italiaeilmondo – Telegram: https://t.me/italiaeilmondo2 – Italiaeilmondo – LinkedIn: /giuseppe-germinario-2b804373

Il Financial Times ha pubblicato un articolo secondo cui gli Stati Uniti sarebbero stati strettamente coinvolti negli attacchi ucraini alla rete energetica e alle infrastrutture del gas russe, con l’obiettivo di «indebolire l’economia di Putin e portarlo al tavolo delle trattative».

https://archive.ph/uUeKh

Secondo diversi funzionari ucraini e statunitensi che hanno familiarità con la campagna, le informazioni fornite dai servizi segreti americani a Kiev hanno permesso di sferrare attacchi contro importanti risorse energetiche russe, comprese raffinerie di petrolio situate ben oltre la linea del fronte.

Il sostegno, finora non segnalato, si è intensificato dalla metà dell’estate ed è stato fondamentale per aiutare l’Ucraina a portare avanti gli attacchi che la Casa Bianca di Joe Biden aveva scoraggiato. Gli attacchi di Kiev hanno fatto aumentare i prezzi dell’energia in Russia e hanno spinto Mosca a ridurre le esportazioni di diesel e a importare carburante.

La parte più importante dell’articolo descrive in dettaglio le modalità precise con cui gli Stati Uniti avrebbero aiutato l’Ucraina in questi attacchi:

I servizi segreti statunitensi aiutano Kiev a definire la pianificazione delle rotte, l’altitudine, i tempi e le decisioni relative alle missioni, consentendo ai droni ucraini a lungo raggio e a senso unico di eludere le difese aeree russe, hanno affermato i funzionari informati sulla questione.

Tre persone informate sull’operazione hanno affermato che Washington è stata coinvolta da vicino in tutte le fasi della pianificazione. Un funzionario statunitense ha dichiarato che l’Ucraina ha selezionato gli obiettivi per gli attacchi a lungo raggio e Washington ha poi fornito informazioni di intelligence sulle vulnerabilità dei siti.

Avrete forse notato il mio sano scetticismo nei confronti della notizia: non si può mai prendere per buono ciò che dicono i media mainstream con le loro famigerate “fonti anonime di alto livello”. Ci sono ragioni molto valide per cui tali “informazioni” potrebbero essere state inventate, la più ovvia delle quali è quella di continuare a creare divisioni tra Stati Uniti e Russia, e in particolare tra l’amministrazione Trump e la Russia, con cui sta cercando un riavvicinamento.

Detto questo, c’è anche una buona probabilità che sia vero, ma dobbiamo sempre esercitare la dovuta cautela e scetticismo nei confronti di qualsiasi notizia riportata dalla stampa ostile, in particolare quando il cui bono sembra proprio favorirli. Ad esempio, potrebbe benissimo essere il Regno Unito a farlo, con la stampa che lo attribuisce semplicemente agli Stati Uniti.

Ma un nuovo rapporto dalla prima linea ha fatto ulteriore luce sul coinvolgimento dell’Occidente in Ucraina, il che certamente sottolineerebbe quanto sopra. Sebbene non abbia alcuna attribuzione o fonte reale, vale la pena notarlo perché suona veritiero: presumibilmente proviene da una fonte militare ucraina:

In breve, ecco cosa è stato scoperto sul campo riguardo all’attacco russo del 10 ottobre, che ha causato interruzioni di corrente in molte località, tra cui Kiev. Stranamente, il problema è stato individuato nel sistema di difesa aerea, che non è riuscito a respingere l’attacco. Ma c’è un dettaglio molto curioso.

In breve, si tratta di Patriot e Samp-T\Iris-T, che coprono noi (le città) e principalmente Kiev, così come le persone che vi abitano.

1) Il sistema di difesa aerea non è riuscito a gestire lo sciame di Shahed perché ha esaurito le munizioni e il tempo di ricarica è lungo. Quando ne volano letteralmente a dozzine, questo è un problema critico. Per non parlare dei pessimi Iskander, che ora volano chissà come con cambiamenti di traiettoria imprevedibili e sono praticamente impossibili da abbattere. I missili Kh-47M2 Kinzhal… beh, non sono mai stati abbattuti, credo che questo sia fuori discussione; questi missili russi sono semplicemente scadenti e imprecisi, quindi non colpiscono il bersaglio, ma cadono prima o dopo.

2) Stranamente, il fattore umano. Alcuni equipaggi sono nostri stimati alleati. Poiché tutto questo funziona all’interno di un unico sistema, spesso c’è una barriera linguistica e i Defenders (i titani della difesa aerea) non si capiscono tra loro. Inoltre, alcuni equipaggi sono semplicemente inesperti e non riescono a portare a termine il compito di abbattere i nemici. È così che stanno le cose.

Si noti il testo in grassetto sopra riportato: l’ammissione che almeno “alcuni” dei prestigiosi sistemi di difesa aerea occidentali sono gestiti da alleati che non parlano ucraino.

In combinazione con il rapporto del FT — se vero— ci offre un’altra visione chiara del fatto che la guerra è proprio come l’ha descritta Putin, una vera e propria guerra della NATO contro la Russia.

In questo contesto, abbiamo il nuovo annuncio di Trump secondo cui presumibilmente prenderà in considerazione l’invio di missili Tomahawk all’Ucraina, se Putin non si piegherà:

È la prima volta che lo afferma apertamente. Ma ancora una volta rimango scettico, perché è molto facile credere che Trump stia semplicemente cercando di apparire “forte” agli occhi dei suoi critici dopo un periodo di depressione in cui il suo ego è stato ferito dalla cosiddetta “sfida” di Putin.

Probabilmente si tratta anche di un tentativo di lanciare una sorta di “messaggio” altisonante alla Russia, ma resto comunque molto scettico sul fatto che i Tomahawk verranno mai consegnati. Detto questo, dobbiamo ammettere che praticamente tutti gli altri sistemi di prestigio che in passato erano stati respinti, come ATACMS, Storm Shadows, F-16, ecc., alla fine sono stati consegnati all’Ucraina. La differenza, ovviamente, è che nessuno di questi era destinato a colpire in profondità la Russia, e fino ad oggi non sono mai stati utilizzati in questo modo. L’unico vero scopo dei Tomahawk sarebbe quello di colpire in profondità, quindi rimango scettico, ma tutto è possibile.

Lukashenko, che è stato un mediatore chiave per l’amministrazione Trump, condivide il mio scetticismo nel liquidare l’ultimo clamore sui Tomahawk come una tipica tattica negoziale di Trump:

In ogni caso, quanto sopra riportato dimostra ancora una volta la profondità del coinvolgimento dell’Occidente nella guerra e fornisce un’ulteriore giustificazione alla Russia per continuare la sua campagna.

Va anche detto che Trump potrebbe essere completamente all’oscuro del fatto che un nutrito contingente dell’esercito russo, e forse anche la società stessa, sarebbe piuttosto soddisfatto della consegna dei sistemi Tomahawk all’Ucraina. Questo perché un’escalation che superasse tale “linea rossa” garantirebbe praticamente il raggiungimento degli obiettivi più massimalisti dell’SMO, negando a Putin, che essi potrebbero percepire come “sempre indeciso”, la possibilità di porre fine al conflitto in anticipo con una sorta di “gesto di buona volontà” volto ad appagare l’Occidente.

Una tale escalation indurirebbe e radicalizzerebbe ancora di più il comando militare russo verso il raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’SMO, poiché diventerebbe più chiaro che mai che il conflitto rappresenta una battaglia esistenziale per la Russia, e quindi può essere risolto in modo soddisfacente solo con la dissoluzione totale e decisiva dello Stato ucraino così com’è.

Sarebbe un’ulteriore testimonianza per i russi che non ha senso alcun cessate il fuoco, poiché il periodo di tregua servirebbe solo come un gigantesco spettacolo di riarmo per l’Ucraina, senza ulteriori limiti alle armi imposte, anche di tipo strategico come questi Tomahawk. Quindi, sì, probabilmente ci sarebbero molti russi, in particolare nell’ambito dei “turbo-patrioti”, che sarebbero felicissimi della consegna dei sistemi Tomahawk. A causa del numero limitato di Tomahawk e delle piattaforme di lancio, questi sarebbero considerati un rischio gradito ma accettabile per garantire il completamento massimalista della SMO.

A causa dei rapidi progressi e dei successi della Russia nella guerra, l’establishment è costretto a continuare a spingere per un conflitto su più ampia scala con l’Europa. Un comandante dell’unità di intelligence ucraina di nome Denis Yaroslavsky ha affermato che l’intelligence britannica prevede che la terza guerra mondiale con la Russia inizierà nel 2028:

La terza guerra mondiale inizierà nel 2028 — questa è la previsione fatta dagli analisti militari britannici nel loro quartier generale. Tutta l’Europa orientale sarà avvolta dalle fiamme. La Russia non si fermerà, — ha affermato il comandante dell’unità di intelligence Yaroslavsky

Naturalmente, stanno facendo tutto il possibile per realizzare la loro profezia che si autoavvera.

Ad esempio, alcuni articoli recenti hanno sollecitato un intervento sempre più incisivo da parte dell’Occidente, proprio mentre gli alleati europei hanno ammesso di discutere continuamente una qualche forma di intervento aereo per aiutare l’Ucraina, in un modo o nell’altro:

https://www.telegraph.co.uk/world-news/2025/09/30/why-russia-is-testing-nato-now/

Un’opzione proposta da un gruppo di politici e militari occidentali di alto rango è quella di installare uno scudo di difesa aerea sopra l’Ucraina occidentale per abbattere i missili e i droni russi, con la possibilità di estendere tale scudo – una zona di interdizione al volo efficace – sopra la stessa Kiev.

Naturalmente, probabilmente tutto finirà nel nulla, ma il fatto che gli sceneggiatori stiano spingendo disperatamente per uno scontro dietro le quinte è comunque motivo di preoccupazione.

Proprio oggi in Estonia è scoppiata una serie di allarmismi in seguito all’avvistamento di “ometto verdi” russi al confine:

“Abbiamo individuato gruppi armati coinvolti in attività sospette. È evidente che non si tratta di guardie di frontiera e la situazione rappresenta una minaccia reale”, hanno affermato le guardie di frontiera estoni.

Nel frattempo, il precedente pacchetto di operazioni psicologiche volte a seminare il panico è già stato da tempo smascherato e messo da parte. Ora che è passato abbastanza tempo da ottenere l’effetto desiderato e non importa più che la bufala sia stata smascherata, la verità ha cominciato lentamente a venire a galla sulla presunta minaccia dei “droni di massa” russi sull’Europa:

Lo stesso valeva per l’allarme della “flotta ombra”, in cui la Francia aveva fermato una cosiddetta “nave russa” che avrebbe dovuto lanciare droni sull’Europa. Anche i media mainstream erano stufi di questa messinscena priva di fondamento:

https://www.spectator.co.uk/articolo/la-flotta-ombra-il-raid-alle-petroliere-era-pura-teatralità/

Il filmato del telegiornale ricordava in modo soddisfacente Mission: Impossible. Commando francesi mascherati si sono arrampicati sul fianco della petroliera arrugginita Boracay, con i fucili d’assalto in pugno, e hanno iniziato la ricerca delle prove che dimostrassero che la nave era responsabile del lancio di droni russi sugli aeroporti danesi…

Due giorni dopo, quando i delegati del vertice europeo di Copenhagen, dove Macron aveva pronunciato le sue parole appassionate, erano tornati a casa, la Boracay riprese tranquillamente il suo viaggio. Il capitano della nave non fu accusato di nulla di più grave che aver disobbedito all’ordine di fermarsi impartito dalla Marina francese. Non fu trovata alcuna prova del suo coinvolgimento con i droni che avrebbero sorvolato l’aeroporto di Copenaghen il 30 settembre.

L’articolo sopra citato affronta in modo brillante la questione della cosiddetta flotta ombra russa, smascherando l’intera faccenda come una farsa da più punti di vista. Innanzitutto, l’autore spiega che l’acquisto o la vendita di petrolio russo non è affatto vietato, ma che esiste semplicemente un tetto massimo di prezzo fissato a 60 dollari al barile.

Ma soprattutto, ribadisce il punto fondamentale:

Per quanto riguarda la cosiddetta “flotta ombra”, questo termine dal suono minaccioso indica in realtà petroliere battenti bandiera di giurisdizioni con normative poco rigorose e non assicurate a Londra, ma coperte da polizze sottoscritte da assicuratori russi, indiani o cinesi.

L’autore conclude giustamente:

Le incursioni dei commando sono ottime per la TV. Ma sono solo un diversivo dal vero problema, ovvero che i consumatori europei di energia rimangono tra i maggiori finanziatori della macchina da guerra di Putin.

Qualcuno spieghi tutto questo a Ursula:

Come sempre, questa spirale di escalation non esisterebbe se non fosse per il continuo successo della Russia sul campo di battaglia. Oggi ci sono stati nuovamente importanti sviluppi in questo senso, che sicuramente alimenteranno ulteriormente la propaganda e le operazioni psicologiche nei prossimi giorni.

La seconda notizia più importante della giornata è stata che le forze russe sono state localizzate mentre entravano nella zona sud-orientale di Rodynske, sulla linea di Pokrovsk:

Gli analisti ritengono che lo slancio attuale potrebbe presto portare alla conquista dell’insediamento, il che significherebbe la fine definitiva dell’agglomerato di Pokrovsk-Mirnograd, poiché comporterebbe il completo isolamento logistico, come illustrato di seguito:

Il famoso analista ucraino Myroshnykov spiega in modo urgente il significato di tutto questo:

Direzione Pokrovsk:

La situazione qui si è notevolmente aggravata negli ultimi giorni! Nell’insediamento di Hryshyne, il nemico sta lavorando molto intensamente, una serie di bombardamenti FAB è già diventata un evento comune.

Sì, il nemico sta deliberatamente distruggendo le nostre posizioni, impedendoci di portare rinforzi o ripristinare la logistica. In realtà, si tratta di un tentativo di isolare Pokrovsk, Myrnohrad e Rodynske, per tagliare i collegamenti tra loro e intrappolare le nostre unità in una sacca.

Allo stesso tempo, il nemico sta gradualmente cercando di consolidarsi a Kozatske e Balahanka, e ha anche avanzato a nord-est della punta di scarto della miniera 5/6. Come ho detto prima, questo permette al nemico di tagliare la città a metà, separando la parte meridionale dalla roccaforte principale!

A Rodynske stessa, specialmente nelle strade orientali e un po’ più a sud, sono già in corso intensi combattimenti. Se il nemico riuscirà a resistere, la situazione potrebbe deteriorarsi rapidamente: tutte le principali vie di accesso alla città finiranno sotto il controllo diretto o incrociato del fuoco nemico, il che rappresenta un passo verso l’accerchiamento operativo!

Sembra che il nemico abbia deciso di chiudere il cerchio per isolare il gruppo che difende la linea di Pokrovsk. A giudicare dal ritmo degli attacchi, stanno cercando di sfinirci, metodicamente, senza pause.

Appena a nord di Pokrovsk-Rodynske, nel saliente “orecchie di coniglio” di Dobropillya, le forze russe hanno riconquistato un territorio significativo, ampliando il tronco del saliente:

E una vista migliore del fianco sud-orientale dell’agglomerato di Pokrovsk-Mirnograd, dove si può vedere che le forze russe hanno conquistato nuovi territori per stringere ulteriormente le maglie su Mirnograd stessa:

Sulla linea di Konstantinovka, le notizie riportano che si sta preparando un assalto russo molto più ampio. Secondo quanto riferito, le riserve russe sono pronte a entrare in azione e attendono condizioni meteorologiche favorevoli e un ulteriore deterioramento delle linee ucraine per lanciare potenzialmente le classiche colonne corazzate.

Secondo alcune voci circolate oggi, Druzhkovka si starebbe preparando alla difesa, il che implica che le forze ucraine si stanno preparando a cedere il territorio in questa zona nel prossimo futuro. Druzhkovka si trova qui, in riferimento a Konstantinovka:

Allo stesso modo, il gauleiter di Slavyansk ha invitato i residenti ad evacuare la città:

Vadim Lyakh, capo dell’amministrazione di Slavyansk, subordinata alle autorità ucraine, ha invitato gli abitanti della città ad evacuare a causa dell’avvicinarsi della linea del fronte.

“Mi rivolgo oggi ai residenti della città, in particolare agli anziani e alle famiglie con bambini: è ora di evacuare”, ha affermato in un video pubblicato dall’amministrazione comunale sul canale Telegram.

Ma la notizia più importante della giornata è stata senza dubbio l’avanzata di massa a Kupyansk. Alcuni canali hanno addirittura proclamato la caduta effettiva di Kupyansk, anche se probabilmente è prematuro, ma forse non di molto.

Le forze russe sembrano aver isolato completamente Kupyansk dalla sponda orientale, conquistando fino al 70% della città. Alcune mappe, come quella di DivGen, lo rappresentano in questo modo:

Si può vedere che la sacca al centro è in fase di liquidazione, con alcune fonti che sostengono che le forze ucraine stiano attualmente violando gli ordini e abbandonando disperatamente le loro posizioni per fuggire. Presumibilmente, questa sacca dovrebbe essere compattata nel giro di un giorno o due.

Un rapporto afferma:

Il 105° reggimento della NM DPR riferisce: A Kupyansk, i soldati delle forze armate ucraine, nella speranza di salvarsi la vita, stanno fuggendo dall’accerchiamento nel centro della città senza attendere ordini.

Persino Deep State, che solitamente ha un ritardo di giorni o settimane a causa della sua rigida politica di propaganda a favore dell’AFU, ha disegnato gran parte di Kupyansk in una gigantesca zona grigia:

Il Deep State è diventato famoso per le sue “zone grigie”, che di solito indicano l’avanzata definitiva e la conquista da parte della Russia. In breve, Kupyansk è destinata a cadere entro pochi giorni e potrebbe essere la prima grande città conquistata dopo molto tempo. L’ultima vera città caduta è stata probabilmente Avdeevka, che prima della guerra contava circa 32.000 abitanti, all’inizio del 2024, quasi due anni fa. La più grande città conquistata da allora è stata forse Chasov Yar, con una popolazione prebellica di circa 12.000 abitanti. Kupyansk è più vicina alla popolazione prebellica di Avdeevka, con circa 28.000 abitanti.

È emerso un nuovo video girato da un drone russo che mostra un attacco a un valico ucraino sul fiume Oskol a Kupyansk:

È particolarmente interessante perché sappiamo che la Russia controlla già l’unico ponte stradale principale tra le due sponde di Kupyansk:

Ora sembra che anche quello inferiore, indicato dal secondo cerchio rosso, sia sotto controllo, sebbene si tratti di un ponte ferroviario. Tuttavia, più a valle dell’Oskol ci sono probabilmente zone in cui l’Ucraina ha allestito questi attraversamenti improvvisati, con pontoni o altri mezzi. Probabilmente è qui che stanno attraversando le unità ucraine in fuga.

A proposito, alcune fonti sostengono che uno dei metodi alla base del successo russo a Kupyansk sia l’infiltrazione delle truppe russe travestite da civili. In realtà, questo sembra essere principalmente un metodo utilizzato dall’Ucraina in molti settori, anche se è probabile che entrambe le parti lo stiano utilizzando.

A dimostrazione di ciò, un nuovo video mostra soldati ucraini in abiti civili che posizionano filo spinato su un fronte, prima che un drone russo rovini la festa:


Il tuo sostegno è prezioso. Se ti è piaciuto leggere questo articolo, ti sarei molto grato se ti iscrivessi a un abbonamento mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo che io possa continuare a fornirti report dettagliati e approfonditi come questo.

In alternativa, puoi lasciare una mancia qui: buymeacoffee.com/Simplicius

Italia e Iran: una relazione speciale_di Alberto Cossu

Italia e Iran: una relazione speciale

Alberto Cossu – Vision & Global Trends. Progetto Società Italiana di Geopolitica

Italia e Iran 1857–2015. Diplomazia, politica ed economia”, a cura di Milano, Imperato, Monzali e Spagnulo, è un volume di oltre 600 pagine che analizza una delle relazioni bilaterali meno studiate, ma fondamentali per capire il rapporto fra Italia e Medio Oriente. Il libro attraversa un secolo e mezzo di storia con uno sguardo multidisciplinare: diplomazia, economia, cultura e i temi più sensibili della geopolitica contemporanea.

Il punto di forza è la ricerca archivistica rigorosa. Gli autori lavorano su fonti storiche nazionali e materiali da archivi diplomatici, integrando corrispondenze, relazioni del Ministero degli Esteri e testimonianze dal mondo iraniano, francofono e anglosassone. Questo permette uno scambio reale tra storiografie diverse e consente di superare la mera cronaca degli eventi, restituendo la pluralità dei fattori che hanno modellato le relazioni tra Italia e Iran.

La periodizzazione abbraccia un lungo arco temporale. Si parte dalle missioni organizzate dal Regno di Sardegna e dal primo trattato con la Persia Qajar nel 1857. Progressivamente si formalizzano i rapporti con il Regno d’Italia. Questi sono parte di una fitta rete di rapporti commerciali e culturali, che si innesta spesso nella strategia iraniana della “Third power policy”: la capacità di muoversi fra le maglie dei grandi imperialismi, russo e britannico, cercando sponde alternative in Europa, con l’Italia come interlocutore privilegiato.

La narrazione mostra che l’Italia non si limita a bilanciare grandi e piccole potenze. Cerca un equilibrio tra pragmatismo economico (dalla seta agli accordi petroliferi di ENI e Mattei) e una tensione “civilizzatrice”, che proietta sull’Iran un immaginario orientalista senza però rinunciare al realismo mediterraneo. Da parte italiana emerge costantemente la volontà di proporsi come interlocutore pragmatico e affidabile, confermato dalle testimonianze iraniane: i governi persiani, dai Qajar alla Repubblica Islamica, valorizzano il ruolo “non minaccioso” dell’Italia come alternativa alle potenze coloniali.

Il volume ripercorre momenti chiave: il “grande gioco” nel Caucaso, la modernizzazione Qajar, la Prima Guerra Mondiale, le opportunità mancate tra le due guerre, la cooperazione petrolifera nel dopoguerra. La continuità dello Stato iraniano, la sua adattabilità e la ricerca di agenzie modernizzatrici extraregionali posizionano l’Italia come “alleato debole” ma rassicurante, capace di inserirsi tra le rivalità anglo-russe, le transizioni di regime e le questioni petrolifere.

Italia-Iran come laboratorio delle medie potenze

La storia italo-iraniana rappresenta un vero laboratorio per capire le opzioni delle medie potenze in un sistema internazionale segnato da rigidità e spazi di autonomia. In questo scenario, la “Third power policy” iraniana è molto più di un tatticismo: è una risposta sofisticata alla necessità di salvaguardare la sovranità nazionale in condizioni di dipendenza.

Le medie potenze sono Stati che non raggiungono il livello di influenza dei grandi, ma giocano ruoli decisivi nell’ordine globale. Non dominano con forza militare o economica, ma costruiscono la propria credibilità tramite la diplomazia, la formazione di coalizioni, la promozione di norme e la gestione multilaterale delle crisi. In questa  lezione, Italia e Iran hanno mostrato elasticità e visione strategica simile a quella di altri “middle powers” come Turchia, Australia o Canada. L’Italia ha agito come ponte e facilitatore, usando il suo status non minaccioso per promuovere dialoghi, accordi e mediazioni.

L’Iran, invece, ha saputo sfruttare la competizione tra le grandi potenze. Nel XIX secolo si trova schiacciato tra pressione russa e britannica. La “Third power policy” consiste nel coinvolgere una terza potenza esterna, preferibilmente distante geograficamente e priva di ambizioni territoriali troppo evidenti. Scelta con prudenza, questa potenza serve per bilanciare la pressione dei due poli principali, garantendo margini di autonomia all’Iran. Anche l’Italia ha ricoperto questo ruolo: mai colonizzatore, sempre presente come consulente o partner, spesso neutrale nei conflitti anglo-russi.

Questa strategia non è priva di rischi. Un errore nel tempismo o nella scelta della “terza potenza” può intensificare la pressione esterna, come accadde ogni volta che la Francia si ritirava o la Germania perdeva influenza nei momenti chiave. Tuttavia, i diplomatici iraniani e italiani hanno costantemente mirato a sfruttare le divisioni tra le potenze dominanti, non solo per sopravvivere, ma per consolidare interessi autonomi.

Nel periodo contemporaneo, questa funzione di laboratorio si rivela negli snodi della guerra fredda, negli equilibri della rivoluzione islamica e nella gestione delle controversie sul nucleare. L’Italia, mentre gestiva le proprie limitate ambizioni di “politica di potenza”, utilizzava il realismo minore come strumento di adattamento intelligente, senza rinunciare all’iniziativa autonoma. Nei negoziati petroliferi Mattei-ENI, Italia e Iran hanno dato prova della capacità delle medie potenze di inserirsi dove i giganteschi interessi degli Stati Uniti o dell’URSS lasciavano varchi.

Anche la dimensione culturale e sociale fa parte di questa sperimentazione geopolitica: scambi accademici, missioni archeologiche, formazione di élite iraniane in Italia e fascinazione reciproca per il patrimonio storico hanno rafforzato un’identità relazionale unica, che resiste alla volatilità delle crisi politiche e negozia generando nuove possibilità di cooperazione.

Medie potenze: tra rigidità e autonomia

Secondo la teoria delle medie potenze, questi Stati svolgono un ruolo di stabilizzatori dell’ordine internazionale. Favoriscono la costruzione di istituzioni, agiscono da broker legittimi, propongono mediazioni e contribuiscono alla costruzione di agende globali su temi che i grandi ignorano: proliferazione nucleare, sicurezza alimentare, bandi delle mine, debito internazionale. L’Italia ha spesso trovato spazio proprio in queste aree, dove il suo coinvolgimento non era percepito come minaccia, ma come contributo tecnico e diplomatico.

Per l’Iran, la “Third power policy” è una risorsa strategica vitale, specie nei momenti di crisi. Attingendo alle rivalità tra le grandi potenze, l’Iran ha imparato a negoziare il proprio spazio di autonomia, ottenendo occasioni di sviluppo, tecnologie e capitale politico. Questo approccio non è stato sempre una scelta, ma spesso una necessità—un “istinto di sopravvivenza” elaborato in secoli di doppia pressione.

Di fatto, il laboratorio italo-iraniano mostra che le opzioni delle medie potenze sono reali solo se sostenute da una solida professionalità diplomatica, da una capacità di adattamento, e dalla disponibilità a cogliere opportunità anche in condizioni di dipendenza strutturale. L’Italia si è spesso posizionata come mediatrice, usando la sua non appartenenza a schieramenti rigidi per costruire ponti anche quando i margini di autonomia sembravano ridotti.

La storia comune è una lezione di sopravvivenza statuale e di costruzione della sovranità: non semplici ricettori delle pressioni internazionali, ma attori capaci di ritagliarsi margini negoziali, innovare la propria diplomazia, sperimentare modelli di sviluppo autonomi.

Critica alle semplificazioni geopolitiche

Il volume evita il determinismo geopolitico e la lettura moralistica della “politica delle debolezze”. Analizzando le strategie italo-iraniane, mostra come sia possibile per le medie potenze agire entro spazi di manovra reali. L’Iran non ha solo subito la pressione degli imperi: ha saputo usare la “Third power policy” come leva per difendere la propria sovranità, alternando momenti di apertura e di chiusura, e scegliendo interlocutori secondo necessità contingenti, talvolta persino sfruttando le contraddizioni degli avversari.

Questa strategia non è priva di costi. Il rischio è che la “terza potenza” scelga di limitare la sua presenza, oppure che i due grandi avversari trovino un accordo e chiudano i varchi negoziali. Per avere successo, occorrono diplomatici competenti e la capacità di ricalibrare continuamente le alleanze.

Nel caso dell’Italia, la tensione tra “politica di potenza” e “realismo minore” è stata vissuta come occasione per ridefinire il proprio ruolo: non semplice spettatore, ma partner attivo capace di adattare le strategie alle mutate condizioni internazionali.

Conclusioni

Nel complesso, “Italia e Iran 1857–2015. Diplomazia, politica ed economia” offre un quadro solido e multidimensionale. La scrittura è chiara anche nei passaggi più densi, e il volume diventa un riferimento essenziale per comprendere i margini di azione delle medie potenze e la complessità geopolitica euro-mediterranea. La relazione speciale tra Italia e Iran mostra che la modernizzazione e la cooperazione sono possibili anche all’interno di sistemi dominati da pressioni esterne, se si sanno sfruttare le opportunità della “Third power policy”.

Oggi, le sfide rimangono: la perdita di profondità strategica italiana, le oscillazioni interne iraniane, la difficoltà di mantenere una “vocazione al dialogo” coerente. Tuttavia, il laboratorio italo-iraniano resta una fonte di insegnamento per chi vuole comprendere come le medie potenze possano evitare la subordinazione e contribuire, da protagoniste, all’ordine internazionale.

Medie potenze come Italia e Iran dimostrano che è possibile agire, mediare, influenzare agende e difendere identità anche in contesti di superpotenze. La storia della loro relazione continuerà ad essere un laboratorio prezioso per interpretare le evoluzioni politiche globali e per riflettere sui limiti e sulle possibilità dell’autonomia strategica nel nuovo mondo multipolare.

Come affermano gli autori nell’introduzione “questo libro indica che è possibile fra Stati con valori e storie differenti coltivare rapporti di dialogo e collaborazione e che la diversità d’interessi non necessariamente deve sfociare in scontro e antagonismo totale e assoluto”.

Italia e Iran: 1857-2025

Diplomazia, politica ed economia

A cura di Luciano Monzali, Rosario Milano, Federico Imperato, Giuseppe Spagnulo

Editoriale Scientifica, 2025, Napoli,

Collana: Memorie e studi diplomatici diretta da Stefano Baldi

ACQUISTALO QUI

1 2 3 482