Chiudere la “parentesi” di Trump?_ di Ingrid Riocreux

Ricordiamo che l’arrivo al potere di Donald Trump era stato considerato come una “sorpresa” e persino come un “salto nell’ignoto” dai media mainstream.

Una sorpresa, quando le cifre hanno accennato alla sua vittoria o, almeno, non hanno escluso radicalmente la possibilità. Un salto nell’ignoto, come se nessuna elezione fosse possibile; soprattutto, come se fosse assolutamente preferibile restare nel campo del prevedibile e del ripetitivo, supplicando la domanda che sarebbe bene appoggiare, mi sembra. In realtà, il trattamento mediatico di questo evento rifletteva l’incapacità di integrarlo nella consueta griglia di lettura del progressismo, quella di un senso della storia che implicherebbe l’inevitabile e sistematico sradicamento delle forze del passato e di ogni individuo identificato come. reazionario o populista (il popolo è un peso morto del passato di cui le élite illuminate vorrebbero sbarazzarsi).

Abbiamo visto questa logica applicarsi nuovamente in occasione della sconfitta dello stesso Donald Trump. Le espressioni usate per qualificare l’evento lo testimoniano. Abbiamo parlato di “chiusura della parentesi”, “risveglio da un incubo”, “fine della ricreazione”. Ciascuna di queste formule è interessante. La fine della pausa rimanda alla volontà di ridurre Donald Trump a una sorta di istrione eccentrico e incompetente.

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Troviamo questo discredito, in un’altra forma, nella metafora del risveglio dopo un incubo; qui abbiamo chiaramente a che fare con il registro della demonizzazione iperbolica. Notiamo che lo psicoanalista della radio France Info, Claude Halmos, ha dedicato un programma per esporre come interpretazione perfettamente oggettiva di una diagnosi collettiva, che i francesi (sì, noi, perché proviamo molta empatia nei confronti del popolo americano) Si sentirebbe meglio d’ora in poi perché la personalità molto ansiogena di Trump ha lasciato il posto a una figura rassicurante incarnata da Joe Biden. Ma la meno esagerata di queste tre espressioni è senza dubbio la più sintomatica:

Si parla anche di un ritorno alla normalità, come se questi quattro anni di presidenza fossero anormali. Devono apparire come una stranezza, un errore nella storia che ha urgente bisogno di essere cancellato e dimenticato. È in una damnatio memoriaeche i nostri media vorrebbero condannare Donald Trump. Questo trattamento dell’informazione, totalmente di parte, culmina in due fatti giornalistici che hanno attirato la mia attenzione: primo, anche se abbiamo condannato la messa in scena del potere nell’americano praticata da Donald Trump, la cerimonia di inaugurazione ridicolmente kitsch di Joe Biden, che ha coinvolto Jennifer Lopez e Lady Gaga con il suo microfono d’oro, per non parlare dei voli lirici sulla democrazia salvati in extremis da un presunto colpo di stato, non ha suscitato alcun sarcasmo giornalistico. Al contrario, una forma di meditazione, a testimonianza di una piena e totale adesione a questo scenario hollywoodiano del “tutto è bene quel che finisce bene”, ha costituito l’atteggiamento consensuale dei giornalisti che hanno seguito l’evento. Poi, il commento che Joe Biden ha iniziato il suo mandato firmando quasi due dozzine di ordini esecutivi che ribaltano le decisioni del suo predecessore ha chiaramente reso inutile qualsiasi revisione del record del suo predecessore, che è normalmente una costante richiesta e molto necessaria quando il leader lascia il potere. In altre parole, sembra inteso che Donald Trump, come lui sceglie, non ha fatto nulla che valesse la pena ricordare, incompetente che è (tesi di recesso), oppure ha preso solo decisioni sbagliate, dannose com’è (tesi dell’incubo); ma a che serve soffermarsi su quello che ha fatto o non ha fatto visto che, vedete, il suo mandato era solo una parentesi, ormai chiuso. che è normalmente una costante obbligatoria e molto necessaria quando un leader lascia il potere. In altre parole, sembra capito che Donald Trump, come lui sceglie, non ha fatto nulla che meriti di essere ricordato, incompetente che sia (tesi di recesso), o abbia preso solo decisioni sbagliate, dannose com’è (tesi dell’incubo) ; ma a che serve soffermarsi su quello che ha fatto o non ha fatto visto che, vedete, il suo mandato era solo una parentesi, ormai chiuso. che è normalmente una costante obbligatoria e molto necessaria quando un leader lascia il potere. In altre parole, sembra capito che Donald Trump, come lui sceglie, non ha fatto nulla che meriti di essere ricordato, incompetente che sia (tesi di recesso), o abbia preso solo decisioni sbagliate, dannose com’è (tesi dell’incubo) ; ma a che serve soffermarsi su quello che ha fatto o non ha fatto visto che, vedete, il suo mandato era solo una parentesi, ormai chiusa.

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