Stati Uniti, i giustizieri e l’angelo sterminatore_Con Gianfranco Campa

Riprendiamo, dopo la lunga pausa estiva, i resoconti e le considerazioni sulla situazione politica interna agli Stati Uniti e sulle pesanti implicazioni nello scacchiere geopolitico. Il conflitto interno vede la sovrapposizione di due dinamiche differenti proprie di ciascuna delle due componenti. Da una parte, Trump, nella veste di un rullo compressore che avanza inesorabile; dall’altra i democratici-neocon che cercano di punzecchiarlo nei punti deboli veri o presunti per estirpare una testa da un animale che ormai ne possiede di numerose. Sorgeranno nuove figure e con esse cambierà la modalità di uno scontro che per lungo tempo non conoscerà soluzione di continuità. In un modo o nell’altro la condizione multipolare del mondo ne trarrà giovamento con una unica probabile eccezione rilevante, l’Europa. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Un importante politico russo ha ragione: è ora di dare la priorità alla costruzione di istituzioni multipolari, Di Andrew Korybko

La costruzione di nuovi mondi in parte per vie parallele, in parte con punti di attrito. Almeno al momento. Giuseppe Germinario
Proprio come Roma non è stata costruita in un giorno, nemmeno lo sarà l’emergente Ordine Mondiale Multipolare; ora però è giunto il momento per tutti gli attori interessati di dare priorità ai compromessi pragmatici rispetto a qualsiasi differenza preesistente possano avere al fine di contribuire collettivamente a creare più istituzioni multipolari che alla fine ristabiliranno stabilità nelle relazioni internazionali e miglioreranno la vita delle persone.

Il vicepresidente del Consiglio della Federazione russa e presidente della sua commissione per gli affari esteri Konstantin Kosachev ha condiviso alcune informazioni cruciali sul processo politico con il prestigioso Valdai Club giovedì durante la partecipazione a una conferenza dedicata all’ultima fase del conflitto ucraino . TASS ha riportato il succo dei suoi commenti, che riguardavano in modo importante l’urgente necessità di dare priorità alla costruzione di istituzioni multipolari. Secondo Kosachev, i BRICS e la SCO possono costituire le basi organizzative per l’ emergente Ordine Mondiale Multipolare , che a sua volta può aiutare a contrastare l’influenza perniciosa di quelle istituzioni nominalmente neutrali che sono state dirottate dall’Occidente guidato dagli Stati Uniti dalla fine del Vecchio Freddo Guerra.

Questo importante politico ha suggerito che l’obiettivo dei pensatori moderni dovrebbe essere “creare istituzioni che forniscano la libertà di scelta a coloro il cui diritto è di fare questa scelta”. Dopotutto, il principale contrasto tra la visione del mondo multipolare e quella unipolare è che il primo rispetta la libertà di scelta di tutti gli attori internazionali legittimi di determinare autonomamente il proprio futuro, mentre il secondo è ossessionato dal costringerli a inchinarsi alle richieste dell’egemone unipolare americano in declino.La transizione sistemica globale al multipolarismo è irreversibile anche se continuerà ci vorrà del tempo per svolgersi completamente a causa della guerra ibrida del divide et impera degli Stati Uniti che si intromette nel sud del mondo.

Come ha sottolineato Kosachev, i BRICS e la SCO possono costituire le basi per questo ordine mondiale emergente, ma devono ancora essere costruite più istituzioni. È qui che si possono consigliare le opere visionarie del pensatore russo Yaroslav Lissovolik, che ha dedicato anni della sua vita a elaborare su come il primo menzionato possa essere ampliato attraverso BRICS+ e altre nuove costruzioni come BEAMS. I lettori intrepidi possono rivedere il suo archivio al Valdai Club qui , cosa che sono caldamente incoraggiati a fare. Per coloro il cui tempo è limitato, un riassunto eccessivamente semplificato dei suoi numerosi materiali è che riguardano l’emergere di reti multipolari basate sull’economia BRICS in tutto il Sud del mondo.

Qui sta la cosa più cruciale poiché le reti economiche hanno la possibilità di migliorare tangibilmente la vita di innumerevoli persone, il che a sua volta può ridurre le possibilità che vengano radicalizzate da narrazioni di guerra dell’informazione fabbricate artificialmente per farle funzionare come “utili idioti” contro i loro governi multipolari a per volere dell’egemone unipolare in declino. Il modus operandi degli Stati Uniti in questa fase della transizione sistemica globale è quello di mettere contro di loro il popolo dei suoi oppositori in modo che organizzino Rivoluzioni Colorate e alla fine ricorrano a Unconventional Warfare (terrorismo) nel caso in cui il primo fallisca. Questo stratagemma viene spinto perché la capacità militare americana è limitata.

Non può più lanciare invasioni convenzionali su larga scala di paesi stranieri, o meglio, può ancora farlo tecnicamente ma con enormi spese per se stesso in termini di costi e opportunità perse altrove. Per questo motivo, le guerre ibride guidate dalla guerra dell’informazione sono al giorno d’oggi il suo metodo di destabilizzazione preferito e si basano in modo sproporzionato sullo sfruttamento di lamentele legittime (o almeno sulla loro percezione) che il più delle volte sono collegate in una misura o nell’altra all’economia del pubblico di destinazione. condizioni. Ne consegue quindi naturalmente che il graduale miglioramento del loro tenore di vita può ridurre immensamente il pool di “utili idioti” che l’America mira a indurre in errore facendo diventare i suoi proxy della Guerra Ibrida.

Detto questo, ci sono anche “guerrieri ibridi” professionisti che tradiranno le loro terre d’origine per ragioni finanziarie, ideologiche o di altro tipo, ma non sono in grado di avere successo senza l’esercito di “utili idioti” che le reti multipolari economiche basate sui BRICS di Lissovolik in tutto il Sud del mondo mirano alla fine ad abbattere il miglioramento tangibile della vita dei cittadini di quei paesi. Naturalmente, il “diavolo è nei dettagli” per quanto riguarda la determinazione di come funzioneranno esattamente queste istituzioni proposte, nonché le specifiche delle condizioni commerciali e di investimento tra i loro membri, ma il punto principale è che il progresso è impossibile senza prima dare la priorità al costruzione di queste reti.

Tutto deve essere più equo, equo e giusto dello status quo per ridurre il numero di persone socialmente emarginate le cui situazioni l’America mira a sfruttare per i suoi fini divide et impera a somma zero. Il mancato impegno sincero a migliorare la vita di tutti è controproducente poiché scredita il governo in questione, i suoi partner e qualsiasi accordo economico stiano negoziando, il che può così dare una seconda vita alle operazioni di destabilizzazione degli Stati Uniti. Ecco perché è assolutamente fondamentale che queste reti multipolari emergenti tengano veramente conto degli interessi della popolazione e forniscano loro benefici tangibili, altrimenti rischiano di generare autentiche lamentele.

Tornando all’intuizione cruciale del processo decisionale di Kosachev, è davvero il caso che i BRICS e la SCO possano fungere da basi primarie su cui possono essere costruite altre istituzioni multipolari, il che porta alla rilevanza delle opere visionarie di Lissovolik rispetto all’espansione globale della prima. Proprio come Roma non è stata costruita in un giorno, né lo sarà l’emergente Ordine Mondiale Multipolare, ma ora è giunto il momento per tutti gli attori interessati di dare priorità ai compromessi pragmatici rispetto a qualsiasi differenza preesistente possano avere al fine di contribuire collettivamente a creare più istituzioni multipolari che alla fine ristabiliranno stabilità nelle relazioni internazionali e miglioreranno la vita delle persone.

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L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA Parte I e II, di Marinus_a cura di Roberto Buffagni

Presentazione

 

Questo è un saggio dedicato all’invasione russa dell’Ucraina, articolato in due parti, comparse sulla “Marine Corps Gazette”[1] nei numeri di giugno e di agosto 2022. È un’accurata, approfondita, eccellente analisi professionale dell’operazione militare speciale russa; in assoluto e di gran lunga la migliore che abbia trovato (e non ho cercato poco).

L’Autore è “Marinus”, un ufficiale superiore del Corpo dei Marines, abituale collaboratore del mensile; corre voce, non confermata, che si tratti del ten. gen. (a riposo) Paul Van Riper[2], forse in collaborazione con il figlio. La prima parte dell’analisi di “Marinus, consegnata dall’Autore alla redazione il 14 aprile 2022 e pubblicata nel numero di giugno, è dedicata allo studio del livello materiale della campagna militare russa.

La seconda parte dell’analisi, pubblicata in agosto, è invece dedicata ai livelli mentale e morale della campagna russa, e dunque anche al suo significato e ai suoi obiettivi politici.

Come illustra sinteticamente “Marinus” nell’incipit della prima parte, la distinzione in tre livelli della guerra – materiale, mentale e morale – si rifà all’elaborazione teorica del col. John Boyd, USAF[3],  il maggiore teorico contemporaneo occidentale dell’arte militare, e in particolare della guerra di manovra. Nella classificazione teorica di Boyd i fattori della guerra sono, in ordine d’importanza: uomini, idee e materiale.

L’elaborazione teorica di Boyd ha avuto grande rilievo nella riforma della dottrina del Corpo dei Marines, con la quale essi, negli anni Ottanta/Novanta, hanno adottato teoria e pratica della guerra di manovra. Nella sua elaborazione, Boyd riprende sia la lezione di Sun Tzu, da lui appresa nel corso della guerra del Vietnam, sia la lezione dei teorici e degli interpreti tedeschi della guerra, da Clausewitz a von Manstein.

Invito a leggere con calma e attenzione l’analisi di “Marinus”. Come il lettore potrà constatare, essa è affatto dissonante dalle analisi che hanno trovato consenso ufficiale nelle dirigenze militari e politiche statunitensi ed europee, e conduce a conclusioni completamente diverse in merito alle capacità strategiche e operative dell’esercito russo, agli obiettivi strategici russi, e alle prospettive future del conflitto in Ucraina.

L’eccezionale valore dell’analisi di “Marinus” dipende da tre fattori: a) elevata competenza tecnica dell’Autore b) fonte insospettabile di parzialità a favore dei russi c) destinatario principale dell’analisi, ossia il Corpo dei Marines degli Stati Uniti d’America, un reparto militare che sin d’ora deve prepararsi ad affrontare sul campo il nemico russo. È autoevidente che per affrontare con successo un nemico sul campo di battaglia, è indispensabile conoscerlo e valutarlo nel modo più accurato, realistico e veritiero possibile.

La prima parte del saggio di “Marinus”, intitolata L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA/Parte I: il livello materiale della campagna, è tradotta da me. La seconda parte, intitolata L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA/Parte II: i livelli mentale e morale, è tradotta da Carmen di “Voci dall’Estero”, che ringrazio sentitamente, e riveduta da me. Dove non altrimenti specificato, tutte le note in calce sono dell’Autore. Buona lettura.

Roberto Buffagni

L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA

Parte I: il livello materiale della campagna

Maneuverist Paper No. 21

di Marinus[4]

 

John R. Boyd, il principale teorico della guerra di manovra, ha spesso sostenuto che le guerre sono condotte su tre livelli. A livello materiale, le unità e le formazioni si muovono, occupano, attaccano e difendono per interdire, isolare, indebolire e distruggere le forze ostili. A livello mentale, i belligeranti impiegano varie combinazioni di strategia e stratagemmi per seminare confusione, difficoltà di interpretazione e dissonanza cognitiva nella mente dei loro nemici. A livello morale, gli attori si sforzano di convincere tutti gli interessati che sono più veritieri, umani, giusti e affidabili dei loro avversari. [5]

In ogni conflitto, gli osservatori scopriranno spesso che è più facile monitorare i movimenti delle colonne, l’entità degli schieramenti, e il danno causato dal fuoco, che osservare i cambiamenti in atto nelle menti e nei cuori. Così, anche quando gli effetti raggiunti nelle arene mentale e morale si dimostrano più potenti di quelli forgiati dai corpi e dall’acciaio, chi cerca di trovare il senso di uno specifico conflitto inizierà spesso da un esame dei fenomeni puramente materiali. Quindi, la prima parte di questo articolo tratterà gli aspetti concreti dell’invasione russa dell’Ucraina, e la seconda cercherà di individuare gli effetti di queste azioni ai livelli mentale e morale.

 

Attacchi missilistici

Nell’invasione russa dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio 2022, la prima grande azione che ha luogo a livello materiale consiste in una serie di attacchi, effettuati da ben 300 missili guidati, contro installazioni fisse. Alcuni erano missili balistici a corto raggio, per lo più (se non esclusivamente) di un tipo (Iskander-M) introdotto nel 2005. Altri erano missili da crociera della famiglia Kalibr. (Mentre i missili balistici normalmente venivano lanciati da veicoli terrestri, i missili da crociera pare siano stati lanciati da una combinazione di navi in ​​mare e bombardieri in volo.)

Molti, se non la maggior parte, dei bersagli colpiti nella fase iniziale dei bombardamenti missilistici erano elementi, come piste e radar, a servizio dell’impiego dell’aviazione ucraina. Lo scopo di questi attacchi, tuttavia, non pare sia stato tanto quello di garantire il controllo russo dei cieli, ma piuttosto quello di privare gli ucraini di jet, elicotteri e droni, e quindi della capacità di ostacolare il movimento delle forze di terra russe. Infatti, sebbene alcuni missili russi abbiano distrutto elementi del sistema di difesa contraerea ucraino, la relativa assenza di aerei con equipaggio russi nei cieli dell’Ucraina, nei primi giorni dell’invasione, lascia pensare che alcune batterie missilistiche antiaeree ucraine siano sopravvissute all’assalto iniziale[6].

Nei giorni seguenti, gli attacchi missilistici continuarono, anche se a ritmi un po’ ridotti. Quasi tutti gli obiettivi colpiti, con livelli di precisione senza precedenti, erano soprattutto edifici adibiti esclusivamente a scopi o strutture militari, come quelli che si trovano negli aeroporti civili, che potrebbero facilmente essere convertiti ad uso militare. (La grande eccezione alla regola generale del carattere puramente militare degli obiettivi scelti dai russi per gli attacchi missilistici si è verificata il 1 marzo 2022, quando un missile teleguidato ha distrutto la principale torre di trasmissione televisiva nel centro della capitale ucraina di Kiev.[7])

 

Operazioni a nord-ovest di Kiev

Il secondo evento importante del primo giorno di guerra prese la forma di un attacco elitrasportato contro l’aeroporto Antonov, una struttura di collaudo per aeromobili situata a nord-ovest della periferia della capitale ucraina, Kiev. Reso possibile da un’eccezione alla regola generale della riluttanza russa di far levare in volo velivoli con equipaggio, questo colpo di mano ha portato all’ immediata cattura del campo d’aviazione; che a sua volta, ha reso possibile l’arrivo di rinforzi aviotrasportati. In poco tempo, tuttavia, il contrattacco di una brigata ucraina ha costretto i desantniki [paracadutisti, N.d.C.] a cercare rifugio in una foresta vicina. Lì hanno atteso l’arrivo delle forze meccanizzate russe, che, lasciate le loro aree di raggruppamento in Bielorussia ed entrate in Ucraina vicino al luogo dell’incidente nucleare di Chernobyl del 1986, dovevano giungere al campo d’aviazione nell’immediato futuro.

Le suddette forze meccanizzate, che si sarebbero collegate ai paracadutisti il ​​giorno successivo riconquistando l’Aeroporto Antonov, facevano parte di una lunga colonna, composta di ben 16 BTG (Battalion Tactical Group)[8], che coprivano i circa 125 chilometri di autostrada che collega la regione di Chernobyl alla periferia di Kiev. (Un BTG russo è composto da 142 veicoli, assumendo che viaggino a distanza di 20 metri uno dall’altro, ciascuna di queste formazioni, disposta in fila indiana, occupa 3,5 chilometri di spazio stradale. Tuttavia, poiché l’ultima metà del viaggio è stata effettuata su una superstrada a quattro corsie e l’ultimo quarto del viaggio utilizzando un’altra autostrada a due corsie, le colonne formate dai gruppi tattici di battaglione potrebbero essersi accorciate, verso la fine della marcia.)

Invece di spingersi ulteriormente nella periferia di Kiev, i russi che avevano combattuto all’aeroporto Antonov si attestarono su posizioni difensive. Il resto delle unità russe che era entrato in Ucraina vicino a Chernobyl si è spostato attraverso i circa 5.000 km. quadrati di territorio scarsamente popolato che costeggia la sponda occidentale del bacino idrico di Kiev. (Con una lunghezza di 80 chilometri, il bacino idrico di Kiev divide l’area a nord della capitale ucraina in due regioni molto diverse. Mentre la sponda occidentale è rurale, paludosa e scarsamente solcata da strade, la sponda est è sede di consistenti aree urbanizzate, boschi, e una rete di strade asfaltate, ferrovie e autostrade moderne.)

Il terreno paludoso e la scarsità di strade sulla sponda occidentale del bacino idrico di Kiev ha costretto le forze russe ivi schierate a dipendere da un’unica strada praticabile con qualsiasi tempo atmosferico, lunga 85 chilometri. Sapendolo, le forze di terra ucraine situate a nord-ovest di Kiev hanno fatto almeno due tentativi di tagliare la linea di rifornimento russa. Il maggiore di questi attacchi ha avuto luogo a Ivankiv, città con una popolazione, in tempo di pace, di circa 10.000 abitanti, sita nel punto di intersezione tra l’autostrada a doppia corsia che proviene da Chernobyl e la superstrada a quattro corsie per Kiev. Nessuna di queste imprese, tuttavia, è riuscita a realizzare altro che ingorghi di traffico. Così, entro la fine della prima settimana di guerra, i russi beneficiarono del pieno controllo della sponda occidentale del bacino idrico di Kyiv e, cosa ancor più importante, dell’unica linea di comunicazione terrestre che lo attraversa.

Il successo russo sulla sponda occidentale del bacino idrico di Kiev durante la prima settimana di guerra deve molto all’assenza di aerei militari ucraini. Più specificamente, le lunghe colonne di veicoli russi non avrebbero potuto spostarsi su strada, operando in modalità di ricognizione armata, se avessero dovuto fronteggiare a un gran numero di aerei da attacco al suolo ucraini, con o senza pilota. Pare che questo fatto si debba ricondurre a due cause. Primo, gli attacchi missilistici del primo giorno di guerra, proseguiti (anche se su scala leggermente inferiore) nei giorni successivi, hanno privato le unità dell’aviazione ucraina di gran parte della loro capacità di entrare in azione. Secondo, gli zenitchiki [i partecipanti all’operazione Z, N.d.C.] hanno mantenuto una difesa aerea multistrato, creando un ombrello sulla riva occidentale del bacino idrico di Kiev che ha reso difficile, per il piccolo numero di aerei ucraini che sono riusciti ad alzarsi in volo, raggiungere gli obiettivi prefissati.

Operazioni a est di Kiev

Strano a dirsi, la decina di BTG russi dispiegati a est del bacino idrico di Kiev ha seguito un approccio notevolmente diverso da quello impiegato dai loro omologhi sulla sponda occidentale. Nonostante la presenza di una rete stradale molto più congeniale al movimento operativo, e una linea ferroviaria che avrebbe potuto agevolare il supporto logistico, lo spiegamento russo sulla sponda orientale copriva un territorio molto meno esteso. Condotta su più direttrici, l’avanzata si fermò nei pressi di Chernihiv, una città di circa 300.000 abitanti situata a circa 55 chilometri a sud del confine tra Ucraina e Bielorussia.

Nei giorni seguenti, le forze russe a nord di Chernihiv estesero le proprie posizioni a est e ovest, trasformando quello che in un’epoca precedente si sarebbe chiamato “un esercito di osservazione” in un semicerchio di caposaldi. Diversi giorni dopo divenne chiaro lo scopo di questo posizionamento, sulle prime sconcertante, quando circa dodici BTG, appartenenti a un’altra armata russa, si trasferirono da est. Questa armata, che raggiunse rapidamente la periferia nord-orientale di Kiev, interruppe tutti i restanti collegamenti tra Chernihiv e la capitale.

L’armata russa che ha completato l’isolamento di Chernihiv era entrata in Ucraina da posizioni site a circa 200 chilometri a est di quella città. Ha quindi percorso una distanza molto maggiore, rispetto ai BTG entrati in territorio ucraino su entrambe le sponde del bacino di Kiev. Così facendo, elementi di questa armata circondarono e, dopo un breve scontro a fuoco, accettarono la resa di Konotop, la città più grande lungo il loro percorso. (I termini di capitolazione, concordati da un ufficiale russo e dal sindaco di Konotop, prevedevano che le truppe russe rimanessero all’esterno della città, che l’amministrazione civile restasse in carica, e che la bandiera della Repubblica Ucraina continuasse a sventolare sugli edifici pubblici.)[9]

L’armata che ha attraversato Konotop non ha fatto alcun tentativo di occupare la campagna adiacente le strade su cui viaggiava. Una delle più grandi sacche create da questa tattica, che misurava più di 72 chilometri da nord a sud e 120 chilometri da est a ovest, si trovava a sud di Chernihiv. (I russi hanno rifiutato di occupare il più grande centro urbano sito in questa sacca, la città di Nizhyn, anche se era sede sia di un campo d’aviazione militare che di una struttura per la riparazione di veicoli blindati.[10] )

A sud-est di Chernihiv altre quattro armate russe, ciascuna organizzata più o meno come le altre già descritte, varcarono la lunga frontiera che separa il cuore della Russia europea dal quarto nord-orientale dell’Ucraina.

La più settentrionale avanzò più lontano, seguendo un asse est-ovest che correva parallelo a quello dell’armata che aveva completato l’accerchiamento di Chernihiv. La più meridionale delle quattro armate, che pare fosse anche la più piccola, ha compiuto il progresso minore. Nessuno dei suoi 8 battaglioni tattici era avanzato di oltre 100 chilometri dal confine; alcuni fecero spostamenti ancor più modesti.

Ciascuna delle due armate schierate al centro delle forze che erano entrate in Ucraina dalla Russia centrale seguiva una direttrice di marcia bloccata da una vasta area urbana. Nel caso di Sumsy, si trattava di una città di mezzo milione di abitanti. Nel caso di Kharkiv, è la seconda città più popolosa dell’Ucraina, con il triplo degli abitanti di Sumy. In entrambi i casi, le armate russe sul campo non hanno fatto seri tentativi di prendere il controllo delle aree urbane. Piuttosto, dopo il fallimento delle delegazioni inviate per convincere le autorità locali ad arrendersi, i russi hanno posizionato dei controlli sulle strade che portano alle città, e hanno continuato la loro avanzata.

 

Operazioni nel Donbass

A sud-est di Kharkiv, la più meridionale delle quattro armate russe schierate nell’Ucraina nord-orientale ha collaborato direttamente con le forze della Repubblica Popolare di Luhansk, il più piccolo dei due proto-stati filo-russi formatisi nel 2014 nel Donbass, regione dell’Ucraina orientale. Mentre i miliziani della Repubblica popolare di Luhansk avanzavano lentamente e metodicamente in direzione di Severodonetsk, i BTG russi hanno creato una serie di sacche nell’area tra quella città e il confine russo. (La seconda città più grande dell’oblast di Luhansk, Severodonetsk, fungeva da temporanea capitale della parte dell’oblast rimasta fedele al governo dell’Ucraina[11].)

La milizia della Repubblica popolare di Donetsk somiglia, in molti aspetti, a quella della Repubblica popolare di Luhansk. Tutte e due le organizzazioni consistono di unità auto-reclutate, alcune intorno a specifiche ideologie, altre fortemente legate a specifiche località, e per la maggior parte condotte da comandanti carismatici[12].  Queste tendenze peculiari, già molto in evidenza nella fase di creazione di questi eserciti privati nel 2014, paiono essersi rafforzate nel corso dei sette anni in cui hanno combattuto contro organizzazioni comparabili al servizio dell’Ucraina. Come le milizie filo-russe, le milizie pro-ucraine hanno acquisito notevole esperienza in battaglie di fanteria ad alta intensità per il controllo di villaggi, città e quartieri urbani.

Mentre molti uomini erano esperti nelle arti del combattimento di fanteria leggera appiedata, soprattutto nei centri abitati, e hanno prestato servizio nei ranghi delle milizie dei proto-stati filorussi, le forze di fanteria appiedata dei BTG russi erano ridotte nel numero, e orientate a operare in stretta collaborazione con i blindati e i veicoli da combattimento. Allo stesso modo, mentre l’infrastruttura logistica a sostegno delle milizie proto-statali era stata costruita nel corso di sette anni di guerra di posizione, i convogli di camion di supporto ai BTG hanno dovuto fare i conti con una rete stradale limitata, sottoposta agli attacchi di droni e partigiani. Così, mentre gli obici semoventi e i lanciarazzi multipli di un BTG dovevano limitarsi a un piccolo numero di brevi missioni di fuoco, le batterie d’artiglieria improvvisate delle milizie spesso possedevano la capacità di condurre bombardamenti più estesi, sia nel tempo che nello spazio.

Le caratteristiche dei due tipi fondamentali di forze terrestri russe hanno condotto a una naturale divisione del lavoro, in cui le unità di milizia fissavano, mentre i BTG aggiravano sui fianchi il nemico. In numerosi paesi e città del Donbass, alcuni calderoni più piccoli creati da queste unità tattiche si sono rivelati molto più difficili da ridurre, rispetto agli accerchiamenti più vasti formati dal rapido passaggio dei BTG russi attraverso le zone rurali.

Al contempo, i comandanti delle milizie non-statali solo raramente erano in condizione di aggirare queste sacche, specie quando contenevano analoghe forze avversarie. (Questo fenomeno si è potuto vedere non solo nell’epica lotta per il controllo della città di Mariupol, ma anche nella più breve, più piccola, ma non meno feroce lotta per altre città come Volnovakha.)

Le tre settimane di combattimenti per il possesso di Izium, una città di circa 60.000 abitanti a circa 120 chilometri a sud-est di Kharkiv, forniscono un’interessante eccezione alla politica russa di aggiramento dei centri abitati. Durante la seconda settimana della campagna, le forze russe sono entrate nella parte settentrionale della città. Quasi contemporaneamente, le forze ucraine sono entrate a Izium da sud. Dopo un breve scontro diretto, inizia la guerra di posizione, con i russi che tengono la sponda nord del fiume che scorre al centro della città e gli ucraini che ne difendono la riva sud, che funge da barriera. Questa situazione di stallo si è conclusa l’ultima settimana di marzo, quando una task force russa si è spostata in campo aperto, a sud dell’area edificata. Complicata dalla necessità di montare il pontone sotto il fuoco nemico, questa manovra non è riuscita a isolare completamente i difensori della parte meridionale di Izium. Tuttavia, è riuscita a convincere il comando ucraino a ritirare le forze dalla città.

La decisione russa di occupare Izium, anziché limitarsi ad aggirarla, sembra derivare dal desiderio di usare la città come punto di partenza per una delle due ali della manovra operativa in assoluto più importante di tutta l’invasione dell’Ucraina, l’accerchiamento delle numerose formazioni ucraine che combattono nel Donbass. In particolare, il possesso di Izium ha dato ai russi la possibilità di usare senza problemi le cinque autostrade che si incontrano nella città, una linea ferroviaria che corre fino a Kharkiv (e, da lì, fino a Mosca), e una zona adatta alla creazione di un’ampia base logistica. (Izium è situata sul lato ovest del bacino idrico di Oskil, che la protegge, assieme a diverse centinaia di miglia quadrate dei suoi dintorni, da attacchi via terra provenienti da est.)

Operazioni lungo il Mar d’Azov

Nell’angolo sud-ovest del Donbass il conflitto è iniziato con un attacco in direzione di Mariupol, eseguito in gran parte dalle milizie basate nel territorio controllato dalla Repubblica popolare di Donetsk. Mariupol, il più grande porto ucraino sul mare d’Azov, ospitava quasi mezzo milione di abitanti, nove decimi dei quali parlavano russo come prima lingua.

Tuttavia, nella grande crisi del 2014, la città era riuscita ad evitare l’incorporazione nel proto-stato filo-russo formatosi nel territorio dell’oblast di Donetsk. Divenne così un simbolo della resistenza ucraina alla Russia, oltre che la dimora di eserciti privati, come il famigerato Battaglione Azov, alleato al governo di Kiev.

Il primo attacco a Mariupol e i molti altri attacchi che si sono susseguiti nel corso delle prime otto settimane di guerra, hanno assunto la forma di metodici tentativi di conquistare specifici pezzi di territorio. Si sono quindi rivelati più costosi per i combattenti coinvolti, più distruttivi delle infrastrutture urbane, e più pericolosi per i civili rispetto alle operazioni condotte altrove dai BTG. Necessitando di grandi quantità di munizioni, questi attacchi hanno anche imposto maggiori carichi al sistema di approvvigionamento russo.

Il 27 febbraio 2022, le forze russe che attaccavano dalla Crimea hanno preso il controllo di Berdiansk, il secondo maggiore porto ucraino sul Mar d’Azov[13]. Rimaste intatte le strutture portuali catturate, i russi hanno trasformato rapidamente Berdiansk in una base di rifornimento per i numerosi BTG che si stavano muovendo attraverso l’oblast sito appena a ovest di Mariupol, quello di Zaporizhzhia. (Mentre alcune di queste formazioni si stavano spostando a est, per collegarsi con le forze filo-russe nelle vicinanze di Mariupol, altre si stavano spostando verso nord, verso la riva sud del più grande tra i molti fiumi dell’Ucraina, il Dnipro.)

A Zaporizhzhia, tutte le formazioni dell’esercito russo partite dalla Crimea erano entrate in Ucraina attraverso tre corridoi. Il più ampio, che ospitava sia il traffico stradale che quello ferroviario, era situato in capo all’unico istmo di collegamento tra la penisola di Crimea e la terraferma ucraina. Il secondo era costituito da un’unica autostrada a due corsie interrotta da uno stretto braccio di mare. Il terzo corridoio, il più stretto di tutti, consisteva in una strada di campagna a servizio dei tanti piccoli villaggi turistici situati su una striscia di sabbia che corre lungo tutti i 112 chilometri della costa nord-orientale della Crimea. (Raggiungere la terraferma ucraina per mezzo di questi ultimi due corridoi richiede l’attraversamento di ponti. Uno di questi ponti, che attraversa il braccio di mare summenzionato, segna il confine tra Crimea e Ucraina. L’altro, che attraversa un fiume all’estremità nord della striscia di sabbia, giace per intero all’interno del territorio ucraino.)

La facilità con cui sarebbe stato possibile bloccare questi corridoi suggerisce che i russi abbiano tentato di ottenere il controllo di punti di strozzatura sin dal primo giorno di guerra. In due casi questi tentativi sembrano aver avuto successo; niente sembra aver ostacolato la corsa dei BTG attraverso l’istmo o lo stretto. Tuttavia, l’azione dei Marines russi che sono sbarcati nel villaggio di Azovske, appena a nord del capolinea della terza rotta, si è rivelata incapace di impedire che i genieri ucraini facessero saltare in aria il ponte che collegava la striscia di sabbia alla terraferma.

La storia deve ancora determinare se la fanteria di marina russa sbarcata ad Azovske avesse ricevuto il compito di mettere in sicurezza il ponte[14]. Infatti, non sappiamo ancora se i russi abbiano fatto uso di un percorso che fin da subito si presentava vulnerabile alle interruzioni e poco adatto al traffico intenso.

Quel che è certo, però, è che i Marines russi, a bordo di mezzi corazzati per il trasporto truppe, hanno speso molto poco tempo in spiaggia. Invece, si sono diretti verso la città di Melitopol, a circa 84 chilometri nell’entroterra dal loro sito di sbarco[15].

 

Operazioni a Kherson e Mykolaiv

Non tutte le formazioni russe che erano entrate in Ucraina dalla Crimea si sono trasferite a Zaporizhzhia. Forze significative si sono dirette a nord-ovest, verso le due località dell’oblast di Kherson, dove le autostrade attraversano il il Dnipro. Prima della fine del primo giorno dell’operazione, una di queste colonne aveva catturato il più orientale di questi incroci, che corre lungo la sommità della diga di Nova Khakovka. Al contempo, un’altra colonna catturò ma non riuscì a tenere il ponte di Antonivka, un sobborgo industriale della città di Kherson.

Nei giorni seguenti, mentre ad Antonivka le forze russe erano impegnate in una battaglia con alterne sorti per il controllo del ponte, diversi BTG hanno attraversato il Dnipro a Nova Khakovka e circondato la città di Kherson.

Mentre alcune delle formazioni russe che avevano attraversato il Dnipro hanno bloccato le vie in uscita da Kherson, altre si sono spinti a ovest. Quando Kherson si arrese (1 marzo 2022), queste ultime forze avevano raggiunto la periferia di Mykolaiv, in Ucraina, il secondo maggior porto del Mar Nero. Nonostante l’importanza di quella città per la Marina ucraina, le formazioni russe operanti nelle vicinanze di Mykolaiv non fecero alcun tentativo di prenderla[16]. Piuttosto, hanno preso il controllo delle strade che portano in città, inviato BTG in operazioni di ricognizione in forze, e lasciato il compito di distruggere le molte strutture militari e navali della zona ai missili guidati e agli aerei[17].

Attacchi alla logistica ucraina

Nel corso del mese di marzo, la campagna russa di attacchi missilistici contro obiettivi statici ha spostato la sua attenzione dalle strutture di servizio alla forza aerea ucraina agli impianti, come depositi di carburanti, munizioni, magazzini e officine, a sostegno delle forze di terra. Nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2022, ad esempio, missili da crociera Kalibr, lanciati da navi russe nel Mar Nero, hanno colpito la fabbrica di riparazione veicoli pesanti a Nizhyn, circa 64 chilometri a sud-est di Chernihiv. (Il comunicato stampa russo che descrive questo attacco ha caratterizzato la fabbrica come luogo in cui venivano riparati i veicoli corazzati ucraini danneggiati in combattimento.) Quella stessa notte, missili ipersonici hanno colpito un centro di stoccaggio e distribuzione di carburante nella città di Kostayantynivka, circa 65 km. a nord-ovest di Mykolaiv.

Il cambiamento di enfasi della campagna di lancio dei missili guidati ha coinciso con un notevole aumento del numero di missioni di attacco al suolo ad opera di aerei militari russi. Mentre un una piccola parte di questi attacchi ha colpito lo stesso tipo di obiettivi dei missili, la maggior parte delle sortite di attacco al suolo sembrano essere state dirette verso concentrazioni di punti di forza, e aree di equipaggiamento militare[18]. (Sorprendentemente, non ci sono segnalazioni di aerei russi operanti in modalità di ricognizione armata. Resta da vedere se ciò deriva da un cambiamento della prassi operativa russa o semplicemente dalla scarsità di movimenti delle forze di terra ucraine lungo le strade principali).

Ridispiegamento

Durante i primi tre giorni di aprile 2022, tutte le forze di terra russe operanti su entrambi i lati del bacino idrico di Kiev, così come quelle posizionate nell’angolo nord-est dell’Ucraina, sono tornate nelle loro aree di raggruppamento, in Bielorussia e in Russia. Come risultato di questo grande spostamento, tra il 60 e 65% delle forze di terra russe in Ucraina è diventata disponibile per il ridispiegamento. In altri termini, il ritiro di una porzione molto significativa della forza d’invasione russa ha reso possibile il raggruppamento di una potente riserva operativa.

Durante la seconda settimana di aprile, alcune delle formazioni russe che erano state ritirate dall’Ucraina settentrionale, e un certo numero di formazioni fresche, sono giunte nelle vicinanze di Izium. Lì hanno preso parte a un’avanzata verso Severodonetsk che, se completata, creerebbe una sacca a nord del territorio controllato dalla milizia del popolo della Repubblica di Luhansk.

Nota dell’Autore: questo articolo è stato consegnato alla redazione il 14 aprile 2022. È stato quindi scritto ignorando tutti gli eventi che si sono verificati dopo questa data.

 

Appendice

Gruppo tattico di battaglione (BTG)

L’elemento fondamentale delle forze di terra russe che hanno invaso l’Ucraina il 24 febbraio 2022 è il ” gruppo tattico di battaglione” [batal’onnaya takticheskaya gruppa]. Come suggerisce il nome, queste formazioni ad armamenti combinati sono spesso utilizzato per scopi tattici. Tuttavia, ci sono state occasioni durante i primi giorni dell’invasione russa dell’Ucraina del 2022, in cui ai BTG furono affidate missioni di diretto rilievo operativo. Queste includevano la conquista di ponti e il “combattere per l’intelligence” [razvedka boyem]. Quest’ultima azione, che si può tradurre anche come “ricognizione in combattimento”, prevedeva la effettuazione di attacchi su scala relativamente piccola per individuare lacune sfruttabili nelle difese ucraine. Ha quindi molto in comune con la classica tecnica della guerra di manovra della “incursione di ricognizione”.

In termini organizzativi, la composizione dei BTG ha molto in comune con la composizione dei battaglioni impiegati dall’Esercito USA e dal Corpo dei Marines negli ultimi ottant’anni.

Come nel battaglione americano, nel battaglione russo i gruppi tattici sono costituiti da un battaglione di fanteria rinforzato da unità più piccole di altre armi.

I BTG, tuttavia, tendono ad avere molti più pezzi di artiglieria dei loro analoghi americani.

Dove il normale battaglione americano è stato a lungo dotato di una sola batteria armata con il pezzo da campo standard di supporto diretto, l’artiglieria di un tipico BTG russo è composta da una batteria di obici semoventi da 152 mm, una batteria di lanciarazzi multipli montati su camion e una batteria di lanciamissili antiaerei a corto raggio.[19]

 

L’invasione russa dell’Ucraina

Parte II: I livelli mentale e morale[20]

Maneuverist Papers n. 22

 

di Marinus

 

Considerate come fenomeni puramente materiali, le operazioni condotte dalle forze di terra russe in Ucraina nel 2022 presentano un quadro sconcertante. Nel nord dell’Ucraina, i BTG russi hanno invaso gran parte del territorio, ma non hanno tentato di trasformare l’occupazione temporanea in possesso permanente. Infatti, dopo aver trascorso cinque settimane in quella regione, se ne sono andati, rapidamente come erano arrivati. Nel sud, l’ingresso altrettanto rapido delle forze di terra russe ha portato alla creazione di presidi russi e all’insediamento di istituzioni politiche, economiche e culturali russe. Nel terzo teatro della guerra, raramente si sono verificati movimenti rapidi del tipo che ha caratterizzato le operazioni russe sui fronti settentrionale e meridionale. Piuttosto, le formazioni russe nell’Ucraina orientale hanno condotto attacchi di artiglieria ad alta intensità per catturare aree relativamente ridotte.

Un modo per fare un po’ di luce su questo enigma è considerare le operazioni russe su ciascuno dei tre principali fronti della guerra come campagne distinte. Un ulteriore chiarimento deriva dalla consapevolezza che ciascuna di queste campagne seguiva un modello che fa parte del repertorio operativo russo da molto tempo. Questo schema, tuttavia, non riesce a spiegare perché il comando russo abbia applicato modelli distinti a ogni specifica serie di operazioni. Per rispondere a questa domanda, è necessario esaminare gli obiettivi mentali e morali perseguiti da ciascuna di queste tre campagne.

 

I raid al nord

I marines americani hanno usato a lungo il termine “raid” per descrivere un’impresa in cui una piccola forza si sposta rapidamente in un luogo specifico, completa una missione circoscritta, e si ritira il più rapidamente possibile[21]. Per i soldati russi, tuttavia, il cugino linguistico di quella parola (reyd) ha un significato un po’ diverso. Mentre lo spostamento effettuato dalla forza che conduce un raid non è altro che un mezzo per raggiungere specifici punti della mappa, il movimento delle forze, spesso più grandi, che conducono un reyd, produce effetti significativi sul piano operativo. Ossia: mentre si spostano lungo varie strade principali e secondarie, le forze che effettuano un reyd confondono i comandanti nemici, interrompono la logistica nemica e privano i governi nemici della legittimità che deriva dal controllo incontestato del proprio territorio. Allo stesso modo, mentre ogni fase di un odierno raid americano segue obbligatoriamente un copione dettagliato, un reyd è un’impresa più aperta, che può essere adattata per sfruttare nuove opportunità, evitare nuovi pericoli o raggiungere nuovi obiettivi.

Il termine reyd è stato introdotto nel lessico militare russo alla fine del XIX secolo, da teorici che avevano notato le somiglianze tra le operazioni indipendenti della cavalleria nella guerra civile americana e la già consolidata pratica russa di inviare colonne mobili, spesso composte da cosacchi, in lunghe incursioni attraverso il territorio nemico.[22] Un primo esempio di queste incursioni è fornito dalle gesta della colonna comandata da Alexander Chernyshev durante le guerre napoleoniche. Nel settembre del 1813, questa forza di circa 2.300 cavalleggeri e due cannoni da campo leggeri fece un giro di 650 chilometri attraverso il territorio nemico. A metà di questa ardita impresa, la colonna occupò, per due giorni, la città di Kassel, allora capitale di uno degli stati satelliti dell’Impero francese. Il timore che un’impresa così imbarazzante potesse ripetersi convinse Napoleone ad assegnare due corpi d’armata al presidio di Dresda, allora sede del governo di un’altra delle sue colonie.[23] Di conseguenza, quando Napoleone incontrò le forze congiunte dei suoi nemici nella battaglia di Lipsia, la sua Grande Armée, già in inferiorità numerica, era molto più ridotta di quanto sarebbe stato altrimenti.

Nel 2022, i numerosi BTG russi che si sono addentrati in profondità nell’Ucraina settentrionale durante i primi giorni dell’invasione russa non hanno tentato di ripetere l’occupazione di Lipsia. Piuttosto, nel loro percorso evitavano tutte le città più grandi e, nelle rare occasioni in cui si trovavano in una città più piccola, l’occupazione raramente durava più di poche ore. Tuttavia, le colonne russe in rapido movimento hanno creato, su scala molto più ampia, un effetto simile a quello che risultò dall’incursione di Chernyshev del 1813. Ossia, persuasero gli ucraini a indebolire il grosso del loro esercito, che combatteva allora nella regione del Donbass, per rafforzare le difese di città lontane.

 

Occupazione rapida al sud

In termini di velocità e distanze percorse, le operazioni russe nell’area tra la costa meridionale dell’Ucraina e il fiume Dnepr assomigliano alle incursioni effettuate nel nord. Differiscono, tuttavia, nella gestione delle città. Mentre le colonne russe dispiegate su entrambi i versanti di Kiev evitavano le grandi aree urbane ogni volta che potevano, gli omologhi reparti nel sud hanno preso possesso permanente di grandi città. In alcuni casi, come nella ship-to-objective maneuver (STOM) iniziata nel Mar d’Azov e terminata a Melitopol, la conquista della città è avvenuta durante i primi giorni dell’invasione russa. In altri, come nella città di Skadovsk, i russi hanno aspettato diverse settimane prima di occupare alcune aree e affrontare le forze di difesa locali, che durante l’avanzata iniziale avevano ignorato.

Nei tempi immediatamente successivi al loro arrivo, gli ufficiali russi che hanno preso il comando delle aree urbane del sud hanno seguito la stessa politica dei loro colleghi al nord. Cioè, hanno permesso ai rappresentanti locali dello stato ucraino di svolgere le loro funzioni e, in molti casi, di continuare a sventolare la bandiera del loro paese sugli edifici pubblici[24]. Non è passato molto tempo, tuttavia, prima che i funzionari russi prendessero il controllo del governo locale, sostituissero le bandiere sugli edifici e avviassero la sostituzione delle istituzioni ucraine, che si trattasse di banche o compagnie di telefonia cellulare, con quelle russe[25].

Come il modello del reyd, il paradigma di campagne in cui una rapida occupazione militare si accompagna ad una profonda trasformazione politica faceva parte della cultura militare russa da molto tempo. Pertanto, quando hanno dovuto spiegare il concetto delle operazioni sul fronte meridionale, i comandanti russi hanno potuto portare ad esempio una qualsiasi delle numerose, analoghe imprese effettuate dallo Stato sovietico nei quattro decenni successivi all’occupazione sovietica della Polonia orientale nel 1939. (Compresa la conquista di Estonia, Lettonia e Lituania nel 1940, la soppressione dei governi riformisti in Ungheria e Cecoslovacchia durante la Guerra Fredda, e l’invasione dell’Afghanistan nel 1979.)[26]

Nel sud, mentre alcune formazioni russe consolidavano il controllo sul territorio conquistato, altre effettuavano incursioni nelle vicinanze della città di Mykolaiv. Come le analoghe, più grandi incursioni sul fronte settentrionale, queste manovre hanno spinto il comando ucraino a dedicare alla difesa delle città forze che altrimenti avrebbero potuto essere impiegate nei combattimenti per la regione del Donbass. (In questo caso, le città in questione includevano i porti di Mykolaiv e Odessa.) Al contempo, le incursioni nella parte più a nord del fronte meridionale hanno creato un’ampia “terra di nessuno” tra le aree occupate dalle forze russe e quelle interamente sotto il controllo del governo ucraino.

Stalingrado nell’est

Le operazioni russe nel nord e nel sud dell’Ucraina hanno utilizzato pochissimo l’artiglieria da campo, in parte per una questione di logistica. (Sia che facessero incursioni a nord o rapide occupazioni a sud, le colonne russe non avevano i mezzi per trasportare un’ingente quantità di proiettili e razzi.) In quelle campagne, tuttavia, l’assenza di impiego dell’artiglieria risponde alla logica dei fini, piuttosto che dei mezzi. Nel nord, la riluttanza russa a bombardare scaturiva dal desiderio di non inimicarsi la popolazione locale, che quasi tutta, per motivi linguistici ed etnici, tendeva a sostenere lo Stato ucraino. Nel sud, la politica russa di evitare l’uso dell’artiglieria da campo serviva allo stesso scopo politico: preservare vite e proprietà di comunità, in cui molte persone si identificavano come “russe” e molte altre parlavano il russo come lingua madre.

Ad est, invece, i russi hanno effettuato bombardamenti che, sia per durata che per intensità, possono rivaleggiare con le grandi operazioni di artiglieria delle guerre mondiali novecentesche. Resi possibili da linee di rifornimento brevi, sicure e straordinariamente ridondanti, questi bombardamenti servivano a tre scopi. In primo luogo, confinavano le truppe ucraine nelle loro fortificazioni, privandole della capacità di fare altro che rimanere sul posto. In secondo luogo, hanno inflitto un gran numero di perdite, sia a livello propriamente fisico che per gli effetti psicologici della reclusione, dell’impotenza e della prossimità ad un gran numero di esplosioni che fanno tremare la terra. Terzo, quando effettuato per un periodo di tempo sufficiente, spesso misurabile in settimane, il bombardamento di una fortificazione portava invariabilmente o alla ritirata dei difensori, o alla resa.

Possiamo farci un’idea della portata dei bombardamenti russi nell’est dell’Ucraina confrontando la contesa per la città di Popasna (18 marzo – 7 maggio 2022) con la battaglia di Iwo Jima (19 febbraio – 26 marzo 1945). A Iwo Jima, i marines americani combatterono per cinque settimane per annientare i difensori di otto miglia quadrate di terreno abilmente fortificato. A Popasna, gli artiglieri russi hanno bombardato i sistemi di trincee costruiti nei crinali e nelle gole di un’area simile per otto settimane, prima che il comando ucraino decidesse di ritirare le sue forze dalla città.

La cattura di intere aree da parte dell’artiglieria, a sua volta, ha contribuito alla creazione degli accerchiamenti che i russi chiamano “calderoni” (kotly). Come molto della teoria militare russa, questo concetto si basa su un’idea presa in prestito dalla tradizione tedesca della guerra di manovra: il “calderone di battaglia” (Schlachtkessel). Tuttavia, mentre i tedeschi cercavano di creare e sfruttare i loro calderoni il più rapidamente possibile, i calderoni russi possono essere o rapidi e sorprendenti, o lenti e apparentemente ineluttabili. In effetti, le offensive sovietiche coronate da successo della Seconda Guerra Mondiale, come quella che portò alla distruzione della Sesta Armata tedesca a Stalingrado, fecero ampio uso di calderoni di entrambi i tipi.

La libertà dall’urgenza di creare calderoni il più rapidamente possibile ha sollevato i russi che combattevano nell’Ucraina orientale dall’obbligo di tenere specifiche porzioni di territorio. Pertanto, di fronte a un attacco ucraino ben determinato, i russi spesso ritiravano i loro carri armati e le loro unità di fanteria dal terreno conteso. In questo modo, da un canto riducevano il pericolo per le proprie truppe, dall’altro creavano situazioni, per quanto brevi, in cui gli attaccanti ucraini dovevano affrontare proiettili e razzi russi allo scoperto, senza la protezione di un riparo. Altrimenti detto, i russi considerano questi “bombardamenti a ripetizione” non soltanto come un impiego accettabile dell’artiglieria, ma anche come un’opportunità per infliggere ulteriori perdite, impegnandosi in un “consumo vistoso”[27] del munizionamento d’artiglieria.

Nella primavera del 1917 le forze tedesche sul fronte occidentale usarono tattiche simili per creare situazioni in cui le truppe francesi che avanzavano lungo i pendii posteriori dei crinali conquistati di recente venivano colte allo scoperto dal fuoco dell’artiglieria da campo e delle mitragliatrici. L’effetto di questa esperienza sul morale francese fu tale, che i fanti di cinquanta divisioni francesi reagirono con atti di “indisciplina collettiva”, il cui motto era “terremo le posizioni, ma ci rifiutiamo di attaccare”[28]. (Nel maggio del 2022 sono apparsi su Internet diversi video in cui persone che affermavano di essere soldati ucraini che combattevano nella regione del Donbass spiegavano che, pur essendo disposti a difendere le loro posizioni, avevano deciso di disobbedire a qualsiasi ordine che richiedesse loro di avanzare.)

 

Risolvere il paradosso

Nei primi giorni del dibattito sulla guerra di manovra, i maneuverist spesso presentavano la loro filosofia preferita come l’opposto logico della “guerra d’attrito/potenza di fuoco”. Ancora nel 2013, gli anonimi autori delle “Attritionist Letters” usavano questo schema dicotomico per strutturare la loro critica alle pratiche discordanti dallo spirito della guerra di manovra. Nelle campagne russe in Ucraina, tuttavia, una serie di operazioni composte anzitutto di movimento si integra a un’altra costituita principalmente da cannoneggiamenti.

Un modo per risolvere questo apparente paradosso è caratterizzare i raid delle prime cinque settimane di guerra come un Grande Inganno che, pur avendo scarso effetto in termini di distruzioni dirette, ha reso possibile il successivo logoramento delle forze armate ucraine. In particolare, la minaccia portata dalle incursioni ha ritardato il movimento delle forze ucraine nel teatro principale della guerra fino a quando i russi non avessero schierato le unità di artiglieria, messo in sicurezza la rete di trasporto e accumulato le scorte di munizioni necessarie per condurre una lunga serie di massicci bombardamenti. Questo ritardo ha assicurato anche che, quando gli ucraini hanno dispiegato ulteriori formazioni nella regione del Donbass, il movimento di queste forze e delle forniture necessarie a sostenerle è stato reso molto più difficile dalle distruzioni provocate alla rete ferroviaria ucraina da missili guidati a lunga gittata. In altre parole, i russi hanno condotto una breve campagna di manovra nel nord allo scopo di preparare il terreno per una campagna di logoramento, più lunga e di importanza più fondamentale, all’est.

Il netto contrasto tra i differenti tipi di guerra condotta dalle forze russe nelle diverse parti dell’Ucraina ha rafforzato il messaggio centrale delle operazioni d’ informazione russe. Fin dall’inizio, la propaganda russa ha insistito sul fatto che la “operazione militare speciale” in Ucraina serviva a tre scopi: la protezione dei due proto-stati filo-russi, la “smilitarizzazione” e la “denazificazione”. Tutti e tre questi obiettivi implicavano la necessità di infliggere pesanti perdite alle formazioni ucraine che combattevano nel Donbass. Nessuno di questi obiettivi, tuttavia, dipendeva dall’occupazione di parti dell’Ucraina in cui la stragrande maggioranza delle persone parlava la lingua ucraina, abbracciava un’identità etnica ucraina e sosteneva lo Stato ucraino. In effetti, l’occupazione russa prolungata di quei luoghi avrebbe suffragato l’argomento che la Russia stesse cercando di conquistare l’intera Ucraina.

La campagna russa nel sud era al servizio di obiettivi politici diretti. Cioè, è servita a incorporare territori abitati da un gran numero di persone di etnia russa nel “mondo russo”. Allo stesso tempo, la rapida occupazione di città come Kherson e Melitopol ha reso più credibile l’inganno che era il vero scopo delle operazioni al nord, ispirando negli ucraini il timore che le colonne russe, dispiegate su entrambi i lati di Kiev, tentassero di occupare città come Chernihiv e Zhytomyr. Allo stesso modo, le incursioni condotte a nord di Kherson potevano far pensare che i russi volessero tentare l’occupazione di altre città, la più importante delle quali era Odessa.[29]

Missili guidati

Il programma russo di attacchi missilistici guidati, condotto in parallelo alle tre campagne di terra, ha creato una serie di effetti a livello morale, favorevoli allo sforzo bellico russo. Il più importante deriva dal contenimento dei danni collaterali, non solo per la straordinaria precisione delle armi utilizzate, ma anche per la scelta oculata dei bersagli. Pertanto, i nemici della Russia hanno avuto difficoltà a caratterizzare gli attacchi contro depositi di carburante e munizioni, necessariamente situati a una certa distanza dai luoghi in cui vivono e lavorano i civili, come qualcosa di diverso da attacchi a installazioni militari.

Allo stesso modo, l’impegno russo a interrompere il traffico nel sistema ferroviario ucraino avrebbe potuto includere attacchi contro le centrali elettriche, che forniscono elettricità sia alle comunità civili che ai treni. Attacchi del genere, tuttavia, avrebbero provocato molte perdite di vite umane tra i lavoratori di quegli impianti, e molte sofferenze nelle località che sarebbero rimaste senza corrente elettrica. Invece, i russi hanno scelto di dirigere i loro missili verso le sottostazioni di trazione, i trasformatori remoti che convertono l’elettricità della rete generale nelle forme utili ad alimentare i treni[30].

Ci sono stati momenti, tuttavia, in cui attacchi missilistici contro strutture a “doppio uso” hanno dato l’impressione che i russi avessero, in effetti, preso di mira strutture esclusivamente civili. L’esempio più eclatante di un simile errore è stato l’attacco, compiuto il 1° marzo 2022, alla torre principale della televisione a Kiev. A prescindere dal fatto che ci fosse o meno del vero nell’affermazione russa, che la torre era stata utilizzata per scopi militari, l’attacco a una struttura iconica, a lungo associata a scopi puramente civili, ha pesato molto nel ridurre i vantaggi ottenuti dalla politica russa complessiva di limitare gli attacchi missilistici a obiettivi chiaramente militari[31].

 

La sfida

Le tre campagne di terra condotte dai russi in Ucraina nel 2022 devono molto ai modelli tradizionali. Al contempo, il programma di attacchi missilistici ha sfruttato una capacità a dir poco rivoluzionaria. Che fossero nuovi o vecchi, tuttavia, questi sforzi combinati sono stati condotti in un modo che dimostra una profonda comprensione di tutti e tre i livelli su cui si combattono le guerre. Cioè, i russi raramente hanno dimenticato che, oltre ad essere una battaglia sul piano materiale, la guerra è anche una sfida a livello mentale, oltre che una controversia morale.

L’invasione russa dell’Ucraina potrebbe segnare l’inizio di una nuova guerra fredda, una “lunga lotta nel crepuscolo”[32] paragonabile a quella che si è conclusa con il crollo dell’impero sovietico più di tre decenni fa. Se così è, allora ci troveremo di fronte a un avversario che, pur attingendo molto dal valore della tradizione militare sovietica, si è affrancato sia dalla brutalità insita nell’eredità di Lenin, sia dai paraocchi imposti dal marxismo. Ancor peggio, potremmo trovarci a combattere dei discepoli di John R. Boyd.

 

 

 

 

[1] https://mca-marines.org/magazines/marine-corps-gazette/ I numeri del periodico sono gratuitamente scaricabili, previa registrazione al sito.

[2] https://en.wikipedia.org/wiki/Paul_Van_Riper

[3] https://en.wikipedia.org/wiki/John_Boyd_(military_strategist)

[4] Da: “Marines Corps Gazette”, giugno 2022, vol. 106, n. 6., pagg. 100- 105. Corre voce, non confermata, che “Marinus” sia il ten.gen. (a riposo) Paul Van Riper, forse in collaborazione con il figlio. In ogni caso, l’Autore è un ufficiale superiore del Corpo dei Marines, e un collaboratore abituale della “Marines Corps Gazette”.

[5] Per una spiegazione sintetica dei tre livelli di guerra secondo Boyd, v. William S. Lind, “John Boyd’s Art of War,” The American Conservative, (agosto 2013), disponibile su https://www.theamericanconservative.com

[6] Justin Bronk, “The Mysterious Case of the Missing Russian Air Force,”

RUSI, (February 2022), disponibile presso https://rusi.org

[7] Ryan Merrifield and Sam Elliot-Gibbs, “Kyiv TV Tower Explodes after Russia Warns of Missile Strikes in Ukraine Capital,” Mirror, (March 2022), disponibile presso https://www.mirror.co.uk.

[8] V. la descrizione del BTG nell’Appendice alla prima parte del saggio. [N.d.C.]

[9] Natalia Gurkovskaya, “Fighting in Sumy Region: Konotop Authorities Hold Talks with Occupiers after Ultimatum [Бої на Сумщині – влада Конотопа провела переговори з окупантами після ультиматуму],” RBC.UA, (marzo 2022), disponibile presso t https://www.rbc.ua

[10] Redazionale, “Nizhyn Repair Plant of Engineering Vehicles” [Нежинский ремонтный завод инженерного вооружения], Guns.UA, (n.d.), disponibile presso  www.guns.ua

[11] Un oblast è un distretto amministrativo che spesso, anche se non invariabilmente, prende il nome dalla città che funge da sua capitale, e corrisponde, più o meno, a una contea inglese o a un dipartimento francese.

[12] Per una descrizione dettagliata delle unità componenti delle milizie della Nuova Russia, v. Tomáš Šmíd e Alexandra Šmídová, “Anti-Government Non-State Armed Actors in the Confl ict in Eastern Ukraine,”, Mezinárodní

Vztahy: Czech Journal of International Affairs, (Praga: Institute of International Relations, giugno 2021).

 

[13] Redazionale, “Russian Forces Seize Port of Berdyansk,” The Maritime Executive, (February 2022), disponibile presso https://www.maritime-executive.com .

[14] Alcuni osservatori hanno confuso l’Azovske dove ha avuto luogo lo sbarco dei Marines russi con un altro villaggio omonimo nei dintorni del porto di Berdiansk, a circa 150 chilometri a est. Questo errore, a sua volta, ha portato alla più volte ripetuta affermazione che lo sbarco delle unità di fanteria navale si è svolto a 112 chilometri a ovest di

Mariupol. Per un esempio di quest’ultimo errore, v. Redazionale, “Russian Navy Carries Out Amphibious Assault Near Mariupol,”, The Maritime Executive , (febbraio 2022), disponibile presso https://www.maritime-executive.com

[15] Redazionale, “Russian Troops Welcomed with Flags in Ukraine’s Melitopol,” Tass, (February 2022), disponibile presso https://tass.com

[16] L’assenza di tentativi russi di prendere Mikolaiv ha fatto nascere molte storie di piccoli distaccamenti ucraini che fermano forze russe molto più grandi. Per alcuni esempi pittoreschi, vedi Yaroslav Trofimov, “Ukrainian Counteroffensive Near Mykolaiv Relieves Strategic Port City,” The Wall Street Journal , (marzo 2022), disponibile su https://www.wsj.com .

 

[17] Per un resoconto di uno dei tanti attacchi missilistici su obiettivi in Mikolaiv, v. Michael Schwirtz, “Russian Rocket Attack Turns Ukrainian Marine Base to Rubble, Killing Dozens,” New York Times , (marzo 2022), disponibile su https://www.nytimes.com

[18] Per esempi di rapporti russi sui risultati di questi attacchi, cfr. i briefing quotidiani sul canale ufficiale Telegram del Ministero russo della Difesa ( t.me/mod_russia_en ).

 

[19] 1. Questa descrizione dell’organizzazione di un tipico BTG russo è tratta da un’infografica pubblicata sul sito web (attualmente inaccessibile) del Ministero della Difesa russo.

 

[20] “Marine Corps Gazette”, agosto 2022, vol. 106, n. 8, pagg. 90 – 93

[21] Headquarters Marine Corps, MCWP 3-43.1, Raid Operations (Washington, DC: 1993)

[22] Per l’adozione del concetto di “raid” da parte dell’esercito russo di fine diciannovesimo secolo, cfr Karl Kraft von Hohenlohe-Ingelfingen (trad. inglese Neville Lloyd Walford), Letters on Cavalry, (London: E. Stanford, 1893); e Frederick Chenevix Trench, Cavalry in Modern Wars, (London: Keegan, Paul, Trench, and Company, 1884).

[23] Per un breve resoconto del reyd comandato da Alexander Chernyshev, cfr. Michael Adams, Napoleon and Russia, (London: Bloomsbury, 2006).

 

[24] John Reed and Polina Ivanova, “Residents of Ukraine’s Fallen Cities Regroup under Russian Occupation,” The Financial Times, (marzo 2022), disponibile sul sito https://www.ft.com.

 

[25] Adam Taylor, “Shift to Ruble in Kherson Fuels Concerns about Russia’s Aims in Occupied Region,” The Washington Post, (May 2022), disponibile presso https://www.washingtonpost.com.

[26] David M. Glantz, “Excerpts on Soviet 1938-40 Operations from The History of Warfare, Military Art, and Military Science, a 1977 Textbook of the Military Academy of the General Staff of the USSR Armed Forces,” The Journal of Slavic Military Studies, (Milton Park: Routledge, March 1993).

 

[27] “Consumo vistoso” è la traduzione italiana di conspicuous consumption, locuzione introdotta dal sociologo americano Thorstein Veblen nel suo celebre Teoria della classe agiata (1899). Designa e spiega l’uso dei consumatori di acquistare beni di consumo di qualità più elevata, o in quantità maggiore, di quanto sarebbe necessario dal pdv pratico. V. https://www.britannica.com/topic/conspicuous-consumption [N.d.C.]

[28] Il lavoro classico sugli ammutinamenti francesi del 1917 è Richard M. Watt, Dare Call It Treason, (New York, NY: Simon and Schuster, 1963).

 

[29] Michael Schwirtz, “Anxiety Grows in Odessa as Russians Advance in Southern Ukraine,” The New York Times, (March 2022), disponibile presso https://www.nytimes.com

[30] Redazionale, “Russia Bombs Five Railway Stations in Central and Western Ukraine,” The Guardian, (aprile 2022), disponibile sul sito https://www.the-guardian.com.

 

[31] Per un esempio delle tante storie che caratterizzano il bombardamento della torre della televisione del 1 marzo 2022 come un attacco alle infrastrutture civili, cfr. Abraham Mashie,” US Air Force Discusses Tactics with Ukrainian Air Force as Russian Advance Stalls,” Air Force Magazine, (marzo 2022), disponibile sul sito https://www.airforcemag.com.

 

[32] È una citazione dal discorso inaugurale (20 gennaio 1961) della Presidenza di John F. Kennedy. “In your hands, my fellow citizens, more than mine, will rest the final success or failure of our course. Since this country was founded, each generation of Americans has been summoned to give testimony to its national loyalty. The graves of young Americans who answered the call to service surround the globe.

     Now the trumpet summons us again–not as a call to bear arms, though arms we need–not as a call to battle, though embattled we are– but a call to bear the burden of a long twilight struggle, year in and year out, “rejoicing in hope, patient in tribulation”–a struggle against the common enemies of man: tyranny, poverty, disease and war itself.” https://www.jfklibrary.org/learn/about-jfk/historic-speeches/inaugural-address [N.d.C.]

https://mca-marines.org/magazines/marine-corps-gazette/

La seconda guerra civile americana e i modi per vincerla Di Paul S. Gardiner

Un articolo importante! Non tanto riguardo alla conferma scontata, almeno per i nostri lettori, della virulenza dello scontro tra il movimento trumpiano e il resto dello schieramento politico negli Stati Uniti. Nemmeno per il fatto che il tema, altrettanto scontato, della endemica guerra civile sia entrato nel lessico corrente di quegli ambienti e nei comportamenti della leadership attualmente al governo e al potere in quel paese. La grossa novità è un’altra. Con la liquidazione impietosa di Liz Cheney si può dire che la corrente neocon presente nel Partito Repubblicano sia stata definitivamente sconfitta, se non addirittura liquidata impietosamente. Un successo che non porterà probabilmente ad un compattamento definitivo del movimento trumpiano. Nuove contraddizioni e nuove ambiguità emergeranno in maniera sempre più incalzante; con essa nuove figure politiche emergenti. Il testo qui sotto è un prodromo di quanto non tarderà ad affiorare nel tempo. L’unico aspetto da definire è la dinamica che seguiranno; se agiranno quindi sotto traccia, almeno sino alle prossime elezioni presidenziali, nel 2024, in una sorta di guerra di posizione interna a quella in corso nell’occupazione dei presidi dell’amministrazione e dei centri di potere, oppure non riuscirà a tenere le briglia e sarà indotta ad uno scontro politico aperto prematuro. Quanto ai contenuti, l’oggetto del contendere sarà il tentativo di un  parziale o significativo recupero delle politiche avventuriste neoconservatrici all’estero, lasciando ai temi etici la funzione di canale di sfogo delle contrapposizioni. Dall’esito degli sviluppi di questo scontro dipenderà gran parte delle stesse dinamiche geopolitiche e della possibilità che negli Stati Uniti si ricrei una struttura economica più equilibrata ed una coesione giunta ormai ad un punto critico di rottura. Ne parleremo a breve, appena possibile, con Gianfranco Campa. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Il recente raid clandestino dell’FBI nella casa del presidente Donald Trump lascia pochi dubbi sul fatto che l’America sia davvero nel mezzo di una seconda guerra civile. La guerra finora è una guerra senza sparatorie con molteplici “fronti” di attacco condotti e sostenuti da nemici sia interni che stranieri. Se avranno successo, avranno effettivamente annullato la repubblica costituzionale americana e negato la maggior parte, se non tutti, i diritti e le libertà costituzionali amati dagli americani.

Questa guerra civile viene condotta con successo contro la repubblica americana da molteplici organizzazioni e numerose persone potenti e molto ricche (“progressisti”), tutte impegnate a controllare il modo in cui gli americani pensano, parlano e agiscono. Poiché le libertà ei diritti costituzionali unici degli americani sono oggetto di un duro attacco, c’è un urgente e immediato bisogno che tutti gli americani patriottici si impegnino attivamente.

Questo articolo suggerisce tre azioni che i cittadini patriottici possono intraprendere per impegnarsi efficacemente contro i nemici della loro repubblica. Il potere di un singolo cittadino può essere profondo.

L’America ha un disperato bisogno di leader e sostenitori che si preoccupano molto di più della conservazione della repubblica costituzionale della nazione che dell’arricchimento o del fare solo ciò che desiderano i loro principali donatori. L’America ha bisogno di molti altri leader patriottici e coraggiosi come il governatore della Florida Ron DeSantis, che, insieme ad altre azioni coraggiose, ha recentemente licenziato un procuratore della Florida di sinistra finanziato da George Soros.

Il Governatore DeSantis sta combattendo attivamente l’uso di standard ambientali, sociali e di governance (ESG) “risvegliati” da parte delle istituzioni finanziarie per determinare prestiti e altro sostegno finanziario per le imprese e i cittadini della Florida. Molti altri amministratori delegati devono dimostrare tale coraggio e convinzione.

È urgentemente necessaria una forte leadership conservatrice di tipo DeSantis a tutti i livelli di governo (contea, città, stato e federale). Tale leadership è anche urgentemente necessaria a tutti i livelli della gerarchia educativa americana, compresi gli ambienti K-12 e college e universitari.

I nemici interni e stranieri che conducono e sostengono la seconda guerra civile americana includono:

1) Il Partito Democratico radicale, di estrema sinistra controllato.   Il Partito Democratico di oggi è controllato da membri dell’estrema sinistra radicale, che sono legati a un’ideologia (religione!) che dice che l’America è un paese malvagio che è stato illecitamente fondato da ricchi, vecchi bianchi solo per il loro miglioramento e perpetuazione. Questi radicali mancano e non sono minimamente interessati a una storia equilibrata dei fondatori e della fondazione dell’America. Un tale approccio andrà contro la loro agenda marxista basata sulla razza che si sforza di dividere la popolazione americana piuttosto che unificare il popolo.

Gli attacchi dei Democratici alla repubblica americana includono, tra le altre cose, a) il mantenimento di un confine meridionale estremamente pericoloso e mortale; b) sostenere gruppi violenti e illegali come Antifa e Black Lives Matter; e c) eliminare deliberatamente l’indipendenza energetica dell’America, provocando una superinflazione e mettendo a rischio la sicurezza nazionale americana. Alla luce di quanto sopra, i Democratici patriottici tradizionali di lunga data stanno scegliendo di lasciare il partito .

2) L’agenda del Great Reset dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e del World Economic Forum (WEF).   I membri dell’OMS e del WEF (entrambi sostanzialmente finanziati da Bill Gates e altri ricchi “progressisti”) hanno escogitato quella che chiamano l’ agenda del Grande Reset . Questo non è altro che uno sforzo per controllare la vita delle persone controllando la loro salute e il loro denaro. Il partito democratico radicale di estrema sinistra controllato sostiene l’agenda del Great Reset perché è un attacco alla repubblica costituzionale americana.

3) Il Partito Comunista Cinese (PCC), la Russia e altri governi tirannici.   Il PCC, la Russia, la Corea del Nord e altri governi tirannici sono noti per i continui attacchi informatici contro le infrastrutture americane. Il coinvolgimento del PCC nello sviluppo e nel rilascio del virus mortale COVID-19 è ben accettato da numerosi investigatori e da almeno un coraggioso informatore cinese.

Il PCC esercita una grande influenza in molti dei principali college e università americane per promuovere, direttamente o indirettamente, la propaganda del PCC contro i valori americani da tempo accettati, inclusi i valori familiari e cristiani. Il profondo disprezzo che il PCC prova per gli americani è stato rivelato in un discorso tenuto nel 2003 dal ministro della Difesa cinese (generale) Chi Haotian, dove ha affermato : “È davvero brutale uccidere uno o duecento milioni di americani. Ma questo è l’unico percorso che assicurerà un secolo cinese in cui il Partito Comunista Cinese guida il mondo”.

Azioni che gli americani patriottici e amanti della libertà possono intraprendere in questa guerra civile del 21° secolo:

1) Utilizzare gli strumenti forniti da Act for America che consentono ai cittadini di contattare facilmente i loro rappresentanti statali e federali in merito alla legislazione in sospeso promossa dai Democratici di estrema sinistra. Vari legislatori hanno indicato che basta ascoltare solo 40-50 dei loro elettori per fare la differenza nei voti critici sulla legislazione in sospeso.

Le interviste con i legislatori indicano che molti considerano una nota o una chiamata di un singolo elettore rappresentativa di 1.000 persone. Quindi, un solo cittadino è davvero potente.

2) Formare piccoli gruppi di veterani militari (e altri gruppi di cittadini) per diventare sostenitori attivi e vocali di candidati politici conservatori in buona fede. Fornire questo stesso supporto a forti candidati conservatori per consigli scolastici locali e altre posizioni educative. Un esempio di organizzazione di veterani attivisti di grande successo è American Veterans Vote in Virginia.

3) I genitori e tutti i cittadini preoccupati per l’educazione dei giovani americani devono insistere nel prendere visione dei curricula che gli insegnanti K–12 stanno usando per istruire gli studenti. Sfida qualsiasi materiale basato sulla razza, orientamento sessuale e indottrinamento transgender, libri antiamericani e altro materiale utilizzato. Continua ad apparire alle riunioni del consiglio scolastico per chiedere la fine di qualsiasi teoria della razza critica o istruzione derivata impartita agli studenti. Se necessario, contatta l’ organizzazione No Left Turn in Education per un potenziale consiglio/assistenza legale.

In conclusione, ora non è il momento di compiacersi della vita in America: la posta in gioco è troppo alta. I cittadini che amano l’America con le sue amate libertà e diritti costituzionali devono davvero diventare attivi e aiutare a vincere la seconda guerra civile americana!

Paul S. Gardiner è un ufficiale dell’esercito in pensione, veterano del Vietnam e laureato all’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill, all’Università dell’Alabama e allo United States Army War College. È fiducioso che le informazioni presentate in questo articolo aiuteranno a motivare un esercito di americani finora non coinvolti a essere attivamente coinvolti nell’attuale guerra civile su più fronti contro la repubblica costituzionale americana. Le libertà ei diritti inalienabili di tutti gli americani devono essere preservati!

https://www.americanthinker.com/articles/2022/08/the_second_american_civil_war_and_ways_to_win_it.html

LIBERTA’ SI’, MA SENZA IL LIBERATORE (…?)_di Daniele Lanza

LIBERTA’ SI’, MA SENZA IL LIBERATORE (…?)
(da leggere come “il paradosso della nazione lettone”)
Tripudio e gaudio dalle istituzioni dell’indipendente repubblica di Lettonia ! Dal cuore della capitale – RIGA – vengono abbattuti, rimossi, quasi 80 metri di obelisco….quello dedicato alla vittoria dell’armata rossa (magniloquente memoriale sovietico edificato alla metà degli anni ottante per il quarantennale della vittoria).
Il governo di RIGA aveva annunciato la misura sin da maggio e la porta a termine adesso a fine estate : lo scopo, questo è chiaro, è quello di estirpare simbolicamente il 1945 stesso, dalla memoria, dal tessuto del paese.
Ci si libera di un ospite sgradito, si eradica la memoria di quel liberatore non percepito come tale dagli autoctoni lettoni, e ancor più dalle sue nazionaliste rappresentanze governative, le quali quindi si disfano del fardello.
Come metterla ? Provo a dirla così : che un popolo possa liberamente, in base alla propria sensibilità decidere chi sia o meno amico e chi sia o meno “liberatore” (termine che certamente ha del relativo) lo ritengo del tutto LECITO. Il nodo – perlomeno in una prospettiva etica – è che tale imprescindibile facoltà di scelta, dovrebbe accompagnarsi ad un altrettanto imprescindibile coerenza generale : in parole elementari, se l’armata rossa staliniana non avesse prevalso, allora sarebbe stata la Wehrmacht hitleriana a prevalere (….).
Ora, io mi astengo dal fare paragoni o bilanci morali tra i due contendenti sopra : sottolineo semplicemente che l'”indomabile” Lettonia in un modo o in un altro…….sarebbe stata COMUNQUE sotto qualcuno. O russi o tedeschi). L’entità lettone, tra due universi culturali e militari di grande spessore come quello slavo e quello germanico, non avrebbe mai avuto la possibilità di formarsi come ha fatto.
L’emergere dello stato Lettone – come altri analoghi – nell’ultimo centinaio di anni è stato dovuto più che non alla capacità organizzativa dei propri popoli, alla debolezza del contenitore in cui erano : il collasso della casa zarista prima e quello della casa sovietica dopo. Poco altro oltre questo (senza offesa per l’identità lettone).
La zona, assolutamente minuscola, era “destinata” nel gioco amorale della geopolitica a divenire parte di qualcuno o qualcosa in ogni caso (sarebbe stata satellite dello stato kaiseriano se quest’ultimo non si fosse eclissato nel 1918, così come di quello nazista non si fosse disintegrato nel 1945).
Con quanto affermato sopra vado al punto essenziale : la Lettonia trova la sua libertà non tanto per moto interno interno…..quanto per il venire meno, contemporaneamente, delle due entità che potremmo sintetizzare come occidentale ed orientale (“orientale” sta per Russia naturalmente……….mentre “occidentale” sta per Prussia – o Germania in senso tradizionale se preferite – ossia non occidentale in senso atlantico e anglosassone come lo concepiamo oggi).
Identità ed indipendenza lettoni – con tutto il rispetto per l’autodeterminazione dei popoli – sono frutto del decesso naturale dei propri “sovra-ordinati” su un piano geostrategico (tali da svariati secoli, ma venuti momentaneamente meno nella finestra contemporanea).
E’ un discorso molto difficile e non condivisibile da molti (lo posso intendere), ma è un fatto su cui riflettere. La libertà lettone è basata più su un….”vuoto”, sull'”assenza” che non su una “presenza”. Ed abbattere il memoriale della vittoria sovietico non fa che incrementare il problema.
Fa specie ricordare che un buon 1/4 degli abitanti della Lettonia sono etnicamente russi e all’incirca 1/3 parlano correntemente la lingua come idioma madre. Nella capitale poi, la proporzione sale al 50% : buona parte di costoro nemmeno ha la cittadinanza.
Io direi, a questo punto perchè non sbarazzarsi anche di costoro e costringerli ad un esodo di massa ?!? (per carità le istituzioni lettoni questo lo pensano e pianificano già da anni pur senza poter utilizzare metodi che non sarebbero passabili nell’opinione pubblica internazionale delle democrazie odierne)
Mi viene in mente la tragicomica metafora di un popolo che volendo liberarsi di qualsiasi cosa gli avevano lasciato gli invasori passati per ritrovare sè stesso…….si ritrovò col NULLA in mano (nemmeno i suoi abitanti).
Tratto da facebook

 

Quando il commercio porta alla guerra, di Dale C. Copeland

Non lasciatevi ingannare da un approccio letterale al testo. Si nota benissimo l’indulgenza verso il convitato di pietra dell’articolo, gli Stati Uniti. I rischi che vengono addebitati alle scelte geopolitiche della Russia e soprattutto della Cina possono essere benissimo ritorti nei confronti degli Stati Uniti. Da oltre quarant’anni questi ultimi hanno perso l’autonomia e la complementarietà ed equilibrio interni della loro economia; hanno smarrito non solo le produzioni, ma anche la capacità produttiva in tanti settori strategici. Una conoscenza difficile da recuperare, soprattutto in mancanza della necessaria consapevolezza della situazione, presente solo nel tormentato quadriennio della Presidenza Trump. Quanto al dinamismo e alla spregiudicatezza delle scelte geopolitiche, piuttosto che del loro ruolo di equilibrio, gli Stati Uniti non sono secondi a nessuno. Più interessante, invece, è cercare di individuare, nell’economia dell’articolo, le leve o le presunte tali, o quanto meno parte di esse, che i centri decisori statunitensi intendono utilizzare per le loro scelte geopolitiche e per i loro tentativi di separare e contrapporre gli intenti dei contendenti. Valutazioni decisive in grado di determinare l’esito fausto o funesto delle scelte politiche e delle linee strategiche. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Cina, Russia e i limiti dell’interdipendenza

Nell’ultimo anno, gli Stati Uniti sono stati costretti a contemplare una possibilità che molti hanno considerato quasi impensabile dai tempi della Guerra Fredda: un grande conflitto militare con un’altra grande potenza Per la prima volta da decenni, Mosca ha lanciato i suoi missili per avvertire Washington del suo sostegno all’Ucraina. E all’inizio di agosto, in seguito alla visita a Taiwan del presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi, Pechino ha drammaticamente intensificato la sua minaccia di un’azione militare sull’isola.

Sorprendenti quasi quanto le minacce stesse è quanto sembra suggerire sui limiti dell’interdipendenza economica come forza di pace. Sia la Cina che la Russia dipendono in misura straordinaria dal commercio per la crescita economica e per assicurarsi le loro posizioni sulla scena mondiale. La Cina è riuscita a quintuplicare il suo PIL negli ultimi due decenni in larga misura attraverso l’esportazione di manufatti; oltre il 50 per cento delle entrate del governo russo proviene dall’esportazione di petrolio e gas. Secondo un filone di pensiero influente nella teoria delle relazioni internazionali, questi legami economici cruciali dovrebbero portare ad un livello molto più alto il prezzo da pagare di un conflitto militare per entrambi i paesi. Eppure, almeno dalle apparenze, nessuno dei due poteri sembra frenato dalla potenziale perdita di tale commercio.

L’immagine non è così semplice come sembra, tuttavia. Per prima cosa, in determinate circostanze, le relazioni commerciali possono fungere da incentivo piuttosto che da deterrente alla guerra. Inoltre, l’affermazione del potere militare o anche la minaccia di un confronto contraddittorio non è sempre correlata a una rottura delle relazioni economiche. Come hanno dimostrato i casi contrastanti di Cina e Russia nell’ultimo anno, i legami economici spesso si svolgono in modi che sfidano le aspettative. Per coloro che ritengono che il commercio possa aiutare a prevenire il conflitto tra grandi potenze, è fondamentale esaminare i modi complessi in cui le forze economiche hanno effettivamente plasmato il pensiero strategico a Pechino e Mosca.

COMMERCIO AGGRESSIVO

Per capire come il commercio possa aumentare, non ridurre, la possibilità di conflitti militari, è necessario attingere alle intuizioni della teoria realista. In generale, il realismo si concentra sulla lotta delle grandi potenze per il potere militare relativo e la posizione in un mondo che manca di un’autorità centrale per proteggerle. Ma sta ai realisti capire che il potere economico è la base per la forza militare a lungo termine e che il commercio internazionale è vitale per costruire una base di potere economico. Per i realisti, il commercio può avere due effetti principali. In primo luogo, fornendo accesso sia a materie prime a basso costo che a mercati redditizi, il commercio può rafforzare la performance economica complessiva e la sofisticatezza tecnologica di uno stato, migliorando così la sua capacità di sostenere il potere militare a lungo termine. Questo è il vantaggio di avere una politica commerciale relativamente aperta e spiega perché il Giappone dopo la Restaurazione Meiji e la Cina dopo la morte di Mao Zedong si siano lasciati alle spalle le politiche autarchiche fallite del passato e abbiano cercato di unirsi all’economia globale.

Ma il commercio in crescita ha anche un secondo effetto. Aumenta la vulnerabilità di una grande potenza alle sanzioni e agli embarghi commerciali dopo essere diventata dipendente dall’importazione di risorse e dall’esportazione di beni per la vendita all’estero. Questa vulnerabilità può spingere i leader a creare flotte per proteggere le rotte commerciali e persino ad entrare in guerra per garantire l’accesso a beni e mercati vitali.

Finché i leader statali si aspettano che le loro relazioni commerciali rimangano solide in futuro, è probabile che consentano allo stato di diventare più dipendente dagli estranei per le risorse e i mercati che guidano la crescita dello stato. Questa è stata la situazione del Giappone dal 1880 al 1930 e della Cina dal 1980 ad oggi. I leader di entrambi gli stati sapevano che senza legami commerciali significativi con altre grandi potenze , inclusi gli Stati Uniti, nessuna delle due avrebbe potuto diventare membri importanti del club del grande potere.

Tuttavia, se le aspettative sul commercio futuro si inaspriscono e i leader arrivano a credere che le restrizioni commerciali di altri stati inizieranno a ridurre il loro accesso a risorse e mercati chiave, allora anticiperanno un declino del potere economico a lungo termine e quindi del potere militare. Potrebbero arrivare a credere che siano necessarie politiche più decise e aggressive per proteggere le rotte commerciali e garantire l’approvvigionamento di materie prime e l’accesso ai mercati.Questa era la difficile situazione del Giappone negli anni ’30 quando vide Francia, Regno Unito e Stati Uniti ritirarsi in regni economici sempre più chiusi e discriminatori. Di conseguenza, i leader giapponesi si sono trovati costretti ad espandere il controllo del Giappone sui suoi legami commerciali con i suoi vicini. Eppure sono anche arrivati ​​a vedere che tali mosse li facevano solo sembrare più aggressivi, dando al Regno Unito e agli Stati Uniti nuovi motivi per limitare le importazioni giapponesi di materie prime, compreso il petrolio.

Oggi i leader cinesi capiscono di dover affrontare un dilemma simile, come hanno fatto i leader di quasi tutti gli stati emergenti della storia moderna. Sanno che la loro politica estera deve essere sufficientemente moderata da sostenere la fiducia di base che consente ai legami commerciali di continuare. Ma devono anche proiettare una forza militare sufficiente per dissuadere gli altri dal tagliare quei legami. La visione realistica di come il commercio influenzi la politica estera spiega perché i leader cinesi sono stati così ostili nell’ultimo anno a determinati sviluppi nell’Asia orientale, in particolare per quanto riguarda Taiwan . In un modo più limitato, questo punto di vista può anche aiutare a spiegare l’ ossessione del presidente russo Vladimir Putin per l’ Ucraina.

ORA O MAI PIÙ

Secondo la maggior parte dei resoconti, la guerra di Putin in Ucraina è stata guidata dai suoi timori per la sicurezza russa – una preoccupazione che l’Ucraina avrebbe potuto aderire alla NATO a breve termine – e dal suo desiderio di passare alla storia come l’uomo che ha contribuito a ricostruire l’impero russo. Ma la decisione di lanciare l’invasione è stata probabilmente rafforzata in due modi importanti da qualcos’altro: le esportazioni di energia russe in Europa.

In primo luogo, Putin ha certamente capito che l’Europa era molto più dipendente dalla Russia di quanto la Russia fosse dall’Europa. Prima di febbraio, l’Unione Europea faceva affidamento su Mosca per circa il 40 per cento del gas naturale di cui aveva bisogno per le sue industrie e per riscaldare le sue case. L’economia russa era, ovviamente, dipendente dalla vendita di questo gas. Ma data la natura della merce, Putin potrebbe aspettarsi che qualsiasi riduzione significativa del flusso di gas naturale ne farebbe aumentare il prezzo, danneggiando l’UE in due modi, attraverso la riduzione dell’offerta e l’aumento dei costi, mentre incide solo marginalmente sulle entrate totali che la Russia riceverebbe dalle sue esportazioni di gas. Come ha sottolineato l’economista Albert Hirschman nel 1945, in riferimento alle relazioni sbilenche della Germania con i paesi dell’Europa orientale durante gli anni ’30, in una situazione di interdipendenza asimmetrica, lo stato meno dipendente sarà probabilmente fiducioso di poter intimidire le sue controparti più dipendenti facendogli accettare la sua dura -linea politica semplicemente perché hanno bisogno del commercio e sono troppo deboli per resistere.

Il fatto che gli europei abbiano continuato ad acquistare gas e petrolio russi ad alti livelli dopo che la Russia ha annesso la Crimea nel 2014 ha suggerito fortemente a Putin che non avrebbero fatto storie se avesse invaso l’Ucraina nel 2022. Ha chiaramente sottovalutato la ferocia della risposta europea. Ma la consapevolezza di Putin della dipendenza economica dell’Europa dalla Russia, unita alla convinzione comune che la Russia avrebbe potuto facilmente battere l’Ucraina in poche settimane, ha contribuito a dargli la fiducia che il suo audace attacco avrebbe avuto successo.

In secondo luogo, Putin aveva motivo di temere che la leva economica della Russia sull’Ucraina e sull’Europa sarebbe diminuita in futuro. Nel 2010, enormi giacimenti di gas naturale sono stati scoperti a sud della città ucraina orientale di Kharkiv e si allargano nelle province di Donetsk e Luhansk. Si stima che il campo contenga circa due trilioni di metri cubi di gas, una quantità equivalente al consumo totale dei 27 paesi dell’UE in cinque anni ai tassi di utilizzo attuali. Il governo ucraino ha rapidamente modificato le normative statali per incoraggiare gli investimenti stranieri e nel 2013 ha firmato un accordo con Shell Oil per lo sviluppo del giacimento, con Exxon Mobil e Shell che hanno accettato di lavorare insieme sull’estrazione di gas in acque profonde al largo della costa sud-orientale.

Sebbene l’ invasione di Putin della Crimea e del Donbas nel 2014 fosse probabilmente motivata da altre preoccupazioni, a Mosca all’epoca era certamente chiaro che se i giacimenti di gas naturale nell’Ucraina orientale fossero stati sviluppati da aziende occidentali, l’Ucraina non solo avrebbe posto fine alla sua dipendenza dalla Russia del gas ma iniziano anche ad esportare il proprio gas nell’UE, aumentando così la sua leva contrattuale sui suoi contratti con Mosca per consentire il passaggio del gas russo attraverso l’Ucraina .

Delle tre serie di gasdotti utilizzati dalla Russia per portare il gas siberiano nell’UE , di cui uno attraverso la Bielorussia e un altro attraverso il Mar Baltico fino alla Germania, il più importante storicamente è stato quello attraversa l’Ucraina, principalmente perché paesi europei senza sbocco sul mare come Ungheria e la Slovacchia sono particolarmente dipendenti dal gas russo . Esportando il proprio gas nell’UE e svezzandosi dalle forniture russe, l’Ucraina invertirebbe la sua relazione energetica asimmetrica con Mosca. E se Kiev sviluppasse legami anche informali con la NATO e l’UE, per non parlare dell’adesione a una o entrambe le organizzazioni, l’Ucraina diventerebbe non solo una minaccia politica per Mosca, ma anche una minaccia economica in grado di minare in modo significativo il potere economico a lungo termine della Russia.

In breve, sebbene le mosse del presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla fine del 2021 per aumentare i legami politici ed economici del suo paese con l’Occidente abbiano certamente sconvolto il senso di sicurezza di Putin del destino della Russia e forse aumentato il timore di Putin che la democrazia liberale potesse diffondersi in Russia, lasciavano anche presagire una significativa perdita della capacità della Russia di utilizzare la carta dell’energia in futuro. Le aspettative a Mosca che la Russia potesse perdere la sua influenza economica sull’Ucraina hanno quindi contribuito alla sensazione di Putin che fosse “ora o mai più” ad assorbire la maggior parte dell’Ucraina a est del fiume Dnepr, un’area che detiene oltre il 90% delle riserve di gas naturale dell’Ucraina.

CHIP PIU’ PICCOLO, PALETTE PIU’ GRANDI

Al contrario, l’interdipendenza economica cinese con il resto del mondo è molto più simmetrica di quella russa. L’economia cinese è guidata dall’esportazione di manufatti e, come l’economia giapponese nel periodo tra le due guerre, la Cina è estremamente dipendente dall’importazione di materie prime per mantenere la sua economia, inclusi petrolio e gas dal Medio Oriente e dalla Russia. La posizione della Cina come officina del mondo, che fornisce una percentuale significativa di laptop, smartphone e sistemi di comunicazione 5G del mondo, dà al paese una certa leva con i partner commerciali. Può minacciare quei partner con restrizioni selettive alle esportazioni e alle importazioni quando non gradisce le loro politiche estere. Ma come anche la dipendenza del Giappone dalle importazioni nel periodo tra le due guerre, la dipendenza della Cina le conferisce vulnerabilità a breve termine sconosciute in Russia . Mosca può certamente essere danneggiata dalle sanzioni economiche, ma la sua capacità di vendere petrolio e gas, a prezzi elevati creati dalle sue stesse azioni in Ucraina, attutisce parecchio il colpo.

Se la Cina dovesse affrontare qualcosa di vicino alle sanzioni radicali ora imposte alla Russia, la sua economia sarebbe completamente devastata. In effetti, la consapevolezza di Pechino di questa vulnerabilità sta già agendo come un deterrente importante ai suoi desideri espansionistici, compresi i suoi piani per un’invasione di Taiwan. Considera i dettagli effettivi della reazione della Cina alla visita di Pelosi a Taiwan, nonostante le minacce che ha fatto in precedenza. Sebbene Pechino abbia dimostrato la sua rabbia con solide esercitazioni militari e lanci di missili che sono passati nello spazio aereo di Taiwan, ha limitato la sua risposta economica in gran parte alle sanzioni sulle esportazioni agricole taiwanesi. In particolare, i funzionari cinesi hanno accuratamente evitato di porre restrizioni alle esportazioni di semiconduttori taiwanesi, poiché la Cina dipende da Taiwan per oltre il 90 percento dei suoi chip high-tech e gran parte dei suoi chip di basso livello. E, naturalmente, la Cina è stata attenta a non sanzionare direttamente gli Stati Uniti per paura di provocare una nuova guerra commerciale che avrebbe esacerbato un’economia cinese già in fase di rallentamento.

Tuttavia, la dipendenza economica della Cina potrebbe portarla a intraprendere un’azione aggressiva nel caso in cui le aspettative cinesi sul commercio futuro dovessero precipitare. Prendiamo il caso dei semiconduttori high-tech di Taiwan. La Cina ora ha una certa capacità di produrre chip con transistor di dimensioni inferiori a 15 e anche inferiori a dieci nanometri. Ma per rimanere all’avanguardia negli sviluppi tecnologici nell’intelligenza artificiale, nei veicoli a guida autonoma e nella produzione di smartphone, ha bisogno di chip che misurino meno di sette o meno di cinque nanometri, che solo Taiwan può produrre in serie con un alto livello di qualità. L’ultimo iPhone di Apple, ad esempio, sebbene sia assemblato in Cina, utilizza un chip a cinque nanometri progettato da Apple prodotto dalla Taiwan Semiconductor Manufacturing Company a Hsinchu, Taiwan.

Non è esagerato affermare che l’intero futuro della capacità della Cina di raggiungere gli Stati Uniti dipende dal continuo accesso ai chip taiwanesi, proprio come la posizione del Giappone negli anni ’30 dipendeva dall’accesso al petrolio controllato da americani e britannici . E proprio come nel 1941 con l’embargo petrolifero americano, se i funzionari cinesi sospettassero che gli Stati Uniti potessero prendere provvedimenti per bloccare l’accesso cinese ai chip taiwanesi, potrebbero stabilire che è necessario prendere l’ isola ora per evitare il declino economico a lungo termine. Questo non è uno scenario inverosimile. Nel giugno 2022, un importante economista cinese ha dichiarato che se Washington avesse imposto sanzioni alla Cina simili a quelle imposte quest’anno alla Russia, la Cina avrebbe dovuto invadere Taiwan per assicurarsi il possesso dei suoi impianti di produzione di chip.

Ma ecco la buona notizia. Le aspettative cinesi per il commercio futuro, come lo erano le aspettative giapponesi nel 1941, sono una funzione delle decisioni politiche americane. Se i funzionari statunitensi capiscono che le loro politiche modellano direttamente il modo in cui Pechino vede il futuro ambiente commerciale, non solo nel commercio in generale ma in quello high-tech in relazione a Taiwan, possono evitare di far sentire ai leader del Partito Comunista Cinese che la loro economia crollerà salvo una azione di forza. Le spirali di ostilità che possono portare alla guerra derivano da scelte, non da realtà date. Rassicurando Pechino che la Cina continuerà a ricevere semiconduttori da Taiwan, anche se non le sofisticate macchine dei Paesi Bassi necessarie per realizzarli, l’amministrazione Biden può moderare le preoccupazioni di Pechino sul commercio futuro e ridurre la probabilità di crisi e guerre.

Il presidente cinese Xi Jinping e le sue coorti, ovviamente, si opporranno anche a questa posizione degli Stati Uniti, dal momento che lascia la Cina dipendente dagli estranei per i chip che sono alla base sia di una moderna economia high-tech che della potenza militare. Tuttavia, poiché un attacco a Taiwan non solo invocherebbe sanzioni economiche che metterebbero a rischio i legami commerciali della Cina con il mondo occidentale, ma potrebbe anche portare alla distruzione involontaria degli stessi impianti di produzione di chip, la Cina ha tutte le ragioni per moderare il suo comportamento, se non la sua retorica, quando si tratta dello status dell’isola.

RENDERE LA DIPENDENZA MENO PERICOLOSA

Putin potrebbe aver pensato che l’Occidente avrebbe ceduto all’Ucraina data la dipendenza dell’Europa dal petrolio e dal gas russi. Ma i leader cinesi ora sanno che gli americani, gli europei e i loro partner globali hanno la determinazione di punire gli invasori e che attaccando Taiwan potrebbero distruggere tutto ciò che il Partito Comunista Cinese ha realizzato negli ultimi quattro decenni. La storia mostra che le grandi potenze dipendenti sono caute nelle loro politiche estere quando i loro leader hanno aspettative positive sul commercio futuro, poiché sanno che il commercio aiuterà a costruire la base di potere a lungo termine dello stato e ad aumentare la ricchezza del cittadino medio. E Xi ha bisogno che entrambi accadano se vuole mantenere la legittimità del governo del partito unico in Cina e la stabilità dello stato stesso.

Quando le grandi potenze cercano di usare l’interdipendenza economica per aiutare a mantenere la pace, devono affrontare un difficile equilibrio. Non basta semplicemente avere alti livelli di commercio, dal momento che Stati dipendenti come il Giappone negli anni ’30 e la Cina oggi possono essere spinti verso politiche più aggressive se determinano che non hanno un accesso sufficiente alle materie prime e ai mercati di cui lo stato ha bisogno per sostenere la sua posizione di grande potenza. I leader di stati meno dipendenti come gli Stati Uniti devono stare attenti a non segnalare che stanno cercando di mantenere basso lo stato dipendente o, peggio, di spingerlo verso un declino assoluto e relativo, come ha affermato il presidente Franklin Roosevelt con l’embargo petrolifero fatto al Giappone nel 1941. Eppure anche una politica commerciale aperta può essere un problema, dal momento che può aiutare lo stato dipendente a recuperare un potere relativo e diventare una minaccia a lungo termine, come hanno capito le amministrazioni statunitensi da Barack Obama a Joe Biden per quanto riguarda la Cina.

Un approccio migliore sarebbe quello di spingere le potenze emergenti come la Cina a livellare il campo di gioco ponendo fine a pratiche come la manipolazione della valuta, i sussidi e l’appropriazione illegale di tecnologia straniera, assicurando al contempo a questi stati che se agiranno con moderazione nelle loro politiche estere, potranno continuare ad avere accesso alle risorse e ai mercati di cui hanno bisogno per la crescita economica e la stabilità interna. I leader delle grandi potenze devono sforzarsi di stabilire relazioni commerciali che consentano agli stati di crescere in termini assoluti e tuttavia garantire che nessuna delle parti temi un futuro significativo declino del potere economico relativo che lo lascerebbe vulnerabile alle minacce esterne o ai disordini civili.

Con le attuali tensioni su Taiwan, esacerbate dal continuo allineamento di Xi con Putin, potrebbe essere difficile. Ma quando la diplomazia delle grandi potenze torna a un livello più equilibrato, Washington può lavorare per ricordare a Pechino che ha bisogno degli Stati Uniti e dei partner occidentali per raggiungere i propri obiettivi economici e che Washington non sfrutterà la dipendenza della Cina per minare tali obiettivi. Biden può assicurare a Xi che la lezione del 1941 – che distruggere le aspettative di uno stato sul commercio futuro può portare alla guerra – è stata appresa dalla parte americana. Ma può anche suggerire che Pechino impari dagli errori del Giappone degli anni ’30 ed eviti il ​​tipo di politiche aggressive che hanno distrutto la fiducia internazionale necessaria per sane relazioni commerciali. Se i leader di Washington e Pechino possono migliorare le reciproche aspettative sia sul commercio che sul comportamento futuro, dovrebbero essere realizzabili molti altri decenni di pace nell’Asia orientale.

  • DALE C. COPELAND è Professore di Relazioni Internazionali presso il Dipartimento di Politica dell’Università della Virginia. È autore di  Interdipendenza economica e guerra .

https://www.foreignaffairs.com/china/when-trade-leads-war-china-russia?utm_medium=newsletters&utm_source=fatoday&utm_campaign=When%20Trade%20Leads%20to%20War&utm_content=20220823&utm_term=FA%20Today%20-%20112017

TARANTO: LA NUOVA STATALIZZAZIONE DI MARIO DRAGHI PORTERA’ ALLA LIQUIDAZIONE DELL’EX ILVA, di Luigi Longo

TARANTO: LA NUOVA STATALIZZAZIONE DI MARIO DRAGHI PORTERA’ ALLA LIQUIDAZIONE DELL’EX ILVA.

di Luigi Longo

 

 

                                                                  Mala tempora currunt, sed peiora

                                                                  parantur (corrono brutti tempi, ma se

                                                                  ne preparano di peggiori).

                                                                                             Marco Tullio Cicerone

1.Premessa

Ho pubblicato diversi scritti (1) sull’ex Ilva di Taranto (dal 2021 Acciaierie d’Italia) e l’ipotesi avanzata della chiusura dell’ex Ilva perché non compatibile con il polo NATO-USA diventa sempre più solida, a mano a mano che avanza la fase multicentrica che sta avendo un’accelerazione da parte degli USA (potenza in declino relativo) con la guerra in Ucraina (via NATO e Unione Europea) e la provocazione di Taiwan (via Nancy Pelosi, presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti) contro le attuali potenze in ascesa Russia e Cina.

Il presente scritto cerca di riflettere sulla proposta avanzata da Mario Draghi di voler statalizzare l’ex Ilva (2). Perché proporla proprio oggi e per di più dopo averla gestita in malo modo e ceduta alla multinazionale Arcelor Mittal? Mario Draghi che crede nei feroci spiriti animali che regolano la vita della società, attraverso la forma democratica dei liberi mercati (sic), vuole far entrare lo Stato a gestire una impresa strategica per il Paese? Un pessimo marginalista che si converte in un rozzo keinesiano? No, è troppo! Soprattutto sapendo il suo ruolo di agente strategico esecutore incapace di strategie nazionali ne tantomeno di saperle gestire.

Per capire la proposta di Mario Draghi di statalizzare l’ex Ilva bisogna brevemente analizzare a) l’attuale fase multicentrica dove gli USA stanno alzando il livello del conflitto contro la Russia e la Cina; b) la situazione dell’ex Ilva ridotta ad uno stato di sopravvivenza minima, anticamera della sua morte.

Vediamo.

 

2.L’attuale fase multicentrica

 

Il disordine provocato dal conflitto in essere negli USA, tra i diversi centri di poteri per l’egemonia nazionale con relativa proiezione di potenza mondiale, ha indotto Henry Kissinger (uno stratega convinto dell’ordine mondiale a guida USA) – che critica la confusione presente negli agenti strategici conseguenza del conflitto non più componibile e incapace di creare una nuova sintesi di sviluppo, una nuova idea di società da contrapporre a quella multicentrica della Cina e della Russia (ormai sempre più centri del polo asiatico) – ad affermare che << Siamo sull’orlo di una guerra con la Russia e la Cina per questioni che abbiamo in parte creato noi, senza avere alcuna idea di come andrà a finire o di cosa dovrebbe portare […] Non si può dire che li divideremo e li metteremo l’uno contro l’altro (come negli anni di Nixon, mia precisazione LL). Tutto ciò che si può fare è non accelerare le tensioni e creare opzioni, e per questo bisogna avere uno scopo>>.

Per quanto riguarda la questione di Taiwan avverte che << […] La politica portata avanti da entrambe le parti ha prodotto e permesso il progresso di Taiwan in un’entità democratica autonoma e ha preservato la pace tra Cina e Stati Uniti per 50 anni […] Si dovrebbe essere molto cauti, quindi, nel prendere misure che sembrano cambiare la struttura di base >> (3).

La fase multicentrica comporterà per le potenze mondiali una strategia di approntamento, di risistemazione, di riorganizzazione delle strutture militari e civili a livelli territoriali (inteso in sensu lato cioè comprensiva anche dei territori del mare, dell’aria e dello spazio) – sia nazionali sia di macro aree che ricadono nelle rispettive aree di influenza da consolidare o da allargare – che hanno bisogno di un tempo non breve di realizzazione pensiamo, per esempio, ai corridoi europei, alle ristrutturazioni e alle riconversioni delle basi NATO-USA in Europa, alle nuove vie dell’Artico che possono modificare gli attuali equilibri geopolitici tra le potenze, alle nuove vie della Seta.

Per quanto detto ritengo che la fase multicentrica svelerà l’inganno della chiusura dell’ex Ilva di Taranto a vantaggio del polo NATO-USA così come è stato per la chiusura dell’Ilva di Bagnoli. Riporto a tale riguardo, per una comprensione della variabile tempo nelle strategie dei dominanti, quando scrissi nel mio Taranto da polo siderurgico a polo strategico della NATO << […] gli obiettivi erano le esigenze strategiche e territoriali della base NATO della città di Napoli (quartiere generale della NATO, sede di vari comandi di unità di servizi USA, grande centro per le telecomunicazioni del Mediterraneo dell’US Navy che coordina tutta l’attività di comunicazione, comando e controllo del Mediterraneo, eccetera). In quegli anni si svolgevano fatti di importanza mondiale per il nuovo equilibrio che si andava configurando con la caduta del muro di Berlino e con la successiva implosione dell’ex URSS. Si aprivano nuovi scenari per gli USA come possibilità di un unico centro di coordinamento mondiale e un nuovo ruolo della NATO. La chiusura dell’Ilva di Napoli per le esigenze territoriali della base del quartiere generale della NATO non poteva essere detta. Tutto fu velato dietro un fumoso progetto per il risanamento e il rilancio dello sviluppo della città di Napoli che passava attraverso il conflitto tra i settori economici (industriale, edilizio, turistico) : il progetto Fiat-Partecipazioni Statali degli anni ’80, l’idea della NeoNapoli di Paolo Cirino Pomicino, la fase di Tangentopoli, le lotte di blocchi di potere per i finanziamenti della bonifica di Bagnoli, non realizzata ( dal 2003 sono stati presentati ben 6 progetti di bonifica), gli indirizzi per la pianificazione urbanistica ( impianti di eccellenza per il turismo legato al sistema congressuale alberghiero, grande parco pubblico, rete di attività produttive connesse con la ricerca scientifica, eccetera).

L’Ilva di Bagnoli, una impresa in piena salute, fu chiusa e venduta ai cinesi.

Un sindaco, Antonio Bassolino, e un urbanista, Vezio De Lucia (i nomi sono l’espressione di gruppi di potere in riferimento agli agenti sub-dominanti), gestirono la fase di velamento culturale e ideologico della grande trasformazione della città di Napoli […] >>.

Sottolineo la diversa fase storica: nella chiusura dell’Ilva di Bagnoli, fu l’implosione dell’URSS (1991, la fine della storia di Francis Fukuyama) che aprì alla possibilità del coordinamento mondiale degli USA (per nostra fortuna non andò così!); nella ipotesi della chiusura dell’ex Ilva di Taranto è la fase multicentrica (2011) che segna l’inizio del declino degli USA (che sono per un mondo monocentrico) e l’ascesa di potenze come Russia e Cina (che sono per un mondo multicentrico).

La speranza blochiana è quella che il conflitto si fermi nella fase multicentrica, così come è già avvenuto nella storia.

 

3.Lo stato comatoso dell’ex Ilva

 

La narrazione del sistema di potere servile verso gli USA-NATO, da Mario Monti a Mario Draghi, presenta molte contraddizioni sull’ex Ilva. Le più importanti le riassumo per chiarezza:

  • La farsa di consegnare un’impresa strategica nazionale come ex Ilva alla multinazionale straniera dell’acciaio come Arcelor Mittal (il colosso siderurgico franco-indiano maggiore azionista di controllo dell’attuale Acciaierie d’Italia con una quota del 60% di capitale, società composta da Arcelor Mittal e da Invitalia, l’agenzia italiana per l’attrazione degli investimenti controllata interamente dal ministero dell’Economia e delle finanze, che possiede una quota del 40% del capitale) (4).
  • Il lavoro, l’ambiente, la salute, il territorio non possono essere tutelati in un sistema sociale a modo di produzione capitalistico. Sono merci e seguono il ciclo dell’accumulazione del capitale inteso come rapporto sociale storicamente dato, non altro.
  • L’impossibilità della completa bonifica ambientale e territoriale (si pensi, per esempio, alla contaminazione delle acque e al gioco, parzialmente riuscito, dei trasferimenti delle risorse finanziarie dalla bonifica alla decarbonizzazione operata con la norma Milleproroghe e con il DL Energia da Mario Draghi).
  • Il difficile se non impossibile rilancio dell’ex Ilva per la mancanza strutturale degli investimenti e, quindi, una programmata insufficiente produzione di acciaio (5) – che non può scendere ad una capacità di 4 o 4,5 milioni di tonnellate all’anno, pena un drastico ridimensionamento del tutto antieconomico per un impianto di quelle dimensioni – (6) in grado di rendere competitiva l’impresa e risolvere le questioni produttive, ambientali e finanziarie. Lucia Morselli, amministratrice delegata di Acciaieria d’Italia, sta applicando la stessa logica dei Riva che è quella della dismissione programmata (7).
  • Il sequestro degli impianti dell’area a caldo, anche se vige la facoltà d’uso degli impianti (2012, governo Mario Monti), impedisce il rilancio dell’ex Ilva (il dissequestro degli impianti è una delle condizioni fondamentali dell’accordo di investimento siglato il 10 dicembre 2020 tra Arcelor Mittal Holding Srl, Arcelor Mittal Sa e Invitalia e prorogato, a seguito della pronuncia della Corte di Assise di Taranto, al 31/5/2024) (8). Il conflitto tra i sub-decisori (da quelli che sostengono la chiusura a quelli che vogliono il rilancio, da quelli pubblici a quelli privati, da quelli nazionali a quelli europei), in opposizione e sostegno reciproco, è funzionale alla chiusura dell’ex Ilva.
  • La magistratura con il gioco del sequestro dell’area a caldo (nessun serio progetto di rilancio dell’ex Ilva è possibile), con il gioco dello scudo penale (l’Ilva non può essere gestita senza lo scudo penale e questo lo sanno tutti! Anche i magistrati che discutono di grande dottrina giuridica per la incostituzionalità dello scudo penale utilizzato ad hoc) e con il gioco dell’interesse nazionale (tutelando una impresa strategica nazionale dopo averla data alla multinazionale Arcelor Mittal?) entra nella vicenda Ilva per creare complessità strumentale al fine di perseguire l’obiettivo della chiusura.
  • La non compatibilità dell’impianto dell’ex Ilva con la base NATO-USA.
  • La fase multicentrica rafforza la presenza della base NATO-USA necessaria per le strategie statunitensi nel Mediterraneo, nei Balcani, nel Medio Oriente.

 

  1. La chiusura in nome della modernità

 

Lo scenario sopra delineato porta alla constatazione che la statalizzazione proposta da Mario Draghi è la fase finale della strategia per chiudere l’ex Ilva di Taranto, iniziata con la consegna alla multinazionale Arcelor Mittal, a favore del polo NATO-USA.

Rilevo la contraddizione tra l’ideologica affermazione di Mario Draghi << Ilva deve tornare a produrre al massimo delle sue potenzialità e ad essere la più importante fabbrica siderurgica d’Europa >> (con relativo stanziamento nell’ultimo decreto (Aiuti Bis) di un miliardo (che non è dato sapere come sarà impegnato se con aumenti di capitale o con diversi strumenti; preciso che non si fa esplicito riferimento all’Ilva, art.30, comma 1, DL 9/8/2022 n.115) e sottolineando la necessità di una governance pubblica per rilanciare l’Ilva) e la comunicazione del Ministero dello sviluppo economico in cui si sostiene che la norma di sostegno ad Acciaierie d’Italia prevista dal decreto Aiuti bis conterrà misure volte a supportare l’operatività della società: sia per quanto riguarda la liquidità, in modo da rilanciare la produzione siderurgica e tutelare i lavoratori, sia relativamente ai costi di approvvigionamento delle materie prime e dell’energia (9). Cioè normale amministrazione per galleggiare! Siamo al teatro dell’assurdo!

L’Arcelor Mittal, ricordiamolo che è la principale produttrice di acciaio mondiale, ha un ruolo importante per agevolare, dopo averla ridimensionata, la chiusura dell’ex Ilva a vantaggio del polo NATO-USA; oltre ad avere i propri vantaggi con l’eliminazione di una delle più grandi dirette concorrenti europee, con l’utilizzo delle quote di acciaio a proprio favore, con la riorganizzazione produttiva europea, con gli investimenti in India che hanno dirottato le risorse finanziarie destinate all’Ilva.

Mentre Taranto, in maniera segreta e con libidine di servitù, sta diventando un polo Nato-USA e i suoi servili decisori attuali e futuri gestiranno la fase finale della chiusura dell’Ilva (velata dai grandi progetti, irrealizzabili nel breve-medio periodo, come il “Cantiere Taranto” [che è una riproposizione del Contratto Istituzionale di Sviluppo per questa area (CIS)], la decarbonizzazione, il cambiamento climatico, la transizione energetica ed ecologica, la sperimentazione sull’idrogeno, le reti intelligenti, la rigenerazione del territorio, la città green, eccetera) il Mar Grande (nuova base navale) e il Mar Piccolo (Arsenale) saranno messi a disposizione delle strategie USA-NATO.

Se la mia ipotesi ha un minimo di fondamento, credo che l’accelerazione della fase multicentrica toglierà il velo sulla questione dell’ex Ilva di Taranto. E questa volta, al contrario di Vincenzo Bonocore che non sapeva perché l’Ilva di Bagnoli fosse stata chiusa, i tarantini e gli italiani sapranno che l’ex Ilva è stata chiusa per un cambio di paradigma della modernità che passa attraverso le strategie statunitensi.

In conclusione ricordo che se la strategia di gestione della chiusura dell’Ilva ha come scena la sfera economica (oltre a quelle istituzionale, giuridica e ideologica), attraverso il libero mercato e il ruolo di una grande impresa multinazionale, le vere ragioni della chiusura dell’Ilva vanno ricercate nella sfera politica dei pre-dominanti statunitensi i quali hanno bisogno, nel conflitto per l’egemonia mondiale, di quello spazio geograficamente e militarmente strategico di Taranto.

Nelle diverse fasi storiche Taranto ha usufruito di una posizione di rendita geografica

in quelle monocentriche (fasi di sviluppo pacifiche coordinate dalla potenza egemone) e di una posizione di sventura geografica in quelle multicentriche e policentriche (fasi di sviluppo conflittuali coordinate dalle strategie militari e dalle guerre).

La costanza storica è data dalla hegeliana denuncia dei gabinetti stranieri a decidere la sorte della nazione. Non è la marxiana storia che si ripete diventando farsa, ma è la lagrassiana storia che torna in maniera diversa.

 

 

 

 

NOTE

 

  1. I miei scritti sono apparsi sui siti www.conflittiestrategie.it e www.italiaeilmondo.com.
  2. Claudio Zanella, Draghi vuole l’Ilva prima acciaieria d’Europa. Letta parla di decarbonizzazione. Parole compatibili?, www.huffingtonpost.it, 8/6/2022; Marco Dell’Aguzzo, Cosa farà il governo per salvare Acciaierie d’Italia (ex Ilva), www.startmag.it, 5/8/2022. Marco Patucchi, Draghi vuole ricapitalizzare l’ex Ilva per anticipare il ritorno allo Stato, www.repubblica.it, 18/8/2022;
  3. Le frasi di Henry Kissinger sono riportate in una recente intervista al The Wall Street Journal, a cura di Laura Secor, del 12/8/2022, e sono tratte dall’articolo di Caitlin Johnstone, Il bellicismo americano spaventa addirittura Henry Kissinger, www.comedonchisciotte.org, 17/8/2022.
  4. Paolo bricco, Domenico Palmiotti, Ex Ilva, firmato l’accordo Mittal-Invitalia. Lo Stato rientra nell’acciaio. Contrari Regione e Sindaco, www.ilsole24ore.com, 10/12/2020.
  5. Domenico Palmiotti, Ex Ilva, risalita complessa della produzione, www.ilsole24.com, 15/6/2022; Valerio D’alò, Acciaierie d’Italia, tutti i flop, www.startmag.it, 5/5/2022; Comunicato sindacale della Fim Cisl, Acciaierie d’Italia: non accetteremo passivamente due anni di rinvio, www.fim-cisl.it, 13/6/2022.
  6. Acciaierie d’Italia sostiene che i volumi di produzione di 6 milioni di tonnellate, quelli attualmente autorizzati per i vincoli ambientali, sono “non sufficienti a garantire l’equilibrio e la sostenibilità finanziaria degli oneri derivanti dall’attuale struttura dei costi” (grassetto mio, LL), riportato in Domenico Palmiotti, Acciaio: nel piano ex Ilva 2 mld di investimenti e 8 milioni di tonnellate, www.ilsole24ore.com, 1/3/2022.
  7. Così scrissi nel mio Il destino di Taranto e’ segnato dalla sua storia militare e dalla sua geografia << Faccio osservare che l’impresa Ilva dei Riva era sulla strada della dismissione per mancanza di a) manutenzione ordinaria, straordinaria e di investimenti; b) rispetto di qualsiasi norma e legge; c) strategia per migliorare qualsiasi aspetto della produzione (l’introduzione di nuove tecnologie era impossibile su vecchi e usurati macchinari!), della salute, dell’ambiente, della città […]. La gestione dell’impresa Ilva, in un rapporto sociale storicamente determinato, è stata attuata con modalità da plusvalore assoluto e non da plusvalore relativo, […] senza pensare minimamente ad una strategia di ricaduta e di innervamento con lo sviluppo locale del territorio a diverse scale (locale, regionale, nazionale e mondiale). I Riva, ottimi cotonieri lagrassiani, hanno raschiato il fondo di tutte le risorse possibili nella produzione dell’acciaio >>.
  8. Gianmario Leone, Dissequestro Ilva, no della Corte d’Assise, www.corriereditaranto.it, 31/5/2022; Domenico Palmiotti, Ex Ilva, dieci anni fa il sequestro degli impianti a Taranto. Il rilancio incompiuto, www.ilsole24ore.com, 26/7/2022; Redazione CdG, No al dissequestro degli impianti dell’area a caldo dello stabilimento ex Ilva. Per la Corte d’Assise di Taranto: “Salute ancora in pericolo”, www.ilcorrieredelgiorno.it, 1/6/2022.
  9. Annarita Digiorgio, Draghi dà un miliardo all’ex Ilva. Ma il PD sale sulle barricate, www.ilgiornale.it, 5/8/2022; Marco Dell’Aguzzo, Ecco come il governo salverà di nuovo Acciaierie d’Italia (ex Ilva), www.startmag.it, 5/8/2022; Marco Patucchi, Draghi vuole ricapitalizzare l’ex Ilva per anticipare il ritorno allo Stato, www.repubblica.it, 6/8/2022; Domenico Palmiotti, Ex Ilva, dal governo via libera ad aumento di capitale fino a un miliardo, www.ilsole24ore.com, 3/8/2022; Ministero dello sviluppo economico, Acciaio: Riunito al Mise tavolo su ex Ilva, Comunicato, www.mise.gov.it, 3/8/2022.

Il secolo asiatico arriverà su Cina e India che finalmente risolveranno le loro controversie sui confini, di Andrew Korybko

Il punto focale in grado di determinare la direzione delle dinamiche geopolitiche multipolari. Le classi dirigenti europee e statunitensi dovrebbero avere la forza di riconoscere la situazione di fatto per ritagliarsi un ruolo attivo e riconosciuto, pena l’isolamento e l’ostilità diffusa dai possibili esiti tragici anche in casa propria. Il mondo occidentale ha un retaggio troppo recente da farsi perdonare rispetto al dinamismo dei paesi emergenti, la cui natura è ancora tutta da disvelarsi; un fattore che pesa tantissimo in aree come l’Africa, l’America Latina, il Medio Oriente e il Sud-Est Asiatico. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Tutte le provocazioni di infowar da parte degli Stati Uniti per sfruttare le controversie irrisolte sul confine tra Cina e India devono essere adeguatamente affrontate e idealmente preventivamente ogniqualvolta possibile, al fine di garantire che questo ultimo schema di divide et impera contro quelle due grandi potenze asiatiche fallisca proprio così come il tentativo di creare un cuneo tra India e Russia.

Il ministro degli Esteri indiano (EAM) Subrahmanyam Jaishankar ha previsto che il secolo asiatico arriverà nel suo paese e la Cina risolverà finalmente le loro controversie sui confini, cosa che il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha concordato poco dopo. Queste due Grandi Potenze multipolari sono i più grandi paesi in via di sviluppo del mondo e sono quindi in grado di influenzare in modo significativo la transizione sistemica globale alla multipolarità . Ne consegue quindi che il mantenimento di relazioni stabili e il completo sviluppo dei progressi in questo senso sono tra le loro grandi priorità strategiche più importanti.

A tal fine, è assolutamente necessario che nessuna terza parte si intrometta in questo tema così delicato. La grande strategia dell’egemone unipolare americano in declino è l’opposto di quelle due grandi potenze multipolari in ascesa poiché mira a dividere e governare in modo aggressivo l’Eurasia al fine di prolungare indefinitamente la sua leadership in declino sugli affari internazionali. Per quanto ci si possa provare, gli Stati Uniti non sono riusciti a rivoltare l’India contro Cina e Russia, con i loro ultimi sforzi legati alla pressione sul partner dell’Asia meridionale affinché condanni e sanzioni il Cremlino, dimostrandosi controproducente dopo che Delhi li ha ripetutamente respinti con orgoglio.

L’India è anche riluttante a scuotere la barca anche nelle sue relazioni con la Cina, soprattutto dopo che alcune delle sue società hanno iniziato a utilizzare lo yuan per facilitare il commercio bilaterale con la Russia. Non solo, ma comprende perfettamente che gli Stati Uniti sono decisi a sfruttarli come proxy per contenere militarmente la Repubblica popolare. In nessun caso l’India si lascerà sfruttare per combattere una guerra per volere di qualcun altro dall’altra parte del mondo, ecco perché è estremamente a disagio con l’America che la spinge aggressivamente in questa direzione.

Dal momento che gli strateghi dell’egemone unipolare in declino non sono riusciti a imparare la lezione dalla politica controproducente di fare pressione sull’India affinché si rivoltasse contro la Russia, ci si aspetta che cercheranno di replicare questo stesso approccio senza successo nel tentativo di fare pressione sull’India affinché si rivolga contro la Cina. Ciò è particolarmente probabile dopo che il viaggio provocatorio della presidente degli Stati Uniti Nancy Pelosi a Taiwan all’inizio di questo mese ha fortemente suggerito che Washington sta pianificando di rilanciare il suo “Pivot to Asia” nel prossimo futuro, il che porta alla previsione che raddoppierà i suoi sforzi per dividere e governa quelle due grandi potenze asiatiche.

La linea di faglia più facile da sfruttare a questo riguardo sono le loro controversie di confine irrisolte, motivo per cui l’India deve rimanere all’erta per eventuali imminenti provocazioni di guerra ibrida nel dominio dell’informazione volte a realizzare questo scenario peggiore. L’America farà del suo meglio per rivoltare le persone della società prese di mira contro il loro governo su questa delicata questione, soprattutto dopo che è diventato ovvio che ” L’opposizione indiana sta eseguendo gli ordini dell’America battendo i tamburi della guerra contro la Cina ” e ” I media americani stanno manipolando le percezioni su Esercitazioni militari annuali congiunte con l’India ”.

Tutte queste provocazioni di infowar devono essere adeguatamente affrontate, e idealmente preventivamente quando possibile, al fine di garantire che questo ultimo schema di divide et impera fallisca proprio come quello che ha cercato di creare un cuneo tra India e Russia. Nel frattempo, Cina e India continueranno i colloqui sulla risoluzione pacifica delle loro controversie sui confini, ma è impossibile prevedere quanto tempo ci vorrà per ottenere progressi, per non parlare di quale sarà il risultato finale. Pertanto, la cosa più importante in questo momento è contrastare le minacce della guerra ibrida statunitense e quindi rimuovere tutti gli ostacoli di terze parti all’arrivo del secolo asiatico.

https://korybko.substack.com/p/the-asian-century-will-arrive-upon?utm_source=substack&utm_medium=email

 

Gli Stati Uniti hanno appena ammesso di intromettersi nella politica estera indiana, ma non ammettono ancora la sconfitta, di Andrew Korybko

una ostinazione che pagheremo drammaticamente nei prossimi anni con esiti destinati a rinsaldare mire egemoniche contrastanti ancora sopite. Una possibile dinamica che, per altro, l’autore tende a rimuovere o sottovalutare. Giuseppe Germinario

Commento

Ciò suggerisce fortemente che gli Stati Uniti raddoppieranno la loro politica fallita con la stessa passione con cui l’India ha raddoppiato la dimensione russa della sua grande strategia a doppia tripolarità, il che potrebbe portare quelle Grandi Potenze ad allontanarsi ulteriormente nei prossimi mesi.

Qualsiasi osservatore obiettivo si è reso conto sin dall’inizio di quello che la Russia ha chiamato operazione speciale in Ucraina; che gli Stati Uniti stavano esercitando pressioni aggressive su tutti i paesi affinché condannassero e sanzionassero Mosca nonostante Washington avesse negato la sua intenzione di intromettersi nelle loro politiche estere. Dopo aver reimposto con successo la sua egemonia unipolare fino a quel momento in declino sull’intera UE, l’America si è prontamente mossa per replicare la sua azione rispetto all’India, sebbene quello stato-civiltà dell’Asia meridionale abbia respinto con orgoglio tutte le pressioni degli Stati Uniti e persino raddoppiato sulla  dimensione russa della sua grande strategia a doppia tripolarità .

Tuttavia, gli Stati Uniti hanno continuato a dare gas al mondo affermando di non aver mai avuto alcuna intenzione del genere, di intromettersi nella politica estera indiana; eppure, il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha appena lasciato il gatto fuori dal sacco durante una conferenza stampa mercoledì. Ha ammesso che “riconosciamo anche, come dicevo solo un momento fa, che questo non è premere un interruttore della luce. Questo è qualcosa che, soprattutto per i paesi che hanno relazioni storiche con la Russia, relazioni che, come nel caso dell’India, risalgono a decenni fa, sarà una proposta a lungo termine per riorientare la politica estera lontano dalla Russia”.

Non c’è altro modo per interpretare questa affermazione come qualcosa di diverso da una conferma ufficiale che gli Stati Uniti stanno effettivamente tentando di intromettersi nella politica estera dell’India continuando a fare pressioni su di essa per ridimensionare le relazioni con la Russia. Tuttavia, Price continua a non ammettere che questa politica sia fallita da quando in precedenza ha deviato dopo che un giornalista gli ha ricordato gli ultimi fatti collegati al partenariato strategico russo-indiano, in particolare per quanto riguarda l’ acquisto massiccio da parte dell’India del petrolio del suo partner, la consegna di Mosca di sistemi di difesa aerea S-400 a Delhi e la partecipazione di quello stato dell’Asia meridionale alle imminenti esercitazioni multilaterali.

Ciò suggerisce fortemente che gli Stati Uniti raddoppieranno la loro politica fallita con la stessa passione con cui l’India ha raddoppiato la dimensione russa della sua grande strategia a doppia tripolarità, il che potrebbe portare quelle Grandi Potenze ad allontanarsi ulteriormente nei prossimi mesi. Delhi non ha alcun desiderio di prendere le distanze né da Mosca né da Washington, ma non concederà unilateralmente in nessun caso su questioni che considera nei suoi interessi nazionali oggettivi. Ecco perché continua a espandere in modo completo i legami con la prima mentre critica pubblicamente quest’ultimo per averlo pressato.

La sorprendente ammissione di Price sull’aggressiva campagna di pressione dell’America contro l’India potrebbe in definitiva essere vista con il senno di poi come un punto di svolta nelle loro relazioni bilaterali. Tutti gli osservatori obiettivi sapevano già del piano degli Stati Uniti, ma è tutta un’altra cosa che il portavoce del Dipartimento di Stato lo confermi ufficialmente. Nessun paese che si rispetti e fiducioso come l’India potrebbe mai accettare che un altro paese parli apertamente di ingerenza nella sua politica estera, motivo per cui ci si dovrebbe aspettare che protesterà pubblicamente o almeno lo affronterà a porte chiuse.

Gli Stati Uniti di solito esprimono pubblicamente i loro problemi con altri paesi, tuttavia, a differenza della Russia che mantiene discreti i disaccordi con l’ambasciatore indiano per le recenti lodi di Mosca ai suoi ospiti mentre parla con Sputnik durante l’India Day Festival della scorsa settimana. Di conseguenza, e considerando che le discussioni private tra America e India finora non sono riuscite a appianare le loro divergenze sulla Russia, non ci sono ragioni per prevedere che la risposta diplomatica di Delhi (sia essa pubblica e/o privata) convincerà Washington ad abbandonare la sua campagna di pressione egemonica.

https://korybko.substack.com/p/the-us-just-admitted-to-meddling?utm_source=substack&utm_medium=email

Una nuova fase nella guerra economica globale, di Antonia Colibasanu

Quando la Russia ha invaso l’Ucraina a febbraio, non ha solo iniziato una guerra di terra in Europa, ma ha aperto quella che sarebbe diventata una guerra economica mondiale che coinvolge quasi tutte le maggiori potenze. L’Occidente ha risposto all’invasione imponendo sanzioni e usando il sistema finanziario internazionale contro la Russia, sperando di sanguinare abbastanza Mosca economicamente da venire a patti. Invece, la Russia ha puntato i piedi, raddoppiando la strategia decennale di armare le sue vendite di energia in Europa mentre cercava nuovi alleati e acquirenti. Naturalmente, la rimozione dell’energia russa ha provocato shock in tutta l’economia globale.

Quasi sei mesi dopo, il mondo è entrato in una nuova fase della guerra economica. Anche le grandi potenze devono affrontare l’aumento dell’inflazione, una pandemia in corso, la carenza di energia e una potenziale crisi alimentare. Le elevate temperature elevate in tutta Europa hanno aumentato la domanda di energia per i consumatori che cercano di rimanere calmi, poiché l’industria tenta di aumentare la produzione come parte di una lunga ripresa economica. E questo per non parlare del prossimo inverno, della siccità in entrambi gli emisferi, dell’inquinamento, dell’interruzione della catena di approvvigionamento e delle continue devastazioni alle terre fertili in Ucraina, tutto ciò aggraverà i problemi economici globali.

Mentre l’inflazione significa prezzi più alti per tutti, le conseguenze della guerra economica vanno oltre le preoccupazioni sui prezzi. Il settore marittimo, ad esempio, è stato colpito in modo sproporzionato. Dopo l’iniziale invasione russa, la preoccupazione principale dell’industria era risolvere i problemi relativi alla zona di guerra, ad esempio portare le navi fuori dalla sponda settentrionale del Mar Nero, prima di affrontare costi operativi più elevati. L’industria marittima russa, in particolare, è tutt’altro che ferma. Sebbene rappresenti solo l’1% del trasporto marittimo globale, i russi stessi rappresentano quasi l’11% della forza lavoro marittima; Gli ucraini rappresentano quasi il 5%, quindi la guerra ha creato una carenza di manodopera nel settore. Nel frattempo,

Il settore assicurativo è stato il prossimo ad adattarsi al nuovo contesto imprenditoriale. La prima sfida per gli assicuratori è stata quella di sviluppare procedure che consentissero di controllare l’esposizione istituzionale alle sanzioni man mano che arrivavano (a un ritmo senza precedenti, non meno). Garantire una conformità efficace in un panorama in rapida evoluzione non è solo costoso ma anche rischioso, considerando le potenziali perdite aziendali. Il ritmo del cambiamento con cui l’attuazione delle sanzioni imposte ha reso le aziende incapaci di assicurare una persona sanzionata o riassicurare un assicuratore sanzionato, indipendentemente dal tipo di attività. Tenere sotto controllo le sanzioni, ormai come al solito, continua ad aumentare i costi operativi e a gonfiare i premi pagati dalle imprese in tutto il mondo, tutti inclusi nel prezzo finale al consumo.

Per tutti questi motivi, le rivalità continueranno a crescere mentre le nazioni determinano ciò che è meglio per se stesse. Dovranno adattare le loro politiche all’enorme accumulo di shock minori e maggiori che derivano dall’elevata incertezza che i produttori ei consumatori stanno affrontando. Questi includeranno esportazioni limitate, soglie di stoccaggio più elevate, misure a sostegno dell’aumento della produzione interna o addirittura il razionamento. Ciò alla fine si tradurrà in conseguenze non intenzionali e imprevedibili che saranno più difficili da gestire per tutti gli stati, con alcuni che subiranno il colpo più di altri.

Caso di studio: Francia e Germania

Il regolatore francese dell’energia nucleare ha annunciato l’8 agosto di aver esteso le deroghe temporanee per consentire a cinque centrali elettriche di continuare a scaricare acqua calda nei fiumi mentre il paese deve affrontare una delle più gravi siccità degli ultimi decenni. L’acqua fredda è essenziale per mantenere in funzione i reattori delle centrali nucleari. Ma anche se la Francia è uno dei principali produttori ed esportatori europei di energia nucleare, le condizioni meteorologiche hanno reso difficile il suo proseguimento delle operazioni. La scorsa settimana, Electricite de France ha affermato che deve ridurre la produzione di energia nucleare in altri due impianti a causa delle condizioni meteorologiche.

Questo è altrettanto un problema per la Germania, che sperava di importare parte della produzione francese di elettricità per cercare di ridurre la sua dipendenza energetica dalla Russia. Di fronte all’elevata inflazione e in previsione di una carenza di energia nei prossimi mesi, i legislatori tedeschi stanno esplorando misure per risparmiare energia. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha riconosciuto che i crescenti costi energetici sono una potenziale fonte di disagio sociale e instabilità. Nel frattempo, la stessa siccità sta colpendo l’economia tedesca. Il ministro dei trasporti tedesco ha affermato che i bassi livelli dell’acqua sul Reno potrebbero causare problemi di navigazione e ha chiesto un piano di dragaggio urgente per mantenere al sicuro l’economia tedesca. In parole povere, nulla sembra rassicurante per la potenza economica europea. E se la Russia deciderà di tagliare le forniture di gas naturale, la situazione peggiorerà.

Caso di studio: Odessa

Tutti questi problemi sono evidenti anche nel modo in cui l’accordo di esportazione di grano recentemente negoziato è stato attuato nel porto di Odessa. L’accordo avrebbe dovuto garantire che il grano ucraino potesse raggiungere l’Africa e altre parti del mondo, scongiurando una crisi alimentare e portando sollievo ai mercati cerealicoli globali. Ore dopo la firma dell’accordo, tuttavia, due missili russi hanno colpito il porto. Inoltre, gli operatori portuali, come il settore marittimo, si trovano ad affrontare una carenza di manodopera. E abbondano le questioni legali sull’applicazione delle sanzioni; fonti locali menzionano problemi con le pratiche burocratiche e i processi di approvazione.

La Russia è uno dei principali esportatori della maggior parte delle materie prime, quindi naturalmente le sanzioni sollevano questioni simili nei porti di tutto il mondo. Fatta eccezione per gli Stati Uniti, che sono in gran parte autosufficienti, la maggior parte dei produttori industriali mondiali, in particolare la Cina, dipendono dalle importazioni di materie prime. La Cina dipende anche dagli Stati Uniti per acquistare le sue esportazioni. Considerando i suoi crescenti problemi socioeconomici, Pechino farà tutto il possibile per evitare di essere coinvolta nella guerra economica tra Occidente e Russia, a meno che gli eventi intorno a Taiwan non la costringano a farlo. Per il mondo degli affari, ciò si traduce in maggiori spese operative e maggiori rischi della catena di approvvigionamento, il che contribuisce all’adozione accelerata dell’onshoring o del reshoring .

Per le aziende occidentali, tuttavia, l’onshoring comporta dei rischi: l’inflazione, prima di tutto. Le aziende americane devono considerare un aumento dei prezzi dell’energia, ma gli europei stanno affrontando l’incertezza sulla sicurezza dell’approvvigionamento stesso. Anche se la Russia non taglia l’approvvigionamento di gas dell’Europa, gli europei dovranno utilizzare i rubli per gli acquisti, indebolendo l’euro e facendo salire l’inflazione. Allo stesso tempo, l’Occidente, in particolare l’Europa, deve aiutare a mantenere a galla l’economia ucraina. Tutta questa incertezza rende l’Europa una destinazione meno attraente per gli investimenti delle imprese, per non parlare dell’onshoring.

I problemi della Russia

Le sfide del Cremlino sono simili, se non peggiori. Le sanzioni e il caos nella catena di approvvigionamento stanno riducendo ciò che arriva ai produttori russi e, quando le cose arrivano, sono più costose di prima. Il governo ha rassicurato la popolazione sulle misure anti-sanzioni, ma le sue imprese stanno soffrendo. Una misura richiede alle aziende russe di vendere una percentuale della loro valuta estera alla banca centrale in cambio di rubli, contribuendo a sostenere la valuta nazionale. Questa percentuale è notevolmente diminuita dall’inizio della guerra, ma continua uno stretto monitoraggio finanziario, così come l’incertezza degli affari.

Il Cremlino era consapevole di questi rischi prima di invadere l’Ucraina, ma ha fatto un calcolo politico. Putin ha posto la strategia di sicurezza della Russia al di sopra della sua prosperità, sapendo che la controparte occidentale aveva limiti severi. Tanto per cominciare, la prospettiva di una Russia armata di armi nucleari debole e instabile non è molto allettante per l’Europa o gli Stati Uniti. Tuttavia, il Cremlino sapeva anche che senza la tecnologia occidentale, l’economia russa avrebbe lottato per mantenere il precedente ritmo di sviluppo. Le sanzioni hanno iniziato a intaccare la produzione energetica russa e ci sono indicazioni che la più ampia produzione manifatturiera stia soffrendo. Anche se la Russia beneficia dell’aumento dei prezzi delle materie prime, le restrizioni tecnologiche in particolare inizieranno a farsi sentire e potrebbero trasformarsi in problemi socioeconomici.

Il Cremlino crede che i russi sopporteranno queste difficoltà finché riusciranno a vendere una storia plausibile che la Russia sta vincendo la guerra. Come parte di questo sforzo, Mosca beneficia dell’opportunità di fornire notizie positive a casa sui nuovi amici in Africa che la sostengono contro l’Occidente. Anche se non è chiaro quanto possano aiutare gli alleati africani, per il Cremlino il supporto morale potrebbe essere sufficiente. Allo stesso tempo, non è chiaro quale effetto stia avendo la guerra sulla forza lavoro russa dopo i danni causati dalla pandemia.

La guerra è l’ultimo distruttore. Il rischio di una destabilizzazione economica globale cresce a ogni passo, offensivo o difensivo, nella guerra economica, e man mano che le decisioni dei dirigenti aziendali si riversano nella catena di approvvigionamento. Insieme, questo accelera il processo di frammentazione già in corso a causa della pandemia.

L’Europa e la Russia saranno le prime ad essere maggiormente colpite. Un inverno difficile sta arrivando per entrambi. La dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia è una sfida enorme, soprattutto durante la peggiore siccità del continente da decenni. Per la Russia, anche se riesce a trovare nuovi mercati in cui vendere, il flusso di tecnologie chiave nel paese si sta esaurendo. Le cose peggioreranno verso la fine dell’anno, soprattutto se si tiene conto dell’incertezza del mercato del lavoro. L’insistenza di Mosca sul fatto che le cose vadano bene è preoccupante. Sia per la Russia che per l’economia globale, chiaramente non lo sono.

https://geopoliticalfutures.com/a-new-phase-in-the-global-economic-war/

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