I DETENTORI DELLA VERITA’ di Gianfranco Campa

 

LA NUOVA CENSURA NEL VENTRE DELLA BESTIA FUTURISTICA

 

Il nostro mondo, quello in cui viviamo quotidianamente è ormai costellato, segnato, manipolato dall’universo dell’alta tecnologia. Un mondo che ci ha dato le piattaforme tecnologiche e i social media che dominano la nostra vita, quella di tutti i giorni, che ci consegna qualsiasi cosa desideriamo, a volte con un solo tocco di dito. Dall’informazione, alla comunicazione, allo shopping, ai rapporti sociali fino a finire alla educazione, le nostre vite sono segnati dal tempo speso su Google,  Facebook, Twitter, Youtube, Amazon, Ebay e così via. Consciamente o inconsciamente, molti di noi dipendono dalla correttezza di queste entità nell’attività di comunicare, comprare, vendere, visionare e perché no, anche monetizzare.

C’è però  un aspetto molto losco, sgradevole in questo nuovo che avanza. Il centro di questo mondo, di questo universo, che sempre di più detta i passi, scandisce l’orologio della nostre vite è la Silicon Valley. Nell’ultimo decennio, questo pezzo di terra nella baia di San Francisco, si è erta non solo a guida ma anche ad arbitro, giudice, tribunale e se necessario, a cecchino delle idee e delle opinioni pubbliche, politiche e sociali. A grandi falcate le industrie della Silicon Valley, forti del loro potere mediatico persuasivo, si  sono erette ed autoelette come paladine , guardiane di una cultura progressiva-liberale-globalizzata che pervade ormai tutti gli aspetti, anche quelli più insignificanti della nostra società e come tale non accetta nessun compromesso, ma semplicemente detta le leggi, le regole delle “diversità” ideologiche. Ciò che è meglio per noi, ciò che è più salutare, piu` igienico per il bene comune viene deciso, letteralmente parlando, da un Mark Zuckerberg o un Sundar Pichai.

Negli ultimi due anni, da quando cioè Donald Trump è entrato in politica, scardinando quei dogma che ormai erano considerati radicati è venuta fuori la vera parte torbida della Silicon Valley. Involontariamente, senza accorgersene, con il suo politicamente scorretto, con il suo pomposo modo di fare, Trump ha esorcizzato il mondo della Silicon Valley, facendone uscire appunto la parte più tenebrosa, spogliandolo della sua aura di finta santità.  Così due anni fa sono cominciati i problemi, sono venute fuori le insofferenze, le intolleranze, l’odio di chi predica libertà di espressione, di comportamenti e di credenze. La Silicon Valley spalleggiata dall’apparato composto da mass media, stato ombra, società segrete, forze di intelligence, sistemi bancari, finanziari e via dicendo, ha mostrato il suo volto reale.

Da quando la Brexit ha scosso le certezze elitiste, da quando Trump è apparso sulla scena, da quando il “populismo” ha cominciato a dominare il discorso politico è immediatamente partita la controffensiva delle classi progressiste-liberali-globalizzate tesa a mettere a tacere qualsiasi voce contraria, dando così inizio alle persecuzioni.  Con il pretesto delle storie di Fake News, siti, blog, canali, voci conservatrici non allineate, si sono ritrovati bloccati, tagliati fuori dai motori di ricerca di Google, bannati da twitter, cancellati da Facebook, sospesi da youtube, hackerati dalle orde barbariche. Impiegati di google si sono ritrovati licenziati dal giorno alla notte solo per aver espresso un idea non conforme al resto dell’universo google. Siti e piattaforme digitali informative di “destra” sono stati costretti a cessare le loro attività.

Alcuni esempi: il 13 di Gennaio il sito web Right Wing News ha cessato le operazioni. Era un sito popolarissimo nell’ambito degli attivisti di destra. Nato nel 2001, era  diventato mastodontico grazie alle condivisioni e ai passaparola su Facebook. Nel luglio del 2015 la pagina Facebook di Right Wing News aveva raggiunto 133 milioni di persone. Il Right Wing News aveva quasi 3,6 milioni di “mi piace” su Facebook . Era, in termini di numeri, in diretta competizione  con i giganti giornalistici americani generando la stessa quantità di traffico web di alcuni dei più grandi giornali americani. Con la scusa delle Fake News e delle ingerenze Russe nelle elezioni presidenziali, Facebook ha cominciato a bloccare, oscurare i contenuti del sito, facendolo gradualmente, per non destare sospetti e quindi l’ira dei lettori. Un lavoro paziente, sistematico, metodico, portato a compimento nel lungo termine. Se Facebook avesse oscurato ogni pagina conservatrice da un giorno all’altro, ci sarebbe stata un’enorme protesta. Ironia della sorte, molti siti sono cresciuti grazie a Facebook e sono morti grazie a Facebook, in altre parole ciò che Facebook dà, Facebook può portare via. Senza una entità capace di sostenere con milioni di dollari un progetto mediatico serio, la monetizzazione proveniente da google, facebook, youtube e twitter non poggia su solide fondamenta poiché e`alla mercé dei furori umorali e ideologici della Silicon Valley.

C’è poi anche la storia della tattica del “Shadow Banning” usato da twitter. Storia-denuncia, portata alla luce dall’attivista conservatore James O’Keefe, direttore del Project Veritas, organizzazione che segretamente registra con audio e video incontri in incognito con figure e lavoratori di organizzazioni accademiche, governative, private e statali, di lucro e non, che esprimono o descrivono pregiudizi ai danni di persone, entità, organizzazioni conservatrici. Project Veritas ha esposto qualche tempo fa`, registrando segretamente, impiegati di Twitter che hanno ammesso come Twitter applichi lo “Shadow Banning” contro simpatizzanti e organizzazioni conservatrici di destra. Shadow Banning è anche noto come “Stealth Banning” oppure “Hell Banning” e viene usato per bloccare siti o utenti “indesiderati”. Per esempio viene comunemente usato anche da altri gestori di servizi online per bloccare i contenuti pubblicati dagli spammer. Twitter, in questo caso, invece di mettere al bando direttamente un utente, classifica i suoi contenuti come spam; il malcapitato viene quindi semplicemente “nascosto” alla vista pubblica. In molti casi i proprietari dei siti  “bannati” non si rendono nemmeno conto di essere stati oscurati.

Un altro esempio è quello del Prager University, una organizzazione mediatica conservatrice che genera video a scopo educativo. La piattaforma mediatica di Prager University è enormemente  popolare. I video di Prager sono visti da milioni di persone. Il canale youtube di Prager annovera più di 1, 2 milioni di iscritti. Alcuni video hanno generato milioni di visitatori, fino a 6,3 milioni di visioni per l’esattezza. Eppure anche Prager è rimasta vittima degli insofferenti cervelloni della silicon valley. Youtube per ridurre la monetizzazione al fine di minare l’esistenza di Prager  ha catalogato alcuni video di Prager inserendoli nella lista restrittiva; i video di Prager cioè non sono visibili nelle scuole, nelle biblioteche e in qualsiasi casa dove ci sia un filtro antipornografico, nonostante che Prager sia un sito assolutamente pulito. Prager ha risposto facendo causa a Google del quale youtube e una sussidiaria. La battaglia legale si preannuncia interessante e infuocata.  Un caso che verrà seguito da moltissime persone, entità e organizzazioni che hanno un interesse personale in questa vicenda. Youtube è una compagnia privata e quindi non legata agli obblighi costituzionali della libertà di parola. Gli avvocati di Prager cercheranno di argomentare che la piattaforma dei social media è l’equivalente di una nuova piazza pubblica; un posto in cui vai quando vuoi partecipare ad un evento pubblico; di conseguenza le disparità di trattamento sono da considerarsi discriminatorie. Sarà interessante vedere se gli avvocati di Prager riusciranno a convincere i giudici della logica di questo argomento.

E così mentre nella Silicon Valley sale in cattedra la censura, il lento, inesorabile, esodo di quei già pochi imprenditori e lavoratori che si definiscono di destra è cominciato. Quelli che rimangono lo fanno a loro esclusivo rischio; nel più benevolo dei casi di essere emarginati, nel peggiore di perdere il posto, licenziati senza se e senza ma.

Uno dei leggendari imprenditori della Silicon Valley, il fondatore di Paypal, membro del Consiglio di Amministrazione di Facebook, Peter Thiel è stato forse l’unico che ha sostenuto Trump durante le elezioni presidenziali. Thiel non è il tipico esempio della Destra dura e pura americana, composta da patrioti armati fino a denti i quali si ritrovano nel weekend col fuoristrada nei boschi a sparare, cacciare e bere birra. Thiel fa parte piuttosto di un crescente numero di nuovi arrivati al movimento conservatore che mostra un aspetto più variegato rispetto agli stereotipi del conservatore tradizionale. Peter Thiel, come molti altri che si sono accostati al movimento di Trump, è un gay dichiarato, non interventista, di definizione nazionalista. Rigetta il concetto di neoconservatorismo e si distacca dalle componenti dell’establishment, pronto quindi a mettere a frutto la sua conoscenza informatica/imprenditoriale per la causa Trumpiana. L’investitore miliardario ha catturato i titoli dei media quando nel 2016  fu il primo relatore della storia, dichiarato gay, a salire sul palco della Convention Nazionale Repubblicana. All’epoca dichiarò che “ogni americano ha un’identità unica. Sono orgoglioso di essere gay. Sono anche orgoglioso di essere un repubblicano, ma soprattutto sono orgoglioso di essere un americano.

Per questo suo sostegno a Trump, Thiel ha pagato un prezzo altissimo, marginalizzato dalla Silicon Valley, condannato dai suoi stessi “amici”, si è ritrovato nella terra di mezzo, pagando in prima persona il suo anticonformismo.  Il sostegno di Peter Thiel a Donald Trump nelle elezioni presidenziali americane del 2016, nonostante le smentite, non solo ha danneggiato la sua relazione e la lunga amicizia con l’amministratore delegato e fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, ma ha convinto l’imprenditore Thiel a lasciare del tutto la Silicon Valley. Il sostegno di Thiel al presidente Trump lo ha emarginato nelle stanze del potere della Silicon Valley, irritando tra l’altro il resto del consiglio di amministrazione di Facebook dove ricopriva un ruolo da direttore sin dal lontano 2005. Anche l’amministratore delegato di Netflix, Reed Hastings, avrebbe direttamente criticato Thiel per il suo sostegno a Trump, mettendo in discussione le capacità di giudizio di Thiel.

Thiel è stato uno dei primi investitori di Facebook, uno che se ne intende di piattaforme social e media.  Secondo un articolo pubblicato sul Wall Street Journal, Peter Thiel ha deciso di trasferirsi lasciando San Francisco. Dopo aver trascorso quattro decenni nel nord della California, Thiel sta spostando la sua residenza e le sue società di investimento a Los Angeles. Sempre secondo il Wall Street Journal, il cinquantenne ha una villa di 650 metri quadri che si affaccia sulla Sunset Strip. Si prevede che anche i 50 dipendenti di Thiel Capital e Thiel Foundation si trasferiranno nella città degli Angeli. Thiel avrebbe qualche tempo fa, durante un incontro alla Stanford University, dichiarato che “La Silicon Valley è uno stato monopartitico

In apparenza Thiel si trasferisce dalle fogne liberal-progressiste della silicon valley a quelle liberal-progressiste di hollywood. Ma in realtà l’area di Los Angeles è diversa da quella di San Francisco. Pur essendo ampiamente democratica, a Los Angeles si sono ritagliati uno spazio e hanno sede le grandi, medie e piccole entità mediatiche che si identificano con la Destra Americana. L’area di Los Angeles e` diventata il bunker dove i sopravvissuti all’olocausto Repubblicano in California hanno trovato rifugio. Il conglomerato mediatico conservatore è ancora poco rilevante rispetto ai giganti liberali; eppure qualcosa sta cambiando. A Los Angeles hanno sede istituzioni mediatiche di Destra come Breitbart, Prager University, The Daily Wire, The Drudge Report e molti altri. E quindi entrano in gioco altre ipotesi e cioè che Peter Thiel si stia preparando con altri partner a creare un gigante dell’informazione destra-nazionalista. Secondo voci da confermare Peter Thiel e Rebekah Mercer sarebbero in trattativa per formare un’organizzazione mediatica. In questi ultimi anni, molti soldi dei due miliardari sono finiti tra i contributi finanziari elargiti al partito Repubblicano; rispetto però ad altri filantropi tradizionali “conservatori”, come per esempio i fratelli Koch, Thiel e Mercer non sono entusiasti del partito Repubblicano così come attualmente configurato. I due imprenditori hanno mostrato in tante occasioni insofferenza verso l’Establishment del Partito Repubblicano.

Thiel è in simbiosi con Trump; odia l’Establishment, ritiene certi concetti ideologici del centro destra superati, come per esempio il neo-conservatorismo e comprende che la battaglia presente e futura si giocherà su una revisione del conservatorismo stesso. Più polarizzata su un nazionalismo identitario piuttosto che su una visione globale del concetto conservatore.  In questo contesto Thiel e Mercer sanno benissimo che senza uno strumento mediatico importante di supporto a una nuova destra americana, il concetto di un nuovo movimento conservatore è destinato a fallire; durerà una stagione, quella di Trump, per poi essere relegato negli annali della Storia Americana.

La battaglia è appena cominciata, la montagna da scalare enorme, le forze oscurantiste potenti, ma se c’è un personaggio che può addomesticare il Dragone della Silicon Valley, inceneritore di idee alternative e forza di appiattimento culturale è proprio Peter Thiel. Partorito dal ventre della bestia della Silicon Valley, Thiel ne conosce le forze e le debolezze. La guerra è appena iniziata.