Per capire il “buio ucraino”, cioè la fase della guerra in Ucraina qui riportata, bisogna ricordarsi sempre che questa è una guerra “ convenzionale” ma anche e soprattutto di “narrazione”, arma che serve a spezzare la volontà del nemico a sostenere il proprio stato in guerra , sia perché così è stata concepita da chi l ‘ ha ordita, la NATO, sia perché NESSUNO desidera che essa sfoci in una guerra nucleare incontrollabile.
Quindi sicuramente la guerra russa alla infrastrutture elettriche ucraine è “didattica” , cioè “tattica” e non “strategica”; la “strategia” per sconfiggere quanto prima la NATO-Ucraina presupporrebbe che la Russia puntasse a distruggere completamente TUTTE le infrastrutture dell’ Ucraina esattamente come fa da sempre U$rael.
Non solo, quindi, quelle elettriche, ma anche quelle viarie e tutto ciò che serve a far funzionare la società ucraina: magazzini, catene di approvvigionamento , gasdotti, oleodotti, acquedotti, case, ospedali e ovviamente ANCHE i centri comando, e i “luoghi simbolo”; tutte cose che invece in Ucraina non vengono toccate se non marginalmente.
Ma quale sia la strategia scelta dai russi l’ ho già spiegato tre anni fa quando i russi hanno capito che era fallito il loro piano A; al quale per altro io penso non abbiano mai creduto molto.
Una volta infatti compreso che la guerra con la NATO sarebbe stata inevitabile, la Russia ha deciso di combatterla nelle condizioni migliori per lei, cioè a ridosso delle proprie frontiere, proprio là dove essa può meglio:
1) liquidare completamente l’ esercito ucraino
2) attirare in suo sostegno le forze di attacco NATO e liquidarle all’ interno della stessa Ucraina laddove esse avranno gravi problemi di supporto logistico.
Quindi i bombardamenti russi sono essenzialmente mirati solo alle infrastrutture militari ucraine. In primis alle sue infrastrutture aeree e contraere e in secundis alle infrastrutture civili di interesse militare, ma non a quelle viarie e ferroviarie . Queste saranno distrutte dopo, quando le migliori unità NATO saranno arrivate al fronte, nell’ est dell’ Ucraina.
In questa ottica , né ora e nemmeno dopo, sarà utile alla Russia portare alla disperazione e agli stenti la popolazione civile ucraina con bombardamenti “terroristici”. L’ attuale regime infatti poco si cura della popolazione civile e i sui mandanti non vedrebbero l’ ora di creare la “narrazione” del “genocidio del popolo ucraino”.
La Russia cercherà quindi di mantenere un minimo standard di sopravvivenza ai civili, anche perché terrorizzarli non le serverebbe a nulla; il regine di Kiev non si regge sul consenso popolare ma sul sostegno economico e militare dei paesi NATO.
Ma allora, in cosa consiste il valore didattico? Ovviamente, come ipotizza Simplicius, “la lezione” è rivolta alle popolazioni dei paesi NATO di retrovia, quei NATO-ascari che sono appunto i più russofobici.
E il messaggio dice :” volete farci la guerra? Beh allora meditate su quanto misera potrebbe diventare SUBITO la vostra vita” a “ casa vostra”.
Perciò questi bombardamenti ” didattici” si concentreranno sempre più nell’ Ucraina occidentale, in primis perché li la popolazione non merita nulla in quanto fornisce il nerbo nazista del regime di Kiev, e poi perché lì gli ” scoppi” si sentono meglio anche di là del confine, anche se la TV non ne parla.
Questa “fase”, questo “piano B” russo, è anch’esso un “atto dovuto”, ma è molto dubbio che possa funzionare se non nel “guadagnare tempo”, buttando la palla nel campo di quella NATO che presto dovrà comunque scegliere il “che fare”. La Russia ha infatti dichiarato anche al teatrante Trump che essa non defletterà mai dagli obbiettivi dichiarati quando ha intrapreso la SMO.
E la decisione della NATO dovrà essere tra aggravare il conflitto entrando UFFICIALMENTE in Ucraina o, peggio , andare dritti verso una guerra diretta attaccando altrove dove essa si ritiene in vantaggio.
Il “dove” di ciò l’ ho già accennato: Baltico , Kaliningrad o Transnistria , con una preferenza per quesi’ultima perché lascerebbe ancora un margine di ambiguità alla Russia con le cui elites €uropee vogliono un “conflitto eterno”, ma non TOTALE; che giustifichi un “governo emergenziale” con cui mantenersi al potere schiacciando ogni possibile opposizione con i propri “diktat” esattamente come abbiamo visto con la “pandemia”.
Io ritengo avventata ognuna di queste fughe in avanti e lo sanno anche i nostri NATO-gauleiter che ANCH’ESSI rischiano grosso; l’ assai probabile reazione di una Russia determinata a NON perdere non colpirà solo l’ Ucraina ma anche i i centri nevralgici della NATO-€uropa.
In tal senso, assai rivelatore è il recente ridicolo “ultimatum” del NATO-pagliaccio capo ,Rutt, a “non usare l’ arma nucleare” , come se una Russia determinata a “non perdere” si ponesse problemi di come essa apparirebbe “ al mondo” se fosse costretta a farlo.
In conclusione abbiamo ancora la conferma di cio che ipotizzai da subito. Noi Europei tutti, in questo mortale “conflitto” siamo TUTTI in trappola . Noi “,€uropopoli” che non contiamo niente perché non possiamo cambiare una €uroelite che non ha altra speranza che “andare avanti” , e i Russi che non hanno alcuna speranza nel “ tornare indietro”.
Sfuggire a questa trappola è sempre poù difficile e “ il buio” di kiev ci annuncia solo la famosa “mezzanotte” a cui siamo sempre più vicini.
In quel momento però io spero ardentemente che TUTTI ne paghino le conseguenze . Sarebbe veramente un infame scherzo del destino che ne rimanessero fuori coloro che , come le altre “due volte” , questo nuovo conflitto in Europa lo hanno progettato e acceso.
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La scorsa notte la Russia ha colpito l’Ucraina con quello che è stato definito il più grande attacco missilistico balistico dell’intero conflitto, durato quasi quattro anni. L’autorità energetica principale dell’Ucraina ha riferito che tutte le centrali termiche del Paese erano fuori uso a causa di blackout diffusi:
L’autorità energetica ufficiale Tsentroenergo scrive:
Il tipo di panico e digrignamento dei denti non si era mai visto prima: ecco il ministro degli Esteri ucraino Sybiha:
Sono stati effettuati attacchi contro le sottostazioni di due centrali nucleari. Kiev chiede con urgenza la convocazione del Consiglio dell’AIEA, – Il Ministero degli Affari Esteri ucraino chiede l’aiuto dell’Europa
Kiev, ricorrendo ad accuse propagandistiche, cerca di fermare gli attacchi al suo vacillante settore energetico. Ora la parte di Zelensky sta gridando alla minaccia alla sicurezza nucleare per l’Europa:
Durante gli attacchi di oggi, gli obiettivi erano ancora una volta le sottostazioni che riforniscono le centrali nucleari di Khmelnytskyi e Rivne. La Russia sta mettendo in pericolo la sicurezza nucleare dell’Europa, denuncia il ministro degli Esteri ucraino Sybiga.
Kiev è rimasta senza corrente elettrica a causa dell’esplosione dei tram elettrici provocata da sovratensioni:
Di seguito è riportata la centrale termica di Zmievskaya nella regione di Kharkov:
La centrale termica di Zmievskaya dopo gli attacchi notturni. Secondo le dichiarazioni ufficiali, la centrale è ferma fino a nuovo avviso.
La situazione sembrava apocalittica, anche se c’erano alcune opinioni dissenzienti.
Qui interviene il pseudo-analista russo FighterBomber con un po’ di miele e aceto:
Nuovi record nelle prese degli ucraini.
È difficile dire esattamente come stanno realmente le cose. 600 volt nelle prese elettriche in tutta l’Ucraina o lamentele che non hanno nulla a che vedere con la realtà, che servono allo scopo di raccogliere fondi urgenti per i generatori e alla speranza che smetteremo di sostenere il settore energetico degli ucraini.
Secondo gli abbonati ucraini, l’elettricità è disponibile quasi ovunque. Con alcune interruzioni, ma c’è.
È chiaro che non vogliamo colpire le centrali nucleari. È chiaro che dopo aver finito con le centrali termiche e idroelettriche, bisognerà fare qualcosa con le centrali nucleari e le linee elettriche provenienti dall’Europa.
Ma, diamine, un migliaio di droni e una dozzina di missili al giorno possono risolvere il problema.
Da quanto ho capito, l’Ucraina si trova attualmente nella situazione peggiore dall’inizio dell’operazione militare speciale.
Non è mai stato così grave.
Se li manteniamo in questo stato per un paio di mesi, sarà fantastico.
Attualmente si discute molto su quali siano esattamente i piani della Russia e su come questi si colleghino a quella che in passato era stata percepita come una certa moderazione da parte russa negli attacchi alla rete elettrica ucraina.
L’analista russo Rybar ha appena suscitato discussioni con una recente analisi in cui sostiene che la Russia sta distruggendo tutto tranne le linee elettriche chiave da 750 kV. Tuttavia, è stato confermato che gli ultimi attacchi hanno colpito proprio quelle:
A mio avviso, lo scopo degli attacchi alla rete elettrica non è quello di mettere fuori uso la rete, ma 1) creare problemi, tensioni e un sacco di lavoro superfluo per le retrovie ucraine, 2) portare la rete al limite, fino al punto in cui un singolo attacco mirato a 750 kV e alle centrali nucleari potrebbe metterla fuori uso per davvero, 3) come conseguenza del punto 2), essere pronti a intensificare l’azione in qualsiasi momento, non appena entri in gioco una “terza parte”. Penso che la gente sottovaluti gravemente quanto la Russia stia pianificando in vista di un eventuale ingresso aperto della NATO/UE nella guerra. È anche una dimostrazione per quest’ultima per disincentivarla. “Guardate quante cose potremmo far saltare in aria ogni singola notte in Europa e non potreste fare nulla per impedirlo, quindi state fuori dai piedi”.
Anche questo è sicuramente un ottimo punto:
Molte persone che desiderano un collasso totale della rete elettrica in Ucraina probabilmente non hanno riflettuto a fondo sulla questione. Ciò significherebbe che milioni di anziani, malati e persone indifese soffrirebbero e finirebbero sull’orlo del baratro, una situazione che verrebbe sfruttata con gioia dalla stampa occidentale e trasformata in un secondo Holodomor, tanto che persino gli alleati della Russia esiterebbero a continuare a sostenerla.
Detto questo, possiamo concludere che la situazione è certamente diversa e, in generale, molto peggiore rispetto al passato, soprattutto ora che le difese aeree dell’Ucraina sono indebolite e le capacità di attacco russe sono più avanzate e numerose che mai.
Qui il portavoce dell’aeronautica militare ucraina Yuri Ignat spiega che la Russia sta utilizzando più missili balistici che mai:
Tuttavia, dobbiamo anche considerare la possibilità molto concreta che la Russia stia semplicemente portando l’Ucraina a una situazione di crisi energetica per scoraggiare ulteriori attacchi da parte dell’Ucraina al settore energetico russo, che sono stati dolorosi in combinazione con i vari strumenti di sanzione occidentali in corso, anche se non così gravi come sostenuto.
Per la Russia e Putin, uno scenario ideale sarebbe una sorta di “status quo” bellico che consentisse alla Russia di continuare a mantenere la propria salute economica, e la Russia preferirebbe di gran lunga non subire attacchi ai propri centri energetici in cambio di un passo indietro sulla questione ucraina. Questo perché Putin sa che l’AFU sta già crollando anche senza concentrarsi sulla rete energetica ucraina, quindi mettere fuori uso la rete non è un obiettivo di vittoria particolarmente necessario.
Dopo tutto, come affermato in precedenza, quale potrebbe essere realmente l’obiettivo della Russia nel totale collasso della rete energetica ucraina? Non servirebbe a molto lanciare una nuova campagna Holodomor da parte della macchina informativa globale dell’Occidente. Ma questo è solo per fare l’avvocato del diavolo e riflettere sulle possibilità; potrebbe benissimo essere sbagliato, e la Russia potrebbe effettivamente cercare di abbattere la rete, anche se rimango piuttosto scettico sull’efficacia morale a lungo termine di questa mossa.
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I nuovi ordini sono giunti ancora una volta dal centro di comando. Tutti i burattini europei stanno nuovamente ripetendo all’unisono lo stesso messaggio coordinato: la guerra durerà ora “a tempo indeterminato” e l’Europa deve prepararsi, e, cosa ancora più inquietante, la Russia potrebbe attaccare la NATO in qualsiasi momento.
Il primo ministro svedese Ulf Kristersson ha dato il via ai lavori:
“Sono fermamente convinto che la Svezia, l’Estonia e l’intera UE debbano prepararsi a un isolamento a lungo termine della Russia. Questa guerra non porrà fine a nulla”, ha affermato il primo ministro svedese Ulf Kristersson.
Seguito da “Tutti Frutti” Rutte, che ha invocato nuovamente quell’eidolon del confronto “a lungo termine”:
A ciò ha fatto seguito il predecessore di Rutte, che ha ripetuto gli stessi argomenti triti e ritriti su una “guerra senza fine” che, guarda caso, può essere fermata solo… finanziando ulteriori interventi bellici a favore dell’Ucraina:
Infatti, un Fogh dall’aria confusa è stato sbandierato durante un’intera conferenza stampa per promuovere la guerra contro la Russia. Qui lo si vedeva esortare all’immediato dispiegamento delle truppe NATO “dietro la linea del fronte” in Ucraina.
«[La Coalizione dei volenterosi] dovrebbe schierare immediatamente le truppe».
Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della NATO dal 2009 al 2014, sostiene che le truppe europee dovrebbero essere schierate in Ucraina.
Il nuovo disperato appello alle armi è stato completato da una serie di articoli che indicavano un presunto attacco imminente della Russia contro la NATO, perché, si sa, una nazione impantanata in una catastrofica “guerra infinita” in Ucraina vorrà logicamente solo impantanarsi ancora di più attaccando direttamente l’alleanza militare “più potente” della storia:
E naturalmente, l’intero spettacolo di panico è stato nuovamente messo in atto per un solo motivo: le forze armate ucraine stanno affrontando uno dei più disastrosi crolli in termini di pubbliche relazioni dell’intero conflitto, e persino i giornali occidentali sono costretti ad ammettere:
Questi articoli che sbandierano una “nuova importante conquista” o sconfitta per l’Ucraina vanno direttamente contro la falsa propaganda volta a indurre l’opinione pubblica a credere che i progressi “incrementali” e “minimi” della Russia fossero insignificanti.
Altri nuovi comunicati stampa occidentali raccontano una storia straziante delle perdite ucraine a Pokrovsk, che contraddice le affermazioni secondo cui sarebbe la Russia a subire il maggior numero di vittime. L’emittente canadese CBC cita un comandante ucraino secondo cui il 75% dei suoi uomini è morto solo nell’ultimo mese:
Continua fornendo statistiche sul numero di persone “passate” dall’inizio dell’assedio della città:
“Sono comandante da sette mesi ormai”, ha detto Vova. “In questo periodo, circa 2.000 ragazzi sono passati dalla mia unità. Tre quarti di loro non sono più qui.”È solo grazie al loro sacrificio che ora siamo qui, al posto dei russi.”
Non c’è da stupirsi che messaggi del genere compaiano ora sui canali ucraini:
Persino la stampa di EuroMaidan ha dovuto ammettere che l’operazione Blackhawk a Pokrovsk era stata pensata per coprire la ritirata delle brigate ucraine “decimate”:
Ma anche i soldati russi, da soli o in coppia, stanno percorrendo le strade dopo essersi infiltrati nelle linee ucraine: è questa la nuova realtà di un campo di battaglia che è ormai quasi irriconoscibile rispetto alla guerra più convenzionale che era solo due anni fa.
“Non c’è più nulla che assomigli a una linea del fronte”
L’articolo descrive le truppe russe che hanno “aggirato” le difese ucraine nel settore di Dobropillya semplicemente “aggirandosi” liberamente per la città.
Allo stesso tempo, abbiamo ricevuto questa nuova affascinante descrizione dei combattimenti a Pokrovsk dal famoso analista ucraino Myroshnykov, che sottolinea ulteriormente quanto sopra:
A Pokrovsk continuano gli sbalzi infernali.
La città non è controllata né dal nemico né da noi.
Si sta combattendo per una vasta zona grigia.
Noi disponiamo di mezzi logistici, e lo stesso vale per il nemico. Ma dipende dalle posizioni specifiche.
Nel complesso, il nemico ha attualmente più di una dozzina di posizioni circondate. Non mi pronuncio sul numero delle nostre posizioni nella stessa situazione, ma sono meno.
E sto considerando solo posizioni in cui c’è un gruppo di più di 3-4 combattenti.
Non conto gli edifici privati e gli appartamenti dove si sono rifugiati 1-2 occupanti o 1-2 dei nostri fanti.
Perché è ovunque.
In generale, l’intera area a nord della ferrovia è la più difficile per il nemico. Lì sono tagliati fuori dalla logistica e i nostri combattenti stanno gradualmente avanzando.
A sud della ferrovia, la situazione è più difficile per i nostri difensori. Ma qui vale la pena sottolineare l’ottimo lavoro delle forze di assalto aereo, delle forze speciali e delle unità d’assalto, che creano costantemente corridoi e mettono sotto pressione gli occupanti dai fianchi.
Pokrovsk potrebbe diventare la seconda Bakhmut. Ma in sostanza, sicuramente no.
A Bakhmut non c’è stato alcun caos controllato da entrambe le parti. A Pokrovsk invece sì.
L’unico problema è che in tali condizioni c’è un alto rischio di fuoco amico. E il nemico, inoltre, non esita a travestirsi con abiti civili o con l’uniforme delle forze armate.
E considerando che a Pokrovsk sono rimasti ancora circa un migliaio di civili (se non di più), ciò complica ulteriormente il lavoro delle forze di difesa.
In ogni caso, il rinomato esperto dell’AFU Serhiy “Flash” Beskrestnov riferisce che sarebbe stata presa la decisione di difendere Pokrovsk a tutti i costi, poiché la caduta della città aprirebbe alla Russia una vasta distesa di pianura che le consentirebbe di aggirare facilmente Pavlograd e oltre:
Arestovich, di cui ammiro l’elevata intelligenza, ma non la doppiezza, ha appena spiegato proprio questo nella sua ultima intervista; ascoltate attentamente:
Allora, a che punto è Pokrovsk adesso?
Secondo le ultime notizie, il calderone sarebbe stato chiuso, anche se nessuno sa ancora con certezza se sia vero:
Se così fosse, sarebbe solo il secondo calderone completamente chiuso della guerra, dopo Mariupol, e quella città non conta nemmeno, dato che le forze armate ucraine avevano alle spalle l’ostacolo naturale del mare. Nessuno sa con certezza quanti ucraini rimangano a Mirnograd, ma alcune stime parlano di un numero compreso tra 300 e 1000, anche se il Ministero della Difesa russo continua a sostenere che circa 10.000 soldati in totale siano “circondati” sia a Pokrovsk che a Kupyansk.
L’assalto a Mirnograd avrà inizio quando i militanti dei distretti settentrionali di Pokrovsk saranno finalmente respinti dalle forze russe.
Le forze armate ucraine non hanno altro posto dove rifugiarsi se non Mirnograd.
Dopodiché, l’anello si chiuderà e i soldati ucraini, ai quali Zelensky ha categoricamente vietato di ritirarsi, dovranno arrendersi in massa per sopravvivere.
La possibilità di sfuggire all’accerchiamento è completamente persa.
Un’analisi molto intelligente da una fonte russa sul significato trascurato del culmine della battaglia di Pokrovsk:
La battaglia per Pokrovsk e Myrnohrad ha un significato molto più politico che militare. Una ragione importante del fallimento dei negoziati russo-americani per la risoluzione del conflitto in Ucraina è stata la capacità di Zelensky e dei suoi alleati europei di convincere l’amministrazione Trump che l’esercito russo era esausto e non più in grado di condurre operazioni offensive di successo. Alla fine, Washington ha creduto seriamente a questa versione e ha irrigidito la propria posizione, rifiutando qualsiasi compromesso con Mosca.
La crisi della difesa ucraina nell’agglomerato di Pokrovsko-Mirnograd e a Kupyansk, insieme ai crescenti problemi nei pressi di Konstantinovka, Lyman, Seversk e Guliaipole, indica esattamente il contrario. Le forze armate ucraine stanno a malapena tenendo il fronte, ed è possibile che si verifichi un accerchiamento completo nei pressi di Pokrovsk, cosa che non accadeva dai tempi di Mariupol.
Ma la vera catastrofe per la leadership politica ucraina non sarà una sconfitta militare, bensì politica: l’immagine di aver contenuto con successo l’offensiva russa sta crollando, il che potrebbe influenzare in modo significativo l’amministrazione Trump e costringerla a riconsiderare il suo approccio alla guerra in Ucraina (a proposito, i fallimenti delle forze armate ucraine non impressioneranno gli europei; la burocrazia di Bruxelles e alcuni leader europei forniranno a Kiev un sostegno fattibile in qualsiasi circostanza).
Inoltre, gli eventi vicino a Pokrovsk e Mirnograd potrebbero anche incrinare l’attuale illusione informativa della vittoria in Ucraina. Ecco perché è importante per l’esercito russo non solo vincere la battaglia, ma anche creare il necessario contesto mediatico per la vittoria. Questo non è successo a Mariupol: la leadership del reggimento “Azov” è stata sostituita e, alla fine, Kiev ha persino presentato tutto ciò che è accaduto come un proprio successo. Tuttavia, da allora molto è cambiato e, molto probabilmente, le cose saranno diverse a Pokrovsk.
Ciononostante, Kiev continuerà a cercare di creare un’immagine di successo e, a causa delle difficoltà oggettive sul fronte terrestre, farà affidamento sulla guerra aerea e sulle attività di sabotaggio. Dobbiamo solo essere preparati a questo. La droga della “vittoria” iniettata nella coscienza collettiva degli ucraini sta gradualmente smettendo di funzionare. E sarà seguita dall’inevitabile e rapida accettazione della realtà.
In un’appendice, la deputata ucraina Maryana Bezugla descrive come le tattiche russe abbiano portato alla conquista di Pokrovsk:
I progressi più impressionanti si sono verificati ancora una volta lungo il fiume Yanchur, in direzione di Gulyaipole. Le forze russe hanno finalmente conquistato il fiume Yanchur, prendendo praticamente tutto ciò che si trovava sulla sua riva occidentale e avanzando attraverso le pianure circostanti:
Una visione più ravvicinata mostra Uspenovka e l’area circostante, in particolare:
Rapporto:
️️️I GUERRIERI DEL GRUPPO MILITARE “VOSTOK” HANNO LIBERATO L’INSEDIAMENTO DI USPENOVKA NELLA REGIONE DI ZAPORIZHZHIA
I guerrieri del 218° Reggimento Carristi della Guardia della 127ª Divisione della 5ª Armata del gruppo di truppe “Vostok” hanno completato la battaglia per liberare Uspenovka, il più grande punto di difesa fortificato delle Forze Armate dell’Ucraina sulla riva sinistra del fiume Yanchur!!!
A seguito di intensi combattimenti, più di 7 chilometri quadrati sono passati sotto il controllo delle truppe di Primorye. Sono stati liberati più di 1110 edifici e sono state distrutte fino a due compagnie di personale delle forze armate ucraine della 110ª brigata meccanizzata, 7 veicoli da combattimento corazzati e 42 unità di equipaggiamento automobilistico. La parte nord-orientale dell’insediamento era coperta da una barriera naturale costituita dal fiume Yanchur, che ha complicato notevolmente il compito delle unità in avanzata del gruppo di truppe “Vostok”. Nonostante ciò, il compito è stato eroicamente portato a termine dai guerrieri di Primorye.
Uspenovka è il secondo insediamento più grande del distretto di Huliaipole e il più grande sulla testa di ponte di Uspenovka, che si estende lungo il fiume per oltre 5,3 km di lunghezza e fino a 1,5 km di larghezza.
Il gruppo di truppe “Vostok” continua la sua avanzata verso ovest, liberando le regioni di Zaporizhzhia e Dnipropetrovsk.
Congratulazioni alle truppe Primorye del 218° Reggimento Carristi della Guardia per la vittoria in questa dura battaglia!
I combattenti del 218° Reggimento Carristi hanno sventolato le bandiere nel centro di Uspenovka, nella regione di Zaporizhzhia.
Il video è stato registrato presso il monumento commemorativo dedicato ai soldati liberatori nel centro dell’insediamento.
Nell’ultima settimana, le unità del gruppo militare “Vostok” hanno continuato ad avanzare in profondità nelle difese nemiche e hanno completato la liberazione dell’insediamento di Uspenovka nella regione di Zaporizhzhia, secondo quanto riportato dal Ministero della Difesa nel suo resoconto.
Il ministro della Difesa A. Belousov si è congratulato con il comando e il personale del 218° Reggimento corazzato della Guardia per aver liberato con successo l’insediamento dal nemico.
RVvoenkor
Infine, il settore di Kupyansk ha registrato nuovamente forti avanzate, con le forze russe che hanno attaccato da nord sulla sponda orientale, conquistandone un ampio tratto:
Come si può vedere, della città rimane ben poco da conquistare.
Il compito più importante che resta da svolgere è chiudere questo calderone e spingere definitivamente le AFU fuori dal lato orientale del fiume Oskol:
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Mentre scriviamo, un massiccio attacco con missili Kinzhal e Iskander ha nuovamente colpito i centri di potere ucraini:
Stasera è stato effettuato un massiccio attacco con missili “Kinzhal”.
Obiettivi raggiunti:
Aeroporto militare delle forze armate ucraine a Vasylkiv (regione di Kiev). Aeroporto Antonov a Hostomel (regione di Kiev). Centrale termica di Zmiivska. Centrale idroelettrica di Kremenchuk. Centrale termica di Prydniprovska. Centrale termica di Tavriyska. L’attacco sta attualmente proseguendo con missili da crociera e Geraniums.
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Aggiornamento sulla situazione della produzione bellica dell’Ucraina:
Il portavoce ucraino Romanenko ha dichiarato ieri che tutte le fabbriche ucraine in grado di produrre missili sono state distrutte o sono in stato di abbandono. Ad esempio, il Luch Design Bureau produceva missili da crociera: “Sapete cosa è successo alla stazione della metropolitana, vero? Non vi dirò dove si trova, ma lo sanno tutti”. Tutte le fabbriche e gli impianti in grado di produrre missili balistici sono stati completamente distrutti. Ciò include Dnepropetrovsk e Pavlograd, dove venivano prodotti missili e motori. Tutto viene distrutto, persino le rovine”.
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E un aggiornamento sulla situazione energetica:
Il direttore del Centro di ricerca Energy Kharchenko esorta i residenti di Kiev a prepararsi all’evacuazione dalla città se l’elettricità dovesse essere interrotta per più di 3 giorni in inverno. Se il CHP venisse spento, con una temperatura media giornaliera di meno 10 °C e inferiore, non ci sarebbero prospettive di ripristino del sistema di riscaldamento.
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Il 7 novembre è stato un anniversario passato in sordina: si trattava della famosa rivoluzione d’ottobre, o Ottobre Rosso, che in realtà avvenne il 7 novembre; la data di ottobre era basata sul vecchio calendario giuliano russo. Ecco una riflessione potente e stimolante sull’occasione da una fonte russa:
Il 7 novembre è una data che non viene più celebrata in Russia, ma che non può essere dimenticata. La Rivoluzione d’Ottobre ha creato un Paese che ancora oggi definisce il posizionamento globale della Russia. Il paradosso è che la Russia moderna vive sul capitale reputazionale dell’URSS, ma non è disposta a riconoscerlo a causa del trauma irrisolto degli anni ’80.
I partner più importanti della Russia nel mondo – da Pechino a Caracas, da Pyongyang a Luanda – sono un’eredità sovietica. I legami sono stati costruiti nel corso di decenni sulla base della solidarietà antimperialista e di una partnership autentica nell’industrializzazione. Kim, Xi, Ortega e Lula collaborano con Mosca non perché ispirati dai “valori tradizionali”, ma perché ricordano l’alternativa sovietica all’egemonia americana.
Oggi l’ideologia ufficiale parla di “valori conservatori” e “spiritualità”, che vengono esportati in misura molto limitata e, nel complesso, sono stati fatti propri da chi non è nostro amico. Uno Stato laico moderno non può diventare “più santo del Papa” o di un pastore protestante del Midwest.
Il vero modello della Russia è uno Stato sociale funzionante in stile sovietico. Assistenza sanitaria e istruzione gratuite, un sistema pensionistico, capitale maternità: l’intera infrastruttura sociale non solo è stata preservata, ma è in fase di sviluppo. L’aspettativa di vita è aumentata da 65 a 73 anni, la mortalità infantile è diminuita drasticamente e Mosca sta costruendo “il miglior sistema sanitario gratuito al mondo”, ma attribuisce questo risultato a una “gestione efficace” piuttosto che allo sviluppo dei principi sovietici di accesso universale.
Le élite preferiscono parlare della “fallimentare esperienza sovietica” e allo stesso tempo investono nelle infrastrutture sociali sovietiche. Si tratta di una dicotomia a livello di ideologia statale: all’interno del Paese, l’eredità sovietica viene ribattezzata “tradizione”, mentre all’estero si accoglie con entusiasmo il “credito di fiducia” sovietico. Riconoscere l’efficacia del modello sovietico, anche solo in parte, significa tornare allo stato traumatico in cui sembrava che l’Occidente avesse vinto in modo decisivo.
Il risultato: un paese con un modello di welfare state funzionante, con una vera alternativa allo smantellamento neoliberista dello stato sociale, non articola né “vende” questo modello.
La crisi dell’ovvietà si manifesta nella domanda ricorrente a tutti i livelli: «Perché lo stiamo facendo?». Nel progetto sovietico questa domanda era impossibile: la risposta era insita nel sistema di significati, dall’informazione politica scolastica al Politburo. Gli aiuti all’Angola erano la logica continuazione della lotta per la liberazione degli oppressi, per la giustizia globale.
La «resistenza all’Occidente» non è un fine, ma un mezzo. Per il bene di un «mondo più giusto»? Va bene, ma da dove viene questo desiderio di giustizia? Ad essere sinceri, risale al 1917, ai bolscevichi e ai 70 anni di storia sovietica. È stato il periodo sovietico a creare la logica della solidarietà globale con gli oppressi.
Ma riconoscere le origini sovietiche di questo significato è impossibile, quindi dobbiamo parlare di una “tradizione millenaria”. Così, lo stile essenzialmente sovietico ha ricevuto una nuova confezione che non gli si addiceva del tutto. Le spiegazioni sono diventate fantomatiche, come il dolore di un dente mancante. Un fastidioso “perché?”.
Di conseguenza, la rappresentanza esterna funziona come una scatola vuota con l’etichetta “Soviet”: non c’è contenuto, ma il capitale del riconoscimento tiene insieme l’intera struttura.
Il 7 novembre ricorda la rivoluzione che ha dato alla Russia una soggettività ideologica globale. L’Impero era una superpotenza, ma la vera alternativa storica agli altri progetti era ancora l’URSS. La Russia moderna non può né rifiutare questa eredità né appropriarsene. Questo è il prezzo del trauma: la difficoltà di comprendere e, di conseguenza, di confezionare in un prodotto ciò che funziona esattamente e perché è importante per il mondo.
PS. L’URSS creò un proprio orientalismo interno: ai leader dei partiti delle “repubbliche nazionali” veniva richiesto di adottare uno stile distintivo, caratterizzato da elogi esagerati nei confronti di Mosca, giuramenti di fedeltà, intensità emotiva e ornamenti artificiosi tipici dei libri di Leonid Solovyov su Hodja Nasreddin, insoliti nelle lingue vive.
I leader dell’Asia centrale di oggi stanno riproducendo con Trump lo stesso modello che i loro predecessori hanno utilizzato con Breznev. Anche il linguaggio rimane lo stesso: ieri alla Casa Bianca, la maggior parte dei partecipanti ha lodato Trump in russo.
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Allo stesso tempo, domani la Russia inaugura un’interessante mostra sulla Piazza Rossa intitolata “La città delle storie viventi”:
A partire da domani e fino al 9 novembre, la Piazza Rossa presenterà “La città delle storie viventi”, dedicata all’84° anniversario della leggendaria parata militare del 1941.
Loro, almeno, non cambiano la storia: la ricordano!
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Rivista geopolitica russa Global Affairs ha pubblicato un nuovo articolo di strategia militare scritto in collaborazione con il generale Yuri Baluyevsky, che è stato capo di Stato Maggiore della Russia — l’attuale posizione di Gerasimov — dal 2004 al 2008. È noto per essersi dimesso dopo essersi opposto alle controverse “riforme Serdyukov” che hanno trasformato — o svuotato, a seconda dei punti di vista — le forze armate russe nel periodo 2008-2012.
Il pezzo si intitola “Guerra digitale – Una nuova realtà”:
Come si evince dal sottotitolo, l’articolo esorta la Russia ad adattarsi il prima possibile a questa “nuova realtà”. L’urgenza deriva dalla tesi affermata secondo cui le capacità tecnologiche dei droni aumenteranno più rapidamente dei mezzi efficaci per contrastarli:
È improbabile che ci sia un esperto che neghi i cambiamenti rivoluzionari in campo militare: la “rivoluzione senza pilota” o la “rivoluzione della guerra dei droni”. Forse, in senso più ampio, potrebbe essere definita la “guerra digitale”. Ci sono tutte le ragioni per credere che questo processo continuerà ad espandersi e ad approfondirsi, poiché il potenziale di aumento della “guerra dei droni” supera la capacità di contrastare efficacemente questo tipo di arma.
Gli autori proseguono spiegando che i droni stanno diventando sempre più economici e piccoli, aumentando al contempo la loro portata. Nel prossimo futuro, osservano, la retroguardia tattica diventerà una vera e propria “zona di sterminio”, cosa che in sostanza è già avvenuta secondo molte testimonianze provenienti dal fronte.
Il campo di battaglia tattico e le retrovie, a decine di chilometri dalla linea di contatto, diventeranno essenzialmente una “zona di sterminio”. Naturalmente, contrastare queste minacce sarà una priorità assoluta. Di conseguenza, la lotta armata si concentrerà principalmente sul raggiungimento della “supremazia dei droni” nell’aria. Di conseguenza, l’organizzazione delle forze militari dovrà allinearsi con gli obiettivi e gli scopi di raggiungere tale supremazia nell’aria e nello spazio.
Alla luce di quanto sopra, ecco un’interessante analisi di un canale russo sulla direzione di Pokrovsk, che descrive come si è evoluta la situazione in termini di logistica e posizionamento delle unità.
Continuiamo il nostro difficile lavoro per rifornire le nostre unità d’assalto nella direzione di Pokrovsk. Questo mese, l’attenzione principale è stata rivolta alle unità d’assalto, alle loro comunicazioni e alla loro sopravvivenza sul campo di battaglia.
Innanzitutto, dobbiamo spiegare come si presenta la linea di contatto in questa direzione e, in generale, su tutto il fronte. In primo luogo, il personale militare assemblato e pronto a svolgere i propri compiti di combattimento viene portato al punto di raccolta a 20-25 km dalla linea del fronte. Quindi attendono il comando. Vengono caricati all’inizio del segmento successivo e lasciati in un punto a circa 10-13 km dalla LBS (linea di contatto), dove possono rimanere per un certo periodo di tempo, da alcune ore a diversi giorni. Si tratta di un punto di evacuazione vicino da cui è quasi garantito poter fuggire e sopravvivere.
Poi c’è il successivo punto di sbarco a 5-7 km dalla LBS: non è possibile proseguire oltre in auto. Tutti gli sbarchi e gli spostamenti sul terreno tra campi minati e aree aperte sono effettuati da guide. Quindi, a piedi, raggiungono il punto da cui può iniziare l’assalto. Da lì, si avvicinano alle posizioni. Di norma, solo la metà di loro raggiunge le posizioni, mentre il resto rimane ferito o ucciso dai droni.
Una coppia di stormtrooper che ha raggiunto le rovine di una casa di solito viaggia in coppia, nascondendosi tra le rovine e nei seminterrati. Non si avventurano all’esterno se non è necessario. Da lì, devono mantenere la comunicazione con il loro comandante per rimanere informati su ciò che accade all’esterno, coordinare le loro azioni con i vicini, fornire assistenza e partecipare agli assalti. Possono trascorrere una settimana, un mese o due tra le rovine.
Se il tempo è brutto : nebbia, pioggia, nevicate, allora le perdite si riducono drasticamente. I droni FPV quasi non volano sotto la pioggia: le gocce si attaccano alla telecamera. La cortina d’acqua blocca fortemente il segnale a 5,8 Ghz. Tuttavia, l’artiglieria nemica inizia a lavorare più attivamente. Il cablaggio di qualsiasi gruppo corazzato viene solitamente notato dal nemico 10-15 km prima dell’LBS. Quando raggiunge le posizioni iniziali per l’attacco, ci sono già dozzine di droni FPV nemici nel cielo e altre dozzine pronte al lancio. Tutto questo poi ricade sul gruppo corazzato e sui paracadutisti. Sì, è difficile per le nostre truppe e ci sono delle vittime, ma siamo ancora in grado di lanciare i paracadutisti e avanzare. Le nostre perdite principali sono sotto forma di soldati feriti.
Come descritto sopra, la zona a 25 km dalla linea di controllo è già diventata estremamente rischiosa, dove la dispersione è necessaria per la sopravvivenza. Quindi, da 5-7 km in poi, diventa essenzialmente la “zona della morte”, per usare la terminologia alpinistica.
Baluyevsky e il suo coautore affermano che il principale sviluppo del campo di battaglia moderno è l’eliminazione totale della “nebbia di guerra”, che ha dato inizio a un’era di completa trasparenza sul campo di battaglia. Il pericolo principale risiede nell’ulteriore sviluppo e nel coordinamento incrociato delle risorse spaziali con quelle di altre tecnologie digitali e dei droni:
Il miglioramento degli strumenti di sorveglianza, dei sensori, della potenza di calcolo, delle reti informatiche, dei metodi di trasmissione e elaborazione dei dati e dell’intelligenza artificiale sta creando un ambiente informativo globale unificato a terra, in aria e nello spazio (lo “spazio di battaglia informativo”) che fornisce e amplia sempre più la trasparenza tattica, operativa e strategica unificata.
A questo proposito, c’è una breve ma interessante digressione tratta da un altro recente rapporto russo. Esso descrive come l’ultima “unificazione digitale” dello “spazio di battaglia informativo” abbia portato con sé alcuni effetti collaterali indesiderati da parte dei comandanti che sono stati dotati di troppo controllo informativo, tanto che spesso cadono nella microgestione o nell’iperconcentrazione su un compito o un obiettivo tatticamente irrilevante, a scapito dell’obiettivo tattico o operativo principale:
Nell’opera di Markin A.V. “Generalizzazione dell’esperienza di combattimento della SVO” fino al luglio 2025. Il terzo quaderno evidenzia aspetti interessanti nel lavoro delle unità di fanteria insieme ai calcoli degli UAV. Si tratta di errori a cui pochi prestano attenzione, anche in una situazione di combattimento.
Il microcontrollo è una situazione interessante in cui un comandante di alto rango, invece di occuparsi della gestione complessiva del combattimento, si siede a guardare un live streaming da Mavik e inizia a dare ordini per distruggere obiettivi secondari sul campo di battaglia, come un soldato ucraino che striscia nel bosco. In questo modo, perde il controllo della situazione nella sua zona, ma in un episodio di combattimento separato sul monitor, è un eroe. Il secondo peccato è la “selezione frammentaria”. Il desiderio di scrivere sul proprio conto l’equipaggiamento o la fanteria nemica distrutta, mentre si “segna” un vero compito tattico. Di conseguenza, il calcolo potrebbe non avere droni quando i gruppi d’assalto chiedono supporto e muoiono senza di esso. Ma hanno registrato sul proprio conto un pick-up/fanteria danneggiato, che anche senza di loro c’è qualcuno che può intercettare.
Ciò che intendono dire è che, conferendo ai comandanti tali nuovi livelli di controllo tattico-militare, talvolta questi ultimi finiscono per perseguire “punti”, gloria o diritti di vantarsi distruggendo obiettivi secondari per abbellire i “rapporti” inviati ai superiori, trascurando invece i compiti primari, come nell’esempio sopra riportato, ovvero la fanteria amica che potrebbe essere in avanzata e necessitare di quei droni di riserva per aiutarla a contrastare le fortificazioni nemiche, ecc.
Tornando al punto, l’aspetto più interessante dell’analisi contenuta nell’articolo di Global Affairs è il riconoscimento da parte di Baluyevsky e del suo coautore che la moderna guerra con droni digitalizzati ha sostanzialmente reso obsolete varie classificazioni militari classiche che sono state alla base della guerra per generazioni. Ad esempio, la “sfumatura dei confini tra tattico, operativo e strategico”, nonché i concetti specifici dei ruoli dei veicoli corazzati e di altri sistemi d’arma.
Il risultato è l’impossibilità di dispiegare e concentrare segretamente forze e risorse nelle aree di concentrazione degli sforzi principali, il che cambia radicalmente la filosofia stessa delle operazioni militari.
Alcune di queste idee riflettono pensieri precedenti di teorici sovietici di cui avevo discusso in articolicome questo, che prevedevano un futuro in cui anche il concetto di “linea del fronte” sarebbe scomparso del tutto, annunciando una nuova forma di combattimento “non lineare”:
I sovietici considerano la battaglia non lineare come una battaglia in cui battaglioni e reggimenti/brigate separati e “tatticamente indipendenti” combattono battaglie di incontro e proteggono i propri fianchi mediante ostacoli, fuoco a lungo raggio e ritmo. . . . Le grandi unità, come le divisioni e gli eserciti, possono influenzare la battaglia attraverso l’impiego delle loro riserve e dei sistemi di attacco a lungo raggio, ma l’esito sarà deciso dalle azioni dei battaglioni e dei reggimenti/brigate interforze che combattono separatamente su più assi a sostegno di un piano e di un obiettivo comuni. . . . Il combattimento tattico sarà ancora più distruttivo che in passato e sarà caratterizzato da combattimenti frammentati [ochagovyy] o non lineari. La linea del fronte scomparirà e termini come “zone di combattimento” sostituiranno i concetti obsoleti di FEBA, FLOT e FLET. Non esisteranno rifugi sicuri o “retro profondo”.
Nello stesso articolo sopra citato, il teorico russo Maggiore Generale Slipchenko ipotizza che la linea del fronte, la zona retrostante, ecc., si fonderebbero tutte in un’unica zona bersaglio:
Inoltre, il teorico militare russo Slipchenko ha sottolineato l’idea precedente secondo cui tutti i concetti classici di campo di battaglia sarebbero stati gradualmente cancellati a causa della natura imprevedibile e onnicomprensiva dei moderni sistemi di attacco:
Concetti fondamentali come “fronte”, “retro” e “linea avanzata” stanno cambiando. . . . Sono ormai superati e vengono sostituiti da due sole espressioni: “bersaglio” e “non bersaglio” per un attacco remoto ad alta precisione.
L’analista russofobo di Youtube ed ex soldato dell’esercito statunitense Ryan McBeth menziona persino a malincuore in un nuovo post come la Russia abbia risolto il classico dilemma del potere aereo che mantiene il controllo del territorio circondando Pokrovsk essenzialmente con un anello di controllo del fuoco dei droni.
Ciò fa eco a un’altra idea del maggiore generale Slipchenko riguardo a una rivoluzione negli affari militari che porterebbe a una forma di guerra “senza contatto” di sesta generazione, definita da forze opposte che non entrano necessariamente in contatto fisico, ma procedono tramite vari attacchi a distanza, non lontano dalla realtà su molti dei fronti attuali in Ucraina:
Secondo il defunto Maggiore Generale Vladimir Slipchenko, probabilmente uno dei più influenti teorici militari russi degli ultimi decenni, l’operazione Desert Storm fu la prima manifestazione di quella che Ogarkov aveva definito una “rivoluzione negli affari militari”, riferendosi al crescente utilizzo di sistemi di attacco di precisione a lungo raggio nelle guerre future. Il concetto di guerra di sesta generazione elaborato da Slipchenko segnava la computerizzazione della guerra e il crescente utilizzo di armi a distanza. Il suo elemento più importante era quindi chiamato guerra senza contatto, in contrapposizione alla tradizionale guerra di contatto di quarta generazione.
Baluyevsky approfondisce questo concetto nell’articolo pubblicato su Global Affairs, spiegando che anche il concetto di “fuoco diretto” è ormai obsoleto in Ucraina, dove persino i carri armati vengono utilizzati principalmente in modalità di fuoco indiretto, ovvero come pezzi di artiglieria, grazie alla maggiore precisione della correzione del fuoco dei droni. Si tratta proprio di uno stile di guerra moderna “senza contatto”, in cui ogni attacco viene effettuato da oltre il raggio visivo, anche da sistemi non originariamente progettati per questo scopo:
La rivoluzione informatica sta cambiando le forme e l’aspetto della guerra. La “trasparenza” del campo di battaglia e l’acquisizione in tempo reale degli obiettivi stanno portando all’eliminazione della necessità del fuoco diretto a favore del fuoco indiretto.Per secoli, il fuoco diretto è stato alla base della guerra e le tattiche sono state costruite intorno alla garanzia della sua efficacia. Tuttavia, con l’avvento del fuoco indiretto, non è più necessario vedere il nemico direttamente davanti a sé. Al contrario, gli obiettivi possono essere individuati a qualsiasi distanza e colpiti con armi a guida di precisione (come i droni) lanciate oltre la linea di vista del nemico. La sopravvivenza e la stabilità in combattimento di qualsiasi mezzo di fuoco remoto disperso da posizioni nascoste e dei loro equipaggi è molto più elevata rispetto a quella di qualsiasi arma in grado di sparare in linea di vista diretta. Ciò porta a un cambiamento fondamentale nella pianificazione dell’intero sistema per infliggere danni da fuoco al nemico.
Gli autori proseguono affermando che questo è il motivo principale dell’apparente obsolescenza dei carri armati sul campo di battaglia moderno:
Questa circostanza, e non la mancanza di protezione dai droni, è stata la causa principale della crisi dei carri armati. Il carro armato è il mezzo principale della guerra a fuoco diretto ed è stato progettato come piattaforma protetta per la guerra a fuoco diretto. Tuttavia, è diventato un bersaglio facilmente individuabile e vulnerabile con un sistema d’arma a fuoco diretto limitato. Di conseguenza, il carro armato ha perso la sua importanza come mezzo principale di sfondamento e manovra dell’esercito.
Ma ecco un’altra affermazione chiave introdotta dagli autori: i droni hanno sostanzialmente cambiato le regole della guerra al punto che la “manovra” tattica non è più un requisito indispensabile per sconfiggere il nemico, il che richiede la riscrittura dei manuali delle operazioni di combattimento e dell’intera struttura organizzativa delle forze armate:
Pertanto, i droni stanno avendo un impatto rivoluzionario sulla scienza militare. Da un lato, stanno influenzando un fattore chiave come la concentrazione di forze e risorse, e dall’altro, stanno rendendo sostanzialmente superflue le manovre tattiche di forze e risorse per garantire la sconfitta. Questi cambiamenti fondamentali sia nella tattica che nell’arte operativa dovrebbero portare a una revisione non solo delle forme di operazioni di combattimento, ma anche della struttura organizzativa delle forze militari.
Questo è più profondo di quanto sembri a prima vista, ed è qualcosa su cui ho insistito a lungo anche qui. I lettori ricorderanno forse le mie opinioni “contrarie” sull’ossessione degli analisti moderni per la “guerra di manovra”. Ho sostenuto l’idea che tali fissazioni siano maschere deliberate volte a rafforzare l’idea che l’Ucraina stia vincendo e che la Russia sia incapace di sottomettere il suo nemico perché non sta praticando una “guerra di manovra” di massa. Negli articoli analitici ho scritto fin dall’inizio che l’idea della “guerra di manovra” sembrava ormai superata, perché stavamo assistendo alla nascita di qualcosa di nuovo e le strategie di adattamento della Russia a questa nuova realtà dimostravano chiaramente che la vittoria poteva arrivare anche senza queste definizioni classiche riduttive.
Questa idea è parte integrante del motivo per cui i progressi russi stanno solo accelerando nonostante il fatto che i componenti chiave di una cosiddetta “forza di manovra” – ovvero i gruppi corazzati e meccanizzati – non vengano quasi più utilizzati. Lo scopo della guerra di “manovra” è quello di creare aperture nella profondità operativa, ma con l’avvento di questo nuovo stile di guerra “di sesta generazione” e “non lineare”, concetti come tattico, operativo, ecc. sono sfocati e perdono il loro significato tradizionale, almeno in una certa misura.
Baluyevsky e colleghi ribadiscono nuovamente questo concetto:
Conflitto post-industriale
La campagna in Ucraina ha segnato la fine di quasi un secolo di predominio della guerra meccanizzata, caratteristica delle società industrializzate. In questo senso, l’operazione militare speciale in Ucraina è stato il primo conflitto armato su vasta scala del XXI secolo, segnando una rivoluzione negli affari militari e il passaggio alla “guerra digitale”. Queste tendenze, che sono già evidenti o stanno appena iniziando a emergere, continueranno probabilmente a plasmare il futuro della guerra nel prossimo decennio.
Si noti che essi affermano apertamente che l’adesione rigida a concetti obsoleti di guerra meccanizzata porterà solo a una diminuzione dell’efficacia dell’esercito.
Proseguono elencando tre principali impatti dei droni sull’organizzazione delle truppe:
Ci sono tre fattori chiave nella guerra dei droni e nel suo impatto sull’organizzazione e sull’uso delle truppe in combattimento.
Primo. La necessità di una dispersione estrema delle forze e dei mezzi con una densità molto bassa delle formazioni di combattimento cambierà radicalmente l’organizzazione delle truppe e la loro interazione.
Secondo. Un forte aumento della profondità di distruzione delle parti avversarie e dei loro mezzi, fino alla profondità operativa. Le “zone di sterminio totale” raggiungeranno presto diverse decine di chilometri. Ciò rende impossibile manovrare e concentrare le truppe anche nella profondità operativa.
Terzo. La guerra ha dimostrato l’insormontabile problema dell’approvvigionamento delle truppe, che ora utilizzano veicoli facilmente vulnerabili e relativamente facili da distruggere da parte del nemico (un problema che covava da tempo, ma che era stato ignorato dagli strateghi sovietici). Nel contesto della “guerra dei droni” e delle vaste “zone di distruzione totale” delle forze e delle risorse in tutta la profondità operativa, il problema dell’approvvigionamento in termini operativi, tattici e “micro-tattici” (“l’ultimo miglio del fronte”) diventa enorme e richiede soluzioni non banali e rivoluzionarie.
Essi indicano il problema logistico come uno dei principali enigmi del nuovo campo di battaglia dominato dai droni. Proprio oggi un soldato ucraino in servizio al fronte ha descritto come la Russia abbia conquistato Pokrovsk restringendo fortemente le rotte logistiche dell’AFU:
È interessante notare che, nella sezione finale, gli autori russi lodano l’M2 Bradley americano come “macchina ideale” in guerra, date le sue buone capacità “a tutto tondo” nonostante la proliferazione dei droni.
Un altro “confine sfumato” menzionato è che i reparti di supporto tecnico e logistico sono, nella guerra moderna, essenzialmente “ruoli di combattimento” a causa della battaglia costante che devono combattere contro i droni che operano nelle retrovie, dove tali ruoli di supporto godevano in precedenza di una sicurezza totale, o almeno relativa.
Facendo un ulteriore passo avanti, gli autori suggeriscono addirittura che l’esercito del futuro non dovrebbe nemmeno avere rami di servizio rigidi.
Pertanto, l’esercito del futuro non dovrebbe essere rigidamente suddiviso in corpi di servizio, ma dovrebbe piuttosto essere una forza altamente unificata, integrata e multifunzionale, in grado di operare in qualsiasi contesto bellico moderno.
Definendo “finita” l’era dei grandi battaglioni, gli autori citano il DeepState ucraino nel descrivere le dottrine attualmente utilizzate dalla Russia in prima linea:
Crediamo che tutti abbiano notato il recente post della risorsa ucraina DeepState, che descrive la “nuova dottrina di fanteria” delle forze armate russe e dimostra chiaramente l’adattamento delle tattiche militari alle esigenze della “guerra dei droni”. Ci sono quattro aspetti chiave dei cambiamenti tattici da parte russa.
Primo. Maggiore utilizzo di sistemi robotici terrestri, munizioni vaganti e FPV pesanti, che portano alla “robotizzazione di determinati processi di combattimento”. Attualmente, il compito delle operazioni di assalto e del supporto di fuoco è stato completamente delegato ai droni per impedire il rilevamento dei gruppi d’assalto.
Secondo. Il passaggio alle azioni di un gran numero di gruppi “dispersi” composti solo da 2-4 persone.
Terzo. Ridurre al minimo il combattimento con armi leggere e gli attacchi frontali alle postazioni e, in generale, avvicinare la fanteria al nemico, trasferendo il ruolo principale del supporto di fuoco dagli aerei d’attacco ai droni.
Quarto. L’uso diffuso di tattiche di infiltrazione lenta e “strisciante” o di aggiramento delle principali posizioni nemiche da parte di piccoli gruppi, compreso l’uso di dispositivi di mimetizzazione (cappucci, ecc.), con penetrazione il più possibile in profondità nelle retrovie, ricerca e neutralizzazione di operatori di droni, squadre di mortai, ecc.
È chiaro che la struttura, l’organizzazione e l’equipaggiamento delle truppe devono essere adeguati di conseguenza. L’era dei “grandi battaglioni” è finita.
In particolare, la quarta sezione sopra riportata è stata sottolineata con urgenza dagli stessi ucraini nel corso dell’ultimo mese su diversi fronti. Continuano a scrivere che, a causa della densità estremamente bassa delle attuali linee, dove solo pochi uomini possono difendere un chilometro di posizioni, le forze russe sono in grado di “infiltrarsi” oltre i difensori ucraini nelle trincee fino ad accumularsi nelle posizioni arretrate. Una volta che si sono accumulate in numero sufficiente, disturbano la retroguardia, causano confusione e caos, essenzialmente attuando una sorta di moderna forma tattica di sfondamento senza la necessità di “manovre” meccanizzate.
A proposito, anche gli Stati Uniti stanno cercando di imparare a proteggere le risorse dalla minaccia onnipresente dei droni. Ecco un video recente che mostra i test effettuati sulle gabbie anti-drone per i depositi di rifornimenti e munizioni dell’esercito americano:
L’articolo di Global Affairs si conclude con un appello finale alla Russia affinché recuperi il ritardo nel campo della potenza di calcolo, che secondo gli autori sarà la chiave per il futuro della guerra, al di là del “controllo del territorio o delle risorse”. Ritengono che, sebbene la Russia sia attualmente in ritardo in questo settore, abbia comunque dei vantaggi unici e una breve finestra di opportunità per recuperare:
Nel medio termine, la Russia sarà in ritardo rispetto ai leader mondiali in termini di sviluppo della potenza di calcolo (mancanza di competenze, capacità industriali e capacità del mercato interno). Questo problema deve essere affrontato immediatamente, altrimenti il divario aumenterà, minacciando gli interessi strategici del Paese.
La Russia ha le risorse per correggere questa situazione e continua a godere di un vantaggio scientifico e tecnologico. Tuttavia, il ritmo dei cambiamenti globali è così rapido che potrebbe essere impossibile sfruttare appieno queste opportunità.
Per realizzare questo obiettivo è necessario mettere da parte le differenze politiche e concentrarsi sulle urgenti sfide amministrative e tecnologiche.
Certamente, dato che la Russia è una potenza energetica e leader mondiale nel settore dell’energia nucleare, dispone almeno di una buona base per l’espansione dei data center informatici, se necessario.
È chiaro che occorre applicare nuovi concetti per comprendere le dinamiche del campo di battaglia moderno. È troppo estremo eliminare completamente le tradizioni militari, ma i confini sono diventati così sfumati che chiunque si affidi principalmente alle definizioni classiche di guerra rimarrà bloccato in un circolo vizioso di incomprensioni sui recenti successi della Russia sul campo di battaglia, che stanno culminando proprio mentre parliamo con l’imminente conquista di diverse città ucraine di grande importanza.
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La situazione continua a peggiorare sempre più per l’Ucraina.
Le principali testate giornalistiche riportano sempre più spesso i fatti concreti relativi alla situazione in Ucraina, che si tratti della crisi di manodopera o del collasso della rete elettrica:
In linea con quanto riportato nell’articolo del Telegraph, gli ultimi dati mostrano che nel 2025 le diserzioni in Ucraina sono aumentate vertiginosamente:
Nell’articolo dello Spectator sopra riportato, intitolato “Chi salverà le truppe ucraine a Pokrovsk?”, l’autore chiede essenzialmente alle autorità ucraine di salvare le truppe presenti sul posto, piuttosto che lasciarle “massacrare” come nei precedenti accerchiamenti, in cui il comando ucraino ostinato ha rifiutato di cedere terreno per privare spietatamente la Russia del suo trionfo il più a lungo possibile, a costo della vita di molti soldati.
Il comando militare ucraino non è sempre riuscito a mantenere tale equilibrio, permettendo talvolta alle proprie truppe di essere circondate e massacrate piuttosto che ordinare una ritirata tempestiva. Oggi, quella stessa scelta tra territori e vite umane viene compiuta a Pokrovsk.
L’unico modo per evitare un massacro una volta ordinata la ritirata è che i soldati ucraini si allontanino in piccoli gruppi attraverso la linea del fronte porosa, abbandonando tutte le attrezzature pesanti. Come ad Avdiivka e, più recentemente, nella regione russa di Kursk, alcuni dovranno rimanere indietro per coprire la ritirata, affrontando una morte certa o mesi di tortura nella prigionia russa.
La scorsa settimana le forze armate ucraine hanno dovuto affrontare un crollo della linea del fronte senza precedenti, praticamente su tutti i fronti principali. Sono state segnalate avanzate ovunque, dalla linea Zaporozhye-Dnipro a Pokrovsk, Konstantinovka, Seversk, Lyman e Kupyansk.
Poiché questa è l’unica vera notizia che conta in Ucraina in questo momento, passeremo subito ad analizzarla per comprendere la portata del collasso ucraino. Ma prima rivediamo le recenti dichiarazioni di Putin sulla situazione al fronte, rilasciate durante una visita ai soldati feriti in convalescenza:
Putin:
“La situazione generale nella zona dell’operazione militare speciale si sta sviluppando molto bene per noi. I vostri compagni d’armi stanno avanzando attivamente su tutti i fronti. In due luoghi, come sapete, nelle città di Kupyansk e Krasnoarmeysk, il nemico è stato bloccato e circondato. A proposito, ho discusso la questione con i comandanti dei rispettivi gruppi di truppe. Non si oppongono a far entrare nella zona dell’accerchiamento i rappresentanti dei media – giornalisti stranieri e ucraini – affinché possano entrare e vedere con i propri occhi cosa sta succedendo lì e verificare le condizioni delle unità ucraine circondate. In questo modo, la leadership politica dell’Ucraina potrà prendere la decisione appropriata riguardo al destino dei propri cittadini e dei propri militari, proprio come è stato fatto una volta ad «Azovstal». Avranno questa opportunità. Ci preoccupa solo una cosa: che non ci siano provocazioni da parte ucraina. Siamo pronti a cessare le ostilità per un certo periodo, per alcune ore – due, tre, sei ore – affinché gruppi di giornalisti possano entrare in questi insediamenti, vedere cosa sta succedendo, parlare con i militari ucraini e andarsene.
Putin ha offerto in modo controverso un cessate il fuoco temporaneo a Pokrovsk affinché i giornalisti occidentali potessero vedere con i propri occhi quanto fossero realmente circondate le forze ucraine presenti sul posto, un fatto attestato da Julian Ropcke che ha deriso il proprio invito personale:
La controversa richiesta di Putin ha sollevato un vespaio tra i sostenitori della Russia, che temono che il leader russo stia nuovamente mostrando debolezza nei confronti del nemico offrendo concessioni. Capisco il punto di vista di entrambe le parti, ma in questo caso penso che un cessate il fuoco di poche ore, come proposto da Putin, non causerebbe molti danni, ma porterebbe grandi benefici in termini di pubbliche relazioni. Inoltre, come sempre, Putin ha l’abitudine di fare offerte che sa saranno rifiutate dalla parte avversaria solo per apparire come un leader misericordioso e ragionevole, in contrasto con il suo avversario Zelensky.
Il motivo per cui ciò riveste particolare importanza, tuttavia, è che l’accerchiamento di Pokrovsk è diventato un importante segnale d’allarme per le attuali condizioni delle AFU. L’accerchiamento che le forze russe hanno realizzato attorno a questo agglomerato sembra essere il più stretto che abbiano mai realizzato attorno a una città, se dobbiamo credere alle mappe filo-russe, il che è un segnale estremamente eloquente rispetto all’attuale capacità di combattimento delle truppe ucraine.
La configurazione attuale mostra una distanza di soli ~2 km tra le linee russe rimanenti:
Si tratta di un varco molto stretto attraverso il quale, secondo quanto riferito, solo uno o due soldati ucraini alla volta possono tentare di fuggire, approfittando della nebbia, della notte o di altre “condizioni particolari”.
Certo, c’è molto dibattito su quante truppe ucraine siano effettivamente rimaste in quella sacca, e come ho affermato di recente, è probabile che non siano molte, forse poche centinaia o meno, ma nessuno sembra saperlo con certezza.
Tuttavia, o la quantità rimasta è ancora significativa, oppure ci sono ancora alcune persone molto importanti rimaste, perché il GUR ucraino ha deciso di lanciare un’audace operazione delle forze speciali con elicotteri “dietro le linee nemiche” fino alla punta dell’accerchiamento, per ragioni che per ora possiamo solo ipotizzare.
L’operazione è stata condotta qui, dove gli operatori delle forze speciali si sono trincerati negli edifici o nella vegetazione, prima di essere apparentemente distrutti dai droni russi in attesa:
Annuncio ufficiale del Ministero della Difesa russo:
Come affermato, un simile tentativo di infiltrazione suicida da parte delle GUR è quasi senza precedenti e rappresenta un atto disperato commisurato alla gravità della situazione. Considerando questo tentativo e la proposta senza precedenti di Putin di consentire ai media di assistere all’accerchiamento, possiamo solo supporre che la “morsa” di Pokrovsk sia una delle più complete che le forze russe abbiano mai realizzato finora.
Un post pubblicato direttamente da un importante canale ucraino legato all’esercito:
Certo, gli ucraini hanno ottenuto un grande successo nel respingere le forze russe dall’insediamento di Dobropillya a nord, il che ha persino suscitato voci secondo cui Gerasimov avrebbe “licenziato” il generale della 51ª Armata responsabile di quel quadrante, proprio a causa di questo fallimento. Ma le azioni qui erano state progettate per alleggerire la pressione su Pokrovsk e questo non sembra aver funzionato per l’AFU.
Il crollo più consistente delle AFU continua a verificarsi lungo la linea del fiume Yanchur, dove la catena di insediamenti che abbiamo seguito per settimane è stata finalmente quasi completamente smantellata:
Da notare in particolare a nord, dove le forze russe stanno già entrando a Danylovka e ne hanno conquistato una parte. Questa città domina l’importante autostrada T0401 che rifornisce Gulyaipole a sud, e la sua conquista complicherà la logistica per Gulyaipole, che sta già iniziando a essere assediata su tre lati in termini di principali vie di rifornimento.
Inoltre, le forze russe hanno conquistato un’ampia fascia di territorio direttamente a nord di quest’area per rafforzare i fianchi e iniziare l’assalto verso l’altra Pokrovske, situata a nord-ovest della linea:
Appena a nord-est di lì, le forze russe hanno già iniziato a entrare e a conquistare Novopavlovka, che era stata lentamente circondata nelle ultime settimane:
Vista più ampia:
Per chi non segue da vicino, nella panoramica sopra è possibile vedere Pokrovsk a nord-est e la linea Yanchur a sud-ovest.
Cosa significa questo? Significa che si aggiunge un altro insediamento di grandi dimensioni che le forze russe probabilmente conquisteranno presto, insieme a Pokrovsk, Kupyansk e molti altri che stanno iniziando a cadere.
A nord, le forze russe hanno iniziato a prendere d’assalto la punta meridionale di Seversk, il che significa che anche questa città chiave è destinata a cadere nel prossimo futuro:
Progressi ancora più significativi sono stati registrati a nord-ovest di lì, a Krasny Lyman, dove le forze russe stanno ora assaltando la parte meridionale della città, dopo averne già conquistato una parte considerevole:
Ciò che è ancora più scioccante è la rapidità con cui le forze russe stanno avanzando sul fianco settentrionale di questo fronte, dove si sono spinte in profondità nelle foreste verso il fiume Seversky Donets:
Di fatto, questo li pone già nel raggio d’azione dell’artiglieria di Izyum:
Infine, Kupyansk ha registrato nuovamente importanti progressi. Le forze russe hanno attraversato il fiume da ovest e stanno avanzando anche da nord per conquistare l’ultima sezione sulla riva sinistra o orientale:
Una vista più ravvicinata mostra la zona più settentrionale della sponda orientale sotto assedio:
Inoltre, sulla prima mappa più ampia sopra riportata, è possibile vedere che le forze russe hanno già preso d’assalto il lato occidentale per conquistare Sadove, il che sta trasformando sempre più l’intera zona di Kupyansk in un vero e proprio calderone:
Allora, cosa abbiamo?
Pokrovsk e Mirnograd sono entrambe destinate a cadere presto. Kupyansk è destinata a cadere; Seversk, Krasny Lyman, Novopavlovka e Konstantinovka sono tutte sotto assedio e probabilmente cadranno prossimamente, mentre Gulyaipole e altre città saranno poi assediate.
La Russia era arrivata a conquistare in media solo una grande città all’anno (Mariupol nel 2022, Bakhmut nel 2023, Avdeevka nel 2024). Ora, le forze russe sono pronte a conquistare una serie di città in rapida successione. Allo stesso modo, l’Ucraina ha lanciato una grande “controffensiva” ogni anno dall’inizio della guerra: c’è stata quella di Kherson e Kharkov nel ’22, quella “grandiosa” di Zaporozhye nel ’23 e quella di Kursk nel ’24. Il 2025 è stato il primo anno senza una grande controffensiva ucraina.
Queste due statistiche contrastanti sono eloquenti: l’AFU è ormai esaurita e l’avanzata russa sta accelerando drasticamente.
Allo stesso tempo, gli attacchi della Russia alla rete elettrica ucraina sono stati i più determinati mai visti, con molti che hanno notato comportamenti “insoliti” come il doppio attacco alle squadre di riparazione e il lancio di giganteschi sciami di droni su ogni struttura, invece che semplicemente uno o due missili. Diversi funzionari ucraini hanno già invitato la popolazione ad abbandonare Kiev, avvertendo che per gran parte del prossimo inverno non ci sarà il riscaldamento.
La principale autorità energetica ucraina Ukrenergo:
Alcuni parlamentari ucraini stanno addirittura sollecitando una tregua energetica:
Un commentatore ucraino riassume la situazione: prestate particolare attenzione all’ultimo paragrafo.
Roman Ponomarenko scrive su TG:
“Un post pessimista, ma è così. Data l’attuale configurazione della guerra a cui stiamo assistendo, la sua conclusione chiaramente non sarà a nostro favore. Nessuno parla più dei confini del 1991 e il presidente Zelensky ha ripetutamente dichiarato la sua disponibilità a cessare le ostilità lungo la linea di contatto. E sebbene egli sottolinei costantemente che l’Ucraina non cederà nemmeno un centimetro del proprio territorio, l’attuazione pratica di questa intenzione appare incerta. Al momento non possiamo riconquistarli con mezzi militari. E sperare che la Russia rinunci volontariamente alle terre incorporate nella sua costituzione è futile: così facendo, Putin non solo delegittimerebbe se stesso come leader russo, ma firmerebbe anche la sua condanna a morte.
Le garanzie di sicurezza che Zelensky cerca così disperatamente sembrano una chimera palese nel mondo di oggi. Né gli Stati Uniti, né l’Europa, né la NATO combatteranno per noi, né ora né tra 5-10-15 anni. L’unica cosa su cui possiamo contare è un conflitto diretto tra la NATO o l’Europa e la Russia, ma solo dopo la fine della nostra guerra. Considerando che attualmente né gli Stati Uniti né l’UE ritengono vantaggioso o necessario il crollo della Russia, non sono sicuro che l’Europa combatterà attivamente nemmeno per se stessa. È più probabile che cercherà di comprare il conflitto, con denaro o territorio. Non è un caso che nei Paesi baltici non ci sia attualmente alcuna fiducia che la NATO combatterà per loro anche in caso di aggressione diretta da parte della Russia.
Pertanto, dopo la guerra, avremo perdite territoriali e una Russia guidata da Putin ai nostri confini, incoraggiata dalla vittoria e dalla grandezza imperiale. Ci imporrà le sue richieste in materia di politica estera e interferirà nella politica interna attraverso le elezioni a tutti i livelli. Considerando che gli ucraini sono molto bravi a litigare tra loro, questo non sarà difficile da realizzare per il nemico. Come esempio, guardate l’attuale Georgia, che 15 anni fa era categoricamente anti-russa.
E la domanda principale: l’Ucraina può vincere e garantirsi un futuro sicuro per almeno alcuni decenni? Teoricamente sì. Per questo, abbiamo bisogno di una destabilizzazione interna in Russia e di un cambiamento del regime al potere. Ciò è possibile con un approccio globale da parte nostra (alcuni aspetti sono già stati attuati: sul fronte stanno morendo più russi che soldati ucraini e gli attacchi alle raffinerie hanno provocato una crisi di benzina in molte regioni della Russia; alcuni aspetti devono ancora essere realizzati, come fomentare il confronto interno in Russia, ad esempio tra la popolazione indigena e i migranti, ecc. Tuttavia, i nostri sforzi da soli non sono sufficienti. Anche i partner occidentali dell’Ucraina devono dare il loro contributo. Sono disposti a correre dei rischi, dato che non vogliono il collasso della Russia? Una domanda retorica, semmai.
Il fatto più rivelatore delle improvvise avanzate russe su tutti i fronti è che queste non sembrano essere state ottenute a scapito di grandi assalti meccanizzati con enormi perdite, come era avvenuto in alcune delle precedenti “offensive” ufficiali della Russia. Certo, nelle ultime due settimane abbiamo assistito a una serie di assalti meccanizzati, ma questi hanno interessato principalmente fronti secondari, ad esempio la zona occidentale di Zaporozhye, intorno a Orekhove, a Shakhove, a nord di Pokrovsk, ecc.
I principali fronti discussi in precedenza sembrano tutti collassare nella solita vecchia tattica del “mille tagli”. Ciò significa, soprattutto, che la Russia non sembra pagare un prezzo elevato in termini di vittime e perdite di equipaggiamento per questi recenti successi, ad eccezione di equipaggiamenti sacrificabili come biciclette, auto civili, bukhankas, ecc.
Se così fosse, ciò rappresenterebbe un segnale estremamente negativo per l’AFU. Significherebbe infatti che è stato raggiunto un punto di non ritorno, in cui la Russia non dovrà più impiegare risorse ingenti per continuare a compiere questi progressi, il che significa che essi proseguiranno senza sosta.
Non sappiamo con certezza se sia così; ad esempio, il fatto che questo improvviso crollo delle AFU abbia coinciso proprio con l’arrivo della rasputitsa e di altre condizioni climatiche avverse simili a quelle invernali potrebbe significare che ciò ha più a che fare con la recente avanzata della Russia. Ma, come ho già affermato più volte in precedenza, la Russia ha sempre condotto le sue campagne più importanti durante l’inverno, periodo in cui sono state effettuate le operazioni di Bakhmut e Avdeevka.
Inoltre, in molte campagne precedenti, le forze russe hanno esercitato una forte pressione sin dall’inizio, per poi esaurirsi a causa delle perdite e dell’arrivo delle riserve ucraine; si vedano ad esempio la campagna di Sumy, Volchansk a Kharkov, ecc. Ma in questo caso, l’AFU sembra davvero rompersi in massa per la prima volta, tanto che è difficile immaginare che le forze russe possano arrivare a un esaurimento lungo l’intero fronte da questo punto in poi: ci sono semplicemente troppe aree in cui l’Ucraina non ha più le risorse umane per difendersi adeguatamente.
Alcuni hanno anche notato altre interessanti peculiarità dei recenti successi della Russia: stanno conquistando importanti insediamenti senza raderli al suolo, come avveniva in passato con Avdeevka, Bakhmut e persino con insediamenti più piccoli come Marinka:
Una delle cose che ho notato riguardo alla battaglia di Pokrovsk è che, a differenza di quanto accaduto all’inizio della guerra, i russi non hanno distrutto la città. Sembra che l’uso di munizioni pesanti sia notevolmente diminuito. Probabilmente ci sono varie ragioni per questo. Me ne vengono in mente due. Gli attacchi di precisione con i droni hanno probabilmente sostituito in una certa misura la necessità di munizioni pesanti. In secondo luogo, i problemi di personale dell’AFU potrebbero significare che non sono più necessarie.
Ciò sembra avere più a che fare con il fatto che le forze ucraine sono così ridotte che non sono nemmeno più in grado di difendere le città abbastanza a lungo da consentire ai russi di radere al suolo tutto. Le forze armate ucraine iniziano a ritirarsi anche contro gli ordini diretti e la schiacciante superiorità numerica delle truppe russe le spazza via da ogni lato.
Come è possibile superare numericamente il proprio avversario in quel modo quando questi sta infliggendo perdite pari a 10:1?
Una cosa da ricordare è che, con il progredire del crollo delle AFU, esso non potrà che accelerare per il fatto che gli intervalli di tempo a disposizione dell’Ucraina per costruire adeguate linee difensive a una distanza appropriata dietro ogni fronte in crollo o ogni avanzata russa sono sempre più brevi. Questo è il motivo per cui da tempo sostengo che il crollo, a un certo punto, non potrà che assumere un andamento parabolico, anziché rimanere lineare in termini di intensità.
L’unica cosa che potrebbe rallentarlo a questo punto è probabilmente una nuova grande mobilitazione da parte dell’Ucraina, che coinvolga sia i diciottenni che le donne. Ma, primo: ciò potrebbe significare il suicidio politico di Zelensky; e secondo: anche se la mobilitazione iniziasse ora, ci vorrebbe almeno sei mesi prima di vedere effetti concreti.
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Concludiamo con queste riflessioni di un analista militare russo sui prossimi mesi di sviluppi nel campo dei droni:
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Oggi commenterò per esteso il mellifluo Korybko sempre così prodigo di buoni consigli alla Russia e lo faccio dopo aver letto quanto di esso riportato qui, dove , seppur concludendo con consigli che non mi convincono , Korybko parte da una corretta constatazione : gli U$A , gli attuali signori del “rimland” non stanno “ritirandosi” ma ampliando il loro assalto all’ “heartland” e lo fanno con la solita strategia ereditata dai loro parenti inglesi : la strategia dell’Anaconda.
E qui dobbiamo innanzitutto comprendere come questa si sviluppi e quanto sia antica e determinata questa strategia di predazione.
La “ strategia de “l ‘Anaconda ” o del “Leviatano/ serpente di mare/coccodrillo “, volendo andare molto più indietro fin nella mitologia , consiste nell’ avvolgere per stritolare/affogare la propria vittima, che nel caso del “Behemot/ animale di terra/ippopotamo” deve essere una strategia ben dissimulata per evitare che il potente ippopotamo possa difendersi lacerando a morte il coccodrillo con la sua forza.
E’ infatti evidente che questa mitologia nasca dalla forzata “convivenza” tra coccodrilli ed ippopotami nelle pozze in restringimento del deserto egiziano e che la cosa abbia profondamente colpito allora l’ immaginario di coloro che avevano osservato la cosa , trasferendola così nella mitologia di quei popoli del mediterraneo orientale
Comunque nel mito del “Leviatano”, questa creatura “contorta , malvagia e avvolgente” opera sempre nella dissimulazione e nel caos; è lui sempre e solo l’ aggressore perché deve predare per vivere mentre il Behemot il suo vitale avversario può prosperare mangiando erba.
Ovviamente tutto questo è un mito, ma ciò che stiamo vivendo gli assomiglia molto e potrebbe essere raccontato come la favola de “ il coccodrillo nello stagno”.
In questo “stagno” che è di fatto ormai il mondo globalizzato sono cresciuti coccodrilli molto grossi e voraci che in mancanza di sufficienti erbivori “facili” cominciano a divorarsi tra loro guardando anche ai pochi ippopotami che stanno insieme a loro nello “stagno” e che “prede facili” non sono.
I coccodrilli questo lo sanno, ma non sanno come altro calmare la propria voracità e quindi cercano di predare anche i pochi ippopotami rimasti nello specchio d’acqua con, guarda caso, quella che è sempre stata la strategia del regno inglese: avvolgere e dividere le varie “bestie” con cui è entrato contatto fino a privarle delle loro forza, smembrarle e “cibarsene”.
Tutti i più potenti stati del continente europeo sono passati da questo “trattamento” e nessuno se ne è accorto in tempo. Nessuno, anzi, aveva raccolto l’ analogia, finché gli stessi inglesi non hanno teorizzato questa loro strategia di dominio con Mackinder, rivelando così quella che era diventata la loro ossessione: l’ inarrivabilità dell’ impero Russo, questo enorme animale cresciuto possente nelle steppe dell’ Eurasia.
Sono infatti almeno 170 anni che l’ elite inglese si arrovella in questa impotenza perché nonostante gli enormi colpi già inflitti a “l’ animale” , esso è ancora vivo ed in grado fargli molto male.
Ma a che serve tutto questo mio allegorico preambolo? Solo a dire che questa ossessione e questa strategia è trasmigrata nella testa del ben più enorme “coccodrillo” americano : gli U$A.
I quali U$A, ormai diventati i principali “predatori” nello “stagno”, possono anche raccontare in giro che vorrebbero tornare a “mangiare erba” come tutti gli altri stati, ma l’ unico modo con cui possono risolvere alla svelta la loro smisurata fame ( “american way of life” la chiamano loro ) è solo quello di trovare un modo migliore per catturare ANCHE le “ grosse prede”.
Che poi è sempre il solito modo : dividerle e poi attaccarle una alla volta. Questo che ci sta dicendo Korybko.
E se tutte “ bestie” sono in allarme ? Beh , laddove non si possano tranquillizzare, bisogna almeno confonderle ed è a questo che serve la girandola Trump. L’ importante è che le “bestie “ non facciano “branco” per difendersi.
Il che poi negli “erbivori” è cosa abbastanza normale, perché in genere ognuno “bruca” per proprio conto.
Ma ora, entrando nel più specifico triangolo U$A-Russia-Cina , sarebbe veramente da bischeri se Russia e Cina, ma soprattutto Russia, non si ricordassero dei trattamenti già ricevuti; “il serpente” però è abilissimo a raccontare favole e soprattutto specializzato a ipnotizzare le élites. Da qui l’ estrema prudenza di entrambe le potenziali “vittime”.
A molti di sicuro meraviglierà soprattutto la “prudenza” russa la cui dirigenza , nonostante la Russia si trovi sotto attacco VERO, continua a cercare un appeasement con un “ caro partner” la cui maligna falsità dovrebbe essergli già ben nota. Un paradosso quindi che li rinchiude così nella veste dei “deboli ed ingenui”, incoraggiando quindi l’aggressione in corso.
Quale spiegazione allora ? La darò dopo aver ricordato quanto apparisse debole ed esitante lo zar Stalin tra il 1938 e il 1941 quando sappiamo per certo dai documenti riservati del tempo che Stalin avesse già da anni prima definita inevitabile la guerra e prioritario un riarmo massiccio e forzato.
Semplicemente allora Stalin stava guadagnando tempo per rafforzarsi ed vedere con migliore chiarezza nel quadro strategico. Questa stessa cosa sta facendo adesso Putin
Ma quale chiarezza strategica sta aspettando Putin ? Su due aspetti ovviamente .
La prima è la stabilità del quadro interno. Stalin non si poteva fidare del partito esattamente quanto Putin non si può fidare della sua elite; l’ unica differenza è nella modalità delle “purghe” attualmente in corso.
La seconda è capire la reale posizione di TUTTI i propri vicini quando lo scontro entrerà veramente “nel vivo”.
Ma allora quale è la conclusione della favola ?
Non lo so , ma posso dire, e ce lo ha mostrato la stessa BBC, che nelle pozze dell’ Okawango quando un coccodrillo attacca un ippopotamo , di solito finisce con una strage di coccodrilli .
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Putin sta nuovamente tendendo una mano a Zelensky e Trump con il suo ultimo gesto di buona volontà, perché non vuole davvero che il conflitto si protragga né che si espandano le rivendicazioni territoriali della Russia, come probabilmente accadrebbe in tal caso.
Putin ha annunciato che più di diecimila soldati ucraini sono stati circondati a Kupyansk e Krasnoarmeisk (Pokrovsk), con il suo Ministero della Difesa che ha presto aggiunto Dimitrov (Mirnograd) vicino a quest’ultima alla lista. Il leader russo ha anche proposto di interrompere i combattimenti in modo che i giornalisti stranieri, compresi quelli ucraini, possano recarsi al fronte per riferire sulla situazione. Putin ha suggerito una resa di massa proprio come nella situazione di stallo di Azovstal all’inizio del 2022, ma Zelensky sembra disinteressato, almeno per ora. Ecco cosa significa tutto questo:
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1. La Russia continua a guadagnare terreno nonostante i miliardi di aiuti occidentali all’Ucraina
The Economist ha recentemente pubblicato un articolo in cui sollecita l’Europa a finanziare l’Ucraina nei prossimi quattro anni, con un costo per i contribuenti che secondo loro ammonterebbe ad almeno 390 miliardi di dollari. L’articolo riporta inoltre che quest’anno sono stati spesi 100-110 miliardi di dollari, “la somma più alta mai raggiunta”, per un totale di 360 miliardi di dollari dal 2022 (probabilmente una stima al ribasso). È abbastanza chiaro che gli aiuti occidentali non sono riusciti a respingere la Russia, ma solo a rallentarne l’avanzata. L’accerchiamento dell’Ucraina dimostra quindi che nessuna somma di denaro potrà infliggere una sconfitta strategica alla Russia.
2. Il treno della fortuna potrebbe finire se l’Ucraina riconoscesse questo accerchiamento
Sulla base di quanto sopra, Zelensky e il comandante in capo Alexander Syrsky hanno negato questi accerchiamenti, molto probabilmente perché temono che il suddetto treno della fortuna possa finire o almeno rallentare se ordinano alle loro forze di arrendersi. Dopo tutto, la perdita di migliaia di soldati in tre accerchiamenti nel corso di tre anni e mezzo di conflitto non è cosa da poco, e potrebbe indurre alcuni funzionari occidentali a riconsiderare il finanziamento all’Ucraina, dato che la vittoria che era stata loro promessa non è più in vista.
3. La conquista di questi tre insediamenti da parte della Russia sarebbe un evento piuttosto importante.
Che le forze ucraine vengano eliminate o si arrendano, la conquista di questi tre insediamenti da parte della Russia sarebbe un evento piuttosto importante, specialmente quello di Krasnoarmeisk/Pokrovsk, poiché è la porta d’accesso alla regione di Dnipropetrovsk dove le forze russe sono già entrate all’inizio dell’estate. Qualsiasi ulteriore avanzata lungo le pianure non presidiate oltre il suddetto insediamento potrebbe costringere l’Ucraina a soddisfare le richieste di pace della Russia o spingere gli Stati Uniti a “intensificare per allentare la tensione”.
4. Putin preferisce una rapida soluzione politica piuttosto che una lunga guerra di logoramento
Contrariamente a quanto alcuni hanno valutato, Putin non vuole che il conflitto si protragga né vuole espandere le rivendicazioni territoriali della Russia, motivo per cui ha invitato le truppe ucraine circondate ad arrendersi. Egli spera che questo gesto di buona volontà possa portare al ritiro dell’Ucraina dal resto del Donbass e quindi a una rapida soluzione politica che soddisfi gli altri obiettivi della Russia. Zelensky vuole continuare a combattere per i motivi egoistici citati in precedenza, quindi alla fine tutto dipenderà da ciò che vuole Trump.
5. Trump deve decidere presto se vuole fare sua questa guerra
Trump considera il conflitto ucraino come “la guerra di Biden” e insiste sul fatto che non sarebbe scoppiato se lui avesse vinto le elezioni del 2020, eppure presto dovrà decidere se vuole davvero la pace, come sostiene, o se è disposto a fare sua questa guerra, perpetuandola a tempo indeterminato. Putin gli sta offrendo una via d’uscita invitando le truppe ucraine circondate ad arrendersi come mezzo per rilanciare i negoziati di pace congelati, quindi spetta a Trump decidere se fare pressione su Zelensky affinché accetti o se accettare la sua sfida con tutto ciò che ne consegue.
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Il recente accerchiamento delle forze ucraine in questi tre insediamenti è quindi molto più importante di quanto possa sembrare a prima vista, alla luce delle informazioni appena condivise. Putin sta nuovamente tendendo una mano a Zelensky e Trump con il suo ultimo gesto di buona volontà, perché non vuole davvero che il conflitto si protragga né che si espandano le rivendicazioni territoriali della Russia, come probabilmente accadrebbe in tal caso. Questo momento sarà quindi visto come una pietra miliare col senno di poi, indipendentemente da ciò che Trump deciderà di fare.
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La NATO sostenuta dagli Stati Uniti, il Pakistan e la “mezzaluna asiatica/di contenimento” composta da Giappone, Taiwan e Filippine sono pronti ad affrontare rispettivamente Russia, India e Cina nel corso di questo secolo.
Gli Stati Uniti stanno inviando segnali contrastanti riguardo all’Sino–RussoEntente, rafforzata dall’accordo sul gasdotto Power of Siberia 2, dopo che Trump aveva dichiarato a settembre di “non essere preoccupato” al riguardo, mentre il Segretario alla Guerra Pete Hegseth ha affermato di avergli ordinato di “ristabilire la deterrenza” nei loro confronti. Come sostenuto qui, “Il tentativo di Trump 2.0 di ristabilire l’equilibrio in Eurasia è fallito” in gran parte a causa di questo sviluppo, che ha comportato l’importante approvazione tacita dell’India nel contesto del suo riavvicinamento con la Cina.
Lungi dal rimanere divisi, principalmente per quanto riguarda la Cina e l’India con tutte le complicazioni che la loro continua rivalità comporterebbe per l’equilibrio della Russia, i tre più potenti Stati-civiltà dell’Eurasia si stanno sempre più avvicinando per rilanciare il loro formato Russia-India-Cina (RIC), rimasto inattivo. Questa piattaforma è significativa di per sé, ma è anche il nucleo fondamentale dei BRICS e della SCO, che svolgono ruoli complementari nella graduale trasformazione della governance globale, come spiegato qui.
Questi processi multipolari accelerati dal RIC non possono essere contrastati con la forza militare diretta, tuttavia il Pentagono potrebbe cercare di rallentarli provocando una corsa agli armamenti. La NATO, il Pakistan e la “Mezzaluna asiatica/di contenimento” (Giappone-Taiwan-Filippine) sostenute dagli Stati Uniti (parziali nel caso del Pakistan) potrebbero contribuire a raggiungere questo obiettivo nei confronti di Russia, India e Cina, così come potrebbe farlo il rafforzamento della presenza militare statunitense (o un ritorno formale nel caso del Pakistan) in ciascuno di questi paesi.
Allo stesso modo, il “Golden Dome”, lo schieramento di missili a medio raggio nelle loro regioni e una maggiore militarizzazione dello spazio esterno possono esercitare un’ulteriore pressione su Russia e Cina a tal fine, anche se queste mosse potrebbero anche ritorcersi contro, rafforzando il coordinamento tecnico-militare tra i due paesi. Per essere chiari, la Russia e la Cina non sono alleati che entrerebbero in guerra l’uno per l’altro, ma i loro interessi comuni in materia di sicurezza militare e strategica aumentano le possibilità che si sostengano a vicenda in tempo di guerra.
Finora la Cina ha evitato di inviare aiuti tecnico-militari alla Russia a causa della sua complessa interdipendenza con l’Occidente, ma la guerra dei dazi di Trump, la sua accusa al presidente Xi Jinping di “cospirare” contro gli Stati Uniti e i piani del Pentagono per la “Mezzaluna asiatica/di contenimento” potrebbero spingerla a riconsiderare la sua posizione. In uno spirito simile, la Russia potrebbe sentirsi a proprio agio nel condividere con la Cina conoscenze tecnico-militari all’avanguardia per controbilanciare le mosse degli Stati Uniti in Giappone, che potrebbero estendersi anche al loro comune alleato nordcoreano.
Sebbene la maggior parte delle attrezzature tecnico-militari del Pakistan provenga dalla Cina, gli Stati Uniti potrebbero entrare in questo mercato se le esportazioni cinesi dovessero diminuire a causa del riavvicinamento sino-indiano, il che potrebbe anche portare a una diminuzione delle esportazioni americane verso l’India e alla necessità di sostituirle con esportazioni verso il Pakistan. La Russia potrebbe persino riconquistare il suo ruolo tradizionale di principale fornitore dell’India se le esportazioni verso questo Paese aumentassero in risposta all’aumento delle esportazioni statunitensi verso il Pakistan, in un fatto di rinascita delle dinamiche militari della regione risalenti alla Guerra Fredda.
Tutte queste dinamiche strategiche hanno posto le basi per un dilemma di sicurezza tra il Rimland eurasiatico (NATO, Pakistan e la “Mezzaluna asiatica/di contenimento”) e l’Heartland eurasiatico (RIC) istigato dagli Stati Uniti al fine di “ristabilire la deterrenza” nei confronti dell’Intesa sino-russa. Lo scopo è quello di esercitare pressioni su uno dei due o sul loro partner comune, l’India, affinché si arrendano agli Stati Uniti, in modo da poter poi dividere e governare più efficacemente il supercontinente. Questo complotto egemonico definirà la geopolitica dell’Eurasia nel XXI secolo.
Il suo vero scopo è quello di indurre gli Stati Uniti a riconsiderare le imminenti escalation contro la Russia, ricordando loro i costi strategici che ciò potrebbe comportare.
La sequenza di eventi avviata dalla Russia in seguito alla rottura dei colloqui con gli Stati Uniti, di cui Zelensky si è attribuito il merito mentre il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha insinuato che la responsabilità fosse da attribuire alle pressioni congiunte UE-Ucraina, è comprensibile se analizzata nel contesto. Innanzitutto, non si sono ancora registrati progressi tangibili nell’estensione del Nuovo START alla sua scadenza a febbraio, il che rischia di aggravare ulteriormente le tensioni tra Russia e Stati Uniti, essendo l’ultimo patto strategico per il controllo degli armamenti tra i due Paesi.
In relazione a ciò, Trump rimane impegnato a sviluppare quello che chiama il sistema di difesa missilistica “Golden Dome”, che i suoi consiglieri ritengono probabilmente darebbe agli Stati Uniti un vantaggio strategico sulla Russia, consentendo loro di intercettare più secondi attacchi in caso di guerra nucleare. Questo imperativo spiega perché Bush Jr. si ritirò dal Trattato antimissili balistici nel 2001, poco dopo l’11 settembre, e perché tutti i presidenti successivi mantennero la sua linea politica di sviluppo di questa infrastruttura in patria e all’estero.
Comunque sia, RT ha pubblicato un articolo avvincente su ” Perché la ‘Cupola d’Oro’ americana potrebbe essere impotente contro il missile apocalittico russo “, spiegando che quest’arma all’avanguardia vanifica lo scopo strategico del programma rispetto al vantaggio strategico che gli Stati Uniti prevedono di ottenere sulla Russia. Se il Nuovo START non verrà esteso e successivamente modernizzato con un nuovo accordo, la Russia potrebbe produrre e schierare il Burevestnik senza restrizioni, lasciando gli Stati Uniti più vulnerabili che mai.
In quanto tale, il test può essere interpretato come un duplice segnale da parte della Russia agli Stati Uniti, per incoraggiare Trump a estendere il Nuovo START e poi concentrarsi sulla sua modernizzazione, ma anche per esprimere indifferenza di fronte allo scenario di un suo rifiuto della proposta di Putin, conferendogli così la prerogativa su ciò che verrà dopo. Allo stesso modo, il contesto correlato del potenziale trasferimento dei Tomahawk da parte di Trump all’Ucraina consente di interpretare questo test come un’allusione di Putin a ciò che potrebbe seguire, forse persino il primo impiego in battaglia del Burevestnik.
Sebbene non si tratti di un’arma nucleare in sé, i media occidentali hanno ipotizzato che possa emettere gas radioattivi, quindi Putin potrebbe non usarla per evitare di provocare l’Occidente. Il solo test, tuttavia, potrebbe servire a spaventare gli Stati Uniti, inducendoli a riconsiderare qualsiasi escalation nel caso in cui venisse poi utilizzata in battaglia. Se gli Stati Uniti dovessero continuare a intensificare le ostilità, la Russia potrebbe reagire contro l’Ucraina con gli Oreshnik, non con i Burevestnik. In ogni caso, la tempistica di questo test coincide curiosamente con l’imminente escalation statunitense, rendendolo quindi una misura di de-escalation.
Se gli Stati Uniti dovessero ancora respingere la proposta di Putin di estendere il New START e/o trasferire i Tomahawk all’Ucraina, ora saprebbero quali costi ciò comporterebbe. Potrebbero persino estendersi oltre l’ambito delle relazioni russo-americane, includendo anche quelle sino-americane, se la Russia considerasse di trasferire la sua tecnologia Burevestnik alla Cina in cambio di maggiori aiuti economici durante l’ accordo speciale.operazione . Ciò a sua volta aumenterebbe significativamente i costi per gli interessi degli Stati Uniti e potrebbe finalmente indurre Trump a raggiungere un accordo equo con Putin.
I gesti di buona volontà hanno lo scopo di far sì che il destinatario si fidi di chi li compie, con l’aspettativa che verrà ricambiato per aver migliorato i propri rapporti.
A fine settembre, Putin si è offerto di estendere il Nuovo START, l’ultimo patto sul controllo degli armamenti tra Russia e Stati Uniti, per un altro anno dopo la sua scadenza a inizio febbraio. Ha poi ribadito la sua proposta a inizio ottobre, sottolineando che c’è ancora tempo per estendere questo accordo cruciale se gli Stati Uniti ne hanno la volontà politica, il che sembra essere vero, visti i recenti elogi di Trump che lo hanno definito “una buona idea”. Indipendentemente da ciò che accadrà, l’offerta di Putin è un gesto di buona volontà nei confronti di Trump, che ora verrà spiegato.
Per contestualizzare, Putin annunciò la sospensione del New START da parte della Russia nel febbraio 2023 in risposta al coinvolgimento della NATO negli attacchi con droni ucraini contro le basi aeree strategiche del suo Paese diversi mesi prima, decisione che è stata analizzata qui come la cosa giusta da fare al momento giusto. Quasi un anno dopo, nel gennaio 2024, il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov dichiarò che i colloqui su questo tema non sarebbero ripresi fino alla fine del conflitto ucraino , sostenendo che altrimenti la Russia sarebbe stata svantaggiata.
I gesti di buona volontà mirano a far sì che il destinatario si fidi di chi li compie, con l’aspettativa di essere ricambiato per il miglioramento delle relazioni. Tuttavia, ciò non sempre accade, come dimostra il gesto di buona volontà della Russia, il ritiro da Kiev durante i colloqui di pace della primavera del 2022, visto come un segno di debolezza da Ucraina, Regno Unito e Polonia, che poi hanno convinto l’Ucraina a continuare a combattere. Esiste quindi la possibilità che Trump possa percepire l’ultimo gesto di buona volontà di Putin allo stesso modo.
È fondamentale ricordare che Putin ha rassicurato il suo popolo sul fatto che la Russia può garantire la propria sicurezza nazionale anche in assenza di un’estensione del Nuovo START e che qualsiasi mossa unilaterale degli Stati Uniti volta a sconvolgere ulteriormente l’equilibrio strategico tra i loro paesi renderebbe questo patto nullo e privo di valore. Ciò che probabilmente aveva in mente era l’iniziativa ” Golden Dome ” di Trump, precedentemente nota come ” Iron Dome “, per rilanciare il piano “Star Wars” di Reagan per intercettori spaziali e probabilmente anche missili offensivi segreti basati nello spazio.
Prendendo come precedente i suoi accordi commerciali, vuole sempre che gli Stati Uniti mantengano la posizione dominante in qualsiasi “compromesso”, quindi potrebbe insistere nel continuare a costruire la “Cupola d’Oro” nonostante ciò rovini qualsiasi estensione del Nuovo START, oppure continuare segretamente a farlo anche se afferma di non volerlo fare. Se la CIA valutasse che la Russia potrebbe trasferire in tal caso tecnologie nucleari all’avanguardia alla Cina e/o alla Corea del Nord, e che ciò a sua volta metterebbe a repentaglio gli interessi della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, allora potrebbe riconsiderare la sua decisione.
Il gesto di buona volontà di Putin nei confronti di Trump, offrendo di estendere il New START, rappresenta quindi un momento cruciale nei loro rapporti, poiché permetterà alla Russia di capire se gli Stati Uniti intendono seriamente scendere a compromessi. Se Trump non abbandona la “Cupola d’Oro” o non inganna Putin sul congelamento dei lavori, allora, anche se il nuovo missile Burevestnik potesse ancora penetrarlo, la Russia potrebbe comunque decidere di trasferire questa tecnologia ai suoi alleati dotati di armi nucleari, al fine di aumentare i costi per gli Stati Uniti del rifiuto della proposta russa, in modo da non respingere anche quelle future.
Qualsiasi test nucleare reciproco da parte della Russia potrebbe servire da pretesto per far sì che gli Stati Uniti approvino che la Francia e/o il Regno Unito condividano le proprie armi nucleari con la Germania, come richiesto da Berlino, e/o che la Francia condivida le proprie armi nucleari con la Polonia, come richiesto da Varsavia, a spese della sicurezza strategica della Russia nell’Europa del dopoguerra.
Un anno fa, “La Russia ha rimproverato i falchi confermando che non effettuerà test nucleari se non lo faranno prima gli Stati Uniti“Tuttavia, i test non nucleari delle due armi a capacità nucleare sono stati concepiti per dimostrare di poter garantire la propria sicurezza anche se Trump rifiuta la proposta di Putin di estendere il New START. Nello scenario in cui l’ultimo patto strategico per il controllo degli armamenti dovesse finire nella pattumiera della storia, ciascuno dei due Paesi potrebbe armare la proliferazione di tecnologie correlate come parte della propria guerra ibrida contro l’altro.
Il pretesto di Trump per respingere la proposta di proroga di Putin potrebbe essere qualsiasi test nucleare reciprocoche la Russia potrebbe effettuare dopo che gli Stati Uniti l’hanno fatto per primi, mentre è anche possibile che Putin ritiri la sua proposta in risposta ai test nucleari degli Stati Uniti anche se la Russia non risponde con i propri test. In ogni caso, e soprattutto se la Russia effettuerà test nucleari dopo che gli Stati Uniti lo avranno fatto per primi, la mancata estensione del New START potrebbe servire da pretesto per armare la proliferazione nucleare come mezzo per causare seri problemi all’altro.
La Russia potrebbe farlo condividendo il Burevestnik, il Poseidon e/o altre tecnologie correlate con la Cina e/o la Corea del Nord, ma l’Iran è escluso come destinatario in quanto non possiede ancora armi nucleari e potrebbe quindi essere bersaglio di un altro bombardamento israelo-statunitense se compie qualche progresso nello sviluppo di tali armi. Se ciò accadesse, anche se solo con la Corea del Nord, potrebbe complicare gli sforzi degli Stati Uniti per garantire la loro sicurezza strategica, ma non sarebbe uno sviluppo troppo drammatico dal momento che hanno già le loro armi nucleari.
Gli Stati Uniti potrebbero tuttavia peggiorare ulteriormente la sicurezza strategica della Russia sostenendo la Francia e/o il Regno Unito che condividono le loro armi nucleari con la Germania. come richiesto da BerlinoLa Francia condivide le sue armi nucleari con la Polonia come richiesto da Varsaviae/o il trasferimento di testate nucleari lanciate in aria al Regno Unito per i suoi F-35A. potrebbe essere schierato in Estonia. I primi due scenari possono verificarsi indipendentemente dagli Stati Uniti o anche in barba ad essi, ma è improbabile che lo facciano senza l’approvazione degli Stati Uniti, considerando le conseguenze per gli interessi americani in Europa.
Ciò che potrebbe spostare l’ago della bilancia sull’approvazione degli Stati Uniti di queste mosse sarebbe l’esecuzione da parte della Russia di un test nucleare reciproco dopo che gli Stati Uniti l’hanno fatto per primi, il che potrebbe essere proprio ciò che Trump vuole manipolare Putin per farglielo fare. intensificare la pressionesu di lui con l’obiettivo di ottenere maggiori concessioni sull’Ucraina. Se Putin capitolasse o almeno concedesse più di quanto altrimenti accetterebbe, allora Trump potrebbe ordinare a Francia e Regno Unito di richiamare i loro dispiegamenti nucleari come forma di “alleggerimento della pressione strategica” per la Russia come “ricompensa”.
Se Putin ordina un test nucleare reciproco (che è più probabile che non lo faccia, con il rischio di apparire “debole” e “intimidito”) ma non cede alle richieste di Trump, allora la situazione della sicurezza strategica nell’Europa del dopoguerra potrebbe essere ancora peggioreper la Russia rispetto a prima della specialeoperazione. Uno degli obiettivi della Russia è quello di riformare la suddetta architettura per alleviare il suo dilemma di sicurezza con la NATO, ma ciò sarebbe impossibile se ciò accadesse, cosa che Trump potrebbe tramare per trasformare in un fatto compiuto.
Ogni aspetto di quella che si può sostenere essere la nuova strategia in tre fasi di Trump contro la Russia ha i suoi svantaggi.
L’ultima escalation di Trump contro la Russia si è concretizzata nell’imposizione di severe sanzioni contro le sue due principali compagnie energetiche, nell’annullamento del suo incontro programmato con Putin e nella dichiarazione che non si incontreranno più a meno che non si tratti di finalizzare un accordo sull’Ucraina. Il Wall Street Journal (WSJ) ha scritto delle implicazioni di questa inversione di tendenza qui , insinuando che preannunciano un’intensificazione della guerra di logoramento per procura degli Stati Uniti contro la Russia. Il presente articolo esplorerà brevemente quale forma potrebbe assumere e le sue probabilità di successo.
Il WSJ afferma che “la rivoluzione dei droni… implica che nessuna delle due parti probabilmente compirà grandi progressi territoriali a breve”, ma non dice che ciò è dovuto anche al continuo sostegno della NATO all’Ucraina, incluso l’acquisto da parte del blocco di armi statunitensi a prezzo pieno per il trasferimento in Ucraina, secondo il nuovo schema della scorsa estate. Mantenere questo equilibrio di fatto tra droni e forze convenzionali, dovuto all’indispensabile sostegno della NATO all’Ucraina, è quindi la massima priorità degli Stati Uniti se vogliono atrofizzare la forza della Russia nel tempo.
La seconda parte di quella che probabilmente è la nuova strategia in tre fasi di Trump contro la Russia consiste nel far rispettare rigorosamente le ultime sanzioni, soprattutto nei confronti dei partner russi, indiani e cinesi, che insieme costituiscono il nucleo centrale dei BRICS, al fine di ridurre drasticamente i flussi di entrate estere della Russia. L’obiettivo è quello di creare le condizioni per problemi socio-economici in Russia, erodendo gradualmente il suo status di Grande Potenza se India, Cina e altri paesi dovessero iniziare a tenerla a distanza per evitare dazi punitivi e schiaccianti.
Infine, l’ultima parte mira a fomentare disordini all’interno della Russia, esacerbando i suddetti problemi socio-economici attraverso il probabile sostegno a ulteriori attacchi ucraini a lungo raggio contro raffinerie di petrolio e altre infrastrutture critiche, nella convinzione che il rapido peggioramento degli standard di vita spingerà la popolazione contro Putin. L’idea è che la pressione politica dal basso integrerebbe la pressione economica, politica e militare dall’estero per costringerlo a congelare il fronte senza alcuna concessione da parte dell’Ucraina.
Ogni aspetto della nuova strategia in tre fasi di Trump contro la Russia presenta i suoi svantaggi. A cominciare dal primo, l’onere finanziario per il mantenimento dell’equilibrio di fatto delle forze in questa guerra per procura ricade sull’Europa, alcuni dei cui stati potrebbero preferire ridurre la spesa per gli armamenti statunitensi destinati all’Ucraina a favore del ricostituzione delle proprie scorte. C’è anche un crescente interesse nel dare priorità al complesso militare-industriale europeo rispetto a quello statunitense. Non si può quindi dare per scontato che le linee del fronte resisteranno indefinitamente.
Quanto al secondo punto, è stato spiegato qui perché non si prevede che India e Cina smettano completamente di importare energia dalla Russia, in particolare perché l’impennata dei prezzi danneggerebbe la loro crescita economica più dei dazi punitivi statunitensi. Nessuna delle due, inoltre, vuole abbandonare la Russia, rischiando che il rivale rafforzi i legami con essa, a proprie spese. Sebbene i flussi di entrate estere della Russia potrebbero diminuire, il suo fondo di guerra può continuare a finanziare il conflitto per almeno qualche anno, ritardando così l’impatto delle sanzioni.
Infine, il popolo russo è rimasto calmo durante periodi molto più difficili durante la Seconda Guerra Mondiale e dopo il crollo dell’Unione Sovietica rispetto a qualsiasi cosa possa sperimentare a seguito di attacchi ucraini su larga scala contro le sue infrastrutture critiche, quindi non ci si aspetta che si lanci in gravi disordini. Anche i servizi di sicurezza sono abbastanza forti da gestire qualsiasi cosa possa accadere in ogni caso. Per queste ragioni, l’intensificata guerra di logoramento per procura degli Stati Uniti contro la Russia probabilmente non avrà successo, ma potrebbe comunque causare qualche danno.
Potrebbe avere successo in termini di ottica, ma nella realtà non farà alcuna differenza sostanziale.
Le ultime sanzioni degli Stati Uniti contro la Russia, le prime sotto la seconda amministrazione Trump, sono intese meno come un’arma contro l’economia russa e più come un mezzo per strumentalizzare la geopolitica energetica nel tentativo di disgregare i BRICS, in particolare il loro nucleo formato da Russia, India e Cina (RIC). Questa valutazione si basa sugli stretti legami commerciali di India e Cina con gli Stati Uniti, nonostante i rispettivi dazi del 50% e del 55%, sulla loro continua rivalità nonostante l’ incipiente riavvicinamento e sulla loro triangolazione con la Russia.
Nell’ordine in cui sono stati condivisi, gli scambi commerciali di India e Cina con gli Stati Uniti sono molto più consistenti di quelli con la Russia, ma è importante sottolineare che la Russia fornisce una quota significativa della loro energia. Sebbene nessuno dei due voglia pagare di più per il petrolio, tuttavia, i costi complessivi derivanti dall’aumento dei dazi doganali statunitensi nei loro confronti come punizione per aver violato le ultime sanzioni, nonché quelli secondari che potrebbero essere imposti ai loro istituti finanziari che facilitano questo commercio, potrebbero essere ancora maggiori. Questo potrebbe probabilmente costringerli a riconsiderare la propria posizione.
Per quanto riguarda il secondo punto, essere in migliori grazie degli Stati Uniti rispetto all’altro è un vantaggio per entrambi, poiché nessuno dei due vuole rischiare che il rivale si allei con gli Stati Uniti contro di loro, il che potrebbe avere implicazioni strategiche. Potrebbero quindi calcolare di avere più da perdere sfidando gli Stati Uniti nella ricerca di prezzi del petrolio più bassi e mantenendo legami più stretti con la Russia, se l’altro non lo fa a sua volta, quindi è meglio obbedire. Ciò equivale a un’arma del dilemma del prigioniero.
Sulla base di quanto sopra, l’ultimo punto è che ciascuno potrebbe aver calcolato di conseguenza che il proprio rivale non otterrà migliori legami con la Russia a proprie spese, fintantoché entrambi rispettano informalmente in parte (qualificatore chiave) le ultime sanzioni degli Stati Uniti, cosa che ciascuno potrebbe fare nonostante le dichiarazioni pubbliche.criticandoli . A quanto pare, stavano già riducendo gli acquisti di petrolio russo prima delle sanzioni: l’India è scesa del 14% da agosto a settembre e la Cina dell’8,1% nei primi nove mesi dell’anno.
Per quanto convincenti possano sembrare questi punti, nessuno dovrebbe dare per scontato che India e/o Cina smetteranno completamente di importare energia russa, tanto meno immediatamente. Semplicemente, al momento non c’è abbastanza offerta sul mercato per farlo. Anche se altri aumentassero la produzione, questi due paesi potrebbero comunque svincolarsi gradualmente dall’energia russa, che verrebbe poi probabilmente venduta a uno sconto ancora maggiore per incentivarli a mantenere alcuni acquisti. Quindi, tutto si ricomporrà probabilmente da solo .
Ciononostante, gli Stati Uniti potrebbero ancora evidenziare la riduzione delle importazioni di India e Cina sotto costrizione (la prima confermata dal suo principale acquirente e la seconda solo segnalata ) per sfatare il mito dei BRICS secondo cui tutti (in particolare il RIC) coopererebbero in armonia contro gli Stati Uniti, di cui Trump si è già lamentato in passato. Non importa che una simile guerra dell’informazione non avrebbe effetti tangibili sui processi globali, poiché per Trump ciò che conta è la percezione che gli Stati Uniti abbiano rotto l’unità dei BRICS (e in particolare del RIC).
Su questa nota, la Russia è specialeL’operazione non verrebbe limitata nemmeno nell’illusione politica che India e Cina si liberino presto delle sue risorse energetiche per sempre, dato che il Cremlino ha una cassa di guerra abbastanza grande da continuare a finanziare la sua parte nel conflitto almeno per i prossimi anni, anche se questo potrebbe comportare alcuni costi opportunità. La conclusione è che gli Stati Uniti stanno effettivamente strumentalizzando la geopolitica energetica nel tentativo di disgregare i BRICS, il che potrebbe avere successo in termini di immagine, ma questo non farà alcuna differenza sostanziale nella realtà.
Esteriormente è guidato da imperativi economici, ma in modo cruciale include obiettivi strategico-militari non dichiarati per quanto riguarda il consolidamento del ruolo previsto dell’India come custode del suo omonimo oceano.
Il mese scorso, il Progetto della Grande Isola di Nicobare (GNIP) ha attirato molta attenzione, mirando allo sviluppo dell’omonima isola nel territorio dell’Unione delle Isole Andamane e Nicobare in India, dopo che la leader del Congresso Nazionale Indiano Sonia Gandhi ha pubblicato un editoriale su The Hindu in cui lo criticava aspramente. Le sue critiche si concentrano principalmente sulle potenziali conseguenze ambientali, ignorandone l’importanza geostrategica, spingendo così il portavoce del partito al governo, il BJP, a chiedere retoricamente per conto di chi stia facendo pressioni contro il progetto.
Per contestualizzare, l’India ha adottato quella che definisce la politica “Act East” da oltre un decennio, dopo che il Primo Ministro Narendra Modi ha ridenominato la politica “Look East” nel 2014 per sottolineare le sue intenzioni proattive, volte a rafforzare in modo completo i legami tra il suo stato-civiltà e l’ASEAN. L’autostrada trilaterale con Myanmar e Thailandia avrebbe dovuto essere il progetto di punta di questa politica, ma ha incontrato difficoltà a causa dell’ultima fase della guerra civile in Myanmar . Il GNIP è ora considerato il nuovo progetto di punta.
Come ha scritto Savitri Mumukshu su X, “Trasformando le Grandi Nicobare in un porto d’altura, un aeroporto e un hub militare, l’India ottiene un punto d’appoggio strategico vitale a soli 160 km dallo Stretto di Malacca, un punto di strozzatura cruciale attraverso il quale transitano l’80% delle importazioni di petrolio della Cina e il 40% del commercio globale. Ciò consente all’India di monitorare il traffico marittimo, proiettare la propria potenza sull’Oceano Indiano orientale e utilizzare rapidamente risorse navali e aeree”. Alcune considerazioni saranno ora spese su questa intuizione alla luce del nascente riavvicinamento sino-indo-indiano .
A parte la retorica reciprocamente amichevole delle ultime settimane, Cina e India sono ancora autenticamente concorrenti, se non ancora rivali. L’unica cosa che è cambiata di recente è che ora sembra esserci un rinnovato interesse per una gestione responsabile delle tensioni al confine, in vista di una graduale crescita degli scambi commerciali bilaterali. Si tratta di un risultato significativo, considerando il cattivo sangue che si è accumulato tra i due Paesi dopo gli scontri mortali dell’estate 2020 sulla valle del fiume Galwan, ma nessuno dei due immagina ingenuamente che l’altro sia ora un partner fidato.
L’India pratica quella che può essere descritta come una politica estera iperrealista, nel senso che il suo Ministro degli Affari Esteri descrive esplicitamente gli interessi del suo Paese e cerca apertamente di promuoverli. Questo contrasta con la maggior parte dei diplomatici di alto livello dei Paesi, che di solito si limitano a accennare quali siano i propri interessi per poi perseguirli silenziosamente. Non c’è ambiguità quando si tratta di politica estera indiana. Il GNIP può quindi essere interpretato come un mezzo per controbilanciare quelle che considera le politiche egemoniche regionali della Cina.
Non ha importanza se gli osservatori condividano la valutazione dell’India sull’approccio regionale della Cina, poiché ciò che conta è che il GNIP sia destinato a diventare il nuovo fulcro della sua politica “Act East”. È apparentemente guidato da imperativi economici, ma include in modo cruciale obiettivi strategico-militari non dichiarati per quanto riguarda il consolidamento del ruolo previsto dall’India come custode del suo omonimo oceano. Questi non rappresentano una minaccia oggettiva per la Cina, ma mirano a controbilanciarla e scoraggiarla nel caso in cui le tensioni dovessero ripresentarsi in futuro.
Con tutte queste intuizioni in mente, sebbene alcuni critici del GNIP possano essere sinceramente animati da buone intenzioni, la loro difesa contro di esso danneggia inavvertitamente i grandi interessi strategici dell’India. La transizione sistemica globale verso la multipolarità è tale che grandi potenze come l’India stanno promuovendo in modo indipendente i propri interessi rispetto a grandi potenze come la Cina. Questo non è un segno dell’imminente ritorno dell’unipolarità, come alcuni membri della comunità dei media alternativi potrebbero temere, ma uno sviluppo naturale che stabilizza l’equilibrio di potere emergente.
Questi stati-civiltà sono leader regionali con visioni del mondo complementari.
Russia ed Etiopia hanno ampliato l’accordo bilaterale del 2017 sull’uso pacifico dell’energia nucleare firmando una tabella di marcia a fine settembre durante l’incontro tra i loro leader al Cremlino, che ha fatto seguito all’ultima Settimana Atomica Mondiale a Mosca. I loro Ministri degli Esteri si sono poi incontrati a Mosca la scorsa settimana. Questi sviluppi rappresentano l’ultimo rafforzamento dei loro legami, di cui i lettori possono saperne di più qui e qui , che rimandano ai report di due prestigiosi istituti di ricerca russi.
L’ambasciatore russo in Etiopia Evgeny Terekhin ha elogiato i loro legami in un’intervista rilasciata alla fine dell’anno scorso, che ha preceduto l’accordo di cooperazione navale di primavera , che non ha lasciato dubbi sulla sincera convinzione di Putin che la pacificazione del Primo Ministro Abiy Ahmed La ricerca dell’accesso al mare sarà realizzata. La firma della roadmap per l’energia nucleare è avvenuta poco dopo l’inaugurazione da parte di Abiy della Grande Diga della Rinascita Etiope e integra la sua politica volta al raggiungimento dell’autosufficienza energetica.
Questa sequenza di eventi conferma il sostegno di Putin alla grande visione strategica di Abiy per l’Etiopia. La scuola russa del multipolarismo insegna che i leader regionali, generalmente intesi come i Paesi più grandi della loro area geografica e spesso con una storica esperienza di leadership anche in quella regione, sono il fulcro dei processi multipolari odierni. Quelli che sono anche Stati-civiltà come l’Etiopia, ovvero Paesi che hanno lasciato un impatto socio-politico indelebile sugli altri, svolgono un ruolo ancora più importante.
Abiy prevede che l’Etiopia raggiunga l’autosufficienza energetica parallelamente al ripristino del suo storico accesso al mare, al fine di liberare appieno il potenziale economico del Paese, che a sua volta darà una spinta allo sviluppo dei suoi vicini relativamente più piccoli. L’obiettivo finale non è l'”egemonia”, come alcuni hanno temuto, ma la creazione di complesse interdipendenze reciproche che ridurranno le possibilità che i suoi vicini colludano con altri per dividere et imperare la regione. Questo è perfettamente in linea con la scuola russa del multipolarismo.
La sua grande visione strategica nella regione del Grande Corno è quindi simile a quella di Putin in alcune parti dell’ex Unione Sovietica, e il successo di entrambi accelererà i processi multipolari nei rispettivi continenti, facilitando così l’emergente Ordine Mondiale Multipolare. Le loro visioni del mondo allineate consolidano ulteriormente il già solido Partenariato Strategico russo-etiope e garantiscono che nessuno dei due si schiererà mai con gli avversari dell’altro, come i soliti noti hanno lasciato intendere nel tentativo di seminare discordia.
A questo proposito, sebbene ciascuno di essi abbia legami con alcuni avversari del partner, non lo fanno a scapito del partenariato strategico, né in alcun modo contro di loro. Questa osservazione sottolinea un’altra somiglianza tra Russia ed Etiopia, ovvero il loro pragmatismo e il rispetto per le relazioni dei partner con i paesi terzi, purché non danneggino i legami bilaterali. Questi approcci condivisi garantiscono in modo importante la prevedibilità e rafforzano la fiducia reciproca in questi tempi caotici.
Le intuizioni condivise in questa analisi dimostrano che il Partenariato Strategico Russo-Etiopia è in realtà un partenariato tra due stati-civiltà che mira ad accelerare la transizione sistemica globale verso una multipolarità complessa. Non si tratta di un accordo ordinario tra stati medi, ma di qualcosa di speciale. Di conseguenza, si prevedono in futuro altri accordi di punta, come la roadmap per l’energia nucleare, così come un numero sempre maggiore di paesi che emuleranno il loro modello di cooperazione reciprocamente vantaggioso, dato il successo ottenuto finora.
Gli ultranazionalisti ucraini potrebbero sfruttare il pretesto di una “guerra giusta e difensiva” per legittimare falsamente una campagna terroristica nella Polonia sudorientale, la cui terra considerano loro e i cui slavi orientali locali, a loro dire, sono stati sottoposti a pulizia etnica dopo la Seconda guerra mondiale, sulla base di “giustizia storica”.
La portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha recentemente coniato il soprannome “Osama Bin Sikorski” per il Ministro degli Esteri polacco Radek Sikorski, dopo che quest’ultimo aveva postato su X la sua speranza che l’Ucraina “riesca finalmente a distruggere” l’oleodotto Druzhba che rifornisce l’Ungheria. Questo in risposta alle critiche del suo omologo ungherese, Peter Szijjarto, alla sentenza di un giudice polacco sul sospetto del progetto Nord Stream, che ha fatto infuriare il suo Paese per le ragioni spiegate qui .
L’incitamento al terrorismo di Sikorski, che è ciò che la Russia considera il suo post sopra menzionato, ha suscitato la condanna di Viktor Orbán. Ha scritto su Facebook che “Il governo polacco è in preda alla psicosi bellica. Vogliono distruggere la millenaria amicizia tra Ungheria e Polonia”. Gli osservatori occasionali non lo sanno, ma Ungheria e Polonia hanno un millennio di storia comune e sono partner stretti da oltre 700 anni, di cui i lettori possono approfondire l’argomento qui e qui .
È quindi particolarmente scioccante per gli ungheresi vedere il massimo diplomatico polacco esortare l’Ucraina a far saltare in aria l’oleodotto che rifornisce il loro Paese, il che danneggerebbe finanziariamente entrambi i Paesi in caso di successo. Oltre a rappresentare un danno autoinflitto all’immagine della Polonia, tuttavia, la posizione di Sikorski rischia pericolosamente di ritorcersi contro di loro dopo la fine del conflitto ucraino , se la competizione tra i due dovesse intensificarsi, come previsto dal principale consigliere di Zelensky, Mikhail Podalyak, nell’estate del 2023. Ecco alcuni briefing di base:
In sintesi, gli ultranazionalisti ucraini rivendicano le zone sud-orientali dell’attuale Polonia che chiamano ” Zakerzonia “, riferendosi a ciò che considerano territorio tradizionalmente ucraino (o almeno slavo orientale) oltre la Linea Curzon. I vari stati ucraini di breve durata emersi subito dopo la Prima Guerra Mondiale dichiararono queste terre proprie, ma alla fine furono annesse alla Seconda Repubblica Polacca tra le due guerre. Gli ucraini locali perpetrarono poi il genocidio di alcuni polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale.
L'”Esercito insurrezionale ucraino” che in precedenza aveva genocidiato i polacchi e aveva collaborato con Hitler in seguito combattécontro le nuove autorità comuniste in quest’area, che era stata poi riconfermata polacca. In risposta, gli slavi orientali locali furono inviati nella Repubblica Socialista Sovietica Ucraina o reinsediati in quelli che la Polonia chiama “Territori Recuperati”, quest’ultima operazione avvenuta tramite l'” Operazione Vistola “, che gli ultranazionalisti ucraini considerano una “pulizia etnica”. Questa percezione riporta tutto al presente.
La sentenza del giudice polacco secondo cui la presunta orchestrazione dell’attacco al Nord Stream da parte dell’Ucraina non sarebbe criminale, poiché avvenuta nel contesto di una “guerra giusta e difensiva”, e l’incitamento al terrorismo di “Osama Bin Sikorski” con questo pretesto, potrebbero rendere la Polonia un bersaglio per gli ultranazionalisti ucraini. Basterebbe che questi ultimi presentassero la loro insurrezione terroristica come una forma di “giustizia storica” per le loro “terre rubate” e il loro popolo “etnicamente ripulito”, e la caccia ai polacchi sarebbe di nuovo aperta, proprio come 80 anni fa.
La triplice risposta della NATO all’ultimo allarme russo aumenta il rischio di una guerra più grande
Questo potrebbe essere evitato se la Polonia, che comanda il terzo esercito della NATO e il cui nuovo presidente non ha escluso di parlare con Putin se la sicurezza del suo Paese dipendesse da questo, non si lasciasse manipolare per partecipare a eventuali provocazioni o appoggiare i responsabili.
L’incidente sospetto di un drone russo sopra la Polonia, avvenuto all’inizio di settembre, e la successiva affermazione dell’Estonia che i jet russi avevano ha violato il suo spazio aereo marittimo, e Il recente allarme dei droni russi in Scandinaviasono responsabili del fatto che la NATO abbia preso in considerazione una risposta a tre punte lungo il suo fianco orientale secondo il Financial Times. Le loro fonti indicano che ciò potrebbe assumere la forma di armare i droni di sorveglianza, razionalizzare le regole di ingaggio per i piloti di cacciae di tenere esercitazioni della NATO proprio al confine del blocco con la Russia.
I primi due comportano evidenti rischi di escalation, poiché operatori o piloti dal grilletto facile potrebbero provocare una grave crisi di sicurezza internazionale se sparano contro (e tanto meno abbattono) droni o jet russi. Questo vale soprattutto se ciò avviene nello spazio aereo internazionale o, in particolare, all’interno di quello russo. Per quanto riguarda l’ultimo punto, la valutazione della minaccia della Russia aumenterebbe durante la durata di queste esercitazioni, poiché potrebbero essere una copertura per l’aggressione, compresa l’aggressione ibrida tramite droni e/o mercenari.
Il disturbo della NATO potrebbe anche portare i droni russi a deviare oltre il confine come in questa analisi. quiProbabilmente è responsabile del già citato incidente sospetto sulla Polonia. In questo scenario, la NATO potrebbe avere il pretesto per un’escalation (forse pre-pianificata) contro la Russia, che potrebbe facilmente sfuggire al controllo se non prevale il sangue freddo. Il Financial Times ha osservato che “un cambiamento potrebbe non essere comunicato pubblicamente”, per cui una crisi potrebbe scoppiare senza alcun preavviso se la NATO fa una mossa sbagliata.
La comunicazione è fondamentale per evitare che ciò accada, ma la Polonia rifiutatoLa proposta della Russia di discutere l’incidente sospetto di settembre con un drone e la portavoce del Ministero degli Esteri Maria Zakharova recentemente condannatoper aver annullato i visti degli esperti russi in vista di una riunione dell’OSCE a Varsavia. La Polonia aspira a rivivere il suo status di Grande Potenza perduto, e il mese di settembre è stato storico in questo senso, come si spiega quiche rianimerebbe la sua secolare rivalità con la Russia a scapito della stabilità regionale.
Ci sono tre fronti in cui la Polonia potrebbe applicare una, alcune o tutte e tre le parti della risposta a tre punte della NATO all’ultimo allarme russo: Kaliningrad, Bielorussia e/o Ucraina. Comanda anche Il terzo esercito più grande della NATOe non ha intenzione di rallentare la sua militarizzazione senza precedenti, per cui la sua leadership politico-militare potrebbe sentirsi incoraggiata a testare un giorno le linee rosse della Russia. Questo potrebbe portare a una guerra tra NATO e Russia, se un aereo russo venisse abbattuto. secondo l’ambasciatore russo in Francia.
Il nuovo presidente polacco Karol Nawrocki ha saggiamente deciso di non rischiare, rifiutando di imporre una no-fly zone su parte dell’Ucraina dopo l’incidente di settembre. nonostante la pressionedal suo Ministro degli Esteri. In seguito si è scoperto che il governo ha mentito sulla responsabilità russa per i danni inflitti a un’abitazione, dopo che è stato rivelato che la colpa era di un missile della NATO. Inoltre gli ha nascosto questo fatto. Forze dello Stato profondo, forse presto in collusione con l’Ucraina, vogliono chiaramente scatenare un’altra guerra polacco-russa.
Dato che Nawrocki ha recentemente non ha esclusoSe la sicurezza della Polonia dipendesse da Putin, egli potrebbe farlo in caso di crisi, invece di lasciarsi fuorviare dalle forze dello Stato profondo, in particolare dalla coalizione di governo liberal-globalista e dai loro alleati militari e di intelligence che hanno appena cercato di manipolarlo per portarlo alla guerra. Senza il coinvolgimento diretto del terzo esercito della NATO in qualsiasi crisi potenzialmente imminente, sia essa provocata dallo Stato profondo polacco o dagli Stati baltici, una guerra NATO-Russia potrebbe essere evitata.
Il “fronte” in Ucraina sta cedendo , non rapidamente ma sempre più velocemente. Anche il “fronte interno” sta cedendo in Ucraina; l’ intensità e la continuità degli attacchi russi alle infrastrutture ucraine ha raggiunto livelli mai visti prima e l’ inverno si preannuncia molto duro e con cattive prospettive per il futuro.
In pratica stiamo per arrivare al punto critico delle “decisioni fatali” che “l’ occidente” in generale e la NATO-€uropa in particolare dovranno prendere.
Continuare la guerra o ammettere la sconfitta strategica con tutte le inevitabili conseguenze?
E se verrà scelto di “continuare”, cioè di “rilanciare”, come farlo?
Provocare direttamente la Russia , in Transnistria come nel Baltico o a Kaliningrad, o più semplicemente “ entrare” in Ucraina attestandosi in modo strategico per puntallarvi il cadente NATO-regime ?
Ma in entrambi i casi quale poi sarà la reazione russa? Su questo i NATOnanetti non si esprimono in pubblico al di là della solita retorica bellicistica e la solita granitica convinzione di poter “ uniti sconfiggere la Russia”; ma è evidente che ognuno sotto sotto ne valuta le possibili conseguenze e possibilità per se stesso.
Ad esempio è evidente che la Germania stia cogliendo la possibilità di un gigantesco riarmo e di rilanciare la propria industria convertendola in militare; tutto questo avrà certamente gravi conseguenze per gli altri “soci del club”
E infatti già è evidente il solito “gioco inglese” nel nascondersi dietro a questo riarmo offrendo alla Germania il suo “scudo atomico”, una garanzia che già inquieta la solita sventata Polonia e la solita Francia megalomane; tanto megalomane da mandare presto , pare , la sua legione straniera a “tenere” Slaviansk.
Ma proprio perché questo “occidente” sembra voler fare “all in “ convinto che comunque la Russia non reggerà “il bluff” e che questa sacra alleanza, in un atto di disperato avvertimento, dichiara tutti i propri assi nella speranza di non doverli poi calare per forza.
Effettivamente se la Russia, al contrario del “l’ occidente”, non è in “disperazione strategica”, ha comunque davanti a sé un grave “dilemma strategico”: quando e come calare i propri “ assi” per far capire ad una massa di decerebrati che la Russia NON può perdere?
Uno di questi “assi, l’ oreskin, è stato già calato una volta con scarso effetto deterrente. Eppure è un “asso” importante e ho già spiegato una volta il perché . L’ oreskin può convertire “in avanti” tutta l’ energia cinetica accumulata dal gigantesco razzo nella sua fase di spinta e quindi “bucare” qualunque cosa come fa una lancia termica nell’ acciaio, di fatto penetrando per molte decine di metri qualunque bunker sino a provocarne il collasso per l’ intensità della scossa sismica indotta. Di fatto così i russi hanno dimostrato di potere distruggere “convenzionalmente” qualunque centro di comando in tutta l’ €uropa sigillandoci dentro tutti gli “alti papaveri”.
Risultato ? Nessuno se ne è preoccupato , tanta è la convinzione che la Russia NON vuole la guerra e che tratterà qualunque accordo per evitarla
Gli altri due “ assi” invece sono solo stati dichiarati e come tali tutti li hanno presi come una “boutade” dimenticando che , al contrario degli americani che dichiarano sempre quello che non hanno , i russi tendono sempre a negare anche quello che effettivamente hanno in mano.
E questi sarebbero due “assi” veramente impressionanti.
Vediamo il primo , il buresnivik , forse quello dei due più impressionante per le difficoltà tecniche che sarebbero state superate e per le implicazioni che esso avrebbe nelle future avventure spaziali. In sostanza i russi avrebbero costruito un minireattore nucleare in grado di accendersi e spengersi come un normale motore a combustione e la cui energia viene convertita tutta in energia termica e questa ultima poi convertita in energia cinetica per produrre , come in un motore a reazione, la spinta necessaria al volo; il tutto posto in un missile di medie dimensioni poco più grande di un normale missile da crociera , ma in grado di volare indefinitamente portando carichi ben superiori fino ad una singola testata da un megatone.
Questo missile può fare quindi molto più di un Oreskin; ad esempio può , senza essere nemmeno visto, arrivare su Washington e distruggere l’ intero sistema di comando americano anche se fosse posto nei megasuperbunker che Trump sta costruendo sotto la Casa Bianca.
Questo missile può anche fare la stessa cosa a qualunque megasuperbunker che la cabala globalista sta costruendo nei più recessi anfratti australi.
Il terzo è solo l’ evoluzione della idea di Sakarov di 70 anni fa, e si basa sulla semplice constatazione che mentre la Russia è una “potenza di terra” i suoi nemici sono tutti “ potenze di mare” che potrebbero essere spazzati via da “supermine atomiche” poste ad opportuna distanza dalle coste nemiche ed in grado di sollevare uno tzunami di centinaia di metri di acqua radioattiva.
E la super bomba di Sakarov fu effettivamente realizzata ma non si sa se le coste americane siano state mai effettivamente minate .
Quello che invece ci dicono ora i russi è che con il loro Poiseidon possono portare in modo non rilevabile queste supermine da 100MT in poco tempo sino ad espoldere per ritorsione nei siti previsti; ad esempio, lanciandola dal Mar di Barents per “consegnarla” in 12 ore all’ Inghilterra onde concellarla per sempre dalla storia umana.
Serviranno questi continui avvertimenti ? No, perché questi giocatori d’ azzardo si beano nella loro convinzione suprema che la Russia , visto che lo ha già fatto una volta, alla fine cederà alla loro pressione senza reagire .
E allora che deve fare la Russia? Ora non gli resta altro che dare un grosso schiaffo ad un €uroimbecille e vedere “l’effetto che fa “.
E di €uroimbecilli ce n’è in abbondanza; sarà fatto certamente e nel modo più opportuno , ma solo quando questo diverrà assolutamente necessario.
E quel “quando” sta diventando sempre più vicino.
Quindi io consiglierei a Giorgia quando dovrà pronunciarsi nei relativi NATO -meetings il classico “ andate avanti voi…”.
Di ilsimplicissimus il 30 ottobre 2025 Si dice che le guerre siano un forte stimolino al progresso tecnologico o quanto meno portino ad accelerare ricerche e soluzioni in tempi più molto più brevi del normale. Forse non è sempre così, ma nel caso della guerra ucraina è qualcosa di visibile, sebbene quasi solo da una parte, quella della Russia, il cui potenziale era finora rimasto inespresso: uno straordinario avanzamento nel campo dei droni e dei missili ipersonici, oggi molto più manovrabili di prima, nuove armi come l’Oresnik che con esplosivi convenzionali ha la stessa potenza distruttiva di una piccola atomica. E adesso il Burevestnik. un missile a propulsione nucleare che può volare per molti giorni e colpire dovunque. Naturalmente la propaganda Nato, incapace di vere novità in campo bellico, minimizza, e tuttavia la quasi totale maggioranza delle persone, anche di quelle che si informano al di furi del mainstream, non ha colto la rivoluzione che si nasconde dietro questa nuova arma russa: il motore nucleare è la chiave dello spazio.Per quanto ragazzi brufolosi e ignari si esaltino per Space X e per le favole raccontate da Musk – che peraltro ha mandato in aria i suoi primi razzi servendosi di motori dell’era sovietica rimasti in magazzino – non sarà con motori a razzo chimici che si andrà su Marte e figuriamoci su altri pianeti e planetoidi del sistema solare. Essi servono per principalmente per trasportare carichi utili in orbite prossime alla Terra, non più di 35 mila chilometri o al massimo sulla Luna, a spingere una qualche minuscola navicella automatica. ma per la cosiddetta esplorazione dello spazio ci vuole ben altro. E questo altro lo ha mostrato la Russia. Il reattore del missile Burevestnik ha infatti una potenza paragonabile a quella di di un sottomarino nucleare, ma è mille volte più piccolo e soprattutto non ha bisogno di giorni o settimane per entrare in funzione, ma si attiva in brevissimo tempo, anche secondi, e può rimanere in funzione per un lungo periodo di tempo. Meno di un anno fa il direttore generale di Roscomos, l’agenzia russa dello spazio, Yuri Borisov, aveva abbozzato l’immagine di “rimorchiatori nucleari” per l’esplorazione dello spazio profondo e aveva annunciato che tali mezzi spaziali erano in fase di progettazione. Tuttavia, come al solito gli occidentali, non gli hanno dato retta, pensando che sognasse, mentre erano loro a dormire di fronte alla realtà: di fatto la nave spaziale a propulsione nucleare Zeus è già in fase di progettazione e di costruzione per quanto riguarda alcuni moduli. Insomma l’uso bellico di questi sistemi è solo un capitolo secondario di una tecnologia di base per i viaggi spaziali che gli americani avevano invano sperimentato anni fa senza tuttavia riuscire ad miniaturizzare i motori nucleari, cosa che invece i russi sono riusciti a fare. E la stessa cosa si potrebbe dire dei missili ipersonici. La guerra ucraina e il gioco a scacchi della geopolitica sta nascondendo il fatto che siamo di fronte a una svolta storica che riscrive innanzitutto il futuro dell’esplorazione spaziale non più legata a piccole navicelle con celle anguste per risparmiare al massimo carburante e rifornimenti. Naturalmente dovranno essere approntate piattaforme spaziali da dove far partire le navi verso i pianeti del sistema solare che oggi sono realmente alla nostra portata e non soltanto parole sui romanzi di fantascienza. Ma è quasi impossibile delineare le possibili ricadute in tutti i campi di un motore nucleare, piccolo, leggero ed accensione rapida: esse sono potenzialmente infinite e non mancheranno di certo gli utilizzi terrestri e civili di questa nuova tecnologia. Il fatto che qualcosa di così cruciale non sia nato in Occidente la dice lunga sul cambiamento degli assetti planetari e sul declino occidentale. È vero che la Russia è stata per almeno due decenni in testa alla corsa spaziale, prima di essere sconfitta da Hollywood (intelligenti pauca) ma questo è avvenuto grazie a tecnologie che erano state sviluppate nella Germania nazista e dal fatto che Mosca si era accaparrata i migliori scienziati in questo campo, mentre agli americani era rimasta la serie “b”. Però adesso gli incredibili sviluppi avvengono al di fuori e anzi con il contrasto attivo degli occidentali. In questo quadro appare davvero patetico l’invio in Ucraina di 2000 soldati della Legione straniera, un corpo militare fondato per le guerre coloniali e che in questo senso esprime da una parte la permanenza fuori tempo delle pulsioni occidentali, e dall’altra una sempre più marcata arretratezza.
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Non seguo molto la copertura mediatica tradizionale della guerra in Ucraina – lascio questo compito a chi ha lo stomaco più forte – ma è impossibile ignorare i due messaggi contrastanti e confusi che trasmettono sulle possibilità di porre fine a quella guerra in modo più o meno pacifico. Da un lato, “parlare con Putin” dovrebbe essere un crimine capitale, e qualsiasi mossa che suggerisca che l’Occidente lo faccia è una forma di tradimento. Dall’altro, armi miracolose più nuove e migliori devono essere inviate in Ucraina per “costringere Putin al tavolo dei negoziati”.
Non cercherò di conciliare questi messaggi, perché non credo sia possibile, e comunque sarebbe uno spreco di energie. Piuttosto, li tratterò entrambi – e altri argomenti di cui parlerò – come esempi della fondamentale incoerenza, del narcisismo e della superficialità di pensiero e di espressione che caratterizzano l’attuale Casta Professionale e Manageriale (PMC), inclusi i leader politici e coloro che li consigliano e scrivono su di loro. Affrontiamo prima questo aspetto, poi torneremo all’Ucraina e ad altri luoghi.
In generale, le classi dominanti nella storia hanno avuto una propria ideologia. Spesso si trattava di un’ideologia di autoconservazione e autogiustificazione, basata sulla convinzione di essere idonei o legittimati a governare, e talvolta supportata dalla dottrina religiosa. Quindi la legittimità di Re Abdullah II di Giordania, come quella dei suoi quaranta antenati, si basa sull’essere un discendente diretto del Profeta Maometto e, naturalmente, l’Islam ha fornito l’ideologia. In tempi più recenti, con il progressivo passaggio di moda dei Governanti Naturali, l’ideologia propriamente intesa ha sostituito la sanzione divina o consuetudinaria, non solo come segno di legittimità, ma come fonte comune di valori, punto di riferimento e guida di comportamento per la classe dominante nel suo complesso. Esempi evidenti includono la tradizione rivoluzionaria/repubblicana in Francia, i regimi conservatori/religiosi/militari di Franco o Pinochet, l’ideologia socialista di molti stati, il comunismo dopo il 1917 e la Cina odierna. Naturalmente, tali ideologie non sono mai del tutto dominanti e raramente vengono messe in discussione. Non escludono dispute tra fazioni e persino conflitti aperti, e molte di esse finiscono per crollare e morire. Ma almeno forniscono un insieme di dottrine ragionevolmente coerenti e un contesto per le argomentazioni politiche.
In Occidente nel suo complesso, non abbiamo avuto un contesto coerente di questo tipo dopo la Riforma, ma almeno fino a poco tempo fa era possibile identificare modelli di pensiero condivisi e comprendere perché un partito di sinistra si comportasse generalmente in modo diverso da un partito di destra una volta al potere. Non è più così, ma non c’è stata nemmeno una sua sostituzione generalizzata con un’ideologia organizzata di liberalismo sociale ed economico estremo, sebbene ne faccia parte. Piuttosto, l’attuale classe dirigente occidentale, come il Partito in 1984, non ha un’ideologia in senso tradizionale. È interessata al potere e alla ricchezza, e ha fazioni ossessionate da vari obiettivi e cause sociali, ma è incapace di pensare in modo coerente e non ne vede realmente la necessità. La classe dirigente odierna si considera meno come Governante che come Dirigente, con tanto di ingialliti libri di testo per l’MBA. I leader di partito possono parlare pubblicamente dei “nostri valori” nel tentativo di giustificare le proprie azioni, ma queste dichiarazioni raramente vanno oltre le banalità e raramente riflettono le tradizioni e le ideologie di un particolare partito o movimento. In effetti, la maggior parte dei partiti della Sinistra Nozionale, ad esempio, si vergogna delle proprie convinzioni e azioni passate e cerca di prenderne le distanze il più possibile.
Ciò che ha sostituito la vera ideologia come base per decisioni e politiche è una sorta di insieme collettivo e spesso arbitrario di regole e consuetudini, come quelle che si trovano nel cortile di una scuola. Queste regole e consuetudini non devono essere necessariamente coerenti, ma la loro applicazione è comunque spietata e la pena per la deviazione è l’espulsione: un altro paragone, più moderno, potrebbe essere un gruppo sui social media. Infatti, poiché il PMC si è allontanato così tanto dalla vita e dalle preoccupazioni della gente comune, tutto ciò che conta sono gli applausi e i “Mi piace” all’interno della comunità stessa. La politica è diventata estetica: il risultato effettivo non conta, purché sia bello e attraente per i membri del PMC. Le minacce di guerra, ad esempio, ti fanno apparire forte e migliorano il tuo status all’interno del gruppo. Non sono pensate per essere prese sul serio. Un simile quadro mentale non produce, e non può produrre, alcuna coerenza, ma poiché è essenzialmente un quadro creato internamente, che non dipende affatto dal mondo esterno, questo non ha importanza. Il risultato (come nell’esempio iniziale) non è nemmeno il bipensiero orwelliano: è solo un ammasso di idee senza coerenza, perché la coerenza è uno sforzo troppo grande e, in ogni caso, a chi importa?
Questo deprimente stato di cose ha origine da due processi. Uno è la natura sempre più omogenea dell’attuale classe dirigente: il PMC. Questo è praticamente senza precedenti nei sistemi politici multipartitici, o persino nelle oligarchie. Nell’Europa del diciannovesimo secolo, ad esempio, non solo la politica era divisa in fazioni di classe in competizione tra loro, che potevano entrare in conflitto effettivo, ma la religione organizzata era ancora un attore, e c’erano aspre controversie sulla politica commerciale, sul valore o meno delle colonie, sulla legislazione sociale, sull’istruzione, sul suffragio elettorale e su quasi tutto il resto. Questi conflitti derivavano direttamente dai diversi background dei principali attori: proprietari terrieri aristocratici, leader sindacali, società missionarie politicamente potenti, leader ecclesiastici reazionari, rivoluzionari, commercianti della classe media, ricchi banchieri… che formavano e rompevano alleanze di convenienza a seconda dell’argomento. L’espansione del suffragio portò alla nascita di nuovi partiti politici e parlamentari con background molto diversi. E i mass media dell’epoca – essenzialmente la carta stampata – erano di ogni forma e dimensione, e molti di coloro che vi scrivevano erano brillanti diplomati che avevano imparato ciò che sapevano con l’esperienza e il duro lavoro. Persino i corrispondenti esteri avevano spesso vissuto nella loro regione per molti anni. Quella che oggi chiamiamo la classe dei commentatori multiuso esisteva a malapena. Gli esperti tendevano ad essere veri esperti: la Royal Africa Society di Londra, ad esempio, nacque dall’opera di Mary Kingsley, una scrittrice ed esploratrice che viaggiò molto in Africa prima della sua prematura scomparsa e scrisse diversi libri polemici a sostegno delle cause africane.
A sua volta, questa omogeneità galoppante era essa stessa il prodotto di modelli educativi in evoluzione. È comune descrivere l’espansione dell’istruzione universitaria a partire dagli anni ’80 come un aumento delle opportunità, ma in realtà era spesso il contrario. Accompagnò, e in alcuni casi portò direttamente a, una riduzione della formazione professionale e tecnica, e la feticizzazione di tre anni di istruzione elitaria surrogata invece di imparare effettivamente a fare qualcosa. Portò a una dequalificazione della società nel suo complesso e, a tempo debito, all’avvento di una classe dirigente generalista, qualificata ma non realmente istruita. Ma i numeri erano importanti, e abbastanza rapidamente questi cambiamenti educativi produssero un restringimento significativo nelle origini della classe politica e del PMC stesso. Coloro che avevano frequentato università minori non aspiravano ad altro che a scimmiottare coloro che avevano frequentato università più grandi. Socializzavano, si sposavano tra loro e lavoravano insieme e per gli altri, condividendo gli stessi valori e obiettivi vagamente articolati, felicemente ignari per la maggior parte di come funzionasse realmente il mondo. Le loro prospettive di carriera, la loro vita sociale e persino le potenziali relazioni sentimentali dipendevano di conseguenza dall’obbedienza a codici complessi e non scritti stabiliti dai loro immediati predecessori.
Si sviluppò così una classe dirigente, con i suoi parassiti e lacchè associati, probabilmente unica nella storia per la sua fragilità e la mancanza di una vera ragione d’essere, se non il potere. Era troppo frammentata per aver sviluppato un’ideologia guida e assorbì, anziché studiare, una serie di comandamenti ideologici spesso non correlati, ai quali era necessario obbedire formalmente se si voleva andare avanti nella vita. Ma a differenza delle rigide ideologie religiose e politiche del passato, ben poco della pseudo-ideologia del PMC è mai stato sintetizzato e insegnato. Anzi, poiché in realtà non è altro che una sorta di vago liberalismo economico e sociale con interruzioni dovute a interessi particolari, non può proprio esserlo. (Dopotutto, il liberalismo stesso era piuttosto incoerente anche nei periodi migliori.)
Il risultato è che oggi le decisioni vengono prese e influenzate da persone che vivono di vaghe idee, non contaminate dall’esperienza concreta. E i tradizionali “poteri di bilanciamento” che nella teoria liberale dovrebbero controbilanciare chi detiene il potere si rivelano essere sempre le stesse persone. (Gli standard del giornalismo sono precipitati con la crescita delle scuole di giornalismo professionalizzanti. Sarebbe interessante sapere qual è il collegamento, dato che chiaramente esiste). Quindi, se potessimo inviare un drone a spiare una cena di una società privata in un quartiere alla moda di una grande città occidentale, vedremmo politici, giornalisti, avvocati, operatori di ONG, pensatori di carri armati, giornalisti, consulenti, banchieri ed esperti, tutti mescolati insieme, tutti a ripetersi le stesse cose. Una visione infernale, per certi versi.
Ciò che rende la situazione ancora peggiore è che non si tratta solo di una classe dirigente economica: la ricchezza, di per sé, non è sufficiente per entrare. È una sorta di nomenklatura, come quella praticata nella vecchia Unione Sovietica e oggi in Cina. Il punto chiave è che questa nuova classe oltrepassa e oscura la tradizionale separazione dei poteri e delle funzioni della politica democratica. Così, politici, funzionari pubblici, giudici, giornalisti, dirigenti di ONG, persino alti funzionari di polizia e dell’intelligence, costituiscono ora non più centri indipendenti di potere e influenza, ma un enorme diagramma di Venn di presupposti e convinzioni ampiamente sovrapposti, legati da legami sociali e commerciali. A sua volta, ciò deriva in parte dall’abbattimento delle tradizionali barriere tra servizio pubblico e accumulazione privata, e in parte dalla crescita delle famiglie delle grandi società private, dove il pranzo di Natale può mettere uno accanto all’altro un giudice, un ministro, un giornalista, un avvocato per i diritti civili, un ricco banchiere e un consulente internazionale, tutti legati da parentela o matrimonio. E il banchiere potrebbe essere stato un ministro, il consulente potrebbe essere stato un funzionario pubblico, il giudice potrebbe avere ambizioni politiche. (Se leggete l’apprezzabile sito Naked Capitalism , avrete familiarità con i ritratti piuttosto terrificanti del potere e dell’influenza incestuosi in Gran Bretagna forniti dal Colonnello Smithers, dotato di conoscenze sovrannaturali.) Ecco perché è ingenuo parlare di media o think tank “istruiti” a dire questo o quello, ad esempio sull’Ucraina. È così che la pensano queste persone: fanno tutti parte della stessa nomenklatura.
Per molti versi non è una sorpresa. La depoliticizzazione della politica, di cui ho parlato più volte, fa sì che i sistemi politici occidentali assomiglino sempre di più a quelli di alcune parti dell’Africa occidentale, dove la politica si limita semplicemente all’accesso a opportunità predatorie di potere e arricchimento, utilizzando i blocchi di potere etnici come munizioni. Un nuovo Presidente sostituirà non solo giudici e capi delle forze di sicurezza, ma anche il Direttore della TV e della radio nazionali e il capo della Banca Nazionale. Ironicamente, l’Occidente è per molti aspetti più avanti rispetto a questi paesi africani: il PMC ha preso il controllo tanto del discorso d’élite del paese quanto della sua ricchezza. E noi pretendiamo di impartire loro delle lezioni, come ho spiegato di seguito.
Una delle principali differenze tra le PMC occidentali di oggi e le élite del passato è che, mentre in passato la classe dirigente cercava soprattutto di mantenere il proprio dominio e resistere al cambiamento, la classe dirigente odierna crede in un cambiamento incessante. Ora, una delle ragioni di ciò sono gli interessi professionali e finanziari delle PMC: se non è in bancarotta, non si guadagna nulla riparandola, né discutendone in tribunale, né scrivendo commenti feroci al riguardo. Ma gran parte di ciò è da ricercare anche nell’influenza della versione insipida del liberalismo sociale ed economico che occupa lo spazio nella mentalità delle PMC dove normalmente ci si aspetterebbe di trovare un’ideologia. Questa non è altro che un’ossessione per una libertà personale sempre maggiore per coloro che hanno il potere e il denaro per esercitarla, e una coercizione sempre maggiore per coloro che si oppongono a questa ideologia. (Il paradosso per cui il liberalismo richiede un imponente apparato coercitivo per imporre la sua ideologia di libertà è stato ampiamente notato nelle ultime generazioni.)
Questa ideologia è spesso considerata, e ancor più spesso descritta, come “Progresso”, soprattutto nella sua dimensione sociale, ma ho coniato il termine piuttosto sgradevole di “Recentismo” per descrivere ciò che penso stia realmente accadendo. In sostanza, il PMC è costituito da molte fazioni che coesistono in modo scomodo, il cui interesse collettivo è salvaguardato dall’accettazione, da parte di ciascuna, degli obiettivi e delle priorità delle altre, anche a rischio del tipo di incoerenza descritto sopra. Pertanto, quando una parte del PMC riesce a imporre un “cambiamento”, altre parti, con maggiore o minore entusiasmo, si schierano inconsapevolmente a suo favore. Un esempio potrebbe essere il matrimonio omosessuale: appena preso in considerazione vent’anni fa, è stato adottato come attuale pietra di paragone del PMC per essere “moderno” e quindi virtuoso. Gran parte del PMC è, nella migliore delle ipotesi, indifferente all’idea, ma in quanto qualcosa di recente e quindi definito “moderno”, deve essere sostenuto. Al contrario, qualsiasi cosa non codificata come “moderna”, soprattutto se codificata come “tradizionale”, è automaticamente sospetta e negativa. In linea di principio, la cultura che non rispecchia l’attuale ideologia, la religione, il patriottismo e le strutture sociali obsolete sono tutte negative, o quantomeno discutibili. Certo, stabilire se un’idea o una pratica sia recente non è un’euristica molto valida per decidere se sia accettabile, ma se questa è l’unica euristica che hai (ed è l’unica che il liberalismo abbia mai avuto), è quella che ti ritrovi con. D’altra parte, andiamo a quella rappresentazione del Flauto Magico , siamo interessati al Buddismo Zen, tifiamo per la nostra nazionale di calcio e facciamo un ritiro spirituale in un paese dove le cose sono meno stressanti. Ci contraddiciamo? Benissimo, allora ci contraddiciamo. Conteniamo moltitudini e abbiamo il controllo.
Il Recentismo Irrazionale è ovviamente uno sviluppo del classico pensiero liberale teleologico, basato sull’idea che tutto ciò che è nuovo è necessariamente migliore di ciò che è vecchio. (Ciò richiede il tipo di riscrittura della storia moderna di cui ho parlato altrove.) Nella sua forma più organizzata, questa idea è chiamata – o almeno era chiamata – Teoria della Modernizzazione, e una sua versione volgarizzata è alla base dell’approccio incoerente del PMC al mondo esterno, inclusa la crisi in Ucraina, così come ad aspetti della politica interna.
La Teoria della Modernizzazione ebbe origine negli anni ’50 e ’60, al culmine della pace e della prosperità del dopoguerra, e fu di fatto la teoria sociologica dominante dell’epoca. Concepita sia a livello micro, familiare e lavorativo, sia a livello macro, sociale e governativo, e ispirandosi alle intuizioni di figure come Marx, Durkheim e Weber, vide le società evolversi costantemente verso una situazione “moderna” di democrazia liberale, libertà personale e prosperità economica. Sebbene battuta dall’esperienza, la teoria resistette, per essere poi ripopolarizzata, seppur in forma caricaturale, da Francis Fukuyama, l’ uomo della Fine della Storia . E se l’accettazione accademica della teoria è ormai svanita , almeno nella sua forma più grezza, essa continua a esercitare una forte influenza sul pensiero degli ambienti del PMC e a fondare gran parte dell’attuale politica occidentale.
Era una teoria soddisfacente perché era teleologica, in contrapposizione alle teorie statiche di altre epoche, e perché implicitamente l’Occidente era il punto di riferimento, l’avanguardia del futuro. Tutto ciò che le altre società dovevano fare era copiare le innovazioni politiche e sociali dell’Occidente. Quelle che non lo fecero, combatterono contro il corso della storia e agirono persino contro gli interessi del loro popolo e del loro Paese. Così, negli anni ’60, ogni importante governo occidentale istituì un Ministero dello Sviluppo e inviò personale a sviluppare gli altri. Si credeva che lo sviluppo fosse inevitabile e necessariamente nella direzione già intrapresa dall’Occidente, ma poteva ancora ricevere una mano. Non c’era motivo, ad esempio, per cui l’Africa non potesse compiere il balzo da una società prevalentemente agricola a una industrializzata di tipo occidentale in un paio di generazioni, e i documenti dell’epoca dipingevano un quadro abbagliante dell’Africa del 2020, difficilmente distinguibile dall’Europa. Le nazioni africane furono incoraggiate a dedicarsi alla produzione di colture commerciali per l’esportazione, per generare fondi per una rapida industrializzazione. Allo stesso tempo, ci si aspettava che altri rapidi sviluppi e l’urbanizzazione avrebbero portato all’ascesa di una classe media di stampo occidentale e di una democrazia parlamentare liberale. Va aggiunto che la prima generazione di leader indipendentisti africani era totalmente devota alla Teoria della Modernizzazione e si proponeva di creare stati e società secondo i modelli occidentali (e talvolta sovietici) a tutta velocità.
Il fatto che questo non abbia funzionato è dovuto solo in parte alla deregolamentazione dei prezzi delle materie prime negli anni ’80, che ha causato danni così gravi alle economie africane. La realtà è che la Teoria della Modernizzazione era un concetto irrimediabilmente imperfetto e ha ripetutamente fallito nella sua applicazione. Eppure, come molte idee fallite, ha vissuto un’esistenza fantasma per alcuni decenni, e il suo cadavere ha ricevuto un breve elettroshock dopo la fine della Guerra Fredda. Nel mondo accademico, naturalmente, le cattive idee non muoiono mai del tutto: vengono solo riconfezionate come nuove, spesso, addirittura, con l’aggiunta del prefisso “neo”. C’era troppo capitale intellettuale e politico investito nella Teoria della Modernizzazione perché si potesse lasciarla svanire silenziosamente, e in ogni caso, l’Occidente, in tutte le sue manifestazioni, non era disposto ad accettare che esistessero altre strade per creare società “moderne”. Inoltre, da buoni liberali, i pensatori occidentali apprezzavano soprattutto le idee e le convinzioni corrette: una società è “moderna” se ha abbracciato il matrimonio omosessuale, anche se la sua gente muore di fame per strada. Il successo della Cina nel liberare il suo popolo dalla povertà, ad esempio, non avrebbe mai dovuto realizzarsi secondo la Teoria della Modernizzazione, o almeno non nel modo in cui è avvenuto. Da qui il digrignare dei denti che si sente dalla lobby dello sviluppo.
Da qui anche la continua esistenza e il potere dei Ministeri dello Sviluppo. Imperterriti da decenni di fallimenti, continuano a stipulare contratti per quelli che oggi sono principalmente progetti volti a diffondere idee sociali e politiche liberali “moderne”, come si può vedere dai loro siti web. Ho già scritto ampiamente altrove sulle questioni relative agli aiuti e allo sviluppo, e non lo ripeterò qui. Voglio solo sottolineare quanto non solo le agenzie umanitarie, ma anche le lobby occidentalizzate che vi accedono, adottino una forma banalizzata di Teoria della Modernizzazione come presupposto di base. Questo orientamento deriva dall’alto, poiché i governi beneficiari, tra un discorso di massa e l’altro sul neoimperialismo, si sforzano di imitare i governi occidentali in ogni modo. (L’Unione Africana, ad esempio, è essenzialmente solo una pallida copia carbone dell’UE, priva delle risorse o della capacità di svolgere un lavoro simile.)
Per molti versi questa continuità non sorprende, perché la Teoria della Modernizzazione fu solo la penultima incarnazione di un impulso messianico occidentale di lunga data volto a migliorare altre società. Si può sostenere che questo ebbe inizio con i missionari spagnoli e portoghesi in America Latina, ma ricevette il suo vero impulso dall’ascesa del Liberalismo, con le sue idee normative e progressiste, nel XIX secolo. Una volta che l’idea che le cose potessero cambiare e migliorare iniziò ad essere accettata, l’ovvio corollario fu il dovere di diffondere questi potenziali benefici più ampiamente ai meno fortunati. A differenza degli Imperi tradizionali come quello Ottomano, che erano per natura statici e anzi reprimevano violentemente i tentativi di cambiamento, gli Imperi europei di breve durata in Africa e Medio Oriente furono potenti agenti di cambiamento, sia deliberatamente che incidentalmente. Deliberatamente, perché gli inglesi e i francesi abolirono la schiavitù e la poligamia, istituirono codici legali scritti e sistemi giudiziari formali e introdussero l’istruzione e l’alfabetizzazione. Tra l’altro, perché le idee politiche e sociali occidentali iniziarono a diffondersi per osmosi, attraverso le traduzioni di libri occidentali, la diffusione di film occidentali e gli effetti dell’istruzione ricevuta in Europa o da europei. Soprattutto in Medio Oriente, ciò produsse profondi cambiamenti sociali, ad esempio nello status sociale delle donne, nonché negli sviluppi politici (il Partito Comunista Iracheno fu fondato già nel 1934). Al momento del fiorire della Teoria della Modernizzazione, le nazioni arabe indipendenti erano in gran parte governate da tecnocrati laici e progressisti, la religione era una forza in declino, si stavano formando partiti politici moderni e la Siria, ad esempio, sarebbe presto diventata simile alla Francia. L’Africa rimase un po’ indietro, ma era impegnata nell’industrializzazione e nello sviluppo di strutture statali moderne. Naturalmente, questi stessi sviluppi contenevano i semi della loro stessa distruzione, ma all’epoca non se ne rese conto e le sue conseguenze non vengono ancora prese in considerazione.
La convinzione che ci fosse un’unica, ineluttabile via per il progresso, e che l’Occidente l’avesse tracciata e fosse già molto avanzato, si scontrò con tre enormi ostacoli, che hanno ancora oggi profonde implicazioni. Il primo è che trascurò completamente la politica nel suo significato più fondamentale, quello di base. Si credeva che l’urbanizzazione avrebbe automaticamente prodotto una classe media professionale che a sua volta avrebbe richiesto uno Stato moderno ed efficiente e avrebbe formato partiti politici moderni in stile occidentale, liberi da affiliazioni religiose o etniche. Sebbene ciò potesse accadere, e accadde in una certa misura in paesi come la Siria e il Libano, ben presto si rivelò non automatico, né tantomeno probabile. La teoria trascurò generazioni, e a volte secoli, di conflitti sociali ed economici in Occidente per sostituire le economie estrattive con quelle produttive e il potere dell’aristocrazia con quello della classe media. In troppi paesi, la politica divenne – e spesso rimane – solo una lotta per assicurarsi un flusso di reddito, come accadde nell’Europa del XVIII secolo. E i paesi che sono diventati aggressivamente moderni – mi vengono in mente Singapore e Corea del Sud – lo hanno fatto a modo loro e con le proprie risorse, ignorando completamente la Teoria della Modernizzazione. Più di recente, il successo della Cina è stato fonte di ispirazione per tutti quei paesi che cercano una via non ideologica verso una società migliore, piuttosto che una semplice “modernizzazione” nel banale senso occidentale.
In secondo luogo, e come ci si poteva aspettare, il risultato dell’influenza occidentale fu la creazione di un’élite neocoloniale occidentalizzata che la pensava “come noi”, che parlava inglese o francese e ci diceva quello che volevamo sentirci dire in cambio del nostro denaro. Questo sarebbe stato gestibile se il pensiero occidentale non fosse stato così teleologico e normativo. Ma poiché avevamo ragione, ne conseguiva che chiunque fosse d’accordo con noi aveva anche ragione e guardava al futuro, e che i loro oppositori avevano oggettivamente torto e potevano essere ignorati o addirittura osteggiati dall’Occidente. In molte parti del mondo, si riconobbe presto che la via per il potere era dire le cose giuste ai governi e ai finanziatori occidentali. A sua volta, l’Occidente vi avrebbe riconosciuto come la voce del futuro e il paladino delle (presunte) aspirazioni del popolo a società “moderne” e occidentali. Poiché il processo di modernizzazione era considerato inevitabile oltre che auspicabile, intere categorie sociali, sistemi sociali e di governo tradizionali, codici giuridici tradizionali, religione, strutture sociali tradizionali e molto altro potevano essere semplicemente ignorati, poiché erano chiaramente reliquie del passato. Ciò ha prodotto in molti paesi un’élite occidentalizzata essenzialmente dipendente dai finanziamenti e dal sostegno esteri per la propria sopravvivenza. Eppure, quell’élite, spesso ricca e privilegiata, ha spesso goduto di scarso sostegno nella società nel suo complesso, ed è stata spesso attivamente risentita. Così, con monotona regolarità, l’Occidente è stato “sorpreso” da qualche risultato elettorale del tutto inaspettato, e “reazionari” ed “estremisti” hanno vinto le elezioni, nonostante le rassicurazioni fornite dai leader “filo-occidentali” di lingua inglese, sempre invitati presso le ambasciate. (Naturalmente, se ha vinto la parte sbagliata, ci deve essere una cospirazione da qualche parte.)
In terzo luogo, e soprattutto, l’idea che tutti vogliano essere “moderni” come li intendiamo noi si rivela una semplificazione enorme. Non è solo che alcune società affrontano i temi della modernizzazione e dello sviluppo in modo diverso dall’Occidente – ho già menzionato un paio di casi – ma anche che altre non vogliono affatto essere “moderne” nel senso che intendiamo noi. Quest’ultimo punto è qualcosa di completamente impossibile da immaginare per l’ideologia frammentata e superficiale del PMC, ma è comunque fondamentale. La prima volta che l’Occidente è stato schiaffeggiato in faccia con il pesce fresco della realtà su questo argomento è stata la Rivoluzione iraniana e l’insediamento della Repubblica Islamica nel 1979. Per caso, di recente ho consultato alcuni studi su questo episodio, ed è giusto dire che pochi argomenti sono stati studiati quanto l’incapacità dell’Occidente di anticipare il regime di Khomeini, eppure pochi episodi hanno avuto così poca influenza sulla comprensione e sul comportamento occidentali. L’Islam politico – le cui origini, ironicamente, possono essere ricondotte all’opposizione all’influenza liberalizzante e modernizzatrice di Gran Bretagna e Francia nell’Egitto degli anni ’20 – era praticamente sconosciuto all’epoca. Ora lo si capisce, almeno se si contano gli scaffali pieni di libri e studi, ma tale comprensione è limitata a esperti e specialisti regionali e non sembra influenzare affatto il pensiero ufficiale. Ciò non sorprende, perché in breve, l’Islam politico afferma che non c’è bisogno di “modernizzazione”, e anzi è peccaminoso, perché tutto ciò di cui si potrebbe aver bisogno per governare una società è nel Corano e negli Hadith. Non c’è progresso, non c’è teleologia, se non nelle fantasie apocalittiche di alcuni militanti, e la diabolica influenza occidentale deve essere contrastata con tutti i mezzi, compresa la violenza. E di violenza ce n’è stata molta.
Ciò crea enormi problemi all’ideologia del PMC. Da un lato, si tratta di un attacco esplicito a ogni minima componente della loro diffusa visione del mondo, ma dall’altro molti dei suoi esponenti e praticanti provengono da paesi che un tempo erano, seppur per breve tempo, possedimenti occidentali, e si dipingono, o possono essere ritratti, come in qualche modo coinvolti in una lotta “anti-occidentale”. Il PMC affronta questa contraddizione, come tutte le altre, fingendo che non esista. Gli atti violenti degli islamisti vengono elegantemente confezionati come “tragedie”, e il vero problema non sono i morti, ma il loro potenziale “sfruttamento” da parte “dell’estrema destra”. Nel frattempo, è fico per alcuni sfilare vestiti da combattenti di Hamas, e pensare che chiunque lanci missili contro navi americane debba avere qualcosa da raccomandare, no? E quindi il risultato ironico è che i nemici che l’Occidente identifica e cerca di rovesciare sono in realtà regimi laici, come quelli in Iraq, Siria e Libia, dove non può esserci alcun sospetto di prendere di mira l’Islam.
Il punto non è se queste opinioni siano giuste o sbagliate, ma piuttosto l’effetto paralizzante che hanno sulla politica occidentale e l’effetto disastroso che hanno sui paesi a cui vengono applicate. L’ingenuità tragicomica delle aspettative degli Stati Uniti per un Iraq “democratico” del dopoguerra, che stava rapidamente diventando simile agli Stati Uniti stessi, si è trasformata in pura tragedia con una successiva guerra civile disgustosamente violenta persino per gli standard statunitensi. Spesso, anche gli stranieri erano coinvolti. In un’occasione, sono arrivato in Afghanistan subito dopo il massacro di un team di una ONG che lavorava a progetti per le donne che erano state uccise in un’imboscata, insieme alla loro scorta di ex Gurkha fornita da una compagnia militare privata (sibilo! buuu!). Non ho mai scoperto cosa le attiviste delle ONG si fossero proposte di fare per le donne afghane che le rendesse meritevoli di morte, ma in realtà avrebbe potuto essere quasi qualsiasi cosa.
La mentalità del PMC, incapace di immaginare che esistano gruppi che vogliono davvero ucciderli per quello che sono, si rifugia nella negazione, spesso con forti connotazioni culturali e razziste. Nel 1998, l’ambasciatrice statunitense a Nairobi si rese impopolare presso il Dipartimento di Stato per aver chiesto maggiore sicurezza da sospetti attacchi di Al-Qaeda. Non fu fatto nulla, i suoi timori furono liquidati come esagerati e un attacco al di là delle capacità di AQ. Circa 220 persone morirono nell’enorme esplosione di un camion bomba, quasi tutti kenioti, passanti o lavoratori negli edifici adiacenti. E naturalmente il PMC si rifiutò categoricamente di raccogliere segnalazioni di attacchi pianificati in Europa dallo Stato Islamico, e anche dopo il massacro cercò di insabbiare gli incidenti insieme alle vittime. Dopotutto, ciò che conta sono i “Mi piace” e ciò che appare bello. Non furono per lo più i nostri figli a morire, e la cosa importante è dimostrarci a vicenda quanto siamo virtuosi e tolleranti. Particolarmente triste è stata la risposta del genitore di una vittima delle stragi di Parigi del 2015, autore di un libro intitolato ” Non avrai il mio odio” . Molto lodevole, e una pura espressione della superiorità morale occidentale. Ma gli aggressori non vogliono il tuo odio, ti vogliono solo morto.
Il quadro normativo della pseudo-ideologia del PMC è così soffocante che si rifiuta di comprendere o riconoscere che per le società e i gruppi di tutto il mondo quell’ideologia è un nemico, da combattere con armi e bombe. Dovremmo parlare, dicono, per scoprire cosa vogliono queste persone. È facile: vogliono ucciderci. Basta chiedere ai loro stessi Paesi, che sono stati le principali vittime. Per quanto la deradicalizzazione possa funzionare in certi contesti, queste organizzazioni, in aumento di numero e ferocia, non sono negoziabili, e certamente non possono essere convinte del nostro modo di pensare “moderno”. Anzi, per amara ironia, le interviste a molti giovani europei partiti per combattere in Siria dimostrano che è stata proprio la società “moderna” in cui vivevano a spingerli alla disperazione mortale e al desiderio di trovare una causa per cui combattere, e forse morire. Tali organizzazioni possono solo essere distrutte, per quanto simili idee facciano sputare dal cielo il loro Chai Tea Latte con indignazione.
Come sempre, il PMC vuole rifugiarsi nelle famose Cause Fondamentali di cui ho parlato altrove . Non molto tempo fa stavo discutendo della crisi nel Sahel e uno studente aveva fatto una presentazione che si concludeva con il giudizio convenzionale secondo cui le “cause fondanti” dovevano essere affrontate. Queste cause includono vaste aree a bassa densità di popolazione, divisioni etniche, povertà e insicurezza diffuse, governi deboli e corrotti e forze di sicurezza inefficaci, per citare solo le prime che mi vengono in mente. OK, ho detto, ti darò qualsiasi somma di denaro ragionevole. Quando puoi risolvere i problemi di fondo? Entro la fine dell’anno? Entro l’anno prossimo? Entro cinque anni? Certo, i problemi sono insolubili, come ammetterebbe qualsiasi persona razionale, e il riferimento a essi è solo il modo del PMC di non fare nulla e continuare a compiere gesti performativi per dimostrare la propria virtuosità. Nel frattempo, la gente muore.
Il PMC non riesce ad accettare l’idea che esistano problemi senza soluzione e che, nella migliore delle ipotesi, possano solo essere gestiti. La sua etica è quella della legge e dei negoziati finanziari, dove una soluzione è per definizione possibile. Certo, ci sono “estremisti”, “nazionalisti” e “violatori dei diritti umani” che devono essere rimossi dal potere per primi, ma una volta che Saddam, Milosevic, Gheddafi, Assad e ora, naturalmente, Putin saranno stati eliminati, tutto andrà bene e ogni cosa andrà bene. La Teoria della Modernizzazione trionferà e tutti questi stati saranno sulla buona strada per assomigliare a noi. E quando uno stato volta ostentatamente le spalle alla Teoria della Modernizzazione e decide di fare di testa sua, e quel che è peggio ci riesce, allora l’odio del PMC non conosce limiti. Così come l’Ucraina, che per il PMC è una guerra santa tra chi vuole essere come noi (pensiamo) e chi non lo vuole.
Quindi la Russia è il comodo ricettacolo di una grande quantità di rabbia cieca rivolta contro le nazioni di tutto il mondo che non vogliono essere come noi. Poiché i russi sono bianchi e pochi sono musulmani, sono bersagli accettabili, e il PMC può concedersi un’orgia di odio, intolleranza e pregiudizio in un modo che sarebbe difficile da fare contro la maggior parte degli altri bersagli. Ma il vero bersaglio di tutto questo odio non sono i russi, che sembrano non farci caso. Non sono nemmeno le popolazioni dei paesi occidentali, per la maggior parte. No, le grida di guerra, le dichiarazioni di sostegno intransigente all’Ucraina per sempre, le affermazioni di un conflitto imminente con la Russia, sono essenzialmente rivolte l’una contro l’altra, per ottenere “Mi piace” ed evitare di essere espulsi dal gruppo per non essere sufficientemente radicali. Il fatto che gran parte di questa comunicazione avvenga in realtà sui social media è quasi troppo caricaturale per essere vero.
E poi, una volta che “Putin se ne sarà andato”, il servizio sarà ripristinato alla normalità e i negoziati potranno iniziare. Le PMC saranno di nuovo contente. Ma, per quanto ne so, i russi non ne vogliono sapere. Non sono interessati ai negoziati in questa fase, e dal loro punto di vista hanno ragione a non esserlo. Questo non è un problema di soluzione negoziata, ma di soluzione che può essere risolta solo con una vittoria militare. Quando ciò accadrà, il vertice aziendale delle PMC esploderà.