Qui sotto tre importanti articoli tratti dal bollettino mensile di Bernard Lugan “L’Afrique Réelle”. Si parla di Algeria. Un paese da sempre cruciale per il prestigio acquisito in Africa e per gli interessi e gli appetiti dei paesi europei mediterranei scatenati e coltivati da oltre due secoli. Un paese che diventerà ancora più strategico per la Spagna, la Francia e l’Italia, vista la posizione e soprattutto l’entità delle risorse energetiche, sia pure in declino e minerarie, ancora più essenziali a seguito della miope e masochistica politica di sanzioni nei confronti della Russia. I malumori tra i tre paesi non hanno tardato infatti ad affiorare, vista la concomitante situazione di paralisi e il blocco di forniture petrolifere in Libia. Il regime algerino ha perseguito in questi ultimi anni una politica di allontanamento dalla Francia, accentuando i rapporti con Cina e Russia. Sarà facile previsione, l’emergere del tentativo di approfittare della fragilità e delle debolezze del regime, le cui radici sono così bene esposte negli articoli di Lugan, per reinserirsi nel gioco geopolitico africano, partendo però dalla zavorra dei pesanti retaggi della colonizzazione e del progressivo disinvestimento economico della Francia in quell’area. L’Italia, al contrario, potrebbe ancora giocare qualche carta legata al sostegno alla guerra di indipendenza algerina e al ruolo dell’ENI di Mattei in quell’area. La inerzia del vincolo europeo e dell’Alleanza Atlantica giocano in direzione contraria, come del resto già successo in Libia, in un contesto però, allora molto più favorevole all’Occidente e con attori locali, come la Turchia, dalle ambizioni allora appena sbocciate. La condizione propizia per ridursi al ruolo di ascari. A conferma della postura particolare del nostro paese, la notizia del ritiro dei militari e del presidio ospedaliero italiani da Misurata, in Libia. Il nostro miserabile ceto politico ha avuto l’ennesima occasione per riacquisire un ruolo autonomo e costruttivo in quell’area. Si è avuto notizia che il vero motivo del rinvio delle elezioni generali in Libia, a novembre scorso, è stata l’eventualità, confortata da sondaggi che lo davano ad oltre il 50%, che vincesse Saif al-Islam, il figlio di Gheddafi, l’unica figura al momento in grado di garantire l’alleanza tra le due principali tribù attualmente in conflitto. Lo avevamo già sottolineato ripetutamente in questi anni. Dall’Italia, non ostante i legami storici con quella famiglia, nulla è pervenuto. Buona lettura, Giuseppe Germinario
L’identità dell’Algeria
Nel 2004 Mohamed Chafik ha posto una domanda “Perché il Maghreb arabo non arriva a costituirsi? »
E ha dato la risposta seguente: “È proprio perché non è arabo”.
Questa domanda e risposta è stata inclusa in un articolo pubblicato su Le Amazigh world, (n°53, novembre 2004), il cui titolo esplosivo era: “E se decolonizzassimo il Nordafrica per il meglio? Il che significava che dopo la colonizzazione francese i berberi dovrebbero liberarsi di quattordici secoli di colonizzazione araba…
In Algeria come in tutto il Maghreb, i berberi costituiscono il vecchio sfondo della popolazione.
Charles-André Julien ha scritto in riguardo dicendo che “Marocco, Algeria e
Tunisia sono popolati da berberi qualificati audacemente arabi”. (Vedi il mio libro su questo
Storia dei berberi).
Oggi, i berberofoni – e non tutti i berberi – rappresentano solo il 25% circa della popolazione dell’Algeria Questo declino è il prodotto di una storia complessa che ha conosciuto un’accelerazione dall’indipendenza nel 1962 che vide il trionfo dell’ideologia arabo-musulmana.
Fu quindi costruito il nuovo stato attraverso lo sfratto dei maquisard Berberi dall’esercito di frontiera che aveva vissuto la guerra, lontano dai combattimenti, nei campi della Tunisia e del Marocco.
Tuttavia, come il colonnello Boumediene la cui madre era Chaoui, i suoi leader, anche quando loro non erano arabi, furono acquisiti all’ideologia arabista. Per loro, la berberità rappresentava un pericolo esistenziale per costruire il nazionalismo algerino. Ecco perchè,
nell’agosto del 1962, appena acquisita l’indipendenza, il governo algerino abolì la cattedra di Kabyle dell’Università di Algeri.
La legittimità del regime si è radicata poi sulla negazione della storia dell’Algeria e la sua composizione etnica, la rivendicazione berbera essendo presentata dal “Sistema”
Algerino come una “cospirazione separatista diretta contro l’Islam e la lingua araba”. Per i leader algerini, il fatto di essere musulmani impone proprio di associare la nazione alla civiltà arabo. I più radicali sostenitori dell’ideologia arabo-islamica hanno anche sostenuto che i berberi erano usciti dalla storia e che loro non posso andare in paradiso se non attaccandosi ai lignaggi arabi. Quanto al ministro algerino dell’Educazione Nazionale, ha dichiarato nel 1962 che “I Berberi sono un’invenzione dei Padri Bianchi”…
Poiché i berberisti hanno rifiutato il dogma fondatore dell’Algeria araba, visto che l’amazighité sosteneva la composizione duale, araba e berbera, il partito FLN ha parlato di deriva “etnica”, “razzista” e “xenofoba” che minaccia di distruggere lo stato.
Questo è il motivo per cui i Kabyles e il Chaoui si ritrovarono cittadini di un mondo algerino arabo-musulmano che nega la propria identità. Da qui il problema dell’identità del Paese e del non detto esistenziale che paralizza il paese.
L’identità algerina. La questione al cuore di tutto
Per loro, la berberità rappresentava un pericolo esistenziale per costruire il nazionalismo algerino. Ecco perchè, nell’agosto del 1962, quindi, appena acquisita l’indipendenza, il governo algerino abolì la cattedra di Kabyle dell’Università di Algeri.
La domanda fondamentale a cui il sistema algerino rifiuta di rispondere è quella dell’identità del Paese:
è esclusivamente arabo-islamica o berbera e arabo-islamico? Per i sostenitori della tesi
dell’arabismo, il berbero infatti è un pericolo politico e il mantenimento di Amazigh una minaccia nella misura in cui questa lingua afferma un’identità che porta a un indebolimento, a uno sgretolamento della nazione algerina. Ecco perché il nazionalismo algerino, che è prima di tutto un islamismo arabo, è stato costruito contro la berberità.
Questo rifiuto dell’evidenza storica ed etno-politica si basa su un postulato che è l’islamizzazione, la quale avrebbe segnato la fine della storia dei berberi, la loro conversione all’Islam; li aveva inscritti irreversibilmente nell’area culturale dell’Islam, e quindi dell’arabo.
I BERBERI DALLA CONQUISTA ARABA ALLA CONQUISTA FRANCESE
Tra l’inizio del I secolo e l’anno 1830 i Berberi videro fermarsi i Romani, i Vandali, i
Bizantini, Arabi, Ottomani e Francesi.
Non essere implicati nei primi combattimenti che i Bizantini realizzarono nella regione di
Cartagine contro gli invasori arabo-musulmani, i berberi entrarono in battaglia soltanto
durante la quarta campagna di conquista (673-681), quando Abu al-Muhajir volle sottometterli.
L’anima della resistenza era allora Kusayla (Qusayla), capo della tribù Awréba degli Aurès. Nel 683 quest’ultimo intercettò e uccise il leader arabo Uqba ben Nafi el Firhy, poi ha preso Kairouan mentre gli arabi sopravvissuti abbandonarono Ifriqiya (l’odierna Tunisia), per ritirarsi verso oriente, fino alla Cirenaica.
Nel 687 Kusayla perse la vita nella battaglia di Mems (Sbiba), vicino a Kairouan e il suo
esercito fu sciolto. La resistenza berbera si è sfilacciata poi, una donna ha preso il comando degli ultimi gruppi di combattenti. Conosciuta nella storia sotto il nome di Kahina o Kahena (la strega) affibbiatale dagli arabi, anche lei apparteneva ad una tribù degli Aurès, gli Jarawa.
Ha vinto diverse battaglie, in particolare a Miskyna, nella regione di Costantino, contro le
truppe di Hassan bin Numa che furono respinte a Gabes. Nel 695 vinse nella regione di Tabarqua, poi, nel 698 (o nel 702), fu sconfitta nella regione di Gabès.
La leggenda riporta che avrebbe poi chiesto ai suoi due figli, Ifran e Yezdia, di convertirsi
all’Islam per salvare il suo lignaggio; poi si diede alla macchia prima di trovare la morte vicino a un pozzo che porta ancora il suo nome, Bir Kahina, a circa 50 km a nord di Tobna. Gli arabi la decapitarono e ne portarono la testa al Califfo.
Questa sconfitta non ha portato all’arabizzazione dei Berberi, ma semplicemente alla loro islamizzazione, tutto il Maghreb rimanendo etnicamente berbero fino al XII-XIIIesimo secolo, epoca delle migrazioni delle tribù arabe Beni Hillal.
Allora, era dalla fine del XVI secolo che i Berberi di tutto il Maghreb, quindi dell’Algeria,
hanno perso il controllo del proprio destino a causa della scomparsa dei loro ultimi tre regni, quello dei Merinidi nell’attuale Marocco, quello degli Zianides o Abd el-Wadides che si estendeva su parte dell’Algeria da Tlemcen a Bougie, e così via degli Hafsid che includeva la Tunisia più il Costantino. Da quel momento, il Marocco era governata da dinastie arabe (allora Saadiani alawiti), mentre i regni di Tlemcen e Tunisi passarono sotto controllo Ottomano. La scomparsa degli stati berberi fu parallela all’ascesa delle tribù arabe entrate al servizio dello Stato Cherifiano nel Marocco e della Porta Ottomana nelle Reggenze di Algeri e Tunisi.
Durante il periodo ottomano, i Kabylies e gli Aurès non sono mai stati controllati dal potere
di Algeri.
Per restare solo negli ultimi anni precedenti alla conquista francese, nel 1813, il fallimento di Omar Agha davanti a Tunisi è stato attribuito al tradimento dei contingenti Kabyle. Alcuni dei loro capi furono quindi decapitati, il che causò la rivolta. Nel 1824, la parte orientale della Cabilia si sollevò. I Mezzaia attaccarono Bougie intanto che i Beni Abbès tagliarono la strada Algeri-Costantino. Infine, alla vigilia della conquista francese, l’Ouaguenoun e l’Aït Djennad era in ribellione contro Algeri.
Il periodo francese ha portato all’emarginazione del berberismo perché, contrariamente a
una narrazione popolare, in Algeria, la colonizzazione attraverso il suo giacobinismo è stata benefica per l’ideologia arabo-musulmana e la lingua araba. Tanto più che una volta sconfitto Abd el-Kader, la lealtà degli “arabi” verso la Francia fu quasi totale, soprattutto durante la rivolta kabyle del 1871 che fu in parte schiacciato dagli schermagliatori “arabi” reclutati nell’ovest del paese.
Se l’insurrezione di Kabyle del 1871 trasse la sua forza dal suo sostegno etnico, ciò costituì anche la sua debolezza perché non riesce a coinvolgere le popolazioni arabizzate dell’Algeria occidentale. Da parte loro, negli anni ’40 dell’Ottocento, i Kabyles erano rimasti
lontano dalla guerra guidata da Abd el-Kader.
Nel 1871 in Cabilia la lotta fu aspra, i villaggi appollaiati dovettero essere presi uno dopo l’altro. Il 5 maggio Mokrani è stato ucciso e suo fratello Bou Mezrag lo ha sostituito. Nella loro ritorsione, i francesi avevano la “mano pesante”: le esecuzioni a morte, deportazioni in Nuova Caledonia, tasse di guerra, confisca di terre, distruzione di piantagioni, villaggi ecc.
Questa guerra ha lasciato un tale ricordo ai giacobini coloniali che si sono poi impegnati a combattere l’identità Kabyle come facevano le loro controparti metropolitane allo stesso tempo con i Bretoni o baschi; una politica che ha grandemente giovato alla lingua araba.
Mentre, da secoli, il blocco linguistico berbero aveva mantenuto le sue posizioni contro l’arabo, in pochi decenni di presenza francese si ritirò, si ritrasse e si frammentò. Blida e Boufarik, totalmente di lingua berbera al tempo della conquista francese era così diventata di lingua araba nel 1962. Quanto alla stessa Cabilia, il Berbero vi si ritirò seguendo l’esempio di Bouira o Dellys oggi in gran parte arabizzato. Anche l’emigrazione di Kabyle in Francia ha favorito questa deberberizzazione.
IL COLPO DELL’ESERCITO DELLE FRONTIERE (ESTATE 1962)
Durante l’estate del 1962, nell’Algeria appena indipendente, le contraddizioni contenute durante i sette anni di guerra contro la Francia vennero alla luce tra il GPRA (Governo Provvisorio della Repubblica Algerina) e l’ALN (Esercito di Liberazione Nazionale) comandato dal 1960 dal colonnello Houari Boumediene. Intatto perché profughi in Tunisia e Marocco, l’esercito di frontiera aveva appena combattuto le forze francesi. Il presidente del GPRA, Benyoucef Benkhedda non ha avuto paura di dire a questo proposito che: “Alcuni ufficiali che hanno vissuto fuori non hanno conosciuto la guerra rivoluzionaria come i loro fratelli nella macchia (…)”.
Nel 1958, dopo la creazione del GPRA (Governo della Repubblica algerina) a Tunisi,
i conflitti sono stati esacerbati tra tre forze:
1) Tra il “nocciolo duro” di questo organismo, composto di Krim Belkacem, Abdelhafid Boussouf e di Lakhdar Bentobbal da un lato, e i cinque prigionieri detenuti in Francia dopo il dirottamento del loro aereo il 22 ottobre 1956, vale a dire Ahmed Ben Bella, Hocine Ait Hamed, Mohamed Boudiaf, Mostefa Lacheraf e Mohamed Kheder d’altro canto.
2) Tra il GPRA e l’esercito di frontiera, l’ALN (Esercito di Liberazione Nazionale), di stanza in Marocco e in Tunisia.
3) Tra l’esercito di frontiera e i superstiti del macchia dall’interno. L’esercito di frontiera ha riconosciuto l’EMG (Staff Generale), guidato dal colonnello Boumediene quando i sopravvissuti della macchia dell’interno obbedivano al GPRA.
La presa del potere da parte dei sostenitori dell’esercito dei confini, uniti nel “gruppo Oujda” si realizzò in sette passaggi:
1) Iniziano Ahmed Ben Bella e Houari Boumediene con il loro colpo di stato nel maggio 1962 quando il GPRA è stato convocato per indire il congresso del CNRA (Consiglio Nazionale della Rivoluzione Algerina) (Meynier, 2003 e Haroun, 2005). Il loro obiettivo
era quello di raddoppiare il GPRA istituendo la carica politica che avrebbero controllato.
2) Il 28 maggio, dall’inizio dell’incontro, l’atmosfera era estremamente tesa tra Benyoucef
Benkheda, il nuovo presidente del GPRA[1] e il suo vicepresidente, Ben Bella, che inveì contro di lui.
La gestione collegiale poi implose e invece del dibattito sugli “accordi di Evian” si parlò di potere. Intorno a Ben Bella, un gruppo di pressione riesce a far adottare il modello socialista e il partito unico.
A seguito della votazione per eleggere i membri dell’ufficio politico per gestire l’inizio dell’indipendenza, Krim Belkacem, Abdelhafid Boussouf e Lakdar Bentobal, tutti e tre i ministri del GPRA, sono stati messi in minoranza, con alcuni delegati che li hanno accusati
di essere stati coinvolti nell’assassinio di Abbane Ramadan nel 1957.
Sconfessato, Benyoucef Benkheda lasciò l’incontro, mentre Krim Belkacem, nonostante sia stato inserito in minoranza, divenne il principale interlocutore della Francia ai colloqui di pace finali, a Parigi con il riconoscimento del solo GPRA.
Quanto a Ben Bella, è andato al Cairo e da lì in Marocco, dove si unì al colonnello Boumediene, Ahmed Boumenjel e il colonnello Chaâbani che ritenevano che il GPRA non avesse legittimità a governare un’Algeria indipendente.
3) I combattenti della macchia hanno quindi tentato la mediazione. Il 24 e 25 giugno, i wilayas II, III, IV, la Zona Autonoma di Algeri e i rappresentanti della federazione di Francia dell’FLN si riunirono a Bordj Zemmoura, in Cabilia. Annunciarono la creazione di un “comitato interwilaya”, poi condannarono la “ribellione” dell’EMG (esercito dei confini) e chiesero al GPRA di fare altrettanto.
4) Il 30 giugno il GPRA si riunisce e licenzia l’EMG. In risposta, il 2 luglio, Ben Bella e
Boumediene chiesero ai capi dei wilaya di mettersi agli ordini dell’EMG e ordinano
all’esercito di frontiera di prepararsi e dirigersi verso l’Algeria.
5) L’11 luglio, i capi di wilaya IV impedirono a Benyoucef Benkheda, il presidente di
GPRA, di tenere un incontro a Blida, intanto che Ben Bella si sarebbe stabilito a Tlemcen. È stato raggiunto lì, il 16, dal colonnello Boumediene e da Ferhat Abbas. Quest’ultimo, che era comunque un sostenitore dell’instaurazione di un potere civile, radunato nel “clan
di Tlemcen” contro il GPRA di Benyoucef Benkhedda[2] .
D’ora in poi, due coalizioni si opposero, il “gruppo di Algeri” e il “gruppo di “Tlemcen”.
Il secondo ha istituito un ufficio politico[3] che ha annunciato di aver preso in mano i destini dell’Algeria. Il colpo di mano era in corso.
6) Il 23 luglio, Mohammed Boudiaf e Aït Ahmed, separati dal “gruppo Tlemcen” che accusavano di voler instaurare una dittatura in Algeria si stabilirono nel paese di Kabyle, a Tizi Ouzou, da dove hanno lanciato un appello agli algerini per opporsi al colpo di stato. Il 27 Luglio, sono stati raggiunti lì da Krim Belkacem. Da quel momento, quindi, c’era un terzo gruppo, il “Gruppo Tizi Ouzou”.
7) Il 25 luglio il comandante Larbi Berredejem del wilaya II prese Costantino e si unì al
“Gruppo Tlemceno”. I combattimenti hanno avuto luogo
in città poi, il 29 luglio, la wilaya IV prese il controllo di Algeri, rimuovendo la città dalla ZAA (Zona Algeri autonomi) i cui capi furono arrestati. il 29 agosto si sono verificati violenti scontri ad Algeri; in seguito, il 4 settembre, Ben Bella ha preso posizione ad Orano da dove ordinò alle sue truppe di andare a marciare su Algeri, provocandoo violenti
combattimenti, in particolare a Boghari, Sidi Aïssa e Clef.
Il 9 settembre Ben Bella e il colonnello Boumediene entrarono ad Algeri alla testa dell’esercito di frontiera.
Le elezioni per l’Assemblea Costituente furono fissate il 20 settembre 1962, su liste singole, dopo la dichiarazione di Ben Bella che “la democrazia è un lusso che l’Algeria non può ancora permettersi”.
Il 25 settembre Ferhat Abbas è stato eletto presidente dell’Assemblea Nazionale e proclamò la nascita della Repubblica Democratica Popolare d’Algeria; poi Ben Bella fu nominato per formare il primo governo dell’Algeria indipendente. I combattenti interni erano stati quindi espulsi da quelli esterni e i politici dai militari.
Il congresso “fondatore” di Soummam era ben dimenticato.
Per combattere questo colpo di stato, un anno dopo, alla fine di settembre 1963, ex dirigenti di wilaya II e IV, così come i leader politici riuniti ad Aïn El Hammam, una cinquantina di chilometri a est di Tizi Ouzou, decisero di prendere le armi.
Nei giorni che seguirono, il governo mandò l’esercito ma la guerra civile fu fermata.
Il conflitto algerino-marocchino, la “guerra delle sabbie”, aveva temporaneamente riconciliato i due campi in una sacra unione.
Nel luglio del 1964, di fronte alla deriva autoritaria del potere e dei suoi disastrosi orientamenti economici, Ait Ahmed e Mohamed Boudiaf crearono il CNDR (Consiglio Nazionale per la Difesa della rivoluzione) e fondarono la macchia, in sostanza in Cabilia. Il colonnello Chaabani, capo di wilaya 6 (Sahara), ha cercato di marciare su Algeri,
ma fu arrestato e fucilato l’8 settembre. Quanto a Aït Hamed, fu arrestato il 17 ottobre 1964 con sentenza di morte. Perdonato, si rifugiò in Svizzera fino al 2001. La repressione del regime è stata feroce ed il mito della rivoluzione unita si era imposto sulla realtà.
Installato al potere con il supporto di Boumediene,
e sotto la sua supervisione, il 19 giugno 1965, Ben Bella, che stava cercando di liberarsi dalla presa militare, fu rovesciato dal colonnello Boumediene presidente del Consiglio della Rivoluzione, che lo fece rinchiudere a Tamanrasset, dove fu imprigionato per sedici anni.
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