La guerra tecnologica e le sanzioni americane finiranno con la bipolarizzazione dell’economia globale. Di Alastair Crooke

Un importante saggio di Alastair Crooke tratto da https://www.strategic-culture.org/news/2018/12/18/america-technology-sanctions-war-will-end-by-bifurcating-global-economy.html e ripreso anche da https://www.les-crises.fr/ che analizza le implicazioni non solo economiche, ma più ampiamente geopolitiche della guerra sui big data intrapresa dai centri di potere statunitensi_Giuseppe Germinario

Fonte: Cultura strategica, Alastair Crooke , 18-12-018

ALASTAIR CROOKE | 18/12/2018

La guerra tecnologica e le sanzioni americane finiranno con la bipolarizzazione dell’economia globale

“La vera ragione della guerra” commerciale “tra Stati Uniti e Cina ha poco a che fare con il commercio attuale … Ciò che è veramente alla base dell’attuale conflitto civile tra gli Stati Uniti e la Cina … sono le ambizioni cinesi di diventare leader nella tecnologia di prossima generazione, come l’intelligenza artificiale, che si affida alla sua capacità o meno di progettare e produrre chip avanzati, ed è per questo che Xi ha promesso 150 miliardi di dollari per rafforzare il settore “, ha affermato Zerohedge .

Niente di nuovo qui, ma dietro questa ambizione c’è un’altra ambizione, e ancora un’altra ambizione e un “problema che ci rifiutiamo di vedere” poco menzionato: che la “guerra commerciale” è anche il primo passo di una nuova corsa agli armamenti tra Stati Uniti e Cina – anche se di un tipo diverso. Questa corsa agli armamenti “di nuova generazione” mira a raggiungere la superiorità tecnologica nazionale a lungo termine attraverso il calcolo quantistico, i big data, l’intelligenza artificiale (AI), i velivoli ipersonici, i veicoli elettronici, la robotica e sicurezza informatica.

In Cina, il piano generale è di dominio pubblico. È “Made in China 2025” (ormai banale , ma tutt’altro che dimenticato). E l’impegno di spesa cinese (150 miliardi di dollari) per prendere l’iniziativa tecnologica – sarà assunto di petto (come dice Zerohedge), “Come una strategia [competitiva] per America First”: ecco perché la “corsa agli armamenti” nella spesa tecnologica … è intimamente legata alla spesa per la difesa. Nota: il FMI prevede che la spesa militare di Stati Uniti e Cina aumenterà in modo significativo nei prossimi decenni, ma il dato più sorprendente è che entro il 2050, la Cina dovrebbe superare gli Stati Uniti, essendo la sua spesa di 4 trilioni [trilione = $ 1000 miliardi] per le sue forze armate, mentre gli Stati Uniti spenderanno $ 1 trilione in meno, ovvero $ 3 trilioni … Ciò significa che entro il 2030, entro circa due decenni, la spesa militare della Cina supererà quelli degli Stati Uniti “.

Questa intimità tra la tecnologia e la difesa nel futuro pensando alla difesa degli Stati Uniti è ovvia: si tratta di dati, mega-data e AI: un articolo di Difesa Uno dice molto chiaramente,

“I domini della battaglia dello spazio e della cibernetica sono ampiamente separati dalla dura realtà fisica della guerra. Per Hyten [generale John E. Hyten, che dirige il Comando spaziale US Air Force], questi due spazi disabitati sono confusi in un altro modo: sono campi di dati e informazioni e questo è ciò che alimenta la guerra moderna. “Quali sono le missioni che stiamo facendo nello spazio oggi? Fornire informazioni; fornire percorsi di informazione; in caso di conflitto, neghiamo agli avversari l’accesso a queste informazioni “, ha detto al pubblico mercoledì alla conferenza annuale della Air Force Association al di fuori di Washington, DC … lo stesso per il cyberspazio.

Gli Stati Uniti fanno la guerra con strumenti che richiedono molte informazioni … Inevitabilmente, sempre più avversari finiranno per usare i propri droni ed elicotteri da combattimento collegati ai dati. Anche la componente di informazione pesante delle armi moderne, in particolare quelle gestite dall’aeronautica, crea vulnerabilità. Questa settimana, i leader dell’aeronautica hanno discusso di come stanno cercando di ridurre la vulnerabilità degli Stati Uniti aumentandola per i loro avversari. “

Quindi, la “prima linea” di questa guerra di commercio, tecnologia e difesa è in realtà focalizzata su chi può progettare e produrre semiconduttori avanzati (dal momento che la Cina è già leader in big data, calcolo quantistico e intelligenza artificiale). E, in questo contesto, il commento del generale Hyten sulla riduzione della vulnerabilità degli Stati Uniti, aumentandolo allo stesso tempo per gli avversari, è di grande importanza: per Washington, si prevede di intensificare i controlli negli Stati Uniti. Esportazione (cioè, per vietare l’esportazione delle cosiddette tecnologie “core” – tecnologie che possono consentire lo sviluppo in una vasta gamma di settori.

E l’apparecchiatura per la produzione di chip, o semiconduttori – che non è sorprendente – è una delle “aree target” chiave in fase di studio.

I controlli sulle esportazioni, tuttavia, sono solo parte di questa strategia di “guerra” di “non divulgazione di informazioni” ai propri avversari. Ma i semiconduttori sono un’area in cui la Cina è davvero vulnerabile: poiché l’industria globale dei semiconduttori poggia sulle spalle di soli sei produttori di apparecchiature, tre delle quali hanno sede negli Stati Uniti. Insieme, queste sei aziende producono quasi tutti gli strumenti hardware e software essenziali per la produzione di chip. Ciò implica che un divieto di esportazione degli Stati Uniti impedirebbe alla Cina di accedere agli strumenti di base necessari per produrre i suoi ultimi modelli di chip (anche se la Cina può rispondere sopprimendo l’offerta di terre rare, da cui dipende questa tecnologia sofisticata).

“Non è possibile costruire una struttura a semiconduttori senza utilizzare le grandi aziende di attrezzature, nessuna delle quali è cinese”, afferma Brett Simpson , fondatore di Arete Research , un gruppo di ricerca azionario. E, come ha osservato il FT [ Financial Times , NdT], “il vero problema non è [come] di progettare chip che producono chip altamente specializzati.”

Ecco la constatazione: gli Stati Uniti sono in competizione sia per le conoscenze tecnologiche “pure” che per l’esperienza e le competenze pratiche della filiera della tecnologia, al fine di respingere la Cina dalla sfera tecnologica occidentale.

Allo stesso tempo, un’altra parte della strategia statunitense – come abbiamo visto con Huawei, leader mondiale nella tecnologia delle infrastrutture 5G (in cui gli Stati Uniti stanno perdendo terreno) – è spaventare tutti se integrano il 5G cinese nelle loro infrastrutture nazionali – con l’arresto di Meng Wanzhou (per violazione delle sanzioni statunitensi).

Anche prima dei suoi “arresti domiciliari”, l’America aveva sistematicamente escluso l’implementazione globale del 5G di Huawei, invocando le parole magiche “problemi di sicurezza” (così come si cerca di impedire che la Russia riesca nella vendita di armi al Medio Est, per ragioni analoghe di protezione tecnica, vale a dire che gli stati non dovrebbero acquistare la difesa aerea russa, poiché ciò gli concederebbe una “finestra” sulle capacità tecniche della NATO).

E, come ha chiarito il generale Hyten, non si tratta solo di aumentare l’interdizione alla tecnologia e il divieto di accesso e promuovere la vulnerabilità degli avversari sui chip, ma gli Stati Uniti prevedono anche di estendere questo divieto alla tecnologia e all’accesso allo spazio, al computer, all’avionica e alle attrezzature militari.

È un’altra guerra fredda, ma questa volta si tratta di tecnologia e “rifiuto dei dati”.

Bene, la Cina, con la sua economia centralizzata, investirà denaro e materia grigia per creare la propria “sfera non monetaria”, linee di fornitura: per semiconduttori, per componenti – per uso civile e militare. Ci vorrà del tempo, ma la soluzione verrà.

Chiaramente, una delle conseguenze di questa nuova corsa agli armamenti tra gli Stati Uniti – e Cina e Russia – è che sarà necessario disfare e riorganizzare linee specializzate e poco sfruttate, ciascuna nella propria sfera: da un lato, i dollari della NATO e, dall’altro, i paesi non-dollari, guidati da Cina e Russia.

E non solo ci sarà questa separazione e l’intrico dis-fisico dalla linea di rifornimento, ma se gli Stati Uniti persisteranno con la loro tattica di “estradizione” in stile Huawei, degna della “guerra al terrore” di Uomini d’affari stranieri, o donne d’affari, accusati di aver violato una qualsiasi sanzione tecnica americana ad ampio spettro, ci sarà bisogno di una riorganizzazione delle sale conferenze miste per impedire che i rappresentanti delle compagnie vengano arrestati e tradotti individualmente. Le restrizioni al movimento dei dirigenti aziendali, le cui attività spaziano su più sfere, sono già in corso (in seguito al tentativo di estradizione di Meng Wahzhou) e al fine di evitare di essere intrappolati nella vendetta, punizione).

Il bipolarismo dell’economia mondiale era già in corso. Ciò può essere spiegato in primo luogo dal regime di sanzioni finanziarie geopolitiche degli Stati Uniti (vale a dire le guerre del Tesoro) – e dai coerenti tentativi degli Stati mirati di dissociarsi dal dollaro. I “falchi della guerra” che circondano il presidente stanno ora inventando una nuova categoria di “crimini tecnologici” da punire – apparentemente per dare a Trump ancora più “influenza” nei suoi tanto desiderati negoziati. Chiaramente, i falchi usano la pretesa di “leva” per schierarsi contro la Cina, la Russia e i loro alleati – per ambizioni molto più ampie del semplice dare al presidente più “carte in mano”: forse piuttosto per riequilibrare l’insieme dei rapporti di forza tra Stati Uniti e Russia e Cina.

L’ovvia e inevitabile conseguenza è stata l’accelerazione della separazione finanziaria della sfera del dollaro e lo sviluppo di una zona non dollaro. In una parola, de-dollarizzazione.

In effetti, gli Stati Uniti sembrano pronti a bruciare il loro status di valuta di riserva, a “salvarsi” – a “rendere l’America di nuovo ricca” (MARA) e a ostacolare l’ascesa della Cina. E mentre brucia l’egemonia del dollaro, l’Amministrazione brucia anche il suo “ordine mondiale”: riducendolo dal “globale” a una sfera ridotta di alleati tecnologici e di sicurezza americani, di fronte alla Cina e alla sfera non occidentale. Le conseguenze domestiche per l’America saranno avvertite dalla nuova frustrazione (per gli americani) di avere maggiori difficoltà a finanziarsi con le stesse modalità degli ultimi 70 anni circa.

Peter Schiff, CEO e Global Strategy Director presso Euro Pacific Capital [Connecticut Brokerage], dice questo :

“Il dollaro – [gli Stati Uniti] hanno la valuta di riserva, [mettono questo stato] … a rischio. E non penso che al mondo piaccia dare all’America quel tipo di capacità di imporre le nostre regole e pretendere che tutto il mondo viva con esso. Quindi, penso che abbia ramificazioni molto più grandi e più ampie di quello che sta accadendo oggi sul mercato azionario. Penso che a lungo termine indebolirà il dollaro e il suo ruolo di valuta di riserva. E quando ciò accadrà, anche il tenore di vita americano subirà la stessa sorte: perché collasserà. “

“La gente pensa che abbiamo il vantaggio perché abbiamo un enorme deficit commerciale con la Cina. Ma penso che sia il contrario. Penso che il fatto che ci forniscano tutti i beni di cui la nostra economia ha bisogno  e il fatto che essi detengano gran parte dei nostri obblighi [debito], e che continuino a prestarci un sacco di soldi per possiamo vivere oltre i nostri mezzi – sono loro, penso, a condurre la danza, e dobbiamo ballare come loro. “

Questa nuova guerra fredda di tecnologia e dati polarizzerà l’economia mondiale in sfere, e sta già polarizzandola politicamente in un nuovo paradigma americano “con noi o contro di noi”. Note politiche :

“La campagna globale dell’amministrazione Trump contro il gigante delle telecomunicazioni  Huawei dirige l’Europa contro se stessa – attraverso la Cina. Nel mezzo di una disputa commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina in piena espansione, Washington ha trascorso l’ultimo mese a premere i suoi alleati europei attraverso i suoi ambasciatori per adottare una posizione di chiusura  contro i fornitori di telecomunicazioni cinesi, come Huawei e ZTE.

La spinta americana […] espone le linee di frattura tra gli alleati degli Stati Uniti in Europa e [tra] la comunità di intelligence conosciuta come “Five Eyes” [alleanza di intelligence di Australia, Canada, Nuova La Zelanda, il Regno Unito e gli Stati Uniti – che ha ampiamente seguito l’esempio americano – e altri che resistono alla pressione degli Stati Uniti, senza ricorrere al ricorso alla tecnologia cinese.

Dall’altra parte, c’è la Germania, che vuole la prova dagli Stati Uniti che Huawei rappresenta un rischio per la sicurezza, così come la Francia, il Portogallo e un gran numero di paesi dell’Europa centrale e orientale. .

Gli atteggiamenti sempre più divergenti mostrano come Donald Trump forza gli alleati a prendere le parti in un conflitto globale e misurano i loro interessi economici – spesso profondamente radicati con i fornitori cinesi – rispetto al valore di un’alleanza di sicurezza con Washington. “

La possibilità di una deprezzamento accelerato è un aspetto, ma esiste un altro potenziale difetto inerente al rimpatrio in massa delle linee di rifornimento. Negli ultimi vent’anni i profitti delle società statunitensi sono aumentati. Parte di questo aumento di profitti derivava dalla liquidità “facile” e dal credito “facile”, ma un elemento importante era dovuto alla riduzione dei costi, vale a dire il trasferimento di elementi della produzione statunitense. Costi più elevati (a causa dei livelli salariali, dei costi regolatori e dei diritti dei dipendenti) rispetto a stati meno regolamentati e con salari più bassi.

Potrebbe essere una buona cosa, ma certamente significa che i costi e i prezzi aumenteranno negli Stati Uniti e in America, e i modelli di business saranno compromessi quando questi si trasferiranno. Il tenore di vita degli americani continuerà a diminuire (come previsto da Peter Schiff).

L’alienazione e il malcontento dei “gialli” americani “deplorevoli” ed europei sono ovviamente un problema profondo, che non sarà risolto da una nuova guerra fredda. Le radici del nostro attuale malcontento stanno proprio nella liquidità “facile” e nel paradigma del credito “facile”, che dividono le società tra il 10% della popolazione di asset-asset e il 90% tra i non-asset holder e che ha degradato il senso di benessere sociale e sicurezza.

Ovviamente, questo malcontento può essere risolto solo affrontando la questione del nostro paradigma economico iper-finanziato: ciò che le élite non vogliono o non vogliono “toccare”.

Fonte: Cultura strategica, Alastair Crooke , 18-12-018

Algeria: dietro le enormi manifestazioni di rigetto della candidatura di Abdelaziz Bouteflika a un quinto mandato, il salto verso l’ignoto è assicurato …, di Bernard Lugan

Qui sotto la traduzione di un bollettino informativo di Bernard Lugan riservato agli abbonati. La situazione in Algeria ormai si sta incancrenendo a dispetto o forse a causa delle enormi riserve di idrocarburi alcune delle quali in via di esaurimento altre immobilizzate dalla situazione di paralisi politica e sociale. La maledizione delle economie monoculturali sta per colpire una nazione dal passato glorioso,in prima linea nei movimenti anticolonialisti, ma incapace di completare il processo di emancipazione. L’Italia dipende in buona parte dalle forniture di petrolio e soprattutto di gas del paese. La gestione delle condotte è in condominio con l’azienda di stato algerina SONATRAC, la quale detiene le partecipazioni azionarie maggioritarie sia dei pozzi che dei dotti_Giuseppe Germinario

L’offerta di un quinto mandato al presidente Abdelaziz Bouteflika, morto-vivente silenziato e paralizzato nelle uscite, legato ad una sedia a rotelle, caduto nel patetico, è molto mal vista in Algeria.

La portata delle manifestazioni di rigetto di questa candidatura e con essa di tutti i profittatori del regime, FLN in testa è tale che, senza svolta, il tempo di sopravvivenza del clan Bouteflika sembra contato. Tanto più che le forze di sicurezza appaiono vinte dal dubbio e che l’esercito non è più monolitico.

In ogni caso, si tratta di  un’Algeria in rovina e divisa che erediteranno coloro che hanno il compito molto difficile di cercare di evitare l’affondamento di un Paese fratturato tra arabismo e berberismo con sullo sfondo gli islamisti in agguato. Come faranno a raddrizzare un paese colpito al cuore dall’esaurimento delle sue riserve di petrolio quando il 60% delle entrate di bilancio e il 95% delle entrate in valuta estera dipendono dagli idrocarburi? Secondo l’Ufficio nazionale di statistica del 12 gennaio 2019, nel corso del 3 ° trimestre 2018, il settore degli idrocarburi nel suo complesso è sceso del 7,8%, petrolio greggio e produzione di gas naturale è diminuito del 3% e la raffinazione del petrolio greggio del 12%.

Il calo di produzione e del corso dei prezzi degli idrocarburi comporta una caduta delle rimesse e la necessità che lo stato attinga alle sue riserve in valuta estera per finanziare le importazioni. L’Algeria non produce nulla o in quantità insufficiente, deve infatti comprare tutto sui mercati esterni, sia per l’alimentazione, che semplicemente l’abbigliamento, gli equipaggiamenti e la cura della popolazione.

Le riserve valutarie dell’Algeria che erano di 170 miliardi di euro nel 2014, prima del crollo del prezzo del petrolio, sono poco più di 62 miliardi nei primi mesi del 2019, secondo le proiezioni, si raggiungeranno 34 miliardi entro il 2021.

In queste condizioni, come può  comprare la pace sociale con la crescita della popolazione che cancella ogni possibilità di sviluppo? Come affrontare un Algeria sul punto di deflagrare con un tasso di disoccupazione giovanile pari ad almeno il 40%, un enorme miseria sociale, un settore industriale inesistente, un’agricoltura in rovina, il sistema bancario d’altri tempi e una amministrazione apoplettica?

Come riavviare l’Algeria saccheggiata dai satrapi della nomenklatura incistata intorno al clan Bouteflika e che tra il 2000 e il 2015, quindi prima del crollo dei prezzi, ha “sperperato”  600 miliardi di $ provenienti dalla vendita di idrocarburi, in ” deflussi “di diverse centinaia di miliardi di dollari più oltre 100 miliardi di dollari spesi” a discrezione dei governi “(El Watan 31 Gennaio 2016), eufemismo delicata che maschera l’opacità della loro destinazione …?

Nessuno vorrà rivendicare una tale eredità, nessuno vuole associare il suo nome con decenni di implementazione delle risorse pubbliche a servizio di un clan familiare; la rottura è quindi annunciata. A beneficio di chi? Il futuro ormai prossimo lo dirà.

Bernard Lugan

DRAGHI E SPINOZA, di Teodoro Klitsche de la Grange

DRAGHI E SPINOZA

Nella prolusione in occasione del conferimento della laurea honoris causa dell’Università di Bologna Draghi ha espresso un concetto che, nella sua semplicità, è da qualche secolo oggetto di riflessione di tanti pensatori. Ha detto il governatore della BCE che l’indipendenza degli Stati non ne assicura la sovranità. In particolare Stati (giuridicamente) indipendenti che di fatto non lo siano, ad esempio, per insufficienza alimentare, godrebbero di “sovranità limitata” (e non dai carri armati del patto di Varsavia).

In effetti Draghi, quanto alla non equivalenza di diritto o indipendenza di fatto ha ripetuto quanto affermato più volte. Santi Romano (tra i tanti) scriveva che «essendo la comunità internazionale, di regola, paritaria, nel senso che i suoi membri non dipendono l’uno dall’altro, ciascuno di essi… si dice che ha una sovranità perché non è in una posizione subordinata verso altri soggetti». Tuttavia, proseguiva, tale regola non è assoluta; ma derogarne è sicuramente un’eccezione. Ed occorre distinguere «l’appartenenza ad un’unione amministrativa o alla Società delle nazioni, tanto meno una semplice alleanza, non significa da per sé perdita della sovranità», a differenza dei protettorati.

La distinzione tra l’una e l’altra categoria di Stati per così dire «a sovranità limitata» (o a indipendenza relativa) consiste sotto il profilo giuridico, dalla assenza, nel primo caso (protettorati, colonie) di una (completa) capacità internazionale, e sul piano interno dalla presenza di organi di «controllo» nominati dallo Stato protettore (ovvero dominante).

Bodin, il quale del concetto moderno di sovranità è il creatore, sosteneva che un principe che sia tributario o feudatario di altri non è sovrano «Abbiamo detto poc’anzi che si può dire sovrano solamente chi non dipende, eccezione fatta per Dio, altro che dalla sua spada. Se uno dipende da altri non è più sovrano». Così la sovranità equivale o almeno presuppone l’indipendenza. Anche quando Bodin elenca le varie Marques de la Souveraineté (fare leggi, nominare funzionari, ecc.) aggiunge sempre “senza il bisogno del consenso di nessuno”.

Nella specie è sicuramente vero che la sovranità – intoccabile in diritto – è comunque condizionata dai rapporti di forza (cioè di fatto): rapporti che possono essere di natura politica, ma anche economica, religiosa od altro. Tuttavia se l’indipendenza non garantisce la sovranità (di fatto), ne è comunque il presupposto necessario (nel senso di condizione necessaria ma non sufficiente). Occorre altro. Infatti non dipendere da altri Stati o “poteri forti“ non significa avere il potere di (esistere e di) agire ma semplicemente di non essere soggetto a quello altrui.

Onde il concetto di sovranità comprende un altro – e più decisivo – aspetto, evidenziato da Spinoza. Scriveva il filosofo olandese che – nello stato di natura, in cui si trovano gli Stati – vale la regola tantum juris, quantum potentiae. Nel senso che se il diritto non condiziona il potere è questa a limitare quello “Se, dunque, la potenza per cui le cose naturali esistono e operano è la medesima potenza di Dio, è facile capire che cosa sia il diritto naturale… ciascuna cosa naturale ha da natura tanto diritto quanta potenza a esistere e a operare… perciò il diritto naturale dell’intera natura, e conseguentemente di ciascun individuo, si estende tanto quanto la sua potenza” onde, per gli Stati “risulta evidente che il diritto di sovranità o dei sommi poteri non è altro che il medesimo diritto naturale determinato dalla potenza… quel composto di corpo e di mente che è lo Stato ha altrettanto diritto quanta è la potenza che sviluppa”. Ne deriva anche che dove non c’è potentia (o ce n’è poca) non c’è neppure jus: nulla potentia, nullum jus (aggiungendo il nostro latinorum).

Per cui se è vero che la sovranità è un assoluto che non tollera limiti giuridici è anche vero che sopporta quelli di fatto, a cominciare da quelli ontologici (non possono compiersi né comandare comportamenti impossibili) fino a quelli dati dal limite della potenza propria o imposti dal potere altrui. Dato che “due Stati si trovano tra loro come due uomini allo stato di natura”, “Lo Stato dunque, in tanto è autonomo in quanto è in grado di provvedere alla propria sussistenza e alla propria difesa dall’aggressione di un altro; e intanto è soggetto ad altri, in quanto teme la potenza di un altro Stato o in quanto ne è impedito dal conseguire ciò che vuole o, infine, in quanto ha bisogno del suo aiuto per la propria conservazione o per il proprio incremento”.

Per cui anche se il Presidente del Sao Tomé (o di tanti altri Stati e staterelli del mondo) è un dittatore onnipotente, un sovrano assoluto, il suo comando può regolare illimitatamente la curvatura delle banane e la pesca delle ostriche, ossia quanto rientra nella sua potentia; ma, nella comunità internazionale è un peso-mosca.

Quindi anche se appartenere ad istituzioni internazionali è un limite giuridico (all’indipendenza) può talvolta diventare un moltiplicatore di sovranità (nel senso di Spinoza). Tornando a Draghi, anche se è vero quanto pensava Spinoza, lo è anche che l’indipendenza è condizione  necessaria della sovranità, e che rinunciare a parte di quella per ottenere un po’ più di questa è una scelta appartenente al sovrano, popolo o monarca che sia; e questo ha il diritto di farlo in piena indipendenza (di diritto) come pensano (oggi) i sovran-populisti.

Teodoro Klitsche de la Grange

SALVATE IL SOLDATO ESPOSITO di Marco Bertolini

Non tutti se ne sono accorti, ma con la fine della leva che proiettava le nuove Forze Armate in una dimensione nuova, è scomparso il Soldato. E’ scomparso realmente, materialmente, anche e prima di tutto da un punto di vista semantico, terminologico. Ed è scomparso anche come “grado”, seppellito da un ammasso di “caporali” “caporal maggiori”, “caporal maggiori scelti”, “caporal maggiori capi scelti” e “caporal maggiori capi scelti con qualifica speciale”, promossi indipendentemente dalla funzione, che relegano il vecchio “soldato semplice” ad una specie transeunte in via d’estinzione, riservata a poche reclute nei primi mesetti di servizio.

Al suo posto, è comparso il “Volontario”, titolare di un termine ambiguo che lo doveva rendere meno sospetto per la classe politica, non solo in questo periodo infastidita da tutto quello che sa di militare; termine che – a orecchio – lo confonde coi molti benemeriti volenterosi della nostra realtà nazionale, quelli delle Misericordie, delle Croci Rosse e dei Vigili del Fuoco, ma anche con quegli operatori normalmente ben remunerati delle ONG che si occupano di traghettare in Italia i clandestini in afflusso dalle coste libiche.

La scelta di questa definizione civettuola nascondeva un’avvilente pulsione al “travestimento”, una presa di distanza dal passato, come se il titolo di Soldato fosse andato stretto alla nostra realtà tecnologica, come se ce ne dovessimo vergognare! Forse, un motivo tra i tanti di questa scelta è da ricercare nel fatto che Volontario si declina meglio al femminile (Volontaria) del termine Soldato (Soldata? Soldatessa?); e questo non è un dettaglio per un’istituzione che si è dovuta aprire all’arruolamento femminile sulla spinta di istanze politiche che non puntavano a sfruttare l’indubbio valore aggiunto della femminilità in selezionati settori dell’orbe militare, quanto piuttosto a mettere la sordina a quel complesso di sgradevoli e politicamente scorrettissimi valori “virili” che lo caratterizzavano. Da questo rinnegamento sono poi scaturiti altri “frutti” tutt’altro che gustosi, come il venir meno di standard fisici che erano normali, oltre che ovvi, ai tempi della leva e che ora avrebbero il sapore di ingiusti ostacoli per le “pari opportunità” da assicurare a tutti, alti e bassi, belli e brutti, maschi e femmine, omo ed etero.

Contemporaneamente, è entrato di gran voga il termine “professionista”, per dare una asettica connotazione “lavorativa” al mestiere delle armi. I recenti provvedimenti volti a consentire l’associazionismo sindacale nell’ambito della Difesa derivano, in fin dei conti, da questa nuova prospettiva, mettendola alla mercé di frotte di faccendieri autoproclamatisi esperti di misteri militari e di stuoli di azzeccagarbugli specializzati nella “tutela dei diritti”, anche i più turpi, che fino ad ora sarebbero stati trascurati o addirittura conculcati da Comandanti col monocolo chiusi nelle torri eburnee dei propri Circoli Ufficiali. Cosa c’è di meglio, insomma, di una catena di comando parallela a quella tradizionale, che misuri i passi dei Comandanti, ne registri le parole, gli sguardi imbronciati, ne vagli gli ordini, gli atteggiamenti e ne stronchi i cazziatoni? Una catena di occhiuti inquisitori, non trasferibili e intoccabili, magari al riparo dagli obblighi dell’indice di massa corporea, che ci sbarazzi una volta per tutte del precetto della subordinazione militare, fastidioso caposaldo della militarità “vera”. Ha gettato una luce sinistra, ma chiara, sulle motivazioni di quest’ultimo provvedimento un recente “post” su FaceBook di un attuale sottosegretario alla difesa, con il quale lo stesso si è permesso di utilizzare uno spezzone di un noto film sulle ultime ore di Hitler per irridere con una serie di luoghi comuni le “vecchie” Forze Armate, quelle pre-sindacali e pre-antinfortunistica che per un paio di guerre mondiali, con tutto quello che c’è stato in mezzo, e tre quarti di secolo hanno servito l’Italia. Il Ministro ha preso le distanze da un’iniziativa certamente non adeguata da parte di un componente del vertice della Difesa; ma a tutt’ora il sottosegretario è ancora lì, adeguatezza o meno.

Tornando a noi, questi “professionisti” hanno portato all’eclisse del soldato, termine al quale si ricorre raramente, per lo più quando lo si può aggettivare con l’espressione “…di pace”. Non c’è dubbio che la pace sia un bene al quale teniamo tutti (anche se a ben vedere qualche pazzo scatenato che soffia continuamente sul fuoco delle guerre – anche civili – c’è sempre), ma l’imbarazzo che deriva dalla constatazione che non esiste ancora nessuna risorsa migliore dell’uomo col fucile per tutelarla ha portato a inventare l’ossimoro del “soldato di pace”, chiara contraddizione in termini, vuota affermazione retorica priva di significato. Un po’ come “paese denuclearizzato” o “città della pace” che campeggia sui risibili cartelli stradali di tanti nostri borghi più o meno di provincia.

Inoltre, tale aggettivazione lascerebbe intendere che in essa risiede la vera nobiltà del militare di oggi, quasi fosse una giusta presa di distanza da chi non poteva fregiarsene, i nostri vecchi: quelli che abbiamo ricordato l’anno scorso in occasione del centenario della Vittoria; quelli che erano i destinatari di antichi monumenti nelle nostre piazze, inaugurati alla presenza di vedove ed orfani commossi ed oggi spesso oltraggiati da imbrattamuri senza fantasia consapevoli della propria impunità; quelli che tra di loro si consideravano camerati, o commilitoni per usare un nobilissimo termine coniato da Cesare stesso, e non colleghi, come con civetteria è in voga oggi anche a livello truppa; quelli che non avevano bisogno di travestirsi da “soldier of fortune de noantri” con tutti gli ammennicoli del caso: berrettino da baseball e pecetta nera ad occultarne gli occhi nelle foto, come si trattasse di agenti dei Servizi in missione speciale e non di spavaldi rappresentanti di un paese grande e pulito.

La negatività di questo approccio culturale diventa, se possibile, ancora più odiosa quando applicata alla categoria dei “Caduti”, quando il soldato che perde la vita in operazioni viene commemorato e onorato soprattutto perché “Caduto per la pace”, quasi che non bastasse il fatto che abbia sacrificato tutto “solo” per il Dovere. Ne consegue un’indotta graduatoria morale, per la quale il soldato caduto semplicemente in guerra ottanta o cent’anni fa sarebbe meno meritevole del nostro affetto e della nostra riconoscenza di quello che ha perso la vita distribuendo aiuti umanitari o prendendosi a fucilate col talebano di turno.

Per concludere queste riflessioni nelle quali ho voluto parlare solo di parole – dalle quali peraltro derivano deviazioni, e malattie, che intaccano la realtà – vorrei soffermarmi su un’altra idea falsata, per la quale le Forze Armate sarebbero semplici strumenti per fronteggiare ogni (ogni!) situazione di emergenza, ovunque si manifesti. E’ il precetto del “doppio uso”, termine utilizzato come una clava per convincerci che altro non sarebbero che una specie di Protezione Civile più o meno “militarizzata”, pronta ad intervenire dopo la prima scossa di terremoto e solo in ultima istanza in contesti bellici, dai quali il dettato costituzionale ci metterebbe al riparo, con un semplice artifizio retorico. Un ribaltamento di prospettiva incredibile, se si tiene conto che è solo grazie all’addestramento all’impiego in contesti bellici che le Forze Armate, soprattutto l’Esercito, furono in grado in passato di prestare la propria entusiastica e meritoria opera di soccorso alle popolazioni vittime di calamità e di proporsi quale esempio per chi sentì finalmente il bisogno di dotare l’Italia di una Protezione Civile efficiente. Si è, così, persa l’occasione di affermare semplicemente che le Forze Armate sono uno dei principali strumenti di Politica Estera del nostro paese, con il quale l’Italia può affermare i suoi interessi, funzione essenziale e non delegabile ad altri nel momento storico attuale. E chi conosce il rispetto e anche l’ammirazione che i nostri militari si sono guadagnati in tutto il mondo, sa di cosa parlo. Dovrebbero saperlo anche coloro che per motivi banalmente politici hanno l’onore di esserne al vertice, seppur temporaneamente; ma questa è un’altra triste storia.

Lungi dall’aver la pretesa di rappresentare, in tale contesto, lo strumento risolutivo per ogni situazione, i nostri uomini dovrebbero essere quindi considerati, in Afghanistan come in Libano, Somalia, Iraq, Niger o Libia, degli ottimi “alzatori di palla” che altri potrebbero e dovrebbero “schiacciare” nell’interesse di tutti, e l’osservazione di quello che fanno al proposito altri Paesi a noi molto vicini potrebbe essere illuminante.
Insomma, per quel che ci riguarda, per sostenere questa realtà e quella nella quale i nostri soldati vivono ogni giorno, pericolosamente, il primo dovere che dobbiamo rispettare è quello di coltivare una freschezza e chiarezza di idee che non può essere disgiunta da un corretto uso delle parole.
Che non sono solo fiato al vento, ma pietre, come sanno anche i sassi (appunto!).

Marco Bertolini

Dal Mondialismo al Popolo Sovrano (Conversazione con la Redazione), di Vincenzo Bellisario

Dal Mondialismo al Popolo Sovrano (Conversazione con la Redazione)

 

Dal Mondialismo al Popolo Sovrano, nella sostanza, potrebbe essere una variante “alternativa” dell’ultimo libro pubblicato da Vincenzo Bellisario: “Contrordine Globale – Dal Mondialismo al Sovranismo” (Racconto di un Sogno possibile)…

Vincenzo, nel suo ultimo libro, è molto diretto. Afferma: «Il principale fine di questo saggio non è quello di aggiungere troppa “carne al fuoco”, ma quello di fornire una rilettura/semplificazione ai minimi termini dei massimi eventi degli ultimissimi anni, che, in più di un caso, hanno colpito ed affondato “i globali”; i massoni “deviati”… che, negli ultimi 30-40 anni, hanno preso in mano il Mondo, di fatto, “privatizzandolo”, portandoci all’orrore quasi totale della nostra quotidianità, che, per fortuna e pian piano, sta cercando di raddrizzare il tiro… e questo proprio grazie alla cosiddetta “trazione populista”, che, “i globali” – i massoni “deviati” -, attraverso i loro portavoce (i “politically correct”), ci dicono essere criminale, assassina, nazista, fascista, populista, mafiosa, razzista, xenofoba, retrograda, provinciale, sessista, vecchia, bifolca… Perché? Semplicemente perché hanno paura di perdere il potere assoluto».

Individua una specifica categoria (i “politically correct”, quelli del “politicamente corretto”…), che, come afferma, è quella “specifica area” che coloro che Lui definisce massoni-globali-“deviati” utilizzano per far sì che il dominio quasi assoluto di questi ultimi rimanga tale… Scrive: «I burattinai, coloro che gestiscono questo impressionante e pericolosissimo Esercito di parassiti, violenti ed ipocriti (parlo, ovviamente, di coloro che Marcello Veneziani definisce i “politically correct”, quelli del “politicamente corretto”… la Sinistra mondiale, i ricchi e i figli dei ricchi… quelli della “caviale e champagne”… coloro che hanno una visone del Mondo e delle cose, solo ed esclusivamente teorica, e non pratica… coloro che parlano solo ed esclusivamente per sentito dire…, per intenderci meglio…), hanno eccessivamente forzato la mano: si sono spinti molto oltre, rendendo poveri anche tantissimi di coloro che avevano avuto la possibilità di conoscere e vivere il benessere; tantissimi di coloro che appartenevano alla ormai quasi sepolta classe media, di cui l’Italia vantava il primato assoluto… nel Mondo.

Ecco perché le super-oligarchie mondiali, temono, per la prima volta, di perdere il potere assoluto: perché svariate centinaia e centinaia di milioni di persone che appartenevano alla classe media e che avevano sempre preso per oro colato tutto quello che veniva comunicato attraverso l’informazione ufficiale e che improvvisamente ed “inaspettatamente” sono scivolate verso il basso, si sta lentamente risvegliando; stanno lentamente uscendo da quel coma quasi irreversibile, talvolta voluto e talvolta non voluto, inconsapevole, in cui avevano silenziosamente vissuto per svariati anni; nel benessere…

Voglio dire questo: la povertà, per svariate centinaia e centinaia di milioni di persone che non avevamo mai creduto alla povertà, si sta quasi rivelando un “bene”. Questo perché un ricco può anche in parte credere a quello che legge o ascolta e che riguarda la povertà, ma, una cosa è viverla la povertà, altra cosa e sentirne parlare in TV o leggerla sui giornali. Loro, i burattinai, i massoni “deviati”, come affermavo: hanno eccessivamente forzato la mano, si sono spinti molto oltre. Adesso, a parte i “morti perenni” (tutti coloro che sono nati e cresciuti nella povertà, coloro che non contano e, molto probabilmente, non conteranno mai… spero, ovviamente, di sbagliarmi, e, nel mio piccolo, di invertire questa schifosa, insopportabile ed intollerabile “tendenza”…), c’è questo impressionante Esercito di ex benestanti, che, si sta pian piano muovendo/risvegliando…

Il Mondo, fortunatamente, sta lentamente lavorando per tornare alla “normalità”, ma la strada è sicuramente molto lunga e non semplice. Questo perché i “globali” (gli attuali padroni di gran parte del Mondo, i massoni “deviati”…) hanno eccessivamente forzato la mano: hanno esagerato, fino all’inverosimile.

Utilizzando un’espressione del giornalista Paolo Barnard: “Hanno reso plausibile l’impossibile…” La guerra, ovviamente, è appena iniziata…

Nessuna risorsa/forza che vira nella direzione opposta alla costruzione masso-globale-“deviata”, quindi, deve essere “abbandonata”…»

Cita, nell’Introduzione al libro, un convegno su “Sovranità e Globalizzazione”, tenutosi a Milano, assieme ad oratori del calibro di Ted Malloch (diplomatico, fedelissimo di Trump), Giulio Tremonti (più volte Ministro dell’Economia), Thomas Williams (professore di Filosofia presso l’Università Saint Thomas di Roma e direttore per l’Italia dell’Agenzia Breitbart), Giuseppe Valditara (professore ordinario di diritto privato romano) ed altri, nel maggio del 2017, dove era presente anche Marcello Foa, che definisce uno dei massimi intellettuali italiani (scrittore, giornalista ed attuale Presidente della RAI).

Questo convegno, secondo Bellisario, «risulterà essere tra i più importanti, in Italia e in Europa, in termini culturali, in sostegno di quel qualcosa di assolutamente “diverso” da quello che i signori “globali” ci hanno prospettato ed inculcato negli ultimi 30-40 anni, in Italia e nel Mondo (in primis nell’Eurozona e nell’Unione Europea); quel qualcosa di cui abbiamo assolutamente bisogno, per ritrovare la nostra la dignità come Popoli, e come singoli».

Bellisario condivide anche in maniera quali totale l’appello di Marcello Veneziani, lanciato in data 2 gennaio 2019, con il pezzo “Per una rivoluzione conservatrice”.

Scrive Veneziani: «Signori della Grande Stampa e della Tv, venditori di almanacchi e di oroscopi politicamente corretti, l’annuncio che avete dato a reti unificate è una bufala: il sovranismo non è finito dopo l’euro-accordo con Bruxelles sulla Manovra. Semplicemente non è ancora cominciato. Lo dico anche ai suoi fautori; il compito per l’anno neonato è far nascere un vero, maturo, duraturo, sovranismo. Ossia un governo che governi nel nome del popolo sovrano e dell’amor patrio, che decida come sa decidere un governo davvero sovrano, che sappia anteporre gli interessi generali e nazionali a quelli settoriali e particolari e stabilisca il primato della politica e della comunità nazionale sulla finanza e sulla tecnocrazia globali». Quindi, sempre Marcello Veneziani, conclude in questo modo: «Da troppo tempo noi italiani, noi osservatori, siamo seduti a vedere i fuochi d’artificio, limitandoci solo a mettere e togliere i like e le faccine. E “loro” che fanno e dicono solo per conquistare quei like, quelle faccine. È tempo di fare un passo avanti, sporgerci di più, rimetterci in gioco, esigere e orientare una rivoluzione conservatrice. Altrimenti non fallisce solo un governo, e una formula, ma si spegne una comunità, anzi una civiltà. Mi piacerebbe che questo compito fosse la nostra verità. Qui comincia l’avventura…»

Vincenzo modificherebbe esclusivamente il concetto di “rivoluzione conservatrice” in “rivoluzione sovranista”. Questo perché, afferma: «I concetti di Destra e di Sinistra appartengono ormai al passato remoto; sono vecchi di almeno 40-50 anni, se si pensa all’Italia. Se si guarda ad alcuni contesti occidentali più avanzati, i concetti di Destra e Sinistra sono superati da molto più tempo». Inoltre, per quanto guarda bene ad eventuali prossimi incontri a riguardo, crede, allo stesso modo, che la stoccata finale, più ampia e pubblica, bisognerà lanciarla tra la primavera del 2022 e quella del 2023; quando, appunto, si terranno le elezioni politiche e quando per l’appunto avremo, finalmente e dopo trent’anni di dominio assoluto del PD al Quirinale, una persona che Lui definisce “AMICO del POPOLO”, quindi, non amico dei “mercati”… Per “mercati”, naturalmente, intende i “mercati” dei capitali finanziari tanto cari ai dirigenti ed ai militanti piddini, bonini e boldrini, quindi, all’attuale Presidente della Repubblica, che altro non è se non un esponente di questi Partiti: da loro proposto ed eletto al Quirinale…

Parla di «una persona amica assieme al quale tutto sarà possibile; ogni eventuale scelta, anche quelle che per ora qualcuno farebbe passare come “estreme”»…, e conclude: «Il concetto di “rivoluzione conservatrice” potrebbe apparire come un qualcosa di vecchio e potrebbe non essere compreso da tutti. Quello di “rivoluzione sovranista”, invece, è un concetto molto più ampio; un qualcosa che già ad oggi, sommando l’area di Governo con altre formazioni minori (tipo Fratelli d’Italia ed innumerevoli altre forze minori sovraniste di ogni area), conta quasi il 70% degli italiani». Non per caso, fa notare Vincenzo: «Oggi, tal Massimo D’Alema, si rivolge a Calenda dicendogli quanto segue: “La malattia è il Neoliberismo, non il Sovranismo”… Tal Massimo D’Alema conosce bene la proporzione della ennesima mazzata che prenderanno nel 2023… Ecco perché cerca di “deviare”… ma per loro il tempo è scaduto, come è scaduto per Berlusconi, che, oggi, assieme alle sue “amichette di merenda” e di Partito (Bernini, Gelmini e Carfagna), cerca di imitare il PD et similia, per provare a ritagliarsi uno spazio… TEMPO SCADUTO!…»

Poi, si spinge oltre, con altri ragionamenti “esterni”, e cita i dirigenti e la quasi totalità dei militanti piddini, bonini e boldrini. Afferma: «Se non sei con loro, sei contro di loro… quindi, nella più ottimistica delle ipotesi, sei un “FASCISTA”… altrimenti, quanto segue: un criminale, assassino, nazista, populista, mafioso, razzista, xenofobo, misogino, retrogrado, provinciale, sessista, vecchio, bifolco»…, ed aggiunge, marcando assai bene le differenze: «Una volta, loro, i dirigenti e i militanti piddini, bonini e boldrini, erano quelli della Sinistra… gli altri, invece, quelli “Brutti, sporchi e cattivi” (come scriveva Ettore Scola e magistralmente interpretava il Gigante Nino Manfredi), erano quelli della “Destra”».

Quindi, rivolto ai dirigenti ed ai militanti piddini, bonini e boldrini: «Per circa 25 anni, avete accusato “quella persona” di ogni male possibile e di ogni tipologia di reato possibile; avete accusato e considerato “quella persona” un CRIMINALE… non solo “quella persona”, ma anche tutti coloro che appoggiavano e votavano la parte politica di “quella persona”… Che poi, però, a pensarci bene ed a voler essere onesti fino in fondo, prima di accusare la parte politica di “quella persona” di ogni CRIMINE possibile ed immaginabile, accusaste tutte le persone che hanno preceduto la parte politica di “quella persona” (Leone, De Gasperi, Andreotti, Fanfani, Spadolini, Forlani, Moro, De Mita, Almirante, Craxi, Cossiga, Martelli… ed ovviamente anche Falcone e Borsellino… E sì: questo perché, Falcone e Borsellino, si erano “permessi” di essere vicini – se non erro, “addirittura”, tesserati – ad un Partito che ai tempi rispondeva al nome di Movimento Sociale, quel Partito che i dirigenti e i militanti piddini, bonini e boldrini definivano e definiscono “FASCISTA”…). Inoltre, sempre se vogliamo essere onesti fino in fondo, non accusaste solo “quella persona”, ma anche la moglie e i figli di “quella persona”; non accusaste solo “quella persona”, ma anche i collaboratori e gli amici di “quella persona”; non accusaste solo “quella persona”, ma anche le aziende e gli averi di “quella persona”… Insomma, potremmo continuare in eterno riguardo a tutto quello che i dirigenti e militanti piddini, bonini e boldrini hanno detto e fatto contro “quella persona”… Oggi, dopo che ormai la parte politica di “quella persona” è completamente “MORTA”, sepolta e fuori dai giochi, vorreste farci credere che il problema non è più la parte politica di “quella persona” e “quella persona” (quindi tutti coloro che avete considerato vicini a quella persona… Leone, De Gasperi, Andreotti, Fanfani, Spadolini, Forlani, Moro, De Mita, Almirante, Craxi, Cossiga, Martelli… ed ovviamente anche Falcone e Borsellino… E sì: questo perché, Falcone e Borsellino, si erano “permessi” di essere vicini – se non erro, “addirittura”, tesserati – ad un Partito che ai tempi rispondeva al nome di Movimento Sociale, quel Partito che i dirigenti e i militanti piddini, bonini e boldrini definivano e definiscono “FASCISTA”…), ma altre tipologie di parti politiche ed altre persone… TEMPO SCADUTO!…»

N.B. “Quella persona”, naturalmente, non può che essere “LUI”: Silvio Berlusconi…

Chiede, ai dirigenti ed ai militanti piddini, bonini e boldrini: «Come mai non avete mai citato e/o indicato come “cattivi” gli imprenditori et similia Rothshild, Rockefeller, Buffett, Soros, Clinton, De Benedetti, Marcegaglia, Montezemolo, Benetton, Della Valle, Agnelli, Profumo, Passera, Elkan, Cairo (la lista è lunghissima!)?…»; «Come mai non avete mai citato e/o indicato come “cattivi” gli Andreatta, i Ciampi, i Draghi, gli Scalfaro, i Padoa Schioppa, i Napolitano, i Costamagna, i Monti, i Prodi, i D’Alema, i Cottarelli, i Padoan, i Letta ed innumerevoli?…»

Cita anche Berlusconi, ed afferma: «Dissero che chi votava per Silvio Berlusconi, era di “Destra”; era “cattivo”… questo provavano a far passare all’interno dei loro innumerevoli contesti mediatici e di massa (per la verità, li definivano direttamente “fascisti”, but, anyway…); gli altri, invece, loro, piddini, bonini e boldrini, erano quelli della Sinistra (quelli “buoni”, of course… quelli “rispettosi” della Costituzione… quella Costituzione che poi, guarda te, decisero di stravolgere, ma furono fortunatamente demoliti dai cittadini). Loro ci chiesero di “archiviare” la Destra e Berlusconi, per 25 anni, ininterrottamente… tutti noi, alla fine, ci abbiamo veramente “creduto” e li abbiamo accontentati… ecco perché sono nati i Sovranisti e i Mondialisti».

Letteralmente: «Il Sovranismo (dal francese souverainisme) è, secondo la definizione che ne dà l’enciclopedia Larousse, una dottrina politica che sostiene la preservazione o la ri-acquisizione della Sovranità nazionale da parte di un Popolo o di uno Stato, in contrapposizione alle istanze e alle politiche delle Organizzazioni internazionali e sovranazionali»; il Mondialismo, invece: «È un Movimento di carattere politico-sociale o atteggiamento di pensiero che considera i varî fenomeni politici, economici, culturali, sociali, eccetera, come espressione di una serie di complessi equilibrî e relazioni tra i diversi Stati, e non come manifestazione di singole componenti nazionali».

Ancora: «Una volta, quelli di Sinistra, dicevano che quelli di Destra erano i Mondialisti, in quanto Capitalisti legati alle multinazionali, alle banche, ai “poteri loschi”, ai soldi ed a quelli “Brutti, sporchi e cattivi” di cui sopra (loro, in teoria, quindi, erano i Sovranisti; quelli che non erano legati alle multinazionali, alle banche, ai soldi, ai “poteri loschi” ed a quelli “Brutti, sporchi e cattivi”… ai MASSONI… loro si accontentavano di poco – vedi le manifestazioni del G7 del 2001, a Genova!). Oggi, invece, sono quelli di Sinistra che dicono apertamente e “fieramente” di essere Mondialisti… Inoltre, come se non bastasse, tantissimo di loro ti dicono tranquillamente di essere anche Capitalisti e ti spiegano che senza gli investitori internazionali ed i capitali esteri, le cose non si muoverebbero. E promuovono anche ed alla grande le delocalizzazioni, ed addirittura, nelle scuole, lo insegnano ai bambini. Sono coloro che ti dicono che “una buona percentuale di disoccupazione fa bene all’occupazione ed all’economia”; sono coloro che hanno imposto la deflazione, affermando che l’inflazione è uno dei mali assoluti…

Gli altri, invece, sono i Sovranisti, gli “sfigati”, coloro che vorrebbero “chiudersi”; che non hanno la mente aperta; che non saprebbero rapportarsi; coloro che vorrebbero “semplicemente” recuperare ogni tipologia di Sovranità (Costituzionale, monetaria, politica, tutte…) per stare bene a casa loro; coloro che dicono rabbiosamente che vogliono tornare a decidere per se, a casa loro; coloro che non accettano più, MAI PIU’, che “altri” (“gli altri”, sono i massoni, parliamoci chiaro!) possano decidere per loro; coloro che vorrebbero applicare la Piena Occupazione, il Pieno Stato Sociale, quindi, distribuire a tutti gli “interni” i Pieni Diritti senza “contare” sugli altri; coloro che ti dicono che non esiste che ci possano essere inoccupati, disoccupati, precari, persone senza fissa dimora, senza reddito, gente che non può curarsi perché non ha soldi o altro di ancora più triste; coloro che vorrebbero nuovamente stampare denaro ed “addirittura” fare deficit… e tranquillamente anche “debiti” ed inflazione; coloro che guardano al Giappone, per citarne uno, che ha un debito/PIL al 250% e “viaggia” di brutto e non al Congo, che, all’opposto del Giappone, ha un debito/PIL a meno del 20% ed andate pure a verificare da soli come “viaggia”; in pratica, NON “viaggia”; i Mondialisti, invece, sono quelli che vogliono far sì che i Paesi europei, per “funzionare meglio”, come il Congo, per esempio, debbano portare il loro debito/PIL al 60%… e perché no: anche sotto il 60%… ed ovviamente devono pareggiare il bilancio – vedi il Fiscal Compact -, meglio ancora se fanno “surplus” (che in pratica significa che dovrebbero spendere meno di quello che incassano; cioè: dovrebbero comportarsi all’opposto di come si “muove” uno Stato ed allo stesso modo di come si “muove” un privato cittadino… ma lo Stato si “muove” all’opposto del cittadino, quindi, non può fare il cittadino, esattamente come il cittadino, che si “muove” all’opposto dello Stato, non può fare lo Stato, altrimenti, crollano entrambi… gioco di parole voluto, ma spero che il concetto sia chiaro!…); i Sovranisti sono coloro che all’opposto dei Mondialisti ti dicono che la disoccupazione è il massimo “CANCRO” della nostra società, quindi, va STANATA; inoltre, ti dicono che è sempre meglio avere un po’ di inflazione, piuttosto che la deflazione (inflazione: troppi soldi a fronte di pochi prodotti; deflazione: pochi soldi e tanti prodotti che rimangono invenduti… quindi, blocco della produzione, licenziamenti di massa, disoccupazione, sottoccupazione, precarietà e lavoro mal pagato, perché tutti sono disposti a tutto pur di lavorare e guadagnare qualcosa… ecco perché tale Francois Mitterand, anni fa, affermava: «La gente deve togliersi di mezzo. La piena occupazione darebbe troppo potere al popolo. La deflazione, la disoccupazione e i lavori precari, invece, glielo sottraggono»); i Sovranisti, invece, sono coloro che non vogliono più dipendere e “contare” dagli “esterni”… coloro che ti dicono che certo, per tante cose, non si torna indietro, ma, per ogni cosa, decido io, non tu, “esterno”; e che tu, “esterno”, tu massone o servo dei massoni, puoi tranquillamente investire e/o altro, se noi si decide per una eventuale crescita del settore privato; coloro che ti dicono che tu, “esterno”, tu massone o servo dei massone, puoi tranquillamente investire e/o altro, se noi si decide per questo, ma dimenticati dei servizi essenziali, dei beni pubblici (acqua, luce, gas, trasporti, sanità, istruzione…): quelli assolutamente devono essere pubblici; coloro che ti dicono che non esiste che tu, “esterno”, tu massone o servo dei massoni, puoi acquistare un azienda EX pubblica INDISPENSABILE per quattro soldi e che rendi “utili” eterni (vedi, per esempio e per citarne una, quindi, per essere chiaro e per capirci meglio di cosa stiamo parlando… Insomma, vedi Autostrade SPA, acquistate dalla famiglia Benetton, azienda INDISPENSABILE e di proprietà EX pubblica, che rendono a questi – ai Benetton – alcuni miliardi di EURO di “utili” ogni anno…); coloro che ti dicono che è meglio non appoggiarsi a nessuno, perché “Se ti appoggi a qualcuno, ricorda, che se si sposta, tu cadi”…; coloro che ti dicono che onestamente, a me, di tutte le varie oscillazioni mondiali, di tutte le “variante” multinazionali, bancarie, assicurative e quant’altro, e di tutti i movimenti e flussi dei cosiddetti “mercati” finanziari… non m’interessa!…; coloro che ti dicono che tutte queste realtà, possono anche e tranquillamente continuare ad esistere, ma, devono completamente essere “slegate” da ogni contesto che riguarda lo Stato, il Governo, la produttività, la famiglie, la vita delle persone. Volete giocare con i “mercati”? Fatelo pure: come quando giocate al bingo… se va bene, okay, altrimenti: il problema è vostro, personale, esclusivamente vostro, quindi, non è il problema di tutti… Loro chiesero di “archiviare” la Destra, tutti noi, alla fine, ci abbiamo veramente “creduto” e li abbiamo accontentati… ecco perché sono nati i Sovranisti e i Mondialisti; ecco perché i concetti vecchissimi di Destra e di Sinistra sono stati ormai definitivamente archiviati.

I Mondialisti, sono loro, i dirigenti e i militanti piddini, bonini e boldrini (ma anche, ormai, una buona parte degli irrilevanti “forzisti”…), quelli che una volta erano di Sinistra e “sovranisti”… I Sovranisti, invece, sono tutti i tantissimi altri; parliamo di quasi il 70% del Popolo italiano, europeo e mondiale. Loro, ovviamente, i Mondialisti, i dirigenti e i militanti piddini, bonini e boldrini (ma anche, ormai, una buona parte degli irrilevanti “forzisti”…), sono quelli che hanno capito tutto. Gli altri, invece, i Sovranisti, semplicemente, sono quelli che non hanno capito NULLA…

Ecco perché la stragrande maggioranza ha votato e vota per la Lega e i 5S… ecco perché dobbiamo continuare ad accontentarli… ecco perché bisogna continuare ad appoggiare “a morte” il Governo sostenuto dalla Lega e dai 5S… ecco perché bisognerà continuare a sostenere e votare i due Partiti che sono attualmente al Governo (Lega e 5S)… semplicemente, perché ce l’hanno chiesto proprio “loro”; i dirigenti e i militanti piddini, bonini e boldrini…

Detto questo, però, vorrei anche dire ad alcuni dei 5S quanto segue: o con “loro” (dalla parte del Mondialismo e dei Mondialisti…), oppure, dall’altra parte: dalla parte del POPOLO SOVRANO…

Non si può la mattina essere con il POPOLO SOVRANO e la sera dalla parte del Mondialismo e dei Mondialisti… Altrimenti, a breve, i vostri militanti, vi condanneranno all’estinzione…»

«Non fatevi “fottere” dai massoni, dai paramassoni e dai loro “amici di merende” inseriti all’interno di tutte le Istituzione mediatiche e di massa che si sono già messi al lavoro per provare a “deviare” questi due concetti fondamentali ed opposti», afferma. Ancora: «I Mondialisti sono coloro che ti dicono quanto segue: “Faccio io per te, perché io so come si fa, tu, invece, non lo sai”; sono quelli che ti dicono che “La Democrazia è una forma di Governo sbagliata, perché è assurdo che siano le pecore a guidare il pastore” (Mario Monti); sono quelli che ti dicono che “Gli Stati e i  Governi – quindi le Costituzioni e i Parlamenti – sono superati”. Uno dei tanti Mondialisti? Mario Monti, of course. La “pensano” in questo modo: “Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario… È chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale, possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata” (Mario Monti).

I Sovranisti, invece, semplicemente, sono coloro che decidono volta per volta e si affidano alla “base”; sia durante il percorso di legge e senza alcun problema anche dopo che una legge è stata approvata, per esempio, con un bel Referendum… I Mondialisti, invece, odiano i Referendum… Ve la ricordate BREXIT? Vi rinfresco le idee: “Brexit mi è servito anche a capire che in giro c’è tanta gente che reputa il Popolo incapace di intendere e votare”; “Monti, Saviano, e molti altri, sottolineano che il Popolo non necessariamente fa le scelte giuste. Ciò accade solo raramente, e, precisamente, quando queste scelte coincidono con le loro”; “L’Inghilterra e Londra, sono passate, secondo la stampa occidentale, in 48 ore, da simbolo di integrazione, libertà, multiculturalismo e quant’altro, a Covo di fascisti, nazisti, razzisti, vecchi, bifolchi”; “L’odio per l’esito di un Referendum Democratico, che da due giorni gli europeisti stanno vomitando in ogni mezzo di comunicazione e sui social, guidati dai vari Mario Monti, Saviano, Severgnini e compagnia, fa paura”…»

Poi si rivolge agli “iper-sovranisti”, quelli che vorrebbero fare tutto e subito e che onestamente hanno anche ragione, considerando lo sfacelo sociale ed umano italiano in piedi ormai troppi anni. «Io sono tra questi – afferma – ma, a differenza degli “iper-sovranisti”, tengo conto di una serie FONDAMENTALE di cose… Gli “iper-sovranisti” dimenticano alcuni “fattori”: al Quirinale, c’è “uno di loro”. Stessa cosa, per Bankitalia. Stessa cosa, alla Consulta, al CSM, all’interno di tutte le “Alti Corti”, in Confindustria, CGIL, CISL, UIL, quasi ovunque…

Inoltre, l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, avverrà solo nel 2022…»

Vincenzo considera il “Sovranismo” come «una sorta di auto-difesa dal CANCRO mondiale, irreversibile e criminale, dei signori “globali” – i massoni “deviati” -, che, di fatto, negli ultimi 30-40 anni, hanno “privatizzato” il Mondo (impossessandosi di tutto il meglio; impossessandosi dei servizi indispensabili, che rendono profitti eterni e che dovrebbero essere pubblici, di proprietà degli Stati nazionali; perché appunto indispensabili, per i cittadini…) e si sono sostituiti ai Governi, ai Parlamenti ed alle Democrazie… ed hanno fatto e fanno tutto quello che vogliono, in maniera assolutamente incontrollata ed indisturbata; come vogliono, dove vogliono e quando vogliono». Quindi, afferma: «Ecco perché il ritorno al “Sovranismo”; ecco perché bisogna andare dalle parte opposta a quella che ci hanno prospettato negli ultimi 30-40 anni i vari Soros, Van Rompuy, Junker, Barroso, Trichet, Merkel, Sarkozy, Napolitano, Andreatta, Draghi, Monti, Prodi, Padoan, Bonino ed il 99.9% di tutti i media a loro asserviti mondiali ed europei; ecco perché bisogna tornare ad essere padroni in casa propria, riprendersi le “chiavi di casa”, riappropriarsi delle Sovranità – per tutti coloro che come noi le hanno perse -, quindi, non cederle…  è una “medicina” indispensabile… la cura dai mali “esterni” e la soluzione per tutti i mali “interni”; una sorta di difesa immunitaria indispensabile. Senza “difese”, in questo Mondo zeppo di “malattie finanziarie” costruite ad hoc dai “globali-deviati”, si muore: non c’è alcuna speranza (parliamo sempre delle malattie costruite ad hoc dai “globali-deviati” per affondare i Popoli ed impadronirsi e sostituirsi agli Stati, ai Parlamenti ed alle Democrazie, in modo da impossessarsi di tutti i beni EX pubblici ed indispensabili, che, in quanto tali, garantiscono profitti eterni: sanità, istruzione, pensioni, acqua, luce, gas, trasporti, telefonia ed altro… per citarne una e, purtroppo, molto tragica: perché, la famiglia Benetton, ha acquistato la Società Autostrade?… Forse perché forniva e fornisce almeno due miliardi di Euro di utili all’anno?… Perché, invece, la famiglia Benetton, non ha acquistato le fabbriche che producono bottigliette di plastica, tappi di sughero o gessetti per le lavagne?… E perché, allo stesso tempo, lo Stato, che ci dicevano che aveva bisogno di soldi, e, quindi, per forza di cose, avrebbe dovuto vendere, privatizzare e liberalizzare, privatizza aziende che forniscono utili da capogiro?… E perché, nonostante le impressionati privatizzazioni, il debito, che avrebbe dovuto scendere, è salito di svariate centinaia, centinaia e centinaia di miliardi di Euro – e continua a salire incessantemente, nonostante i pesantissimi sacrifici di quasi tutti – ed il “normale” privato cittadino ha continuato e continua ad impoverirsi, senza sosta, a discapito dei grandi ricchi, che hanno acquistato le aziende private e sono diventati ricchissimi; intoccabili…? E perché le aziende pubbliche, che ci dicevano che erano obsolete, sono diventate degli “scatafasci”, quasi tutte, ed i prezzi dei servizi, che, dopo le privatizzazioni, ci dicevano che sarebbero scesi, nel giro di pochissimi anni, si sono triplicati – TUTTI – ed i servizi sono peggiorati?… CAPITE!?)…»

Ancora, agli “iper-sovranisti”: «Giulio Sapelli avrebbe dovuto essere il nostro attuale Presidente del Consiglio e Paolo Savona il nostro attuale Ministro dell’Economia… Detto questo: davvero riuscite ad immaginare che chi ha “fatto fuori” Giulio Sapelli e Paolo Savona possa collaborare con il Governo, magari in “gioco di squadra” segreto e rapido, per esempio in un weekend, quando i cosiddetti “mercati” sono chiusi, in modo da fare tutto quello di cui avremmo eventualmente bisogno?… » E conclude: «Bisogna avere molta pazienza, ed arrivare alla fatidica data: il 2022… giorno in cui al Colle, dopo trent’anni di dominio assoluto del PD, finalmente, inseriremo un “AMICO del POPOLO”…»

Quindi, ancora una volta (sempre rivolto ad alcuni dei 5S): «O con “loro” (dalla parte del Mondialismo e dei Mondialisti…), oppure, dall’altra parte: dalla parte del POPOLO SOVRANO…

Non si può la mattina essere con il POPOLO SOVRANO e la sera dalla parte del Mondialismo e dei Mondialisti… Altrimenti, a breve, i vostri militanti, vi condanneranno all’estinzione…»; e conclude: «Bisogna appoggiare “a morte” il Governo sostenuto dalla Lega e dai 5S… bisogna continuare a sostenere e votare i due Partiti che sono attualmente al Governo (Lega e 5S)… semplicemente, perché ce l’hanno chiesto proprio “loro”; i dirigenti e i militanti piddini, bonini e boldrini… i Mondialisti amici dei Mondialisti!…»

Il libro: http://www.edizionisi.com/libro_titolo.asp?rec=206&titolo=Contrordine_Globale&fbclid=IwAR0Wd8tT86kgRK8mZs5k6m_a1uybES8oK7s7UjrJUUJBa8Fz2PFI2EtGQt8

 

North Stream 2: il conflitto si sposta nell’Ue, di Piergiorgio Rosso

tratto da http://www.conflittiestrategie.it/north-stream-2-il-conflitto-si-sposta-nellue-di-piergiorgio-rosso

La saga del gasdotto North Stream 2 (NS2) continua e potremmo dire con una certa vivacità. Nel precedente articoloconcludevamo l’analisi con queste parole: “ … Si rinforza a nostro parere l’ipotesi secondo cui la via d’uscita che i tedeschi stanno esaminando prevede la costruzione del NS2 ma con una diversa regolazione dei gasdotti transnazionali, affidata ad organismi dell’UE” E’ quello che hanno concordato a livello UE Francia e Germania ma non senza colpi di scena significativi.

Mentre la costruzione del gasdotto procede con la posa di qualche kilometro di tubazione ogni giorno che passa, la cronaca recente ci racconta che è stata discussa tra i ministri dell’energia della UE una nuova proposta di legge (Direttiva) europea – sponsorizzata dall’UE, dalle nazioni di Visegrad e soprattutto … dagli USAche prevedeva l’estensione dell’applicazione dei principi di separazione societaria/proprietaria fra rete, operatore e venditore del gas naturale anche ai gasdotti internazionali che connettono l’UE a paesi terzi. Questa versione avrebbe affossato del tutto l’operatività del NS2 – forse la sua stessa costruzione – che saràutilizzato da Gazprom per vendere il suo gas, detenendone la quota maggioritaria. Gazprom mantiene a tutt’oggi il monopolio per l’esportazione di gas russo, garantito da una legge del Cremlino.

La Germania si è sempre opposta a tale versione rigida della proposta di Direttiva. La Francia aveva pochi giorni fa fatto sapere che l’avrebbe appoggiata, garantendone pertanto una prima approvazione nel complicato processo approvativo europeo. Un vero e proprio attacco frontale agli interessi strategici tedeschi. Sono bastate 24 ore affinché si addivenisse ad un compromesso, fra Francia e Germania, che prevede che sia lo Stato membro con il quale il gasdotto internazionale si connette per primo a “gestire la supervisionedell’applicazione della Direttiva sul suo territorio e nelle sue acque territoriali. Cosa abbia ottenuto la Francia in cambio non è dato sapere, ma trattandosi di questione di primaria importanza per la Germania – che ha annunciato di recente di voler dismettere tutte le centrali a carbone entro il 2038, mentre quelle nucleari saranno spente entro il 20122 – sicuramente non si tratta di quisquilie.

La Direttiva dovrà essere discussa nel Parlamento europeo nei prossimi mesi. La sua applicazione nella versione di compromesso non impedirà certo la costruzione del NS2, ma ne complicherà l’operatività dovendo questa essere vagliata dai burocrati di Bruxelles cui ovviamente la Germania si dedicherà con sapiente e generosa “solerzia”.

Inseriamo nel quadro politico-energetico la notizia secondo cui martedì scorso il ministro dell’economia tedesco Altmeier ha affermato davanti ad una platea di lobbisti industriali tedeschi ed americani, di sentirsi molto ottimista rispetto alla possibilità che la Germania si doti di due se non tre rigassificatori di GNL che potrebbe arrivare dagli Stati Uniti.

Per completare il quadro infine leggiamo la notizia del blocco della costruzione del gasdotto South Transit East Pyrenees(STEP) tra Francia e Spagna (vedi figura). In un’ottica di “unione energetica” questo gasdotto avrebbe permesso il collegamento dei terminali di rigassificazione del GNL spagnoli – oggi largamente sottoutilizzati – con il cuore della rete di gasdotti dell’Europa Centrale, un’iniziativa che avrebbe molto senso nell’ottica della diversificazione delle fonti e della sicurezza degli approvvigionamenti per le nazioni europee affamate di energia ed in crisi di produzione autoctona. Ma i regolatori spagnoli e francesi hanno decretato che il gasdotto non serve, è troppo costoso e non supera l’analisi costi-benefici! Più realisticamente si potrebbe pensare che la sua realizzazione avrebbe danneggiato il monopolista francese Engie da una parte e portato intollerabili vantaggi alla ribelle Catalogna dall’altra.

Possiamo concludere questa sintetica analisi notando che una effettiva unione energetica europea rimane una prospettiva irrealistica e solo retorica, mentre le principali e più assertive nazioni europee pensano – meglio sarebbe dire si illudono – che la propria sicurezza energetica possa essere raggiunta in modo più efficace e vantaggioso decidendo individualmente. Con l’effetto per nulla secondario che ognuna di esse si ritrova a dipendere ancora di più dell’egemone al di là dell’Atlantico, gli USA, che si impongono come vettori energetici di riferimento nell’Europa orientale – a costi superiori per i cittadini –  aprono nuove teste di ponte in Germania, alimentano a spot altri Paesi come Spagna e Italia e si impadroniscono di una rete chiave in Ucraina.

Italia, amaramente, non pervenuta.

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SOVRANISMO EUROPEISTA O “INTER-NAZIONALISMO” EUROPEO? UNA BREVE REPLICA A FRANCO CARDINI, di Fabio Falchi

SOVRANISMO EUROPEISTA O “INTER-NAZIONALISMO” EUROPEO? UNA BREVE REPLICA A FRANCO CARDINI

il link di riferimento http://italiaeilmondo.com/2019/02/18/per-un-sovranismo-europeista-di-franco-cardini-tratto-da-https-www-vision-gt-eu-wp-content-uploads-2019-02-ad_6_2019-pdf/
“Per un sovranismo europeista”* di Franco Cardini (uno degli intellettuali italiani più lucidi e capaci)  è certo un articolo che merita di essere letto, giacché, oltre ad evidenziare i gravi limiti di un “sovranismo” che rischia di configurarsi come una forma di nazionalismo “incapacitante” nell’attuale fase multipolare**, offre l’occasione per una riflessione critica sulla questione della costruzione di un autentico polo geopolitico europeo. Infatti, pure a Cardini si possono – e si devono – rivolgere diverse critiche. Vediamone brevemente alcune1) Cardini (ma non è il solo) pare non tener conto che civiltà e cultura si collocano su un piano distinto (benché non irrelato) da quello geopolitico. Ad esempio, la civiltà e la cultura greca erano imperniate sulle poleis che continuarono a farsi la guerra pure dopo la guerra del Peloponneso, finché le poleis dovettero riconoscere la supremazia del regno macedone.
Insomma, civiltà e cultura (europea) non bastano per dar vita ad un soggetto geopolitico (europeo).2) Cardini difende un sovranismo europeo, ma nulla dice del debito sovrano dei singoli Stati europei. Dovrebbe allora esserci un unico debito pubblico europeo? E la Germania che non ha voluto nemmeno gli eurobond accetterebbe? Quello che le banche tedesche e francesi hanno fatto alla Grecia non ha nulla da insegnare? Inoltre, è davvero possibile che un generale greco o italiano possa comandare la difesa europea, inclusa la force de frappe? E quale dovrebbe essere la politica estera dell’Europa? In altri termini chi deciderebbe? La Germania vuole un seggio all’Onu (e non ne vuole sapere di un seggio europeo) e la Francia non è certo disposta a rinunciare al suo. Come la mettiamo allora con il sovranismo europeo?
3) Cardini da un lato sostiene che l’Europa dovrebbe smarcarsi dai potentati economici e finanziari, che ritiene dei poteri “transnazionali”, dall’altro però pensa che per riuscirvi l’Europa si dovrebbe sganciare dall’America, ossia da uno Stato nazionale. La contraddizione è palese, perché in pratica questo equivale a riconoscere che i potentati economici e finanziari sono e non sono “transnazionali” in quanto di necessità “agganciati” a precisi centri di potenza (geo)politici, ossia in quanto non possono non agire in sinergia con uno Stato nazionale egemone o con più Stati nazionali (anti-egemonici o sub-dominanti), che del resto sono ancora i principali attori geopolitici sulla scacchiera globale. Difatti, solo gli Stati possiedono i mezzi di coercizione (satelliti, missili, aerei, navi da guerra, forze corazzate, servizi, polizia, tribunali, prigioni, ecc.) per “regolare” i rapporti internazionali. D’altronde, è forse possibile spiegare la guerra in Siria o il conflitto israelo-palestinese o lo scontro tra Israele e l’Iran o la questione dell’Ucraina o la guerra dell’Arabia Saudita nello Yemen o il terrorismo islamista e via dicendo “solo” con il potere della finanza o la geoeconomia? Ovviamente no. Qualunque riflessione sulla questione di uno spazio geopolitico europeo e della “sovranità nazionale” quindi dovrebbe perlomeno tener presente che per comprendere la realtà geopolitica occorrono non solo categorie economiche o “ideologiche” ma anche e soprattutto categorie politico-strategiche.D’altronde è noto che terminata la Seconda guerra mondale gli americani erano disposti ad appoggiare i vari movimenti nazionalisti del Terzo Mondo. Tuttavia dovettero riconoscere che pure i comunisti erano nazionalisti. Come allora giustificare la lotta contro il comunismo? Il problema lo risolsero sostenendo che i comunisti non erano veri nazionalisti.
In realtà, era vero l’opposto. Ho Chi Minh, ad esempio, era comunista ma pure nazionalista dalla punta dei piedi fino alla punta dei capelli, per così dire. Il fatto che i vietnamiti comunisti fossero nazionalisti  rappresentava la regola non l’eccezione per quanto concerne le varie lotte di liberazione dopo la Seconda guerra mondiale.
In questa prospettiva, si dovrebbe allora comprendere che oggi più che di un sovranismo europeista vi sarebbe bisogno di una lotta di liberazione nazionale dei popoli europei, ossia di una “Internazionale” dei popoli europei. In definitiva oggi essere “inter-nazionalisti” significa sia difendere il “senso di appartenenza” che opporsi al capitalismo predatore neoliberale ovvero opporsi tanto all’euro-atlantismo (mascherato da europeismo) degli eurocrati quanto all’imperialismo neoatlantista di Trump e Bannon.
*Vedi https://www.vision-gt.eu/platform-europe/per-un-sovranismo-europeista/?fbclid=IwAR3IuoODDScZH4zjsiWOZQ_P-Z5TEQBngxxQvY9hW4-rkPDEmVocx2lQD6g
** Tuttavia, si deve distinguere tra diverse forme di nazionalismo. Un conto è lo sciovinismo, che genera intolleranza e xenofobia, un altro il patriottismo, ovverosia la difesa del “senso di appartenenza” ad una terra, ad una cultura, ad un popolo. In quest’ultimo caso non si può certo parlare di nazionalismo ottuso, basti pensare alle lotte di liberazione nazionale.

Magistrati e politica. Con i piedi nel piatto, due chiacchiere con Augusto Sinagra

Il 28 febbraio si terrà il XXII congresso di Magistratura Democratica. Un buon osservatorio su cosa si muove negli ambienti giudiziari, su quale tipo di investitura intendono attribuirsi e su come intendono influire sulle vicende politiche del paese. Qui il link della relazione del segretario. Un testo particolarmente illuminante  http://www.magistraturademocratica.it/congresso/2019/relazione-guglielmi

Augusto Sinagra, già magistrato ed accademico, ora avvocato, con il suo consueto acume ci offre il suo punto di vista su un ruolo così controverso e determinante delle vicende del nostro paese. I magistrati e la magistratura in qualche maniera partecipano sempre del gioco politico tra centri decisionali. Le modalità con le quali però intervengono da almeno trenta anni contribuiscono a destabilizzare sin dalle fondamenta il paese sino ad ostacolare la formazione di una nuova classe dirigente. Intanto l’orologio giudiziario prosegue intermittente. Un nuovo avviso ha raggiunto il Ministro Salvini. Questa volta per vilipendio. Buon ascolto Giuseppe Germinario

31° podcast_ I terzi incomodi, di Gianfranco Campa

Dopo il Partito Democratico ed il Partito Rebubblicano è la volta dei terzi incomodi ad apparire sulla scena delle prossime elezioni presidenziali americane. Potrebbero essere l’ago della bilancia in grado di far pendere decisamente la bilancia a favore di uno dei due candidati principali. Più verso Trump, in caso di una sua ricandidatura, che verso il suo avversario democratico. Non solo! La loro apparizione quantomeno aumenterà le fibrillazioni appena sopite, nella compagine democratica, dall’avversione generale a Trump. La crisi dei due partiti apre comunque la strada verso mete inesplorate in quegli ambienti politici, compresa la possibilità di nuove formazioni. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

GIUDICI E GOVERNO, di Teodoro Klitsche de la Grange

GIUDICI E GOVERNO

A valutare la vicenda della Diciotti secondo i parametri (prevalenti nei commenti sui media) dell’ “uno vale uno” e della legalità (egualitaria) si perde solo tempo in discussioni senza senso e senza base. Meglio ragionare in termini a un tempo più realistici e più ordinamentali, e tener conto del pensiero politico-giuridico qualitativamente prevalente.

La questione è se Salvini (ma ormai mezzo governo) debba essere giudicato per aver tenuto la Diciotti e i suoi migranti “a bagno maria” non permettendone lo sbarco. A seconda dell’angolo visuale da cui si guarda la vicenda il tutto può costituire un reato (approccio giuridico-causidico-forenzese) ovvero una misura per la tutela di un interesse azionale (visione politico-ordinamentale). E può essere – e tante volte nella storia lo è stato – entrambi: un reato cioè, ma, al tempo. una misura politicamente opportuna. Scriveva Vittorio Emanuele Orlando (il quale da giurista e statista se ne intendeva)  che se avesse dovuto essere processato per tutti i passaporti falsi che aveva rilasciato da Ministro, avrebbe trascorso in galera tutta la vita. Solo che quei passaporti falsi “s’avevano da dare” per raccogliere le informazioni opportune per vincere la guerra. Ossia a rispettare la legge avrebbe compromesso l’interesse nazionale. E dato che salus rei publicae surtema lex, la via “retta” era (ed è) evidente.

Ciò non toglie che debba esserci un rimedio per conciliare le opposte conseguenze che derivavano dalla prospettiva (visuale) diversa.

Dato che lo Stato democratico-liberale è uno status mixtus che si regge sia sui principi di forma politica che su quelli dello stato borghese, il sistema per conciliare i punti di frizione è stato particolarmente sviluppato. E la giustizia penale sui politici è quella che ha raccolto più interesse anche “mediatico” da qualche secolo. Anzi già da prima Machiavelli scriveva che la giustizia “politica” è opportuna in una repubblica: ma di stare attenti alla composizione dell’organo giudicante “perché i pochi sempre fanno a modo de’ pochi”. Dalla riflessione dei teorici dello Stato borghese (Constant per primo) si desume che la giustizia “politica” non può che essere derogatoria: non cioè uguale a quella ordinaria. Ne deriva che secondo Carl Schmitt “il carattere politico della questione o l’interesse politico all’oggetto della controversia può venire così fortemente in risalto che anche in uno Stato borghese di diritto deve essere presa in considerazione la caratteristica politica di questi casi…per specie particolari di vere controversie giuridiche è previsto a causa  del loro carattere politico un procedimento speciale o una speciale istanza (in cui)… deriva sempre il caratteristico allontanamento dalla forma giurisdizionale tipica dello Stato di diritto, la considerazione del carattere politico attraverso particolarità organizzatorie o d’altro genere con le quali si attenuta il principio tipico dello Stato di diritto della giurisdizione generale”.

Se però tali deroghe e particolarità non sono poste in essere le conseguenze sono:

1) che l’organo competente a decidere diventa un’istanza politica o addirittura l’organo reale di direzione politica (così da ufficio giudiziario diventa autorità politica). Lo Stato non è più uno Stato democratico-rappresentativo, ma uno Justizstaat, ossia uno Stato giurisdizionale. E l’organo deputato alla giustizia politica è quello politicamente più influente come, un tempo il Consiglio dei dieci a Venezia.

2) che se i magistrati costituiscono una burocrazia reclutata per concorso – come avviene, per lo più, nelle democrazie moderne – il carattere democratico-rappresentativo dello Stato va perso. Avendo il potere di carcerare chi governa – nei fatti rimuovendolo – a decider chi deve governare sarebbero i Tribunali e non i governati che li hanno eletti.

Per ovviare a questo evidente inconveniente un giurista francese, Duguit, riteneva che l’organo di governo (nella specie il Capo dello Stato) potesse continuare a svolgere le proprie funzioni pur in stato di detenzione.

A questa soluzione Orlando replicava ironicamente: come avrebbe fatto il Presidente detenuto a ricevere un ambasciatore o anche un altro capo di Stato invece che all’Eliseo, “in una cella della prigione della Santé”?

E il giurista siciliano continuava qualificando impostazioni come quelle “aberrazioni, contro cui resiste la forza delle cose” cioè la realtà dell’istituzione politica, nella quale, con riguardo al problema, occorre conciliare il principio di responsabilità  con la necessità dell’inviolabilità (assoluta o relativa) di determinati organi dello Stato. Cosa che si realizza nella democrazia, rimettendo il giudizio sul governante ai governati, cioè al corpo elettorale, che come ha il potere di eleggerlo, così quello di rimuoverlo (direttamente o indirettamente).

Teodoro Klitsche de la Grange

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