CARO ZIO JOE, LA VECCHIAIA TI FA BELLO? di Gianfranco Campa

 

CARO ZIO JOE, LA VECCHIAIA TI FA BELLO?

 

Il vecchio caro Joe Biden rompe gli indugi e si presenta alle primarie democratiche per giocarsi la possibilità di sfidare Donald Trump alle presidenziali del 2020. Zio Joe dovrà scalare una montagna molto ripida. Il partito democratico di zio Joe non esiste più. Quello di oggi è un partito democratico orientato decisamente verso l’estrema sinistra. Zio Joe rappresenta il vecchio establishment democratico centrista Clintoniano (Bill…), mentre la nuova leva del partito democratico si è spostata su tematiche e politiche decisamente lontane dai parametri dell’establishment tradizionale del vecchio asinello.

L’ ex vicepresidente Joe Biden ha 76 anni e dovesse vincere le elezioni, il senatore democratico del Delaware, sarebbe il più vecchio presidente Americano mai insediatosi alla Casa Bianca. Il più vecchio fino ad ora è l’attuale presidente Donald Trump, investito nel gennaio del 2017 a 70 anni. Prima di Trump, il più anziano presidente è stato il repubblicano Ronald Reagan, che la momento della sua inaugurazione, nel Gennaio del 1981, aveva 69 anni. Un eventuale presidenza di Biden prenderebbe l’avvio nel gennaio del 2021 alla veneranda età di 78 anni; un record assoluto che lo vedrebbe alla fine della sua prima legislatura oltre la soglia degli 82 anni e dovesse vincere un secondo mandato, alla fine della sua presidenza, Biden supererà gli 86 anni. Con tutto il rispetto per zio Joe, le interviste i giornalisti le andrebbero a fare in una Casa Bianca trasformata in casa di cura presidenziale.

A livello di salute Biden sembra per il momento abbastanza vitale; quello che più preoccupa è lo stato mentale di zio Joe. Per chi non lo sapesse, nel febbraio del 1988, a 45 anni, Joe Biden ha subito un intervento chirurgico per correggere un aneurisma che gli aveva procurato un ictus emorragico ad un’arteria del lato destro del cervello. Biden svenne in una stanza d’albergo poco dopo aver tenuto un discorso sulla politica estera. Biden perse i sensi per oltre quattro ore prima di svegliarsi in un ospedale di Wilmington, nel Delaware. La situazione risultò subito talmente grave che venne trasferito al Walter Reed Medical Center, il tutto mentre riceveva l’estrema unzione dal prete. Il chirurgo, che ha eseguito l’intervento al cervello, all’epoca disse che l’operazione era stata più seria di quanto inizialmente si fosse pensato. Biden infatti fu sull’orlo di muorire.

Trattandosi di un rappresentante democratico, lo stato di salute mentale e fisico di Biden non è mai stato messo in discussione dai mass media. Quelle poche volte infatti che si sono sollevate obiezioni, ci sono sempre state potenti levate di scudi tese a proteggere Biden con dichiarazione di medici e di esperti lesti a minimizzare i problemi riguardanti la sua reale condizione fisica e soprattutto mentale. Ma se dobbiamo tenere conto delle dichiarazioni fatte di impeto durante l’emergenza medica di Biden, tutte sono, meno che rassicuranti.  La moglie di Biden, Jill, disse all’epoca che “Il nostro medico ci ha detto che c’era il 50% di possibilità al che Joe non sarebbe sopravvissuto all’operazione. Il medico ha anche detto che era ancora più probabile che Joe avrebbe avuto danni permanenti al cervello se fosse sopravvissuto…” Questo potrebbe spiegare le ripetute gaffe e atteggiamenti compromettenti dei quali Biden ha dato ampio sfoggio negli ultimi trenta anni. Biden è certamente un uomo fortunato ad essere sopravvissuto fino ad ora nonostante una miriade di altri problemi medico/fisici, tra i quali un battito cardiaco irregolare. Fortuna che potrebbe esaurirsi da un momento all’altroIn questo contesto bisognerà porre particolare attenzione alla scelta di chi sara` il suo vicepresidente, quella scelta ci dirà molto su quale reale binario la campagna elettorale di Biden si indirizzerà. E`più che probabile che il vicepresidente di Biden sarà quello/a che finirà la legislatura e avrà quindi il comando della situazione alla casa Bianca.

Bisogna in ogni caso chiarire che Biden non aveva nessuna intenzione di presentarsi alle primarie democratiche del 2020; dopo le elezioni presidenziali del 2016 riteneva ormai concluso il suo ciclo in politica. A quel tempo Biden, vice presidente uscente dell’amministrazione Obama, avrebbe voluto presentarsi alle primarie democratiche con la concreta possibilità non solo di vincere le primarie ma di ottenere senza problemi la presidenza. Biden sarebbe stato un avversario formidabile per Trump poiché avrebbe vinto in molti dei cosiddetti  stati del Rust Belt, quegli stessi stati che hanno consegnato la presidenza a Donald Trump. Biden politicamente parlando è sempre stato visto come un moderato centrista molto vicino alle cause dei colletti blu. Figlio della Pennsylvania, vicino ai movimenti sindacali, Biden avrebbe vinto senza problemi proprio in quegli stati che la Clinton non si è neanche degnata di visitare. Biden fu costretto a farsi da parte per non ostacolare la corsa della Clinton, poiché la avrebbe di sicuro relegata a un ruolo secondario, senza se e senza ma. La presidenza del 2016 era stata promessa alla Clinton; era il suo turno e nessuno poteva opporsi alla sua potenza e richiesta di lasciapassare. La scusa per giustificare la messa da parte di Biden fu la morte per un tumore al cervello del figlio, Beau Biden, avvenuta qualche mese prima delle primarie Democratiche. Biden e la sua famiglia non sono nuovi a tragedie simili. Nel Dicembre del 1972, la prima moglie di Biden, Neilla Hunter e la figlia di un anno, Naomi, rimasero uccise in un incidente automobilistico mentre facevano lo shopping natalizio a Hockessin, nel Delaware. I due figli maschi che erano nella macchina con la madre e la sorellina rimasero feriti non gravemente. A quell’epoca Biden era stato appena eletto al Senato e fu incoraggiato a continuare la sua carriera politica nonostante la tragedia personale e famigliare.

Fonti vicino alla famiglia hanno sempre sostenuto che zio Joe avrebbe espresso il desiderio di presentarsi alle primarie del 2016 ma fu sempre scoraggiato dai vertici del partito Democratico. Per bocca dello stesso Biden, il figlio morente avrebbe chiesto al padre di presentarsi alle elezioni del 2016. Ora quegli stessi vertici democratici presi dallo scoramento emotivo nel vedere Bernie Sanders in testa ai sondaggi, hanno supplicato Biden di salvare il salvabile e presentarsi alle primarie del 2020.  Un grido di aiuto arrivato anche dai Mass Media, dall’Establishment repubblicano e da molti dei componenti dello stato ombra. Biden come cura contro il Trumpismo e il Sanderismo, l’ultima speranza di salvare il salvabile e rinsaldare una struttura composta da capitalismo sfrenato, complesso della macchina militare, establishment politico e stato ombra che vedono in Trump e nel cambiamento politico in atto nel partito democratico i nemici principali e mortali.  Quello stesso Biden che era stato confinato, relegato al ruolo comprimario prima con Obama e poi con Hillary Clinton è ora diventato il salvatore della patria. Il problema però è che ormai, come ho detto prima, il partito democratico di Biden è in via di estinzione. L’ostacolo maggiore per Biden non è superare Trump e vincere le prossime presidenziali bensì vincere le primarie democratiche ed aver la meglio sugli altri candidati democratici.

La disperazione dell’establishment politico si rivela nella volontà di voler Joe Biden candidato a tutti i costi. Lo stesso Biden ha dichiarato che molti esponenti dei poteri forti, inclusi alcuni leaders politici mondiali (sarei curioso di sapere chi siano questi leaders mondiali) lo avrebbero supplicato di presentarsi alle presidenziali del 2020. Non sono mancate dichiarazioni di sostegno da entrambe gli schieramenti politici; per esempio dalla famiglia di John Mccain la quale avrebbe sostenuto che alle presidenziali, in un’ipotetica corsa Biden contro Trump, loro avrebbero votato sicuramente per Biden. Questo ardente desiderio di voler Biden, candidato a tutti i costi, si scontra con le molte ombre che affliggono il vecchio zio Joe. Obama per esempio è rimasto muto all’annuncio di Biden di rendere ufficiale la sua candidatura alle presidenziali, cosa alquanto strana. Di solito un presidente uscente sostiene il suo vice presidente come candidato a succedergli più che altro per ragioni di eredità politica. Un presidente uscente vede benevolmente la candidatura del suo vicepresidente come una opportunità di continuare a costruire e consolidare il retaggio amministrativo del presidente uscente. Stranamente, sia nel 2016, sia ora Obama su Biden è rimasto in silenzio. Cosa sa Obama di Biden? Il silenzio e il mancato supporto di Obama e solo dovuto ad una diversità di opinione politica oppure dietro questo silenzio si nasconde qualcosa  di più sinistro? Biden nel giorno dell’annuncio della sua candidatura ufficiale ha dichiarato che avrebbe detto lui stesso ad Obama di non sostenerlo ufficialmente durante le primarie. Questa dichiarazione di Biden non è assolutamente credibile e porta a speculare sui motivi del mancato sostegno di Obama.

Biden era già stato candidato alla presidenza in due precedenti tornate elettorali; nel 1988 e nel 2008. Nel 1988 dovette scusarsi e abbandonare la corsa presidenziale per accuse di plagio e per aver mentito sul suo curriculum accademico. Le bugie e le gaffe verbali di zio Joe sono apertamente ben note nei circoli di Washington.

Joe Biden ha sempre affermato che nel 1972, la responsabilità del tragico incidente stradale in cui persero la vita la sua prima moglie e sua figlia, era dell’autista del camion ubriaco. Accusa sempre smentita dalla polizia e dai documenti che affermano al contrario che purtroppo l’incidente fu causato da una manovra maldestra della moglie. La famiglia del camionista coinvolto nel tragico incidente, Curtis C. Dunn, ha sempre respinto le accuse di Joe Biden e  ha  sempre manifestato l’angoscia che pervade la famiglia per la continua menzogna perpetrata da Biden ai loro danni. Pamela Hamill, una delle figlie, ha  chiesto più volte a Biden di smetterla di infangare la memoria del suo defunto padre, scomparso nel 1999 e quindi non più in grado di difendersi. Dunn era il conducente del camion a rimorchio coinvolto nell’incidente del dicembre 1972. Secondo il giudice della Corte Suprema del Delaware, Jerome O. Herlihy, che ha supervisionato le indagini della polizia come procuratore capo, non ci sono prove a sostegno della accusa di Biden: “Le voci sulla guida in stato di ebbrezza come fattore di corresponsabilità, in particolare per il camionista (Dunn), non sono corrette.” La polizia ha stabilito che la prima moglie di Biden aveva tagliato involontariamente la strada al camion, senza accorgersi del suo arrivo. Nonostante il tentativo di Dunn di evitare la collisione, nella sterzata per evitare una collisione,  il mezzo si è rovesciato distruggendo la macchina dei Biden. Dunn fu il primo a fornire assistenza, una scena che ha lasciato un segno indelebile per il resto della vita di Dunn fino alla sua morte.

Ci sono altre ombre nel passato e presente di zio Joe; le ha sommarizzate bene l’altro nostro vecchio indipendente, esponente di spicco di questa pazza stagione della politica  americana, Bernie Sanders: “Il popolo americano è stanco di sentire parlare del nepotismo, del vezzeggiare, del plagio, della corruzione in Ucraina, della corruzione nelle Isole Vergini, del tentativo di colpo di stato contro il presidente Trump, del mentire sulla morte di sua moglie, dell’installare un governo mondiale aprendo i confini degli Stati Uniti.” Infatti una degli aspetti più ombrosi di Biden è la partecipazione attiva dell’altro figlio, Hunter Biden, negli affari loschi del governo Ucraino di Poroshenko e nel ruolo attivo che Biden e i suoi associati hanno probabilmente avuto nella costruzione del Russiagate.

Strana famiglia quella dei Biden; ricorda molto quella dei Kennedy. Una famiglia attraversata da tragedie e controversie, incluso la scioccante relazione di Hunter Biden, che nel 2017 avrebbe divorziato da sua moglie Kathleen Buhle, madre dei suoi tre figli, per mettersi insiema alla cognata, la vedova del fratello Beau, Hallie Olivere. La stessa Buhle ha accusato più volte Hunter di essere un cocainomane e giocatore d’azzardo.

Zio Joe in tempi normali avrebbe potuto essere il candidato principale dei Democratici. In tempi normali Biden avrebbe un percorso relativamente facile per la nomina. Ma questi non sono tempi normali e Joe Biden non è un candidato normale. Per zio Joe si prospettano delle primarie ostiche nel Partito Democratico. Dovrà correre inventandosi una nuova formula politica, denunciando e negando tutto ciò che è stato nel passato; tutto da capo per cercare di adeguarsi al volo a questo nuovo spirito che aleggia nel partito democratico.

Biden nel video della presentazione alla sua candidatura ha dichiarato che “Se diamo a Donald Trump otto anni alla Casa Bianca, cambierà per sempre e fondamentalmente il carattere di questa nazione e non posso quindi restare a guardare e assistere che ciò accada… ” Bisognerà vedere se il nuovo partito democratico, avverso al vecchio uomo bianco, rappresentante del decadente establishment politico americano, gli offrirà la possibilità di fermare Donald Trump. Io ho piu` di qualche dubbio su questo…