IL TESORO NASCOSTO. NECESSITA’ E NON-NECESSITA’ DI UN ESOTERISMO CRISTIANO, di Flavio Piero Cuniberto

Questo articolo di John Mearsheimer, apparso il 17 agosto su “Foreign Affairs”, ha grande importanza, e va letto e valutato con la massima attenzione, sia per il suo contenuto, sia per il significato politico che assume. Le ragioni sono le seguenti:
Giocare con il fuoco in Ucraina
I rischi sottovalutati di una escalation catastrofica[4]
di John J. Mearsheimer
17 agosto 2022
I decisori occidentali paiono aver raggiunto un consenso sulla guerra in Ucraina: il conflitto si risolverà in una situazione di stallo prolungata, e alla fine una Russia indebolita accetterà un accordo di pace favorevole sia agli Stati Uniti e i suoi alleati NATO, sia all’Ucraina. Sebbene i dirigenti istituzionali riconoscano che sia Washington sia Mosca potrebbero dare inizio a una escalation per ottenere un vantaggio o prevenire la sconfitta, danno per scontato che sia possibile evitare un’escalation catastrofica. Pochi immaginano che le forze statunitensi finiscano per essere direttamente coinvolte nei combattimenti, o che la Russia oserà impiegare le armi nucleari.
Washington e i suoi alleati sono troppo faciloni e arroganti. Sebbene sia possibile evitare un’escalation disastrosa, la capacità dei contendenti di gestire questo pericolo è tutt’altro che certa. Il rischio è sostanzialmente maggiore di quanto non ritenga il senso comune. E dato che le conseguenze di una escalation potrebbero includere una guerra di grandi proporzioni in Europa, e forse anche l’annientamento nucleare, ci sono buone ragioni per preoccuparsi seriamente.
Per comprendere le dinamiche dell’escalation in Ucraina, iniziamo con gli obiettivi di ciascuno dei contendenti. Dall’inizio della guerra, sia Mosca sia Washington hanno ampliato le loro ambizioni in modo significativo, ed entrambi sono ora fortemente impegnati a vincere la guerra e raggiungere obiettivi politici formidabili. Di conseguenza, ciascuna parte ha potenti incentivi per trovare il modo di prevalere e, ancor più importante, per evitare di perdere. In pratica, ciò significa che gli Stati Uniti potrebbero entrare in combattimento se desiderano disperatamente vincere o impedire all’Ucraina di perdere, mentre la Russia potrebbe utilizzare armi nucleari se desidera disperatamente vincere, o se teme un’imminente sconfitta, uno scenario probabile se le forze armate statunitensi entrassero in guerra.
Inoltre, data la determinazione di ciascuna parte a raggiungere i propri obiettivi, ci sono poche possibilità di un compromesso sensato. Il pensiero massimalista che ora prevale sia a Washington sia a Mosca dà a ciascuna parte ulteriori ragioni per vincere sul campo di battaglia, per poter dettare i termini dell’eventuale pace. In effetti, l’assenza di una possibile soluzione diplomatica fornisce a entrambe le parti un ulteriore incentivo ad arrampicarsi in una escalation. Ciò che si trova sui gradini più alti della scala potrebbe essere qualcosa di veramente catastrofico: un livello di morte e distruzione superiore a quello della seconda guerra mondiale.
PUNTARE IN ALTO
Inizialmente, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno appoggiato l’Ucraina per impedire una vittoria russa e negoziare da posizione favorevole la fine dei combattimenti. Ma non appena l’esercito ucraino ha iniziato a martellare le forze russe, specialmente intorno a Kiev, l’amministrazione Biden ha cambiato rotta e si è impegnata ad aiutare l’Ucraina a vincere la guerra contro la Russia. Ha anche cercato di danneggiare gravemente l’economia russa imponendo sanzioni senza precedenti. In aprile, il Segretario alla Difesa Lloyd Austin ha spiegato gli obiettivi degli Stati Uniti: “Vogliamo vedere la Russia indebolita al punto che non le sia più possibile fare il tipo di cose che ha fatto invadendo l’Ucraina“. In buona sostanza, gli Stati Uniti hanno annunciato la loro intenzione di eliminare la Russia dal novero delle grandi potenze.
Ciò che più conta, gli Stati Uniti hanno impegnato la loro reputazione sull’esito del conflitto. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha etichettato la guerra russa in Ucraina come un “genocidio” e ha accusato il presidente russo Vladimir Putin di essere un “criminale di guerra” che dovrebbe affrontare un “processo per crimini di guerra“. Proclami presidenziali del genere rendono difficile immaginare che Washington faccia marcia indietro; se la Russia prevalesse in Ucraina, la posizione degli Stati Uniti nel mondo subirebbe un duro colpo.
Anche le ambizioni russe si sono ampliate. Contrariamente a quanto si pensa in Occidente, Mosca non ha invaso l’Ucraina per conquistarla e integrarla in una Grande Russia. Si trattava principalmente di impedire all’Ucraina di trasformarsi in un baluardo occidentale al confine con la Russia. Putin e i suoi consiglieri erano particolarmente preoccupati per l’adesione dell’Ucraina alla NATO. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha chiarito sinteticamente il punto a metà gennaio, dicendo in una conferenza stampa: “la chiave di tutto è la garanzia che la NATO non si espanda verso est“. Per i leader russi, la prospettiva dell’adesione dell’Ucraina alla NATO è, come ha affermato lo stesso Putin prima dell’invasione, “una minaccia diretta alla sicurezza russa“, una minaccia che potrebbe essere eliminata solo entrando in guerra e trasformando l’Ucraina in uno stato neutrale o fallito.
È a questo fine che, a quanto pare, gli obiettivi territoriali della Russia si sono notevolmente ampliati dall’inizio della guerra. Fino alla vigilia dell’invasione, la Russia si era impegnata ad attuare l’accordo di Minsk II, che avrebbe mantenuto il Donbass come parte dell’Ucraina. Nel corso della guerra, tuttavia, la Russia ha conquistato vaste aree di territorio nell’Ucraina orientale e meridionale, e ci sono prove crescenti che Putin ora intenda annettere tutta o la maggior parte di quelle terre, il che trasformerebbe effettivamente ciò che resta dell’Ucraina in uno stato disfunzionale, monco.
Per la Russia, la minaccia oggi è ancor maggiore di quanto non fosse prima della guerra, soprattutto perché l’amministrazione Biden è ora determinata a recuperare le conquiste territoriali russe, e a menomare in modo permanente la potenza russa. A peggiorare ulteriormente le cose per Mosca, Finlandia e Svezia stanno entrando a far parte della NATO, e l’Ucraina è meglio armata e più strettamente alleata con l’Occidente. Mosca non può permettersi di perdere in Ucraina e utilizzerà ogni mezzo disponibile per evitare la sconfitta. Putin sembra fiducioso che la Russia alla fine prevarrà sull’Ucraina e sui suoi sostenitori occidentali. “Oggi sentiamo che vogliono sconfiggerci sul campo di battaglia“, ha detto all’inizio di luglio. “Che dire? Che ci provino. Gli obiettivi dell’operazione militare speciale saranno raggiunti. Non ci sono dubbi su questo”.
L’Ucraina, dal canto suo, ha gli stessi obiettivi dell’amministrazione Biden. Gli ucraini sono decisi a riconquistare il territorio perso a vantaggio della Russia, inclusa la Crimea, e una Russia più debole è sicuramente meno minacciosa per l’Ucraina. Inoltre, sono fiduciosi di poter vincere, come ha chiarito a metà luglio il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, quando ha affermato: “La Russia può sicuramente essere sconfitta e l’Ucraina ha già mostrato come“. Il suo omologo americano a quanto pare è d’accordo. “La nostra assistenza sta facendo davvero la differenza sul campo“, ha detto Austin in un discorso di fine luglio. “La Russia pensa di poter tenere duro più a lungo dell’Ucraina e di noi. Ma questo è solo l’ultimo della serie di errori di calcolo della Russia“.
In buona sostanza, Kiev, Washington e Mosca sono tutti totalmente impegnati a vincere a spese del loro avversario, il che lascia poco spazio ai compromessi. Probabilmente, né l’Ucraina né gli Stati Uniti accetterebbero un’Ucraina neutrale; in realtà, l’Ucraina sta diventando ogni giorno che passa più strettamente legata all’Occidente. Né è probabile che la Russia restituisca tutto, o anche la maggior parte del territorio che ha sottratto all’Ucraina, in specie perché le animosità che hanno alimentato il conflitto nel Donbass tra separatisti filorussi e governo ucraino negli ultimi otto anni sono oggi più intense che mai.
Questi interessi contrastanti spiegano perché tanti osservatori ritengano che un accordo negoziato non avverrà a breve, e quindi prevedono una sanguinosa situazione di stallo. In questo hanno ragione. Ma gli osservatori stanno sottovalutando il potenziale di un’escalation catastrofica implicita in una lunga guerra in Ucraina.
Ci sono tre vie fondamentali verso l’escalation intrinseche alla condotta della guerra: una o entrambe le parti escalano deliberatamente per vincere, una o entrambe le parti escalano deliberatamente per prevenire la sconfitta, oppure i combattimenti escalano non per scelta deliberata ma involontariamente. Ciascuno dei tre percorsi potenzialmente può spingere gli Stati Uniti a entrare direttamente in guerra, o spingere la Russia a usare armi nucleari, o forse condurre a entrambe le cose.
ENTRA IN SCENA L’AMERICA
Appena l’amministrazione Biden ha concluso che la Russia poteva essere battuta in Ucraina, ha inviato più armi, e armi più potenti, a Kiev. L’Occidente ha iniziato ad aumentare la capacità offensiva dell’Ucraina inviando armi come il sistema di missili a lancio multiplo HIMARS, oltre a quelle “difensive” come il missile anticarro Javelin. Nel corso del tempo, sia la letalità sia la quantità delle armi sono aumentate. Si tenga presente che a marzo Washington aveva posto il veto a un piano per trasferire i caccia MiG-29 polacchi in Ucraina, sulla base del fatto che ciò avrebbe potuto condurre a una escalation, ma a luglio non ha sollevato obiezioni quando la Slovacchia ha annunciato che stava valutando l’invio degli stessi aerei a Kiev. Gli Stati Uniti stanno anche pensando di dare i propri F-15 e F-16 all’Ucraina.
Gli Stati Uniti e i loro alleati stanno anche addestrando l’esercito ucraino e fornendogli informazioni vitali che esso impiega per distruggere i principali obiettivi russi. Inoltre, come riportato dal “New York Times”, l’Occidente ha “una rete clandestina di commando e spie” sul terreno, all’interno dell’Ucraina. Magari Washington non è direttamente coinvolta nei combattimenti, ma è profondamente coinvolta nella guerra. E oggi manca solo un breve passo per avere soldati americani che premono il grilletto e piloti americani che schiacciano il pulsante di sparo.
Le forze armate statunitensi potrebbero essere coinvolte nei combattimenti in vari modi. Si consideri una situazione in cui la guerra si trascina per un anno o più e non c’è né una soluzione diplomatica in vista né un percorso plausibile per una vittoria ucraina. Allo stesso tempo, Washington desidera disperatamente porre fine alla guerra, forse perché deve concentrarsi sul contenimento della Cina o perché i costi economici del sostegno all’Ucraina stanno causando problemi politici in patria e in Europa. In simili circostanze, i politici statunitensi avrebbero tutte le ragioni per prendere in considerazione l’adozione di misure più rischiose, come l’imposizione di una no-fly zone sull’Ucraina o l’inserimento di piccoli contingenti di forze di terra statunitensi, per aiutare l’Ucraina a sconfiggere la Russia.
Uno scenario più probabile per l’intervento degli Stati Uniti si verificherebbe se l’esercito ucraino iniziasse a crollare, e la Russia sembrasse destinata a ottenere una vittoria decisiva. In tal caso, dato il profondo impegno dell’amministrazione Biden a prevenire questo esito, gli Stati Uniti potrebbero tentar di invertire la tendenza coinvolgendosi direttamente nei combattimenti. È facile immaginare i funzionari statunitensi convinti che sia in gioco la credibilità del loro paese, e persuasi che un uso limitato della forza possa salvare l’Ucraina senza indurre Putin a usare le armi nucleari. Oppure, un’Ucraina disperata potrebbe lanciare attacchi su larga scala contro paesi e città russe, nella speranza che una simile escalation provochi una massiccia risposta russa che finisca per costringere gli Stati Uniti a unirsi ai combattimenti.
L’ultimo scenario per il coinvolgimento americano ipotizza un’escalation involontaria: senza volerlo, Washington viene coinvolta nella guerra da un evento imprevisto che sfugge di mano. Forse i caccia statunitensi e russi, che sono già entrati in stretto contatto sul Mar Baltico, si scontrano accidentalmente. Un simile incidente potrebbe facilmente degenerare, dati gli alti livelli di paura da entrambe le parti, la mancanza di comunicazione e la demonizzazione reciproca.
O magari la Lituania blocca il passaggio delle merci sanzionate che viaggiano attraverso il suo territorio mentre si dirigono dalla Russia a Kaliningrad, l’enclave russa separata dal resto del paese. La Lituania ha fatto proprio questo a metà giugno, ma ha fatto marcia indietro a metà luglio, dopo che Mosca ha chiarito che stava contemplando “misure severe” per porre fine a quello che considerava un blocco illegale. Il ministero degli Esteri lituano, tuttavia, ha resistito alla revoca del blocco. Dal momento che la Lituania è un membro della NATO, gli Stati Uniti quasi certamente verrebbero in sua difesa se la Russia attaccasse il paese.
O forse la Russia distrugge un edificio a Kiev, o un sito di addestramento da qualche parte in Ucraina, e uccide involontariamente un numero considerevole di americani, per esempio operatori umanitari, agenti dell’intelligence o consiglieri militari. L’amministrazione Biden, di fronte a una sollevazione della sua opinione pubblica, decide che deve vendicarsi e colpisce obiettivi russi, il che conduce a una serie di ritorsioni tra le due parti.
Infine, c’è la possibilità che i combattimenti nell’Ucraina meridionale danneggino la centrale nucleare di Zaporizhzhya controllata dalla Russia, la più grande d’Europa, al punto da emettere radiazioni nella regione, portando la Russia a rispondere in modo proporzionale. Dmitry Medvedev, l’ex presidente e primo ministro russo, ha dato una risposta inquietante a questa possibilità, dicendo ad agosto: “Non si dimentichi che ci sono siti nucleari anche nell’Unione europea. E anche lì sono possibili incidenti“. Se la Russia dovesse colpire un reattore nucleare europeo, gli Stati Uniti entrerebbero quasi sicuramente in guerra.
Naturalmente, anche Mosca potrebbe istigare l’escalation. Non si può escludere la possibilità che la Russia, nel disperato tentativo di fermare il flusso di aiuti militari occidentali in Ucraina, colpisca i paesi attraverso i quali passa la maggior parte di essa: Polonia o Romania, entrambi membri della NATO. C’è anche la possibilità che la Russia possa lanciare un massiccio attacco informatico contro uno o più paesi europei che aiutano l’Ucraina, causando gravi danni alla sua infrastruttura critica. Un simile attacco potrebbe spingere gli Stati Uniti a lanciare un attacco informatico di rappresaglia contro la Russia. Se l’attacco informatico riuscisse, Mosca potrebbe rispondere militarmente; se fallisse, Washington potrebbe decidere che l’unico modo per punire la Russia è colpirla direttamente. Questi scenari sembrano inverosimili, ma non sono impossibili. E sono solo alcuni dei tanti percorsi attraverso i quali quella che ora è una guerra locale potrebbe trasformarsi in qualcosa di molto più grande e più pericoloso.
PASSAGGIO AL CONFLITTO NUCLEARE
Sebbene l’esercito russo abbia causato enormi danni all’Ucraina, Mosca, finora, è stata riluttante a intensificare il suo impegno per vincere la guerra. Putin non ha ampliato le dimensioni delle sue forze attraverso la coscrizione su larga scala. Né ha preso di mira la rete elettrica dell’Ucraina, ciò che sarebbe relativamente facile da fare e infliggerebbe ingenti danni a quel paese. In effetti, molti russi lo hanno accusato di non aver condotto la guerra in modo più vigoroso. Putin ha preso atto di questa critica, ma ha fatto sapere che se necessario, avrebbe dato inizio a una escalation dell’impegno russo. “Non abbiamo ancora cominciato a fare sul serio“, ha detto a luglio, suggerendo che la Russia potrebbe fare di più, se la situazione militare deteriorasse: e lo farebbe.
E a proposito della forma terminale di escalation? Ci sono tre circostanze in cui Putin potrebbe usare le armi nucleari. Il primo, se gli Stati Uniti ei loro alleati della NATO entrassero in guerra. Questo sviluppo non solo sposterebbe notevolmente l’equilibrio di forze militari a svantaggio della Russia, aumentando notevolmente le probabilità di una sua sconfitta, ma per la Russia significherebbe anche combattere alle porte di casa contro una grande potenza, in una guerra che potrebbe facilmente dilagare nel territorio russo. I leader russi penserebbero certamente che la loro sopravvivenza è a rischio, ciò che gli darebbe un potente incentivo a usare armi nucleari per salvare la situazione. Come minimo, prenderebbero in considerazione lanci nucleari dimostrativi, per convincere l’Occidente a fare marcia indietro. È impossibile sapere in anticipo se una mossa simile porrebbe termine alla guerra, o la condurrebbe in una escalation di cui si perderebbe il controllo.
Nel suo discorso del 24 febbraio, in cui annunciava l’invasione, Putin ha chiaramente sottinteso che avrebbe impiegato le armi nucleari se gli Stati Uniti e i loro alleati fossero entrati in guerra. Rivolgendosi a “coloro che potrebbero essere tentati di interferire“, ha detto, “devono sapere che la Russia risponderà immediatamente e ci saranno conseguenze che non avete mai visto in tutta la vostra storia“. Il suo avvertimento non è sfuggito a Avril Haines, il direttore dell’intelligence nazionale statunitense, che a maggio aveva predetto che Putin avrebbe potuto usare armi nucleari se la NATO “interviene o sta per intervenire“, in buona parte perché ciò “contribuirebbe ovviamente a una percezione che sta per perdere la guerra in Ucraina”.
Nel secondo scenario nucleare, l’Ucraina inverte da sola le sorti sul campo di battaglia, senza il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti. Se le forze ucraine fossero sul punto di sconfiggere l’esercito russo e riprendersi il territorio perduto del loro paese, non c’è dubbio che Mosca potrebbe facilmente vedere questo esito come una minaccia esistenziale che esige una risposta nucleare. Dopotutto, Putin e i suoi consiglieri erano sufficientemente allarmati dal crescente allineamento di Kiev con l’Occidente da decidere deliberatamente di attaccare l’Ucraina, nonostante i chiari avvertimenti degli Stati Uniti e dei loro alleati sulle gravi conseguenze che la Russia avrebbe dovuto affrontare. A differenza del primo scenario, Mosca impiegherebbe armi nucleari non nel contesto di una guerra con gli Stati Uniti, ma contro l’Ucraina. Lo farebbe con poco timore di ritorsioni nucleari, dal momento che Kiev non ha armi nucleari, e perché Washington non avrebbe alcun interesse a iniziare una guerra nucleare. L’assenza di una chiara minaccia di ritorsione renderebbe più facile per Putin contemplare l’uso del nucleare.
Nel terzo scenario, la guerra si risolve in una lunga situazione di stallo che non ha soluzione diplomatica e diventa estremamente costosa per Mosca. Nel disperato tentativo di porre fine al conflitto a condizioni favorevoli, Putin potrebbe perseguire l’escalation nucleare per vincere. Come nello scenario precedente, in cui si escala per evitare la sconfitta, una rappresaglia nucleare degli Stati Uniti sarebbe altamente improbabile. In entrambi gli scenari, è probabile che la Russia utilizzi armi nucleari tattiche contro una piccola serie di obiettivi militari, almeno inizialmente. Potrebbe colpire paesi e città in attacchi successivi, se necessario. Ottenere un vantaggio militare sarebbe uno degli obiettivi della strategia, ma il più importante sarebbe infliggere un colpo capace di rovesciare la situazione: incutere una tale paura all’ Occidente che gli Stati Uniti e i loro alleati si muovano rapidamente per porre fine al conflitto a condizioni favorevoli a Mosca. Non c’è da stupirsi che William Burns, il direttore della CIA, abbia osservato ad aprile: “Nessuno di noi può prendere alla leggera la minaccia rappresentata da un potenziale ricorso ad armi nucleari tattiche o armi nucleari a basso rendimento“.
CORTEGGIARE LA CATASTROFE
Si può ammettere che, sebbene uno di questi scenari catastrofici possa teoricamente verificarsi, le possibilità che si realizzino effettivamente sono minime, e quindi ci sarebbe poco da preoccuparsi. Dopotutto, i leader di entrambe le parti hanno potenti incentivi a tenere gli americani fuori dalla guerra, e a evitare un uso del nucleare, anche limitato; per tacere di una vera e propria guerra nucleare.
Magari si potesse essere così ottimisti. In realtà, la visione convenzionale sottovaluta abbondantemente i pericoli di una escalation in Ucraina. Anzitutto, le guerre tendono ad avere una logica propria, che rende difficile prevederne il corso. Chi dice di sapere con certezza quale strada prenderà la guerra in Ucraina si sbaglia. Le dinamiche dell’escalation in tempo di guerra sono tanto difficili da prevedere quanto difficili da controllare, il che dovrebbe esser di monito a coloro che sono fiduciosi che gli eventi, in Ucraina, si possano gestire. Inoltre, come ha riconosciuto il teorico militare prussiano Carl von Clausewitz, il nazionalismo incoraggia le guerre moderne a degenerare nella loro forma più estrema, specialmente quando la posta in gioco è alta per entrambe le parti. Questo non vuol dire che le guerre non possano essere limitate, ma che limitarle non è facile. Infine, dati i costi sbalorditivi di una guerra nucleare tra grandi potenze, anche una piccola possibilità che essa si verifichi dovrebbe far riflettere tutti, a lungo, sulla direzione che potrebbe prendere questo conflitto.
Questa pericolosa situazione crea un potente incentivo a trovare una soluzione diplomatica alla guerra. Purtroppo, tuttavia, non è in vista una soluzione politica, poiché entrambe le parti si sono fermamente impegnate a raggiungere obiettivi bellici che rendono quasi impossibile il compromesso. L’amministrazione Biden avrebbe dovuto collaborare con la Russia per risolvere la crisi ucraina prima dello scoppio della guerra a febbraio. Ormai è troppo tardi per concludere un accordo. Russia, Ucraina e Occidente sono bloccati in una situazione terribile, senza una via d’uscita ovvia. Si può solo sperare che i leader di entrambe le parti gestiscano la guerra in modi che evitino un’escalation catastrofica. Per le decine di milioni di persone le cui vite sono in gioco, tuttavia, questa è una magra consolazione.
[1] https://www.wsj.com/articles/henry-kissinger-is-worried-about-disequilibrium-11660325251?no_redirect=true
[2] https://youtu.be/YDuNilTd1fo
[3] https://italiaeilmondo.com/2022/08/14/il-modo-rivoluzionario-in-cui-la-russia-ha-combattuto-la-sua-guerra-in-ucraina-di-leon-tressell/
[4] “Foreign Affairs”, 17 agosto 2022 https://www.foreignaffairs.com/ukraine/playing-fire-ukraine?fbclid=IwAR3DoBHzjXNJc6zJ39SxS-TOAN4tT6gLDf50QRcF7r3R0RBDe_tAFJfcLHo
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Un saggio che adombra molto bene i margini e gli azzardi dei quali dispone, o presume di disporre, l’attuale amministrazione statunitense nella gestione contemporanea di due parti a confronto. Entro questi margini si gioca l’eventualità di un sodalizio sempre più solido di Russia e Cina, con la Russia più determinata e la Cina che spera di trarre ancora ulteriori vantaggi da un approccio multilaterale senza alleanze predefinite e dal mantenimento della precedente dinamica di globalizzazione. Mancano per la verità altri attori, in particolare l’India, in grado di rovesciare definitivamente il tavolo, una volta eventualmente schierati con gli emergenti. Una partita ancora tutta da giocare. Buona lettura, Giuseppe Germinario
La guerra in Ucraina, ormai vecchia di circa 6 mesi, è strategicamente importante per una serie di ragioni. Se la Russia sconfiggerà l’Ucraina e prenderà il controllo del paese, le sue forze saranno al confine dell’Europa orientale. Una presenza russa al confine europeo trasformerebbe gli equilibri di potere nell’Atlantico, costringendo così inevitabilmente gli Stati Uniti a schierare forze a difesa dell’Europa.
Quali fossero le intenzioni della Russia all’inizio dell’invasione importa poco. Le intenzioni cambiano e la strategia non deve essere ottimista. Quindi la posta in gioco nella guerra ucraina è la possibile resurrezione della Guerra Fredda, con tutti i rischi che ne derivano. Dal punto di vista americano, ingaggiare la Russia attraverso le truppe ucraine in Ucraina è molto meno rischioso di un’altra Guerra Fredda.
La Guerra Fredda non ha portato a una guerra su vasta scala, solo la paura della guerra. I timori occidentali delle intenzioni sovietiche superarono le capacità sovietiche. La loro paura, a sua volta, ha tenuto unita la NATO, con grande dispiacere dei leader a Mosca. Nessuna delle loro peggiori paure si è avverata, e quindi il crollo dell’Unione Sovietica ha avuto più a che fare con il marciume interno che con la minaccia esterna. Non è chiaro se una futura Guerra Fredda si svolgerà come l’ultima, ma una cosa è probabile: data l’esistenza delle armi nucleari, la prima linea di una nuova Guerra Fredda rimarrebbe statica e lo status quo da entrambe le parti rimarrebbe rimangono intatti fintanto che nessuno dei due lati si è frammentato. Sarebbe un risultato costoso e pericoloso, poiché la storia non ha bisogno di ripetersi. Ma il crollo dell’Ucraina porrebbe minacce che potrebbero essere contenute, per quanto costose e pericolose.
Le vulnerabilità della Cina ei suoi tentativi di superarle sono potenzialmente più pericolose. Come per la Russia, la questione centrale è la geografia. Per la Russia, il problema è che il confine ucraino è a meno di 300 miglia da Mosca, e la Russia è sopravvissuta a molteplici invasioni solo in virtù della distanza di Mosca dagli invasori, una distanza che il crollo dell’Unione Sovietica ha chiuso. L’ossessione della Russia per l’Ucraina ha lo scopo di correggere questo problema. Il problema geografico della Cina è che è diventata una potenza di esportazione e come tale dipende dal suo accesso all’Oceano Pacifico e alle acque adiacenti. Gli Stati Uniti vedono il libero accesso cinese al Pacifico come una potenziale minaccia alla propria profondità strategica, qualcosa di fondamentale per gli Stati Uniti dalla fine della seconda guerra mondiale. L’accesso cinese al Pacifico è bloccato da una serie di stati insulari: Giappone, Taiwan, Filippine e Indonesia, indirettamente sostenute da potenze vicine come Australia, India e Vietnam. Non tutti sono alleati americani, ma tutti hanno interessi comuni contro l’espansione navale cinese. La Cina vuole difendere la sua profondità strategica conquistandola e controllandola. Gli Stati Uniti vogliono difendere la propria profondità strategica difendendola.
Alla dimensione geografica si aggiunge una dimensione economica. L’economia cinese dipende dalle esportazioni e gli Stati Uniti sono il suo maggiore cliente. Pechino ha anche bisogno di continui investimenti statunitensi, poiché il suo sistema finanziario è sottoposto a forti pressioni.
La Russia sta tentando di rivendicare la profondità strategica, ed è entrata in essa ben sapendo le conseguenze finanziarie che avrebbe creato. In altre parole, ha sopportato danni finanziari in cambio di sicurezza strategica. Finora, non ha acquisito sicurezza strategica e ha assorbito notevoli danni finanziari distribuendo alcuni dei suoi all’Europa.
La Cina sta cercando una soluzione strategica evitando il danno economico che un’ulteriore espansione probabilmente porterebbe. Il suo principale avversario su entrambi i fronti sarebbero gli Stati Uniti. Quindi la Cina sta sondando gli Stati Uniti, cercando di capire le sue potenziali risposte. La risposta alla visita del presidente della Camera Nancy Pelosi ha spinto i limiti di un’invasione di Taiwan. Ciò che la Cina ha appreso sull’esercito americano non è chiaro, ma ha appreso che l’innesco delle azioni economiche americane risiede al di là della manifestazione cinese.
L’obiettivo dell’America in Ucraina, quindi, è negare alla Russia la profondità strategica che desidera per limitare la minaccia russa all’Europa. Con la Cina, il suo obiettivo è mantenere la profondità strategica americana per evitare che la Cina minacci gli Stati Uniti o ottenga una portata globale.
Le questioni sono simili in linea di principio, ma la posta in gioco per gli Stati Uniti non lo è. Per Washington, la questione Cina è molto più importante della questione Russia. Una vittoria russa in Ucraina ridisegnerebbe i confini non ufficiali e aumenterebbe i rischi. Un successo cinese creerebbe una potenza più globale che sfida gli Stati Uniti e i suoi alleati in tutto il mondo.
Le conseguenze della guerra sono sempre significative. Il coinvolgimento degli Stati Uniti aggiunge costi economici all’equazione. Finora, la Russia ha assorbito i costi. La Cina potrebbe non essere in grado di farlo, considerando che la sua economia è attualmente vulnerabile. Ma le nazioni vivono di economia e sopravvivono di sicurezza. In questo senso, sembrerebbe che la Russia sia meno interessata ai negoziati rispetto alla Cina.
Il presidente cinese Xi Jinping e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si incontreranno a metà novembre, in una conferenza in Indonesia o in Thailandia. Se l’incontro avrà luogo, sarà il primo dalla loro teleconferenza di maggio. Tra gli Stati Uniti e la Russia stanno avvenendo solo colloqui informali e di back-channel. La Cina ha bisogno di un’economia stabile ora più di quanto abbia bisogno del comando dei mari. La Russia sembra in grado di sopravvivere a ciò che è stato affrontato economicamente, ma non ha spezzato la schiena alle forze ucraine. La Cina è più vicina alla crisi economica della Russia e quindi non è disposta a rischiare la guerra con gli Stati Uniti. Parlerà, se non si accontenterà. La situazione economica e militare della Russia è oscura nel lungo periodo. Gli Stati Uniti hanno a che fare con Cina e Russia a un prezzo abbastanza basso e possono gestire entrambe in questo momento. Russia e Cina devono cercare di aumentare i costi per gli Stati Uniti
È un’equazione vertiginosa ma non insolita. La Cina ha bisogno di raggiungere un’intesa con gli Stati Uniti. La Russia non ha questo bisogno. Gli Stati Uniti sono flessibili.
L’ex presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower descrisse la teoria durante una conferenza stampa il 7 aprile 1954, riferendosi al comunismo in Indocina come segue:
Infine, hai considerazioni più ampie che potrebbero seguire quello che chiamereste il principio della “caduta del domino”. Hai impostato una fila di tessere, fai cadere il primo e quello che accadrà all’ultimo è la certezza che passerà molto velocemente. Quindi potresti avere un inizio di disintegrazione che avrebbe le influenze più profonde. [2]
Inoltre, la profonda convinzione di Eisenhower nella teoria del domino in Asia aumentò i “costi percepiti per gli Stati Uniti nel perseguire il multilateralismo” [3] a causa di eventi multiformi tra cui la ” vittoria del 1949 del Partito Comunista Cinese , l’ invasione della Corea del Nord del giugno 1950 , il 1954 La crisi dell’isola offshore di Quemoy e il conflitto in Indocina hanno costituito una sfida ad ampio raggio non solo per uno o due paesi, ma per l’intero continente asiatico e il Pacifico”. [3] Questo connota una forte forza magnetica per cedere al controllo comunista e si allinea con il commento del generale Douglas MacArthur secondo cui “la vittoria è una forte calamita in Oriente”. [4]
Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico è scesa una ” cortina di ferro ” attraverso il Continente. Dietro quella linea si trovano tutte le capitali degli antichi stati dell’Europa centrale e orientale. Varsavia , Praga , Budapest , Belgrado , Bucarest e Sofia ; tutte queste famose città e le popolazioni che le circondano si trovano in quella che devo chiamare la sfera sovietica, e tutte sono soggette, in una forma o nell’altra, non solo all’influenza sovietica, ma anche a un livello molto alto e in alcuni casi crescente di controllo da parte di Mosca . [6]
Dopo la crisi iraniana del 1946 , Harry S. Truman dichiarò quella che divenne nota come la Dottrina Truman nel 1947, [7] promettendo di contribuire con aiuti finanziari al governo greco durante la sua guerra civile e alla Turchia dopo la seconda guerra mondiale, nella speranza che ciò ostacolerebbe l’avanzamento del comunismo nell’Europa occidentale. [8] Nello stesso anno, il diplomatico George Kennan scrisse un articolo sulla rivista Foreign Affairs che divenne noto come ” X Article “, che per primo articolava la politica di contenimento , [9]sostenendo che l’ulteriore diffusione del comunismo in paesi al di fuori di una ” zona cuscinetto ” attorno all’URSS, anche se avvenuta tramite elezioni democratiche, era inaccettabile e una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. [10] Kennan fu anche coinvolto, insieme ad altri nell’amministrazione Truman , nella creazione del Piano Marshall , [11] anch’esso iniziato nel 1947, per dare aiuti ai paesi dell’Europa occidentale (insieme a Grecia e Turchia), [12 ] in gran parte con la speranza di impedire loro di cadere sotto la dominazione sovietica. [13]
Nel 1949 fu istituito in Cina un governo appoggiato dai comunisti, guidato da Mao Zedong (diventando ufficialmente la Repubblica popolare cinese ). [14] L’insediamento del nuovo governo è stato stabilito dopo che l’ Esercito popolare di liberazione ha sconfitto il governo nazionalista repubblicano cinese all’indomani della guerra civile cinese (1927-1949). [15] Si formarono due Cine : la “Cina comunista” continentale (Repubblica popolare cinese) e la “Cina nazionalista” Taiwan ( Repubblica cinese). L’acquisizione da parte dei comunisti della nazione più popolosa del mondo è stata vista in Occidente come una grande perdita strategica, che ha suscitato la domanda popolare dell’epoca: “Chi ha perso la Cina?” [16] Gli Stati Uniti hanno successivamente interrotto le relazioni diplomatiche con la neonata Repubblica popolare cinese in risposta alla presa di potere comunista nel 1949. [15]
Anche la Corea era parzialmente caduta sotto la dominazione sovietica alla fine della seconda guerra mondiale, divisa dal sud del 38° parallelo in cui successivamente si trasferirono le forze statunitensi. Nel 1948, a seguito della Guerra Fredda tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, la Corea fu divisa in due regioni, con governi separati, ciascuno dei quali affermava di essere il governo legittimo della Corea e nessuna delle due parti accettava il confine come permanente. Nel 1950 scoppiarono combattimenti tra comunisti e repubblicani che presto coinvolsero truppe provenienti dalla Cina (dalla parte dei comunisti), dagli Stati Uniti e da 15 paesi alleati (dalla parte dei repubblicani). Sebbene il conflitto coreano non sia ufficialmente terminato, la guerra di Corea si è conclusa nel 1953 con un armistizioche ha lasciato la Corea divisa in due nazioni, la Corea del Nord e la Corea del Sud . La decisione di Mao Zedong di affrontare gli Stati Uniti nella guerra di Corea fu un tentativo diretto di affrontare quella che il blocco comunista considerava la più forte potenza anticomunista del mondo, intrapresa in un momento in cui il regime comunista cinese stava ancora consolidando il proprio potere dopo vincere la guerra civile cinese.
La prima figura a proporre la teoria del domino fu il presidente Harry S. Truman negli anni ’40, dove introdusse la teoria per “giustificare l’invio di aiuti militari in Grecia e Turchia”. [17] Tuttavia, la teoria del domino è stata resa popolare dal presidente Dwight D. Eisenhower quando l’ha applicata al sud-est asiatico, in particolare al Vietnam del sud. Inoltre, la teoria del domino è stata utilizzata come uno degli argomenti chiave nelle “amministrazioni Kennedy e Johnson negli anni ’60 per giustificare il crescente coinvolgimento militare americano nella guerra del Vietnam”. [17]
Nel maggio 1954, il Viet Minh , un esercito comunista e nazionalista, sconfisse le truppe francesi nella battaglia di Dien Bien Phu e prese il controllo di quello che divenne il Vietnam del Nord . [18] Ciò fece sì che i francesi si ritirassero completamente dalla regione allora conosciuta come Indocina francese , un processo che avevano iniziato in precedenza. [19] Le regioni furono quindi divise in quattro paesi indipendenti (Vietnam del Nord, Vietnam del Sud , Cambogia e Laos ) dopo che alla Conferenza di Ginevra del 1954 fu negoziato un accordo per porre fine alla prima guerra in Indocina . [20]
Ciò darebbe loro un vantaggio strategico geografico ed economico e renderebbe Giappone, Taiwan, Filippine, Australia e Nuova Zelanda gli stati difensivi in prima linea. La perdita di regioni tradizionalmente all’interno della vitale area commerciale regionale di paesi come il Giappone incoraggerebbe i paesi in prima linea a scendere a compromessi politicamente con il comunismo.
La teoria del domino di Eisenhower del 1954 era una descrizione specifica della situazione e delle condizioni all’interno del sud-est asiatico all’epoca e non suggeriva una teoria del domino generalizzata come altri fecero in seguito.
Durante l’estate del 1963, i buddisti protestarono per il duro trattamento che stavano ricevendo sotto il governo Diem del Vietnam del Sud. Tali azioni del governo sudvietnamita hanno reso difficile il forte sostegno dell’amministrazione Kennedy al presidente Diem. Il presidente Kennedy era in una posizione debole, cercando di contenere il comunismo nel sud-est asiatico, ma d’altra parte, sostenendo un governo anticomunista che non era popolare tra i suoi cittadini ed era colpevole di atti discutibili per il pubblico americano. [21] L’amministrazione Kennedy è intervenuta in Vietnam all’inizio degli anni ’60 per, tra le altre ragioni, impedire la caduta del “domino” sudvietnamita. Quando Kennedy salì al potere c’era la preoccupazione che il Pathet Lao guidato dai comunistiin Laos avrebbe fornito basi ai Viet Cong e che alla fine avrebbero potuto conquistare il Laos. [22]
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La prova principale della teoria del domino è la diffusione del dominio comunista in tre paesi del sud-est asiatico nel 1975, in seguito alla conquista comunista del Vietnam : Vietnam del Sud (da parte dei Viet Cong), Laos (da parte del Pathet Lao) e Cambogia (da parte del Khmer Rossi ). Si può inoltre sostenere che prima che finissero di prendere il Vietnam prima degli anni ’50, le campagne comuniste non ebbero successo nel sud-est asiatico. Si noti l’ emergenza malese , la ribellione di Hukbalahap nelle Filippine e il crescente coinvolgimento di Sukarno con i comunistidell’Indonesia dalla fine degli anni ’50 fino alla sua deposizione nel 1967. Tutti questi erano tentativi comunisti falliti di conquistare i paesi del sud-est asiatico che si bloccarono quando le forze comuniste erano ancora concentrate in Vietnam.
Walt Whitman Rostow e l’allora Primo Ministro di Singapore Lee Kuan Yew hanno sostenuto che l’intervento statunitense in Indocina, dando alle nazioni dell’ASEAN il tempo di consolidarsi e impegnarsi nella crescita economica, ha impedito un più ampio effetto domino. [23] In un incontro con il presidente Gerald Ford e Henry Kissinger nel 1975, Lee Kuan Yew ha affermato che “c’è una tendenza nel Congresso degli Stati Uniti a non voler esportare posti di lavoro. Ma dobbiamo avere i posti di lavoro se vogliamo fermare il comunismo. Noi lo hanno fatto, passando dal lavoro qualificato più semplice a quello più complesso. Se fermiamo questo processo, farà più danni di quanto tu possa riparare ogni [sic] riparazione con l’aiuto. Non tagliare le importazioni dal sud-est asiatico”. [24]
McGeorge Bundy ha sostenuto che le prospettive di un effetto domino, sebbene elevate negli anni ’50 e all’inizio degli anni ’60, furono indebolite nel 1965 quando il Partito Comunista Indonesiano fu distrutto dagli squadroni della morte nel genocidio indonesiano. Tuttavia, i sostenitori ritengono che gli sforzi durante il periodo di contenimento (cioè, la Teoria di Domino) alla fine abbiano portato alla fine dell’Unione Sovietica e alla fine della Guerra Fredda.
Alcuni sostenitori della teoria del domino annotano la storia dei governi comunisti che forniscono aiuti ai rivoluzionari comunisti nei paesi vicini. Ad esempio, la Cina ha fornito truppe e rifornimenti al Viet Minh e successivamente all’esercito del Vietnam del Nord e l’Unione Sovietica ha fornito loro carri armati e armi pesanti. Il fatto che il Pathet Lao e i Khmer Rossi fossero entrambi originariamente parte del Vietminh, per non parlare del sostegno di Hanoi per entrambi insieme ai Viet Cong, danno credito alla teoria. L’Unione Sovietica ha anche fornito pesantemente Sukarno con forniture militari e consiglieri dal tempo della Democrazia Guidata in Indonesia , specialmente durante e dopo la guerra civile del 1958 a Sumatra.
La teoria del domino è significativa perché sottolinea l’importanza delle alleanze, che possono variare da alleanze canaglia ad alleanze bilaterali. Ciò implica che la teoria del domino è utile per valutare l’intento e lo scopo di un paese di stringere un’alleanza con altri, incluso un gruppo di altri paesi all’interno di una particolare regione. Sebbene l’intento e lo scopo possano differire per ogni paese, Victor Chadescrive l’alleanza bilaterale asimmetrica tra gli Stati Uniti ei paesi dell’Asia orientale come un approccio strategico, in cui gli Stati Uniti hanno il controllo e il potere di mobilitare o stabilizzare i propri alleati. Ciò è supportato dal modo in cui gli Stati Uniti hanno creato alleanze bilaterali asimmetriche con la Repubblica di Corea, la Repubblica di Cina e il Giappone “non solo per contenere, ma anche per limitare potenziali ‘alleanze canaglia’ dall’impegnarsi in comportamenti avventuristi che potrebbero entrare in contingenze militari più grandi nel regione o che potrebbe innescare un effetto domino, con i paesi asiatici che cadono nel comunismo”. [3] Dal momento che gli Stati Uniti hanno lottato con la sfida di “alleanze canaglia e la minaccia di cadute del domino combinate per produrre un temuto scenario di intrappolamento per gli Stati Uniti”, [3]la teoria del domino sottolinea ulteriormente l’importanza delle alleanze bilaterali nelle relazioni internazionali. Ciò è evidente nel modo in cui la teoria del domino ha fornito agli Stati Uniti un approccio di coalizione, in cui “ha modellato una serie di alleanze bilaterali profonde e strette” [3] con paesi asiatici tra cui Taiwan, Corea del Sud e Giappone per “controllare la loro capacità di usare la forza e promuovere la dipendenza materiale e politica dagli Stati Uniti”. [3]Quindi, questo indica che la teoria del domino aiuta a osservare l’effetto delle alleanze forgiate come un trampolino di lancio o un ostacolo all’interno delle relazioni internazionali. Ciò sottolinea la correlazione tra teoria del domino e dipendenza dal percorso, in cui un crollo retrospettivo di un paese che cade nel comunismo può non solo avere effetti negativi per altri paesi ma, cosa più importante, sulla propria portata decisionale e competenza nel superare le sfide presenti e future. Pertanto, la teoria del domino è indubbiamente una teoria significativa che si occupa della stretta relazione tra micro-causa e macro-conseguenza, dove suggerisce che tali macro-conseguenze possono avere ripercussioni a lungo termine.
Nelle interviste a Frost/Nixon del 1977 , Richard Nixon difese la destabilizzazione del regime di Salvador Allende da parte degli Stati Uniti in Cile sulla base della teoria del domino. Prendendo in prestito una metafora che aveva sentito, ha affermato che un Cile comunista e Cuba avrebbero creato un “panino rosso” che potrebbe intrappolare l’America Latina tra di loro. [33] Negli anni ’80, la teoria del domino fu nuovamente utilizzata per giustificare gli interventi dell’amministrazione Reagan in Centro America e nella regione dei Caraibi .
Nelle sue memorie, l’ex primo ministro rhodesiano Ian Smith ha descritto la successiva ascesa di governi autoritari di sinistra nell’Africa subsahariana durante la decolonizzazione come “la tattica del domino dei comunisti”. [34] L’istituzione di governi filo-comunisti in Tanzania (1961-1964) e Zambia (1964) e governi esplicitamente marxisti-leninisti in Angola (1975), Mozambico (1975) e infine la stessa Rhodesia (nel 1980) [35] sono citati da Smith come prova dell ‘”insidiosa invasione dell’imperialismo sovietico nel continente”. [36]
Alcuni analisti di politica estera negli Stati Uniti hanno indicato la potenziale diffusione sia della teocrazia islamica che della democrazia liberale in Medio Oriente come due diverse possibilità per una teoria del domino. Durante la guerra Iran-Iraq, gli Stati Uniti e altre nazioni occidentali hanno sostenuto l’ Iraq baathista , temendo la diffusione della teocrazia radicale iraniana in tutta la regione. Nell’invasione dell’Iraq del 2003 , alcuni neoconservatori hanno sostenuto che l’attuazione di un governo democratico aiuterebbe a diffondere la democrazia e il liberalismo in tutto il Medio Oriente. Questa è stata definita una “teoria del domino inverso” [37] o una “teoria del domino democratico” [38]così chiamato perché i suoi effetti sono considerati positivi, non negativi, dagli stati democratici occidentali.
AVVERTENZA
La seguente è la settima di undici parti di un saggio di Massimo Morigi. Nella prima parte è pubblicata in calce l’introduzione e nel file allegato il testo di Morigi; nella sua settima parte è disponibile la prosecuzione a partire da pagina 130. L’introduzione è identica per ognuna delle undici parti e verrà ripetuta solo nelle prime righe a partire dalla seconda parte.
PRESENTAZIONE DI QUARANTA, TRENTA, VENT’ANNI DOPO A LE
RELAZIONI FRA L’ITALIA E IL PORTOGALLO DURANTE IL PERIODO
FASCISTA: NASCITA ESTETICO-EMOTIVA DEL PARADIGMA
OLISTICO-DIALETTICO-ESPRESSIVO-STRATEGICO-CONFLITTUALE DEL
REPUBBLICANESIMO GEOPOLITICO ORIGINANDO DALL’ ETEROTOPIA
POETICA, CULTURALE E POLITICA DEL PORTOGALLO*
*Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo durante il periodo fascista ora presentate sono
pubblicate dall’ “Italia e il Mondo” in undici puntate. La puntata che ora viene
pubblicata è la prima e segue immediatamente questa presentazione, e questa prima
puntata (come tutte le altre che seguiranno) è preceduta dall’introduzione alla stessa di
Giuseppe Germinario. Pubblicando l’introduzione originale delle Relazioni fra l’Italia
e il Portogallo durante il periodo fascista come prima puntata e che, come da indice,
non è numerata, la numerazione delle puntate alla fine di questa presentazione non
segue la numerazione ordinale originale in indice delle parti del saggio, che è stata
quindi mantenuta immutata, quando questa presente.
SETTIMA PUNTATA STATO DELLE COS
Si muove brevemente dalla scadenza elettorale che occuperà il dibattito politico da qui al 25 settembre ed oltre; si passa progressivamente a considerare le logiche che muovono il conflitto politico e le dinamiche di composizione delle formazioni sociali. Il punto di partenza espresso da Gianfranco La Grassa non può prescindere dalla sua formazione teorica iniziale e quindi dalla definizione di Marx delle due caratteristiche essenziali che conformano il capitalismo. Presupposti allo stato, pur nella loro genialità, rivelatesi in parte errati, in parte insufficienti a spiegare la complessità delle dinamiche politiche conflittuali e dei comportamenti dei soggetti politici e dei centri decisori. La Grassa da un ventennio ha avviato con relativo successo un primo tentativo di definire chiavi interpretative più adeguate e cercato di inserire alcuni presupposti ancora validi della teoria marxiana nelle categorie determinanti e prevalenti del ruolo del politico nei vari ambiti delle sfere di attività sociale dell’uomo e nel conflitto determinante dei centri decisori. L’auspicio espresso è che questo sforzo teorico sia finalmente colto in Italia e proseguito da forze nuove e fresche meno vincolate dagli schemi maturati negli ultimi grandiosi e tragici due secoli. Schemi potenti, ma in buona parte fuorvianti rispetto all’effettivo corso degli eventi. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
https://rumble.com/v1fne8l-capitalismo-potere-capitalisti-tra-i-poteri-con-gianfranco-la-grassa.html
Di Stephen M. Walt , editorialista di Foreign Policy e Robert e Renée Belfer, professore di relazioni internazionali all’Università di Harvard.
Dinamiche simili ma in contesti diversi ed spesso opposti, da una parte emergenti, dall’altra declinanti. Buona lettura, Giuseppe Germinario
La vita quotidiana delle persone è inseparabile dall’economia della piattaforma: addetti alle consegne di cibo, autisti che salutano le auto online… Varie forme di lavoro a contratto derivate dall’economia della piattaforma vengono sempre più rispettate e riconosciute. Compresi posti di lavoro e imprenditorialità, l’economia della piattaforma sta rimodellando le nostre vite.
Negli ultimi anni, argomenti come “fornitori intrappolati negli algoritmi” hanno suscitato accese discussioni, l’economia della piattaforma ha attirato ancora una volta l’attenzione e le persone sono più preoccupate per la situazione dei gig worker. Pochi giorni fa, “Platform Economy: Innovation, Governance and Prosperity” è stato pubblicato dal Platform Economy Innovation and Governance Research Group dell’Università di Pechino e pubblicato da CITIC Press. Studiosi in diversi campi hanno discusso una serie di questioni importanti nell’economia delle piattaforme e hanno fornito soluzioni mirate e raccomandazioni politiche.
Che ruolo gioca l’economia della piattaforma nell’attuale contesto occupazionale? Quali sono le principali difficoltà che devono affrontare i gig worker?
Concentrandosi su questi temi, la mattina del 27 luglio, Li Lixing, membro del gruppo di ricerca sull’innovazione e la governance economica della piattaforma dell’Università di Pechino, professore presso il National Development Institute dell’Università di Pechino e caporedattore esecutivo della Cina Economic Quarterly International, l’edizione internazionale di “Economics” (trimestrale), è andata all’Observer Network e ha condiviso le sue opinioni.
Rete di osservatori: Buongiorno Professor Li, prima di tutto vorrei chiederle di parlarci dell’attuale contesto occupazionale. E quale ruolo gioca l’economia della piattaforma nel contesto attuale?
Lixing: OK. Penso che si possa dire sotto due aspetti: il primo aspetto è che l’attuale situazione macroeconomica non è molto positiva e la pressione occupazionale è molto alta. Più di 10 milioni di studenti universitari si sono laureati quest’anno e il tasso di disoccupazione tra i giovani è molto alto, un fenomeno che preoccupa molto l’intera società.
Il secondo contesto è il progresso della tecnologia digitale, che ha cambiato la natura di molti lavori. Ora molti lavori sono passati da offline a online; dal servizio di un’impresa o di un’azienda al servizio di più aziende e più aziende contemporaneamente; da lavori fissi a lavoro flessibile. Pertanto, c’è una tendenza ai lavori saltuari e alla flessibilità.
In questo processo, l’economia della piattaforma gioca un ruolo molto importante.
Una “piattaforma” è un’organizzazione tra un’impresa e un mercato. Un tempo era “mercato-impresa”, ma ora è “mercato-piattaforma-impresa”, con la piattaforma che sostituisce parzialmente i ruoli dell’impresa e del mercato . Collega consumatori, imprese, lavoratori e fornitori di servizi ausiliari e collega anche il mercato delle materie prime con il mercato del lavoro. Alcune piattaforme forniscono direttamente occupazione, come piattaforme online di car-hailing e da asporto; alcune piattaforme possono stimolare indirettamente l’occupazione, come piattaforme di e-commerce, piattaforme di trasmissione in diretta e piattaforme di crowdsourcing.
Per riassumere, l’economia della piattaforma è ora un punto di partenza importante per promuovere e stabilizzare l’occupazione.
Observer.com: Quale impatto avrà la forma occupazionale dei “gig worker” sulla struttura del nostro mercato del lavoro?
Li Lixing: Possiamo esaminare diverse statistiche.
Secondo il National Bureau of Statistics, entro la fine del 2021 ci sono 200 milioni di persone con un’occupazione flessibile in Cina; le statistiche dello State Information Center mostrano che ci sono circa 84 milioni di fornitori di servizi e circa 6,31 milioni di dipendenti di piattaforme nell’economia collaborativa cinese. Secondo il “Rapporto sullo sviluppo dell’occupazione flessibile” pubblicato dall’università, il 61% delle imprese cinesi utilizza un’occupazione flessibile e la scala dell’occupazione flessibile è di circa 100 milioni.
Nel 2020, ci sono circa 84 milioni di fornitori di servizi di sharing economy nel mio paese e circa 6,31 milioni di dipendenti nelle imprese con piattaforma
Fonte: Rapporto sullo sviluppo dell’economia condivisa in Cina (2021)
Le statistiche sono leggermente diverse perché non esiste ancora una misura chiara. Ma in breve, possiamo vedere che 100-200 milioni di persone ora utilizzano metodi di lavoro flessibili, il che è un grande cambiamento.
Ora il concetto di “lavoro flessibile” è relativamente ampio, include una varietà di situazioni e include anche alcuni “disoccupati” in senso tradizionale. Con così tante persone che lavorano in modo flessibile, è probabile che la percentuale continui ad aumentare e l’impatto sul mercato del lavoro è enorme.
Observer.com: avrà un impatto maggiore sul mercato del lavoro cinese rispetto ad altri paesi?
Li Lixing: Penso che questo sia generalmente il caso. Da un lato, la tecnologia digitale cinese sta progredendo molto rapidamente; dall’altro, la Cina ha una popolazione numerosa e le sue industrie sono principalmente ad alta intensità di manodopera, quindi l’occupazione sarà fortemente influenzata dall’economia delle piattaforme.
Una caratteristica importante dei paesi in via di sviluppo è che c’è molto del cosiddetto “lavoro informale”. In precedenza è stato affermato che l’occupazione informale verrà formalizzata con lo sviluppo dell’economia. Ma ora potrebbe non sembrare probabile. Dopo che l’economia di un paese è stata fortemente sviluppata, molti posti di lavoro continueranno ad adottare un approccio flessibile. In senso tradizionale, è probabile che in futuro il “lavoro informale” diventi la norma.
Se la Cina viene confrontata con altri paesi a basso reddito, il loro mercato del lavoro potrebbe essere maggiormente influenzato dal “lavoro a contratto”. Ma se viene confrontato con i paesi sviluppati, l’impatto su di noi è ovviamente più forte in profondità e in ampiezza.
Observer.com: Ci sono opinioni secondo cui la perdita dei posti di lavoro tradizionali, il calo della quota del reddito da lavoro, compreso l’allargamento del divario di reddito tra aree e regioni urbane e rurali… Questi problemi sono legati all’ascesa dell’economia delle piattaforme. Cosa ne pensi?
Li Lixing: Questi sono fenomeni molto importanti, non esclusivi della Cina, stanno accadendo in tutto il mondo. Penso che la relazione tra loro e l’ascesa dell’economia della piattaforma sia più una correlazione, non necessariamente una relazione causale. Potrebbero esserci ragioni più profonde dietro questo, che necessitano di ulteriori discussioni.
Non esiste un unico modo in cui funziona l’economia della piattaforma. Può anche ridurre le barriere all’occupazione, responsabilizzare i gruppi svantaggiati, aumentare i redditi di coloro che hanno redditi più bassi e promuovere ulteriormente la diversificazione dei consumatori. Tutto ciò è possibile per promuovere la giustizia sociale e la prosperità comune.
A mio avviso, la scomparsa dei lavori tradizionali è un tipico modo in cui il progresso tecnologico porta a “occupazioni ad alta efficienza in sostituzione di quelle a bassa efficienza”, così come l’auto sostituisce la carrozza, così l’automobilista sostituisce il cocchiere. Grazie alla tecnologia digitale, i posti di lavoro creati dall’economia della piattaforma sono generalmente più efficienti dei vecchi lavori che sostituiscono.
In senso economico, non c’è differenza tra “la riqualificazione industriale richiede nuovi posti di lavoro” e “le piattaforme coltivano abitudini di consumo e creano nuovi posti di lavoro”. A volte può sembrare “l’offerta crea domanda”, ma in sostanza l’innovazione soddisfa la domanda latente.
Le ragioni alla base del calo della quota del reddito da lavoro sono complesse: un motivo importante è considerato l’uso diffuso dei robot, causato anche dal progresso tecnologico, come l’allargamento del divario retributivo urbano-rurale e l’allargamento divari di reddito regionali, sono tutti fattori di agglomerato industriale e di sviluppo economico urbano, risultato inevitabile.
Observer.com: Alcuni giovani “preferirebbero consegnare il cibo piuttosto che andare a lavorare in fabbrica”. Che messaggio trasmette questo?
Li Lixing: Uno è il cambiamento nelle preferenze dei giovani. Preferiscono un modo di lavorare libero e flessibile, piuttosto che ripetere lo stesso lavoro su una catena di montaggio, anche se è più difficile. In secondo luogo, la lenta crescita dei salari di fabbrica li rende poco attraenti. Ciò riflette anche che la struttura industriale sta affrontando un miglioramento, così come la pressione dell’aumento dei costi di produzione nel mio paese, nonché la possibilità di trasferimento all’estero.
Observer.com: L’economia delle piattaforme è in piena espansione, quali cambiamenti ha apportato alle piccole, medie e micro imprese?
Li Lixing: l’economia della piattaforma può portare a importanti cambiamenti nella struttura organizzativa delle imprese.
Ad esempio, un’azienda può esternalizzare per assumere dipendenti, condurre attività di ricerca e sviluppo e gestire la catena di approvvigionamento, quindi invece di mantenere una forza lavoro fissa molto ampia, può assumere il reclutamento di gig, come nel caso del settore della ristorazione. molto tipico, e ora le aziende di catering fondamentalmente non hanno bisogno di creare i propri piatti da asporto.
Molte attività di ricerca e sviluppo e di gestione della catena di approvvigionamento sono ora sul cloud. I servizi cloud alla moda come “Software-as-a-Service” (Saas, Software-as-a-Service) possono coprire più piccole e medie imprese, rendendole piatte, e le “grandi imprese” possono anche diventare “piccole imprese” “.impresa”.
Questo è ciò che di solito chiamiamo la trasformazione digitale delle imprese. Sfide e opportunità coesistono.
L’economia della piattaforma: innovazione, governance e prosperità
Scritto dal Platform Economy Innovation and Governance Research Group dell’Università di Pechino; a cura di Huang Yiping
Editoria CITIC
Nel mondo del lavoro, una sfida importante è il cambiamento del rapporto di lavoro.
Si è rivelato essere un lavoro fisso, le imprese pagano la previdenza sociale per i dipendenti, i dipendenti servono solo questa impresa e c’è uno stato di lealtà e fiducia reciproche in essa. Ora ci sono vari metodi di lavoro come l’outsourcing e i lavori saltuari.Come mantenere la lealtà e la fiducia reciproca dei dipendenti, come fornire ai dipendenti sicurezza e vantaggi e come affrontare i problemi di formazione dei dipendenti potrebbero essere nuove sfide.
Observer Network: quale impatto avrà la serie di cambiamenti apportati dall’economia della piattaforma sulla nostra attuale imprenditorialità? Ridefinirà il panorama imprenditoriale cinese?
Li Lixing: il lavoro viene assunto da altri e avviare un’impresa è un lavoro autonomo. Si è scoperto che sembravano essere due estremi, ma ora molte piattaforme di lavoro si trovano tra i due e non sono più “né assunte da altri né assunte da te”.
Da un lato l’imprenditore non è più completamente alle dipendenze di altri, può servire una certa piattaforma, ma ha una forte autonomia, dall’altro molte cose si realizzano attraverso la piattaforma e la natura dell’imprenditorialità cambia a sua volta. .
Al giorno d’oggi, molte persone avviano un’attività in proprio. Non partono da zero per formare aziende, reclutare talenti, acquistare attrezzature e quindi avviare la produzione e l’attività. È più probabile che gli imprenditori si registrino sulla piattaforma per prendere ordini, utilizzino la piattaforma per reclutare lavoratori dispari e esternalizzare alcuni servizi attraverso la piattaforma… Molti sono un’imprenditorialità basata su piattaforma, che potrebbe richiedere un cambiamento nella definizione tradizionale di imprenditorialità.
Combinando imprenditorialità e occupazione, le forme occupazionali dei lavoratori formano una mappa molto ricca. Sotto l’azione dell’economia della piattaforma, questa mappa diventerà sempre più abbondante. Le persone possono scegliere un’occupazione a unità fissa, possono scegliere di avviare un’impresa in modo completo e indipendente, possono anche fare affidamento su piattaforme per avviare attività e possono anche fare affidamento su piattaforme per svolgere lavori saltuari… In breve, le scelte diventeranno più diversificate .
Observer.com: Su questa base, l’economia della piattaforma può svolgere un ruolo nella riduzione dei rischi imprenditoriali?
Li Lixing: Ci sono due importanti meccanismi coinvolti.
Nel primo aspetto, il rischio di avviare un’impresa in passato era molto alto: scegliere di avviare un’impresa significa rinunciare a ogni tipo di opportunità, e può andare in bancarotta dopo il fallimento. Ora, dopo il fallimento dell’avvio di un’impresa, gli imprenditori possono facilmente trovare un lavoro part-time e ottenere la sicurezza del reddito di base. Ad esempio, negli ultimi due anni dell’epidemia, molti ex imprenditori ora guidano auto-grandine online. La forma di gig work derivata dall’economia della piattaforma fornisce agli imprenditori una rete di sicurezza del reddito di base.
Da questo aspetto, l’economia della piattaforma può alleviare le preoccupazioni degli imprenditori e promuovere l’imprenditorialità. Certo, abbiamo anche parlato poco fa che molte persone potrebbero decidere di non avviare un’attività in proprio, ma affidarsi alla piattaforma per trovare un lavoro meno autonomo. Pertanto, l’impatto dell’economia della piattaforma sull’imprenditorialità richiede un’analisi specifica di questioni specifiche, che variano da settore a regione.
Observer.com: La forma di lavoro del “lavoro da concerto”, che è ciò che chiamiamo “lavoro su richiesta basato su applicazioni”, come autisti online, autisti da asporto e autisti. Questi lavoratori sono tra piattaforme e consumatori, tra algoritmi e natura umana, quali pensi siano le loro maggiori difficoltà?
Li Lixing: i lavoratori e i datori di lavoro avevano un rapporto contrattuale. I diritti, gli obblighi e i meccanismi di incentivazione di entrambe le parti sono generalmente relativamente chiari. Ma gli algoritmi sono spesso nascosti e alla fine sono apparse nella società frasi come “rider intrappolati dagli algoritmi” – i gig worker non capiscono gli algoritmi, ma per guadagnare di più devono seguire la progettazione degli algoritmi che entrano in funzione.
Gli algoritmi non hanno “natura umana” – possono essere stati progettati con una visione per migliorare l’efficienza, ma non sono sufficientemente flessibili. Gli algoritmi delle piattaforme di grandi dimensioni sono generalmente le risorse principali dell’azienda e di solito non apportano modifiche sostanziali. I gig worker intrappolati negli algoritmi, sono ignari del fatto che potrebbero essere oberati di lavoro o eccessivamente motivati : questo è un problema complesso e coinvolge anche questioni come l’etica degli algoritmi.
Da un punto di vista pratico, la più grande difficoltà per i lavoratori occasionali come i conducenti, i fattorini e gli autisti online è nell’ottenere vantaggi e garanzie. Ci sono ora più segnalazioni, come la difficoltà di chiedere un risarcimento dopo un incidente stradale di un pilota, la ragione essenziale alla base di ciò è il “cambiamento del rapporto di lavoro” di cui abbiamo parlato poco fa.
Per i lavoratori, il nostro paese utilizzava originariamente la “dicotomia del lavoro”, che corrisponde a una domanda del genere: sei un dipendente a tempo pieno o un fornitore di servizi indipendente? Il “lavoratore a tempo pieno” è un modello di occupazione basato su unità, che paga cinque assicurazioni sociali e un fondo per l’edilizia abitativa e fornisce servizi pubblici, compresa la formazione professionale attraverso il datore di lavoro.
Con lo sviluppo dell’economia della piattaforma, l’occupazione è diventata più flessibile e part-time e molte persone non hanno un’unità di lavoro fissa, il che significa che le tradizionali cinque assicurazioni e un fondo per la casa e i servizi pubblici statali, compresa la formazione, non sono disponibili ai lavoratori da goderne in modo equo. Lo riassumo così: il sistema di servizio pubblico unitario originario ha incontrato sfide fondamentali poste dalla nuova forma di impiego che non è unitaria.
Questa sfida può essere paragonata alla sfida al sistema dei servizi pubblici provocata dalla migrazione di centinaia di milioni di lavoratori migranti verso le città. I lavoratori migranti che entrano in città fanno fluttuare la popolazione. La registrazione del nucleo familiare e la residenza permanente della popolazione fluttuante sono separate. Con il sistema di servizio pubblico originale, puoi usufruire di servizi pubblici nell’area di registrazione del nucleo familiare, come il rimborso dell’assicurazione medica e la pensione nel tuo paese di origine… Ma potresti non essere in grado di goderne nella tua residenza permanente.
Forse questo può essere paragonato alla situazione attuale: nel contesto dell’economia delle piattaforme, il lavoro flessibile continua a svilupparsi, ma il sistema dei servizi pubblici è ancora per il momento basato sul lavoro fisso.
Quando il processo lavorativo diventa frammentato, le persone diventano multiruolo e il rapporto di lavoro non è più fisso, anche la modalità di gestione dovrebbe essere modificata di conseguenza per adattarsi a questa tendenza di flessibilità, frammentazione e frammentazione. A mio avviso, il sistema di servizio pubblico, come cinque assicurazioni sociali e un fondo per la casa e l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, dovrebbe subire alcune modifiche di conseguenza.
Rete di osservatori: puoi parlare delle tue proposte politiche?
Li Lixing: Stiamo parlando più di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro era originariamente inclusa nelle cinque assicurazioni sociali e in un fondo per gli alloggi, che non possono essere pagati separatamente. Il pagamento complessivo di cinque assicurazioni e un fondo per l’edilizia abitativa è molto alto, che può rappresentare il 30%-40% del costo del lavoro di un lavoratore.
Per i lavoratori dei concerti come i rider da asporto, ciò di cui hanno più urgente bisogno è un’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Ora c’è una politica pilota e la cosa più urgente viene risolta prima: consentire ai lavoratori di pagare l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro separatamente nel Guangdong e in altri luoghi, in modo che i lavoratori della gig possano ottenere la protezione dagli infortuni sul lavoro in modo più economico. Questo è un buon progresso.
La provincia del Guangdong ha emesso un documento nel 2021 per chiarire che i dipendenti specifici che non hanno rapporti di lavoro non sono tenuti a partecipare a cinque assicurazioni sociali contemporaneamente. Possono partecipare all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro individualmente dai loro datori di lavoro in base al principio ” volontario”, e il loro personale assicurato ha diritto alle prestazioni assicurative contro gli infortuni sul lavoro secondo la normativa.
Allo stato attuale, le politiche esistenti hanno citato e incoraggiato le azioni pilota tra cui: attuazione del sistema del salario minimo e del sistema di garanzia di pagamento, miglioramento del sistema del riposo, attuazione del sistema di responsabilità in materia di salute e sicurezza sul lavoro, rafforzamento della protezione contro gli infortuni sul lavoro, revisione del cottimo e tasso di commissione, ecc. Inoltre, la città di Nanchang ha anche stabilito la prima unione economica del paese. Anche le associazioni del settore della piattaforma e i sindacati dei gig possono svolgere un ruolo attivo nella promozione dell’autodisciplina del settore e della negoziazione dei diritti del lavoro.
Suggerisco inoltre che possano essere stabiliti diversi livelli di protezione assicurativa e che i lavoratori possano scegliere di partecipare volontariamente. Allo stesso tempo, è possibile creare un conto di sicurezza personale completo, i lavori occasionali vengono pagati secondo l’ordine e i fondi del conto vengono utilizzati per pagare varie garanzie assicurative per fornire una migliore protezione ai gig-lavoratori.
A lungo termine, ciò potrebbe eventualmente comportare anche la questione dell’assicurazione pensionistica. L’assicurazione della dotazione riguarda le pensioni e i datori di lavoro e i dipendenti pagano le pensioni separatamente, che insieme rappresentano oltre il 20% del costo del lavoro. Con la tendenza al lavoro flessibile si pone la questione di “chi paga la pensione”, che potrebbe richiedere l’apertura di nuove strade.
Poiché ora stiamo parlando di conti personali, dobbiamo renderlo reale e rendere portatili e portabili i conti pensionistici personali delle persone. L’occupazione dei lavoratori è mobile e flessibile, non è solo per un’impresa specifica e potrebbe anche non essere nella stessa città. A tal fine, potrebbe essere necessario progettare alcuni sistemi contributivi assicurativi pensionistici più adatti a un’occupazione flessibile e mobile. Ad esempio, se puoi fare un’impresa, accettare un lavoro e la retribuzione corrispondente può riflettere quale parte viene utilizzata per pagare la pensione? Questa potrebbe essere una direzione per le future riforme.
(Breve introduzione dell’intervistato: Li Lixing, professoressa di economia alla National School of Development dell’Università di Pechino, direttrice del China Public Finance Research Center dell’Università di Pechino, ed executive editor di China Economic Quarterly International, l’edizione internazionale di “Economia ” (trimestrale). Gli interessi di ricerca comprendono l’economia dello sviluppo, il capitale umano, la finanza pubblica, l’economia politica, l’economia urbana, ecc.)
AVVERTENZA
La seguente è la sesta di undici parti di un saggio di Massimo Morigi. Nella prima parte è pubblicata in calce l’introduzione e nel file allegato il testo di Morigi, nella sua terza parte è disponibile a partire da pagina 130. L’introduzione è identica per ognuna delle undici parti e verrà ripetuta solo nelle prime righe a partire dalla seconda parte.
PRESENTAZIONE DI QUARANTA, TRENTA, VENT’ANNI DOPO A LE
RELAZIONI FRA L’ITALIA E IL PORTOGALLO DURANTE IL PERIODO
FASCISTA: NASCITA ESTETICO-EMOTIVA DEL PARADIGMA
OLISTICO-DIALETTICO-ESPRESSIVO-STRATEGICO-CONFLITTUALE DEL
REPUBBLICANESIMO GEOPOLITICO ORIGINANDO DALL’ ETEROTOPIA
POETICA, CULTURALE E POLITICA DEL PORTOGALLO*
*Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo durante il periodo fascista ora presentate sono
pubblicate dall’ “Italia e il Mondo” in undici puntate. La puntata che ora viene
pubblicata è la prima e segue immediatamente questa presentazione, e questa prima
puntata (come tutte le altre che seguiranno) è preceduta dall’introduzione alla stessa di
Giuseppe Germinario. Pubblicando l’introduzione originale delle Relazioni fra l’Italia
e il Portogallo durante il periodo fascista come prima puntata e che, come da indice,
non è numerata, la numerazione delle puntate alla fine di questa presentazione non
segue la numerazione ordinale originale in indice delle parti del saggio, che è stata
quindi mantenuta immutata, quando questa presente.