Le liturgie e i meccanismi della Unione Europea_con Francesca Donato

Le tre emergenze imposte in questi ultimi tre anni, l’emergenza ambientale e la conversione energetica, la crisi pandemica, la crisi bellica in Ucraina ha messo a nudo le peculiarità fondative di questa Unione Europea le quali, più che valorizzare, tendono ad inibire le pulsioni e le aspirazioni di autonomia politica e pregiudicare le potenzialità di sviluppo dei paesi della comunità. Le liturgie ed il lirismo che ammantano le iniziative più importanti delle istituzioni europee riescono ad imporre con sempre maggiore difficoltà la propria narrazione. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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ALLA GUERRA DEI TRE REGNI, VINCE SUN TSU_quadrilogia di Antonio de Martini

ALLA GUERRA DEI TRE REGNI, VINCE SUN TSU

SE QUALCUNO SI ILLUDEVA DI FAR SCHIERARE XI, SI E’ SBAGLIATO. COMBATTONO SOLO GLI STUPIDI.

L’impero Asburgico, oltre all’Austria e all’Ungheria, comprendeva una serie di territori e regioni che coprono le aree oggi in contenzioso tra est e ovest: Boemia, Moravia, Slovacchia,Galizia, ( oltre beninteso ai più vicini a noi : Transilvania, Slovenia, Croazia, Bosnia, Erzegovina, Croazia, Dalmazia) con non meno di dieci gruppi etnici differenti, 62 milioni di persone, unite dall’idea imperiale e gestite da dieci milioni di austriaci e otto di ungheresi.

La caduta , quasi contemporanea ( 1917 e 1918)dei due imperi -Austriaci e russi- che si contendevano il predominio in quell’area e il lungo congelamento della guerra fredda ha portato fino a noi il contenzioso che all’epoca fu risolto.

Evito di tracciare la storia dell’Ucraina sulla quale ciascuno ha le sue idee e vengo al periodo attuale.

L’ANTEFATTO

ll governo statunitense, promosso il golpe di piazza del 2014 e insediati nel nuovo governo ucraino tre cittadini stranieri, ( Natalie Jaresko, cittadina USA, al ministero delle Finanze, Aivaras Abromavicius lituano, ex dipendente del Dipartimento di stato USA, Aleksandr Kvitashvili, georgiano ( dove fu nominata ministro dell’Economia una neo laureata americana ), ritenne di aver vinto la partita in quella parte del mondo e di aver anche inibito alla Russia l’accesso al mar nero e quindi al Mediterraneo, dove avrebbe potuto contare sul solo porto di Tartous, in Siria.

Nikita Khrushev, che per tutta la carriera era stato segretario del Partito comunista ucraino ( unico stato dell’URSS, assieme alla Bielorussia, rappresentato all’ONU assieme alla Russia), in una riforma amministrativa, aveva avuto la debolezza di attribuire la Crimea e la costa adiacente, con Odessa, all’Ucraina.

Trovandosi con una flotta e senza un porto, se non Sebastopoli in affitto, Putin si riprese quel che considerava suo, limitandosi alla Crimea. Adesso , dopo otto anni di tentativi di mettere all’ordine del giorno una regolarizzazione della situazione giuridica, ha commesso l’errore di ricorrere alla forza e – peccato ancor più grave- di usarla maldestramente.

L’errore strategico commesso dal governo americano del nord, sarà ancor più gravido di conseguenze , anche se nel medio termine: una serie di paesi, a partire dall’Ucraina e passando per l’Italia, sono in questi giorni attraversati da una nuova febbre patriottica e nazionalista, destinata nel medio termine a mettere in difficoltà le strutture governative attuali favorevoli agli USA.

I CONTAGIATI

Tra i paesi più “contagiati” e pronti a rituffarsi nelle politiche da “Questione d’Oriente” in cerca di perle, La Turchia e la Germania. Due ex imperi della grande guerra, in cerca di spazi politici ed economici, ma nell’ambito del Nuovo Ordine Mondiale.

Turchia: ex impero messo in crisi dalla grande guerra, ma salvata dall’attivismo nazionalista di Mustafa Kemal. poi Ataturk, aveva avuto l’intelligenza di star fuori dal secondo conflitto e riconoscere la supremazia americana, aderendo al patto Atlantico e – grazie all’appoggio inglese- al Consiglio d’Europa.

La nuova crisi balcanica ha permesso ai turchi di lenire il vulnus della mancata accettazione in seno alla UE, ma di rientrare appieno nella politica europea e in posizione invidiabile, sia militarmente che dal punto di vista del diritto internazionale.

Il problema Turco é capire quale sia lo spazio di manovra tra i due veri belligeranti ( USA e Russia) , al fine di preservare i propri interessi con entrambi.

Intanto, ha riconosciuto l’esistenza dello stato di guerra esistente tra Russia e Ucraina e questo le dà facoltà di chiudere gli stretti ( Bosforo e Dardanelli) alle navi da guerra: misura che soddisfa la richiesta di Zelenskiy e aiuta la Russia, inibendo la flotta occidentale che si é radunata nell’Egeo che é il punto più vicino alla zona dei combattimenti.

Alle due portaerei la “Truman” USA e la ” De Gaulle” francese, ieri é partita da Taranto per aggiungersi alla squadra la ” Cavour” italiana.

Ma lo spazio politico più complesso e irto di ostacoli é certamente quello con L’Unione Europea. Due anni fa il presidente Emanuel Macron dichiarò la “morte cerebrale” della NATO e Tajip Erdogan si era distinto litigando coi greci e rifiutando di avvallare l’attacco alla Libia. Adesso si impone una scelta tra Europa e NATO e l’ago della bilancia é nelle sue mani. Vuole fonti energetiche indipendenti e un mercato per le sue imprese. Une può averle dall’occidente e l’altro da Oriente….

Germania: Anche se strumentalmente criticata dal presidente Zelenskiy per aver continuato le importazioni di gas russo e per pretesi ritardi negli aiuti, la Germania ha effettuato una inversione a 180° in materia di politiche di Difesa e il 27 febbraio scorso, il neo cancelliere Olaf Scholz dichiarava che questo attacco alle porte dell’Europa rappresenta una ” Zeitenwende” ( cambiamento di epoca) .

La sua ministra degli Esteri Annalena Baerbock, verde, confermava giunto il tempo per “cambiare atteggiamento in materia di politica estera e sicurezza”.

Il cambiamento epocale abbandona due insulsi luoghi comuni pacifisti che sostenevano che ” uno stato debole che non minaccia nessuno é al riparo da minacce” . La seconda idiozia: ” il miglior modo di sottrarsi alla minaccia nucleare é di essere privi di tali armi”. Questi i verdi tedeschi di ieri. Da noi in Italia, questi belati provengono dal Quirinale e dallo Stato Maggiore della Difesa, benché siano al governo da oltre sette anni e nella NATO da settanta.

Non é la militarizzazione che conduce alla guerra. I nostri padri antichi lo sapevano i signori che ci governano, contestano questa saggezza dettata da tremila anni di esperienza e puntano all’appiattimento acritico e servile che contraddistingue gli italiani dal 1500. La riflessione che si impone e che é dimostrata dagli eventi di marzo e dai fatti Yugoslavia e di Siria ( e del nord Corea)é un’altra: chi ha in dotazione armi nucleari é indipendente e intoccabile. Chi no, no.

La conseguenza immediata del nuovo atteggiamento tedesco, comunque, é l’allineamento del bilancio della Difesa al 2% del bilancio , ossia 75 miliardi, che porterebbero la Germania ad essere il terzo bilancio della Difesa più importante al mondo, dopo gli USA e la Cina.

Questo, senza contare i cento miliardi stanziati a un fondo ” per la difesa” non di competenza del ministero omonimo: ricostruzione dell’Ucraina o armamento nucleare? lo sapremo anche troppo presto.

L’obbiettivo strategico della Germania, é quindi l’acquisizione della posizione di primo della classe nello schieramento USA e leader regionale europeo, con tanti saluti alle chiacchiere di afd sull’autonomia decisionale tedesca, a quelle di Johnson con le sue patetiche imitazioni di Churchiill e ai capricci elettorali di Macron.

L’obbiettivo tattico, é l’acquisizione dell’Ucraina – o di quel che resterà dopo la spartizione- nella propria sfera di influenza a completamento del proprio spazio vitale.

IL CONTENZIOSO E I CONTENDENTI

La vicenda va inquadrata riportando pari pari “Le Monde Diplomatique” dello scorso mese di febbraio per la penna di David Teurtrie ( autore di un libro sul ” ritorno della potenza russa” edito da Colin) , poco prima dell’inizio dello scontro: ” Il malinteso risale al crollo del blocco comunista del 1991. Logicamente, la scomparsa del patto di Varsavia, avrebbe dovuto portare alla dissoluzione della NATO, creata per far fronte alla “minaccia sovietica” ( la Francia era d’accordo). Ma gli Stati Uniti hanno spinto allora verso l’allargamento a estdelle strutture NATO per consolidare il loro predominio in Europa.

  • Nel 99, la NATO, (sempre sotto comando statunitense) effettua il suo primo allargamento integrando Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia e annunzia il proseguimento del processo verso la frontiera sovietica.
  • Nel frattempo, la NATO, interviene militarmente e senza l’accordo del Consiglio di sicurezza dell’ONU, e questo trasforma la NATO, (organizzazione fino allora difensiva) in una alleanza offensiva, il tutto in violazione del diritto internazionale.
  • Nel 2003 L’invasione dell’Irak da parte di truppe americane ( basata su una menzogna- tutti si ricordano di Colin Powell, segretario di Stato del Presidente George Bush, brandente una falsa fiala di antrace , davanti all’assemblea ONU) , costituisce una nuova violazione del diritto internazionale, denunziata da Parigi,Berlino e Mosca congiuntamente.
  • – Negli anni seguenti, gli Stati Uniti annunciano di voler installare elementi del loro scudo antimissili in Europa dell’Est, in contrasto con l’atto fondante Russia -Nato ( firmato nel 1997) che garantiva Mosca da nuove installazioni militari permanenti occidentali. ( commento: non penso che gli americani siano pronti ad accettare una base militare russa vicina alla loro frontiera, ad esempio in Messico…)
  • Aprile 2008 Gli USA esercitano una forte pressione sugli alleati europei per approvare il desiderio di Georgia e Ucraina di far parte della NATO, mentre la maggior parte degli ucraini si dichiara, all’epoca, contraria
  • Allo stesso tempo, gli USA spingono a riconoscere l’indipendenza del Kosovo, non riconosciuto da gran perte della comunità internazionale( una ex provincia serba dell’ex Yugoslavia strappata per intervento militare NATO l’accordo del Consiglio di sicurezza ONU), il che costituisce un altra violazione del diritto internazionale, perché, all’epoca , si tratta giuridicamente, di una provincia serba ( commento: é appena il caso di ricordare che la creazione di questo stato artificiale che é il Kosovo, non riconosciuto da gran parte della comunità internazionale, ha permesso agli Stati Uniti di installarvi la più grande base militare d’Europa, vicina alla Russia). Conosciamo il seguito, avendo gli occidentali aperto il vaso di Pandora dell’interventismo e della intangibilità delle frontiere sul continente europeo, la Russia, sentendosi accerchiata, interviene in Georgia nel 2008 e, poi, riconoscendo l’indipendenza dell’Ossezia del Sud e dell’Abkazia ecc.” Fine della citazione.

La Russia, vittima della sua stessa incompetenza amministrativa e giuridica ( avrebbe potuto invocare gli articoli 52 e 53 della carta delle Nazioni Unite contro il risorgere del nazismo rinunziare al diritto di veto) e con precedenti specifici in materia di soluzione violenta delle problematiche, é inciampata in una trappola ben congegnata. Pur sapendo che le potenze occidentali cercano ormai sempre di entrare in guerra con le vesti dell’aggredito, si é lanciata all’attacco, nella certezza di dover affrontare solo le sanzioni ( probabilmente previste) , ma sottovalutando il posizionamento di paese più odiato del mondo a seguito di una campagna propagandistica tempestiva ( al punto di far pensare a un preordinamento) e di una violenza verbale inusitata persino tra belligeranti.

Gli Stati Uniti, rectius, il suo governo, hanno potuto, dopo un decennio e più di isolamento politico e morale, riuscire a coagulare nuovamente il “mondo libero” e la NATO attorno a un problema percepito da tutti. Adesso si sentono ancora una volta i leaders del mondo libero e hanno anche ottenuto il sospirato stanziamento del 2% del Bilancio per la Difesa da tutti i membri NATO, perfino dall’Italia e dalla Germania che scusandosi coi suoi precedenti guerrafondai, dava finora prova di zelo risparmiando all’osso sulle spese militari.

L’Ucraina: Dotata frettolosamente, ma in anticipo, di armi anticarro autoguidate a doppia carica esplosiva e con impatto dall’alto, di nuova generazione, e di una valanga di promesse di intervento che non possono esserci, si affida ai battaglioni della milizia ausiliaria , decretati come neonazisti, ma sono almeno nazionalisti esasperati, assistiti da tecnici occidentali ed eccitati da una propaganda martellante.

Hanno preso in contropiede un esercito che immaginava di procedere a un ingresso trionfale tipo Anchluss e tentano ricatti morali e minacciano apocalissi nucleari spaventando i pantofolai dell’ovest. Solo che L’Anchluss funzionò perché Engelbert Dolfuss – il cancelliere austriaco- era stato ucciso in precedenza e la vecchia Europa stacca le sue protesi auditive e accoglie volentieri profughi.

Joe Biden Vladimir Putin,

Entrambi i duellanti hanno sperato di attrarre nella loro orbita la Cina e indurla a schierarsi in forma decisa a proprio favore. Millenni di saggezza politica del celeste impero hanno indotto il presidente Xi a rispondere con un motto di Confucio: “Chi ha messo il campanaccio all’orso, é lui che deve toglierglielo”.

Una cocente delusione per Joe Biden che vede sfumare la rielezione e un sospiro di sollievo per Vladimir Putin che adesso – libero dall’incubo dell’isolamento- potrà vendicarsi, in casa e fuori, della figuraccia che gli han fatto fare.

Se vogliono compararlo a Hitler, inizierà dalla notte dei lunghi coltelli dopo aver dimostrato che la stragrande maggioranza del popolo russo é con lui.

Dovremmo chiedergli i nomi di chi ha fatto la spia per conto dell’URSS, che Mitrokhin diede al MI6 e che il vice premier Mattarella e il generale Siracusa evitarono di andare a chiedere per non distruggere il PD, PDS, DS. Qualcosa mi dice che é pronto a darli.

https://corrieredellacollera.com/2022/03/20/alla-guerra-dei-tre-regni-vince-sun-tsu/

LA RUSSIA SACRIFICATA ALLA… GERMANIA CHE TORNERA’ IN UCRAINA ?

TEMO CHE QUESTO POST DELL’8 MAGGIO 2014 SIA REALISTICO… VEDREMO A BREVE

Questo post é stato scritto l’8 maggio 2014 e lo trovate nell’archivio di questo blog ( scegliere l’anno e poi il mese). Purtroppo non può essere ribloggato e devo fare ” copia e incolla” per darvelo nella sua interezza, anche se preferirei che andaste a leggerlo in archivio: suona più verosimile. Data la lunghezza, ci metto qualche capolettera e alcune frasi in grassetto a scopo ornamentale. Buona lettura

“Per capire come mai la rana ucraina- un paese senza arte, parte e identità sul cui suolo passano dei gasodotti-  venga gonfiata fino all’inverosimile dai principali media del mondo e perché gli Stati Uniti premano tanto  sulla U.E. perché sanzioni la Russia inimicandosela,  bisogna fare un breve corso di storia e di geopolitica di cui anticipo le conclusioni in corsivo  per chi non avrà la pazienza di leggere l’intero testo  e   che ci porterà a constatare come la geopolitica tedesca, da Bismarck in poi, non abbia mai cambiato direzione se non durante la parentesi della costruzione europea post 1945.

 Esistono forti correnti economiche e di pensiero che pensano di cambiare registro e gli USA si preoccupano di eventuali scelte geopolitiche indipendenti tedesche.

La costruzione europea ha iniziato ad andare in crisi con le prospettive storico-politiche aperte dalla unificazione tedesca e il crollo dell’URSS; sta scricchiolando con la crisi dell’Euro e rischia il crollo definitivo alla prossima sfida. 

Una strategia geopolitica indipendente della Germania significherebbe una nuova guerra mondiale a breve.  L’Ucraina è l’offerta che gli USA fanno alla Germania per allontanare ( per dieci anni ?) il fantasma di Otto von Bismarck e del rapporto stretto con la Russia. Se l’operazione separazionenon dovesse funzionare, il mondo sarebbe in serio pericolo. Per questo ritengo che in Italia debba nascere un movimento popolare in favore della neutralità. E presto. 

Gli USA non possono tollerare una uscita della Germania dalla zona euro perché significherebbe la necessità di una nuova strategia geopolitica per la Germania  e questa non potrebbe che tendere verso una intesa russo tedesca che rivoluzionerebbe gli equilibri militari e politici del globo.  E’ intuitivo anche  che non possono lasciar crescere l’ euro perché il suo successo suonerebbe come campana a morto per il dollaro USA e la fine del ruolo degli Stati Uniti come detentore del  quasi monopolio della valuta degli scambi internazionali. 

Di qui l’urgenza assoluta per il governo Obama della conclusione del trattato TAFT che creerebbe una comunità industrial-commerciale nord atlantica rendendo impensabili e non vitali eventuali alternative.

Fatte le conclusioni, passiamo all’antefatto per i lettori più pazienti.

1) All’indomani del Congresso di Vienna ( 1815), il mondo si trovò gestito dagli alleati che avevano sconfitto Napoleone: Russia, Austria-Ungheria a est e Inghilterra e Francia a ovest.  Queste potenze pensarono di tornare a incontrarsi e scontrarsi nelle “terre di mezzo”, Italia e Germania che non rappresentavano entità geopolitiche, ma secondo l’espressione del principe di Metternich erano espressioni geografiche, divise com’erano in numerosi statarelli  neutralizzantisi a vicenda.

Le cose non tornano mai come “prima della guerra”.  Le incursioni napoleoniche  in Europa produssero movimenti nazionalistici e indipendentistici che portarono  alla unificazione di questi territori (Germania e Italia) in entrambi i casi sotto la guida dello stato più militarizzato delle rispettive regioni.

2)La Germania, diventata un impero nel 1870 dopo la sconfitta della Francia,  ebbe una economia  inizialmente equilibrata – tra la Prussia agricola e la Renania industrializzata la bilancia dei pagamenti era in equilibrio – si lanciò in una politica di espansione anche per recuperare i due secoli di ritardo nello sfruttamento delle colonie. Questo protagonismo politico alimentò il revanscismo francese, mentre il programma navale del Kaiser Guglielmo lo pose in contrasto con l’Inghilterra.

 Le due vecchie rivali si coalizzarono ( da Fashoda in poi) e con l’alleanza tra Russia e  Francia  fissarono i chiodi della bara del Kaiser. Alfred Milner si occupò dello scoppio del conflitto e del “buon diritto” degli alleati della Intesa. La Germania non tenne conto del monito dei suoi grandi vecchi ( von Moltke ” rafforzate l’ala destra” e Bismarck ” allearsi con la Russia”) e ad onta dell’aver estromesso i russi dal conflitto con una brillante operazione di intelligence del colonnello Nicolai, perse la guerra. Era entrato in ballo un nuovo superpower: gli USA.

3) Dopo la prima guerra mondiale, che per un primo tempo sembrò aver liquidato il contenzioso franco tedesco, con l’avvento di Hitler al potere e  la scelta di una geopolitica indipendente ( La teoria dello spazio vitale) da parte del Reich (e i tentativi di entrare in possesso di porzioni di territorio ( ” dove vivevano popolazioni tedesche”) destinato dal trattato di Versailles ad altri paesi) creò la situazione di tensione ad onta dei periodici tentativi di apeasement (Locarno, Monaco). L’annunzio del patto Germano sovietico del 1939 ( il 23 agosto) precedette di poco l’arrivo della guerra ( il 3 settembre).

4) Dopo la rovinosa sconfitta del 1945 la Germania non ha più avuto intenzioni di definire una geopolitica indipendente e si è a mano a mano integrata nei dispositivi predisposti dai vincitori della guerra mondiale accettando la comunità europea,  la NATO, il Consiglio d’Europa, l’OSCE ecc.

Tutte queste organizzazioni erano state pensate per evitare che la Germania rinnovasse la sua tradizionale rivalità nei confronti della Francia creando nuove tensioni in Europa.

5) L’intesa Franco Tedesca del 1967 tra De Gaulle e Adenauer  (statisti che conoscevano le leggi della geopolitica)  condusse questi due paesi all’avanguardia in Europa. L’Italia non aderì, invitata, per non dispiacere all’Inghilterra su insistenza di La Malfa & co. che chiedevano un asse Roma-Londra.

6)Dopo la riunificazione tedesca, l’integrazione tra le economie francese e tedesca iniziò a mancare.  La Francia con forte componente agricola aveva supplito all’assenza della Prussia nel bilanciare l’ economia della Renania e le due economie vissero di concessioni reciproche, spesso a spese degli altri partner, specie mediterranei.

7)La nascita dell’Euro e della Banca Centrale Europea – costruita sul modello della Bundesbank tedesca  col solo mandato di  combattere l’inflazione – pose le basi per una crescita disuguale tra i paesi contraenti e la apodittica convinzione teologica che alle crisi economiche si deve reagire con l’austerità (non suffragata da alcun elemento scientifico) sta lavorando il fegato dei paesi mediterranei mentre la Germania ebbe tutto l’appoggio dei partners quando si trattò di riunificare i due monconi di paese dopo la caduta del muro ( 1989).

La caduta dell’URSS  prima di allora non “abbinabile” ad altri partners occidentali, ha posto la Germania di fronte allo stesso dilemma  con cui si confronta Israele: entrambi sono paesi privi di profondità territoriale e vulnerabili ad attacchi concentrici e di sorpresa.

8) Una rottura tra la Germania e i partner europei – sia politica o sia economica –  costringerebbe la Cancelliera Merkel ad una situazione da paria – come oggi il turco Erdogan – di indecisione tra una geopolitica  che guardi a est ed un aumento della immigrazione che a questi livelli sarebbe suicidaria per l’identità tedesca.

Mentre “capricci alla turca” (  come ad es la recente assegnazione del sistema difensivo missilistico  antiaereo ai cinesi, con i russi in seconda posizione) possono essere tollerati , salvo un regime change alla prima occasione, per la Germania, le sue tecnologie i suoi capitali, i suoi contatti politici, un rapporto organico con la Russia avrebbe un solo significato: relegare gli USA tra le potenze di seconda schiera e togliergli il dominio del mondo.

Logico che l’idea non piaccia agli americani, logico che vogliano opporsi in ogni modo, logico che offrano ai tedeschi l’Ucraina – in tutto o in parte – col suo serbatoio di mano d’opera, terreni agricoli e risorse boschive di grande importanza, per non parlare del vantaggio  di essere a 200km da Mosca. Questa ipotesi fa innervosire i russi e che potrebbe scavare un fossato coi tedeschi, ma per ora i russi fingono di temere l’istallazione di rampe missilistiche in Ucraina.

Per un missile avanzare di trecento Km non è nulla, per i carri armati essere a 200 Km dalla capitale è tutto. Questo dovrebbe dare da pensare agli analisti russi.

Ecco  a mio parere il perché delle pressioni USA per far schierare aspramente e personalmente la Merkel, la previa pubblica informazione che le sue comunicazioni più private erano monitorate, ecco perchè la pausa negli attacchi all’Euro.

Se la Merkel non si schiera con l’occidente e non litiga con Putin, sarà segno, per gli analisti americani, che vuole fare il Bismarck in gonnella.

Quanto a noi, nella prima guerra mondiale restammo neutrali per dieci mesi. Nella seconda restammo neutrali ( “non belligeranti”) per altri dieci mesi.  Sappiamo come è andata.       Sarebbe ora di seguire i consigli  di neutralità che all’epoca diedero Giolitti e Benedetto Croce e non di seguire quelli di un D’Annunzio lubrificato ( come Mussolini) dall’oro francese. Nel secondo conflitto, addirittura, ci tuffammo a titolo gratuito…

Inviato da iPhone

KAPO’

QUANDO LA PROPAGANDA ESAGERA CON LA CREDULITA’ POPOLARE

Alcuni internauti di destra hanno diffuso una foto di Bernard Henry Levy a Odessa assieme al capo della provincia di Odessa e comandante della 28 brigata meccanizzata ( ed ex comandante del battaglione AIDAR composto da elementi nazistoidi).

Una delle foto che circolano su internet a dimostrazione della presenza di milizie carattere nazista: le bandiere NATO e la svastica abbinate nelle foto ricordo.

Reclutati in tutta Europa con lo stesso criterio con cui si reclutavano i jihadisti: toglierli dalle nostre strade.

L’accento era posto – da questi elementi di destra e solo da loro- sulla presenza del sociologo a Odessa come prova dell’aggressività della NATO. Non era stato notata l’aggressività del francese in occasione dell’attacco alla Libia?

La comunicazione é in realtà ben più sofisticata: L’accento va più correttamente posto sulla personalità di Levy quale autore del testo ” Lo spirito del Giudaismo”. Può un personaggio di tal fatta frequentare un nazista? alla risposta negativa dei più é affidata la validità dell’assoluzione del comandante Maksym Marchenko. Uno che va a spasso con BHL non può essere un nazista… e così si toglie il fastidioso sospetto di nazismo dalle spalle degli ” eroici battaglioni ” che stanno contrastando i cattivi di turno.

Nella foto a fianco , Il sociologo Bernard Henry Levy, ben scortato, che si offre per cauzionare la democraticità del “comandante Marchenko” . Resta anche il mistero di come BHL sia giunto in quella città dato che le comunicazioni aeree tra la zona dei combattimenti e l’occidente siano interrotte da giorni a causa dei bombardamenti e delle decisioni dei belligeranti. Almeno é quanto ci é stato comunicato dalla stampa.

Per BHL , nessuna meraviglia: faceva l’indicatore della polizia già tra gli studenti del maggio parigino già nel 68, ha fatto da intellettuale killer di Gheddafi per conto di Sarkozy ( ex ministro dell’interno) nel 2011 ed rieccolo a Odessa in veste di assolutore di nazisti.

LE BOMBE SULL’UCRAINA DANNEGGIANO LA NON PROLIFERAZIONE NUCLEARE ?

IL MONDO VIENE DIVISO TRA CHI DOMINA IL NUCLEARE E CHI NE VIENE INIBITO

I BOMBARDAMENTI SULL’UCRAINA MINANO LE FONDAMENTA DEL TNP.

Vorrei suggerire a un nucleo di amici un tema che volI un po’ più alto delle beghe pseudo politiche o tattiche con cui ci si è gingillarti fino ad oggi.

 Il tema è il nucleare. Se al momento in cui l’Ucraina ha aderito al TNP – trattato di non proliferazione nucleare – (entrato in vigore al 1° gennaio del 1967) si fosse conservata, diciamo tre testate nucleari delle cinquemila rottamate senza condizioni, la Russia avrebbe attaccato ugualmente?

Sono certo di no e la pensano come me un gran numero di studiosi della materia.

Questa considerazione apre il tema che vorrei popolarizzare presso tutti coloro che non vogliono essere atomizzati a loro insaputa.

Nove sono i paesi hanno la bomba: CinaCorea del nordFranciaIndiaInghilterraIsraelePakistan, la Russia e gli Stati Uniti. Si ignora se anche il Sudafrica si sia conservato qualche cosa.  E fanno dieci.

Di questi paesi citati 5 (sui 191 firmatari del Trattato di non proliferazione), sono qualche modo autorizzati, perché costruirono e testarono l’ordigno prima dell’entrata in vigore del Trattato e sono tra i vincitori della Seconda guerra mondiale, nonché fondatori dell’ONU (organizzazione delle Nazioni Unite).

Tre Stati, IndiaIsraelePakistan non hanno mai firmato né concordato le loro realizzazioni nucleari, quindi non è possibile, in qualche forma, costringerli (e questa è la migliore controprova della utilità della bomba) …

L’Iran, che sembra aspirare a far parte del club atomico (ad onta di una fatwa dell’Ayatollah Rudollah Khomeini che dichiarò empio l’armamento nucleare decretato dallo Scià Reza Palhavi) viene dato per essere – da oltre venti anni- alla immediata vigilia della realizzazione, ma ormai non ci crediamo più. Non alle accuse interessate di Israele e non all’eco americana in materia.

La Corea del Nord, invece, è uscita dal Trattato (TNP) nel 2003.

L’elenco dei paesi nucleari coincide con quello dei paesi indipendenti che nessuno aggredisce e, come direbbe un francese, pour cause. Perché in effetti, tutti temono le conseguenze devastanti di un bombardamento atomico, specialmente sulla popolazione civile.  E fintantoché resterà in auge il principio di legittimità della sovranità popolare, i civili vanno tenuti per quanto possibile al riparo dall’ombrello atomico.

La conseguenza veramente importante di questo conflitto ucraino sarà il rischio di una corsa al riarmo nucleare e il dibattito è già iniziato.

Cominciamo già tutti a pensare che se avessimo un arsenale nucleare ci potremmo difendere senza intermediazioni – ogni giorno più dubbie – saremmo più rispettati e indipendenti nelle nostre scelte economiche e politiche.

Lo pensa certamente la Germania, che ha appena stanziato 100 miliardi di euro per un fondo per la difesa, ma non assegnato al ministero della Difesa. Dovrebbero spiegarci che ci vogliono fare.

Anche il Giappone. Minacciato dalla Corea del Nord ma anche un po’ dalla Cina, ha sollevato il problema ripetutamente. Uno dei partner della organizzazione chiamata Five eyesl’Australia, si è lamentato tramite la Nuova Zelanda, suo paese confinante e minore, che non riesce a ottenere un dividendo politico a fronte di un investimento comune.

Di conseguenza, gli Stati Uniti hanno promesso di farli accedere alla tecnologia propulsiva dei sottomarini nucleari. Poi, leggendo tra le pieghe dell’accordo, si sono accorti che ci vorranno 20 anni di attesa. Senza armamento nucleare, deve essere chiaro che non c’è sicurezza. E nemmeno progressi tecnologici o energetici, visto che ci stiamo orientando verso l’energia nucleare.

Con lo strumento del TNP, gli Stati Uniti hanno acquisito mezzo secolo di vantaggi in termini di ricerca e sperimentazione e penetrazione di mercato. Possono bastare.

Resta da sistemare l’aspetto militare della vicenda, con particolare riguardo all’Italia.

Dato che Inghilterra, Francia e forse adesso anche Germania si saranno presto dotate di opportuni armamenti nucleari, restano gli italiani, spagnoli e turchi a dover fornire, stando a questi progetti, quella che un tempo si chiamava carne da cannone.

Secondo questo schema NATO noi dovremmo fornire la truppa che va all’assalto. Alleati di prima e di seconda categoria? No grazie!

Così rischiamo di essere, marginali dal punto di vista militare e pericolanti dal punto di vista delle perdite umane.

Qualcuno potrebbe obbiettare che una offerta di protezione USA è più sostanziosa di quella rappresentata da un limitato arsenale nucleare quale quello che noi potremmo permetterci.

Abbiamo l’esempio del Memorandum di Budapest dell’autunno 1994 stipulato tra Russia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Ucraina che stabiliva che ciascuno dei contraenti avrebbe evitato di usare “force or threats” contro l’Ucraina, rispettandone la sovranità e i confini.

Tutti i contraenti si impegnavano a chiedere l’intervento immediato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e non sono quelli sperati.

Vogliamo essere gli ultimi a dotarci di capacità nucleare ?  Preferiamo che siano i tedeschi ad armarsi autonomamente senza il collare europeo? Temiamo a tal punto la proliferazione quando sappiamo che l’hanno già dieci paesi di cui quattro potenziali avversari? Perché alcuni paesi possono avere armamenti nucleari e altri no? Qual è il criterio discriminante ?

Questi sono i temi da affrontare, non commentare quattro poveracci di aspiranti impiegati RAI che fanno commenti da portierato.

IS THAT ALL THERE IS?_di Massimo Morigi

IS THAT ALL THERE IS?: GEORGE FRIEDMAN, PEGGY LEE, CTHULHU MORBUS, ANGELUS NOVUS, L’AFGHANISTAN,  L’ITALIA, LA RUSSIA E L’UCRAINA

 

 

         Al tramonto dell’estate del 2021, in pieno e tumultuoso corso il disastro statunitense in Afghanistan, il grande geopolitico e ancor più grande filoimperialista americano George Friedman firmò sulla sua giustamente accreditatissima rivista di geopolitica  IS THAT ALL THERE IS?  (George Friedman, Is That all There is?, in GEOPOLITICAL FUTURES, 6 agosto 2021, all’URL https://geopoliticalfutures.com//pdfs/is-that-all-there-is-geopoliticalfutures-com.pdf,  Wayback Machine:  http://web.archive.org/web/20210908080614/https://geopoliticalfutures.com//pdfs/is-that-all-there-is-geopoliticalfutures-com.pdf), nel quale, citando ampliamente dalla sublime IS THAT ALL THERE IS?  nella versione cantata dall’immortale Peggy Lee mostrava (giustamente dal suo punto di vista) tutto il suo spirito splenetico per come si erano messe le cose in quel lontano paese asiatico. Purtroppo, soprattutto per noi altissimi spiriti demoniaci, angelici,  iperuranici ed ultraterreni Cthulhu Morbus e Angelus Novus della IX Tesi di Filosofia della Storia di Walter Benjamin questi lai non solo per il loro fortissimo stridore risultarono insopportabili per le nostre sensibilissime e  demoniache o divine orecchie ma avevano anche il terribile difetto di costituire una sorta di dolorosa ma malriposta prece per le sorti di una potenza, gli Stati uniti, che nonostante tutte le sue micidiali contraddizioni e forse sulla via del declino (ma quale impero non è assillato da problemi potenzialmente mortali?), è, allo stato attuale, il maggiore e mortifero regista e dominus dello scenario politico internazionale. Ma ora, scoppiata la guerra russo-ucraina, noi, altissimi demoniaci et angelici spiriti siamo in grado di rimediare a questa sorta di ingiustizia-forzatura poetica operata dal nostro grande amico  e stimatissimo e Geopoliticus Maxismus non solo statunitense ma anche mondiale, poiché, essendoci in quest’ultima vicenda internazionale un paese che rischia ancor più le penne dell’Ucraina – e  cioè l’Italia che con  la sua immensa insipienza nello schierarsi contro la Russia ed,  addirittura, di fornire armi al suo nemico Ucraina, pone  il suo territorio mancandole una pur minima deterrenza nucleare, come del resto più volte spiegato su questo blog “L’Italia e il Mondo” che sempre ha avuto la cortesia di ospitare il pensiero di noi spiriti infernali e divini, alla  demente e  suicidaria candidatura   di essere il primo gradino di una escalation nucleare, per non parlare delle sanzioni alla Russia che rischiano di fare arretrare il  Bel Paese ad un’economia del baratto come si praticava ai bei tempi del neolitico –, abbiamo non solo deciso di rinviare direttamente i lettori del blog all’ascolto integrale di   IS THAT ALL THERE IS?   (agli URL https://www.youtube.com/watch?v=LCRZZC-DH7M, da noi  scaricato e quindi ricaricato su Internet Archive, generando gli URL  https://archive.org/details/peggy-lee-is-that-all-there-is-1969-repubblicanesimo-geopolitico-360p  e https://ia601500.us.archive.org/11/items/peggy-lee-is-that-all-there-is-1969-repubblicanesimo-geopolitico-360p/Peggy%20Lee%20%20Is%20That%20All%20There%20Is%201969%2C%20Repubblicanesimo%20Geopolitico_360p.mp4  e all’URL  https://archive.org/details/peggylee_202011/Is+That+All+There+Is.mp3, sempre di Internet Archive dove si trova anche un’ottima rassegna di mp3 dei migliori pezzi di Peggy Lee) per cercare, attraverso lo spirito splenetico e disincantato che avvolge tutta la canzone, di suscitare, come in una sorta di cura omeopatica, una  reazione salutare al cupio dissolvi dello spirito pubblico italiano, ma anche di proporre integralmente il testo della canzone stessa, perché  se proprio si vuole cercare di riformare la pedagogia nazionale in materia di politica e/o geopolitica, bisogna, in primo luogo, tornare ai fondamentali, uno dei quali recita, icasticamente, verba volant, scripta manent (e mai come in questo nostra circostanza storico-pedagogica dove il momento emozionale deve essere affiancato da uno razionale trova validità l’antico adagio dei nostri padri):

 

«I remember when I was a little girl, our house caught on fire
I’ll never forget the look on my father’s face as he gathered me up
In his arms and raced through the
Burning building out on the pavement

And I stood there shivering in my pajamas
And watched the whole world go up in flames
And when it was all over I said to myself
Is that all there is to a fire?

Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing
Let’s break out the booze and have a ball
If that’s all there is

And when I was twelve years old
My daddy took me to the circus, the greatest show on Earth
There were clowns and elephants and dancing bears
And a beautiful lady in pink tights flew high above our heads

And as I sat there watching
I had the feeling that something was missing
I don’t know what, but when it was over I said to myself
Is that all there is to the circus?

Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing
Let’s break out the booze and have a ball
If that’s all there is

And then I fell in love
With the most wonderful boy in the world
We’d take long walks by the river or
Just sit for hours gazing into each other’s eyes
We were so very much in love
Then one day he went away and I thought I’d die, but I didn’t
And when I didn’t I said to myself
Is that all there is to love?

Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is, my friends, then let’s keep dancing

I know what you must be saying to yourselves
If that’s the way she feels about it why doesn’t she just end it all?
Oh, no, not me, I’m not ready for that final disappointment
Because I know just as well as I’m standing here talking to you
That when that final moment comes
and I’m
Breathing my last breath, I’ll be saying to myself

Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing
Let’s break out the booze and have a ball
If that’s all there is»

 

CTHULHU MORBUS  e ANGELUS NOVUS

 

  1. S. Non a caso questo messaggio ai lettori dell’ “Italia e il Mondo” è stato redatto, oltre che dal sottoscritto spirito della follia e del terrore Cthulhu Morbus pure dall’ Angelus Novus della IX Tesi di Filosofia della Storia di Walter Benjamin, il quale, per rendere ancora più incisiva la pedagogia politica che si spera venga generata da IS THAT ALL THERE IS?, ancora una volta ci vuole rendere edotti che «C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.» In realtà non si sa se il mio sodale e coautore di questo messaggio Angelus Novus che sembra subire terrorizzato  gli eventi sia   disposto a recitare ma con tecnica straniante la augurabilmente apparente sua  veritiera e definitiva mesta  espressione del suo passaggio sulle rovine della storia  «That when that final moment comes and I’m/ Breathing my last breath, I’ll be saying to myself// Is that all there is, is that all there is?/ If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing/ Let’s break out the booze and have a ball/ If that’s all there is.» Quello che si spera è che questo distanziamento lo intraprendano, alla fine,  gli italiani (perché in caso contrario, alla follia seguirebbe la morte e i morti, come ben tutti sanno, non sono né pazzi né savi ma solo morti, e su  quest’ultima condizione né  il maligno Chutlhu Morbus né il benefico ancorché amletico Angelus Novus possono esercitare alcun potere: THAT IS ALL THERE IS).

 

 

 

 

Ucraina e il peggio dell’Europa_con Augusto Sinagra

Ancora una volta l’Unione Europea si sta rivelando un recinto in grado di impedire che le pecorelle possano acquisire una reale autonomia di azione e di scelta soprattutto riguardo alle relazioni da perseguire in primo luogo con i vicini di casa. Una pura appendice della NATO destinata ad esistere solo sino a quando il buon pastore la riterrà utile. Un fattore di freno, piuttosto che di sviluppo. Più la Unione Europea procederà ad allargarsi, più accentuerà tale debolezza e tale precarietà. Lo abbiamo visto con le emergenze ambientali-energetiche e con quella pandemica; l’ulteriore emergenza del conflitto russo-ucraino ne ha suggellato alla luce del sole la simbiosi ed il legame indissolubile. Classi dirigenti abituate ormai a liquidare ambizioni e dignità per un piatto di lenticchie ormai sempre più magro. Un ribaltamento della situazione potrà ormai arrivare solo da una crisi aperta e distruttiva interna al centro dell’impero della quale ormai da anni si possono osservare i prodromi. La passività e l’accondiscendenza si pagheranno a caro prezzo in un futuro sempre meno lontano. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/vy4ml5-ucraina-e-il-peggio-delleuropa-con-augusto-sinagra.html

 

Gustave Le Bon, Come nascono le opinioni e le credenze, di Teodoro Klitsche de la Grange

Gustave Le Bon, Come nascono le opinioni e le credenze, Oaks editrice, pp. 461. € 28,00.

 

Pensatore positivista “tipico”, Gustave Le bon fu psicologo, sociologo, antropologo. Ed anche epistemologo, come dimostra questo saggio. Ammirato all’epoca, in particolare dai grandi dittatori, al cui rapporto con il “seguito” non furono estranee le concezioni di Le Bon, come appare dalle loro capacità e modi di persuasione delle masse.

La ricerca delle regolarità di comportamento dei gruppi sociali, anche e soprattutto se caratterizzati da una inesistente o minima  organizzazione/strutturazione – in pratica senza reale potere e “diritto” – è uno dei percorsi di ricerca di Gustave Le bon, probabilmente il principale.

Prima che nell’azione collettiva, il comportamento dei gruppi sociali deriva dalle opinioni e credenze diffuse negli stessi. Nella prefazione Francesco Ingravalle scrive che ciò “equivale a fare della fede (che è opinione e credenza eretta a norma direttiva della nostra vita) la chiave degli eventi storici prodotti dall’interazione fra gli uomini”. La fede è connotata da una logica affettiva che non è – meglio va al di là – della logica razionale; Ingravalle sostiene che, secondo Le Bon, “la logica affettiva intride di sé le collettività e le folle: non c’è da stupire che il misticismo attecchisca nelle masse, mentre la logica razionale, prodotto tardivo dell’evoluzione umana, trova il proprio maggiore dispiegamento negli individui”.

Passioni e suggestioni sono le più feconde generatrici di opinioni e credenze collettive. Consegue da ciò, dalle diversità delle logiche razionale/individuale e affettiva/collettiva, e dalla “pressione” dell’ambiente sociale che “non soltanto nei fenomeni collettivi la logica affettiva fagocita la logica razionale”. E questo non solo nei secoli passati.

Scrive Le Bon che “La questione della fede, a volte confusa con quella della conoscenza, è ben distinta dalla seconda. Conoscere e credere sono cose diverse e non hanno la stessa origine. Dalle opinioni e dalle credenze derivano, insieme alla concezione della vita, il nostro comportamento e, di conseguenza, la maggior parte degli eventi della storia, Essi sono, come tutti i fenomeni, governati da certe leggi, ma queste leggi non sono state pienamente comprese”; e contrariamente all’opinione di Cartesio la fede “non è né volontaria né razionale”; ne consegue che gran parte dei comportamenti collettivi non lo è. E la fede ha un potere enorme, come provano gli eventi che induce, specie nel periodo iniziale: espansione araba, civiltà cristiana medievale, rivoluzione francese lo sono tutti. Le credenze sono atti di fede che ci “costringono ad ammettere un’idea, un’opinione, una spiegazione, una dottrina”. Se “la conoscenza è un elemento essenziale della civiltà, il grande fattore del suo progresso materiale”, la fede guida i pensieri, le opinioni e quindi la condotta. Un tempo si pensava che le credenze fossero di origine divina. “Oggi sappiamo che sono create da noi stessi; eppure, continuano a prevalere sulla ragione”. E l’età moderna, malgrado la sua (apparente) razionalità “contiene tanta fede quanto i secoli che l’hanno preceduta. Nei nuovi templi si predicano dogmi dispotici come quelli del passato e che hanno altrettanti seguaci”. Il libro di Le Bon fu pubblicato nel 1911: la storia successiva ha mostrato quanto le analisi del pensatore francese fossero valide.

D’altra parte era (ed è) convinzione diffusa, anche tra i pensatori contemporanei di Le Bon, che la fede non è sostituibile; se ne possono sostituire i dogmi ma questi restano oggetto della stessa fede di quelli che li hanno preceduti “nuovi dei vengono sempre a sostituire quelli che sono morti o stanno per morire”. L’introduzione e il saggio conclusivo di Andrea Prestigiacomo aprono e chiudono il libro.

In un’epoca come la contemporanea, caratterizzata da un relativismo (contraddittorio) e dal dominio dell’“economia”, il pensiero di Le Bon ha ancora una validità; occorre tuttavia riscontrare in che modo si formeranno non tanto le credenze, quanto le azioni conseguenti, ora che le folle – oggetto del più famoso saggio di Le Bon – non stanno in piazza, ma davanti al computer.

Teodoro Klitsche de la Grange

La prossima spartizione dell’Ucraina, di  Gilbert Doctorow 

La prossima spartizione dell’Ucraina

Chi di voi ha seguito il link al mio saggio di ieri e ha visto l’intervista di 10 minuti con il sindaco di Kiev Vitali Klitschko sul programma “Newsmakers” di TRT World sarà sicuramente d’accordo sul fatto che questo politico ucraino ad alta visibilità sta guidando i restanti residenti della capitale del paese e il popolazione più ampia dell’Ucraina dritta al disastro in nome dell’autodifesa patriottica.

Non perderò tempo qui con le feroci bugie di Klitschko sugli invasori russi, sulle loro intenzioni, sulle loro azioni e così via. Nel mio tempo al microfono dello spettacolo, ho sostenuto che il rifiuto di Klitschko di qualsiasi ritorno imposto all’impero sovietico sotto il diktat russo è una totale sciocchezza. La Russia ne ha avuto abbastanza dell’impero e il controllo dell’Ucraina sarebbe solo un ostacolo interminabile per l’economia e il focus politico russi. La motivazione russa è proprio quella di liberare l’Ucraina dalle formazioni NATO attualmente incorporate, dall’adesione alla NATO ancora prevista dall’Alleanza e dai radicali neonazisti che dal 2014 sono stati la forza dietro il trono del regime di Kiev.

Il mio punto qui è evidenziare le conseguenze della determinazione di Klitschko e di altri nel governo ucraino di non cercare alcun compromesso per porre fine ai combattimenti e salvare ciò che resta del loro paese a questo punto, prima che i russi proseguano il loro lavoro di demolizione fino al suo conclusione logica. Se Kiev non alza bandiera bianca, non negozia una pace in buona fede, la guerra si concluderà con le infrastrutture civili e militari dell’Ucraina totalmente distrutte, con l’emigrazione di massa permanente di milioni di persone, compresi i segmenti più abili del popolazione e con un decennio o più di indigenza per coloro che sono abbastanza sfortunati da rimanere.

Ieri sera ho ricevuto una nota da un lettore dei miei saggi, che diceva che la guerra non finirà con un trattato alle condizioni della Russia. Invece, aiutata e incoraggiata dagli Stati Uniti e dall’Europa, la leadership di Kiev lancerà un’insurrezione contro gli “occupanti” e questo crescerà e diventerà doloroso e costoso per la Russia come qualsiasi cosa gli Stati Uniti abbiano sperimentato in Afghanistan.

Non nego che un’insurrezione ucraina sia una plausibile fase successiva alla guerra, soprattutto vista la posizione irrazionale sui “compromessi” che vediamo nell’intervista a Klitschko. Tuttavia, ci sono modi ovvi per il Cremlino di rispondere in modo da contenere i rischi per se stesso. Per cominciare, possono rendersi conto della minaccia lanciata da Putin prima dell’inizio della guerra: privare l’Ucraina della sua statualità. Non del tutto, ma per privarli dello stato nella configurazione che esiste dal 1991. Ciò significa dividere l’Ucraina, staccare i territori a ovest di Kiev e del fiume Dnepr, formando uno stato di groppa senza sbocco sul mare con la sua capitale logicamente in Leopoli, vicino alla frontiera polacca.

Per usare il linguaggio della comunità bancaria, la Russia creerebbe così una “bad bank”, contenente i velenosi asset del radicalismo ucraino, pochissimi asset industriali o altri importanti asset economici, e portata a distanza non più minacciosa per la Russia. La “buona banca” sarebbe l’Ucraina centrale, i territori a est del fiume Dnepr, che hanno una popolazione di lingua russa notevolmente più ampia, che dovrebbe rispondere all’appello della Russia a difendere i propri interessi nella vita pubblica del paese e uscire dalla il bullismo a cui sono stati sottoposti dai nazionalisti negli ultimi 8 anni. Questa Ucraina centrale avrebbe ricevuto indietro la costa del Mar Nero ora occupata dai russi e avrebbe goduto dell’agricoltura e di altri importanti beni economici che hanno sempre definito la prosperità ucraina. Presumibilmente le repubbliche del Donbas rimarrebbero indipendenti come la terza parte di un’Ucraina divisa. Tuttavia, se l’Ucraina centrale sarà adeguatamente ricostituita con tutta la debita protezione delle minoranze e con un federalismo adeguatamente funzionante, non c’è motivo per escludere la possibilità che il Donbas torni all’ovile nell’Ucraina a est del Dnepr. La loro inclusione aiuterebbe notevolmente l’equilibrio delle comunità linguistiche nell’intero stato ricombinato.

Il summenzionato epilogo è, ovviamente, solo uno dei tanti che potrebbero essere lanciati nelle prossime settimane quando i russi chiudono la loro morsa sulle principali città dell’Ucraina e avvicinano il momento della verità, quando la leadership ucraina deve decidere se citare in giudizio o meno per la pace alle condizioni del vincitore.

©Gilbert Doctorow, 2022

https://gilbertdoctorow.com/2022/03/19/the-coming-partition-of-ukraine/

La guerra dei sentimenti_di Davide Gionco

Chi non si commuove di fronte agli occhioni di un bambino ucraino in fuga dalla guerra, in braccio alla madre con le lacrime agli occhi?

Per carità! E’ cosa sacrosanta aprire il nostro cuore alle persone in difficoltà ed aiutarle generosamente. Ma per quale motivo i mezzi di informazioni ci sensibilizzano continuamente nell’aiuto alle persone colpite dalla guerra in Ucraina e in nessuna occasione per le persone che dal 2014 ad oggi nel Donbass (regioni di Lugansk e del Donetsk) sono state colpite dalle bombe lanciate dall’altro lato (filo-occidentale) della barricata?

Perché il bambino ucraino dovrebbe avere più diritto di solidarietà della bambina che si trova nel Donbass?

Perché il bambino ucraino dovrebbe ricevere più solidarietà dei bambini che ancora oggi subiscono la guerra da tutti dimenticata in Siria?

Perché il bambino ucraino dovrebbe avere più diritto di solidarietà dei bambini dello Yemen, sotto le bombe dell’Arabia Saudita (a cui l’Italia vende armi) dal 2015 e di cui mai ci parlano i mezzi di informazione?

E perché i profughi dell’Ucraina dovrebbero avere più diritto alla solidarietà dei profughi che fuggono dalle zone in guerra dell’Etiopia?

E i bambini della Somalia non avrebbero anche loro il diritto ad una infanzia serena, anziché essere arruolati e addestrati per combattere la guerra fin da piccoli ?

Ciò che fa la differenza nel grado di solidarietà suscitata non è l’oggettività delle situazioni, per la quale tutti i bambini in guerra dovrebbero meritare le stesse attenzioni, lo stesso bisogno di aiuto, di pace, di affetto, di serenità. La differenza la fanno i sentimenti che i mass media, sapientemente, sanno suscitare nei lettori o nei telespettatori.
Il cuore si commuove per quello che vede e percepisce, non per ciò che non vede e non conosce.
Chi decide gli argomenti da trattare o da non trattare nei mezzi di informazione (prima il cambiamento climatico, poi la pandemia, poi la guerra in Ucraina, domani forse il blackout energetico) ha deciso che la gente debba emozionarsi per i bambini che soffrono in Ucraina e non per i bambini che soffrono da altre parti del mondo e neppure per quelli che si trovano nelle regioni ucraine, ma dall’altra parte del fronte del Donbass.

L’obiettivo non è spingere la gente ad offrire aiuti ai bambini dell’Ucraina (che, ovviamente, è giusto che vengano aiutati), perché se così fosse, ci avrebbero mostrato le immagini anche delle altre situazioni di guerra nel mondo. L’obiettivo è invece portare la gente a schierarsi emozionalmente dalla parte delle “uniche” vittime mostrate nelle immagini, in questo caso dell’Ucraina, del suo presidente Zelensky, della NATO, degli USA e del nostro governo italiano che si sono schierati da quella parte, adottando pesantissime misure economiche che colpiscono anche e fornendo loro armi per combattere, cosa che non avremmo mai giustificato, senza adeguate “motivazioni sentimentali”.
Lo scopo di questa comunicazione non è porre fine alla guerra, per garantire la pace ai bambini che soffrono in Ucraina, ma è giustificare le decisioni politiche di chi ci governa, perché il “cattivo” Putin sta bombardando i bambini in Ucraina, e noi dobbiamo assolutamente fare qualcosa per difenderli. Senza farci riflettere sul fatto che, per “difenderli” nel modo deciso dal potere politico, andremo a certamente a bombardare i bambini del Donbass, aggiungendo bambini morti ad altri bambini morti.

Con la stessa logica sentimentale ci vengono presentate le immagini dei bombardamenti.
E’ certamente terrificante vedere un palazzo di Kiev sventrato in questo modo dalle bombe.

Ma perché non ci mostrano gli edifici sventrati del Donbass?

Perché non ci mostrano le immagini dei cimiteri del Donbass dal 2014 ad oggi?
Si parla di almeno 13’000 persone morte per i bombardamenti o a causa di cecchini, prima che sulle tv occidentali si iniziasse di parlare di “guerra in Ucraina”.

Non ci hanno mai mostrato queste immagini, perché si tratta di emozioni che la gente dei paesi occidentali non doveva provare, se no avrebbe trovato motivazioni per opporsi alle decisioni politiche dei paesi occidentali di fornire armi agli autori di queste uccisioni.
In questo caso la non diffusione di queste immagini ha come obiettivo l’indifferenza della gente verso le popolazioni che subiscono tutto questo.

Allo stesso modo non ci parlano degli edifici distrutti in Siria, non si sa da chi, se dall’ISIS, da Israele, dai Turchi o dagli americani che hanno fornito loro armi per compiere i bombardamenti.

L’importante è che non si rischi di provare un sentimento di solidarietà per il popolo siriano, perché rischierebbe di diventare un pericoloso sostegno morale al loro presidente Bashar al-Assad. La parola d’ordine è “ignorare” le sofferenze dei siriani. La gente non deve avere a cuore la vita dei siriani

E neppure ci dobbiamo emozionare per le case distrutte in Yemen dai bombardamenti dell’Arabia Saudita, fedele alleato degli USA nello scacchiere medio-orientale.

Hanno deciso così. La gente non deve essere informata sulle guerre, deve essere emozionalmente coinvolta solo quando ai governi occidentali serve il consenso politico per giustificare decisioni politiche che, diversamente, le persone di coscienza dei popoli occidentali mai vorrebbero giustificare.

Allo stesso modo ci presentano i leader politici.
Ogni giorno il “presidente del mondo” Joe Biden ci racconta la verità ufficiale a cui dobbiamo credere. Mai una critica da parte dei giornalisti alle sue dichiarazioni, perché parla “in nome del bene”, per la “difesa della democrazia”.

Se venissero espresse delle critiche, si potrebbe dubitare della bontà delle dichiarazioni di Biden e della democraticità, nel senso del rispetto dei valori della Dichiarazione d’Indipendenza americana.

Dopo di che ci presentano il neo-eroe Volodymyr Zelensky, il quale ogni giorno comunica con immagini (ad alta definizione), presentandosi (curando ogni dettaglio d’immagine) come politico “diverso”: mai in giacca e cravatta, mai ben rasato, perché in guerra non ce lo si può permettere. Meglio una maglietta a maniche corte e la barba sfatta. Sapiente strategia di marketing politico, in tutto analogo al marketing pubblicitario.

E poi ci presentano il “cattivo” Vladimir Putin, che dopo 23 anni al potere di colpo sarebbe “impazzito”, diventando un guerrafondaio senza scrupoli. Ogni sua dichiarazione viene condita di commenti negativi e screditanti da parte dei commentatori.

Evidenziando questo non intendiamo dire che Putin sia un “buono” e un “democratico”, ma solo che l’immagine che ci è stata presentata di lui negli ultimi 23 anni è molto cambiata, in funzione della reazione emozionale che i mass media intendevano suscitare nei telespettatori nei confronti della Russia e del suo leader.
Sono lontani i tempi in cui gli USA collaboravano con la Russia e in cui ci veniva presentata tutt’altra immagine di Vladimir Putin.

E i presidenti delle repubbliche separatiste di Donetsk e di Lugansk?

 

 

    
Denis Pushilin                               Leonid Pasečnik

Non pervenuti. Inesistenti. Nessuno ce ne parla su tv e giornali, perché l’autodeterminazione dei popoli (vedi i casi del Kosovo, riconosciuta, e dei Kurdi, non riconosciuta) viene riconosciuta solo quando conviene a chi detiene il potere di riconoscerla.
Ecco un ricordo di quando gli USA sostenevano, a suon di bombe, l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia.


Madeleine Albright, segretario di stato USA, con l’allora autoproclamato presidente del Kosovo Hashim Thaçi (legato alla mafia locale ed al traffico di armi)

L’approccio emozionale all’informazione fa il gioco di chi detiene il potere politico ed intende usarlo per obiettivi diversi da quelli dichiarati. La gente viene indotta a non ragionare in modo critico, ma a schierarsi dalla parte di chi “sente” che sta dalla parte della ragione, sentendo di doversi adeguare al punto di vista di chi offre “l’unica soluzione” per aiutare le vittime con cui ci sentiamo solidali, di chi è il buono che lotta contro i cattivi, come nei film americani.
Se, invece, l’obiettivo è che la gente non si schieri per la parte avversa (ovviamente decisa dal potere politico), allora i mass media ignorano la situazione, per suscitare indifferenza.

La maggior parte della gente stava dalla parte di Greta Thunberg, pasionaria del cambiamento climatico. Ora in tv non ne parla più nessuno. Tutto dimenticato! Il cambiamento climatico ha cessato di essere una emergenza. Fine dei sentimenti ecologisti, perché ora il potere politico ha bisogno di sostegno su altre scelte, come quella di riaprire le centrali elettriche a carbone, le più inquinanti che esistano.

E quanti italiani si sono schierati dalla parte del governo, con le mille discriminazioni nei confronti delle persone non vaccinate? Lo hanno fatto dopo avere visto immagini ad effetto come queste.
Da notare i colori militari, segno di situazione come di guerra.

Dopo avere emozionato gli italiani con la paura della morte, i politici hanno avuto gioco facile a far passare le loro decisioni come le uniche possibili per evitare il ripetersi della “tragedia”, da qui il sostegno acritico alle misure discriminatorie nei confronti della minoranza degli italiani che non intendeva vaccinarsi, senza che in realtà vi fossero a loro supporto ragioni scientifiche ed una logica razionale. L’emozione accieca la ragione.

Ma nessuno si è mai emozionato per i grafici che mostrano il numero di morti in Italia per fumo ed alcool, che avrebbero dovuto già da tempo giustificare misure draconiane contro i fumatori e gli assuntori di alcool.

Non ci hanno mai presentato questa situazione sanitaria in termini emozionali, per cui tutti sanno che si muore per fumo o per alcool, ma non esiste un sostegno pubblico “emozionale” all’adozione di misure politiche per ridurre la mortalità per fumo e per alcool. Questo perché chi governa, ed ha il controllo dei mezzi di informazione, ha deciso che non interessarsi alla questione. Quindi la gente deve essere rigorosamente tenuta indifferente.

TV e giornali hanno deciso di non informare gli italiani dei migliaia di fallimenti dei piccoli esercizi commerciali. Ce ne sarebbe da emozionarsi, fra imprenditori che si suicidano e famiglie ridotte sul lastrico.

Ma chi ci governa non ha alcuna intenzione di risolvere il problema. Anzi, probabilmente ha intenzione di aggravarlo, come succede da 20 anni a questa parte.
Per questo motivo non ci mostrano le file dei poveri alle mense della Caritas, non finanziate dallo Stato italiano, ma dalla benevolenza di molti italiani con il cuore sensibile. La questione non deve essere vista come un grave problema sociale, quale è numeri alla mano, ma come un problema individuale che colpisce il nostro sfortunato parente o vicino di casa.

E se anche, in qualche situazione, dovranno mostrarci queste immagini, mai ci spiegheranno le cause dell’impoverimento degli italiani o della chiusura dei negozi.

In conclusione, continuiamo a mantenere la sensibilità del nostro cuore verso le persone che soffrono, ma non lasciamo manipolare i nostri sentimenti da parte di chi intende usarli per creare consenso o tenerci indifferenti di fronte alle decisioni di chi detiene il potere politico ed il potere di controllare l’informazione “mainstream” dei mezzi di informazione.

NB_pubblicato anche su https://www.attivismo.info/la-guerra-dei-sentimenti/

PICCOLE GEMME
La mediazione del governo italiano: “Putin peggio di un animale feroce. Va picchiato”.
Per la serie “Se mia nonna avesse avuto le ruote sarebbe stata una carriola”, Enrico Letta, segretario del PD: “Quello che è successo dimostra che la Nato doveva fare entrare l’Ucraina prima. L’invasione non ci sarebbe stata, insomma, se l’Ucraina fosse stata ammessa e integrata nella Nato già una trentina d’anni fa. (30 anni fa la Russia era guidata da quell’alcolizzato di Eltsin).
Carlo Rovelli, fisico nucleare e accademico internazionale: “Sfiorata la guerra nucleare, la soluzione trovata da Kennedy e Kruscev fu che l’Unione Sovietica rinunciava a mettere missili a Cuba in cambio del ritiro dei missili americani dalla Turchia. Un passo indietro ciascuno. Così si va verso la pace. Perché non possiamo fare lo stesso?”
Joseph Robinette Biden Jr, detto Joe, 78 anni, senatore dal 1972, vice presidente di Obama, presidente degli Stati Uniti d’America: “Putin è un criminale di guerra. Va processato”.
Vladimir Vladimirovic Putin, 69 anni, ex KGB, presidente della Russia: “Senti chi parla”. In effetti la Corte Penale Internazionale dell’Aia, deve ancora pronunciarsi sui presidenti (e vice) americani per Corea,Vietnam, Grenada, Panama, Jugoslavia, Afghanistan, Irak, Somalia, Libia eccetera.
La presidenza ucraina: L’Ucraina respinge l’idea di un modello di ‘neutralità svedese o austriaca’ avanzata da Mosca. L’Ucraina è ora in uno stato di guerra diretta con la Russia. Pertanto, il modello può essere solo ‘ucraino’ “.
Volodymyr Oleksandrovyc Zelenskyj, politico, attore, sceneggiatore e comico, presidente dell’Ucraina: “A coloro che all’estero hanno paura di essere trascinati nella terza guerra mondiale. L’Ucraina combatte con successo. Abbiamo bisogno di voi per aiutarci a combattere e vincere. Forniteci tutte le armi necessarie. Applicate più sanzioni alla Russia e isolatela completamente. Applicate la fly zone. Aiutate l’Ucraina a costringere Putin al fallimento”.
Il 78% degli intervistati ritiene che dovremmo evitare ad ogni costo l’entrata in guerra dell’Italia, infatti, soltanto il 9% sostiene che dovremmo intervenire militarmente a fianco dell’Ucraina e della NATO.
La maggioranza degli intervistati, pari al 55% del campione, è contrario all’invio di armi all’Ucraina, contro un 33% di favorevoli.
Alex Zanotelli, missionario, ispiratore e il fondatore di diversi movimenti pacifisti: “L’Italia ha già annunciato che aumenterà le spese militari, si parla di 38 miliardi. Sono soldi che saranno sottratti alle scuole, alla sanità. Lo stesso faranno gli altri singoli Paesi e l’Europa unita, che andrà verso un proprio esercito. Ovviamente senza per questo smantellare l’esercito della Nato. Ne usciremo, se va bene, con un mondo più armato e più povero. In questo momento il nostro governo dovrebbe invece spendersi in ambito internazionale per forzare i contendenti a sedersi attorno a un tavolo e arrivare a una soluzione pacifica, portare Russia e Ucraina al tavolo dell’Onu. Una cosa che si sarebbe dovuta fare nel 2014, dopo il protocollo di Minsk (un accordo per porre fine alla guerra nell’Ucraina orientale) che è chiaro ma non è mai stato attuato. Se Mosca chiede la neutralità di Kiev, per esempio, bisogna trovare gli spazi per accordarla. Oggi l’Ucraina è una polveriera, è un Paese spaccato profondamente, con un nazionalismo che fa paura. Un negoziato è sempre possibile, ci si può mettere d’accordo. Ma i combattimenti devono cessare. La posta in gioco è altissima, rischiamo grosso, una guerra nucleare, l’inverno nucleare.
La mediazione del nostro ministro degli esteri, Luigi di Maio: “Putin peggio di un animale. Più feroce di un animale feroce. Sono animalista, non voglio offendere nessun animale. Penso che tra Putin e qualsiasi animale ci sia un abisso e sicuramente quello atroce è lui.” Giovanni Floris, conduttore televisivo: “Quando picchi il cane devi lasciarti la porta della stalla aperta, perché devi dargli la possibilità di scappare, quale possibilità lei offrirebbe a Putin?” Di Maio: “Tra Putin e qualsiasi animale c’è un abisso”. Va picchiato e basta. Non voglio neppure incontrare l’omologo russo.
Sergej Viktorovic Lavrov, ministro degli esteri della Russia :“Una strana idea di diplomazia. La diplomazia è stata inventata solo per risolvere situazioni di conflitto e alleviare la tensione, e non per viaggi vuoti in giro per i Paesi ad assaggiare piatti esotici ai ricevimenti di gala”. Se Di Maio non è in grado di reggere un ruolo, dovrebbe dimettersi. Niente di grave, il governo Draghi in diplomazia conta zero. In più, da grande banchiere, è sicuro che “Noi stiamo facendo collassare l’economia russa”. Infatti nel primo trimestre 2022 il PIL italiano è già calato del 2,4%. Chi sta pagando? quali classi sociali? gli oligarchi russi e italiani? il matrimonio di Berlusconi? i soliti italiani?
Alexei Paramonov, direttore del Dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo: “La guerra finanziaria ed economica contro la Russia può provocare una serie di corrispondenti conseguenze irreversibili. Finora l’Italia ha avuto la possibilità di acquistare il gas a prezzi molto inferiori rispetto a quelli del mercato. Mosca non ha mai usato le esportazioni di energia come strumento di pressione politica, le quali, tenuto conto della significativa dipendenza di Roma dagli idrocarburi russi che raggiungono il 40-45%, avrebbero conseguenze estremamente negative per l’economia italiana e per tutti gli italiani.” Ma non basta. Nel 2021 l’Italia era ottava tra i principali partner commerciali di Mosca (15mila imprese italiane piccole e medie ma anche Eni Snam Pirelli Marcegaglia Barilla). La Russia rimane il principale esportatore di cereali a livello mondiale. Ma anche fertilizzanti, nichel, alluminio e carbone. Quanto alla finanza, le banche italiane sono le più esposte al mondo, con 25 miliardi di euro, nei confronti della Russia. “Roma ha molto da perdere (e molto sta perdendo e continuerà a farlo) nella guerra economica con Mosca”.
Lorenzo Guerini, ministro della Difesa definito da Paramonov ‘uno dei principali falchi e ispiratori della campagna antirussa nel governo italiano’: “Non arretriamo di un passo. L’Italia, continuerà a esercitare ogni pressione, comprese le forniture di armi”. Guerini ha raccolto messaggi di solidarietà da tutte le forze politiche.
Domenico Gallo, magistrato e presidente di sezione della Corte di Cassazione: (Malgrado Draghi e Di Maio) “Se alla fine si arriverà alla pace attraverso la neutralità dell’Ucraina, allora dovremmo constatare con mano il fallimento delle classi dirigenti dei principali paesi europei che incoscientemente hanno seguito il pifferaio magico americano anche a costo di provocare il ritorno della guerra in Europa. Bisognerebbe chiedere al nostro astuto ministro degli esteri che ancora l’8 febbraio dichiarava essere ‘un principio irrinunciabile’ la libertà dell’Ucraina di aderire alla NATO, se c’era bisogno di avere migliaia di morti, distruzioni incommensurabili e milioni di profughi per rendersi conto che a questo presunto ‘principio’ si poteva rinunciare anche prima, per scongiurare la catastrofe.

Imparare lezioni dalla guerra in Ucraina, di George Friedman

Non vi è dubbio sul carattere estremamente sofisticato degli strumenti di governo delle dinamiche geopolitiche disponibili nello strumentario dei centri decisori statunitensi. Quelle indicate da Friedman tuttavia sono certamente strumenti importanti di soffocamento, ma sempre meno determinanti. Man mano che l’opzione militare e politica, intesa come diretta espressione di potenza e di potere, tende a prevalere, tutti gli altri ambiti, compreso quello economico, anche nella sua espressione bellica, vengono sussunti ad essa progressivamente_Giuseppe Germinario

Imparare lezioni dalla guerra in Ucraina

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Dopo una guerra, tutte le parti si rivolgono a “lezioni apprese”, una frase che è diventata un luogo comune. Una guerra è, in un modo orribile, un’opportunità di apprendimento, con l’obiettivo che i successi e i fallimenti delle proprie forze siano identificati e il processo che ha portato a entrambi i risultati sia studiato e integrato nella pianificazione e nell’addestramento per la prossima guerra. Questo è del tutto ragionevole e necessario. È anche ovvio che il processo è un’occasione per puntare il dito: prendersi il merito per le vittorie altrui o scaricare la colpa per le sconfitte è una parte inevitabile del processo di apprendimento, per non parlare del processo di promozione. Gli ufficiali sono umani come il resto di noi. Un aspetto più preoccupante del processo di apprendimento è che la guerra viene elevata a verità rivelata e talvolta guida le nazioni verso la sconfitta futura, il passato sovrasta tutti i cambiamenti che hanno reso le lezioni apprese non solo inutili ma catastrofiche. La carica di fanteria di Napoleone fu molto apprezzata nel 1914, con i leader inizialmente incapaci di cogliere il significato della mitragliatrice.

Il mondo è pieno di lezioni dall’invasione russa dell’Ucraina. Faccio la mia parte, ma è importante capire che il bel mezzo di una guerra non è il posto migliore per trarre conclusioni. Le guerre sono cose complicate, come hanno appreso gli Stati Uniti in Vietnam, Iraq e Afghanistan. Tuttavia, è in battaglia che le lezioni più importanti vengono apprese e implementate senza un processo di rinnovo di due anni. Rimanere in vita è un grande motivatore per l’innovazione.

Si dice che i russi stiano lanciando grandi riserve nella lotta. Stanno anche reclutando forze armate siriane e, si dice, mercenari da tutto il mondo. Ovviamente, si aspettano una lunga guerra e sono a corto di fanteria, o sta succedendo qualcos’altro. Forse intendono seguire questa guerra irrompendo nell’Europa orientale e stanno reclutando forze straniere per compiti di occupazione, una teoria interessante di cui non ho la minima prova. Gli ucraini stanno mobilitando tutti i loro cittadini. Per quanto tempo combatteranno i cittadini se la battaglia diventa senza speranza?

È a livello strategico, non operativo o tattico, che si possono vedere le lezioni importanti. La Russia è un paese povero con un esercito mediocre e non una grande potenza. Ma è circondato da paesi ancora più poveri con eserciti anche peggiori. Lo spirito può portarti così lontano, ma un esercito spietato e disciplinato potrebbe portarti dove vuoi andare. Non è una bella vista, ma può essere molto efficace.

Alla fine, si sa chi ha vinto con la bandiera di chi sventola sulla capitale, e questo lo scopriremo.

Ma la lezione strategica più importante finora non ha nulla a che fare con la Russia o l’Ucraina. Gli Stati Uniti hanno dimostrato che forse l’arma più potente al mondo è il dollaro armato. Il commercio mondiale richiede dollari USA, sia in mano che come benchmark rispetto al quale avviene il trading. L’euro è un lontano secondo e nessuno firmerebbe un progetto di costruzione quinquennale denominato in yuan. Per accedere ai dollari, è necessario avere accesso al luogo che li stampa, la Federal Reserve, o a qualche istituto finanziario che nuota in dollari – e tali istituzioni sono ossessionate dal non infrangere eccessivamente le normative statunitensi. La storia di come funziona è complessa come un attacco aereo navale, eppure può essere più letale. Niente dollari significa che nessuno si prenderà il moolah locale con cui comprare qualcosa. Gli Stati Uniti, essendo di gran lunga la più grande economia del mondo e il più grande importatore, può devastare un paese. Come ha scoperto l’Iran, la mancanza di accesso ai dollari unita al blocco delle esportazioni può paralizzare l’economia di una nazione.

La chiave per armare il dollaro e il commercio è la cooperazione di altre nazioni. Gli Stati Uniti hanno mobilitato non solo la maggior parte della NATO, ma anche paesi come il Giappone, lontano dai combattimenti ma vicino al dollaro. Il desiderio degli alleati di non impegnarsi in una guerra cinetica né di spuntare gli Stati Uniti ha creato una coalizione di banche centrali che cooperano tutte per isolare l’economia russa, che dipende dall’esportazione di materie prime (energia) piuttosto che di prodotti industriali o tecnici. La combinazione del divieto delle importazioni russe di energia negli Stati Uniti e della gestione del dollaro come arma – di concerto con una grande alleanza – pone una crisi militare imprevista per la Russia.

È stato detto che nessuna nazione è stata a più di tre pasti non serviti dalla rivoluzione. I dettagli non hanno senso, ma il principio è corretto. L’azione eroica è in qualche modo più gestibile di una lunga e incessante miseria. Una cosa è morire per il tuo paese; un altro è vedere i tuoi figli soffrire la fame.

La strategia bellica americana deriva in parte dal non voler impegnare in combattimento le truppe russe, sia per l’avversione a perdere altre guerre, sia perché il baricentro del nemico oggi non è militare ma finanziario. A differenza di un attacco aereo, gli attacchi finanziari non esplodono all’improvviso. Lentamente macinano il tessuto della nazione fino a quando la bandiera stessa non giace in chiacchieroni. O questa è la teoria.

C’è, ovviamente, un aspetto negativo. In ogni guerra soffre il fronte interno. Negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale, la benzina veniva severamente razionata insieme a cose come i cosmetici (metallo nella custodia, olio nel trucco). Gli Stati Uniti resistettero, con brontolii, perché, a differenza delle altre nazioni, erano disponibili tre pasti al giorno e si proiettavano film.

Gli Stati Uniti oggi stanno affrontando un certo dolore nella loro offensiva economica, principalmente per il costo della benzina e di altri beni. La domanda è se starà dietro l’offensiva economica per difendere una nazione di importanza strategica per gli Stati Uniti ma di scarso significato emotivo. Partire per l’attacco a Pearl Harbor era una cosa, garantire la sicurezza di Kharkiv è un’altra questione. È più facile combattere che limitare la propria dieta.

Quindi, tornando alle lezioni apprese. Le lezioni militari di cui le persone sono ossessionate non sono definitive. La Russia può vincere, e una brutta vittoria è ancora una vittoria. La Russia potrebbe perdere e una sconfitta in Ucraina potrebbe significare molto o poco per i russi. Non siamo pronti a fare quello che ho fatto io ea discutere il significato più profondo dell’esito militare della Russia.

Ma possiamo già parlare di due cose. In primo luogo, l’uso del dollaro e l’accesso alla Fed sembrano essere un’arma sorprendente. Gli Stati Uniti hanno isolato la Russia senza bisogno di un blocco. La lezione, provata in una piccola parte con l’Iran, ha dimostrato la sua efficacia e la Russia ha dimostrato che poteva scalare. E, cosa più importante, è un’arma che solo gli Stati Uniti hanno. Questa settimana, i funzionari statunitensi stanno parlando con i funzionari cinesi. I cinesi hanno molti problemi economici e hanno bisogno di dollari. Ciò non significa che andranno in silenzio e senza chiedere concessioni, ma i cinesi hanno imparato che la potenza militare russa non è all’altezza della potenza economica statunitense. Per quanto riguarda l’invasione di Taiwan, uno sguardo alle prestazioni della Russia in Ucraina e al contatore degli Stati Uniti dimostra due cose: non dare mai per scontato che una guerra sia una schiacciata.

L’esito della guerra Ucraina-Russia è di una certa importanza strategica e di grande importanza morale. Quel risultato è ancora sconosciuto. Ma la certezza che gli Stati Uniti controllano la valuta del commercio globale è stata dimostrata, almeno fino a quando non emergerà una valuta alternativa e le persone saranno disposte a firmare accordi quinquennali al suo interno.

https://geopoliticalfutures.com/learning-lessons-from-the-war-in-ukraine/

GUERRA IN UCRAINA. IL DATO CHE MANCA, di Roberto Buffagni

GUERRA IN UCRAINA. IL DATO CHE MANCA.

Contro le mie abitudini, ieri ho guardato la TV. Ho curiosato via internet, e ho seguito i vari programmi dedicati alla guerra in Ucraina trasmessi negli ultimi giorni, soffermandomi soprattutto sui pareri delle persone più competenti in materia strategica e militare.

Salvo errore, dal dibattito manca un dato essenziale per comprendere il contesto della guerra in Ucraina.

Vengono spesso proposte le seguenti affermazioni:

  1. I russi hanno sottovalutato la resistenza e la volontà di combattere ucraine. Per questo l’offensiva stenta a concludersi, ed è in ritardo sulla tabella di marcia, che prevedeva un rapido successo in seguito al collasso delle FFAA nemiche.
  2. È dunque decisivo sostenere le FFAA ucraine con l’invio di armi
  3. Se adeguatamente sostenuta dai paesi amici, l’Ucraina può vincere il conflitto con la Russia.

Davvero la direzione politica e militare russa ha sottovalutato la resistenza ucraina e ha mal concepito il piano di operazioni?

Un argomento a favore di questa tesi potrebbe essere il fatto che il corpo di spedizione russo è composto da circa 180.000 effettivi, mentre le FFAA ucraine ne contano circa 200.000[1]. I russi, dunque, sono in lieve inferiorità numerica. È ben noto – lo si trova in tutti i manuali tattici – che il rapporto di forze tra attaccante e difensore sufficiente a compensare il vantaggio della difesa è di almeno 3:1; meglio ancora, di 5:1.

L’inferiorità numerica russa, in effetti, ha esposto il corpo di spedizione attaccante a diverse piccole sconfitte tattiche e ne ha rallentato l’avanzata, perché ovunque si renda necessario attaccare posizioni ucraine ben difese, specie nelle città, le FFAA russe mai possono contare su un’immediata, netta superiorità numerica, e devono attendere che si consolidi la conquista di una porzione di territorio adiacente per spostare gli effettivi bastevoli al nuovo attacco. È una situazione che non solo rallenta l’avanzata russa, ma costa un più elevato numero di perdite agli attaccanti.

I russi, insomma, hanno conquistato rapidamente la superiorità operativa – interrotta la coesione delle unità ucraine, disarticolata la catena di comando e controllo, per così dire “imbastita” una complessa manovra di accerchiamento su molteplici direttive – ma non hanno conquistato la superiorità tattica in tutto il teatro di operazioni. Questo non compromette il risultato finale del conflitto, perché salvo imprevisti veramente grossi le FFAA ucraine non sono più in grado di coordinare una controffensiva generale, riprendendo l’iniziativa che è saldamente in mano russa fin dai primissimi giorni.

Conquistata la superiorità operativa, i russi avrebbero bisogno di una sola cosa, per conquistare anche la superiorità tattica in tutto il teatro di operazioni, e concludere rapidamente il conflitto senza travolgere i civili ucraini sotto una tempesta di fuoco: più uomini. Li hanno? Sì, li hanno.[2]

In Ucraina, i russi stanno impiegando circa il 15% del totale dei loro effettivi. Anche senza mobilitare i coscritti e le riserve, impegnando soltanto i militari di carriera, i russi potevano, e tuttora possono, impegnare in Ucraina altri 100-200.000 soldati.

Perché i russi non hanno impiegato più uomini per invadere l’Ucraina? Perché hanno sottovalutato la volontà di combattere del nemico? Perché lo SM russo ha sbagliato i piani? E se è così, perché la direzione militare russa non rimedia al suo errore inviando subito consistenti rinforzi? Sono ormai passati venti giorni dall’inizio delle ostilità, e l’Ucraina confina con la Russia, né vi sono ostacoli geografici all’afflusso di nuove truppe in un territorio tutto pianeggiante, percorso da strade comode e sicure.

La Russia ha impegnato in Ucraina soltanto il 15% dei suoi effettivi, e tuttora non li rinforza in misura rilevante, perché il restante 75% degli effettivi russi è stazionato nelle sue basi permanenti per essere dispiegato in caso di guerra contro la NATO.

 È questo il dato essenziale che, salvo errore, manca dal dibattito italiano. È un dato essenziale perché illustra i seguenti fatti:

  1. Non è vero che i russi abbiano sottovalutato la resistenza ucraina, o che il piano operativo sia mal concepito. Possono certo esservi stati, come sempre accade, errori e sottovalutazioni, ma sono marginali e correggibili. Questa è un’operazione condotta con il minimo delle forze necessarie perché i tre quarti delle forze russe devono restare disponibili per l’eventuale allargamento del conflitto alla NATO.
  2. Non è vero che l’Ucraina può vincere da sola se i paesi amici la sostengono con l’invio di armi. Già ora le FFAA ucraine sono in netto svantaggio sul campo. Possono aggiudicarsi vittorie tattiche, ma non riprendere l’iniziativa sferrando una controffensiva generale. Qualora miracolosamente vi riuscissero, i russi potrebbero rinforzare il corpo di spedizione con altri 100-200.000 uomini; e se ve ne fosse assoluta necessità, potrebbero riversare sull’Ucraina una tempesta di fuoco dal cielo e da terra. L’esito militare del conflitto in Ucraina, insomma, è predeterminato.

Ma soprattutto, questo dato essenziale illustra che i russi non bluffano. I russi sono già pronti a un conflitto diretto con la NATO.

Sono pronti al conflitto convenzionale, e siccome nessuno può escludere che un conflitto diretto Russia – NATO degeneri in un conflitto nucleare, sono senz’altro pronti anche a questa eventualità.

Le massime autorità russe, d’altronde, hanno chiaramente e ufficialmente detto sin dall’inizio delle ostilità, di essere pronti a tutte le eventualità.

Ma qui, a quanto pare – nel dibattito italiano, ma anche purtroppo nel dibattito europeo e americano – molto pochi o quasi nessuno presta ascolto ai russi, che parlano chiaro ma parlano al muro.

Mi sembra decisamente il caso di cominciare ad ascoltarli.

 

[1] https://en.wikipedia.org/wiki/Armed_Forces_of_Ukraine

[2] https://en.wikipedia.org/wiki/Armed_Forces_of_Ukraine

 

La Russia e il multipolarismo in Europa_con Gianfranco La Grassa

Il multipolarismo sta sbarcando in Europa. I paesi europei più che parteciparvi, lo stanno subendo. La narrazione dominante addita la Russia come artefice della minaccia. In realtà sono i centri decisori al momento prevalenti negli Stati Uniti a cercare di stringere il giogo al collo. Le sue pressioni sono enormi ed assillanti. Un atto di forza che potrebbe trasformarsi in una manifestazione di fragilità. Tanto dipenderà dall’esito del conflitto in Ucraina. L’intervento russo assume ancora, proprio per il carattere estremo dell’iniziativa, una postura difensiva. Riuscire ad arrestare comunque il processo di allargamento della NATO ad est rappresenterebbe una prima significativa vittoria ed una ripresa dell’iniziativa già manifestatasi nei suoi prodromi in Libia, in Siria e in Africa. L’intesa con la Cina ne rappresenterebbe il suggello. I circoli dirigenti europei hanno ancora una volta scelto di appiattirsi totalmente sulla linea avventurista americana, definendo così l’Europa, il proprio continente, come il terreno di contesa e di battaglia di interessi altrui. Lo stanno facendo in nome della pace e dell’unità europea. Avrebbero avuto la possibilità di giocare sulle contraddizioni e sul conflitto che sta imperversando nei centri politici statunitensi; stanno al contrario alimentando le condizioni per una polverizzazione della realtà politica continentale foriera di lotte intestine ben manipolate e rinfocolate dall’esterno. E’ una classe dirigente che deve la propria esistenza sulla delega e sulla dipendenza ormai settantennale dalle scelte di oltreatlantico, condannando così l’Europa, in primis l’Italia, ad una condizione prossima di pauroso dissesto e degrado. Qualche segnale di reazione comunque appare all’orizzonte; più strutturato in Francia, con la candidatura di Zemmour all’Eliseo, più sottotraccia in Germania, in Ungheria. In Italia i sussulti di un paio di anni fa si sono rivelati un fuoco fatuo; forse ancora meno. Acrobazie parodistiche di saltimbanchi improvvisati, incapaci di destare un qualche timore nei centri che contano. L’epilogo lo abbiamo visto con l’allineamento tempestivo ed esibito, ammantato di anelito patriottico, di quelli che avrebbero aspirato a rappresentare una opposizione seria a questo sfacelo e a questa postura così meschina ed autolesionista. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/vxuk3p-la-russia-e-il-multipolarismo-in-europa-con-gianfranco-la-grassa.html

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