IL NUOVO PIVOT TO INDIA, di Pierluigi Fagan

IL NUOVO PIVOT TO INDIA. Al G20 appena tenutosi a Delhi, si è manifestato il sempre più nuovo assetto del mondo multipolare. Il protagonista assoluto è stato il padrone di casa Modi a capo del più popoloso paese del mondo, per ora quinta ma presto quarta economia del mondo in Pil assoluto.
La prima sorpresa è arrivata qualche giorno fa con l’invito spedito ai 19 altri leader a nome del Presidente della Repubblica di Bharat. Magari qualcuno si sarà domandato che affare fosse questo Bharat. Si tratta del vecchio termine sanscrito per più o meno quella che conosciamo tutti come India.
L’anno prossimo l’India va ad elezioni e, come qui segnalato, Modi si troverà contro una coalizione di ben 26 partiti con a capo l’ennesimo Gandhi, la coalizione si chiama Indian National Developmental Inclusive Alliance cioè I.N.D.I.A. Così, il furbo ultranazionalista, sta buttando lì il nuovo nome che fa nazione, tradizione e radici, dicendo che India è il nome coloniale che la nuova potenza rigetta. Bel colpo! Non è detto che il cambio di nome diventi definitivo, ma la mossa c’è ed è brillante e tradisce tutta la nuova ambizione del subcontinente.
A seguire, la rinuncia di Xi di recarsi al vertice che ovviamente segna anche l’assenza di Putin. Nel caso di Xi, motivi ignoti, speculazioni varie.
Si arriva così al vertice di sabato con non poche divergenze e tensioni dovute al fatto che l’India, come ha fatto per il vertice BRICS, non vuol sentir parlare di geopolitica ma solo di affari, sviluppo, cooperazione, clima e quant’altro dell’agenda mondo in senso multilaterale. Americani ed occidentali, invece, pretendevano l’esplicita condanna della Russia per la guerra in Ucraina. La stessa cosa s’era verificata al G20 di Bali in Indonesia e s’era rischiato, per la prima volta dalla nascita del formato nel 1999, di arrivare ad un passo dal chiudere il vertice senza dichiarazione congiunta, eventualità minacciata anche questa volta.
Nel frattempo, secondo impegno preso già alla riunione BRICS in allargamento, Modi ha invocato la cooptazione dell’Unione Africana nel formato, la seconda unione dopo l’UE, probabilmente non l’ultima. Adesione per acclamazione, il formato diventa G21, entusiasmo del presidente sudafricano lì già come G20 che aveva perorato la causa per l’intero continente, Modi s’è fatto un nuovo amico e sviluppa la sua strategia di diventare il paese leader del Global South.
Ma al vertice, Biden era arrivato anche con un bel pezzo di formaggio per il topo. Si tratta di una nuova linea intermodale che dovrebbe collegare via nave Mumbai con gli Emirati, qui si passa a ferrovia che poi va in Arabia Saudita, Giordania ed arriva in Israele ad Haifa pronti per risalire in nave e giungere ad Atene/Europa. Sette giorni risparmiati rispetto alla rotta marina, nonché i rischi di futuri problemi a Suez evitati per sempre. La cosa in realtà era nota da tempo, poiché s’è formato un nuovo format I2U2 (ovvero India e Israele e UAE ed USA) che già da un anno studiava il piano di una nuova amicizia euro-indo-abramitica. Nel progetto c’è anche l’UE e comprende energia, tlc, idrogeno, tecno-cooperazione varia. Colpo contro il monopolio strategico infrastrutturale della Via della Seta, normalizzazione americana delle relazioni con i sauditi dopo il grande freddo che aveva generato il grande caldo con i cinesi e gli iraniani (sauditi a cui si prometterà anche l’ok per lo sviluppo del nucleare civile), piattino da portare a Tel Aviv in cambio di altrettanta normalizzazione dei rapporti con i palestinesi, carta questa da giocarsi eventualmente l’anno prossimo per le elezioni americane.
Lo scaltro Modi deve aver chiuso Biden nello stanzino dicendogli: “amico, delle due l’una, o la pianti con sta lagna dei russi in Ucraina ed io ti firmo l’adesione al “chemin de fer” o se insisti chiudiamo senza accordi, senza dichiarazione, fai fallire il vertice a casa mia ed io lo segno nel quaderno -gravi sgarbi da vendicare-“. Poiché l’India o il Bharat, andrà avanti fino a che non ha ottenuto il seggio al Consiglio di Sicurezza e sta diventando perno di equilibrio del nuovo gioco multipolare, meglio prendere che lasciare.
Ne esce così la dichiarazione finale già sabato, accenno anche più vago di quello di Bali alla guerra in Ucraina, condannata, esecrata, citata per i gravi contraccolpi alle reti economiche planetarie, senza citare i russi (per altro Modi aveva rimbalzato la solita richiesta americana di ospitare capitan Ucraina già a monte), dichiarazione approvata all’unanimità, Mosca contenta, Kiev no. Dopo il papa filorusso ed i BRICS, ora a Kiev schifano pure il G20, chissà magari qualcuno dovrebbe realisticamente trarne delle conseguenze…
Ma a lato, anche accordo indo-abramitico con MBS e soci fatto. A Pechino, ovviamente, non l’hanno presa bene, dopo tutta la fatica fatta per pacificare la regione! Ci manda solo il nucleare civile a Riyad sì e Teheran no. Nonché il doppio-triplo gioco anche già all’interno dei BRICS appena allargati.
Occorre però sempre considerare che tra i dire ed i fare c’è sempre mare, magari ondulato. US che notoriamente quanto ad infrastrutture di questo tipo stanno a settanta anni fa, ci mette il peso geopolitico e forse spremerà un po’ di Banca mondiale. L’UE non ha un euro e comincerà con la solfa del contributo attivo delle imprese (soprattutto francesi, italiane, tedesche) perché non avendo stato c’è solo il privato. Sauditi ed emiratini dovrebbero esser effettivamente sia interessati che capienti. Gli indiani, capienti proprio no. A parte che sono impegnati in analogo progetto via Iran per arrivare in Russia e secondo me, presto, li vedremo oltreché sulla Luna in Africa orientale, l’India rimane il 144° paese per Pil pro-capite, tra Ghana e Pakistan. Ha una lista di investimenti interni necessari che va via di pagine e pagine.
In più, nel progetto c’è un doppio bug. Primo, se il progetto è condizionato a trovare la quadra coi palestinesi mi sa che il binario diventerà del tipo binario 9 e 3/4 del Hogwarts Express di Harry Potter. Ma c’è anche un problema già sollevato alla prima riunione dei I2U2 ovvero l’Egitto. Sauditi ed emiratini, specie se poi c’è Israele di mezzo, non faranno nulla se non c’è anche Il Cairo, questioni di equilibrio islamico inaggirabili. E l’Egitto sta nei nuovi BRICS su esplicito invito russo.
Tuttavia, nel nuovo mondo multipolare, anche il dire con poi un difficile fare, ha comunque un suo valore. Bisogna vedere difficile quanto, tutto entra in tavoli molto grandi in cui ci sono accordi bilaterali, multilaterali, nomine nelle grandi istituzioni globali, collaborazioni militari, tecnologiche, investimenti, stazioni spaziali, insomma partite lunghe e complicate. Il segnale a Pechino comunque è partito, chiaro e forte. Sebbene certo che a Pechino la cosa era diplomaticamente nota in anticipo e magari è proprio per evitare di guardare i cinque nuovi amici sorridenti alla foto opportunity, che Xi ha preferito rosicare a casa.
Comunque, il G21 con il suo 85% di Pil ed il 75% di global trade, si candida ad essere l’istituzione che media tra G7, BRICS e tutti gli altri principali nuovi attori. La prossima presidenza sarà brasiliana. Biden ora vola in Vietnam mentre il cinese Li Qiang, prima di Delhi ha fatto scalo a Jakarta (Indonesia) con cui i cinesi tessono tele molto fitte. Modi può sorridere.
Quanto all’India, c’è da dire che da una parte la posizione di perno mediano può esser molto fruttuosa, dall’altra espone molto e richiede doti strategico-diplomatiche molto fini. In patria, Modi ha fatto coalizzare dai dravidici ai musulmani ai marxisti leninisti, è un Paese pieno di contraddizioni. Modi deve allargare il raggio d’azione indiano per garantirsi anni di crescita sostenuta, altrimenti le contraddizioni interne potrebbero prendere il sopravvento.
Quanto al G20, pare che Modi abbia fatto esplicito fronte con Brasile, Sud Africa, Indonesia ed altri per ricondurre USA-UE a stare nel gioco degli equilibri planetari. Ad USA-UE si presenta, in prospettiva, un dilemma. Se pretenderanno troppo non otterranno nulla, se non staranno ben equilibrati nel G20, gli altri si butteranno nei BRICS. Ma la di là dei giochi societari e dei pesi di potenza, lo stato del mondo è chiaro, la stragrande maggioranza del mondo ha bisogno di pace, commercio ed investimenti, ha bisogno di crescita e sviluppo in modo necessario. Chi perturba troppo ed unilateralmente questa convenzione dell’interesse ultra-maggioritario, si mette contro quattro quinti del pianeta, decisamente un cattivo affare.
In effetti, com’è nella logica dei sistemi multipolari, sarebbe l’era del grande ritorno della diplomazia (vecchio pallino dell’acuto Kissinger) e della tessitura di intricate reti di accordi, legami, trame, idea che per altro piacerebbe molto anche agli europei. Si può competere, ma è meglio non confliggere.
Tuttavia, sull’intero ordine planetario incombe il problema da una parte degli indici asimmetrici di crescita (relativamente facile per i paesi in via di sviluppo, sempre più difficile per i paesi ipersviluppati) ad un certo punto le chiacchiere vanno a zero e contano i soldi che girano o meno (ultimamente ne girano meno), dall’altra il problema del travaso dei pesi di potenza conseguente, sul terzo lato i limiti eco-ambientali della casa comune.
Trovare soluzioni alla difficile quadra (che poi è un triangolo) ci darà un mondo nuovo che però cambierà molto le nostre vite occidentali, non trovarla potrebbe portare a più severe conseguenze. Vedremo nei prossimi anni e forse decenni.
[Su varia stampa occidentale, il vertice è stato commentato più per le ombre che per le luci. Chissà, forse avranno bisogno di un po’ di tempo per capire meglio dove va il grande gioco del mondo. Da quando hanno dismesso la funzione di pensiero autonomo per diventare l’Ufficio Stampa e Propaganda di Washington, la lucidità latita]
Qui sotto il file con il testo della dichiarazione tradotto in italiano

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Dal dilemma strategico al disastro strategico (I^ parte), di Gordon Hahn _ Traduzione a cura di Giuseppe Angiuli

Dal dilemma strategico al disastro strategico (I^ parte)

 di Gordon Hahn

 

(https://gordonhahn.com/2023/09/12/from-strategic-dilemma-to-strategic-disaster-part-1/

Traduzione a cura di Giuseppe Angiuli)

Introduzione.

 

I funzionari e gli analisti occidentali sono soliti osservare che “la guerra di Putin contro l’Ucraina” avrebbe danneggiato, piuttosto che rafforzato, la posizione strategica della Russia. Anziché neutralizzare la minaccia della NATO, l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin l’avrebbe aumentata, questo il senso del loro ragionamento analitico.

Mettendo da parte l’ovvia contraddizione con la posizione della maggior parte di questi osservatori, secondo cui né la NATO né la sua espansione rappresenterebbero una minaccia per la sicurezza della Russia, è necessario però guardare al rovescio della medaglia di tale ragionamento.

La sicurezza dell’Occidente, dei Paesi NATO, la stessa sicurezza nazionale americana sono state rafforzate dall’espansione della NATO, dal rifiuto di negoziare con Mosca una nuova architettura per la sicurezza del continente europeo nonché dalla guerra ucraina NATO-Russia e dalla sua escalation in corso?

Il fatto è che la relazione russo-occidentale in quanto dilemma di sicurezza è ora virtualmente un gioco a somma zero; quando un attore intraprende delle misure per garantire la propria sicurezza nei confronti di un altro attore, quest’ultimo solitamente risponde con delle misure che finiscono per risultare altrettanto deleterie per il primo attore quanto quelle di quest’ultimo lo sono state per la sua controparte.

Questa situazione si protrae ormai da decenni, a partire dal primo ciclo di espansione della NATO dopo la Guerra Fredda, sebbene la Russia sia stata inizialmente lenta nel rispondere a questa sfida, a causa della sua momentanea debolezza.

 

Nell’episodio più recente di questo dilemma di sicurezza reciproca – la guerra ucraina tra NATO e Russia – anche la posizione di sicurezza dell’Occidente si è indebolita, dato il rafforzamento delle forze armate russe attraverso l’aumento dei suoi numeri, delle sue risorse messe a bilancio, oltre che per l’esperienza acquisita in battaglia e per la generale mobilitazione del complesso militare-industriale russo. Lungi dall’essere “isolata a livello internazionale“, la Russia è stata in grado, insieme alla Cina, di forgiare un nuovo polo di potere nella struttura del sistema delle relazioni internazionali, assestando un colpo forse mortale all’egemonia globale occidentale, in particolare americana. Non è certo che questo rafforzi la sicurezza dell’Occidente e dell’America, soprattutto perché gran parte della formazione di poli alternativi sta assumendo toni sempre più antiamericani rispetto alla creazione di un polo o centro di potere globale alternativo, più o meno neutrale e semplice. Inoltre, il più recente alleato della NATO, membro potenziale e baluardo contro l'”espansionismo russo” – l’Ucraina di Maidan – rischia di essere svuotato quasi del tutto. Diamo uno sguardo al più ampio declino della sicurezza occidentale e poi a quello più locale dell’Ucraina, come prodotto della guerra tra NATO e Russia e dai fattori che l’hanno generata.

La crescente minaccia della NATO.

I funzionari della NATO e della Russia concordano sul fatto che la minaccia della NATO alla Russia è cresciuta. Come ha sottolineato il Ministro della Difesa russo Sergei Shoigu in un’intervista concessa alla testata Kommersant del 10 agosto, l'”Occidente collettivo” ha ora schierato nelle immediate vicinanze della Russia circa 360.000 truppe, 8.000 pezzi di armatura e 650 aerei ed elicotteri. Shoigu ha sottolineato che dal febbraio 2022 l’Ucraina ha ricevuto centinaia di carri armati, più di 4.000 veicoli corazzati da combattimento, più di 1.100 pezzi di artiglieria da campo e decine di sistemi di artiglieria e missili, per un totale di oltre 160 miliardi di dollari di assistenza militare. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, ha osservato Shoigu, stanno aumentando il raggio d’azione e la brutalità delle armi che forniscono, come i missili britannici Storm Shadow e le munizioni a grappolo statunitensi. Tutto ciò “crea seri rischi di un’ulteriore escalation del conflitto“, secondo Shoigu.

 

Il ministro della Difesa russo ha inoltre definito “un fattore destabilizzante” l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO. L’ingresso della Finlandia, ha osservato, raddoppia quasi il confine terrestre della Russia con la NATO. Sul territorio finlandese, ha aggiunto, ci si può aspettare che “vengano dispiegati ulteriori contingenti militari e armi d’attacco della NATO in grado di distruggere oggetti critici importanti in profondità nelle regioni nord-occidentali della Russia“. Ulteriori rischi sono stati posti dalla “militarizzazione della Polonia” e dalla sua trasformazione nel “principale strumento della politica antirussa degli Stati Uniti“, con l’intenzione di Varsavia di creare l’esercito più potente d’Europa (lo stesso status di cui godeva l’Ucraina prima della guerra, si potrebbe aggiungere).

Shoigu ha anche sottolineato l’intenzione della Polonia di fondersi con l’Ucraina e di “occupare in sostanza” l’Ucraina occidentale, un tema sul quale cui ho già scritto molti mesi fa (Yurii Gavrilov, “Zapad vedet protiv Rossii oposredstvannuyu voinu“, Kommersant, 10 agosto 2023, p. 4).

In un articolo contiguo, Vladislav Shurygin ha sostenuto la necessità di una grande offensiva russa per prevenire l’arrivo degli ATACAM statunitensi e di altri Haimar, che consentirebbero di colpire in massa obiettivi sul territorio russo con 30-50 missili entro settembre e 100 entro novembre (Vladislav Shurygin, “Osen’ stanet reshayushchim spetsoperatsii“, Kommersant, 10 agosto 2023, pag. 4). A tutto ciò si possono aggiungere gli F-16 che sono stati promessi all’Ucraina e la notizia che Kiev, con l’aiuto della NATO, ha acquisito 17.000 droni e 10-20.000 operatori di droni da utilizzare nella sua controffensiva, finora fallita (www.ng.ru/armies/2023-08-01/1_8788_kiev.html). La guerra con i droni è un ulteriore fattore destabilizzante – come lo è l’impiego di massa di qualsiasi nuova tecnologia militare, soprattutto in tempo di guerra – che approfondisce il dilemma della sicurezza per entrambe le parti.

Ciò a cui Shoigu non ha fatto cenno è che la NATO è diventata un attore partecipante a tutti gli effetti alla guerra, fornendo a Kiev addestramento militare, supporto di intelligence, anche per colpire armi e uomini russi, oltre che consulenza e pianificazione tattica e strategica.

La Russia ha risposto e risponderà a questo intensificarsi della minaccia mentre si mobilita per portare a compimento l’esigenza di vittoria nella guerra ucraina tra NATO e Russia, e questo non potrà che portare a un deterioramento della posizione di sicurezza dell’Occidente.

Il declino della sicurezza occidentale a partire da febbraio 2022.

In termini più generali, la forza militare russa è stata quintuplicata: da 200.000 forze armate regolari prima della guerra a circa 1,2 milioni di oggi. Questo dato non include elementi come RosGvardia, Wagner, Ceceni, Ossetiani e altre forze militari irregolari organizzate dallo Stato. Con il quasi raddoppio del confine russo-NATO vista l’adesione di Helsinki alla NATO e l’imminente adesione della Svezia al blocco militare occidentale, è probabile un’ulteriore mobilitazione che potrebbe portare la forza militare russa a oltre 1,5 milioni di effettivi, se non a 2 milioni, con decine di migliaia di truppe da collocarsi al confine con la Finlandia e il potenziamento delle forze della Flotta navale del Mar Baltico.

Questo avviene mentre le forze armate russe stanno acquisendo una preziosa esperienza di combattimento avanzato grazie al sistema integrato di “intelligence, sorveglianza e ricognizione“, mai utilizzato prima. Né gli Stati Uniti né le altre forze della NATO sono in grado di acquisire un’esperienza così vasta come quella oggi in fase di acquisizione da parte della Russia, a causa della mancata adeguatezza e complementarità del personale ucraino rispetto alle potenziali capacità tecnologiche degli armamenti del sistema NATO.

 

Inoltre, la Russia sta aumentando massicciamente le risorse destinate allo sviluppo militare e dell’intelligence. Ad esempio, la Russia ha raddoppiato il suo budget militare per il 2023, portandolo a più di 100 miliardi di dollari – un terzo di tutta la spesa federale (www.reuters.com/world/europe/russia-doubles-2023-defence-spending-plan-war-costs-soar-document-2023-08-04/).

Al contrario, la Russia ha tagliato il suo budget per la difesa nel 2016 (https://www.rbth.com/defence/2016/11/01/russia-slashes-military-spending-as-revenues-shrink_644019#new_tab). Di conseguenza, la ricerca e la produzione nel complesso industriale della difesa si stanno espandendo. Ad esempio, la Lobaev Arms ha raddoppiato la produzione di fucili di precisione nel febbraio 2023 e da aprile l’ha raddoppiata ulteriormente (https://nvo.ng.ru/armament/2023-04-20/10_1233_armament.html).

Il colonnello dell’esercito americano, Darin Gaub, sostiene che gli Stati Uniti adesso avranno bisogno di 10-15 anni per rilanciare la loro produzione complessiva di armi e raggiungere i livelli necessari per eguagliare la produzione russa (https://vz.ru/news/2023/7/11/1220632.html?utm_campaign=vz&utm_medium=referral&utm_source=push). Basta ricordare l’ammissione del Segretario Generale della NATO, alcuni mesi fa, secondo cui i Paesi della NATO non sono in grado di tenere il passo con l’uso ucraino di proiettili d’artiglieria, che è dieci volte inferiore a quello russo. A questo proposito, le stime previsionali più basse per poter raggiungere una certa parità sono di tre anni, quando l’Ucraina potrebbe non avere più un esercito atto ad utilizzare le armi prodotte. Le stime indicano che “se il Pentagono raggiungesse l’obiettivo dichiarato di produrre 90.000 proiettili al mese entro l’anno fiscale 2025, sarebbe comunque solo la metà dell’attuale livello di produzione della Russia. Altri membri della NATO sono messi ancora peggio” (https://nationalinterest.org/feature/time-and-logistics-are-working-against-ukraine-206740).

 

Inoltre, i combattimenti sul campo stanno migliorando le armi russe attraverso la sperimentazione e l’elaborazione degli errori commessi in un contesto di combattimento reale. Ciò determina l’adattamento e l’innovazione nell’uso delle armi esistenti e favorisce lo sviluppo di nuove tecnologie militari, in particolare nell’ambito dei droni, dei sistemi missilistici a lancio multiplo, dei mortai con mirini intelligenti, dei kalashnikov aggiornati, dell’artiglieria guidata e a lungo raggio nonchè dei nuovi impieghi dei carri armati T-90M Proryv, dei sistemi missilistici tattici-operativi Iskander, di vari sistemi missilistici a lancio multiplo, degli elicotteri Ka-52 e Mi-28, degli aerei Su-35S e Su-57 e dei nuovi droni Kub e Lancet (https://nvo.ng.ru/armament/2023-04-20/10_1233_armament.html).

 

Più in generale, nel campo della tecnologia militare, dopo il febbraio 2022 è diventato evidente che un’industria russa di chip e semiconduttori avrebbe dovuto essere creata da zero, ponendo fine alla dipendenza dai produttori stranieri. Il governo russo ha cambiato strategia e ha ampliato il sostegno all’industria tagliando le tasse, aumentando i finanziamenti e incrementando i sussidi. Il piano aggiornato mira a reingegnerizzare la tecnologia straniera acquisita sul campo di battaglia, ad avviare la produzione sia in Russia che in Cina e a produrre ogni componente attualmente importato entro il 2024 (www.kommersant.ru/doc/5306920). Una simile sostituzione delle importazioni si sta verificando in tutta l’industria militare e civile russa. Il governo prevede di aumentare il numero dei centri di progettazione russi di oltre il 400%, passando da 70 a 300 entro il 2030, e di spendere 2,7 trilioni di rubli per sviluppare l’industria elettronica (www.kommersant.ru/doc/5355456 e https://warontherocks.com/2022/06/can-russia-rebuild-its-tech-sector-with-chinas-help/).

 

Inoltre, le forze armate russe, migliorate e più potenti rispetto a prima, sono oggi dispiegate in una posizione più avanzata a discapito della sicurezza nazionale dei paesi della NATO. Questo è il risultato in parte della guerra attuale e in parte della risposta alla mobilitazione della NATO e all’incessante espansione della NATO durante la guerra (Finlandia, Svezia e l’intenzione continua di portare l’Ucraina nell’alleanza, come rivelato dalle incessanti dichiarazioni occidentali in tal senso). In termini convenzionali e più ovvi, le forze regolari dispiegate in Ucraina si trovano molto più vicine alla NATO rispetto a quando erano situate entro i confini della Russia prima del 2014. Nell’ottobre 2022, Putin e il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko hanno concordato di formare un gruppo di forze congiunte in risposta alle “provocazioni” della NATO al confine con la Bielorussia, alla formazione da parte dell’Ucraina di unità di sabotaggio composte da fuoriusciti dell’opposizione bielorussa e ai presunti piani ucraini di attacco alla Bielorussia. Rimasto sulla carta fin dai primi anni 2000, il nucleo dell’unità sarà costituito da soldati bielorussi, con truppe russe di rinforzo. Nello stesso mese, 9.000 truppe russe, equipaggiamento e jet da combattimento MIG-31 hanno iniziato a dispiegarsi in Bielorussia il 15 ottobre (https://carnegieendowment.org/politika/88249). Inoltre, circa 20-30.000 truppe russe sono state dispiegate in Bielorussia. Inoltre, circa 10.000 famigerati combattenti della PMC Wagner sono stati trasferiti in Bielorussia dopo la fallita rivolta del loro capo Yevgenii Prigozhin di giugno scorso. In questo modo, è soprattutto la matrice di sicurezza della Polonia, membro NATO antagonista della Russia, ad aver subito il deterioramento più sostanziale.

Anche i membri della NATO Lituania e Lettonia, che hanno confini consistenti con la Bielorussia, si trovano adesso in una posizione molto meno sicura. In termini di potenza aerea, nell’agosto 2022 Mosca ha schierato tre intercettori pesanti MiG-31 nella regione russa di Kaliningrad, un’exclave a ovest della Lituania, nell’ambito di quella che il Ministero della Difesa russo ha definito una parte della “deterrenza strategica aggiuntiva“.

 

Le conquiste territoriali della Russia nell’Ucraina meridionale aprono la possibilità di creare un ponte terrestre verso la regione separatista moldava della Transnistria, popolata da russi, ucraini e la regione della Gagauzia, abitata da un’etnia turca filo-moscovita. Sullo sfondo della guerra e delle opinioni contrastanti al riguardo, crescono le tensioni tra la Transnistria, dominata dai russi, e la regione autonoma Gagauzia, da un lato, e la Moldavia, dall’altro. L’Occidente ha risposto sollecitando Kishinev a rendersi più compatibile con l’UE e la NATO, introducendo programmi per raggiungere tali obiettivi e polarizzando ulteriormente una dinamica politica interna già esplosiva. L’Ucraina ha inoltre esacerbato le tensioni tentando di istituire un blocco contro la Transnistria e compiendo un attacco a un deposito militare dell’esercito russo in Moldavia. Occasionalmente sono state riportate notizie di forze ucraine che si sono accumulate vicino al confine tra Transnistria e Ucraina con l’obiettivo di entrare nella repubblica separatista per impadronirsi dei depositi di armi russe. Inoltre, il movimento per unire la Moldavia alla Romania si è rianimato, aggravando ulteriormente l’angoscia russa e gaguziana.

 

In termini di armamenti nucleari, l’equilibrio e il controllo nucleare generale stanno crollando, il che potrebbe provocare escalation da entrambe le parti. In effetti, l’attuale guerra NATO-Russia in Ucraina è il prodotto non solo dell’espansione della NATO, ma anche dello squilibrio nucleare facilitato dall’espansione di Mosca. Nel 2014, dopo il putsch di Maidan che è la causa principale della guerra ucraina, l’amministrazione Obama ha approvato il dispiegamento, presso Paesi membri della NATO quali Romania e Polonia, di missili anti-balistici statunitensi a raggio intermedio in grado di essere convertiti in armi offensive e di colpire Mosca in 5-7 minuti. I missili di difesa aerea e anti-balistici “Aegis Ashore” possono essere equipaggiati sia con esplosivi convenzionali o nucleari offensivi sia con missili di difesa anti-missile. Così, nel luglio 2020 il comandante del Comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti, l’ammiraglio Philip Davidson, ha dichiarato di essere favorevole al finanziamento per la costruzione di un sistema Aegis Ashore a Guam entro il 2026, sia per difendere le strutture militari statunitensi esistenti a Guam, sia per fornire una “capacità di attacco di precisione a lungo raggio nella Prima Catena Insulare controllata dalla Cina” (https://breakingdefense.com/2020/07/indopacom-wants-billions-to-build-as-pentagon-plans-cuts-to-overseas-presence/). Un sito Aegis Ashore è diventato operativo a Deveselu, in Romania, nel 2016, e un sito polacco a Redzikowo lo è stato mesi dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022 (www.mda.mil/system/aegis_bmd.html).

 

Questi dispiegamenti hanno creato una minaccia esistenziale per la sicurezza della Russia sul suo stesso confine e quindi una minaccia non dissimile da quella rappresentata quando gli Stati Uniti piazzarono missili nucleari in Turchia per colpire l’URSS o quando, in risposta, l’URSS piazzò missili nucleari a Cuba. Questa pericolosa dinamica nelle relazioni tra Stati Uniti e Russia e tra NATO e Russia è un’altra causa della guerra attuale. La questione dell’INF e dei missili a corto raggio era un punto chiave (articolo 6) delle proposte di Putin del dicembre 2021 sulle proposte di colloqui per la sicurezza da lui formulate in quella fase (https://mid.ru/ru/foreign_policy/rso/nato/1790818/?lang=en). La configurazione di questa minaccia destabilizzante per Mosca sarebbe stata impossibile senza l’espansione della NATO. La prospettiva di un’espansione della NATO verso l’Ucraina ha aperto la possibilità di un dispiegamento di questi missili in Ucraina, ed è proprio per questo che i russi si sono ripetutamente opposti all’espansione della NATO, soprattutto verso l’Ucraina, nel corso degli anni e hanno proposto una nuova architettura di sicurezza europea alla NATO e a Washington sia nel 2008 che nel dicembre 2021, in un tentativo di diplomazia coercitiva alla vigilia dell’invasione del 24 febbraio 2022. Questa minaccia rimane sullo sfondo dell’attuale guerra, giorni prima della quale il Presidente ucraino Volodomyr Zelenskiy ha minacciato di abrogare l’adesione dell’Ucraina al Memorandum di Budapest, che ha denuclearizzato le forze armate ucraine nel 1994.

 

La guerra minaccia anche di porre fine agli accordi sulla limitazione degli armamenti nucleari strategici tra le due maggiori potenze nucleari del mondo. Il New START scadrà nel febbraio 2026 e non potrà essere prorogato. Nel giugno 2021, Biden e Putin hanno avviato tra i loro due Paesi un “dialogo di stabilità strategica” per gettare le basi di ulteriori colloqui e di un nuovo accordo START (www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2021/06/16/u-s-russia-presidential-joint-statement-on-strategic-stability/). Ma dopo tre incontri, le già citate telefonate Putin-Biden e l’inizio dell’intensificazione delle operazioni belliche in Ucraina, il dialogo si è concluso e il New START ha iniziato la sua marcia verso l’estinzione. Nell’agosto del 2022, la Russia ha rifiutato un’ispezione degli Stati Uniti in una delle sue basi, come previsto dal trattato, e cinque mesi dopo il Dipartimento di Stato americano ha notificato al Congresso di non poter più valutare il comportamento della Russia come conforme ai dettati del trattato (www.state.gov/wp-content/uploads/2023/01/2022-New-START-Implementation-Report.pdf). Un anno dopo l’invasione dell’Ucraina, Mosca ha sospeso la sua partecipazione al New START, dichiarando che non avrebbe più fornito a Washington informazioni sulle sue forze nucleari. Allo stesso tempo, ha annunciato che la Russia avrebbe messo in funzione nuovi sistemi nucleari strategici e accelerato il dispiegamento dei suoi missili nucleari Sarmat, ha lanciato missili ipersonici e nuovi sottomarini nucleari e ha avvertito che potrebbe riprendere i test nucleari (https://news.yahoo.com/hard-times-now-ahead-us-194210721.html?fr=sycsrp_c).

Il Sarmat è un missile di 35 metri con una gittata di 18.000 km e può trasportare almeno 10 veicoli di rientro a bersaglio multiplo, ognuno dei quali ha una testata nucleare e attacca un bersaglio diverso. Può anche trasportare veicoli ipersonici Avangard. La Russia ha inoltre avviato la produzione di massa dei sistemi ipersonici Kinzhal su base aerea e dei missili ipersonici Zircon su base marittima (www.reuters.com/world/europe/putin-russia-pay-increased-attention-boosting-nuclear-forces-2023-02-22/).

 

Prima dell’arrivo a Kaliningrad, i MiG-31 di cui sopra sono stati adattati per il lancio di missili ipersonici Kh-47M2 Kinzhal, un tipo di missili balistici a corto raggio che, secondo quanto riferito, sono stati sviluppati a partire dal 9K720 Iskander, molto utilizzati in Ucraina. Il Kinzhal ha una velocità massima di Mach 10 o 12 – 10 o 12 volte la velocità del suono, può trasportare fino a 500 chilogrammi (1.100 libbre) di carico utile e consegnare testate convenzionali o nucleari. Il MiG-31 può lanciare il Kinzhal da una distanza massima di 2.000 chilometri e, a quanto pare, può anche lanciare piccoli carichi utili nell’orbita terrestre bassa, il che lo rende uno dei pochi jet da combattimento antisatellite esistenti (www.aerotime. aero/articles/31954-russia-deploys-hypersonic-armed-mig-31s-to-kaliningrad#:~:text=Three%20MiG-31%20heavy%20interceptors%2C%20adapted%20for%20carrying%20Kh-47M2,and%20will%20be%20placed%20on%20round-the-clock%20combat%20duty). Nel marzo 2023, la Russia ha annunciato il dispiegamento di armi tattiche a corto raggio in Bielorussia, a luglio il dispiegamento era iniziato e continua a tutt’oggi mentre leggete quest’articolo (www.defensenews.com/news/your-military/2023/08/22/poland-says-russias-moving-tactical-nuclear-weapons-to-belarus/).

 

Ma le tensioni strategiche e le nuove vulnerabilità dell’Occidente sono meglio rappresentate dal fatto che la Russia, la Cina, l’Iran e la Corea del Nord stanno già avviando apertamente una cooperazione militare e si armano a vicenda, per rafforzare le loro capacità individuali e forse collettive di sfidare gli interessi occidentali. L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai è diventata il nucleo di questa cooperazione tra gli “Stati canaglia“, mentre la guerra in Ucraina e le maldestre provocazioni dell’amministrazione Biden intorno a Taiwan ne hanno favorito lo sviluppo.

 

In termini di equilibrio economico tra le due parti, l’Occidente e la Russia, nonostante le aspettative occidentali di un collasso dell’economia e del sistema finanziario russo, le perdite economiche in Russia sono state limitate e gestibili, mentre le conseguenze delle sanzioni e delle contro-sanzioni russe hanno portato molte economie occidentali verso la recessione. L’Occidente si è dato la zappa sui piedi rifiutando le importazioni di petrolio e gas e distruggendo i gasdotti North Stream, privando le proprie economie di un significativo potenziale di crescita. Le sanzioni occidentali hanno avuto un effetto particolarmente negativo sul commercio degli Stati che dipendono dalla Russia. Così, la Germania, membro della NATO e Paese leader europeo, è caduta in recessione; la Russia no. Ma la situazione economia attuale è solo una parte di una più ampia dinamica commerciale e finanziaria internazionale delineatasi in risposta alla guerra e che non lascia presagire nulla di buono per l’Occidente. Infatti, le ripercussioni globali della guerra stanno riconfigurando il sistema politico, economico e finanziario a livello mondiale.

 

Il riallineamento globale sino-russo.

 

A livello globale, i rapporti di forza si sta modificando e, come ho scritto più volte, non a favore dell’Occidente.

Questo è il risultato dell’espansione della NATO, ma soprattutto della conseguente guerra NATO-Russia in Ucraina, delle relative sanzioni occidentali e delle minacce di sanzioni secondarie, nonché della lunga e sfortunata storia di egemonia e sfruttamento politico, economico e finanziario messo in atto dall’Occidente.

Il risultato più dannoso della guerra ucraina tra NATO e Russia per gli interessi occidentali è la solidificazione della “quasi alleanza” sino-russa e il rafforzamento degli sforzi per costruire un sistema globale alternativo a quello dominato dall’Occidente.

Ciò è stato sottolineato dal viaggio del presidente della RPC Jinping Xi a Mosca in primavera. Alla vigilia del vertice, Putin ha descritto la vicina alleanza o “partnership strategica” in un articolo diffuso su tutti i giornali cinesi. Tra le altre cose, il presidente russo ha osservato che: “Le relazioni Russia-Cina hanno raggiunto il livello più alto della loro storia e stanno acquistando ancora più forza; superano per qualità le alleanze politico-militari dell’epoca della Guerra Fredda” (http://en.kremlin.ru/events/president/transcripts/70743). Il vertice di Mosca ha portato a un’integrazione militare, politica ed economica ancora maggiore tra i due Paesi, ma la conseguenza diplomatica più importante è stato il sostegno di fatto della Cina alla resistenza della Russia all’espansione della NATO in Ucraina, sottolineato dalla condanna di Xi e di altri funzionari cinesi dell’espansione della NATO e della indicazione di tale espansione quale vera causa scatenante della guerra. Inoltre, sono stati firmati tra i due leader decine di documenti su tutte le forme di cooperazione in risposta alle sanzioni occidentali sulla Russia e alla minaccia di sanzioni secondarie su Pechino.

 

In effetti, le sanzioni occidentali hanno spinto il complesso militare-industriale russo a vendere nuove tecnologie all’Esercito Popolare di Liberazione e la fiducia di Mosca nella tecnologia cinese in rapido sviluppo ha accelerato il nascente sviluppo tecnologico congiunto e la realizzazione di comuni progetti con applicazioni militari. Ad esempio, Russia e Cina hanno successivamente avviato un progetto congiunto per la progettazione di una nuova generazione di sottomarini non nucleari, più economici da produrre e con vantaggi in termini di accesso alle acque poco profonde vicino alle coste (https://nvo.ng.ru/armament/2023-04-20/7_1233_submarine.html). Inoltre, la Cina ha inviato uniformi, altre forniture di base e forse munizioni e attrezzature per le comunicazioni. Lo sviluppo tecnologico di droni più avanzati è probabilmente alle porte.

 

La guerra ha anche rinvigorito il progetto sino-russa volto a costruire una comunità globale alternativa finalizzata a contrastare l’egemonia occidentale in tutti gli ambiti. Mentre le sanzioni occidentali hanno avuto un impatto limitato sulla Russia e hanno danneggiato le economie occidentali, la pressione dell’Occidente su altri Stati affinché aderissero al suo regime sanzionatorio ha ulteriormente energizzato la ricerca di un ordine alternativo da parte del Sud del mondo, che ha sposato gli sforzi simultanei di Russia e Cina per costruire una rete di blocchi internazionali anti-occidentali nel campo del commercio, della finanza, dei trasporti e persino semi-militari. In particolare, le due potenze hanno intensificato gli sforzi per costruire strutture globali alternative non occidentali, se non addirittura anti-occidentali, per aggirare il mondo americano. L’espansione dei BRICS e dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), la costruzione della rete cinese di trasporti e infrastrutture “One Belt One Road” (OBOR) e la de-dollarizzazione sono i meccanismi principali per raggiungere questo obiettivo, e tutti hanno subito un’accelerazione dall’inizio della guerra tra NATO e Russia in Ucraina.

 

L’espansione dei BRICS sta diventando l’elemento centrale di questa strategia di rete. Il suo vantaggio è la portata globale, mentre il progetto della nuova Via della Seta è limitato alla Grande Eurasia. Ventitré Paesi hanno espresso il desiderio di aderire ai BRICS e le prime sei richieste di adesione sono già state approvate al vertice di Johannesburg del mese scorso, che ha previsto l’operatività della loro adesione a partire dal 2024: Egitto, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Argentina ed Etiopia.

Inoltre, i BRICS hanno deciso di espandere la loro alternativa alla Banca Mondiale, la BRICS Bank (finanziatrice di 33 miliardi di dollari per 96 progetti infrastrutturali in tutto il mondo a partire da maggio 2023), coinvolgendo Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Bangladesh e Uruguay. La cooptazione dell’Egitto e dell’Arabia Saudita, tradizionalmente alleati dell’Occidente, è un grande colpo per i BRICS, per la Cina e per la Russia e avvicina la potenza petrolifera saudita e l’OPEC all’Oriente.

In termini di de-dollarizzazione, dall’inizio della guerra Russia, Cina e India hanno interrotto o ridotto l’uso del dollaro negli scambi commerciali con numerosi Paesi, compresi gli acquisti di petrolio dell’Arabia Saudita, e tra di loro.

 

La globalizzazione della politica di sicurezza nazionale della Russia va oltre la crescente securizzazione della Shanghai Cooperation Oorganization (SCO). Questa accelerazione avverrà con la guerra ucraina tra NATO e Russia e con l’espansione dei BRICS, che a loro volta dovrebbero aumentare il numero di Paesi che cercano di aderire alla SCO. Sempre in Asia, le decisioni della NATO di formare l’AUKUS e di aprire un ufficio NATO in Giappone hanno spinto Mosca a rafforzare la cooperazione strategica con la Corea del Nord, che ha ricambiato le attenzioni. Si sospetta che Mosca abbia venduto a Pyongyang la tecnologia o un vero e proprio missile balistico intercontinentale Topol-M, vista l’improvvisa produzione del missile intercontinentale Hwasong-18, in grado di colpire gli Stati Uniti continentali (https://beyondparallel.csis.org/the-transfer-of-a-russian-icbm-to-north-korea/).

Ad agosto scorso, l’amministrazione Biden ha imposto sanzioni a tre società accusate di essere legate ad accordi di armi tra la Corea del Nord e la Russia e ha affermato che il presunto imminente viaggio di Kim Jong Il a Mosca includerà discussioni sulla vendita di armi a Mosca (www.theguardian.com/world/2023/sep/06/north-korea-will-pay-a-price-if-it-supplies-arms-to-russia-says-us). Al momento in cui scriviamo, Kim si trovava a Vladivostok per incontrare Putin.

 

La Russia si sta spingendo anche nell’emisfero occidentale americano, complicando ulteriormente la posizione geostrategica dell’America. Nel febbraio 2022 il vice primo ministro russo Yuri Borisov ha firmato un patto per aumentare la cooperazione militare con il Venezuela. Mosca ha quindi inviato in Venezuela attrezzature militari, truppe e mercenari e ha fornito assistenza tecnica. La Russia ha anche sostenuto le forze venezuelane inviate nello Stato di Apure, al confine con la Colombia. Mosca ha recentemente annunciato che una squadra di cecchini russi, insieme a squadre provenienti da Cina, Iran e altri sette Paesi, avrebbe partecipato a una competizione militare di cecchini in Venezuela (https://www.csis.org/analysis/russia-western-hemisphere-assessing-putins-malign-influence-latin-america-and-caribbean e https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  p. 1).

 

Nel giugno 2022 il Nicaragua ha rilasciato una nuova autorizzazione all’ingresso nel Paese di un numero limitato di truppe ed equipaggiamenti russi per missioni di addestramento e altre forme di supporto (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  p. 1). L’autorizzazione ha ampliato una precedente autorizzazione e ha permesso a 180-230 truppe russe, nonché ad aerei, navi e armi russe di operare sul suolo nicaraguense da luglio a dicembre 2022 e di fornire supporto per la lotta al narcotraffico, le comunicazioni militari, l’addestramento e altre misure militari (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  pp. 2-3).

 

La Russia ha fatto progressi diplomatici anche in America Latina, tra Paesi tipicamente non ben disposti nei confronti della Russia come Cuba, Nicaragua, Ecuador e Venezuela. A prescindere dall’appartenenza del Brasile ai BRICS e dall’astensione dei BRICS da qualsiasi critica alle azioni russe in Ucraina, i governi del Brasile e dell’Argentina hanno dato sostegno politico a Putin e hanno visitato Mosca mentre le truppe russe si preparavano a invadere l’Ucraina nell’inverno 2021-2022, nel caso in cui le proposte di Putin all’Occidente avessero avuto una risposta insoddisfacente, come alla fine è stato. Il presidente argentino Alberto Fernandez ha offerto il suo governo come “porta” per l’ingresso della Russia in America Latina. Il messicano Andres Manuel Lopez Obrador (AMLO) ha definito “immorale” l’assistenza militare della NATO all’Ucraina nella guerra con la Russia (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  pp. 4-5). L’avanzata della Russia nella regione è forse meglio rappresentata dal fatto che, come osserva un osservatore, “praticamente nessun governo della regione ha fornito sostegno militare agli ucraini che resistono all’invasione russa del loro Paese” (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  p. 5). Sembra che la Russia sia più popolare tra i governi latinoamericani di quanto non lo siano gli Stati Uniti, e questa sconfitta strategica è stata consolidata dalla competizione diplomatica e militare russa con Washington, intensificatasi dall’inizio della guerra ucraina tra NATO e Russia.

 

Questa sconfitta strategica potrebbe adesso persistere, approfondirsi e si sta espandendo anche oltre l’America Latina.

Quasi tutti i paesi dell’America Latina sono in crisi, mentre la maggior parte di loro si sposteranno verso la posizione di “dissenso” moderato assunta da Brasile e Argentina ovvero assumeranno una posizione di dissenso radicale detenuta da paesi come Venezuela, Nicaragua e Cuba, la Russia (e la Cina) saranno ancora più vicine ad essere in grado di utilizzare i paesi della regione per scopi di escalation asimmetrica mentre la NATO e i suoi alleati promuovono escalation dentro e intorno all’Ucraina (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  pag. 7).

 

Un simile scenario sembra delinearsi in Africa e in Asia, con numerosi Paesi che cercano cooperazione sia con la Russia che con la Cina, nonostante le tensioni di quest’ultime con l’Occidente, che chiede l’attuazione di sanzioni draconiane. Tra i più potenti Stati del Terzo mondo il sostegno alla Russia e ancor più alla Cina, è diventato ben chiaro alla riunione del G-20 di settembre, dove alcun tipo di critica alle azioni della Russia in Ucraina è stata più inserita nella risoluzione finale della riunione, nonostante la richiesta degli stati occidentali del G-20 di includere una condanna nel documento (https://news.yahoo.com/g20-consensus-declaration-calls-peace-144325325.html?fr=sycsrp_catchall).

Le battute d’arresto strategiche sono visibili in termini di sicurezza energetica dell’Occidente. Come già notato, Mosca e Pechino sono riuscite a trascinare il gigante petrolifero Arabia Saudita lontano dall’Occidente e nell’orbita ‘orientale’. La Russia e l’amichevole Algeria controllano i prezzi del gas naturale. La Russia ha sottratto l’Arabia Saudita e l’OPEC al sistema commerciale occidentale. Ciò consente a Mosca di manipolare e far salire i prezzi dell’energia e l’inflazione in Occidente, accentuandone difficoltà economiche, crisi e declino. Allo stesso tempo, l’Occidente è gravato da contro-sanzioni russe, dall’aumento dei prezzi del petrolio e del gas naturale e dal sostegno fornito all’economia, allo stato, alla società ed all’esercito dell’Ucraina, mentre questa è impegnata una terribile guerra di logoramento.

Inoltre, il principale alleato della NATO contro la Russia sta attraversando un periodo di difficoltà che si avvicina alla grande rovina della seconda metà del XVII secolo, durante la quale i cosacchi soffrirono il controllo polacco e russo e la guerra civile.

IN APPENDICE

Sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale

Il discorso di Vladimir Putin alla sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.
12 settembre 2023
11:45
Isola Russkij, Territorio di Primorye
Prima della sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.
Sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.
13 di 28
Sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.

Alla sessione plenaria ha partecipato anche il Vicepresidente della Repubblica Democratica Popolare del Laos Pany Yathotou.

Il moderatore della discussione è Ilya Doronov, amministratore delegato del canale televisivo RBC.

* * *

Ilya Doronov: Buongiorno, buon pomeriggio o buonasera a tutti.

È bello che quest’anno ci sia più gente al nostro forum rispetto all’anno scorso. Credo che l’anno scorso in questa sala ci fosse più spazio tra le sedie. Oggi siamo seduti più vicini.

Benvenuti all’8° Forum economico orientale. Avevo previsto di iniziare in modo diverso, ma le notizie in arrivo hanno cambiato i miei piani. Come avrete letto, un volo Sochi-Omsk ha dovuto effettuare un atterraggio di emergenza in un campo nella regione di Novosibirsk. A bordo c’erano 159 persone, nessuna delle quali è rimasta ferita. Ho letto che solo una persona ha avuto un problema di pressione sanguigna. Applaudiamo i piloti.

(Applausi.)

C’è un altro problema con gli aerei, ma possiamo parlarne più tardi.

Quindi, questo forum e questa sessione non sono standard. Perché? Il motivo è che è stato annunciato esattamente 10 anni fa che l’Estremo Oriente e l’Artico sono una priorità per noi. Yury Trutnev è stato nominato inviato plenipotenziario presidenziale nel Distretto federale dell’Estremo Oriente 10 anni fa e il Presidente ha dichiarato nel suo discorso all’Assemblea federale che l’Estremo Oriente è stato dichiarato una priorità.

Do quindi la parola al Presidente della Russia e gli chiedo di raccontarci, come si usa dire, cosa è stato fatto in questi due quinquenni.

Presidente della Russia Vladimir Putin: Buon pomeriggio, amici, signora Yathotou,

Sono lieto di dare il benvenuto al nostro ospite e chiedo anche ai partecipanti di farlo.

Il nostro moderatore ha salutato il pubblico dicendo “buon pomeriggio, buongiorno, buonasera” – e in effetti, quando si arriva in Estremo Oriente, qui tutto diventa confuso e disorientante. Ma una cosa è chiara: l’Estremo Oriente è la priorità strategica della Russia per tutto il XXI secolo, e noi la rispetteremo.

Vorrei dare il benvenuto ai partecipanti e agli ospiti dell’8° Forum economico orientale, che tradizionalmente riunisce leader economici, esperti e alti funzionari del nostro Paese e di decine di altri Stati di tutto il mondo per discutere di aree promettenti e strategiche per lo sviluppo dell’Estremo Oriente russo, dell’Artico e dell’intera regione Asia-Pacifico. Nelle mie osservazioni di oggi, in un modo o nell’altro, citerò anche altre regioni russe, perché fanno parte di un unico complesso economico nazionale. Siamo qui riuniti per valutare le principali tendenze che determinano l’ulteriore sviluppo delle relazioni commerciali internazionali.

Siamo tutti consapevoli dei cambiamenti che l’economia globale ha sperimentato negli ultimi anni e continua a sperimentare ora, anche a causa di alcuni Paesi, in primo luogo quelli occidentali, ovviamente, che stanno distruggendo il sistema di relazioni finanziarie, commerciali ed economiche che avevano costruito con grande impegno.

È molto importante che in queste condizioni il mondo veda espandersi lo spazio per un’effettiva cooperazione commerciale tra Stati che non cedono alle pressioni esterne ma perseguono i propri interessi nazionali, con un numero crescente di Stati di questo tipo in diverse regioni del mondo.

Nelle loro attività e politiche, essi danno priorità agli sforzi per promuovere i propri progetti nei settori dei trasporti, dell’energia, dell’industria, della finanza e della sfera umanitaria, che portano benefici diretti a lungo termine alle loro nazioni, invece di essere guidati da questioni politiche correnti.

In sostanza, stiamo assistendo a un nuovo modello emergente di relazioni e di integrazione – e non per i modelli occidentali, per le élite, per il “miliardo d’oro” prescelto, ma per l’intera umanità e per l’intero mondo multipolare esistente e in via di sviluppo. Questo modello offre l’energia creativa, l’apertura e la concentrazione su un risultato specifico come un potente vantaggio competitivo della regione Asia-Pacifico, un fattore chiave che determina e sono sicuro determinerà per lungo tempo la sua leadership globale nella crescita economica.

In particolare, l’anno scorso il commercio della Russia con i Paesi dell’Asia-Pacifico è aumentato del 13,7% e nei primi sei mesi di quest’anno è aumentato di un altro 18,3%. L’anno scorso era aumentato del 13,7% e quest’anno è aumentato del 18,3% solo nei primi sei mesi.

Mi aspetto che il nostro commercio con i Paesi dell’APR e le relazioni economiche in generale si espandano ulteriormente, perché la Russia, il nostro Estremo Oriente, è aperta a rafforzare i legami commerciali e di cooperazione, e il potenziale di tale cooperazione non può essere sopravvalutato.

Il distretto federale dell’Estremo Oriente rappresenta il 40% del territorio russo. Qui si trova quasi la metà delle nostre foreste e delle riserve aurifere, più del 70% del pesce e dei diamanti e più del 30% del titanio, del rame e così via. Qui si trovano imprese strategiche di importanza cruciale, porti marittimi e ferrovie. In breve, il ruolo dell’Estremo Oriente per il nostro Paese e per il suo futuro, per la posizione della Russia in un mondo multipolare, è immenso. Ne siamo ben consapevoli. Per questo vorrei ripetere ciò che ho detto nel mio discorso all’Assemblea federale dieci anni fa, nel dicembre 2013, e ciò che ho detto all’inizio: lo sviluppo avanzato dell’Estremo Oriente è la nostra priorità assoluta per tutto il XXI secolo, la nostra responsabilità condivisa e il lavoro del Governo, delle regioni e delle principali aziende russe, sia statali che private.

Per organizzare questo lavoro, negli ultimi anni è stato creato un quadro normativo e giuridico serio e sono stati definiti approcci moderni allo sviluppo economico e sociale dell’Estremo Oriente e dell’Artico, che è un’altra priorità strategica.

Quali sono i risultati? Il moderatore ha chiesto quali risultati siamo riusciti a ottenere lavorando insieme in questa regione negli ultimi dieci anni. Il primo riguarda l’economia. Abbiamo creato speciali preferenze fiscali, amministrative e doganali in Estremo Oriente per promuovere lo sviluppo di siti industriali e di impianti di produzione ad alta tecnologia e per creare nuovi posti di lavoro, e ci siamo occupati della costruzione di infrastrutture e di portare servizi ai siti industriali. Questo sostegno alle imprese viene fornito nelle aree di sviluppo prioritario e nel porto franco di Vladivostok, sebbene siano stati aggiunti anche altri territori.

L’anno scorso è stato lanciato uno speciale regime preferenziale sulle Isole Curili, a condizioni ancora più favorevoli rispetto alle aree di sviluppo prioritario: la durata dei benefici è più lunga, gli sgravi fiscali sono maggiori, e così via. Non entrerò nei dettagli ora, per non perdere tempo.

Grazie al sostegno del Governo ai progetti dell’Estremo Oriente, sono stati firmati accordi di investimento per oltre 7.700 miliardi di rubli, di cui 3.400 miliardi già investiti. Sono stati creati 125.000 posti di lavoro e sono diventate operative circa 700 nuove imprese. Tra questi, progetti di riferimento come uno dei più grandi impianti di lavorazione del gas al mondo e un complesso chimico per il gas nella regione dell’Amur, l’impianto di fertilizzazione minerale di Nakhodka e il complesso navale Zvezda per la costruzione di navi di grande capacità, che si trova proprio qui accanto. Si stanno sviluppando giacimenti di rame e altri minerali, tra cui Udokan, Baimskoye e Malmyzhskoye.

Importanti progetti sono stati avviati anche nel settore agroalimentare. Tra questi, le aziende agricole in serra nella Regione di Sakhalin e nel Territorio di Primorye, la lavorazione del pesce in Kamchatka e Magadan, la produzione di carne suina nel bacino del fiume Amur e l’aumento della produzione di soia nella Regione di Amur. Tutte queste aree sono promettenti sia per l’approvvigionamento del mercato interno che per l’esportazione.

In generale, la dinamica degli investimenti in Estremo Oriente, e vorrei sottolinearlo, è tre volte più veloce di quella della Russia nel suo complesso. Mentre dal 2014 al 2022 la crescita degli investimenti in capitale fisso in tutto il Paese è stata del 13%, in Estremo Oriente è stata del 39%.

Ciò si riflette anche sulla produzione. I tassi di crescita industriale in Estremo Oriente superano anche la media russa.

Secondo i risultati degli ultimi cinque anni, la maggior parte delle nostre regioni orientali – le regioni di Magadan e Amur, il Territorio Trans-Baikal, la Regione Autonoma Ebraica, il bacino del fiume Amur, la Chukotka e la Kamchatka – sono tra le prime 20 entità costitutive della Federazione Russa in termini di tassi di crescita del prodotto regionale lordo, e la Regione di Magadan è in cima a questa classifica.

Ecco alcune cifre che parlano da sole. In 10 anni, il fatturato dei porti marittimi dell’Estremo Oriente è aumentato di 1,6 volte, la messa in funzione delle abitazioni di 1,3 volte, il consumo di elettricità di 1,2 volte, la produzione annuale di oro nell’est del Paese è aumentata di 1,6 volte e quella di carbone di 2,8 volte. Capite bene di cosa stiamo parlando: non si tratta dell’aumento percentuale della crescita, tutto sta crescendo in modo esponenziale.

Vorrei sottolineare che la percentuale media di risorse esplorate nel sottosuolo dell’Estremo Oriente è ora del 35%. Capite bene che solo il 35% del sottosuolo è stato esplorato. Cosa significa questo? Che le industrie minerarie hanno tutte le possibilità di crescere a dismisura, anche per quanto riguarda le materie prime strategiche che scarseggiano e che saranno richieste dall’economia del futuro.

Tutto ciò non è solo una garanzia della sovranità delle risorse del Paese, ma anche una base per la produzione di nuovi materiali, microelettronica e fonti energetiche promettenti, per la promozione di tecnologie e sviluppi scientifici nazionali a tutela dell’ambiente e della natura, per la creazione di buoni posti di lavoro e per lo sfruttamento dei vantaggi competitivi naturali dell’Estremo Oriente e di tutta la Russia a un nuovo livello.

Al fine di aumentare la portata dell’esplorazione geologica, abbiamo lanciato una strategia frontale, chiamata così in modo splendido: Geologia. La rinascita di una leggenda. Chiedo al Governo di inserirvi una sezione separata, dedicata allo studio del sottosuolo dell’Estremo Oriente e di iniziare a preparare una sezione simile per la Siberia.

Le prospettive per l’Estremo Oriente e l’Artico sono legate non solo allo sviluppo dei giacimenti minerari, che, senza dubbio, godono di un’elevata domanda sia nell’industria nazionale che a livello internazionale.

Per ribadire che la potente base di materie prime per lo sviluppo economico che stiamo creando ci permette di andare avanti, di aumentare la profondità della lavorazione delle risorse, come dicono gli esperti, di aumentare il valore aggiunto nelle imprese nazionali, anche e soprattutto, ovviamente, in Estremo Oriente. Questa è la cosa più importante.

Per poterlo fare, dobbiamo migliorare costantemente le condizioni per fare affari nella macroregione, mantenerle a un livello competitivo a livello globale e fornire finanziamenti a lungo termine e a basso costo per i progetti di investimento, accessibili sia alle piccole e medie imprese che alle grandi aziende di produzione in tutte le aree e settori, territori e distretti.

Come forse saprete, abbiamo lanciato una piattaforma federale per gli investimenti nei cluster. Questo meccanismo è destinato a finanziare grandi progetti di importanza sistemica, principalmente per la produzione di materiali, componenti e prodotti finiti nell’industria manifatturiera.

Quest’anno, nell’ambito di questa piattaforma di investimento, dovrebbero essere finanziati progetti per la produzione prioritaria del valore di almeno 2.000 miliardi di rubli. Vorrei che il Governo utilizzasse questo strumento per espandere l’economia dell’Estremo Oriente, in modo da creare qui impianti di produzione più sofisticati con posti di lavoro moderni e ben retribuiti. È necessario promuovere progetti che richiedono grandi investimenti multimiliardari che, a loro volta, diventano punti di attrazione per i settori collegati, l’industria delle costruzioni, le società di servizi e i produttori di attrezzature, ma anche per le piccole imprese.

Vorrei anche sottolineare che la petrolchimica e la conversione del gas naturale, la metallurgia, la costruzione di macchine e altri settori dell’industria manifatturiera sono tutte industrie ad alta intensità energetica. Tuttavia, è bene ricordarlo, la maggior parte delle regioni dell’Estremo Oriente, che, come ho detto prima, stanno costruendo abitazioni, aprendo nuovi impianti di produzione e siti industriali, devono ancora far fronte alla carenza di energia e questo, ovviamente, è un problema.

La portata dei progetti che stiamo realizzando in Estremo Oriente richiede un aggiornamento altrettanto radicale del sistema energetico dell’Estremo Oriente. Allo stesso tempo, esistono opportunità davvero uniche per lo sviluppo di energia idroelettrica, nucleare e rinnovabile rispettosa dell’ambiente.

Chiedo al Governo, insieme alle nostre principali compagnie energetiche e alla comunità imprenditoriale, di preparare un programma per lo sviluppo delle capacità energetiche in Estremo Oriente. Il programma dovrebbe coprire un periodo a lungo termine, fino al 2050, per espandere al massimo le capacità economiche dei nostri territori dell’Estremo Oriente. Chiedo inoltre al Governo di sviluppare meccanismi di finanziamento dei progetti per questo programma strategico.

I piani prevedono il collegamento dei gasdotti Sila Sibiri (Potenza della Siberia) e Sakhalin-Khabarovsk-Vladivostok e la loro inclusione nel sistema integrato di approvvigionamento di gas del Paese. Questo risolverà – oserei dire – un compito storico e globale per il nostro Paese: integrare le reti di distribuzione del gas russe occidentali e orientali in una sola.

Insieme alla costruzione di Sila Sibiri-2, ci consentirà non solo di operare in modo flessibile sui mercati energetici globali, cosa che oggi è rilevante, come sappiamo, ma anche di espandere in modo significativo il programma di collegamento delle comunità della Buriazia, del Territorio Trans-Baikal e di altre regioni dell’Estremo Oriente al sistema di distribuzione del gas, fornendo alle industrie locali dell’Estremo Oriente risorse aggiuntive e alle città e ai villaggi locali combustibile ecologicamente pulito. Le capacità del terminale GNL, già costruito da una delle nostre società, saranno utilizzate per collegare la Kamchatka alla rete di distribuzione del gas,

Questo settore si sta sviluppando attivamente, anche nell’Artico. Dopo il successo del progetto Yamal LNG, è stato avviato un nuovo importante progetto per la costruzione di un terminale GNL nell’Artico: la prima linea tecnologica del progetto Arctic LNG 2. La linea è già stata consegnata alla produzione di gas naturale. È già stata consegnata al sito di produzione e i lavori di avviamento sono in corso, giusto? È fantastico.

Voglio sottolineare che la linea è in realtà un impianto galleggiante per la liquefazione del gas naturale. Questo progetto è l’unico al mondo nel suo genere, è sicuro, ed è costruito con tecnologia e capacità russe. Il progetto viene realizzato dal Murmansk LNG Construction Centre, che produce treni di liquefazione GBS.

Entro il 2030, la produzione di GNL nella zona artica russa dovrebbe aumentare del 200%, fino a 64 milioni di tonnellate all’anno. A questo proposito, è stata presa la decisione di principio di costruire nuove linee di GNL presso il centro di Murmansk per operare nei giacimenti artici. Naturalmente, ciò darà un grande contributo allo sviluppo delle nostre regioni settentrionali e migliorerà la sovranità tecnologica della Russia.

Nella regione di Murmansk verrà costruito un centro di produzione di GNL ad alta capacità. La questione non è direttamente collegata all’Estremo Oriente, ma a tal fine sarà costruito un gasdotto Volkhov-Murmansk-Belokamenka.

Non entrerò nei dettagli, ma spero vivamente che le nostre aziende, con l’aiuto del Governo, trovino un accordo tra loro su chi e come sarà impegnato nella costruzione di questa importante infrastruttura. È molto importante per Murmansk e per le comunità locali, oltre che per la Carelia.

I progetti di trasporto sono importanti come strumento di sostegno alle iniziative imprenditoriali e in generale all’economia dell’Artico e dell’Estremo Oriente e ai residenti locali. È necessario ampliare le rotte logistiche esistenti e aprire nuovi corridoi per le operazioni di carico.

Tra questi progetti, lo sviluppo della Northern Sea Route ha certamente una priorità speciale. L’anno scorso sono stati trasportati su questa rotta trentaquattro milioni di tonnellate di merci. Nei prossimi anni, il traffico merci su questo corridoio di trasporto globale non potrà che crescere, il che richiede la priorità della costruzione di una moderna flotta di rompighiaccio, nonché il potenziamento dei porti artici e delle loro infrastrutture.

Entro il 2030, prevediamo che la capacità generale dei porti marittimi nelle acque artiche raddoppierà. Se l’anno scorso questa capacità era di 123 milioni di tonnellate, entro la fine del decennio dovrebbe raggiungere i 252 milioni di tonnellate, grazie anche alla costruzione di nuovi terminal e all’espansione dell’accesso ferroviario. Entro il 2027, prevediamo di aumentare sostanzialmente la capacità del porto di Murmansk, da 56 a 110 milioni di tonnellate all’anno.

Continueremo a modernizzare la linea principale Baikal-Amur e la ferrovia transiberiana. Certamente, il ritmo deve essere accelerato, anche attraverso concessioni e attirando capitali privati per la costruzione di ponti, gallerie e cavalcavia. Ne abbiamo appena discusso con i moderatori delle rispettive sessioni.

A questo proposito, vorrei sottolineare che, grazie all’iniziativa di investitori privati, stiamo costruendo la Ferrovia del Pacifico e un nuovo porto sul Mare di Okhotsk, che ci permetterà di utilizzare le risorse della Yakutia e delle regioni settentrionali del Territorio di Khabarovsk, e di assicurarci un accesso diretto ai mercati dell’Asia-Pacifico.

Le nostre principali aziende stanno attualmente costruendo un nuovo porto a Taimyr e modernizzando la ferrovia Pangody-Nadym a Yamal. Sono molti gli esempi di imprese che effettuano investimenti a lungo termine in logistica, trasporti, progetti energetici, costruzione di ferrovie e autostrade, terminali marittimi e aeroporti.

Vorrei chiedere al Governo e ai nostri colleghi delle regioni di fare affidamento su questa risorsa e di fare in modo che gli investimenti statali e privati creino un effetto sinergico per il rinnovo delle infrastrutture e delle strutture sociali e per lo sviluppo territoriale delle regioni e del Paese in generale.

Ho già detto agli imprenditori russi, molti dei quali stanno subendo pressioni da parte di alcuni dei nostri partner, e voglio ribadire oggi che è sicuramente meglio e più affidabile investire in Russia, sia in grandi e ambiziosi progetti infrastrutturali che in progetti locali ma importanti legati allo sviluppo urbano e al turismo. Abbiamo visto cosa succede con i capitali e come e dove vanno a finire. Non commettete lo stesso errore due volte.

Proprio di recente abbiamo aperto un tratto dell’autostrada ad alta velocità da Mosca ad Arzamas. Entro la fine di quest’anno, la strada raggiungerà Kazan, e poi Ekaterinburg e Tyumen. Voglio dire che continueremo sicuramente questo grande progetto e costruiremo strade ad alta velocità attraverso la Siberia e l’Estremo Oriente fino a raggiungere l’Oceano Pacifico. Il corridoio di trasporto integrato Rossiya sarà creato da San Pietroburgo a Vladivostok. Contribuirà allo sviluppo del turismo, collegherà i centri logistici, agricoli e produttivi, darà impulso all’imprenditoria e alla rinascita di città e villaggi.

Una questione a parte è lo sviluppo del trasporto aereo tra l’Estremo Oriente e la parte europea della Russia, nonché il miglioramento dell’interconnessione diretta delle regioni dell’Estremo Oriente, in modo che le persone non debbano volare verso le regioni vicine attraverso gli aeroporti di Mosca o della Siberia.

A tal fine, come sapete, abbiamo creato una compagnia aerea integrata dell’Estremo Oriente. Le sue rotte più importanti sono sovvenzionate dallo Stato, in modo che i biglietti aerei diventino più accessibili, e ci sono ulteriori opportunità di creare nuove rotte, anche locali.

Suggerisco di continuare questo importante lavoro e di renderlo di sistema. Chiedo al Governo di mettere a punto un piano completo di misure per lo sviluppo del trasporto aereo nella regione dell’Estremo Oriente entro il 1° marzo 2024. Il piano dovrebbe riguardare la costruzione di nuovi aeroporti e l’ammodernamento di quelli esistenti, il miglioramento degli standard dell’aviazione generale, la fornitura di aerei ed elicotteri di fabbricazione russa e, naturalmente, l’aumento dell’accessibilità economica dei viaggi aerei, riducendo le spese delle compagnie aeree per il leasing degli aeromobili.

I parametri e gli obiettivi esatti sono ancora da definire, ma credo che sarebbe opportuno pianificare che entro il 2030 il flusso di passeggeri sui voli interni dell’Estremo Oriente dovrebbe crescere fino a raggiungere almeno 4 milioni di persone all’anno.

Colleghi,

L’obiettivo più importante e integrale dei nostri piani, che stiamo attuando nell’economia, nei trasporti e nelle infrastrutture dell’Estremo Oriente, è quello di migliorare la qualità della vita, di creare condizioni confortevoli e moderne per lo studio e il lavoro, il tempo libero e la crescita dei figli, e di ottenere una crescita demografica sostenibile nelle regioni russe dell’Estremo Oriente.

A tal fine, sono stati lanciati diversi meccanismi, tra cui il programma Far Eastern Hectare. Più di 119.000 persone hanno ricevuto appezzamenti di terreno per fare affari, aprire strutture produttive e turistiche o costruire le proprie case.

Vorrei ricordarvi il compito che ci attende: quest’autunno dobbiamo creare un quadro normativo per sostenere la costruzione di abitazioni individuali in tutto il Paese. Mi riferisco ai conti vincolati utilizzati per la costruzione di condomini. Questi conti proteggeranno ulteriormente i risparmi dei cittadini e creeranno l’opportunità di ottenere prestiti ipotecari per costruire le proprie case.

Richiamo l’attenzione dei colleghi del Governo sul fatto che questi meccanismi devono essere sviluppati entro la fine di quest’anno e, per ribadire, in tutto il Paese, comprese le regioni dell’Estremo Oriente.

In particolare, nell’Estremo Oriente sono disponibili condizioni ipotecarie speciali, con un importo del prestito fino a sei milioni di rubli, una durata fino a 20 anni e un tasso di interesse del 2%. Con l’aiuto di questo strumento, più di 78.000 famiglie hanno acquistato o costruito nuovi alloggi.

Propongo di adeguare i parametri del programma di prestiti ipotecari dell’Estremo Oriente e di renderlo più attraente. Ieri io e i miei colleghi ne abbiamo discusso. Si tratta di innalzare il limite massimo del prestito a nove milioni di rubli per coloro che vogliono acquistare un alloggio di proprietà con una superficie superiore ai 60 metri quadrati. In questo modo, le famiglie avranno più opportunità di scegliere un appartamento sul mercato primario o di costruire la propria casa.

Inizialmente il programma di prestiti ipotecari per l’Estremo Oriente era pensato solo per le giovani famiglie, ma dall’anno scorso anche gli insegnanti e i medici che lavorano in Estremo Oriente possono accedere a questo tipo di prestito.

Propongo di fare un passo avanti e di ampliare ancora una volta la copertura di questo programma, rendendo disponibili i mutui al due per cento anche ai dipendenti delle imprese dell’industria della difesa dell’Estremo Oriente. Per ribadire, per tutti i dipendenti dell’industria della difesa dell’Estremo Oriente, indipendentemente dall’età o dallo stato civile, proprio come abbiamo fatto per i medici e gli insegnanti.

Poi. Abbiamo suggerito meccanismi speciali per lo sviluppo dell’edilizia abitativa, tra cui il cosiddetto progetto del quartiere dell’Estremo Oriente, in cui le aziende impegnate nello sviluppo globale ricevono i benefici disponibili per le aziende residenti nelle aree di sviluppo prioritario. Di conseguenza, la fase di progettazione comprende abitazioni, un ambiente urbano confortevole e infrastrutture sociali, come asili, ambulatori, centri sportivi e altro ancora.

Sostenuta dai meccanismi del Quartiere dell’Estremo Oriente, è in costruzione una città satellite vicino a Vladivostok. Ospiterà circa 80.000 persone in un ambiente di vita all’avanguardia.

Vorrei aggiungere che il cosiddetto sussidio presidenziale è stato introdotto per contribuire allo sviluppo globale delle infrastrutture sociali in Estremo Oriente. Nell’ambito di questo programma, sono state costruite, riparate e attrezzate oltre 1.500 strutture in tutte le regioni dell’Estremo Oriente. Si tratta di scuole, ospedali, palestre, centri per il fitness e la salute, case della cultura, ecc.

Ecco alcune strutture inaugurate di recente: un centro cardiovascolare a Yakutsk, un centro di medicina nucleare a Ulan-Ude, un centro per gli sport di squadra e le arti marziali a Komsomolsk-on-Amur. In Chukotka sono stati costruiti alloggi per i lavoratori del settore sociale. È stato inaugurato il Parco Mayak sulla costa del Mare di Okhotsk a Magadan.

Un’area di lavoro separata e importante che abbiamo lanciato è la rinascita di 25 agglomerati e città dell’Estremo Oriente. Non le elencherò ora; ne abbiamo discusso pubblicamente ieri. Le città dovrebbero avere un nuovo look grazie allo sviluppo di piani regolatori qualitativi basati sui problemi e sui vantaggi di ciascuna città. I piani regolatori sono più o meno pronti, ne abbiamo parlato ieri. È necessario finalizzarli, delineare le fonti di finanziamento e procedere con i lavori il più rapidamente possibile.

Durante la ristrutturazione delle città, è necessario utilizzare il meccanismo delle concessioni dell’Estremo Oriente. Suggerisco inoltre di stanziare risorse aggiuntive per i piani regolatori prioritari nei prossimi tre anni; ieri ho incaricato il Governo di mettere a punto questi meccanismi. In seguito, valuteremo la possibilità di aumentare i finanziamenti per il periodo fino al 2030.

E, naturalmente, è necessario prestare particolare attenzione alle entità municipali, comprese quelle piccole. Per esempio, nell’ambito del programma Mille cortili, l’anno scorso sono stati migliorati 1.245 spazi pubblici; altri 562 saranno migliorati quest’anno. Naturalmente, questo lavoro deve essere continuato.

Vorrei sottolineare che qualche tempo fa abbiamo deciso che tutti i nostri principali programmi di sviluppo avrebbero dovuto includere una sezione speciale sull’Estremo Oriente. Questo ci ha permesso di ottenere una discreta crescita degli investimenti governativi nei progetti realizzati in Estremo Oriente. Dovremmo mantenere questi livelli e queste dinamiche e continuare a dare priorità all’Estremo Oriente per quanto riguarda gli investimenti statali.

Un’altra cosa: l’Estremo Oriente russo non deve essere solo un territorio in cui l’economia, il settore sociale e l’ambiente urbano si stanno sviluppando rapidamente. Nel perseguire questi piani e progetti, non dovremmo trascurare gli sforzi per prenderci cura di ecosistemi unici e preservare centinaia di specie animali e vegetali rare. Tra l’altro, il forum internazionale Falcon Day si è tenuto per la prima volta nell’ambito dell’attuale Eastern Economic Forum, con l’obiettivo di discutere la conservazione e la crescita della popolazione di specie di uccelli predatori e rari.

Vorrei ringraziare i nostri amici e colleghi del Medio Oriente, che stanno prestando particolare attenzione a questo tema. E ovviamente lavoreremo con voi, colleghi, su questa questione umanitaria ma molto coinvolgente.

L’Estremo Oriente russo possiede più di 60 aree naturali protette di importanza federale, molte delle quali incluse nell’elenco dei siti del Patrimonio Naturale dell’Umanità, come il Lago Baikal, il Parco Naturale dei Pilastri della Lena, la Riserva dell’Isola di Wrangel, i vulcani della Kamchatka e altri. Tutto questo è la nostra principale ricchezza nazionale e, allo stesso tempo, è patrimonio globale; siamo obbligati a preservarlo, offrendo al contempo opportunità per la ricerca scientifica, per l’educazione e la ricreazione dei bambini e dei giovani, e per i turisti e i visitatori russi e stranieri di conoscere la meravigliosa natura del nostro Estremo Oriente.

Ho detto che l’Estremo Oriente russo dovrebbe diventare una piattaforma per nuovi settori economici, tra cui lo sviluppo del turismo nei parchi nazionali dei territori di Primorye e Khabarovsk, della Yakutia, della Buryatia, della Kamchatka, delle Isole Curili e di altre regioni.

Il 1° settembre è entrata in vigore una legge per fornire condizioni adeguate e un quadro legislativo per l’ecoturismo e creare le basi per liberare il potenziale scientifico e turistico delle aree protette. È importante dotarle di infrastrutture adeguate.

A questo proposito, propongo che l’anno prossimo vengano stanziati ulteriori fondi per i parchi nazionali dell’Estremo Oriente, e non attraverso la ridistribuzione dei fondi destinati ad altri siti naturali, ma fornendo fondi aggiuntivi rispetto al finanziamento previsto.

E qualche parola sullo sviluppo di nuove industrie in Estremo Oriente. La mostra Sviluppo dell’economia creativa in Russia, che si è svolta a fine maggio, ha incluso una discussione approfondita in cui i giovani imprenditori, compresi quelli delle regioni dell’Estremo Oriente, hanno avanzato proposte interessanti.

Ad esempio, la Yakutia vanta una delle migliori pratiche di promozione delle industrie creative, come la programmazione informatica, l’architettura, il design industriale e simili, grazie agli sforzi delle autorità regionali e all’iniziativa dei suoi imprenditori. Questa esperienza costituirà la base per lo sviluppo di uno standard regionale per le industrie creative, che sarà poi esteso ad altre entità costitutive della Federazione. Il compito più importante è quello di migliorare il riconoscimento del marchio russo.

Ho incontrato i nostri colleghi moderatori – ho accennato a questo incontro in precedenza – e hanno condiviso con me la buona notizia che questo processo sta procedendo a un ritmo abbastanza veloce con buoni risultati.

È importante sostenere la domanda di prodotti e servizi nazionali, ad esempio attraverso mostre, fiere e così via. Continueremo sicuramente a portare avanti questo processo.

La prima fiera delle industrie creative si è tenuta a Novosibirsk in agosto. Vi hanno partecipato 70 produttori russi e 17.000 persone l’hanno visitata in tre giorni.

La seconda fiera è stata ospitata di recente a Vladivostok e l’evento è stato inserito nel programma culturale del nostro forum. Penso che queste iniziative saranno riprese da altre regioni.

Parlando dell’Estremo Oriente in particolare, è stata presa un’altra decisione che riguarda lo sviluppo di nuove industrie nell’economia, nella cultura e nello sport. Abbiamo deciso che ogni anno nel Distretto Federale dell’Estremo Oriente si terrà un torneo di cyber sport.

Questa tendenza è molto popolare in tutto il mondo e i nostri atleti cibernetici sono in testa alla classifica. Sono certo che organizzare competizioni di alto livello in Russia contribuirà a promuovere gli sport informatici nel nostro Paese e a livello internazionale.

Il primo torneo si terrà nel corso dell’anno. Vorrei che le aziende informatiche nazionali e quelle a partecipazione statale prestassero attenzione a questo sport e lo sostenessero.

Colleghi,

Negli ultimi dieci anni è stato fatto molto per l’Estremo Oriente e l’Artico. È stato dato un forte impulso allo sviluppo dell’economia, della sfera sociale e delle infrastrutture, e l’ambiente per fare affari che è stato creato non ha eguali nel nostro Paese. Non ho paura di usare questa parola: è un ambiente senza precedenti. Abbiamo lanciato grandi progetti di riferimento nella produzione di risorse naturali e nell’industria manifatturiera, nella costruzione di abitazioni e nel potenziamento della rete dei trasporti. Sono stati elaborati e sono in corso di attuazione piani di modernizzazione delle città e dei paesi.

Un ruolo fondamentale nel raggiungimento di questi risultati spetta agli abitanti dell’Estremo Oriente, le cui famiglie vivono qui da molte generazioni e a coloro che sono arrivati di recente da altre regioni per lavorare, studiare o gestire le proprie attività.

Vorrei ringraziare tutti coloro che credono nel futuro dell’Estremo Oriente, nelle sue vaste opportunità e potenzialità, e che contribuiscono al suo sviluppo.

Per ribadire che l’Estremo Oriente rimane la nostra priorità strategica per il resto del XXI secolo. Vorrei concludere le mie osservazioni con le righe iniziali. Sono certo che il suo ruolo, così come il ruolo e l’importanza del nostro Paese nel mondo, non potranno che crescere.

Grazie.

Ilya Doronov: Signora Vicepresidente, le darò la parola un po’ più tardi, se possibile.

Ora vorrei porre al Presidente della Russia alcune domande sul suo discorso.

Signor Presidente, è molto positivo che lei abbia menzionato l’importanza prioritaria dell’Estremo Oriente, perché molti potrebbero pensare che la nostra priorità sia nell’altra parte del mondo, in Occidente, e che tutti i nostri sforzi siano concentrati su di essa.

Vladimir Putin: Abbiamo molte priorità, ma l’Estremo Oriente è una delle priorità principali.

Ilya Doronov: È la terza volta che lo dice, e ora sapremo che è davvero così.

Lei ha parlato dell’autostrada M-12. Vorrei ringraziare lei e il signor Khusnullin, che è qui con noi oggi, per questo. Io sono di Vladimir, che si trova a 180 chilometri da Mosca, ma ci volevano sei o sette ore di macchina per percorrerla, ad esempio, durante le vacanze di maggio. Era un vero mal di testa. Ora useremo la nuova autostrada e vedremo se è meglio.

Ho diverse domande correlate.

Nel suo discorso, lei ha detto – ho preso nota delle sue parole – “un compito storico e globale” per quanto riguarda l’Estremo Oriente. Questo mi ha fatto pensare a un’analogia, cioè che i piani che avete reso pubblici possono essere paragonati a ciò che Stolypin fece per lo sviluppo della Siberia, o al piano di industrializzazione sovietico.

Ecco la mia domanda: Pensa che questi piani nazionali globali sarebbero stati realizzati e attuati se non fossero state adottate sanzioni [contro la Russia], prima nel 2014 e poi nel 2022, se non fossero state chiuse le frontiere e se non ci fosse stato impedito di depositare capitali [all’estero]?

Ecco le statistiche che dimostrano quanto ho affermato nella mia domanda. Riguardano il distretto amministrativo speciale dell’Isola Russkij, dove il numero di residenti è aumentato da 43 a 60, una crescita a valanga che ha avuto luogo dopo l’adozione delle sanzioni.

Vladimir Putin: Innanzitutto, abbiamo lanciato questo progetto 10 anni fa. Mi avete chiesto di parlarne e vi ho risposto che abbiamo iniziato a farlo molto prima degli eventi che si sono verificati negli ultimi anni, nel 2014, e lo abbiamo fatto perché abbiamo visto le tendenze dello sviluppo economico globale. Abbiamo visto l’ascesa di nuovi centri di influenza e di sviluppo economico. Credo di non dover fare i nomi di questi Paesi, che tutti conoscono. Abbiamo visto cosa stava cambiando e come, e oggi possiamo vedere che queste tendenze non sono rallentate, ma stanno prendendo slancio.

Ma cosa è successo dopo il 2014, dopo che i Paesi occidentali hanno sostenuto un colpo di Stato in Ucraina e hanno iniziato la guerra nel Donbass: molti processi hanno iniziato ad accelerare. A questo proposito, possiamo solo rammaricarci di non aver attuato per tempo i piani di sviluppo delle infrastrutture, compresa la rete ferroviaria verso l’Estremo Oriente.

Perché, onestamente, il Governo ha sbagliato in parte i calcoli e ha creduto che il volume delle spedizioni di merci non sarebbe stato così elevato; anche negli ultimi anni è stato molto più grande di quanto si potesse immaginare. Ma va bene così, stiamo facendo in modo che funzioni, ci sono piani che sono stati sviluppati in precedenza e di conseguenza sarà più facile per noi attuarli anche in tempi brevi.

Proprio ora, insieme ai moderatori e ai nostri colleghi, abbiamo discusso i piani di sviluppo del Dominio Operativo Orientale. I soldi ci sono, gli investitori sono interessati perché c’è un mercato e sono pronti a investire il proprio denaro perché possono vedere i profitti di un così grande giro di merci. Un buon ritorno sull’investimento è garantito. Ecco perché questo lavoro è iniziato molto tempo fa, e gli eventi dell’economia globale degli ultimi anni hanno dato un impulso al nostro lavoro in Estremo Oriente.

Ilya Doronov: Anche oggi è stata pronunciata due volte la frase “non commettere due volte lo stesso errore”. Non si è accorta di questo tutti, o no?

Vladimir Putin: Se vi interessa, e probabilmente interessa a molti uomini d’affari, c’è una tendenza: prima molti dei nostri uomini d’affari hanno creato delle piattaforme per se stessi e poi hanno visto che il loro denaro guadagnato legalmente è stato confiscato. Sapete, non si tratta del mio denaro, ma di quello delle nostre aziende e dei nostri imprenditori, ed è semplicemente oltre il limite. Le persone che hanno agito in questo modo non capiscono che ci saranno conseguenze negative per loro, sembra che ancora non lo capiscano.

Prendiamo, ad esempio, le restrizioni sulle transazioni in dollari. A cosa porterà? A una situazione in cui tutti i Paesi stanno valutando la possibilità di creare strumenti propri, nuovi sistemi di regolamento e stanno valutando se tenere i propri risparmi negli Stati Uniti o in Europa, e se sia conveniente investire nei titoli di questi Paesi.

Posso assicurarvi che so che questo sta accadendo. Naturalmente, tutti ci penseranno. Le nostre riserve di oro e di forex sono state congelate, ma abbiamo già guadagnato il doppio. Non si tratta di questi 300 miliardi, ma della fiducia infranta in coloro che lo stanno facendo. Stanno minando la fiducia nei loro confronti. Lo stesso sta accadendo nel commercio e nelle restrizioni al commercio.

Quindi, Dio solo sa, è colpa loro se inevitabilmente andranno incontro a conseguenze negative, sta già accadendo. Non è quello che volevamo, ma è un processo oggettivo legato al numero crescente di centri economici in rapido sviluppo.

Ilya Doronov: E coloro che vengono qui, che tornano in Russia…

Vladimir Putin: Ora parlerò di calpestare un rastrello.

Tuttavia, possiamo constatare che le catene logistiche e le consegne di merci sono state praticamente ripristinate e tutto si è normalizzato. Vediamo che questo è legato anche al tasso di cambio della valuta nazionale, compreso il ritorno limitato delle entrate in valuta estera, per usare un eufemismo, e il desiderio di depositare di nuovo qualcosa all’estero… Lo vediamo e capiamo tutto. Dobbiamo raggiungere un accordo con la comunità imprenditoriale, che dovrebbe capire e procedere partendo dalla premessa che è più affidabile operare qui. Di conseguenza, non dovrebbero calpestare lo stesso rastrello. Sono certo che coloro ai quali mi rivolgo mi capiscono.

Ilya Doronov: In realtà, la mia prossima domanda riguarda i rapporti tra lo Stato e la comunità imprenditoriale, compresi coloro che stanno tornando qui, che stanno arrivando sull’Isola Russa, ecc.

Ho intervistato Andrei Belousov prima del Forum economico internazionale di San Pietroburgo e gli ho chiesto come dovrebbero interagire lo Stato e la comunità imprenditoriale. Mi ha risposto che dovrebbero collaborare come partner, con lo Stato come senior partner e la comunità imprenditoriale come junior partner.

Vladimir Putin: Ha detto questo?

Ilya Doronov: Sì, ha detto questo.

Vladimir Putin: Parla come un ex funzionario del Comitato di pianificazione statale. Dovremmo essere partner alla pari.

Ilya Doronov: Dovrò chiedere la sua opinione dopo la sua dichiarazione.

Vladimir Putin: Sa che scherzo sempre in questo modo. È una battuta.

Ilya Doronov: Tuttavia, lei ha già detto che dovrebbero essere partner paritari. In linea di principio, ha l’impressione che la presenza dello Stato nell’economia e negli affari stia diventando eccessiva?

Vladimir Putin: Lo sentiamo dire e ne parlano in continuazione. Sì, abbiamo grandi aziende, soprattutto nel settore energetico; tuttavia, le aziende private si stanno sviluppando rapidamente e noi le sosteniamo, anche qui in Estremo Oriente.

Per tutti gli investimenti in Estremo Oriente forniamo investimenti infrastrutturali sostenuti dallo Stato. Negli ultimi tre anni circa, abbiamo investito circa 15 miliardi in infrastrutture di supporto alle imprese, non ricordo la cifra esatta. Inoltre, solo dall’inizio del 2023 abbiamo investito 8,5 miliardi. Per quanto ne so, investiremo altri 33 miliardi nei prossimi tre anni. Questo riguarda anche molti altri settori. Stiamo incentivando il lavoro delle nostre aziende e creando privilegi per loro, soprattutto qui, nella regione dell’Estremo Oriente. Restiamo qui, su questo territorio.

Prima ho citato le aree di sviluppo prioritario. Esse godono di molti benefici relativi al pagamento dei contributi sociali, dell’imposta sugli utili o dell’imposta sulla proprietà. Se prendiamo le isole Curili, esse godono di un numero doppio di benefici rispetto alle aree di sviluppo prioritario. Quindi, la cooperazione tra Stato e imprese porta buoni risultati. Continueremo a farlo.

Sa cos’altro è di fondamentale importanza? Credo che sia importante che negli ultimi dieci anni, o forse anche un paio di decenni, si sia sviluppato un ottimo dialogo tra il Governo e la comunità imprenditoriale. Il Governo non prende quasi mai decisioni economiche senza consultare preventivamente le associazioni imprenditoriali. Ci sforziamo sempre di prendere in considerazione le opinioni dei nostri partner commerciali e dei sindacati.

Ilya Doronov: Lei ha parlato di aree di sviluppo prioritarie e di preferenze fiscali. Tutto ciò suona bene. Ma ho parlato con esperti del settore e mi hanno detto che è necessario fare di più. Ad esempio, è necessario costruire infrastrutture – gas, elettricità e tutto il resto – in queste aree. Questo non è sufficiente.

Vladimir Putin: Ecco perché l’ho detto.

A proposito, mi è venuta in mente la cifra di 25 miliardi. È quanto abbiamo speso per le infrastrutture negli ultimi anni. Nei primi sei mesi di quest’anno abbiamo speso 8,5 miliardi e altri 33 miliardi sono stati accantonati. È così che stiamo facendo e continueremo a farlo. Ci rendiamo conto che investire nelle infrastrutture dovrebbe essere il nostro modo di sostenere le imprese. Quindi, lo stiamo facendo e continueremo a farlo in futuro.

Ilya Doronov: Ho una domanda sul tasso di cambio del rublo.

Un anno fa, quando eravamo su questo palco, il dollaro era a circa 60 rubli. Quest’estate è salito a 100, o anche di più. Ho controllato prima della sessione e ora è a 93 rubli per il dollaro. La volatilità è estremamente elevata e, alla fine del 2022, la valuta russa era la più volatile del mondo.

Come si possono fare proiezioni in una situazione in cui non si ha idea di cosa accadrà alla valuta nazionale?

Vladimir Putin: Sì, questa è ovviamente una domanda che richiede una ricerca approfondita come quella della Banca Centrale o del Governo, cioè delle autorità finanziarie. Nel complesso, non credo che ci siano problemi o difficoltà che non possano essere superati.

Questo è legato a molti fattori, tra cui il fatto che i nostri principali esportatori debbano o meno rimpatriare parte dei loro proventi in valuta estera. È legato al fatto che durante la prima fase, che lei ha citato, quando il dollaro era a 60 rubli, le catene logistiche per le importazioni non erano ancora state create. Ora le importazioni arrivano sul nostro mercato in volumi maggiori, il che significa che la valuta estera è più richiesta. Ci sono altri fattori, ma sono gestibili. Li vediamo e li capiamo, e li vede anche la Banca Centrale.

Naturalmente, la Banca Centrale ha dovuto aumentare il tasso di interesse di riferimento al 12%. Tra l’altro, ha dovuto farlo perché l’inflazione era aumentata un po’. Dove si trova ora? È al 5,4% o al 5,2%? Non ricordo il numero esatto, ma si aggira intorno al 5,2% in termini annuali. Quindi, la Banca Centrale non poteva non rispondere a questi sviluppi. Credo che la sua decisione sia stata corretta e anche tempestiva. Questo significherà che ci saranno meno opportunità di contrarre prestiti, limiterà l’economia e ne inibirà lo sviluppo in una certa misura. Tuttavia, questo fattore ha un peso importante nel mitigare i rischi inflazionistici. Tutto deve arrivare al momento giusto.

Ciò significa che manteniamo il controllo della situazione, e non entrerò troppo nei dettagli perché si tratta di un argomento piuttosto delicato. Ma nel complesso abbiamo tutte le carte in regola per mitigare questi rischi.

Ilya Doronov: Tuttavia, a quanto vedo, lo Stato intende svolgere il suo ruolo di regolamentazione. Ci saranno delle restrizioni? Faccio questa domanda perché l’ultima volta che il rublo ha iniziato a perdere valore, l’assistente del Presidente Maxim Oreshkin ha dovuto scrivere un articolo e il rublo è salito il giorno stesso. Anche il presidente della VTB Bank, Andrei Kostin, ha dichiarato ieri in un’intervista alla RBC che ci sono scappatoie per portare il denaro fuori dal Paese.

Vladimir Putin: Cosa stanno facendo? Stanno solo cercando di spaventare le persone proponendo loro di cooperare in termini pacifici e di intraprendere azioni specifiche, altrimenti, dicono, imporremo restrizioni e vi obbligheremo a rimpatriare le vostre entrate, ecc. Tuttavia, nessuno farà mosse improvvise in questo senso.

Ilya Doronov: Parliamo della Banca Centrale e del tasso di interesse del 12%. Venerdì ci sarà un’altra riunione e può darsi che il tasso salga ancora di più, rendendo i prestiti ancora più costosi. Come si fa a espandere la produzione e a contrarre nuovi prestiti in questo contesto? I finanziamenti stanno diventando sempre più costosi.

Vladimir Putin: Ho già detto che il tasso di interesse di riferimento influisce sui costi di finanziamento e sui tassi applicati dalle banche private, che a loro volta limitano i prestiti e soffocano la crescita economica. Nel complesso, vediamo che i prestiti sono stati abbastanza attivi. Questo è il mio primo punto.

In secondo luogo, vediamo che i prestiti al consumo sono cresciuti ancora più rapidamente. Anche in questo settore abbiamo gli strumenti per mitigare questi rischi. Non mi dilungherò troppo su questo punto, parlate pure con [il governatore della Banca di Russia] Nabiullina, ve lo dirà lei.

Certo, dobbiamo influenzare le cose, ma se non riusciamo a trovare una situazione che porti a una crescita incontrollabile dell’inflazione, alla fine sarà ancora peggio per l’economia, perché è quasi impossibile fare piani aziendali in un contesto di inflazione elevata. Non ci sono decisioni buone o ottime in questo caso; ci sono solo decisioni difficili, che devono essere adottate tempestivamente. Finora, sia la Banca Centrale che il Governo lo hanno fatto, e in modo piuttosto efficace.

Ilya Doronov: Vorrei anche fare una domanda sui prestiti ipotecari…

Vladimir Putin: Mi scusi se la interrompo, volevo solo aggiungere qualche parola.

A fronte dell’aumento dei costi dei mutui, abbiamo creato un’intera serie di strumenti per le grandi industrie e i più grandi progetti che servono gli interessi dell’intera economia nazionale. Abbiamo una serie di misure di sostegno per l’ottenimento di prestiti, con alcune condizioni preferenziali e una serie di strumenti per sostenere le aziende che effettuano investimenti significativi, e questo viene attuato insieme al governo. Ho già parlato di piattaforme industriali e così via. Le imprese ne sono a conoscenza e continueranno a farlo.

Il fatto è che se i costi dei prestiti aumentano, il Governo dovrà probabilmente considerare di aumentare i fondi per questi strumenti. Questo significherebbe spese aggiuntive, e c’è l’altra faccia della medaglia, ovvero la sostenibilità e l’equilibrio del bilancio, e così via. Ma tutto questo può essere risolto.

Ilya Doronov: Per quanto riguarda i mutui, ho iniziato a fare la mia domanda e lei ha menzionato il programma di espansione dei mutui agevolati qui in Estremo Oriente. I dirigenti della Banca Centrale probabilmente hanno fatto una smorfia, perché hanno ripetutamente espresso la loro opinione che i mutui agevolati sono gonfiati in Russia, e vedono dei rischi. Lei vede dei rischi qui?

Vladimir Putin: Sì, ci sono alcuni rischi, ma li vediamo e li affrontiamo.

Per quanto riguarda l’Estremo Oriente, abbiamo solo 12,5 milioni di persone che vivono al di là degli Urali; questo non è un peso per l’intero Paese e la sua economia.

Ilya Doronov: E l’ultima domanda di questa sezione prima di dare la parola al Vicepresidente. È una domanda che riguarda le imprese: le tasse saranno aumentate o non è necessario?

Vladimir Putin: Per ora il governo non ne vede la necessità.

Ilya Doronov: Questa risposta è importante per l’intera comunità imprenditoriale.

(Rivolgendosi alla signora Pany Yathotou) Ora le darò la parola, ma prima vorrei citare alcuni fatti interessanti sul Laos per il pubblico. Credo sia importante.

Innanzitutto, le relazioni diplomatiche tra l’Unione Sovietica e il Laos sono state stabilite il 7 ottobre 1960. Abbiamo trovato un altro motivo per celebrare questo giorno, non è vero?

Vladimir Putin: Festeggeremo insieme.

Ilya Doronov: D’accordo.

Nel 2011, la Russia e il Laos hanno stabilito un partenariato strategico nella regione Asia-Pacifico.

Il secondo dato che ho scoperto è che il Laos è il Paese più bombardato al mondo. Gli Stati Uniti hanno sganciato oltre 200 milioni di bombe sul Laos durante la guerra del Vietnam, e 350.000 laotiani sono stati uccisi in questi bombardamenti.

Terzo. Il Partito Rivoluzionario del Popolo del Laos al potere rimane impegnato nel socialismo.

Quarto. Il Laos ha un movimento di pionieri. Francamente, non ne sapevo nulla. L’ho scoperto durante la preparazione di questa sessione.

Quinto. I laotiani amano ancora le baguette e il pane bianco. È un’ottima eredità della Francia.

Il caffè laotiano è considerato uno dei migliori al mondo, se ho capito bene.

Infine, per noi russi è importante poter soggiornare in Laos per 30 giorni senza visto, quindi benvenuti in Laos e benvenuti sul pulpito.

Prego, signora Vicepresidente, a lei la parola.

Vicepresidente del Laos Pany Yathotou (ritradotto): Grazie mille.

Sono lieto di partecipare all’8° Forum economico orientale. È un privilegio per me.

Il Laos è un membro dell’ASEAN. È un Paese con una popolazione di soli 7 milioni di abitanti.

Il nostro Paese è ricco di risorse naturali, risorse idriche, risorse energetiche, minerali, legname. Abbiamo anche molte destinazioni turistiche attraenti.

Per quanto riguarda il significato della Russia per il Laos e le relazioni con la Russia per noi. Sin dall’era sovietica, abbiamo mantenuto relazioni tradizionali forti che hanno poi raggiunto il livello di un partenariato strategico in materia di sicurezza nella regione Asia-Pacifico.

Stiamo cooperando in molti settori, tra cui l’economia, il turismo, lo sviluppo del capitale umano, inoltre entrambi i Paesi condividono informazioni e competenze acquisite in molte altre aree di interesse reciproco.

La cooperazione tra Laos e Russia ci permette di sostenerci e aiutarci a vicenda. Costruiamo la nostra cooperazione sulla base dell’interesse reciproco.

Allo stesso tempo, il Laos è un Paese in via di sviluppo e il nostro governo attribuisce grande importanza allo sviluppo socioeconomico. A tal fine, stiamo attirando investimenti da molti altri Paesi, tra cui la Russia. I nostri Paesi stanno investendo in settori importanti come l’energia, le risorse idriche e le risorse di idrocarburi.

La Russia ci ha aiutato a smantellare il nostro territorio. L’aiuto è stato fornito senza alcun vincolo; abbiamo ancora a che fare con mine e ordigni inesplosi che incidono sulla vita della nostra gente.

Con il sostegno della Russia, siamo riusciti a liberare dalle mine più di 20.000 ettari del nostro territorio. Dopo lo sminamento, abbiamo restituito questi 20.000 ettari alla nostra gente. In questo modo, bonificando il nostro territorio dagli ordigni inesplosi, stiamo affrontando il compito più importante per noi, ovvero eliminare il pericolo rappresentato dagli ordigni inesplosi.

Ilya Doronov: La parola laotiana per “grazie” è “khob chai”.

Signor Presidente, questa domanda è per lei. (Rivolgendosi a Pany Yathotou) Anche io le farò una domanda più tardi.

Negli anni ’90 abbiamo smesso di essere amici e di sostenere molti altri Paesi, ad esempio Cuba e il Laos. Pensa che sarebbe difficile ricostruire ora queste relazioni e migliorarle al livello che abbiamo mantenuto durante l’era sovietica?

Vladimir Putin: Negli anni ’90 abbiamo guadagnato molte cose, tra cui soprattutto l’emancipazione e la libertà, ma purtroppo abbiamo anche perso molto, sprecando e addirittura dilapidando ciò che avevamo ottenuto nei decenni precedenti durante l’era sovietica.

Ma, come sapete, la memoria storica delle nazioni con cui siamo stati amici, abbiamo collaborato e aiutato nel loro sviluppo è stata conservata. Non sarà difficile ripristinare le nostre relazioni sulla base dei nuovi principi, perché la gente di questi Paesi lo vuole. Mi riferisco al Laos, dove vediamo molti amici, alla regione Asia-Pacifico nel suo complesso e all’Africa.

Di recente si è svolto il vertice Russia-Africa. Francamente, sono rimasto ancora una volta sorpreso dall’apertura degli africani e dal loro desiderio di lavorare con noi. Ho riflettuto anche su questo. Vedete, il punto non è solo che abbiamo fatto qualcosa per l’Africa, aiutando il loro popolo a riconquistare la libertà e l’indipendenza e a lottare contro il colonialismo, sebbene anche questo sia importante. Si ricordano di questo, ma anche di altre cose.

Qual è, a mio avviso, il punto principale? Il punto principale è che non abbiamo mai agito da colonizzatori in nessun luogo. La nostra cooperazione si è sempre basata sull’uguaglianza o sul desiderio di fornire aiuto e sostegno. I Paesi che cercano di competere con noi, anche adesso, hanno avuto una politica completamente diversa. Quando si guarda a ciò che è accaduto in passato durante la cooperazione con la Russia, o l’Unione Sovietica come si chiamava allora, e con altri Paesi, la bilancia pende a favore della Russia, cosa che oggi dobbiamo certamente tenere in considerazione e ricordare.

Se guardiamo all’Africa e alla nostra cooperazione, vediamo che l’abbiamo aiutata. Cosa hanno fatto gli ex colonizzatori? Nel 1957 – di recente mi è stata mostrata una fotografia – hanno portato persone dall’Africa in gabbia nei Paesi europei, ad esempio in Belgio. È uno spettacolo orribile, bambini messi in mostra in gabbie.

Ilya Doronov: Sì, c’era una mostra speciale, con un intero villaggio esposto.

Vladimir Putin: Sì, portavano le persone in gabbia e le esponevano, intere famiglie e bambini in gabbie separate. Come si può dimenticare questo? Nessuno in Africa lo dimenticherà mai.

E ora stanno cercando di impartire ordini e di portare avanti la loro politica neocoloniale. Hanno indebitato tutti i Paesi africani per migliaia di miliardi di dollari. In altre parole, hanno creato un sistema di credito finanziario per l’Africa in base al quale i Paesi africani non potranno mai ripagare i loro prestiti. Non si tratta affatto di un sistema di credito, ma di una forma di contributo, se capite cosa intendo.

Abbiamo usato e usiamo tuttora un approccio completamente diverso, che ci dà alcuni vantaggi quando lavoriamo con i nostri partner, compresi quelli con cui avevamo relazioni speciali durante l’era sovietica e quelli con cui stiamo rilanciando le relazioni ora. Anche i nostri amici ne sono consapevoli.

Pertanto, non prevedo grandi difficoltà, anche per quanto riguarda la riconquista delle nostre precedenti posizioni.

Ilya Doronov: Visto che abbiamo comunque toccato questo argomento, posso farle una domanda: Cosa farete con coloro che non la pensano così? Per esempio, che dire degli Stati baltici, della Repubblica Ceca o dell’Ungheria, che dicono che la Russia ha agito come una potenza colonizzatrice quando ha ordinato ai suoi carri armati di invadere Praga o Budapest?

Vladimir Putin: Abbiamo riconosciuto da tempo che questa parte della politica dell’Unione Sovietica è stata un errore e non ha fatto altro che aumentare le tensioni. La politica estera di un Paese non deve contraddire direttamente gli interessi di altre nazioni. Questo è quanto.

Tuttavia, se parliamo di calpestare i rastrelli, questo è il caso oggi delle principali potenze occidentali, in primis gli Stati Uniti. Hanno esercitato pressioni sui loro alleati e sui loro cosiddetti partner – dopo tutto, non hanno amici, ma solo interessi. Si tratta di un’estensione di una nota formula britannica.

Ilya Doronov: Grazie.

Signora Vicepresidente, ho una domanda per lei. Che cosa ci guadagna la Repubblica Democratica del Laos dalla collaborazione con la Russia? Ad esempio, perché avete deciso di rilanciare i corsi di lingua russa nel vostro Paese? Il fatto che il Presidente del Laos parli russo non è stato il motivo, vero?

Pany Yathotou (ritradotto): Il Presidente Putin ha già detto che la Repubblica Democratica Popolare del Laos ha effettivamente mantenuto relazioni molto buone e affidabili con l’URSS e la Federazione Russa, e io concordo con questa valutazione. Intendiamo basarci sui nostri successi passati e sulla nostra fruttuosa cooperazione per andare avanti.

Naturalmente, questo include gli aiuti umanitari che riceviamo. Gli scambi commerciali tra i nostri Paesi sono aumentati e anche gli investimenti sono cresciuti in una certa misura. Ci aspettiamo anche che un maggior numero di turisti russi visiti il nostro Paese.

Naturalmente, apprezziamo molto tutti i vantaggi che queste relazioni ci hanno offerto. È anche ovvio che la cooperazione che abbiamo avuto nell’era sovietica per lo sviluppo delle capacità e delle risorse umane è stata uno dei nostri maggiori successi, che merita una menzione speciale. Lei ha giustamente notato che molti dei leader che hanno guidato la Repubblica Democratica Popolare del Laos hanno studiato in un modo o nell’altro in Unione Sovietica.

Forse sapete anche che abbiamo costruito una ferrovia che collega il Laos alla Cina. Si tratta di un progetto strategico e volevamo usarlo per espandere questa rotta fino all’Australia. Siamo convinti che l’estensione di questa ferrovia al territorio della Federazione Russa avrebbe un impatto positivo sui flussi commerciali e di investimento tra i nostri due Paesi.

Ciò aumenterebbe anche il flusso di passeggeri dalla RDP del Laos verso la Cina attraverso il territorio russo. Vorremmo discutere la questione in modo più approfondito per poter sfruttare questo potenziale nelle nostre relazioni commerciali e di investimento. Spero che i nostri Paesi esplorino questa opportunità in modo da ottenere risultati tangibili.

Vladimir Putin: Lei ha appena parlato dei Giovani Pionieri che operano in Laos come organizzazione. La signora Vicepresidente ha recentemente visitato il nostro campo per bambini di Okean e ha notato con piacere che i bambini del Laos trascorrono le loro vacanze lì. Le condizioni a cui sono sottoposti sono ottime e hanno stretto grandi amicizie con i loro coetanei russi.

Ma posso anche aggiungere che i bambini laotiani non solo frequentano il campo Okean, ma studiano anche nelle scuole Suvorov della Federazione Russa.

Ilya Doronov: Cadetti laotiani delle scuole Suvorov.

Vladimir Putin: Sì. Lo spiegherò ai nostri ospiti stranieri: sono scuole militari per bambini dove studiano e si sentono molto a loro agio.

Ilya Doronov: Grazie.

Visto che abbiamo parlato di…

Vladimir Putin: Quindi, stiamo facendo tutto questo a un ritmo facile e continueremo a ripristinare le relazioni con i nostri amici.

Ilya Doronov: È meraviglioso.

Visto che abbiamo parlato di logistica: Belt and Road, l’iniziativa cinese, compie quest’anno il suo decimo anniversario. Abbiamo il progetto del Grande partenariato eurasiatico. Ma dopo il Vertice del G20 è stato annunciato che – specificherò i Paesi – gli Stati Uniti, l’Unione Europea, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, Israele, la Giordania e l’India hanno concluso i lavori per un accordo storico, come è stato detto, su un nuovo corridoio economico India-Medio Oriente-Europa. La Russia non è inclusa, così come la Cina. Pensa che questa iniziativa influenzerà la realizzazione dei nostri progetti e di quelli cinesi e cosa significa per noi in generale?

Vladimir Putin: Penso che sia un bene per noi; ci aiuterà a sviluppare la logistica.

Innanzitutto, questo progetto è stato discusso a lungo, forse da diversi anni. A dire il vero, gli americani vi hanno aderito all’ultimo momento. Ma non vedo perché dovrebbero volerne far parte, se non forse per qualche interesse commerciale.

Nel frattempo, il traffico aggiuntivo di merci lungo questo corridoio sarà di fatto un’aggiunta al nostro progetto Nord-Sud. Non vediamo nulla che possa danneggiarci in alcun modo.

Il corridoio Nord-Sud va verso il Golfo Persico e poi verso l’India. Se c’è un’altra rotta, credo che includa Israele, potremo raggiungere il Mediterraneo attraverso il Mar Nero e utilizzare questo corridoio.

Non lo so, i colleghi che hanno presentato questo progetto devono valutarlo attentamente. Per ora si tratta solo di un memorandum di intenti.

Ilya Doronov: Sì.

Vladimir Putin: Ma dovremmo vedere l’economia di questo progetto, perché il carico dovrebbe raggiungere il mare su rotaia, per poi essere caricato su navi marittime e quindi viaggiare verso gli Emirati Arabi o l’Arabia Saudita, per poi essere nuovamente caricato su rotaia. Occorre calcolare questo doppio trasbordo e il suo impatto economico.

Il capo della nostra azienda leader, le Ferrovie russe, Oleg Belozyorov, sta annuendo, quindi sembra che io abbia colto nel segno e che si tratti davvero di una questione economica, che dovrebbe essere accuratamente calcolata.

In termini di tempo, se andiamo dal Nord Europa, da San Pietroburgo a Mumbai, impiegheremo lo stesso tempo che con la rotta Nord-Sud. Ribadisco che bisogna considerare l’aspetto economico. Penso che la nostra rotta possa essere più efficiente.

Inoltre, l’interesse per l’utilizzo del Canale di Suez non andrà da nessuna parte. Non credo che questo avrebbe un impatto negativo sul Canale di Suez. Non credo che ciò accadrà.

E, infine, l’ultima cosa. I volumi delle spedizioni di merci crescono ogni anno e penso che più rotte di questo tipo ci sono, meglio è.

Ilya Doronov: Grazie.

Le prossime domande ci riporteranno nel nostro Paese. Siamo a Vladivostok, dove molte persone hanno la guida a destra. Spiegherò l’essenza della mia domanda, e molto probabilmente il pubblico si dividerà in due parti uguali o disuguali. Una penserà a cosa fare, l’altra sorriderà perché questo non la riguarda.

Prima di tutto, lei è fortunato ad avere un Aurus, una Niva e una Volga. Molti altri funzionari russi non sono così fortunati, se si considera quanto lei ha detto a proposito della guida di auto di fabbricazione russa.

Il primo tentativo in tal senso è stato fatto negli anni ’90, ma è fallito. Chi può garantire che questa volta ci riusciremo? E quali auto dovrebbero guidare?

Vladimir Putin: Sa, allora non avevamo auto di produzione nazionale, ma ora sì. È vero che hanno un aspetto più modesto rispetto alle Mercedes o alle Audi, che abbiamo acquistato in grandi quantità negli anni ’90, ma questo non è un problema. Penso che dovremmo emulare molti dei nostri partner, ad esempio l’India. Loro si concentrano sulla produzione e sull’utilizzo di veicoli di fabbricazione indiana. Penso che il Primo Ministro Modi stia facendo la cosa giusta nel promuovere il programma Make in India. Ha ragione.

Abbiamo automobili [di produzione russa] e dobbiamo usarle; questo va assolutamente bene. Questo non comporterà alcuna violazione dei nostri obblighi nell’ambito dell’OMC, assolutamente no. Riguarda gli acquisti di Stato. Dobbiamo creare una certa catena per quanto riguarda le auto che le diverse classi di funzionari possono guidare, in modo che utilizzino auto di produzione nazionale.

Probabilmente conoscete le proposte di continuare ad acquistare queste auto. Sarebbe facile da fare, perché la logistica è snella.

Ilya Doronov: Intende l’acquisto di auto straniere?

Vladimir Putin: Sì, è così. Ma ho anche detto che ho dei dubbi sul fatto di continuare questa pratica, per usare un eufemismo.

Il Governo e la Direzione della gestione delle proprietà presidenziali hanno coordinato un sistema che indica la classe di auto che i funzionari possono guidare. Che usino auto di fabbricazione russa.

Ilya Doronov: Quando vedremo il primo funzionario farlo?

Vladimir Putin: Inizieranno a farlo ora. Le acquisizioni inizieranno a breve.

Si tratta di questioni pratiche. Le acquisizioni inizieranno a breve. Franky, non so quando esattamente, ma inizieranno presto.

Ilya Doronov: Vorrei fare una domanda sulle auto cinesi.

Quest’anno le importazioni di auto cinesi sono aumentate del 543%. Secondo le previsioni, quest’anno verranno importati quasi mezzo milione di auto cinesi. C’è il rischio che dominino il nostro mercato e che diventiamo dipendenti dall’industria automobilistica cinese?

Vladimir Putin: No, stiamo lavorando a questo progetto insieme.

Prendiamo le auto della Grande Muraglia, che hanno iniziato a essere assemblate vicino a Mosca.

Ilya Doronov: La Haval viene assemblata a Tula.

Vladimir Putin: Sì, a Tula. Il governatore me ne ha presentata una.

È una buona auto. Stiamo sviluppando la nostra industria automobilistica. Per fortuna, lo stiamo facendo sempre più su basi proprie e stiamo aumentando la localizzazione. Presto verranno prodotte anche auto di Moskvich. Il sindaco di Mosca mi ha detto di recente come sta procedendo il progetto. E le nostre auto Lada saranno migliorate. Dobbiamo farlo sulla nostra base.

Certo, quando assemblavamo le auto quasi al 100% con componenti stranieri, com’era la nostra produzione? Aumenteremo i livelli di localizzazione. Certo, ci vuole tempo, ma è la cosa giusta da fare dal punto di vista dello sviluppo dell’industria automobilistica del nostro Paese sulle nostre basi.

Non abbiamo intenzione di chiudere completamente, né di dedicarci al fai-da-te.

Abbiamo prodotto Aurus? Sì, l’abbiamo fatto.

Ilya Doronov: Ma quanto costa?

Vladimir Putin: Sì. Il prezzo è alto perché non ne producono abbastanza. Quando entrerà in produzione di serie, il prezzo si dimezzerà. Certo, ci vuole tempo, ma sarà il nostro stesso sviluppo. Si tratta di acquisire e ripristinare competenze, di tasse e di posti di lavoro. Non c’è bisogno che ve lo dica. Tutti sanno cosa c’è dietro. Ma allo stesso tempo, collaboreremo con chi vuole lavorare con noi.

Ilya Doronov: Chiederò…

Vladimir Putin: I funzionari devono certamente guidare auto nazionali.

Ilya Doronov: Anche i prezzi del carburante sono legati alle auto. Lei se ne è occupato personalmente, ma il diesel ha già superato i 61 rubli e anche la benzina sta diventando più cara. Vedo che molte persone hanno una domanda negli occhi: cosa sta succedendo? E lo vedo in ogni tipo di conversazione a tavola, dove si discute del prezzo del carburante.

Perché sta succedendo? Riusciremo a risolvere il problema?

Vladimir Putin: Sì, certo, il governo ci sta lavorando. Credo che i nostri produttori di prodotti petroliferi abbiano ragione. Il Governo avrebbe dovuto reagire tempestivamente. Sono state prese decisioni appropriate, ma non molto tempo fa, per mantenere la parità tra i prezzi del mercato esterno e quelli del mercato interno. Poi, questi meccanismi sono stati cancellati. Il Governo non ha reagito tempestivamente ai cambiamenti del mercato globale dovuti all’aumento del prezzo del petrolio.

Tuttavia, questa è una posizione regolamentata, e proprio ieri ho parlato con il signor Sechin, che ha una sua posizione. Ma in generale, i produttori e il Governo si sono accordati tra loro sulle azioni da intraprendere nel prossimo futuro.

Per noi è molto importante fornire ai produttori agricoli il gasolio.

Ilya Doronov: Sì, il Ministero dell’Agricoltura ha già lanciato l’allarme.

Vladimir Putin: Sì. C’era una carenza fisica di gasolio. Ma ora è fisicamente disponibile, e il problema è la regolazione dei prezzi.

Prima c’erano diversi meccanismi. Nel 2009, quando ero a capo del Governo, è stata presa una decisione – un intero faldone – sulla nostra interazione con le compagnie di carburante e di energia, e tutto è stato definito nei dettagli.

Tra l’altro, questa risoluzione è ancora in vigore, ma non viene applicata. Vengono utilizzati altri strumenti, il cosiddetto ammortizzatore. Vi ho già detto che si tratta di trovare un equilibrio tra prezzi esterni e interni. Ma è stato dimezzato e ha perso la sua efficacia precedente.

Gli strumenti sono noti e gli accordi sono in vigore. Spero che questo faccia la differenza nella situazione attuale.

Ilya Doronov: Ho una domanda sulla Camera dei Conti: è senza capo dal novembre dello scorso anno. Qual è il motivo? Alexei Kudrin era così bravo che non riescono a trovare un sostituto? Se è così, perché lo hanno lasciato andare a Yandex?

Vladimir Putin: Prima di tutto, la Russia non ha un sistema di schiavi: se voleva andare a lavorare nel mondo degli affari, non potevamo costringerlo a restare. Anche se era davvero il più adatto per quel lavoro; era stato anche un buon ministro delle Finanze.

La Camera dei Conti sta lavorando ed è abbastanza efficace. Ha effettuato circa 1.000 audit. Non sono sicuro della cifra, ma credo che abbiano rivelato violazioni per 1.600 miliardi di rubli.

La Camera dei Conti ha un presidente ad interim, ma questo non influisce sulla qualità del suo lavoro. Credo che la questione del personale sarà risolta al momento opportuno, quando il Parlamento e il Governo selezioneranno i candidati adatti. Non è un problema che ostacola il lavoro dell’agenzia.

Ilya Doronov: Ho citato Yandex per un motivo. Recentemente, Arkady Volozh ha creato il suo sito web ufficiale, dove dice – cito testualmente – di essere “un imprenditore tecnologico israeliano nato in Kazakistan” che “ha co-fondato Yandex N.V., quotata al NASDAQ, una delle più grandi società internet in Europa”. Vi ricordo che Volozh è nato nel 1964, quando il Kazakistan faceva parte dell’Unione Sovietica, ma nella sua pagina biografica non c’è alcun riferimento all’Unione Sovietica.

Ci sono altri uomini d’affari che esprimono pubblicamente la loro opinione, compresa quella sull’operazione militare speciale.

Qual è, secondo lei, il limite da non superare? Una linea che anche coloro che hanno contribuito al valore della nazione come Yandex non dovrebbero oltrepassare?

Vladimir Putin: Non sta a me tracciare questa linea. Dovrebbe essere nella mente e nella coscienza di chi fa certe affermazioni.

Vorrei sottolineare che nella maggior parte dei casi le persone fanno queste dichiarazioni perché vogliono preservare i loro affari, preservare i loro beni, soprattutto se si sono trasferiti e hanno deciso di legare la loro vita a un altro Paese.

Lui vive in Israele e posso immaginare che, per vivere una vita buona e prospera lì e avere buoni rapporti con le autorità, debba fare certe dichiarazioni. È rimasto in silenzio per molto tempo prima di decidere di fare una dichiarazione. Dio gli conceda la salute e che possa vivere bene lì. Francamente, non siamo particolarmente infastiditi da ciò che ha detto.

Ma in generale, se una persona è cresciuta su questo suolo, ha ricevuto un’istruzione e ha avuto successo, dovrebbe avere un certo rispetto per il Paese che gli ha dato tutto. Non mi riferisco a Volozh – è una persona di talento che ha creato un’ottima azienda e ha selezionato un team – ma in generale.

Sì, si può immaginare che una persona non sia d’accordo con l’operato delle autorità attuali. Ha il diritto di esprimere le sue opinioni? Certamente. Ma qui ci sono alcuni punti fermi.

Possiamo schierarci con i nostri avversari geopolitici e stare al loro fianco, danneggiando così gli interessi del nostro Paese, oppure possiamo agire diversamente. Le sfumature sono molte. Le persone decidono da sole chi sono. Hanno un senso di identità nazionale? O preferisce imitare e sentirsi un’altra persona, non un russo nato nell’Unione Sovietica? Una persona fa le sue scelte.

Siate certi che i cittadini comuni della Russia, il nostro popolo, capiscono tutto perfettamente e non c’è modo di ingannare nessuno. Se qualcuno ha scelto un nuovo destino, che provi a farsi conoscere lì, a mettersi alla prova e a ottenere risultati. Perché chiunque sia, qualsiasi risultato abbia ottenuto, l’ha ottenuto qui e non è garantito che otterrà lo stesso risultato in un altro luogo. Questa è la loro scelta.

Ilya Doronov: Un’altra domanda sul tema dei nuovi destini: a luglio è stato pubblicato sulla rivista russa Voprosy Ekonomiki un articolo di un esperto indipendente di Glasgow. Glasgow è la Scozia.

Vladimir Putin: Ne sono consapevole.

Ilya Doronov: Lo dico per il pubblico. Non ho dubbi che lei ne sia a conoscenza.

L’articolo si intitola “I mancati pagamenti nell’economia russa degli anni Novanta: Un’istituzione imprevista”. Sapete chi l’ha scritto? Anatoly Chubais. In questo articolo viene presentato come un ricercatore britannico indipendente.

Ho una domanda: lei si fida dei ricercatori britannici?

Vladimir Putin: Sa, mi fido dei ricercatori indipendentemente dalla loro nazionalità. Se sono persone serie, ricercatori seri, non solo mi fido di loro, ma ammiro il loro lavoro, la loro vita e i risultati del loro lavoro, perché un vero scienziato è immerso nell’argomento su cui sta lavorando. Queste persone mettono tutta la loro vita nella causa a cui si dedicano, anche a costo della loro stessa vita. Gli esempi nel nostro Paese e all’estero abbondano.

Se si divertono, non sono certo scienziati, ma piuttosto quasi-scienziati che intrattengono il pubblico. Non è nemmeno una cosa negativa, lasciateli divertire. Anche se una scelta migliore sarebbe quella di andare al circo e assistere a uno spettacolo.

Il fatto che il signor Chubais si stia nascondendo per qualche motivo… Mi è stata mostrata una foto online in cui non è più Anatoly Borisovich Chubais, ma un certo Moshe Israelievich che vive da qualche parte… Non sono sicuro del motivo per cui lo sta facendo e del motivo per cui è scappato.

Vedete, potrebbe anche avere a che fare con il fatto che ci sono processi complessi in corso nell’industria delle nanotecnologie che lui ha diretto per molti anni. C’è un grosso buco lì, un enorme buco finanziario, davvero. Non vi dirò nemmeno le cifre, grandi cifre. Per fortuna, non ci sono casi penali o procedimenti giudiziari in corso. Forse è collegato a questo, e teme che alla fine si arrivi a un caso penale e per questo si è dato alla clandestinità in Israele. Francamente, non ho idea del perché l’abbia fatto.

Ilya Doronov: L’opinione di un uomo che ha lavorato a Dresda, giusto?

Vladimir Putin: Beh, è un’assurdità. Scrive anche… Non è uno sciocco. Non ho letto questo articolo, forse ha scritto qualcosa di utile. Ma, a quanto pare, ha fallito nel suo compito di capo di una grande azienda creata per sviluppare le nanotecnologie. Almeno dal punto di vista economico e finanziario ha fallito.

Ilya Doronov: La domanda riguarda la privatizzazione e, stranamente, la deprivazione. La nuova privatizzazione in Russia è un’idea ampiamente discussa, ma la deprivatizzazione – il processo con cui lo Stato si appropria dei beni – è oggi una preoccupazione molto più grande per le imprese. Se ne discute sia qui, a margine dell’EEF, sia a Mosca. Ci sono diversi precedenti.

Gli imprenditori dicono di non essere sicuri che alcune regole siano cambiate e di essere incerti sul futuro. La questione è critica. Come commenterebbe la questione?

Vladimir Putin: No, non è prevista alcuna privazione, non ci sarà alcuna privazione, posso dirlo con certezza.

L’ufficio del procuratore sta indagando su alcuni casi, su alcune aziende, ma è un’altra cosa: le forze dell’ordine sono autorizzate a indagare su ciò che accade nell’economia in casi specifici, ma questo non ha nulla a che fare con una politica di privatizzazione. Questo non accadrà, e Igor Krasnov [Procuratore generale] conosce il mio approccio. Signor Krasnov?

Ilya Doronov: Sì, è in questa sala e sta annuendo.

Vladimir Putin: Sta facendo cenno di saperlo.

Ilya Doronov: Quindi, le imprese possono essere sicure che nessuno renderà la loro vita un incubo, come lei ha detto più volte?

Vladimir Putin: Nessuno renderà la vita di nessuno un incubo, ma tutti devono rispettare le leggi della Federazione Russa. E se non lo fanno, devono essere pronti ad affrontare le indagini della Procura, del Comitato Investigativo e della Camera dei Conti su ciò che sta accadendo, anche nella sfera economica, ed esortare tutti a rispettare la legge russa. Ma nessuno sarà perseguito semplicemente per aver fatto affari.

Inoltre, vorrei sottolineare ancora una volta, soprattutto nelle condizioni attuali: in generale, le aziende russe si comportano in modo altamente responsabile – cercano di mantenere i loro team, di creare nuove catene logistiche e di essere attive. Certo, in molti casi le imprese hanno bisogno di una nuova classe, una classe giovane di imprenditori – anche questo è vero. Ma nessuno sta dicendo che abbiamo bisogno di una privazione o di una ridistribuzione. No, questo non succederà.

Ilya Doronov: Anche il capo dell’Unione russa degli industriali e degli imprenditori Alexander Shokhin è stato intervistato dalla RBC. L’intervista è stata rilasciata oggi. Cito: “Ci sono domande sui nuovi proprietari dei beni nazionalizzati. Se un bene diventa proprietà dello Stato, dove va a finire?”. Questa è una grande preoccupazione per le imprese.

Vladimir Putin: Se un bene diventa di proprietà dello Stato, viene sottoposto alle procedure previste dalla legge. Se il bene viene affidato alla gestione di agenzie statali, queste lo gestiscono in conformità alla legge, che prevede gare d’appalto pubbliche.

Ilya Doronov: Il prossimo tema è quello delle imprese e dell’iniziativa privata. Oggi, guarda caso, è la data – chiedo anche a voi di applaudire – in cui il 12 settembre 1959 l’Unione Sovietica ha lanciato la stazione interplanetaria Luna-2. È stato il primo veicolo della storia ad aver lanciato la stazione interplanetaria. Fu il primo veicolo della storia a raggiungere la superficie della Luna. Ringraziamo coloro che hanno costruito quella stazione.

E come sappiamo, Luna-25 non è riuscita nell’intento.

Quindi, la domanda è: non è forse giunto il momento di pensare di introdurre l’iniziativa privata anche nell’esplorazione spaziale? Elon Musk sta lanciando con successo veicoli spaziali. Non è turbato dal fatto che abbiamo iniziato a perdere la nostra posizione di leader nell’esplorazione spaziale?

Vladimir Putin: No. L’esplorazione spaziale è un’impresa complessa e responsabile, legata all’alta tecnologia. Qui non abbiamo solo esperienza pratica, ma anche competenze eccellenti.

Per quanto riguarda l’atterraggio in un sito dove nessuno è mai atterrato prima, sì, è un lavoro difficile, ovviamente, e sarà analizzato di conseguenza, e il lavoro continuerà. È un peccato, naturalmente, che l’allunaggio non abbia avuto luogo, ma questo non significa che intendiamo porre fine al programma. Continueremo a lavorarci. Non si sono verificati incidenti di questo tipo in altri Paesi, anche più gravi e con gravi conseguenze? Certo, si tratta sempre di affrontare l’incertezza. Quindi, non c’è nulla di strano in questo caso, anche se vorremmo che la prossima volta tutto riuscisse.

Ma continueremo questo lavoro e ne rafforzeremo alcune aree.

Per quanto riguarda gli affari privati, Elon Musk è certamente una persona eccezionale, va riconosciuto, credo che questo sia riconosciuto in tutto il mondo. È un uomo d’affari energico e di talento e sta realizzando molte cose, anche con il sostegno dello Stato americano. Da parte nostra, anche noi abbiamo intenzione di sviluppare questo settore. Roscosmos ha portato avanti progetti sostenuti dal governo per attirare investitori privati in questo settore di attività, e li stiamo già attirando con successo.

Ilya Doronov: È giunta notizia che lei visiterà il [cosmodromo] di Vostochny. Cosa dobbiamo aspettarci da questa visita?

Vladimir Putin: Ho un programma per la mia visita, e scoprirete tutto quando sarò lì.

Ilya Doronov: Bene, d’accordo.

Il problema della demografia riguarda sia la Russia che l’Estremo Oriente. Lei ha appena detto che 12 milioni di persone vivono al di là degli Urali. Ci sono statistiche ufficiali: secondo Rosstat, nell’ultimo anno la popolazione russa è diminuita di 555.000 persone.

Perché secondo lei, nonostante tutte le misure adottate dallo Stato, non riusciamo a invertire la situazione demografica?

Vladimir Putin: In generale, penso che si stia fallendo ovunque: se c’è una tendenza al ribasso, è molto difficile da superare. Questo è dovuto all’enorme numero di input che sono difficili da comprendere per i non addetti ai lavori.

Ciò è dovuto al tenore di vita e alle molte priorità che hanno le famiglie e le donne in età fertile e riproduttiva. Perché è necessaria un’istruzione, poi è necessario iniziare una carriera, quindi il primo figlio arriva a 30 anni, non c’è tempo per il secondo e così via. Ci sono molti fattori.

Per quanto riguarda la Russia, ne ho già parlato molte volte, gli esperti lo sanno: abbiamo avuto due grandi cali, che ci hanno dato un numero relativamente basso di persone in grado di riprodurre nuova prole: negli anni 1943-1944, quando c’è stato un forte calo del tasso di natalità, e nei primi anni ’90, purtroppo.

I primi anni ’90 sono anche il periodo in cui Anatoly Chubais e il suo team erano attivi. Possiamo ridere, ma hanno fatto molto per compiere passi verso una netta transizione verso l’economia di mercato in Russia. È difficile dire chi avrebbe potuto fare meglio e come. È sempre più facile criticare.

In ogni caso, hanno adottato misure dure, che hanno portato, tra l’altro, al collasso quasi totale del sistema sociale, all’impoverimento di massa e al forte calo del tasso di natalità: come durante la Grande Guerra Patriottica, nel 1943-1944.

Quindi, questi due grandi cali si susseguono a ondate, di volta in volta, e così ci troviamo di nuovo di fronte a questa insidia demografica dopo qualche anno – credo dopo 10 o 15 anni: le persone raggiungono l’età fertile, ma sempre meno per definizione, e ora ci troviamo in questa fase.

Tuttavia, molto è stato fatto per questo. C’è stato un momento in cui il nostro tasso di natalità è aumentato e ha raggiunto numeri positivi.

Ciò a cui dobbiamo prestare attenzione è l’aspettativa di vita, che in Russia sta crescendo. Nel 2021, l’aspettativa di vita media era di 71 anni, mentre ora è di oltre 73, credo addirittura di 73,6 anni. C’è stato un momento, credo a giugno, in cui ha superato di poco i 74 anni, se si calcola anno per anno.

In secondo luogo, è necessario, ovviamente, ridurre il tasso di mortalità e aumentare il tasso di natalità. C’è un altro modo: un afflusso migratorio. Quindi, dobbiamo lavorare su tutti i fattori.

Lei ha accennato al fatto che stiamo attuando tutta una serie di misure a sostegno delle famiglie con bambini, della maternità e dell’infanzia; non mi dilungherò ora, perché si tratta di un’intera grande raccolta. Abbiamo introdotto il capitale di maternità, che stiamo aumentando; abbiamo introdotto il capitale di maternità per il primo figlio, e così via. Dobbiamo intensificare queste misure e lavorare nel settore sanitario per sostenere la maternità e l’infanzia. Faremo tutto questo.

Solo di recente abbiamo registrato una crescita naturale della popolazione. Purtroppo non siamo riusciti a mantenere questa tendenza. Dobbiamo lavorare sodo in tutti i settori, compreso, tra l’altro, quello dell’informazione, aumentando il prestigio della maternità e della paternità con il sostegno dell’opinione pubblica e dei media, per…

Ilya Doronov: Per ispirare.

Vladimir Putin: Ispirare le persone ad avere una buona famiglia sana, promuovere i valori tradizionali, compresi quelli religiosi. Si tratta di una serie di azioni. Ci lavoreremo, ma questo deve essere fatto dall’intera società.

Ilya Doronov: Ho una nonna di 96 anni che era la decima figlia della famiglia. Oggi non si vedono praticamente più famiglie di questo tipo.

Vladimir Putin: Perché, esistono. Cerchiamo di sostenere le famiglie numerose, dove ci sono dieci o più figli.

Ilya Doronov: Una domanda che va oltre il tema della demografia.

I demografi della Scuola Superiore di Economia hanno calcolato che per mantenere la popolazione russa a 146 milioni di persone, ogni anno per 80 anni dovranno entrare 390.000 migranti. Nello scenario negativo, saranno necessari 1,1 milioni di migranti all’anno.

Non riuscite a vedere il pericolo che c’è in tutto questo? Non diventeremo come alcune zone degli Stati Uniti o del Belgio? Ad esempio, ad Anversa sta accadendo qualcosa con i migranti e la polizia non può entrare nell’area.

Vladimir Putin: Sì, certo, dobbiamo tenerlo presente e non permettere in nessun caso che ciò accada in Russia. Questo è un momento molto delicato nella vita dello Stato russo. L’economia, ovviamente, richiede l’impiego di lavoratori immigrati in alcuni settori, soprattutto in quello delle costruzioni. Credo che lì lavori il 33% di tutti gli immigrati.

In generale, non abbiamo così tanti migranti che lavorano nel mercato del lavoro: solo il 3,7% del numero totale di lavoratori. Si tratta di una questione molto delicata, legata all’economia, alla sfera sociale e alla condizione morale della società.

Tra l’altro, per noi è più facile che per i Paesi europei o gli Stati Uniti, perché abbiamo un afflusso di lavoratori dalle ex repubbliche sovietiche. Per noi è più facile lavorare con loro; i leader di questi Paesi comprendono la situazione e sono pronti a collaborare.

Stiamo offrendo programmi di formazione pre-immigrazione con molti Paesi. A cosa servono? Aiutano le persone che intendono lavorare in Russia a imparare la lingua russa e le leggi della Federazione Russa. Abbiamo bisogno che queste persone capiscano che se si trasferiscono in un altro Paese devono rispettare le nostre tradizioni, la nostra cultura e così via. C’è molto lavoro da fare. Dobbiamo continuare a lavorare con loro.

Tra l’altro, questo è importante anche per i nostri cittadini, i cittadini della Federazione Russa, affinché gli immigrati non rappresentino un fattore di disturbo per loro. Questa è la nostra priorità. Dobbiamo certamente pensare prima agli interessi dei cittadini russi.

Quindi, se accettiamo gli immigrati, dobbiamo certamente scegliere quelli che contribuiranno a migliorare lo sviluppo economico della Russia.

C’è un’altra alternativa, semplice e complicata allo stesso tempo. La parte semplice è che potremmo non aver bisogno di una forza lavoro così grande di immigrati se introduciamo una nuova tecnologia che elimina molta manodopera.

Questo ci porta a risolvere un altro problema: lo sviluppo della tecnologia, l’aggiornamento delle strutture e delle attrezzature e così via. Questa è la parte difficile, perché non si può fare da un giorno all’altro. Richiede investimenti consistenti, azioni sicure e duro lavoro. Ci sono molti modi per affrontare questo difficile problema: dobbiamo solo lavorarci. E lo faremo.

Ilya Doronov: Ora farò una domanda che diventa ogni giorno più rilevante e pressante.

Inizierò con le elezioni regionali che si sono appena concluse. Diverse regioni del Distretto Federale dell’Estremo Oriente hanno votato nel giorno delle elezioni nazionali – di fatto, quest’anno i russi hanno potuto votare nell’arco di tre giorni. Congratuliamoci con i candidati vincitori.

Tre anni fa, quando le è stato chiesto se avrebbe cercato la rielezione, ha risposto che non aveva ancora deciso. Ora mancano sei mesi alla campagna presidenziale. È ancora indeciso se candidarsi?

Vladimir Putin: La legge dice che il Parlamento deve designare le prossime elezioni alla fine dell’anno. Quando la decisione sarà presa, le elezioni saranno annunciate, la data sarà stabilita e poi ne parleremo.

Ilya Doronov: Ok, allora possiamo chiederle.

Ho una domanda sulle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Quali sono le sue aspettative in merito? Si svolgeranno l’anno prossimo e stanno accadendo cose strane; sappiamo che Trump potrebbe essere arrestato in qualsiasi momento.

Vladimir Putin: Perché dovremmo preoccuparci? Credo che non ci saranno cambiamenti fondamentali nella politica estera degli Stati Uniti nei confronti della Russia, indipendentemente da chi diventerà Presidente.

È vero che sentiamo il signor Trump dire che può risolvere molti problemi gravi, tra cui la crisi ucraina, in pochi giorni. Beh, c’è di che essere contenti. Sarebbe un bene. Ma, nel grande schema delle cose, noi… tra l’altro, nonostante le accuse di avere legami speciali con la Russia, che sono un’assurdità assoluta, ha imposto il maggior numero di sanzioni alla Russia durante la sua presidenza. Quindi, è difficile dire cosa aspettarsi da un nuovo Presidente, chiunque esso sia. È improbabile, tuttavia, che si verifichi un cambiamento cruciale, perché le autorità attuali hanno condizionato la società americana a essere anti-Russia per natura e spirito; le cose stanno così. L’hanno fatto e ora sarà molto difficile per loro invertire la rotta. Questo è il primo punto.

In secondo luogo, considerano la Russia come un avversario esistenziale e costante o addirittura un nemico e impiantano questa idea nella testa degli americani comuni. Questo non è positivo perché favorisce l’ostilità. Ciononostante, in America ci sono molte persone che desiderano costruire relazioni commerciali buone e amichevoli con noi e, inoltre, condividono molte delle nostre posizioni, soprattutto dal punto di vista della conservazione dei valori tradizionali. Abbiamo molti amici e persone che la pensano come noi. Ma, ovviamente, vengono soppressi.

Non abbiamo quindi modo di sapere chi sarà eletto, ma chiunque sia, è improbabile che la politica antirussa degli Stati Uniti cambi.

Per quanto riguarda la persecuzione di Trump, beh, nelle condizioni attuali, a mio avviso, è una buona cosa.

Ilya Doronov: Perché?

Vladimir Putin: Perché rivela il marcio sistema politico americano, che non dovrebbe pretendere di insegnare agli altri la democrazia.

Tutto ciò che sta accadendo a Trump è la persecuzione politica di un rivale politico. Ecco cos’è. E sta avvenendo sotto gli occhi dell’opinione pubblica statunitense e del mondo intero. Hanno esposto i loro problemi interni. In questo senso, se stanno cercando di combatterci, è un bene perché mostra, come si diceva in epoca sovietica, l’aspetto bestiale dell’imperialismo americano, la sua smorfia bestiale e ringhiosa.

Ilya Doronov: Sì, me lo ricordo.

Visto che ha sollevato questo argomento, mi permetta di condividere con lei un’altra citazione, ma questa volta non le dirò a chi appartiene, e lo faccio di proposito. “Quando si studia la storia e la cultura della Cina, o della Thailandia, o di un qualsiasi Paese africano, si ritiene essenziale provare un certo rispetto per i tratti distintivi di quella cultura. Ma quando si parla dei mille anni di cristianesimo orientale in Russia, i ricercatori occidentali provano per lo più solo stupore e disprezzo: perché mai questo strano mondo, un intero continente, si è ostinato a rifiutare la visione occidentale delle cose? Perché si è rifiutato di seguire il percorso manifestamente superiore della società occidentale? La Russia è categoricamente condannata per ogni caratteristica che la distingue dall’Occidente”.

Lei ha appena parlato di un nemico esistenziale. Questa citazione, tra l’altro, appartiene a Solzhenitsyn, che ha lasciato il Paese, ha vissuto in Occidente e poi è tornato.

Da dove deriva, secondo lei, questo atteggiamento nei nostri confronti?

Vladimir Putin: Innanzitutto, vorrei dire che le conversazioni che ho avuto con Alexander Solzhenitsyn mi hanno convinto che era onesto e sincero nei suoi sentimenti patriottici verso la Russia. In un certo senso, era un nazionalista, ma nel senso positivo e civile del termine. Per questo motivo, non mi sorprende che questa citazione gli appartenga. Questo è il mio primo punto.

In secondo luogo, tutto ciò che riguarda le relazioni della Russia con l’Occidente ruota attorno agli interessi geopolitici dei Paesi occidentali. Questo vale per tutti questi attacchi, anche in ambito spirituale: sono tutti un’estensione di questo confronto geopolitico. Naturalmente, l’Occidente ha cercato a lungo di convertire la Russia al cattolicesimo e di portarla sotto il dominio della Santa Sede. E quando ciò è fallito, si è cominciato a cercare il modo di presentare il nostro Paese come l’Impero del Male. È stato Reagan a coniare questa frase, ma in realtà lo vediamo fin dal Medioevo, o forse anche prima.

Ogni volta che la Russia ha alzato la testa ed è emersa come un vero concorrente geopolitico, e sto parlando di concorrenza e nient’altro, la Russia si è immediatamente scontrata con le politiche di contenimento di qualcuno. Allo stesso modo, l’Occidente sta cercando di contenere la Cina nel suo sviluppo, visto che sotto la guida del Partito Comunista Cinese e con il nostro amico Presidente della Repubblica Popolare Cinese al timone, il Paese ha fatto grandi passi avanti nel suo sviluppo. Per loro questo è uno shock e stanno facendo di tutto per rallentare lo sviluppo della Cina. Ma non sono stati in grado di farlo, sono in ritardo. È un’occasione persa per loro, ed è già troppo tardi. Questo è un processo oggettivo.

Non si tratta solo della Cina. C’è anche l’India e l’Indonesia. Emergeranno nuovi centri di potere e nel tentativo di contenere questi processi alcuni Paesi occidentali, guidati dagli Stati Uniti, non faranno altro che farsi del male.

Ilya Doronov: Possiamo chiederle di condividere con noi un segreto?

Ricorda la visita di Xi Jinping…

Vladimir Putin: Non condivido mai informazioni segrete. Come potete pensare il contrario? Dopotutto, lavoravo per il KGB.

Ilya Doronov: Capisco. In questo caso, se possibile, può condividere con noi un’intuizione.

Xi Jinping ha visitato la Russia, e ricordiamo il video in cui lo avete visto partire, e ha detto: abbiamo avviato un cambiamento che non si vedeva da 100 anni. Cosa intendeva dire?

Vladimir Putin: Sa, ci siamo parlati a tu per tu per quattro ore. C’erano così tante sfumature e dettagli.

Posso solo dire che negli ultimi anni abbiamo raggiunto un livello senza precedenti nelle nostre relazioni. Questo vale per le nostre interazioni in tutti i loro aspetti.

Oggi abbiamo avuto un incontro con la delegazione cinese. Rispetto alle nostre statistiche, quelle cinesi mostrano un volume di scambi commerciali ancora maggiore tra i nostri Paesi. Abbiamo tutte le possibilità di raggiungere forse i 200 miliardi di dollari di scambi commerciali quest’anno, anche se non posso essere sicuro che ci riusciremo perché dipende da vari fattori mutevoli come le fluttuazioni dei prezzi o i tassi di cambio delle valute, quindi dovremo aspettare e vedere come influiscono. Ma ciò che conta è che siamo proattivi nel promuovere la nostra cooperazione, piuttosto che le cifre specifiche.

In effetti, abbiamo raggiunto un livello notevole nelle nostre relazioni sulle questioni di sicurezza internazionale e in termini di coordinamento delle nostre posizioni. Agiamo nel reciproco interesse e cerchiamo di ascoltarci su molte questioni importanti. Ciò significa sia ascoltare e sentire, sia rispondere a livello governativo, a livello di capi di Stato, a livello ministeriale, nonché nei contatti tra le agenzie e le istituzioni militari e di sicurezza. Abbiamo migliorato la nostra cooperazione e raggiunto livelli senza precedenti in questo senso.

Ma c’è un fatto interessante: non stiamo creando alcuna alleanza militare o cercando di usare la nostra amicizia contro qualcuno. La nostra amicizia è pensata per servire il nostro popolo. Questo è il modo in cui possiamo andare avanti.

Ilya Doronov: Tutto sembra perfetto per quanto riguarda le nostre relazioni con la Cina, ma ci sono anche dei problemi. Ho parlato con i dirigenti d’azienda e cosa mi hanno detto? Per esempio, la Cina non ha fretta di portare la sua produzione in Russia e cerca soprattutto di esportare qui più prodotti finiti. E non possiamo dire che il mercato interno cinese sia completamente aperto ai nostri prodotti non di base. Inoltre, non vediamo molta voglia da parte degli investitori cinesi di utilizzare gli strumenti offerti dal mercato azionario russo.

Qual è il problema?

Vladimir Putin: La Cina è un Paese indipendente e dà priorità ai propri interessi. Lo stesso vale per la Russia, che persegue i propri interessi.

Sarebbe sbagliato sostenere che non rispondiamo alle richieste dell’altro. Permettetemi di citare una questione delicata che riguarda l’apertura del mercato cinese alle nostre compagnie carbonifere e minerarie. Anche la Cina deve affrontare alcune sfide nell’industria del carbone e vuole che i suoi minatori forniscano i loro prodotti al mercato interno, ma ha comunque aperto il suo mercato ai nostri produttori di carbone, e questo è stato uno sforzo notevole. In effetti, non abbiamo ancora raggiunto un accordo sulla carne di maiale, ma loro hanno i loro contratti e il governo è stato riluttante a interferire in questi affari, dato che queste aziende hanno legami di lunga data. Dobbiamo risolvere il problema della peste suina africana. Dobbiamo affrontare queste sfide? Sì, le affrontiamo. E dobbiamo affrontarle.

Sono tutte questioni attuali e in corso, e dobbiamo affrontarle al livello corrispondente. Stiamo facendo progressi su tutti questi fronti e non ho dubbi che riusciremo a risolvere le questioni da lei citate.

Tuttavia, dobbiamo fare la nostra parte e dimostrare i vantaggi che abbiamo da offrire. I nostri partner cinesi si sono dimostrati piuttosto ricettivi nei confronti delle nostre iniziative. Lei ha detto che si astengono dall’avviare attività produttive in Russia, ma non lo hanno fatto anche a Tula?

Ilya Doronov: Uno stabilimento automobilistico.

Vladimir Putin: Una fabbrica di automobili. Come fa a dire che non aprono impianti di produzione qui? In effetti lo fanno.

Ma devono esplorare il mercato, valutare l’investimento che sono disposti a offrire e i potenziali ritorni, giusto? Ciò significa che dobbiamo affrontare alcune questioni da parte nostra per offrire agli investitori condizioni favorevoli.

Siamo stati abbastanza bravi nell’alta tecnologia, e il progetto di costruire centrali nucleari in Cina va avanti, e in effetti ce ne sono parecchie. Naturalmente, la Russia è un fornitore leader in questo settore con prestazioni eccellenti, sia a livello nazionale che internazionale. I nostri partner cinesi lo riconoscono e ci offrono questi progetti e ci permettono di utilizzare questi siti, nonostante il fatto che anche loro stiano sviluppando il loro settore nucleare. Tuttavia, sono stati disposti a venirci incontro perché le nostre proposte presentano vantaggi competitivi.

Per esempio, dobbiamo trovare un terreno comune sul progetto degli aerei a fusoliera larga. Si tratta di un compito impegnativo, ma stiamo facendo progressi, anche se i colloqui vanno avanti da tempo, ma dobbiamo comunque ottenere risultati. Per fare un altro esempio, nella produzione di elicotteri abbiamo un chiaro vantaggio competitivo sul mercato internazionale, ma questo non ci ha impedito di lavorare con la Cina. Produrremo elicotteri per il trasporto pesante – c’è un accordo anche in questo senso. Abbiamo lavorato insieme nel settore spaziale e, nonostante alcune sfide, anche in questo caso abbiamo dei vantaggi competitivi. Sono abbastanza disposti a lavorare con noi.

Ancora una volta, dobbiamo riconoscere che la Repubblica Popolare Cinese ha raggiunto molti risultati nell’alta tecnologia sotto la guida del suo attuale leader. È nostro dovere parlarne con loro, e questo lavoro è in corso. Dobbiamo capire in che modo possono trarre vantaggio dalla collaborazione con noi, per offrire loro condizioni favorevoli. È una normale prassi commerciale. Il fatto che poggi su una solida base di fiducia reciproca non può essere sottovalutato. Sono certo che andremo avanti.

Ilya Doronov: Lei ha parlato di alta tecnologia. Probabilmente non sa che i cinesi hanno sconvolto gli Stati Uniti quando hanno prodotto da soli un chip a 7 nanometri e lo hanno utilizzato nei loro nuovi smartphone.

Vladimir Putin: Non è questo che ha spaventato gli americani. Gli Stati Uniti hanno paura della Cina perché qui vivono 1,5 miliardi di persone e questa economia sta facendo passi da gigante nel suo sviluppo. È questo che spaventa gli Stati Uniti. È una sfida per gli Stati Uniti, questo è certo. Anche i chip sono importanti, naturalmente, ma sono solo una parte della storia.

Ilya Doronov: Bene.

Alcune domande sulla questione di Solzhenitsyn.

A luglio, il corrispondente speciale del quotidiano Kommersant, Andrei Kolesnikov, che domani scriverà su Kommersant un bellissimo articolo su questa sessione plenaria che leggeremo, ha parlato con lei e ha fatto dei paralleli tra oggi e il 1937. Lei ha risposto dicendo che oggi siamo nel 2023.

Non sono d’accordo con Andrei in questo senso; quello che mi viene in mente è il 1922, il “piroscafo dei filosofi”, in realtà ce n’erano più di uno, e le persone venivano mandate fuori dal Paese non solo sui piroscafi; i bolscevichi facevano lasciare il Paese sovietico.

Oggi i dissidenti se ne vanno di loro spontanea volontà e nessuno li obbliga a farlo, ma il Paese sta nuovamente perdendo persone di talento. Come pensa che questa perdita influirà sulla Russia?

Vladimir Putin: Sa, ogni persona fa la sua scelta, e ne abbiamo già parlato. Secondo varie stime condotte da giornalisti, circa 160-170 personalità della cultura hanno lasciato l’estero perché in disaccordo con le politiche dello Stato russo.

Si può essere in disaccordo con le politiche dello Stato russo e continuare a stare qui e a parlarne; nessuno lo vieta. Ma alcuni hanno scelto di andarsene. Questo non è solo legato alla posizione delle persone del mondo dell’arte che non sono d’accordo con l’operato della leadership russa, ma ha anche a che fare con considerazioni materiali.

Negli ultimi anni, molti hanno comprato case o appartamenti all’estero e hanno aperto conti bancari lì. Vogliono tenerseli stretti, hanno paura di perderli. Questa è una delle ragioni, e non dico che sia l’unica. Partono per preservare i loro beni. Sono tenuti – è risaputo – a rilasciare dichiarazioni, a criticare e a denunciare. Quindi, criticano e denunciano.

Per ribadire che ci sono persone che sono sinceramente in disaccordo con ciò che lo Stato russo e le autorità russe stanno facendo. Ma, ripeto, nessuno impedisce loro di criticare mentre sono qui, eppure hanno scelto di andarsene. Così sia, è una loro scelta.

La cultura russa ne ha risentito? Probabilmente sì. Se se n’è andata una persona di talento che avrebbe potuto fare qualcosa qui, probabilmente abbiamo perso qualcosa.

D’altra parte, francamente, forse è meglio che servano gli interessi del Paese che vogliono servire all’estero, piuttosto che qui, dove influenzerebbero milioni di nostri cittadini e promuoverebbero valori non tradizionali. È una questione complessa, ma alla fine ognuno è padrone del proprio destino. Se hanno deciso di andarsene, così sia.

Per fortuna qui tutto funziona, compresi i teatri, le sale da concerto e le sedi espositive. Molti artisti si recano nella zona di operazioni militari speciali per sostenere i nostri eroi in prima linea. Hanno fatto questa scelta. E senza dubbio stanno facendo tutto nell’interesse del popolo russo.

Ilya Doronov: Molto probabilmente, domani o oggi, i membri della nuova ondata di emigrazione guarderanno o leggeranno di questa sessione plenaria sui media occidentali. È importante che sappiano: la strada del ritorno in Russia è aperta per tutti loro, oppure no?

Vladimir Putin: Nessuno l’ha chiusa; ci sono andati da soli. Chi ha detto loro di non tornare? Non possiamo farlo. Di cosa stiamo parlando? La questione è che, secondo la legge russa, un cittadino russo può vivere dove vuole, ma nessuno può revocargli la cittadinanza o negargli l’ingresso nella Federazione Russa.

Ilya Doronov: Ho un’altra domanda.

Riguarda la cosiddetta trasformazione della pena. Ci ricordiamo, o meglio, ne abbiamo letto, che nella Russia zarista c’erano i trasporti penali (esilio) e i katorga (lavori forzati); poi nell’Unione Sovietica c’è stato il Terrore Rosso, le rappresaglie e poi gli ospedali psichiatrici. E ora, nella Russia moderna, abbiamo gli agenti stranieri.

Facendo i conti, ho scoperto che nel nostro Paese il numero di persone e organizzazioni che portano questa denominazione ha superato le 400 unità. Ogni venerdì si aggiungono nuovi nomi e nuovi volti all’elenco.

Non credete che stiamo tirando dentro tutti quelli che ci ostacolano? C’è un meccanismo in atto? Ok, qualcuno è diventato un agente straniero, ma come può smettere di esserlo? Cosa devono fare?

Vladimir Putin: Non stiamo tirando dentro nessuno. Chi stiamo tirando dentro? Questa legge è in vigore negli Stati Uniti dal 1937 o 1938. La nostra legge è quasi una copia, solo che è molto più liberale, e continuiamo a parlarne. Negli Stati Uniti, la legge prevede l’azione penale e la reclusione per determinate azioni.

Chi è un agente straniero in Russia? È una persona che si impegna in attività pubbliche per denaro di uno Stato straniero. E questa legge non vieta loro di continuare a svolgere questa attività, ma impone solo di rivelare le fonti di finanziamento. Sappiamo bene che chi paga il pifferaio chiama la musica. Se sono pagati qui, all’interno del Paese, per svolgere attività pubbliche, dovrebbero almeno mostrare la fonte dei loro finanziamenti. Non c’è nulla di strano in questo.

Tuttavia, ci sono molte sfumature e gli attivisti per i diritti umani me le hanno ripetutamente segnalate. Alcune persone che non sono realmente coinvolte in attività pubbliche, ma che si impegnano nel lavoro ambientale e in altre cose, si ritrovano in questa legge. Sì, la stiamo modificando. Continuo a chiedere alle forze dell’ordine, alla procura e agli organi investigativi di proporre modi per migliorare questa procedura.

Ma se mi sta chiedendo se è possibile revocare questo status, sì, è possibile, e ci sono stati dei precedenti attraverso le sentenze dei tribunali.

Ilya Doronov: Ho una domanda relativa all’Ucraina.

Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha recentemente visitato l’Ucraina e poi ha rilasciato un’intervista alla ABC, in cui ha affermato che l’Ucraina è pronta a colloqui con la Russia, aggiungendo che i termini e i futuri confini dipenderanno dall’opinione dell’Ucraina. Tuttavia, ha anche affermato che i colloqui di pace non sono attualmente un’opzione, poiché, cito testualmente, “Bisogna essere in due per ballare il tango”, sottintendendo che la Russia non è disposta a impegnarsi in questi colloqui. Ho due domande. Può commentare questo fatto? E secondo, secondo lei, cosa c’è dietro la posizione del Segretario di Stato americano? L’ha sentita dire a Sochi che la controffensiva è fallita ed è ora di iniziare a parlare?

E la terza domanda: perché il Segretario di Stato americano fa queste dichiarazioni a nome dell’Ucraina?

Vladimir Putin: Dovreste chiedergli perché fa dichiarazioni a nome dell’Ucraina; non ho modo di saperlo.

Per quanto riguarda il processo negoziale: se gli Stati Uniti ritengono che l’Ucraina sia pronta a parlare, allora comincino a revocare l’ordine esecutivo del Presidente ucraino che vieta i colloqui. Esiste un ordine esecutivo presidenziale in cui egli vieta a se stesso e a chiunque altro di tenere colloqui. Blinken dice di essere pronto. Bene, che inizino cancellando questo decreto o ordine esecutivo, o come lo chiamano; questo sarebbe il primo passo.

Ora, per quanto riguarda la situazione generale. Molte persone, me compreso, lo capiscono: L’Ucraina sta conducendo quella che chiamano una controffensiva. Non ci sono risultati, ovviamente. Evitiamo di definirla un fallimento o meno. Non ci sono risultati. Ci sono state perdite significative. Dall’inizio della controffensiva, hanno perso 71.500 uomini. E vogliono ottenere risultati ad ogni costo, come si suol dire. A volte sembra che non siano nemmeno i loro uomini quelli che stanno lanciando in questa controffensiva; è come se non fossero i loro uomini. Francamente… questo è ciò che mi dicono i comandanti in prima linea. È incredibile.

Ilya Doronov: Parla con loro al telefono?

Vladimir Putin: Sempre.

Hanno subito perdite significative, tra cui 543 carri armati e quasi 18.000 veicoli blindati di varie classi, e così via. Sembra quindi che vogliano, come dicono i loro curatori occidentali, azzannare quanto più territorio possibile, scusate il linguaggio. E poi, quando tutte le risorse, sia di personale che di equipaggiamento e munizioni, saranno prossime allo zero, cercheranno di fermare le ostilità, dicendo di volere i negoziati da molto tempo ormai, ma useranno questi colloqui solo per guadagnare tempo e per rifornirsi di risorse e ripristinare le capacità di combattimento delle loro forze armate.

Questa tattica è possibile. In ogni caso, è una possibilità. Ancora una volta, se c’è un sincero desiderio di ottenere qualcosa attraverso i colloqui, allora che lo facciano. Ma perché Blinken dice questo?! Lasciamo che siano gli ucraini stessi a dire che stanno revocando l’ordine esecutivo che ho citato e a dirlo.

Hanno dichiarato pubblicamente che non si impegneranno in colloqui. Ora lasciamo che dichiarino pubblicamente di volerlo fare. Non vedo nulla che possa danneggiare la loro immagine.

Ilya Doronov: Quale potrebbe essere il primo passo da parte loro, dopo il quale saremmo pronti ad avviare i negoziati?

Vladimir Putin: Ascoltate, da tutte le parti le persone con cui comunichiamo, che vorrebbero agire come intermediari, ci chiedono: siete pronti per un cessate il fuoco? Come possiamo cessare le ostilità se l’altra parte sta conducendo una controffensiva? Cosa dovremmo fare? Loro continueranno la loro controffensiva e noi diremo che ci fermiamo? Non siamo dei trotzkisti che dicevano che il movimento è tutto e l’obiettivo finale è niente. È una teoria sbagliata.

Ilya Doronov: Quindi, significa che prima Kiev dovrebbe fermare le ostilità, dimostrarlo, e poi saremmo pronti a parlare?

Vladimir Putin: Ascoltate, vi ho già detto che per prima cosa dovrebbero revocare l’ordine esecutivo che vieta i colloqui e annunciare di volersi impegnare in negoziati, e questo è tutto. Poi vedremo cosa succederà.

Ilya Doronov: Chiederò delle forniture di armi e poi farò una domanda al Vicepresidente perché è un argomento delicato anche per lei; ne ha parlato brevemente. È stata presa la decisione di inviare proiettili all’uranio impoverito. Ora si dice che l’Ucraina potrebbe ricevere anche missili a lungo raggio, con una gittata fino a 300 chilometri.

Innanzitutto, come pensa che questo possa influenzare la situazione sul fronte? E in secondo luogo, come risponderemo a questa eventualità?

Vladimir Putin: Ne abbiamo già parlato, ma devo ripeterlo. Non molto tempo fa, l’amministrazione statunitense considerava l’uso delle munizioni a grappolo un crimine di guerra, lo ha detto pubblicamente. Ora stanno inviando munizioni a grappolo nell’area di combattimento in Ucraina.

Ilya Doronov: Tuttavia, dicono che né gli Stati Uniti né noi abbiamo firmato un trattato che le vieta.

Vladimir Putin: Ora sto parlando di una questione diversa. Hanno annunciato pubblicamente che si tratta di un crimine, ma lo fanno lo stesso. In generale, non si preoccupano di ciò che la gente pensa di loro; fanno sempre tutto solo nel loro interesse. Hanno fatto delle stime e, poiché le munizioni da 155 mm si stanno esaurendo ed è difficile produrle in Europa o negli Stati Uniti, stanno fornendo ciò che hanno nei loro arsenali. Beh, hanno le bombe a grappolo, quindi ci sono. Lo stesso vale per l’uranio impoverito. Usarlo è un crimine, hanno detto, non io, hanno detto che è un crimine. Ma ora lo stanno facendo lo stesso.

Non c’è niente che funzioni. Naturalmente, ci sta costando un pedaggio. Lo stesso vale per l’uranio impoverito. Contamina il terreno. È un male? È molto grave.

Ilya Doronov: A proposito, il capo dell’AIEA [Rafael Mariano] Grossi ha detto: “No, non succederà nulla del genere”.

Vladimir Putin: Sappiamo di cosa si tratta. Il terreno sarà comunque contaminato.

E che dire? Ha modificato la situazione? Gli inglesi inviano queste granate da molto tempo. È cambiato qualcosa sul campo di battaglia? No. Ora stanno per mandare gli F-16. Cambierà qualcosa? No. Sta solo prolungando il conflitto.

Il loro processo elettorale inizia a novembre e hanno bisogno di mostrare qualche risultato ad ogni costo. Stanno spingendo l’Ucraina a continuare le ostilità, indipendentemente da ciò che dicono pubblicamente, perché non si preoccupano degli ucraini. Sorprendentemente, nemmeno l’attuale leadership ucraina sembra preoccuparsi del proprio popolo; lo getta come legna da ardere in una stufa, semplicemente.

Cambierà qualcosa? Io penso di no. Sono sicuro che non cambierà. Trascinerà il conflitto? Sì, lo farà.

Ma ciò che ci preoccupa è il fatto che non hanno freni. Permettetemi di raccontare una storia.

Non molto tempo fa, sul nostro territorio, il Servizio di Sicurezza Federale, durante uno scontro armato, ha eliminato diverse truppe e catturato le altre. Si è scoperto che si trattava di un gruppo di sabotatori dei servizi speciali ucraini. Sono in corso gli interrogatori. Quali erano i loro obiettivi? La loro missione era danneggiare una delle nostre centrali nucleari, facendo saltare una linea elettrica, una linea di trasmissione ad alta tensione, con l’obiettivo di interrompere il funzionamento della centrale. Non era il loro primo tentativo in questo senso. Durante l’interrogatorio, hanno detto di essere stati addestrati da istruttori britannici. Si rendono conto di cosa stanno giocando? Stanno cercando di provocarci per indurci a intraprendere azioni di ritorsione contro gli impianti nucleari ucraini?

Il governo britannico e il Primo Ministro sanno cosa stanno facendo le loro agenzie di intelligence in Ucraina, o sono all’oscuro di tutto? Prendo addirittura in considerazione la possibilità che le agenzie di intelligence britanniche agiscano sotto le istruzioni degli americani, e sappiamo chi è il beneficiario finale. Capiscono con cosa hanno a che fare o no? Credo che stiano semplicemente sottovalutando la situazione.

Ilya Doronov: Non hanno vissuto Chernobyl.

Vladimir Putin: Sapete che sono consapevole che una volta detto questo, inizieranno a gridare che si tratta di un’altra minaccia, di un ricatto nucleare e così via. Vi assicuro che quello che ho appena detto è la verità completa e non adulterata.

Questi individui sono sotto la nostra custodia e stanno collaborando. Conosco la probabile reazione: “Diranno tutto quello che volete sotto la minaccia delle armi”. No, non è così e i vertici delle agenzie di intelligence britanniche sanno che sto dicendo la verità. Ma non sono sicuro che i leader britannici capiscano veramente cosa sta succedendo.

Queste cose ci preoccupano molto perché non sanno dove fermarsi e questo potrebbe portare a gravi conseguenze.

Ilya Doronov: Ma sappiamo che non prenderemo di mira le infrastrutture nucleari.

Vladimir Putin: Le ho detto che potrebbero provocarci a intraprendere tali azioni.

Ilya Doronov: Signora Vicepresidente, una domanda per lei. Lei ha menzionato la questione delle munizioni a grappolo. Se non ricordo male, la guerra in Vietnam è finita nel 1975. Quanto hanno influito i bombardamenti in Laos sulla vita dei civili, e continuano a influire sulla loro vita ancora oggi?

Pany Yathotou (ritradotto): Per quanto riguarda le munizioni a grappolo e le granate inesplose, queste vestigia della guerra, credo che il numero rimanente sia ancora molto elevato. Non le abbiamo ancora disarmate tutte. Naturalmente, queste munizioni inesplose ci creano seri problemi. Riceviamo assistenza umanitaria e tecnica dalla Russia e dalle organizzazioni internazionali, ma finora non siamo riusciti a bonificare il nostro territorio.

Le conseguenze più devastanti per la nostra popolazione sono varie ferite e, ovviamente, molte vite sono andate perse. Per questo motivo, nella Repubblica Democratica Popolare del Laos ci sono molti orfani i cui genitori sono stati uccisi da munizioni inesplose.

Inoltre, queste munizioni stanno ostacolando lo sviluppo della nostra agricoltura perché molti terreni agricoli sono stati gravemente danneggiati dalle munizioni a grappolo. A questo proposito, il governo del Laos sta lavorando duramente per affrontare questa sfida umanitaria, in particolare in collaborazione con la Russia e le organizzazioni internazionali.

Ilya Doronov: Il governo del Laos può dire quanti anni ci vorranno ancora per smantellare completamente il Paese?

Pany Yathotou (ritradotto): La guerra in Laos è durata oltre 30 anni. È stata una delle guerre più lunghe della storia.

L’uso di munizioni a grappolo faceva parte delle tattiche utilizzate in quella guerra. Non possiamo dire quanti anni ancora ci vorranno per disinnescare le vestigia inesplose della guerra. Non c’è dubbio che il governo laotiano continuerà a lavorare in stretta collaborazione con i Paesi amici e le organizzazioni internazionali per risolvere la questione il prima possibile.

Ilya Doronov: Grazie.

Vuole fare un commento?

Vladimir Putin: No. Vorrei solo aggiungere che noi – i nostri esperti – non solo aiutiamo a disinnescare le mine, ma stiamo anche formando il personale locale. Abbiamo già formato 150 professionisti locali dello sminamento.

Ilya Doronov: Signor Presidente, ora le chiederò dell’Armenia. Un anno fa, Nikol Pashinyan era su questo palco e l’ho vista parlare in disparte. Sembrava che steste avendo una conversazione perfettamente normale.

Ora leggiamo delle esercitazioni armeno-statunitensi che sono iniziate ieri, credo. La moglie di Pashinyan si è recata a Kiev. Il presidente del parlamento armeno ha fatto commenti molto sfavorevoli sul nostro ministero degli Esteri.

Da dove deriva questa svolta nella politica armena? Come influirà sulla situazione al confine con l’Azerbaigian? E dove potrebbe portare l’Armenia?

Vladimir Putin: Non credo che ci sia stata alcuna svolta. Vediamo e capiamo cosa sta succedendo. Posso dire molte cose su questo argomento. Abbiamo proposto una serie di soluzioni di accordo.

Francamente – e credo sia un fatto noto – l’Armenia controllava sette distretti che ha ottenuto dopo il conflitto armeno-azero in questione. Abbiamo proposto di raggiungere un accordo con l’Azerbaigian in modo che due distretti – Kalbajar e Lachin – restino sotto la giurisdizione dell’Armenia, così come l’intero Karabakh. Tuttavia, la leadership armena non ha accettato, anche se abbiamo cercato di convincerli a farlo per 10 o addirittura 15 anni. C’erano diverse opzioni, ma tutte si riducevano a questo. Alla domanda su cosa avrebbero fatto, hanno risposto che avrebbero combattuto. Bene, d’accordo.

Alla fine, tutto si è risolto nello stato di cose che vediamo oggi. Ma non si tratta solo degli esiti del recente conflitto; si tratta anche del fatto che la leadership armena ha sostanzialmente – beh, non sostanzialmente, ma effettivamente – riconosciuto la sovranità dell’Azerbaigian sul Karabakh e lo ha documentato nella dichiarazione di Praga.

A dire il vero, ne siamo consapevoli. Ora, il Presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ci dice: siete consapevoli che l’Armenia ha riconosciuto il fatto che il Karabakh è il nostro territorio e che lo status del Karabakh non è più una questione rilevante. È stata risolta. I leader armeni lo hanno dichiarato pubblicamente e hanno riconosciuto che il territorio antecedente al 1991 che include il Karabakh – hanno fornito le cifre – fa parte dell’Azerbaigian. Questo è effettivamente avvenuto, e non è stata una nostra decisione; è una decisione presa dall’attuale leadership armena. E se così fosse, ci dicono, dovreste risolvere con noi ogni questione in sospeso relativa al Karabakh su base bilaterale. Ebbene, cosa possiamo dire? Non possiamo dire nulla. Se l’Armenia stessa ha riconosciuto il Karabakh come parte dell’Azerbaigian, cosa possiamo fare?

Certo, ci sono altre questioni legate all’aspetto umanitario e al mandato delle nostre forze di pace. Questo è vero. Il mandato è ancora in vigore. Le questioni umanitarie, compresa la prevenzione della pulizia etnica, sono rimaste irrisolte, e su questo sono pienamente d’accordo. Spero che la leadership azera – ce lo ha sempre detto e continua a dirlo – non sia interessata alla pulizia etnica. Anzi, al contrario, sono interessati a che questo processo si svolga senza intoppi.

Ilya Doronov: Quanto sono giustificate, secondo lei, le affermazioni di Erevan secondo cui la Russia e la CSTO non hanno aiutato, e non è stato nemmeno tolto l’assedio al Nagorno-Karabakh, che ha portato a un disastro umanitario?

Vladimir Putin: Dal momento che l’Armenia ha riconosciuto il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbaigian, cosa c’è da discutere? Questo è l’aspetto chiave della questione. L’Armenia ha determinato lo status del Karabakh stesso. Non c’è altro da dire.

Ilya Doronov: Una domanda personale, se posso. Il signor Pashinyan ha parlato con lei di recente? Glielo chiedo perché ha parlato con il Presidente della Francia Emmanuel Macron e con il Presidente dell’Iran.

Vladimir Putin: Mi ha inviato un messaggio dettagliato. Manteniamo la comunicazione. Non abbiamo problemi con l’Armenia o con il Primo Ministro Pashinyan a questo proposito; rimaniamo sempre in contatto.

Ilya Doronov: C’è un’altra domanda importante sugli sviluppi in Ucraina. Si dice che sia possibile una nuova mobilitazione in Russia.

Cosa può dire a coloro che ci stanno osservando?

Vladimir Putin: Guardi, in Ucraina è in corso una mobilitazione forzata. Arriva a ondate, una dopo l’altra, e non so se ci sia ancora qualcuno da chiamare.

Abbiamo effettuato una mobilitazione parziale. Come sapete, abbiamo richiamato 300.000 persone. Negli ultimi sei o sette mesi, 270.000 persone si sono offerte per il servizio a contratto nelle Forze Armate e nelle unità di volontariato.

Ilya Doronov: Questo si aggiunge alla mobilitazione parziale?

Vladimir Putin: Sì, certo, si sono arruolati negli ultimi sei o sette mesi. Le persone si recano negli uffici di reclutamento militare e firmano i contratti. Ben 270.000 lo hanno fatto. Inoltre, il processo continua. Ogni giorno, tra le 1.000 e le 1.500 persone vengono a firmare, ogni giorno.

Lei sa che questo è il tratto distintivo del popolo russo, della società russa. Non so se questo sia possibile in qualsiasi altro Paese, perché la nostra gente si arruola consapevolmente nella situazione attuale, sapendo che alla fine sarà mandata in prima linea. I nostri uomini, i nostri uomini russi, rendendosi pienamente conto di ciò che li aspetta e comprendendo che potrebbero morire per difendere la loro Madrepatria o essere gravemente feriti, fanno comunque questa scelta, volontariamente e consapevolmente, per proteggere gli interessi del loro Paese.

Lei ha parlato di elezioni. Si sono tenute ovunque, anche nelle regioni di Zaporozhye e Kherson e nelle repubbliche di Lugansk e Donetsk. Si sono svolte in condizioni difficili e ammiro il coraggio del personale dei seggi elettorali. Quando sono iniziati i bombardamenti – il nemico ha preso di mira anche i seggi elettorali – la gente si è rifugiata negli scantinati, per poi riprendere il lavoro una volta terminati i raid. La gente si è recata ai seggi e si è messa in fila nonostante la possibilità che venissero attaccati.

Perché dico questo? Perché i nostri soldati, i nostri uomini, i nostri eroi che combattono in prima linea sanno che ci sono persone che devono proteggere, e questo è il punto chiave. Stiamo proteggendo il nostro popolo.

Ilya Doronov: Tra poco finiremo. Ma ho ancora diverse domande.

Il 1° settembre è stato consegnato alle scuole un nuovo testo di storia. Non ne parlerò nel dettaglio perché abbiamo intervistato il suo aiutante, Vladimir Medinsky, che ha specificato la posizione ufficiale.

Ma contiene la seguente frase. Cito: “Sapete, la vita è sempre più complicata di qualsiasi stereotipo ideologico o giornalistico. Passerà un decennio e il nostro tempo sarà sottoposto a un esame rigoroso. Gli storici si chiederanno quali passi compiuti dai leader mondiali, compresa la leadership del nostro Paese, siano stati giusti e tempestivi, e in quali casi si sarebbe dovuto intraprendere un diverso corso d’azione”.

Se possibile, volevo chiederle di non aspettare gli storici del futuro. Dal suo punto di vista, cosa è stato fatto correttamente e dove sono stati commessi errori in questo periodo?

Vladimir Putin: No, aspettiamo gli storici del futuro. Solo le generazioni future saranno in grado di valutare in modo obiettivo ciò che abbiamo fatto per questo Paese.

Ricordo quello che il principe Potyomkin scrisse a Caterina la Grande sull’annessione della Crimea. Non sarò in grado di riprodurre la citazione esatta, ma posso trasmetterne il significato. Egli scrisse quanto segue: Il tempo passerà e le generazioni future vi rimprovereranno per non aver annesso la Crimea nonostante foste in grado di farlo, e voi vi vergognerete. Gli interessi dello Stato vengono prima di tutto. Noi siamo guidati proprio da queste considerazioni, diamo loro la massima priorità, e di certo non ce ne vergogniamo.

Ilya Doronov: Ho una domanda relativa allo sport. Mi riferisco ai Giochi Olimpici che si terranno in Francia l’anno prossimo.

Prima di porre la mia domanda, vorrei che tutti noi applaudissimo il nostro tennista, Daniil Medvedev, che si è battuto nella finale degli US Open a New York. È stata una bella finale, con un russo e un serbo, due credenti ortodossi, che hanno giocato.

Ringraziamo Daniil per questo. È vero, non c’era nessuna bandiera – ho visto la trasmissione – né alcun riferimento al fatto che è russo.

Anche il presidente francese Emmanuel Macron ha detto che ai Giochi Olimpici che il suo Paese ospiterà l’anno prossimo non ci saranno bandiere russe o bielorusse – niente.

Cosa dire ai nostri atleti, per i quali le Olimpiadi sono davvero l’obiettivo della loro vita? Stanno aspettando e dovranno mancare.

Vladimir Putin: Dirò questo. Data la situazione, dovremmo innanzitutto farci guidare dagli interessi degli atleti. Ognuno di loro, che si è allenato per anni o addirittura decenni in vista di queste competizioni cruciali, dovrebbe prendere una decisione autonoma.

Per quanto riguarda il Movimento Olimpico stesso, vorrei dire questo. Credo che l’attuale gestione delle federazioni internazionali e del Comitato Olimpico Internazionale stia distorcendo l’idea originale di Pierre de Coubertin, secondo cui lo sport deve essere al di là della politica, non deve disunire le persone, ma unirle.

Cosa è successo negli ultimi decenni? Il Movimento Olimpico è stato preso nella trappola degli interessi finanziari. Lo sport internazionale e il Movimento Olimpico internazionale sono stati commercializzati, il che è inaccettabile, e questa commercializzazione ha portato a… Di cosa sto parlando? Gli sponsor, le trasmissioni commerciali, le principali aziende occidentali, che in ultima analisi forniscono la base per il funzionamento del Comitato Olimpico Internazionale e del movimento nel suo complesso, dipendono direttamente dalle organizzazioni politiche e dai governi dei loro Paesi.

Questa combinazione ha creato una situazione in cui lo sport internazionale e il Movimento Olimpico sono in declino e non svolgono più le loro funzioni principali. L’idea principale [dello sport] non è solo quella di battere i record, ma di unire le persone, ma il Movimento olimpico internazionale non sta più facendo questo. Questo è deplorevole per il Movimento Olimpico stesso, perché si creeranno movimenti alternativi, in un modo o nell’altro, e non si può fare nulla al riguardo perché è un processo oggettivo.

L’anno prossimo si terranno i Giochi Mondiali dell’Amicizia; si terranno competizioni nell’ambito dei BRICS, e coloro che sono depoliticizzati vi parteciperanno volentieri. Questo avrà un effetto distruttivo sulle attuali organizzazioni internazionali. Devono essere ringiovanite, anche in termini di personale.

È deplorevole che ciò stia accadendo, ma proteggeremo gli interessi dei nostri atleti. Questo è il primo punto. In secondo luogo, creeremo possibilità alternative per loro, anche in termini di risultati finanziari dei loro successi.

Ilya Doronov: Il Ministero dello Sport ha fornito le statistiche relative all’EEF o a prima dell’EEF, secondo le quali 55 atleti olimpici russi hanno cambiato la loro cittadinanza, e il numero comprendente anche gli atleti non olimpici è di oltre 100. Lei comprende queste persone?

Vladimir Putin: Ho detto all’inizio della mia risposta che le persone hanno lavorato per decenni per raggiungere i loro obiettivi, ma sono state impedite per motivi politici.

Sa, c’è un altro elemento in tutto questo. Non so se posso dirlo, ma alcuni dicono che lo sport e le competizioni internazionali sono diventate la sublimazione della guerra. C’è qualcosa in questo.

Non giudico nessuno, ma è importante che gli atleti, soprattutto quelli di alto livello, sentano l’inno e vedano la bandiera del loro Paese quando salgono sul podio. Ma alla fine ognuno fa la sua scelta. Questo è ciò che credo.

Ilya Doronov: Le farò un’ultima domanda.

Abbiamo aperto la sessione plenaria di oggi affermando che dieci anni fa abbiamo proclamato l’Estremo Oriente, la Siberia e l’Artico come nostre priorità.

Vorrei dare uno sguardo al futuro e parlare di come potrebbero essere l’Estremo Oriente, la Siberia e la Russia tra dieci anni.

In questo momento stiamo assistendo a una sorta di reincarnazione in una nuova fase, forse paragonabile a quella dell’Unione Sovietica, quando c’era un movimento di giovani pionieri, e ora abbiamo il Movimento dei Primi. Qualche tempo fa abbiamo riportato in auge la musica dell’inno sovietico. Alla VDNKh si sta preparando una mostra intitolata Russia, che ci ricorda anche il passato.

L’immagine futura dell’Ucraina, ad esempio, è chiara e comprende l’adesione alla NATO e all’UE. Anche in Occidente l’immagine del futuro appare, per così dire, rosea.

Qual è l’immagine del futuro per la Russia?

Vladimir Putin: Lei ha appena detto che per alcuni Paesi l’immagine del loro futuro comprende l’appartenenza a organizzazioni come la NATO o l’UE. Si rende conto di ciò che ha appena detto? In altre parole, il loro futuro è legato non solo all’interazione con gli altri, ma alla loro completa dipendenza dagli altri.

Nella sfera della difesa, hanno bisogno di qualcuno che li copra, altrimenti falliranno. Nella sfera economica, hanno bisogno di qualcuno che invii loro fondi, altrimenti non saranno in grado di sollevare la loro economia. Tra l’altro, nessuno vuole la pace in Ucraina perché, se la guerra finirà, dovranno rispondere al loro popolo degli aspetti economici e sociali, e non c’è molto da dimostrare. Dubito che, una volta terminate le ostilità, si assisterà a una ripresa dell’economia ucraina. Chi li sfamerà? Ne dubito.

Siamo noi gli artefici del nostro futuro. Di recente ho incontrato dei giovani scienziati a Sarov. Anche loro mi hanno fatto delle domande, almeno abbiamo parlato di questo. Di che cosa? Voglio dire questo, forse in un formato diverso, ma l’idea di fondo sarà la stessa. Gli scienziati si occupano di ricerca e sviluppo. Gli industriali lavorano nella sfera della produzione materiale, nell’agricoltura, nel settore industriale, ecc. Le figure culturali creano immagini per preservare i nostri valori, che danno forma alla vita interiore di ogni persona e di ogni cittadino della Russia. Tutto questo insieme darà sicuramente un risultato. Tutto questo dovrebbe concretizzarsi nell’autosufficienza del nostro Paese, anche nei settori della sicurezza e della difesa. Ma questo non significa che il Paese si autoisoli. Significa che svilupperemo il nostro Paese e lo renderemo ancora più forte in collaborazione con i nostri partner e amici e in integrazione con la stragrande maggioranza dei Paesi che rappresentano la maggior parte della popolazione mondiale.

Ho già parlato di industria, scienza e così via. Ma nel farlo, dobbiamo in ogni caso preservare l’anima della Russia, l’anima della nostra nazione multietnica e multiconfessionale. Questa componente umanitaria, insieme alla scienza, all’istruzione e alla produzione reale, sarà la base su cui questo Paese avanzerà, sentendosi e considerandosi uno Stato sovrano e pienamente indipendente con buone prospettive di sviluppo. Sarà così.

Guardate, nonostante tutte le restrizioni imposte alla Russia… Cosa speravano? Si aspettavano che il nostro sistema finanziario andasse in pezzi, che l’economia crollasse, che gli impianti industriali si fermassero e che migliaia di persone rimanessero senza lavoro. Ma non è successo nulla di tutto ciò. La performance dello scorso anno ha collocato la Russia tra le prime cinque grandi economie mondiali in termini di parità di potere d’acquisto e di volume dell’economia. È molto probabile che continueremo su questa strada. Ho detto che l’inflazione in Russia è cresciuta un po’, ma è nei limiti degli indicatori rilevanti. La disoccupazione è al minimo storico del 3%. Si tratta di un dato senza precedenti: un tasso di disoccupazione nazionale del tre per cento.

Naturalmente, a questo proposito, emergono altre questioni legate alla forza lavoro, ma anche queste vengono affrontate. I redditi reali stanno aumentando per la prima volta da diversi anni. Certo, si tratta di redditi modesti, come ho detto, ma la tendenza è nella giusta direzione. Anche i redditi reali disponibili e i salari reali stanno crescendo. Nel complesso, tutto questo ci dà ragione di pensare che la Russia non solo ha un futuro sostenibile e positivo, ma anche che questo futuro è assicurato dagli sforzi di tutto il nostro popolo multietnico.

Ilya Doronov: In conclusione, ci si sente di dire che questo sembra un programma elettorale. Ma non possiamo parlarne fino a dicembre.

Grazie. Concludiamo la sessione plenaria. Abbiamo parlato per quasi tre ore e abbiamo cercato di rispondere a molte domande, ma non si può abbracciare l’infinito.

Signora Vicepresidente del Laos, grazie per essere venuta. Signor Presidente, grazie per aver risposto a tutte le mie domande.

Grazie a lei. Buona serata a tutti.

http://en.kremlin.ru/events/president/transcripts/72259

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SITREP 9/20/23: Attriti e disordini, di Simplicius The Thinker

NB_I video mancanti sono comunque disponibili nel link originale

https://simplicius76.substack.com/p/sitrep-92023-friction-and-turmoil?utm_source=post-email-title&publication_id=1351274&post_id=137203989&utm_campaign=email-post-title&isFreemail=false&r=9fiuo&utm_medium=email

SITREP 9/20/23: Attriti e disordini

di Simplicius The Thinker

Dato che sono un appassionato di approfondimenti e seguirò sempre le questioni importanti man mano che si sviluppano, ho voluto iniziare con la continuazione di una linea precedente. In uno degli ultimi rapporti abbiamo parlato delle potenziali mobilitazioni da entrambe le parti, dei numeri delle truppe e di come ciò si colleghi ai prossimi sviluppi del conflitto nel futuro a medio termine.

Ho riferito che vi erano nuove indicazioni secondo cui la forza russa di 300.000 uomini, recentemente reclutata, sarebbe stata utilizzata per ruotare le truppe precedentemente mobilitate a partire da settembre-ottobre del 2022.

Tuttavia, il presidente della Duma di Stato Andrey Kartapolov ha messo a tacere le speculazioni con un nuovo decreto che afferma direttamente che le truppe precedentemente mobilitate non saranno “smobilitate” come pensavo, e che il loro mandato terminerà solo con la fine della SMO stessa:

Torneranno a casa dopo aver completato un’operazione militare speciale. Non è prevista alcuna rotazione. Hanno diritto a ferie per ogni sei mesi di servizio, e ora vanno in ferie”, ha detto il deputato.
Tuttavia, si continua a dichiarare che i nuovi reclutati saranno utilizzati per le rotazioni in corso di tipo normale, come i feriti, eccetera, ma semplicemente che i 300 mila mobilitati dall’anno scorso non saranno smobilitati in massa fino alla fine della guerra.

Questa è una buona notizia, perché significa che la Russia sta costruendo le sue forze. È interessante notare che, a questo proposito, il generale Milley ha rilasciato una nuova dichiarazione in cui fa riferimento al fatto che la Russia ha 200.000 o “più di 200.000” truppe in Ucraina. Ancora una volta ricordiamo che ho ripetutamente ribadito che la Russia sta usando molte meno truppe di quanto si sia portati a credere. Se ora hanno solo più di 200.000 uomini in Ucraina dopo mobilitazioni di massa e centinaia di migliaia di nuovi arruolamenti, immaginate cosa avevano all’inizio? Per questo motivo rimango fedele a quanto ho riferito, ovvero che la Russia ha utilizzato solo 70-80 mila uomini nelle fasi iniziali della SMO, e non molto di più anche al momento dell’anniversario del primo anno.

In definitiva, però, potrebbe esserci un inganno deliberato da parte della Duma russa, che potrebbe non voler rivelare completamente i propri piani di guerra futuri. Quindi, per quanto ne sappiamo, è possibile che stiano costruendo i nuovi reclutati per un grande pugno d’attacco, mentre per ora li sminuiscono come una sorta di riserve.

Proseguendo, l’altro grande argomento per il quale abbiamo un aggiornamento sono le perdite ucraine. La notizia bomba di ieri è arrivata dal capo del commissariato militare della regione di Poltava:

\Le perdite del rifornimento delle Forze Armate dell’Ucraina dello scorso anno ammontano al 90% – commissario militare di PoltavaQuesto riconoscimento è stato fatto dal capo facente funzioni del TCC regionale di Poltava, il tenente colonnello delle Forze Armate dell’Ucraina Vitaly Berezhnoy.

Quindi, sta dicendo che circa il 90% di tutti i soldati reclutati in tutta la sua grande regione sono diventati vittime. Come ho scritto ieri nella mailbag, alcuni hanno fatto un calcolo a ritroso per ottenere una cifra teorica di 400.000 persone estrapolata per l’intera AFU:

Quindi se l’Ucraina ha mobilitato 700.000 persone e ha un esercito di 300.000, per un totale di 1.000.000 Si possono prevedere perdite di circa 800.000: – di cui 400.000 sarebbero feriti, circa la metà può tornare – 400.000 uccisi
Secondo notizie non verificate, Zelensky si sarebbe “indignato” e avrebbe chiesto il licenziamento del commissario di Poltava.

Inoltre, un combattente ucraino ha pubblicato la conferma delle cifre di Poltava dalla sua stessa unità, sul suo conto:

Dice anche che alcune divisioni hanno cifre di perdite ancora peggiori. Quanto si può fare peggio di un tasso di perdite dell’80-90%?

Il fatto è che sta diventando sempre più chiaro che alcune delle peggiori e più estreme previsioni sulle perdite ucraine potrebbero in effetti essere vere. Questo si estende a cose come la cattura di prigionieri di guerra, ad esempio con il nuovo rapporto di ieri secondo cui già 3.500 soldati dell’AFU si sono arresi dal lancio del nuovo progetto russo di avere una speciale “frequenza di resa” su tutti i canali radio dove gli ucraini possono comporre e arrendersi in modo sicuro alle forze russe:

Dal lancio del progetto Volga, in cui le Forze armate ucraine sono invitate a collegarsi alla frequenza 149.200 per arrendersi, poco più di 3.500 soldati e ufficiali nemici si sono arresi volontariamente. Di fatto, un’intera brigata di “controffensiva”.
Il problema è che questo progetto ha solo pochi mesi di vita. Ciò significa che 3.500 si sono arresi solo da luglio o giù di lì, quando credo sia stato lanciato. Questo spiegherebbe l’improvvisa impennata a 18.000 prigionieri di guerra totali, poiché il nuovo canale radio ha reso molto conveniente per l’AFU arrendersi in modo sicuro, il che era classicamente una delle principali barriere che impedivano la loro resa. Temevano che uscendo in campo aperto, ecc. sarebbero stati colpiti da cecchini nervosi o da chiunque non avesse visto la loro bandiera bianca improvvisata.

Ma il nuovo canale permette loro di coordinare completamente la resa con le forze russe avversarie, che danno loro istruzioni su dove e come farlo e poi informano tutti gli amici vicini di non sparare sulle truppe ucraine. Lo si può vedere in questo video, girato proprio nel momento in cui è stato lanciato il canale radio:

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La cosa interessante è che in questo periodo abbiamo assistito a un enorme aumento di video di arrese “di massa”, sotto forma di interi gruppi di truppe. Solo ieri e oggi, per esempio:

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E anche nel momento in cui scriviamo, è arrivato un video nuovo di zecca con la didascalia specifica che questo gruppo di soldati ucraini ha usato il canale speciale “Volga” per arrendersi alle forze russe:

Un nuovo “partito” di militanti delle Forze armate ucraine si è arreso alla DPRIl filmato mostra ucraini mobilitati che sono “stanchi di combattere”. Per farlo, hanno utilizzato uno speciale canale radio russo aperto.Ricordiamo che a metà luglio è stata chiamata la frequenza 149.200: su di essa, ogni ucraino che decide di arrendersi può andare in onda e chiamare il nominativo “Volga”.
Purtroppo, a questo punto le truppe ucraine vengono solo falciate. Un mese o due fa abbiamo visto che hanno iniziato a passare a tattiche di “assalto alla carne”, perché la loro armatura aveva iniziato a scarseggiare in modo scomodo. Ora ci sono numerose prove di questo, sotto forma di video che mostrano truppe ucraine a piedi che attraversano semplicemente i campi aperti, o che al massimo usano i loro veicoli leggeri di mobilità rimasti:

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Guardate il video qui sopra, vedete come le truppe dell’AFU erano ammassate nelle strisce erbose tra i campi? Ora, guardate il video qui sotto che mostra la vista da terra di un soldato dell’AFU che barcolla nella desolazione. Si tratta di un video imperdibile che mostra quanto l’AFU stia pagando per ogni centimetro quadrato dei suoi assalti alla carne:

 

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C’è anche questo rapporto che sembra sottolineare il calo delle armature:

Ecco una piccola ma curiosa notizia. Le Forze armate ucraine hanno annunciato il cambio di nome e quindi la trasformazione della 92ª Brigata meccanizzata nella 92ª Brigata d’assalto. Cosa significa tutto questo? La Brigata meccanizzata è composta da quattro compagnie meccanizzate equipaggiate con veicoli blindati pesanti di supporto. Una Brigata d’assalto ha solo due compagnie meccanizzate e altre due di fanteria veterana senza corazzatura. Questo dimostra che la disponibilità di veicoli corazzati da parte ucraina sta effettivamente diminuendo in modo significativo.
E qui c’è una buona descrizione recente della nuova tattica che l’Ucraina sta utilizzando nell’area di Rabotino:

Gli ucraini e i loro supervisori hanno capito che ora siamo di fronte a una guerra di trincea e di fanteria, e quindi stanno usando sempre più munizioni a grappolo. Secondo le mie sensazioni, ora vengono utilizzate due munizioni a grappolo per ogni munizione a frammentazione ad alto esplosivo. I blocchi di gomma da masticare si stanno precipitando verso Novoprokopovka. Di conseguenza, la loro progressione si presenta così: per diversi giorni stirano le trincee con l’artiglieria, mentre si accumulano in piccoli gruppi nei sotterranei di Rabochino. All’ora stabilita, corrono all’assalto a piedi. Se l’assalto all’opornik (punto di forza) successivo fallisce, tutto si ripete di nuovo e così via finché lo sbarco non viene cancellato dalla faccia della terra”.
Con anche questo corollario:

Nonostante tutte le critiche, la linea Surovikin svolge ancora il suo compito. Sì, gli ucraini l’hanno raggiunta nella zona di Verbovoye, ma l’hanno presa d’assalto a piedi. I veicoli blindati non hanno sfondato, il che significa che anche dopo la perdita delle prime linee, i “denti di drago” continuano a svolgere la loro funzione.
Quando i veicoli blindati sono diventati un elemento ausiliario sul campo di battaglia, la fanteria, l’artiglieria, i droni e la guerra elettronica sono saliti alla ribalta. Chi realizza la costruzione corretta in questo quadrato otterrà un vantaggio sul campo di battaglia nel prossimo futuro.
Come corollario, ho trovato interessante questa statistica, anche se non sono certo che sia vera:

Durante l’intera battaglia di Kursk, la parte sovietica ha utilizzato 400 mila mine. Ora, solo tra Pyatikhatki e Gulyai – Pole – questo è principalmente il sito di Rabochino – Verbovoe – la nostra squadra ha messo 480 mila mine e questa cifra continua a crescere! Si è notato che anche nelle loro profonde retrovie, l’APU, quando avanza verso la linea del fronte, si imbatte spesso nelle nostre mine, nelle quali hanno effettuato dei passaggi già a giugno.
È probabile, però, che sia vero, viste le capacità su scala industriale che la Russia possiede ora nel posare le mine con le capacità di sminamento automatico RAAM e FASCAM, che spargono centinaia di mine alla volta dopo essere state sparate dall’artiglieria tubolare.

Come ultimo accenno al tema delle perdite, nella mailbag di ieri avevo parlato di forze partigiane e mercenari. Ora i mercenari britannici stanno fuggendo dall’Ucraina perché sono terrorizzati per la loro vita a causa del recente aumento di mercenari uccisi in modo extragiudiziale, o meglio assassinati dal loro stesso popolo:

Leggete quello che dice sopra: “Finirò per morire se continuo”.

Il gruppo sta ricevendo un duro contraccolpo per aver portato alla luce le recenti uccisioni di mercenari nelle retrovie, come gli altri mercenari britannici trovati morti con le mani legate dietro la schiena.

Il video fa riferimento a un altro mercenario di nome Macer Gifford, che ne parla qui sotto ed esprime anch’egli il desiderio di andarsene:

Non ho trovato il video
Ed ecco il notiziario britannico sui mercenari morti recentemente ritrovati, in cui si ammette che la Russia probabilmente non è il colpevole:

Non ho trovato il video
Anche un mercenario polacco ha riferito quanto siano sconcertanti le perdite da parte dell’AFU:

Cosa sta guadagnando l’Ucraina in tutto questo massacro? Non c’è stato praticamente alcun progresso: gli insediamenti che dicono di aver “catturato”, come Klescheyevka, rimangono in realtà nella zona grigia e nessuna delle due parti può entrarvi. In effetti, sorprendentemente, anche gli insediamenti “catturati” – come è effettivamente ora – mesi fa, come Staryomayorsk e Urozhayne, non sono nemmeno controllati dall’Ucraina. Continuano a essere per lo più zone grigie, con piccoli gruppi che entrano da nord e vengono poi cacciati dall’artiglieria.

È una prova di ciò che la Russia ha detto all’inizio: le guerre di artiglieria hanno semplicemente raso al suolo tutti questi luoghi (che includono Klescheyevka, Andreevka, ecc.), consentendo ora a entrambe le parti di occuparli ulteriormente, perché semplicemente non ci sono più oggetti dietro cui ripararsi.

Le nuove riprese del drone di Klescheyevka confutano la pretesa dell’Ucraina di controllarla, poiché mostrano una landa desolata senza truppe di nessuna delle due parti che la occupano:

Non ho trovato il video
Infine, ci sono voci come la seguente. Ma prendetele con le molle:

Mobilitazione generale in cambio di armi e rifiuto delle elezioniUn’interessante versione dei piani di Zelensky per una visita negli Stati Uniti da parte del deputato popolare Dubinsky è stata pubblicata dal canale ucraino ZeRada.Secondo il deputato popolare, Zelensky riceverà armi e smetterà di insistere sulle elezioni obbligatorie del prossimo anno in cambio di una mobilitazione totale e dell’invio di tutti al fronte – dalle donne e gli adolescenti ai disabili e agli anziani.Fino all’ultimo…
D’altra parte, nel teatro del Mar Nero e della Crimea, l’Ucraina ha ottenuto qualche risultato che le permette di mantenere a galla la sua guerra dell’informazione. Non si tratta ovviamente di una coincidenza, ma piuttosto del fatto che, a causa del fallimento dell’offensiva, l’Ucraina è stata costretta a riorientare le risorse verso qualcosa di nuovo che le garantisse “punti vittoria” sui media.

Questo ha portato a una nuova campagna su larga scala contro la Crimea, che include le recenti incursioni su piattaforme petrolifere abbandonate che l’Ucraina sta cercando di utilizzare come aree di sosta per le unità DRG per tentare incursioni notturne sulle coste della Crimea. Si sostiene che queste unità stiano anche cercando di sorvegliare le difese della Crimea, come un lanciatore russo S-300 che sarebbe stato colpito a Yevpatoria.

Ora hanno preso di mira i cantieri navali di Sebastopoli, colpendo la nave da sbarco russa di classe Ropucha e forse il sottomarino diesel di classe Kilo. Dico forse perché le foto “trapelate” del sottomarino sembrano essere potenzialmente false in quanto:

non corrispondono alle riprese satellitari
sono state “trapelate” / postate per la prima volta da account ucraini
sono stranamente pixelate/censurate quando le riprese video trapelate della nave proprio accanto al sottomarino erano chiare e non censurate
non ci sono filmati satellitari successivi che mostrino una distruzione più chiara, quando invece c’è stata in ogni altro colpo, come per l’Il-76, ecc.
hanno anche affermato che la nave da pattugliamento russa Sergey Kotov è stata colpita da droni navali e completamente affondata, ma si è rivelato un falso, indicando una campagna di informazione coordinata dall’Ucraina
Molti stanno facendo un gran parlare di questi attacchi, usandoli per mettere insieme una narrazione secondo cui l’Ucraina sta guadagnando forza nelle sue capacità di attacco e sta “assottigliando” le difese della Russia, degradando la sua capacità di proteggere la Crimea, e che tutto questo porterà all’abbandono e alla riconquista della Crimea.

Ma si tratta di un’ingegnosa opera di ingegneria narrativa da parte dell’Ucraina. La maggior parte dei singoli pezzi non è correlata. Per esempio, l’attacco agli S-300 di Yevpatoria ha poco a che fare con la capacità dell’Ucraina di colpire Sebastopoli a 70 km di distanza, dato che un’unità radar a quella distanza non può nemmeno vedere un bersaglio che si muove in mare o a bassa quota.

Né gli attacchi all’impianto di riparazione di Sebastopoli sono necessariamente indicativi di nuove capacità. Proprio come gli attacchi alla lontana base aerea russa di Pskov, completamente estranea alla SMO, l’Ucraina sta prendendo di mira aree più vulnerabili e potenzialmente trascurate per fare colpo.

Per esempio, nelle vicinanze di Sebastopoli ci sono interi ormeggi pieni delle più potenti, costose e avanzate navi russe. Perché non hanno potuto colpire e distruggere quelle? Invece sono stati costretti a colpire un bacino di riparazione che ospitava due navi già fuori servizio, che in effetti erano lì ferme da mesi. È la stessa argomentazione che ho fatto in precedenza sul fatto che la Russia ha interi campi d’aviazione pieni di jet di prima linea, elicotteri Ka-52, ecc. e che l’Ucraina non è stata in grado di toccarli, affidandosi invece ad attacchi furtivi che producono fanfare su aree trascurate e insignificanti nelle retrovie.

Detto questo, anche se si trattava solo di una vecchia nave da sbarco che non serve alle SMO, è comunque un colpo doloroso, soprattutto se è vero che anche il sottomarino è stato colpito o distrutto. Naturalmente, il Ministero della Difesa russo ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui si afferma che entrambe le navi saranno riparate, ma alcuni esperti ritengono che ciò sia improbabile visti i danni potenziali. Dovremo aspettare e vedere, ma dato che entrambi i vascelli erano già fuori servizio, non è che la capacità della Russia sia stata ridotta nel breve termine.

L’unica domanda da porsi sarà se la Russia riuscirà a colmare le lacune che hanno permesso a questi (secondo quanto riferito) 3 Storm Shadows di aggirare la rete. Il Ministero della Difesa russo ha dichiarato che erano 10 in totale e che 7 sono stati abbattuti, quindi è possibile che si sia trattato di un attacco di saturazione che ha sopraffatto le difese aeree. Va ricordato che se fosse stato così facile per l’Ucraina, l’avrebbe ripetuto di nuovo e avrebbe messo fuori uso tutte le navi russe a Sebastopoli. Il fatto che siano riusciti a farlo solo una volta mi indica che si tratta di un’azione pianificata a lungo e che sono in grado di portare a termine solo una volta ogni tanto.

In generale, possiamo concludere che, sebbene questi attacchi diano l’apparenza di forza e di “successo” di qualche tipo, seguono un tema comune, quello di colpire oggetti abbandonati o derelitti con scarse connessioni con le SMO, il che dimostra solo la debolezza e la disperazione dell’Ucraina nel creare vittorie mediatiche. Dal colpire i grattacieli di Mosca agli aerei da trasporto vuoti da qualche parte vicino al Golfo di Finlandia, fino a colpire navi in avaria ferme in un’officina di riparazione, nessuno di questi attacchi costituisce un vero e proprio attacco decisivo o dannoso alle capacità militari russe attive. Questo è il risultato più importante e la linea di fondo.

Nel frattempo, Shoigu ha concluso i negoziati con Kim:

E si è già spostato rapidamente in Iran, per incontrare il ministero della Difesa iraniano:

Non ho trovato il video
Ci si aspetta che vengano firmate cose importanti. La voce più significativa dei colloqui con la Corea del Nord è che la Russia potrebbe aver concluso accordi per ottenere oltre 10 milioni di proiettili d’artiglieria da 122 e 152 mm dalla Corea del Nord. Se anche solo lontanamente vero, si tratta di un numero significativo che rappresenta un utilizzo di granate per 1-3 anni, a seconda dell’intensità. Sparare 30.000 proiettili al giorno equivale a poco più di 10 milioni all’anno.

Un aumento così massiccio di granate – se vero – potrebbe dare alla Russia abbastanza per lanciare comodamente un’offensiva massiccia in futuro senza preoccuparsi di attingere alle riserve di emergenza. Ricordate quello che ho detto molte volte in precedenza: una debolezza è che la Russia deve sempre mantenere una grande riserva di proiettili per l’eventualità che la NATO lanci una sorta di attacco furtivo e scoppi una guerra su larga scala. Ciò significa che la Russia potrebbe avere diversi milioni di proiettili come riserva di emergenza che non può toccare dal punto di vista dottrinale.

Per quel che vale, il capo dell’SBU Budanov ha detto che la Russia ha già iniziato a ricevere le spedizioni:

Si parla anche di un potenziale acquisto di MLR e sistemi di artiglieria nordcoreani a lungo raggio, ma questo è tutto da vedere.

La Corea del Nord fornirà alle Forze armate russe circa 10 milioni di proiettili di calibro 122 e 155 mm”, spiega l’analista politico Yuri Baranchik. “Diverse fonti riferiscono inoltre che la Repubblica Democratica Popolare di Corea fornirà a Mosca un sistema MLRS moderno e potente come il KN-09″. Ricordo che il sistema KN-25 è stato introdotto da Pyongyang nel 2019 e vanta una gittata di oltre 400 km. È una sorta di versione migliorata dell’HIMARS”, ha detto Baranchik.

***

Poi volevo parlare brevemente dei frenetici eventi geopolitici che si stanno verificando in questo momento.

Non solo sono ricominciate le ostilità nel Nagorno-Karabakh, ma si sta riunendo un’importante assemblea generale delle Nazioni Unite, dove Zelensky è volato a New York per presentare quello che potrebbe essere uno dei suoi ultimi grandi casi di sostegno.

L’incontro delle Nazioni Unite si svolge all’ombra delle escalation ucraine sul grano, che hanno visto Polonia, Ungheria e Slovacchia bandire il grano ucraino, dando il via a un’azione legale da parte dell’Ucraina stessa.

Ora non corre buon sangue e la pazienza della Polonia si è un po’ esaurita, tanto che la Polonia ha cancellato il previsto incontro con Zelensky all’assemblea delle Nazioni Unite:

E il presidente polacco ha rilasciato con amarezza questa brutta dichiarazione sull’Ucraina:

Presidente polacco “Una persona che sta annegando è estremamente pericolosa perché può trascinarti negli abissi. Può far annegare il soccorritore. L’Ucraina si sta comportando come un annegato che si aggrappa a tutto ciò che può, ma noi abbiamo il diritto di difenderci dal male che ci viene fatto”.
In effetti, l’Ucraina è stata sottoposta a numerosi attacchi in questo momento di crisi. Il presidente della Camera McCarthy sta bloccando ulteriori aiuti, chiedendo a condizione di ottenere prima una verifica personale da parte di Zelensky sulla destinazione dei dollari americani:

Non ho trovato il video
Due cose sul video qui sopra:

In primo luogo, è probabile che McCarthy voglia dare l’immagine di “mettere gli americani al primo posto” prima del proverbiale assegno in bianco all’Ucraina.

Ma anche così, nella remota possibilità che quanto sopra abbia anche solo un briciolo di genuinità, dirò che questa è una perfetta illustrazione di ciò che intendevo quando ho spiegato nella serie mailbag perché l’Ucraina è costretta ad andare sempre avanti, anche a costo di un massacro di massa. Perché nel momento in cui smettono di fornire ai loro sponsor l’illusione o la percezione del successo e del trionfo, i rappresentanti di ciascun Paese inizieranno a chiedersi “dove stanno andando i loro soldi”, mentre la pazienza dei loro elettori si affloscia.

Al di là di questo, il compito di Zelensky è quello di rinnovare il più possibile il sostegno agli armamenti, e parallelamente ci sono stati rapporti su alcune delle nuove spedizioni, che includono i Leopard 1 tedeschi. Purtroppo, ci sono già problemi in paradiso, poiché un nuovo rapporto sostiene che l’Ucraina ha rifiutato il primo lotto di Leopard perché nessuno di essi funzionava… è quasi troppo comico per essere reale:

Tre importanti ammissioni che aprono gli occhi in questa sola nota:

1. Ricordate che per mesi ho riferito di come la Germania stesse accelerando e velocizzando una piccola spedizione di emergenza di Leopard 1 a luglio, al fine di colmare le lacune dovute all’imprevista distruzione delle principali unità corazzate ucraine durante le fasi iniziali della “controffensiva”. A quanto pare, stando a quanto riportato sopra, anche quella spedizione d’emergenza è risultata inutile.

2. Ammettono che l’Ucraina non è in grado di riparare o di mantenere queste attrezzature, quindi suppongo che si tratti di una cosa usa e getta, come uno di quegli RPG che si buttano via dopo, o forse, per essere ancora più precisi, come la carta igienica.

3. Il motivo per cui quanto sopra è più importante di quanto sembri è la prossima folle ammissione: si afferma che l’attuale lotto di carri armati è defunto semplicemente a causa dello sforzo sperimentato durante l’addestramento leggero per il quale sono stati utilizzati. Mettete insieme le due idee: da un lato i carri armati sono inutilizzabili e si rompono dopo un uso leggero, dall’altro l’Ucraina ammette di non avere alcuna capacità di mantenere o riparare questi carri armati…

Cosa rimane?

In breve, si tratta di un fiasco completo, che va a sostegno della mia affermazione secondo cui queste ultime misure provvisorie non sono altro che tentativi di propaganda in fase terminale di pura disperazione. Lo stesso vale per gli ATACM, gli F-16, ecc.

Ma questo non impedisce a Zelensky non solo di elemosinare di più, ma anche di usare con insincerità la tattica della paura, sostenendo che la Russia mira a conquistare tutta l’Europa. Ascoltate qui le sue risposte quando il conduttore chiede quanto denaro ci vorrà ancora?

Inoltre, afferma che l’Ucraina non può fermare l’offensiva nemmeno per Rasputitsa, che sta già iniziando. Questo perché teme che il sostegno degli alleati inizi a diminuire, come sembra stia già accadendo, il che è esattamente ciò su cui ho insistito:

Alla luce di tutti questi scongiuri, l’ultimo pacchetto americano è stato notato come 17 volte più piccolo dei precedenti fondi di assistenza:

Nel 46° pacchetto di aiuti militari all’Ucraina del 6 settembre, gli Stati Uniti hanno incluso armi ed equipaggiamenti militari per un valore di soli 175 milioni di dollari. Si tratta di una cifra 17 volte inferiore al più grande al momento, il 29° pacchetto di aiuti militari, che è stato annunciato il 6 gennaio 2023.È inoltre degno di nota il fatto che alla fine del primo mese dell’offensiva, le Forze Armate statunitensi hanno dovuto spendere più di 2 miliardi di dollari non previsti. Dopo le prime perdite significative nelle direzioni di Zaporizhia e Donetsk Sud, le Forze Armate ucraine hanno avuto bisogno di un sostanzioso risarcimento per le attrezzature e gli equipaggiamenti militari persi, per il quale gli Stati Uniti hanno stanziato un totale di oltre 2 miliardi di dollari in quattro tranche – il 13 e il 27 giugno, e il 7 e il 25 luglio. Una parte significativa di queste somme è stata spesa per ulteriori forniture di veicoli da combattimento di fanteria M2 Bradley e di veicoli corazzati Stryker. (Cronaca militare del TG)

***

Probabilmente commenterò più approfonditamente la situazione dell’Armenia in un’altra occasione, poiché non volevo che questo post diventasse troppo lungo dopo il precedente iper-lungo. Per ora mi limiterò a dire che la situazione è molto complessa e che ci sono chiare provocazioni contro la Russia da parte armena, come la seguente folla pagata che canta epiteti russi sgradevoli verso Lavrov e Putin:

Tutti ormai sanno che non ci si può fidare di Pashinyan:

Sembra sempre più che le provocazioni siano una campagna deliberatamente orchestrata da Pashinyan e dai suoi collaboratori della CIA per spingere la Russia fuori dall’Armenia, dopo aver incolpato la Russia del crollo della pace. In questo modo gli Stati Uniti possono intervenire e offrire una risoluzione, per poi iniziare una nuova gestione americana della regione e iniziare ad attivare questo fianco contro la Russia.

Ciò è evidente dal fatto che anche nei giorni e nelle settimane precedenti a oggi sono aumentate le “provocazioni” contro le truppe di pace russe, come questa della scorsa settimana:

Tali provocazioni non avvengono mai “organicamente”, ma sono sforzi coordinati da ONG e agenzie di intelligence in ogni caso.

Ora è chiaro che gli Stati Uniti stanno cercando di “attivare” tutte le regioni intorno alla Russia per destabilizzarla il più possibile, come sforzo continuo per indebolire la campagna ucraina. Questo segue altri annunci di questo tipo:

E fa seguito ai crescenti attacchi alle forze russe e alle forze alleate della Russia in tutto il mondo, dalla Siria all’Africa. Tra questi, i recenti attacchi che hanno ucciso i soldati di Wagner, dopo le notizie secondo cui le agenzie di intelligence francesi starebbero addestrando i ribelli a colpire Wagner:

Il collegamento tra i ribelli tuareg in Mali e la FranciaIl canale russo Rybar ha ottenuto un’informazione interessante, ma attesa. A quanto pare, l’agenzia di intelligence francese DGSE ha una stretta connessione con il movimento Azawad nel nord del Mali.L’attacco alla città di Bourem è stato un test delle forze della milizia e delle capacità dell’esercito maliano e delle restanti unità della PMC “Wagner”. Attualmente, i ribelli tuareg sotto la guida di agenti francesi si stanno preparando per un’offensiva sulla città di Gao. La Francia ha promesso di sostenere i tuareg nei loro tentativi di creare uno Stato indipendente e contro i militanti jihadisti. Tutto questo viene fatto per indebolire l’influenza filo-russa nel Sahel e allo stesso tempo per motivare altri gruppi terroristici a intensificare gli attacchi alle forze armate del Mali.
Ma anche se gli Stati Uniti e gli alleati stanno disperatamente cercando di infiammare il mondo per indebolire la Russia nelle sue periferie in ogni modo possibile, tutti questi sforzi sono poco più che pula al vento e non avranno alcun effetto sull’OMU. E come sempre dobbiamo ricordare che tutto questo impallidisce in confronto alla guerra ibrida/asimmetrica di maggior successo condotta dalla Russia contro gli atlantisti in Africa e altrove.

Concludo questa sezione con questi post. In primo luogo il post di RussiansWithAttitudes sulla situazione in Armenia, che solleva molti punti positivi:

Un’ultima considerazione sulla questione Armenia/Karabakh: un’enorme percentuale del popolo armeno, forse la maggioranza, non ha alcun desiderio di difendere e combattere per il Karabakh. Hanno desiderato qualcuno che li liberasse da questo fastidioso problema. Hanno trovato questo qualcuno: Volevano un politico che vendesse gli armeni del Karabakh, ma in un modo che non facesse sentire in colpa gli armeni in Armenia. In altre parole, avrebbe dovuto creare una falsa narrativa in cui la colpa fosse in realtà della Russia. L’immaginario “sostegno russo all’Azerbaigian” è stato il mito politico chiave in Armenia (e ancor più nella diaspora) negli ultimi anni. Hanno eletto una persona che li avrebbe salvati dal problema del Karabakh. Lo hanno rieletto dopo che ha vergognosamente perso una guerra per la quale avevano avuto 30 anni per prepararsi (e non hanno scavato una sola trincea). Se il popolo armeno fosse contrario a Pashinyan, lo butterebbe fuori. Non l’hanno fatto e non lo faranno. Pashinyan consegnerà il Karabakh agli azeri. Lo farà in modo tale da poter dare la colpa ai “malvagi russi che ci hanno pugnalato alle spalle”. Farà esattamente ciò per cui è stato eletto: sbarazzarsi del Karabakh e salvare gli armeni in Armenia dal senso di colpa di aver tradito i loro connazionali.Attualmente, il governo e la società armena stanno lavorando molto più duramente alla costruzione di una narrativa che spieghi perché è colpa di Mosca se l’intera popolazione dell’Artsakh è stata violentata, torturata e uccisa con strumenti agricoli, piuttosto che lavorare sulla loro preparazione militare.Non vogliono che la Russia o l’Iran proteggano il Karabakh. Non vogliono proteggere il Karabakh da soli. Vogliono solo una scusa morale per il loro tradimento nei confronti dei loro connazionali armeni. È un peccato, perché gli abitanti dell’Artsakh sono molto coraggiosi e sono pronti a combattere e a morire per la loro terra. Ma la Russia non può aiutarli se l’Armenia non vuole farlo. Dal punto di vista della logica geostrategica, l’unica cosa che conta per la Russia in Armenia in questo momento è il corridoio Zangezur che si collega all’Iran. Gli sforzi diplomatici russi hanno salvato l’Armenia da una completa catastrofe militare nel 2020. Le forze di pace russe hanno fatto in modo che almeno una parte dell’Artsakh rimanesse armena, ma la Russia non può impegnarsi a proteggere l’Artsakh se lo Stato armeno non si impegna a farlo. Lo Stato armeno spera di poter vendere i suoi connazionali come Danegeld agli azeri e continuare a zoppicare, magari con il supporto vitale dell’Occidente. Si tratta di un’illusione, ovviamente. Ma è quello che hanno deciso. Non si possono salvare le persone contro la loro volontà. Pertanto, la Russia non dovrebbe essere coinvolta, se non per salvaguardare i propri interessi diretti.
E poi quello che Dmitry Medvedev ha scritto oggi su Pashinyan:

Un giorno, uno dei miei colleghi di un Paese fraterno mi disse: “Sono un estraneo per voi, non mi accetterete”, ha detto Dmitry Medvedev a proposito del primo ministro armeno.” Ho risposto quello che dovevo: “Non giudicheremo dalla biografia, ma dai fatti”. Poi ha perso la guerra, ma stranamente è rimasto al suo posto. Poi ha deciso di incolpare la Russia per la sua incompetente sconfitta. Poi ha ceduto parte del territorio del suo Paese. Poi ha deciso di flirtare con la NATO, e sua moglie ha sfidato i nostri nemici con dei biscotti. Indovinate quale destino lo attende…”.
***
Un’ultima notizia interessante e varia.

La guerra dei droni della Russia si sta scaldando. Di seguito un video che mostra quanto sia diventato letale l’uso dei droni FVP da parte della Russia: la fanteria non è più al sicuro da nessuna parte, i droni la inseguono in ogni angolo:

Non ho trovato il video
Ed ecco un esempio di una piccola boutique russa di assemblaggio di droni che produce 1000 pezzi al mese:

Non ho trovato il video
Sempre più spesso la narrativa occidentale è che la Russia vuole la Polonia e/o i Paesi Baltici e che gli Stati Uniti dovranno presto unirsi alla guerra. Non solo questa è stata la principale frase di Zelensky nel video che ho postato in precedenza, ma sia Nikki Haley che Mike Pence hanno scelto questa minaccia come principale punto di attacco della loro campagna elettorale:

Il prossimo:

Si dice che Wagner tornerà presto in prima linea, anche se non si sa sotto quale bandiera:

Inizialmente si sosteneva che Wagner sarebbe stato in qualche modo coinvolto con le forze russe della Rosgvardia, ma ciò rimane incerto.

A proposito di Wagner, un episodio assurdo si è verificato in Siria. Si tratta di un lungo post che incollo in modo che chi non è particolarmente interessato possa saltarlo, ma se è vero, mostra il tipo di reale animosità e ostilità che esiste tra Wagner e il Ministero della Difesa russo, che ha portato a tutti i brutti affari che sono emersi quest’anno.

Si tratta del generale russo Yunus-bek Yevkurov, che Prigozhin si è inimicato anche quando ha preso il controllo di Rostov:

Da knyaz_cherkasky:

Mi scuso in anticipo con i miei abbonati se non ho risposto a nessuno, ma le parole non possono descrivere quello che stava succedendo qui di notte. Non so nemmeno se sia possibile descriverlo per non seminare il panico (dovreste chiederlo alle persone severe con le spalline sotto le giacche), ma i siriani sono sotto shock, e tutto era a un soffio dal pasticcio tra i Wagner e il nostro Ministero della Difesa, e secondo le voci sia in Siria che in Libia, tra cui la cosiddetta. Una “marcia per la giustizia” (la rivolta di Wagner di Prigozhin) sarebbe stata una passeggiata per bambini. In realtà, a causa di ciò, il mio trasferimento del secondo gruppo di archeologi a Palmira per lavorare nel teatro è stato interrotto, poiché il passaggio attraverso il T4 per Palmira è stato bloccato. Ma, a quanto pare, tutto si è risolto – Wagner è riuscito a raggiungere Mosca, gli elicotteri sono stati cancellati in tempo. I siriani parlano eccitati e dicono che tutto è stato come nel film.Per non scrivere un post a parte e, allo stesso tempo, rispondere a numerose domande, aggiungerò che si sta già discutendo di mezza Siria a est di Furukulus.L’incidente di ieri è il seguente: Wagner, dopo il divieto di volare attraverso Khmeimim e l’annullamento dei permessi da parte del Ministero degli Esteri russo, si è accordato con il Ministero della Difesa siriano e ha organizzato voli di rotazione verso l’Africa, attraverso la base aerea siriana T4. Quando l’aereo è decollato, gli elicotteri russi sono stati alzati in volo e i camion dei pompieri sono entrati in pista per impedirne l’atterraggio. Ai siriani è stato detto che se l’aereo atterra, verrà aperto il fuoco su di esso. Inoltre, i soldati siriani, che avevano ricevuto l’ordine di accettare l’aereo, per qualche tempo hanno resistito alle azioni del Ministero della Difesa russo sulla pista stessa, ma quando hanno visto gli elicotteri in volo, hanno ritenuto opportuno ritirarsi. Poiché il carburante dell’aereo in volo (un aereo cargo proveniente dalla Libia) si stava esaurendo, si è posto il problema di non riuscire a tornare in Libia. A casa di Wagner, coloro che si stavano preparando per l’incontro si sono messi in contatto con la Libia e, secondo le voci, hanno detto che se l’aereo fosse stato abbattuto, Wagner in Libia avrebbe colpito la base del Ministero della Difesa in risposta. La cosa più divertente (se può essere divertente) è che a bordo c’erano 170 siriani, contractor Wagner, che stavano tornando a casa dopo un contratto in Libia). I siriani me lo hanno raccontato eccitati, con gli occhi spalancati, agitando le braccia e chiedendo – cosa sta succedendo lì?
È chiaro che la Russia ha creato un mostro con il gruppo Wagner, ma era necessario per l’epoca.

A questo proposito, Surovikin è stato avvistato alla guida di una delegazione militare russa in Algeria, il che significa che è tornato all’ovile:

In che veste, però? Non si sa ancora.

Il prossimo:

Un incidente molto strano e interessante. La Russia ha diffuso il filmato di un drone Lancet-3M, una nuova variante con raggio d’azione esteso, che ha colpito un jet Mig-29 ucraino presso l’aeroporto di Dolgintsevo, vicino a Krivoy Rog:

Ci sono molte cose da dire al riguardo, in quanto apre un intero argomento di discussione.

In primo luogo, la buona notizia è che dimostra che i Lancet possono ora spingersi a più di 70 km o più dietro le linee nemiche, che è la distanza del campo d’aviazione dal lato russo del Dnieper.

Tuttavia, ha sollevato molte domande su come sia possibile che un campo d’aviazione apparentemente pieno di aerei funzionanti possa essere lasciato indisturbato così vicino alla linea del fronte, dato che nel video si vedono diversi altri aerei. Alcuni hanno suggerito che alcuni di essi potrebbero essere aerei donatori in naftalina per ottenere pezzi di ricambio. Anche sulla base di questa foto che mostra una pila di pneumatici, alcuni hanno suggerito che l’Ucraina si stesse preparando a coprire gli aerei con i pneumatici, come ha fatto di recente la Russia, o a bruciare i pneumatici per creare del fumo di occultamento, percependo un attacco imminente – il che potrebbe indicare che gli aerei erano appena arrivati prima del colpo:

Ho già parlato a lungo dei campi d’aviazione dell’Ucraina. Il punto cruciale è che i loro aerei si spostano molto per evitare che gli attacchi russi siano indovinati. I pochi aerei rimasti saltano da un campo d’aviazione all’altro, oltre che su piste autostradali ad hoc e hangar letteralmente costruiti nelle strade secondarie. Scorrete fino a metà pagina per vedere il mio approfondimento:

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Ciononostante, la questione solleva altri interrogativi. A 70 km dalla linea del fronte sono a portata di mano gli MLRS pesanti (Smerch) e una serie di altri sistemi (Iskander, ecc.) che potrebbero distruggere quegli aerei. Sappiamo che giorni fa la Russia ha annunciato di aver distrutto 5 aerei proprio in quel campo:

Poiché non conosciamo la data esatta del video del Lancet, potrebbe essere avvenuto prima o dopo. Il che significa che il Lancet potrebbe benissimo essere stato l’attacco iniziale dopo la prima ricognizione degli aerei sul posto, e che il successivo attacco missilistico è seguito subito dopo. Questa è la spiegazione più logica.

Tuttavia, dal momento che questo ha suscitato una discussione più ampia tra gli altri esperti, ne incollerò alcuni tra i più convincenti perché ritengo che il dibattito sul perché la Russia non possa “annientare” tutti i campi d’aviazione dell’Ucraina in una volta sola sia importante. Ancora oggi, la maggior parte dei profani non riesce a capirlo e crede che sia facile lanciare una sorta di “attacco” di massa per spazzare via interi campi d’aviazione rendendoli completamente inutilizzabili, oltre a distruggere qualsiasi cosa vi sia parcheggiata.

Ma non è proprio così che funziona. Il motivo principale è che alcuni di questi campi costruiti dai sovietici, come quello di Starokonstantinovka, sono così giganteschi che è difficile immaginarne o apprezzarne le dimensioni per una persona comune. Non c’è nessun tipo di attacco che possa spazzare via completamente una cosa del genere, a meno che non si tratti di un attacco nucleare. Ma lascerò che sia il seguente esperto a spiegarlo:

Dopo l’ennesimo raid riuscito dei Su-24M ucraini con missili Storm Shadow, decollati dalla base aerea di Starokonstantinov, si è ricominciato a chiedere “perché non distruggiamo i missili nemici, gli aerei e le loro basi?”. La risposta, come sempre, è abbastanza semplice e banale: perché non possiamo. Non si tratta di accordi dietro le quinte che molti inventano per spiegare ciò che sta accadendo. Il fatto è che le basi dei missili e dei bombardieri nemici sono ben protette sia da rifugi che da sistemi di difesa aerea, e la ricezione tempestiva di informazioni da parte della ricognizione satellitare della NATO permette loro di ritirare i propri velivoli diverse ore prima dell’attacco, cosa di cui abbiamo anche scritto più volte.Allo stesso tempo, semplicemente non usiamo testate a grappolo per i missili da crociera Kalibr o X-101, che potrebbero immediatamente coprire interi siti dell’aviazione ucraina (se fosse possibile catturarli allo scoperto) o discariche di esemplari non volanti che vengono portati via per i pezzi di ricambio di quelli ancora in volo. E i missili in grado di colpire efficacemente robusti rifugi in cemento armato sono pochi ed estremamente costosi.D’altra parte, come dimostra la pratica, il nostro tentativo di giocare in difesa passiva finisce con il nemico che ha l’iniziativa e, avendo accumulato solo pochi missili difficili da uccidere, semplicemente sfonda la difesa aerea in un punto specifico e provoca gravi danni a cui non si può resistere.Informatore militareRybar: “Perché non possiamo prendere e distruggere i campi d’aviazione, i porti e i nodi ferroviari ucraini?”.
Una buona risposta a questa domanda è stata data dal teorico militare americano Edward Luttwak in un suo recente articolo.Secondo lui, solo per un raid dell’aviazione britannica sulla Germania durante la Seconda guerra mondiale, gli aerei potevano sganciare 2560 tonnellate di munizioni: Si tratta di un quantitativo superiore al totale delle munizioni sganciate dai missili da crociera russi su obiettivi in territorio ucraino dall’inizio della CDF.
La natura dei combattimenti è cambiata radicalmente da allora. Se allora 700 (!) bombardieri potevano partecipare a un attacco, ora non c’è nemmeno un numero così elevato di aerei e di personale di volo. Oggi, questo approccio, se il nemico ha una difesa aerea, porterà al fatto che le già scarse tavole si esauriranno semplicemente in un mese o due.Sia il “Kalibry” che l’X-101 sono mezzi efficaci per una distruzione puntuale. Ma non vale certo la pena aspettare che una salva di 10 missili sia in grado di demolire qualche grande fabbrica sovietica che l’Ucraina ha ereditato, per ragioni oggettive. E questo vale anche per altri prodotti simili, siano essi Tomahawk o Storm Shadow.
Lo si vede chiaramente nell’esempio dell’attacco statunitense alla base aerea siriana di Shayrat nel 2017: con il lancio di 59 missili e colpi precisi, non si è verificato alcun “paesaggio lunare” in quel luogo, e gli aerei del campo d’aviazione hanno iniziato a decollare il giorno dopo. (Rybar)
Un punto sollevato dal primo è che se la Russia avesse missili appositamente progettati per colpire le piste di atterraggio, potrebbe almeno fare un lavoro un po’ migliore per annullare potenzialmente le piste (anche se sarebbero comunque fisse). Alcuni Paesi hanno missili speciali per questo scopo, ad esempio il Matra Durandal della Francia:

Il Durandal è una bomba anti-pista sviluppata dall’azienda francese Matra (ora MBDA), progettata per distruggere le piste degli aeroporti ed esportata in diversi Paesi. Un semplice cratere in una pista potrebbe essere semplicemente riempito, ma il Durandal utilizza due esplosioni per spostare le lastre di cemento di una pista, rendendo così la pista molto più difficile da riparare.
La Russia ha bombe che fanno questo, per esempio le Betab-500ShP, ma devono essere sganciate da un jet, il che le esclude. Si dice che il P-270 Moskit e alcuni altri missili abbiano funzioni secondarie anti-pista, anche se non credo che siano specificamente progettati per questo come il Durandal, con la doppia esplosione, ecc. Ma non sono sicuro che la Russia abbia tentato di usarli sulle piste.

In definitiva, le piste possono essere riparate e persino riempite con relativa facilità, quindi non è il deterrente più grande e non sono sicuro di quanto sia buono il compromesso tra il tempo guadagnato e il costo dei missili utilizzati. È buono per qualcosa come un Paese del terzo mondo, dove si può disabilitare la loro unica pista di atterraggio, ma contro una potenza militare come l’Ucraina potrebbe non creare un grande ostacolo.

A questo proposito, ecco una nuova foto di un Su-34 russo in volo con le bombe glide Fab-500M62 UMPK attaccate.

Il prossimo:

La Russia ha diffuso un nuovo spot militare che sembra “accennare” alla futura conquista di Kiev e Odessa:

Il prossimo:

Tra le notizie di “Tutto va bene in Ucraina”, abbiamo il seguente resoconto:

Il governo ucraino propone che i detenuti producano energia elettrica pedalando sulle biciclette.Tale proposta di legge è stata registrata dal deputato del popolo Sergei Grivko (Servo del Popolo), il quale ha proposto di consentire ai detenuti di produrre energia elettrica utilizzando generatori di biciclette in cambio di una pena detentiva più breve. “Se entro un mese si conformeranno agli standard stabiliti dal Ministero della Giustizia, allora il periodo di detenzione sarà ridotto di 3 giorni, ma non più di 10 mesi all’anno. In altre parole, nel corso di un anno, un detenuto può ridurre il periodo di detenzione di 30 giorni. Questo avrà un impatto diretto sul risparmio sul suo contenuto – fino a circa l’8% (fino a 200 milioni di UAH)”, scrive Grivko.

Concetto interessante. Quindi, i prigionieri possono ridurre la loro pena diventando criceti che generano elettricità.

Infine, vi lascio con questo edificante campionario di popolazioni ucraine e russe in strada, alla domanda se sia gradito che la parte avversa venga bombardata? Come sempre, traete le vostre conclusioni:


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Russia Ucraina 45a puntata! Reattività ed adattamento Con Stefano Orsi e Max Bonelli

Il conflitto in Ucraina prosegue in apparenza senza una soluzione di continuità in tempi immediati e prevedibili. La distruzione di risorse e le perdite di uomini sono da parte ucraina immani. Ciò non ostante la presa ferrea e cinica del regime sulla popolazione, quella ideologica particolarmente efficace su una parte di essa consente di protrarre il confronto e di continuare ad assumere a costi improponibili l’iniziativa sul campo. I due contendenti, uno contando quasi esclusivamente sulle proprie forze, l’altro sul sostegno esterno insostituibile della NATO praticamente su ogni aspetto della guerra, stanno rivelando notevoli doti di flessibilità, di adattamento e di iniziativa che lasciano trasparire la natura esistenziale di questo conflitto. Saranno da un lato l’esaurimento delle forze di uno dei contendenti e il dettato delle esigenze politiche interne agli Stati Uniti a determinarne le modalità e i tempi dell’epilogo. Più il conflitto procede nel tempo, per altro, più si definiscono i termini del confronto e dello scontro interno alle gerarchie politiche e militari. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Su un appello alla riforma dell’esercito degli Stati Uniti. Con Giacomo Gabellini e Roberto Buffagni

La sicumera di una élite, per oltre un ventennio certa di aver raggiunto il predominio militare assoluto e il controllo egemonico del pianeta e l’elezione a nemico di avversari incapaci di sostenere con qualche probabilità di successo un confronto militare in campo aperto da una parte; dall’altra la reazione determinata ed efficace del governo russo alla drammatica crisi di decomposizione degli anni ’90 e l’emersione definitiva, anche se non del tutto consolidata, ma sottovalutata, di nuovi attori protagonisti nello scenario geopolitico. E’ il contesto nel quale ha potuto crogiolarsi l’inerzia della macchina militare statunitense e l’elefantiasi del suo complesso industriale, pur con gli innegabili punti di forza tuttora esistenti. E’ la guerra a mettere a nudo i limiti e i pregi delle forze in campo. La Russia ha dimostrato di possedere la necessaria flessibilità e riserva di potenza pur tra i tanti problemi emersi. Gli Stati Uniti possono godere della posizione della conduzione dall’esterno del conflitto in Ucraina, senza mettere sul terreno di battaglia forze dalle perdite significative. Vedremo se sarà il pungolo sufficiente a riformare l’apparato militare secondo i canoni definiti dal documento di riferimento della conversazione http://italiaeilmondo.com/2023/09/15/…. Buon ascolto, Giacomo Gabellini, Giuseppe Germinario

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Cosa gli Stati Uniti impareranno, e non impareranno, dalla loro guerra in Ucraina di Bernhard Horstmann

Cosa gli Stati Uniti impareranno, e non impareranno, dalla loro guerra in Ucraina

di Bernhard Horstmann

https://www.moonofalabama.org/2023/09/what-the-us-will-learn-and-not-learn-from-the-war-in-ukraine.html#more

La rivista trimestrale Parameters dell’U.S. Army War College ha pubblicato un interessante articolo sulle capacità belliche degli Stati Uniti:

https://italiaeilmondo.com/2023/09/15/lezioni-dallucraina-per-le-forze-armate-del-futuro/

L’abstract recita:

Cinquant’anni fa, l’esercito degli Stati Uniti si trovò di fronte a un punto di inflessione strategica dopo il fallimento dello sforzo controinsurrezionale in Vietnam. In risposta alle lezioni apprese dalla guerra dello Yom Kippur, fu creato lo United States Army Training and Doctrine Command [Comando per l’addestramento e la dottrina dell’esercito degli Stati Uniti, N.d.C.] per riorientare il pensiero e la dottrina sulla minaccia convenzionale sovietica. L’Esercito di oggi deve accogliere il conflitto russo-ucraino come un’opportunità per riorientare la forza, trasformandola in un esercito lungimirante e formidabile come quello che vinse l’operazione Desert Storm. Questo articolo suggerisce i cambiamenti che l’Esercito dovrebbe apportare per preparare il successo nelle operazioni di combattimento multidominio su larga scala nell’odierno punto di inflessione strategico.

È normale che un esercito analizzi le guerre in corso o appena concluse e ne tragga delle conclusioni. Tali sforzi dovrebbero poi portare a cambiamenti nella struttura militare o nelle sue procedure.

Tuttavia, è improbabile che lo sforzo di cui sopra porti ai cambiamenti auspicati dagli autori.

Gli autori sottolineano correttamente che il comando e il controllo delle truppe via radio è problematico quando il nemico ha i mezzi per rilevare tutto il traffico radio:

La guerra Russia- Ucraina evidenzia che la segnatura elettromagnetica emessa dai posti di comando degli ultimi 20 anni non può sopravvivere contro il ritmo e la precisione di un avversario che possiede tecnologie basate su sensori, guerra elettronica e sistemi aerei senza equipaggio o ha accesso alle immagini satellitari; questo include quasi tutti gli attori statali o non statali che gli Stati Uniti potrebbero trovarsi a combattere nel prossimo futuro. 

La soluzione sta nell’uso estensivo del Comando di Missione (nell’originale tedesco: Auftragstaktik) che consente ai leader subordinati di pianificare e operare autonomamente nel contesto dato:

Quando Milley era capo di Stato Maggiore dell’Esercito, spiegava il comando di missione attraverso il concetto di “disobbedienza disciplinata”, in cui i subordinati sono autorizzati a compiere una missione per raggiungere lo scopo prefissato dal comandante, anche se per farlo devono disobbedire a un ordine o a un compito specifico. In assenza di una comunicazione perfetta, si deve poter confidare che l’ufficiale subalterno o il soldato prenderanno la decisione giusta in battaglia, senza dover chiedere l’approvazione per piccoli aggiustamenti.

Questo è un problema culturale. Il comando di missione deve essere vissuto e sperimentato fin dal primo giorno in cui un civile diventa un soldato. Il corpo degli ufficiali americani è più abituato all’ordine diretto e al controllo. La cultura del Comando di Missione non è gradita perché gli errori delle unità subordinate vengono ancora imputati al livello di comando superiore.

Il Comando di Missione usa meno comunicazione rispetto all’ordine diretto e al controllo ed è più robusto quando la merda colpisce il ventilatore. Ma, a differenza delle forze armate tedesche, l’esercito americano non è mai stato all’altezza. Dubito che la situazione cambierà.

 

Il problema successivo è il numero elevato di vittime:

La guerra tra Russia e Ucraina sta mettendo a nudo significative vulnerabilità della profondità strategica del personale dell’Esercito e della sua capacità di sopportare e rimpiazzare le perdite11. I pianificatori medici di teatro dell’Esercito possono prevedere una percentuale costante di circa 3.600 caduti al giorno, tra gli uccisi, i feriti o gli affetti da malattie o altre lesioni non ricevute battaglia.12 Con un tasso di rimpiazzo previsto del 25%, il sistema del personale richiederà 800 nuove unità al giorno. Per fare un confronto, gli Stati Uniti hanno subito circa 50.000 perdite in due decenni di combattimenti in Iraq e Afghanistan. In operazioni di combattimento su larga scala, gli Stati Uniti potrebbero subire lo stesso numero di vittime in due settimane.

Il tasso di sostituzione del 25% è probabilmente troppo basso. Considerate questo[1] titolo attuale di “Strana”(traduzione automatica):

Su 100 persone, ne sono rimaste 10-20. Il capo del TCC di Poltava ha raccontato le perdite nel suo distretto[2]

Il TCC è l’amministrazione ucraina responsabile del reclutamento dei coscritti.

 

Su 100 persone mobilitate nell’autunno dello scorso anno, ne sono rimaste 10-20, il resto sono morti, feriti e disabili.

Lo ha dichiarato il capo del TCC regionale di Poltava, Vitaliy Berezhnoy, intervenendo ieri alla 39ª sessione del Consiglio comunale di Poltava.

Il problema è che gli Stati Uniti non hanno più le riserve necessarie per sostenere un conflitto di grandi dimensioni:

l’Esercito degli Stati Uniti si trova ad affrontare una terribile combinazione tra carenza nel reclutamento e riduzione della Individual Ready Reserve [Riserva composta da ex membri effettivi o della riserva dell’esercito, N.d.C.] Questa carenza nel reclutamento, pari a quasi il 50% nelle carriere che preparano le truppe di prima linea, è un problema longitudinale. Ogni soldato di fanteria e forze corazzate che non reclutiamo oggi è una risorsa strategica per la mobilitazione che non avremo nel 2031. La Individual Ready Reserve, che era di 700.000 unità nel 1973 e di 450.000 nel 1994, è ora composta da 76.000 unità. Questi numeri non sono in grado di colmare le lacune esistenti nella forza attiva, per non parlare del rimpiazzo delle perdite o dell’espansione delle forze in un’operazione di combattimento su larga scala.[3] 

Gli autori raccomandano di reintrodurre una coscrizione parziale.

 

Dal punto di vista politico questo non è possibile. Qualsiasi presidente che lo facesse si troverebbe di fronte all’immediata ostilità dei suoi elettori.

Inoltre, c’è il problema piuttosto grande che la maggior parte dei giovani cittadini statunitensi non sono nemmeno qualificati per la coscrizione[4]:

Un nuovo studio del Pentagono mostra che il 77% dei giovani americani non sarebbe idoneo al servizio militare senza una deroga a causa del sovrappeso, dell’uso di droghe o di problemi di salute mentale e fisica.

Una diapositiva che illustra i risultati del 2020 Qualified Military Available Study del Pentagono, condivisa con Military.com, mostra un aumento del 6% rispetto all’ultima ricerca del 2017 del Dipartimento della Difesa, secondo cui il 71% degli americani non sarebbe idoneo al servizio.

“Se si considerano i giovani squalificati per un solo motivo, i tassi di squalifica più diffusi sono il sovrappeso (11%), l’abuso di droghe e alcol (8%) e la salute medica/fisica (7%)”, si legge nello studio, che ha esaminato gli americani di età compresa tra i 17 e i 24 anni. Lo studio è stato condotto dall’Ufficio del personale e della preparazione del Pentagono.

Inoltre, la maggior parte dei giovani non è interessata a prestare servizio nell’esercito[5]:

 

Solo il 9% dei giovani si mostra propenso a prestare servizio, secondo i dati del Dipartimento della Difesa condivisi con ABC News. È il numero più basso degli ultimi 15 anni.

Il secondo ex alto funzionario militare ha detto che il problema del reclutamento è un segno di problemi sociali più ampi.

È uno specchio del nostro Paese. È il nostro Paese, e quei reclutatori vedono questi problemi in prima persona ogni giorno”, ha detto l’ex funzionario.

Il punto successivo del documento di “Parameters” è l’ampia introduzione dei droni:

L’uso onnipresente di veicoli aerei senza pilota, di veicoli di superficie senza pilota, di immagini satellitari, di tecnologie basate su sensori, di smartphone, di collegamenti dati commerciali e di intelligence open-source sta cambiando radicalmente il modo in cui gli eserciti combatteranno sul terreno, proprio come i veicoli aerei senza pilota hanno cambiato il modo in cui le forze aeree conducono le operazioni in questo secolo.17 Questi sistemi, insieme alle emergenti piattaforme di intelligenza artificiale, accelerano drasticamente il ritmo della guerra moderna.

Le forze armate occidentali non hanno ancora introdotto i droni nella scala necessaria. Le forze armate ucraine e russe hanno fatto bene. Hanno riconosciuto che i droni sono, come le munizioni, beni di consumo e l’Ucraina ne avrebbe persi 10.000 al mese. Oltre ai droni da ricognizione, i droni armati con visuale in prima persona (FPV) hanno portato a un ampio uso dei droni nel ruolo di artiglieria di precisione.

Qualsiasi unità che si radunerà sul futuro campo di battaglia verrà immediatamente individuata e colpita. Questo complica la preparazione di qualsiasi operazione di grandi dimensioni.

 

Ciò richiederà, secondo l’autore, un nuovo livello di inganno nella preparazione alla battaglia. Richiede anche una maggiore ricognizione e intelligence multidominio a tutti i livelli. Ogni leader di gruppo dovrebbe avere a disposizione un tablet e le informazioni necessarie.

Questo punto è probabilmente il più facile da risolvere. Occorre solo attendere che siano disponibili le strutture produttive necessarie per produrre le quantità massicce di droni necessarie e per ottenere un sistema di informazione a basso costo fino all’ultimo livello.

Gli altri problemi, il comando di missione, le riserve di personale e l’idoneità al reclutamento, sono questioni culturali che resisteranno al cambiamento.

L’esercito statunitense, come molti altri occidentali, non è attualmente in grado di combattere su larga scala come sta facendo l’esercito russo.

Questo non riguarda solo l’esercito, ma anche la marina e l’aeronautica. La capacità di costruzione navale degli Stati Uniti è 200 volte inferiore a quella della Cina[6]. Le navi della Marina americana sono delle boiate mal concepite[7]. I jet F-35 hanno tassi di disponibilità operativa terribili[8].

Nonostante tutto ciò, i politici statunitensi continuano a istigare guerre contro competitori di alto livello.

I risultati di una guerra contro la Russia o la Cina con le forze militari di cui gli Stati Uniti dispongono attualmente sarebbero imbarazzanti. Sarebbe molto meglio non provarci mai.

[1] https://twitter.com/I_Katchanovski/status/1703021253425021061/history

[2] https://strana.today/news/445457-nachalnik-poltavskoho-ttsk-rasskazal-o-situatsii-s-mobilizatsiej-v-svoem-okruhe.html

[3] https://italiaeilmondo.com/2023/09/15/lezioni-dallucraina-per-le-forze-armate-del-futuro/

[4] https://www.military.com/daily-news/2022/09/28/new-pentagon-study-shows-77-of-young-americans-are-ineligible-military-service.html

[5] https://abcnews.go.com/Politics/military-struggling-find-troops-fewer-young-americans-serve/story?id=86067103

[6] https://www.foxnews.com/world/chinese-shipbuilding-capacity-over-200-times-greater-than-us-navy-intelligence-says

[7] https://asiatimes.com/2023/09/takeaways-from-us-navys-littoral-combat-ship-fiasco/

[8] https://www.defensenews.com/air/2022/03/16/full-weapons-tester-report-highlights-f-35-availability-software-problems/

Perché Zelensky è stato eccessivamente sulla difensiva nella sua ultima intervista all’Economist? _ ANDREW KORYBKO

Perché Zelensky è stato eccessivamente sulla difensiva nella sua ultima intervista all’Economist?

ANDREW KORYBKO
14 SET 2023

L’analisi sostiene che il suo nuovo atteggiamento è dovuto al fatto che alcuni funzionari occidentali stanno probabilmente già tenendo colloqui non ufficiali con la Russia.

La caratteristica spavalderia di Zelensky è stata notevolmente assente dalla sua ultima intervista con The Economist. Ha invece dato l’impressione di essere eccessivamente sulla difensiva, probabilmente perché si è finalmente reso conto che l’entità, la portata e il ritmo degli aiuti multidimensionali dei suoi patroni occidentali non possono continuare all’infinito. Di seguito sono riportati i punti salienti dell’intervista che indicano questo cambiamento di atteggiamento, che saranno poi analizzati per aiutare gli osservatori a capire meglio dove potrebbe essere diretta la guerra per procura tra NATO-Russian proxy war.

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* Zelensky ridimensiona le aspettative di una rapida vittoria massimalista

– Volodymyr Zelensky non vuole pensare a una guerra lunga, né tanto meno parlarne agli ucraini, molti dei quali sognano ancora una vittoria rapida. Ma è proprio a questo che si sta preparando. Devo essere pronto, la mia squadra deve essere pronta per la lunga guerra, ed emotivamente sono pronto”, ha dichiarato il presidente ucraino in un’intervista a The Economist”.

* Comincia a sospettare che i suoi sostenitori occidentali gli stiano mentendo spudoratamente.

– “Ho questa intuizione, leggendo, sentendo e vedendo i loro occhi [quando dicono] ‘saremo sempre con voi'”, dice, parlando in inglese (una lingua in cui è sempre più fluente). Ma vedo che lui o lei non sono qui, non sono con noi”.

* Sembrano sempre più interessati a riprendere i colloqui con la Russia.

– “Alcuni partner potrebbero vedere le recenti difficoltà dell’Ucraina sul campo di battaglia come un motivo per costringerla a negoziare con la Russia. Ma ‘questo è un brutto momento, visto che Putin vede la stessa cosa’”.

* Zelensky sostiene che chi riduce gli aiuti all’Ucraina farebbe gli interessi della Russia.

– “Il presidente ucraino è ben consapevole dei rischi per il suo Paese se l’Occidente iniziasse a ritirare il suo sostegno economico. Ciò danneggerebbe non solo l’economia ucraina, ma anche il suo sforzo bellico”. Lo dice in termini crudi. Se non si sta con l’Ucraina, si sta con la Russia e se non si sta con la Russia, si sta con l’Ucraina. E se i partner non ci aiutano, significa che aiuteranno la Russia a vincere. Questo è quanto”.

* Tuttavia, considerazioni di carattere elettorale potrebbero far sì che ciò accada.

– Con molti dei suoi alleati occidentali (tra cui l’America) che terranno le elezioni l’anno prossimo, Zelensky sa che sostenere il sostegno sarà difficile, soprattutto in assenza di progressi significativi sul fronte”.

* Sta quindi tramando per manipolare gli elettori e spingerli a fare pressione sui loro politici contro di loro.

– “È ancora convinto che il modo migliore per convincere i governi, [per far loro] credere di essere dalla parte giusta, sia quello di spingerli attraverso i media. La gente legge, discute, decide e spinge”, dice.

È stata l’opinione pubblica a spingere i politici ad aumentare le forniture di armi all’Ucraina nei primi giorni della guerra. Ridurre questi aiuti, sostiene, potrebbe far arrabbiare non solo gli ucraini, ma anche gli elettori occidentali. Inizieranno a chiedersi a cosa sia servito tutto questo sforzo. La gente non perdonerà [i loro leader] se perderanno l’Ucraina”.

* Tuttavia, Zelensky sta coprendo le sue scommesse elogiando Trump nel caso in cui torni al potere.

– Se Putin spera che una vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane del 2024 gli consenta di vincere, si sbaglia. Trump non sosterrebbe mai Vladimir Putin. Non è quello che fanno gli americani forti”.

* Sta anche cercando di fare pressione su Biden ricordandogli la debacle in Afghanistan.

– “Si aspetta che Joe Biden mantenga la rotta se verrà rieletto. (‘Vogliono l’Afghanistan, seconda parte?’)”.

* Zelensky implora l’UE di accettare l’Ucraina come membro per risollevare il morale del suo popolo.

– Zelensky spera che l’Unione Europea non solo continui a fornire aiuti, ma che quest’anno apra i negoziati sul processo di adesione dell’Ucraina. (Si prevede che questa mossa avverrà in occasione di un vertice a dicembre): “Sosterrà il morale in Ucraina. Darà energia alla gente”.

* Difende inoltre la lentezza della controffensiva sostenendo che essa salva le vite dei suoi soldati.

– “L’Ucraina avrebbe perso “migliaia” se avesse seguito il consiglio di impegnare molte più truppe, dice. Questo non è il tipo di guerra in cui “il leader di un Paese dice che il prezzo non ha importanza”. Questa è la differenza tra lui e Vladimir Putin. Per lui la vita non è niente”.

* Zelensky ritiene che coloro che parlano con Putin siano ingannati da un moderno Hitler.

– “Coloro che scelgono di parlare con l’uomo del Cremlino si stanno ‘ingannando’, proprio come i leader occidentali che firmarono un accordo con Adolf Hitler a Monaco nel 1938 per poi vederlo invadere la Cecoslovacchia. L’errore non è la diplomazia. L’errore è la diplomazia con Putin. Lui negozia solo con se stesso”.

* Accenna minacciosamente al fatto che i rifugiati ucraini potrebbero insorgere se l’Occidente riducesse gli aiuti al loro Paese.

– “Non c’è modo di prevedere come i milioni di rifugiati ucraini nei Paesi europei reagirebbero all’abbandono del loro Paese. Gli ucraini si sono generalmente “comportati bene” e sono “molto grati” a coloro che li hanno ospitati. Non dimenticheranno questa generosità. Ma non sarebbe una “bella storia” per l’Europa se dovesse “spingere queste persone in un angolo””.

* L’Ucraina avrà bisogno di un “nuovo contratto sociale” se non otterrà presto la massima vittoria.

– Una lunga guerra di logoramento significherebbe un bivio per l’Ucraina.

Il Paese perderebbe ancora più persone, sia al fronte che nell’emigrazione. Richiederebbe una “economia totalmente militarizzata”. Il governo dovrebbe sottoporre questa prospettiva ai suoi cittadini, dice Zelensky, senza specificare come; un nuovo contratto sociale non potrebbe essere una decisione di una sola persona. A quasi 19 mesi dall’inizio della guerra, il Presidente afferma di essere “moralmente” pronto per il cambio. Ma affronterà l’idea con il suo popolo solo se la debolezza agli occhi dei suoi sostenitori occidentali diventerà una “tendenza”.

È arrivato quel momento? No, non ancora, dice. Grazie a Dio”.

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Tutto ciò che ha condiviso è la naturale evoluzione dei punti contenuti nelle seguenti analisi:

* 25 August: “The NYT & WSJ’s Critical Articles About Kiev’s Counteroffensive Explain Why It Failed

* 29 August: “Zelensky’s Latest TV Interview Shows How Much The Conflict’s Dynamics Have Shifted

* 31 August: “Vivek Ramaswamy’s Plan For Ending The NATO-Russian Proxy War In Ukraine Is Pragmatic

* 4 September: “Kiev’s Military Shake-Up Suggests That Peace Will Remain A Distant Prospect

* 9 September: “WaPo Reported That Ukrainians Are Distrustful Of The West & Flirting With A Ceasefire

Tutte le parti si stanno stancando, Kiev vuole ancora andare avanti, ma i calcoli occidentali stanno cambiando.

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Leggendo tra le righe dell’ultima intervista di Zelensky emergono i seguenti punti:

* Alcuni funzionari occidentali stanno probabilmente già tenendo colloqui non ufficiali con la Russia.

* Ciò è probabilmente dovuto a una combinazione di dinamiche strategico-militari e di interessi elettorali.

* Per questo Zelensky è eccessivamente sulla difensiva e cerca aggressivamente di fare pressione su di loro per farli riconsiderare.

* Teme che la continuazione degli aiuti sia subordinata alla ripresa ufficiale dei colloqui da parte di Zelensky.

* Sta quindi tramando per intromettersi nelle loro prossime elezioni con mezzi da infowar.

* Zelensky potrebbe anche ordinare all’SBU di organizzare rivolte di rifugiati ucraini in tutta Europa.

* Se fallisce e i colloqui sono inevitabili, spera nell’adesione all’UE come consolazione.

* Zelensky potrebbe poi indire le elezioni e riprendere i colloqui se vince rivendicando un mandato popolare.

Per quanto riguarda il primo punto, questi articoli dei media occidentali e russi suggeriscono un interesse reciproco per i colloqui:

* The New Yorker: “The Case for Negotiating with Russia

* The New York Times: “As Ukraine’s Fight Grinds On, Talk of Negotiations Becomes Nearly Taboo

* RT: “Sergey Poletaev: The West knows Ukraine’s counteroffensive is failing. So what’s plan B?

* TASS: “Russia can’t stop hostilities if Ukraine conducts counteroffensive, Putin says

* TASS: “Kiev delays talks making it more difficult to negotiate later — Lavrov

Il primo pezzo promuove le argomentazioni di Samuel Charap della RAND Corporation a favore di un cessate il fuoco, mentre il secondo lamenta che l’élite occidentale nel suo complesso non è ancora pronta a prendere seriamente in considerazione la possibilità di fermare lo spargimento di sangue. Quello di RT aggiunge alcuni argomenti russi per spiegare perché un cessate il fuoco potrebbe essere nell’interesse del Cremlino, mentre gli ultimi due della TASS mostrano che i suoi alti funzionari sono effettivamente interessati a questo, anche se non si possono fare progressi tangibili (almeno ufficialmente) finché non finisce la controffensiva.

Gli sviluppi strategico-militari oggettivamente esistenti nel corso dell’estate e le narrazioni soggettivamente interpretate che oggi vengono spinte da entrambe le parti della guerra per procura tra NATO e Russia nelle ultime settimane suggeriscono in modo convincente un crescente interesse a congelare il conflitto. Detto questo, all’interno di entrambe le parti ci sono forze potenti che non vogliono che ciò accada, per non parlare di Kiev. Questo complica quindi il cammino verso la pace, ma tutto si sta muovendo in quella direzione nonostante loro.

Come sostenuto in tutto questo pezzo, Zelensky è stato eccessivamente sulla difensiva nella sua ultima intervista con The Economist proprio perché alcuni funzionari occidentali stanno probabilmente già tenendo colloqui non ufficiali con la Russia. Il suo team e i suoi sostenitori liberal-globalisti nei circoli politici statunitensi potrebbero ancora ricorrere a false bandiere e provocazioni per sabotare il tutto, quindi i prossimi mesi potrebbero essere caratterizzati da pericolosi drammi, ma se l’attuale traiettoria rimarrà sulla buona strada, il conflitto potrebbe finalmente iniziare a congelarsi all’inizio del prossimo anno.

https://korybko.substack.com/p/why-was-zelensky-overly-defensive

 

Dall’Economist

Donald Trump non sosterrà mai Putin, dice Volodymyr Zelensky
Ma il presidente ucraino teme che alcuni dei sostenitori occidentali del suo Paese stiano perdendo la fede
Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy fa un gesto al suo pubblico
immagine: reuters
10 settembre 2023 | KYIV

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Volodymyr Zelenskiy non vuole pensare a una lunga guerra, né tanto meno parlarne agli ucraini, molti dei quali sognano ancora di vincere in fretta. Ma è proprio a questo che si sta preparando. “Devo essere pronto, la mia squadra deve essere pronta per la lunga guerra, ed emotivamente sono pronto”, afferma il presidente ucraino in un’intervista a The Economist. Parlando ai margini della yes conference, un pow-wow internazionale a Kyiv, è calmo, composto e cupo. Un anno fa, nello stesso contesto, l’atmosfera era elettrica ed euforica; la notizia del successo delle forze ucraine nel respingere la Russia dalla regione di Kharkiv risuonava su tutti gli smartphone presenti nella sala.

Quest’anno l’atmosfera è molto diversa. A tre mesi dall’inizio della controffensiva, l’Ucraina ha compiuto solo modesti progressi lungo l’importantissimo asse meridionale nella regione di Zaporizhia, dove sta cercando di interrompere il “ponte di terra” dalla Russia alla Crimea di Vladimir Putin. La questione di quanto tempo ci vorrà, o se ci riuscirà, pesa sulla mente dei leader occidentali. Essi continuano a parlare bene, impegnandosi a stare al fianco dell’Ucraina “fino a quando sarà necessario”. Ma il signor Zelensky, un ex attore televisivo con un senso acuto del suo pubblico, ha rilevato un cambiamento di umore tra alcuni dei suoi partner. “Ho questa intuizione, leggendo, sentendo e vedendo i loro occhi [quando dicono] ‘saremo sempre con voi'”, dice, parlando in inglese (una lingua in cui è sempre più fluente). “Ma vedo che lui o lei non sono qui, non sono con noi”.

Apre le mani in un gesto di frustrazione. Alcuni partner potrebbero vedere le recenti difficoltà dell’Ucraina sul campo di battaglia come un motivo per costringerla a negoziare con la Russia. Ma “questo è un brutto momento, perché Putin vede la stessa cosa”.

Non essendo riuscito a sopraffare l’Ucraina in tempi brevi, Putin sembra determinato a sfiancare il Paese e a logorare la determinazione dei suoi partner a continuare a finanziarlo e a rifornirlo di armi. Il suo obiettivo è rendere l’Ucraina uno Stato disfunzionale e spopolato, i cui rifugiati causano problemi in Europa. Ma Zelensky afferma che la Russia stessa è fragile. Putin “non capisce che nella lunga guerra perderà. Perché non importa se il 60% o il 70% [dei russi] lo sostiene. No, la sua economia perderà”. Quando l’Ucraina aumenterà i suoi attacchi all’interno della Russia, i russi inizieranno a porsi domande scomode sull’incapacità del loro esercito di proteggerli, “perché i nostri droni atterreranno”. L’autorità del presidente russo è stata indebolita dall’ammutinamento in giugno di Yevgeny Prighozhin, capo del gruppo di mercenari Wagner, poi assassinato. Secondo Zelensky, si indebolirà ulteriormente.

Allo stesso tempo, il presidente ucraino è ben consapevole dei rischi per il suo Paese se l’Occidente iniziasse a ritirare il suo sostegno economico. Ciò danneggerebbe non solo l’economia ucraina, ma anche il suo sforzo bellico. Lo dice in termini crudi. “Se non si sta con l’Ucraina, si sta con la Russia e se non si sta con la Russia, si sta con l’Ucraina. E se i partner non ci aiutano, significa che aiuteranno la Russia a vincere. Questo è quanto”. Con molti dei suoi alleati occidentali (tra cui l’America) che terranno le elezioni il prossimo anno, Zelensky sa che sostenere il sostegno sarà difficile, soprattutto in assenza di progressi significativi sul fronte.

Il presidente ucraino ha saputo fare appello alle opinioni pubbliche occidentali, spesso scavalcando i loro politici. È ancora convinto che il modo migliore “per convincere i governi, [per far loro] credere di essere dalla parte giusta, sia quello di spingerli attraverso i media. Le persone leggono, discutono, decidono e spingono”, afferma. È stata l’opinione pubblica a spingere i politici ad aumentare le forniture di armi all’Ucraina nei primi giorni della guerra. Ridurre questi aiuti, sostiene, potrebbe far arrabbiare non solo gli ucraini, ma anche gli elettori occidentali. Inizieranno a chiedersi a cosa sia servito tutto questo sforzo. “La gente non perdonerà [i loro leader] se perderanno l’Ucraina”.

Se Putin spera che una vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane del 2024 gli consenta di vincere, si sbaglia. Trump non sosterrebbe mai Vladimir Putin. “Non è questo che fanno gli americani forti”. Si aspetta che Joe Biden mantenga la rotta se verrà rieletto. (E spera che l’Unione Europea non solo continui a fornire aiuti, ma che quest’anno apra i negoziati sul processo di adesione dell’Ucraina. (Si prevede che questa mossa avverrà in occasione di un vertice a dicembre): “Sosterrà il morale in Ucraina. Darà energia alla gente”.

Mantenere il morale alto è fondamentale. Per questo motivo, secondo Zelensky, anche i limitati progressi in prima linea sono essenziali. “Ora c’è movimento. È importante”. Dopo pesanti perdite iniziali e tattiche adattate frettolosamente, i soldati ucraini hanno finalmente perforato la prima delle tre principali linee difensive russe nella regione di Zaporizhia. Zelensky insiste sul fatto che un grande passo avanti può ancora essere fatto: “Se li spingiamo da sud, scapperanno”.

Anche sul fronte secondario della controffensiva, vicino alla città orientale di Bakhmut, le forze ucraine stanno lentamente riprendendo territorio. “Durante i primi giorni della guerra su larga scala, continuavamo a essere respinti. Ogni giorno. Hanno preso alcune città, centinaia di villaggi”, racconta. Ora le forze ucraine stanno avanzando a fatica. Ma le truppe devono affrontare un compito erculeo per trasformare i progressi lungo uno dei due assi in una svolta strategica.

In risposta alle lamentele occidentali sulla lentezza dell’offensiva, Zelensky afferma che essa riflette l’estremo livello di pericolo. La riconquista del territorio deve essere bilanciata con la salvaguardia del maggior numero possibile di vite umane. I soldati devono ridurre i rischi: effettuare ricognizioni, usare droni, evitare scontri diretti. L’Ucraina avrebbe perso “migliaia di persone” se avesse seguito il consiglio di impegnare molte più truppe, dice. Questo non è il tipo di guerra in cui “il leader di un Paese dice che il prezzo non conta”. Questa è la differenza tra lui e Vladimir Putin. “Per lui la vita non è niente”.

Dopo mesi di aspettative per la controffensiva, Zelensky sta adattando attentamente il suo messaggio alla realtà. La vittoria non arriverà “domani o dopodomani”, dice. Ma non è un sogno fantastico. L’Ucraina merita di vincere e l’Occidente dovrebbe sostenerla. L’esercito russo sta perdendo “molte persone” e sta ridispiegando le sue riserve per fermare l’avanzata ucraina, dice: “Significa che perdono”.

Battendo forte sul tavolo, Zelensky rifiuta categoricamente l’idea di un compromesso con Vladimir Putin. La guerra continuerà “finché la Russia resterà in territorio ucraino”, dice. Un accordo negoziato non sarebbe permanente. Il presidente russo ha l’abitudine di creare “conflitti congelati” ai confini della Russia (ad esempio in Georgia), non come fine a se stessi, ma perché il suo obiettivo è quello di “restaurare l’Unione Sovietica”. Coloro che scelgono di parlare con l’uomo del Cremlino si stanno “ingannando”, proprio come i leader occidentali che firmarono un accordo con Adolf Hitler a Monaco nel 1938 per poi vederlo invadere la Cecoslovacchia. “L’errore non è la diplomazia. L’errore è la diplomazia con Putin. Lui negozia solo con se stesso”.

La riduzione degli aiuti all’Ucraina non farà altro che prolungare la guerra, sostiene Zelensky. E creerebbe rischi per l’Occidente nel suo stesso cortile. Non c’è modo di prevedere come i milioni di rifugiati ucraini nei Paesi europei reagirebbero all’abbandono del loro Paese. Gli ucraini si sono generalmente “comportati bene” e sono “molto grati” a coloro che li hanno ospitati. Non dimenticheranno questa generosità. Ma non sarebbe una “bella storia” per l’Europa se dovesse “spingere queste persone in un angolo”.

Nel frattempo, una lunga guerra di logoramento significherebbe un bivio per l’Ucraina. Il Paese perderebbe ancora più persone, sia in prima linea che a causa dell’emigrazione. Sarebbe necessaria “un’economia totalmente militarizzata”. Il governo dovrebbe sottoporre questa prospettiva ai cittadini, dice Zelensky, senza specificare come; un nuovo contratto sociale non potrebbe essere una decisione di una sola persona. A quasi 19 mesi dall’inizio della guerra, il presidente dice di essere “moralmente” pronto per il cambio. Ma affronterà l’idea con il suo popolo solo se la debolezza agli occhi dei suoi sostenitori occidentali diventerà una “tendenza”. È arrivato quel momento? No, non ancora, dice. “Grazie a Dio”. ■

https://www.areion24.news/?fbclid=IwAR3DbON5sLHQkdta5wfdscR2spzwqo_RPOhhpoEhHDdwt3sDe7IwBhbCX2k

Dalla rivista francese Diplomatie di settembre/ottobre

Si sono svolti incontri segreti tra russi e americani.

Dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina nel febbraio 2022, non c’è stato alcun segnale di una fine del conflitto nelle prossime settimane o mesi. Per quanto riguarda Kiev, la controffensiva lanciata a giugno non si è dimostrata efficace, se non decisiva (al momento di andare in stampa) e al momento della stampa di questo numero) e i suoi alleati i suoi alleati hanno annunciato quest’estate l’invio di nuovi equipaggiamenti militari, come bombe a grappolo e missili a lungo raggio. Per quanto riguarda Vladimir Putin e i suoi generali, la linea ufficiale è ben calibrata: tutto va bene e ci sarà solo una resa totale dell’Ucraina per porre fine a questa “operazione militare speciale”, come le autorità di Mosca definiscono questo conflitto.

Tuttavia, secondo diverse fonti diplomatiche, dietro le quinte si fa sempre più sentire un’altra voce. Secondo il canale televisivo americano NBC News, <<un gruppo di ex alti funzionari della sicurezza nazionale statunitense ha avuto colloqui segreti con persone sospettate di essere vicine al Cremlino, nel tentativo di gettare le basi per i negoziati per la fine alla guerra in Ucraina >>.
Essi includono Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo e sostenitore di Putin. Durante questi incontri, americani e russi avrebbero discusso del futuro dei territori occupati o di possibili compromessi. << Uno degli obiettivi è quello di mantenere aperti i canali di comunicazione con la Russia, ove possibile, e di determinare dove potrebbe esserci spazio per un compromesso

PER WASHINGTON, È NECESSARIO PORRE FINE A QUESTO CONFLITTO
CENTINAIA DI MIGLIAIA DI MORTI.
per quanto riguarda i futuri negoziati, i compromessi e la diplomazia per porre fine alla guerra, NBC News sottolinea che l’amministrazione Biden e il suo gabinetto sono a conoscenza di questi scambi americano-russi, ma non sono direttamente coinvolti. Secondo quanto riferito, è stata presa in considerazione la possibilità di una zona demilitarizzata e di un cessate il fuoco, sotto la supervisione congiunta di truppe ONU o OSCE. Tuttavia, questa potrebbe essere solo una soluzione imperfetta nella pratica, poiché non garantirebbe l’eventuale firma di un trattato di pace e rischierebbe addirittura di congelare il confronto, come quello che esiste tra le due Coree. Tuttavia, e senza minimamente vacillare nel loro sostegno all’Ucraina,
gli Stati Uniti si stanno preparando attivamente per la fine di questo
conflitto russo-ucraino. Lo scorso maggio, William Joseph Burns, direttore della CIA (in carica dal 2021) ha parlato con i vertici militari ucraini che gli hanno riferito che la controffensiva avrebbe permesso di liberare nuovi territori.
<< entro l’autunno >>. È su questo calendario che Washington sembra voler elaborare una sorta di piano postbellico. Secondo le nostre informazioni
Secondo le nostre informazioni, gli Stati Uniti stanno dando al generale di Kiev
di fare progressi sul fronte, ma quando arriva quel momento

Quando l’11 luglio si è aperto a Vilnius, capitale lituana, il vertice della NATO con la
alla presenza dei 31 leader dei Paesi dell’Alleanza e del Presidente Zelensky, un tweet di Gerard Araud, ex ambasciatore francese a Washington tra il 2014 e il 2019 dopo essere stato rappresentante permanente della Francia alle Nazioni Unite, aveva sollevato gli animi in vista di futuri negoziati: << In alcune conferenze, un fantasma infesta i corridoi. (…) A Vilnius, il fantasma è il desiderio americano di negoziare se possibile con la Russia >>. E mentre il presidente Joe Biden aveva espresso ufficialmente la sua opposizione all’ingresso dell’Ucraina nella NATO, oggi l’ex ambasciatore francese negli Stati Uniti si è spinto oltre su Twitter: << Il vero argomento che nessuno osa sollevare è la vera ragione del rifiuto americano di aderire: il desiderio di Washington di mantenere aperta l’opzione di negoziare con la Russia. >> È vero che ci sono almeno due ragioni per la determinazione americana a negoziare.
SONO IN CORSO DISCUSSIONI CON SERGEI LAVROV, IL CAPO DELLA DIPLOMAZIA RUSSA.
In primo luogo, l’obiettivo è quello di porre fine alla più grande guerra tra Paesi dalla fine della Seconda guerra mondiale. Con decine di migliaia di soldati morti da entrambe le parti, città rase al suolo, civili bombardati e uccisi gratuitamente e crimini di guerra commessi. Allo stesso tempo, l’amministrazione Biden è tormentata da un conflitto, quello che lo vede contrapposto alla Cina su questioni come Taiwan, il riavvicinamento Cina-Russia e il Pacifico.
<< Gli americani sono totalmente coinvolti nella guerra in Ucraina, ma hanno la testa in Cina… >>, ha dichiarato un importante esponente europeo al settimanale settimanale << L’Obs >> all’inizio dell’anno. Per Washington, il mondo di domani si giocherà in Asia.

Marc Peyssal

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Come vede un politico sudcoreano le principali questioni geopolitiche in Asia? Intervista con Song Young-Gil, di Maxime LEFEBVRE

Come vede un politico sudcoreano le principali questioni geopolitiche in Asia? Intervista con Song Young-Gil
di Maxime LEFEBVRE, SONG Young-Gil, 13 settembre 2023
Song Young-Gil, nato nel 1963, ha iniziato la sua vita politica facendo campagna per la democratizzazione della Corea del Sud. Membro del Partito Democratico, è stato membro dell’Assemblea nazionale coreana per 20 anni (2000-2020) e ha partecipato attivamente alla diplomazia parlamentare. È stato anche sindaco di Incheon, la terza città più grande della Corea (2010-2014), e presidente del Partito democratico della Corea (2021-2022). Nella prima metà del 2023 ha trascorso un anno accademico in Francia come visiting professor presso la ESCP Business School.
Maxime Lefebvre, ex ambasciatore, professore di relazioni internazionali alla ESCP, direttore scientifico del master “International Business & Diplomacy”, autore di “Jeu du droit et de la puissance. Précis de relations internationales”, PUF Major, 6a edizione, 2022.

Come possiamo comprendere le relazioni con la Repubblica Popolare Cinese? Che ruolo ha la guerra economica in questo contesto? Sarebbe possibile riunificare la penisola coreana e con quali mezzi? Queste sono alcune delle domande che Maxime Lefebvre ha posto a Song Young-Gil per Diploweb.com.

Maxime Lefebvre (M. L. ): Secondo lei, quali sono le idee sbagliate sul crescente confronto con la Cina?

Song Young-Gil (S. Y-G): C’è una differenza fondamentale tra le relazioni americano-sovietiche e quelle americano-cinesi. Yan Xuetong, professore dell’Università Tsinghua e ideologo di destra rappresentante del patriottismo cinese, una volta ha paragonato le relazioni tra Stati Uniti e Russia a un gioco a somma zero, come un incontro di boxe, e le relazioni sino-americane a una competizione, come una partita di calcio. Durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti e l’URSS hanno diviso il mondo in due blocchi economici, economie di mercato ed economie pianificate. Al contrario, l’attuale relazione tra gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese è integrata in un’economia di mercato unificata e l’interdipendenza economica tra i due Paesi è così forte che non è facile separarli.

Karl Marx ha sviluppato la teoria secondo cui quando la base materiale, le forze produttive e i rapporti di produzione vengono trasformati (l’infrastruttura), la sovrastruttura legale e politica si trasforma a sua volta. Molti attivisti comunisti e socialisti hanno agito secondo questa ideologia e si pensava che l’integrazione della Cina nell’ordine economico mondiale e la sua accettazione di un’economia di mercato capitalista avrebbero portato naturalmente alla democratizzazione delle sue strutture politiche e sociali. Tuttavia, quarant’anni dopo la modernizzazione e l’apertura della Cina, la struttura politica e sociale è tornata all’epoca di Mao Zedong. Di fatto, la Cina ha gradualmente rafforzato la sua dittatura attraverso l’autoritarismo digitale. L’Occidente, e gli Stati Uniti in particolare, si sono sentiti traditi per aver permesso alla Cina di entrare nell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e per averle concesso il trattamento di nazione più favorita. Gli Stati Uniti hanno quindi deciso di attuare politiche meno favorevoli alla Cina sulla base di un consenso bipartisan tra democratici e repubblicani. L’amministrazione Biden ha ereditato la guerra commerciale contro la Cina iniziata dal Presidente Trump e l’ha intensificata.

Questo approccio è appropriato? Prendiamo il punto di vista cinese. È innegabile che l’integrazione della Cina nell’ordine commerciale globale abbia contribuito allo sviluppo dell’economia statunitense e mondiale, fornendo alle fabbriche di tutto il mondo beni prodotti a basso costo. La Cina è stata il maggior acquirente di titoli del Tesoro americano, contribuendo a mantenere l’egemonia del dollaro. La Cina ha svolto un ruolo importante nel superamento della crisi economica del 2008. Lo sviluppo economico della Corea del Sud deve molto anche all’integrazione della Cina nell’economia globale. La Cina è ancora il principale partner commerciale della Corea del Sud e rappresenta il 25% del suo commercio estero.

La Cina è un Paese straordinario. Essendo uno dei quattro luoghi di nascita delle civiltà antiche (insieme alla Mesopotamia, all’Egitto e alla Grecia), ha svolto un ruolo centrale nel mondo, senza per questo tagliarsi fuori dalla modernità. È stato il Paese più potente del mondo, con oltre il 30% della produzione mondiale, fino ai “Cento anni di umiliazione”, durati dalle guerre dell’oppio degli anni Quaranta del XIX secolo alla fine della Seconda guerra mondiale nel 1945, durante i quali è stato invaso dalle forze imperialiste e spinto dal centro del mondo alla sua periferia. In Cina c’è un profondo consenso nazionale sul fatto che il popolo cinese non deve dimenticare questi cento anni di umiliazione. La Cina ha designato gli anni 2021 e 2049, corrispondenti ai centenari della fondazione del Partito Comunista Cinese e della Repubblica Popolare Cinese, come i due grandi centenari che dovrebbero consacrare un grande Paese socialista sviluppato.

Come vede un politico sudcoreano le principali questioni geopolitiche in Asia? Intervista con Song Young-Gil
Song Young-Gil
Politico sudcoreano
Rispetto alla Cina, l’Unione Sovietica non è mai stata veramente al centro del mondo. La Russia era un Paese periferico. Dominata dai mongoli, ottenne l’indipendenza solo sotto Ivan il Terribile e Pietro il Grande, iniziando a seguire il percorso dei Paesi europei avanzati. La rivoluzione comunista è avvenuta nel 1917 in una Russia sottosviluppata, non in società capitalistiche avanzate come Gran Bretagna, Francia e Germania. Il PIL dell’Unione Sovietica non ha mai superato il 60% del PIL degli Stati Uniti durante tutta la Guerra Fredda. La Cina, invece, si sta avvicinando al livello del PIL statunitense. Inoltre, la profondità della filosofia cinese è ancora più antica di quella greca e romana: Confucio, Mencio e i loro seguaci hanno formulato le loro idee già nel V secolo a.C.. Quattro grandi invenzioni della civiltà umana – carta, stampa, polvere da sparo e bussola – sono nate in Cina. Con una popolazione di 1,4 miliardi di abitanti, non inferiore ai 144 milioni della Russia [1], la Cina è oggi in grado di sostenersi sulla base della domanda interna. Le teorie sulla frammentazione e sul declino della Cina sono il pallino dei pensatori occidentali, ma la politica estera non può essere determinata da un’idea velleitaria, bensì deve basarsi sui fatti. Possiamo solo coesistere con la Cina. È impossibile costringere la Cina a cambiare il suo sistema. Dobbiamo adottare la filosofia cinese del “qiu tong cun yi”, cioè cercare cose in comune mettendo da parte le differenze.

M. L. : Quale dovrebbe essere la nostra strategia nei confronti della Cina?

S. Y-G: Nel corso della storia, la Cina ha raramente invaso territori per stabilire colonie. Nella penisola coreana, le dinastie Sui e Tang hanno combattuto feroci battaglie contro il regno di Goguryeo. I coreani erano un popolo del nord che commerciava con la Cina in una relazione ostile. La Cina fu spesso invasa dai popoli del nord e il suo territorio continentale fu occupato. La dinastia Song fu distrutta dai Mongoli e la penisola coreana cadde sotto il dominio mongolo. In epoca moderna, l’invasione manciù portò al crollo della dinastia Ming e alla creazione dell’Impero Qing. All’inizio della dinastia Ming, sotto il regno di Yongle, le sette spedizioni di Zheng Hua (1405-1433) attraversarono l’Oceano Indiano fino al continente africano, ben prima dei viaggi di Cristoforo Colombo e Magellano. La prima spedizione coinvolse 62 navi e 25.000 soldati e marinai. Nonostante le sue notevoli risorse, la Cina non ha mai fondato una colonia o preso il controllo di un Paese. Non costruì cattedrali o templi per diffondere la propria religione. Tutto ciò può sembrare piuttosto strano.

Come ci comportiamo con la Cina? Possiamo solo prendere la Cina così com’è. Dalle guerre dell’oppio alla creazione della Repubblica Popolare nel 1949, sono passati cento anni di umiliazioni e da allora sono passati 74 anni. A mio parere, dobbiamo aspettare e vedere. Nel 2049 sarà arrivato uno dei due grandi centenari che la Cina vuole celebrare. Credo che quello sarà il momento in cui la base si trasformerà e la sovrastruttura si trasformerà. È difficile che la Cina torni indietro alla Rivoluzione culturale. La Cina ha un’economia di mercato capitalista altamente sviluppata che trasformerà inevitabilmente la sua struttura politica e sociale.

Una questione fondamentale è quella di Taiwan. La Cina è un Paese composto da 56 gruppi etnici, i cinesi Han e 55 minoranze etniche. L’eventuale indipendenza di Taiwan alimenterebbe inevitabilmente movimenti secessionisti nello Xinjiang (uiguri), in Tibet, in Mongolia e tra i coreani delle tre province nordorientali. La posizione della Cina è che userà la forza per impedire l’indipendenza di Taiwan. Molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la Corea del Sud, hanno accettato il principio di una sola Cina nelle loro politiche verso la Cina. Per questo motivo la Repubblica di Cina (Taiwan) ha perso la sua appartenenza alle Nazioni Unite e la Repubblica Popolare Cinese è diventata membro permanente del Consiglio di Sicurezza quando è entrata a far parte dell’ONU. La Cina potrebbe essere tentata di usare la forza per annettere Taiwan. Per evitare che ciò accada, è necessario rafforzare le capacità di autodifesa di Taiwan. Deve essere garantito il diritto del popolo taiwanese di determinare il proprio futuro. Credo che né la Cina, né gli Stati Uniti, né il Giappone debbano ricorrere alla forza. Se Taiwan non cerca l’indipendenza attraverso accordi costituzionali, non sarà facile per la Cina intervenire con la forza. La Cina difende ufficialmente il principio della riunificazione pacifica. Tuttavia, non esclude l’uso della forza se Taiwan cerca l’indipendenza.

Credo che i tentativi di indipendenza di Taiwan debbano essere considerati alla luce degli interessi fondamentali della Cina. È difficile garantire la propria sicurezza senza rispondere alle minacce alla sicurezza degli altri. Nell’inverno del 2014 ho trascorso tre mesi a Taipei come visiting professor presso la National Taiwan University of Political Science, dove ho incontrato molti politici taiwanesi, tra cui l’attuale presidente del Democratic Progressive Party, Lai Ching-te. Ho sottolineato in ogni occasione che non sarebbe saggio per i politici taiwanesi cercare di spingere per l’indipendenza e dare alla Cina un pretesto per intervenire con la forza. Dovrebbero mantenere lo status quo e godere del commercio con la Cina, gli Stati Uniti e il Giappone, in modo da diventare autosufficienti, seguendo lo slogan dell’Università Tsinghua: “non smettere mai di crescere più forte”. Ho sottolineato logicamente che il sistema democratico sviluppato di Taiwan dovrebbe permettersi di trasformare la Cina continentale, come era nelle ambizioni di Chiang Kai-shek, piuttosto che staccarsi dalla terraferma.

Il dialogo strategico tra Stati Uniti e Cina deve essere rafforzato.

Rispetto alla prima guerra fredda, oggi ci troviamo di fronte alla minaccia di una guerra nucleare unita a quella di una crisi climatica. È in gioco il destino dell’intera razza umana. Stati Uniti, Cina ed Europa devono unire le forze e mettere in comune la loro saggezza per proteggere il pianeta Terra. Superando l’era dei combustibili fossili e delle scorie nucleari, dobbiamo creare la forma più ideale di energia da fusione nucleare. Nell’aprile del 2023 ho visitato il sito del reattore sperimentale termonucleare internazionale (ITER) vicino ad Aix-en-Provence (Francia) e ne sono rimasto molto colpito. Il progetto è stato avviato all’epoca dei negoziati sul disarmo nucleare tra Gorbaciov e Reagan. Sette partner (Stati Uniti, Cina, Unione Europea, Corea del Sud, Giappone, India e Russia) stanno costruendo il progetto, con un investimento di 20 miliardi di euro. Nonostante la guerra tra Russia e Ucraina, circa 60 scienziati e ingegneri russi ci stanno lavorando. Anche se ci sono litigi e controversie, dovremmo usare la forza di tutti in un progetto che assicura il futuro dell’umanità.

Attualmente, i canali di comunicazione tra Stati Uniti e Cina sono molto deboli. Si è persino detto che sono peggiori di quelli esistenti durante la Guerra Fredda tra Stati Uniti e URSS. È un’assurdità. Il dialogo strategico tra Stati Uniti e Cina deve essere rafforzato. Gli Stati Uniti, che hanno più di 800 basi militari in tutto il mondo, dovrebbero chiedersi se sia il modo giusto di affrontare la Cina, che non ha una rete di basi militari all’estero, brandendo la minaccia cinese e intensificando i preparativi per un confronto militare con la Cina.

M. L. : Ma c’è un equilibrio geopolitico di potere da raggiungere con la Cina. Come si può fare?

S. Y-G: Abbiamo bisogno di un equilibrio di potere per competere e cooperare con la Cina, contenendo al contempo la sua espansione esterna.

L’India può essere vista come un’alternativa nelle catene di produzione globali. L’India è un Paese promettente con un potenziale illimitato, ma è anche un Paese frenato dal sistema delle caste, dalle disuguaglianze socio-economiche, dalla diversità linguistica e religiosa e da molti altri problemi. Per raggiungere la Cina, l’India dovrebbe recuperare un ritardo di 20-30 anni, il che non è poco. Non è facile integrare la popolazione più numerosa del mondo mantenendo un sistema democratico con regolari elezioni per la formazione dei governi, e questo spiega perché il Primo Ministro Narendra Modi e il suo BJP stiano enfatizzando il nazionalismo indù e si stiano muovendo verso una dittatura di fatto autoritaria. Se l’India riuscirà a consolidare le sue istituzioni democratiche e a sviluppare la sua economia, potrà creare le leve che le permetteranno di diventare un’alternativa alla Cina. Credo che la comunità internazionale debba mostrare maggiore interesse e sostegno per la modernizzazione delle infrastrutture e delle istituzioni indiane. Il futuro dello sviluppo democratico dipende dal fatto che l’India, la più grande democrazia del mondo, riesca a svilupparsi adeguatamente.

Ci sono poi il Vietnam e la Corea del Nord. Entrambi gli Stati hanno forti ideologie nazionaliste di indipendenza. Nella loro storia, il Vietnam e il regno di Goguryeo hanno rifiutato di arrendersi e hanno resistito. Oggi è lo stesso. È stato pubblicato un libro sulle visite del Segretario alla Difesa statunitense McNamara in Vietnam e sul suo dialogo con la leadership del Partito Comunista vietnamita. La guerra decennale tra Stati Uniti e Vietnam ha causato danni enormi. L’esercito sudcoreano partecipò alla guerra del Vietnam su richiesta degli Stati Uniti. Nonostante il massiccio sostegno militare statunitense, il governo sudvietnamita non riuscì a sconfiggere le forze del Vietnam del Nord e del Fronte di Liberazione Nazionale del Vietnam del Sud. Nel 1995, 20 anni dopo la riunificazione del Vietnam da parte dei comunisti, gli Stati Uniti e il Vietnam stabilirono relazioni diplomatiche. Si temeva che la vittoria del comunismo in Vietnam, dopo la Cina, avrebbe portato alla sua espansione in Laos, Cambogia e Thailandia. Ma questa teoria si rivelò errata. Anche all’interno del campo comunista, piccoli e medi conflitti si sono intensificati, passando da dispute di confine a guerre su larga scala. Cina e Vietnam entrarono in guerra nel 1979. Il comunismo è una forma di internazionalismo, ma in realtà la lettura storica e geopolitica e l’ideologia nazionalista hanno avuto più effetto dell’ideologia comunista internazionale.

Dal 1995 il Vietnam è un alleato di fatto degli Stati Uniti.

Oggi il Vietnam, come la Cina, ha abbracciato l’economia di mercato e la politica di apertura (riforma Doi Moi del 1986) e sta vivendo una notevole crescita economica. Il Vietnam è un alleato di fatto degli Stati Uniti dal 1995. È un avamposto contro l’espansione della Cina nel Mar Cinese Meridionale. Lo stesso vale per la Corea del Nord. La Corea del Nord è allo stesso tempo dipendente dalla Cina e ferocemente indipendente. La Corea del Nord fa riferimento all’ideologia dell’unità nazionale nota come “Juche”. La Corea del Nord cerca disperatamente di stabilire relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti. Se le relazioni tra Stati Uniti e Corea del Nord si normalizzassero, la Corea del Nord potrebbe diventare il prossimo Vietnam [2] e svolgere un ruolo di controllo sul perno della Cina verso il Pacifico.

M. L. : Che ruolo ha la guerra economica in questo contesto?

S. Y-G: Il furto di proprietà intellettuale da parte della Cina nei confronti delle aziende straniere è ben noto. Le aziende coreane che hanno investito massicciamente in Cina nei primi tempi della riforma stanno fuggendo dalla Cina e trasferendo le loro fabbriche in Vietnam e in India a causa di un trattamento palesemente discriminatorio, come i requisiti per il trasferimento di tecnologia e il furto di tecnologia. La comunità internazionale deve rispondere alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale da parte della Cina. La protezione dei diritti di proprietà intellettuale deve essere rafforzata nell’interesse dello sviluppo economico della Cina.

La legislazione IRA adottata dagli Stati Uniti per impedire alla Cina di sviluppare la tecnologia dei semiconduttori non è priva di problemi. Samsung e SK, che hanno investito pesantemente in Cina e vi gestiscono impianti di semiconduttori, saranno gravemente colpite. Questa misura degli Stati Uniti è contraria all’ordine del commercio internazionale aperto. Le condizioni di concorrenza devono essere uguali per tutti. Se la Cina sviluppa prodotti di qualità superiore e guida la gara, dovremmo accettarlo e ricercare e sviluppare nuove tecnologie per superarla, in modo che la civiltà umana possa progredire. Rifiutare la concorrenza attraverso pressioni politiche non è sostenibile. Gli Stati Uniti hanno chiesto ai Paesi Bassi di non esportare i sistemi di incisione dei semiconduttori EUV, prodotti esclusivamente dall’azienda olandese ASML, e i Paesi Bassi si sono adeguati. Ma credo che sia solo questione di tempo prima che la Cina sviluppi le proprie tecnologie. Gli Stati Uniti stanno cercando di creare una nuova catena di valore e di fornitura per circondare la Cina, e questo potrebbe scontrarsi con gli interessi della Corea e dell’UE. Gli Stati Uniti sono interessati solo ad attirare la produzione di semiconduttori sul proprio territorio, nell’ambito della politica “America First”. Tuttavia, gli effetti dannosi sulle alleanze esistenti sono criticabili. Lo stesso vale per Tiktok e Huawei. Ritengo che il problema della sicurezza sia di natura tecnica e possa essere risolto senza vietare una società o un social media nella sua interezza. Tutti i social media e le società di telecomunicazioni, compresi Facebook e Twitter, hanno lo stesso problema. Si tratta solo di capire se sono la Cina o gli Stati Uniti a poter spiare. Anche gli Stati Uniti hanno dimostrato la loro capacità di attaccare la sovranità e la sicurezza, come ha dimostrato l’esempio della recente intercettazione dell’amministrazione presidenziale sudcoreana. È un’umiliazione per la Corea del Sud e il presidente sudcoreano Yoon Suk-Yeol non ha detto una parola al riguardo durante la sua visita negli Stati Uniti.

M. L.: Cosa pensa della strategia indo-pacifica della Francia e dell’Europa? Abbiamo un ruolo da svolgere nella regione?

S. Y-G: La Cina dipende dall’estero per il 50% del suo consumo energetico, l’80% del quale viene importato dal Medio Oriente attraverso lo Stretto di Malacca. Lo Stretto è controllato da Singapore, un alleato militare di fatto degli Stati Uniti. Di conseguenza, la Cina starebbe cercando una rotta attraverso la Thailandia (il Canale di Kra) che le consentirebbe di aggirare lo Stretto di Malacca. Le riserve strategiche di petrolio della Cina non superano i 30 giorni, una riserva insufficiente in caso di guerra con gli Stati Uniti. È chiaro che le Nuove Vie della Seta (Belt and Road Initiative) includono una strategia per garantire l’approvvigionamento energetico in caso di blocco dello Stretto di Malacca. È in corso un progetto per collegare gli oleodotti allo Xinjiang attraverso il porto pakistano di Gwadar, aggirando lo Stretto di Malacca.

Il principio della libertà di navigazione verso il Mar Cinese Meridionale attraverso lo Stretto di Malacca e lo Stretto di Taiwan è molto importante anche per la Corea del Sud e il Giappone, che dipendono dalle importazioni di petrolio dall’estero. Il libero passaggio delle navi mercantili è garantito, ma il problema è quello delle navi militari. Il potenziale di conflitto tra le flotte statunitensi e cinesi nello Stretto di Taiwan è in aumento. Il principio della libertà di navigazione nell’Indo-Pacifico, la prevenzione del contrabbando e del terrorismo e il cambiamento climatico offrono ampi spazi di cooperazione. Il problema è che la strategia indo-pacifica promossa da Stati Uniti e Giappone è in realtà una strategia di alleanza militare per contenere la Cina, mentre le strategie di India, Europa e Corea del Sud mirano a stabilire un ordine di libertà di navigazione e di commercio, che è un interesse contrario alla strategia di “contenimento”. Nella strategia indo-pacifica, non c’è alternativa alla consultazione e alla cooperazione con la Cina, e la chiave è lo Stretto di Taiwan. La causa principale della tensione militare nello Stretto di Taiwan è la questione dell’indipendenza di Taiwan. Affrontare questa questione in modo da rispettare il principio dell’Unicità della Cina può contribuire a ridurre le tensioni militari con la Cina.

M. L. : È possibile riunificare la penisola coreana e con quali mezzi?

S. Y-G: La lezione della guerra di Corea (1950-1953) è stata che né il Nord né il Sud potevano essere riunificati con la forza e che non si doveva tentare di nuovo. Da allora, la Repubblica di Corea ha abbandonato il principio della riunificazione forzata e ha invece adottato il principio della riunificazione pacifica nella Costituzione del giugno 1987. Per ottenere una riunificazione pacifica, l’attuale armistizio deve essere convertito in un accordo di pace.

Dopo il crollo dell’URSS e del sistema della Guerra Fredda nel 1991, la Corea del Sud ha stabilito relazioni diplomatiche con Russia e Cina. La Corea del Nord, invece, non ha relazioni diplomatiche con Stati Uniti e Giappone. Nel 1991 le due Coree hanno aderito contemporaneamente alle Nazioni Unite, diventando così due Stati riconosciuti dal diritto internazionale. Tuttavia, nessuna delle due riconosce l’altra sulla base del diritto interno. La legge sulla sicurezza nazionale della Corea del Sud considera la Corea del Nord un’entità sub-statale ed è severamente vietato visitarla o comunicare con essa. Anche solo parlare bene della Corea del Nord può essere perseguito come reato. Questa legge sulla sicurezza nazionale è oggetto di un acceso dibattito tra liberali e conservatori in Corea del Sud. La questione fondamentale per la riunificazione della Corea è la normalizzazione delle relazioni con la Corea del Nord. La Corea del Sud non ha firmato l’armistizio che ha posto fine alla guerra di Corea. Il presidente Syngman Rhee si oppose all’epoca. Le parti dell’armistizio erano la Corea del Nord, gli Stati Uniti e la Cina. Ci sono stati molti accordi di inviolabilità tra la Corea del Nord e la Corea del Sud, ma hanno un effetto limitato finché lo stato di guerra tra i due Paesi continua.

Sarebbe stato più facile risolvere la questione nucleare nordcoreana se le relazioni tra i due Stati fossero state normalizzate al momento della loro contemporanea ammissione alle Nazioni Unite nel 1991, quando il programma nucleare della Corea del Nord non esisteva. A quel tempo, la Corea del Nord si trovava in una posizione più vulnerabile a causa del crollo dell’Unione Sovietica. Gli aiuti economici dell’URSS e del blocco socialista erano stati interrotti. Nel 1994 iniziò la grande carestia che vide milioni di persone morire di fame. La Corea del Nord chiese di rimandare la normalizzazione delle relazioni con la Cina fino a quando non fossero state normalizzate le relazioni tra Corea del Nord e Stati Uniti. Ma Pechino rimase sorda e la Corea del Nord accelerò il suo programma nucleare per garantire il suo regime. Ciò ha portato alla crisi nucleare del 1994, che è degenerata fino all’orlo della guerra tra Corea del Nord e Corea del Sud. Fortunatamente, su suggerimento di Kim Dae-jung [3], l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter si recò a sorpresa a Pyongyang e tenne dei colloqui con Kim Il-sung; i negoziati tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti ebbero luogo e portarono all’accordo nucleare di Ginevra nel 1994. Tuttavia, sotto l’amministrazione Bush, l’accordo di Ginevra è stato costantemente criticato, il conflitto tra Stati Uniti e Corea del Nord si è intensificato e alla fine gli Stati Uniti hanno definito la Corea del Nord come un Paese dell'”asse del male”. Da allora ci sono stati nuovi tentativi, come l’accordo di denuclearizzazione del 19 settembre 2005, che però è fallito a causa del sequestro dei conti nordcoreani presso la Delta Bank, e la crisi nucleare si è aggravata quando la Corea del Nord ha effettuato il suo primo test nucleare nel 2006.

Sotto l’amministrazione Trump, nel 2018 si è tenuto a Singapore uno storico vertice. Per quanto io sia critico nei confronti delle politiche di Trump sul cambiamento climatico e su altre questioni, apprezzo la sua opposizione alla guerra in Iraq e i suoi tentativi di affrontare la questione nucleare nordcoreana con un vertice. Le politiche di pazienza strategica del Presidente Obama e del Presidente Biden sono in realtà molto più vicine alla soluzione del problema rispetto alla questione nucleare. La Corea del Nord potrebbe diventare un nuovo Vietnam. Grazie alla normalizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Corea del Nord, la Corea del Nord potrebbe diventare un Paese filoamericano e un freno all’espansione della Cina nel Pacifico. Ad oggi, la Corea del Nord non permette alle truppe russe o cinesi di stazionare sul suo territorio in nome dell’ideologia “Juche”. Inoltre, con il Trattato di Pechino del 1870, la Cina cedette dei territori alla Russia, tra cui le attuali Yanzhou e Vladivostok, suscitando ampie critiche da parte del popolo cinese per l’incompetenza del governo Qing. Il risultato fu che gli sbocchi della Cina sul Mar del Giappone e sull’Oceano Pacifico furono bloccati. La Cina ha quindi adottato una politica di affitto dei porti per accedere al mare e sta investendo nella strada per Najin in Corea del Nord. Tuttavia, la Corea del Nord non ha ancora aperto i porti di Najin e Qingjin alle navi russe e cinesi. Se lo facesse, avrebbe un forte impatto sulle strategie pacifiche di Stati Uniti e Giappone.

Soprattutto, le relazioni tra Corea del Nord e Stati Uniti devono essere normalizzate. Credo che l’unico modo per riunificare le due Coree sia il riconoscimento reciproco dei due regimi, l’espansione del commercio e il rafforzamento della cooperazione economica, seguendo la Sunshine Policy di riconciliazione e cooperazione tra le due Coree, attuata sotto Kim Dae-jung, Roh Moo-hyun e Moon Jae-in [4]. Come per la riunificazione tedesca, il cambiamento deve avvenire attraverso il riavvicinamento.

Traduzione dall’inglese al francese di Maxime Lefebvre.
Manoscritto completato a fine agosto 2023.
Copyright settembre 2023-Song Young-Gil-Lefebvre/Diploweb.com

https://www.diploweb.com/Comment-un-homme-politique-sud-coreen-percoit-il-les-grands-enjeux-geopolitiques-en-Asie-Entretien.html

SITREP 13/9/23: Venti di cambiamento, di SIMPLICIUS THE THINKER

SITREP 13/9/23: Venti di cambiamento

Cosa c’è in un nome?
Cominciamo oggi con un’angolazione interessante degli sviluppi globali in corso. L’assemblea del G20 in India è stata un momento spartiacque “silenzioso” che sarà ricordato come un’altra pietra miliare nella marcia ormai inesorabile verso il crollo dell’egemonia occidentale.

Per la prima volta l’India è tornata a usare il suo antico nome di Bharat, con Modi seduto dietro un cartello con il nuovo nome al vertice:

Si tratta di una potente mossa di decolonizzazione che segna l’ascesa di un mondo orientale e del “Sud globale” che si sta finalmente risvegliando in massa per ripudiare i legami con l’Occidente, sia fisici che psicologici e spirituali, che li hanno incatenati per così tanto tempo.

Nel 2014, il famoso yogi Sadhguru ha spiegato perfettamente il significato del fatto che l’India debba adottare il suo vero nome piuttosto che quello imposto dai colonizzatori:

“Quando qualcuno ti conquista, la prima cosa che fa è cambiarti il nome. Questa è la tecnologia del dominio, la tecnologia della schiavitù”.

Egli afferma che Bharat è un mantra di potere:

Alcuni detrattori, tuttavia, ritengono che il nuovo cambiamento di postura rappresenti una pericolosa svolta nel movimento nazionalista indù e possa scatenare repressioni contro le minoranze etniche.

Ma questo è un movimento più ampio di liberazione dei popoli di tutto il mondo, che finalmente assistono alla caduta dell’Occidente e non hanno più paura di abbracciare la propria storia, assumendo il controllo della propria agenzia e del proprio destino.

Tutto ciò avviene non molto tempo dopo che anche la Turchia si è liberata della sua patina occidentalizzata e si è dichiarata Türkiye, cambiando ufficialmente il nome del Paese.

Tutto questo avviene all’ombra della storica decolonizzazione che sta attraversando l’Africa, dove i Paesi francofoni in particolare si stanno opponendo una volta per tutte agli occupanti di un tempo. Questi cambiamenti segnano una svolta importante nella coscienza globale. L’Occidente non è mai sembrato più fragile, più “senza idee” per la futura leadership del mondo. Non è mai apparso così “dalla parte sbagliata della storia” come oggi, con il suo terrorismo economico assolutamente disumano e onnipresente, dove 1/4 o 1/3 dei Paesi del mondo sono attualmente sotto sanzione da parte degli Stati Uniti, per non parlare della sua ingegneria sociale ancora più disumana, che spinge vasti cambiamenti innaturali sul tessuto sociale dell’umanità nei modi più coercitivi possibili.

Questi spostamenti tettonici non sono sfuggiti ad alcuni dei pensatori più incisivi del mondo. Alexander Dugin è stato tra i primi a notare il cambiamento di mare. In un nuovo post, descrive la nuova “escatologia” del mondo emergente. Non sono un duginista incallito, di per sé, quindi posso solo supporre che stia usando il termine non in senso teologico ma piuttosto heideggeriano (era un seguace di Heidegger, dopotutto), ovvero l’escatologia come una sorta di destino manifesto dell’uomo, o vero essere. In breve, sta dicendo che i Paesi di tutto il mondo si stanno liberando delle facciate e dei falsi mantelli imposti in precedenza e stanno tornando alle loro radici, riabbracciando la loro essenza storica.

Dugin lo collega alla confutazione finale della fallacia di Francis Fukuyama, secondo cui la “fine della storia” sarebbe arrivata con la caduta dell’Unione Sovietica e il “liberalismo” sarebbe stato il tessuto escatologico finale per tutta l’umanità fino alla fine dei tempi. Ma il nuovo cambiamento globale rappresenta un risveglio delle culture più antiche del mondo, che hanno finalmente capito che il culto pseudo-religioso del “liberalismo” occidentale è in realtà un vicolo cieco.

Infine, per tornare dall’alto e dall’astratto agli sviluppi concreti sul campo, notiamo che l’altra grande scossa si è avuta quando l’Occidente, e gli Stati Uniti in particolare, hanno ricevuto un grosso schiaffo. in particolare, hanno ricevuto un grosso schiaffo quando l’intero G20 si è rifiutato di dichiarare il conflitto ucraino come “aggressione” da parte della Russia, definendolo una “guerra in Ucraina” piuttosto che una “guerra contro/contro l’Ucraina [da parte della Russia]”, con un netto distacco dal vertice di Bali del novembre dello scorso anno, dove la maggior parte dei Paesi aveva condannato l'”aggressione” della Russia.

Dalla BBC:

Nel tentativo di rafforzare la propria influenza, in particolare in Africa, l’Occidente ha invitato l’Unione Africana al G20 come membro permanente nella sua interezza, tutti i 55 membri. Ma il lustro semplicemente non c’era, dato che i leader del G20 si sono persino rifiutati di fare una foto di gruppo tra loro per la prima volta, secondo alcune fonti a causa della “presenza della delegazione russa”.

Un altro esempio di quanto poco sia rimasto all’Occidente al di là di stratagemmi disperati e comportamenti infantili.

In definitiva, questo analista russo ha descritto al meglio la situazione: nonostante Putin non fosse nemmeno presente, la Russia ha “vinto il G20”:

⚡️⚡️⚡️La seguente è un’opinione simile. Sergey Markov:La Russia ha vinto il vertice del G20 a Bharat India. La dichiarazione è stata adottata. In essa, la Russia e il Sud globale hanno imposto la loro formula all’Occidente collettivo. L’Occidente ha ceduto. L’Occidente voleva la frase “guerra della Russia contro l’Ucraina”. L’Occidente voleva che si sostenesse un accordo sul grano solo per l’accesso al grano dall’Ucraina. Ma nella dichiarazione, la formula è “grano sia dalla Federazione Russa che dall’Ucraina”. “Il Sud Globale ha sconfitto il Collettivo Occidentale in queste formule, perché il Sud Globale e la Russia sono diventati più forti e più consolidati. Hanno allargato i BRICS, e ora l’Occidente si sta arrendendo, se ne sta andando, rosicchiandosi la coda come un lupo ferito. A Bali c’è stata un anno fa “l’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina” ed è stata allora la nostra sconfitta. E ora la nostra formula è “guerra in Ucraina”. L’anno prossimo ci sarà la “SVO”? O la liberazione dell’Ucraina? ⚡️⚡️⚡️
Detto questo, è giusto dire che l’Ucraina non riceverà presto un invito:

Novità sulle armi
L’altra sezione che volevo trattare oggi riguarda specificamente alcuni degli ultimi aggiornamenti sullo sviluppo delle armi. Ci sono state una serie di notizie recenti particolarmente interessanti su questo argomento, quindi potremmo esplorarle tutte in una volta sola.

1. Una fonte russa ha annunciato che la Russia ha testato per la prima volta una versione Fab-1500 della bomba glide UMPC, che avrebbe colpito con precisione il bersaglio. Secondo quanto riferito, i Su-34 possono trasportare fino a 2 bombe di questo tipo.

FighterBomber (account collegato all’aeronautica militare russa) fornisce i dettagli sul perché ci sia voluto più tempo per sviluppare questa variante:

Dopo molti mesi di tentativi ed errori, un paio di giorni fa il primo UMPC FAB-1500 M54 ha trovato con precisione il suo bersaglio di combattimento con un colpo diretto.Il conto alla rovescia degli hohlofrags è iniziato! Per alcune ragioni, i progettisti non hanno potuto semplicemente aumentare gli UMPC utilizzati sui calibri da 500 e 250 kg e attaccarli al camion. Pertanto, possiamo dire che tutto è dovuto partire quasi da zero. Nuova cellula, nuovi meccanismi. Tutto è solido, ma tutto è nuovo. E alla fine tutto ha funzionato. Allo stesso tempo, sono stati in grado di aumentare la portata di sgancio di … volte rispetto agli UMPC di calibro inferiore. In altre parole, questo è il nostro UMPKashka a più lunga gittata che esista.

Con una precisione dichiarata di 5 metri, solo il cratere dell’esplosione della bomba raggiunge i quindici metri di diametro, e l’area colpita è di oltre due chilometri quadrati. Solo l’esplosivo di questa bomba è inferiore ai 700 kg, mentre il Su-34 trasporta e può già operare con due UMPC di questo tipo, e in futuro sarà in grado di operare con tre munizioni, su uno o più bersagli in un solo passaggio.C’è ancora molto da completare, molto da migliorare, da passare attraverso l’inevitabile processo di rimpicciolimento e scuotimento, ma il lavoro di combattimento di successo è iniziato in un’ora e mezza.Permettetemi di ricordare che le creste attualmente non hanno alcuna protezione contro gli UMPC. Sì, finora i casi di utilizzo di UMPC di questo tipo sono isolati, ce ne sono ancora pochi, ma credo che entro un mese l’industria organizzerà la loro produzione ai volumi calcolati e voleranno, proprio come volano oggi gli UMPC di calibri più modesti, fino a un centinaio al giorno in tutte le direzioni.E alla luce del fatto che recentemente gli UMPC hanno imparato a lanciare non solo i Su-34 e i Su-35 dell’ultima serie, ma anche i Su-34 della prima serie, credo che questa sia una grande notizia.Oh sì, e oggi voleranno in taxi. Forse proprio in quei secondi in cui state leggendo questo testo.
Si tratta di un affare enorme. Ricordiamo che in un recente articolo di Forbes l’AFU stessa ha ammesso che le nuove bombe plananti sono la singola arma che teme di più:

Il Fab-1500 ha un peso di 1500 kg rispetto ai 500 kg di quelli che attualmente utilizzano più comunemente gli attacchi UMPC “Orthodox JDAM”. Questo oltre al fatto che egli indica che il raggio d’azione di questa bomba è in realtà molto più ampio. Una bomba da 1500 kg ha una potenza enorme, con una testata esplosiva che credo si avvicini ai 700 kg.

La maggior parte dei missili da crociera ha testate di 450-500 kg, ad esempio. Questo sarebbe molto più potente di un grande missile da crociera, ma anche molto più economico da usare. È come avere un missile da crociera Kalibr “a disposizione” da usare quotidianamente in prima linea, per il supporto aereo ravvicinato e in altre situazioni, invece di doverli conservare come si fa attualmente con i costosi missili da crociera.

Se riusciranno a farlo funzionare in numero decente, potrebbe diventare l’arma più terrificante della guerra.

2. Un’altra grande notizia è arrivata con la rivelazione che la Russia ha usato per la prima volta il missile Kinzhal sparato da una piattaforma Su-34:

La ragione per cui questa è una notizia più importante di quanto sembri è che non solo apre un’enorme quantità di nuove piattaforme che possono utilizzare il missile, ma soprattutto permette alla Russia di “mascherare” l’uso del missile in modo molto più efficace.

Vedete, uno dei problemi principali dell’uso del Kinzhal finora è che, operando principalmente dalla piattaforma Mig-31, ha permesso agli Stati Uniti di tracciare potenziali attacchi in modo molto più efficace, dando all’Ucraina un preavviso che va contro l’intera etica di ciò che il Kinzhal dovrebbe rappresentare: vale a dire, attacchi decapitatori fulminei che eliminano la capacità di anticipare o difendersi da essi.

Ma poiché la Russia dispone di un numero limitato di Mig-31 che operano da un numero minore di campi d’aviazione designati, è molto più facile anticipare un imminente attacco Kinzhal quando si vede decollare uno dei Mig-31, cosa che gli Stati Uniti possono fare osservando solo i campi d’aviazione da cui operano, sia con una sorta di satellite che con osservatori a terra (è facile avere un agente che affitta un “appartamento” nelle vicinanze e che può letteralmente vederli decollare dalla sua finestra e riferirlo immediatamente). Ho appena letto questo rapporto di Rybar di circa un mese fa:

Si è verificata una situazione nota in cui il solo decollo di un Mig-31 manda in blocco l’intero Paese dell’Ucraina, che si aspetta un attacco Kinzhal a un qualche centro decisionale (dato che è l’unico tipo di obiettivo per cui un Kinzhal verrebbe normalmente usato).

Ma ora, se i Su-34 possono trasportare il missile, non c’è un modo reale per tracciarlo, perché operano da una gamma molto più ampia di campi, volando un numero molto maggiore di sortite in generale. Ciò significa che un attacco Kinzhal può avvenire in qualsiasi momento, in modo del tutto inaspettato, mettendo in guardia tutti gli obiettivi più sensibili dell’Ucraina.

3. A proposito di aerei e campi d’aviazione. Un curioso aggiornamento sulla saga degli “pneumatici”. Molti hanno riso dopo che la Russia ha apparentemente iniziato a posizionare pneumatici sulle fusoliere a terra di velivoli strategici come il Tu-95. Il tutto è culminato in una nuova foto che mostra come anche i Su-34 siano stati vittime della campagna di pneumatici:

La foto ha scatenato un vortice di risate e di scherno in tutta la rete:

Ma le polemiche si sono rapidamente placate dopo che è stato rivelato che i pneumatici non sono solo un disperato stratagemma per contrastare le granate lanciate dai droni, ma interferiscono con i satelliti SAR (Synthetic Aperture Radar) che scansionano i campi d’aviazione russi su base oraria:

Sembra che la Russia abbia usato ancora una volta l’economica “matita di legno” per sventare gli sforzi miliardari dell’Occidente.

Questo avviene dopo una serie di trucchi navali che la Russia continua a utilizzare per eludere il rilevamento OSINT occidentale delle sue navi, come la continua riverniciatura degli scafi delle navi per creare illusioni ottiche che ostacolano l’identificazione e il tracciamento accurato delle navi russe:

4. Ho scritto tempo fa di come gli Stati Uniti abbiano annunciato un’improvvisa e imminente cancellazione del programma F-22 poco dopo l’inizio dello SMO russo, leggendo chiaramente le foglie di tè del conflitto moderno e rendendosi conto di quanto vecchio e obsoleto fosse diventato il loro vantato “caccia stealth” alla luce della supremazia della difesa aerea russa.

Ora c’è stata un’altra inversione di rotta: questa volta sotto forma di annuncio che gli Stati Uniti cancelleranno il tanto atteso carro armato Abrams:

L’Esercito ha annunciato il 6 settembre che non aggiornerà più il suo vecchio carro armato principale Abrams e che costruirà invece un nuovo veicolo da combattimento.

L’Esercito chiuderà il progetto M1A2 System Enhancement Package versione 4 e svilupperà l’M1E3 Abrams, “che si concentrerà sul miglioramento delle capacità necessarie per combattere e vincere contro le future minacce sul campo di battaglia del 2040 e oltre”, si legge in un comunicato dell’Esercito.

La capacità operativa iniziale è prevista per l’inizio degli anni 2030.

Il Magg. Gen. Glenn Dean, ufficiale esecutivo del programma per i sistemi di combattimento terrestri, ha dichiarato: “La guerra in Ucraina ha evidenziato la necessità critica di protezioni integrate per i soldati, costruite dall’interno invece che aggiunte”.
Questo si aggiunge alla lista crescente di progetti statunitensi abbandonati per la consapevolezza di non poter competere sul campo di battaglia moderno. Per non parlare del fatto che, dopo la distruzione di 2 Challenger, la consegna degli Abrams all’Ucraina sarebbe di nuovo “misteriosamente ritardata”:

5. Tuttavia, gli Stati Uniti non sono gli unici a fare grandi cambiamenti dopo le “dure lezioni” dell’Ucraina. La Russia ha annunciato che i progetti precedenti per il tanto atteso Kurganets-25 non sono più adeguati e saranno riprogettati.

Come si può vedere, il Kurganets è un gigante rispetto ai vecchi modelli di BMP. Dopo aver visto come i colossi occidentali come il Bradley si sono comportati male in azione reale, la Russia sembra stia ridimensionando le cose e tornando a progetti più piccoli e snelli. È interessante notare che anche la decisione sull’Abrams ruotava intorno al desiderio di rendere la piattaforma molto più “leggera” e piccola per i “conflitti futuri”.

In breve: entrambe le parti stanno chiaramente identificando che le grandi armature non sono altro che un bersaglio facile per i moderni sistemi di rilevamento, le ATGM e gli elicotteri d’attacco.

Secondo quanto riferito, l’Armata sta anche ricevendo un aggiornamento dei suoi “sistemi elettronici” dopo l’esperienza nelle SMO e, secondo quanto riferito, inizierà la produzione di massa il prossimo anno.

6. L’elemento successivo è quello che potrebbe riguardare questi “aggiornamenti elettronici”. La Russia ha recentemente mostrato un nuovo sistema anti-drone da installare sui carri armati:

Secondo quanto riferito, sono già stati installati sui carri sul campo:

Quindi possiamo solo supporre che l’Armata sarà leggermente riprogettata per avere una sorta di sistema come questo incorporato in modo nativo. Ha già un sistema di difesa automatica contro RPG/ATGM e simili, ma non sono sicuro che sia stato progettato pensando ai droni che viaggiano molto più lentamente. Inoltre, non si vorrebbero sprecare colpi d’arma da fuoco contro i droni se invece è possibile bloccarli/zaparli.

7. ATACM:

Si dice che gli Stati Uniti siano orientati a inviare ATACM all’Ucraina nel prossimo futuro, in particolare quelli con testata a grappolo. Un’altra voce, tuttavia, sostiene che li abbiano già inviati segretamente di recente.

Come ricorderete, in un precedente reportage avevo pubblicato il video di un soldato russo in prima linea che raccontava di essere stato colpito da proiettili a grappolo settimane prima dell’annuncio ufficiale dell’invio di munizioni a grappolo all’Ucraina. Quindi è possibile che le ATACM siano già state consegnate.

Uno dei motivi per cui credo che si stia prendendo in considerazione questa possibilità è che la Russia ha chiuso tutte le vie d’attacco al ponte di Kerch. Il ponte strategico rimane l’unica vera possibilità per Kiev di ottenere una grande “vittoria” in un colpo solo. Circa una settimana fa, tre nuovi droni navali suicidi sono stati inviati verso Kerch, ma questa volta sono stati facilmente respinti dalle nuove difese predisposte dalla Russia, tra cui chiatte posizionate a intervalli regolari, navi affondate per creare ostruzioni e potenziali reti antimine, oltre che, presumibilmente, osservatori posizionati sulle chiatte.

Quindi ora l’unica possibilità dell’Ucraina di tentare di colpire il ponte potrebbe risiedere in questo sistema di missili balistici a lungo raggio, e questo potrebbe essere l’impulso dietro la loro disperazione per ottenerlo.

***
Passiamo agli ultimi aggiornamenti regolari e vari.

Ho voluto pubblicare un piccolo aggiornamento sulla guerra d’artiglieria come naturale estensione del grande sproloquio sull’artiglieria che ho fatto nell’ultimo rapporto.

Come sapete, quando arrivano nuove informazioni che corroborano una linea di condotta importante, mi piace aggiornarla per dare ai lettori dei dati complementari reali che dimostrino la mia tesi.

La mia posizione era che la Russia sta vincendo la guerra dell’artiglieria, nonostante le lamentele contrarie dei 6° colonnisti, sia per quanto riguarda il logoramento totale che per la semplice matematica di cose come il raggio d’azione.

Ecco un nuovo video che ho visto per caso di un artigliere russo che descrive un 2A65 Msta-B catturato. Egli afferma chiaramente che ha una gittata di 28 km; ricordiamo che l’M777 con proiettili di base ha una gittata di 23 km e spiccioli.

Non sarà una notizia rivoluzionaria, ma costituisce una delle prime chiare conferme da parte di veri artiglieri russi, piuttosto che affidarsi alle statistiche di wikipedia. Anche se il video mostra una versione catturata, il 2A65 è uno dei pezzi da campo più utilizzati in Russia, senza contare che utilizza lo stesso cannone del 2S19 Msta-S, il che significa che dovrebbero avere circa la stessa gittata.

A questo proposito, un nuovo post ucraino ci offre una visione unica della situazione:

👉 Ukrainian Post In relazione alla costante sconfitta del 2c4 “tulipan” e del 2c7 “peonia”, il nemico è costretto a compensare le perdite del 2c5 “giacinto-s”, che si riflette nella sua capacità di condurre combattimenti di contro-batteria. Se manteniamo il tasso di distruzione del 2c4 e del 2c7, così come dei punti di controllo UAV nemici, la nostra artiglieria si sentirà un po’ più libera e guadagnerà già un vantaggio non solo nella contro-batteria, ma anche come supporto alla fanteria.
Sostengono che la Russia sta perdendo i sistemi 2S4 Tulipan e 2S7 Peonie, ed è costretta a compensare con i sistemi 2S5 Giacinto-S. Ma notate cosa dice. Che solo continuando a distruggere questi sistemi l’artiglieria ucraina può ottenere un po’ di respiro per lavorare in controbatteria e sostenere la fanteria.

Il condizionale è “se” manteniamo questo logoramento, la nostra artiglieria sarà in grado di respirare più liberamente e sopravvivere alla guerra di controbatteria. E questo cosa vi dice?

Ricordate che l’ultima volta il 2S7M è proprio il sistema che ho indicato come la rovina di tutti i sistemi di artiglieria della NATO. Si tratta di una potenza di 203 mm che spara quasi 40 km senza proiettili non assistiti e ancora più lontano con quelli assistiti. L’AFU sta confermando che il 2S7 non li lascia respirare e che solo attutendoli ulteriormente (con droni, HIMAR, ecc.) la loro artiglieria potrà uscire dal nascondiglio ed essere efficace nel sostenere le truppe di prima linea.

Inoltre, si noti come egli affermi che se continueremo a distruggere i 2S7, “otterremo un vantaggio” nella guerra di controbatteria – questo presuppone chiaramente che essi non abbiano attualmente questo vantaggio.

In altre parole: conferma semplicemente tutto ciò che ho detto l’ultima volta. Purtroppo, nonostante la distruzione di alcuni sistemi russi di recente, l’AFU ha subito a sua volta un logoramento ancora peggiore dei propri sistemi, come questo nuovo Caesar francese:

Passiamo all’area delle potenziali mobilitazioni e delle disposizioni delle truppe. Ci sono state alcune nuove dichiarazioni interessanti e illuminanti su questo fronte.

In primo luogo, Putin ha ribadito e confermato le ultime notizie relative a 270 mila nuovi arruolamenti russi per quest’anno:

Il presidente della commissione Difesa della Duma di Stato, Kartapolov, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

🇷🇺⚔️🇺🇦 La Russia non ha bisogno di una nuova mobilitazione per la rotazione dei militari nella zona di operazioni militari speciali, afferma il presidente della commissione per la difesa. ➡️According presidente del Comitato per la Difesa della Duma di Stato, Andrey Kartapolov, ha già arruolato più di 200.000 militari a contratto, ed è attraverso di loro che verrà effettuata la rotazione del personale mobilitato nella zona di operazioni militari speciali. Oggi abbiamo più di 200.000 militari a contratto solo per quest’anno, quindi entro la fine dell’anno saranno praticamente uno a uno o forse anche di più”, ha spiegato il deputato.🇷🇺🇷🇺 Alla Duma di Stato si è parlato della rotazione dei militari a contratto a scapito dei mobilitatiIn Russia non è necessaria una nuova mobilitazione per ruotare il personale militare nella zona delle operazioni militari speciali. Ne ha parlato il presidente della commissione Difesa della Duma di Stato, Andrey Kartapolov. Secondo lui, i soldati a contratto saranno utilizzati per questo: “È per questo che sono stati reclutati”. Sono già stati reclutati più di 200 mila, e grazie a loro ci sarà una rotazione. Nell’ambito della mobilitazione parziale sono state reclutate 300.000 persone. Oggi, ci sono più di 200.000 militari sotto contratto solo per quest’anno, quindi entro la fine dell’anno sarà quasi uno a uno, e forse anche di più”, ha spiegato il deputato.
Questo è molto interessante perché, se ricordate, in precedenza avevo riferito che c’era una “voce” che Putin avrebbe usato i nuovi mobilitati solo per “ruotare” i 300 mila dello scorso settembre, parzialmente mobilitati, piuttosto che aggiungerli a una forza continua molto più grande.

C’è stato un grande mistero riguardo a cosa servano esattamente gli oltre 420 mila arruolati che la Russia prevede di avere entro la fine di quest’anno. Abbiamo ipotizzato che si trattasse di riserve per i nuovi distretti militari e corpi d’armata creati da Shoigu, e/o anche di nuove forze da aggiungere alle formazioni esistenti nell’SMO.

Ora, Kartapolov sembra aver confermato che lo scopo principale dei nuovi quadri è quello di far ruotare i 300.000 mobilitati in precedenza, convalidando apparentemente le voci precedenti. Ha detto che entro la fine dell’anno saranno più di “uno a uno”, il che significa che corrisponderanno ai 300 mila mobilitati l’anno scorso. La domanda principale è: cosa comporta esattamente questa “rotazione”? È temporanea o è una smobilitazione permanente dei numeri dell’anno scorso?

Mentre molti si opporranno con furore al pensiero di una smobilitazione permanente, a causa del desiderio della Russia di accumulare il maggior numero di uomini possibile per un enorme pugno di sfondamento che possa porre fine rapidamente alla SMO, mi sembra più probabile che gli uomini dell’anno scorso vengano smobilitati. Perché?

Perché: in primo luogo, le nuove reclute di quest’anno sono arruolate volontariamente. Cioè, sono entrati in un ufficio di reclutamento e hanno voluto entrare nelle SMO. I mobilitati dell’anno scorso sono tecnicamente arruolati contro la loro volontà, in una certa misura, quindi ha senso sostituirli con veri e propri militari a contratto pienamente disponibili.

Perché ho detto “tecnicamente” arruolati contro la loro volontà? È un po’ più complicato di così. La mobilitazione dello scorso anno è stata condotta attingendo al bacino dei riservisti russi. Tuttavia, quasi ogni maschio adulto in Russia è tecnicamente un riservista, almeno tutti quelli che hanno svolto il servizio di leva obbligatorio. Ma la mobilitazione ha richiamato solo i riservisti che appartenevano a una categoria speciale che si era specificamente riservata un futuro richiamo. Quindi, da un lato, sono effettivamente disposti a farlo, in quanto si sono offerti volontariamente di essere i riservisti in cima alla lista di richiamo. Ma in fin dei conti erano ancora riservisti che vivevano la loro vita normale e non avevano davvero “bisogno” che lo SMO arrivasse e li strappasse improvvisamente alle loro famiglie, al loro lavoro, alla loro vita, ecc.

Gli arruolati di quest’anno, invece, sono letteralmente entrati nell’ufficio di reclutamento con la piena intenzione di prestare servizio, quindi, come ho detto, ha senso che sostituiscano i mobiks che, in qualche modo, erano più che altro una misura d’emergenza “tappabuchi” per arginare le inaspettate perdite territoriali dell’offensiva di Kharkov/Kherson dell’anno scorso.

Non lo so per certo – c’è ancora la possibilità che questa “rotazione” comporti semplicemente l’invio dei mobiks in un lungo periodo di riposo, e poi forse la loro rotazione semplicemente verso le “retrovie” piuttosto che la loro completa smobilitazione e il loro ritorno alle loro vite precedenti. Sto solo dicendo che logicamente avrebbe senso se ciò accadesse. Tutto dipende da quanti uomini la Russia ritiene di avere bisogno per battere l’Ucraina, e questo dipende da quali sono i piani militari effettivi dello stato maggiore russo.

Se la Russia prevede che questo conflitto sarà a lungo termine, potrebbe semplicemente scegliere di continuare ad arruolare 30-45 mila uomini al mese, il che le permetterebbe di avere più di 500 mila uomini in più entro la fine del prossimo anno. Quindi, anche se smobilitassero tutti i mobik dell’anno scorso, alla fine otterrebbero comunque abbastanza uomini per conquistare l’Ucraina.

L’unica domanda è: chi sono esattamente questi arruolamenti? Se una gran parte di loro è costituita da persone che si arruolano per strada, con un addestramento precedente scarso, allora potrebbero aver bisogno di un lungo addestramento anche solo per essere trasferiti in un’unità di prima linea, per non parlare della capacità di compiere assalti offensivi. Ma come ho detto un’altra volta, pochi uomini russi non dovrebbero avere alcun addestramento, dal momento che nel Paese vige il servizio obbligatorio a 18 anni.

Da parte ucraina circolano ancora notizie secondo cui la Russia mobiliterà presto una sorta di nuova forza gigantesca:

Tuttavia, nello stesso articolo sopra citato, un rappresentante dell’intelligence militare ucraina di nome Vadym Skibitskyi afferma di dubitare che tale mobilitazione palese avrà luogo, dato che la Russia si appresta a sostenere le elezioni, e che la Russia continuerà invece le mobilitazioni segrete.

Skibitskyi è citato anche in un nuovo articolo di Bloomberg che riporta che la Russia ha 420.000 truppe totali in Ucraina, secondo questa direzione dell’intelligence militare.

Ricordiamo che è stato un thread in corso qui per dedurre il numero totale di truppe della Russia. Molti, come MacGregor, ritengono che la Russia abbia 700-800 mila uomini in totale. Io sono stato uno dei pochi a sostenere che il numero è molto più basso. L’ultima volta che ho fatto il calcolo in un rapporto, ho stimato che la Russia potrebbe avere meno di 370-450k forze o giù di lì. Questo si basa sul fatto che nel primo anno di guerra ne ha utilizzati solo meno di 100k, ne ha aggiunti altri 300k mobilitati, ma probabilmente ne ha persi 50-100k sia per le perdite che per la scadenza dei contratti o per coloro che hanno semplicemente lasciato il servizio.

Se a quanto sopra aggiungiamo il fatto che decine di migliaia di nuovi arruolati di quest’anno sono stati inviati al fronte piuttosto che inseriti nei nuovi corpi di Shoigu, allora possiamo arrivare a circa 400k, più o meno. Naturalmente ora ci sono 200-300k in riserva che possono entrare in qualsiasi momento, ma il numero di 420k citato nell’articolo afferma che si tratta del numero di partecipanti alla SMO.

Il fatto che il rappresentante dell’intelligence ucraina sia citato per dire che si tratta di un numero molto impressionante mi sembra indicare che il numero dell’Ucraina è simile se non inferiore, piuttosto che gli 800k-1M di truppe che Zelensky vorrebbe farci credere di avere attualmente.

E sulla questione della durata del conflitto, abbiamo le seguenti nuove dichiarazioni. Il generale di brigata tedesco Christian Freiding ha dichiarato di essere pronto a sostenere l’Ucraina fino al 2032:

Un’altra figura di spicco russa ha recentemente affermato che il conflitto durerà probabilmente altri 2-3 anni.

In un nuovo articolo del Washington Post, Fareed Zaharia afferma che a Kiev, dove ha scritto l’articolo, alcuni funzionari “senza nome” gli hanno detto tranquillamente che sarebbero disposti a prendere in considerazione un “cessate il fuoco temporaneo” in cambio di garanzie di sicurezza. Scrive anche che la perdita è diventata uno status quo accettato nella vita degli ucraini.

Non sta scherzando. Continuano ad arrivare numerosi video e storie sulle perdite dell’Ucraina. Qui il capo dei servizi medici ucraini ammette che le perdite sono “enormi”:

Putin riferisce che finora 71.000 ucraini sono stati uccisi nella controffensiva:

Inoltre, come notizia rialzista, Putin è sembrato indicare di essere pronto a un lungo conflitto piuttosto che alla capitolazione a un armistizio in stile Accordo di Khasavyurt, quando ha dichiarato, durante gli stessi colloqui del Forum Economico Orientale, che i colloqui di pace porterebbero solo al riarmo dell’Ucraina. Il fatto che segnali la sua comprensione di ciò è una notizia positiva.

Nel frattempo il Quarto Reich ucraino sta cominciando ad assomigliare al Terzo verso la fine della Seconda Guerra Mondiale:

Ecco un candido aggiornamento di un mercenario della British Foreign Legion sui progressi della guerra:

Un rappresentante dell’AFU della 47ª brigata “d’élite” ha raccontato con rabbia di aver subito 13 KIA (200) e 63 WIA (300) al giorno.

Se vogliamo estrapolare questo dato per un’offensiva di 90 giorni x 13 = 1.170 morti per quella brigata. E non sorprende che questo sia esattamente ciò che ho riportato qui, da un rapporto ufficiale che diceva che le perdite della 47ª erano “a 4 cifre”.

Estrapolando queste perdite di 13 KIA al giorno alle 10-15 brigate che operano solo sul fronte occidentale del Rabotino, aggiungendo poi i fronti di Donetsk/Bakhmut, Staryomayorsk e Kupyansk, si arriva facilmente a 500-1000 KIA al giorno.

La Russia, d’altra parte, ha subito la più bassa diffusione di KIA di tutta la guerra fino ad ora. Le ultime notizie da MediaZona, che segue meticolosamente i necrologi:

Mostra che per il mese di agosto, la Russia sta registrando una media di circa 70 vittime a settimana, mentre a settembre se ne registra una frazione. Si tratta di circa 10 vittime al giorno. Questo per le intere forze armate russe. L’Ucraina sta registrando più perdite da una sola brigata delle 50-70 rimaste. È una disparità sconcertante. Questo è il motivo per cui Putin ha detto onestamente che durante la “controffensiva” la Russia ha mantenuto un rapporto di uccisioni anche di molto superiore a 10:1.

I russi sono letteralmente seduti e sparano alle anatre in un barile mentre l’Ucraina attraversa infruttuosamente i campi aperti e viene annientata dall’artiglieria.

Le partite di prigionieri ucraini catturati sono sempre più numerose:

La settimana scorsa, infatti, è stato prelevato il lotto più grande degli ultimi mesi nei pressi di Klescheyevka:

Decine di prigionieri di guerra ucraini in una cattura sono stati portati via. Tanto che i sostenitori dell’UA, presi dal panico, hanno cercato di diffondere disinformazione sul fatto che si trattasse di prigionieri di guerra russi, dato che anche i canali ucraini avevano pubblicato il video. Sfortunatamente per loro, i principali canali ucraini hanno successivamente tolto il video dopo che è stato geolocalizzato e dimostrato che si trattava di forze russe che spostavano prigionieri di guerra ucraini nel territorio controllato dalla Russia:

Infatti, un nuovo rapporto afferma che la Russia ha di nuovo più di 18.000 prigionieri di guerra ucraini attualmente detenuti:

Il numero di prigionieri di guerra delle Forze armate ucraine nelle carceri e nelle colonie della RPD e della Federazione Russa si è avvicinato alla cifra di 18 mila… La Verkhovna Rada proibisce il loro scambio e il loro ritorno in patria, perché un tale numero di prigionieri direbbe che nelle Forze Armate non è tutto rose e fiori… Ebbene, gli Azov vengono scambiati all’istante, possono persino ricevere un Nobel…
Tanto che il nuovo portavoce dell’AFU ha dovuto emettere una smentita d’emergenza:

Scusa, “Sarah”, ma solo le repubbliche del Donbass ne avevano quasi la metà all’inizio del 2022.

E all’inizio di quest’anno, si dice Russia ne abbia avuti oltre 10.000:

Ogni giorno ne vengono scattati a frotte. Solo negli ultimi giorni, oltre ai video di cui sopra, abbiamo questo, e questo, e questo, e questo, e questo.

Ma nonostante tutto ciò, l’AFU continua ad avanzare un po’ alla volta, quindi non si può festeggiare troppo.

La Russia avrebbe costruito nuove trincee dietro la prima linea vicino a Verbove:

Questo nuovo servizio della CBS mostra quanto gli Stati Uniti continuino a coordinarsi quotidianamente con l’AFU. È assolutamente da vedere:

Si dice che gli attacchi russi abbiano già spazzato via il centro di comando di una brigata ucraina, basandosi sulla geolocalizzazione delle mappe mostrate nel video qui sopra.

Altri hanno sottolineato come le forze armate statunitensi ottengano la maggior parte delle loro informazioni da mappe “brOSINT” open source:

A quanto pare, questo è il Generale Milley che viene istruito su una mappa del terreno brOSINT piuttosto che su una vera mappa tattica. Ho lanciato l’allarme su questo punto molto presto nella guerra – che i responsabili delle decisioni degli Stati Uniti stavano per usare fonti OSINT spazzatura su Internet per prendere decisioni critiche, perché sono molto più convenienti che raccogliere e analizzare realmente l’intelligence all’interno. Ed eccoci qui, con il CJCS che viene informato su un prodotto di intelligence uscito dalla scatola nera di Internet.
Questo è un aspetto che è stato già sottolineato in precedenza come potenziale causa del disastro della controffensiva. Le forze armate statunitensi hanno usato pigramente OSINT open source amatoriali su Twitter per tracciare le fortificazioni russe della “linea Surovikin” e poi hanno aiutato l’Ucraina a pianificare un’intera offensiva sulla base di quei dati. Quando le prime colonne di corazzati ucraini hanno sfondato e si sono rese conto che il posizionamento reale delle fortificazioni era molto diverso dalle loro “mappe”, si è rapidamente trasformato in una catastrofe. Si dice che la Russia sapesse di utilizzare dati satellitari open source e collettori OSINT amatoriali, e che quindi abbia semplicemente creato nuove fortificazioni, obsoletizzando i dati più vecchi.

A proposito, il video qui sopra parla di campi minati. L’ultima volta ho detto che l’Ucraina ha fatto ricorso allo sminamento dei campi semplicemente con truppe d’assalto di carne. Probabilmente qualcuno ha pensato che si trattasse di una grossolana esagerazione a fini di effetto. Ora ci sono le prove.

Prima un video di un ufficiale geniere russo che descrive come si fa:

Ecco un nuovo video che mostra le squadre d’assalto ucraine che attraversano un campo minato e vengono fatte saltare in aria:

Questo è confermato da un nuovo rapporto dettagliato che rivela che l’Ucraina soffre di una carenza di massa di genieri capaci. Leggete la sezione sullo “sminamento dal vivo”: siamo quasi tornati ai tempi dei “biorobot” di Chernobyl:

Le Forze armate ucraine devono affrontare una carenza di genieri a Zaporozhye: l’analisi di Military ChronicleLa situazione per le truppe ucraine nel settore di Rabotino-Verbovoe è complicata per diversi motivi.In primo luogo, tutti i movimenti attivi delle unità ucraine sono limitati a un’area di 105-110 metri quadrati. km nel triangolo tra Novodanilovka, Orekhov e Malaya Tokmachka. In secondo luogo, i campi minati sono ancora un problema irrisolvibile per le unità delle Forze Armate ucraine. I sistemi di sminamento a distanza continuano a permettere alle Forze armate russe di complicare l’intera logistica delle forze di terra ucraine nell’area. È impossibile eliminare le barriere appena installate: i genieri militari regolari delle Forze armate ucraine vengono eliminati dai gruppi di ricognizione e dall’artiglieria delle Forze armate russe. È impossibile addestrare nuovi genieri e inviarli rapidamente sul campo di battaglia. Di conseguenza, le formazioni chiave dell’avanguardia delle Forze Armate ucraine in questa direzione, tra cui la 46ª Brigata d’assalto aviotrasportata, l’82ª Brigata d’assalto aviotrasportata e la 47ª Brigata di fanteria meccanizzata, hanno dovuto far fronte a una forte carenza di genieri. La situazione dello sminamento dei campi minati è parzialmente risolta attraverso il cosiddetto sminamento dal vivo, quando le reclute mobilitate vengono inviate in un’area offensiva inesplorata a bordo di pick-up. I genieri esperti rimasti a disposizione delle Forze armate ucraine lavorano spesso senza copertura di fuoco e senza equipaggiamento, motivo per cui muoiono rapidamente sotto il fuoco dell’artiglieria o durante le incursioni delle unità speciali delle Forze armate russe. L’intero vettore di attacco delle Forze armate ucraine in quest’area è costruito per aggirare le principali alture occupate dall’esercito russo. Di conseguenza, le truppe ucraine sono costrette ad avanzare in pianura (principalmente solo lungo la parte rimanente delle strade asfaltate), sotto il controllo del fuoco delle Forze Armate russe. A causa delle peculiarità del terreno e del sistema di sorveglianza ben costruito delle Forze Armate russe, qualsiasi attività delle truppe ucraine, compresi i tentativi di sminamento, viene rapidamente scoperta e fermata dalle truppe russe.
Passiamo agli ultimi elementi disparati.

Al Forum economico orientale, Putin ha raccontato la storia dell’incursione ucraina di sabotaggio nella regione russa di Bryansk, brutalmente fermata di recente dall’FSB. La cosa più degna di nota è che durante l’interrogatorio i sabotatori catturati hanno rivelato che avrebbero danneggiato la centrale nucleare russa bombardando le linee di trasmissione dell’energia che la alimentano:

Il video è un po’ grafico (18+), ma per chi volesse vedere le conseguenze del fallito raid transfrontaliero dell’AFU, con interrogatori improvvisati dell’FSB, può farlo qui Video Link.

Il prossimo:

Il sito ufficiale del Ministero della Difesa russo ha silenziosamente rimosso Surovikin come capo delle forze aerospaziali giorni fa:

Tuttavia, una nuova voce sostiene che al generale sia stata assegnata una sorta di cattedra nell’entroterra come capo di un comitato di coordinamento per la CSI:

☄️☄️☄️ SuInformation on line è apparso che il generale russo Surovikin è stato nominato capo del comitato di coordinamento per le questioni di difesa aerea sotto la consulenza del Ministero della Difesa della CSI.

Non ci sono conferme dirette, ma visto che le voci precedenti sulla sua sorte si sono rivelate veritiere, è molto probabile che questa sia fondata. Se fosse vero, si tratterebbe certamente di una sorta di retrocessione silenziosa e salva-faccia, con una notevole “clemenza” nei confronti delle sue presunte trasgressioni.

Il prossimo:

Un rapporto sul Challenger da Slavyangrad:

Il carro armato Challenger 2 si è rivelato difettoso; la sua corazza frontale si è staccataCome dimostrato dalle operazioni di combattimento nella zona del Distretto militare settentrionale, la qualità dei carri armati britannici Challenger 2, due unità dei quali sono state distrutte dagli ATGM russi Kornet, lascia molto a desiderare.Il primo dei carri armati distrutti, come scrivono sui social network e sui forum, aveva la piastra anteriore dello sponson dello scafo strappata. Inoltre, un’esplosione interna di munizioni ha strappato una torretta di diverse tonnellate. E tutto questo per un veicolo da combattimento che per molti anni è stato presentato come lo standard di sicurezza. In realtà, si è scoperto che non ha praticamente alcun vantaggio rispetto alla generazione precedente.Attualmente, delle 14 unità consegnate, ne rimangono 12 e non sono previste consegne future. Su Internet ci sono già battute che chiamano i carri armati rimanenti “i dodici amici di Zeloushen”.
La cosa interessante è che nel  video del comandante della squadra ATGM che ha distrutto il Challenger, si dice che il carro armato fa un tipo speciale di “fuoco” con molte scintille. Quando la Russia ha colpito Khlemnitsky con un attacco massiccio mesi fa, se ricordate, c’erano molte cose “scintillanti” nell’aria e segnalazioni di grandi aumenti nel fondo di radiazioni, perché si diceva che il deposito ospitasse una grande quantità di munizioni britanniche DU.

Ora ha senso che i soldati abbiano assistito a strani scintillii dovuti alle esplosioni del Challenger. Dopo tutto, il carro armato ha una canna rigata unica che non può utilizzare le stesse munizioni degli altri carri armati occidentali, quindi è molto probabile che fosse pieno di DU fornito dagli inglesi. Ma non preoccupatevi, il sempre incorruttibile Rafael Grossi dell’AIEA non vede nulla di male nel DU:

Il capo dell’esercito britannico, da parte sua, si è sentito “emozionato” quando il Challenger è stato distrutto:

Che tristezza!

Infine, al momento in cui scriviamo, Kim Jong Un è finalmente arrivato in Russia e si sta incontrando con Putin al Cosmodromo di Vostochny, nell’Estremo Oriente russo:


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L’espansione dei BRICS e la battaglia per il nuovo ordine mondiale, di ROBERTO IANNUZZI

L’espansione dei BRICS e la battaglia per il nuovo ordine mondiale

L’ascesa dei BRICS, confermata dal recente vertice di Johannesburg, è impressionante, ma il nascente mondo multipolare sarà all’insegna dell’incertezza.

8 SET 2023
Il logo dei BRICS (Wikimedia CommonsCC BY-SA 4.0)

Il vertice dei BRICS, recentemente tenutosi a Johannesburg in Sudafrica, ha attirato grande interesse a livello globale, ed in particolare in Occidente, nel teso contesto internazionale che ha visto il cosiddetto “Sud del mondo” in gran parte dissociarsi dai paesi occidentali sul conflitto tra Russia e Ucraina, e la competizione economica fra USA e Cina inasprirsi fino a divenire un’aperta contrapposizione geopolitica.

Sullo sfondo della crisi del sistema internazionale che si protrae almeno dal tracollo finanziario americano del 2008, molti paesi del “Sud del mondo” (una definizione imperfetta che racchiude gli stati non appartenenti al blocco occidentale) ritengono urgente una riforma dell’ordine globale a guida USA, considerato un residuo della Guerra Fredda discriminatorio e non rappresentativo dell’attuale realtà mondiale.

Alla luce di queste tensioni, l’Occidente ha cominciato a guardare ai BRICS (in realtà un’organizzazione abbastanza informale, che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) attraverso la lente della competizione con Cina e Russia.

Al vertice di Johannesburg, la presidenza dei BRICS ha annunciato l’imminente ingresso di ben sei nuovi membri nell’organizzazione: Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti (EAU), Etiopia e Iran. Essi aderiranno ufficialmente al gruppo il 1° gennaio del 2024.

Soprattutto in Occidente, molti hanno visto l’annuncio come una mossa finalizzata a permettere ai BRICS di competere con raggruppamenti occidentali come il G7 o con istituzioni finanziarie internazionali (dominate dall’Occidente) come la Banca Mondiale.

L’espansione dei BRICS ha un notevole valore simbolico. Per i sostenitori del gruppo, il suo rafforzamento potrà dare una spinta al tentativo di riformare l’ordine mondiale, contribuendo a definire i contenuti del nuovo sistema e avanzando la causa del multilateralismo.

Uno schieramento dei BRICS più forte – si augurano i suoi sostenitori – favorirà la nascita di una nuova architettura finanziaria globale, dedollarizando l’economia internazionale e spuntando l’arma occidentale delle sanzioni.

Potenziale ostacolo al raggiungimento di tali obiettivi è la natura eterogenea del raggruppamento, ulteriormente accentuata dalla recente espansione, e le posizioni divergenti dei suoi membri su svariate questioni, prima fra tutte il rapporto con l’Occidente.

Una formidabile potenza economica

I BRICS hanno già sorpassato le economie “avanzate” del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, e Stati Uniti) in termini di contributo al PIL mondiale. Essi determinano circa un terzo dell’attività economica globale (a parità di potere d’acquisto), mentre l’apporto del G7, in continuo calo dagli anni ’70 del secolo scorso, è oggi sceso al 30%. I due raggruppamenti seguono dunque traiettorie economiche divergenti.

Andamento del PIL dei BRICS e del G7 a confronto (Screenshot, Visual Capitalist)

Con i nuovi membri, il partenariato dei BRICS (che ora alcuni indicano con l’acronimo BRICS+) arriverà a comprendere il 47,3% della popolazione mondiale, contro il mero 10% rappresentato dal G7.

I BRICS+ costituiscono anche un formidabile raggruppamento energetico. Iran, Arabia Saudita ed EAU (membri dell’OPEC), insieme alla Russia (un membro chiave dell’OPEC+), producono 26,3 milioni di barili al giorno, quasi il 30% della produzione mondiale.

Oltre ad includere alcuni fra i maggiori esportatori di petrolio e gas, i BRICS+ comprendono anche due dei maggiori importatori, Cina e India. Produttori e consumatori presenti in questo gruppo hanno un interesse condiviso a creare meccanismi per scambiare le materie prime al di fuori della portata del settore finanziario del G7 e dei suoi sistemi sanzionatori.

Sia Cina che India ed Arabia Saudita si sono opposte all’imposizione di un tetto al prezzo del petrolio, avanzata dai paesi occidentali per colpire la Russia.

Con l’ingresso dei nuovi membri, il BRICS allargato avrà inoltre il controllo sul 72% delle terre rare a livello mondiale (includendo tre dei cinque paesi con le maggiori riserve), sul 75% del manganese, sul 50% della grafite, e sul 28% del nickel – ovvero su molti dei minerali essenziali per la transizione energetica e la cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”.

Questo schieramento esteso di paesi potrà investire in progetti e luoghi finora trascurati o esclusi dall’Occidente, come ad esempio l’Iran che possiede quantità significative di minerali strategici, fra cui le maggiori riserve mondiali di zinco e il secondo maggior giacimento di rame.

Nuovi membri, aspiranti candidati, e criteri di adesione

Oltre quaranta paesi hanno manifestato interesse ad aderire ai BRICS, di cui ventitré hanno fatto esplicita richiesta di adesione prima del vertice di Johannesburg (fra essi anche sette delle tredici nazioni che compongono l’OPEC). Rimangono in lista d’attesa paesi come Algeria, Indonesia, Kazakistan, Messico, Nigeria, Turchia ed altri.

BRICS, membri e aspiranti candidati. Blu: stati membri; Azzurro: nuovi membri; Arancione: candidati; Giallo: manifestazione di interesse ( By MathSquare – Author: Dmitry Averin (Дмитрий-5-Аверин), CC BY-SA 3.0)

Data la natura alquanto informale del raggruppamento dei BRICS, non vi erano specifici criteri di adesione. E’ stato perciò necessario stabilire dei parametri e delle procedure. Ma essenzialmente i sei nuovi membri sono stati selezionati attraverso negoziati diretti e decisioni ad hoc, in particolare cercando di conciliare l’approccio più entusiastico della Cina con quello più cauto di India e Brasile.

A giudicare dalle testimonianze, la discussione è stata lunga e tutt’altro che facile.

L’adesione di diversi paesi mediorientali testimonia non soltanto l’interesse del gruppo nei confronti di una regione strategica per le risorse energetiche e le rotte commerciali. E’ anche un’ulteriore conferma dell’intenzione della Cina di rafforzare il suo ruolo regionale dopo che la sua mediazione diplomatica ha favorito il riavvicinamento fra Arabia Saudita e Iran.

Anche grazie a questo riavvicinamento è stata possibile l’inclusione di Teheran, che altrimenti sarebbe forse risultata troppo controversa.

Il peso economico di Arabia Saudita ed EAU potrà essere utile per sostenere la New Development Bank (NDB), istituto fondato dai BRICS per finanziare progetti infrastrutturali e di sviluppo nei paesi membri.

Con la Cina in ascesa e l’Occidente in declino, paesi come Arabia Saudita, EAU ed Egitto, che tuttora subordinano la loro sicurezza ad accordi militari con Washington, hanno puntato a diversificare le proprie scelte di politica estera ed economica entrando nei BRICS.

Integrazione energetica e commerciale

Dal canto loro, i BRICS mirano non solo ad assicurarsi le fonti energetiche, ma anche a controllare le rotte che ne consentono la fruizione. La Belt and Road Initiative cinese (la cosiddetta “nuova via della seta”) ha già creato una rete di snodi energetici e commerciali che collegano il “Sud globale” sfruttando in particolare i porti degli EAU.

L’adesione dell’Egitto non solo introduce nel gruppo la seconda economia dell’Africa e un importante membro dell’Unione Africana, ma anche il paese che controlla lo strategico Canale di Suez.

L’inclusione di Teheran è rilevante soprattutto per la Russia, integrando nelle reti commerciali dei BRICS l’International North–South Transport Corridor (INSTC), corridoio logistico che consente a Mosca di esportare i propri beni verso l’Asia e l’Africa attraverso l’Iran, bypassando il Baltico, il Mar Nero e il Canale di Suez.

L’INSTC (in rosso) e la rotta tradizionale attraverso il Canale di Suez (in blu) (Public Domain)

L’interconnettività e lo sviluppo infrastrutturale dei BRICS costituiranno i temi chiave della presidenza russa del gruppo nel 2024. Il presidente russo Putin intende creare una commissione dei BRICS per i trasporti finalizzata alla creazione di arterie di transito a livello dell’Eurasia e globale.

Altro obiettivo della presidenza russa sarà quello di creare un’Agenzia energetica del gruppo finalizzata ad una maggiore cooperazione dei paesi membri nella definizione degli obiettivi di produzione e dei prezzi energetici.

Le sfide dell’allargamento

Dal canto suo, l’Iran vede l’adesione ai BRICS come un modo per attenuare il peso delle sanzioni occidentali che hanno soffocato la sua economia. La prospettiva che gli scambi commerciali all’interno del gruppo vengano condotti nelle valute nazionali, e quella (più lontana) di una “valuta dei BRICS”, promettono importanti vantaggi a Teheran sotto questo profilo.

L’adesione dell’Etiopia consente ai BRICS di integrare nel gruppo un altro importante paese africano assieme all’Egitto. L’Etiopia è il secondo stato più popoloso dell’Africa ed una delle economie emergenti del continente. Essa occupa una posizione strategica nel Corno d’Africa ed ospita la sede dell’Unione Africana.

Infine vi è l’Argentina, che è stata accolta in quanto importante rappresentante dell’America Latina (e unico nuovo membro dell’emisfero occidentale). L’ingresso di questo paese rappresenta però anche una sfida per i BRICS a causa del suo dissesto economico e della sua valuta in caduta libera.

L’Argentina è la nazione più indebitata con il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Inoltre, se il candidato di estrema destra Javier Milei dovesse vincere le elezioni presidenziali di ottobre, ha già promesso di spezzare i legami con la Cina e di riorientare l’Argentina verso l’Occidente – cosa che potrebbe implicare una rinuncia all’adesione ai BRICS.

Potenziali problemi per i BRICS potrebbero emergere anche dall’ingresso di Egitto ed Etiopia. Il primo attraversa una grave crisi economica. Dopo lo scoppio del conflitto ucraino, la valuta egiziana ha perso più del 50% del suo valore mentre l’inflazione ha raggiunto il 36% lo scorso giugno.

L’Etiopia, dal canto suo, deve riprendersi da due anni di devastante guerra civile che ha coinvolto soprattutto la regione settentrionale del Tigray.

E’ importante ricordare anche che esistono annose tensioni fra alcuni dei nuovi membri che i BRICS si apprestano ad accogliere. Abbiamo già ricordato il caso di Iran e Arabia Saudita, che hanno solo da poco riallacciato i rapporti diplomatici grazie alla mediazione cinese. Vi è poi il teso rapporto fra Egitto ed Etiopia a causa della Grand Ethiopian Renaissance Dam, la gigantesca diga sul Nilo Blu che secondo il Cairo rischia di minacciare la sicurezza idrica egiziana.

Sarà interessante vedere se i BRICS rappresenteranno un forum in grado di contenere ed eventualmente risolvere queste tensioni.

Un raggruppamento molto eterogeneo

Complessivamente, tuttavia, tra democrazie vere o presunte (Argentina ed Etiopia), una repubblica autocratica (Egitto), due monarchie (Arabia Saudita ed EAU), ed una teocrazia (Iran), il diversificato schieramento di paesi che si appresta ad entrare nei BRICS è destinato a rendere il gruppo ancor più eterogeneo.

Come ha confermato lo stesso presidente brasiliano Lula da Silva, il criterio di scelta principale nel selezionare i nuovi membri non è stata la loro forma di governo ma il loro rispettivo peso geopolitico.

Quando nel 2009, su iniziativa russa, si tenne a Yekaterinburg il primo vertice dei BRIC (allora ancora privi del Sudafrica, che avrebbe aderito l’anno successivo), vi era un criterio, sebbene non scritto, ad unire i quattro membri del nuovo raggruppamento: quello della piena sovranità, ovvero della capacità di perseguire una politica estera ed economica indipendente.

Il variegato insieme di paesi che sono stati scelti come nuovi membri non risponde pienamente a questo criterio. Da ciò segue – osserva il noto analista russo Fyodor Lukyanov – che i leader dei BRICS, approvando questo allargamento, hanno preferito il principio di diversificazione a quello del consolidamento dell’organizzazione.

Se già in precedenza i BRICS erano un raggruppamento che mancava di un definito meccanismo istituzionale, con la sua espansione a undici membri che hanno visioni spesso divergenti, la creazione di un simile meccanismo appare ancor più lontana.

In realtà, fin dall’inizio i BRICS erano un insieme di paesi con visioni differenti, in particolare riguardo agli Stati Uniti. In contrasto con Russia e Cina, che cercano di riformulare l’ordine globale a guida USA, India e Brasile hanno adottato posizioni più neutrali, e talvolta, soprattutto nel caso indiano, di cooperazione con Washington.

Per l’India, la vicina Cina non è soltanto un competitore economico ma anche un paese con cui i rapporti sono guastati da serie dispute territoriali. Nuova Delhi è invece un partner di Washington all’interno del   Quadrilateral Security Dialogue (Quad), raggruppamento nell’Indopacifico che include anche Giappone ed Australia, a cui gli USA hanno cercato di dare nuovo impulso a seguito della loro crescente rivalità con Pechino.

Né con l’Occidente né contro di esso

Come abbiamo visto, sono molteplici anche le motivazioni che hanno indotto i nuovi membri ad aderire ai BRICS. Un paese come l’Iran è spinto dalla speranza che il suo ingresso nel raggruppamento contribuisca ad alleviare il fardello delle sanzioni (un problema peraltro condiviso anche dalla Russia, e in misura minore dalla Cina) ed a contenere l’egemonia occidentale.

Produttori energetici come l’Arabia Saudita e gli EAU, dotati di ingenti risorse finanziarie, sono motivati dal desiderio di allargare la platea dei propri partner e di diversificare i propri investimenti, ma non hanno interesse a trasformare i BRICS in uno schieramento antioccidentale.

I leader di questi paesi hanno messo in chiaro che non intendono “scegliere” fra Oriente e Occidente, ma fare affari con tutti.

Infine, paesi come Argentina, Egitto ed Etiopia si augurano che l’ingresso nei BRICS possa alleviare le loro difficoltà economiche, anche attraverso la possibilità di accedere ai finanziamenti della NDB, la quale non applica condizionalità come invece fanno la Banca Mondiale e l’FMI. Ma neanche loro sono marcatamente ostili all’Occidente.

Dunque i BRICS+ difficilmente avranno un orientamento spiccatamente antioccidentale, ma piuttosto saranno un insieme di paesi intenzionati a scegliere i propri partner a seconda delle proprie esigenze politiche ed economiche del momento.

Tuttavia, benché il raggruppamento dei BRICS non costituirà mai un’alleanza politica, un forum di paesi determinati ad estendere uno spazio di azione indipendente all’interno dell’attuale sistema internazionale è di per sé in grado di favorire dei cambiamenti importanti – sostiene Lukyanov.

Anche per paesi in aperto conflitto con l’Occidente, come Russia e Iran, il mero ampliamento di uno spazio indipendente nel panorama internazionale, composto da paesi che interagiscono fra loro al di fuori del sistema occidentale di incentivi e sanzioni, è una prospettiva augurabile e in armonia con i loro interessi.

Riformare le istituzioni internazionali, non smantellarle

Conseguentemente, i BRICS non hanno fra i loro principali obiettivi quello di smantellare le istituzioni dell’attuale ordine internazionale, come il WTO, la Banca Mondiale e l’FMI.

Anche nella dichiarazione conclusiva del vertice di Johannesburg, i paesi membri hanno ribadito il loro appoggio ad un sistema commerciale multilaterale ed inclusivo che sia “incentrato sul WTO”.

La dichiarazione ha anche espresso l’approvazione dei paesi membri per una rete di sicurezza finanziaria globale che abbia al proprio centro “un FMI adeguatamente finanziato e basato su quote”.

L’agenda dei BRICS segue dunque due binari paralleli.

Il primo consiste nel cercare di acquisire maggiore influenza e capacità di controllo sulle istituzioni internazionali finora dominate dall’Occidente (ad esempio attraverso la riforma delle quote dell’FMI, e la riorganizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU).

Il secondo sta nel rafforzare proprie istituzioni parallele, come la NDB, alle quali ricorrere laddove le istituzioni consolidate dell’ordine globale non rispondano alle loro aspirazioni e ai loro interessi.

Da ciò si deduce che i BRICS, i quali ovviamente non rappresentano un’alternativa al sistema capitalistico, non incarnano neanche una sfida frontale all’egemonia americana ed occidentale, ma più modestamente il tentativo di ridurre le disparità e gli squilibri dell’attuale ordine.

Dedollarizzazione sì o no?

E’ in questo contesto che si inserisce il dibattito sull’impulso alla dedollarizzazione del sistema finanziario internazionale che i BRICS potrebbero imprimere.

Paesi direttamente sottoposti alle sanzioni americane, come Russia e Iran, certamente sono i primi a voler porre fine alla dipendenza dal dollaro.

Il desiderio di emanciparsi dalla valuta statunitense, e dal fardello che l’indebitamento in dollari comporta (basti pensare all’effetto disastroso che ogni rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Federal Reserve americana ha sulle economie dei paesi emergenti), è però generalmente diffuso fra vecchi e nuovi membri del gruppo.

Malgrado ciò, la prospettiva di una valuta di riserva comune dei BRICS non sembra al momento imminente.

Perfino se i membri del raggruppamento fossero geopoliticamente allineati, l’adozione di una valuta comune presenterebbe una serie di problemi, già messi in evidenza dalla natura zoppicante dell’euro: l’esigenza di una convergenza macroeconomica, la scelta di un meccanismo di cambio, la creazione di un sistema di pagamenti e di compensazione multilaterale che sia efficiente, la necessità di disporre di mercati finanziari caratterizzati da liquidità e stabilità.

Una possibile alternativa sarebbe quella di adottare il renminbi cinese come valuta comune dei BRICS. Ma la valuta di Pechino non è sufficientemente convertibile, e non dispone di un mercato finanziario abbastanza liquido. La Cina adotta ancora un regime di controllo dei capitali, a cui non sembra intenzionata a rinunciare. E paesi come l’India non accetterebbero il renminbi come valuta comune per paura di concedere a Pechino un ruolo troppo dominante.

E’ per questa ragione che il vertice di Johannesburg non si è concentrato su una potenziale valuta dei BRICS, ma sulla decisione di promuovere l’impiego delle valute nazionali nelle transazioni transfrontaliere – un fenomeno già in atto da tempo.

Sebbene Cina e India abbiano interessi di sicurezza divergenti, entrambe traggono beneficio da un aumentato ricorso alle valute locali. L’Arabia Saudita, dal canto suo, sta esaminando la possibilità di ricorrere al renminbi per regolare le transazioni petrolifere con Pechino. Nuova Delhi sta invitando molti paesi a intrattenere transazioni commerciali in rupie. Il mese scorso, l’India ha effettuato il suo primo pagamento petrolifero in rupie agli EAU.

Tuttavia, per due paesi ha senso commerciare nelle rispettive valute nazionali (non pienamente convertibili) solo se il saldo commerciale fra essi è più o meno in equilibrio.

A titolo di esempio, la Russia ha recentemente venduto ingenti quantità di petrolio all’India, la quale ha pagato Mosca in rupie. Ma siccome Nuova Delhi esporta in Russia molto meno di quanto importi da essa, Mosca si trova con una grossa somma di rupie che non sa come spendere o convertire, potendo utilizzarle solo per acquistare prodotti dell’India.

A questo problema potrebbe ovviare solo l’introduzione di una valuta comune per l’intero raggruppamento dei BRICS.

Il lento declino del dollaro

Sebbene i volumi commerciali fra i paesi BRICS non siano al momento sufficienti a sostenere una simile soluzione, le cose potrebbero cambiare con un ulteriore allargamento del raggruppamento ad altri paesi.

In tale contesto, si potrebbe passare da sistemi di compensazione bilaterali (che hanno i limiti appena esposti) ad un sistema di compensazione multilaterale, ed infine ad una valuta comune.

In un simile scenario, alcuni ipotizzano la creazione di una valuta condivisa che verrebbe utilizzata solo nelle transazioni fra gli stati membri, mentre i cittadini dei singoli paesi continuerebbero ad impiegare le proprie valute nazionali.

Un ulteriore allargamento dei BRICS tuttavia presenta sfide di altra natura, legate agli interessi eccessivamente divergenti che un numero troppo esteso di paesi potrebbe determinare, mettendo a rischio la coesione del gruppo.

Per queste ragioni, il dollaro è destinato a rimanere ancora per diversi anni la valuta dominante a livello internazionale.

Il biglietto verde comincerà a perdere sensibilmente potere nel momento in cui i prezzi di gas e petrolio non saranno più fissati in dollari. Ed è questa probabilmente una delle principali considerazioni che hanno spinto i membri fondatori ad includere nei BRICS l’Arabia Saudita, l’Iran e gli EAU. Tuttavia, Riyadh e Abu Dhabi hanno ancora un legame abbastanza stretto con Washington.

Dunque sul medio periodo, piuttosto che una singola alternativa al dollaro, emergeranno probabilmente blocchi regionali di valute, mutevoli e porosi, fondati su scambi commerciali bilaterali e multilaterali, accompagnati da una lenta perdita di influenza da parte del biglietto verde.

Un caotico mondo multipolare

Il nascente mondo multipolare sarà quindi, ancora per anni, segnato dal disordine e dall’incertezza. Esso sarà caratterizzato da alleanze variabili e da paesi – le cosiddette “medie potenze” – che cercheranno di giostrarsi fra tali alleanze senza aderirvi pienamente, mantenendo una posizione “non-allineata”.

Si è parlato a tale proposito di swing states (paesi “oscillanti fra i vari schieramenti) e di mondo à la carte.

Raggruppamenti come i BRICS e il G20 (più vicino agli USA) competeranno fra loro per assicurarsi la lealtà dei paesi in via di sviluppo.

Per diverso tempo i paesi emergenti continueranno ancora a dipendere dal loro debito denominato in dollari, e persino istituzioni finanziarie dei BRICS come la NDB (finché saranno legate all’impiego della valuta americana) resteranno potenzialmente esposte alle sanzioni secondarie di Washington.

Mentre la Cina rimarrà al centro delle catene di fornitura, e dunque del sistema produttivo mondiale, gli USA, più deboli dal punto di vista industriale, resteranno però almeno per qualche tempo al centro di forti alleanze geopolitiche nell’Atlantico e nel Pacifico.

La debolezza del sistema americano sta però nel fatto che, per molti alleati degli USA, sarà virtualmente impossibile sganciarsi dalle catene di fornitura e dai nodi di produzione legati alla Cina, se non vorranno andare incontro ad un repentino declino industriale e tecnologico.

In assenza di alternative industriali e di sviluppo, un’eccessiva fedeltà agli USA impedirà agli alleati di Washington di accedere alle reti produttive più avanzate e ai prodotti più competitivi, ed allo stesso tempo a rinunciare ad importanti mercati di esportazione.

La divergenza fra interessi economici e fedeltà politiche creerà tensioni e fratture che caratterizzeranno la transizione verso il nuovo ordine multipolare, e che sono destinate ad accrescere il rischio geopolitico e la possibilità di conflitti.

https://robertoiannuzzi.substack.com/p/lespansione-dei-brics-e-la-battaglia?utm_source=post-email-title&publication_id=727180&post_id=136847064&isFreemail=true&r=9fiuo&utm_medium=email

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