Il disadattamento delle élites occidentali. Intervista a Pierluigi Fagan

Abbiamo posto giorni fa ad Aurelien quattro domande alle quali l’analista ci ha rapidamente e compiutamente risposto. Abbiamo pubblicato il 23 agosto qui la sua replica.

Su suggerimento di alcuni lettori abbiamo esteso ad altri autori ed analisti l’invito a rispondere alle medesime. Proseguiamo con la pubblicazione del punto di vista di Pierluigi Fagan. Buona lettura, Giuseppe Germinario

 PIERLUIGI FAGAN

1) Quali sono le ragioni principali dei gravi errori di valutazione commessi dai decisori politico-militari occidentali nella guerra in Ucraina?

  • Nella categoria “occidentali” distinguerei americani (anglosfera a traino) ed europei. Non credo di possa dire che questi secondi hanno deciso alcunché, forse si è persa memoria dei primi giorni di conflitto. Gli europei non davano proprio l’idea sapessero cosa stava succedendo e cosa sarebbero stati costretti a fare pur poi rivendicandola come propria volontà. La natura stessa delle decisioni che hanno fatto finta esser frutto della loro volontà, dice di quanto in effetti non lo fosse affatto vedi vari suicidi energetici. Quanto agli americani, il decisore ha tenuto conto certo di aspetti militari, tanto quanto politici ed economici; tuttavia, l’ordinatore dell’impianto di decisione è stato geopolitico, ovvero strategico. Sul fatto che si sia rivelato fallace ho però un diverso giudizio da quello contenuto implicitamente nella domanda. Gli americani avevano almeno quattro obiettivi come ho scritto dai primi giorni del conflitto: 1) coinvolgere la Russia in una lunga e defatigante guerra sul modello appreso con la Guerra fredda vs URSS. Il motivo ed obiettivo era vario, si poteva sperare (da parte loro) una implosione nel medio-lungo termine o quantomeno depotenziare l’unico vero competitor militare che hanno per via dell’ultima arma, l’arsenale nucleare. Si pensi all’intervento russo verso la fine del conflitto siriano. Ciò in vista di futuri, possibili, conflitti tra cui quello diretto e decisivo nelle regioni artiche dove, tra l’altro, i russi hanno un vantaggio forte, ad oggi. È più probabile che il vero obiettivo di questo primo punto fosse il secondo aspetto qui declinato ovvero sgonfiare un po’ o un po’ tanto il principale competitor militare impegnandolo un una lunga e costosa guerra, in quanto il primo confligge con la semplice numerica delle possibili truppe russe ed ucraine impiegabili nel medio-lungo periodo; 2) lo metto per secondo punto ma secondo me, in termini strategici era il primo ovvero la veloce annessione egemonica dell’intera UE. È il più importante perché se l’ottica è stata geopolitica, il gioco geopolitico dei prossimi trenta anni è Occidente (o G7 allargato) vs Resto del mondo. Se ti devi preparare a quel gioco, è congruo sia creare massa al tuo comando, sia evitare che gli europei vagheggiassero un ruolo speculativo nel nuovo assetto multipolare come già stavano facendo. Questo obiettivo è stato pienamente raggiunto, in poco tempo, senza se e senza ma, contro ogni evidente interesse obiettivo di Germania, Francia, Italia. Inoltre, hanno ben mosso le pedine euro-orientali e scandinave accerchiando ogni velleità euro-occidentale, il che peserà anche nei destini futuri della stessa UE e dell’euro. Questo punto è quello che mi fa dubitare più di ogni altro sul giudizio di fallimento che date nella domanda; 3) il terzo punto era iniziare, vertendo sullo sdegno per l’invasione russa, il gioco di ripartire il mondo tra stati per bene e stati canaglia o come dicono loro tra “democrazie” ed “autocrazie”. Questa ultima è una partizione debole sul piano strategico, lì dove certi consiglieri hanno esagerato nel credere il mondo dei valori e delle idee così importante fuori della propaganda occidentale e pure con ampie contraddizioni come sappiamo relativamente a vari rapporti scabrosi che gli stessi americani hanno in giro per il mondo. Ha avuto o potrebbe avere una funzione ideologica per il pubblico interno occidentale, proprio per i prossimi conflitti, tra cui quello con la Cina che sappiamo essere il principale e decisivo. Tuttavia, sembra anche ci abbiano davvero creduto visto che il concetto era già stato lanciato in campagna elettorale da Biden ed hanno comunque portato al voto l’ONU su due risoluzioni cercando di imporre inutilmente il format “o con noi o contro di noi”, una ri-bipolarizzazione per giocare al gioco che conoscono meglio; 4) infine, molti ragionano di geopolitica dimenticandosi che è strutturalmente collegata alla politica interna. Gli Stati Uniti sono stati in una qualche guerra per quasi tutta la loro storia, oltreché per eredità antropologica barbarica (T. Veblen), perché il loro ordinamento ha fisiologico bisogno di farla. Il sistema militar-industrial/commerciale-tecnologico-congressuale, sa che la guerra è la fonte principale sia di sfide tecniche le cui soluzioni hanno poi vaste ricadute, sia di fondi. Fondi che l’americano medio è renitente a concedere. Biden promise alle elezioni il ritiro dall’Afghanistan (per altro promesso anche da Trump a cui poi hanno spiegato come vanno le cose nel mondo reale) anche perché l’americano medio, ignaro di questa vocazione necessaria ad una qualche guerra, non vede di buon’occhio tali impegni. Impegni, nonostante la grande spesa storica, che crescono nel tempo come l’apparente ritardo nelle armi ipersoniche e gli aggiornamenti del complesso atomico. La violazione del principio sacro alla sovranità da parte di Putin, è stato uno splendido motivo (coltivato) per ridare all’America il suo conflitto ed esuberare nel finanziamento all’industria che poi sviluppa il ciclo. Sapendo che il punto regge e non regge nella mentalità media americana, Biden darà l’impressione di volerlo sospendere, tempo di fare le elezioni. Quindi il 2) e 4) sono stati perseguiti, il 3) è agli inizi e vedremo come continueranno a giocarselo anche se ormai il tema si è trasferito in Oriente, sul 1) vedremo come finisce, quando e se finirà.

2) Sono errori di una classe dirigente o di un’intera cultura?

 

  • Non vedo quindi errori strategici, forse qualcuno d’inciampo tattico, dal punto di vista americano. Il terzo punto prima espresso, in particolare, mostra una decisa mancanza di realismo in termini di conoscenza del mondo e sue profonde dinamiche. Errori del genere, solitamente, provengono dall’area ideologica che veste il conflitto di valori e temi morali, cose che notoriamente non hanno nulla a che fare con la geopolitica e la strategia. Ma è tipico della scuola liberale di “relazioni internazionali” che in US è più rilevante del realismo in genere e dell’approccio geopolitico. Vedremo come e se finirà o continuerà, un trattato di pace lo vedo impossibile, la guerra congelata sarà collegata alle elezioni americane. Se vincerà Biden, poi riprenderà. Se fosse davvero fino all’ultimo ucraino, potrebbe durare qualche anno sempre che i russi accettino questo tipo di gioco. Mi permetto di aggiungere un altro aspetto. Gli americani non hanno poi così tante strategie possibili, la loro contrazione è fisiologica ed irrimediabile, la loro capacità di adattarsi positivamente a questo destino, che ben gestito sarebbe poi tutt’altro che funesto dato che hanno parecchi fondamentali positivi, sembra molto scarsa. Non se ne vede traccia in nessun aspetto della cultura americana, anche quella “alta”. Dovrebbero al contempo cambiare modo di vivere e di pensare nei grandi numeri e data l’indisponibilità delle loro élite tanto repubblicane che democratiche, non mi pare possibile. È ormai un sistema che s’è solidificato negli ultimi settanta anni, molto complesso cambiarlo stante che nessuno ne mostra la volontà, neanche teorica. Quanto agli europei, non mi sembrano in grado neanche di porsi davanti l’argomento, élite ed opinioni pubbliche con gli intellettuali in mezzo. La crescente anzianità media congiura a retrocedere il tema futuro ad argomento con poco pathos.

3) La guerra in Ucraina manifesta una crisi dell’Occidente. È reversibile? Se sì, come? Se no, perché?

  • Be’ il tema è un po’ troppo vasto per una risposta ad una domanda in questo formato. La crisi è ontologica, teoricamente affrontabile ma in pratica pare di no. I perché li rimandiamo perché dovremmo dettagliare “crisi” di cosa, da quando, in quale prospettiva ed anche per chi, gli Stati Uniti sono una cosa, lo stato-nazionale di taglia europea un’altra. L’Ue poi, non ne parliamo proprio. Propriamente è un argomento di categoria “storica” quindi assai complesso, irriducibile a poche battute.

4) Cina e Russia, le due potenze emergenti che sfidano il dominio unipolare degli Stati Uniti e dell’Occidente, dopo il crollo del comunismo si sono ricollegate alle loro tradizioni culturali premoderne: Il confucianesimo per la Cina, il cristianesimo ortodosso per la Russia. Perché? Il ritorno all’indietro, letteralmente “reazionario”, può attecchire in una moderna società industriale?

  • Mah, Russia e Cina amalgamano modernità e tradizione, siamo noi ad aver schematicamente assunto modelli semplificati basati solo sulla storia europea dando di modernità un certo concetto e di tradizione anche. Segnalo però che la Cina non ha mai, di fatto, abbandonato il confucianesimo, ci sono passi del libretto rosso di Mao che sono copia-incolla da Confucio propriamente detto (che attenzione, non è -sic et simpliciter- il “confucianesimo”), semmai ne ha sottomesso provvisoriamente parte del complesso ideologico al maoismo. È stato quindi molto semplice togliere alcuni eccessi di Mao per far risplendere l’antico impianto, direi che non credo sia proprio possibile avere una immagine di mondo in Cina che non risenta profondamente del confucianesimo. La cultura cinese è intrisa di vari tipi confuciani tanto quanto la nostra di platonici, magari a loro insaputa. Il problema è conoscere il confucianesimo che al suo interno è tanto plurale quanto lo è la tradizione di pensiero europea (o quasi). La categoria “reazionario” è europea ed applicare etichette europee a culture non europee non è sempre possibile. Per la Russia il discorso è differente ma poi neanche così tanto, tuttavia trattare problemi “storico-culturali” di questo tipo e di altri mondi, qui, non è possibile. La revisione delle posture e delle ideologie europee per adattarsi ai nuovi tempi comporta ben altre complessità che non essere un po’ meno “moderni” ed un po’ più “tradizionali”.

Global India, di Alexei Kupriyanov

Per vincere la guerra delle economie, dove il nemico ha tutte le carte vincenti – da una solida quota del commercio mondiale alla stampa della valuta di riserva mondiale – abbiamo bisogno, come ci insegna la teoria militare, di una strategia asimmetrica. È inutile cercare di sfondare il muro delle sanzioni: bisogna imparare ad aggirarlo interagendo con le strutture dell’economia sommersa, scrive Alexei Kupriyanov.

Poco più di 75 anni fa, Jawaharlal Nehru, appena uscito di prigione, ha presentato per la pubblicazione La scoperta dell’India, la sua quarta grande opera scritta in carcere. Questa opera segnava la fine di quello che si potrebbe definire il suo “ciclo carcerario”, che comprendeva Lettere di un padre a sua figlia, Sguardi sulla storia del mondo e Autobiografia. In questi libri, il futuro Primo Ministro indiano delineò un concetto coerente che sarebbe servito come base di tutta la futura politica estera indiana. Egli sosteneva che, prima della conquista coloniale, l’India era una delle superpotenze mondiali, ma che poi, a causa di disaccordi interni e della mancata comprensione da parte dei suoi governanti dell’importanza dell’unità nella lotta contro una minaccia esterna, era caduta vittima dei conquistatori britannici. Dopo aver ottenuto l’indipendenza, l’obiettivo principale dell’India sarebbe stato quello di riconquistare lo status perduto di grande potenza e di porsi alla pari con gli altri grandi attori.

Oggi, nel 2023, l’India è più vicina che mai a raggiungere questo status. L’anno scorso ha superato la sua ex metropoli, la Gran Bretagna, in termini di PIL, diventando la quinta economia mondiale; quest’anno ha superato la Cina in termini di popolazione. Tutti gli altri segni dello status globale sono presenti (ad eccezione dell’esplorazione spaziale con equipaggio e di un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite): un programma artico e antartico, il possesso di armi nucleari, un programma spaziale di successo e interessi in tutto il mondo. Per molti versi, l’India deve questo successo all’intuizione strategica delle sue élite e alla loro capacità di negoziare tra loro: chiunque sia al timone, continua a seguire la rotta tracciata da Nehru, correggendola solo leggermente a seconda dell’evoluzione della situazione mondiale. Grazie a questo approccio, l’India è riuscita a manovrare in tempo all’inizio degli anni ’90, quando il suo principale partner strategico, l’URSS, è scomparso dalla mappa del mondo.

Invece di entrare in crisi dopo la caduta dell’Unione Sovietica o di subire tutta la serie di umiliazioni che di solito seguono la sconfitta in una guerra, Nuova Delhi, grazie a una serie di abili manovre, è riuscita a inserirsi nel nuovo ordine mondiale e a trovare una nicchia per la sua economia. Il crescente bisogno di specialisti IT di vari profili ha permesso agli indiani di avviare un’espansione su larga scala nel mercato globale dei servizi, di trarre vantaggio dalla globalizzazione e di garantire tassi di crescita dell’economia fino al 9,6% all’anno. Ora il tasso è leggermente diminuito, ma tale crescita rimane una frontiera irraggiungibile per molti Paesi, tra cui la Russia.

India globale: due dimensioni

Le ambizioni globali dell’India hanno due dimensioni: quella politica e quella economica, che si differenziano sia per i meccanismi di attuazione della presenza indiana sia per le sue dimensioni.

Le élite politiche indiane pensano al mondo in termini di cerchi concentrici: il vicinato immediato, il vicinato allargato e il resto del mondo. Il primo comprende i Paesi dell’Asia meridionale (Nepal, Bhutan, Bangladesh, Myanmar, Sri Lanka, Maldive) e la regione dell’Oceano Indiano (Seychelles, Mauritius), la cui situazione e le cui relazioni sono critiche per la sicurezza dell’India. Nuova Delhi cerca di includerli nella sua orbita politica e militare e, in caso di conflitto, in un modo o nell’altro cerca di ripristinare lo status quo che le conviene. Così, nel 1988, le forze speciali indiane hanno liquidato un colpo di Stato nelle Maldive, un anno prima l’India è intervenuta in un conflitto nello Sri Lanka e alla fine degli anni ’90 ha sostenuto i separatisti in Myanmar. Il secondo cerchio comprende i Paesi dell’Africa orientale, del Medio Oriente e dell’Asia centrale e sudorientale, dove le grandi e medie imprese indiane sono più attive. Lì l’India protegge principalmente i propri interessi economici. Infine, nella terza area, Nuova Delhi cerca di plasmare l’immagine dell’India come una grande potenza responsabile che pretende di essere all’altezza dei pesi massimi del mondo nel decidere il destino del pianeta.

Questo schema concentrico poggia su un substrato storico che è stato accuratamente preparato da storici ed esperti indiani. Come qualsiasi altra politica del Vecchio Mondo con una storia di oltre trecento anni, gli indiani si sentono a loro agio quando una base storica culturale e filosofica affidabile viene posta sotto i loro costrutti geopolitici. Ecco perché la percezione indiana della regione indo-pacifica è così locale e limitata alle acque dell’Oceano Indiano e del Pacifico occidentale, e perché i progetti regionali indiani sono così poco combinati con quelli cinesi: se Pechino, nelle sue iniziative per ripristinare la Via della Seta, si concentra sulla rotta commerciale storicamente esistente tra la Cina e l’Europa, dove le polarità dell’Hindustan fungevano al massimo da punti di transito, l’India guarda al suo ruolo storico di centro di una vasta rete commerciale che copriva l’intero Oceano Indiano, il Mediterraneo orientale e il Pacifico occidentale.
Da un lato, ciò predetermina l’indisponibilità dell’India a rinunciare a questioni di status, soprattutto nel confronto con la Cina; dall’altro, consente la cooperazione con tutte le potenze pronte a riconoscere il ruolo di primo piano dell’India nella regione.
Nella dimensione economica, tutto è diverso. L’imprenditoria indiana non ha bisogno di una base storica e filosofica per diffondere operazioni commerciali in tutto il mondo. Ovunque ci siano rappresentanti della diaspora indiana (e sono presenti in quasi tutti i Paesi e le regioni del mondo, comprese Russia e America Latina), prima o poi appaiono nodi del sistema finanziario ed economico indiano, nonostante siano in gran parte informali. Lo Stato ha poco controllo su questo processo: le strutture che formano il sistema informale hanno meccanismi finanziari propri (hawala /hundi) che permettono di effettuare transazioni senza la partecipazione delle banche. Questa India globale esplora volentieri nuovi mercati, inventa nuovi modi per evitare le sanzioni e si assume rischi laddove le autorità non sono pronte a farlo.
ASIA ED EURASIA
L’India tra Russia, Stati Uniti e Cina
Alexei Kupriyanov
Esattamente dieci anni fa, nel 2012, il noto giornalista americano Robert Kaplan scriveva nel suo libro che, mentre le grandi potenze, Stati Uniti e Cina, si oppongono l’una all’altra, la situazione geopolitica dell’Eurasia nel XXI secolo sarà in gran parte determinata da quale direzione prenderà l’India.
OPINIONI

Modalità di interazione

I formati e i modi di interazione con queste due Indie sono diversi, ma richiedono tutti una flessibilità molto maggiore di quella dimostrata finora da Mosca. Nelle nuove condizioni geopolitiche, la sopravvivenza dell’economia russa dipende dal funzionamento ininterrotto delle rotte marittime e terrestri, dall’erosione del regime sanzionatorio con tutti i mezzi possibili e dal massimo sostegno ai Paesi che negli ultimi mesi sono stati definiti il “non-occidente collettivo” o la “maggioranza mondiale”, cioè coloro che occupano una posizione periferica nel sistema politico ed economico esistente e sono insoddisfatti del loro posto nel mondo.

Gli interessi di Russia e India nella dimensione politica coincidono, ma solo parzialmente. La strategia di sviluppo indiana è a lungo termine; nel suo ambito, Nuova Delhi risolve diversi compiti. I compiti principali sono garantire uno sviluppo economico stabile, raggiungere il terzo posto in termini di PIL globale e garantire l’accettazione dell’India nel circolo informale delle grandi potenze che risolvono le principali questioni mondiali. La soluzione del primo compito implica la costruzione di legami economici con gli Stati Uniti, l’Europa, l’Australia e il Giappone e l’attrazione di investimenti e tecnologie. Allo stesso tempo, per non diventare dipendente dall’Occidente, l’India cerca di espandere i legami con attori non occidentali, tra cui la Russia. La soluzione alla seconda implica regole del gioco chiare e una trasformazione graduale di un ordine mondiale generalmente stabile basato su queste regole, invece di una sua rottura decisiva.

Le azioni della Russia sulla scena mondiale rendono difficile la soluzione di questi problemi, costringendo la leadership indiana a compiere un miracoloso gioco di equilibri verbali. Da un lato, rimproverare i Paesi occidentali per la disattenzione nei confronti dei conflitti in altre regioni, dall’altro chiedere una rapida fine della crisi ucraina, poiché “non è il momento di fare guerre”.

Agli indiani non piace che Russia e Cina cerchino un riavvicinamento al Pakistan o che flirtino con Islamabad, ma soprattutto non piace l’incertezza. Nuova Delhi sarebbe felice se Mosca, dopo la fine del conflitto, spostasse la sua attenzione verso est, diventando un attore importante nella regione indiana e del Pacifico.
Tenendo conto dell’avversità idiosincratica che gli organismi di politica estera russi nutrono nei confronti dell’idea stessa di regione indo-pacifica, che tanto turba i partner indiani di Mosca, l’opzione migliore sarebbe quella di creare un nostro concetto, che enfatizzi l’interazione delle componenti terrestri, fluviali e marittime e che sia combinato con le disposizioni concettuali indiane.
Il desiderio di garantire la sicurezza delle rotte commerciali, il rifiuto di misure restrittive, il riconoscimento reciproco degli interessi nelle regioni dell’immediato vicinato e la disponibilità a una cooperazione reciprocamente vantaggiosa sull’intero spettro di questioni sono la base dell’interazione politica russo-indiana.

Per quanto riguarda la componente economica, tutto è più complicato e allo stesso tempo più facile. Per vincere la guerra delle economie, dove il nemico ha tutte le carte vincenti – da una solida quota del commercio mondiale alla stampa della valuta di riserva mondiale – abbiamo bisogno, come ci insegna la teoria militare, di una strategia asimmetrica. È inutile cercare di sfondare il muro delle sanzioni: bisogna imparare ad aggirarlo interagendo con le strutture dell’economia sommersa. Non sarà facile farlo, perché la macchina amministrativa dello Stato moderno semplicemente non è adatta a queste forme di interazione. Ma non c’è scelta: per sopravvivere nelle nuove condizioni, ha senso che la Russia cambi radicalmente la sua politica economica estera, perfezionando il meccanismo della ZES ed estendendolo a intere regioni e creando un sistema di “scatole nere” – strutture chiuse di quasi-mercato situate in parte in Russia e in parte all’estero, opache all’occhio vigile dei finanzieri e delle agenzie di intelligence occidentali e che permettono di pompare tecnologia e investimenti in Russia aggirando le sanzioni esistenti.

Naturalmente, per un Paese con un livello di centralizzazione storicamente così elevato, queste azioni non saranno indolori, ma il gioco vale la candela.

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Multipolarità regionale e multilateralismo regionale: La rinascita del mondo arabo 2.0, di Ruslan Mamedov

Multipolarità regionale e multilateralismo regionale: La rinascita del mondo arabo 2.0
18.08.2023
Ruslan Mamedov
© Reuters
La ripresa diplomatica del 2023 e il multipolarismo regionale senza un adeguato consolidamento economico (i progetti già esistono) e istituzionale degli accordi di normalizzazione rischiano di tornare al confronto armato. L’impegno per uno sviluppo regionale inclusivo e per l’uguaglianza, piuttosto che per singoli grandi attori, potrebbe essere la base di un nuovo ordine regionale, scrive Ruslan Mamedov, Senior Research Fellow, Center for the Arab and Islamic Studies, Institute of Oriental Studies of the Russian Academy of Sciences.

Le nuove condizioni globali stanno influenzando l’ordine regionale dell’Asia occidentale e del Nord Africa (WANA). L’autore di questo articolo ha già notato che, nel contesto delle trasformazioni globali, ci si aspettava il ritorno della “voce araba”. A questo proposito, le riflessioni su un mondo multipolare sollevano l’importante questione se i rappresentanti di questo nuovo mondo agiscano o meno alla pari. Sta emergendo una situazione in cui il mondo del multipolarismo è ancora il mondo dei grandi attori regionali e delle loro politiche. Multipolarità significa avere agende multiple promosse da diversi attori. L’uguaglianza, invece, potrebbe essere garantita dal multilateralismo, quando c’è un equilibrio di interessi, tradizioni, culture e diritti tra attori grandi, medi e piccoli. Ma questo stato di cose è adatto ai grandi attori? In che misura gli Stati che promuovono la retorica multilaterale sono in grado e pronti a tenere conto dei diritti dei loro vicini più piccoli? Queste questioni hanno caratteristiche proprie nella WANA.

Uno dei cambiamenti chiave nell’ordine regionale riguarda l’influenza degli attori esterni. Il declino dell’influenza statunitense si è verificato contemporaneamente al rafforzamento del ruolo degli Stati della regione. Le dinamiche regionali hanno iniziato a cambiare in relazione alle attività di una nuova generazione di leader degli Stati del Golfo, al ruolo crescente di Russia e Cina e alla trasformazione dell’ordine mondiale nel suo complesso.

Una volta l’ex presidente egiziano Anwar Sadat (1970-1981) dichiarò che “le chiavi della regione sono a Washington”. Inoltre, espulse dall’Egitto gli specialisti e i militari dell’Unione Sovietica, che avevano avviato progetti grandiosi già ai tempi del suo predecessore Gamal Abdel Nasser. È improbabile che Sadat, un leader egiziano estremamente pragmatico che ha raggiunto una pace con Israele impopolare tra il popolo egiziano, lo dica oggi. I leader regionali dettano essi stessi l’agenda. Tra questi ci sono tre attori non arabi – Iran, Turchia e Israele – con una storia di conflitti e accordi con i loro vicini arabi. Ciò che è tipico del 2023 è il miglioramento delle relazioni regionali. Israele continua a perseguire il suo processo di normalizzazione in alcune aree con il mondo arabo e la Turchia è passata dal confronto con Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti al ripristino delle relazioni.

Uno degli eventi chiave della prima metà del 2023 è stato il riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran. I Paesi sono finalmente giunti alla conclusione che gli scontri aperti in varie parti del WANA e l’uso di forze per procura non sono strumenti di politica estera necessari o utili. Per l’Arabia Saudita è chiaro che i suoi grandiosi piani di sviluppo futuri non potranno essere realizzati finché il suo immediato vicinato sarà colpito da un conflitto. Stiamo parlando della zona di crisi siro-irachena a nord, della zona di crisi yemenita a sud, nonché dell’esistenza di una serie di partner instabili come l’Egitto. Allo stesso tempo, è chiaro all’Iran che l’ulteriore dispendio di risorse aggiuntive per la lotta regionale non sembra più avere un valore intrinseco. Ciò è dovuto al fatto che le risorse iraniane non sono illimitate di fronte alla pressione delle sanzioni e alla concorrenza regionale. L’agenda politica interna si basa sempre più sulla necessità di trovare risorse per lo sviluppo interno e di soddisfare le aspettative della popolazione. Riyadh e Teheran possono continuare la competizione, ma trasferendola dal piano militare a quello più responsabile – politico, diplomatico ed economico. Le relazioni con i vicini regionali restano una priorità per entrambi i Paesi.
Il ritorno della “voce araba” attraverso un portale dal mondo sotterraneo
Ruslan Mamedov
In molte regioni del mondo esistono strutture regionali il cui obiettivo è l’integrazione e l’interazione. Nel mondo arabo, tutti i progetti proposti a partire dal XX secolo sono andati in fumo prima di essere realizzati, scrive Ruslan Mamedov, responsabile dei progetti per il Medio Oriente e il Nord Africa presso il Consiglio russo per gli affari internazionali.

Per l’Arabia Saudita, questa è un’occasione per “attivare” il mondo arabo e per l’Iran – per “inserirsi” nella regione, usando la sua leva diplomatica. Naturalmente Teheran e i suoi alleati sono interessati alla ricostruzione postbellica degli Stati in crisi, ma la ricostruzione richiede finanziamenti (Teheran, Mosca e persino l’Europa non dispongono di tali fondi). In questo contesto, va notato con quale velocità sta tornando l’agenda degli Stati del Golfo e della Lega Araba. Questa organizzazione era in uno stato disperato. Negli anni 2010 è diventato evidente che la Lega Araba non aveva le risorse necessarie, o che era divisa e inutile per risolvere i principali problemi regionali. Nel 2023, nell’ambito della Lega Araba sono state prese alcune decisioni chiave, tra cui il ritorno della Siria nell’organizzazione. Per molti versi, tutta questa normalizzazione è legata alla vigorosa attività dell’Arabia Saudita, nucleo e fonte finanziaria delle strutture della Lega Araba.

La regione del Golfo

Sembra logico che le mete e gli obiettivi per lo sviluppo delle società arabe si formino in Paesi con una visione, e che l’impulso provenga da quei Paesi che dispongono delle necessarie risorse finanziarie ed economiche. In primo luogo, stiamo parlando degli Stati arabi del Golfo. A questo proposito, la qualità dei nuovi leader arabi è di fondamentale importanza. Il pragmatismo di cui sono dotati non cede il passo ad azioni esclusivamente reazionarie e tattiche. I leader arabi mantengono il pragmatismo e lo spazio per la reazione, ma ora sottolineano la combinazione del pragmatismo con la necessità di formare una visione condivisa. Ad esempio, il leader dell’Arabia Saudita, Mohamed bin Salman, vede nel Medio Oriente, secondo le sue parole, “la sua guerra” per la “Nuova Europa”.

Mashriq

Oltre ai leader degli Stati del Golfo, anche i capi dei singoli Stati del Mashriq sono impegnati nella ricerca di forme di integrazione. Esistono varie iniziative tra Egitto (che si trova all’incrocio tra Mashriq e Maghreb), Giordania, Iraq e Siria (tuttavia, le sanzioni statunitensi contro la Siria e il conflitto stesso ostacolano la sua partecipazione alle iniziative regionali). L’Iraq (in particolare Baghdad) sta vivendo un boom edilizio, il rafforzamento della statualità, nonostante il permanere di rischi legati soprattutto alle dinamiche del confronto USA-Iran e alla spaccatura delle élite intra-sciite. L’Iraq offre progetti strategici, come la famosa “strada dello sviluppo” dal Golfo alla Turchia (compresa la costruzione della ferrovia). Esiste un progetto che collegherà l’Iraq al sistema elettrico degli Stati del Golfo. Progetti simili esistono tra Egitto, Giordania e Siria. Il mondo arabo sta prestando sempre più attenzione all’energia nucleare, come dimostrano i lavori delle centrali nucleari negli Emirati Arabi Uniti, il progetto di costruzione di una centrale nucleare in Egitto, i piani dell’Arabia Saudita in questo settore (i giganti del nucleare si stanno attualmente contendendo un appalto saudita).

Maghreb

Queste tendenze potrebbero essere rilevanti per la regione del Maghreb arabo. Tuttavia, questi Stati sono in gran parte divisi: i loro legami con gli attori esterni (non sempre gli stessi) sono più forti dei legami reciproci. Oggi è chiaro che la Tunisia – nonostante abbia smesso di essere considerata una democrazia e si stia spostando sempre più verso l’autoritarismo – conta sul sostegno finanziario dell’Occidente. Ha ricevuto i prestiti necessari dalle istituzioni finanziarie occidentali, compresa l’Unione Europea. Anche il Marocco continua a muoversi sulla scia della politica estera americana, per non parlare delle tensioni tra il paese e l’Algeria su una serie di questioni, tra cui il prolungato conflitto nel Sahara occidentale. A sua volta, l’Algeria sta sviluppando attivamente una politica anti-occidentale, corteggiando Mosca e Pechino. La Libia è tornata all’ordine del giorno, ma si limita alle questioni delle esportazioni di petrolio e al ruolo di piattaforma per l’interazione (prima c’era il confronto aperto) delle forze regionali. In altre parole, le sue iniziative regionali, anche come partecipante influente, dovrebbero essere dimenticate per un po’. Una situazione simile, ma in senso negativo, caratterizza il Sudan, che è sprofondato in un conflitto. I conflitti in Sudan e in Niger potrebbero influenzare negativamente altre aree dell’Africa. L’Egitto, invece, cerca di assumere una posizione equidistante rispetto agli attori regionali e globali, riuscendovi grazie alla sua importante rilevanza logistica e regionale.

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Oggi c’è una seria richiesta di integrazione economica degli Stati arabi del Golfo, del Mashriq e del Maghreb. Ma la domanda principale lungo il percorso è: fino a che punto i leader globali e regionali sono impegnati nel multilateralismo e non nel multipolarismo? Ovviamente, se i leader globali e regionali seguono la strada del multipolarismo, questo può essere raggiunto livellando gli interessi degli Stati di piccole e medie dimensioni. Inoltre, la ripresa diplomatica del 2023 e il multipolarismo regionale senza un adeguato consolidamento economico (i progetti già esistono) e istituzionale degli accordi di normalizzazione hanno il rischio di un ritorno al confronto armato. Un impegno per uno sviluppo regionale inclusivo e per l’uguaglianza, piuttosto che per singoli grandi attori, potrebbe essere la base di un nuovo ordine regionale.

Questo è esattamente ciò che Mosca e Pechino propongono nella loro retorica sulla regione, mentre un concetto un po’ diverso – blocco, alleanza indo-araba (India, Emirati Arabi Uniti, Israele con il sostegno degli Stati Uniti, oltre ad Arabia Saudita ed Egitto, che non sono ancora inclusi nell’alleanza) è promosso da Washington. Ma l’ultima parola spetta agli attori regionali e alla sincronizzazione della loro visione del futuro con i loro vicini più piccoli.

Il Medio Oriente e il futuro del mondo policentrico
Vitaly Naumkin, Vasily Kuznetsov
Il terzo decennio del XXI secolo è iniziato con eventi estremamente drammatici. La pandemia COVID-19, il conflitto armato in Ucraina, l’inasprimento del confronto Russia-Occidente, il rapido rafforzamento del ruolo globale dei Paesi a maggioranza globale (Paesi al di fuori dell’alleanza occidentale), la crisi alimentare globale e l’aggravarsi delle minacce ambientali hanno dato impulso al lungo processo di collasso del sistema politico internazionale, lasciando in sospeso ciò che potrebbe sostituirlo.

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COMPLESSI PARTI MULTIPOLARI, di Pierluigi Fagan

COMPLESSI PARTI MULTIPOLARI. È terminato il summit dei BRICS in Sud Africa. Star dell’incontro il presidente indiano Modi. Putin era in remoto e sappiamo in quali altre faccende affaccendato, Xi ha saltato senza dare ragioni il primo incontro pubblico dei leader, Lula si è preoccupato di rilasciare dichiarazioni che spegnessero l’impeto competitivo del gruppo contro l’Occidente cui è legato anche in ragione di recenti incontri ed accordi (USA ed UE). Per dire, era stato proprio Lula che aveva annunciato nei mesi scorsi la volontà di varare la valuta alternativa al dollaro. Occorre che s’impari a leggere questa complessa trama delle nuove relazioni mondiali, a volte fai una dichiarazione prima di certi incontri per ottenere qualcosa, è “politica”.
Il vertice, come spiegato nel nostro scorso post, aveva al centro un punto, la questione dell’allargamento del gruppo ad altri partner, una ventina in esplicita richiesta di ammissione, un’altra ventina interessati a seguire. Poiché molti seguono la geopolitica come seguono il calciomercato ovvero seguendo “storie”, s’erano prematuramente eccitati immaginando roboanti annunci di valute alternative al dollaro, ma nessuno aveva anticipato tale intenzione nella preparazione del vertice, anzi era stato esplicitamente escluso da indiani e sudafricani. Prima si fanno i soggetti, poi i soggetti deliberano le proprie comuni intenzioni, semmai vi riescono.
I primi due giorni, a parole, erano tutti entusiasti ed uniti nel dichiarare la volontà di allargamento. Mercoledì notte, riuniti a specificare i dettagli, si sono incagliati su punti presentati da Modi, fresco di gloria spaziale. Come detto, Modi gioca una complessa partita in cui occorre tener conto anche del fatto che l’anno prossimo va ad elezioni per il terzo mandato, con alta frizione interna che ha portato addirittura ben 26 diversi partiti, che più eterogenei non si possono immaginare, a creare un cartello unico contro di lui sotto la bandiera del terzo Gandhi, Rahul.
La complessa partita sulla politica estera di Modi è relativa a molti punti: 1) ottenere il prestigioso seggio al Consiglio di Sicurezza (India è il più grande paese del pianeta ed è -al momento. La quinta economia, ma la quarta più o meno l’anno prossimo); 2) calibrare i delicati rapporti con la Cina, sia localmente (confini), che arealmente (Asia), che dentro i BRICS dove l’India vuole presentarsi come reale capofila dei Global South dicendo la Cina è ormai un paese non più “in via di sviluppo”. Da segnalare come il successo lunare dia all’India una immagine assai attraente dal punto di vista tecnologico, chiave importante per le ambizioni di sviluppo di terzi; 3) combattere proprio contro Cina e Russia sul senso da dare ai BRICS ovvero una unione economica e non una unione geopolitica o non del tutto. L’India, infatti, intrattiene ottime e proficue relazioni con il Giappone, l’Unione europea e soprattutto gli Stati Uniti d’America (anche militari e nel Pacifico), senza per questo trascurare la vecchia amicizia con la Russia; 4) in subordine al punto 2), una crescente attenzione all’Africa che l’India ha per il momento colonizzato con una apparentemente innocua diaspora di sarti e commercianti per la parte sudorientale. C’è anche, poco notato, un crescente problema di rapporti con certo mondo musulmano, problema etnico interno piuttosto sensibile, che però ha riflesso su i codici di fratellanza islamica che è un mondo altrettanto complesso.
Modi allora, mercoledì sera, si presenta con due nuovi criteri limite per accettare le domande di ammissione dei nuovi candidati: a) non esser sotto sanzioni; b) avere un Pil PPP di un certo livello. Entrambi, vanno in direzione di dar ai BRICS il senso di unione di cooperazione economia e meno geopolitica. Non vuole trovarsi annegato in una pletora di paesotti senza senso imbarcati da cinesi e russi solo per far “massa”, non vuole trovarsi in imbarazzo nel suo gioco su più tavoli con gli occidentali. È probabile che -in parte- avesse anche dalla sua parte il Brasile altrettanto sensibile a non urtare troppo gli occidentali. Il Sud Africa ha giocato il ruolo di mediatore, padrone di casa interessato al successo del vertice, a sua volta orientato a rappresentare gli interessi continentali. Modi, sapendolo, ha stabilito in un incontro bilaterale, che si farà promotore dell’annessione dell’Unione Africana al G20 e forse poi, nel più generale riassetto del Consiglio di Sicurezza, anche lì.
Si può immaginare come la seconda richiesta possa esser stata valutata forse contrattabile dai cinesi (i russi, in questo momento, non hanno un grande peso o meglio lo hanno comunque e per varie ragioni, ma non sono proprio nel miglior loro momento di far geopolitica), la prima no. A parte escludere a priori le candidature di Iran e Venezuela, avrebbe creato anche un imbarazzo palese con la Russia stessa e forse domani con la Cina stessa. Non solo, avrebbe dato agli americani l’arma perfetta per mettere sotto sanzioni chiunque a loro piacimento pur di interdire le politiche interne lo stesso BRICS. Era evidente Modi avesse presentato il punto per ottenere qualcos’altro, il punto non era realistico ma contrattualistico.
Com’è finita la battaglia nelle segrete stanze?
Si è deciso di non decidere i principi ma procedere pragmaticamente. Così s’è deliberata l’ammissione dell’Arabia Saudita (che per altro sta giocando una sua propria partita con Iran da una parte, Israele dall’altra e gli Stati Uniti a chiudere il quadrato, anche AS come l’India va sul multi-allineamento), l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti. Seguono Argentina (sponsorizzata da Lula) e l’Iran che alla fine Modi ha dovuto ingoiare anche perché s’era messo in imbarazzo da solo visto anche i più che ottimi rapporti bilaterali diretti. Infine, l’Etiopia leader storico del senso africano. Pare che l’Indonesia si sia chiamata fuori per il momento, ci sarà da capire meglio perché e per quanto. Quindi i BRICS passano da cinque a undici, da 01.01.24, da verificare con quali prerogative tra fondatori ed associati.
Solo dichiarazioni congiunte in favore dell’ulteriore esplorazione di una valuta comune da concordare e definire tecnicamente a seguire mentre si riafferma l’impegno a nuove cooptazioni.
Modi ha poi dovuto dichiarare di essere strafavorevole all’allargamento, ma forse sovraeccitato dalla conquista lunare, non ha calcolato che le sue uscite all’undicesima ora ieri notte, si sono sapute. Difficile rendersi credibili nella difesa di interessi terzi, quando ha dimostrato che più che altro si stava facendo i fatti propri.
Segnale finale? Da una parte la volontà strategica c’è ed è confermata, dall’altra quando si passa dalla volontà ai fatti, emerge tutta la delicata complessità di questo progetto e siamo solo alle ammissioni, poi sarà la volta delle decisioni e degli impegni fattivi. In sostanza, BRICS si avvia a diventare qualcosa che ha la forza ed in parte la debolezza dell’Unione europea, forza economica ed in parte finanziaria, geopolitica un po’ maggiore, ma da verificare caso per caso e tavolo per tavolo.
Dall’altra G7 con ancora alta forza finanziaria e geopolitica, in declino quella economica e demografica. USA/G7 potrà aggredire paese per paese la unione BRICS offrendo qualcosa in cambio di qualcos’altro. Paese per paese ci si barcamenerà tra interessi a breve ed a medio-lungo. Di fatto, come nel caso del presentarsi nel mercato di un concorrente che limita i privilegi del precedente monopolista, l’intero processo spingerà USA/G7 a doversi preoccupare della propria postura ed immagine (concreta non pubblicitaria), che però sconta decenni e secoli di protervia difficilmente cancellabili. Biden ha già annunciato importanti revisioni nella composizione dei diritti, voti e rappresentanze in World Bank e International Monetary Fund, mentre affila le armi per nuovi “divide et impera”.
Certo, da oggi è chiaro che “tutto il mondo ti osserva” e se predichi bene e razzoli male, gli spettatori diventeranno attori e non a tuo favore.
Partita lunga e complessa che però arriverà inevitabilmente ad una nuova configurazione di ordine mondiale, anzi che è già arrivata anche se molti faticano a comprenderlo, tra ironie sui “sogni di gloria alternativi” e gli eccessivi entusiasmi che non tengono contro delle tante complessità e contraddizioni di processo. Il mondo cambia, le nostre mentalità arrancano.

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I Brics e la rivoluzione finanziaria, di Domenico De Simone

I Brics e la rivoluzione finanziaria

di Domenico De Simone

La rivolta del mondo contro il dominio occidentale sta compiendo un passo decisivo proprio in questi giorni. Si tratta di oltre l’80% della popolazione del mondo, di circa il 50% del PIL del mondo, e di oltre il 73% del PPPA, ovvero del PIL Per Potere di Acquisto, che poi è il dato che conta davvero. [Un veloce esempio per chi non ricordasse la differenza tra PIL e PPPA: un operaio in Svizzera prende 3.000 franchi al mese, mentre in Italia ne guadagna 1.000 (semplifico per facilitare la comprensione dei conti). Si dirà, accidenti, gli operai in Svizzera sono ricchi tre volte quelli italiani! Il problema è che poi un caffè a Lugano costa 3 franchi e a Roma ne costa 1. E una simile proporzione esiste, ovviamente, per un largo paniere di beni necessari per vivere. In altri termini, per campare decentemente in Svizzera 3.000 franchi sono a mala pena sufficienti, così come lo sono mille franchi in Italia e 500 franchi in Bulgaria, dove la vita costa più o meno la metà di qui, oppure in Cina, dove con 500 euro al mese vivi dignitosamente. Ci sono quindi metodi di misurazione del Prodotto Interno di un paese che depurano i dati dalle distorsioni monetarie e lo ancorano all’importo effettivo necessario per vivere.

Che poi è la funzione del Prodotto Interno, ovvero la quantità di ricchezza che viene prodotta in un paese dai suoi abitanti per soddisfare le loro necessità].

L’insoddisfazione verso il sistema finanziario mondiale e le sue istituzioni era palese e diffusa ovunque nel mondo già da alcuni decenni, soprattutto a seguito delle gravi crisi finanziarie e le conseguenti ricadute economiche che hanno caratterizzato i primi venti anni di questo secolo. Ma la necessità di una rivoluzione del sistema si è manifestata con urgenza dopo l’improvvida decisione occidentale di sequestrare i fondi della Banca Centrale Russa depositati presso le istituzioni bancarie internazionali, come avvisavo in questo mio articolo del settembre scorso. La presuntuosa arroganza degli USA e dei loro lacchè occidentali di usare le istituzioni finanziarie come uno strumento politico ha scatenato il panico nei paesi non occidentali e le conseguenze si sono viste subito. A partire dal fallimento della Silicon Valley Bank, dalla quale sono stati ritirati di colpo decine di miliardi di depositi di arabi, indiani e cinesi, al fallimento di Credit Suisse, che la Banca Centrale Saudita si è rifiutata di supportare ulteriormente dopo aver ritirato decine di miliardi di depositi dalla sera alla mattina causandone il crollo per mancanza di liquidità. Due segnali precisi mandati al sistema finanziario dominante per esprimere il proprio disaccordo sulla gestione politica della finanza e congelare la situazione in attesa di sviluppi. E poi le vendite continue dei titoli del debito pubblico USA che Standard & Poor è stata costretta a declassificare dalla sua storica tripla A, a causa dei continui rialzi di interesse che il Tesoro americano è stato costretto a promuovere per vendere questi titoli nel mondo cercando di evitare la finanziarizzazione del proprio debito pubblico. I ripetuti e ridicoli inchini della Yellen davanti a Xi Ping, stigmatizzati da tutta la stampa americana, erano l’iconografia delle preghiere americane alle autorità monetarie cinesi di smettere di vendere titoli del debito pubblico USA sul mercato, in un contesto in cui anche la tradizionale idrovora degli investitori giapponesi si sta inaridendo per il recente rialzo dei tassi di interesse operato dal governo giapponese. Non ne sappiamo molto, ma pare che sia andata malissimo, visto che la Cina continua bellamente ad acquistare sul mercato meno titoli del debito Usa di quelli che vende. Persino il centenario Kissinger è volato a Pechino, dove è stato ricevuto con tutti gli onori, per cercare di perorare la causa del suo paese, ma senza molti risultati. D’altra parte, gli Usa hanno dichiarato guerra economica, con sanzioni limitazioni commerciali e attacchi palesi alle loro esportazioni, e minacciato ripetutamente guerra reale alla Cina, ed è quanto meno paradossale pretendere che poi i cinesi supportino finanziariamente la guerra contro di loro.

Che la necessità di costruire un’alternativa al dollaro e al FMI fosse diventata un’urgenza indifferibile è stato palese quando a dicembre scorso si è svolto a Riyad un vertice tra il Presidente cinese Xi Ping e i ventidue paesi della Lega Araba proprio per discutere dell’argomento e adottare provvedimenti urgenti per negoziare gli scambi non più in dollari ma in Yuan e monete arabe, in attesa di disegnare un diverso sistema di regolazione degli scambi tra i paesi. Si è trattato di un evento epocale che, ovviamente, il sistema mediatico occidentale ha completamente ignorato, manco fosse una rimpatriata tra vecchi compagni di scuola. Ne ho scritto in questo mio articolo al quale rimando per un approfondimento. Un’altra classe politica avrebbe preso molto sul serio questo vertice, e avrebbe cercato di porre qualche argine alla fuga di capitali e di risorse dall’occidente che si sta delineando nel mondo, ma a parte qualche rara voce preoccupata, l’arroganza e la stupidità dei massimi dirigenti politici del mondo occidentale ha completamente ignorato questi eventi. Della scarsa qualità delle classi politiche occidentali ne parlerò in un prossimo articolo, è un argomento sul quale è necessario riflettere seriamente poiché la cultura è l’elemento decisivo in queste situazioni di conflitto.

Arriviamo così al vertice dei BRICS in Sudafrica di questi giorni. Vertice al quale partecipano, oltre ai cinque paesi fondatori, anche un’altra cinquantina di paesi del mondo di cui alcuni hanno chiesto di aderire all’organizzazione e gli altri lo faranno a breve. Sia perché il BRICS hanno nel frattempo lanciato la loro Banca, in aperta e palese concorrenza con la Banca Mondiale, banca che in pochi mesi ha già erogato una quindicina di miliardi di dollari di finanziamenti in monete locali, sia perché sono tutti alla ricerca di un’alternativa al dominio del dollaro per le ragioni che ho ricordato sopra. L’obiettivo dell’incontro è disegnare un sistema di scambi che adotti una moneta diversa dal dollaro (così come dall’euro e dalla sterlina), promuovendo – forse – una nuova moneta e certamente un nuovo SWIFT.

Sul funzionamento del BRICS allargato, ovviamente, ci sono molte divergenze e problemi da risolvere: la proposta che sembra andare per la maggiore è di creare una nuova moneta fondata si un paniere di monete dei paesi aderenti al sistema e in qualche modo ancorata all’oro, i cui i paesi che aderiscono al BRICS sono produttori e detentori in grande quantità. Non sarebbe una grande novità il ripristino del Gold Standard, al quale dobbiamo, purtroppo, due guerre mondiali e che, temo, non risolverebbe alcun problema. Alla fine un paese dominante uscirebbe necessariamente fuori, così come gli USA vennero fuori come dominanti negli anni della grande crisi perché avevano concentrato il possesso di “tutto l’oro del mondo“.

Ma sono convinto che alla fine verranno fuori altre alternative decisamente più funzionali e praticabili. D’altra parte già una quindicina di anni fa il Governatore della Banca Centrale cinese proposte al FMI di adottare un meccanismo simile al “Bancor” proposto da Keynes a Bretton Woods e rifiutato dagli americani che, ovviamente, pretesero di imporre il dollaro come moneta di riferimento per il gold standard di allora. In questo modo “aiutarono” i paesi europei alla ricostruzione, e imposero il proprio dominio sul resto del mondo semplicemente stampando dollari. Per tornare al Governatore della Banca Centrale di Cina, si trattava di Zhou Xiaochuan, che nel marzo del 2009 scrisse un breve saggio nel quale scriveva testualmente “The desirable goal of reforming the international monetary system, therefore, is to create an international reserve currency that is disconnected from individual nations and is able to remain stable in the long run, thus removing the inherent deficiencies caused by using credit-based national currencies“, e citava esplicitamente la proposta del Bancor di Keynes “Back in the 1940s, Keynes had already proposed to introduce an international currency unit named “Bancor”, based on the value of 30 representative commodities“. Era l’indomani della crisi dei subprime americani e il mondo stava cercando in qualche modo di rimediare ai crolli finanziari che hanno devastato l’economia e la finanza di quegli anni e di quelli successivi.

Il Bancor è sostanzialmente una proposta di una moneta con un meccanismo a tasso negativo. Le monete considerate nel paniere oscillano tra di loro in funzione di diversi parametri tra cui il principale è la bilancia dei pagamenti: quando una moneta “cresce troppo” rispetto alle altre, scatta una specie di tassa, che Keynes riferiva al meccanismo a tasso negativo proposto da Gesell, che riduce il peso di quella moneta nel paniere. L’equilibrio è garantito in questo modo, senza la necessità di svalutazioni delle monete né del lavoro o dei prezzi. Se davvero la proposta è quella di creare un sistema decentralizzato senza una moneta guida, com’è stato il dollaro da Bretton Woods in poi (e dopo il 1971 il petroldollaro), alla fine questa è l’unica via per garantire un meccanismo realmente egualitario ed equilibrato che potrà indurre sviluppo e finanza alla nuova idea di globalizzazione che i paesi del resto del mondo stanno cercando di costruire.

Della necessità di introdurre il tasso negativo per sfuggire alla stretta mortale del potere finanziario ne scrivo da oltre vent’anni, e la proposta del Bancor di Keynes è un primo passo in quella direzione. Direzione che è necessaria se si vuole evitare che la situazione precipiti in un conflitto devastante per il mondo intero e che potrebbe essere l’ultimo ad essere combattuto. Speriamo che non sia troppo tardi.

https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/26200-domenico-de-simone-i-brics-e-la-rivoluzione-finanziaria.html

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L’epilogo di Wagner e la rinascita dei BRICS, di SIMPLICIUS THE THINKER

Cominciamo con l’aggiornamento più grande ed epocale di tutti. Il vertice dei BRICS, che si è appena concluso, ha superato le mie aspettative. È stata annunciata l’accettazione ufficiale di 6 nuovi membri, il che significa più che raddoppiare le dimensioni attuali dei BRICS:

Iran, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Argentina, Egitto ed Etiopia. La loro adesione ufficiale inizierà il 1° gennaio 2024. I nuovi BRICS:

E sì, è stato annunciato che manterranno il nome BRICS e non aggiungeranno nuove lettere.

Vediamo i punti più importanti di questa storica espansione.

In primo luogo, questo gruppo rappresenta ora il 37% del PIL mondiale in termini di PPA. Si tenga presente che il tanto decantato G7 ha il 29,9%, in calo rispetto al 46% del 1992. E se in futuro si aggiungeranno tutti i futuri membri, si arriverà al 45%:

Pensate che non sia un problema abbastanza grande? I nuovi 11 membri dei BRICS, con le centrali energetiche di Iran, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, controllano ora anche il 54% della produzione mondiale di petrolio e il 46% della popolazione mondiale. Per non parlare del fatto che rappresenteranno 48,5 milioni di chilometri quadrati, ovvero il 36% della superficie mondiale.

Ci sono altre cose da notare. In primo luogo, hanno promesso di continuare l’espansione, in modo da prendere in considerazione un maggior numero di membri per il prossimo vertice, che dovrebbe tenersi a un anno di distanza da questo e sarà presieduto dalla Russia, e presumibilmente si svolgerà in tale Paese. Ciò significa che entro la prossima estate tutti questi numeri potrebbero addirittura aumentare drasticamente.

Inoltre, i membri dei BRICS hanno annunciato un’iniziativa per iniziare a lavorare su un sistema di pagamento e una valuta di regolamento inter-BRICS. I tempi non sono immediati, ma si spera che entro 5-10 anni ne sviluppino uno. Ma anche nel frattempo, aumenteranno le iniziative per regolare i pagamenti nelle proprie valute, allontanandosi dal dollaro. Quindi la de-dollarizzazione continuerà ad accelerare, soprattutto ora che ci sono nuovi membri a bordo. Solo che si convertiranno tra le loro valute piuttosto che usare una nuova moneta unica inter-BRICS come l’UE usa l’euro.

⚡️The Banca dei Paesi BRICS sta sviluppando una moneta digitale unica per gli Stati del gruppo, – i media, citando il capo del dipartimento di politica monetaria di Trace Finance, Evandro Casianu.Secondo lui, una moneta digitale unica del blocco è possibile se viene emessa dalla banca BRICS- Questo può accadere in 5-10 anni, l’attuazione del progetto corrispondente sarà graduale- Come risultato, una moneta unica può essere utilizzata per le transazioni commerciali.
Tuttavia, alcuni hanno notato che la nuova valuta dei BRICS non sarà come l’euro, in quanto non sarà una valuta in grado di sostituire l’uso quotidiano per la gente comune nelle strade. I paesi continueranno a utilizzare le proprie valute nei rispettivi paesi. La moneta dei BRICS servirà più che altro alle banche centrali dei Paesi per regolare gli scambi tra di loro. Quindi, da questo punto di vista, non sarà come l’UE, dove l’euro sostituisce il marco tedesco e tutto il resto.

L’articolo descrive anche la richiesta di Putin di istituire una nuova commissione per i trasporti dei BRICS, per definire tutte le nuove rotte logistiche per i membri.

“Una priorità importante per l’interazione dei BRICS è la creazione di nuove rotte di trasporto sostenibili e sicure… Riteniamo che sia giunto il momento di istituire nell’ambito dei BRICS una commissione permanente sui trasporti, che si occupi non solo del progetto Nord-Sud, ma anche, in senso più ampio, dello sviluppo della logistica e dei corridoi di trasporto”, ha dichiarato il Presidente russo Vladimir Putin, rivolgendosi alla platea del 15° vertice in collegamento video.
L’articolo spiega che, in particolare, questa commissione cercherà di garantire ai principali membri dei BRICS la capacità di aggirare corridoi strategici e punti di strozzatura come lo Stretto di Singapore, lo Stretto di Malacca, il Canale di Suez, il Bosforo, lo Stretto di Hormuz, ecc.

Come molti sanno, l’Arabia Saudita ha segnalato in precedenza che sta valutando la possibilità di consentire il commercio di petrolio in Yuan. E questo non proviene da una fonte di carta stagnola, ma dallo stesso Wallstreet Journal:

Questo molto prima che la KSA diventasse membro dei BRICS. Ora immaginate che in un futuro a medio termine i BRICS creino la loro moneta e l’Arabia Saudita abbandoni il petrodollaro. I tipi di cambiamenti globali che questo potrebbe provocare sono incalcolabili. L’intero sistema di Bretton Woods comincerebbe a disfarsi, anche se probabilmente sta già cominciando a disfarsi con questi cambiamenti epocali.

Pepe Escobar fornisce ulteriori dettagli nel suo nuovo articolo su Sputnik. Rivela che una delle “grandi difficoltà” nei negoziati a cui Putin ha fatto riferimento è che l’India voleva ammettere solo 3 nuovi membri, mentre la Cina ne voleva 10, e si è raggiunto un compromesso di 6 membri. Il fatto che la Cina sia così entusiasta dei BRICS è una buona notizia: significa che il presidente Xi è seriamente intenzionato a rovesciare il sistema di egemonia occidentale. E i 6 membri accettati sono migliori di quanto si potesse immaginare, con l’Egitto, che rappresenta la più grande economia africana in termini di PIL PPP, l’Iran e la KSA, che rappresentano un riavvicinamento storico per le due potenze del Golfo che occupano lo stesso blocco. Gli Emirati Arabi Uniti, sede di Dubai, e l’Etiopia, che si dice sia l’attuale Paese africano a più rapida crescita economica e una potenza di risorse naturali, per non parlare del fatto che è il secondo Paese africano più popoloso dopo la Nigeria. Sì, l’Etiopia è persino più popolosa dell’Egitto, con 126 milioni di abitanti.

L’Argentina è un po’ un cavallo nero. Certo, è un potente rappresentante del continente sudamericano, ma come sottolinea questo articolo, può rivelarsi un cattivo investimento. Il candidato di estrema destra Javier Milei, secondo l’autore, potrebbe vincere le elezioni presidenziali di ottobre e ha già promesso di tagliare i legami con la Cina e di riorientare l’Argentina verso l'”Occidente civilizzato”, il che significherebbe probabilmente abbandonare i BRICS.

L’autore riassume in modo appropriato i principali punti di forza e di debolezza del concetto di BRICS:

Uno dei punti di forza e di debolezza dei BRICS è che non è ideologico. La cooperazione non ideologica è una benedizione perché ha la possibilità di resistere alla prova delle elezioni, ma è una responsabilità perché significa che l’entusiasmo generale per la costruzione di un progetto a lungo termine è minore, inoltre un’elezione (o un colpo di Stato) ha anche la possibilità di rovesciare il progetto se viene eletto un estremista. In ultima analisi, ciò significa che, affinché i BRICS rimangano validi, devono produrre risultati tangibili che i politici possano mostrare al loro pubblico nazionale. Ma l’imprevedibilità e la conseguente fragilità di alcuni governi del Sud globale saranno senza dubbio una sfida perenne per i BRICS.
Queste sfide si riflettono nel fatto che molti dei Paesi BRICS si fanno portatori di iniziative culturali occidentali. Ad esempio, proprio ieri il Brasile ha approvato una legge che mette fuori legge l’omofobia, prevedendo il carcere per qualsiasi odio o “bigottismo” anti-gay.

In fin dei conti, il mondo occidentale sta cadendo. Ad esempio, la Turchia e molti altri centri di potere potrebbero essere i prossimi a far parte dei BRICS al prossimo vertice. Molti in Turchia sentono già il cambiamento:

Gli Stati Uniti creano nemici per tutti, anche per la Turchia. Ankara costretta a sopportare la guerra non dichiarata degli Stati Uniti “La Turchia si trova in uno stato di guerra non dichiarata e segreta con gli Stati Uniti, che sono diventati il suo nemico strategico. In questa situazione, non si può parlare di una nuova era nelle relazioni con gli Stati Uniti”, ha dichiarato Tamer Korkmaz, editorialista del quotidiano filogovernativo Yeni Şafak. Il motivo è che Washington sostiene fortemente il ramo siriano del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, riconosciuto come organizzazione terroristica in Turchia, e le Unità di Protezione del Popolo (YPG) curde. Le forze armate statunitensi conducono esercitazioni regolari con loro e le preparano.
E l’Occidente è già in collera. Ecco il “Presidente del Comitato europeo per l’allargamento della NATO” Gunther Fehlinger che minaccia il Brasile:

Infine, affrontiamo la critica più volte emersa secondo cui i BRICS sarebbero un’organizzazione segretamente “globalista” perché “nata da un’idea di Goldman Sachs”. È un’assurdità. Nel 2001, un dipendente di Goldman Sachs di nome Jim O’Neill scrisse un documento interno in cui affermava che Brasile, Russia, India e Cina stavano iniziando a esercitare il loro potere sulla scena mondiale e che avrebbero dovuto essere ammessi al G7 al più presto. Questo suggerimento politico sembrava derivare dalla trepidazione che, se l’Occidente non avesse preso questi Paesi sotto la propria ala, avrebbe permesso loro di formare un proprio blocco che avrebbe finito per essere la rovina dell’Occidente (che profezia).

Nel documento li chiamava BRIC, ma questo non aveva alcun collegamento dimostrabile con la fondazione dei BRICS, avvenuta 5 anni dopo. Il nome abbreviato di BRICS potrebbe aver preso piede e i Paesi potrebbero averlo usato per convenienza o semplicemente perché non c’era nient’altro da chiamare in modo logico, dal momento che prendere la lettera di ciascun Paese ha un senso diretto. Il punto è che Goldman Sachs non ha avuto nulla a che fare con l’effettiva fondazione dei BRICS, né ha alcun legame con essi. Uno dei loro consulenti politici ha semplicemente fatto due più due e ha coniato il termine BRICS in un documento interno, tutto qui. Ecco uno screenshot del rapporto del 2001 come prova:

Per inciso, Jim O’Neill ha rilasciato giorni fa una nuova intervista al Financial Times in cui ha definito “assurda” l’idea dei BRICS di creare una moneta comune e ha affermato che le tensioni tra India e Cina probabilmente la impediranno. Anche se ha ammonito che se dovessero trovare un modo per riconciliare i loro problemi e creare effettivamente una moneta comune, allora sarebbe la fine del dollaro. O’Neill lavora ora per il thinktank Chatham House nel Regno Unito.

Quindi, definire i BRICS una creazione di Goldman è come credere alla fantasia di Klaus Schwab sul fatto che Putin sia un “giovane leader globale”.

Per farla breve:

Tra l’altro, ironia della sorte, il brasiliano Lula è l’unico presidente attuale associato alla fondazione dei BRICS. Era presidente del Brasile durante il primo vertice dei BRICS in Russia nel 2009, che ha inaugurato il gruppo, mentre nemmeno Putin era presidente, avendo assunto il ruolo all’epoca. La Cina era allora guidata da Hu Jintao e l’India da Singh. Ora Lula è tornato e presiede la prima grande espansione dei BRICS da allora.

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Passiamo ad alcuni aggiornamenti sul campo di battaglia.

Ieri l’Ucraina ha lanciato un nuovo grande tentativo di spinta su Rabotino, che alcuni hanno definito la terza fase dell’offensiva. Alcune fonti hanno affermato che oltre 83 veicoli blindati erano coinvolti in un’enorme colonna, ma non ci sono state conferme precise. Sono appena state pubblicate alcune nuove foto dei cimiteri di blindati della spinta, oltre a conferme di nuovi Stryker distrutti e di altri veicoli:

Si spinsero fino a Rabotino e alla fine lo fecero abbandonare alle forze russe. Tuttavia, in seguito la Russia ne ha ripreso una parte con un piccolo contrattacco. Al momento in cui scriviamo, alcune fonti sostengono che la Russia sia presente a sud dell’insediamento, ma non è certo. Infatti, il canale DontStopWar associato a un’unità militare russa sembra affermare che l’AFU non ha ancora catturato la parte nord di Rabotino:

Ecco una mappa utile che mostra il precedente controllo della Russia prima che iniziassero le controffensive a giugno (linea bianca). La linea viola mostra quanto l’Ucraina si sia allontanata dal lato occidentale.

Qui si può vedere che la famigerata “linea di difesa Surovikin” principale della Russia inizia molto più vicino rispetto alla sporgenza di Vremevske, a est. Ciò significa che l’Ucraina è molto vicina ad essa vicino alla città di Verbove. Tuttavia, qui la Russia ha molti più strati della linea Surovikin, mentre a est, sotto Staromayorsk, la linea può iniziare molto più a sud, ma c’è un minor numero di strati echelon.

Una visione più ampia:

In precedenza era stato dichiarato che l’obiettivo principale della controffensiva era stato ridimensionato alla semplice presa di Tokmak, piuttosto che agli obiettivi irrealistici di catturare la Crimea, Mariupol o persino Melitopol. Se riusciranno a prendere Tokmak saranno contenti e lo considereranno un grande successo.

Pertanto, alcune fonti hanno sostenuto che la nuova grande avanzata sarebbe stata un “pugno di armature” finale per sfondare la prima linea e scendere verso Tokmak. Non è probabile che si verifichi nessuna delle due cose. Soprattutto la cattura di Tokmak, che a questo punto è assurda.

Ma non temete: i pensatori militari occidentali sostengono che non è tutto così terribile come sembra.

Ma possono già coprire tutto questo territorio con i loro famosi JDAM, Storm Shadows, GLSDB, ecc. A cosa servirebbe mettere tutto questo nel raggio d’azione degli HIMAR? Non è che gli HIMAR possano colpire bersagli in movimento, quindi avere un’autostrada nel loro raggio d’azione non serve a molto.

Per la cronaca, ecco un post di un’unità AFU per vedere la loro versione degli aggiornamenti sulle attuali ostilità intorno a Rabotino:

Buongiorno, cari amici! Buone notizie a voi.⚔️ Combattimenti alla periferia sud di Rabotino. In alcuni punti i ragazzi si sono spinti fino a Novoprokopivka.⚔️ Le forze armate ucraine hanno iniziato a muoversi verso Kopanya da Robotyne. Si tratta di un contrattacco per evitare di colpirci sul fianco. Nessun progresso finora. Combattimenti feroci. Ma poi gli orchi si sono innervositi…⚔️ Verbove – avanzamento e anche contrattacco per evitare un colpo al nostro fianco.⏳ Nesterianka – Nessun avanzamento profondo finora, ma l’area è molto interessante….📍 Ora tutte le battaglie principali si stanno svolgendo nel triangolo Robotyno-Novoprokopivka-Verbove – il destino della direzione Tokmak si decide qui. Il nemico, come noi, ha gettato qui tutto quello che poteva: fanteria, paracadutisti, marines, prigionieri, ecc. Per gli orchi è molto più facile: hanno scavato nel terreno, nelle linee difensive costruite in precedenza. È questo che rende difficile muoversi in direzione di Novoprokopivka – Verbove. Gli aerei degli orchi continuano a operare, ma sta diventando una routine. Ci sono nuovi campi minati, apparentemente allestiti dagli orchi di recente e in modo frettoloso, casuale. Stiamo lavorando, i vostri.
Si continua a vociferare di nuove mobilitazioni di massa dall’Ucraina per questo autunno-inverno.

🇷🇺⚔️🇺🇦 Yuri Podolyaka (analista russo) sullo stato delle Forze armate ucraine:💬 “Sono tornato dalla prima linea di combattimento, ho parlato con i ragazzi che hanno catturato i soldati delle Forze armate ucraine nel settore meridionale. Ci sono cambiamenti evidenti: ora si arrendono spesso anche quando potrebbero ancora combattere. C’è stato un cambiamento psicologico tra i soldati ucraini, e un numero sempre maggiore di loro non vuole davvero finire in questo massacro. Il regime di Kiev deve capire che da qui in poi le cose non potranno che peggiorare.➡️The punto di svolta è avvenuto a giugno-luglio, quando i soldati ucraini hanno cominciato a capire che era la fine. I russi non si sono ritirati. Ricorda il punto critico affrontato dall’esercito tedesco a Stalingrado.➡️A nuova ondata di mobilitazione in Ucraina dovrà probabilmente affrontare una resistenza molto maggiore da parte della società. Anche se si potrebbero reclutare 200.000-300.000 persone entro sei mesi, grazie all’innalzamento dell’età, all’annullamento delle precedenti condizioni di rinvio e ad altre misure. Ma la qualità di questo contingente sarà molto bassa. I migliori stanno attualmente morendo sui campi di battaglia”.
Il video di cui sopra:

Zelensky sembrava inscenare una domanda in una conferenza stampa di due giorni fa, per iniziare a condizionare la società all’inevitabilità di una nuova mobilitazione di massa:

Nel frattempo, Reznikov, che si dice si dimetterà presto, ha detto agli ucraini che quando vedono un soldato per strada, devono aspettarsi di sostituirlo presto sul campo di battaglia:

Nel frattempo, anche il MSM sta dando lentamente la notizia alla società:

Si noti la lenta discesa: qualche mese fa era “l’Ucraina sta finendo le munizioni”, ora è diventata “l’Ucraina sta finendo gli uomini”.

Il problema è che alcune fonti, come la seguente, riportano che l’Ucraina ha bisogno di mobilitare 10 mila persone al mese solo per tenere il passo con le perdite:

L’Ucraina deve mobilitare 10 mila persone al mese per poter tenere il fronte “Per compensare le perdite (morti e feriti), così come per sostituire i militari congedati dal servizio per motivi di salute, età e circostanze familiari, è necessario richiamare circa 10 mila persone nelle Forze di Difesa ogni mese, senza tenere conto della creazione di nuove unità o dell’addestramento delle riserve”, riferisce una fonte dello Stato Maggiore dell’AFU.
Quindi, per mantenere questo ritmo e aggiungere un numero di nuove reclute sufficiente a portare il numero a ~200-300k sarebbe un compito monumentale che probabilmente non è possibile.

Gleb Bazov di Slavyangrad sostiene addirittura la seguente situazione disastrosa:

Fonti che monitorano il movimento delle riserve militari strategiche ucraine riferiscono la loro assenza dalle precedenti posizioni di schieramento. Ciò significa che l’Ucraina ha quasi prosciugato/esaurito tutte le risorse di manodopera e di equipaggiamento militare attualmente disponibili, inviandole al fronte. Questo corrobora la nostra precedente proiezione secondo cui la controparte ucraina ha raggiunto il picco e dovrebbe esaurirsi completamente a settembre, probabilmente entro la metà o l’inizio dell’ultimo terzo del mese.
L’aspetto interessante è che altri titoli hanno recentemente rivelato come la leadership statunitense si stia scontrando con quella dell’AFU per quanto riguarda la distribuzione delle forze. In particolare, i vertici occidentali vogliono che l’Ucraina vada “all in” nella direzione meridionale, mentre ritengono che il versamento di riserve da parte dell’Ucraina a Bakhmut e al fronte settentrionale di Kharkov sia uno spreco e una dissipazione.

L’ultimo articolo del NYTimes approfondisce questo aspetto:

Così come Wallstreet Journal:

Dal NYT:

La strenua controffensiva dell’Ucraina sta lottando per sfondare le difese russe trincerate, in gran parte perché ha troppe truppe, comprese alcune delle sue migliori unità da combattimento, nei posti sbagliati, dicono funzionari americani e occidentali.
L’articolo fa altre ammissioni:

Le critiche dei funzionari americani alla controffensiva dell’Ucraina sono spesso proiettate attraverso la lente di una generazione di ufficiali militari che non hanno mai sperimentato una guerra di questa portata e intensità. Inoltre, la dottrina bellica americana non è mai stata messa alla prova in un ambiente come quello ucraino, in cui la guerra elettronica russa blocca le comunicazioni e il GPS e nessuna delle due forze armate è stata in grado di raggiungere la superiorità aerea.
Inoltre, Arestovich ha dichiarato che all’Ucraina restano probabilmente 4-6 settimane prima che le piogge prendano il sopravvento e le operazioni debbano essere messe in pausa.

Ora, Arestovich ha sottolineato questa frattura, affermando candidamente che anche lui non riesce a vedere la logica dell’infinito rafforzamento di Bakhmut:

Il generale Zaluzhny giorni fa ha risposto indirettamente a tutte queste lamentele sottolineando che l’Ucraina perderebbe territorio in quelle regioni se togliesse loro uomini a sud. Certamente a Kharkov lo farebbero, dove la Russia sta effettivamente conducendo operazioni di assalto. Ma a Bakhmut, mi sembra che la disposizione delle forze russe non sia quella di squadre pesanti d’assalto, ma piuttosto di forze difensive del 3° corpo d’armata. Se l’Ucraina dovesse allentare la presa su quel fronte, dubito che le forze russe si spingeranno in avanti con entusiasmo, ma piuttosto continueranno a trincerarsi in forti linee difensive. Questa supposizione è stata dimostrata giorni fa, quando ho postato un video dell’unica grande disfatta della Russia negli ultimi tempi. Si è verificato nei pressi di Klescheyevka proprio da parte di quelle forze che hanno cercato di passare a operazioni offensive per espandere la loro zona per avere un po’ più di respiro. Non sembravano preparate per questo assalto, poiché sono state brutalmente respinte con un’intera colonna corazzata distrutta in un modo che ricordava i precedenti fallimenti di Ugledar. Nel frattempo le truppe nella regione di Kharov continuano ad avanzare e ad assaltare quotidianamente.

Ma questo sembra rivelare una strana ossessione ideologica per Bakhmut: in qualche modo, quella particolare città è personale per la leadership ucraina. Possiamo fare delle ipotesi sul perché: la ragione più immediata è che forse è lì che hanno versato più sangue e hanno affrontato la loro più grande umiliazione in molti modi. Più probabilmente, come ho scritto l’ultima volta, lì hanno sentito odore di debolezza. Syrsky ha dichiarato, nel famigerato video che ho postato una volta, che ora che Wagner se n’era andato, non c’era più nulla di “spaventoso” a Bakhmut – un fragile tentativo di sollevare il morale delle sue truppe.

Ora – forse per coprire il proprio bisogno di uomini – l’Ucraina sta diffondendo nuove notizie secondo cui la Russia stessa starebbe pianificando una grande mobilitazione per il prossimo autunno:

Il capo dei servizi segreti ucraini Kirill Budanov assicura che la Russia sta continuando la mobilitazione nascosta dallo scorso autunno e sta ora considerando la possibilità di arruolare ulteriormente 450 mila persone. Secondo lui, la mobilitazione nascosta mensile fornisce alle truppe un rifornimento di 20-22 mila persone.
L’aspetto interessante è che egli conferma la “mobilitazione nascosta”, che ormai non è più così nascosta, dato che i funzionari russi hanno continuamente aggiornato i numeri. Egli afferma che ci sono 20-22 mila nuove truppe al mese, e questa era la cifra della Russia a partire da giugno o prima. Ora Medvedev/Shoigu riferiscono di 40.000 nuove adesioni al mese, se ricordate. Ma questo non è né qui né là; la cosa importante è che anche l’Ucraina lo sta riconoscendo, il che significa che non c’è più spazio per i propagandisti e gli schizopatrioti per affermare che “Putin e Shoigu sono corrotti” e stanno deliberatamente gettando l’operazione perché si rifiutano di mobilitare più uomini. Che siano 20k o 40k, questa somma mensile rappresenta circa 250-500k nuovi uomini all’anno nell’arruolamento ombra. Ma naturalmente non è mai abbastanza, gli schizopatrioti sostengono che solo 2-3 milioni di nuovi uomini sono sufficienti e che tutti i cittadini russi devono essere indentrati come schiavi per lavorare in turni di 18 ore per costruire 5000 carri armati al mese.

Questo ci dà una prospettiva approssimativa per i prossimi 6 mesi, fino alla prossima primavera. L’Ucraina cercherà probabilmente di mobilitare disperatamente il maggior numero possibile di nuovi uomini durante l’inverno, per prepararsi alle grandi operazioni russe della primavera 2024 di cui tutti parlano. Ma c’è un piccolo intoppo in questo piano. L’articolo del WSJ pubblicato in precedenza ha generato un tale scalpore che RT ne ha persino dato il titolo:

In particolare, un ex funzionario statunitense ha detto loro che i finanziamenti saranno ridotti l’anno prossimo e che la “montagna di acciaio” necessaria per riequipaggiare l’AFU semplicemente “non esiste”:

A questo proposito, è interessante notare come molti filo-ucraini dubitino di quanto la Russia abbia distrutto della forza aerea ucraina. Per esempio, l’infame lista di Oryx, sottovalutata, conta solo poche decine di velivoli (mentre la Russia ne rivendica centinaia). Ora, il portavoce dell’aeronautica ucraina Yuri Ignat ha dichiarato apertamente che l’Ucraina ha bisogno di ben 128 jet da combattimento per “sostituire la vecchia flotta”.

L’ultima parte è fondamentale: sta chiaramente ammettendo di aver perso almeno 128 aerei da combattimento che devono essere sostituiti. Utilizzando le risibili cifre di Oryx, ecco cosa l’Economist ritiene che l’Ucraina abbia perso:

Se ne avessero persi solo 60, il loro portavoce avrebbe detto che ne servono ~130 per rifornire la flotta? Detto questo, le cifre ufficiali della Russia indicano quasi 500 aerei, anche se è difficile conoscere la loro metodologia di conteggio e se forse includono qualcosa di cui non siamo a conoscenza:

Ad esempio, è probabile che i russi includano tutti gli aerei in disuso o in disuso che hanno distrutto a terra, che si dice siano molti (tra cui tonnellate di aerei da trasporto e vecchi biplani sovietici come gli AN-2, ecc. Senza contare che una parte potrebbe essere un doppio conteggio, in quanto la Russia potrebbe averne “danneggiati” molti che sono stati successivamente riparati e poi colpiti/distrutti di nuovo in un secondo momento, il che apparirebbe come due aerei separati nei conteggi russi.

Tornando al futuro prossimo. Un ultimo problema importante è che i funzionari ucraini prevedono un inverno molto rigido:

💡🐽⬛️ Potrebbe mancare la luce a Lviv per un massimo di 2 mesi – Sindaco Sadovaya “Dobbiamo prepararci a una situazione in cui Lviv potrebbe rimanere un mese o anche due senza alimentazione elettrica. Quando ci sarà una situazione difficile, la richiesta sarà doppia per rifornire i generatori e trasportare l’acqua. Dobbiamo prepararci a periodi molto difficili”, ha detto il sindaco durante una riunione del consiglio comunale.
Lo scorso inverno, quando la Russia ha condotto la sua vasta campagna di scioperi delle infrastrutture, molti ritenevano che fosse per lo più vana, dato che l’Ucraina è riuscita a riparare gran parte della sua rete energetica, in particolare per la percezione che la Russia stesse colpendo solo i trasformatori piuttosto che le sale macchine delle centrali elettriche stesse. Tuttavia, recentemente ho visto alcune possibili informazioni che dimostrano il contrario, come un rapporto che afferma che solo una piccola parte dell’infrastruttura è stata riparata. All’inizio di quest’anno l’Ucraina si vantava di avere ancora un “surplus energetico”, ma i commentatori hanno notato che gran parte di questo era probabilmente un effetto dell’esodo di milioni di persone, che ha causato un’enorme perdita netta di energia nelle grandi città.

In ogni caso, da parte russa continuano ad arrivare notizie di grandi progetti. Ad esempio, il governatore di Zaporozhye dopo il suo recente incontro con Putin:

Balitsky, dopo il colloquio con Putin, ha annunciato “molte cose interessanti” sui fronti SMO in autunno. Secondo lui, il presidente russo ha confermato la sua tesi: Non abbiamo ancora iniziato nulla.
L’unica domanda che rimane è: la Russia “inizierà qualcosa” di importante questo autunno/inverno o aspetterà la primavera? Da un lato sono favorevole alla primavera, perché al momento non c’è fretta e la Russia sta ancora accumulando depositi e scorte di munizioni in eccesso per un’offensiva.

Tuttavia, è chiaro che c’è anche una grande possibilità strategica nel lanciare un’offensiva nel momento di massimo esaurimento e cedimento dell’AFU, che sarebbe questo autunno. Aspettare la primavera potrebbe consentire loro di iniziare le mobilitazioni di massa per ricostituire le forze. Probabilmente, divideranno la differenza. Quest’autunno/inverno lanceranno piccole offensive localizzate per sfruttare esattamente i punti in cui le brigate AFU più malconce sono in procinto di essere ritirate e sostituite, mentre la prossima primavera potrebbe portare qualcosa di molto più grande e unificato.

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Passiamo ora alla saga di Prigozhin/Wagner per aggiornare alcune cose su questo fronte.

Innanzitutto, lasciamo perdere il video di condoglianze di Putin:

Degno di nota è il fatto che Putin non ha detto il tipo di cose che personalmente mi sarei aspettato, in circostanze normali. Ci si aspetta dichiarazioni come: “Setacceremo la terra, non lasceremo nulla di intentato finché non avremo preso il responsabile di tutto questo. Il codardo/cravattino/cattivo che ha commesso questo vile atto terroristico sarà consegnato alla giustizia, ecc.”.

Non è stato detto nulla di tutto ciò. Invece, un elogio funebre molto riservato e di maniera, carico di simbolismo. Prigozhin era un “uomo difficile” che “ha commesso degli errori”, ecc. Personalmente, è esattamente il tipo di elogio funebre, breve e prudente, che mi sarei aspettato se Prigozhin fosse stato effettivamente “messo al pascolo” dai servizi di sicurezza.

Detto questo, non c’è ancora una vera e propria conferma o identificazione al 100% dei corpi. I corpi sono stati trasportati a Mosca per l’analisi del DNA, il che ha spinto molte persone a formulare la teoria che Prigozhin sia ancora vivo. Certo, l’unica teoria a cui potrei dare credito è che, per esempio, qualche forza esterna ostile come l’SBU abbia cercato di assassinare Prigozhin, ma abbia fallito (facendo esplodere l’aereo sbagliato). Allora, se Putin era interessato a “proteggere” la sua importante risorsa, potrebbe aver incaricato i servizi del Paese di coprire la morte di Prigozhin, per permettergli di esistere nell’ombra in modo che gli assassini non possano prenderlo.

Ma questo sarebbe probabilmente assurdo, perché Prigozhin dovrebbe comunque riapparire a un certo punto del futuro per condurre i suoi affari, e quindi l’ipotetica minaccia su di lui continuerebbe.

Per ora, quello che sappiamo è che Putin ha improvvisamente emesso un nuovo decreto che obbliga tutte le forze di tipo paramilitare, come i volontari e le PMC, a “prestare giuramento di fedeltà” alla Russia:

Questo sembra essere diverso dalla precedente sentenza legale che obbligava i combattenti Wagner a firmare un contratto con lo Stato russo. Si tratta piuttosto di un test di lealtà, con un tempismo particolare in quanto sembra chiaramente finalizzato a eliminare i combattenti Wagner che potrebbero mettere in dubbio la loro lealtà dopo la morte dei loro leader.

Ci sono stati anche alcuni nuovi aggiornamenti interessanti. Per esempio, l’informazione che il generale russo Yunus-bek Yevkurov si è recato in Libia e in Siria poco prima della morte di Prigozhin per negoziare:

I negoziati non riguardavano solo la cooperazione e la lotta al terrorismo. Come risulta, Yunus-bek Yevkurov ha tenuto incontri con i vertici di questi Paesi e ha insistito sulla chiusura di tutti i progetti commerciali di supporto a Wagner e sul ritiro dei contingenti della PMC. La cosa più importante è che la decisione doveva essere presa autonomamente dai governi della Siria e della Libia occidentale per sviare la negatività della leadership russa.
Tutto, a parte il viaggio, non è confermato, ma lo si può dedurre; dopo tutto, per cos’altro si sarebbe recato lì?

Quindi, da un lato, il governo russo ha cercato di negoziare con il PMC Wagner e di farlo concentrare principalmente sull’Africa. Dall’altro, il Ministero della Difesa ha cercato di convincere la Libia a diminuire la presenza delle forze di Wagner. Continua:

⚡️🇷🇺🌍Esclusivo: La rotazione di Wagner in Africa e il dialogo con il governo russoLe nostre fonti ci hanno raccontato fatti interessanti riguardo ai negoziati tra la PMC di Wagner e il governo russo che riguardano l’Africa e la presenza di Wagner in loco.A quanto pare, proprio il giorno prima che l’aereo su cui il capo della PMC, Yevgeny Prigozhin, si sarebbe recato a Mosca, precipitasse, è stato raggiunto un accordo con una delle agenzie di sicurezza della Federazione Russa.Wagner avrebbe dovuto tornare in parte in Ucraina e intensificare ancora di più le sue attività nel continente africano. L’idea russa era quindi quella di aumentare la presenza della PMC in Africa e, seguendo l’idea della separazione dei compiti tra Wagner e il Ministero della Difesa, fare del gruppo uno dei principali attori militari russi nel continente.Questo accordo è stato fatto per separare il Ministero della Difesa russo e Wagner, in modo da farli concentrare su direzioni e compiti diversi nell’interesse della Federazione Russa e assicurarsi che non si sovrappongano l’uno all’altro, al fine di prevenire un altro conflitto e “ammutinamento”.
Prendetelo con le molle, perché anche in questo caso proviene dalla propaganda anti-russa della VChk-OGPU. Tuttavia, lo pubblico perché segue la logica, in una certa misura.

La tesi sembra essere che il piano – presumibilmente guidato da Shoigu – per disarmare e indebolire definitivamente la Wagner sia stato quello di fare un accordo per far sì che la Wagner mettesse tutte le sue risorse, la sua attenzione e i suoi sforzi sull’Africa, mentre contemporaneamente diceva tranquillamente ai leader africani di iniziare a rescindere i contratti della Wagner, presumibilmente sostituendoli con le altre nuove PMC del MOD russo.

Come ho detto, il fatto che la delegazione militare russa sia arrivata in Libia letteralmente un giorno o due prima della morte di Prigozhin sembra supportare questa direzione di pensiero.

Per non parlare del fatto che si trattava della prima delegazione militare ufficiale russa nello Stato nordafricano, guidata nientemeno che dal vice ministro della Difesa russo. L’obiettivo dichiarato era la cooperazione contro il terrorismo internazionale, che era esattamente la ragion d’essere di Wagner in Libia, quindi è chiaro che la teoria è valida.

La vasta concatenazione di eventi sembra implicare un’operazione orchestrata per decapitare Wagner e “ridimensionarlo”.

Tra l’altro, è interessante notare che gli Stati Uniti, come sempre, sembrano avere un occhio di riguardo per questi eventi. Nel mio ultimo rapporto ho dimenticato di menzionare il fatto che il Dipartimento di Stato americano ha curiosamente emesso un avviso immediato per i cittadini statunitensi di lasciare la Bielorussia. Si noti la data e l’ora:

Avevano previsto qualche problema con Wagner?

E perché la Bielorussia e non un avvertimento di lasciare la Russia? Probabilmente perché hanno già avvertito tutti di lasciare la Russia molto tempo fa e molte volte.

A questo proposito, alcuni osservatori hanno affermato che la base bielorussa di Wagner aveva già iniziato a svuotarsi rapidamente. A sinistra il 1° agosto, a destra il 23 agosto:

In Bielorussia, mostrano il campo della PMC di Wagner, dove sono già state smantellate 101 delle 273 tende residenziali. Le tende sono state rimosse dall’inizio di questo mese.

La foto mostra un confronto della vista generale del campo. A sinistra c’è il fotogramma del 1° agosto, a destra quello del 23 agosto 2023.
D’altra parte, Lukashenko ha smentito le voci di cui sopra e ha detto quanto segue sul destino di Wagner in Bielorussia e altrove:

“Wagner è vissuto, Wagner vive e Wagner vivrà in Bielorussia, per quanto alcuni non lo vogliano. Con Prigozhin abbiamo costruito un sistema per far sì che Wagner si trovi qui. E queste immagini dallo spazio, che indicano che stiamo smantellando qualcosa… Perché stiamo rimuovendo altre tende – non ne abbiamo bisogno di così tante. Qui c’è ancora un nucleo, qualcuno è andato in vacanza, qualcuno ha deciso di vivere in disparte, ma i telefoni, gli indirizzi, le password e gli indirizzi di questo nucleo sono noti. Entro pochi giorni saranno tutti qui, fino a 10.000 persone. Non c’è bisogno di tenerli qui ora. Quindi non stanno scappando da nessuna parte. Finché avremo bisogno di questa unità, vivranno e lavoreranno con noi” – Lukashenko
Un alto comandante della Wagner ha fatto eco a queste parole:

Il comandante del Gruppo Wagner, Alexander Kuznetsov, meglio conosciuto come Ratibor, ha rilasciato una dichiarazione:
“Non andremo da nessuna parte, non abbandoneremo nessuno e proteggeremo il popolo russo fino all’ultimo”. Evgeny Viktorovich era mio compagno e amico intimo, ci ha lasciato in eredità le istruzioni su cosa fare se lui non ci fosse più: ci sarebbe stata una parata di giustizia”. Le istruzioni e le ultime parole di Prigozhin, che ha lasciato in eredità al popolo russo, le ho pubblicate sul mio canale, lui amava la Russia…”.
L’ultima cosa che volevo dire sull’argomento è una cosa che avevo quasi dimenticato di Prigozhin nel mio quasi-omaggio dell’ultimo rapporto.

Se è vero che Prigozhin era un uomo “complicato” e dinamico, in realtà ci ha stuzzicato e sedotto con la sua arguzia, il suo umorismo da forca e il suo carisma, facendoci ignorare le sue numerose trasgressioni più oscure, tanto che ho quasi dimenticato alcune di esse.

Sfruttando il suo fascino, ha incorniciato le sue numerose lamentele egoistiche con alcune obiezioni genuine, a metà strada tra i cliché noti sui problemi delle munizioni, ecc. Ma alcuni dimenticano che ha anche vomitato una retorica incredibilmente traditrice e pericolosa, inframmezzandola a queste lamentele “genuine”.

Per esempio, chi si ricorda di quando sosteneva che l’intero SMO era fraudolento e non aveva alcuna giustificazione legale, morale o di diritto?

Sì, ha effettivamente detto che l’Ucraina non stava attaccando il Donbass alla vigilia dell’SMO, né stava pianificando alcuna aggressione contro il Donbass. E che tutto questo era solo “propaganda degli oligarchi per arricchirsi a vicenda”. Ironia della sorte, in seguito abbiamo scoperto che l’unica persona che si è arricchita con l’SMO è stato proprio lui, in quanto ha avuto innumerevoli contratti per la fornitura di qualsiasi cosa, dagli hotdog inzuppati alle armature di qualità inferiore, alle truppe, da cui ha guadagnato miliardi.

Secondo lui, i piani della NATO per la Crimea, gli eventi del 2014 e il Maidan erano tutti una bufala – suppongo – e le migliaia di civili morti a Donetsk e nell’ambiente circostante devono essere stati inventati dai “farabutti” che hanno dato vita all’SMO – il che, logicamente, include Putin. A questo oltraggio si aggiunge il fatto che egli ha apertamente chiesto la fine della SMO dopo la presa di Bakhmut, affermando che è inutile continuare.

Non bisogna poi dimenticare che ha ripetutamente definito le truppe russe nei pressi di Bakhmut come inutili codardi, accusandole di “fuggire”. Per non parlare delle fughe di notizie secondo cui Prigozhin era disposto a offrire le posizioni delle truppe russe all’SBU per colpire, attraverso i suoi contatti privati con l’SBU, in cambio di un po’ di spazio a Bakhmut da parte dell’AFU. Non che io ci creda necessariamente, ma forse solo perché ho ingenuamente paura di ammettere le implicazioni di una cosa così assolutamente cinica.

Sapete di cosa tutto questo è un classico esempio da manuale, per molti versi? Una cosa chiamata “gaslighting”. Sì, nonostante alcune qualità migliori, Prigozhin era in realtà un maestro del gaslighting e della manipolazione. Aveva affinato un metodo geniale per andare effettivamente contro gli interessi russi, mentre ti rimproverava, ma con l’aria fintamente preoccupata di un genitore affettuoso. È il tipo di persona che ti dà dell’imbecille, mina tutto ciò che stai facendo, ma poi ti fa il lavaggio del cervello facendoti credere che è tutto per il tuo bene, perché te lo sei cercato con le tue presunte mancanze.

Ha ripetutamente ridicolizzato l’esercito russo, accusandolo della peggiore accusa che si possa rivolgere a un soldato: la codardia. Ha apertamente messo in dubbio la legittimità dell’intera SMO, riducendo la sua importanza a quella di una mera “trovata” autocelebrativa di alcuni oligarchi annoiati e ministri della Difesa corrotti.

Ebbene, cos’altro possiamo dire di lui? Un uomo difficile.

Infine, Utkin, come al solito in disparte, in una recente intervista a Pegov di Wargonzo ha pronunciato l’ormai celebre frase che la morte non è la fine. Prigozhin interviene:

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Sono necessari alcuni aggiornamenti vari.

Alcuni aggiornamenti non verificati sulla situazione di Gonzalo Lira:

Dettagli riassunti: – Gonzalo Lira è stato arrestato il 01/05/2023- È stato rilasciato su cauzione il 29/06/2023- Ha tentato di attraversare il confine con l’Ungheria il 01/08/2023 ed è stato arrestato- Non si è presentato all’udienza del tribunale il 02/08/2023- È comparso davanti al tribunale il 04/08/2023, quando è stato deciso di ri-detenerlo- Un’udienza per il suo caso iniziale è stata fissata oggi 22/08/2023 alle 14:30 ora di Kharkov- Un’udienza è prevista l’11/09/2023, in un tentativo di appello contro la sua ri-detenzione.
Circa una settimana fa Sarah Cirillo ha cercato di smentire le sue precedenti vanterie sulla cattura di Gonzalo Lira, insinuando che Gonzalo sia effettivamente arrivato in Ungheria:

Ricordiamo che altri, come Mark Sleboda, avevano affermato di avere la conferma che Gonzalo era stato effettivamente arrestato dalle forze di sicurezza ucraine.

Poi:

Ricordate l’attacco missilistico al “teatro” di Chernigov della scorsa settimana, dove si sarebbe tenuta la mostra di droni e la riunione dei servizi segreti stranieri? L’Ucraina ha sostenuto che non era altro che un pacifico raduno di civili. Ebbene, i primi necrologi di veri soldati dell’AFU sono cominciati ad arrivare:

Come ha fatto questo coraggioso guerriero a entrare nel pacifico raduno di civili?

Il prossimo:

Nella base aerea di Tinker, in Oklahoma, stanno accadendo cose interessanti:

La cosa più degna di nota è che le morti sono state insabbiate e alle famiglie non è stato permesso di indagare sui motivi. Alcuni ritengono che si tratti di perdite di equipaggi di AD americani che operavano con i missili Patriot di Kiev in Ucraina, che ora sono stati oscurati:

17 persone sono morte quest’anno in una base dell’aeronautica militare statunitense in Oklahoma per “varie cause” I rappresentanti dell’aeronautica e della base coprono deliberatamente la natura dei decessi. Frammenti di indagini trapelate mostrano che “quest’anno ci sono stati decessi legati alla base, compresi potenziali suicidi”, scrive il Daily Mail.C’è una versione secondo cui tutti i 17 americani sono “rimbalzati” in un appuntamento con Bandera quando il Patriot della difesa aerea di Kiev ha riferito dei “pugnali” abbattuti. Ufficialmente, gli Stati Uniti non possono inviare il loro personale militare in Ucraina, e ci vuole troppo tempo per addestrare Bandera. Così hanno registrato 17 “suicidi” in coincidenza con l’arrivo dei missili ipersonici.
Il prossimo:

Questo per illustrare qualcosa. Ci sono state numerose preoccupazioni e affermazioni sul fatto che l’Ucraina stia distruggendo le difese aeree della Russia, i radar, i sistemi di contro-batteria, ecc.

Gli ultimi giorni sono stati esemplificativi a questo proposito. L’Ucraina è riuscita a colpire un’unità S-300 russa in Crimea 2-3 giorni fa. Da allora, la Russia ha diffuso filmati di:

Diversi S-300 ucraini distrutti da Su-34 russi che sparavano missili Kh-35:

Un sistema Buk AD ucraino colpito da un Lancet:

Una stazione radar ucraina P-18, che sono i loro sistemi essenziali, colpita da Lancet:

Un radar americano AN/TPQ-36 di controbatteria distrutto qui:

Così come un paio di sistemi Strela-10 distrutti nell’ultima settimana. Questo è il tipo di esempio di cui sto parlando. La Russia ha ufficialmente oltre 2.000 lanciatori S-300. L’Ucraina ha distrutto un solo lanciatore, mentre ha perso circa 10 o più sistemi radar o AD di grande valore nello stesso lasso di tempo. Di quale logoramento possiamo parlare? Sembra essere lo stesso logorio di 8:1 circa di cui godono le truppe russe su molti fronti.

Detto questo, continuano a ricevere alcuni nuovi sistemi interessanti e impressionanti qua e là. Non abbastanza da tenere il passo con il logoramento, naturalmente, ma uno di questi nuovi droni è stato visto catturare filmati di un Ka-52 russo in missione con una chiarezza e un’acutezza di tracciamento sorprendenti:

Il prossimo:

Una foto molto curiosa che volevo condividere e che mostra la densità dei campi minati in Ucraina. Questo sarebbe un campo minato ucraino nella regione di Kharkov:

E ci si chiede perché nessuna delle due parti possa avanzare.

Il prossimo:

Un’altra interessante curiosità: uno sguardo a come i Ka-52 russi vedono al buio. Alcuni si sono chiesti in passato perché le riprese appaiano spesso sgranate, ma guardate l’amplificazione della luce che fanno i sensori ottici. A sinistra la telecamera normale che mostra il buio pesto, a destra la telecamera di puntamento IR/FLIR:

Questo dà un nuovo valore ai filmati spesso visti dei Ka-52 che abbattono i blindati dell’AFU. A proposito, la statistica ufficiale è che il 40% dei blindati distrutti nella controffensiva ucraina da giugno in poi è opera degli eroi ad ala rotante. Questi mezzi sono indispensabili e valgono oro.

Infine, una saga marittima che merita di essere vista. L’Ucraina ha aumentato l’attività delle sue imbarcazioni d’attacco nel Mar Nero. Alcuni giorni fa hanno iniziato a sciamare una piattaforma petrolifera russa abbandonata a est dell’Isola dei Serpenti. Credo si tratti della stessa piattaforma Chornomornaftogaz che l’Ucraina aveva già colpito con missili e incendiato all’inizio della SMO:

Ecco la saga in tre parti:

In primo luogo, la vista da un Su-30 russo che avrebbe bombardato le imbarcazioni con il suo autocannone GSh-30-1 da 30 mm:

La Russia ha dichiarato di aver distrutto almeno 2 delle imbarcazioni.

Ecco la vista da una delle imbarcazioni dell’AFU, che li mostra mentre vengono rastrellati dal fuoco e cercano di rispondere al fuoco con armi leggere:

E infine, una vista da un drone ucraino che mostra che le imbarcazioni avevano effettivamente dei manpad a bordo e non avevano paura di usarli:

L’Ucraina ha affermato di aver danneggiato un caccia russo che è tornato alla base, ma la Russia nega e dice che nessun caccia ha subito danni.

La loro attività marittima è elevata, purtroppo la maggior parte continua a fare la stessa fine di questi ragazzi:

Nelle prime ore del mattino del 24 agosto, gli ukrovoyak hanno tentato ancora una volta di “impadronirsi di una testa di ponte” sulla riva sinistra del Dnieper. volendo compiacere il proprio ukrofuhrer entro il giorno dell’indipendenza della periferia. Ma ancora una volta qualcosa andò storto. Tra gli insediamenti di Golaya Pristan e Kardashinka, le unità del gruppo Dnipro hanno distrutto gli aerei d’attacco “festivi” delle Forze Armate dell’Ucraina.

Alla prossima volta!


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Una guerra che si può vincere COMMENTO (Politica estera) _ Raphael S. Cohen and Gian Gentile

Una guerra che si può vincere
COMMENTO

(Politica estera)

di Raphael S. Cohen e Gian Gentile

21 luglio 2023

Più di un secolo fa, l’Europa era sconvolta dalla Prima Guerra Mondiale, che vedeva contrapposti gli Alleati – Gran Bretagna, Francia, Russia e infine gli Stati Uniti – alle Potenze Centrali, guidate dalla Germania imperiale e dall’Austria-Ungheria. A ovest, i combattimenti si svolsero lungo un fronte di 440 miglia che si estendeva dalla Manica al confine franco-svizzero. Gran parte di questo fronte fu caratterizzato da una situazione di stallo operativo che durò anni e anni. Ripetutamente, nel corso della guerra, centinaia di migliaia di soldati uscirono dalle trincee e andarono incontro alla morte per pochi chilometri di terra.

Oggi, molti commentatori hanno paragonato l’attuale guerra tra Russia e Ucraina al fronte occidentale della Prima Guerra Mondiale. Le immagini satellitari mostrano estese trincee russe lungo tutto il fronte di 700 miglia, con chilometri e chilometri di mine e fortificazioni, che sembrano rimandare a un’altra epoca. Così come le immagini grigie degli alberi spuntati e dei crateri di fango causati dai bombardamenti dell’artiglieria, così come le immagini dei soldati, inzuppati e tremanti per il freddo, che fanno la guardia in quelle tetre trincee che riecheggiano le scene di più di un secolo fa. Aggrappandosi a questa analogia storica, gli osservatori concludono che l’attuale controffensiva ucraina è destinata al fallimento e che la guerra si sta avviando verso un inevitabile stallo.

Le analogie storiche possono essere imperfette ma istruttive. Alcune, tuttavia, sono del tutto fuorvianti e l’analogia con la Prima Guerra Mondiale è una di queste. Invece, un precedente storico migliore per comprendere gli attuali combattimenti in Ucraina può essere trovato nell’esperienza dell’esercito americano nell’estate del 1944, quando combatteva contro le forze naziste nelle siepi della Normandia, in Francia. Per cominciare, l’equilibrio complessivo attacco-difesa della guerra in Ucraina è molto più simile a quello della Seconda Guerra Mondiale che a quello della Prima Guerra Mondiale. Gran parte dei combattimenti sul fronte occidentale durante la Prima Guerra Mondiale furono caratterizzati da una situazione di stallo tecnologico, in cui nessuna delle due parti era in grado di superare i potenti vantaggi difensivi offerti da mitragliatrici, trincee e filo spinato. Nemmeno le tecnologie più innovative dell’epoca, come l’aeroplano, il carro armato e il gas velenoso, riuscirono a superare l’impasse.

Al contrario, la Seconda guerra mondiale fu un conflitto più fluido, con periodi di relativa stasi seguiti da svolte. Dopo lo sbarco sulle spiagge della Normandia, gli Alleati attraversarono un periodo di stallo tattico. L’esercito americano impiegò circa sei settimane di duri combattimenti, con attacchi lenti e stritolanti (PDF) attraverso le siepi della Normandia, per spingere i difensori tedeschi ad appena 19 miglia oltre la testa di ponte, verso la città francese di Saint-Lô. Solo quando gli americani riuscirono finalmente a sfondare le linee naziste, i tedeschi si ritirarono completamente.

Sebbene i progressi complessivi dell’Ucraina possano essere lenti, l’Ucraina sta facendo qualche passo avanti nei punti che contano, come la conquista delle alture che circondano Bakhmut.

Ad oggi, la guerra russo-ucraina assomiglia molto di più alle battaglie nelle siepi della Normandia che a quelle nelle trincee della Prima Guerra Mondiale. Sebbene ci siano stati dei rallentamenti nel ritmo delle conquiste territoriali – in particolare prima della battaglia di Kharkiv, l’estate scorsa – per la maggior parte, la guerra russo-ucraina è stata caratterizzata da una notevole fluidità, in quanto le impasse sono state seguite da rapide conquiste territoriali, come dimostrato nelle battaglie di Kyiv, Kharkiv e Kherson dello scorso anno.

Il terreno in cui gli ucraini stanno attualmente conducendo la loro controffensiva è anche simile, per certi versi, a quello che l’esercito americano ha dovuto affrontare nelle siepi della Normandia. Nell’area di Bakhmut, il terreno è collinare, con molti corsi d’acqua, filari di alberi, strade e fiumi che lo attraversano. Le caratteristiche di questo paesaggio producono un effetto di compartimentazione: Un’unità ucraina che attacca può essere in grado di vedere ciò che si trova davanti e sopra, ma non può vedere molto oltre i suoi fianchi, a causa di tutte le colline, i pendii e i corsi d’acqua.

Come per gli alleati in Normandia, la natura compartimentale del terreno a Bakhmut presenta sia sfide che opportunità per la controffensiva ucraina. Lo stesso vale, ovviamente, per le difese russe. Anche le forze russe non possono vedere oltre i loro fianchi. Di conseguenza, potrebbero inavvertitamente lasciare parti della linea non adeguatamente difese, una lacuna o un punto debole che l’Ucraina può sfruttare se riesce a trovarlo. Inoltre, mentre i progressi complessivi dell’Ucraina possono essere lenti, l’Ucraina sta facendo qualche passo avanti nei punti che contano, come la conquista delle alture che circondano Bakhmut. Se gli ucraini riuscissero a conquistare altri terreni, potrebbero creare le condizioni per operazioni più rapide, come ha fatto l’esercito americano a Saint-Lô.

C’è poi la questione della densità delle truppe: quante truppe difendono ogni chilometro di terreno. Durante la Prima Guerra Mondiale, la densità di truppe per miglio lungo il fronte occidentale era piuttosto elevata. Ad esempio, alla vigilia dell’offensiva della Somme guidata dai britannici nel luglio 1916, il rapporto medio di truppe per miglio su ciascun lato della linea era di quasi 10.000 unità (PDF). Al contrario, nelle siepi della Normandia, la densità di truppe dei difensori tedeschi era molto più vicina alla densità di truppe delle linee difensive russe attualmente in Ucraina. Nell’estate del 1944, la densità media di truppe dei difensori tedeschi che l’esercito americano si trovò ad affrontare era di circa 1.000 uomini per miglio (PDF). Oggi in Ucraina, nella parte più difesa delle linee difensive russe centrate su Bakhmut, la densità di truppe russe è di circa 700 uomini per miglio.

Perché la densità di truppe è importante? Perché più una linea è poco difesa, più è probabile che abbia delle lacune. Ciò è particolarmente vero in terreni accidentati, poiché il terreno rende difficile ricucire i buchi nella linea quando si verificano. A differenza della linea continua di truppe sul fronte occidentale nella Prima Guerra Mondiale, i difensori tedeschi nel 1944 non avevano una densità di truppe sufficiente, il che significava che dovevano scegliere punti specifici nel terreno di siepi dove pensavano che gli americani attaccanti sarebbero stati più vulnerabili. Questo significa che, anche se combattere attraverso le siepi è stato difficile, una volta che l’esercito americano ha sfondato, i tedeschi hanno preso il largo.

I numeri da soli contano solo se gli eserciti hanno le tattiche giuste per sfruttare appieno sia la massa che il movimento, il che richiede la capacità di innovare quando le truppe incontrano inevitabilmente degli ostacoli. La Prima Guerra Mondiale fu caratterizzata dall’atrofia strategica. Di fronte a una situazione di stallo tattico e a corto di idee, i generali si sono messi a gettare manodopera e materiali su quello che era un problema operativo. Solo a guerra inoltrata gli schieramenti svilupparono lentamente le tattiche necessarie per scuotere le linee. Lo sfondamento di Saint-Lô, invece, fu ottenuto in parte grazie all’innovazione tecnologica – dotando i carri armati di aratri d’acciaio per tagliare le siepi – e anche grazie a una maggiore massa, poiché gli Alleati portarono più forze. Fu anche aiutata da tattiche migliori, in particolare dalla fusione di potenza terrestre e aerea.

In effetti, l’Ucraina non sta gettando senza motivo potenza di combattimento nelle difese russe, nello stile della Prima Guerra Mondiale, ma sta deliberatamente trattenendo alcune delle sue forze migliori. L’Ucraina ha ancora bisogno di un modo per sgombrare i campi minati, sfondare le trincee russe e bloccare la potenza aerea russa. Una parte di questo può derivare dall’ottenere le armi giuste in numero sufficiente. A questo proposito, la decisione degli Stati Uniti di fornire munizioni a grappolo, progettate per attaccare le truppe di fanteria e i veicoli, dovrebbe aiutare. Ma per ottenere dei miglioramenti sarà necessaria anche una continua innovazione tattica. L’esercito ucraino ha ripetutamente dimostrato di avere queste capacità.

Infine, c’è la questione importantissima del morale. Le difese tedesche nella battaglia delle siepi si sono dimostrate determinate ma alla fine amareggiate. Il 26 e 27 luglio 1944, il Maggior Generale dell’esercito americano Joe “Lightning” Collins intuì che le difese tedesche stavano raggiungendo il punto di rottura. Dopo due giorni di pesanti bombardamenti da parte delle forze aeree dell’esercito americano contro una piccola area di difese tedesche a nord-ovest di Saint-Lô, Collins ordinò al suo corpo d’armata di attaccare e divenne subito evidente che le difese tedesche si stavano sgretolando.

Prevedere il momento in cui le forze si romperanno non è facile. Tuttavia, il crollo delle forze russe intorno a Kharkiv lo scorso autunno suggerisce che le forze armate russe non sono immuni da queste improvvise implosioni. Da allora, le circostanze sono diventate sempre più tristi. Inoltre, il recente ammutinamento contro i vertici della difesa russa da parte del capo del Gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin e dei suoi mercenari – seguito da quella che appare sempre più come un’epurazione degli ufficiali superiori – ha reso evidente un certo grado di fragilità ai vertici delle forze armate russe, anche se questa fragilità non si è ancora propagata a livello tattico in modo evidente.

L’Ucraina non sta gettando senza motivo potenza di combattimento nelle difese russe, nello stile della Prima Guerra Mondiale, ma sta deliberatamente trattenendo alcune delle sue forze migliori.

Nulla di tutto ciò garantisce che l’Ucraina possa ottenere la propria evasione dalla Normandia nelle prossime settimane. Ma l’analogia con la Seconda Guerra Mondiale è un argomento a favore della pazienza e della persistenza. Quasi otto decenni fa, gli Stati Uniti hanno affrontato alcune delle stesse sfide che l’Ucraina deve affrontare oggi. Ma l’esercito americano perseverò (PDF) e i suoi lenti e quotidiani avanzamenti logorarono i difensori tedeschi. L’effetto cumulativo di attrazione si è rivelato decisivo alla fine. Oggi, l’esercito ucraino sta facendo progressi, anche se lentamente. Se questi progressi, seppur a singhiozzo, finiranno per ridurre le forze armate russe, o se si fermeranno, lo si scoprirà solo con il tempo.

Il fattore tempo è forse la ragione più importante per cui è fuorviante paragonare l’Ucraina di oggi alla Prima Guerra Mondiale. Allora, dopo quattro anni di combattimenti e milioni di vittime, Gran Bretagna e Francia non avevano probabilmente il tempo dalla loro parte, anche se gli americani entrarono finalmente nella mischia negli ultimi sei mesi di guerra. I britannici e i francesi assistettero alla decimazione di un’intera generazione di giovani e allo sconvolgimento dell’ordine globale prebellico da loro guidato. Non è così per l’Ucraina e l’Occidente di oggi. Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno investito in Ucraina solo tesori, non sangue. L’Occidente ha il tempo dalla sua parte e può permettersi di essere paziente. Le analogie sbagliate che ignorano questa verità fondamentale servono solo a minare uno dei maggiori vantaggi strategici dell’Occidente.

Raphael S. Cohen è direttore del Programma Strategia e Dottrina del Progetto RAND AIR FORCE. Gian Gentile è vicedirettore della RAND Army Research Division.

Questo commento è apparso originariamente su Foreign Policy il 18 luglio 2023. I commenti offrono ai ricercatori RAND una piattaforma per trasmettere intuizioni basate sulla loro esperienza professionale e spesso su ricerche e analisi sottoposte a revisione paritaria.

https://www.rand.org/blog/2023/07/a-winnable-war.html?utm_source=AdaptiveMailer&utm_medium=email&utm_campaign=7014N000001SnimQAC&utm_term=00v4N00000ig7beQAA&org=1674&lvl=100&ite=279059&lea=1517936&ctr=0&par=1&trk=a0w4N00000AEfj6QAD

Russia, Ucraina 44a puntata Prigozhin, la sentenza _ Con Max Bonelli

Un fulmine a ciel sereno, ma paradossalmente atteso da tempo. Prigozhin, nella sua caduta, trascina con sé l’intero stato maggiore della Wagner; con, però, una eccezione destinata a succedergli. In apparenza un brutto colpo all’immagine di Putin, seguendo i canoni interpretativi occidentali. In realtà il suggello al ruolo di condottiero e di “giusto”, come da aspettative della sua classe dirigente e della nazione. L’integrazione della Wagner nelle fila dell’esercito è un momento importante della riorganizzazione dello stato e dell’emersione di una nuova classe dirigente russa, temprata dal conflitto in corso con la NATO in Ucraina e, soprattutto, cosciente che il conflitto è solo una tappa di un lungo scontro esistenziale innescato dall’avventurismo supponente della leadership statunitense. Ciò che appare granitico e solido da una parte, fluido ed approssimativo dall’altra, potrà in breve tempo rovesciarsi nell’opposto. E’ la mutevolezza tipica delle fasi di transizioni nelle quali la Russia si erge a protagonista e i paesi europei a spettatori e vittime dei propri legami di sudditanza. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v3bc7mw-russia-ucraina-44a-puntata-prigozhin-la-sentenza-con-max-bonelli.html

Il futuro dei BRICS, di  Antonia Colibasanu

The Future of the BRICS

Il gruppo ha obiettivi ambiziosi, ma poco da sostenere.

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Dal 22 al 24 agosto, i membri del gruppo BRICS terranno un vertice a Johannesburg. Si prevede che discuteranno due questioni chiave: l’allargamento e la possibilità di adottare una moneta comune. Entrambe le questioni sono fondamentali per il futuro di questa partnership di cinque grandi Paesi in via di sviluppo: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. La discussione su questi due temi in particolare è destinata a convalidare il gruppo come forza internazionale, anche se finora sono stati fatti pochi progressi su entrambi i fronti. Le opinioni sulla traiettoria futura del gruppo variano a seconda della prospettiva. Alcuni ritengono che giocherà un ruolo crescente negli affari internazionali con il declino dell’Occidente, mentre altri lo considerano in gran parte irrilevante, data la mancanza di convergenza sulle principali questioni politiche ed economiche tra i suoi membri.

Per capire come il gruppo potrebbe svilupparsi in futuro, dobbiamo innanzitutto capire come si è arrivati a questo punto. Nel 2001, l’ex capo economista di Goldman Sachs Jim O’Neill coniò per la prima volta il termine “BRIC”, che all’epoca non includeva il Sudafrica, per descrivere i mercati in crescita che, secondo le sue previsioni, avrebbero superato l’Occidente. All’epoca, i Paesi non vedevano la necessità di formare un blocco formale per promuovere la cooperazione tra loro. Solo nel 2009 la Russia ha ospitato il primo vertice dei BRIC e ha dichiarato che la crisi finanziaria globale del 2008 era la prova che le principali economie emergenti del mondo dovevano collaborare per impedire all’Occidente di controllare il destino dell’economia globale e il loro stesso sviluppo. È importante notare che il 2008 è stato anche l’anno in cui la Russia ha invaso la Georgia, ha annunciato la sua dissociazione dal sistema di valori occidentali e ha iniziato a cercare di ripristinare il potere sugli Stati ex sovietici coltivando alleati in Asia e oltre. Dal punto di vista della Russia, i BRIC sono diventati una piattaforma politica anti-occidentale da sostenere.

Nel contesto della recessione economica globale, anche la Cina ha avvertito la necessità di ridurre la propria dipendenza dai mercati occidentali e, in particolare, dal dollaro statunitense. Ha visto nei BRIC una sede attraverso la quale diversificare il proprio portafoglio commerciale. Il Brasile e l’India, invece, hanno visto l’opportunità di influenzare la politica globale e di promuovere le proprie prospettive sulla scena mondiale. Ciascun membro, in particolare Cina e Russia, vedeva nell’Africa il continente chiave attraverso il quale diversificarsi dall’Occidente. Così, nel 2010, hanno invitato il Sudafrica a entrare nel gruppo.

Con il passare del tempo, la Cina si è concentrata sempre più sulla politica monetaria. Nel 2015, la Cina ha sostenuto la creazione di due istituzioni economiche dei BRICS, il Contingent Reserve Arrangement e la New Development Bank, che dovevano essere alternative al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale. La Cina è la principale fonte di fondi per la CRA e detiene il 40% dei suoi diritti di voto. Inoltre, nel 2015, ha lanciato un proprio sistema di messaggistica e regolamento interbancario basato sullo yuan, chiamato Cross-Border Interbank Payment System, per ridurre l’uso del dollaro nella sua economia e promuovere lo yuan come valuta internazionale.

L’attenzione alla de-dollarizzazione è cresciuta nel 2022, quando l’aumento del commercio tra Russia e Cina, unito al finanziamento da parte della Russia di un sistema di trading parallelo, ha portato a una crescita della quota dello yuan nel mercato finanziario russo. Sanzionata dall’Occidente, la Russia ha fatto perno sulla Cina, adottando lo yuan come una delle sue valute principali per le riserve internazionali, il commercio estero e persino alcuni servizi bancari personali. Allo stesso tempo, la Russia aveva bisogno di espandere la propria influenza all’estero per accedere a rotte commerciali alternative. Mentre la Cina è il leader economico del gruppo, la Russia ne è il leader politico. È quindi naturale che i BRICS discutano del potenziale di creazione di una moneta comune e di espansione ora, a più di un anno dall’inizio della guerra economica globale seguita all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e all’imposizione di sanzioni a Mosca da parte dell’Occidente.

È importante notare, tuttavia, che la diminuzione dell’uso del dollaro nell’ultimo anno non è stata il risultato della scelta della Russia di utilizzare lo yuan al posto del dollaro, ma delle misure adottate dagli Stati Uniti per rendere il dollaro meno disponibile per il mercato russo. La de-dollarizzazione, come politica piuttosto che come reazione alle sanzioni occidentali, potrebbe essere raggiunta solo se i BRICS adottassero una moneta comune – qualcosa di simile all’euro, lanciato nel 1999 dai membri dell’Unione Europea. Tuttavia, per introdurre una nuova moneta non basta emettere banconote e dichiararle pronte all’uso. Richiede un’autentica convergenza economica tra le nazioni partecipanti attraverso un mercato comune, che sarà proibitivamente difficile da stabilire per i BRICS, considerando le profonde divergenze tra le loro economie. Mancano di una struttura economica e di un sistema di governance comuni. Non occupano nemmeno lo stesso continente, figuriamoci se condividono i confini. Lo sviluppo di un mercato comune efficiente richiederebbe la costruzione di nuove infrastrutture, tra cui sistemi di sicurezza e di assicurazione per proteggere le rotte commerciali, cosa quasi impossibile per i BRICS perché nessuno dei suoi membri è una potenza navale globale.

Più fondamentalmente, la condivisione di una valuta richiede anche che i partecipanti abbiano un alto grado di fiducia l’uno nell’altro, in modo da poter stabilire le regole per l’emittente della valuta – un’istituzione che coordinano congiuntamente (come la Banca Centrale Europea). Gli utenti del dollaro e dell’euro confidano che gli emittenti di queste valute stampino un numero sufficiente di banconote per garantire i pagamenti e assicurare l’accesso e la convertibilità. Questo livello di fiducia non è evidente tra i BRICS e non è chiaro come verrebbe emessa una moneta comune.

È chiaro, tuttavia, che i Paesi BRICS non accetterebbero di adottare una valuta esistente di uno dei loro membri. Sebbene l’India abbia riferito di aver utilizzato lo yuan cinese negli scambi con la Russia, finora solo alcuni raffinatori di petrolio sono stati disposti a effettuare pagamenti in questo modo. Lo yuan non è liberamente convertibile sul mercato globale dei cambi, il che rende la sua disponibilità oggetto delle politiche di Pechino. Attualmente la banca centrale russa deve chiedere a Pechino il permesso di effettuare grandi transazioni in yuan, cosa che la banca centrale indiana difficilmente farà a breve. Le controversie in corso tra Pechino e Nuova Delhi su una serie di questioni renderanno molto difficile il coordinamento su qualsiasi cosa.

Poiché la “yuanizzazione” non è una possibilità per i BRICS, l’adozione di una nuova valuta sembra essere l’unico modo per soppiantare il dollaro. Sebbene la possibilità sia stata ampiamente discussa dai media, non c’è alcuna indicazione che siano stati fatti progressi. Diverse domande chiave rimangono senza risposta. Che cosa ci vuole perché l’India e la Cina collaborino così strettamente da integrare le loro economie? Cosa servirebbe a Russia, Brasile e Sudafrica per integrarsi con loro? Quali interessi economici condividono? E dato che nessuno dei Paesi BRICS ha valute convertibili, come potrebbe un’istituzione finanziaria creare una moneta BRICS e garantirne la disponibilità alle imprese e ai privati internazionali?

Così, anche la Russia, che è stata la più grande sostenitrice dei BRICS, afferma che la creazione di una moneta unificata è un obiettivo a lungo termine. Ma anche questo sembra un pio desiderio. È improbabile che i membri dei BRICS riescano a risolvere le loro differenze e a costruire una fiducia sufficiente per emettere una moneta unica. In realtà, non sembrano condividere altro che la diffidenza verso l’Occidente, e anche su questo non sono completamente uniti.

L’espansione dei membri è un’altra questione su cui il gruppo è alla ricerca di un consenso. I membri hanno discusso la possibilità di un BRICS+ dal 2017 e la Cina ha sollevato la questione l’anno scorso, ospitando il vertice BRICS. Secondo un funzionario sudafricano, 23 Paesi hanno chiesto ufficialmente di entrare a far parte dei BRICS, mentre 40 hanno espresso informalmente interesse per l’adesione. Questo può sembrare un numero impressionante di potenziali membri, ma l’adesione formale è complicata perché non esiste un processo ufficiale di adesione, se non su invito da parte di tutti gli Stati membri, come è accaduto con il Sudafrica nel 2010.

BRICS Members and Applicants
(click to enlarge)

Con la guerra che infuria in Ucraina, l’allargamento sembra ora più urgente. Poiché i Paesi occidentali non sono più disposti a fare affari con la Russia, Mosca ha cercato di espandere la propria influenza nei Paesi che sono rimasti neutrali alla guerra, anche attraverso i BRICS, che fin dall’inizio dovevano servire come piattaforma attraverso la quale i membri potessero esercitare un’influenza internazionale. I Paesi neutrali hanno raccolto i frutti degli sforzi di lobbying di entrambe le parti, rilasciando dichiarazioni sulla necessità di calma e sfruttando al contempo l’opportunità di avanzare le proprie posizioni strategiche.

Nella spinta lobbistica di Mosca, i suoi colleghi membri dei BRICS sono stati un punto di partenza naturale. Oltre ad aumentare gli scambi con la Cina, la Russia ha migliorato i legami con il Brasile, che vedeva come un potenziale nuovo mercato per i suoi fertilizzanti e prodotti petroliferi. Il commercio tra i due Paesi è aumentato di almeno il 7% nel 2022, facilitato in parte dalla Cina, che ha trasportato le merci tra i due Paesi, soprattutto su rotaia.

Negli ultimi cinque anni, anche il commercio tra Brasile e Cina è aumentato. Il Brasile ha approfittato delle tensioni commerciali della Cina con gli Stati Uniti aumentando le esportazioni, soprattutto di prodotti alimentari, verso il partner BRICS. Tuttavia, rimane fortemente dipendente dagli Stati Uniti, che rappresentano un mercato importante per i prodotti brasiliani ad alto valore aggiunto. È anche il principale acquirente estero del settore minerario brasiliano, che rappresenta il 50% delle esportazioni complessive del Paese e circa il 3% della forza lavoro totale.

Nel frattempo, la Russia ha trovato un mercato (e un percorso) alternativo per il suo petrolio in India. L’India ha acquistato petrolio russo a prezzi scontati per il proprio uso interno, diventando allo stesso tempo una sorta di canale per le esportazioni energetiche russe per raggiungere i mercati occidentali nonostante le sanzioni. I piani di Mosca di investire in infrastrutture portuali in India come parte del Corridoio di Trasporto Nord-Sud potrebbero aiutare in questo senso.

Ma per quanto la Russia si impegni a sviluppare i loro legami economici, l’India, come il Brasile, dipende ancora dagli Stati Uniti, che sono il suo principale partner commerciale e il suo principale alleato strategico. Nuova Delhi è membro del gruppo di sicurezza Quad, che comprende Stati Uniti, Giappone e Australia. Dal punto di vista della sicurezza, quindi, le relazioni dell’India con la Russia possono arrivare solo fino a un certo punto. L’India ha bisogno degli Stati Uniti (e più in generale dell’Occidente) per garantire le rotte di navigazione nell’Oceano Indiano, da cui dipende la sua economia.

Inoltre, il sostegno dei Paesi BRICS all’allargamento è diviso. Ad esempio, mentre tutti e cinque i Paesi hanno accettato di discutere la potenziale adesione dell’Argentina, il Brasile, secondo quanto riferito, si oppone alla discussione di qualsiasi ulteriore espansione. Come l’India, il Brasile vuole mantenere stretti legami con gli Stati Uniti, mentre cerca di migliorare i suoi legami con l’Europa. Utilizza i BRICS per esprimere la propria posizione sugli affari globali, ma segue fondamentalmente una strategia di non allineamento, concentrandosi sul proprio imperativo principale: integrare le proprie regioni settentrionali e meridionali e raggiungere la stabilità socio-economica.

Corteggiati da Stati Uniti, Cina e Russia, Brasile, India e altri Paesi del Sud globale vedono l’opportunità di migliorare la propria posizione a livello globale. Tuttavia, la loro cronica instabilità interna limita la loro capacità di capitalizzare le opportunità attuali, che a loro volta stanno cambiando rapidamente. Inoltre, anche se i BRICS stanno perseguendo un coordinamento più attivo rispetto al passato, la maggior parte delle interazioni significative tra i membri dei BRICS e con i potenziali nuovi membri avviene a livello bilaterale. Con le loro relazioni limitate da preoccupazioni economiche, politiche e di sicurezza, la possibilità di espandere l’adesione, così come la possibilità di stabilire una moneta comune, sembra al momento lontana.

Rapporto speciale: Il sipario si chiude su Yevgeny Prigozhin

Un jet d’affari Embraer Legacy registrato a Prigozhin, in viaggio da Mosca verso l’aeroporto di Pulikovo, fuori San Pietroburgo, si è schiantato vicino al villaggio di Kuzhenkino, nella regione di Tver, a nord-ovest di Mosca.

I primi resoconti hanno affermato che la difesa aerea russa ha abbattuto il velivolo, facendo nascere la teoria che si tratti di una vendetta per gli aviatori russi uccisi nella rivolta di Prigozhin il 23 giugno. Ma arriveremo a questa teoria.

Cominciamo con quello che sappiamo. Per ora, alcune “fonti” riferiscono che i corpi di Prigozhin e Utkin sono stati effettivamente identificati, ma ciò non è ancora confermato da rapporti più attendibili o ufficiali:

L’aereo con Prigozhin è saltato in aria. I corpi di Prigozhin e Utkin sono stati identificati – la fonte di Tsargrad nella commissione dell’Agenzia Federale del Trasporto Aereo
Esaminiamo una per una tutte le teorie e le possibilità e facciamo alcune proiezioni sui potenziali esiti di questo evento.

In primo luogo, non si può ignorare che questo evento si è verificato l’8/23 mentre il colpo di stato di Wagner è avvenuto il 6/23, giorno in cui sono stati uccisi gli aviatori russi. Qualcuno potrebbe compiere un gesto simbolico per riscattare la memoria degli aviatori uccisi.

Per quanto riguarda la teoria del missile AD. Sono state diffuse diverse immagini del relitto. Alcune, come la seguente, mostrano quelle che sembrano essere perforazioni da frammentazione di un missile AD:

Alcuni ricorderanno il famigerato abbattimento dell’MH17, con i fori di frammentazione su tutta la cabina di pilotaggio:

MH17 archival photo.

Tuttavia, altre foto provenienti dal luogo dell’incidente del jet Prigozhin non sembrano mostrare alcuna prova di questo tipo:

È interessante notare che, se ho capito bene le foto, l’impennaggio di coda si è completamente separato dal resto del velivolo mentre era ancora in aria, il che potrebbe implicare un’esplosione interna che ha fatto saltare in aria l’aereo nella parte posteriore o centrale.

I testimoni oculari descrivono 2 o 3 esplosioni, e un uomo sembra implicare che l’aereo sia esploso da solo:

Un altro video di un testimone oculare mostra l’aereo che cade, apparentemente senza l’impennaggio. Si sente il forte rumore di un motore a reazione, che ha portato alcuni a supporre che fosse un “caccia nelle vicinanze” ad abbattere il jet d’affari, anche se è molto più probabile che si tratti del rumore dei motori dell’aereo di Prigozhin:

Tuttavia, una cosa degna di nota è il fatto che sembra esserci una sorta di contrail nell’aria approssimativamente commisurata all’esplosione di un missile AD. Potrebbe anche trattarsi di qualcos’altro, di un’esplosione interna all’aereo stesso: è impossibile dirlo con certezza.

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Un abbonato ha notato un dettaglio interessante dopo aver analizzato i dati del servizio Flight-Radar. Secondo le registrazioni radar, già prima dello schianto, l’aereo è riuscito a perdere 100 nodi di velocità e ad aumentarla bruscamente, nonostante l’altitudine continuasse ad aumentare.In parole povere, queste metamorfosi sono avvenute anche prima del momento della caduta. È anche difficile spiegare un tale cambiamento di caratteristiche con la caduta stessa: di solito la velocità di stallo è inferiore a 150 nodi.Tutto questo, ovviamente, non permette di determinare la causa esatta dell’incidente del business jet: sarà la commissione a stabilirlo. Tuttavia, in ogni caso, anche la versione con una situazione di emergenza a bordo sullo sfondo dell’assenza di grosse tracce di elementi d’impatto sulla fusoliera sarà considerata alla pari delle altre.
Non sono un esperto di compagnie aeree civili. Forse qualcuno nei commenti può intervenire: è normale variare la velocità in questo modo, su e giù, come si vede qui sopra?

Secondo quanto riferito, Prigozhin volava di solito con due aerei e passava da uno all’altro, con solo una piccola cerchia di persone che sapeva su quale aereo sarebbe stato in un dato momento:

Valery Chekalov, morto insieme a Prigozhin, era l’unico a conoscere gli spostamenti dell’uomo d’affari – era lui a dirigere la logistica dei trasportiSecondo una fonte di Readovka, Valery Chekalov, morto insieme a Prigozhin, è l’unico a sapere esattamente dove si trovava l’uomo d’affari e a che ora. Era responsabile di tutti gli spostamenti e della logistica dei trasporti. Inoltre, Chekalov era il vice di Prigozhin per una serie di questioni importanti – in particolare, era uno dei responsabili della fornitura di munizioni. Di norma, Chekalov e Prigozhin volavano su aerei diversi, ma questa volta era sullo stesso aereo dell’uomo d’affari.

Queste tattiche, ovviamente, sono standard per i VIP di alto profilo. L’inclinazione di Prigozhin per i travestimenti e cose del genere era già stata scoperta la volta scorsa.

L’unica cosa che lascia perplessi è che se l’atto è stato compiuto tramite un esplosivo piazzato sull’aereo, come avrebbero fatto gli autori a sapere quale aereo “minare” se lui l’ha effettivamente tenuto nascosto fino all’ultimo momento? È stato riferito che le autorità russe hanno recuperato un filmato, presumibilmente dall’aeroporto, che mostra esattamente l’aereo su cui è salito nel tentativo di confermare la sua morte. Quindi, se si trattava di un attentato governativo, avrebbero saputo all’ultimo momento su quale aereo era salito, ma questo non avrebbe dato abbastanza tempo per piazzare un esplosivo su di esso.

Naturalmente, è possibile che entrambi gli aerei siano stati imbottiti di esplosivo. Oppure Prigozhin stesso potrebbe aver accettato in qualche modo un ordigno esplosivo, a sua insaputa, così come Vladlen ha accettato la statua/busto con le sue sembianze.

Quindi ora usiamo questo per passare alle teorie su chi o come potrebbe essere stato fatto. Cui bono e chi ci guadagna o ci perde?

In primo luogo, affermiamo l’ovvio: se Putin o l’FSB avessero voluto “far fuori” Prigozhin, probabilmente non l’avrebbero fatto in un modo così ovvio, sul territorio russo, vicino a Mosca, ecc. Questo stile di assassinio puzza del ridicolo assassinio di Boris Nemtsov da parte della CIA, sui gradini del Cremlino, come foraggio per le credulone masse occidentali che potrebbero credere che Putin avrebbe assassinato qualcuno letteralmente sul terreno del Cremlino.

Quindi l’omicidio di Prigozhin ha le caratteristiche di una forza esterna che cerca di incastrare la Russia con il presumibile intento di iniziare, o continuare, la guerra intestina tra la fazione fedele a Wagner e il Cremlino/MOD. Naturalmente, è possibile che un comandante di S-300/400 disonesto abbia colto l’occasione per recuperarne uno “per i ragazzi” uccisi dagli uomini di Prigozhin il 23 giugno. Tuttavia, dato ciò che ora sappiamo sul subdolo plane-hopping di Prigozhin, un tale comandante disonesto non saprebbe quale aereo colpire, dato che due degli aerei di Prigozhin erano in volo nello stesso momento, uno dei quali è tornato e atterrato a Mosca dopo l’abbattimento del primo.

Potremmo forse sostenere che il “comandante disonesto” riceveva informazioni precise da una fazione militare sotto forma di un generale che voleva vendicarsi, e che aveva informazioni più precise su quale aereo abbattere. Questo è possibile. Tuttavia le foto dei detriti viste sopra non sembrano indicare un missile AD, a mio avviso. Anche le 2 o 3 esplosioni udite dai testimoni oculari sono un indizio intrigante e particolare, soprattutto se si considera che se fosse stato usato un ordigno a bordo, probabilmente non avrebbe provocato diverse esplosioni di questo tipo.

Prendetelo con un granello di sale, ma abbiamo le seguenti indiscrezioni:

CHVK-OGPU: “I parenti dell’assistente di volo di Prigozhin Kristina Raspopova, in riferimento alle parole della ragazza, hanno raccontato di strane manipolazioni dell’aereo prima dell’ultimo volo. È stato portato via per alcune riparazioni a breve termine e incomprensibili”.

And:

Entrambi provengono dalla propaganda della VChK-OGPU, ma è qualcosa su cui riflettere.

Come ho detto, il simbolismo dal 23 giugno al 23 agosto sembrerebbe indicare una “rivincita”, ma questo può anche essere sfruttato e utilizzato da una terza parte per incastrare la Russia.

Ma potrebbe essere l’Ucraina/CIA o qualche altra terza parte ad averlo fatto? È difficile credere che abbiano avuto accesso all’aeroporto di Mosca in modo tale da potervi piazzare una bomba, anche se quanto detto sopra afferma che è stato attirato con un costoso regalo di vino, forse facendo leva sulle sue vanità nello stesso modo in cui la statua/busto di Vladlen ha fatto leva sulle sue. Ma è comunque difficile credere che l’SBU abbia potuto in qualche modo ingannare il notoriamente astuto e sospettoso Prigozhin con un pacchetto esplosivo di qualche tipo – anche se non possiamo escludere nulla.

Potrebbero aver abbattuto l’aereo nella regione scarsamente popolata con qualche tipo di armamento antiaereo contrabbandato dall’Ucraina? Beh, l’altitudine dell’aereo sembrava essere di quasi 30k piedi al momento del catastrofico “evento”. Non esiste quasi nulla che si possa contrabbandare oltre il confine e che possa abbattere un oggetto a quell’altezza. I Manpad raggiungono i 12-15k, più o meno. Nessun drone esistente può raggiungere quell’altezza, a parte il gigantesco RQ-4 Global Hawk americano o qualcosa del genere. Per raggiungere quell’altitudine servirebbe un sistema tipo Buk o S-300, che sarebbe impossibile da nascondere.

In generale, un missile di difesa aerea sparato contro il velivolo sarebbe difficile da nascondere, poiché ci sarebbe una scia almeno per una parte del volo (per lo stadio iniziale del booster) visibile da molte persone, quindi la probabilità di un abbattimento con missili AD è bassa. Alcuni indicheranno il presunto abbattimento Buk dell’MH17, ma un villaggio rurale nella parte più rada del Donbass non è paragonabile alla regione fuori Mosca.

Pertanto, la mia conclusione è che l’aereo è probabilmente esploso dall’interno e, se questo è il caso, ciò indicherebbe con maggior forza l’FSB, in quanto troverei difficile credere che Prigozhin sarebbe caduto nell’accettare un qualche tipo di ordigno esplosivo camuffato da qualcuno come un membro dell’SBU a terra, né un tale ordigno sarebbe stato facilmente innescato a 30 metri di altezza, in quanto sarebbe stato quasi impossibile utilizzare uno dei metodi più comuni come l’innesco di un cellulare, ecc.

Il mistero rimane. L’unica altra opzione concepibile è un lavoro dall’interno di qualche tipo. Qualcuno della squadra di Prigozhin che sapeva che doveva andarsene, per qualsiasi motivo. Uno stretto collaboratore fidato che conosceva tutti i segreti del suo capo sarebbe stato in grado di piazzare efficacemente un esplosivo di qualche tipo. Un bagaglio di una persona di questo tipo non farebbe scattare i sospetti di Prigozhin, per esempio.

Il suono di esplosioni multiple è ancora problematico, ma potrebbero esserci state delle esplosioni secondarie provenienti dai motori o da qualcos’altro.

Infine, vorrei menzionare la possibilità – per quanto remota – che Prigozhin e Utkin non siano nemmeno morti. Per la cronaca, al momento in cui scriviamo è stato sottolineato che l’identificazione dei corpi non è ancora avvenuta, in quanto gli specialisti di esplosivi erano prima sul posto a raccogliere le prove e a determinare le colpe. Sì, so che molti canali hanno pubblicato conferme da varie persone, compresi quelli “vicini a Wagner”, ecc. Ma c’è sempre la possibilità che l’imbroglione abbia inscenato la propria morte per sfuggire a quello che vedeva come un destino probabile, o che per qualche motivo il governo russo stesso sia stato complice nel depistarlo; in particolare, dato lo strano e indeterminato inganno dei due aerei che gli appartenevano entrambi nel cielo allo stesso tempo, e i rapporti successivi secondo cui egli era effettivamente sui registri di volo di entrambi gli aerei. In questo gioco, non mi fido di nulla che non veda con i miei occhi, e non ho visto chi è sceso quando il secondo aereo è atterrato a Mosca. Molto probabilmente lui e Utkin sono morti, ma lo dico semplicemente per coprire tutte le basi. Sono successe cose più strane.

Andiamo avanti.

Giorni fa, il noto canale di propaganda CHVK-OGPU ha diffuso la notizia che il famoso generale russo Sergei Surovikin era stato rimosso dal suo incarico di comandante in capo delle forze aerospaziali russe. Hanno riferito che era stato sottoposto a una sorta di detenzione dopo gli eventi dell’insurrezione di Wagner. Il licenziamento, almeno, è stato confermato ieri da fonti più “ufficiali”, come la statale Ria Novosti, che ha riferito che Surovikin è stato sostituito da un generale di nome Afzalov.

La verità è che il caso di Surovikin è stato alquanto sospetto, al punto che nessuno lo ha visto in nessuna riunione del MOD da giugno, compresa una recente a cui hanno partecipato Gerasimov e altri. Il mese scorso, il deputato della Duma russa Kartapolov è stato interrogato da un giornalista davanti a una telecamera per sapere dove si trovasse Surovikin, in un video che ho pubblicato in un precedente rapporto. Kartapolov ha risposto che stava “riposando per ora”, il che è sembrato uno scherzo di cattivo gusto. Tuttavia, ho pubblicato un audio della figlia di Surovikin che affermava che stava bene ed era impegnato al lavoro, quindi era difficile da analizzare.

Si dice che Surovikin fosse vicino a Wagner, e che Prigozhin sostenesse che l’intera operazione Bakhmut fosse essenzialmente dovuta al pensiero strategico di Surovikin. Si dice anche che abbia aiutato in modo non ufficiale a riorientare alcune scorte di munizioni inutilizzate da altri gruppi a Wagner. Tuttavia, ricordiamo che anche il generale Mikhail Mizintsev, che era vice ministro della Difesa, avrebbe fatto lo stesso per Wagner ed era vicino alla PMC. Anche lui fu “rimosso” ma gli fu permesso di unirsi a Wagner, cosa che fece.

Eccolo in veste di MOD russo:

E qui, in seguito, come parte di Wagner:

Ieri si diceva che anche Surovikin si fosse unito a Wagner, mentre altre voci dicevano che era stato semplicemente spostato ad altre mansioni nel ministero della Difesa. Non ci sono ancora conferme su dove sia effettivamente finito, e alcuni ritengono che sia stato detenuto o che possa rischiare la prigione.

Il punto è che questi due eventi sembrano chiaramente collegati. Sarà difficile convincermi che il capo e il più alto membro dell’esercito russo potenzialmente accusato di tradimento o di favoreggiamento del colpo di Stato di Wagner sia stato ufficialmente rimosso letteralmente poche ore prima che il capo del colpo di Stato stesso venisse assassinato, e che sia solo una coincidenza. Non si tratta necessariamente di una pistola fumante che conferma che il Cremlino è responsabile dell’attentato a Prigozhin. Dopo tutto, un terzo attore malintenzionato potrebbe aver usato l’incidente di Surovikin di ieri per colpire Prigozhin al fine di far apparire deliberatamente i due eventi collegati, ad esempio. Ma dato che il colpo a Prigozhin sarebbe stato probabilmente pianificato e coordinato con largo anticipo, è più difficile credere che il responsabile non sia un attore statale o i servizi di sicurezza russi.

Ma se gli eventi di Surovikin e Prigozhin sono collegati, come sembra, allora perché ora? Perché gli eventi sono culminati proprio ora?

Non ci sono prove dirette, ma alcune ipotesi puramente speculative potrebbero esserlo:

Forse un altro tentativo di “colpo di stato” di qualche tipo stava lentamente giacendo. Prima si diceva che molte truppe Wagner erano “scomparse” dalla Bielorussia, il che potrebbe non essere così strano come sembra, dato che è risaputo che la maggior parte di loro aveva ottenuto un qualche tipo di permesso. Molti o la maggior parte di loro sono probabilmente tornati in Russia, a quanto mi risulta. Se loro e Surovikin/Prigozhin hanno continuato a pianificare nuove provocazioni, allora questo potrebbe essere il risultato logico.

Tenete presente che do a quanto sopra una fiducia molto bassa e quasi lo 0% di probabilità, ma lo dico solo nell’interesse di fornire tutte le potenziali teorie.

L’altra cosa è che si diceva che Wagner sarebbe tornato in qualche zona di conflitto alla “fine di agosto”, cioè quando sarebbe scaduto il congedo, ma i soldati non avevano ancora idea di dove sarebbero stati impegnati, cioè in Africa, Bielorussia, Ucraina, ecc. Ci sono state forti voci che in realtà non erano più autorizzati a entrare in Ucraina, e questo sembra essere confermato dal fatto che Prigozhin ha persino cambiato il logo dei Wagner per incorporare l’araldica ufficiale della Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa, che indossava sulla sua patch nell’unico nuovo video che aveva girato dall’Africa giorni fa.

Ciò sembra indicare un passaggio permanente a Wagner come entità bielorussa da questo momento in poi, con un probabile duplice obiettivo: Bielorussia e Africa. Tuttavia, sembra che ci siano delle novità sul fronte dell’Africa. Christo Grozev di Bellingcat ha scritto pochi giorni fa un lungo reportage sugli intrighi che ne derivano. In sintesi, la sua tesi principale è che Wagner/Prigozhin e il Ministero della Difesa russo si sono recentemente contesi il fronte africano:

Il succo era che il Ministero della Difesa stava cercando di sostituire la Wagner in Africa, lentamente ma inesorabilmente, con una serie di proprie PMC. Nonostante la fonte, questo è credibile per ragioni logiche: ovviamente la Russia avrebbe potuto smantellare lentamente Wagner in tutto il mondo. A Wagner è stato permesso di crescere fuori controllo, al di là dei limiti imposti dai suoi padroni, e questo si è rivelato quasi costoso per la Russia.

Tuttavia, ci vuole tempo per rimpiazzare tutte le conquiste di Wagner, quindi è probabile che lo abbiano fatto lentamente. Questo, per ovvie ragioni, non piaceva a Prigozhin, che probabilmente stava facendo ulteriori mosse dietro le quinte per bloccare la MOD da ciò che considerava “il suo territorio”, l’Africa.

Ad esempio, un canale pro-Wagner afferma che:

“Se Prigozhin è morto, allora l’Africa è morta su quel piano, in cui la Federazione Russa ha formato la sua influenza economica e politica”. L’Africa è energia. Avendo perso l’Africa, stiamo perdendo una parte enorme del monopolio del controllo e della determinazione dei prezzi delle risorse energetiche. Per esempio, solo una settimana fa è stato comunicato il ritrovamento di un’enorme quantità di petrolio nello stesso Niger. Se gli Stati Uniti e l’Unione Europea controllano i Paesi esportatori di energia, possono scaricare i prezzi. Se gli Stati Uniti e l’Unione Europea controllano i Paesi esportatori di energia, possono scaricare i loro prezzi, riducendo così l’influenza energetica e politica della Russia e distruggendo allo stesso tempo la sua economia. Prigozhin non è “solo un generale come nella Seconda Guerra Mondiale”.
In primo luogo, prendete le assurdità di cui sopra con un granello di sale. No, l’Africa non è morta per la Russia senza Prigozhin. Ma è per illustrare il modo in cui Prigozhin e i suoi simili pensano. Era un oligarca, un uomo d’affari, un ex detenuto e un ladro. Considerava i suoi beni come suoi e avrebbe disprezzato chiunque avesse cercato di sottrarglieli. Sebbene si dissimulasse sotto il velo del “patriottismo, della patria” e simili, operava come un boss mafioso, come è stato testimoniato da tutti il giorno in cui ha lanciato un’insurrezione perché il Ministero della Difesa stava obbligando i suoi combattenti a registrarsi.

Questo solo per dare un contesto alle speculazioni secondo cui gli eventi di oggi potrebbero essere stati precipitati dalla lotta in corso e dalla contesa per l’Africa. Come ho detto, i wagneriani sarebbero dovuti tornare a fine agosto da qualche parte. Forse, vedendo la scadenza, alcune persone al potere hanno deciso di staccare completamente la spina e di effettuare una “acquisizione ostile” dell’organizzazione Wagner. Ho anche scherzato sul fatto che Surovikin potrebbe diventare il nuovo capo della Wagner, dato che Mizintsev ha seguito un percorso simile e la Wagner potrebbe aver bisogno di un nuovo “volto” dell’organizzazione.

A proposito, se leggendo il post sull’Africa avete provato un pizzico di disperazione o di preoccupazione, sappiate che è assolutamente pericoloso per qualsiasi società privata, in particolare per quella gestita da un oligarca mafioso ex detenuto, controllare completamente le relazioni di una determinata Grande Potenza con un intero continente. Non che io pensi che Wagner l’abbia fatto davvero, ma quello che voglio dire è che in nessun momento una società o un interesse privato, per quanto nobile e “patriottico” si dichiari, dovrebbe avere la licenza di essere il tramite principale di una grande potenza come la Russia nel trattare geopoliticamente con un continente o con altri Paesi. Quindi non importa quali siano i vostri sentimenti o le vostre disposizioni nei confronti di Prigozhin, dovete riconoscere il pericolo di una situazione del genere, in cui un uomo e la sua compagnia privata cercano di agire come guardiani e di ottenere il monopolio dell’accesso della Russia all’Africa.

Questo è inaccettabile per qualsiasi società democratica, per lo stesso motivo per cui la CIA e i suoi tirapiedi, la Federal Reserve o altre istituzioni simili sono parassiti esecrabili e antidemocratici. Perché queste istituzioni rappresentano figure non elette che non devono rendere conto a nessun elettorato o circoscrizione, il che è antitetico al modo in cui dovrebbe essere gestita una democrazia moderna.

Questo per dire che se vi trovate a schierarvi con Wagner’s in questa disputa speculativa sull’Africa, dovreste considerare quanto sia pericoloso per una corporazione avere tanto controllo e potere, a prescindere da come possiate pensare del MOD russo e della sua adeguatezza, competenza, ecc. Nessuna organizzazione privata dovrebbe vantare le chiavi di un continente e la capacità di trattenerle.

Se questo fosse davvero il caso, e avesse contribuito al culmine che abbiamo avuto oggi, allora si può iniziare a comprendere la potenziale necessità del Ministero della Difesa russo di sbarazzarsi del “consiglio di amministrazione” di Wagner una volta per tutte. L’unico punto controverso è che, se lo avessero fatto, lo avrebbero fatto alla periferia di Mosca? Inoltre, l’avrebbero fatto durante uno storico vertice dei BRICS, infangando potenzialmente Putin e la sua reputazione?

Da un lato, ciò sembrerebbe illogico. Dall’altro, dobbiamo ricordare che Putin e la Russia non si fanno scrupoli – quando è assolutamente necessario – a lanciare scenari importanti con potenziali “cattive ottiche” durante vertici importanti. Per esempio, la guerra georgiana dell’8/8/8 è stata lanciata mentre Putin era seduto con Hu Jintao a Pechino a guardare la cerimonia di apertura delle Olimpiadi estive del 2008. Ricordo ancora le testate giornalistiche che si scandalizzavano per la tempistica “oscena”. In effetti, stranamente, le Olimpiadi sono tornate a Pechino per la varietà invernale nel febbraio 2022 e si sono concluse quattro giorni prima che Putin iniziasse la SMO, il 24 febbraio 2022.

Questo per dire che Putin non è necessariamente al di sopra di ciò che deve essere fatto durante eventi o periodi “sensibili”. Se si tratta di difendere gli interessi della Russia, non si preoccupa di rovinare l’immagine o di mettere in cattiva luce qualche concorso.

Oggi, Putin ha fatto – in modo un po’ simbolico – una grande inaugurazione di un monumento commemorativo di Kursk per l’anniversario della fine della battaglia del 23 agosto 1943, e ha premiato i militari delle SMO:

In seguito, sarebbe tornato a Mosca e il suo corteo è stato avvistato mentre tornava di corsa al Cremlino, presumibilmente per una riunione di emergenza sugli eventi in corso:

Quindi, cosa succede ora? Wagner viene decapitato, Prigozhin e Utkin sono morti, così come la terza figura ombra di Prigozhin, Chekalov. Per chi non lo sapesse, Utkin era il “comandante ombra” di Wagner. Il suo nome di battaglia è Wagner e l’intero gruppo porta il suo nome. Per certi versi era il vero leader ideologico, mentre Prigozhin era solo il portavoce pubblico.

In primo luogo, alcuni rappresentanti di Wagner si riunirono fuori dal quartier generale di San Pietroburgo e pronunciarono queste parole:

Si diceva che si sarebbe riunito il “consiglio dei comandanti” di Wagner e si diceva anche che il Ministero della Difesa stava nuovamente rilasciando contratti ai combattenti Wagner rimasti.

Un aspetto potenziale è che Prigozhin potrebbe aver previsto gli eventi e aver lasciato un “interruttore del morto” per colpire in caso di morte. Una di queste voci provenienti dal canale propagandistico è la seguente:

“Una fonte che ha familiarità con Prigozhin sulla morte di quest’ultimo: “Prigozhin era sicuro che Putin gli avrebbe perdonato tutto e non aveva paura di nulla. Diceva di conoscere molte cose …. Vedremo se ora apparirà qualcosa dai suoi archivi… Per quanto riguarda le persone con cui Prigozhin è morto. Hanno sempre volato in tre: Prigozhin, Utkin, Chekalov. Chekalov era responsabile dell’intera retrovia, Utkin dell’unità di combattimento della PMC Wagner””.
L’altra preoccupazione naturale è che questo crei divisioni ancora maggiori contro il Ministero della Difesa russo e che i combattenti Wagner rimasti possano ribellarsi, soprattutto se questo evento avesse a che fare con una sorta di insurrezione di seconda fase già in atto dietro le quinte.

Alcuni video di dubbia provenienza sono già stati decimati, molto probabilmente dal CIPSO (Pysop Center) ucraino. Ad esempio, questo video sostiene di mostrare combattenti Wagner mascherati che avvertono di “cose che verranno”, ma è quasi certamente un falso dell’SBU:

Un corrispondente russo ha commentato così:

Egli solleva un punto interessante. Molti filo-ucraini, blogger 2D, troll preoccupati e schizopatrioti useranno questo evento per sostenere la teoria secondo cui Prigozhin è stato improvvisamente amato e la sua morte è stata molto compianta da tutti i militari russi che ora prenderanno le armi in suo onore contro il Ministero della Difesa.

Ricordiamo che dopo gli eventi di giugno, il sentimento della società russa si è rivolto pesantemente contro Prigozhin. L’unico “sentimento negativo” era quello delle persone arrabbiate perché Prigozhin non era stato punito. Ho pubblicato i sondaggi in un precedente rapporto che lo illustrano. Ora dovremmo credere che quelle stesse persone saranno scontente del risultato di oggi?

I propagandisti tenteranno anche qualche magia per farci credere che “patrioti” come Prigozhin e Strelkov sono stati puniti dal malvagio Putin. Eppure lo stesso Prigozhin non solo era un acerrimo nemico di Strelkov, ma lo considerava un vile traditore. Inoltre, è stato Wagner il responsabile dell’arresto di Strelkov, poiché un medico di Wagner ha confessato di essere stato lui a scrivere una denuncia alla polizia il giorno prima. Per inciso, lo stesso medico ha appena pubblicato questo video:

La verità è che Strelkov e Prigozhin/Wagner si odiavano a vicenda e ciascuno accusava l’altro di essere il principale traditore del Paese. Ma i propagandisti cercheranno ora di farci credere che entrambi questi uomini sono i “veri patrioti”, mentre Putin è il traditore. Quale dei due? Se uno dei due è il patriota, allora la sua parola deve essere d’oro, il che significa che la sua accusa all’altro di tradimento dovrebbe essere onorata, no?

In realtà, entrambi sono uomini che hanno cercato di ritagliarsi i loro piccoli regni usa e getta con la scusa di alcuni gesti patriottici e falsi ideali. Credo che questo riassuma al meglio Prigozhin:

Naturalmente, la parte in cui si dice che dopo il colpo di Stato il sostegno era considerevole è un po’ discutibile. Sì, il sostegno era ancora “considerevole”, in termini relativi, ma è diminuito in modo massiccio rispetto a prima. Ecco un rapido promemoria:

Prigozhin, secondo i miei calcoli, era una figura carismatica e simpatica. Perché, pur essendo un miliardario straordinariamente ricco, si rappresentava con successo come un “uomo comune”, il tipo di eroe popolare redento di cui sopra, una sorta di combattente per la libertà contro la miriade di corruzioni e mali del mondo moderno. Era un arguto uomo di spettacolo e aveva un buon fiuto per ciò che le masse affamate desideravano, il che lo rendeva attraente. Ma come certi imbroglioni – per esempio, più recentemente, Andrew Tate – aveva la capacità di nascondere i suoi interessi personali dietro abili facciate “nobili”. Finché si dà alla gente il 70% di ciò che vuole sentirsi dire, il 30% di truffe può essere facilmente mascherato con i giochi di prestigio di un prestigiatore di strada.

Forse, in definitiva, non era nemmeno un uomo cattivo – non sto necessariamente dicendo che lo fosse, o che le sue dispute con il Ministero della Difesa russo fossero dovute a cattiveria. Forse è persino comprensibile che da un uomo che ha costruito il proprio impero ci si aspetti che lo difenda strenuamente nel modo in cui lo ha fatto.

Ma a prescindere dal fatto che questo sia vero o meno, ciò che ha rappresentato è stato comunque pericoloso; ha creato un pericoloso precedente. Per un singolo individuo e la sua società/organizzazione/interessi privati esercitare un tale potere e tentare di influenzare le politiche dello Stato, per quanto carismatico o ben intenzionato, è pericoloso. Se al popolo non piace ciò che Putin sta facendo – o i generali da lui nominati, se è per questo – può votarlo; è così che dovrebbero funzionare le democrazie. Prigozhin rappresentava una minaccia virulenta per lo Stato russo, indipendentemente dalle sue intenzioni apparenti. Il fatto è che il popolo non ha appoggiato ciò che ha fatto o tentato di fare il 23 giugno. Questo è oggettivamente dimostrato dai sondaggi. Se si facesse un sondaggio, sospetto che la popolazione non approverebbe nemmeno il suo tentativo di mettere fuori gioco la rappresentanza ufficiale dello Stato e del pubblico in Africa – se mai fosse così. Certo, si potrebbe obiettare che il Ministero della Difesa sta semplicemente cercando di sostituirlo con un’altra PMC privata, quindi qual è la differenza? Ma almeno si tratta di una PMC sotto il controllo dello Stato, il che la rende una sua estensione.

Quello che vedo è il lento, graduale e inevitabile lavoro di riforma e pulizia che il Ministero della Difesa sta facendo sull’intero quadro sistemico e sull’infrastruttura delle forze armate russe e dei suoi vari apparati. È una riorganizzazione su scala colossale, una purificazione, un’abluzione. È un processo in corso dall’inizio dell’OMU. Abbiamo parlato a lungo di come la Russia non fosse strutturalmente abbastanza solida per gestire la portata degli eventi odierni. Questo include il fatto spesso citato della prima mobilitazione parziale dalla Seconda Guerra Mondiale, il più grande impiego di forze, ecc.

Ci sono stati infiniti rimpasti, riattrezzamenti e aggiustamenti fatti al volo per raddrizzare la nave e portare la macchina statale russa in assetto da combattimento. Si tratta di un processo di trasformazione storico ed epocale che sta eliminando decenni di ruggine e marciume burocratico, convoluzione e anelasticità in molti livelli e stazioni, da cima a fondo. E sì, non è bello. In molti momenti questo processo appare brutto, disfunzionale e nevrotico, ma credo che porterà a uno Stato migliore e più forte, con una visione e uno scopo più unificati.

Wagner era un residuo di questo processo. Hanno fatto il loro lavoro necessario, hanno svolto il loro ruolo di importante implementazione dello Stato in un momento in cui l’apparato militare russo era forse incerto e senza timone. Ma ora sta nascendo qualcosa di nuovo. Nuove e più forti strutture devono nascere per prepararsi alle cose senza precedenti che verranno. Per uno Stato civilizzato come la Russia, tutti gli organi e gli strumenti che lo compongono sono pedine degli scacchi con un ruolo da svolgere: non devono mai dimenticarlo, né diventare troppo grandi per le loro tasche. Tutto e tutti devono servire lo Stato, che a sua volta serve il popolo russo. Dal momento del conflitto siriano in poi, Wagner ha goduto di una rara forma di libero arbitrio in un momento in cui la leadership russa mancava di una certa coerenza, che ha portato Prigozhin a supporre che le cose sarebbero rimaste sempre così. Ora devono essere assorbite e regolate mentre lo Stato costruisce un nuovo, storico livello di attenzione centralizzata e di allineamento di visione e azione.

Ecco perché non possiamo fare i sentimentali sul fatto che un pezzo o l’altro venga “scartato” se ha superato la sua utilità. Come disse una volta Putin a un giornalista, “non sono un tuo amico, sono il presidente della Russia”. Si riferiva a una certa prospettiva secondo cui uno Stato non può ricorrere al sentimentalismo, uno Stato può solo servire i suoi interessi, che sono gli interessi del suo popolo. Wagner stava servendo questi interessi con gli intrighi descritti prima? È forse nell’interesse della Russia mettere fuori gioco i rappresentanti ufficiali dello Stato in un intero continente, ritagliandolo come feudo personale di un signore della guerra? Una società privata tecnicamente serve solo gli interessi dei suoi membri e dei suoi azionisti, indipendentemente da ciò che dichiara o dalle parole d’ordine e dagli slogan patriottici che adotta.

Prigozhin poteva avere il cuore al posto giusto. Non nego che non amasse il suo Paese o che non volesse il meglio per esso. Ma la sua lealtà era naturalmente divisa tra il suo Paese e la sua creazione personale, il progetto che considerava la sua opera magna e la sua eredità imperitura; e purtroppo questo ha portato a un conflitto di interessi mortale.

Detto questo, anche alla luce di questo conflitto di interessi, non possiamo essere certi che la Russia avrebbe fatto ricorso a un’uccisione così ostentata, per di più alla periferia di Mosca. Potrebbe ancora essere stato un terzo attore malintenzionato con l’intento di incastrare la Russia e fomentare la divisione e una nuova ribellione. Dopotutto, il tempismo è singolare, viste le azioni della Russia in relazione al licenziamento di Surovikin, ma, al contrario, il tempismo è altrettanto “interessante”, viste le disperate promesse di escalation dell’Ucraina – e, per estensione, della NATO e dei relativi servizi di intelligence – e l’urgente necessità di qualcosa di nuovo per destabilizzare la Russia, al fine di salvare la propria disastrosa “controffensiva”. Lo stesso Budanov ha promesso altre “sorprese” per la fine di agosto, se ricordo bene, e l’Ucraina ha sempre più puntato sul terrore come ultima trovata.

È difficile dire con certezza quale delle due ipotesi sia più probabile; anche se non è necessario ricordare che Prigozhin aveva davvero segnato il suo destino con le sue azioni senza precedenti a giugno, e nessuna persona sana di mente potrebbe sostenere che la sua vendetta era probabilmente in programma in futuro. Persino i più sfortunati tra gli analisti si sono permessi di dire che “il suo tempo era breve per questo mondo”. I Dudayev, i Baisorov, i Basayev, gli Umarov e altri hanno tutti imparato il costo dell’attraversamento – o meglio, del doppio gioco – della Russia. Dopotutto, non possiamo dimenticare queste parole:

Vedremo se emergeranno nuove prove o se questa vicenda passerà alla storia come una delle infinite circostanze irrisolte su cui gli intrighi vorticano per sempre.

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