Le tre emergenze imposte in questi ultimi tre anni, l’emergenza ambientale e la conversione energetica, la crisi pandemica, la crisi bellica in Ucraina ha messo a nudo le peculiarità fondative di questa Unione Europea le quali, più che valorizzare, tendono ad inibire le pulsioni e le aspirazioni di autonomia politica e pregiudicare le potenzialità di sviluppo dei paesi della comunità. Le liturgie ed il lirismo che ammantano le iniziative più importanti delle istituzioni europee riescono ad imporre con sempre maggiore difficoltà la propria narrazione. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
Abbiamo già pubblicato la conferenza in lingua del professor Mearsheimer. Qui sotto la opportuna trascrizione, tradotta in italiano, delle sue parole ad opera di vocidallestero.blogspot.com Buona lettura, Giuseppe Germinario
Trascrizione dell’intervento:
In primo luogo vorrei parlare delle cause della crisi attuale e mi piacerebbe riflettere su dove
tutto questo ci porterà. Per quanto riguarda le cause, è molto importante capire chi ha provocato questa situazione. E’ una cosa di tremenda importanza perché significa attribuire la responsabilità. In realtà qui abbiamo due scelte: o sosteniamo che l’occidente e in particolare gli Stati Uniti hanno causato la crisi o possiamo dire che sono stati i russi a provocare la crisi, ma ciò significa che chiunque secondo voi abbia causato la crisi è responsabile del disastro, ed è importante capire che questo è un disastro.
L’Ucraina ha perso la Crimea e secondo me perderà anche il Dombass. La sola questione importante per me a questo punto è capire se perderà anche dell’altro territorio nella parte orientale del paese. Inoltre l’economia dell’Ucraina è distrutta. Le sue città saranno distrutte. L’economia internazionale sarà fortemente danneggiata da questi eventi. Tutto questo penso che avrà delle terribili conseguenze per i democratici in autunno. Inoltre renderà difficile per gli Stati Uniti spostare la propria attenzione dall’Europa per rivolgerla alla Cina, che rappresenta una minaccia potenziale. Oltre al fatto che stiamo spingendo i russi tra le braccia dei cinesi, una cosa del tutto priva di senso, e allo stesso tempo stiamo rendendo l’Europa orientale una regione molto instabile e quindi costringerci se non altro ad alzare la posta in gioco lì.
Quindi la situazione è disastrosa e la domanda veramente importante è chi l’ha provocata e chi ne porta la responsabilità. L’opinione diffusa negli Stati Uniti e più in generale nel mondo occidentale è che la responsabilità è dei russi e in particolare di Vladimir Putin e come penso quasi tutti voi sappiate io non condivido affatto questa visione e non la condivido già da molto tempo.
Secondo me è soprattutto l’Occidente ad essere fondamentalmente responsabile di ciò che sta accadendo oggi e in gran parte questo è il risultato della decisione dell’aprile 2006 di far entrare Ucraina e Georgia nella Nato. Volevamo integrare l’Ucraine nella Nato a tutti i costi nonostante che i russi dicessero al tempo che era una cosa categoricamente inaccettabile. I Russi avevano detto chiaramente di aver dovuto mandar giù le prime due fasi di espansione della Nato del 99 e del 2004, a che Georgia e Ucraina non avrebbero dovuto entrare nella Nato. Stavano tracciando una linea sulla sabbia. La consideravano una minaccia esistenziale. E infatti nell’agosto del 2008 c’è stata una guerra tra i russi e i georgiani su questa faccenda se la Georgia dovesse o no entrare nella Nato.
È importante capire quando parliamo di politica occidentale e della espansione della Nato in Ucraina che in realtà la politica occidentale aveva tre direttrici . L’obiettivo principale era integrare definitivamente l’Ucraina nella Nato, ma gli altri due erano integrare l’Ucraina nella Unione europea e trasformare l’Ucraina in una democrazia liberale filoccidentale in effetti mettendo in piedi una rivoluzione colorata. E questi tre punti della strategia erano tutti progettati per trasformare l’Ucraina in un paese filo-occidentale, un paese nell’orbita dell’occidente ai confini della Russia. E anche allora i Russi hanno detto con chiarezza inequivocabile che questo non doveva succedere.
Ora, la prima crisi è scoppiata a febbraio2014. Io la vedo così, che c’è stata una crisi importante a febbraio 2014. Poi c’è stata una grossa crisi scoppiata a dicembre dell’anno scorso, dicembre 2021, e il 24 febbraio di quest’anno è cominciata la guerra. Che dire di questa crisi del febbraio 2014. Il 22 febbraio per l’esattezza. La crisi è precipitata in gran parte a causa del colpo di stato sostenuto dagli Stati Uniti che ha avuto luogo in Ucraina ed è sfociato nel fatto che leader filo-russo, il presidente Yanukovych è stato destituito e rimpiazzato da un primo ministro filo-americano. I Russi l’hanno trovato intollerabile, ma allo stesso tempo stavano discutendo con l’Occidente e con gli Ucraini sulla espansione della Ue e nello sfondo sempre in quella fase vi era anche la espansione della Nato, che stava venendo fuori. Con due conseguenze, una che in effetti i russi si sono presi la Crimea sottraendola all’Ucraina. Non avevano nessuna intenzione di lasciare Sebastopoli. E in secondo luogoi russi hanno contribuito ad alimentare una guerra civile nell’Ucraina dell’est e naturalmente quella guerra civile è andata avanti ben oltre il 2014. Ma la crisi in realtà era scoppiata nel 2014.
E poi a circa metà del 2021 per poi veramente incendiarsi alla fine dell’anno, direi a dicembre 2021, c’è stata la seconda crisi importante e la domanda è cosa ha causato la crisi, e secondo me, in gran parte è stato il fatto che l’Ucraina stava diventando “di fatto” membro della Nato. È un luogo comune in Occidente e specialmente a Washington in questi giorni dire che la Russia non aveva affatto da temere che l’Ucraina diventasse parte della Nato, perché la Nato non stava facendo niente per integrare l’Ucraina nella Nato.Penso che in un senso formale questo può essere assolutamente corretto, ma “di fatto” è sbagliato. Quello che stavamo facendo era armare gli Ucraini, e ricordiamo che il President Trump a dicembre del 2017 è stato oggetto di forti pressioni e ha deciso di armare gli Ucraini. Quindi noi stavamo armando gli Ucraini, li stavamo addestrando e stabilendo rapporti diplomatici sempre più stretti con gli Ucraini, e questo ha allarmato i russi, specialmente nell’estate dell’anno scorso, quando l’esercito Ucraino ha usato i droni contro le forze russe nel Donbass. Soprattutto questo ha spaventato i russi l’estate scorsa, quando un cacciatorpediniere britannico è entrato nelle acque territoriali russenel Mar Nero. E a novembre quando dei caccia sono entrati entro le 13 miglia dalle coste russe. Quindi tutti questi eventi si accompagnano a questa integrazione “de facto”dell’Ucraina nella Nato e hanno spinto i russi a quello che Sergey Lavrov ha definito essere il punto di non ritorno. A gennaio è stato domandato a Lavrov perché i russi sono arrivati a questo punto e perché ci siamo trovati nel mezzo di questa crisi e a gennaio Lavrov ha detto che era stato raggiunto il loro punto di non ritorno. Prima espansione della Nato, seconda espansione della Nato, e poi tutti questi eventi collegati all’Ucraina. I russi ne hanno avuto abbastanza e quindi c’è stata una crisi di enormi proporzioni, che poi naturalmente è sfociata il 24 febbraio nell’invasione dell’Ucraina da parte dei russi.
E ora ci troviamo nel mezzo di una vera guerra. Questa non è solo una guerra civile in Ucraina orientale come quella che c’era prima del 24 febbraio. Ora ci troviamo in una vera guerra e questo ci porta alla domanda su quale sia l’opinione comune su questo argomento e su cosa penso dell’argomento contrario, che tutto questo non ha niente a che fare con l’espansione della Nato.
È abbastanza notevole quando si ascoltano parlare persone dell’amministrazione, quando si leggono gli editoriali sul Washington Post, che si sentano pronunciare discorsi di questo genere, che ciò non ha assolutamente niente a che fare con l’espansione della Nato. Non capisco come si possano dire cose simili. I russi lo stanno dicendo sin dall’aprile 2008, che il problema è l’espansione della Nato, che l’espansione della Nato in Ucraina è per loro una minaccia esistenziale. Ma gli americani semplicemente si sono rifiutati di crederci. Non tutti gli americani, ma una gran parte e soprattutto l’élite di questo paese.
E invece quel che hanno fattoè aver creato una storia secondo la quale non è la politica americana, non è l’espansione della Nato che sta dietro a questa storia, ma invece è Vladimir Putin e la sua volontà o di ricreare l’unione sovietica o di creare una Russia più grande. Ma in ogni caso vuole procedere a una espansione e grazie al cielo che abbiamo esteso la Nato, perché se non l’avessimo fatto probabilmente ormai sarebbe già a Berlino o addirittura a Parigi. Questo è il principale argomento. Lui è un aggressore.
Ma questo argomento presenta dei problemi. In primo luogo prima del 22 febbraio nessuno sosteneva che Putin aveva intenzioni aggressive e nessuno sosteneva che l’espansione della Nato era necessaria allo scopo di contenere la Russia. Prima del 22 febbraio 2014 nessuno pensava che fosse un problema. E infatti quando la crisi è scoppiata il 22 febbraio 2014 siamo rimasti scioccati. Se si va indietro e si guardano i giornali del tempo l’amministrazione Obama è stata colta alla sprovvista perché non pensavano che i russi fossero aggressivi. Ma naturalmente abbiamo dovuto inventare la storia dopo che è scoppiata la crisi per cui non era nostra la responsabilità di quanto sta accadendo, ma dei russi
La seconda ragione per cui bisogna dubitare è che Putin non ha mai detto di voler ricreare l’ Unione sovietica o una Russia più grande, non ha mai detto di voler conquistare l’Ucraina e annetterla alla Russia. Non c’è alcun dubbio che lui pensi dentro di sé che sarebbe giusto che l’Ucraina fosse parte della Russia, è chiaro che nel suo cuore vorrebbe tornare alla Unione sovietica, ma ha anche detto esplicitamente che razionalmentec omprende che non sarebbe una buona idea. Quindi se guardiamo a quello che lui ha detto non c’è ragione di pensare che lui voglia ricreare l’Unione sovietica o una grande Russia.
E per andare anche oltre, lui non ne ha la capacità. Per due ragioni: in primo luogo non ha un esercito abbastanza potente. Parliamo di un paese il cui Pil è inferiore a quello del Texas. Certamente non è più l’Unione sovietica dei tempi migliori. Inoltre i russi comprendono che occupare un paese o anche dei paesi e dei territori nell’Europa orientale significa cacciarsi in grossi guai.
In questo dibattito siamo quasi tutti vecchi abbastanza da ricordare la guerra fredda e tutti i problemi che aveva allora l’Unione sovietica. Si pensi alla Germania dell’est nel 1953, all’Ungheria nel 1956, alla Cecoslovacchia nel 1968, continui problemi di consenso, E potremmo dire che i rumeni e gli albanesi sono stati il problema più grande che si sono trovati davanti. I russi sono certamente abbastanza sofisticati da capire che non solo non avrebbero la capacità, ma che occupare l’Ucraina e gli stati baltici vorrebbe dire suicidarsi. Sarebbe da pazzi, quindi penso che non ci sia nessuna prova a sostegno di questo e il mio ultimo argomento è che se si guarda a quello che i russi stanno facendo in Ucraina dal punto di vista militare al momento non sembra che vogliano conquistare il paese e occuparlo annettendolo ad una Grande Russia.
Comunque siamo qui e penso che siamo tutti molto interessati a capire dove si va a finire. Quindi vorrei formulare alcune osservazioni preliminari sulla politica americana. La politica americana, ciò che stiamo facendo è ripetere quel che è stato fatto dopo il 2014. Invece di riconsiderare e magari dire che l’espansione della Nato non è stata una buona idea, siamo andati nella direzione opposta. Ed è per questo che vi dico che dal 2021 i russi hanno capito che stavamo “de facto” portando l’Ucraina dentro la Nato. Quindi ciò che abbiamo fatto dopo il 2014 è stato raddoppiare la posta ed è questo che ancora stiamo facendo anche adesso, raddoppiare la posta.
E questo cosa significa, che noi stiamo incoraggiando gli Ucraini a resistere. Noi non combatteremo per loro, capite, sarà una sfida, sino all’ultimo ucraino, ma noi non faremo nessuna battaglia, loro sono soli in questo, ma li stiamo armando e stiamo facendo tutto il possibile per portarli a questo punto, sperando che possano tenere duro e giocarsela fino in fondo con i russi. Nnessuno crede che potranno sconfiggere i russi, ma forse arrivare a uno stallo.
Ora, la domanda che bisogna porsi, che è veramente la questione cruciale, è cosa faranno i russi. Mi sembra che molti in occidente pensino che se gli ucraini faranno abbastanza resistenza i russi desisteranno o forse Vladimir Putin alzerà le mani e si arrenderà, dirà che è stata una cattiva idea e che gli dispiace. O forse ci sarà un colpo di stato a Mosca, lui sarà destituito e insedieranno un leader che arriverà a un accordo. E l’Ucraina vivrà felice per sempre e noi vivremo felici per sempre e i russi saranno puniti. Ho passato molta della mia vita da adulto a studiare la politica delle grandi potenze e conosco a fondo la politica e so che non è così che funziona. E non è certamente così che lavorano i russi. Dovete capire, tornando indietro a quello che ho detto sulla decisione dell’aprile 2008. I russi hanno detto allora che questa era una minaccia esistenziale. Una vera minaccia esistenziale. Quindi anche prima di questa guerra che l’Ucraina divenisse parte della Nato era visto come una minaccia esistenziale. E ora stiamo parlando di una situazione in cui i russi in Ucraina vengono sconfitti. Un esito molto peggiore per i russi rispetto a quanto accaduto nell’aprile 2008 e molto peggiore di quanto accaduto a febbraio 2014. E i russi non hanno nessuna intenzione di desistere e arrendersi. Quel che i russi faranno in realtà sarà di schiacciare gli ucraini, impiegare le armi pesanti, radere al suolo kiev e altre città in Ucraina. Faranno come a Fallujah, come a Mosul, come a Grozny. Sapete cosa è successo nella seconda guerra mondiale quando gli Stati Uniti si trovarono di fronte alla possibilità di dover invadere le isole del Giappone nel 1945. L’idea di invadere il Giappone dopo quello che era successo a Iwo Jima e più tardi ad Okinawa veramente ci spaventava e quindi sapete cosa abbiamo fatto. Abbiamo deciso di radere al suolo le città giapponesi. A partire dal 10 marzo 1945 abbiamo ucciso più gente la notte che abbiamo bombardato Tokyo di quanti ne abbiamo ammazzato a Hiroshima o Nagasaki. E abbiamo sistematicamente raso al suolo le città giapponesi. E perché? Perché non volevamo invaderele isole giapponesi. Quando una grande potenza si sente minacciata…
I russi non risparmieranno gli sforzi in Ucraina per essere sicuri di vincere e quindi questa è una dimensione di tipo nucleare. I russi hanno già messo in allerta le armi nucleari, e questo è uno sviluppo veramente significativo perché ciò che faranno sarà di mandarci un segnale molto forte su quanto stanno prendendo sul serio questa crisi e tutto quello che sta accadendo. E quindi se cominciamo a riportare delle vittorie e i russi cominciano ad avere perdite, dovete capire che stiamo parlando di costringere all’angolo una grande potenza nucleare che considera quanto sta accadendo come una minaccia esistenziale. Ed è una cosa molto pericolosa.
Tornando indietro alla crisi dei missili a Cuba io non penso che quel che è successo in questa crisi dei missili fosse per noi una minaccia come lo è oggi per i russi questa situazione. Ma se si ritorna indietro e si guarda a quello che pensavano gli americani allora, erano veramente terrorizzati, pensavano che i missili sovietici a Cuba erano una minaccia esistenziale e molti dei consiglieri di Kennedy volevano usare il nostro arsenale nucleare contro l’Unione sovietica.
Le grandi potenze la prendono molto seriamente quando ritengono di trovarsi davanti a delle minacce esistenziali e quindi secondo me siamo in una situazione molto pericolosa. Penso che la probabilità di una guerra nucleare sia molto bassa, ma non c’è bisogno che la probabilità sia alta per essere veramente spaventati, a causa delle conseguenze dell’uso di armi nucleari. Quindi faremmo meglio a essere molto prudenti, rispetto al fatto di spingere all’angolo i russi
Ma ancora, io non credo che succederà, perché credo che quello che accadrà è che in questa competizione tra noi e i russi vinceranno i russi. Ora, vi chiederete perché sto dicendo questo. Io credo che se pensate un po’ a chi ha più risolutezza, a chi veramente si preoccupa di più di questa situazione, i russi o gli americani, gli americani non tengono così tanto all’Ucraina. Gli americani hanno chiarito che non hanno nessuna intenzione di combattere e morire per l’Ucraina, qQuindi non è così importante per noi. Mentre i russi hanno reso chiaro che per loro questa è una minaccia esistenziale. Quindi l’equilibrio della determinazione credo che sia a loro favore. Quindi come avanziamo nell’escalation della tensione, la mia impressione – ed è una mia ipotesi – è che i russi prevarranno, non gli americani, e i russi prevarranno perché sono più determinati.
Ora la domanda è chi perderà questa guerra. Io penso che non importa molto agli Stati Uniti se perdiamo, nel senso che i russi vinceranno in Ucraina. E penso che i veri perdenti in questa guerra saranno gli ucraini. E quel che è successo è che abbiamo portato l’Ucraina alla rovina. Abbiamo spinto molto per incoraggiarli a voler diventare parte della Nato. Abbiamo spinto molto forte per farli entrare nella Nato e fare di loro un baluardo occidentale ai confini della Russia, malgrado i russi avessero detto molto chiaramente che sarebbe stato per loro inaccettabile.
Qui in effetti – e sto parlando dell’occidente – abbiamo preso un bastone e abbiamo colpito l’orso sulla testa. E come voi tutti sapete, se prendete un bastone e colpite un orso sulla testa l’orso probabilmente, non la prenderà bene e probabilmente risponderà. Ed è proprio questo che sta succedendo, quell’orso farà a pezzi l’Ucraina, sta per fare a pezzi l’Ucraina.
E di nuovo ritorniamo al punto da cui siamo partiti. Chi porta la responsabilità di tutto questo. Sono i russi ad essere i responsabili? Io non credo. Non c’è dubbio che i russi stanno facendo il lavoro sporco. non voglio mentire su questo. Ma la domanda è che chi ha portato i russi a fare questo. E secondo la mia opinione la risposta è semplice: gli Stati Uniti d’America.
Il New Yorker pubblica un’intervista al prof. John Mearsheimer, politologo e studioso delle relazioni internazionali tra i più autorevoli e conosciuti nel suo campo, una assoluta autorità in materia, in cui lo studioso svolge una argomentata e severa critica alla politica estera americana degli ultimi decenni e più in generale dell’occidente, accusati di una pericolosa mancanza di realismo e di una grave miopia nei confronti del vero concorrente degli USA, che non è la Russia, ma la Cina.
(preziosa segnalazione di @BuffagniRoberto)
Il politologo afferma da anni che l’aggressione di Putin nei confronti dell’Ucraina è causata dall’intervento occidentale. Gli eventi recenti gli hanno fatto cambiare idea?
Di Isaac Chotiner, 1 marzo 2022
Il politologo John Mearsheimer è stato uno dei più famosi critici della politica estera americana dalla fine della Guerra Fredda. Forse meglio conosciuto per il libro che ha scritto con Stephen Walt, “The Israel Lobby and US Foreign Policy“, Mearsheimer è un sostenitore della politica delle grandi potenze, una scuola di relazioni internazionali realistiche che presume che, in un tentativo egoistico di preservare la sicurezza nazionale, gli stati agiranno in via preventiva per anticipare gli avversari. Per anni, Mearsheimer ha sostenuto che gli Stati Uniti, spingendo per espandere la Nato verso est e stabilendo relazioni amichevoli con l’Ucraina, hanno aumentato le probabilità di una guerra tra potenze nucleari e hanno gettato le basi per la posizione aggressiva di Vladimir Putin nei confronti dell’Ucraina. Infatti, nel 2014, dopo che la Russia ha annesso la Crimea, Mearsheimer ha scritto che “gli Stati Uniti e i loro alleati europei condividono la maggior parte della responsabilità per questa crisi”.
L’attuale invasione dell’Ucraina ha rinnovato il dibattito di lunga data sulle relazioni tra Stati Uniti e Russia. Sebbene molti critici di Putin abbiano sostenuto che avrebbe perseguito una politica estera aggressiva nei confronti delle ex repubbliche sovietiche indipendentemente dal coinvolgimento occidentale, Mearsheimer mantiene la sua posizione, secondo la quale gli Stati Uniti sono colpevoli di averlo provocato. Di recente ho parlato con Mearsheimer per telefono. Durante la nostra conversazione, che è stata modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza, abbiamo discusso sul fatto se la guerra in corso avrebbe potuto essere evitata, se ha senso pensare alla Russia come a una potenza imperiale e quali sono i progetti di Putin sull’Ucraina.
Guardando ora alla situazione con Russia e Ucraina, come pensa che il mondo sia arrivato a questo punto?
Penso che tutti i problemi siano iniziati in realtà nell’aprile 2008, al vertice della NATO a Bucarest, dove la NATO ha rilasciato una dichiarazione in cui si affermava che l’Ucraina e la Georgia sarebbero diventate parte della NATO. I russi all’epoca hanno chiarito inequivocabilmente che consideravano questa una minaccia esistenziale e hanno tracciato una linea nella sabbia. Tuttavia, quello che è successo con il passare del tempo è che siamo andati avanti per includere l’Ucraina in Occidente e per fare dell’Ucraina un baluardo occidentale al confine con la Russia. Naturalmente, questo significa più della semplice espansione della NATO. L’espansione della NATO è il cuore della strategia, ma questo comporta anche l’espansione dell’UE, significa trasformare l’Ucraina in una democrazia liberale filoamericana e, dal punto di vista russo, questa è una minaccia esistenziale.
Lei ha detto che si tratta di “trasformare l’Ucraina in una democrazia liberale filoamericana”. Non credo molto nell’America che “trasforma” i posti in democrazie liberali. E se fosse l’Ucraina, il popolo ucraino, a voler vivere in una democrazia liberale filoamericana?
Se l’Ucraina diventa una democrazia liberale filoamericana, membro della NATO e membro dell’UE, i russi lo considereranno un fatto categoricamente inaccettabile. Se non ci fosse un’espansione della NATO e dell’UE, e l’Ucraina semplicemente diventasse una democrazia liberale amica degli Stati Uniti e dell’Occidente più in generale, probabilmente potrebbe farla franca. Deve capire che qui è in gioco una strategia a tre punte: espansione UE, espansione NATO e trasformazione dell’Ucraina in una democrazia liberale filoamericana.
Lei continua a dire “trasformare l’Ucraina in una democrazia liberale” e sembra che sia un problema per gli ucraini prendere questa decisione. La Nato può decidere chi ammettere, ma abbiamo visto nel 2014 che sembrava che molti ucraini volessero essere considerati parte dell’Europa. Sembrerebbe quasi una sorta di imperialismo dire loro che non possono essere una democrazia liberale.
Non è imperialismo; questa è la politica delle grandi potenze. Quando sei un paese come l’Ucraina e vivi accanto a una grande potenza come la Russia, devi prestare molta attenzione a ciò che pensano i russi, perché se prendi un bastone e li colpisci negli occhi, si vendicheranno. Gli Stati dell’emisfero occidentale lo capiscono perfettamente quando si tratta degli Stati Uniti.
La Dottrina Monroe, in sostanza.
Certo. Non c’è paese nell’emisfero occidentale a cui sia permesso di invitare una grande potenza geograficamente lontana a portare forze militari in quel paese.
Giusto, ma dire che l’America non permetterà ai paesi dell’emisfero occidentale, che sono per la maggior parte democrazie, di decidere che tipo di politica estera fare – si può pensare che sia una cosa buona o meno, ma questo è imperialismo, giusto? In sostanza, stiamo dicendo che abbiamo una sorta di voce in capitolo su come i paesi democratici debbano gestire i loro affari.
Abbiamo questa voce in capitolo e, in effetti, abbiamo rovesciato dei leader democraticamente eletti nell’emisfero occidentale durante la Guerra Fredda perché non eravamo contenti delle loro politiche. Questo è il modo in cui si comportano le grandi potenze.
Certo che l’abbiamo fatto, ma mi chiedo se dovremmo comportarci in quel modo. Quando pensiamo alla politica estera, non dovremmo provare a creare un mondo in cui né gli Stati Uniti né la Russia si possano comportare in quel modo?
Non è così che funziona il mondo. Quando provi a creare un mondo che assomigli a quello, finisci con fare delle politiche disastrose, come quelle che gli Stati Uniti hanno perseguito durante la fase unipolare. Abbiamo girato il mondo cercando di creare democrazie liberali. Il nostro obiettivo principale, ovviamente, era il Medio Oriente, e ha presente come ha funzionato. Non molto bene.
Penso che sia difficile dire che la politica americana in Medio Oriente negli ultimi settantacinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale, o negli ultimi trent’anni dalla fine della guerra fredda, sia stata quella di creare democrazie in Medio Oriente.
Penso che fosse questa la Dottrina Bush durante il periodo unipolare.
In Iraq. Ma non nei territori palestinesi, o in Arabia Saudita, o in Egitto, o altrove, giusto?
No, be’, non in Arabia Saudita e non in Egitto. Per cominciare, la Dottrina Bush affermava sostanzialmente che se avessimo potuto creare una democrazia liberale in Iraq, questo avrebbe avuto un effetto domino e altri paesi come la Siria, l’Iran e infine l’Arabia Saudita e l’Egitto, si sarebbero trasformati in democrazie. Questa era la filosofia di base dietro la Dottrina Bush. La Dottrina Bush non era stata progettata solo per trasformare l’Iraq in una democrazia. Avevamo in mente un disegno molto più grande.
Possiamo discutere di quanto le persone in carica nell’amministrazione Bush volessero davvero trasformare il Medio Oriente in tante democrazie, e pensassero davvero di avere successo. La mia sensazione era che non ci fosse molto entusiasmo nel trasformare l’Arabia Saudita in una democrazia.
Bene, penso che concentrarsi sull’Arabia Saudita sia un modo facile per confermare il suo punto di vista. Questo è stato il caso più difficile dal punto di vista dell’America, perché l’Arabia Saudita ha così tanta influenza su di noi a causa del petrolio, e di certo non è una democrazia. Ma la Dottrina Bush, se andiamo a vedere quello che veniva detto all’epoca, si basava sulla convinzione che avremmo potuto democratizzare il grande Medio Oriente. Non sarebbe successo dall’oggi al domani, ma alla fine sarebbe accaduto.
Mi sembra che il mio argomento può essere che le azioni parlano più delle parole e, qualunque cosa abbia detto Bush nei suoi discorsi fioriti, non credo che la politica degli Stati Uniti in nessun momento della loro storia recente sia stata quella di cercare di instaurare delle democrazie liberali in tutto il mondo.
C’è una grande differenza tra come si sono comportati gli Stati Uniti durante la fase unipolare e come si sono comportati nel corso della loro storia. Sono d’accordo con lei quando parla della politica estera americana nel corso della sua storia più in generale, ma il periodo unipolare è stato un momento molto speciale. Credo che durante questa fase ci siamo impegnati a fondo nella diffusione della democrazia.
A proposito dell’Ucraina, è molto importante capire che, fino al 2014, non avevamo previsto l’espansione della Nato e dell’UE come una politica volta a contenere la Russia. Prima del 22 febbraio 2014 nessuno pensava seriamente che la Russia fosse una minaccia. L’espansione della NATO, della UE, e trasformare l’Ucraina, la Georgia e altri paesi in democrazie liberali significava creare una gigantesca zona di pace che si estendesse in tutta Europa e includesse l’Europa orientale e l’Europa occidentale. Non mirava a contenere la Russia. Quello che è successo è che è scoppiata questa grave crisi e abbiamo dovuto cercare la colpa, e ovviamente non avremmo mai dato la colpa a noi stessi. Dovevamo incolpare i russi. Quindi abbiamo inventato questa storia secondo cui la Russia era intenzionata all’aggressione nell’Europa orientale. Che Putin è interessato a creare una Russia più grande, o forse anche a ricreare l’Unione Sovietica.
Torniamo a quel momento e all’annessione della Crimea. Stavo leggendo un vecchio articolo in cui scrivevi: “Secondo la visione prevalente in Occidente, la crisi ucraina può essere attribuita quasi interamente all’aggressione russa. Il presidente russo Vladimir Putin, secondo questa teoria, ha annesso la Crimea per il suo desiderio di lunga data di resuscitare l’impero sovietico, e alla fine potrebbe conquistare il resto dell’Ucraina e altri paesi dell’Europa orientale”. E poi dice: “Ma questo resoconto è sbagliato”. Quello che è successo nelle ultime due settimane le fa pensare che il resoconto fosse più vicino alla verità di quanto avrebbe potuto pensare?
Oh, penso che avevo ragione. Penso che vi sia una chiara evidenza che non pensavamo che Putin fosse un aggressore prima del 22 febbraio 2014. Questa è una storia che abbiamo inventato per potergli attribuire la colpa. La mia argomentazione è che l’Occidente, in particolare gli Stati Uniti, sono il principale responsabile di questo disastro. Ma nessun politico americano, e quasi nessuno nell’establishment della politica estera americana, vorrà riconoscere questa linea di argomentazione, e diranno che i responsabili sono i russi.
Intende perché i russi hanno fatto l’annessione e l’invasione?
Sì.
Mi interessava quell’articolo perché sostiene che l’idea che Putin possa alla fine voler prendere il resto dell’Ucraina, così come altri paesi dell’Europa orientale, è sbagliata. Dato che ora sembra proprio volere il resto dell’Ucraina, pensa col senno di poi che quell’argomento magari era vero, anche se all’epoca non lo sapevamo?
È difficile dire se vorrà prendere il resto dell’Ucraina, perché – anche se non voglio fare il pignolo – ciò implicherebbe che vuole conquistare tutta l’Ucraina e poi rivolgersi agli stati baltici e che il suo obiettivo sia creare una Russia più grande, o una reincarnazione dell’Unione Sovietica. Non vedo alcuna prova che questo sia vero. È difficile dire, guardando le mappe del conflitto in corso, cosa stia combinando esattamente. Mi sembra abbastanza chiaro che prenderà il Donbass e che il Donbass diventerà o due stati indipendenti o un grande stato indipendente, ma, a parte questo, non è chiaro cosa farà. Voglio dire, sembra evidente che non stia toccando l’Ucraina occidentale.
Però le sue bombe sì, la stanno toccando, giusto?
Ma non è questo il problema più importante. La questione cruciale è: quale territorio conquisti e quale territorio ti tieni? L’altro giorno stavo parlando con qualcuno di cosa accadrà con queste forze che stanno uscendo dalla Crimea, e questa persona mi ha detto che pensava che si sarebbero dirette a ovest e avrebbero preso Odessa. Parlando con qualcun altro più recentemente sembrava che ciò non sarebbe accaduto. So cosa accadrà? No, nessuno di noi sa cosa accadrà.
Non pensa che abbia progetti su Kiev?
No, non credo che abbia progetti su Kiev. Penso che sia interessato a prendere almeno il Donbass, e forse un po’ più di territorio e l’Ucraina orientale, e, in secondo luogo, vuole installare a Kiev un governo filo-russo, un governo che sia in sintonia con gli interessi di Mosca.
Pensavo avesse detto che non era interessato a prendere Kiev.
No, è interessato a prendere Kiev ai fini del cambio di regime. OK.?
Invece di che cosa?
Invece di conquistare Kiev definitivamente.
Sarebbe un governo favorevole alla Russia su cui presumibilmente avrebbe voce in capitolo, giusto?
Si, esattamente. Ma è importante capire che è fondamentalmente diverso dal conquistare e mantenere Kiev. Capisce quello che sto dicendo?
Potremmo pensare ai possedimenti imperiali dove una specie di prestanome veniva posto sul trono, anche se la madrepatria controllava effettivamente quello che stava succedendo lì, giusto? Potremmo dire che quei luoghi erano stati conquistati, giusto?
Ho problemi con il suo uso della parola “imperiale”. Non conosco nessuno che parli di tutto questo problema in termini di imperialismo. Questa è la politica delle grandi potenze, e ciò che i russi vogliono è un regime a Kiev che sia in sintonia con gli interessi russi. Alla fine potrebbe essere che i russi sarebbero disposti a vivere con un’Ucraina neutrale e che non sarà necessario che Mosca abbia alcun controllo significativo sul governo di Kiev. Può darsi che vogliano solo un regime neutrale e non filoamericano.
Quando ha detto che nessuno ne parla come di imperialismo, nei suoi discorsi Putin si riferisce specificamente al “territorio dell’ex impero russo”, che si lamenta di aver perso. Quindi sembra che ne stia parlando.
Penso che sia sbagliato, perché penso che lei stia citando solo la prima metà della frase, come fa la maggior parte delle persone in Occidente. Ha detto: “Chi non sente la mancanza dell’Unione Sovietica non ha cuore“. E poi ha detto: “Chi la rivuole indietro non ha cervello“.
Sta anche dicendo che l’Ucraina è essenzialmente una nazione inventata, creata artificialmente, e sembra invaderla, no?
OK, ma metta insieme queste due cose e mi dica cosa significano. Non ne sono troppo sicuro. Lui crede che sia una nazione inventata. Potremmo fargli notare che tutte le nazioni sono inventate. Qualsiasi studente di nazionalismo può dirlo. Inventiamo questi concetti di identità nazionale. Sono pieni di ogni sorta di miti. Quindi ha ragione sull’Ucraina, proprio come ha ragione sugli Stati Uniti o la Germania. Il punto molto più importante è: capisce che non può conquistare l’Ucraina e integrarla in una Russia più grande o in una reincarnazione dell’ex Unione Sovietica. Non può farlo. Quello che sta facendo in Ucraina è fondamentalmente diverso. Ovviamente sta portando via un po’ di territorio. Prenderà parte del territorio dall’Ucraina, oltre a quanto accaduto con la Crimea nel 2014. Inoltre, è decisamente interessato al cambio di regime. Oltre a ciò, è difficile dire esattamente a cosa porterà tutto questo, tranne il fatto che non conquisterà tutta l’Ucraina. Sarebbe un errore di proporzioni colossali provare a farlo.
Presumo che se provasse a farlo, ciò cambierebbe la sua analisi degli eventi.
Assolutamente. La mia argomentazione è che non vuole ricreare l’Unione Sovietica o cercare di costruire una Russia più grande, che non è interessato a conquistare e integrare l’Ucraina nella Russia. È molto importante capire che noi abbiamo inventato questa storia secondo la quale Putin è molto aggressivo ed è il principale responsabile di questa crisi in Ucraina. L’argomento che è stato inventato dall’establishment della politica estera negli Stati Uniti, e più in generale in Occidente, ruota attorno all’affermazione che Putin è interessato a creare una Russia più grande o una reincarnazione dell’ex Unione Sovietica. Ci sono persone che credono che quando avrà finito di conquistare l’Ucraina, si dirigerà verso gli stati baltici. Non si rivolgerà agli stati baltici. Prima di tutto, gli stati baltici sono membri della Nato e…
Questa è una cosa buona?
No.
Sta dicendo che non li invaderà perché fanno parte della Nato, ma non dovrebbero far parte della Nato.
Sì, ma sono due questioni molto diverse. Non sono sicuro del motivo per cui le sta collegando. Se penso o no che dovrebbero far parte della NATO è indipendente dal fatto che facciano parte della NATO. Di fatto fanno parte della Nato. Hanno la garanzia dell’articolo 5: questo è tutto ciò che conta. Inoltre, non ha mai dato alcuna prova che sia interessato a conquistare gli stati baltici. In effetti, non ha mai dato alcuna prova che sia interessato a conquistare l’Ucraina.
Mi sembra che se vuole ritornare indietro a qualcosa, è all’impero russo che precedette l’Unione Sovietica. Sembra molto critico nei confronti dell’Unione Sovietica, giusto?
Be’, non so se è critico.
Lo ha detto nel grande saggio che ha scritto l’anno scorso, e in un recente discorso ha detto che essenzialmente considera come una colpa il fatto che le politiche sovietiche abbiano concesso un certo grado di autonomia alle repubbliche dell’Urss, come l’Ucraina.
Ma ha anche detto, come ho letto prima, “Chi non sente la mancanza dell’Unione Sovietica non ha cuore“. Questo è in qualche modo in contrasto con quello che ha appena detto. Voglio dire, in effetti sta dicendo che gli manca l’Unione Sovietica, giusto? Questo è quello che sta dicendo. Quello di cui stiamo parlando qui è la sua politica estera. La domanda che si deve porre è se questo sia un paese che ha la capacità di farlo. Si renda conto che questo è un paese che ha un PIL più piccolo del Texas.
I paesi cercano sempre di fare cose che non hanno la capacità di fare. Avrebbe potuto dirmi: “Chi penserebbe che l’America possa far funzionare rapidamente il sistema di potere iracheno? Abbiamo questi problemi anche in America”. E avrebbe avuto ragione Eppure pensavamo di potercela fare, e ci abbiamo provato, e abbiamo fallito, giusto? L’America non ha potuto fare ciò che voleva durante il Vietnam, e sono sicuro che mi dirà che questo è un motivo per non combattere queste varie guerre – e sono d’accordo – ma ciò non significa che fossimo corretti o razionali riguardo alle nostre capacità.
Sto parlando del potenziale di potere della Russia, la potenza economica di cui dispone. La potenza militare si basa sulla potenza economica. C’è bisogno di una base economica per costruire un esercito davvero potente. Andare a conquistare paesi come l’Ucraina e gli stati baltici e ricreare l’ex Unione Sovietica o ricreare l’ex impero sovietico nell’Europa orientale richiederebbe un esercito imponente e quindi una base economica che la Russia contemporanea nemmeno si avvicina ad avere. Non c’è motivo di temere che la Russia eserciti un’egemonia a livello regionale in Europa. La Russia non è una seria minaccia per gli Stati Uniti. A livello internazionale siamo di fronte a una seria minaccia. Siamo di fronte a un concorrente alla pari. E questo è la Cina. La nostra politica nell’Europa orientale sta minando la nostra capacità di affrontare la minaccia più pericolosa che dobbiamo affrontare oggi.
Quale pensa che dovrebbe essere la nostra politica in Ucraina in questo momento, e cosa la preoccupa di ciò che stiamo facendo, nel senso che potrebbe indebolire la nostra politica verso la Cina?
In primo luogo dovremmo distogliere l’attenzione dall’Europa per focalizzarci sulla Cina. E, in secondo luogo, dovremmo impegnarci in modo straordinario per creare relazioni amichevoli con i russi. I russi fanno parte della nostra coalizione di equilibri contro la Cina. Se vivi in un mondo in cui ci sono tre grandi potenze – Cina, Russia e Stati Uniti – e una di queste grandi potenze, la Cina, è un concorrente alla pari, quello che dovresti voler fare se sei gli Stati Uniti è avere la Russia dalla tua parte. Invece, quello che abbiamo fatto con le nostre assurde politiche nell’Europa orientale è stato portare i russi tra le braccia dei cinesi. Questa è una violazione della politica dell’equilibrio tra le potenze.
Sono andato a rileggere sulla London Review of Books il suo articolo del 2006 sulla lobby israeliana. Stava parlando della questione palestinese e ha detto una cosa su cui sono molto d’accordo, ovvero: “C’è una dimensione morale anche qui. La lobby degli Stati Uniti è diventata il supporto de facto dell’occupazione israeliana nei territori occupati, rendendosi complice dei crimini perpetrati contro i palestinesi”. Mi ha fatto piacere leggerlo, perché so che si considera un vecchio duro e burbero che non parla di moralità, ma mi è sembrato che stesse suggerendo che in questo caso esiste una dimensione morale. Sono curioso di sapere cosa ne pensa, se vi sia una dimensione morale in ciò che sta accadendo in Ucraina in questo momento.
Penso che in quasi tutte le questioni di politica internazionale sia coinvolta una dimensione strategica e una morale. Penso che a volte le dimensioni morali e strategiche si allineino l’una con l’altra. In altre parole, se stai combattendo contro la Germania nazista dal 1941 al 1945, conosci il resto della storia. Ci sono altre occasioni in cui quelle frecce puntano in direzioni opposte, in cui fare ciò che è strategicamente giusto è moralmente sbagliato. Penso che se ti unisci in alleanza con l’Unione Sovietica per combattere la Germania nazista, questa è una politica strategicamente saggia, ma moralmente sbagliata. Ma lo fai perché non hai scelta, per ragioni strategiche. In altre parole, quello che le sto dicendo, Isaac, è che quando arriva il momento critico, le considerazioni strategiche prevalgono sulle considerazioni morali. In un mondo ideale, sarebbe meraviglioso se gli ucraini fossero liberi di scegliere il proprio sistema politico e di scegliere la propria politica estera.
Ma nel mondo reale, questo non è fattibile. Gli ucraini hanno un legittimo interesse a prestare seria attenzione a ciò che i russi vogliono da loro. Corrono un grave rischio a rendere i russi fondamentalmente ostili nei loro confronti. Se la Russia pensa che l’Ucraina rappresenti una minaccia esistenziale per la Russia perché si sta allineando con gli Stati Uniti e i suoi alleati dell’Europa occidentale, ciò causerà un danno enorme all’Ucraina. Questo ovviamente è esattamente ciò che sta accadendo ora. Quindi la mia argomentazione è: la strategia strategicamente saggia per l’Ucraina è quella di interrompere le sue strette relazioni con l’Occidente, in particolare con gli Stati Uniti, e cercare di accogliere i russi. Se non ci fosse stata la decisione di spostare la Nato verso est per includere l’Ucraina, la Crimea e il Donbass sarebbero oggi parte dell’Ucraina e non ci sarebbe guerra in Ucraina.
Questo consiglio sembra poco verosimile ora. C’è ancora tempo, nonostante quello che stiamo vedendo sul campo, perché l’Ucraina riesca a placare in qualche modo la Russia?
Penso che ci sia una seria possibilità che gli ucraini possano elaborare una sorta di modus vivendi con i russi. E il motivo è che i russi ora stanno scoprendo che occupare l’Ucraina e cercare di dirigere la politica ucraina comporta grossi guai.
Quindi sta dicendo che occupare l’Ucraina sarà una difficile impresa?
Assolutamente, ed è per questo che le ho detto che non pensavo che i russi intendano occupare l’Ucraina a lungo termine. Ma, per essere molto chiari, ho detto che prenderanno almeno il Donbass e, si spera, non più della parte più orientale dell’Ucraina. Penso che i russi siano troppo intelligenti per rimanere coinvolti in un’occupazione dell’Ucraina.
SE QUALCUNO SI ILLUDEVA DI FAR SCHIERARE XI, SI E’ SBAGLIATO. COMBATTONO SOLO GLI STUPIDI.
L’impero Asburgico, oltre all’Austria e all’Ungheria, comprendeva una serie di territori e regioni che coprono le aree oggi in contenzioso tra est e ovest: Boemia, Moravia, Slovacchia,Galizia, ( oltre beninteso ai più vicini a noi : Transilvania, Slovenia, Croazia, Bosnia, Erzegovina, Croazia, Dalmazia) con non meno di dieci gruppi etnici differenti, 62 milioni di persone, unite dall’idea imperiale e gestite da dieci milioni di austriaci e otto di ungheresi.
La caduta , quasi contemporanea ( 1917 e 1918)dei due imperi -Austriaci e russi- che si contendevano il predominio in quell’area e il lungo congelamento della guerra fredda ha portato fino a noi il contenzioso che all’epoca fu risolto.
Evito di tracciare la storia dell’Ucraina sulla quale ciascuno ha le sue idee e vengo al periodo attuale.
L’ANTEFATTO
ll governo statunitense, promosso il golpe di piazza del 2014 e insediati nel nuovo governo ucraino tre cittadini stranieri, ( Natalie Jaresko, cittadina USA, al ministero delle Finanze, Aivaras Abromavicius lituano, ex dipendente del Dipartimento di stato USA, Aleksandr Kvitashvili, georgiano ( dove fu nominata ministro dell’Economia una neo laureata americana ), ritenne di aver vinto la partita in quella parte del mondo e di aver anche inibito alla Russia l’accesso al mar nero e quindi al Mediterraneo, dove avrebbe potuto contare sul solo porto di Tartous, in Siria.
Nikita Khrushev, che per tutta la carriera era stato segretario del Partito comunista ucraino ( unico stato dell’URSS, assieme alla Bielorussia, rappresentato all’ONU assieme alla Russia), in una riforma amministrativa, aveva avuto la debolezza di attribuire la Crimea e la costa adiacente, con Odessa, all’Ucraina.
Trovandosi con una flotta e senza un porto, se non Sebastopoli in affitto, Putin si riprese quel che considerava suo, limitandosi alla Crimea. Adesso , dopo otto anni di tentativi di mettere all’ordine del giorno una regolarizzazione della situazione giuridica, ha commesso l’errore di ricorrere alla forza e – peccato ancor più grave- di usarla maldestramente.
L’errore strategico commesso dal governo americano del nord, sarà ancor più gravido di conseguenze , anche se nel medio termine: una serie di paesi, a partire dall’Ucraina e passando per l’Italia, sono in questi giorni attraversati da una nuova febbre patriottica e nazionalista, destinata nel medio termine a mettere in difficoltà le strutture governative attuali favorevoli agli USA.
I CONTAGIATI
Tra i paesi più “contagiati” e pronti a rituffarsi nelle politiche da “Questione d’Oriente” in cerca di perle, La Turchia e la Germania. Due ex imperi della grande guerra, in cerca di spazi politici ed economici, ma nell’ambito del Nuovo Ordine Mondiale.
Turchia: ex impero messo in crisi dalla grande guerra, ma salvata dall’attivismo nazionalista di Mustafa Kemal. poi Ataturk, aveva avuto l’intelligenza di star fuori dal secondo conflitto e riconoscere la supremazia americana, aderendo al patto Atlantico e – grazie all’appoggio inglese- al Consiglio d’Europa.
La nuova crisi balcanica ha permesso ai turchi di lenire il vulnus della mancata accettazione in seno alla UE, ma di rientrare appieno nella politica europea e in posizione invidiabile, sia militarmente che dal punto di vista del diritto internazionale.
Il problema Turco é capire quale sia lo spazio di manovra tra i due veri belligeranti ( USA e Russia) , al fine di preservare i propri interessi con entrambi.
Intanto, ha riconosciuto l’esistenza dello stato di guerra esistente tra Russia e Ucraina e questo le dà facoltà di chiudere gli stretti ( Bosforo e Dardanelli) alle navi da guerra: misura che soddisfa la richiesta di Zelenskiy e aiuta la Russia, inibendo la flotta occidentale che si é radunata nell’Egeo che é il punto più vicino alla zona dei combattimenti.
Alle due portaerei la “Truman” USA e la ” De Gaulle” francese, ieri é partita da Taranto per aggiungersi alla squadra la ” Cavour” italiana.
Ma lo spazio politico più complesso e irto di ostacoli é certamente quello con L’Unione Europea. Due anni fa il presidente EmanuelMacron dichiarò la “morte cerebrale” della NATO e Tajip Erdogan si era distinto litigando coi greci e rifiutando di avvallare l’attacco alla Libia. Adesso si impone una scelta tra Europa e NATO e l’ago della bilancia é nelle sue mani. Vuole fonti energetiche indipendenti e un mercato per le sue imprese. Une può averle dall’occidente e l’altro da Oriente….
Germania: Anche se strumentalmente criticata dal presidente Zelenskiy per aver continuato le importazioni di gas russo e per pretesi ritardi negli aiuti, la Germania ha effettuato una inversione a 180° in materia di politiche di Difesa e il 27 febbraio scorso, il neo cancelliere Olaf Scholz dichiarava che questo attacco alle porte dell’Europa rappresenta una ” Zeitenwende” ( cambiamento di epoca) .
La sua ministra degli Esteri Annalena Baerbock, verde, confermava giunto il tempo per “cambiare atteggiamento in materia di politica estera e sicurezza”.
Il cambiamento epocale abbandona due insulsi luoghi comuni pacifisti che sostenevano che ” uno stato debole che non minaccia nessuno é al riparo da minacce” . La seconda idiozia: ” il miglior modo di sottrarsi alla minaccia nucleare é di essere privi di tali armi”. Questi i verdi tedeschi di ieri. Da noi in Italia, questi belati provengono dal Quirinale e dallo Stato Maggiore della Difesa, benché siano al governo da oltre sette anni e nella NATO da settanta.
Non é la militarizzazione che conduce alla guerra. I nostri padri antichi lo sapevano i signori che ci governano, contestano questa saggezza dettata da tremila anni di esperienza e puntano all’appiattimento acritico e servile che contraddistingue gli italiani dal 1500. La riflessione che si impone e che é dimostrata dagli eventi di marzo e dai fatti Yugoslavia e di Siria ( e del nord Corea)é un’altra: chi ha in dotazione armi nucleari é indipendente e intoccabile. Chi no, no.
La conseguenza immediata del nuovo atteggiamento tedesco, comunque, é l’allineamento del bilancio della Difesa al 2% del bilancio , ossia 75 miliardi, che porterebbero la Germania ad essere il terzo bilancio della Difesa più importante al mondo, dopo gli USA e la Cina.
Questo, senza contare i cento miliardi stanziati a un fondo ” per la difesa” non di competenza del ministero omonimo: ricostruzione dell’Ucraina o armamento nucleare? lo sapremo anche troppo presto.
L’obbiettivo strategico della Germania, é quindi l’acquisizione della posizione di primo della classe nello schieramento USA e leader regionale europeo, con tanti saluti alle chiacchiere di afd sull’autonomia decisionale tedesca, a quelle di Johnson con le sue patetiche imitazioni di Churchiill e ai capricci elettorali di Macron.
L’obbiettivo tattico, é l’acquisizione dell’Ucraina – o di quel che resterà dopo la spartizione- nella propria sfera di influenza a completamento del proprio spazio vitale.
IL CONTENZIOSO E I CONTENDENTI
La vicenda va inquadrata riportando pari pari “Le Monde Diplomatique” dello scorso mese di febbraio per la penna di David Teurtrie ( autore di un libro sul ” ritorno della potenza russa” edito da Colin) , poco prima dell’inizio dello scontro: ” Il malinteso risale al crollo del blocco comunista del 1991. Logicamente, la scomparsa del patto di Varsavia, avrebbe dovuto portare alla dissoluzione della NATO, creata per far fronte alla “minaccia sovietica” ( la Francia era d’accordo). Ma gli Stati Uniti hanno spinto allora verso l’allargamento a estdelle strutture NATO per consolidare il loro predominio in Europa.
Nel 99, la NATO, (sempre sotto comando statunitense) effettua il suo primo allargamento integrando Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia e annunzia il proseguimento del processo verso la frontiera sovietica.
Nel frattempo, la NATO, interviene militarmente e senza l’accordo del Consiglio di sicurezza dell’ONU, e questo trasforma la NATO, (organizzazione fino allora difensiva) in una alleanza offensiva, il tutto in violazione del diritto internazionale.
– Nel 2003 L’invasione dell’Irak da parte di truppe americane ( basata su una menzogna- tutti si ricordano di Colin Powell, segretario di Stato del Presidente George Bush, brandente una falsa fiala di antrace , davanti all’assemblea ONU) , costituisce una nuova violazione del diritto internazionale, denunziata da Parigi,Berlino e Mosca congiuntamente.
– Negli anni seguenti, gli Stati Uniti annunciano di voler installare elementi del loro scudo antimissili in Europa dell’Est, in contrasto con l’atto fondante Russia -Nato ( firmato nel 1997) che garantiva Mosca da nuove installazioni militari permanenti occidentali. ( commento: non penso che gli americani siano pronti ad accettare una base militare russa vicina alla loro frontiera, ad esempio in Messico…)
–Aprile 2008 Gli USA esercitano una forte pressione sugli alleati europei per approvare il desiderio di Georgia e Ucraina di far parte della NATO, mentre la maggior parte degli ucraini si dichiara, all’epoca, contraria
–Allo stesso tempo, gli USA spingono a riconoscere l’indipendenza del Kosovo, non riconosciuto da gran perte della comunità internazionale( una ex provincia serba dell’ex Yugoslavia strappata per intervento militare NATO l’accordo del Consiglio di sicurezza ONU), il che costituisce un altra violazione del diritto internazionale, perché, all’epoca , si tratta giuridicamente, di una provincia serba ( commento: é appena il caso di ricordare che la creazione di questo stato artificiale che é il Kosovo, non riconosciuto da gran parte della comunità internazionale, ha permesso agli Stati Uniti di installarvi la più grande base militare d’Europa, vicina alla Russia). Conosciamo il seguito, avendo gli occidentali aperto il vaso di Pandora dell’interventismo e della intangibilità delle frontiere sul continente europeo, la Russia, sentendosi accerchiata, interviene in Georgia nel 2008 e, poi, riconoscendo l’indipendenza dell’Ossezia del Sud e dell’Abkazia ecc.” Fine della citazione.
La Russia, vittima della sua stessa incompetenza amministrativa e giuridica ( avrebbe potuto invocare gli articoli 52 e 53 della carta delle Nazioni Unite contro il risorgere del nazismo rinunziare al diritto di veto) e con precedenti specifici in materia di soluzione violenta delle problematiche, é inciampata in una trappola ben congegnata. Pur sapendo che le potenze occidentali cercano ormai sempre di entrare in guerra con le vesti dell’aggredito, si é lanciata all’attacco, nella certezza di dover affrontare solo le sanzioni ( probabilmente previste) , ma sottovalutando il posizionamento di paese più odiato del mondo a seguito di una campagna propagandistica tempestiva ( al punto di far pensare a un preordinamento) e di una violenza verbale inusitata persino tra belligeranti.
Gli Stati Uniti, rectius, il suo governo, hanno potuto, dopo un decennio e più di isolamento politico e morale, riuscire a coagulare nuovamente il “mondo libero” e la NATO attorno a un problema percepito da tutti. Adesso si sentono ancora una volta i leaders del mondo libero e hanno anche ottenuto il sospirato stanziamento del 2% del Bilancio per la Difesa da tutti i membri NATO, perfino dall’Italia e dalla Germania che scusandosi coi suoi precedenti guerrafondai, dava finora prova di zelo risparmiando all’osso sulle spese militari.
L’Ucraina: Dotata frettolosamente, ma in anticipo, di armi anticarro autoguidate a doppia carica esplosiva e con impatto dall’alto, di nuova generazione, e di una valanga di promesse di intervento che non possono esserci, si affida ai battaglioni della milizia ausiliaria , decretati come neonazisti, ma sono almeno nazionalisti esasperati, assistiti da tecnici occidentali ed eccitati da una propaganda martellante.
Hanno preso in contropiede un esercito che immaginava di procedere a un ingresso trionfale tipo Anchluss e tentano ricatti morali e minacciano apocalissi nucleari spaventando i pantofolai dell’ovest. Solo che L’Anchluss funzionò perché Engelbert Dolfuss – il cancelliere austriaco- era stato ucciso in precedenza e la vecchia Europa stacca le sue protesi auditive e accoglie volentieri profughi.
Joe Biden Vladimir Putin,
Entrambi i duellanti hanno sperato di attrarre nella loro orbita la Cina e indurla a schierarsi in forma decisa a proprio favore. Millenni di saggezza politica del celeste impero hanno indotto il presidente Xi a rispondere con un motto di Confucio: “Chi ha messo il campanaccio all’orso, é lui che deve toglierglielo”.
Una cocente delusione per Joe Biden che vede sfumare la rielezione e un sospiro di sollievo per Vladimir Putin che adesso – libero dall’incubo dell’isolamento- potrà vendicarsi, in casa e fuori, della figuraccia che gli han fatto fare.
Se vogliono compararlo a Hitler, inizierà dalla notte dei lunghi coltelli dopo aver dimostrato che la stragrande maggioranza del popolo russo é con lui.
Dovremmo chiedergli i nomi di chi ha fatto la spia per conto dell’URSS, che Mitrokhin diede al MI6 e che il vice premier Mattarella e il generale Siracusa evitarono di andare a chiedere per non distruggere il PD, PDS, DS. Qualcosa mi dice che é pronto a darli.
TEMO CHE QUESTO POST DELL’8 MAGGIO 2014 SIA REALISTICO… VEDREMO A BREVE
Questo post é stato scritto l’8 maggio 2014 e lo trovate nell’archivio di questo blog ( scegliere l’anno e poi il mese). Purtroppo non può essere ribloggato e devo fare ” copia e incolla” per darvelo nella sua interezza, anche se preferirei che andaste a leggerlo in archivio: suona più verosimile. Data la lunghezza, ci metto qualche capolettera e alcune frasi in grassetto a scopo ornamentale. Buona lettura
“Per capire come mai la rana ucraina- un paese senza arte, parte e identità sul cui suolo passano dei gasodotti- venga gonfiata fino all’inverosimile dai principali media del mondo e perché gli Stati Uniti premano tanto sulla U.E. perché sanzioni la Russia inimicandosela, bisogna fare un breve corso di storia e di geopolitica di cui anticipo le conclusioni in corsivo per chi non avrà la pazienza di leggere l’intero testo e che ci porterà a constatare come la geopolitica tedesca, da Bismarck in poi, non abbia mai cambiato direzione se non durante la parentesi della costruzione europea post 1945.
Esistono forti correnti economiche e di pensiero che pensano di cambiare registro e gli USA si preoccupano di eventuali scelte geopolitiche indipendenti tedesche.
La costruzione europea ha iniziato ad andare in crisi con le prospettive storico-politiche aperte dalla unificazione tedescae il crollo dell’URSS; sta scricchiolando con la crisi dell’Euro e rischia il crollo definitivo alla prossima sfida.
Una strategiageopolitica indipendentedella Germania significherebbe una nuova guerra mondiale a breve. L’Ucraina è l’offerta che gli USA fanno alla Germania per allontanare ( per dieci anni ?) il fantasma di Otto von Bismarck e del rapporto stretto con la Russia. Se l’operazione separazionenon dovesse funzionare, il mondo sarebbe in serio pericolo. Per questo ritengo che in Italia debba nascere un movimento popolare in favore della neutralità. E presto.
Gli USA non possono tollerare una uscita della Germania dalla zona euro perché significherebbe la necessità di una nuova strategia geopolitica per la Germania e questa non potrebbe che tendere verso una intesa russo tedesca che rivoluzionerebbe gli equilibri militari e politici del globo. E’ intuitivo anche che non possono lasciar crescere l’ euro perché il suo successo suonerebbe come campana a morto per il dollaro USA e la fine del ruolo degli Stati Uniti come detentore del quasi monopolio della valuta degli scambi internazionali.
Di qui l’urgenza assoluta per il governo Obama della conclusione del trattato TAFT che creerebbe una comunità industrial-commerciale nord atlantica rendendo impensabili e non vitali eventuali alternative.
Fatte le conclusioni, passiamo all’antefatto per i lettori più pazienti.
1) All’indomani del Congresso di Vienna ( 1815), il mondo si trovò gestito dagli alleati che avevano sconfitto Napoleone: Russia, Austria-Ungheria a est e Inghilterra e Francia a ovest. Queste potenze pensarono di tornare a incontrarsi e scontrarsi nelle “terre di mezzo”, Italia e Germania che non rappresentavano entità geopolitiche, ma secondo l’espressione del principe di Metternich erano espressioni geografiche, divise com’erano in numerosi statarelli neutralizzantisi a vicenda.
Le cose non tornano mai come “prima della guerra”. Le incursioni napoleoniche in Europa produssero movimenti nazionalistici e indipendentistici che portarono alla unificazione di questi territori (Germania e Italia) in entrambi i casi sotto la guida dello stato più militarizzato delle rispettive regioni.
2)La Germania, diventata un impero nel 1870 dopo la sconfitta della Francia, ebbe una economia inizialmente equilibrata – tra la Prussia agricola e la Renania industrializzata la bilancia dei pagamenti era in equilibrio – si lanciò in una politica di espansione anche per recuperare i due secoli di ritardo nello sfruttamento delle colonie. Questo protagonismo politico alimentò il revanscismo francese, mentre il programma navale del Kaiser Guglielmo lo pose in contrasto con l’Inghilterra.
Le due vecchie rivali si coalizzarono ( da Fashoda in poi) e con l’alleanza tra Russia e Francia fissarono i chiodi della bara del Kaiser. Alfred Milner si occupò dello scoppio del conflitto e del “buon diritto” degli alleati della Intesa. La Germania non tenne conto del monito dei suoi grandi vecchi ( von Moltke ” rafforzate l’ala destra” e Bismarck ” allearsi con la Russia”) e ad onta dell’aver estromesso i russi dal conflitto con una brillante operazione di intelligence del colonnello Nicolai, perse la guerra. Era entrato in ballo un nuovo superpower: gli USA.
3) Dopo la prima guerra mondiale, che per un primo tempo sembrò aver liquidato il contenzioso franco tedesco, con l’avvento di Hitler al potere e la scelta di una geopolitica indipendente ( La teoria dello spazio vitale) da parte del Reich (e i tentativi di entrare in possesso di porzioni di territorio ( ” dove vivevano popolazioni tedesche”) destinato dal trattato di Versailles ad altri paesi) creò la situazione di tensione ad onta dei periodici tentativi di apeasement (Locarno, Monaco). L’annunzio del patto Germano sovietico del 1939 ( il 23 agosto) precedette di poco l’arrivo della guerra ( il 3 settembre).
4) Dopo la rovinosa sconfitta del 1945 la Germania non ha più avuto intenzioni di definire una geopolitica indipendente e si è a mano a mano integrata nei dispositivi predisposti dai vincitori della guerra mondiale accettando la comunità europea, la NATO, il Consiglio d’Europa, l’OSCE ecc.
Tutte queste organizzazioni erano state pensate per evitare che la Germania rinnovasse la sua tradizionale rivalità nei confronti della Francia creando nuove tensioni in Europa.
5) L’intesa Franco Tedesca del 1967 tra De Gaulle e Adenauer (statisti che conoscevano le leggi della geopolitica) condusse questi due paesi all’avanguardia in Europa. L’Italia non aderì, invitata, per non dispiacere all’Inghilterra su insistenza di La Malfa & co. che chiedevano un asse Roma-Londra.
6)Dopo la riunificazione tedesca, l’integrazione tra le economie francese e tedesca iniziò a mancare. La Francia con forte componente agricola aveva supplito all’assenza della Prussia nel bilanciare l’ economia della Renania e le due economie vissero di concessioni reciproche, spesso a spese degli altri partner, specie mediterranei.
7)La nascita dell’Euro e della Banca Centrale Europea – costruita sul modello della Bundesbank tedesca col solo mandato di combattere l’inflazione – pose le basi per una crescita disuguale tra i paesi contraenti e la apodittica convinzione teologica che alle crisi economiche si deve reagire con l’austerità (non suffragata da alcun elemento scientifico) sta lavorando il fegato dei paesi mediterranei mentre la Germania ebbe tutto l’appoggio dei partners quando si trattò di riunificare i due monconi di paese dopo la caduta del muro ( 1989).
La caduta dell’URSS prima di allora non “abbinabile” ad altri partners occidentali, ha posto la Germania di fronte allo stesso dilemma con cui si confronta Israele: entrambi sono paesi privi di profondità territoriale e vulnerabili ad attacchi concentrici e di sorpresa.
8) Una rottura tra la Germania e i partner europei – sia politica o sia economica – costringerebbe la Cancelliera Merkel ad una situazione da paria – come oggi il turco Erdogan – di indecisione tra una geopolitica che guardi a est ed un aumento della immigrazione che a questi livelli sarebbe suicidaria per l’identità tedesca.
Mentre “capricci alla turca” ( come ad es la recente assegnazione del sistema difensivo missilistico antiaereo ai cinesi, con i russi in seconda posizione) possono essere tollerati , salvo un regime change alla prima occasione, per la Germania, le sue tecnologie i suoi capitali, i suoi contatti politici, un rapporto organico con la Russia avrebbe un solo significato: relegare gli USA tra le potenze di seconda schiera e togliergli il dominio del mondo.
Logico che l’idea non piaccia agli americani, logico che vogliano opporsi in ogni modo, logico che offrano ai tedeschi l’Ucraina – in tutto o in parte – col suo serbatoio di mano d’opera, terreni agricoli e risorse boschive di grande importanza, per non parlare del vantaggio di essere a 200km da Mosca. Questa ipotesi fa innervosire i russi e che potrebbe scavare un fossato coi tedeschi, ma per ora i russi fingono di temere l’istallazione di rampe missilistiche in Ucraina.
Per un missile avanzare di trecento Km non è nulla, per i carri armati essere a 200 Km dalla capitale è tutto. Questo dovrebbe dare da pensare agli analisti russi.
Ecco a mio parere il perché delle pressioni USA per far schierare aspramentee personalmente la Merkel, la previa pubblica informazione che le sue comunicazioni più private erano monitorate, ecco perchè la pausa negli attacchi all’Euro.
Se la Merkel non si schiera con l’occidente e non litiga con Putin, sarà segno, per gli analisti americani, che vuole fare il Bismarck in gonnella.
Quanto a noi, nella prima guerra mondiale restammo neutrali per dieci mesi. Nella seconda restammo neutrali ( “non belligeranti”) per altri dieci mesi. Sappiamo come è andata. Sarebbe ora di seguire i consigli di neutralità che all’epoca diedero Giolitti e Benedetto Croce e non di seguire quelli di un D’Annunzio lubrificato ( come Mussolini) dall’oro francese. Nel secondo conflitto, addirittura, ci tuffammo a titolo gratuito…
QUANDO LA PROPAGANDA ESAGERA CON LA CREDULITA’ POPOLARE
Alcuni internauti di destra hanno diffuso una foto di Bernard Henry Levy a Odessa assieme al capo della provincia di Odessa e comandante della 28 brigata meccanizzata ( ed ex comandante del battaglione AIDAR composto da elementi nazistoidi).
Una delle foto che circolano su internet a dimostrazione della presenza di milizie carattere nazista: le bandiere NATO e la svastica abbinate nelle foto ricordo.
Reclutati in tutta Europa con lo stesso criterio con cui si reclutavano i jihadisti: toglierli dalle nostre strade.
L’accento era posto – da questi elementi di destra e solo da loro- sulla presenza del sociologo a Odessa come prova dell’aggressività della NATO. Non era stato notata l’aggressività del francese in occasione dell’attacco alla Libia?
La comunicazione é in realtà ben più sofisticata: L’accento va più correttamente posto sulla personalità di Levy quale autore del testo ” Lo spirito del Giudaismo”. Può un personaggio di tal fatta frequentare un nazista? alla risposta negativa dei più é affidata la validità dell’assoluzione del comandante MaksymMarchenko. Uno che va a spasso con BHL non può essere un nazista… e così si toglie il fastidioso sospetto di nazismo dalle spalle degli ” eroici battaglioni ” che stanno contrastando i cattivi di turno.
Nella foto a fianco , Il sociologo Bernard Henry Levy, ben scortato, che si offre per cauzionare la democraticità del “comandante Marchenko” . Resta anche il mistero di come BHL sia giunto in quella città dato che le comunicazioni aeree tra la zona dei combattimenti e l’occidente siano interrotte da giorni a causa dei bombardamenti e delle decisioni dei belligeranti. Almeno é quanto ci é stato comunicato dalla stampa.
Per BHL , nessuna meraviglia: faceva l’indicatore della polizia già tra gli studenti del maggio parigino già nel 68, ha fatto da intellettuale killer di Gheddafi per conto di Sarkozy ( ex ministro dell’interno) nel 2011 ed rieccolo a Odessa in veste di assolutore di nazisti.
IL MONDO VIENE DIVISO TRA CHI DOMINA IL NUCLEARE E CHI NE VIENE INIBITO
I BOMBARDAMENTI SULL’UCRAINA MINANO LE FONDAMENTA DEL TNP.
Vorrei suggerire a un nucleo di amici un tema che volI un po’ più alto delle beghe pseudo politiche o tattiche con cui ci si è gingillarti fino ad oggi.
Il tema è il nucleare. Se al momento in cui l’Ucraina ha aderito al TNP – trattato di non proliferazione nucleare – (entrato in vigore al 1° gennaio del 1967) si fosse conservata, diciamo tre testate nucleari delle cinquemila rottamate senza condizioni, la Russia avrebbe attaccato ugualmente?
Sono certo di no e la pensano come me un gran numero di studiosi della materia.
Questa considerazione apre il tema che vorrei popolarizzare presso tutti coloro che non vogliono essere atomizzati a loro insaputa.
Nove sono i paesi hanno la bomba: Cina, Corea del nord, Francia, India, Inghilterra, Israele, Pakistan, la Russia e gli Stati Uniti. Si ignora se anche il Sudafrica si sia conservato qualche cosa. E fanno dieci.
Di questi paesi citati 5 (sui 191 firmatari del Trattato di non proliferazione), sono qualche modo autorizzati, perché costruirono e testarono l’ordigno prima dell’entrata in vigore del Trattato e sono tra i vincitori della Seconda guerra mondiale, nonché fondatori dell’ONU (organizzazione delle Nazioni Unite).
Tre Stati, India, Israele, Pakistan non hanno mai firmato né concordato le loro realizzazioni nucleari, quindi non è possibile, in qualche forma, costringerli (e questa è la migliore controprova della utilità della bomba) …
L’Iran, che sembra aspirare a far parte del club atomico (ad onta di una fatwadell’Ayatollah Rudollah Khomeini che dichiarò empio l’armamento nucleare decretato dallo Scià Reza Palhavi) viene dato per essere – da oltre venti anni- alla immediata vigilia della realizzazione, ma ormai non ci crediamo più. Non alle accuse interessate di Israele e non all’eco americana in materia.
La Corea del Nord, invece, è uscita dal Trattato (TNP) nel 2003.
L’elenco dei paesi nucleari coincide con quello dei paesi indipendenti che nessuno aggredisce e, come direbbe un francese, pour cause. Perché in effetti, tutti temono le conseguenze devastanti di un bombardamento atomico, specialmente sulla popolazione civile. E fintantoché resterà in auge il principio di legittimità della sovranità popolare, i civili vanno tenuti per quanto possibile al riparo dall’ombrello atomico.
La conseguenza veramente importante di questo conflitto ucraino sarà il rischio di una corsa al riarmo nucleare e il dibattito è già iniziato.
Cominciamo già tutti a pensare che se avessimo un arsenale nucleare ci potremmo difendere senza intermediazioni – ogni giorno più dubbie – saremmo più rispettati e indipendenti nelle nostre scelte economiche e politiche.
Lo pensa certamente la Germania, che ha appena stanziato 100 miliardi di euro per un fondo per la difesa, ma non assegnato al ministero della Difesa. Dovrebbero spiegarci che ci vogliono fare.
Anche il Giappone. Minacciato dalla Corea del Nord ma anche un po’ dalla Cina, ha sollevato il problema ripetutamente. Uno dei partner della organizzazione chiamata Five eyes, l’Australia, si è lamentato tramite la Nuova Zelanda, suo paese confinante e minore, che non riesce a ottenere un dividendo politico a fronte di un investimento comune.
Di conseguenza, gli Stati Uniti hanno promesso di farli accedere alla tecnologia propulsiva dei sottomarini nucleari. Poi, leggendo tra le pieghe dell’accordo, si sono accorti che ci vorranno 20 anni di attesa. Senza armamento nucleare, deve essere chiaro che non c’è sicurezza. E nemmeno progressi tecnologici o energetici, visto che ci stiamo orientando verso l’energia nucleare.
Con lo strumento del TNP, gli Stati Uniti hanno acquisito mezzo secolo di vantaggi in termini di ricerca e sperimentazione e penetrazione di mercato. Possono bastare.
Resta da sistemare l’aspetto militare della vicenda, con particolare riguardo all’Italia.
Dato che Inghilterra, Francia e forse adesso anche Germania si saranno presto dotate di opportuni armamenti nucleari, restano gli italiani, spagnoli e turchi a dover fornire, stando a questi progetti, quella che un tempo si chiamava carne da cannone.
Secondo questo schema NATO noi dovremmo fornire la truppa che va all’assalto. Alleati di prima e di seconda categoria? No grazie!
Così rischiamo di essere, marginali dal punto di vista militare e pericolanti dal punto di vista delle perdite umane.
Qualcuno potrebbe obbiettare che una offerta di protezione USA è più sostanziosa di quella rappresentata da un limitato arsenale nucleare quale quello che noi potremmo permetterci.
Abbiamo l’esempio del Memorandum di Budapest dell’autunno 1994 stipulato tra Russia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Ucraina che stabiliva che ciascuno dei contraenti avrebbe evitato di usare “force or threats” contro l’Ucraina, rispettandone la sovranità e i confini.
Tutti i contraenti si impegnavano a chiedere l’intervento immediato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e non sono quelli sperati.
Vogliamo essere gli ultimi a dotarci di capacità nucleare ? Preferiamo che siano i tedeschi ad armarsi autonomamente senza il collare europeo? Temiamo a tal punto la proliferazione quando sappiamo che l’hanno già dieci paesi di cui quattro potenziali avversari? Perché alcuni paesi possono avere armamenti nucleari e altri no? Qual è il criterio discriminante ?
Questi sono i temi da affrontare, non commentare quattro poveracci di aspiranti impiegati RAI che fanno commenti da portierato.
IS THAT ALL THERE IS?: GEORGE FRIEDMAN, PEGGY LEE, CTHULHU MORBUS, ANGELUS NOVUS, L’AFGHANISTAN, L’ITALIA, LA RUSSIA E L’UCRAINA
Al tramonto dell’estate del 2021, in pieno e tumultuoso corso il disastro statunitense in Afghanistan, il grande geopolitico e ancor più grande filoimperialista americano George Friedman firmò sulla sua giustamente accreditatissima rivista di geopolitica IS THAT ALL THERE IS? (George Friedman, Is That all There is?, in GEOPOLITICAL FUTURES, 6 agosto 2021, all’URL https://geopoliticalfutures.com//pdfs/is-that-all-there-is-geopoliticalfutures-com.pdf, Wayback Machine:http://web.archive.org/web/20210908080614/https://geopoliticalfutures.com//pdfs/is-that-all-there-is-geopoliticalfutures-com.pdf), nel quale, citando ampliamente dalla sublime IS THAT ALL THERE IS? nella versione cantata dall’immortale Peggy Lee mostrava (giustamente dal suo punto di vista) tutto il suo spirito splenetico per come si erano messe le cose in quel lontano paese asiatico. Purtroppo, soprattutto per noi altissimi spiriti demoniaci, angelici, iperuranici ed ultraterreni Cthulhu Morbus e Angelus Novus della IX Tesi di Filosofia della Storia di Walter Benjamin questi lai non solo per il loro fortissimo stridore risultarono insopportabili per le nostre sensibilissime e demoniache odivine orecchie ma avevano anche il terribile difetto di costituire una sorta di dolorosa ma malriposta prece per le sorti di una potenza, gli Stati uniti, che nonostante tutte le sue micidiali contraddizioni e forse sulla via del declino (ma quale impero non è assillato da problemi potenzialmente mortali?), è, allo stato attuale, il maggiore e mortifero regista e dominus dello scenario politico internazionale. Ma ora, scoppiata la guerra russo-ucraina, noi, altissimi demoniaci et angelici spiriti siamo in grado di rimediare a questa sorta di ingiustizia-forzatura poetica operata dal nostro grande amico e stimatissimo e Geopoliticus Maxismus non solo statunitense ma anche mondiale, poiché, essendoci in quest’ultima vicenda internazionale un paese che rischia ancor più le penne dell’Ucraina – e cioè l’Italia che con la sua immensa insipienza nello schierarsi contro la Russia ed, addirittura, di fornire armi al suo nemico Ucraina, pone il suo territorio mancandole una pur minima deterrenza nucleare, come del resto più volte spiegato su questo blog “L’Italia e il Mondo” che sempre ha avuto la cortesia di ospitare il pensiero di noi spiriti infernali e divini, alla demente e suicidaria candidatura di essere il primo gradino di una escalation nucleare, per non parlare delle sanzioni alla Russia che rischiano di fare arretrare il Bel Paese ad un’economia del baratto come si praticava ai bei tempi del neolitico –, abbiamo non solo deciso di rinviare direttamente i lettori del blog all’ascolto integrale di IS THAT ALL THERE IS? (agli URL https://www.youtube.com/watch?v=LCRZZC-DH7M, da noi scaricato e quindi ricaricato su Internet Archive, generando gli URL https://archive.org/details/peggy-lee-is-that-all-there-is-1969-repubblicanesimo-geopolitico-360p e https://ia601500.us.archive.org/11/items/peggy-lee-is-that-all-there-is-1969-repubblicanesimo-geopolitico-360p/Peggy%20Lee%20%20Is%20That%20All%20There%20Is%201969%2C%20Repubblicanesimo%20Geopolitico_360p.mp4 e all’URL https://archive.org/details/peggylee_202011/Is+That+All+There+Is.mp3, sempre di Internet Archive dove si trova anche un’ottima rassegna di mp3 dei migliori pezzi di Peggy Lee) per cercare, attraverso lo spirito splenetico e disincantato che avvolge tutta la canzone, di suscitare, come in una sorta di cura omeopatica, una reazione salutare al cupio dissolvi dello spirito pubblico italiano, ma anche di proporre integralmente il testo della canzone stessa, perché se proprio si vuole cercare di riformare la pedagogia nazionale in materia di politica e/o geopolitica, bisogna, in primo luogo, tornare ai fondamentali, uno dei quali recita, icasticamente, verba volant, scripta manent (e mai come in questo nostra circostanza storico-pedagogica dove il momento emozionale deve essere affiancato da uno razionale trova validità l’antico adagio dei nostri padri):
«I remember when I was a little girl, our house caught on fire
I’ll never forget the look on my father’s face as he gathered me up
In his arms and raced through the
Burning building out on the pavement
And I stood there shivering in my pajamas
And watched the whole world go up in flames
And when it was all over I said to myself
Is that all there is to a fire?
Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing
Let’s break out the booze and have a ball
If that’s all there is
And when I was twelve years old
My daddy took me to the circus, the greatest show on Earth
There were clowns and elephants and dancing bears
And a beautiful lady in pink tights flew high above our heads
And as I sat there watching
I had the feeling that something was missing
I don’t know what, but when it was over I said to myself
Is that all there is to the circus?
Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing
Let’s break out the booze and have a ball
If that’s all there is
And then I fell in love
With the most wonderful boy in the world
We’d take long walks by the river or
Just sit for hours gazing into each other’s eyes
We were so very much in love
Then one day he went away and I thought I’d die, but I didn’t
And when I didn’t I said to myself
Is that all there is to love?
Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is, my friends, then let’s keep dancing
I know what you must be saying to yourselves
If that’s the way she feels about it why doesn’t she just end it all?
Oh, no, not me, I’m not ready for that final disappointment
Because I know just as well as I’m standing here talking to you
That when that final moment comes and I’m Breathing my last breath, I’ll be saying to myself
Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing
Let’s break out the booze and have a ball
If that’s all there is»
CTHULHU MORBUS e ANGELUS NOVUS
S. Non a caso questo messaggio ai lettori dell’ “Italia e il Mondo” è stato redatto, oltre che dal sottoscritto spirito della follia e del terrore Cthulhu Morbus pure dall’Angelus Novus della IX Tesi di Filosofia della Storia di Walter Benjamin, il quale, per rendere ancora più incisiva la pedagogia politica che si spera venga generata da IS THAT ALL THERE IS?, ancora una volta ci vuole rendere edotti che «C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.» In realtà non si sa se il mio sodale e coautore di questo messaggio Angelus Novus che sembra subire terrorizzato gli eventi sia disposto a recitare ma con tecnica straniante la augurabilmente apparente sua veritiera e definitiva mesta espressione del suo passaggio sulle rovine della storia «That when that final moment comes and I’m/ Breathing my last breath, I’ll be saying to myself// Is that all there is, is that all there is?/ If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing/ Let’s break out the booze and have a ball/ If that’s all there is.» Quello che si spera è che questo distanziamento lo intraprendano, alla fine, gli italiani (perché in caso contrario, alla follia seguirebbe la morte e i morti, come ben tutti sanno, non sono né pazzi né savi ma solo morti, e su quest’ultima condizione né il maligno Chutlhu Morbus né il benefico ancorché amletico Angelus Novus possono esercitare alcun potere: THAT IS ALL THERE IS).
Ancora una volta l’Unione Europea si sta rivelando un recinto in grado di impedire che le pecorelle possano acquisire una reale autonomia di azione e di scelta soprattutto riguardo alle relazioni da perseguire in primo luogo con i vicini di casa. Una pura appendice della NATO destinata ad esistere solo sino a quando il buon pastore la riterrà utile. Un fattore di freno, piuttosto che di sviluppo. Più la Unione Europea procederà ad allargarsi, più accentuerà tale debolezza e tale precarietà. Lo abbiamo visto con le emergenze ambientali-energetiche e con quella pandemica; l’ulteriore emergenza del conflitto russo-ucraino ne ha suggellato alla luce del sole la simbiosi ed il legame indissolubile. Classi dirigenti abituate ormai a liquidare ambizioni e dignità per un piatto di lenticchie ormai sempre più magro. Un ribaltamento della situazione potrà ormai arrivare solo da una crisi aperta e distruttiva interna al centro dell’impero della quale ormai da anni si possono osservare i prodromi. La passività e l’accondiscendenza si pagheranno a caro prezzo in un futuro sempre meno lontano. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
Gustave Le Bon, Come nascono le opinioni e le credenze, Oaks editrice, pp. 461. € 28,00.
Pensatore positivista “tipico”, Gustave Le bon fu psicologo, sociologo, antropologo. Ed anche epistemologo, come dimostra questo saggio. Ammirato all’epoca, in particolare dai grandi dittatori, al cui rapporto con il “seguito” non furono estranee le concezioni di Le Bon, come appare dalle loro capacità e modi di persuasione delle masse.
La ricerca delle regolarità di comportamento dei gruppi sociali, anche e soprattutto se caratterizzati da una inesistente o minima organizzazione/strutturazione – in pratica senza reale potere e “diritto” – è uno dei percorsi di ricerca di Gustave Le bon, probabilmente il principale.
Prima che nell’azione collettiva, il comportamento dei gruppi sociali deriva dalle opinioni e credenze diffuse negli stessi. Nella prefazione Francesco Ingravalle scrive che ciò “equivale a fare della fede (che è opinione e credenza eretta a norma direttiva della nostra vita) la chiave degli eventi storici prodotti dall’interazione fra gli uomini”. La fede è connotata da una logica affettiva che non è – meglio va al di là – della logica razionale; Ingravalle sostiene che, secondo Le Bon, “la logica affettiva intride di sé le collettività e le folle: non c’è da stupire che il misticismo attecchisca nelle masse, mentre la logica razionale, prodotto tardivo dell’evoluzione umana, trova il proprio maggiore dispiegamento negli individui”.
Passioni e suggestioni sono le più feconde generatrici di opinioni e credenze collettive. Consegue da ciò, dalle diversità delle logiche razionale/individuale e affettiva/collettiva, e dalla “pressione” dell’ambiente sociale che “non soltanto nei fenomeni collettivi la logica affettiva fagocita la logica razionale”. E questo non solo nei secoli passati.
Scrive Le Bon che “La questione della fede, a volte confusa con quella della conoscenza, è ben distinta dalla seconda. Conoscere e credere sono cose diverse e non hanno la stessa origine. Dalle opinioni e dalle credenze derivano, insieme alla concezione della vita, il nostro comportamento e, di conseguenza, la maggior parte degli eventi della storia, Essi sono, come tutti i fenomeni, governati da certe leggi, ma queste leggi non sono state pienamente comprese”; e contrariamente all’opinione di Cartesio la fede “non è né volontaria né razionale”; ne consegue che gran parte dei comportamenti collettivi non lo è. E la fede ha un potere enorme, come provano gli eventi che induce, specie nel periodo iniziale: espansione araba, civiltà cristiana medievale, rivoluzione francese lo sono tutti. Le credenze sono atti di fede che ci “costringono ad ammettere un’idea, un’opinione, una spiegazione, una dottrina”. Se “la conoscenza è un elemento essenziale della civiltà, il grande fattore del suo progresso materiale”, la fede guida i pensieri, le opinioni e quindi la condotta. Un tempo si pensava che le credenze fossero di origine divina. “Oggi sappiamo che sono create da noi stessi; eppure, continuano a prevalere sulla ragione”. E l’età moderna, malgrado la sua (apparente) razionalità “contiene tanta fede quanto i secoli che l’hanno preceduta. Nei nuovi templi si predicano dogmi dispotici come quelli del passato e che hanno altrettanti seguaci”. Il libro di Le Bon fu pubblicato nel 1911: la storia successiva ha mostrato quanto le analisi del pensatore francese fossero valide.
D’altra parte era (ed è) convinzione diffusa, anche tra i pensatori contemporanei di Le Bon, che la fede non è sostituibile; se ne possono sostituire i dogmi ma questi restano oggetto della stessa fede di quelli che li hanno preceduti “nuovi dei vengono sempre a sostituire quelli che sono morti o stanno per morire”. L’introduzione e il saggio conclusivo di Andrea Prestigiacomo aprono e chiudono il libro.
In un’epoca come la contemporanea, caratterizzata da un relativismo (contraddittorio) e dal dominio dell’“economia”, il pensiero di Le Bon ha ancora una validità; occorre tuttavia riscontrare in che modo si formeranno non tanto le credenze, quanto le azioni conseguenti, ora che le folle – oggetto del più famoso saggio di Le Bon – non stanno in piazza, ma davanti al computer.
Chi di voi ha seguito il link al mio saggio di ieri e ha visto l’intervista di 10 minuti con il sindaco di Kiev Vitali Klitschko sul programma “Newsmakers” di TRT World sarà sicuramente d’accordo sul fatto che questo politico ucraino ad alta visibilità sta guidando i restanti residenti della capitale del paese e il popolazione più ampia dell’Ucraina dritta al disastro in nome dell’autodifesa patriottica.
Non perderò tempo qui con le feroci bugie di Klitschko sugli invasori russi, sulle loro intenzioni, sulle loro azioni e così via. Nel mio tempo al microfono dello spettacolo, ho sostenuto che il rifiuto di Klitschko di qualsiasi ritorno imposto all’impero sovietico sotto il diktat russo è una totale sciocchezza. La Russia ne ha avuto abbastanza dell’impero e il controllo dell’Ucraina sarebbe solo un ostacolo interminabile per l’economia e il focus politico russi. La motivazione russa è proprio quella di liberare l’Ucraina dalle formazioni NATO attualmente incorporate, dall’adesione alla NATO ancora prevista dall’Alleanza e dai radicali neonazisti che dal 2014 sono stati la forza dietro il trono del regime di Kiev.
Il mio punto qui è evidenziare le conseguenze della determinazione di Klitschko e di altri nel governo ucraino di non cercare alcun compromesso per porre fine ai combattimenti e salvare ciò che resta del loro paese a questo punto, prima che i russi proseguano il loro lavoro di demolizione fino al suo conclusione logica. Se Kiev non alza bandiera bianca, non negozia una pace in buona fede, la guerra si concluderà con le infrastrutture civili e militari dell’Ucraina totalmente distrutte, con l’emigrazione di massa permanente di milioni di persone, compresi i segmenti più abili del popolazione e con un decennio o più di indigenza per coloro che sono abbastanza sfortunati da rimanere.
Ieri sera ho ricevuto una nota da un lettore dei miei saggi, che diceva che la guerra non finirà con un trattato alle condizioni della Russia. Invece, aiutata e incoraggiata dagli Stati Uniti e dall’Europa, la leadership di Kiev lancerà un’insurrezione contro gli “occupanti” e questo crescerà e diventerà doloroso e costoso per la Russia come qualsiasi cosa gli Stati Uniti abbiano sperimentato in Afghanistan.
Non nego che un’insurrezione ucraina sia una plausibile fase successiva alla guerra, soprattutto vista la posizione irrazionale sui “compromessi” che vediamo nell’intervista a Klitschko. Tuttavia, ci sono modi ovvi per il Cremlino di rispondere in modo da contenere i rischi per se stesso. Per cominciare, possono rendersi conto della minaccia lanciata da Putin prima dell’inizio della guerra: privare l’Ucraina della sua statualità. Non del tutto, ma per privarli dello stato nella configurazione che esiste dal 1991. Ciò significa dividere l’Ucraina, staccare i territori a ovest di Kiev e del fiume Dnepr, formando uno stato di groppa senza sbocco sul mare con la sua capitale logicamente in Leopoli, vicino alla frontiera polacca.
Per usare il linguaggio della comunità bancaria, la Russia creerebbe così una “bad bank”, contenente i velenosi asset del radicalismo ucraino, pochissimi asset industriali o altri importanti asset economici, e portata a distanza non più minacciosa per la Russia. La “buona banca” sarebbe l’Ucraina centrale, i territori a est del fiume Dnepr, che hanno una popolazione di lingua russa notevolmente più ampia, che dovrebbe rispondere all’appello della Russia a difendere i propri interessi nella vita pubblica del paese e uscire dalla il bullismo a cui sono stati sottoposti dai nazionalisti negli ultimi 8 anni. Questa Ucraina centrale avrebbe ricevuto indietro la costa del Mar Nero ora occupata dai russi e avrebbe goduto dell’agricoltura e di altri importanti beni economici che hanno sempre definito la prosperità ucraina. Presumibilmente le repubbliche del Donbas rimarrebbero indipendenti come la terza parte di un’Ucraina divisa. Tuttavia, se l’Ucraina centrale sarà adeguatamente ricostituita con tutta la debita protezione delle minoranze e con un federalismo adeguatamente funzionante, non c’è motivo per escludere la possibilità che il Donbas torni all’ovile nell’Ucraina a est del Dnepr. La loro inclusione aiuterebbe notevolmente l’equilibrio delle comunità linguistiche nell’intero stato ricombinato.
Il summenzionato epilogo è, ovviamente, solo uno dei tanti che potrebbero essere lanciati nelle prossime settimane quando i russi chiudono la loro morsa sulle principali città dell’Ucraina e avvicinano il momento della verità, quando la leadership ucraina deve decidere se citare in giudizio o meno per la pace alle condizioni del vincitore.
Chi non si commuove di fronte agli occhioni di un bambino ucraino in fuga dalla guerra, in braccio alla madre con le lacrime agli occhi?
Per carità! E’ cosa sacrosanta aprire il nostro cuore alle persone in difficoltà ed aiutarle generosamente. Ma per quale motivo i mezzi di informazioni ci sensibilizzano continuamente nell’aiuto alle persone colpite dalla guerra in Ucraina e in nessuna occasione per le persone che dal 2014 ad oggi nel Donbass (regioni di Lugansk e del Donetsk) sono state colpite dalle bombe lanciate dall’altro lato (filo-occidentale) della barricata?
Perché il bambino ucraino dovrebbe avere più diritto di solidarietà della bambina che si trova nel Donbass?
Perché il bambino ucraino dovrebbe ricevere più solidarietà dei bambini che ancora oggi subiscono la guerra da tutti dimenticata in Siria?
Perché il bambino ucraino dovrebbe avere più diritto di solidarietà dei bambini dello Yemen, sotto le bombe dell’Arabia Saudita (a cui l’Italia vende armi) dal 2015 e di cui mai ci parlano i mezzi di informazione?
E perché i profughi dell’Ucraina dovrebbero avere più diritto alla solidarietà dei profughi che fuggono dalle zone in guerra dell’Etiopia?
E i bambini della Somalia non avrebbero anche loro il diritto ad una infanzia serena, anziché essere arruolati e addestrati per combattere la guerra fin da piccoli ?
Ciò che fa la differenza nel grado di solidarietà suscitata non è l’oggettività delle situazioni, per la quale tutti i bambini in guerra dovrebbero meritare le stesse attenzioni, lo stesso bisogno di aiuto, di pace, di affetto, di serenità. La differenza la fanno i sentimenti che i mass media, sapientemente, sanno suscitare nei lettori o nei telespettatori.
Il cuore si commuove per quello che vede e percepisce, non per ciò che non vede e non conosce.
Chi decide gli argomenti da trattare o da non trattare nei mezzi di informazione (prima il cambiamento climatico, poi la pandemia, poi la guerra in Ucraina, domani forse il blackout energetico) ha deciso che la gente debba emozionarsi per i bambini che soffrono in Ucraina e non per i bambini che soffrono da altre parti del mondo e neppure per quelli che si trovano nelle regioni ucraine, ma dall’altra parte del fronte del Donbass.
L’obiettivo non è spingere la gente ad offrire aiuti ai bambini dell’Ucraina (che, ovviamente, è giusto che vengano aiutati), perché se così fosse, ci avrebbero mostrato le immagini anche delle altre situazioni di guerra nel mondo. L’obiettivo è invece portare la gente a schierarsi emozionalmente dalla parte delle “uniche” vittime mostrate nelle immagini, in questo caso dell’Ucraina, del suo presidente Zelensky, della NATO, degli USA e del nostro governo italiano che si sono schierati da quella parte, adottando pesantissime misure economiche che colpiscono anche e fornendo loro armi per combattere, cosa che non avremmo mai giustificato, senza adeguate “motivazioni sentimentali”.
Lo scopo di questa comunicazione non è porre fine alla guerra, per garantire la pace ai bambini che soffrono in Ucraina, ma è giustificare le decisioni politiche di chi ci governa, perché il “cattivo” Putin sta bombardando i bambini in Ucraina, e noi dobbiamo assolutamente fare qualcosa per difenderli. Senza farci riflettere sul fatto che, per “difenderli” nel modo deciso dal potere politico, andremo a certamente a bombardare i bambini del Donbass, aggiungendo bambini morti ad altri bambini morti.
Con la stessa logica sentimentale ci vengono presentate le immagini dei bombardamenti.
E’ certamente terrificante vedere un palazzo di Kiev sventrato in questo modo dalle bombe.
Ma perché non ci mostrano gli edifici sventrati del Donbass?
Perché non ci mostrano le immagini dei cimiteri del Donbass dal 2014 ad oggi?
Si parla di almeno 13’000 persone morte per i bombardamenti o a causa di cecchini, prima che sulle tv occidentali si iniziasse di parlare di “guerra in Ucraina”.
Non ci hanno mai mostrato queste immagini, perché si tratta di emozioni che la gente dei paesi occidentali non doveva provare, se no avrebbe trovato motivazioni per opporsi alle decisioni politiche dei paesi occidentali di fornire armi agli autori di queste uccisioni.
In questo caso la non diffusione di queste immagini ha come obiettivo l’indifferenza della gente verso le popolazioni che subiscono tutto questo.
Allo stesso modo non ci parlano degli edifici distrutti in Siria, non si sa da chi, se dall’ISIS, da Israele, dai Turchi o dagli americani che hanno fornito loro armi per compiere i bombardamenti.
L’importante è che non si rischi di provare un sentimento di solidarietà per il popolo siriano, perché rischierebbe di diventare un pericoloso sostegno morale al loro presidente Bashar al-Assad. La parola d’ordine è “ignorare” le sofferenze dei siriani. La gente non deve avere a cuore la vita dei siriani
E neppure ci dobbiamo emozionare per le case distrutte in Yemen dai bombardamenti dell’Arabia Saudita, fedele alleato degli USA nello scacchiere medio-orientale.
Hanno deciso così. La gente non deve essere informata sulle guerre, deve essere emozionalmente coinvolta solo quando ai governi occidentali serve il consenso politico per giustificare decisioni politiche che, diversamente, le persone di coscienza dei popoli occidentali mai vorrebbero giustificare.
Allo stesso modo ci presentano i leader politici.
Ogni giorno il “presidente del mondo” Joe Biden ci racconta la verità ufficiale a cui dobbiamo credere. Mai una critica da parte dei giornalisti alle sue dichiarazioni, perché parla “in nome del bene”, per la “difesa della democrazia”.
Se venissero espresse delle critiche, si potrebbe dubitare della bontà delle dichiarazioni di Biden e della democraticità, nel senso del rispetto dei valori della Dichiarazione d’Indipendenza americana.
Dopo di che ci presentano il neo-eroe Volodymyr Zelensky, il quale ogni giorno comunica con immagini (ad alta definizione), presentandosi (curando ogni dettaglio d’immagine) come politico “diverso”: mai in giacca e cravatta, mai ben rasato, perché in guerra non ce lo si può permettere. Meglio una maglietta a maniche corte e la barba sfatta. Sapiente strategia di marketing politico, in tutto analogo al marketing pubblicitario.
E poi ci presentano il “cattivo” Vladimir Putin, che dopo 23 anni al potere di colpo sarebbe “impazzito”, diventando un guerrafondaio senza scrupoli. Ogni sua dichiarazione viene condita di commenti negativi e screditanti da parte dei commentatori.
Evidenziando questo non intendiamo dire che Putin sia un “buono” e un “democratico”, ma solo che l’immagine che ci è stata presentata di lui negli ultimi 23 anni è molto cambiata, in funzione della reazione emozionale che i mass media intendevano suscitare nei telespettatori nei confronti della Russia e del suo leader.
Sono lontani i tempi in cui gli USA collaboravano con la Russia e in cui ci veniva presentata tutt’altra immagine di Vladimir Putin.
E i presidenti delle repubbliche separatiste di Donetsk e di Lugansk?
Denis Pushilin Leonid Pasečnik
Non pervenuti. Inesistenti. Nessuno ce ne parla su tv e giornali, perché l’autodeterminazione dei popoli (vedi i casi del Kosovo, riconosciuta, e dei Kurdi, non riconosciuta) viene riconosciuta solo quando conviene a chi detiene il potere di riconoscerla.
Ecco un ricordo di quando gli USA sostenevano, a suon di bombe, l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia.
Madeleine Albright, segretario di stato USA, con l’allora autoproclamato presidente del Kosovo Hashim Thaçi (legato alla mafia locale ed al traffico di armi)
L’approccio emozionale all’informazione fa il gioco di chi detiene il potere politico ed intende usarlo per obiettivi diversi da quelli dichiarati. La gente viene indotta a non ragionare in modo critico, ma a schierarsi dalla parte di chi “sente” che sta dalla parte della ragione, sentendo di doversi adeguare al punto di vista di chi offre “l’unica soluzione” per aiutare le vittime con cui ci sentiamo solidali, di chi è il buono che lotta contro i cattivi, come nei film americani.
Se, invece, l’obiettivo è che la gente non si schieri per la parte avversa (ovviamente decisa dal potere politico), allora i mass media ignorano la situazione, per suscitare indifferenza.
La maggior parte della gente stava dalla parte di Greta Thunberg, pasionaria del cambiamento climatico. Ora in tv non ne parla più nessuno. Tutto dimenticato! Il cambiamento climatico ha cessato di essere una emergenza. Fine dei sentimenti ecologisti, perché ora il potere politico ha bisogno di sostegno su altre scelte, come quella di riaprire le centrali elettriche a carbone, le più inquinanti che esistano.
E quanti italiani si sono schierati dalla parte del governo, con le mille discriminazioni nei confronti delle persone non vaccinate? Lo hanno fatto dopo avere visto immagini ad effetto come queste.
Da notare i colori militari, segno di situazione come di guerra.
Dopo avere emozionato gli italiani con la paura della morte, i politici hanno avuto gioco facile a far passare le loro decisioni come le uniche possibili per evitare il ripetersi della “tragedia”, da qui il sostegno acritico alle misure discriminatorie nei confronti della minoranza degli italiani che non intendeva vaccinarsi, senza che in realtà vi fossero a loro supporto ragioni scientifiche ed una logica razionale. L’emozione accieca la ragione.
Ma nessuno si è mai emozionato per i grafici che mostrano il numero di morti in Italia per fumo ed alcool, che avrebbero dovuto già da tempo giustificare misure draconiane contro i fumatori e gli assuntori di alcool.
Non ci hanno mai presentato questa situazione sanitaria in termini emozionali, per cui tutti sanno che si muore per fumo o per alcool, ma non esiste un sostegno pubblico “emozionale” all’adozione di misure politiche per ridurre la mortalità per fumo e per alcool. Questo perché chi governa, ed ha il controllo dei mezzi di informazione, ha deciso che non interessarsi alla questione. Quindi la gente deve essere rigorosamente tenuta indifferente.
TV e giornali hanno deciso di non informare gli italiani dei migliaia di fallimenti dei piccoli esercizi commerciali. Ce ne sarebbe da emozionarsi, fra imprenditori che si suicidano e famiglie ridotte sul lastrico.
Ma chi ci governa non ha alcuna intenzione di risolvere il problema. Anzi, probabilmente ha intenzione di aggravarlo, come succede da 20 anni a questa parte.
Per questo motivo non ci mostrano le file dei poveri alle mense della Caritas, non finanziate dallo Stato italiano, ma dalla benevolenza di molti italiani con il cuore sensibile. La questione non deve essere vista come un grave problema sociale, quale è numeri alla mano, ma come un problema individuale che colpisce il nostro sfortunato parente o vicino di casa.
E se anche, in qualche situazione, dovranno mostrarci queste immagini, mai ci spiegheranno le cause dell’impoverimento degli italiani o della chiusura dei negozi.
In conclusione, continuiamo a mantenere la sensibilità del nostro cuore verso le persone che soffrono, ma non lasciamo manipolare i nostri sentimenti da parte di chi intende usarli per creare consenso o tenerci indifferenti di fronte alle decisioni di chi detiene il potere politico ed il potere di controllare l’informazione “mainstream” dei mezzi di informazione.
La mediazione del governo italiano: “Putin peggio di un animale feroce. Va picchiato”.
Per la serie “Se mia nonna avesse avuto le ruote sarebbe stata una carriola”, Enrico Letta, segretario del PD: “Quello che è successo dimostra che la Nato doveva fare entrare l’Ucraina prima. L’invasione non ci sarebbe stata, insomma, se l’Ucraina fosse stata ammessa e integrata nella Nato già una trentina d’anni fa. (30 anni fa la Russia era guidata da quell’alcolizzato di Eltsin).
Carlo Rovelli, fisico nucleare e accademico internazionale: “Sfiorata la guerra nucleare, la soluzione trovata da Kennedy e Kruscev fu che l’Unione Sovietica rinunciava a mettere missili a Cuba in cambio del ritiro dei missili americani dalla Turchia. Un passo indietro ciascuno. Così si va verso la pace. Perché non possiamo fare lo stesso?”
Joseph Robinette Biden Jr, detto Joe, 78 anni, senatore dal 1972, vice presidente di Obama, presidente degli Stati Uniti d’America: “Putin è un criminale di guerra. Va processato”.
Vladimir Vladimirovic Putin, 69 anni, ex KGB, presidente della Russia: “Senti chi parla”. In effetti la Corte Penale Internazionale dell’Aia, deve ancora pronunciarsi sui presidenti (e vice) americani per Corea,Vietnam, Grenada, Panama, Jugoslavia, Afghanistan, Irak, Somalia, Libia eccetera.
La presidenza ucraina: L’Ucraina respinge l’idea di un modello di ‘neutralità svedese o austriaca’ avanzata da Mosca. L’Ucraina è ora in uno stato di guerra diretta con la Russia. Pertanto, il modello può essere solo ‘ucraino’ “.
Volodymyr Oleksandrovyc Zelenskyj, politico, attore, sceneggiatore e comico, presidente dell’Ucraina: “A coloro che all’estero hanno paura di essere trascinati nella terza guerra mondiale. L’Ucraina combatte con successo. Abbiamo bisogno di voi per aiutarci a combattere e vincere. Forniteci tutte le armi necessarie. Applicate più sanzioni alla Russia e isolatela completamente. Applicate la fly zone. Aiutate l’Ucraina a costringere Putin al fallimento”.
Il 78% degli intervistati ritiene che dovremmo evitare ad ogni costo l’entrata in guerra dell’Italia, infatti, soltanto il 9% sostiene che dovremmo intervenire militarmente a fianco dell’Ucraina e della NATO.
La maggioranza degli intervistati, pari al 55% del campione, è contrario all’invio di armi all’Ucraina, contro un 33% di favorevoli.
Alex Zanotelli, missionario, ispiratore e il fondatore di diversi movimenti pacifisti: “L’Italia ha già annunciato che aumenterà le spese militari, si parla di 38 miliardi. Sono soldi che saranno sottratti alle scuole, alla sanità. Lo stesso faranno gli altri singoli Paesi e l’Europa unita, che andrà verso un proprio esercito. Ovviamente senza per questo smantellare l’esercito della Nato. Ne usciremo, se va bene, con un mondo più armato e più povero. In questo momento il nostro governo dovrebbe invece spendersi in ambito internazionale per forzare i contendenti a sedersi attorno a un tavolo e arrivare a una soluzione pacifica, portare Russia e Ucraina al tavolo dell’Onu. Una cosa che si sarebbe dovuta fare nel 2014, dopo il protocollo di Minsk (un accordo per porre fine alla guerra nell’Ucraina orientale) che è chiaro ma non è mai stato attuato. Se Mosca chiede la neutralità di Kiev, per esempio, bisogna trovare gli spazi per accordarla. Oggi l’Ucraina è una polveriera, è un Paese spaccato profondamente, con un nazionalismo che fa paura. Un negoziato è sempre possibile, ci si può mettere d’accordo. Ma i combattimenti devono cessare. La posta in gioco è altissima, rischiamo grosso, una guerra nucleare, l’inverno nucleare.
La mediazione del nostro ministro degli esteri, Luigi di Maio: “Putin peggio di un animale. Più feroce di un animale feroce. Sono animalista, non voglio offendere nessun animale. Penso che tra Putin e qualsiasi animale ci sia un abisso e sicuramente quello atroce è lui.” Giovanni Floris, conduttore televisivo: “Quando picchi il cane devi lasciarti la porta della stalla aperta, perché devi dargli la possibilità di scappare, quale possibilità lei offrirebbe a Putin?” Di Maio: “Tra Putin e qualsiasi animale c’è un abisso”. Va picchiato e basta. Non voglio neppure incontrare l’omologo russo.
Sergej Viktorovic Lavrov, ministro degli esteri della Russia :“Una strana idea di diplomazia. La diplomazia è stata inventata solo per risolvere situazioni di conflitto e alleviare la tensione, e non per viaggi vuoti in giro per i Paesi ad assaggiare piatti esotici ai ricevimenti di gala”. Se Di Maio non è in grado di reggere un ruolo, dovrebbe dimettersi. Niente di grave, il governo Draghi in diplomazia conta zero. In più, da grande banchiere, è sicuro che “Noi stiamo facendo collassare l’economia russa”. Infatti nel primo trimestre 2022 il PIL italiano è già calato del 2,4%. Chi sta pagando? quali classi sociali? gli oligarchi russi e italiani? il matrimonio di Berlusconi? i soliti italiani?
Alexei Paramonov, direttore del Dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo: “La guerra finanziaria ed economica contro la Russia può provocare una serie di corrispondenti conseguenze irreversibili. Finora l’Italia ha avuto la possibilità di acquistare il gas a prezzi molto inferiori rispetto a quelli del mercato. Mosca non ha mai usato le esportazioni di energia come strumento di pressione politica, le quali, tenuto conto della significativa dipendenza di Roma dagli idrocarburi russi che raggiungono il 40-45%, avrebbero conseguenze estremamente negative per l’economia italiana e per tutti gli italiani.” Ma non basta. Nel 2021 l’Italia era ottava tra i principali partner commerciali di Mosca (15mila imprese italiane piccole e medie ma anche Eni Snam Pirelli Marcegaglia Barilla). La Russia rimane il principale esportatore di cereali a livello mondiale. Ma anche fertilizzanti, nichel, alluminio e carbone. Quanto alla finanza, le banche italiane sono le più esposte al mondo, con 25 miliardi di euro, nei confronti della Russia. “Roma ha molto da perdere (e molto sta perdendo e continuerà a farlo) nella guerra economica con Mosca”.
Lorenzo Guerini, ministro della Difesa definito da Paramonov ‘uno dei principali falchi e ispiratori della campagna antirussa nel governo italiano’: “Non arretriamo di un passo. L’Italia, continuerà a esercitare ogni pressione, comprese le forniture di armi”. Guerini ha raccolto messaggi di solidarietà da tutte le forze politiche.
Domenico Gallo, magistrato e presidente di sezione della Corte di Cassazione: (Malgrado Draghi e Di Maio) “Se alla fine si arriverà alla pace attraverso la neutralità dell’Ucraina, allora dovremmo constatare con mano il fallimento delle classi dirigenti dei principali paesi europei che incoscientemente hanno seguito il pifferaio magico americano anche a costo di provocare il ritorno della guerra in Europa. Bisognerebbe chiedere al nostro astuto ministro degli esteri che ancora l’8 febbraio dichiarava essere ‘un principio irrinunciabile’ la libertà dell’Ucraina di aderire alla NATO, se c’era bisogno di avere migliaia di morti, distruzioni incommensurabili e milioni di profughi per rendersi conto che a questo presunto ‘principio’ si poteva rinunciare anche prima, per scongiurare la catastrofe.
Impossibile farsi una idea attendibile della situazione del conflitto in Ucraina attingendo dai tradizionali mezzi di informazione. Una manipolazione talmente ottusa e univoca, al limite del grottesco, da far perdere la residua credibilità di un sistema informativo, già ampiamente compromessa con la campagna antipandemica. Non è comunque priva di effetti. La rappresentazione mediatica tra “buoni e cattivi” ancora una volta si riverbera nella società nella contrapposizione tra untori e moralisti. E’ una pratica politica ormai corrente e cosciente in vista della gestione delle crisi sociali e geopolitiche legate al drammatico dissesto che si va profilando nel mondo occidentale e in particolare in quello italico. Max Bonelli ci offre un affresco della situazione in Ucraina partendo da una base di conoscenza diretta e sul posto delle dinamiche presenti in Ucraina, ma che si riverbereranno pesantemente in Europa e rimescoleranno rapidamente le carte e gli schieramenti nel mondo intero, a partire dal Medio Oriente. Una narrazione del tutto antitetica rispetto a quanto ci viene offerto proditoriamente dal sistema mediatico. In Ucraina è avvenuto qualcosa di molto più preoccupante di quanto avviene normalmente in periodo di guerra; quando cioé il peso dei militari e delle formazioni paramilitari è destinato solitamente ma temporaneamente a crescere. In questa ottica la decisione dell’intervento russo assume tutt’altro significato. Buon ascolto_Giuseppe Germinario
Non ho né informazioni riservate nè competenze specifiche che mi permettano di dare un giudizio affidabile sull’andamento del conflitto militare in corso in Ucraina. Certamente, sulla lentezza con cui le forze russe vanno occupando il territorio ucraino, pesa in maniera determinante la volontà di fare il numero più basso possibile di vittime civili, anche perché i gruppi filonazisti che hanno preso il controllo di ampie parti del territorio senza più alcun collegamento col governo e le forze armate ucraine. mostrano di sfruttare queste cautele russe perfino prendendo in ostaggio le popolazioni. Tuttavia, è chiaro che Putin è costretto a mantenere queste cautele, e la scommessa è quindi nell’evitare che esse pesino in modo determinante sull’esito del conflitto.
Visto quindi che posso far ben poco più che osservare gli avvenimenti bellici in corso con la maggiore attenzione possibile, preferisco nell’attesa di notizie più precise di guardare a quello che è l’aspetto che i paesi occidentali, cioè anche noi italiani, hanno ritenuto di privilegiare, apparentemente ritenendolo quello più indolore, l’arma su cui possiamo contare senza dovere schierare combattenti sul campo, ed è quella delle sanzioni economiche.
Io mi chiedo se alla Casa Bianca abbiano adeguatamente valutato queste misure, se ne abbiano valutato la probabilità che siano decisive, e abbiano infine valutato l’aspetto più importante, se cioè queste sanzioni non finiscano per risultare dannose a chi le ha deliberate, all’occidente stesso.
Vengo spesso rimproverato quando sostengo che i nostri nemici stiano facendo errori fondamentali, mi dicono che essi sanno cosa fanno e che sono solo criminali. Ebbene, badate, anche il peggiore criminale può essere stupido, sono due aspetti non incompatibili tra loro, si è criminali per i piani che si elaborano, per le stesse finalità che ci si pone, ma nulla vieta che questi piani possano infine rivelarsi fallimentari, anche i piani criminali possono fallire, e quindi rivelare una incompetenza di chi dirige le danze.
Ecco, mi pare che il processo di declino progressivo dell’impero USA porti dentro di sé una incapacità di comprensione dello stato reale delle cose, di quanto possa essere vasta l’area di dissenso dalle politiche USA, ben più ampie della nazione russa, ben più ampie anche della Cina, includendo al contrario l’India, altre aree dell’estremo oriente, ma anche del vicino e del medio oriente. Parliamo di svariati miliardi di persone, una platea di umanità ben più ampia dell’asfittica estensione dei paesi occidentali diventati ormai quasi incapaci perfino di riprodursi.
Il giochetto di pretendere di rappresentare il bene e il giusto, ormai non funziona più, decenni di guerre scatenate dall’occidente ovunque nel mondo, ma rigorosamente lontano dai propri confini, rende questa pretesa intollerabile in intere zone del pianeta.
A volte, mi sembra che noi occidentali siamo come una persona che si guarda continuamente nello specchio ed è incapace ormai di valutare la molteplicità dei soggetti umani, delle culture umane, dei popoli, dei sistemi di pensiero, dei criteri di valutazione.
Secondo me, davvero c’è una cecità profonda, quella stessa che per volontà delle solite multinazionali che operano come le società delle formiche, sempre in guerra per aumentare il territorio controllato, ha finito col regalare il know-how ai cinesi, rendendoli così come formidabili concorrenti e condannandoci così alla fine alla sconfitta commerciale.
La tendenza a sentirsi sempre i primi della classe è formidabile e può paradossalmente funzionare anche a livello di nazione.
Insomma, io penso che la vera sconfitta occidentale si avrà proprio sul piano economico-finanziario, a forza di impedire a questo e quello di usare il dollaro, il risultato potrebbe essere quello che molti smetteranno di usarlo, e così gli USA avranno perso questa loro supremazia che gli consentiva di stampare dollari evitando di avere vincoli dalla bilancia dei pagamenti.
Molte cose cambieranno, ben più di quelle che gli USA e i servi sciocchi che sono i paesi UE hanno fin qui previsto.