Su un appello alla riforma dell’esercito degli Stati Uniti. Con Giacomo Gabellini e Roberto Buffagni

La sicumera di una élite, per oltre un ventennio certa di aver raggiunto il predominio militare assoluto e il controllo egemonico del pianeta e l’elezione a nemico di avversari incapaci di sostenere con qualche probabilità di successo un confronto militare in campo aperto da una parte; dall’altra la reazione determinata ed efficace del governo russo alla drammatica crisi di decomposizione degli anni ’90 e l’emersione definitiva, anche se non del tutto consolidata, ma sottovalutata, di nuovi attori protagonisti nello scenario geopolitico. E’ il contesto nel quale ha potuto crogiolarsi l’inerzia della macchina militare statunitense e l’elefantiasi del suo complesso industriale, pur con gli innegabili punti di forza tuttora esistenti. E’ la guerra a mettere a nudo i limiti e i pregi delle forze in campo. La Russia ha dimostrato di possedere la necessaria flessibilità e riserva di potenza pur tra i tanti problemi emersi. Gli Stati Uniti possono godere della posizione della conduzione dall’esterno del conflitto in Ucraina, senza mettere sul terreno di battaglia forze dalle perdite significative. Vedremo se sarà il pungolo sufficiente a riformare l’apparato militare secondo i canoni definiti dal documento di riferimento della conversazione http://italiaeilmondo.com/2023/09/15/…. Buon ascolto, Giacomo Gabellini, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v3irp7s-su-un-appello-alla-riforma-dellesercito-degli-stati-uniti.-con-giacomo-gabe.html

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Cosa gli Stati Uniti impareranno, e non impareranno, dalla loro guerra in Ucraina di Bernhard Horstmann

Cosa gli Stati Uniti impareranno, e non impareranno, dalla loro guerra in Ucraina

di Bernhard Horstmann

https://www.moonofalabama.org/2023/09/what-the-us-will-learn-and-not-learn-from-the-war-in-ukraine.html#more

La rivista trimestrale Parameters dell’U.S. Army War College ha pubblicato un interessante articolo sulle capacità belliche degli Stati Uniti:

https://italiaeilmondo.com/2023/09/15/lezioni-dallucraina-per-le-forze-armate-del-futuro/

L’abstract recita:

Cinquant’anni fa, l’esercito degli Stati Uniti si trovò di fronte a un punto di inflessione strategica dopo il fallimento dello sforzo controinsurrezionale in Vietnam. In risposta alle lezioni apprese dalla guerra dello Yom Kippur, fu creato lo United States Army Training and Doctrine Command [Comando per l’addestramento e la dottrina dell’esercito degli Stati Uniti, N.d.C.] per riorientare il pensiero e la dottrina sulla minaccia convenzionale sovietica. L’Esercito di oggi deve accogliere il conflitto russo-ucraino come un’opportunità per riorientare la forza, trasformandola in un esercito lungimirante e formidabile come quello che vinse l’operazione Desert Storm. Questo articolo suggerisce i cambiamenti che l’Esercito dovrebbe apportare per preparare il successo nelle operazioni di combattimento multidominio su larga scala nell’odierno punto di inflessione strategico.

È normale che un esercito analizzi le guerre in corso o appena concluse e ne tragga delle conclusioni. Tali sforzi dovrebbero poi portare a cambiamenti nella struttura militare o nelle sue procedure.

Tuttavia, è improbabile che lo sforzo di cui sopra porti ai cambiamenti auspicati dagli autori.

Gli autori sottolineano correttamente che il comando e il controllo delle truppe via radio è problematico quando il nemico ha i mezzi per rilevare tutto il traffico radio:

La guerra Russia- Ucraina evidenzia che la segnatura elettromagnetica emessa dai posti di comando degli ultimi 20 anni non può sopravvivere contro il ritmo e la precisione di un avversario che possiede tecnologie basate su sensori, guerra elettronica e sistemi aerei senza equipaggio o ha accesso alle immagini satellitari; questo include quasi tutti gli attori statali o non statali che gli Stati Uniti potrebbero trovarsi a combattere nel prossimo futuro. 

La soluzione sta nell’uso estensivo del Comando di Missione (nell’originale tedesco: Auftragstaktik) che consente ai leader subordinati di pianificare e operare autonomamente nel contesto dato:

Quando Milley era capo di Stato Maggiore dell’Esercito, spiegava il comando di missione attraverso il concetto di “disobbedienza disciplinata”, in cui i subordinati sono autorizzati a compiere una missione per raggiungere lo scopo prefissato dal comandante, anche se per farlo devono disobbedire a un ordine o a un compito specifico. In assenza di una comunicazione perfetta, si deve poter confidare che l’ufficiale subalterno o il soldato prenderanno la decisione giusta in battaglia, senza dover chiedere l’approvazione per piccoli aggiustamenti.

Questo è un problema culturale. Il comando di missione deve essere vissuto e sperimentato fin dal primo giorno in cui un civile diventa un soldato. Il corpo degli ufficiali americani è più abituato all’ordine diretto e al controllo. La cultura del Comando di Missione non è gradita perché gli errori delle unità subordinate vengono ancora imputati al livello di comando superiore.

Il Comando di Missione usa meno comunicazione rispetto all’ordine diretto e al controllo ed è più robusto quando la merda colpisce il ventilatore. Ma, a differenza delle forze armate tedesche, l’esercito americano non è mai stato all’altezza. Dubito che la situazione cambierà.

 

Il problema successivo è il numero elevato di vittime:

La guerra tra Russia e Ucraina sta mettendo a nudo significative vulnerabilità della profondità strategica del personale dell’Esercito e della sua capacità di sopportare e rimpiazzare le perdite11. I pianificatori medici di teatro dell’Esercito possono prevedere una percentuale costante di circa 3.600 caduti al giorno, tra gli uccisi, i feriti o gli affetti da malattie o altre lesioni non ricevute battaglia.12 Con un tasso di rimpiazzo previsto del 25%, il sistema del personale richiederà 800 nuove unità al giorno. Per fare un confronto, gli Stati Uniti hanno subito circa 50.000 perdite in due decenni di combattimenti in Iraq e Afghanistan. In operazioni di combattimento su larga scala, gli Stati Uniti potrebbero subire lo stesso numero di vittime in due settimane.

Il tasso di sostituzione del 25% è probabilmente troppo basso. Considerate questo[1] titolo attuale di “Strana”(traduzione automatica):

Su 100 persone, ne sono rimaste 10-20. Il capo del TCC di Poltava ha raccontato le perdite nel suo distretto[2]

Il TCC è l’amministrazione ucraina responsabile del reclutamento dei coscritti.

 

Su 100 persone mobilitate nell’autunno dello scorso anno, ne sono rimaste 10-20, il resto sono morti, feriti e disabili.

Lo ha dichiarato il capo del TCC regionale di Poltava, Vitaliy Berezhnoy, intervenendo ieri alla 39ª sessione del Consiglio comunale di Poltava.

Il problema è che gli Stati Uniti non hanno più le riserve necessarie per sostenere un conflitto di grandi dimensioni:

l’Esercito degli Stati Uniti si trova ad affrontare una terribile combinazione tra carenza nel reclutamento e riduzione della Individual Ready Reserve [Riserva composta da ex membri effettivi o della riserva dell’esercito, N.d.C.] Questa carenza nel reclutamento, pari a quasi il 50% nelle carriere che preparano le truppe di prima linea, è un problema longitudinale. Ogni soldato di fanteria e forze corazzate che non reclutiamo oggi è una risorsa strategica per la mobilitazione che non avremo nel 2031. La Individual Ready Reserve, che era di 700.000 unità nel 1973 e di 450.000 nel 1994, è ora composta da 76.000 unità. Questi numeri non sono in grado di colmare le lacune esistenti nella forza attiva, per non parlare del rimpiazzo delle perdite o dell’espansione delle forze in un’operazione di combattimento su larga scala.[3] 

Gli autori raccomandano di reintrodurre una coscrizione parziale.

 

Dal punto di vista politico questo non è possibile. Qualsiasi presidente che lo facesse si troverebbe di fronte all’immediata ostilità dei suoi elettori.

Inoltre, c’è il problema piuttosto grande che la maggior parte dei giovani cittadini statunitensi non sono nemmeno qualificati per la coscrizione[4]:

Un nuovo studio del Pentagono mostra che il 77% dei giovani americani non sarebbe idoneo al servizio militare senza una deroga a causa del sovrappeso, dell’uso di droghe o di problemi di salute mentale e fisica.

Una diapositiva che illustra i risultati del 2020 Qualified Military Available Study del Pentagono, condivisa con Military.com, mostra un aumento del 6% rispetto all’ultima ricerca del 2017 del Dipartimento della Difesa, secondo cui il 71% degli americani non sarebbe idoneo al servizio.

“Se si considerano i giovani squalificati per un solo motivo, i tassi di squalifica più diffusi sono il sovrappeso (11%), l’abuso di droghe e alcol (8%) e la salute medica/fisica (7%)”, si legge nello studio, che ha esaminato gli americani di età compresa tra i 17 e i 24 anni. Lo studio è stato condotto dall’Ufficio del personale e della preparazione del Pentagono.

Inoltre, la maggior parte dei giovani non è interessata a prestare servizio nell’esercito[5]:

 

Solo il 9% dei giovani si mostra propenso a prestare servizio, secondo i dati del Dipartimento della Difesa condivisi con ABC News. È il numero più basso degli ultimi 15 anni.

Il secondo ex alto funzionario militare ha detto che il problema del reclutamento è un segno di problemi sociali più ampi.

È uno specchio del nostro Paese. È il nostro Paese, e quei reclutatori vedono questi problemi in prima persona ogni giorno”, ha detto l’ex funzionario.

Il punto successivo del documento di “Parameters” è l’ampia introduzione dei droni:

L’uso onnipresente di veicoli aerei senza pilota, di veicoli di superficie senza pilota, di immagini satellitari, di tecnologie basate su sensori, di smartphone, di collegamenti dati commerciali e di intelligence open-source sta cambiando radicalmente il modo in cui gli eserciti combatteranno sul terreno, proprio come i veicoli aerei senza pilota hanno cambiato il modo in cui le forze aeree conducono le operazioni in questo secolo.17 Questi sistemi, insieme alle emergenti piattaforme di intelligenza artificiale, accelerano drasticamente il ritmo della guerra moderna.

Le forze armate occidentali non hanno ancora introdotto i droni nella scala necessaria. Le forze armate ucraine e russe hanno fatto bene. Hanno riconosciuto che i droni sono, come le munizioni, beni di consumo e l’Ucraina ne avrebbe persi 10.000 al mese. Oltre ai droni da ricognizione, i droni armati con visuale in prima persona (FPV) hanno portato a un ampio uso dei droni nel ruolo di artiglieria di precisione.

Qualsiasi unità che si radunerà sul futuro campo di battaglia verrà immediatamente individuata e colpita. Questo complica la preparazione di qualsiasi operazione di grandi dimensioni.

 

Ciò richiederà, secondo l’autore, un nuovo livello di inganno nella preparazione alla battaglia. Richiede anche una maggiore ricognizione e intelligence multidominio a tutti i livelli. Ogni leader di gruppo dovrebbe avere a disposizione un tablet e le informazioni necessarie.

Questo punto è probabilmente il più facile da risolvere. Occorre solo attendere che siano disponibili le strutture produttive necessarie per produrre le quantità massicce di droni necessarie e per ottenere un sistema di informazione a basso costo fino all’ultimo livello.

Gli altri problemi, il comando di missione, le riserve di personale e l’idoneità al reclutamento, sono questioni culturali che resisteranno al cambiamento.

L’esercito statunitense, come molti altri occidentali, non è attualmente in grado di combattere su larga scala come sta facendo l’esercito russo.

Questo non riguarda solo l’esercito, ma anche la marina e l’aeronautica. La capacità di costruzione navale degli Stati Uniti è 200 volte inferiore a quella della Cina[6]. Le navi della Marina americana sono delle boiate mal concepite[7]. I jet F-35 hanno tassi di disponibilità operativa terribili[8].

Nonostante tutto ciò, i politici statunitensi continuano a istigare guerre contro competitori di alto livello.

I risultati di una guerra contro la Russia o la Cina con le forze militari di cui gli Stati Uniti dispongono attualmente sarebbero imbarazzanti. Sarebbe molto meglio non provarci mai.

[1] https://twitter.com/I_Katchanovski/status/1703021253425021061/history

[2] https://strana.today/news/445457-nachalnik-poltavskoho-ttsk-rasskazal-o-situatsii-s-mobilizatsiej-v-svoem-okruhe.html

[3] https://italiaeilmondo.com/2023/09/15/lezioni-dallucraina-per-le-forze-armate-del-futuro/

[4] https://www.military.com/daily-news/2022/09/28/new-pentagon-study-shows-77-of-young-americans-are-ineligible-military-service.html

[5] https://abcnews.go.com/Politics/military-struggling-find-troops-fewer-young-americans-serve/story?id=86067103

[6] https://www.foxnews.com/world/chinese-shipbuilding-capacity-over-200-times-greater-than-us-navy-intelligence-says

[7] https://asiatimes.com/2023/09/takeaways-from-us-navys-littoral-combat-ship-fiasco/

[8] https://www.defensenews.com/air/2022/03/16/full-weapons-tester-report-highlights-f-35-availability-software-problems/

Perché Zelensky è stato eccessivamente sulla difensiva nella sua ultima intervista all’Economist? _ ANDREW KORYBKO

Perché Zelensky è stato eccessivamente sulla difensiva nella sua ultima intervista all’Economist?

ANDREW KORYBKO
14 SET 2023

L’analisi sostiene che il suo nuovo atteggiamento è dovuto al fatto che alcuni funzionari occidentali stanno probabilmente già tenendo colloqui non ufficiali con la Russia.

La caratteristica spavalderia di Zelensky è stata notevolmente assente dalla sua ultima intervista con The Economist. Ha invece dato l’impressione di essere eccessivamente sulla difensiva, probabilmente perché si è finalmente reso conto che l’entità, la portata e il ritmo degli aiuti multidimensionali dei suoi patroni occidentali non possono continuare all’infinito. Di seguito sono riportati i punti salienti dell’intervista che indicano questo cambiamento di atteggiamento, che saranno poi analizzati per aiutare gli osservatori a capire meglio dove potrebbe essere diretta la guerra per procura tra NATO-Russian proxy war.

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* Zelensky ridimensiona le aspettative di una rapida vittoria massimalista

– Volodymyr Zelensky non vuole pensare a una guerra lunga, né tanto meno parlarne agli ucraini, molti dei quali sognano ancora una vittoria rapida. Ma è proprio a questo che si sta preparando. Devo essere pronto, la mia squadra deve essere pronta per la lunga guerra, ed emotivamente sono pronto”, ha dichiarato il presidente ucraino in un’intervista a The Economist”.

* Comincia a sospettare che i suoi sostenitori occidentali gli stiano mentendo spudoratamente.

– “Ho questa intuizione, leggendo, sentendo e vedendo i loro occhi [quando dicono] ‘saremo sempre con voi'”, dice, parlando in inglese (una lingua in cui è sempre più fluente). Ma vedo che lui o lei non sono qui, non sono con noi”.

* Sembrano sempre più interessati a riprendere i colloqui con la Russia.

– “Alcuni partner potrebbero vedere le recenti difficoltà dell’Ucraina sul campo di battaglia come un motivo per costringerla a negoziare con la Russia. Ma ‘questo è un brutto momento, visto che Putin vede la stessa cosa’”.

* Zelensky sostiene che chi riduce gli aiuti all’Ucraina farebbe gli interessi della Russia.

– “Il presidente ucraino è ben consapevole dei rischi per il suo Paese se l’Occidente iniziasse a ritirare il suo sostegno economico. Ciò danneggerebbe non solo l’economia ucraina, ma anche il suo sforzo bellico”. Lo dice in termini crudi. Se non si sta con l’Ucraina, si sta con la Russia e se non si sta con la Russia, si sta con l’Ucraina. E se i partner non ci aiutano, significa che aiuteranno la Russia a vincere. Questo è quanto”.

* Tuttavia, considerazioni di carattere elettorale potrebbero far sì che ciò accada.

– Con molti dei suoi alleati occidentali (tra cui l’America) che terranno le elezioni l’anno prossimo, Zelensky sa che sostenere il sostegno sarà difficile, soprattutto in assenza di progressi significativi sul fronte”.

* Sta quindi tramando per manipolare gli elettori e spingerli a fare pressione sui loro politici contro di loro.

– “È ancora convinto che il modo migliore per convincere i governi, [per far loro] credere di essere dalla parte giusta, sia quello di spingerli attraverso i media. La gente legge, discute, decide e spinge”, dice.

È stata l’opinione pubblica a spingere i politici ad aumentare le forniture di armi all’Ucraina nei primi giorni della guerra. Ridurre questi aiuti, sostiene, potrebbe far arrabbiare non solo gli ucraini, ma anche gli elettori occidentali. Inizieranno a chiedersi a cosa sia servito tutto questo sforzo. La gente non perdonerà [i loro leader] se perderanno l’Ucraina”.

* Tuttavia, Zelensky sta coprendo le sue scommesse elogiando Trump nel caso in cui torni al potere.

– Se Putin spera che una vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane del 2024 gli consenta di vincere, si sbaglia. Trump non sosterrebbe mai Vladimir Putin. Non è quello che fanno gli americani forti”.

* Sta anche cercando di fare pressione su Biden ricordandogli la debacle in Afghanistan.

– “Si aspetta che Joe Biden mantenga la rotta se verrà rieletto. (‘Vogliono l’Afghanistan, seconda parte?’)”.

* Zelensky implora l’UE di accettare l’Ucraina come membro per risollevare il morale del suo popolo.

– Zelensky spera che l’Unione Europea non solo continui a fornire aiuti, ma che quest’anno apra i negoziati sul processo di adesione dell’Ucraina. (Si prevede che questa mossa avverrà in occasione di un vertice a dicembre): “Sosterrà il morale in Ucraina. Darà energia alla gente”.

* Difende inoltre la lentezza della controffensiva sostenendo che essa salva le vite dei suoi soldati.

– “L’Ucraina avrebbe perso “migliaia” se avesse seguito il consiglio di impegnare molte più truppe, dice. Questo non è il tipo di guerra in cui “il leader di un Paese dice che il prezzo non ha importanza”. Questa è la differenza tra lui e Vladimir Putin. Per lui la vita non è niente”.

* Zelensky ritiene che coloro che parlano con Putin siano ingannati da un moderno Hitler.

– “Coloro che scelgono di parlare con l’uomo del Cremlino si stanno ‘ingannando’, proprio come i leader occidentali che firmarono un accordo con Adolf Hitler a Monaco nel 1938 per poi vederlo invadere la Cecoslovacchia. L’errore non è la diplomazia. L’errore è la diplomazia con Putin. Lui negozia solo con se stesso”.

* Accenna minacciosamente al fatto che i rifugiati ucraini potrebbero insorgere se l’Occidente riducesse gli aiuti al loro Paese.

– “Non c’è modo di prevedere come i milioni di rifugiati ucraini nei Paesi europei reagirebbero all’abbandono del loro Paese. Gli ucraini si sono generalmente “comportati bene” e sono “molto grati” a coloro che li hanno ospitati. Non dimenticheranno questa generosità. Ma non sarebbe una “bella storia” per l’Europa se dovesse “spingere queste persone in un angolo””.

* L’Ucraina avrà bisogno di un “nuovo contratto sociale” se non otterrà presto la massima vittoria.

– Una lunga guerra di logoramento significherebbe un bivio per l’Ucraina.

Il Paese perderebbe ancora più persone, sia al fronte che nell’emigrazione. Richiederebbe una “economia totalmente militarizzata”. Il governo dovrebbe sottoporre questa prospettiva ai suoi cittadini, dice Zelensky, senza specificare come; un nuovo contratto sociale non potrebbe essere una decisione di una sola persona. A quasi 19 mesi dall’inizio della guerra, il Presidente afferma di essere “moralmente” pronto per il cambio. Ma affronterà l’idea con il suo popolo solo se la debolezza agli occhi dei suoi sostenitori occidentali diventerà una “tendenza”.

È arrivato quel momento? No, non ancora, dice. Grazie a Dio”.

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Tutto ciò che ha condiviso è la naturale evoluzione dei punti contenuti nelle seguenti analisi:

* 25 August: “The NYT & WSJ’s Critical Articles About Kiev’s Counteroffensive Explain Why It Failed

* 29 August: “Zelensky’s Latest TV Interview Shows How Much The Conflict’s Dynamics Have Shifted

* 31 August: “Vivek Ramaswamy’s Plan For Ending The NATO-Russian Proxy War In Ukraine Is Pragmatic

* 4 September: “Kiev’s Military Shake-Up Suggests That Peace Will Remain A Distant Prospect

* 9 September: “WaPo Reported That Ukrainians Are Distrustful Of The West & Flirting With A Ceasefire

Tutte le parti si stanno stancando, Kiev vuole ancora andare avanti, ma i calcoli occidentali stanno cambiando.

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Leggendo tra le righe dell’ultima intervista di Zelensky emergono i seguenti punti:

* Alcuni funzionari occidentali stanno probabilmente già tenendo colloqui non ufficiali con la Russia.

* Ciò è probabilmente dovuto a una combinazione di dinamiche strategico-militari e di interessi elettorali.

* Per questo Zelensky è eccessivamente sulla difensiva e cerca aggressivamente di fare pressione su di loro per farli riconsiderare.

* Teme che la continuazione degli aiuti sia subordinata alla ripresa ufficiale dei colloqui da parte di Zelensky.

* Sta quindi tramando per intromettersi nelle loro prossime elezioni con mezzi da infowar.

* Zelensky potrebbe anche ordinare all’SBU di organizzare rivolte di rifugiati ucraini in tutta Europa.

* Se fallisce e i colloqui sono inevitabili, spera nell’adesione all’UE come consolazione.

* Zelensky potrebbe poi indire le elezioni e riprendere i colloqui se vince rivendicando un mandato popolare.

Per quanto riguarda il primo punto, questi articoli dei media occidentali e russi suggeriscono un interesse reciproco per i colloqui:

* The New Yorker: “The Case for Negotiating with Russia

* The New York Times: “As Ukraine’s Fight Grinds On, Talk of Negotiations Becomes Nearly Taboo

* RT: “Sergey Poletaev: The West knows Ukraine’s counteroffensive is failing. So what’s plan B?

* TASS: “Russia can’t stop hostilities if Ukraine conducts counteroffensive, Putin says

* TASS: “Kiev delays talks making it more difficult to negotiate later — Lavrov

Il primo pezzo promuove le argomentazioni di Samuel Charap della RAND Corporation a favore di un cessate il fuoco, mentre il secondo lamenta che l’élite occidentale nel suo complesso non è ancora pronta a prendere seriamente in considerazione la possibilità di fermare lo spargimento di sangue. Quello di RT aggiunge alcuni argomenti russi per spiegare perché un cessate il fuoco potrebbe essere nell’interesse del Cremlino, mentre gli ultimi due della TASS mostrano che i suoi alti funzionari sono effettivamente interessati a questo, anche se non si possono fare progressi tangibili (almeno ufficialmente) finché non finisce la controffensiva.

Gli sviluppi strategico-militari oggettivamente esistenti nel corso dell’estate e le narrazioni soggettivamente interpretate che oggi vengono spinte da entrambe le parti della guerra per procura tra NATO e Russia nelle ultime settimane suggeriscono in modo convincente un crescente interesse a congelare il conflitto. Detto questo, all’interno di entrambe le parti ci sono forze potenti che non vogliono che ciò accada, per non parlare di Kiev. Questo complica quindi il cammino verso la pace, ma tutto si sta muovendo in quella direzione nonostante loro.

Come sostenuto in tutto questo pezzo, Zelensky è stato eccessivamente sulla difensiva nella sua ultima intervista con The Economist proprio perché alcuni funzionari occidentali stanno probabilmente già tenendo colloqui non ufficiali con la Russia. Il suo team e i suoi sostenitori liberal-globalisti nei circoli politici statunitensi potrebbero ancora ricorrere a false bandiere e provocazioni per sabotare il tutto, quindi i prossimi mesi potrebbero essere caratterizzati da pericolosi drammi, ma se l’attuale traiettoria rimarrà sulla buona strada, il conflitto potrebbe finalmente iniziare a congelarsi all’inizio del prossimo anno.

https://korybko.substack.com/p/why-was-zelensky-overly-defensive

 

Dall’Economist

Donald Trump non sosterrà mai Putin, dice Volodymyr Zelensky
Ma il presidente ucraino teme che alcuni dei sostenitori occidentali del suo Paese stiano perdendo la fede
Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy fa un gesto al suo pubblico
immagine: reuters
10 settembre 2023 | KYIV

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Volodymyr Zelenskiy non vuole pensare a una lunga guerra, né tanto meno parlarne agli ucraini, molti dei quali sognano ancora di vincere in fretta. Ma è proprio a questo che si sta preparando. “Devo essere pronto, la mia squadra deve essere pronta per la lunga guerra, ed emotivamente sono pronto”, afferma il presidente ucraino in un’intervista a The Economist. Parlando ai margini della yes conference, un pow-wow internazionale a Kyiv, è calmo, composto e cupo. Un anno fa, nello stesso contesto, l’atmosfera era elettrica ed euforica; la notizia del successo delle forze ucraine nel respingere la Russia dalla regione di Kharkiv risuonava su tutti gli smartphone presenti nella sala.

Quest’anno l’atmosfera è molto diversa. A tre mesi dall’inizio della controffensiva, l’Ucraina ha compiuto solo modesti progressi lungo l’importantissimo asse meridionale nella regione di Zaporizhia, dove sta cercando di interrompere il “ponte di terra” dalla Russia alla Crimea di Vladimir Putin. La questione di quanto tempo ci vorrà, o se ci riuscirà, pesa sulla mente dei leader occidentali. Essi continuano a parlare bene, impegnandosi a stare al fianco dell’Ucraina “fino a quando sarà necessario”. Ma il signor Zelensky, un ex attore televisivo con un senso acuto del suo pubblico, ha rilevato un cambiamento di umore tra alcuni dei suoi partner. “Ho questa intuizione, leggendo, sentendo e vedendo i loro occhi [quando dicono] ‘saremo sempre con voi'”, dice, parlando in inglese (una lingua in cui è sempre più fluente). “Ma vedo che lui o lei non sono qui, non sono con noi”.

Apre le mani in un gesto di frustrazione. Alcuni partner potrebbero vedere le recenti difficoltà dell’Ucraina sul campo di battaglia come un motivo per costringerla a negoziare con la Russia. Ma “questo è un brutto momento, perché Putin vede la stessa cosa”.

Non essendo riuscito a sopraffare l’Ucraina in tempi brevi, Putin sembra determinato a sfiancare il Paese e a logorare la determinazione dei suoi partner a continuare a finanziarlo e a rifornirlo di armi. Il suo obiettivo è rendere l’Ucraina uno Stato disfunzionale e spopolato, i cui rifugiati causano problemi in Europa. Ma Zelensky afferma che la Russia stessa è fragile. Putin “non capisce che nella lunga guerra perderà. Perché non importa se il 60% o il 70% [dei russi] lo sostiene. No, la sua economia perderà”. Quando l’Ucraina aumenterà i suoi attacchi all’interno della Russia, i russi inizieranno a porsi domande scomode sull’incapacità del loro esercito di proteggerli, “perché i nostri droni atterreranno”. L’autorità del presidente russo è stata indebolita dall’ammutinamento in giugno di Yevgeny Prighozhin, capo del gruppo di mercenari Wagner, poi assassinato. Secondo Zelensky, si indebolirà ulteriormente.

Allo stesso tempo, il presidente ucraino è ben consapevole dei rischi per il suo Paese se l’Occidente iniziasse a ritirare il suo sostegno economico. Ciò danneggerebbe non solo l’economia ucraina, ma anche il suo sforzo bellico. Lo dice in termini crudi. “Se non si sta con l’Ucraina, si sta con la Russia e se non si sta con la Russia, si sta con l’Ucraina. E se i partner non ci aiutano, significa che aiuteranno la Russia a vincere. Questo è quanto”. Con molti dei suoi alleati occidentali (tra cui l’America) che terranno le elezioni il prossimo anno, Zelensky sa che sostenere il sostegno sarà difficile, soprattutto in assenza di progressi significativi sul fronte.

Il presidente ucraino ha saputo fare appello alle opinioni pubbliche occidentali, spesso scavalcando i loro politici. È ancora convinto che il modo migliore “per convincere i governi, [per far loro] credere di essere dalla parte giusta, sia quello di spingerli attraverso i media. Le persone leggono, discutono, decidono e spingono”, afferma. È stata l’opinione pubblica a spingere i politici ad aumentare le forniture di armi all’Ucraina nei primi giorni della guerra. Ridurre questi aiuti, sostiene, potrebbe far arrabbiare non solo gli ucraini, ma anche gli elettori occidentali. Inizieranno a chiedersi a cosa sia servito tutto questo sforzo. “La gente non perdonerà [i loro leader] se perderanno l’Ucraina”.

Se Putin spera che una vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane del 2024 gli consenta di vincere, si sbaglia. Trump non sosterrebbe mai Vladimir Putin. “Non è questo che fanno gli americani forti”. Si aspetta che Joe Biden mantenga la rotta se verrà rieletto. (E spera che l’Unione Europea non solo continui a fornire aiuti, ma che quest’anno apra i negoziati sul processo di adesione dell’Ucraina. (Si prevede che questa mossa avverrà in occasione di un vertice a dicembre): “Sosterrà il morale in Ucraina. Darà energia alla gente”.

Mantenere il morale alto è fondamentale. Per questo motivo, secondo Zelensky, anche i limitati progressi in prima linea sono essenziali. “Ora c’è movimento. È importante”. Dopo pesanti perdite iniziali e tattiche adattate frettolosamente, i soldati ucraini hanno finalmente perforato la prima delle tre principali linee difensive russe nella regione di Zaporizhia. Zelensky insiste sul fatto che un grande passo avanti può ancora essere fatto: “Se li spingiamo da sud, scapperanno”.

Anche sul fronte secondario della controffensiva, vicino alla città orientale di Bakhmut, le forze ucraine stanno lentamente riprendendo territorio. “Durante i primi giorni della guerra su larga scala, continuavamo a essere respinti. Ogni giorno. Hanno preso alcune città, centinaia di villaggi”, racconta. Ora le forze ucraine stanno avanzando a fatica. Ma le truppe devono affrontare un compito erculeo per trasformare i progressi lungo uno dei due assi in una svolta strategica.

In risposta alle lamentele occidentali sulla lentezza dell’offensiva, Zelensky afferma che essa riflette l’estremo livello di pericolo. La riconquista del territorio deve essere bilanciata con la salvaguardia del maggior numero possibile di vite umane. I soldati devono ridurre i rischi: effettuare ricognizioni, usare droni, evitare scontri diretti. L’Ucraina avrebbe perso “migliaia di persone” se avesse seguito il consiglio di impegnare molte più truppe, dice. Questo non è il tipo di guerra in cui “il leader di un Paese dice che il prezzo non conta”. Questa è la differenza tra lui e Vladimir Putin. “Per lui la vita non è niente”.

Dopo mesi di aspettative per la controffensiva, Zelensky sta adattando attentamente il suo messaggio alla realtà. La vittoria non arriverà “domani o dopodomani”, dice. Ma non è un sogno fantastico. L’Ucraina merita di vincere e l’Occidente dovrebbe sostenerla. L’esercito russo sta perdendo “molte persone” e sta ridispiegando le sue riserve per fermare l’avanzata ucraina, dice: “Significa che perdono”.

Battendo forte sul tavolo, Zelensky rifiuta categoricamente l’idea di un compromesso con Vladimir Putin. La guerra continuerà “finché la Russia resterà in territorio ucraino”, dice. Un accordo negoziato non sarebbe permanente. Il presidente russo ha l’abitudine di creare “conflitti congelati” ai confini della Russia (ad esempio in Georgia), non come fine a se stessi, ma perché il suo obiettivo è quello di “restaurare l’Unione Sovietica”. Coloro che scelgono di parlare con l’uomo del Cremlino si stanno “ingannando”, proprio come i leader occidentali che firmarono un accordo con Adolf Hitler a Monaco nel 1938 per poi vederlo invadere la Cecoslovacchia. “L’errore non è la diplomazia. L’errore è la diplomazia con Putin. Lui negozia solo con se stesso”.

La riduzione degli aiuti all’Ucraina non farà altro che prolungare la guerra, sostiene Zelensky. E creerebbe rischi per l’Occidente nel suo stesso cortile. Non c’è modo di prevedere come i milioni di rifugiati ucraini nei Paesi europei reagirebbero all’abbandono del loro Paese. Gli ucraini si sono generalmente “comportati bene” e sono “molto grati” a coloro che li hanno ospitati. Non dimenticheranno questa generosità. Ma non sarebbe una “bella storia” per l’Europa se dovesse “spingere queste persone in un angolo”.

Nel frattempo, una lunga guerra di logoramento significherebbe un bivio per l’Ucraina. Il Paese perderebbe ancora più persone, sia in prima linea che a causa dell’emigrazione. Sarebbe necessaria “un’economia totalmente militarizzata”. Il governo dovrebbe sottoporre questa prospettiva ai cittadini, dice Zelensky, senza specificare come; un nuovo contratto sociale non potrebbe essere una decisione di una sola persona. A quasi 19 mesi dall’inizio della guerra, il presidente dice di essere “moralmente” pronto per il cambio. Ma affronterà l’idea con il suo popolo solo se la debolezza agli occhi dei suoi sostenitori occidentali diventerà una “tendenza”. È arrivato quel momento? No, non ancora, dice. “Grazie a Dio”. ■

https://www.areion24.news/?fbclid=IwAR3DbON5sLHQkdta5wfdscR2spzwqo_RPOhhpoEhHDdwt3sDe7IwBhbCX2k

Dalla rivista francese Diplomatie di settembre/ottobre

Si sono svolti incontri segreti tra russi e americani.

Dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina nel febbraio 2022, non c’è stato alcun segnale di una fine del conflitto nelle prossime settimane o mesi. Per quanto riguarda Kiev, la controffensiva lanciata a giugno non si è dimostrata efficace, se non decisiva (al momento di andare in stampa) e al momento della stampa di questo numero) e i suoi alleati i suoi alleati hanno annunciato quest’estate l’invio di nuovi equipaggiamenti militari, come bombe a grappolo e missili a lungo raggio. Per quanto riguarda Vladimir Putin e i suoi generali, la linea ufficiale è ben calibrata: tutto va bene e ci sarà solo una resa totale dell’Ucraina per porre fine a questa “operazione militare speciale”, come le autorità di Mosca definiscono questo conflitto.

Tuttavia, secondo diverse fonti diplomatiche, dietro le quinte si fa sempre più sentire un’altra voce. Secondo il canale televisivo americano NBC News, <<un gruppo di ex alti funzionari della sicurezza nazionale statunitense ha avuto colloqui segreti con persone sospettate di essere vicine al Cremlino, nel tentativo di gettare le basi per i negoziati per la fine alla guerra in Ucraina >>.
Essi includono Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo e sostenitore di Putin. Durante questi incontri, americani e russi avrebbero discusso del futuro dei territori occupati o di possibili compromessi. << Uno degli obiettivi è quello di mantenere aperti i canali di comunicazione con la Russia, ove possibile, e di determinare dove potrebbe esserci spazio per un compromesso

PER WASHINGTON, È NECESSARIO PORRE FINE A QUESTO CONFLITTO
CENTINAIA DI MIGLIAIA DI MORTI.
per quanto riguarda i futuri negoziati, i compromessi e la diplomazia per porre fine alla guerra, NBC News sottolinea che l’amministrazione Biden e il suo gabinetto sono a conoscenza di questi scambi americano-russi, ma non sono direttamente coinvolti. Secondo quanto riferito, è stata presa in considerazione la possibilità di una zona demilitarizzata e di un cessate il fuoco, sotto la supervisione congiunta di truppe ONU o OSCE. Tuttavia, questa potrebbe essere solo una soluzione imperfetta nella pratica, poiché non garantirebbe l’eventuale firma di un trattato di pace e rischierebbe addirittura di congelare il confronto, come quello che esiste tra le due Coree. Tuttavia, e senza minimamente vacillare nel loro sostegno all’Ucraina,
gli Stati Uniti si stanno preparando attivamente per la fine di questo
conflitto russo-ucraino. Lo scorso maggio, William Joseph Burns, direttore della CIA (in carica dal 2021) ha parlato con i vertici militari ucraini che gli hanno riferito che la controffensiva avrebbe permesso di liberare nuovi territori.
<< entro l’autunno >>. È su questo calendario che Washington sembra voler elaborare una sorta di piano postbellico. Secondo le nostre informazioni
Secondo le nostre informazioni, gli Stati Uniti stanno dando al generale di Kiev
di fare progressi sul fronte, ma quando arriva quel momento

Quando l’11 luglio si è aperto a Vilnius, capitale lituana, il vertice della NATO con la
alla presenza dei 31 leader dei Paesi dell’Alleanza e del Presidente Zelensky, un tweet di Gerard Araud, ex ambasciatore francese a Washington tra il 2014 e il 2019 dopo essere stato rappresentante permanente della Francia alle Nazioni Unite, aveva sollevato gli animi in vista di futuri negoziati: << In alcune conferenze, un fantasma infesta i corridoi. (…) A Vilnius, il fantasma è il desiderio americano di negoziare se possibile con la Russia >>. E mentre il presidente Joe Biden aveva espresso ufficialmente la sua opposizione all’ingresso dell’Ucraina nella NATO, oggi l’ex ambasciatore francese negli Stati Uniti si è spinto oltre su Twitter: << Il vero argomento che nessuno osa sollevare è la vera ragione del rifiuto americano di aderire: il desiderio di Washington di mantenere aperta l’opzione di negoziare con la Russia. >> È vero che ci sono almeno due ragioni per la determinazione americana a negoziare.
SONO IN CORSO DISCUSSIONI CON SERGEI LAVROV, IL CAPO DELLA DIPLOMAZIA RUSSA.
In primo luogo, l’obiettivo è quello di porre fine alla più grande guerra tra Paesi dalla fine della Seconda guerra mondiale. Con decine di migliaia di soldati morti da entrambe le parti, città rase al suolo, civili bombardati e uccisi gratuitamente e crimini di guerra commessi. Allo stesso tempo, l’amministrazione Biden è tormentata da un conflitto, quello che lo vede contrapposto alla Cina su questioni come Taiwan, il riavvicinamento Cina-Russia e il Pacifico.
<< Gli americani sono totalmente coinvolti nella guerra in Ucraina, ma hanno la testa in Cina… >>, ha dichiarato un importante esponente europeo al settimanale settimanale << L’Obs >> all’inizio dell’anno. Per Washington, il mondo di domani si giocherà in Asia.

Marc Peyssal

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Come vede un politico sudcoreano le principali questioni geopolitiche in Asia? Intervista con Song Young-Gil, di Maxime LEFEBVRE

Come vede un politico sudcoreano le principali questioni geopolitiche in Asia? Intervista con Song Young-Gil
di Maxime LEFEBVRE, SONG Young-Gil, 13 settembre 2023
Song Young-Gil, nato nel 1963, ha iniziato la sua vita politica facendo campagna per la democratizzazione della Corea del Sud. Membro del Partito Democratico, è stato membro dell’Assemblea nazionale coreana per 20 anni (2000-2020) e ha partecipato attivamente alla diplomazia parlamentare. È stato anche sindaco di Incheon, la terza città più grande della Corea (2010-2014), e presidente del Partito democratico della Corea (2021-2022). Nella prima metà del 2023 ha trascorso un anno accademico in Francia come visiting professor presso la ESCP Business School.
Maxime Lefebvre, ex ambasciatore, professore di relazioni internazionali alla ESCP, direttore scientifico del master “International Business & Diplomacy”, autore di “Jeu du droit et de la puissance. Précis de relations internationales”, PUF Major, 6a edizione, 2022.

Come possiamo comprendere le relazioni con la Repubblica Popolare Cinese? Che ruolo ha la guerra economica in questo contesto? Sarebbe possibile riunificare la penisola coreana e con quali mezzi? Queste sono alcune delle domande che Maxime Lefebvre ha posto a Song Young-Gil per Diploweb.com.

Maxime Lefebvre (M. L. ): Secondo lei, quali sono le idee sbagliate sul crescente confronto con la Cina?

Song Young-Gil (S. Y-G): C’è una differenza fondamentale tra le relazioni americano-sovietiche e quelle americano-cinesi. Yan Xuetong, professore dell’Università Tsinghua e ideologo di destra rappresentante del patriottismo cinese, una volta ha paragonato le relazioni tra Stati Uniti e Russia a un gioco a somma zero, come un incontro di boxe, e le relazioni sino-americane a una competizione, come una partita di calcio. Durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti e l’URSS hanno diviso il mondo in due blocchi economici, economie di mercato ed economie pianificate. Al contrario, l’attuale relazione tra gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese è integrata in un’economia di mercato unificata e l’interdipendenza economica tra i due Paesi è così forte che non è facile separarli.

Karl Marx ha sviluppato la teoria secondo cui quando la base materiale, le forze produttive e i rapporti di produzione vengono trasformati (l’infrastruttura), la sovrastruttura legale e politica si trasforma a sua volta. Molti attivisti comunisti e socialisti hanno agito secondo questa ideologia e si pensava che l’integrazione della Cina nell’ordine economico mondiale e la sua accettazione di un’economia di mercato capitalista avrebbero portato naturalmente alla democratizzazione delle sue strutture politiche e sociali. Tuttavia, quarant’anni dopo la modernizzazione e l’apertura della Cina, la struttura politica e sociale è tornata all’epoca di Mao Zedong. Di fatto, la Cina ha gradualmente rafforzato la sua dittatura attraverso l’autoritarismo digitale. L’Occidente, e gli Stati Uniti in particolare, si sono sentiti traditi per aver permesso alla Cina di entrare nell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e per averle concesso il trattamento di nazione più favorita. Gli Stati Uniti hanno quindi deciso di attuare politiche meno favorevoli alla Cina sulla base di un consenso bipartisan tra democratici e repubblicani. L’amministrazione Biden ha ereditato la guerra commerciale contro la Cina iniziata dal Presidente Trump e l’ha intensificata.

Questo approccio è appropriato? Prendiamo il punto di vista cinese. È innegabile che l’integrazione della Cina nell’ordine commerciale globale abbia contribuito allo sviluppo dell’economia statunitense e mondiale, fornendo alle fabbriche di tutto il mondo beni prodotti a basso costo. La Cina è stata il maggior acquirente di titoli del Tesoro americano, contribuendo a mantenere l’egemonia del dollaro. La Cina ha svolto un ruolo importante nel superamento della crisi economica del 2008. Lo sviluppo economico della Corea del Sud deve molto anche all’integrazione della Cina nell’economia globale. La Cina è ancora il principale partner commerciale della Corea del Sud e rappresenta il 25% del suo commercio estero.

La Cina è un Paese straordinario. Essendo uno dei quattro luoghi di nascita delle civiltà antiche (insieme alla Mesopotamia, all’Egitto e alla Grecia), ha svolto un ruolo centrale nel mondo, senza per questo tagliarsi fuori dalla modernità. È stato il Paese più potente del mondo, con oltre il 30% della produzione mondiale, fino ai “Cento anni di umiliazione”, durati dalle guerre dell’oppio degli anni Quaranta del XIX secolo alla fine della Seconda guerra mondiale nel 1945, durante i quali è stato invaso dalle forze imperialiste e spinto dal centro del mondo alla sua periferia. In Cina c’è un profondo consenso nazionale sul fatto che il popolo cinese non deve dimenticare questi cento anni di umiliazione. La Cina ha designato gli anni 2021 e 2049, corrispondenti ai centenari della fondazione del Partito Comunista Cinese e della Repubblica Popolare Cinese, come i due grandi centenari che dovrebbero consacrare un grande Paese socialista sviluppato.

Come vede un politico sudcoreano le principali questioni geopolitiche in Asia? Intervista con Song Young-Gil
Song Young-Gil
Politico sudcoreano
Rispetto alla Cina, l’Unione Sovietica non è mai stata veramente al centro del mondo. La Russia era un Paese periferico. Dominata dai mongoli, ottenne l’indipendenza solo sotto Ivan il Terribile e Pietro il Grande, iniziando a seguire il percorso dei Paesi europei avanzati. La rivoluzione comunista è avvenuta nel 1917 in una Russia sottosviluppata, non in società capitalistiche avanzate come Gran Bretagna, Francia e Germania. Il PIL dell’Unione Sovietica non ha mai superato il 60% del PIL degli Stati Uniti durante tutta la Guerra Fredda. La Cina, invece, si sta avvicinando al livello del PIL statunitense. Inoltre, la profondità della filosofia cinese è ancora più antica di quella greca e romana: Confucio, Mencio e i loro seguaci hanno formulato le loro idee già nel V secolo a.C.. Quattro grandi invenzioni della civiltà umana – carta, stampa, polvere da sparo e bussola – sono nate in Cina. Con una popolazione di 1,4 miliardi di abitanti, non inferiore ai 144 milioni della Russia [1], la Cina è oggi in grado di sostenersi sulla base della domanda interna. Le teorie sulla frammentazione e sul declino della Cina sono il pallino dei pensatori occidentali, ma la politica estera non può essere determinata da un’idea velleitaria, bensì deve basarsi sui fatti. Possiamo solo coesistere con la Cina. È impossibile costringere la Cina a cambiare il suo sistema. Dobbiamo adottare la filosofia cinese del “qiu tong cun yi”, cioè cercare cose in comune mettendo da parte le differenze.

M. L. : Quale dovrebbe essere la nostra strategia nei confronti della Cina?

S. Y-G: Nel corso della storia, la Cina ha raramente invaso territori per stabilire colonie. Nella penisola coreana, le dinastie Sui e Tang hanno combattuto feroci battaglie contro il regno di Goguryeo. I coreani erano un popolo del nord che commerciava con la Cina in una relazione ostile. La Cina fu spesso invasa dai popoli del nord e il suo territorio continentale fu occupato. La dinastia Song fu distrutta dai Mongoli e la penisola coreana cadde sotto il dominio mongolo. In epoca moderna, l’invasione manciù portò al crollo della dinastia Ming e alla creazione dell’Impero Qing. All’inizio della dinastia Ming, sotto il regno di Yongle, le sette spedizioni di Zheng Hua (1405-1433) attraversarono l’Oceano Indiano fino al continente africano, ben prima dei viaggi di Cristoforo Colombo e Magellano. La prima spedizione coinvolse 62 navi e 25.000 soldati e marinai. Nonostante le sue notevoli risorse, la Cina non ha mai fondato una colonia o preso il controllo di un Paese. Non costruì cattedrali o templi per diffondere la propria religione. Tutto ciò può sembrare piuttosto strano.

Come ci comportiamo con la Cina? Possiamo solo prendere la Cina così com’è. Dalle guerre dell’oppio alla creazione della Repubblica Popolare nel 1949, sono passati cento anni di umiliazioni e da allora sono passati 74 anni. A mio parere, dobbiamo aspettare e vedere. Nel 2049 sarà arrivato uno dei due grandi centenari che la Cina vuole celebrare. Credo che quello sarà il momento in cui la base si trasformerà e la sovrastruttura si trasformerà. È difficile che la Cina torni indietro alla Rivoluzione culturale. La Cina ha un’economia di mercato capitalista altamente sviluppata che trasformerà inevitabilmente la sua struttura politica e sociale.

Una questione fondamentale è quella di Taiwan. La Cina è un Paese composto da 56 gruppi etnici, i cinesi Han e 55 minoranze etniche. L’eventuale indipendenza di Taiwan alimenterebbe inevitabilmente movimenti secessionisti nello Xinjiang (uiguri), in Tibet, in Mongolia e tra i coreani delle tre province nordorientali. La posizione della Cina è che userà la forza per impedire l’indipendenza di Taiwan. Molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la Corea del Sud, hanno accettato il principio di una sola Cina nelle loro politiche verso la Cina. Per questo motivo la Repubblica di Cina (Taiwan) ha perso la sua appartenenza alle Nazioni Unite e la Repubblica Popolare Cinese è diventata membro permanente del Consiglio di Sicurezza quando è entrata a far parte dell’ONU. La Cina potrebbe essere tentata di usare la forza per annettere Taiwan. Per evitare che ciò accada, è necessario rafforzare le capacità di autodifesa di Taiwan. Deve essere garantito il diritto del popolo taiwanese di determinare il proprio futuro. Credo che né la Cina, né gli Stati Uniti, né il Giappone debbano ricorrere alla forza. Se Taiwan non cerca l’indipendenza attraverso accordi costituzionali, non sarà facile per la Cina intervenire con la forza. La Cina difende ufficialmente il principio della riunificazione pacifica. Tuttavia, non esclude l’uso della forza se Taiwan cerca l’indipendenza.

Credo che i tentativi di indipendenza di Taiwan debbano essere considerati alla luce degli interessi fondamentali della Cina. È difficile garantire la propria sicurezza senza rispondere alle minacce alla sicurezza degli altri. Nell’inverno del 2014 ho trascorso tre mesi a Taipei come visiting professor presso la National Taiwan University of Political Science, dove ho incontrato molti politici taiwanesi, tra cui l’attuale presidente del Democratic Progressive Party, Lai Ching-te. Ho sottolineato in ogni occasione che non sarebbe saggio per i politici taiwanesi cercare di spingere per l’indipendenza e dare alla Cina un pretesto per intervenire con la forza. Dovrebbero mantenere lo status quo e godere del commercio con la Cina, gli Stati Uniti e il Giappone, in modo da diventare autosufficienti, seguendo lo slogan dell’Università Tsinghua: “non smettere mai di crescere più forte”. Ho sottolineato logicamente che il sistema democratico sviluppato di Taiwan dovrebbe permettersi di trasformare la Cina continentale, come era nelle ambizioni di Chiang Kai-shek, piuttosto che staccarsi dalla terraferma.

Il dialogo strategico tra Stati Uniti e Cina deve essere rafforzato.

Rispetto alla prima guerra fredda, oggi ci troviamo di fronte alla minaccia di una guerra nucleare unita a quella di una crisi climatica. È in gioco il destino dell’intera razza umana. Stati Uniti, Cina ed Europa devono unire le forze e mettere in comune la loro saggezza per proteggere il pianeta Terra. Superando l’era dei combustibili fossili e delle scorie nucleari, dobbiamo creare la forma più ideale di energia da fusione nucleare. Nell’aprile del 2023 ho visitato il sito del reattore sperimentale termonucleare internazionale (ITER) vicino ad Aix-en-Provence (Francia) e ne sono rimasto molto colpito. Il progetto è stato avviato all’epoca dei negoziati sul disarmo nucleare tra Gorbaciov e Reagan. Sette partner (Stati Uniti, Cina, Unione Europea, Corea del Sud, Giappone, India e Russia) stanno costruendo il progetto, con un investimento di 20 miliardi di euro. Nonostante la guerra tra Russia e Ucraina, circa 60 scienziati e ingegneri russi ci stanno lavorando. Anche se ci sono litigi e controversie, dovremmo usare la forza di tutti in un progetto che assicura il futuro dell’umanità.

Attualmente, i canali di comunicazione tra Stati Uniti e Cina sono molto deboli. Si è persino detto che sono peggiori di quelli esistenti durante la Guerra Fredda tra Stati Uniti e URSS. È un’assurdità. Il dialogo strategico tra Stati Uniti e Cina deve essere rafforzato. Gli Stati Uniti, che hanno più di 800 basi militari in tutto il mondo, dovrebbero chiedersi se sia il modo giusto di affrontare la Cina, che non ha una rete di basi militari all’estero, brandendo la minaccia cinese e intensificando i preparativi per un confronto militare con la Cina.

M. L. : Ma c’è un equilibrio geopolitico di potere da raggiungere con la Cina. Come si può fare?

S. Y-G: Abbiamo bisogno di un equilibrio di potere per competere e cooperare con la Cina, contenendo al contempo la sua espansione esterna.

L’India può essere vista come un’alternativa nelle catene di produzione globali. L’India è un Paese promettente con un potenziale illimitato, ma è anche un Paese frenato dal sistema delle caste, dalle disuguaglianze socio-economiche, dalla diversità linguistica e religiosa e da molti altri problemi. Per raggiungere la Cina, l’India dovrebbe recuperare un ritardo di 20-30 anni, il che non è poco. Non è facile integrare la popolazione più numerosa del mondo mantenendo un sistema democratico con regolari elezioni per la formazione dei governi, e questo spiega perché il Primo Ministro Narendra Modi e il suo BJP stiano enfatizzando il nazionalismo indù e si stiano muovendo verso una dittatura di fatto autoritaria. Se l’India riuscirà a consolidare le sue istituzioni democratiche e a sviluppare la sua economia, potrà creare le leve che le permetteranno di diventare un’alternativa alla Cina. Credo che la comunità internazionale debba mostrare maggiore interesse e sostegno per la modernizzazione delle infrastrutture e delle istituzioni indiane. Il futuro dello sviluppo democratico dipende dal fatto che l’India, la più grande democrazia del mondo, riesca a svilupparsi adeguatamente.

Ci sono poi il Vietnam e la Corea del Nord. Entrambi gli Stati hanno forti ideologie nazionaliste di indipendenza. Nella loro storia, il Vietnam e il regno di Goguryeo hanno rifiutato di arrendersi e hanno resistito. Oggi è lo stesso. È stato pubblicato un libro sulle visite del Segretario alla Difesa statunitense McNamara in Vietnam e sul suo dialogo con la leadership del Partito Comunista vietnamita. La guerra decennale tra Stati Uniti e Vietnam ha causato danni enormi. L’esercito sudcoreano partecipò alla guerra del Vietnam su richiesta degli Stati Uniti. Nonostante il massiccio sostegno militare statunitense, il governo sudvietnamita non riuscì a sconfiggere le forze del Vietnam del Nord e del Fronte di Liberazione Nazionale del Vietnam del Sud. Nel 1995, 20 anni dopo la riunificazione del Vietnam da parte dei comunisti, gli Stati Uniti e il Vietnam stabilirono relazioni diplomatiche. Si temeva che la vittoria del comunismo in Vietnam, dopo la Cina, avrebbe portato alla sua espansione in Laos, Cambogia e Thailandia. Ma questa teoria si rivelò errata. Anche all’interno del campo comunista, piccoli e medi conflitti si sono intensificati, passando da dispute di confine a guerre su larga scala. Cina e Vietnam entrarono in guerra nel 1979. Il comunismo è una forma di internazionalismo, ma in realtà la lettura storica e geopolitica e l’ideologia nazionalista hanno avuto più effetto dell’ideologia comunista internazionale.

Dal 1995 il Vietnam è un alleato di fatto degli Stati Uniti.

Oggi il Vietnam, come la Cina, ha abbracciato l’economia di mercato e la politica di apertura (riforma Doi Moi del 1986) e sta vivendo una notevole crescita economica. Il Vietnam è un alleato di fatto degli Stati Uniti dal 1995. È un avamposto contro l’espansione della Cina nel Mar Cinese Meridionale. Lo stesso vale per la Corea del Nord. La Corea del Nord è allo stesso tempo dipendente dalla Cina e ferocemente indipendente. La Corea del Nord fa riferimento all’ideologia dell’unità nazionale nota come “Juche”. La Corea del Nord cerca disperatamente di stabilire relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti. Se le relazioni tra Stati Uniti e Corea del Nord si normalizzassero, la Corea del Nord potrebbe diventare il prossimo Vietnam [2] e svolgere un ruolo di controllo sul perno della Cina verso il Pacifico.

M. L. : Che ruolo ha la guerra economica in questo contesto?

S. Y-G: Il furto di proprietà intellettuale da parte della Cina nei confronti delle aziende straniere è ben noto. Le aziende coreane che hanno investito massicciamente in Cina nei primi tempi della riforma stanno fuggendo dalla Cina e trasferendo le loro fabbriche in Vietnam e in India a causa di un trattamento palesemente discriminatorio, come i requisiti per il trasferimento di tecnologia e il furto di tecnologia. La comunità internazionale deve rispondere alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale da parte della Cina. La protezione dei diritti di proprietà intellettuale deve essere rafforzata nell’interesse dello sviluppo economico della Cina.

La legislazione IRA adottata dagli Stati Uniti per impedire alla Cina di sviluppare la tecnologia dei semiconduttori non è priva di problemi. Samsung e SK, che hanno investito pesantemente in Cina e vi gestiscono impianti di semiconduttori, saranno gravemente colpite. Questa misura degli Stati Uniti è contraria all’ordine del commercio internazionale aperto. Le condizioni di concorrenza devono essere uguali per tutti. Se la Cina sviluppa prodotti di qualità superiore e guida la gara, dovremmo accettarlo e ricercare e sviluppare nuove tecnologie per superarla, in modo che la civiltà umana possa progredire. Rifiutare la concorrenza attraverso pressioni politiche non è sostenibile. Gli Stati Uniti hanno chiesto ai Paesi Bassi di non esportare i sistemi di incisione dei semiconduttori EUV, prodotti esclusivamente dall’azienda olandese ASML, e i Paesi Bassi si sono adeguati. Ma credo che sia solo questione di tempo prima che la Cina sviluppi le proprie tecnologie. Gli Stati Uniti stanno cercando di creare una nuova catena di valore e di fornitura per circondare la Cina, e questo potrebbe scontrarsi con gli interessi della Corea e dell’UE. Gli Stati Uniti sono interessati solo ad attirare la produzione di semiconduttori sul proprio territorio, nell’ambito della politica “America First”. Tuttavia, gli effetti dannosi sulle alleanze esistenti sono criticabili. Lo stesso vale per Tiktok e Huawei. Ritengo che il problema della sicurezza sia di natura tecnica e possa essere risolto senza vietare una società o un social media nella sua interezza. Tutti i social media e le società di telecomunicazioni, compresi Facebook e Twitter, hanno lo stesso problema. Si tratta solo di capire se sono la Cina o gli Stati Uniti a poter spiare. Anche gli Stati Uniti hanno dimostrato la loro capacità di attaccare la sovranità e la sicurezza, come ha dimostrato l’esempio della recente intercettazione dell’amministrazione presidenziale sudcoreana. È un’umiliazione per la Corea del Sud e il presidente sudcoreano Yoon Suk-Yeol non ha detto una parola al riguardo durante la sua visita negli Stati Uniti.

M. L.: Cosa pensa della strategia indo-pacifica della Francia e dell’Europa? Abbiamo un ruolo da svolgere nella regione?

S. Y-G: La Cina dipende dall’estero per il 50% del suo consumo energetico, l’80% del quale viene importato dal Medio Oriente attraverso lo Stretto di Malacca. Lo Stretto è controllato da Singapore, un alleato militare di fatto degli Stati Uniti. Di conseguenza, la Cina starebbe cercando una rotta attraverso la Thailandia (il Canale di Kra) che le consentirebbe di aggirare lo Stretto di Malacca. Le riserve strategiche di petrolio della Cina non superano i 30 giorni, una riserva insufficiente in caso di guerra con gli Stati Uniti. È chiaro che le Nuove Vie della Seta (Belt and Road Initiative) includono una strategia per garantire l’approvvigionamento energetico in caso di blocco dello Stretto di Malacca. È in corso un progetto per collegare gli oleodotti allo Xinjiang attraverso il porto pakistano di Gwadar, aggirando lo Stretto di Malacca.

Il principio della libertà di navigazione verso il Mar Cinese Meridionale attraverso lo Stretto di Malacca e lo Stretto di Taiwan è molto importante anche per la Corea del Sud e il Giappone, che dipendono dalle importazioni di petrolio dall’estero. Il libero passaggio delle navi mercantili è garantito, ma il problema è quello delle navi militari. Il potenziale di conflitto tra le flotte statunitensi e cinesi nello Stretto di Taiwan è in aumento. Il principio della libertà di navigazione nell’Indo-Pacifico, la prevenzione del contrabbando e del terrorismo e il cambiamento climatico offrono ampi spazi di cooperazione. Il problema è che la strategia indo-pacifica promossa da Stati Uniti e Giappone è in realtà una strategia di alleanza militare per contenere la Cina, mentre le strategie di India, Europa e Corea del Sud mirano a stabilire un ordine di libertà di navigazione e di commercio, che è un interesse contrario alla strategia di “contenimento”. Nella strategia indo-pacifica, non c’è alternativa alla consultazione e alla cooperazione con la Cina, e la chiave è lo Stretto di Taiwan. La causa principale della tensione militare nello Stretto di Taiwan è la questione dell’indipendenza di Taiwan. Affrontare questa questione in modo da rispettare il principio dell’Unicità della Cina può contribuire a ridurre le tensioni militari con la Cina.

M. L. : È possibile riunificare la penisola coreana e con quali mezzi?

S. Y-G: La lezione della guerra di Corea (1950-1953) è stata che né il Nord né il Sud potevano essere riunificati con la forza e che non si doveva tentare di nuovo. Da allora, la Repubblica di Corea ha abbandonato il principio della riunificazione forzata e ha invece adottato il principio della riunificazione pacifica nella Costituzione del giugno 1987. Per ottenere una riunificazione pacifica, l’attuale armistizio deve essere convertito in un accordo di pace.

Dopo il crollo dell’URSS e del sistema della Guerra Fredda nel 1991, la Corea del Sud ha stabilito relazioni diplomatiche con Russia e Cina. La Corea del Nord, invece, non ha relazioni diplomatiche con Stati Uniti e Giappone. Nel 1991 le due Coree hanno aderito contemporaneamente alle Nazioni Unite, diventando così due Stati riconosciuti dal diritto internazionale. Tuttavia, nessuna delle due riconosce l’altra sulla base del diritto interno. La legge sulla sicurezza nazionale della Corea del Sud considera la Corea del Nord un’entità sub-statale ed è severamente vietato visitarla o comunicare con essa. Anche solo parlare bene della Corea del Nord può essere perseguito come reato. Questa legge sulla sicurezza nazionale è oggetto di un acceso dibattito tra liberali e conservatori in Corea del Sud. La questione fondamentale per la riunificazione della Corea è la normalizzazione delle relazioni con la Corea del Nord. La Corea del Sud non ha firmato l’armistizio che ha posto fine alla guerra di Corea. Il presidente Syngman Rhee si oppose all’epoca. Le parti dell’armistizio erano la Corea del Nord, gli Stati Uniti e la Cina. Ci sono stati molti accordi di inviolabilità tra la Corea del Nord e la Corea del Sud, ma hanno un effetto limitato finché lo stato di guerra tra i due Paesi continua.

Sarebbe stato più facile risolvere la questione nucleare nordcoreana se le relazioni tra i due Stati fossero state normalizzate al momento della loro contemporanea ammissione alle Nazioni Unite nel 1991, quando il programma nucleare della Corea del Nord non esisteva. A quel tempo, la Corea del Nord si trovava in una posizione più vulnerabile a causa del crollo dell’Unione Sovietica. Gli aiuti economici dell’URSS e del blocco socialista erano stati interrotti. Nel 1994 iniziò la grande carestia che vide milioni di persone morire di fame. La Corea del Nord chiese di rimandare la normalizzazione delle relazioni con la Cina fino a quando non fossero state normalizzate le relazioni tra Corea del Nord e Stati Uniti. Ma Pechino rimase sorda e la Corea del Nord accelerò il suo programma nucleare per garantire il suo regime. Ciò ha portato alla crisi nucleare del 1994, che è degenerata fino all’orlo della guerra tra Corea del Nord e Corea del Sud. Fortunatamente, su suggerimento di Kim Dae-jung [3], l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter si recò a sorpresa a Pyongyang e tenne dei colloqui con Kim Il-sung; i negoziati tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti ebbero luogo e portarono all’accordo nucleare di Ginevra nel 1994. Tuttavia, sotto l’amministrazione Bush, l’accordo di Ginevra è stato costantemente criticato, il conflitto tra Stati Uniti e Corea del Nord si è intensificato e alla fine gli Stati Uniti hanno definito la Corea del Nord come un Paese dell'”asse del male”. Da allora ci sono stati nuovi tentativi, come l’accordo di denuclearizzazione del 19 settembre 2005, che però è fallito a causa del sequestro dei conti nordcoreani presso la Delta Bank, e la crisi nucleare si è aggravata quando la Corea del Nord ha effettuato il suo primo test nucleare nel 2006.

Sotto l’amministrazione Trump, nel 2018 si è tenuto a Singapore uno storico vertice. Per quanto io sia critico nei confronti delle politiche di Trump sul cambiamento climatico e su altre questioni, apprezzo la sua opposizione alla guerra in Iraq e i suoi tentativi di affrontare la questione nucleare nordcoreana con un vertice. Le politiche di pazienza strategica del Presidente Obama e del Presidente Biden sono in realtà molto più vicine alla soluzione del problema rispetto alla questione nucleare. La Corea del Nord potrebbe diventare un nuovo Vietnam. Grazie alla normalizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Corea del Nord, la Corea del Nord potrebbe diventare un Paese filoamericano e un freno all’espansione della Cina nel Pacifico. Ad oggi, la Corea del Nord non permette alle truppe russe o cinesi di stazionare sul suo territorio in nome dell’ideologia “Juche”. Inoltre, con il Trattato di Pechino del 1870, la Cina cedette dei territori alla Russia, tra cui le attuali Yanzhou e Vladivostok, suscitando ampie critiche da parte del popolo cinese per l’incompetenza del governo Qing. Il risultato fu che gli sbocchi della Cina sul Mar del Giappone e sull’Oceano Pacifico furono bloccati. La Cina ha quindi adottato una politica di affitto dei porti per accedere al mare e sta investendo nella strada per Najin in Corea del Nord. Tuttavia, la Corea del Nord non ha ancora aperto i porti di Najin e Qingjin alle navi russe e cinesi. Se lo facesse, avrebbe un forte impatto sulle strategie pacifiche di Stati Uniti e Giappone.

Soprattutto, le relazioni tra Corea del Nord e Stati Uniti devono essere normalizzate. Credo che l’unico modo per riunificare le due Coree sia il riconoscimento reciproco dei due regimi, l’espansione del commercio e il rafforzamento della cooperazione economica, seguendo la Sunshine Policy di riconciliazione e cooperazione tra le due Coree, attuata sotto Kim Dae-jung, Roh Moo-hyun e Moon Jae-in [4]. Come per la riunificazione tedesca, il cambiamento deve avvenire attraverso il riavvicinamento.

Traduzione dall’inglese al francese di Maxime Lefebvre.
Manoscritto completato a fine agosto 2023.
Copyright settembre 2023-Song Young-Gil-Lefebvre/Diploweb.com

https://www.diploweb.com/Comment-un-homme-politique-sud-coreen-percoit-il-les-grands-enjeux-geopolitiques-en-Asie-Entretien.html

SITREP 13/9/23: Venti di cambiamento, di SIMPLICIUS THE THINKER

SITREP 13/9/23: Venti di cambiamento

Cosa c’è in un nome?
Cominciamo oggi con un’angolazione interessante degli sviluppi globali in corso. L’assemblea del G20 in India è stata un momento spartiacque “silenzioso” che sarà ricordato come un’altra pietra miliare nella marcia ormai inesorabile verso il crollo dell’egemonia occidentale.

Per la prima volta l’India è tornata a usare il suo antico nome di Bharat, con Modi seduto dietro un cartello con il nuovo nome al vertice:

Si tratta di una potente mossa di decolonizzazione che segna l’ascesa di un mondo orientale e del “Sud globale” che si sta finalmente risvegliando in massa per ripudiare i legami con l’Occidente, sia fisici che psicologici e spirituali, che li hanno incatenati per così tanto tempo.

Nel 2014, il famoso yogi Sadhguru ha spiegato perfettamente il significato del fatto che l’India debba adottare il suo vero nome piuttosto che quello imposto dai colonizzatori:

“Quando qualcuno ti conquista, la prima cosa che fa è cambiarti il nome. Questa è la tecnologia del dominio, la tecnologia della schiavitù”.

Egli afferma che Bharat è un mantra di potere:

Alcuni detrattori, tuttavia, ritengono che il nuovo cambiamento di postura rappresenti una pericolosa svolta nel movimento nazionalista indù e possa scatenare repressioni contro le minoranze etniche.

Ma questo è un movimento più ampio di liberazione dei popoli di tutto il mondo, che finalmente assistono alla caduta dell’Occidente e non hanno più paura di abbracciare la propria storia, assumendo il controllo della propria agenzia e del proprio destino.

Tutto ciò avviene non molto tempo dopo che anche la Turchia si è liberata della sua patina occidentalizzata e si è dichiarata Türkiye, cambiando ufficialmente il nome del Paese.

Tutto questo avviene all’ombra della storica decolonizzazione che sta attraversando l’Africa, dove i Paesi francofoni in particolare si stanno opponendo una volta per tutte agli occupanti di un tempo. Questi cambiamenti segnano una svolta importante nella coscienza globale. L’Occidente non è mai sembrato più fragile, più “senza idee” per la futura leadership del mondo. Non è mai apparso così “dalla parte sbagliata della storia” come oggi, con il suo terrorismo economico assolutamente disumano e onnipresente, dove 1/4 o 1/3 dei Paesi del mondo sono attualmente sotto sanzione da parte degli Stati Uniti, per non parlare della sua ingegneria sociale ancora più disumana, che spinge vasti cambiamenti innaturali sul tessuto sociale dell’umanità nei modi più coercitivi possibili.

Questi spostamenti tettonici non sono sfuggiti ad alcuni dei pensatori più incisivi del mondo. Alexander Dugin è stato tra i primi a notare il cambiamento di mare. In un nuovo post, descrive la nuova “escatologia” del mondo emergente. Non sono un duginista incallito, di per sé, quindi posso solo supporre che stia usando il termine non in senso teologico ma piuttosto heideggeriano (era un seguace di Heidegger, dopotutto), ovvero l’escatologia come una sorta di destino manifesto dell’uomo, o vero essere. In breve, sta dicendo che i Paesi di tutto il mondo si stanno liberando delle facciate e dei falsi mantelli imposti in precedenza e stanno tornando alle loro radici, riabbracciando la loro essenza storica.

Dugin lo collega alla confutazione finale della fallacia di Francis Fukuyama, secondo cui la “fine della storia” sarebbe arrivata con la caduta dell’Unione Sovietica e il “liberalismo” sarebbe stato il tessuto escatologico finale per tutta l’umanità fino alla fine dei tempi. Ma il nuovo cambiamento globale rappresenta un risveglio delle culture più antiche del mondo, che hanno finalmente capito che il culto pseudo-religioso del “liberalismo” occidentale è in realtà un vicolo cieco.

Infine, per tornare dall’alto e dall’astratto agli sviluppi concreti sul campo, notiamo che l’altra grande scossa si è avuta quando l’Occidente, e gli Stati Uniti in particolare, hanno ricevuto un grosso schiaffo. in particolare, hanno ricevuto un grosso schiaffo quando l’intero G20 si è rifiutato di dichiarare il conflitto ucraino come “aggressione” da parte della Russia, definendolo una “guerra in Ucraina” piuttosto che una “guerra contro/contro l’Ucraina [da parte della Russia]”, con un netto distacco dal vertice di Bali del novembre dello scorso anno, dove la maggior parte dei Paesi aveva condannato l'”aggressione” della Russia.

Dalla BBC:

Nel tentativo di rafforzare la propria influenza, in particolare in Africa, l’Occidente ha invitato l’Unione Africana al G20 come membro permanente nella sua interezza, tutti i 55 membri. Ma il lustro semplicemente non c’era, dato che i leader del G20 si sono persino rifiutati di fare una foto di gruppo tra loro per la prima volta, secondo alcune fonti a causa della “presenza della delegazione russa”.

Un altro esempio di quanto poco sia rimasto all’Occidente al di là di stratagemmi disperati e comportamenti infantili.

In definitiva, questo analista russo ha descritto al meglio la situazione: nonostante Putin non fosse nemmeno presente, la Russia ha “vinto il G20”:

⚡️⚡️⚡️La seguente è un’opinione simile. Sergey Markov:La Russia ha vinto il vertice del G20 a Bharat India. La dichiarazione è stata adottata. In essa, la Russia e il Sud globale hanno imposto la loro formula all’Occidente collettivo. L’Occidente ha ceduto. L’Occidente voleva la frase “guerra della Russia contro l’Ucraina”. L’Occidente voleva che si sostenesse un accordo sul grano solo per l’accesso al grano dall’Ucraina. Ma nella dichiarazione, la formula è “grano sia dalla Federazione Russa che dall’Ucraina”. “Il Sud Globale ha sconfitto il Collettivo Occidentale in queste formule, perché il Sud Globale e la Russia sono diventati più forti e più consolidati. Hanno allargato i BRICS, e ora l’Occidente si sta arrendendo, se ne sta andando, rosicchiandosi la coda come un lupo ferito. A Bali c’è stata un anno fa “l’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina” ed è stata allora la nostra sconfitta. E ora la nostra formula è “guerra in Ucraina”. L’anno prossimo ci sarà la “SVO”? O la liberazione dell’Ucraina? ⚡️⚡️⚡️
Detto questo, è giusto dire che l’Ucraina non riceverà presto un invito:

Novità sulle armi
L’altra sezione che volevo trattare oggi riguarda specificamente alcuni degli ultimi aggiornamenti sullo sviluppo delle armi. Ci sono state una serie di notizie recenti particolarmente interessanti su questo argomento, quindi potremmo esplorarle tutte in una volta sola.

1. Una fonte russa ha annunciato che la Russia ha testato per la prima volta una versione Fab-1500 della bomba glide UMPC, che avrebbe colpito con precisione il bersaglio. Secondo quanto riferito, i Su-34 possono trasportare fino a 2 bombe di questo tipo.

FighterBomber (account collegato all’aeronautica militare russa) fornisce i dettagli sul perché ci sia voluto più tempo per sviluppare questa variante:

Dopo molti mesi di tentativi ed errori, un paio di giorni fa il primo UMPC FAB-1500 M54 ha trovato con precisione il suo bersaglio di combattimento con un colpo diretto.Il conto alla rovescia degli hohlofrags è iniziato! Per alcune ragioni, i progettisti non hanno potuto semplicemente aumentare gli UMPC utilizzati sui calibri da 500 e 250 kg e attaccarli al camion. Pertanto, possiamo dire che tutto è dovuto partire quasi da zero. Nuova cellula, nuovi meccanismi. Tutto è solido, ma tutto è nuovo. E alla fine tutto ha funzionato. Allo stesso tempo, sono stati in grado di aumentare la portata di sgancio di … volte rispetto agli UMPC di calibro inferiore. In altre parole, questo è il nostro UMPKashka a più lunga gittata che esista.

Con una precisione dichiarata di 5 metri, solo il cratere dell’esplosione della bomba raggiunge i quindici metri di diametro, e l’area colpita è di oltre due chilometri quadrati. Solo l’esplosivo di questa bomba è inferiore ai 700 kg, mentre il Su-34 trasporta e può già operare con due UMPC di questo tipo, e in futuro sarà in grado di operare con tre munizioni, su uno o più bersagli in un solo passaggio.C’è ancora molto da completare, molto da migliorare, da passare attraverso l’inevitabile processo di rimpicciolimento e scuotimento, ma il lavoro di combattimento di successo è iniziato in un’ora e mezza.Permettetemi di ricordare che le creste attualmente non hanno alcuna protezione contro gli UMPC. Sì, finora i casi di utilizzo di UMPC di questo tipo sono isolati, ce ne sono ancora pochi, ma credo che entro un mese l’industria organizzerà la loro produzione ai volumi calcolati e voleranno, proprio come volano oggi gli UMPC di calibri più modesti, fino a un centinaio al giorno in tutte le direzioni.E alla luce del fatto che recentemente gli UMPC hanno imparato a lanciare non solo i Su-34 e i Su-35 dell’ultima serie, ma anche i Su-34 della prima serie, credo che questa sia una grande notizia.Oh sì, e oggi voleranno in taxi. Forse proprio in quei secondi in cui state leggendo questo testo.
Si tratta di un affare enorme. Ricordiamo che in un recente articolo di Forbes l’AFU stessa ha ammesso che le nuove bombe plananti sono la singola arma che teme di più:

Il Fab-1500 ha un peso di 1500 kg rispetto ai 500 kg di quelli che attualmente utilizzano più comunemente gli attacchi UMPC “Orthodox JDAM”. Questo oltre al fatto che egli indica che il raggio d’azione di questa bomba è in realtà molto più ampio. Una bomba da 1500 kg ha una potenza enorme, con una testata esplosiva che credo si avvicini ai 700 kg.

La maggior parte dei missili da crociera ha testate di 450-500 kg, ad esempio. Questo sarebbe molto più potente di un grande missile da crociera, ma anche molto più economico da usare. È come avere un missile da crociera Kalibr “a disposizione” da usare quotidianamente in prima linea, per il supporto aereo ravvicinato e in altre situazioni, invece di doverli conservare come si fa attualmente con i costosi missili da crociera.

Se riusciranno a farlo funzionare in numero decente, potrebbe diventare l’arma più terrificante della guerra.

2. Un’altra grande notizia è arrivata con la rivelazione che la Russia ha usato per la prima volta il missile Kinzhal sparato da una piattaforma Su-34:

La ragione per cui questa è una notizia più importante di quanto sembri è che non solo apre un’enorme quantità di nuove piattaforme che possono utilizzare il missile, ma soprattutto permette alla Russia di “mascherare” l’uso del missile in modo molto più efficace.

Vedete, uno dei problemi principali dell’uso del Kinzhal finora è che, operando principalmente dalla piattaforma Mig-31, ha permesso agli Stati Uniti di tracciare potenziali attacchi in modo molto più efficace, dando all’Ucraina un preavviso che va contro l’intera etica di ciò che il Kinzhal dovrebbe rappresentare: vale a dire, attacchi decapitatori fulminei che eliminano la capacità di anticipare o difendersi da essi.

Ma poiché la Russia dispone di un numero limitato di Mig-31 che operano da un numero minore di campi d’aviazione designati, è molto più facile anticipare un imminente attacco Kinzhal quando si vede decollare uno dei Mig-31, cosa che gli Stati Uniti possono fare osservando solo i campi d’aviazione da cui operano, sia con una sorta di satellite che con osservatori a terra (è facile avere un agente che affitta un “appartamento” nelle vicinanze e che può letteralmente vederli decollare dalla sua finestra e riferirlo immediatamente). Ho appena letto questo rapporto di Rybar di circa un mese fa:

Si è verificata una situazione nota in cui il solo decollo di un Mig-31 manda in blocco l’intero Paese dell’Ucraina, che si aspetta un attacco Kinzhal a un qualche centro decisionale (dato che è l’unico tipo di obiettivo per cui un Kinzhal verrebbe normalmente usato).

Ma ora, se i Su-34 possono trasportare il missile, non c’è un modo reale per tracciarlo, perché operano da una gamma molto più ampia di campi, volando un numero molto maggiore di sortite in generale. Ciò significa che un attacco Kinzhal può avvenire in qualsiasi momento, in modo del tutto inaspettato, mettendo in guardia tutti gli obiettivi più sensibili dell’Ucraina.

3. A proposito di aerei e campi d’aviazione. Un curioso aggiornamento sulla saga degli “pneumatici”. Molti hanno riso dopo che la Russia ha apparentemente iniziato a posizionare pneumatici sulle fusoliere a terra di velivoli strategici come il Tu-95. Il tutto è culminato in una nuova foto che mostra come anche i Su-34 siano stati vittime della campagna di pneumatici:

La foto ha scatenato un vortice di risate e di scherno in tutta la rete:

Ma le polemiche si sono rapidamente placate dopo che è stato rivelato che i pneumatici non sono solo un disperato stratagemma per contrastare le granate lanciate dai droni, ma interferiscono con i satelliti SAR (Synthetic Aperture Radar) che scansionano i campi d’aviazione russi su base oraria:

Sembra che la Russia abbia usato ancora una volta l’economica “matita di legno” per sventare gli sforzi miliardari dell’Occidente.

Questo avviene dopo una serie di trucchi navali che la Russia continua a utilizzare per eludere il rilevamento OSINT occidentale delle sue navi, come la continua riverniciatura degli scafi delle navi per creare illusioni ottiche che ostacolano l’identificazione e il tracciamento accurato delle navi russe:

4. Ho scritto tempo fa di come gli Stati Uniti abbiano annunciato un’improvvisa e imminente cancellazione del programma F-22 poco dopo l’inizio dello SMO russo, leggendo chiaramente le foglie di tè del conflitto moderno e rendendosi conto di quanto vecchio e obsoleto fosse diventato il loro vantato “caccia stealth” alla luce della supremazia della difesa aerea russa.

Ora c’è stata un’altra inversione di rotta: questa volta sotto forma di annuncio che gli Stati Uniti cancelleranno il tanto atteso carro armato Abrams:

L’Esercito ha annunciato il 6 settembre che non aggiornerà più il suo vecchio carro armato principale Abrams e che costruirà invece un nuovo veicolo da combattimento.

L’Esercito chiuderà il progetto M1A2 System Enhancement Package versione 4 e svilupperà l’M1E3 Abrams, “che si concentrerà sul miglioramento delle capacità necessarie per combattere e vincere contro le future minacce sul campo di battaglia del 2040 e oltre”, si legge in un comunicato dell’Esercito.

La capacità operativa iniziale è prevista per l’inizio degli anni 2030.

Il Magg. Gen. Glenn Dean, ufficiale esecutivo del programma per i sistemi di combattimento terrestri, ha dichiarato: “La guerra in Ucraina ha evidenziato la necessità critica di protezioni integrate per i soldati, costruite dall’interno invece che aggiunte”.
Questo si aggiunge alla lista crescente di progetti statunitensi abbandonati per la consapevolezza di non poter competere sul campo di battaglia moderno. Per non parlare del fatto che, dopo la distruzione di 2 Challenger, la consegna degli Abrams all’Ucraina sarebbe di nuovo “misteriosamente ritardata”:

5. Tuttavia, gli Stati Uniti non sono gli unici a fare grandi cambiamenti dopo le “dure lezioni” dell’Ucraina. La Russia ha annunciato che i progetti precedenti per il tanto atteso Kurganets-25 non sono più adeguati e saranno riprogettati.

Come si può vedere, il Kurganets è un gigante rispetto ai vecchi modelli di BMP. Dopo aver visto come i colossi occidentali come il Bradley si sono comportati male in azione reale, la Russia sembra stia ridimensionando le cose e tornando a progetti più piccoli e snelli. È interessante notare che anche la decisione sull’Abrams ruotava intorno al desiderio di rendere la piattaforma molto più “leggera” e piccola per i “conflitti futuri”.

In breve: entrambe le parti stanno chiaramente identificando che le grandi armature non sono altro che un bersaglio facile per i moderni sistemi di rilevamento, le ATGM e gli elicotteri d’attacco.

Secondo quanto riferito, l’Armata sta anche ricevendo un aggiornamento dei suoi “sistemi elettronici” dopo l’esperienza nelle SMO e, secondo quanto riferito, inizierà la produzione di massa il prossimo anno.

6. L’elemento successivo è quello che potrebbe riguardare questi “aggiornamenti elettronici”. La Russia ha recentemente mostrato un nuovo sistema anti-drone da installare sui carri armati:

Secondo quanto riferito, sono già stati installati sui carri sul campo:

Quindi possiamo solo supporre che l’Armata sarà leggermente riprogettata per avere una sorta di sistema come questo incorporato in modo nativo. Ha già un sistema di difesa automatica contro RPG/ATGM e simili, ma non sono sicuro che sia stato progettato pensando ai droni che viaggiano molto più lentamente. Inoltre, non si vorrebbero sprecare colpi d’arma da fuoco contro i droni se invece è possibile bloccarli/zaparli.

7. ATACM:

Si dice che gli Stati Uniti siano orientati a inviare ATACM all’Ucraina nel prossimo futuro, in particolare quelli con testata a grappolo. Un’altra voce, tuttavia, sostiene che li abbiano già inviati segretamente di recente.

Come ricorderete, in un precedente reportage avevo pubblicato il video di un soldato russo in prima linea che raccontava di essere stato colpito da proiettili a grappolo settimane prima dell’annuncio ufficiale dell’invio di munizioni a grappolo all’Ucraina. Quindi è possibile che le ATACM siano già state consegnate.

Uno dei motivi per cui credo che si stia prendendo in considerazione questa possibilità è che la Russia ha chiuso tutte le vie d’attacco al ponte di Kerch. Il ponte strategico rimane l’unica vera possibilità per Kiev di ottenere una grande “vittoria” in un colpo solo. Circa una settimana fa, tre nuovi droni navali suicidi sono stati inviati verso Kerch, ma questa volta sono stati facilmente respinti dalle nuove difese predisposte dalla Russia, tra cui chiatte posizionate a intervalli regolari, navi affondate per creare ostruzioni e potenziali reti antimine, oltre che, presumibilmente, osservatori posizionati sulle chiatte.

Quindi ora l’unica possibilità dell’Ucraina di tentare di colpire il ponte potrebbe risiedere in questo sistema di missili balistici a lungo raggio, e questo potrebbe essere l’impulso dietro la loro disperazione per ottenerlo.

***
Passiamo agli ultimi aggiornamenti regolari e vari.

Ho voluto pubblicare un piccolo aggiornamento sulla guerra d’artiglieria come naturale estensione del grande sproloquio sull’artiglieria che ho fatto nell’ultimo rapporto.

Come sapete, quando arrivano nuove informazioni che corroborano una linea di condotta importante, mi piace aggiornarla per dare ai lettori dei dati complementari reali che dimostrino la mia tesi.

La mia posizione era che la Russia sta vincendo la guerra dell’artiglieria, nonostante le lamentele contrarie dei 6° colonnisti, sia per quanto riguarda il logoramento totale che per la semplice matematica di cose come il raggio d’azione.

Ecco un nuovo video che ho visto per caso di un artigliere russo che descrive un 2A65 Msta-B catturato. Egli afferma chiaramente che ha una gittata di 28 km; ricordiamo che l’M777 con proiettili di base ha una gittata di 23 km e spiccioli.

Non sarà una notizia rivoluzionaria, ma costituisce una delle prime chiare conferme da parte di veri artiglieri russi, piuttosto che affidarsi alle statistiche di wikipedia. Anche se il video mostra una versione catturata, il 2A65 è uno dei pezzi da campo più utilizzati in Russia, senza contare che utilizza lo stesso cannone del 2S19 Msta-S, il che significa che dovrebbero avere circa la stessa gittata.

A questo proposito, un nuovo post ucraino ci offre una visione unica della situazione:

👉 Ukrainian Post In relazione alla costante sconfitta del 2c4 “tulipan” e del 2c7 “peonia”, il nemico è costretto a compensare le perdite del 2c5 “giacinto-s”, che si riflette nella sua capacità di condurre combattimenti di contro-batteria. Se manteniamo il tasso di distruzione del 2c4 e del 2c7, così come dei punti di controllo UAV nemici, la nostra artiglieria si sentirà un po’ più libera e guadagnerà già un vantaggio non solo nella contro-batteria, ma anche come supporto alla fanteria.
Sostengono che la Russia sta perdendo i sistemi 2S4 Tulipan e 2S7 Peonie, ed è costretta a compensare con i sistemi 2S5 Giacinto-S. Ma notate cosa dice. Che solo continuando a distruggere questi sistemi l’artiglieria ucraina può ottenere un po’ di respiro per lavorare in controbatteria e sostenere la fanteria.

Il condizionale è “se” manteniamo questo logoramento, la nostra artiglieria sarà in grado di respirare più liberamente e sopravvivere alla guerra di controbatteria. E questo cosa vi dice?

Ricordate che l’ultima volta il 2S7M è proprio il sistema che ho indicato come la rovina di tutti i sistemi di artiglieria della NATO. Si tratta di una potenza di 203 mm che spara quasi 40 km senza proiettili non assistiti e ancora più lontano con quelli assistiti. L’AFU sta confermando che il 2S7 non li lascia respirare e che solo attutendoli ulteriormente (con droni, HIMAR, ecc.) la loro artiglieria potrà uscire dal nascondiglio ed essere efficace nel sostenere le truppe di prima linea.

Inoltre, si noti come egli affermi che se continueremo a distruggere i 2S7, “otterremo un vantaggio” nella guerra di controbatteria – questo presuppone chiaramente che essi non abbiano attualmente questo vantaggio.

In altre parole: conferma semplicemente tutto ciò che ho detto l’ultima volta. Purtroppo, nonostante la distruzione di alcuni sistemi russi di recente, l’AFU ha subito a sua volta un logoramento ancora peggiore dei propri sistemi, come questo nuovo Caesar francese:

Passiamo all’area delle potenziali mobilitazioni e delle disposizioni delle truppe. Ci sono state alcune nuove dichiarazioni interessanti e illuminanti su questo fronte.

In primo luogo, Putin ha ribadito e confermato le ultime notizie relative a 270 mila nuovi arruolamenti russi per quest’anno:

Il presidente della commissione Difesa della Duma di Stato, Kartapolov, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

🇷🇺⚔️🇺🇦 La Russia non ha bisogno di una nuova mobilitazione per la rotazione dei militari nella zona di operazioni militari speciali, afferma il presidente della commissione per la difesa. ➡️According presidente del Comitato per la Difesa della Duma di Stato, Andrey Kartapolov, ha già arruolato più di 200.000 militari a contratto, ed è attraverso di loro che verrà effettuata la rotazione del personale mobilitato nella zona di operazioni militari speciali. Oggi abbiamo più di 200.000 militari a contratto solo per quest’anno, quindi entro la fine dell’anno saranno praticamente uno a uno o forse anche di più”, ha spiegato il deputato.🇷🇺🇷🇺 Alla Duma di Stato si è parlato della rotazione dei militari a contratto a scapito dei mobilitatiIn Russia non è necessaria una nuova mobilitazione per ruotare il personale militare nella zona delle operazioni militari speciali. Ne ha parlato il presidente della commissione Difesa della Duma di Stato, Andrey Kartapolov. Secondo lui, i soldati a contratto saranno utilizzati per questo: “È per questo che sono stati reclutati”. Sono già stati reclutati più di 200 mila, e grazie a loro ci sarà una rotazione. Nell’ambito della mobilitazione parziale sono state reclutate 300.000 persone. Oggi, ci sono più di 200.000 militari sotto contratto solo per quest’anno, quindi entro la fine dell’anno sarà quasi uno a uno, e forse anche di più”, ha spiegato il deputato.
Questo è molto interessante perché, se ricordate, in precedenza avevo riferito che c’era una “voce” che Putin avrebbe usato i nuovi mobilitati solo per “ruotare” i 300 mila dello scorso settembre, parzialmente mobilitati, piuttosto che aggiungerli a una forza continua molto più grande.

C’è stato un grande mistero riguardo a cosa servano esattamente gli oltre 420 mila arruolati che la Russia prevede di avere entro la fine di quest’anno. Abbiamo ipotizzato che si trattasse di riserve per i nuovi distretti militari e corpi d’armata creati da Shoigu, e/o anche di nuove forze da aggiungere alle formazioni esistenti nell’SMO.

Ora, Kartapolov sembra aver confermato che lo scopo principale dei nuovi quadri è quello di far ruotare i 300.000 mobilitati in precedenza, convalidando apparentemente le voci precedenti. Ha detto che entro la fine dell’anno saranno più di “uno a uno”, il che significa che corrisponderanno ai 300 mila mobilitati l’anno scorso. La domanda principale è: cosa comporta esattamente questa “rotazione”? È temporanea o è una smobilitazione permanente dei numeri dell’anno scorso?

Mentre molti si opporranno con furore al pensiero di una smobilitazione permanente, a causa del desiderio della Russia di accumulare il maggior numero di uomini possibile per un enorme pugno di sfondamento che possa porre fine rapidamente alla SMO, mi sembra più probabile che gli uomini dell’anno scorso vengano smobilitati. Perché?

Perché: in primo luogo, le nuove reclute di quest’anno sono arruolate volontariamente. Cioè, sono entrati in un ufficio di reclutamento e hanno voluto entrare nelle SMO. I mobilitati dell’anno scorso sono tecnicamente arruolati contro la loro volontà, in una certa misura, quindi ha senso sostituirli con veri e propri militari a contratto pienamente disponibili.

Perché ho detto “tecnicamente” arruolati contro la loro volontà? È un po’ più complicato di così. La mobilitazione dello scorso anno è stata condotta attingendo al bacino dei riservisti russi. Tuttavia, quasi ogni maschio adulto in Russia è tecnicamente un riservista, almeno tutti quelli che hanno svolto il servizio di leva obbligatorio. Ma la mobilitazione ha richiamato solo i riservisti che appartenevano a una categoria speciale che si era specificamente riservata un futuro richiamo. Quindi, da un lato, sono effettivamente disposti a farlo, in quanto si sono offerti volontariamente di essere i riservisti in cima alla lista di richiamo. Ma in fin dei conti erano ancora riservisti che vivevano la loro vita normale e non avevano davvero “bisogno” che lo SMO arrivasse e li strappasse improvvisamente alle loro famiglie, al loro lavoro, alla loro vita, ecc.

Gli arruolati di quest’anno, invece, sono letteralmente entrati nell’ufficio di reclutamento con la piena intenzione di prestare servizio, quindi, come ho detto, ha senso che sostituiscano i mobiks che, in qualche modo, erano più che altro una misura d’emergenza “tappabuchi” per arginare le inaspettate perdite territoriali dell’offensiva di Kharkov/Kherson dell’anno scorso.

Non lo so per certo – c’è ancora la possibilità che questa “rotazione” comporti semplicemente l’invio dei mobiks in un lungo periodo di riposo, e poi forse la loro rotazione semplicemente verso le “retrovie” piuttosto che la loro completa smobilitazione e il loro ritorno alle loro vite precedenti. Sto solo dicendo che logicamente avrebbe senso se ciò accadesse. Tutto dipende da quanti uomini la Russia ritiene di avere bisogno per battere l’Ucraina, e questo dipende da quali sono i piani militari effettivi dello stato maggiore russo.

Se la Russia prevede che questo conflitto sarà a lungo termine, potrebbe semplicemente scegliere di continuare ad arruolare 30-45 mila uomini al mese, il che le permetterebbe di avere più di 500 mila uomini in più entro la fine del prossimo anno. Quindi, anche se smobilitassero tutti i mobik dell’anno scorso, alla fine otterrebbero comunque abbastanza uomini per conquistare l’Ucraina.

L’unica domanda è: chi sono esattamente questi arruolamenti? Se una gran parte di loro è costituita da persone che si arruolano per strada, con un addestramento precedente scarso, allora potrebbero aver bisogno di un lungo addestramento anche solo per essere trasferiti in un’unità di prima linea, per non parlare della capacità di compiere assalti offensivi. Ma come ho detto un’altra volta, pochi uomini russi non dovrebbero avere alcun addestramento, dal momento che nel Paese vige il servizio obbligatorio a 18 anni.

Da parte ucraina circolano ancora notizie secondo cui la Russia mobiliterà presto una sorta di nuova forza gigantesca:

Tuttavia, nello stesso articolo sopra citato, un rappresentante dell’intelligence militare ucraina di nome Vadym Skibitskyi afferma di dubitare che tale mobilitazione palese avrà luogo, dato che la Russia si appresta a sostenere le elezioni, e che la Russia continuerà invece le mobilitazioni segrete.

Skibitskyi è citato anche in un nuovo articolo di Bloomberg che riporta che la Russia ha 420.000 truppe totali in Ucraina, secondo questa direzione dell’intelligence militare.

Ricordiamo che è stato un thread in corso qui per dedurre il numero totale di truppe della Russia. Molti, come MacGregor, ritengono che la Russia abbia 700-800 mila uomini in totale. Io sono stato uno dei pochi a sostenere che il numero è molto più basso. L’ultima volta che ho fatto il calcolo in un rapporto, ho stimato che la Russia potrebbe avere meno di 370-450k forze o giù di lì. Questo si basa sul fatto che nel primo anno di guerra ne ha utilizzati solo meno di 100k, ne ha aggiunti altri 300k mobilitati, ma probabilmente ne ha persi 50-100k sia per le perdite che per la scadenza dei contratti o per coloro che hanno semplicemente lasciato il servizio.

Se a quanto sopra aggiungiamo il fatto che decine di migliaia di nuovi arruolati di quest’anno sono stati inviati al fronte piuttosto che inseriti nei nuovi corpi di Shoigu, allora possiamo arrivare a circa 400k, più o meno. Naturalmente ora ci sono 200-300k in riserva che possono entrare in qualsiasi momento, ma il numero di 420k citato nell’articolo afferma che si tratta del numero di partecipanti alla SMO.

Il fatto che il rappresentante dell’intelligence ucraina sia citato per dire che si tratta di un numero molto impressionante mi sembra indicare che il numero dell’Ucraina è simile se non inferiore, piuttosto che gli 800k-1M di truppe che Zelensky vorrebbe farci credere di avere attualmente.

E sulla questione della durata del conflitto, abbiamo le seguenti nuove dichiarazioni. Il generale di brigata tedesco Christian Freiding ha dichiarato di essere pronto a sostenere l’Ucraina fino al 2032:

Un’altra figura di spicco russa ha recentemente affermato che il conflitto durerà probabilmente altri 2-3 anni.

In un nuovo articolo del Washington Post, Fareed Zaharia afferma che a Kiev, dove ha scritto l’articolo, alcuni funzionari “senza nome” gli hanno detto tranquillamente che sarebbero disposti a prendere in considerazione un “cessate il fuoco temporaneo” in cambio di garanzie di sicurezza. Scrive anche che la perdita è diventata uno status quo accettato nella vita degli ucraini.

Non sta scherzando. Continuano ad arrivare numerosi video e storie sulle perdite dell’Ucraina. Qui il capo dei servizi medici ucraini ammette che le perdite sono “enormi”:

Putin riferisce che finora 71.000 ucraini sono stati uccisi nella controffensiva:

Inoltre, come notizia rialzista, Putin è sembrato indicare di essere pronto a un lungo conflitto piuttosto che alla capitolazione a un armistizio in stile Accordo di Khasavyurt, quando ha dichiarato, durante gli stessi colloqui del Forum Economico Orientale, che i colloqui di pace porterebbero solo al riarmo dell’Ucraina. Il fatto che segnali la sua comprensione di ciò è una notizia positiva.

Nel frattempo il Quarto Reich ucraino sta cominciando ad assomigliare al Terzo verso la fine della Seconda Guerra Mondiale:

Ecco un candido aggiornamento di un mercenario della British Foreign Legion sui progressi della guerra:

Un rappresentante dell’AFU della 47ª brigata “d’élite” ha raccontato con rabbia di aver subito 13 KIA (200) e 63 WIA (300) al giorno.

Se vogliamo estrapolare questo dato per un’offensiva di 90 giorni x 13 = 1.170 morti per quella brigata. E non sorprende che questo sia esattamente ciò che ho riportato qui, da un rapporto ufficiale che diceva che le perdite della 47ª erano “a 4 cifre”.

Estrapolando queste perdite di 13 KIA al giorno alle 10-15 brigate che operano solo sul fronte occidentale del Rabotino, aggiungendo poi i fronti di Donetsk/Bakhmut, Staryomayorsk e Kupyansk, si arriva facilmente a 500-1000 KIA al giorno.

La Russia, d’altra parte, ha subito la più bassa diffusione di KIA di tutta la guerra fino ad ora. Le ultime notizie da MediaZona, che segue meticolosamente i necrologi:

Mostra che per il mese di agosto, la Russia sta registrando una media di circa 70 vittime a settimana, mentre a settembre se ne registra una frazione. Si tratta di circa 10 vittime al giorno. Questo per le intere forze armate russe. L’Ucraina sta registrando più perdite da una sola brigata delle 50-70 rimaste. È una disparità sconcertante. Questo è il motivo per cui Putin ha detto onestamente che durante la “controffensiva” la Russia ha mantenuto un rapporto di uccisioni anche di molto superiore a 10:1.

I russi sono letteralmente seduti e sparano alle anatre in un barile mentre l’Ucraina attraversa infruttuosamente i campi aperti e viene annientata dall’artiglieria.

Le partite di prigionieri ucraini catturati sono sempre più numerose:

La settimana scorsa, infatti, è stato prelevato il lotto più grande degli ultimi mesi nei pressi di Klescheyevka:

Decine di prigionieri di guerra ucraini in una cattura sono stati portati via. Tanto che i sostenitori dell’UA, presi dal panico, hanno cercato di diffondere disinformazione sul fatto che si trattasse di prigionieri di guerra russi, dato che anche i canali ucraini avevano pubblicato il video. Sfortunatamente per loro, i principali canali ucraini hanno successivamente tolto il video dopo che è stato geolocalizzato e dimostrato che si trattava di forze russe che spostavano prigionieri di guerra ucraini nel territorio controllato dalla Russia:

Infatti, un nuovo rapporto afferma che la Russia ha di nuovo più di 18.000 prigionieri di guerra ucraini attualmente detenuti:

Il numero di prigionieri di guerra delle Forze armate ucraine nelle carceri e nelle colonie della RPD e della Federazione Russa si è avvicinato alla cifra di 18 mila… La Verkhovna Rada proibisce il loro scambio e il loro ritorno in patria, perché un tale numero di prigionieri direbbe che nelle Forze Armate non è tutto rose e fiori… Ebbene, gli Azov vengono scambiati all’istante, possono persino ricevere un Nobel…
Tanto che il nuovo portavoce dell’AFU ha dovuto emettere una smentita d’emergenza:

Scusa, “Sarah”, ma solo le repubbliche del Donbass ne avevano quasi la metà all’inizio del 2022.

E all’inizio di quest’anno, si dice Russia ne abbia avuti oltre 10.000:

Ogni giorno ne vengono scattati a frotte. Solo negli ultimi giorni, oltre ai video di cui sopra, abbiamo questo, e questo, e questo, e questo, e questo.

Ma nonostante tutto ciò, l’AFU continua ad avanzare un po’ alla volta, quindi non si può festeggiare troppo.

La Russia avrebbe costruito nuove trincee dietro la prima linea vicino a Verbove:

Questo nuovo servizio della CBS mostra quanto gli Stati Uniti continuino a coordinarsi quotidianamente con l’AFU. È assolutamente da vedere:

Si dice che gli attacchi russi abbiano già spazzato via il centro di comando di una brigata ucraina, basandosi sulla geolocalizzazione delle mappe mostrate nel video qui sopra.

Altri hanno sottolineato come le forze armate statunitensi ottengano la maggior parte delle loro informazioni da mappe “brOSINT” open source:

A quanto pare, questo è il Generale Milley che viene istruito su una mappa del terreno brOSINT piuttosto che su una vera mappa tattica. Ho lanciato l’allarme su questo punto molto presto nella guerra – che i responsabili delle decisioni degli Stati Uniti stavano per usare fonti OSINT spazzatura su Internet per prendere decisioni critiche, perché sono molto più convenienti che raccogliere e analizzare realmente l’intelligence all’interno. Ed eccoci qui, con il CJCS che viene informato su un prodotto di intelligence uscito dalla scatola nera di Internet.
Questo è un aspetto che è stato già sottolineato in precedenza come potenziale causa del disastro della controffensiva. Le forze armate statunitensi hanno usato pigramente OSINT open source amatoriali su Twitter per tracciare le fortificazioni russe della “linea Surovikin” e poi hanno aiutato l’Ucraina a pianificare un’intera offensiva sulla base di quei dati. Quando le prime colonne di corazzati ucraini hanno sfondato e si sono rese conto che il posizionamento reale delle fortificazioni era molto diverso dalle loro “mappe”, si è rapidamente trasformato in una catastrofe. Si dice che la Russia sapesse di utilizzare dati satellitari open source e collettori OSINT amatoriali, e che quindi abbia semplicemente creato nuove fortificazioni, obsoletizzando i dati più vecchi.

A proposito, il video qui sopra parla di campi minati. L’ultima volta ho detto che l’Ucraina ha fatto ricorso allo sminamento dei campi semplicemente con truppe d’assalto di carne. Probabilmente qualcuno ha pensato che si trattasse di una grossolana esagerazione a fini di effetto. Ora ci sono le prove.

Prima un video di un ufficiale geniere russo che descrive come si fa:

Ecco un nuovo video che mostra le squadre d’assalto ucraine che attraversano un campo minato e vengono fatte saltare in aria:

Questo è confermato da un nuovo rapporto dettagliato che rivela che l’Ucraina soffre di una carenza di massa di genieri capaci. Leggete la sezione sullo “sminamento dal vivo”: siamo quasi tornati ai tempi dei “biorobot” di Chernobyl:

Le Forze armate ucraine devono affrontare una carenza di genieri a Zaporozhye: l’analisi di Military ChronicleLa situazione per le truppe ucraine nel settore di Rabotino-Verbovoe è complicata per diversi motivi.In primo luogo, tutti i movimenti attivi delle unità ucraine sono limitati a un’area di 105-110 metri quadrati. km nel triangolo tra Novodanilovka, Orekhov e Malaya Tokmachka. In secondo luogo, i campi minati sono ancora un problema irrisolvibile per le unità delle Forze Armate ucraine. I sistemi di sminamento a distanza continuano a permettere alle Forze armate russe di complicare l’intera logistica delle forze di terra ucraine nell’area. È impossibile eliminare le barriere appena installate: i genieri militari regolari delle Forze armate ucraine vengono eliminati dai gruppi di ricognizione e dall’artiglieria delle Forze armate russe. È impossibile addestrare nuovi genieri e inviarli rapidamente sul campo di battaglia. Di conseguenza, le formazioni chiave dell’avanguardia delle Forze Armate ucraine in questa direzione, tra cui la 46ª Brigata d’assalto aviotrasportata, l’82ª Brigata d’assalto aviotrasportata e la 47ª Brigata di fanteria meccanizzata, hanno dovuto far fronte a una forte carenza di genieri. La situazione dello sminamento dei campi minati è parzialmente risolta attraverso il cosiddetto sminamento dal vivo, quando le reclute mobilitate vengono inviate in un’area offensiva inesplorata a bordo di pick-up. I genieri esperti rimasti a disposizione delle Forze armate ucraine lavorano spesso senza copertura di fuoco e senza equipaggiamento, motivo per cui muoiono rapidamente sotto il fuoco dell’artiglieria o durante le incursioni delle unità speciali delle Forze armate russe. L’intero vettore di attacco delle Forze armate ucraine in quest’area è costruito per aggirare le principali alture occupate dall’esercito russo. Di conseguenza, le truppe ucraine sono costrette ad avanzare in pianura (principalmente solo lungo la parte rimanente delle strade asfaltate), sotto il controllo del fuoco delle Forze Armate russe. A causa delle peculiarità del terreno e del sistema di sorveglianza ben costruito delle Forze Armate russe, qualsiasi attività delle truppe ucraine, compresi i tentativi di sminamento, viene rapidamente scoperta e fermata dalle truppe russe.
Passiamo agli ultimi elementi disparati.

Al Forum economico orientale, Putin ha raccontato la storia dell’incursione ucraina di sabotaggio nella regione russa di Bryansk, brutalmente fermata di recente dall’FSB. La cosa più degna di nota è che durante l’interrogatorio i sabotatori catturati hanno rivelato che avrebbero danneggiato la centrale nucleare russa bombardando le linee di trasmissione dell’energia che la alimentano:

Il video è un po’ grafico (18+), ma per chi volesse vedere le conseguenze del fallito raid transfrontaliero dell’AFU, con interrogatori improvvisati dell’FSB, può farlo qui Video Link.

Il prossimo:

Il sito ufficiale del Ministero della Difesa russo ha silenziosamente rimosso Surovikin come capo delle forze aerospaziali giorni fa:

Tuttavia, una nuova voce sostiene che al generale sia stata assegnata una sorta di cattedra nell’entroterra come capo di un comitato di coordinamento per la CSI:

☄️☄️☄️ SuInformation on line è apparso che il generale russo Surovikin è stato nominato capo del comitato di coordinamento per le questioni di difesa aerea sotto la consulenza del Ministero della Difesa della CSI.

Non ci sono conferme dirette, ma visto che le voci precedenti sulla sua sorte si sono rivelate veritiere, è molto probabile che questa sia fondata. Se fosse vero, si tratterebbe certamente di una sorta di retrocessione silenziosa e salva-faccia, con una notevole “clemenza” nei confronti delle sue presunte trasgressioni.

Il prossimo:

Un rapporto sul Challenger da Slavyangrad:

Il carro armato Challenger 2 si è rivelato difettoso; la sua corazza frontale si è staccataCome dimostrato dalle operazioni di combattimento nella zona del Distretto militare settentrionale, la qualità dei carri armati britannici Challenger 2, due unità dei quali sono state distrutte dagli ATGM russi Kornet, lascia molto a desiderare.Il primo dei carri armati distrutti, come scrivono sui social network e sui forum, aveva la piastra anteriore dello sponson dello scafo strappata. Inoltre, un’esplosione interna di munizioni ha strappato una torretta di diverse tonnellate. E tutto questo per un veicolo da combattimento che per molti anni è stato presentato come lo standard di sicurezza. In realtà, si è scoperto che non ha praticamente alcun vantaggio rispetto alla generazione precedente.Attualmente, delle 14 unità consegnate, ne rimangono 12 e non sono previste consegne future. Su Internet ci sono già battute che chiamano i carri armati rimanenti “i dodici amici di Zeloushen”.
La cosa interessante è che nel  video del comandante della squadra ATGM che ha distrutto il Challenger, si dice che il carro armato fa un tipo speciale di “fuoco” con molte scintille. Quando la Russia ha colpito Khlemnitsky con un attacco massiccio mesi fa, se ricordate, c’erano molte cose “scintillanti” nell’aria e segnalazioni di grandi aumenti nel fondo di radiazioni, perché si diceva che il deposito ospitasse una grande quantità di munizioni britanniche DU.

Ora ha senso che i soldati abbiano assistito a strani scintillii dovuti alle esplosioni del Challenger. Dopo tutto, il carro armato ha una canna rigata unica che non può utilizzare le stesse munizioni degli altri carri armati occidentali, quindi è molto probabile che fosse pieno di DU fornito dagli inglesi. Ma non preoccupatevi, il sempre incorruttibile Rafael Grossi dell’AIEA non vede nulla di male nel DU:

Il capo dell’esercito britannico, da parte sua, si è sentito “emozionato” quando il Challenger è stato distrutto:

Che tristezza!

Infine, al momento in cui scriviamo, Kim Jong Un è finalmente arrivato in Russia e si sta incontrando con Putin al Cosmodromo di Vostochny, nell’Estremo Oriente russo:


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L’espansione dei BRICS e la battaglia per il nuovo ordine mondiale, di ROBERTO IANNUZZI

L’espansione dei BRICS e la battaglia per il nuovo ordine mondiale

L’ascesa dei BRICS, confermata dal recente vertice di Johannesburg, è impressionante, ma il nascente mondo multipolare sarà all’insegna dell’incertezza.

8 SET 2023
Il logo dei BRICS (Wikimedia CommonsCC BY-SA 4.0)

Il vertice dei BRICS, recentemente tenutosi a Johannesburg in Sudafrica, ha attirato grande interesse a livello globale, ed in particolare in Occidente, nel teso contesto internazionale che ha visto il cosiddetto “Sud del mondo” in gran parte dissociarsi dai paesi occidentali sul conflitto tra Russia e Ucraina, e la competizione economica fra USA e Cina inasprirsi fino a divenire un’aperta contrapposizione geopolitica.

Sullo sfondo della crisi del sistema internazionale che si protrae almeno dal tracollo finanziario americano del 2008, molti paesi del “Sud del mondo” (una definizione imperfetta che racchiude gli stati non appartenenti al blocco occidentale) ritengono urgente una riforma dell’ordine globale a guida USA, considerato un residuo della Guerra Fredda discriminatorio e non rappresentativo dell’attuale realtà mondiale.

Alla luce di queste tensioni, l’Occidente ha cominciato a guardare ai BRICS (in realtà un’organizzazione abbastanza informale, che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) attraverso la lente della competizione con Cina e Russia.

Al vertice di Johannesburg, la presidenza dei BRICS ha annunciato l’imminente ingresso di ben sei nuovi membri nell’organizzazione: Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti (EAU), Etiopia e Iran. Essi aderiranno ufficialmente al gruppo il 1° gennaio del 2024.

Soprattutto in Occidente, molti hanno visto l’annuncio come una mossa finalizzata a permettere ai BRICS di competere con raggruppamenti occidentali come il G7 o con istituzioni finanziarie internazionali (dominate dall’Occidente) come la Banca Mondiale.

L’espansione dei BRICS ha un notevole valore simbolico. Per i sostenitori del gruppo, il suo rafforzamento potrà dare una spinta al tentativo di riformare l’ordine mondiale, contribuendo a definire i contenuti del nuovo sistema e avanzando la causa del multilateralismo.

Uno schieramento dei BRICS più forte – si augurano i suoi sostenitori – favorirà la nascita di una nuova architettura finanziaria globale, dedollarizando l’economia internazionale e spuntando l’arma occidentale delle sanzioni.

Potenziale ostacolo al raggiungimento di tali obiettivi è la natura eterogenea del raggruppamento, ulteriormente accentuata dalla recente espansione, e le posizioni divergenti dei suoi membri su svariate questioni, prima fra tutte il rapporto con l’Occidente.

Una formidabile potenza economica

I BRICS hanno già sorpassato le economie “avanzate” del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, e Stati Uniti) in termini di contributo al PIL mondiale. Essi determinano circa un terzo dell’attività economica globale (a parità di potere d’acquisto), mentre l’apporto del G7, in continuo calo dagli anni ’70 del secolo scorso, è oggi sceso al 30%. I due raggruppamenti seguono dunque traiettorie economiche divergenti.

Andamento del PIL dei BRICS e del G7 a confronto (Screenshot, Visual Capitalist)

Con i nuovi membri, il partenariato dei BRICS (che ora alcuni indicano con l’acronimo BRICS+) arriverà a comprendere il 47,3% della popolazione mondiale, contro il mero 10% rappresentato dal G7.

I BRICS+ costituiscono anche un formidabile raggruppamento energetico. Iran, Arabia Saudita ed EAU (membri dell’OPEC), insieme alla Russia (un membro chiave dell’OPEC+), producono 26,3 milioni di barili al giorno, quasi il 30% della produzione mondiale.

Oltre ad includere alcuni fra i maggiori esportatori di petrolio e gas, i BRICS+ comprendono anche due dei maggiori importatori, Cina e India. Produttori e consumatori presenti in questo gruppo hanno un interesse condiviso a creare meccanismi per scambiare le materie prime al di fuori della portata del settore finanziario del G7 e dei suoi sistemi sanzionatori.

Sia Cina che India ed Arabia Saudita si sono opposte all’imposizione di un tetto al prezzo del petrolio, avanzata dai paesi occidentali per colpire la Russia.

Con l’ingresso dei nuovi membri, il BRICS allargato avrà inoltre il controllo sul 72% delle terre rare a livello mondiale (includendo tre dei cinque paesi con le maggiori riserve), sul 75% del manganese, sul 50% della grafite, e sul 28% del nickel – ovvero su molti dei minerali essenziali per la transizione energetica e la cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”.

Questo schieramento esteso di paesi potrà investire in progetti e luoghi finora trascurati o esclusi dall’Occidente, come ad esempio l’Iran che possiede quantità significative di minerali strategici, fra cui le maggiori riserve mondiali di zinco e il secondo maggior giacimento di rame.

Nuovi membri, aspiranti candidati, e criteri di adesione

Oltre quaranta paesi hanno manifestato interesse ad aderire ai BRICS, di cui ventitré hanno fatto esplicita richiesta di adesione prima del vertice di Johannesburg (fra essi anche sette delle tredici nazioni che compongono l’OPEC). Rimangono in lista d’attesa paesi come Algeria, Indonesia, Kazakistan, Messico, Nigeria, Turchia ed altri.

BRICS, membri e aspiranti candidati. Blu: stati membri; Azzurro: nuovi membri; Arancione: candidati; Giallo: manifestazione di interesse ( By MathSquare – Author: Dmitry Averin (Дмитрий-5-Аверин), CC BY-SA 3.0)

Data la natura alquanto informale del raggruppamento dei BRICS, non vi erano specifici criteri di adesione. E’ stato perciò necessario stabilire dei parametri e delle procedure. Ma essenzialmente i sei nuovi membri sono stati selezionati attraverso negoziati diretti e decisioni ad hoc, in particolare cercando di conciliare l’approccio più entusiastico della Cina con quello più cauto di India e Brasile.

A giudicare dalle testimonianze, la discussione è stata lunga e tutt’altro che facile.

L’adesione di diversi paesi mediorientali testimonia non soltanto l’interesse del gruppo nei confronti di una regione strategica per le risorse energetiche e le rotte commerciali. E’ anche un’ulteriore conferma dell’intenzione della Cina di rafforzare il suo ruolo regionale dopo che la sua mediazione diplomatica ha favorito il riavvicinamento fra Arabia Saudita e Iran.

Anche grazie a questo riavvicinamento è stata possibile l’inclusione di Teheran, che altrimenti sarebbe forse risultata troppo controversa.

Il peso economico di Arabia Saudita ed EAU potrà essere utile per sostenere la New Development Bank (NDB), istituto fondato dai BRICS per finanziare progetti infrastrutturali e di sviluppo nei paesi membri.

Con la Cina in ascesa e l’Occidente in declino, paesi come Arabia Saudita, EAU ed Egitto, che tuttora subordinano la loro sicurezza ad accordi militari con Washington, hanno puntato a diversificare le proprie scelte di politica estera ed economica entrando nei BRICS.

Integrazione energetica e commerciale

Dal canto loro, i BRICS mirano non solo ad assicurarsi le fonti energetiche, ma anche a controllare le rotte che ne consentono la fruizione. La Belt and Road Initiative cinese (la cosiddetta “nuova via della seta”) ha già creato una rete di snodi energetici e commerciali che collegano il “Sud globale” sfruttando in particolare i porti degli EAU.

L’adesione dell’Egitto non solo introduce nel gruppo la seconda economia dell’Africa e un importante membro dell’Unione Africana, ma anche il paese che controlla lo strategico Canale di Suez.

L’inclusione di Teheran è rilevante soprattutto per la Russia, integrando nelle reti commerciali dei BRICS l’International North–South Transport Corridor (INSTC), corridoio logistico che consente a Mosca di esportare i propri beni verso l’Asia e l’Africa attraverso l’Iran, bypassando il Baltico, il Mar Nero e il Canale di Suez.

L’INSTC (in rosso) e la rotta tradizionale attraverso il Canale di Suez (in blu) (Public Domain)

L’interconnettività e lo sviluppo infrastrutturale dei BRICS costituiranno i temi chiave della presidenza russa del gruppo nel 2024. Il presidente russo Putin intende creare una commissione dei BRICS per i trasporti finalizzata alla creazione di arterie di transito a livello dell’Eurasia e globale.

Altro obiettivo della presidenza russa sarà quello di creare un’Agenzia energetica del gruppo finalizzata ad una maggiore cooperazione dei paesi membri nella definizione degli obiettivi di produzione e dei prezzi energetici.

Le sfide dell’allargamento

Dal canto suo, l’Iran vede l’adesione ai BRICS come un modo per attenuare il peso delle sanzioni occidentali che hanno soffocato la sua economia. La prospettiva che gli scambi commerciali all’interno del gruppo vengano condotti nelle valute nazionali, e quella (più lontana) di una “valuta dei BRICS”, promettono importanti vantaggi a Teheran sotto questo profilo.

L’adesione dell’Etiopia consente ai BRICS di integrare nel gruppo un altro importante paese africano assieme all’Egitto. L’Etiopia è il secondo stato più popoloso dell’Africa ed una delle economie emergenti del continente. Essa occupa una posizione strategica nel Corno d’Africa ed ospita la sede dell’Unione Africana.

Infine vi è l’Argentina, che è stata accolta in quanto importante rappresentante dell’America Latina (e unico nuovo membro dell’emisfero occidentale). L’ingresso di questo paese rappresenta però anche una sfida per i BRICS a causa del suo dissesto economico e della sua valuta in caduta libera.

L’Argentina è la nazione più indebitata con il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Inoltre, se il candidato di estrema destra Javier Milei dovesse vincere le elezioni presidenziali di ottobre, ha già promesso di spezzare i legami con la Cina e di riorientare l’Argentina verso l’Occidente – cosa che potrebbe implicare una rinuncia all’adesione ai BRICS.

Potenziali problemi per i BRICS potrebbero emergere anche dall’ingresso di Egitto ed Etiopia. Il primo attraversa una grave crisi economica. Dopo lo scoppio del conflitto ucraino, la valuta egiziana ha perso più del 50% del suo valore mentre l’inflazione ha raggiunto il 36% lo scorso giugno.

L’Etiopia, dal canto suo, deve riprendersi da due anni di devastante guerra civile che ha coinvolto soprattutto la regione settentrionale del Tigray.

E’ importante ricordare anche che esistono annose tensioni fra alcuni dei nuovi membri che i BRICS si apprestano ad accogliere. Abbiamo già ricordato il caso di Iran e Arabia Saudita, che hanno solo da poco riallacciato i rapporti diplomatici grazie alla mediazione cinese. Vi è poi il teso rapporto fra Egitto ed Etiopia a causa della Grand Ethiopian Renaissance Dam, la gigantesca diga sul Nilo Blu che secondo il Cairo rischia di minacciare la sicurezza idrica egiziana.

Sarà interessante vedere se i BRICS rappresenteranno un forum in grado di contenere ed eventualmente risolvere queste tensioni.

Un raggruppamento molto eterogeneo

Complessivamente, tuttavia, tra democrazie vere o presunte (Argentina ed Etiopia), una repubblica autocratica (Egitto), due monarchie (Arabia Saudita ed EAU), ed una teocrazia (Iran), il diversificato schieramento di paesi che si appresta ad entrare nei BRICS è destinato a rendere il gruppo ancor più eterogeneo.

Come ha confermato lo stesso presidente brasiliano Lula da Silva, il criterio di scelta principale nel selezionare i nuovi membri non è stata la loro forma di governo ma il loro rispettivo peso geopolitico.

Quando nel 2009, su iniziativa russa, si tenne a Yekaterinburg il primo vertice dei BRIC (allora ancora privi del Sudafrica, che avrebbe aderito l’anno successivo), vi era un criterio, sebbene non scritto, ad unire i quattro membri del nuovo raggruppamento: quello della piena sovranità, ovvero della capacità di perseguire una politica estera ed economica indipendente.

Il variegato insieme di paesi che sono stati scelti come nuovi membri non risponde pienamente a questo criterio. Da ciò segue – osserva il noto analista russo Fyodor Lukyanov – che i leader dei BRICS, approvando questo allargamento, hanno preferito il principio di diversificazione a quello del consolidamento dell’organizzazione.

Se già in precedenza i BRICS erano un raggruppamento che mancava di un definito meccanismo istituzionale, con la sua espansione a undici membri che hanno visioni spesso divergenti, la creazione di un simile meccanismo appare ancor più lontana.

In realtà, fin dall’inizio i BRICS erano un insieme di paesi con visioni differenti, in particolare riguardo agli Stati Uniti. In contrasto con Russia e Cina, che cercano di riformulare l’ordine globale a guida USA, India e Brasile hanno adottato posizioni più neutrali, e talvolta, soprattutto nel caso indiano, di cooperazione con Washington.

Per l’India, la vicina Cina non è soltanto un competitore economico ma anche un paese con cui i rapporti sono guastati da serie dispute territoriali. Nuova Delhi è invece un partner di Washington all’interno del   Quadrilateral Security Dialogue (Quad), raggruppamento nell’Indopacifico che include anche Giappone ed Australia, a cui gli USA hanno cercato di dare nuovo impulso a seguito della loro crescente rivalità con Pechino.

Né con l’Occidente né contro di esso

Come abbiamo visto, sono molteplici anche le motivazioni che hanno indotto i nuovi membri ad aderire ai BRICS. Un paese come l’Iran è spinto dalla speranza che il suo ingresso nel raggruppamento contribuisca ad alleviare il fardello delle sanzioni (un problema peraltro condiviso anche dalla Russia, e in misura minore dalla Cina) ed a contenere l’egemonia occidentale.

Produttori energetici come l’Arabia Saudita e gli EAU, dotati di ingenti risorse finanziarie, sono motivati dal desiderio di allargare la platea dei propri partner e di diversificare i propri investimenti, ma non hanno interesse a trasformare i BRICS in uno schieramento antioccidentale.

I leader di questi paesi hanno messo in chiaro che non intendono “scegliere” fra Oriente e Occidente, ma fare affari con tutti.

Infine, paesi come Argentina, Egitto ed Etiopia si augurano che l’ingresso nei BRICS possa alleviare le loro difficoltà economiche, anche attraverso la possibilità di accedere ai finanziamenti della NDB, la quale non applica condizionalità come invece fanno la Banca Mondiale e l’FMI. Ma neanche loro sono marcatamente ostili all’Occidente.

Dunque i BRICS+ difficilmente avranno un orientamento spiccatamente antioccidentale, ma piuttosto saranno un insieme di paesi intenzionati a scegliere i propri partner a seconda delle proprie esigenze politiche ed economiche del momento.

Tuttavia, benché il raggruppamento dei BRICS non costituirà mai un’alleanza politica, un forum di paesi determinati ad estendere uno spazio di azione indipendente all’interno dell’attuale sistema internazionale è di per sé in grado di favorire dei cambiamenti importanti – sostiene Lukyanov.

Anche per paesi in aperto conflitto con l’Occidente, come Russia e Iran, il mero ampliamento di uno spazio indipendente nel panorama internazionale, composto da paesi che interagiscono fra loro al di fuori del sistema occidentale di incentivi e sanzioni, è una prospettiva augurabile e in armonia con i loro interessi.

Riformare le istituzioni internazionali, non smantellarle

Conseguentemente, i BRICS non hanno fra i loro principali obiettivi quello di smantellare le istituzioni dell’attuale ordine internazionale, come il WTO, la Banca Mondiale e l’FMI.

Anche nella dichiarazione conclusiva del vertice di Johannesburg, i paesi membri hanno ribadito il loro appoggio ad un sistema commerciale multilaterale ed inclusivo che sia “incentrato sul WTO”.

La dichiarazione ha anche espresso l’approvazione dei paesi membri per una rete di sicurezza finanziaria globale che abbia al proprio centro “un FMI adeguatamente finanziato e basato su quote”.

L’agenda dei BRICS segue dunque due binari paralleli.

Il primo consiste nel cercare di acquisire maggiore influenza e capacità di controllo sulle istituzioni internazionali finora dominate dall’Occidente (ad esempio attraverso la riforma delle quote dell’FMI, e la riorganizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU).

Il secondo sta nel rafforzare proprie istituzioni parallele, come la NDB, alle quali ricorrere laddove le istituzioni consolidate dell’ordine globale non rispondano alle loro aspirazioni e ai loro interessi.

Da ciò si deduce che i BRICS, i quali ovviamente non rappresentano un’alternativa al sistema capitalistico, non incarnano neanche una sfida frontale all’egemonia americana ed occidentale, ma più modestamente il tentativo di ridurre le disparità e gli squilibri dell’attuale ordine.

Dedollarizzazione sì o no?

E’ in questo contesto che si inserisce il dibattito sull’impulso alla dedollarizzazione del sistema finanziario internazionale che i BRICS potrebbero imprimere.

Paesi direttamente sottoposti alle sanzioni americane, come Russia e Iran, certamente sono i primi a voler porre fine alla dipendenza dal dollaro.

Il desiderio di emanciparsi dalla valuta statunitense, e dal fardello che l’indebitamento in dollari comporta (basti pensare all’effetto disastroso che ogni rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Federal Reserve americana ha sulle economie dei paesi emergenti), è però generalmente diffuso fra vecchi e nuovi membri del gruppo.

Malgrado ciò, la prospettiva di una valuta di riserva comune dei BRICS non sembra al momento imminente.

Perfino se i membri del raggruppamento fossero geopoliticamente allineati, l’adozione di una valuta comune presenterebbe una serie di problemi, già messi in evidenza dalla natura zoppicante dell’euro: l’esigenza di una convergenza macroeconomica, la scelta di un meccanismo di cambio, la creazione di un sistema di pagamenti e di compensazione multilaterale che sia efficiente, la necessità di disporre di mercati finanziari caratterizzati da liquidità e stabilità.

Una possibile alternativa sarebbe quella di adottare il renminbi cinese come valuta comune dei BRICS. Ma la valuta di Pechino non è sufficientemente convertibile, e non dispone di un mercato finanziario abbastanza liquido. La Cina adotta ancora un regime di controllo dei capitali, a cui non sembra intenzionata a rinunciare. E paesi come l’India non accetterebbero il renminbi come valuta comune per paura di concedere a Pechino un ruolo troppo dominante.

E’ per questa ragione che il vertice di Johannesburg non si è concentrato su una potenziale valuta dei BRICS, ma sulla decisione di promuovere l’impiego delle valute nazionali nelle transazioni transfrontaliere – un fenomeno già in atto da tempo.

Sebbene Cina e India abbiano interessi di sicurezza divergenti, entrambe traggono beneficio da un aumentato ricorso alle valute locali. L’Arabia Saudita, dal canto suo, sta esaminando la possibilità di ricorrere al renminbi per regolare le transazioni petrolifere con Pechino. Nuova Delhi sta invitando molti paesi a intrattenere transazioni commerciali in rupie. Il mese scorso, l’India ha effettuato il suo primo pagamento petrolifero in rupie agli EAU.

Tuttavia, per due paesi ha senso commerciare nelle rispettive valute nazionali (non pienamente convertibili) solo se il saldo commerciale fra essi è più o meno in equilibrio.

A titolo di esempio, la Russia ha recentemente venduto ingenti quantità di petrolio all’India, la quale ha pagato Mosca in rupie. Ma siccome Nuova Delhi esporta in Russia molto meno di quanto importi da essa, Mosca si trova con una grossa somma di rupie che non sa come spendere o convertire, potendo utilizzarle solo per acquistare prodotti dell’India.

A questo problema potrebbe ovviare solo l’introduzione di una valuta comune per l’intero raggruppamento dei BRICS.

Il lento declino del dollaro

Sebbene i volumi commerciali fra i paesi BRICS non siano al momento sufficienti a sostenere una simile soluzione, le cose potrebbero cambiare con un ulteriore allargamento del raggruppamento ad altri paesi.

In tale contesto, si potrebbe passare da sistemi di compensazione bilaterali (che hanno i limiti appena esposti) ad un sistema di compensazione multilaterale, ed infine ad una valuta comune.

In un simile scenario, alcuni ipotizzano la creazione di una valuta condivisa che verrebbe utilizzata solo nelle transazioni fra gli stati membri, mentre i cittadini dei singoli paesi continuerebbero ad impiegare le proprie valute nazionali.

Un ulteriore allargamento dei BRICS tuttavia presenta sfide di altra natura, legate agli interessi eccessivamente divergenti che un numero troppo esteso di paesi potrebbe determinare, mettendo a rischio la coesione del gruppo.

Per queste ragioni, il dollaro è destinato a rimanere ancora per diversi anni la valuta dominante a livello internazionale.

Il biglietto verde comincerà a perdere sensibilmente potere nel momento in cui i prezzi di gas e petrolio non saranno più fissati in dollari. Ed è questa probabilmente una delle principali considerazioni che hanno spinto i membri fondatori ad includere nei BRICS l’Arabia Saudita, l’Iran e gli EAU. Tuttavia, Riyadh e Abu Dhabi hanno ancora un legame abbastanza stretto con Washington.

Dunque sul medio periodo, piuttosto che una singola alternativa al dollaro, emergeranno probabilmente blocchi regionali di valute, mutevoli e porosi, fondati su scambi commerciali bilaterali e multilaterali, accompagnati da una lenta perdita di influenza da parte del biglietto verde.

Un caotico mondo multipolare

Il nascente mondo multipolare sarà quindi, ancora per anni, segnato dal disordine e dall’incertezza. Esso sarà caratterizzato da alleanze variabili e da paesi – le cosiddette “medie potenze” – che cercheranno di giostrarsi fra tali alleanze senza aderirvi pienamente, mantenendo una posizione “non-allineata”.

Si è parlato a tale proposito di swing states (paesi “oscillanti fra i vari schieramenti) e di mondo à la carte.

Raggruppamenti come i BRICS e il G20 (più vicino agli USA) competeranno fra loro per assicurarsi la lealtà dei paesi in via di sviluppo.

Per diverso tempo i paesi emergenti continueranno ancora a dipendere dal loro debito denominato in dollari, e persino istituzioni finanziarie dei BRICS come la NDB (finché saranno legate all’impiego della valuta americana) resteranno potenzialmente esposte alle sanzioni secondarie di Washington.

Mentre la Cina rimarrà al centro delle catene di fornitura, e dunque del sistema produttivo mondiale, gli USA, più deboli dal punto di vista industriale, resteranno però almeno per qualche tempo al centro di forti alleanze geopolitiche nell’Atlantico e nel Pacifico.

La debolezza del sistema americano sta però nel fatto che, per molti alleati degli USA, sarà virtualmente impossibile sganciarsi dalle catene di fornitura e dai nodi di produzione legati alla Cina, se non vorranno andare incontro ad un repentino declino industriale e tecnologico.

In assenza di alternative industriali e di sviluppo, un’eccessiva fedeltà agli USA impedirà agli alleati di Washington di accedere alle reti produttive più avanzate e ai prodotti più competitivi, ed allo stesso tempo a rinunciare ad importanti mercati di esportazione.

La divergenza fra interessi economici e fedeltà politiche creerà tensioni e fratture che caratterizzeranno la transizione verso il nuovo ordine multipolare, e che sono destinate ad accrescere il rischio geopolitico e la possibilità di conflitti.

https://robertoiannuzzi.substack.com/p/lespansione-dei-brics-e-la-battaglia?utm_source=post-email-title&publication_id=727180&post_id=136847064&isFreemail=true&r=9fiuo&utm_medium=email

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Russia, Ucraina Il conflitto per immagini 10a puntata con Max Bonelli

Il conflitto Russo-Ucraino, ad essere precisi NATO/Russia, con la disperata controffensiva ucraina, ormai in fase di esaurimento, ha raggiunto livelli disastrosi di spargimento di sangue. I casi di formazioni disposte ad arrendersi per disperazione o per svilimento si moltiplicano. In repertorio una serie di immagini commentate. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

 

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Rompere i legami con la Russia e puntare sulla Francia, di Drago Bosnic

La NATO, nella fattispecie soprattutto l’attuale leadership statunitense, riesce a trovare nuovi aspiranti suicidi, abbacinati dalle lusinghe e dall’incapacità di risolvere i contenziosi riemersi con l’implosione della Unione Sovietica. Il serbatoio dell’Ucraina è in via di esaurimento. E’ la volta della Armenia, non ostante l’esistenza di una opposizione interna ancora attiva. Folle festanti hanno accolto i leader statunitensi che si sono avvicendati nella veste di salvatori in Armenia. Il prodromo di una tragedia che investirà un altro popolo ai confini della Russia, ma anche della Turchia, poco consapevole dell’estremo sacrificio al quale sarà chiamato in nome di disegni geopolitici ostili alla Russia, ma che rischiano di rinsaldare paradossalmente il sodalizio circospetto di questa con la Turchia e con l’Iran. Il regime iraniano, del resto, alleato sino ad ora dell’Armenia, ha ammonito severamente il governo armeno a non consentire l’ingresso della NATO nell’area caucasica. La Francia, a sua volta, ambisce ad assumere un ruolo attivo nella regione. Potrà esercitarlo, ma a costo di un ulteriore asservimento. “Armiamovi e partite” sarà il motto rimasticato e la lezione che si fatica ad apprendere. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Rompere i legami con la Russia e puntare sulla Francia

Drago Bosnic, analista geopolitico e militare indipendente

Rompere i legami con la Russia e puntare sulla Francia potrebbe distruggere l’Armenia
Secondo la “logica” di Pashinyan, la Francia entrerà in un confronto con la Turchia, uno dei suoi alleati della NATO, per il bene dell’Armenia, un Paese distante quasi 3.500 km che può raggiungere Yerevan solo attraverso la vicina Georgia. Tutto ciò senza considerare i problemi che Parigi sta attraversando, dato che il suo sistema neocoloniale in Africa sta affrontando un disfacimento senza precedenti.
Drago Bosnic, analista geopolitico e militare indipendente
Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan sembra essere un “dono che continua a dare“, anche se l’unico problema è che il beneficiario è chiunque tranne l’Armenia. Al contrario, con il suo arrivo al potere nel 2018, all’indomani della cosiddetta “Rivoluzione di velluto” (lo stesso nome usato in Cecoslovacchia nel 1989 e opportunamente riciclato dallo stesso Pashinyan), la Turchia e l’Azerbaigian non avrebbero potuto ricevere un regalo strategico migliore di questo. I risultati del suo governo sono stati un disastro totale per l’Armenia, come dimostra la perdita della maggior parte del territorio dell’Artsakh (più noto come Nagorno-Karabakh), che ha ulteriormente galvanizzato le ambizioni neo-ottomane della Turchia.
Prima della rivoluzione cromatica di Pashinyan del 2018, l’Azerbaigian si impegnava regolarmente in schermaglie con le forze locali dell’Artsakh nel tentativo di “scongelare” e inasprire il conflitto che era più o meno congelato dal 1994. Ogni volta la Russia è intervenuta per impedire tale escalation, anche nel 2014, 2015, 2016 e 2018. Tuttavia, quell’anno, dopo che Pashinyan è salito al potere, ha avviato una campagna di “riforme” antirusso e di mosse che hanno essenzialmente allontanato Mosca da Yerevan. Tra queste, la chiusura delle scuole in lingua russa e l’intenzione apertamente dichiarata di aderire alle cosiddette “integrazioni euro-atlantiche”, il che significa di fatto aderire all’Unione Europea e alla NATO.
A quel punto, la Russia si è trovata di fronte a una scelta molto difficile: aiutare il suo alleato storico che si stava (lentamente ma inesorabilmente) trasformando in tutt’altro, oppure abbandonare l’Armenia a se stessa per non rischiare di far deragliare l’importantissimo riavvicinamento con Ankara e Baku. Anche in questo caso, Mosca ha deciso di intervenire tempestivamente per evitare la perdita totale dell’Artsakh, dispiegando rapidamente 2000 soldati nell’area. Come ha reagito Pashinyan? Ha iniziato uno scaricabarile nel tentativo di spostare la responsabilità da se stesso e di gettare semplicemente la Russia sotto l’autobus. Questo non ha portato ad altro che a un ulteriore raffreddamento delle relazioni tra Erevan e Mosca, l’ultima cosa di cui il popolo armeno ha bisogno.
E mentre 2000 soldati russi continuano a proteggere gli armeni indigeni dell’Artsakh, Pashinyan ha permesso la massiccia espansione dell’ambasciata americana a Yerevan, che ora ospita oltre 2000 membri del personale, molti dei quali sono agenti dei servizi segreti il cui unico scopo è danneggiare gli interessi della Russia nella regione. Come se non bastasse, in una recente intervista rilasciata al quotidiano italiano La Repubblica, il Primo Ministro armeno ha di fatto annunciato la rottura degli stretti legami con la Russia. Allo stesso tempo, è in corso uno spostamento strategico verso la Francia, il Paese che Pashinyan pensa, stupidamente, possa entrare in un confronto aperto con la Turchia sull’Armenia (per non parlare dell’Artsakh).
In particolare, all’inizio di luglio, diverse fonti hanno rivelato che la Francia avrebbe consegnato armi a Yerevan, tra cui veicoli blindati e sistemi SAM (missili terra-aria) a corto raggio. Non si è parlato di acquisizioni di droni, sebbene i sistemi senza pilota si siano rivelati il principale fattore decisivo durante l’invasione azera dell’Artsakh nel 2020. Proprio la Russia è uno dei leader mondiali in questo ambito, come dimostrano le superbe prestazioni dei suoi droni in Ucraina. Perché Pashinyan non si è rivolto a Mosca per procurarsi migliaia di droni d’attacco che potrebbero fornire un significativo vantaggio asimmetrico sulle forze azere, più numerose e pesantemente armate? Questo aiuterebbe sia l’Artsakh che l’Armenia vera e propria.
Tuttavia, Pashinyan ha altri piani, tra cui lo spreco delle modeste risorse dell’Armenia in costose armi francesi che ora stanno bruciando nelle sterminate steppe dell’Ucraina, insieme a innumerevoli altri carri armati e veicoli blindati occidentali, molti dei quali distrutti proprio dai suddetti (e poco costosi) droni russi. Nel frattempo, l’Azerbaigian continua a militarizzare il confine con l’Armenia, mentre l’Artsakh è ancora in pericolo. L’unica cosa che si frappone tra le forze di Baku e la popolazione armena nella zona sono le forze di pace russe. Inoltre, le forze di Mosca in Armenia sono l’unico motivo per cui la Turchia non osa attaccare il Paese. Tuttavia, tutto ciò non significa molto per Pashinyan.
In un evidente riferimento alla Russia, durante la già citata intervista a La Repubblica, ha affermato che avere “un solo partner è un errore strategico”. Secondo la “logica” di Pashinyan, la Francia entrerà in un confronto con la Turchia, uno dei suoi alleati della NATO, per il bene dell’Armenia, un Paese distante quasi 3.500 km che può raggiungere Yerevan solo attraverso la vicina Georgia. Inoltre, è estremamente improbabile che Tbilisi lo permetta, poiché non ha alcun motivo per peggiorare le sue relazioni ampiamente cordiali con la Turchia e l’Azerbaigian a favore dell’Armenia. Tutto questo senza nemmeno considerare i problemi che Parigi sta attraversando, dato che il suo sistema neocoloniale in Africa sta affrontando un disfacimento senza precedenti.
È inoltre improbabile che gli Stati Uniti permettano il peggioramento dei legami all’interno della NATO nel momento in cui stanno cercando di tenere insieme l’alleanza belligerante o almeno di mantenere una parvenza di unità durante la controffensiva strategica della Russia. Per il bene del popolo armeno e per la conservazione del suo magnifico patrimonio di civiltà, Erevan dovrebbe cercare di ristabilire stretti legami con la Russia, l’unico vero garante della sicurezza dell’Armenia.

Grigoryan rischia la sovranità dell’Armenia cambiando alleanze quando l’Azerbaigian minaccia la guerra

L’Armenia sta rafforzando l’influenza della NATO nel Caucaso ospitando esercitazioni con gli USA

Ahmed Adel, ricercatore di geopolitica ed economia politica del Cairo
Il segretario del Consiglio di sicurezza armeno Armen Grigoryan sta facendo perno sul Paese caucasico verso l’Occidente, quando la sua priorità immediata dovrebbe essere quella di mettere in sicurezza l’Armenia, visto che il conflitto con l’Azerbaigian sembra prossimo a scoppiare. Non è un segreto che la sua nomina a capo del Consiglio di sicurezza abbia inizialmente suscitato legittime preoccupazioni tra gli armeni, poiché si allontanava dalle relazioni tradizionali e di lunga data che l’Armenia intrattiene con la Russia. Tuttavia, la sua missione di far deragliare i legami armeno-russi non sorprende se si ricorda che è stato l’ex coordinatore dei programmi elettorali di Transparency International, una ONG finanziata da Soros con un’evidente agenda liberale.
Di recente Grigoryan ha fatto un altro viaggio, ma piuttosto concettuale, a Bruxelles e ha avuto un pranzo di lavoro con il rappresentante speciale del Segretario generale della NATO per il Caucaso e l’Asia centrale, Javier Colomina. Secondo i media armeni, Grigoryan ha spiegato a Colomina “la situazione della sicurezza intorno all’Armenia e al Nagorno-Karabakh, e ha anche discusso le conseguenze del blocco illegale del corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian”.
Con il pretesto della “protesta ecologica”, Baku ha prima bloccato e poi istituito un proprio posto di blocco sulla strada tra Goris e Stepanakert, la capitale della regione separatista a popolazione armena dell’Azerbaigian riconosciuta a livello internazionale. Questo blocco ha portato 120.000 armeni della regione a soffrire la fame e la penuria.
Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e altri Paesi occidentali, in particolare la Francia, stanno cercando di livellare qualsiasi accordo raggiunto con la partecipazione della Russia. Da qui i numerosi giri di consultazioni con il Segretario di Stato americano Antony Blinken, il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e altri. Ciò non esclude il recente formato di negoziazione un po’ oscurato tra Grigoryan, l’assistente del presidente dell’Azerbaigian Hikmet Hajiyev e il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan.
Non c’è dubbio che Grigoryan partecipi attivamente alla lobby che mira sia al siluramento della Dichiarazione congiunta del 10 novembre 2020 sia all’uscita dell’Armenia dalla CSTO, come ha ammesso lui stesso in un’intervista rilasciata a Novaya Gazeta a maggio. In questo momento, l’Azerbaigian si sta preparando alla guerra mobilitando truppe ed equipaggiamenti ai confini del Nagorno-Karabakh, eppure questo è il momento in cui il governo di Nikol Pashinyan al potere a Yerevan sta cercando di rivedere completamente l’architettura di sicurezza dell’Armenia.
Si tratta di una mossa ad alto rischio, considerando che l’esito del prossimo conflitto militare è molto chiaro: una grave sconfitta militare per l’Armenia, che sarà quindi costretta a umiliazioni e perdite territoriali ancora maggiori, con la prospettiva di una perdita definitiva di sovranità de facto. Questa opzione è più probabile con la completa rottura delle relazioni dell’Armenia con la Russia, che Pashinyan e Grigoryan stanno portando avanti. L’onere maggiore di questa tragedia ricade su Gigoryan, poiché egli, a differenza di Pashinyan, è un armeno karabakhi.
Circa un mese fa Grigoryan ha annunciato progressi nelle relazioni tra Armenia e Stati Uniti nella sfera economica, ma ha lamentato che “la cooperazione tra Erevan e Washington in senso politico-militare non è ancora allo stadio di essere discussa”. Tuttavia, l’11 settembre, circa 175 truppe armene e 85 statunitensi inizieranno delle esercitazioni incentrate su operazioni di mantenimento della pace.
In una conferenza stampa successiva al vertice del G20, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha commentato le prossime esercitazioni militari: “Naturalmente non vediamo nulla di buono nel fatto che un paese aggressivo della NATO stia cercando di penetrare in Transcaucasia. Non credo che questo sia positivo per nessuno, compresa la stessa Armenia”.
Secondo il capo del Ministero degli Esteri russo, “ovunque gli americani appaiano (hanno centinaia di basi in tutto il mondo), da nessuna parte questo porta a qualcosa di buono. Nel migliore dei casi, siedono lì con calma, ma molto spesso cercano di adattare tutto a se stessi, compresi i processi politici”.
I canali mediatici pro-Pashinyan sono sovraccarichi di inviti da parte di esperti di parte a minimizzare qualsiasi legame con la Russia. Spesso promuovono la favola di rimuovere le basi militari russe in Armenia e sostituirle con quelle americane, mentre sostengono lo sviluppo di legami militari con l’Iran, nonostante la Repubblica islamica sia un nemico giurato degli Stati Uniti.
Allo stesso tempo, rifiutando di dispiegare una missione di monitoraggio della CSTO al confine con l’Azerbaigian a favore di osservatori europei, Pashinyan e Grigoryan stanno riducendo al minimo qualsiasi contatto significativo con Mosca. L’attuale élite al potere in Armenia considera gli Stati Uniti e i loro alleati come benefattori affidabili, ritenendo che il loro servizio dedicato garantirà la loro prosperità personale ed economica, assicurando al contempo il Paese dalla minaccia azera.
In questo contesto, Grigoryan è quasi l’incarnazione del collaborazionismo filo-occidentale e del tradimento nazionale.
La tendenza degli armeni a credere a voci ridicole e a teorie di cospirazione offre un terreno fertile per varie manipolazioni. Ma a prescindere dalle istruzioni che Grigoryan ha ricevuto dai suoi supervisori occidentali, l’ulteriore rafforzamento della sua posizione in Armenia non porta nulla di buono al popolo della Repubblica e crea maggiori rischi per esso.

http://infobrics.org/post/39323/

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Nuovi rapporti occidentali che invitano ad abbandonare le tattiche della NATO, di SIMPLICIUS THE THINKER

Ho voluto fare una carrellata dei comunicati più interessanti provenienti dalla sfera degli opinionisti militari occidentali e riguardanti le tattiche russe e la loro presunta “evoluzione”, nonché le prospettive sul futuro del conflitto.

Il primo a fare scalpore è quello del RUSI (Royal United Services Institute), un thinktank militare che si definisce “il più antico think tank di difesa e sicurezza del mondo”, essendo stato fondato dal Duca di Wellington nel 1831.

Il loro ultimo “rapporto speciale” fornisce un aggiornamento ponderato sulla controffensiva ucraina. Si inizia con l’ammissione che l’Ucraina sta soffrendo “di pesanti tassi di perdita di equipaggiamento”, ma… “il design dei veicoli da combattimento corazzati forniti dai suoi partner internazionali sta impedendo che questo si trasformi in un alto numero di morti”.

Questa è l’ultima linea guida adottata dall’Occidente nel tentativo di risollevare il morale dell’AFU. Noterete che dopo la prima distruzione in assoluto del Challenger 2, l’altro giorno, il ministro della Difesa britannico appena nominato ha commentato che almeno l’equipaggio è sopravvissuto.

Anche se si tratta di una digressione, lasciatemi spiegare perché credo che stia mentendo, perché va al cuore dell’argomento.

Il filmato dell’uccisione del Challenger è stato diffuso, e si dice che sia stata compiuta da un ATGM Kornet, che ha creato una grande esplosione:

La cosa importante che è stata sottolineata è che se si guardano le foto del carro armato colpito, sembra che la torretta sia stata completamente staccata dallo scafo e si trovi sul bordo della fiancata in un modo che non dovrebbe essere:

Si noti come la parte anteriore della torretta sia all’incirca a filo con la fiancata del carro armato quando è girata, mentre la parte posteriore della torretta che ospita le munizioni pende dall’altra parte, in un carro armato correttamente montato. Nel filmato della distruzione, invece, si vede che la parte anteriore della torretta è effettivamente appesa al lato e la parte posteriore è a filo. Lo si vede meglio senza le linee disegnate:

Il punto è che per una torretta separarsi catastroficamente dallo scafo in questo modo significherebbe un’esplosione del genere a cui probabilmente nessuno è sopravvissuto. Per non parlare del fatto che sembra esserci un enorme buco nel punto in cui dovrebbe trovarsi il portello del comandante, il che fa pensare a una detonazione davvero grave.

Recentemente, gli ingegneri russi di Kurganmashzavod – il principale produttore di IFV della Russia – che hanno studiato un Bradley catturato, hanno pubblicato questo rapporto:

Ma aspettate di vedere il vero pezzo di resistenza del Bradley che conferma questo punto più avanti nell’articolo.

Il fatto è che le armi occidentali non sono buone come da pubblicità. Quindi, dire che l’equipaggio è “sopravvissuto” nonostante i sistemi venissero continuamente eliminati in un tiro al tacchino non è un granché.

Il rapporto RUSI continua affermando che “La condizione preliminare per qualsiasi azione offensiva è il dominio dei fuochi (dell’artiglieria). Questo è stato raggiunto grazie all’accecamento della capacità di controbatteria dei cannoni russi e alla disponibilità di sistemi di artiglieria precisi e a lungo raggio. È fondamentale garantire la sostenibilità di questo vantaggio attraverso un’adeguata produzione di munizioni e ricambi per un parco artiglierie consolidato”.

Vediamo cosa ha da dire un vero comandante di una divisione di artiglieria russa che combatte su questo fronte:

Innanzitutto, è un comandante di un gruppo della RPD chiamato “Kaskad”, non proprio dell’esercito russo, ma le sue parole sono comunque molto interessanti. Descrive l’azione di artiglieria nel settore di Urozhayne, proprio vicino a Staromayorsk, sulla famosa “sporgenza di Vremevske” a sud di Velyka Novosilka.

Punti riassunti:

Solo dalla sua unità sparano 450 proiettili all’ora.

L’AFU spara di più, fino a 2800 proiettili di tipo “cassetta” (munizioni a grappolo) al giorno.

Secondo le intercettazioni radio, l’AFU ha avuto più di 3.000 vittime solo nella sua piccola area di insediamenti. Questo senza contare l’intero fronte occidentale, ancora più attivo, vicino a Rabotino, dove sono state stimate fino a 10-20k vittime.

Ho pubblicato precedenti interviste con comandanti russi in questo stesso settore che affermano che le loro perdite sono minime rispetto all’AFU. Quindi, RUSI ha ragione a dire che l’Ucraina ha portato la “superiorità” dell’artiglieria contro la Russia? Secondo questo comandante nel suo settore sparano più proiettili – questo è probabilmente dovuto al fatto che quando si conduce un’offensiva, si deve destinare una grande quantità di munizioni con l’aspettativa di superare l’avversario. In teoria, l’avversario è in difesa e quindi trincerato, il che significa che è necessario sparare molti più colpi per ottenere lo stesso effetto o lo stesso tasso di vittime. Il difensore, invece, può sparare molti meno colpi e fare più danni, perché la forza offensiva è esposta “allo scoperto” ed è molto più facile da colpire quando attraversa i campi rispetto a un difensore trincerato in trincee sotterranee.

La RUSI conferma alcune di queste affermazioni con la sezione successiva, in cui si legge che l’Ucraina ha conservato a lungo le munizioni per la controffensiva e ora le sta spendendo più liberamente:

C’è la continua linea propagandistica secondo cui gli M777 forniti dagli americani hanno una portata superiore. A che cosa? La Russia ha più tipi di sistemi di artiglieria di tutta la NATO messa insieme. Ci sono D-20, D-30, 2A29, 2A36, 2A61, 2A65, 2S1, 2S3, 2S5, 2S7, 2S19 e 2S19M2, per non parlare del nuovo 2S43 “Malva” che, secondo quanto riferito, verrà presto spedito alle truppe, oltre agli infiniti sistemi MLRS non inclusi sopra. Molti di questi hanno una gittata inferiore a quella degli M777 americani, mentre alcuni hanno una gittata superiore, in particolare il 2S7M, ma anche il 2A36, il 2S19M2 e persino il 2A65, a seconda del tipo di proiettile, in particolare se utilizzano il RAP a più lunga gittata e l’M777 no.

Voglio risolvere una volta per tutte questo dibattito, che le fonti occidentali continuano a propagandare con falsi pretesti. Il proiettile standard dell’esercito americano utilizzato dall’Ucraina è l’M795. Sulla pagina ufficiale dell’M777 è riportata la gittata dell’obice con il proiettile M795:

Abbiamo 23,5 km, tenetelo a mente.

Ora elenchiamo le gittate dei sistemi di artiglieria russi. Utilizzeremo solo sistemi equivalenti da 152 mm piuttosto che da 122 mm. Potete verificare voi stessi tutti i dati riportati nelle pagine ufficiali del wiki.

Il più vecchio obice russo D-20 ha la gittata più piccola, 17,4 km, il 2S3 Akatsiya circa 18,5 km.

Ma il 2A36:

Poi:

Il proiettile OF45 standard russo sparato da un 2A65 e da un 2S19 raggiunge i 24,7 km, un valore superiore ai 23,5 km standard dell’M777.

Il 2S5 Hyacinth-S raggiunge 28 km con munizioni standard e il mostruoso 2S7M, pur sparando 203 mm, raggiunge 37,5 km senza assistenza e quasi 50 km con munizioni assistite.

Come si può vedere, due dei sistemi russi hanno una portata inferiore, un paio hanno una portata leggermente migliore o quasi uguale, e un altro paio hanno una portata molto più elevata.

Naturalmente i media occidentali “scelgono” i rapporti dei gruppi di volontari più piccoli o delle unità della DPR non altrettanto ben armate, che potrebbero usare Gvozdika, Akatsiya, D-20, ecc. Ma ignora le unità russe che usano i 2A36, i 2S19, i 2S5, i 2S7 ecc. che possono tutti superare l’M777.

Sì, l’Ucraina ha anche altri sistemi come il tedesco PhZ2000 e il francese Caesar che, a quanto pare, hanno una gittata maggiore con munizioni standard, ma sono anche molto meno numerosi e la Russia ne ha già distrutti molti, se non la maggior parte, per non parlare del fatto che la loro gittata impallidisce rispetto a quella dei 2S7M. Per quanto riguarda il Krab polacco e l’As-90 britannico, la stessa cosa, a parte il fatto che non hanno nemmeno una gittata maggiore per cominciare.

La verità è che la parte russa ha semplicemente una tolleranza molto più bassa alle perdite. Quindi, quando 1 o 2 unità vengono eliminate dal fuoco di controbatteria, scatta l’allarme e il loro tono nei rapporti è molto più conseguente. Ma l’Ucraina può perdere 10 pezzi di artiglieria e per loro sarà una “buona giornata”, per così dire. La gente coglie il tono più urgente della Russia e ne trae l’implicazione che la Russia sta subendo perdite più pesanti, quindi l’artiglieria ucraina deve essere in qualche modo superiore. Non è proprio così che funziona.

In effetti, negli ultimi tempi l’unico vero attacco all’artiglieria russa che l’Ucraina ha effettivamente portato a termine è stato quello con gli HIMAR, che hanno una gittata di 90 km. Perché pensate che si stiano affidando così pesantemente agli HIMAR per contrastare le batterie di artiglieria russa?

Perché due degli SPG di artiglieria più avanzati dell’Occidente, il Caesar francese e l’AS-90 britannico, sono morti entrambi in modo catastrofico negli ultimi giorni:

Inoltre, l’Ucraina soffre di un’usura delle canne di gran lunga superiore, poiché non ha il lusso di poterle scambiare come fa la Russia, per ovvie ragioni logistiche. Ciò significa che i loro sistemi perdono precisione e portata. Il raggio d’azione effettivo della maggior parte dei loro M777 rimanenti è probabilmente di 15 km più o meno, perché è il massimo che si può ottenere da una canna usurata – e le canne dell’M777 sono difficili da gestire.

La Russia, d’altra parte, è provato che cambia le canne sul fronte in continuazione, come testimoniano numerosi video:

In conclusione, la presunta superiorità di “raggio d’azione” dell’artiglieria ucraina non è veritiera, se non quando è tratta dal resoconto di una particolare unità, che si dà il caso sia sotto-equipaggiata con vecchi apparecchi come i D-30. Ci sono molte unità di questo tipo, non fraintendetemi, ma ce ne sono anche molte con piattaforme migliori. Ricordiamo che l’Ucraina ha preso in consegna solo circa ~150+ più o meno M777 in totale, la Russia ha 760 solo di 2S19 superiori, senza contare le migliaia di altri tipi di canna.

Proseguendo, l’articolo della RUSI descrive l’incursione iniziale della controffensiva di inizio giugno. Ci sono due ammissioni interessanti: la prima, che i MRAP MaxxPro si sono “impantanati” nel fango, a riprova delle voci che avevamo sentito sulla loro inadeguatezza al terreno ucraino. La seconda, ancora più interessante, è la seguente; leggere attentamente la parte evidenziata:

Ricordiamo che sappiamo che le prime violazioni condotte in questa controffensiva sono state effettuate con i Leopard 2A6. Qui la RUSI sceglie di demordere e di non ammettere la dura realtà, preferendo chiamarli vagamente “carri armati”.

Per anni ci è stato detto che i carri armati occidentali, in particolare le varianti del Leopard 2A6, erano i più avanzati al mondo e che avrebbero facilmente distrutto i carri armati russi in un duello testa a testa, grazie alla superiorità delle loro ottiche, dei sistemi di controllo del fuoco (FCS), della precisione delle canne, della portata delle munizioni e della balistica, della stabilizzazione delle armi, ecc.

Ma sorprendentemente, uno dei thinktank autoproclamatisi più autorevoli e antichi del mondo afferma che i carri armati russi hanno iniziato a ingaggiare la colonna guidata dai “carri armati” ucraini, e – ecco la dolorosa ammissione: “I veicoli della colonna sono stati messi fuori uso in successione”.

Che fine hanno fatto tutte quelle ottiche superiori, le stabilizzazioni e tutto il resto?

Un nuovo articolo di WarOnTheRocks degli ormai famigerati Rob Lee e Michael Kofman fa luce anche su questa tanto discussa fase iniziale. Essi confermano anche alcuni dei risultati, non solo affermando che l’Ucraina raramente utilizza più di un paio di carri armati alla volta per paura di perdite, ma che solo pochi plotoni di una brigata sono pronti all’assalto:

Intorno a Bakhmut, ad esempio, molti degli assalti meccanizzati ucraini sono costituiti da una o due squadre sostenute da due carri armati. Secondo le nostre ricerche sul campo, le unità di carri armati ucraine raramente si ammassano a livello di compagnia per il rischio di perdere troppi carri armati in una volta sola. Le battaglie tra carri armati sono rare. I carri armati passano gran parte del tempo a sostenere la fanteria e a fornire fuoco indiretto. In genere operano in coppia o in plotoni, sostenendo gli attacchi della fanteria. Questa offensiva è stata in gran parte caratterizzata da assalti di fanteria a livello di plotone, combattendo da un albero all’altro. Nonostante le loro dimensioni, le brigate hanno spesso un numero limitato di plotoni e compagnie addestrati all’assalto, il che limita le forze disponibili per questi compiti.
L’altra grande ammissione contenuta nel loro tiepido articolo è che la Russia sta in realtà deliberatamente scambiando spazio per logoramento, un fatto chiaro a qualsiasi analista anche di medio livello, ma ancora ripetutamente ignorato dalle cheerleader occidentali affamate di propaganda:

Tornando al pezzo della RUSI, il resto della sezione riguarda alcuni aspetti post-operatori della BDA, quindi passiamo alla sezione successiva, interessante, intitolata “Lezioni russe e adattamento”.

Inizia con un’altra grande concessione:

Le azioni tattiche intorno a Novodarivka e Rivnopil sono state in gran parte considerate un successo dalle forze russe nella misura in cui hanno inflitto sufficienti perdite di equipaggiamento nelle fasi iniziali in modo da degradare il raggio d’azione delle unità di manovra ucraine assumendo un tasso costante di perdite attraverso la profondità delle posizioni difensive della Russia.
Ammettono che, anche se alla fine l’Ucraina ha preso quei due piccoli insediamenti, si è trattato fondamentalmente di un successo russo a causa delle ingenti e insostenibili perdite subite dall’AFU. Si tratta di confessioni piuttosto crude da parte di un istituto impegnato a promuovere una versione il più possibile “asettica” della guerra.

E un’altra:

Le forze armate russe hanno anche deciso di sfruttare tatticamente le opportunità quando le forze ucraine si sono impantanate con un fiancheggiamento aggressivo con i blindati per mettere fuori uso i sistemi ucraini. Vale la pena notare che la Russia spesso perde i carri armati utilizzati per questi contrattacchi, ma questi infliggono danni sproporzionati perché le mine limitano la capacità di manovra o di risposta dei veicoli ucraini. Questa disponibilità al contrattacco e la decisione di difendersi in avanti evidenziano come l’addestramento degli equipaggi dei carri armati russi e di altre specialità abbia continuato a funzionare, generando nuovi equipaggi con una certa competenza tattica rispetto all’interruzione dell’addestramento collettivo che ha ostacolato la fanteria russa.
Secondo loro, la Russia sta mostrando ampi miglioramenti nella guerra EW, innovando nuovi usi come l’uso di sistemi mobili più piccoli e leggeri come il Pole-21 per fungere da “antenna” trasmittente a sistemi più grandi e potenti. In questo modo l’unità mobile emette il segnale EW lasciando il mainframe più grande al sicuro e nascosto, consentendo una copertura più ampia del campo di battaglia.

L’ultimo e più importante passo avanti è che il famoso complesso russo di ricognizione e fuoco (RFC) è stato continuamente migliorato ogni giorno. Notano che la Russia ha privilegiato le munizioni guidate come il Krasnopol e ha rafforzato le sue capacità ISR nell’effettuare attacchi precisi che le permettono di distruggere gli obiettivi con un dispendio di munizioni di gran lunga inferiore a quello delle vecchie dottrine sovietiche di posizionamento dei cannoni a griglia.

Si tratta di una tendenza preoccupante, perché nel tempo probabilmente migliorerà in modo significativo l’artiglieria russa. La crescita della complessità, della diversità e della densità degli UAV russi è preoccupante. I miglioramenti sia nell’effetto della testata che nell’economia del suo design tra il Lancet-3 e il Lancet-3M dimostrano come i russi stiano attivamente migliorando i loro equipaggiamenti in campo. Notevoli sono anche le modifiche apportate alle munizioni per il loitering per ottenere una riduzione del rumore sullo Shahed-136 e per rendere più difficile la navigazione.
Il punto più importante, a mio avviso, riguarda i miglioramenti nelle comunicazioni delle catene di autorità/uccisione Recon-Fire-Complex. Si tratta di un aspetto di estrema importanza, su cui ho insistito a lungo:

L’abilitazione della RFC dipende dalle comunicazioni. Anche in questo caso, l’esercito russo sta facendo importanti progressi. All’inizio dell’invasione su larga scala, le forze russe dipendevano in larga misura da radio militari su misura. Alla fine dell’anno scorso, nella corsa all’equipaggiamento, è stata impiegata un’ampia gamma di sistemi civili. Dal punto di vista concettuale, tuttavia, i russi sembrano aver fatto un passo avanti, affidandosi sempre più a reti portanti militari ma a servizi basati su app per la codifica e l’accesso ai dati. Il risultato è che un sistema come Strelets può fornire una connessione 3G a più dispositivi che utilizzano applicazioni intuitive per gli utenti civili. Questa separazione di portatori e servizi è ancora in fase embrionale e la sicurezza e la robustezza dei sistemi in fase di test devono essere messe in dubbio. Tuttavia, la riduzione del carico di addestramento di questo approccio e i miglioramenti nella direzione del fuoco già ottenuti fanno sì che l’AFRF probabilmente continuerà a spingere in questa direzione e sistematizzerà sempre più la propria architettura di comunicazione attorno a questi metodi.
Si parla del sistema Strelets, di cui ho scritto qui:

All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West’s ISR Overmatch?

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FEB 16
All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West's ISR Overmatch?
“Ogni guerra al punto di svolta delle epoche tecnologiche (e noi siamo proprio in uno stato di tale transizione) è gravata dalla mancanza di comprensione dei principi di funzionamento delle nuove armi e delle tattiche del loro uso, così come della strategia complessiva dell’intero complesso di azioni militari e politiche”.
Read full story

Questo è importante perché il canale della difesa russo ha pubblicato giorni fa questo video, che mostra proprio uno di questi sistemi, già in fase di distribuzione alle forze di artiglieria. Il video mostra il sistema Planshet-M, che consente un maggiore coordinamento tra le unità di comando/scout, le squadre ISR/drone e i comandanti delle batterie, inviando senza soluzione di continuità i dati relativi ai bersagli e alle coordinate tra le unità per un tempo ridotto di loop RFC:

A questo fa eco un altro pezzo di Foreign Affairs – che, tra l’altro, è la rivista ufficiale del Council on Foreign Relations – che dichiara che la Russia, in modo preoccupante, sta migliorando sotto molti aspetti:

Business Insider concorda con questo nuovo pezzo:

Scrivono:

La capacità della Russia di bloccare i droni ucraini è migliorata, costringendo gli operatori dei droni a spostarsi più vicino alle linee del fronte e mettendo queste preziose truppe in maggiore pericolo mentre la controffensiva ucraina continua.
Salteremo il resto, dato che copre punti precedenti.

Il pezzo di RUSI termina con alcuni altri punti importanti che evidenzierò in rapida successione. Si nota che i comandanti ucraini danno la priorità a non stendere fumo perché preferiscono vedere il campo di battaglia con gli “occhi nel cielo” dei droni, piuttosto che accecare la parte russa ma anche se stessi:

I comandanti continuano a dare la priorità al mantenimento della propria comprensione del campo di battaglia rispetto alla posa di fumo e all’occultamento dei movimenti del proprio personale. Data la criticità di una rapida applicazione dell’artiglieria a sostegno del movimento, questa priorità è comprensibile, ma riflette anche i limiti della capacità della brigata di fidarsi dei comandanti tattici nell’eseguire le azioni quando non sono dirette da alti comandi con una maggiore consapevolezza della situazione. Data la saturazione del quartier generale che ne deriva, è fondamentale addestrare i leader più giovani, insieme all’espansione della capacità del personale.
L’aspetto più importante è che questo riflette le “limitazioni nella capacità della brigata di fidarsi dei comandanti tattici per eseguire le azioni quando non sono dirette dal quartier generale”.

Che cosa significa?

Stanno ammettendo che i sergenti “addestrati dalla NATO” e i tanto decantati sottufficiali non sono in realtà all’altezza del compito, e che i comandanti “nelle retrovie” non si fidano di loro per prendere decisioni tattiche valide da soli, preferendo osservare il campo di battaglia da droni e prendere tutte le decisioni tattiche “a livello centrale” come il cosiddetto “sistema sovietico”.

Dopo aver tanto parlato della superiorità della NATO e dell'”addestramento in stile occidentale”, ora ammettono che è tutto falso.

Continuano a descrivere come l’addestramento nei Paesi della NATO sia in realtà inadeguato perché viene svolto in condizioni non realistiche rispetto al campo di battaglia reale.

L’addestramento collettivo fuori dall’Ucraina è ostacolato dal fatto che, a causa della cultura della sicurezza nella NATO, le truppe ucraine non possono addestrarsi mentre combattono. Inoltre, molte tattiche della NATO richiedono un livello di addestramento che non è fattibile nei tempi disponibili, oppure non sono convalidate nell’ambiente della minaccia moderna.
Rileggete: Le tattiche della NATO “non sono convalidate nell’ambiente della minaccia moderna”. È un’ammissione mostruosa. È interessante notare che il principale “esperto militare” dietro questo rapporto, il dottor Jack Watling – ricercatore senior per la guerra terrestre presso il Royal United Services Institute – aveva precedentemente scritto un articolo per il Guardian a luglio in cui affermava quanto segue:

Un paio di mesi prima dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, ero sdraiato su una collina a guardare un battaglione meccanizzato statunitense che scendeva a valle con il compito di superare una serie di ostacoli. Gli ostacoli erano meno formidabili di quelli presenti in Ucraina e il nemico dell’esercitazione era costituito da una sola compagnia sostenuta da un’artiglieria limitata. Ciononostante, le truppe statunitensi hanno combinato un pasticcio. Le loro truppe di ricognizione non sono riuscite a schermare i loro veicoli, si sono bloccate in vista del nemico e sono state severamente punite. Il fatto che le truppe statunitensi ben addestrate facciano fatica a superare gli ostacoli in circostanze più favorevoli sottolinea quanto sia difficile. Inoltre, le truppe statunitensi che ho osservato possono essersi comportate male, ma lo hanno fatto in addestramento. Se mai dovessero farlo davvero, avranno avuto ripetute opportunità di imparare e migliorare. Le truppe ucraine non hanno avuto questo lusso.
Che cos’è questo? Per mesi siamo stati criticati per aver dubitato della supremazia delle millantate capacità statunitensi di “armi combinate”. Sembra che non tutto fosse come pensavamo.

Ma il rapporto RUSI continua:

Questo approccio alla generazione di forze significa che la maggior parte dei battaglioni ucraini sta generando circa due plotoni di truppe che sono considerate pienamente in grado di condurre azioni di assalto. Mentre il resto del battaglione fornisce rinforzi e la capacità di mantenere il terreno, le dimensioni delle formazioni che possono condurre azioni offensive sono fortemente limitate.
Quindi, a causa di queste varie limitazioni, ogni battaglione può generare solo una mezza compagnia di veri combattenti. Tra l’altro, nel precedente articolo del Guardian, Watling ha ammesso che l’unico motivo per cui l’Ucraina manda le proprie truppe all’estero per addestrarsi è che non può fare nulla di più dell’addestramento dei soli soldati in Ucraina, perché i campi di addestramento sono bersagli maturi per gli attacchi russi. Ciò significa che per l’addestramento di unità a livello di compagnia e oltre, è impossibile farlo se non nel Regno Unito, in Germania, ecc. E senza tale addestramento, le unità più grandi non possono formare la coesione necessaria per condurre assalti adeguati. Questo è l’enorme dilemma in cui si trova l’Ucraina.

Infine, il rapporto RUSI conclude:

È anche importante riconoscere che le forze russe stanno combattendo con maggiore competenza e ragionevole tenacia nella difesa. Sebbene stiano perdendo terreno, le forze russe stanno in gran parte conducendo ritiri ordinati dalle posizioni e stanno effettivamente rallentando e quindi gestendo le avanzate ucraine, imponendo al contempo un costo considerevole in termini di equipaggiamento.
Questa è bella grossa. Non solo la Russia sta combattendo con competenza, ma sta anche conducendo ritirate ordinate imponendo costi considerevoli all’AFU. Per mesi ci è stato detto che l’AFU si apriva valorosamente un varco tra i suoi ranghi, massacrando tutti e facendo prigionieri in ogni posizione catturata. Sembra che la realtà sia un po’ diversa dalla brodaglia data in pasto all’opinione pubblica occidentale.

Questo rapporto della RUSI ha generato un’ondata di titoli che hanno messo in evidenza quella che secondo loro era la tesi principale: che l’Ucraina dovrebbe “smettere di addestrarsi alle tattiche della NATO”, perché le sta solo danneggiando, e tornare a fare ciò che sa fare meglio:

The above report

Il  rapporto precedente cita anche Watling in una nuova intervista al Telegraph in cui afferma:

“Potremmo sbagliare terribilmente. “Potremmo fare in modo di insegnarvi come essere un ufficiale dello staff della NATO… abbiamo corsi e abbiamo un libro che ci dice cosa significa. “Ma il problema è che se prendete quella persona che ha imparato tutte queste procedure della NATO e la rimettete in Ucraina, dove ha strumenti diversi e dove nessuno dei suoi colleghi capisce la terminologia della NATO, allora tornerà a quello che capiscono i suoi colleghi”.
L’articolo riporta anche un nuovo rapporto della Bundeswehr tedesca che afferma che l’AFU ha iniziato internamente ad abbandonare gli inutili ufficiali “addestrati dalla NATO” a favore di persone con una reale esperienza di combattimento, rendendosi conto che sanno molto di più e sono molto più utili di quelli addestrati sulla sacra “dottrina della NATO”:

Un rapporto dell’intelligence tedesca, trapelato di recente, afferma che i progressi di Kiev hanno vacillato perché il suo esercito non sta mettendo in pratica l’addestramento ricevuto dall’Occidente. La valutazione della Bundeswehr afferma che le forze armate ucraine hanno preferito promuovere i soldati con esperienza di combattimento rispetto a quelli che avevano ricevuto l’addestramento standard della NATO, il che ha portato a “notevoli carenze nella leadership” e a “decisioni sbagliate e pericolose”.
Poiché si collega perfettamente all’articolo che  ho appena scritto sui sistemi sottufficiali della NATO e della Russia, ho voluto condividere anche il pezzo successivo, che afferma che l’Ucraina sta sperimentando un tale logoramento dei sottufficiali che i colonnelli stanno pianificando raid edilizi individuali:

L’elevato numero di perdite subite sul campo di battaglia ha solo esacerbato la mancanza di potenziali leader giovani con esperienza in prima linea. “Questo limita la scala alla quale le brigate possono combinare le armi, specialmente durante le operazioni offensive dove i tempi di pianificazione sono ridotti”, hanno scritto il dottor Watling e il suo co-autore Nick Reynolds. Spesso i leader più anziani, come i colonnelli responsabili di tratti fino a 10 miglia sulla linea del fronte, sono portati a pianificare attacchi di sezione agli edifici. La formazione di una nuova classe di ufficiali junior consentirebbe ai leader più esperti di pianificare e coordinare attacchi su larga scala che potrebbero accelerare l’avanzata dell’Ucraina nel territorio occupato dalla Russia.
A seguito di ciò, abbiamo un nuovo articolo di Economist con un direttore dell’Agenzia di Intelligence della Difesa degli Stati Uniti:

L’aspetto importante è che le agenzie di intelligence statunitensi ammettono di aver sottovalutato le difese russe. Ma l’ammissione mozzafiato che viene fatta è che il grosso delle riserve russe rimane ancora sulla terza linea, che l’Ucraina non ha ancora raggiunto:

In altre parole, la maggior parte di due interi corpi d’armata dell’AFU sono stati completamente distrutti, con un numero di perdite fino a 50.000, solo combattendo contro una frazione delle forze russe, mentre il grosso di esse rimane ancora non impegnato nelle retrovie. Immaginate quanto debba essere demoralizzante rendersene conto.

Ammettono che l’Ucraina ha esaurito la maggior parte delle sue riserve, un fatto attestato dalla recente distruzione del Challenger 2, il che significa – come ha detto qualcun altro – che l’Ucraina sta già “raschiando il fondo del barile” delle sue ultime capacità per l’offensiva. Ma non preoccupatevi, dice la DIA, l’Ucraina può riposare durante l’inverno e fare un nuovo tentativo nella primavera del 2024.

Questo ci porta a  questo articolo di Mick Ryan, che si occupa delle prospettive future:

È uno degli opinionisti occidentali più lucidi e ragionevoli su questa guerra e ammette molte delle stesse carenze che oggi affliggono regolarmente i rapporti dell’Occidente. Che l’Occidente ha sbagliato i calcoli e che non aveva idea di come combattere una guerra come quella che stiamo vedendo in Ucraina. Chiede un nuovo “Progetto Manhattan” finalizzato allo sminamento per trovare nuovi modi per l’Ucraina, o per chiunque in futuro, di eliminare i tipi di campi minati che la Russia sta costruendo.

L’articolo ruota attorno allo stesso tema del giorno che sta attraversando i reportage occidentali: la perdita di speranza per il 2023 e la conseguente concentrazione sul “sostegno” fino al 2024. Lo stato d’animo, sottolineato dal precedente articolo di WarOnTheRocks, è sostanzialmente che non c’è più speranza in armi “wunderwaffe” come gli F-16 o nuovi tipi di missili da crociera. La speranza può essere riposta solo nel sostegno generale dei sistemi d’arma utilizzati quotidianamente sul fronte: dai visori notturni agli Humvee e ai MRAP, fino ai proiettili d’artiglieria. L’attenzione deve essere spostata non solo dal tentativo di trasformare l’AFU in una sorta di nuova creatura della NATO, ma piuttosto di lasciarle fare ciò che sanno fare meglio.

Il problema di questa strategia è che presuppone che fino a quando si potrà continuare a fornire all’Ucraina un livello minimo di armi di base, l’Ucraina continuerà ad andare avanti e ad assorbire le perdite smisurate che sta subendo. Quando si dà uno sguardo cupo a ciò che dicono le stesse truppe in prima linea, diventa chiaro che questo “status quo” non è sostenibile.

Guardate, ad esempio, questo nuovo articolo tratto dal Kyiv Independent che intervista le truppe della 32esima brigata, di recente e frettolosamente formata, che si difendono dall’assalto russo in direzione di Kupyansk. Non c’è fonte di propaganda più grande del Kyiv Independent, eppure anche loro sono costretti a pubblicare queste parole rassicuranti, forse come segnale di allarme per i loro sponsor:

Parlando del loro addestramento “NATO” in Germania, le truppe ucraine hanno detto questo:

Tuttavia, gli stessi soldati che hanno parlato con il Kyiv Independent non hanno nascosto il loro disprezzo per il fatto che l’addestramento li abbia preparati a una guerra che non esiste in Ucraina. Hanno detto che gli ufficiali della NATO non capiscono la realtà sul campo. “Un soldato di fanteria della NATO sa di essere supportato e può avanzare con la certezza di avere un’alta probabilità di non essere ucciso o mutilato”, ha detto Ihor.Il modo di fare la guerra della NATO richiede massicci attacchi aerei preparatori, sbarramenti di artiglieria e sminamento prima che la fanteria venga inviata, ha aggiunto.Di solito non funziona così in Ucraina.
Tempo fa ho scritto che la NATO è abile solo nell’insegnare tattiche COIN (contro-insurrezione). L’articolo sopra riportato lo conferma, affermando che gli istruttori della NATO hanno insegnato ai soldati ucraini solo tattiche di guerra urbana:

Zgurets ha detto che gli istruttori in Germania hanno posto molta enfasi sull’insegnamento del combattimento urbano. Lo stile di combattimento nelle campagne ucraine, che fonde il combattimento in trincea della Prima Guerra Mondiale con la tecnologia e le tattiche del XXI secolo, si vede solo in Ucraina e non rientra nelle competenze della NATO.
Nel mio ultimo rapporto ho parlato di tattiche ucraine di assalto alla carne, perché la loro effettiva armatura si è ridotta a tal punto da costringerli a correre letteralmente a piedi verso le posizioni russe. Non solo l’articolo del Kyiv Post afferma in apertura che le truppe nella direzione di Kharkov non hanno un equipaggiamento adeguato perché “tutto il materiale migliore è stato inviato all’offensiva di Zaporozhye”, ma ecco una descrizione che conferma il tipo di cose che stavo evidenziando:

Non solo, ma ricordiamo le ripetute lamentele dei turbo/schizopatrioti o dei veri e propri troll che sostengono che le truppe russe sono a corto di ogni pezzo di kit prezioso, tipicamente prese da un rapporto fuori contesto di una singola unità di volontari, o qualcosa del genere. L’articolo chiarisce questo punto, almeno in questa direzione:

“Hanno droni per la visione notturna, Orlan e altre tecnologie; vedono tutto”, ha detto Volodymyr. La sensazione di essere costantemente osservati e presi di mira è estremamente demoralizzante per le truppe ucraine: “Ti blocca, vorresti fare certe azioni, ma non puoi perché l’occhio di Sauron ti guarda sempre”, ha detto Ihor, riferendosi al cattivo e padrone dell’orda orchesca del Signore degli Anelli.
Descrive inoltre quanto sia avanzata la guerra SIGINT russa:

Ma anche loro hanno le loro brutte sorprese di cui preoccuparsi. Un comandante di plotone di carri armati di nome Vladyslav ricorda che la prima volta che un ucraino ha provato a usare la radio di un carro armato, i russi lo hanno immediatamente individuato e sepolto dall’artiglieria. Da allora hanno imparato a non usare mai dispositivi di comunicazione più potenti di un palmare. Le truppe nemiche sono troppo ben posizionate per punire qualsiasi errore.
L’articolo si conclude con l’ammissione che “la Russia ha un enorme vantaggio di artiglieria in tutto il Paese”, sottolineando ancora una volta il mio punto di vista sulle esagerazioni che fanno morale nella direzione di Zaporozhye, in cui si afferma ripetutamente che l’Ucraina ha una sorta di “vantaggio di artiglieria” solo per dare loro almeno una cosa di cui scrivere.

E un nuovo articolo del quotidiano britannico  The Times fornisce l’ultima, cupa visione della mentalità che pervade le trincee ucraine:

L’articolo riporta queste statistiche, ormai blasé:

In effetti, questo articolo offre il più crudo di tutti gli sguardi sull’orrore vissuto dall’AFU. Per esempio, un altro estratto conferma come i soldati dell'”assalto alla carne” siano costretti a correre a piedi verso le postazioni nemiche perché le armature facilmente distrutte si sono rivelate troppo scarse e preziose per essere “sprecate” negli assalti frontali:

I medici della 47a brigata “d’élite” ammettono che le loro perdite sono a quattro cifre:

Fate i conti. Si dice che una brigata ucraina sia composta in linea di massima da 4.000 uomini, ma, secondo quanto riferito, molte o addirittura la maggior parte di esse ne hanno solo 2.000 – 3.000. Le perdite a quattro cifre significano che circa la metà della brigata o più è stata completamente spazzata via, un fatto purtroppo già corroborato dai documenti trapelati che ho presentato in precedenza.

Ma c’è di peggio. Ricordiamo che la principale consolazione degli opinionisti occidentali, in particolare per il recente colpo al Challenger, è che almeno gli equipaggi dei blindati occidentali sopravvivono dopo essere stati colpiti, a differenza – sostengono – di quelli dei blindati di fabbricazione russa. Tra questi ci sono i Bradley, che si dice siano infinitamente più ergonomici, più sicuri e più resistenti rispetto ai BMP russi.

Beh, vi lascio decidere con questa ultima, orribile sezione:

Sembra proprio un esempio di sopravvivenza.

Ora diventa così chiaro come decenni di propaganda occidentale abbiano costruito il loro equipaggiamento con riconoscimenti e distinzioni fraudolente e non meritate. Ora, nella loro prima vera prova contro un nemico reale, le bugie crollano.

Naturalmente, orrori come quelli sopra descritti sono sottolineati dagli ammutinamenti settimanali che si verificano all’interno dei ranghi dell’AFU. Solo negli ultimi due giorni abbiamo avuto due nuovi video, uno della 46ª Brigata aeromobile dell’AFU che combatte sulla linea di Zaporozhye:

L’altro da un’unità sul fianco destro del fronte di Kherson:

Entrambi lamentano problemi e morale basso, che è abbastanza universale in tutti i ranghi dell’AFU, a parte alcune unità nazionaliste irriducibili.

Avete mai giocato a uno di quei giochi di strategia in tempo reale in cui ogni unità accumula “punti esperienza” più a lungo rimane in vita, rendendola più forte, infliggendo più danni e così via? È un’analogia abbastanza azzeccata di come sarà il prossimo anno. Le unità russe subiscono molte meno perdite e quindi accumulano un sacco di esperienza che le rende più forti, più resistenti, più precise e intraprendenti, ecc. L’Ucraina, d’altro canto, viene costantemente rifornita di scorte sempre più nuove e sempre meno in forma, tra cui invalidi, geriatrici, ora donne, ecc.

Ciò significa che entro l’anno prossimo la maggior parte delle truppe russe avrà l’equivalente di una valutazione XP a tre stelle sopra la testa, mentre quelle dell’AFU saranno fresche di 0 stelle. Il risultato finale sarà che le perdite dell’AFU assumeranno una disparità sempre meno “lineare” e inizieranno a diventare paraboliche. Qualunque sia il rapporto di uccisioni attuale, non potrà che peggiorare entro l’anno prossimo, dato che le truppe russe esperte saranno messe a confronto con coscritti non addestrati e pressati.

Il risultato più importante di questi rapporti è la cieca speranza che l’Occidente possa in qualche modo “mantenere la rotta” e continuare a soddisfare i bisogni dell’Ucraina fino al prossimo anno. Ma abbiamo già visto che non solo sono previsti forti tagli ai finanziamenti, ma non c’è più molto equipaggiamento di punta da inviare, ed è per questo che si sta già raschiando il fondo del barile con cose come i vecchi Leopard 1 piuttosto che la serie 2. Inoltre, gran parte dell’auspicato sostegno ai soldati è stato dato in cambio di un’offerta di armi.

Inoltre, gran parte della sperata solidarietà europea/occidentale nella produzione di armi non si è realizzata. Le vuote promesse di massicci incrementi di produzione sono state fatte con la presunzione di consorzi di nuova formazione in grado di lavorare insieme per aprire nuove fabbriche e pompare enormi quantità di proiettili. Ma nulla di tutto ciò si è verificato, poiché le aziende hanno invece tentennato e giocato con il tempo, troppo caute per investire in una proposta dubbia. Per esempio, questa nuova “battuta d’arresto” esemplificativa:

La Russia, invece, comprende l’aspetto economico della guerra. Andrei Martyanov ne ha parlato di recente nel suo nuovo video su Alexander Svechin, considerato uno dei principali teorici militari russi, il “Clausewitz russo”. Dagli scritti di Svechin, Martyanov sottolinea quanto la dottrina russa sia profondamente intrisa di considerazioni economiche sulla guerra:

E poiché, come afferma Martyanov, Gerasimov è un grande devoto di Svechin, possiamo dedurre che la Russia è ben consapevole delle dimensioni economiche.

Altro dal video:

 

Questo riassume le prospettive. Credo che la Russia, nonostante le sue a volte apparenti vacillazioni o l’atteggiamento non impegnativo di Putin nel definire rigorosamente gli obiettivi del conflitto, abbia in realtà un piano concreto, che è più o meno quello descritto sopra. Il piano è sostenuto da una sinergia tra esercito e industria, che sta lavorando per fornire il tipo di produzione in costante aumento che mira a spingere l’Ucraina in un abisso di deficit di logoramento. Alla fine si tratta di un semplice gioco di numeri, e le dottrine e le teorie militari russe hanno da tempo stabilito tutti i parametri per macinare una vittoria di questo tipo con la stessa applicazione sistematica e pratica di un maestro di scacchi che applica una teoria di apertura sommaria contro un avversario principiante.

Mancando la capacità di ottenere vere scoperte strategiche o vittorie sul campo di battaglia, l’unico compito dell’Ucraina d’ora in poi è quello di continuare a creare una serie di “gettoni” di gestione della percezione che possono essere usati per guidare il sentimento e la convinzione dell’opinione pubblica quel tanto che basta per raggiungere il prossimo “gettone”.

Per esempio, il gettone di percezione dell’F-16 è ancora lontano: un abisso di perdite senza speranza si trova da qui ad allora. Per evitare il crollo della fiducia dell’opinione pubblica e del sostegno delle nazioni occidentali, l’Ucraina dovrà ottenere un nuovo giocattolo scintillante per colmare il divario e gestire brevemente la percezione dell’opinione pubblica fino a quando gli F-16 non saranno sistemati. Al momento della stesura di questo articolo, sembra che il nuovo e immediato gettone di percezione sarà il missile ATACMS, in quanto sono trapelati nuovi accenni da parte dell’amministrazione Biden che implicano che sono molto vicini al via libera per questa prossima wunderwaffe.

Se dovesse essere consegnato, l’ATACMS sarà usato per fare un paio di grossi colpi da qualche parte – molto probabilmente un’area civile non protetta dall’AD nel Donbass – che saranno grossolanamente confezionati e venduti, come sempre, dalla stampa mainstream come un “colpo devastante” a un presunto “nodo critico C2/C3” russo o a una retrovia logistica. Questo riavvierà il ciclo della speranza in una qualche “vittoria” ucraina, che continuerà con ritorni sempre minori, ogni nuova “wunderwaffe” non solo avrà un impatto sempre minore, ma anche una durata di vita sempre più breve. Anche se è difficile immaginare quanto più breve possa essere rispetto alle fiamme di una settimana dello Storm Shadow o del JDAM, ma ciò non significa che non si cercherà di estendere il suo significato.

Il prossimo anno sarà certamente un periodo estremamente ricco di eventi, che culminerà con l’apice del ciclo elettorale americano. Sarà interessante vedere se l’establishment al potere sarà finalmente costretto a tagliare la corda e a gettare l’Ucraina sotto l’autobus o se oserà rischiare qualche escalation da cigno nero alla vigilia delle importantissime e storiche elezioni. Per ora, l’Ucraina continuerà a sanguinare per la galleria, mentre la macchina da guerra russa finirà di allacciare con calma la sua armatura in preparazione del colpo di grazia.

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Michael Vlahos: L’Ucraina avrà lo stesso destino del Sud nella guerra civile americana

Michael Vlahos: L’Ucraina avrà lo stesso destino del Sud nella guerra civile americana

Il giornalista danese Flemming Rose intervista Michael Vlahos[1]


AGON
[2]

5 SETTEMBRE 2023

 

 

L’esercito ucraino è destinato al collasso? Lo storico militare americano Michael Vlahos ha una visione eterodossa della questione. Con il giornalista danese Flemming Rose[3] ha discusso dello stato della guerra.

Per la rubrica Pensiero libero di questa settimana ho parlato con l’analista militare statunitense Michael Vlahos, che ritiene che l’esercito ucraino si stia avviando al collasso. Vlahos prevede che la Russia vincerà la guerra e che Putin si attesterà al confine quando inizieranno i negoziati sul futuro dell’Ucraina.

 

L’Ucraina ha il coltello dalla parte del manico?

Non so voi, ma io credo che sia difficile capire l’andamento della guerra in Ucraina.

Nonostante le fosche notizie dal fronte dei principali media statunitensi – “Washington Post”, “Wall Street Journal” e “New York Times” – gli esperti occidentali continuano a insistere sul fatto che l’Ucraina sta avendo la meglio.

La scorsa settimana, l’analista della sicurezza Mark Galeotti ha dichiarato sul quotidiano britannico “The Sunday Times” che “l’Ucraina sta vincendo la guerra”, anche se questa continuerà fino al 2024. Lo stesso quadro viene dipinto da uno dei principali commentatori americani di affari esteri, David Ignatius, sul “Washington Post”, dove prevede che quest’anno, come risultato dell’offensiva in corso, l’Ucraina potrebbe riuscire a tagliare il corridoio terrestre della Russia verso la Crimea, minacciando così il controllo di Mosca sulla penisola di importanza strategica.

Nella rivista “Foreign Affairs”, quest’estate lo storico militare Lawrence Freedman ha sostenuto che il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky è più forte che mai, mentre tutte le tendenze del conflitto – militari, economiche e diplomatiche – vanno a favore dell’Ucraina, e che il Presidente russo Vladimir Putin è quindi sempre più sotto pressione. Secondo Freedman, non gli restano alternative valide.

Infine, l’esperto di sicurezza americano Edward Luttwak riconosce, in un’analisi pubblicata sul media digitale UnHerd, che l’offensiva ucraina probabilmente non è andata come desiderato, ma Luttwak crede ancora che l’Ucraina, con una mobilitazione di 2-3 milioni di uomini, possa vincere la guerra e liberare i territori occupati.

Tuttavia, Luttwak basa la sua previsione su una popolazione ucraina di 30 milioni di abitanti. Questo numero si riferisce al gennaio 2022. In un’analisi del think tank Jamestown Foundation, collegato alla comunità di intelligence americana, si afferma che la popolazione ucraina si è oggi ridotta a soli 20 milioni, un po’ più dei Paesi Bassi, ma meno di Taiwan. E di questi 20 milioni, secondo la Jamestown Foundation, più della metà è costituita da pensionati: 10,7 milioni.

Jamestown stima che circa 2 milioni di ucraini siano mobilitati, il che corrisponde a circa il 10% della popolazione. Si tratta di un numero elevato, che in altre guerre ha avuto conseguenze negative per l’economia di un Paese. È il caso della Finlandia durante la Seconda guerra mondiale e del Vietnam del Sud durante la guerra del Vietnam. Secondo il Parlamento ucraino, c’è una carenza di manodopera nel settore energetico e nella produzione industriale e di armi, perché i dipendenti sono stati mobilitati.

A ciò si aggiunga che negli ultimi tre mesi l’esercito ucraino è riuscito a reclutare solo circa la metà del numero previsto. Questo è il motivo per cui il Presidente Zelensky ha licenziato i capi di tutti gli uffici di reclutamento del Paese, denunciandone la corruzione. Questa è senza dubbio una parte della spiegazione, ma potrebbe anche essere che, semplicemente, non ci sono più abbastanza persone in Ucraina.

Alla luce di ciò, si possono nutrire dubbi sul realismo della previsione di Luttwak di una vittoria ucraina sulla base dei calcoli che presenta.

Ciononostante, un’ampia gamma di esperti occidentali ritiene che l’Ucraina possa ancora vincere la guerra. E forse hanno ragione.

 

Prevedere il collasso dell’Ucraina

 

Il sillabo dice che le democrazie sono più brave delle tirannie a fare la guerra. Non c’è alcuna base empirica e storica per questo. Fa parte della dottrina religiosa americana, che non si cura della realtà.

 

Lo storico militare americano Michael Vlahos è di opinione diversa. Prevede un collasso dell’esercito ucraino, e ritiene che esso si trovi in una situazione che per molti versi può essere paragonata al destino degli Stati del Sud nella Guerra Civile americana. Allo stesso tempo, ipotizza che l’esercito russo uscirà da questa guerra come forse il più forte del mondo.

Vlahos – come suggerisce la valutazione radicale di cui sopra – non è uno di quelli a cui piace marciare a tempo. Una volta ha lasciato il suo lavoro presso un istituto di istruzione superiore perché si era stancato delle persone che dicevano una cosa e facevano il contrario.

Il dottor Vlahos spiega:

Tutti continuavano a parlare di pensiero critico. Gli insegnanti e la direzione hanno detto agli studenti: Siamo qui per insegnarvi il pensiero critico”. E sebbene il “pensiero critico” sia stato menzionato un totale di 24 volte nel programma, lo scopo di un programma dettagliato di 186 pagine, in cui le risposte “corrette” si trovano in una pagina su due, non è quello di insegnare agli studenti a pensare in modo critico. Le risposte “corrette” sono state ripetutamente inculcate nella testa degli studenti. Tutto seguiva un rigido manuale, e tutte le risposte corrette erano note in anticipo. Mi ha provocato una ribellione intellettuale, e alla fine non l’ho più sopportato“.

 

Può fare un esempio?

 

Il programma diceva che le democrazie sono più brave delle tirannie a fare la guerra. Non c’è alcuna base empirica e storica per questo. Fa parte della dottrina religiosa americana, che non si cura della realtà“.

 

Penetrare il mistero della guerra

 

Torneremo su questo argomento quando parleremo della religione civile e della visione dogmatica del mondo degli Stati Uniti, ma prima dobbiamo saperne un po’ di più sul background di Michael Vlahos.

Vlahos ha una lunga carriera alle spalle, durante la quale ha insegnato guerra e strategia alla Johns Hopkins University di Washington e all’università della Marina statunitense, il Naval War College di Rhode Island. Vlahos ha lavorato anche per la CIA, e alla fine degli anni ’80 è stato capo della ricerca del Dipartimento di Stato americano. Negli ultimi anni ha collaborato con l’Institute for Peace & Diplomacy di Washington ed è autore del libro Fighting Identity: Sacred War and World Change[4]. Vlahos fa risalire il suo interesse per la storia della guerra alla prima infanzia, quando i suoi genitori gli regalarono una storia illustrata del mondo, e a quel tempo la guerra occupava gran parte della storia. Spiega:

Ho trascorso la maggior parte della mia vita professionale a capire il mistero della guerra e il motivo per cui la guerra è così centrale nella vita e nella morte delle civiltà e come la guerra sia servita come forza positiva e negativa nell’evoluzione umana“.

 

Tre fattori decisivi

All’inizio di agosto, Vlahos ha pubblicato un saggio sensazionale sulla rivista conservatrice Compact con il titolo drammatico “L’esercito ucraino sta cedendo“.[5]

Secondo Vlahos, è l’interazione di tre fattori che può causare il crollo di un esercito. In primo luogo, quando l’ottimismo iniziale e la fiducia nella vittoria si trasformano nella percezione che la guerra non può essere vinta. Proprio questo cambiamento di umore, dice Vlahos, può essere rintracciato nella società ucraina e al fronte, dove molti esprimono che l’obiettivo dichiarato della vittoria – il ripristino dei confini dell’Ucraina dal 1991 – non è più realistico.

In secondo luogo, sottolinea Vlahos, un punto di svolta critico si verifica se il sostegno esterno degli alleati inizia a diminuire. Nessun alleato occidentale lo dice apertamente, ma i politici ucraini si rendono conto di essere sottoposti a forti pressioni da parte di diversi Paesi occidentali affinché inizino i negoziati per porre fine alla guerra; e questa settimana, uno dei più forti sostenitori dell’Ucraina al Congresso, il repubblicano Andy Harris, che è presidente di un gruppo di sostegno all’Ucraina alla Camera dei Rappresentanti, ha osservato che l’offensiva di quest’estate è fallita e che è improbabile che l’Ucraina vinca la guerra, e che è quindi giunto il momento di ridurre il sostegno americano. Allo stesso tempo, il “Wall Street Journal” ha scritto, in un articolo sensazionale di qualche settimana fa, che i responsabili militari occidentali sapevano in anticipo che Kiev non aveva né l’addestramento necessario né le armi – dalle granate ai jet da combattimento – per respingere le forze russe.

In terzo luogo, la volontà di combattere di un esercito si avvicina a un punto di svolta critico, secondo Michael Vlahos, quando l’atteggiamento nei confronti di coloro che all’inizio della guerra hanno mostrato la via della vittoria e del trionfo, e che sono stati acclamati come eroi, diventano oggetto di critiche e alla fine vengono bollati come bugiardi e truffatori.

 

 

 

Un confronto con la Prima guerra mondiale

 

In Ucraina, questa tendenza si manifesta con una spaccatura tra il capo dell’esercito Valery Zaluzhny, da un lato, e il presidente Zelensky e la sua cerchia ristretta, dall’altro. Gli osservatori sottolineano che Zaluzhny era contrario all’offensiva di quest’estate, mentre Zelensky, a seguito delle pressioni esercitate in particolare dagli Stati Uniti, ha insistito per lanciarla. Se l’offensiva si concluderà con un fallimento, con perdite così pesanti che l’Ucraina non sarà in grado di ricostituire le sue forze, il Paese devastato dalla guerra rischia di precipitare in una resa dei conti politica interna su responsabilità e colpe, si legge nell’articolo.

Come dicevo, Michael Vlahos ritiene che tutti e tre i fattori siano ora in gioco in Ucraina, e che questo mini il morale.

Fa un paragone con la Prima guerra mondiale del 1914-1918, quando sei dei sette eserciti delle grandi potenze crollarono. Questo portò alla resa, all’ammutinamento e alle rivoluzioni. In quattro anni, la Germania perse il 3,1% della sua popolazione e la Francia il 3,6%. Vlahos stima che in un solo anno e mezzo l’Ucraina abbia perso il 2,5% della sua popolazione attuale, sotto forma di morti e feriti che non possono tornare sul campo di battaglia. Ciò corrisponde a 250.000 persone. Vlahos sospetta che i numeri possano essere più alti, ma per preservare il morale della popolazione ucraina sono un segreto di Stato. Secondo i documenti dell’intelligence americana, trapelati in primavera, all’epoca l’esercito ucraino aveva perso circa 130.000 tra morti e feriti. Vlahos insiste anche sul fatto che recentemente è emerso che fino a 50.000 ucraini hanno perso almeno una parte del corpo, un braccio, una gamba o altro. La cifra, per la Germania nella Prima Guerra Mondiale, è stata di 67.000 mutilati, in una guerra in cui la Germania ha perso 1,7 milioni di morti al fronte e 450.000 civili su una popolazione di 65 milioni.

 

Le perdite dell’Ucraina sono maggiori delle russe

 

Ma, sottolinea Vlahos, i dati sulle perdite non sono, alla fine, decisivi per la capacità di un esercito di continuare a combattere. Anche gli eserciti più logori continueranno a combattere, se credono nella causa. L’esercito britannico perse 60.000 uomini nel primo giorno della battaglia della Somme nel luglio 1916, mentre l’Italia ne perse 350.000 in 17 giorni a Caporetto, nell’autunno del 1917. Ma entrambi gli eserciti continuarono la guerra.

In contrasto con una convinzione diffusa in Occidente, Vlahos ritiene che l’Ucraina abbia subito perdite significativamente maggiori rispetto ai russi, salvo che nella prima fase della guerra. Lo sfondo del suo calcolo è il rapporto di forza dei cannoni e dei proiettili di artiglieria, dove si ritiene che i russi abbiano una preponderanza compresa tra 5:1 e 10:1. Proprio questo tipo di armi è stato il più letale in questa guerra, quindi, a meno che l’esercito russo non abbia sparato a casaccio, questa differenza sarà a suo favore, dice Vlahos. Durante la Prima guerra mondiale, le perdite dovute al fuoco dell’artiglieria rappresentavano il 70% di tutte le perdite, e Vlahos ritiene che questa sia un’eccellente linea guida per comprendere le cifre delle perdite nella guerra attuale. Inoltre, ritiene che i russi siano stati più bravi ad adattarsi agli sviluppi sul campo di battaglia.

 

Nessun congelamento del conflitto

Vlahos non crede che la guerra si concluderà con un conflitto congelato. Prevede invece una vittoria russa, in cui l’Ucraina e l’Occidente saranno costretti ad accettare le richieste di un’Ucraina neutrale senza una difesa significativa. L’Ucraina rischia di diventare grande come la Bielorussia, sia in termini di territorio che di popolazione, e proprio come la Bielorussia senza accesso al mare.

Se dovesse indicare un esempio dalla storia della guerra, simile a quello che vediamo in Ucraina, quale sarebbe?

La guerra civile americana ha avuto una dinamica simile, per molti aspetti. L’Ucraina è simile agli Stati del Sud. Anche loro, come l’Ucraina, avevano grandi potenze che li sostenevano. Hanno tenuto in piedi gli Stati del Sud. Gli inglesi regalarono agli Stati Confederati 1 milione di fucili. Furono i britannici ad attaccare segretamente le navi commerciali degli Stati del Nord. Stavano in effetti conducendo una guerra per procura contro gli Stati del Nord. I britannici inviarono anche la loro flotta alle Bermuda, dove protessero il naviglio confederato che attuava il blocco navale. Il modo in cui la Gran Bretagna ha agito nella guerra civile americana è esattamente quello che gli Stati Uniti stanno facendo oggi alla Russia in relazione alla guerra in Ucraina“.

 

Gli Stati del Sud avevano lo stesso obiettivo dell’Ucraina

 

E lei pensa che in Ucraina il risultato sarà lo stesso della guerra civile?

Il Nord era diverse volte più grande del Sud, proprio come la Russia è diverse volte più grande dell’Ucraina. Gli Stati del Nord erano molto più ricchi di quelli del Sud e possedevano la maggior parte dell’industria, e lo stesso vale nel rapporto tra Russia e Ucraina“. Vlahos sottolinea le enormi perdite subite dagli Stati del Sud durante la guerra civile americana. Un milione di uomini servì nell’esercito confederato, di cui 350.000 morirono e circa 200.000 furono feriti.

 

È incredibile che gli Stati del Sud abbiano potuto resistere così a lungo. Hanno perso circa lo stesso numero di uomini degli Stati del Nord, ma gli Stati del Nord avevano una popolazione più che doppia. Gli Stati del Sud avrebbero potuto resistere più a lungo se avessero investito di più nella difesa, ma invece attaccarono e invasero gli Stati del Nord per quattro volte. Subirono perdite enormi“.

 

Perché lo fecero allora?

Volevano convincere la Gran Bretagna e la Francia a entrare in guerra al loro fianco, e credevano che questo sarebbe potuto accadere se avessero ottenuto una vittoria spettacolare. Così il generale Robert E. Lee combatté per molti versi la stessa guerra in cui è costretta ora l’Ucraina. Ma ciò contribuì solo ad accelerare il crollo degli Stati del Sud. Furono completamente distrutti e gli ci vollero 100 anni per riprendersi. È lo stesso tragico sviluppo a cui stiamo assistendo in Ucraina“.

 

Anche gli Stati del Nord sono partiti male

 

E proprio come la Russia in Ucraina, anche gli Stati del Nord sono partiti male all’inizio della guerra civile?

Sì, nonostante la preponderanza demografica, la prosperità e la capacità industriale, all’inizio l’esercito degli Stati del Nord non era molto capace. Persero molte battaglie e diversi generali passarono dalla parte dei Confederati, ma durante i quattro anni di guerra il Nord imparò a combattere, e alla fine fu un esercito superbo a ribaltare le sorti della battaglia“.

 

I media aziendali seguono la narrazione del governo, come faceva la Pravda nell’Unione Sovietica.

 

Pensa che lo stesso stia accadendo all’esercito russo?

Sì. È un elemento di tutte le guerre. Certo, si può perdere e allora è finita, ma se una guerra dura abbastanza a lungo, si impara e si diventa più bravi a combattere. Abbiamo visto la stessa cosa durante le guerre napoleoniche all’inizio del 1800. Nei primi anni, Napoleone travolse un esercito europeo dopo l’altro, ma col tempo gli altri impararono a combattere e la cosa si concluse, come è noto, con la caduta di Napoleone. Ci sono voluti 10 anni, ma la curva di apprendimento dei russi in Ucraina è molto più veloce. Si sono adattati e innovati, e hanno aumentato la produzione di armi e munizioni. I russi potrebbero ora produrre 3-6 milioni di proiettili all’anno, mentre gli Stati Uniti possono fornirne 24.000 al mese“.

 

La battaglia per la narrazione

 

Quando parlano il Presidente Biden, i suoi ministri, i suoi consiglieri e i suoi capi dell’intelligence, sento una storia molto diversa. Tutti dicono all’unisono che la Russia ha già perso la guerra. Come dobbiamo interpretarlo?

Stanno conducendo una guerra con l’obiettivo di controllare la narrazione, e possono farlo perché la maggior parte della popolazione americana non è mai stata interessata a scoprire cosa sta realmente accadendo. I media mainstream seguono la narrazione del governo come faceva la “Pravda” nell’Unione Sovietica. All’inizio della guerra, si pensava che l’economia russa sarebbe crollata a causa di un rigido regime di sanzioni. E poiché l’impresa iniziale dei russi è fallita, si è detto che erano primitivi, selvaggi e irrimediabilmente incompetenti, e che non avrebbero mai potuto imparare perché bloccati nella loro mentalità e dottrina militare sovietica“.

 

Vlahos prosegue:

Quando la realtà ha iniziato a cambiare, non c’è stato alcun adattamento da parte nostra, e quando si è così concentrati a vincere la battaglia per il controllo della narrazione, indipendentemente da ciò che accade nella realtà, si finisce per credere a ciò che si racconta. E il rischio di promuovere una narrazione in contrasto con la realtà è che non solo crea aspettative irrealistiche. Finisce anche per esploderti in faccia e minare la fede e la fiducia in coloro che l’hanno propagata“.

 

La visione apocalittica dell’America

 

E ora arriviamo alla religione civile americana, cioè alla dottrina religiosa che, secondo Michael Vlahos, guida gli Stati Uniti, e di cui vede l’impronta anche in Ucraina.

 

Vlahos afferma che:

L’America è la patria del nazionalismo più riuscito e più estremo, che nasce dall’universalismo e dalla convinzione di aver ricevuto dal Creatore il compito divino di portare l’umanità sulla retta via, e di punire e sradicare tutto il male del mondo. Questa narrazione sacra attraversa la storia americana come un filo conduttore“.

 

Come si manifesta in Ucraina?

Qui vediamo la rievocazione di una narrazione che è stata tramandata dal XX secolo, due guerre mondiali e una guerra fredda, ma che in realtà risale alla Guerra Civile e alla Rivoluzione Americana. Si tratta del fatto che c’è un male nel mondo che deve essere combattuto e che l’America deve salvare il mondo da ogni male. Durante la guerra civile erano gli schiavi a dover essere salvati dal male, oggi sono gli ucraini a dover essere salvati dalla Russia malvagia, anche se la base della visione statunitense della Russia come epitome del male, il comunismo, è scomparsa. Tutti i nostri colpi di Stato e i tentativi di rovesciare militarmente i governi di tutto il mondo sono stati guidati dalla stessa narrazione. Dovevamo salvare tutti gli infelici, ma naturalmente è diventato più difficile perché si vedeva che non stava andando come si predicava“.

 

Non si tratta dell’Ucraina

 

E pensa che questo stia accadendo anche in Ucraina?

L’obiettivo di questa guerra non riguarda l’Ucraina, i bisogni e gli interessi ucraini. Si tratta della visione apocalittica che l’America ha del mondo. Il nostro compito è trasformare il mondo intero in una democrazia, e creare un nuovo ordine mondiale. Secondo questa narrazione sacra, l’America non può perdere perché noi siamo guidati da una provvidenza divina, abbiamo Dio o la Giustizia dalla nostra parte, e anche quando le cose vanno male più e più volte, noi andiamo avanti. Questo perché la nostra strategia è dominata dalla concezione di chi siamo. Non agiamo razionalmente, siamo guidati da un impulso religioso. Questa guerra finirà con l’opposto di ciò che l’America voleva“.

Cosa farà il Presidente Biden se le cose andranno come lei prevede? Dopo tutto, rischia di dover affrontare una sconfitta nel bel mezzo di una campagna elettorale.

Sarà un duro colpo. Possiamo già vedere i primi segni del modo in cui Washington imposterà la narrazione. Si dovrà dire: ‘Abbiamo fatto il possibile per l’Ucraina, abbiamo dato loro tutto ciò che chiedevano e li abbiamo addestrati, ma non erano all’altezza del compito’. Possono anche scegliere di gettare Zelensky sotto l’autobus e sottolineare l’enorme corruzione che è stata fatale per la guerra ucraina. Somiglierà un po’ all’Afghanistan, ma il collasso ucraino sarà qualcosa di completamente diverso, e prima o poi usciranno le cifre delle vittime. Sono gigantesche, quindi a un certo punto diverrà chiaro che gli Stati Uniti hanno bloccato i negoziati di Kiev con i russi, e sacrificato un intero Paese in nome della nostra vanità, del nostro narcisismo e delle nostre ambizioni eccessive“.

[1] https://www.agonmag.com/p/vlahos-ukraine-shares-same-fate-as?utm_source=post-email-title&publication_id=1191729&post_id=136547430&isFreemail=true&r=9fiuw&utm_medium=email

 

 

[2] https://substack.com/@agonmag

[3] https://frihedsbrevet.dk/militaerhistoriker-ukraine-deler-skaebne-med-sydstaterne-i-den-amerikanske-borgerkrig/

[4]  Vlahos, Michael (2008). Fighting Identity: Sacred War & World Change. Westport, Connecticut: Praeger Security International. https://www.libraryofsocialscience.com/ideologies/resources/vlahos-fighting-identity/

[5] https://compactmag.com/article/the-ukrainian-army-is-breaking

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