false flag_a cura di Giuseppe Germinario

Azioni di disturbo, comunque pericolose, ma di chi?

Due giorni fa CISA e FBI americane annunciano un possibile cyberattacco, il prodromo di un attacco russo imminente via terra:

 

https://thehill.com/policy/cybersecurity/594013-us-cyber-defense-agency-warns-of-possible-russian-cyberattacks-amid

Il Centro ucraino per le comunicazioni strategiche segnala oggi, guarda caso, un attacco informatico al Ministero della Difesa e a due banche. Lo motivano come un ripiego al fallimento del proposito di attacco terrestre della Russia.

https://www.reuters.com/world/europe/ukraine-reports-cyber-attack-defence-ministry-website-banks-tass-2022-02-15/

Qual è il significato dell’annuncio di un ritiro parziale delle truppe russe dal confine ucraino?

https://www.rt.com/russia/549461-kremlin-pull-back-troops/?utm_source=browser&utm_medium=push_notifications&utm_campaign=push_notifications

“Furia francese e ritirata spagnola”

In realtà gli ucraini devono giustificare o sabotare pericolosamente in modo rozzo ed infantile la figuraccia ottenuta nella gestione del contenzioso con la Russia, la scarsa affidabilità dei propri protettori d’oltreatlantico e l’avvio di trattative più o meno riservate sula base del documento russo di un mese fa.

Alle 21.30 Biden apparirà in televisione per annunciare lo stato dell’arte. Conta probabilmente sulla stupidità della gente.

Intanto il Ministro di Maio, con sprezzo del pericolo, è in missione in zona di guerra, pronto al sacrificio

Notizia più importante e seria. L’inedito del resoconto di una telefonata del candidato alla presidenza Erich Zemmour e Donald Trump. Ci riserviamo, appena possibile, un commento:

https://twitter.com/leopoldaudebert/status/1493466117905473538?s=21

INFO @BFMTV – É.Zemmour dit avoir parlé à D.Trump hier 40 min, le conseil de D.Trump (source entourage EZ):

”Pour gagner, ne changez jamais votre ligne (..) Les médias vs trouveront brutal, ne changez jamais si vs voulez gagner, gardez votre authenticité et votre courage”

INFO @BFMTV – É.Zemmour dice di aver parlato con D.Trump ieri 40 min, consiglio di D.Trump (fonte entourage EZ):

”Per vincere, non cambiare mai la tua linea (..) Media vs troveranno brutale, non cambiare mai se vs vuoi vincere, mantieni la tua autenticità e il tuo coraggio”

Léopold Audebert@LeopoldAudebert·12hIn risposta a @LeopoldAudebert🔴🇺🇸 INFO @BFMTV – Éric Zemmour à Donald Trump hier selon entourage EZ :

”Je me souviens de votre phrase: je me suis engagé pour la survie de l’Amérique telle que nous la connaissons. Je la fais mienne: je m’engage pour la survie de la France telle que nous la connaissons.”5207534Léopold Audebert@LeopoldAudebert·12h🔴🇺🇸 INFO @BFMTV (suite) – Comment Éric Zemmour a pris contact avec Donald Trump ? (source entourage EZ) :

”Notre responsable des Français de l’étranger avait le contact du cabinet Trump, et a proposé d’organiser une rencontre physique ou au téléphone.” (suite juste dessous)178286Léopold Audebert@LeopoldAudebert·12h🔴🇺🇸 INFO @BFMTV (suite) – Comment Éric Zemmour a pris contact avec Donald Trump ?

”Le cabinet a accepté les deux, mais un déplacement en Floride étant compliqué, l’équipe a organisé cet échange téléphonique.”

(source entourage Éric Zemmour à BFMTV)277259Léopold Audebert@LeopoldAudebert·12h🔴🇺🇸 INFO @BFMTV (suite) – Selon l’équipe d’Éric Zemmour :

”Trump a expliqué à Zemmour les raisons de sa victoire en 2016, lui a donné son sentiment sur la France : selon lui le sentiment profond des français c’est la peur de l’immigration.”

(entourage EZ à BFMTV)698354Michel@Mi_S_89·11hIn risposta a @LeopoldAudebert e @BFMTVPour le courage et l’authenticité, nous pouvons compter sur notre ERIC.
Pourquoi pensez-vous donc que nous l’appelons “notre ERIC”, “le Z”,
et SURTOUT
M.ZEMMOUR ?2332Lylalyla@Lylalyl61711148·10hCar Z ça campagne est financé par rothchil??? Les fameux rothchil mondialiste, ouii vous avez raison Z c’est un bouffon de l’agenda mondialiste, et ouii il reste dans l’union E, c’est bien l’union européenne qui décide ? Réveillez vous !!!! #je suis pour le frexit 💪516Mostra rispostemariebaron@mariebaron87·10hIn risposta a @LeopoldAudebert e @BFMTVC vrai que cela lui a réussi en fait ! Qd on voit sa sortie… un rapprochement ac Trump me ferait changer de candidat. Je n’aime pas sa posture, ses méthodes. En fait, au delà des idées, je déteste le personnage, je déteste ce qu’il est. Et cela c’est rédhibitoire2Marie Barret@MARIEBARRET5·8hLa ligne de Z est la même que celle de Trump élu avec le soutien de Poutine. Il terminerait pieds et poings liés: un vassal. Poutine est au pouvoir jusqu’à sa mort, Trump a essayé de faire de même mais les institutions américaines étaient solides. #dictature21Mostra risposteIsabelle🙃Idec📸🇨🇵🌿@IsabelleIdec·10hIn risposta a @LeopoldAudebert e @BFMTVRappelons que @MLP avait fait le pied de grue devant la Trump Tower pour être reçue par D. Trump. En vain. @Zemmour a eu raison de ne pas aller en Floride, mais d’échanger avec lui. La rencontre peut attendre.21063kz2a 🇫🇷🌿🌿🇫🇷💤@kz2a17·11hIn risposta a @LeopoldAudebert e @BFMTVTrump et zemmour sont sur la même ligné de patriotes qui aiment leur pays .j ai soutenu trump je soutien Z ..j adore les deux31888Mostra risposteDumont L.🇨🇵ZOZZ🇨🇵@L4Dumont·8hIn risposta a @LeopoldAudebert e @BFMTVTrump est un grand président qui s’est fait voler son élection par le camp du bien, les fameux démocrates qui essaient de déclencher une guerre mondiale. #ZemmourTrump2323Mostra risposteFábio Akata 🦊 🇧🇷🇮🇱🇺🇸🇮🇹🇫🇷🇷🇺@FabioAkata·10hIn risposta a @LeopoldAudebert e @BFMTVIl a bien raison il faut qu’il parle au peuple qu’il plaise au peuple pas aux mérdias. Ceux-là sont là cinquième colonne. Les mérdias veulent produire un candidat et le faire élire pour eux.
L’idéologie gauchiste wokiste contrôle les journalistes en général engagés à gauche839

 

Stati Uniti! Piromani in azione_con Gianfranco Campa

L’epilogo del contenzioso, qualunque esso sia, sancirà formalmente l’ingresso nella fase multipolare. Putin ha posto agli Stati Uniti due questioni in una: il limite di avvicinamento del dispositivo militare offensivo della NATO al confine russo; il riconoscimento, per meglio dire, la presa d’atto della Russia come stato sovrano indipendente con cui trattare con pari dignità. Ha posto esplicitamente i termini di un accordo al leader degli Stati Uniti, non a quello ucraino e nemmeno ai governanti europei, suoi vicini di casa. Non ha nemmeno risposto alle profferte ucraine. Sardonicamente ha offerto asilo all’ex presidente ucraino Poroshenko, evidentemente in disgrazia e a rischio della vita nella democratica Ucraina, perdonandolo dei suoi “errori”. E’ probabile che la sua magnanimità si estenda ad Artem Sytnyk, direttore dell’Ufficio Nazionale Ucraino dell’Anticorruzione, complice del tentativo di coinvolgimento di Trump in un gioco di finanziamenti ed affari americani in Ucraina e insabbiatore del ruolo di Hunter, rampollo di Biden, e di alcuni diplomatici statunitensi tornati in auge con l’insediamento della nuova amministrazione alla Casa Bianca, in corposi traffici similari; prossimo evidentemente a cadere in disgrazia con tutte le implicazioni possibili in quel paese. https://twitter.com/realsaavedra/stat… . La conversazione continua ad offrire analisi ed informazioni partendo da un punto di vista negletto da quasi tutto il sistema di informazione europeo e italiano in particolare: quello dello scontro di potere interno ai centri decisori e politici americani all’interno del quale sono sussunte e spesso forzate le scelte di politica estera. La geopolitica definisce il sistema di relazione tra i paesi; la cultura, la storia dei popoli e delle loro élites tracciano le onde lunghe e la ricorrenza della storia. Sono però i conflitti, le rivalità contingenti e quotidiane, i “capricci” e i colpi bassi dei soggetti politici e dei centri decisori a determinare la variabilità e la rottura più o meno temporanea di questi perimetri. La classe dirigente statunitense è aggrappata ad ambizioni di egemonia globale; i suoi passi sembrano il viatico migliore, per quanto involontario, al multipolarismo nella sua forma più conflittuale ed imprevedibile. Lo scontro politico in corso da anni negli Stati Uniti, ivi comprese le carte bollate  

https://www.justice.gov/sco/press-release/file/1433511/download sarà un interessante caso di studio affidato ai posteri. Sempre che ci sia un futuro.  Per concludere, una chiosa ai tanti sostenitori acritici della indipendenza dell’Ucraina. Un paese ha certamente tutto il diritto di scegliere la propria strada. Se decide però di affidarsi ad una classe dirigente, in gran parte aliena, piombata all’occasione nel proprio paese; se fonda la propria ragione di esistere sulla ostilità aperta e dichiarata verso la Russia e sorda verso i momentanei alleati, vicini di casa; se costruisce la propria identità sull’ostilità nei confronti di una buona metà della propria popolazione non può pretendere la benevolenza del vicinato. Rischia di essere lo strumento e la vittima stupida di scelte estranee. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

 

https://rumble.com/vuxqio-piromani-in-azione-negli-usa-con-g-campa.html

 

 

I nodi al pettine, di Roberto Buffagni

Crisi ucraina. È arrivato al pettine il nodo dell’espansione NATO verso Est.
È stato un errore strategico di prima grandezza che George Kennan, l’architetto della politica di contenimento dell’URSS nel secondo dopoguerra, definì “the most fateful error of American policy in the entire post-Cold War era.” La Russia potrebbe accettare la presenza di un’alleanza militare a guida USA ai propri confini solo se fosse una colonia americana, guidata da un governo fantoccio, e/o si disgregasse in entità politiche troppo deboli per opporsi alla volontà degli USA (è il caso dell’Europa dopo la IIGM). Ve ne fu la possibilità nel 1991, con l’implosione dell’URSS; ma dopo un periodo di terribile sfacelo, la Russia ha ritrovato una direzione politica capace di difendere la sovranità nazionale.
La situazione è molto semplice. Nel 1832, gli Stati Uniti pubblicano la Dottrina Monroe: il Nord e il Sud del continente americano non sono più aperti alla colonizzazione. Nessun paese del continente americano può stringere alleanze militari con potenze straniere. La dottrina Monroe formalizza una regolarità strategica. Ogni potenza deve, per sopravvivere e conservare la propria autonomia, avere una zona d’influenza che la protegga. Chi non ha una propria zona d’influenza fa parte di una zona d’influenza altrui, e gli è subalterno (in forme diverse, dalla colonia all’alleanza).
La Russia, che è una grande potenza, per restarlo ha bisogno di una zona d’influenza, e dunque non può accettare la presenza di un’alleanza militare straniera ai propri confini. Probabilmente ha scelto questo momento per iniziare il rollback della NATO perché ritiene che a) la riforma delle sue FFAA e l’adozione di sistemi d’arma innovativi le aprano una finestra di opportunità in caso di guerra b) gli Stati Uniti siano in difficoltà (conflitti interni endemici, ripetute sconfitte militari) c) in caso di scontro diretto, gli Stati Uniti rischierebbero una guerra su due fronti, se la Cina decidesse di cogliere l’occasione per occupare Taiwan; o addirittura su tre fronti, se anche l’Iran ne approfittasse.
L’errore strategico dell’espansione a Est della NATO forma una coppia infernale con l’altro errore strategico di prima grandezza commesso dagli USA, stavolta rispetto alla Cina.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti non avevano più alcun interesse a conservare l’alleanza con la Cina, che il presidente Nixon aveva opportunamente costruito in funzione antisovietica. Gli USA, invece, hanno infittito i rapporti economici e politici con la Cina, e addirittura hanno delocalizzato colà importanti settori della loro manifattura, alcuni dei quali direttamente collegati alla sicurezza nazionale; così aiutando fattivamente la Cina a sviluppare potenza economica, scientifico-tecnologica, militare, e a divenire insomma una grande potenza capace di minacciare la loro egemonia nel continente asiatico. Secondo logica capitalistica questa è stata una mossa razionale (teoria dei costi comparati di Ricardo). Secondo logica geopolitica è stata una follia suicida.
La ratio della politica americana verso la Cina nei decenni seguenti l’implosione dell’URSS è conforme all’ideologia liberal-progressista. I dirigenti americani si sono raccontati che se la Cina fosse divenuta un paese ricco, si sarebbe trasformata in una democrazia liberal-capitalistica; e siccome le democrazie liberal-capitalistiche non fanno la guerra ma il pacifico commercio, la Cina sarebbe divenuta un utile e simpatico partner nel mondo a guida americana.
In questa favola che i dirigenti americani si sono raccontati per addormentarsi meglio, e per incassare, da svegli, montagne di dollari, ci sono due elementi tolti di peso dal genere fantasy: 1) che quando un paese diventa ricco si trasforma automaticamente in una democrazia liberal-capitalistica, come se la tradizione culturale dei popoli contasse zero 2) che le democrazie liberal-capitalistiche non facciano la guerra ma il pacifico commercio (basta leggere un manuale di storia degli Stati Uniti per capire che non è vero).
Oggi, gli Stati Uniti si sono resi conto che la Cina è il loro principale avversario. La mossa obbligata sarebbe dunque dividere Russia e Cina, stabilendo buoni rapporti con la Russia: il che implicherebbe anzitutto il rollback della NATO. Però, da un canto gli USA temono di perdere, così, l’egemonia sull’Europa, e che si realizzi l’incubo di Mackinder (coesione tra Germania e Russia, dominio sull’Heartland). Dall’altro, temono che un avvicinamento alla Russia sia inteso dai cinesi come un segno di debolezza, e li spinga a occupare Taiwan. Per di più, gli Stati Uniti dovrebbero smentire tutta l’ideologia liberal-capitalistica che da trent’anni è la base della loro propaganda: e a quanto pare, a questa ideologia liberal-capitalistica credono sul serio anche i dirigenti americani.
Non è la prima volta che una persuasione ideologica in diretta contraddizione con le realtà geopolitiche provoca una sconfitta strategica. Ad esempio, la sincera fede cattolica di Filippo II gli impedì di accettare ogni proposta di un minimo di tolleranza religiosa nelle Fiandre, così alimentando una guerra infinita che impaludò gli eserciti e prosciugò le risorse imperiali, provocò indirettamente la sconfitta spagnola nel conflitto con l’Inghilterra, inaugurò la fine dell’egemonia spagnola in Europa (vittoria francese a Rocroi) e nel mondo (Inghilterra e Paesi Bassi iniziano a dominare gli oceani).
In teoria, l’Europa avrebbe tutto l’interesse a stare alla finestra, profittando dei conflitti in corso e della crisi dell’egemonia americana. Ma l’Europa fa parte della zona d’influenza americana, e non ha alcuna autonomia strategica. Quindi, i vari Stati europei chiacchierano a vanvera, e vengono ascoltati dalle potenze in conflitto per pura cortesia diplomatica. Gli europei poi, e in particolare gli italiani, commentando questa crisi ucraina danno prova di una tragicomica confusione mentale. Probabilmente, gli sviluppi di questa crisi, con la possibile, anzi probabile catena di reazioni e controreazioni tra USA e Russia che provocherà, faranno gradualmente chiarezza. La lezione ci costerà molto cara.

Strategia di forza di Mosca_di Rob Lee

Al di là delle valutazioni strettamente militari, questo articolo è importante per due elementi e soprattutto per il pulpito da cui proviene: il riconoscimento di fatto dell’inadempienza degli accordi di Minsk da parte ucraina; il coinvolgimento della Turchia, sia pure con ambizioni relativamente autonome, nel disegno apertamente ostile perpetrato dalla NATO ai danni della Russia, ormai a ridosso dei suoi stessi confini. Il regime ucraino attuale è nato da un colpo di stato; poggia su un sistema di satrapi maneggioni dalla precaria base sociale; sta letteralmente portando alla rovina un paese dotato di grandi risorse e in passato di significative capacità tecnologiche; in un paese a prevalente composizione russa e russofona sta adottando politiche sempre più apertamente ostili e discriminatorie che hanno portato ad una dura repressione interna e ad una secessione di fatto di una sua regione orientale, nonché all’ascesa di forze naziste le cui vestigia e trascorsi hanno fatto impallidire le imprese degli stessi nazisti tedeschi. La situazione è resa più drammatica e pericolosa dal contesto geopolitico e in particolare dalla situazione politica interna agli Stati Uniti. Ad una compagine presidenziale che manifesta segni crescenti di scarsa lucidità e capacità di tenere il polso della situazione corrisponde la possibilità di colpi di mano incontrollati ed incontrollabili di particolari centri decisori. Una situazione nella quale una qualsiasi provocazione potrà innescare il conflitto aperto. E di teste calde disposte ad essere strumento di questi maneggi l’Ucraina ne è piena. Un coagulo di interessi tesi a mantenere strettamente nell’ovile occidentale russofobo l’intera Europa e ad annichilire una classe dirigente russa sempre più costretta ad una alleanza con i cinesi da posizioni di debolezza, meno spendibile quindi da parte di questi ultimi, rappresenta la mistura dalla quale estrapolare calcoli e azzardi tanto sbagliati, quanto drammaticamente disastrosi, specie per gli europei._Giuseppe Germinario

Quanto sono ambiziosi gli obiettivi di politica estera della Russia e quanta forza Mosca ritiene di dover impiegare per raggiungerli? Mosca ha presentato vari ultimatum , ma la questione più critica e urgente è che il Cremlino ora considera l’Ucraina come un paese permanentemente ostile che continua ad aumentare le sue capacità di difesa. Le speranze russe di migliorare le relazioni con il presidente Volodymyr Zelensky sono state deluse nel 2021, e Mosca è ora concentrata sulla riduzione del rischio per la sicurezza a lungo termine rappresentato dall’Ucraina, inclusa l’interruzione della sua espansione della cooperazione in materia di difesa con la NATO. Tuttavia, questa è una delle richieste più irrealistiche e difficili da soddisfare per la NATO, in particolare perché l’Ucraina sta sviluppando missili a lungo raggio a livello nazionale. Questa impasse diplomatica suggerisce un rischio significativo di un’escalation militare russa in Ucraina con pochi ovvi scostamenti.

Numerosi articoli recenti hanno suggerito che i costi di una potenziale invasione sono troppo alti o che lo scopo di un’operazione militare russa in Ucraina sarebbe quello di occupare territorio . Una migliore spiegazione delle attuali azioni di Mosca è che fanno parte di una campagna di coercizione. Se Mosca non riesce a convincere gli Stati Uniti ad accettare alcune delle sue richieste e costringere l’Ucraina a fare concessioni, potrebbe considerare la forza militare come l’ultima risorsa per cambiare quello che considera uno status quo inaccettabile. Il comportamento russo suggerisce di ritenere che i costi dell’inazione sarebbero maggiori dei costi di una significativa escalation militare in Ucraina, in particolare dopo aver esaminato gli eventi in Ucraina durante l’estate e l’autunno. Gli obiettivi militari di Mosca si concentrerebbero sull’imposizione di costi inaccettabili all’Ucraina distruggendo unità militari, infliggendo vittime, facendo prigionieri di guerra o degradando la capacità dell’Ucraina di difendersi. La Russia potrebbe scegliere di impadronirsi del territorio per aumentare i costi su Kiev, ma questo probabilmente non sarebbe l’obiettivo finale. Mosca potrebbe raggiungere i suoi obiettivi scatenando la capacità di fuoco superiore della Russia senza un’invasione o lanciando un breve raid punitivo con un ritiro pianificato. Queste opzioni avrebbero meno rischi e costi rispetto a un’invasione su larga scala progettata per occupare molto più territorio.

Dalla deterrenza alla competenza

Le attuali attività della Russia sono una continuazione del potenziamento militare condotto vicino all’Ucraina a marzo e aprile 2021 e le sue forze armate sono ora in una posizione migliore per una grande offensiva. Ad aprile, la Russia aveva un numero leggermente inferiore di gruppi tattici di battaglione – unità di armi combinate formate da fucili motorizzati, carri armati, fanteria navale o battaglioni aviotrasportati con accessori di supporto – vicino all’Ucraina rispetto ad oggi , oltre a rinforzi aeronautici e navali . Come parte di tale accumulo, la Russia si è schierata un certo numero di gruppi tattici di battaglione, sistemi di lancio multiplo di razzi, sistemi di missili balistici a corto raggio Iskander-M e altre unità della 41a armata combinata del distretto militare centrale con sede in Siberia a postazioni di sosta vicino al confine con l’Ucraina. Quelle forze erano integrate da unità con sede più vicino all’Ucraina dai distretti militari meridionali e occidentali della Russia e unità dalle forze aviotrasportate russe. Lo ha annunciato il ministro della Difesa russo Sergei Shoigualla fine dell’accumulo primaverile che l’equipaggiamento della 41a armata combinata sarebbe rimasto vicino all’Ucraina fino all’esercitazione russo-bielorussa Zapad 2021 a settembre, ma la maggior parte dell’equipaggiamento non ha preso parte all’esercitazione e non è stata rimandata indietro poi in Siberia. Ciò indicava che l’esercizio non era il vero scopo del loro dispiegamento.

Le minacce della Russia contro l’Ucraina sono ora più pericolose perché, in definitiva, le sue minacce pubbliche all’inizio di quest’anno sono fallite. Ho discusso in precedenzache l’accumulo della primavera 2021 era una dimostrazione progettata per dissuadere la NATO e gli Stati Uniti dall’adottare politiche “anti-russe”, come andare avanti con l’adesione dell’Ucraina alla NATO o un’ulteriore cooperazione di difesa della NATO con l’Ucraina, minacciando di usare in modo asimmetrico la forza militare contro Ucraina. Tre fattori probabilmente hanno influenzato la tempistica dell’accumulo di primavera. In primo luogo, è stato un promemoria per Washington del potere militare di Mosca e un dialogo forzato con l’amministrazione Biden per chiarire le relazioni USA-Russia. In secondo luogo, l’accumulo è avvenuto solo un mese dopo che il presidente ucraino Zelensky ha deciso di chiudere tre canali televisivi controllati da Viktor Medvedchuk, un caro amico del presidente Vladimir Putin. La Russia ha adottato un approccio più conciliantedopo l’inaugurazione di Zelensky con la speranza di raggiungere un accordo sul Donbas, che includeva la sostituzione del più aggressivo Vladislav Surkov con Dmitry Kozak come referente del Cremlino per i negoziati con l’Ucraina. Tuttavia, i funzionari russi hanno ritenuto che Kiev non fosse all’altezza degli impegni assunti dal vertice in Normandia del 2019, che includeva la concessione di uno status speciale al Donbas. Nel 2020, dopo aver raggiunto un tentativo di accordo sull’istituzione di un consiglio consultivo con la Russia, Kiev si è ritirata dall’accordo dopo le critiche interne. Mosca ha concluso che la politica interna ucraina avrebbe impedito qualsiasi progresso nell’attuazione degli accordi di Minsk senza pressioni esterne. Secondo il quotidiano russo Kommersant, le speranze della Russia per un accordo diplomatico con l’Ucraina sono crollate nel 2021 e i funzionari russi hanno iniziato a intensificare la pressione sul loro vicino.

Dopo la fine della preparazione primaverile, Kiev ha continuato a perseguire politiche che hanno fatto arrabbiare i funzionari russi. Medvedchuk è stato posto agli arresti domiciliari a maggio. In risposta, Putin ha dedicato l’intero discorso di apertura alla prossima riunione del Consiglio di sicurezza russo sugli sviluppi in Ucraina, inclusa un’appassionata difesa di Medvedchuk . Ha accusato Kiev di “ripulire il loro ambiente politico” e ha suggerito che l’Ucraina si stava trasformando “lentamente ma costantemente, in un antipode della Russia, un’anti-Russia”. Un mese dopo, Putin ha reagito con rabbia dopo che il parlamento ucraino ha adottato una legge sui popoli indigeni, che non includeva i russi (non includeva nemmeno gli ucraini). Ha paragonato le conseguenze della legge a quelle di “una specie di arma di distruzione di massa ”. Ad agosto, Zelensky ha sanzionato diverse entità russe e bloccato diversi siti Web russi, tra cui il fornitore di servizi digitali Rostelecom e i giornali Moskovsky Komsomolets e Vedomosti .

Il terzo fattore che spiega i tempi della formazione primaverile è stata la vittoria dell’Azerbaigian nella seconda guerra del Nagorno-Karabakh. L’Azerbaigian ha vinto con il supporto critico della Turchia, che includeva ufficiali turchi che operavano sui veicoli aerei da combattimento senza pilota TB2 che hanno svolto un ruolo così cruciale. La guerra è stata la prima volta che una potenza esterna ha usato la forza militare nell’ex Unione Sovietica ed è stata solo l’ultima di una serie di scontri tra Russia e Turchia. I due paesi avevano recentemente combattuto per le province siriane di Idlib e Aleppo e per la Libia nella primavera del 2020. Inoltre, Ankara ha venduto droni da combattimento TB2 agli ex stati sovietici, tra cui Turkmenistan, Kirghizistan, Azerbaigian e Ucraina. Mosca probabilmente vedeva l’Ucraina come un luogo in cui poteva confrontarsi con la cooperazione di difesa turca con i vicini della Russia e collegava le azioni di Ankara alla più ampia critica del Cremlino al sostegno strisciante della NATO a Kiev.

Se uno degli obiettivi della Russia del rafforzamento primaverile era quello di scoraggiare un ulteriore sostegno della NATO all’Ucraina, gli eventi dell’estate e dell’autunno hanno dimostrato il suo fallimento. Una settimana dopo il vertice del giugno 2021 tra i presidenti Joe Biden e Vladimir Putin, il Regno Unito ha inviato la fregata HMS Defense attraverso le acque territoriali della Crimea, facendo infuriare i funzionari russi . Una nave della guardia costiera russa ha sparato colpi di avvertimento da dietro la fregata britannica e funzionari russi hanno affermato che i bombardieri russi Su-24 hanno sganciato bombe aeree sul suo cammino. La Russia non ha mai pubblicato filmati di questo e i giornalisti britannici sull’HMS Defender non hanno mai riferitoed sul presunto uso di bombe, il che indica che i funzionari russi stavano mentendo, ma ha dimostrato quanto seriamente Mosca considerasse l’evento. Il viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov ha avvertito che chiunque si impegni in atti futuri simili ” verrà preso di mira “. Il giorno prima dell’incidente, il Regno Unito ha firmato un memorandum di attuazione su un accordo di armi navali con Kiev. L’ultimo accordo di prestito di 1,7 miliardi di sterline con Kiev per la produzione congiunta di navi missilistiche, cacciatori di mine e altre armi navali. Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno fornito un ulteriore equipaggiamento per un valore di 60 milioni di dollari , autorizzato dall’amministrazione Biden ad agosto, oltre a ulteriori missili guidati anticarro Javelin. Gli Stati Uniti hanno anche firmato un quadro di difesa strategicala Carta sul partenariato strategico con l’Ucraina .

È proseguita anche la cooperazione in materia di difesa tra Kiev e Ankara. I due paesi hanno portato avanti un accordo per la produzione su licenza di droni TB2 , il drone che ha svolto un ruolo fondamentale nella guerra del Nagorno-Karabakh, in Ucraina. La Turchia ha consegnato ulteriori TB2 alla Marina ucraina a luglio e il Ministero della Difesa ucraino ha annunciato l’intenzione di acquistare altri 24 TB2 a settembre. Alla fine di ottobre, l’Ucraina ha condotto il suo primo attacco aereo con un drone TB2 su un obice D-30 nel Donbas occupato dalla Russia. Questo sciopero ha dimostrato che la Turchia ha esportato la TB2 senza restrizioni sul loro utilizzo nel Donbas.

I droni TB2 non alterano in modo significativo l’equilibrio di potere tra Ucraina e Russia, ma lo fanno tra le forze ucraine e i ribelli sostenuti dalla Russia nel Donbas. Se l’Ucraina continuasse a usarli nella regione, la Russia sarebbe costretta a contrastarli direttamente con l’esercito russo – abbattendoli o prendendo di mira i loro aeroporti con missili a lungo raggio – o schierando segretamente sistemi di difesa aerea o di guerra elettronica più capaci al Donbas.

Dal punto di vista di Mosca, lo sciopero del TB2 e l’incidente dell’HMS Defender sono stati di pubblico imbarazzo che hanno messo alla prova la credibilità della Russia, soprattutto dopo la pubblicità che circonda la preparazione primaverile e il vertice con Biden. Quindi, non sorprende che il Cremlino abbia deciso di cambiare approccio. La Russia ha ritenuto inaccettabile lo status quo e ha visto le linee di tendenza minare la sua posizione. Le sue misure coercitive in primavera non sono riuscite a scoraggiare la modernizzazione della difesa dell’Ucraina, il sostegno della NATO a Kiev o le politiche “anti-russe” adottate dal presidente Zelensky. Di conseguenza, Mosca ha cambiato il suo approccio da deterrenza a coercizione.

In contrasto con i funzionari russi che hanno fornito giustificazioni per la loro costituzione e menzionato le linee rosse in termini vaghi durante la primavera, Mosca sta ora formulando richieste concrete alla NATO e agli Stati Uniti ed esempi specifici di azioni che violerebbero le loro linee rosse. Queste richieste sono legate a una breve scadenza imposta dalla Russia con la minaccia di una risposta “militare-tecnica e militare” se le concessioni non vengono concesse, che sono tutti segni distintivi della coercizione. La Russia ha schierato circa il 32% dei gruppi tattici del suo battaglione militare vicino all’Ucraina, una cifra che secondo la comunità dell’intelligence statunitense potrebbe salire al 60%. Rispetto alla primavera, la Russia ha inviato ancora più equipaggiamento dal 41 °Combined Arms Army e un certo numero di gruppi tattici di battaglione e equipaggiamento della 1a armata di carri armati con base a Mosca, vicino ai confini dell’Ucraina.

Questo accumulo inizialmente si concentrava sul dispiegamento di equipaggiamenti pesanti e unità con base lontano dall’Ucraina, il che significa che Mosca potrebbe aumentare rapidamente le sue capacità militari vicino all’Ucraina schierando unità più leggere, come battaglioni aviotrasportati, e unità basate da 200 a 450 miglia dal confine. Durante la scorsa settimana, i video hanno mostrato l’equipaggiamento militare del distretto militare orientale della Russia che si muoveva verso ovest sui treni, tra cui la 155a brigata di fanteria navale della flotta del Pacifico, unità di carri armati e fucili motorizzati , sistemi di difesa aerea Buk-M2, sistemi di missili a lancio multiplo BM-27 Uragan e altri sistemi di missili balistici a corto raggio Iskander-M. Lo ha annunciato il ministero della Difesa russoun’ispezione rapida della prontezza al combattimento del distretto il 14 gennaio per testare la capacità delle unità di completare le missioni dopo aver condotto movimenti a lunga distanza. Lo hanno annunciato anche funzionari russi e bielorussiche le loro forze prenderanno parte a un’esercitazione congiunta che durerà fino al 20 febbraio, compreso il dispiegamento di uno squadrone di caccia Su-35S russo, due battaglioni di difesa aerea S-400 e un battaglione di difesa aerea Pantsir-S in Bielorussia e a terra attrezzatura. È interessante notare che alcune delle unità che si schiereranno in Bielorussia proverranno dal distretto militare orientale. Ovviamente, questo significa anche che la Russia avrà unità militari lungo il confine settentrionale dell’Ucraina, mettendo Kiev e altre località a rischio ancora maggiore. Se il distretto militare orientale e le forze aviotrasportate russe contribuiscono entrambi con 10-15 gruppi tattici di battaglione ciascuno, la Russia avrà quasi i 100 gruppi tattici di battaglione valutati dalla comunità dell’intelligence statunitensesarebbe schierato vicino all’Ucraina. Inoltre, diverse grandi navi da sbarco della flotta baltica russa hanno lasciato il Mar Baltico e sono probabilmente dirette verso il Mar Nero. Una maggiore capacità anfibia russa nella regione potrebbe costringere l’Ucraina a inviare più unità per difendere la sua costa meridionale, allargando ulteriormente le sue forze.

In contrasto con l’aumento pubblico di questa primavera, questa volta la Russia ha compiuto uno sforzo concertato per oscurare i suoi movimenti, spostando le attrezzature di notte, ruotando le unità tra i campi di addestramento e bloccando i siti Web utilizzati per il monitoraggio dei treni . In breve, la Russia sta ponendo le condizioni in cui potrebbe condurre una significativa escalation militare, inclusa un’invasione di terra su larga scala, con breve preavviso e con poco preavviso, dando maggiore peso alle sue minacce. Questo accumulo non è una routine di “sferragliare” e si discosta dal normale comportamento e retorica russi. Inoltre, i funzionari russi si stanno mettendo all’angolo impegnandosi a dare una risposta forte a meno che non ricevano concessioni. Se non raggiunge alcuni dei suoi obiettivi dichiarati, Mosca subirà un costo per la sua credibilità se non si intensificherà.

Il problema della Russia è l’Ucraina

La Russia non usa la forza per fare la guerra, ma per raggiungere obiettivi politici specifici. Il loro elenco di richieste include un arresto completo dell’espansione della NATO, limiti al dispiegamento di missili intermedi ea corto raggio e la fine della cooperazione di difesa degli Stati Uniti e dei paesi della NATO con l’Ucraina. Sebbene la Russia sia interessata a un dialogo più ampio sull’architettura della sicurezza europea, l’Ucraina è la questione più urgente e importante di Mosca, il che spiega le richieste della Russia di risolvere rapidamente la questione. Nessuna delle altre richieste della Russia, come la fine dell’ulteriore espansione della NATO, spiega perché Mosca è così determinata a forzare la questione in questo momento, dal momento che non vi è alcuna indicazione che altri paesi, inclusa l’Ucraina, potrebbero aderire alla NATO nel prossimo futuro.

La retorica dei funzionari russi sull’Ucraina è aumentata in modo significativo nel 2021. Sia Putin che l’ ex presidente Dmitry Medvedev hanno scritto saggi dall’espressione forte sull’Ucraina rispettivamente a luglio e ottobre. Putin ha scritto minacciosamente : “Sono fiducioso che la vera sovranità dell’Ucraina è possibile solo in collaborazione con la Russia”, due settimane dopo l’adozione del disegno di legge sui popoli indigeni ucraini. Medvedev ha definito la leadership ucraina “vassalli”e ha sostenuto che ulteriori colloqui con Kiev erano inutili, il che ha posto le basi per l’accumulo dell’autunno e il fulcro dei negoziati della Russia con Washington, non con Kiev. Una delle preoccupazioni più specifiche sollevate dal presidente Putin e da altri funzionari russi è la potenziale minaccia rappresentata dai missili a lungo raggio con base in Ucraina, che potrebbero raggiungere Mosca in pochi minuti . Dato lo stallo dei negoziati sull’attuazione dell’accordo di Minsk, la Russia ha concluso che l’Ucraina rimarrà un vicino ostile per il prossimo futuro e Kiev continua a rafforzare le sue capacità difensive. Se la Russia non può imporre la neutralità all’Ucraina, Mosca cercherà di impedire all’Ucraina di migliorare la sua deterrenza convenzionale.

Le opzioni militari del Cremlino

Nel valutare l’analisi costi-benefici di Mosca sull’uso della forza in Ucraina, è importante considerare non solo i probabili costi di un’escalation in questo momento, ma anche i costi della mancata azione. Non ci sono prove che un membro della NATO abbia preso in considerazione la possibilità di fornire missili a lungo raggio all’Ucraina, ma altre forme di cooperazione in materia di difesa con Kiev si sono costantemente intensificate. Mosca vuole anticipare ulteriori consegne di armi prima che l’Ucraina riceva armi strategicamente significative che potrebbero cambiare l’equilibrio militare, a differenza dei missili guidati anticarro Javelin forniti dagli Stati Uniti. Sebbene sia molto più efficace oggi rispetto al 2014, l’esercito ucraino non dispone di forti capacità di fuoco a lungo raggio, in particolare rispetto alla Russia.

Per quanto riguarda l’Ucraina, alla Russia mancano molti strumenti per influenzare Kiev oltre alla forza militare. Pertanto, Mosca probabilmente crede che una significativa escalation militare ora sarebbe meno costosa oggi che in futuro se l’Ucraina continua a rafforzare le sue capacità militari. Se l’Ucraina avesse missili a lungo raggio, potrebbe minacciare le città o le infrastrutture militari russe, limitando la capacità della Russia di utilizzare le minacce militari per costringere Kiev. In particolare, le aree di raccolta in cui le forze russe hanno ammassato le loro attrezzature a Yelnya e Pogonovo sono oltre la portata dei missili balistici tattici Tochka-U ucraini.

Un’invasione su larga scala non è l’unica linea d’azione della Russia nell’ambito di una campagna di coercizione. Ci sono più livelli di forza militare che Mosca potrebbe impiegare a seconda di quanto siano ambiziosi i suoi obiettivi. Più ambizioso è l’obiettivo, maggiore sarà la forza necessaria per modificare il calcolo costi-benefici di Kiev e della NATO. Se la Russia è determinata a imporre modifiche costituzionali in Ucraina o una versione modificata degli accordi di Minsk, è improbabile che raggiunga questo obiettivo a meno di un’invasione di terra o di un uso massiccio di incendi che potrebbero minacciare la sopravvivenza dello stato ucraino.

La presa e l’occupazione del territorio potrebbero essere un mezzo per aumentare la pressione su Kiev, ma l’occupazione del territorio non sarebbe l’obiettivo finale. Se la Russia avesse cercato di occupare più territorio, le ultime settimane di ultimatum pubblici sarebbero state controproducenti, dando semplicemente all’Ucraina e alla NATO più tempo per prepararsi. Alcune analisi hanno menzionato potenziali opzioni per impadronirsi di un ponte terrestre tra il Donbas e la Crimea, un’operazione a Odessa o anche un tentativo di occupare l’Ucraina occidentale . Se lo scopo è costringere la leadership ucraina, allora un’invasione di terra ha senso solo se mette l’Ucraina in una posizione più insostenibile o minacciata. Né un ponte di terra né un’operazione a Odessa avrebbero probabilmente raggiunto quel risultato, ma un’offensiva verso Kiev potrebbe.

L’attuale posizione delle forze russe indica un’invasione di terra verso la capitale ucraina come un’opzione più probabile. Rispetto alla primavera, quando molti dei rinforzi sono stati inviati in Crimea, la Russia ha ora dispiegato una quota significativa delle sue forze, principalmente la 41a armata combinata, a Yelnya , nel nord dell’Ucraina. Questi sono in aggiunta alle unità della 1a armata di carri armati schierate a Pogonovo, 100 miglia a nord-est del confine con l’Ucraina. Kiev si trova a circa 110 miglia dal confine settentrionale con la Russia e Mosca sta schierando i suoi rinforzi nelle regioni dove potrebbero lanciare offensive dai confini settentrionali e nord-orientali dell’Ucraina. La Russia ha anche iniziato a spostare attrezzature in accampamenti più piccoli vicino al confine nelle regioni di Bryansk, Belgorod e Kursk . Il trasferimento di unità russe in Bielorussia per l’imminente esercitazione aumenta la minaccia posta lungo il confine settentrionale dell’Ucraina.

L’opzione offensiva di terra più probabile è che l’esercito russo si concentri sulla distruzione di unità militari ucraine a est del fiume Dnepr, infliggendo vittime, facendo prigionieri di guerra, distruggendo attrezzature militari e degradando le capacità di difesa. Ciò potrebbe includere un ritiro pianificato – un’incursione punitiva – possibilmente dopo una o due settimane. Potrebbe anche comportare l’occupazione di un terreno fuori Kiev e la minaccia della capitale a meno che le richieste della Russia non vengano soddisfatte. Tale operazione assomiglierebbe più da vicino a una versione più aggressiva della guerra russa in Georgia nel 2008 rispetto alla sua annessione della Crimea. Infliggendo pesanti perdite all’esercito ucraino, facendo prigionieri di guerra e degradando le capacità di difesa di Kiev, la Russia potrebbe potenzialmente alterare la struttura degli incentivi di Zelensky in modo sufficiente da indurre dolorose concessioni.

Se Mosca ha obiettivi più limitati, come scoraggiare qualsiasi futuro TB2 ucraino o attacchi di artiglieria nel Donbas, potrebbe raggiungerli con meno forza. Ciò potrebbe includere l’abbattimento dei droni TB2 se volano vicino al Donbas o prendono di mira i loro aeroporti con munizioni a lungo raggio. La Russia potrebbe anche dichiarare una no-fly zone o annunciare che l’esercito russo avrebbe risposto a qualsiasi ulteriore attacco di artiglieria ucraina nel Donbas con una risposta aperta da parte dell’esercito russo. Questi passi sono troppo limitati per costringere Kiev a offrire importanti concessioni politiche, ma potrebbero alterare le azioni dell’Ucraina nel Donbas.

Un’altra opzione militare a meno di un’invasione potrebbe comportare l’impiego della capacità di fuoco superiore della Russia con artiglieria, sistemi di lancio multiplo, missili balistici a corto raggio, missili da crociera e altre armi di stallo, mirando alle posizioni militari ucraine. Una campagna di attacchi missilistici e di artiglieria potrebbe limitarsi a prendere di mira specifiche capacità militari ucraine, ad esempio unità di artiglieria ucraine che hanno sparato su posizioni nel Donbas, o potrebbe infliggere migliaia di vittime all’esercito ucraino e degradare significativamente le sue capacità militari, compresi gli attacchi sulle difese aeree e sugli aeroporti ucraini. La Russia potrebbe anche iniziare con un uso più limitato della forza, come artiglieria e attacchi missilistici, e intensificare se le sue richieste non vengono soddisfatte. Queste opzioni includerebbero probabilmente l’uso di sistemi di guerra informatica ed elettronica, a sostegno di un’operazione militare più ampia o da soli. In effetti, anche se la Russia non invadesse il territorio bielorusso, potrebbe impiegare sistemi di guerra elettronica dalla Bielorussia per interrompere le comunicazioni e il comando e controllo ucraini a Kiev, o forse per interferire con gli aerei da ricognizione statunitensi, come il radar di attacco al bersaglio E-8 Joint Surveillance. Sistemi, che condividono informazioni con l’Ucraina.

Queste opzioni militari più limitate metterebbero i militari russi meno a rischio di un’invasione di terra. I giavellotti ucraini e altre armi a corto raggio sarebbero di scarsa utilità se la Russia decidesse di fare affidamento sulle sue armi di stallo e la Russia possiede un vantaggio significativo nelle capacità di fuoco a lungo raggio. Un uso più limitato della forza probabilmente non comporterebbe la massima risposta da parte della NATO. Washington sarebbe disposta a perseguire le sue più forti sanzioni contro l’economia russa se la Russia avesse abbattuto una TB2 ucraina o avesse preso di mira specifiche unità ucraine? Il problema con queste opzioni più limitate è che probabilmente non risolverebbero il problema principale della Russia: un’Ucraina ostile che sta aumentando le sue capacità di deterrenza convenzionale. Quindi è più probabile un’opzione più aggressiva.

La Russia è in una posizione di forza per forzare la questione ora. I distretti militari meridionali e occidentali dell’esercito russo, che condividono il confine con l’Ucraina, hanno completato le due precedenti esercitazioni strategiche annuali del personale di comando, Kavkaz 2020 e Zapad 2021 , che ruotano ogni anno e si concentrano sulla lotta contro un conflitto convenzionale ad alta intensità. Il riarmo della flotta del Mar Nero dal 2014 è stato in gran parte completato, con la messa in servizio di più di una dozzina di sottomarini diesel e navi di superficie in grado di trasportare missili da crociera Kalibr, e le forze di terra russe sono state riequipaggiatecon dodici brigate Iskander-M dal 2010. L’esercito russo continua a riarmarsi e rimarrà più potente di quello dell’Ucraina in termini assoluti. Tuttavia, la sua forza relativa nei confronti dell’Ucraina probabilmente diminuirà nel tempo, visti gli attuali sforzi di modernizzazione dell’Ucraina, che ora incentivano un’operazione militare russa.

Inoltre, la Russia si è preparata allo scontro. La sua economia è oggi in una posizione molto più forte – le riserve internazionali sono attualmente ai massimi storici – rispetto a quando Mosca ha invaso l’Ucraina ed è intervenuta in Siria nel 2014-2015 durante una grave recessione economica. La repressione di Mosca sull’opposizione interna ha anche ridotto la minaccia di gravi proteste. Il sondaggio più recentedal Levada Center indipendente ha indicato che metà dei russi incolpa gli Stati Uniti o la NATO per la crisi, ma solo il quattro per cento incolpa la Russia. L’approvazione interna probabilmente non è un gran freno per Putin se decide di intensificare contro l’esercito ucraino. Tuttavia, questo potrebbe cambiare se le forze russe danneggiano città ucraine come Poltava e Kharkiv o causano vittime civili. Questo è un altro motivo per cui un’incursione punitiva limitata contro l’esercito ucraino è un’opzione più interessante.

Non sottovalutare la volontà della Russia di combattere

È impossibile essere sicuri di cosa stia pensando Putin, ma il comportamento attuale di Mosca è lontano dalla routine. La Russia ha schierato quasi un intero esercito di armi combinate dalla Siberia e sta inviando una grande forza dal distretto militare orientale in Bielorussia. La portata di questo dispiegamento di potenza di combattimento terrestre non ha precedenti per la Russia post-sovietica. Gli ultimatum accompagnati da funzionari russi che si impegnano pubblicamente in una risposta militare significano che la Russia subirà un costo di credibilità se non agisce o ottiene concessioni. Il presidente Putin probabilmente ha accettato che la Russia potrebbe aver bisogno di usare la forza militare se la NATO e l’Ucraina si fossero rifiutate di fare marcia indietro quando ha autorizzato un secondo accumulo questo autunno. Mosca sta segnalando di ritenere che i costi dell’inazione siano superiori ai costi dell’impiego della forza attuale. Dato il fallimento dei precedenti tentativi della Russia di dissuadere la NATO dall’estendere il sostegno all’Ucraina, non dovremmo sottovalutare la probabilità che la Russia condurrà una significativa escalation militare in Ucraina se alcune delle sue richieste non saranno soddisfatte. Tuttavia, ciò potrebbe non accadere immediatamente. La variante COVID-19 Omicron si sta ora diffondendo in Russia e le Olimpiadi inizieranno in Cina tra due settimane. La guerra Russia-Georgia nel 2008 si è verificata durante le precedenti Olimpiadi tenutesi in Cina e Mosca probabilmente vuole evitare di distogliere nuovamente l’attenzione da Pechino. L’imminente esercizio congiunto con la Bielorussia si concluderà il 20 febbraio, lo stesso giorno della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi. Inoltre, l’equipaggiamento è ancora in viaggio dal distretto militare orientale e la Russia deve ancora impegnare la maggior parte delle forze aviotrasportate vicino all’Ucraina. Tuttavia,

Un’errata interpretazione degli obiettivi politici della Russia e delle sue più probabili opzioni militari può portare a scarsi consigli politici. Molti argomenti per scoraggiare un’invasione russa presuppongono che la Russia intenda occupare vaste parti del territorio ucraino per lunghi periodi di tempo e suggeriscono ulteriori consegne di missili anti-guida Javelin o StingerMANPADS, che potrebbe essere efficace come parte di un’insurrezione. Tuttavia, se la Russia non prevede di occupare centri abitati, queste armi avranno scarso impatto e non sarebbero efficaci nel scoraggiare queste opzioni militari russe. Se gli Stati Uniti tentassero di consegnare il tipo di armi in grado di alterare l’equilibrio militare tra Russia e Ucraina, come missili a lungo raggio o sistemi di difesa missilistica, Mosca quasi sicuramente ne impedirebbe la consegna con un’escalation militare. Migliori opzioni di deterrenza non avrebbero effetto a meno che la Russia non avesse condotto una significativa escalation, facendo di Mosca l’iniziatore. Un tale approccio peggiorerebbe la situazione della sicurezza della Russia, negando potenzialmente qualsiasi vantaggio in termini di sicurezza che sperava di ottenere aumentando l’escalation in Ucraina.

https://www.fpri.org/article/2022/01/moscows-compellence-strategy/

Leggi tutto! No. Evacuazione militare statunitense degli americani dall’Ucraina in caso di guerra!_di gilbert doctotow

Leggi tutto! No. Evacuazione militare statunitense degli americani dall’Ucraina in caso di guerra!

di gilbert doctorow

Nella sua prima intervista televisiva del 2022 rilasciata a NBC News il 10 febbraio, Joe Biden ha esortato tutti gli americani a lasciare l’Ucraina ora tramite voli commerciali perché le forze armate statunitensi non entreranno per evacuarli. Perchè no? Per evitare qualsiasi possibile impegno militare diretto con le previste forze di invasione russe:

“È una guerra mondiale quando gli americani e la Russia iniziano a spararsi l’un l’altro. Non è che abbiamo a che fare con un’organizzazione terroristica. Abbiamo a che fare con uno dei più grandi eserciti del mondo. È una situazione molto diversa e le cose potrebbero impazzire rapidamente”.

Questa dichiarazione apparentemente non eccezionale è sicuramente la dichiarazione più importante di Biden relativa alla crisi al confine tra Ucraina e Russia da quando ha affermato all’inizio di dicembre 2021 che gli Stati Uniti non invieranno un solo soldato ad assistere l’Ucraina nel caso in cui si trovassero in combattimento militare con la Russia.

In un mondo politico statunitense che molto tempo fa è andato oltre i fatti per crogiolarsi in qualche fantasia interiore, quello che abbiamo qui nell’ultima dichiarazione di Biden è l’inizio di una presa di coscienza dei fatti sul campo, vale a dire che la Russia non è “una stazione di servizio mascherata da un paese”, come ha detto il famoso senatore John McCain, visceralmente anti-russo, né è un paese con solo armi nucleari scadute nel suo arsenale, armi che per loro natura non possono essere usate senza portare il Giorno del Giudizio per tutti noi.

A questo proposito, sembra che la guerra psicologica condotta da Vladimir Putin contro gli Stati Uniti e la NATO stia cominciando a dare i suoi frutti. Ora c’è una consapevolezza del pericolo rappresentato dalle forze militari convenzionali russe, un pericolo abbastanza grande da giustificare la misura in più di cautela che vediamo nelle osservazioni di ieri del presidente Biden.

Naturalmente, l’analisi della crisi da parte dell’amministrazione americana rimane semplicistica, con i binari della diplomazia o della guerra, dell’invasione o della non invasione. Ora è più che probabile che il Cremlino non organizzerà un’invasione su vasta scala. In effetti, potrebbe non dover sparare un colpo. Il signor Putin è impegnato in una guerra psicologica e sta facendo progressi lenti ma costanti nell’applicare pressioni sempre maggiori sull’Ucraina e, attraverso l’Ucraina, sugli Stati Uniti e sui suoi alleati della NATO.

Abbiamo sentito parlare molto dei 100.000 soldati russi al confine russo con l’Ucraina, a nord-est di Kharkiv. Impariamo ogni giorno su unità specializzate per il trasporto di carburante, banche del sangue e altri distaccamenti che arrivano in questo territorio e consentono un’invasione nel caso si verificasse. Ora sentiamo anche parlare delle esercitazioni militari congiunte bielorusso-russe iniziate ieri appena a nord del confine bielorusso con l’Ucraina ea meno di 100 km dalla capitale ucraina, Kiev. Ciò include più di 30.000 soldati russi e una grande quantità di nuovo equipaggiamento militare che probabilmente rimarrà indietro dopo che le esercitazioni termineranno il 20 e le truppe russe torneranno alle loro posizioni di origine.

La novità di oggi è un resoconto dettagliato sui crescenti distaccamenti navali russi che arrivano per le proprie esercitazioni militari in mare appena al largo della costa ucraina. Sì, potrebbero facilitare lo sbarco di truppe e carri armati se la Russia desidera impadronirsi di Odessa o di altre città sulla costa con una grande popolazione etnica russa. Tuttavia, come spiega un articolo di Amy Mackinnon sulla rivista Foreign Policy datato 10 febbraio, le forze russe hanno ora proibito la navigazione, sia commerciale che militare, durante le proprie esercitazioni, stabilendo di fatto un blocco navale sull’Ucraina. Se tale blocco dovesse essere mantenuto dopo la data di chiusura delle esercitazioni, potrebbe effettivamente strangolare il commercio estero ucraino.

Nessuno sa se questa sia semplicemente una dimostrazione di forza ai fini di una discussione rafforzata in qualsiasi negoziato con Kiev sull’attuazione degli accordi di Minsk o se verrà utilizzata per danneggiare sufficientemente l’economia ucraina per portare a un cambio di regime a Kiev. In entrambi i casi, la Russia non infliggerebbe una sola vittima al suo avversario con tali PsyOps.

Fin qui tutto bene. Con un po’ di fortuna, sia gli americani che i russi continueranno a mostrare moderazione nell’uso della forza e ci risparmieranno una guerra cinetica che potrebbe sfuggire al controllo nel senso inteso ieri da Joe Biden.

©Gilbert Doctorow, 2022

Le fasi della guerra, Di: George Friedman

Le fasi della guerra

Pensieri dentro e intorno alla geopolitica.

Di: George Friedman

Considerando l’affermazione americana secondo cui la Russia intende attaccare l’Ucraina – che il Cremlino nega – è utile considerare in forma schematica le fasi della guerra per comprendere non solo la sequenza ma anche le difficoltà e i rischi della guerra.

Ci sono quattro fasi per attaccare e occupare un paese:

Fase 1: Perspicacia. Comprendere chi stai combattendo, le sue intenzioni e capacità e ciò che la guerra intende raggiungere.

Fase 2: Guerra. Avviare il movimento e la potenza di fuoco destinati a infrangere la volontà e la capacità di resistere del nemico.

Fase 3: Occupazione. Occupare il Paese, o quella parte che è necessaria per raggiungere il fine politico desiderato.

Fase 4: Pacificazione. Pacifica il terreno occupato e spezza la volontà del popolo di resistere.

Questo è un riassunto ordinato di quella che probabilmente è la cosa più disordinata che gli esseri umani sperimentano. Ogni fase è più complessa e disordinata di quanto possa sembrare possibile e il numero di fasi può sconvolgere la mente. Tuttavia, semplificare e ordinare il caos della guerra ci aiuterà a porre le domande giuste e forse a intravedere le risposte.

L’intelligence è la prima fase e precede la decisione di combattere. Comprendere le intenzioni di un potenziale nemico ti dice se ciò che intende è compatibile con i tuoi interessi. Comprendere le sue capacità ti dice se dovresti correre l’enorme rischio di andare in guerra. Le intenzioni e le capacità sono cose che tutti i paesi cercano di capire anche sull’avversario meno probabile. Ti dicono chi devi combattere e chi potrebbe combattere con te. L’intelligence può anche guidarti su chi potrebbe essere il nemico. Quando il Giappone invase la Cina, non prevedeva che a tempo debito avrebbe potuto affrontare gli Stati Uniti. Se c’è un’invasione russa dell’Ucraina, gli Stati Uniti hanno un’idea abbastanza chiara di chi potrebbero combattere se intervenissero. (È improbabile che la Cina abbia la capacità di proiettare una forza decisiva durante il periodo di un qualsiasi conflitto tra Stati Uniti e Russia.) La Russia non conosce l’ordine di battaglia che dovrà affrontare, anche se potrebbe essere chiaro quale tipo di forza potrebbe portare un potenziale avversario dell’orso. L’incertezza politica crea incertezza militare.

La seconda fase è l’inizio e il proseguimento della guerra. L’aggressore decide per il difensore. Quando la Germania, alleata con l’Unione Sovietica, invase la Polonia, l’intelligence di Berlino non le parlò della serie di nazioni e delle capacità a lungo termine che avrebbe dovuto affrontare. La decisione di entrare in guerra ha lo scopo di anticipare la forma finale della guerra. L’intelligence politica è molto più difficile da raccogliere dell’intelligence militare. I motori della guerra possono essere nascosti solo imperfettamente. Le intenzioni dei paesi sono difficili da capire, poiché anche quegli stessi paesi non sono consapevoli di ciò che potrebbero fare. Tuttavia, è essenziale valutare cosa faranno di fronte alla guerra che stai lanciando, ora o nel lungo periodo. Devi sapere questo per conoscere l’ordine di battaglia che dovrai sconfiggere. Hitler capì i suoi potenziali nemici. Non apprezzò l’ordine di battaglia che gli Stati Uniti avrebbero messo in atto o la resilienza della difesa sovietica. Qualunque sia l’obiettivo della Russia in Ucraina, la sua incertezza su chi potrebbe essere il suo nemico è un deterrente. Questo è vero a meno che l’intelligence russa non sia penetrata in profondità nel processo decisionale americano.

La terza fase è l’occupazione del territorio o del paese preso di mira. L’occupazione è un fine. Il mezzo a tal fine deve essere la distruzione dell’esercito nemico, fisicamente o per motivi di morale. La Francia aveva la capacità materiale di continuare a resistere alla Germania nazista, ma non aveva il morale. L’occupazione di un paese è un processo difficile e che richiede tempo anche quando non c’è resistenza. C’è prima di tutto l’assoluta dimensione fisica del paese e la cautela che deve accompagnare un’informazione imperfetta sulle forze nemiche. Poi c’è la questione della logistica. I soldati devono mangiare e, nella guerra moderna, la benzina deve essere consegnata ai veicoli, insieme alle munizioni per sostituire ciò che è stato consumato. In un assalto corazzato, come sarebbe il caso in Ucraina, i veicoli corazzati, anche se ben tenuti, hanno la tendenza a rompersi. Quando 50 tonnellate di parti mobili incontrano la strada, le parti potrebbero guastarsi. E non dobbiamo sottovalutare le armi anticarro date all’Ucraina. Qualsiasi assalto dovrebbe essere metodico e consapevole delle possibili minacce, e lo stesso movimento logistico è più vulnerabile della spinta principale e altrettanto essenziale. Se l’occupazione incontra resistenza, il movimento rallenterà drasticamente. In caso contrario, la preoccupazione per la possibilità di resistenza rallenterà il movimento. Ciò ha ramificazioni politiche, poiché una rapida sconfitta di una forza preclude il rafforzamento da parte delle potenze straniere: dovrebbero invadere di nuovo. Un esteso processo di occupazione aumenta la probabilità che le potenze straniere sentano pressioni per intervenire a favore dei difensori – o almeno la forza offensiva deve considerare la possibilità.

La quarta fase potrebbe essere la più dispendiosa in termini di tempo e politicamente irritante. Alcune popolazioni occupate accettano la sconfitta. Altri no. Il miglior esempio dell’efficacia militare della resistenza post-occupazione è la stessa Russia, dove le forze militari e civili hanno continuato a resistere dietro l’avanzata tedesca, costringendo i tedeschi a dirottare le forze verso la pacificazione, cosa che ha ulteriormente alienato la popolazione e aumentato la resistenza dietro la linea del fronte. La Gran Bretagna in India ha affrontato questo problema nel 19° secolo. La pacificazione è una questione politica imperniata sulla lealtà della popolazione al suo governo e sull’ostilità degli occupanti. Dal punto di vista degli occupanti, la pacificazione è un’arma a doppio taglio, che limita la resistenza e la incoraggia attraverso la sua natura brutale. Ovviamente non è chiaro quanto il popolo ucraino sia leale al governo o al principio di un’Ucraina indipendente, né è chiaro quanto non gli piacciano i russi e quanto una pacificazione russa possa incoraggiare la resistenza.

Nel caso di Russia e Ucraina, i russi non possono essere certi di quanto gli Stati Uniti sarebbero coinvolti o quali armi userebbero. Nella guerra moderna non è necessario avvicinarsi a un chilometro da un carro armato per distruggerlo. I missili a lungo raggio possono attaccare la forza e, in modo più redditizio, il sistema logistico che supporta quella forza. Un intervento degli Stati Uniti sarebbe il più pericoloso per la Russia e Mosca non può fidarsi di ciò che dice Washington, in particolare se la resistenza ucraina è rigida, le vittime sono alte e gli Stati Uniti si trovano sotto pressione per intervenire. È un caso in cui gli stessi americani non sanno cosa faranno. In tal caso, quella che i russi intendevano essere una breve guerra potrebbe trascinarsi, con incerte probabilità di una pacificazione riuscita.

Le operazioni militari richiedono la minimizzazione dell’incertezza. Tuttavia, è nella natura della guerra la moltiplicazione  delle incertezze. Gli Stati Uniti hanno respinto l’idea di una controffensiva tedesca alla fine della seconda guerra mondiale. Risultò la battaglia delle Ardenne. Gli Stati Uniti si aspettavano che il Vietnam del Nord abbandonasse il suo desiderio di unire il Vietnam. Ha calcolato male. E Stalin non si aspettava un’invasione tedesca nel 1941.

L’intelligence spesso fallisce. Le operazioni militari subiscono fallimenti di comando, comunicazione e morale. La resistenza all’invasore aumenta inaspettatamente. Gli alleati del difensore emergono a sorpresa, con attacchi militari e non. Le superbe fonti di informazioni dalla capitale del nemico risultano funzionare per il nemico. Per entrare in guerra, deve esserci un interesse prevalente per il quale non è possibile altra soluzione o mitigazione.

Quando utilizziamo le fasi della guerra come uno scheletro su cui drappeggiare le varie fasi, la guerra diventa un’idea poco attraente. Per i russi, che non hanno condotto una guerra multidivisionale estesa in quasi 75 anni, l’opzione potrebbe sembrare allettante. Il tempo nasconde le verità. Ma nel caso della Russia, ci vorranno secoli per dimenticare la verità della guerra. I russi ricordano la seconda guerra mondiale nelle loro ossa. Ricordano anche quante cose Hitler ha calcolato male, dalla resistenza russa alle nazioni che hanno sostenuto la Russia. E ricordando quella guerra, considerando il modello con cui ho armeggiato qui e le vaste incognite, i russi, non credo, ne inizieranno un’altra. Avrebbe poco senso.

https://geopoliticalfutures.com/the-phases-of-war/?tpa=OGZhOWM3ZWEyMTVlMDllMzUyNWEwYjE2NDU3MTY4OTIyY2NmMDg&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_term=https://geopoliticalfutures.com/the-phases-of-war/?tpa=OGZhOWM3ZWEyMTVlMDllMzUyNWEwYjE2NDU3MTY4OTIyY2NmMDg&utm_content&utm_campaign=PAID%20-%20Everything%20as%20it%27s%20published

La vera storia della crisi dei missili a Cuba, di Gianfranco la Grassa

1. Alla fine della seconda guerra mondiale, l’Urss emerse come una delle due vere vincitrici dello scontro bellico. Tuttavia, oggi si può ben dire che la maggiore potenza era rappresentata dagli Stati Uniti. Il periodo che seguì, detto della “guerra fredda”, sembrò veramente il confronto tra paesi di forza pressoché pari; soprattutto quando nel 1949 l’Urss lanciò la prima bomba atomica, realizzando poi con una certa rapidità un arsenale nucleare abbastanza confrontabile con quello degli avversari. E nel 1957 (4 ottobre) ci fu il lancio del primo sputnik, che sembrò sancire addirittura un vantaggio dell’Urss in termini di conquista dello spazio, non indifferente a fini bellici. Si caratterizzò quel periodo storico, durato poco meno di mezzo secolo, con la definizione di “equilibrio del terrore”. Unione Sovietica e Stati Uniti erano nemici – anche socialmente e ideologicamente, essendo la prima il campione e centro del campo detto socialista; e la seconda del campo capitalistico – ma non ci fu mai, malgrado il permanente spauracchio dello svoltare della guerra da fredda a calda, un vero pericolo del genere. Vi era in realtà non tanto la disparità di forze, quanto una rigidità della struttura sociale, assai misconosciuta per molto tempo, a sfavore del paese presunto socialista. L’apparente compattezza del potere politico, fortemente accentrato in Urss, non permise a lungo di constatare questo “difetto” nella sedicente “costruzione del socialismo” (oggi capiamo che non vi fu mai un simile processo; però lo capiamo in pochi, a “destra” come a “sinistra”).
In ogni caso, per alcuni anni dopo la guerra si diffuse, e non soltanto presso i comunisti (che stravedevano per l’Urss), la sensazione di un forte sviluppo delle forze produttive nel paese “socialista” (e negli altri paesi di quel campo), favorito appunto dall’aver spezzato l’involucro rappresentato dai rapporti sociali (di produzione) capitalistici, supposto ostacolo a detto sviluppo. Nella prima metà degli anni ’50, statistiche assai addomesticate pretendevano di dimostrare che, nel giro di vent’anni, l’Urss avrebbe superato come Pil gli Usa mentre la Cina (divenuta “socialista” nel ’49 con la presa del potere da parte del partito comunista guidato da Mao) avrebbe ottenuto lo stesso risultato nei confronti dell’Inghilterra, allora secondo paese del campo capitalistico. In realtà, già Stalin, un anno prima della morte (avvenuta il 5 marzo 1953), aveva scritto un breve saggio in cui cercava di capire una serie di difficoltà di sviluppo, cui stava andando incontro l’Urss. Tuttavia, la sua analisi non poteva liberarsi dell’impaccio di una teoria marxista (ormai largamente stravolta e fortemente ideologizzata senza la minima consapevolezza di ciò da parte dei comunisti). Alla sua morte, e nella seconda metà degli anni ’50, le difficoltà vennero sempre più in evidenza.
Nel febbraio del 1956 si ebbe il colpo di scena al XX Congresso del Pcus (partito comunista dell’Unione Sovietica) con il famoso rapporto Kruscev, che non fu concordato con i maggiori rappresentanti del partito a quell’epoca, anche se fu ingoiato e apparentemente sostenuto da tutti, salvo l’inizio di una lotta sotterranea sfociata in numerosi episodi lungo tutto il successivo arco di sussistenza dell’Urss. Ero divenuto comunista due anni e mezzo prima ed ero assai giovane, ma qualcosa di marxismo già sapevo. Fui inorridito da quel rapporto, tutto basato sugli errori personali di Stalin e sul culto della sua personalità. Il “socialismo” sarebbe stato in fondo sano, ma si erano verificati (chissà chi li aveva consentiti), e per un lunghissimo periodo di tempo, sbagli clamorosi, e addirittura crimini, attribuiti al brutto carattere di Stalin con il supporto da parte di un Beria, già accoppato (sembra addirittura in sede di Comitato Centrale e con l’accordo di tutti, anche di quelli che poi Kruscev buttò fuori) nel dicembre del ’53. Mi schierai immediatamente contro quel Congresso e quel rapporto, perché afferrai fin da subito che non vi era la più pallida ombra di un’analisi storica del periodo, indubbiamente non eroico né pieno di luci, in cui l’Urss fu guidata da Stalin. Si trattò, in questa svolta del XX Congresso, di regolamenti di conti con alla testa un mediocre e ottuso politicante (certo furbastro) come Kruscev, vero precursore di Gorbaciov.
Togliatti, uomo politico di tutto rilievo ma altrettanto “alto” opportunista, che aveva commemorato Stalin il 6 marzo ‘53 con parole perfino un po’ eccessive nella loro retorica, si schierò pressoché subito con Kruscev (forse solo un attimo di sbalordimento, anche perché era uomo di cultura, intelligente e certamente non poteva non capire la rozzezza delle accuse di Kruscev, basate sul “culto della personalità”, un insulto al marxismo e ad ogni analisi minimamente sensata degli eventi storici) e rilasciò una intervista a “Nuovi Argomenti” subito dopo il XX Congresso, una delle pagine più meschine di quest’uomo. All’VIII Congresso del PCI nel dicembre di quell’anno si ribadì il pieno appoggio del partito al “nuovo” Pcus. Uno dei pochi dissidenti, Concetto Marchesi, pronunciò un discorso molto critico, in cui pronunziò una frase che approvai pienamente: “Tiberio, uno dei più grandi e infamati imperatori di Roma trovò il suo implacabile accusatore in Cornelio Tacito, il massimo storico del principato. A Stalin, meno fortunato, è toccato Nikita Kruscev”. Togliatti andò a stringergli la mano (lascio stare ogni commento). Comunque sorvoliamo su questi “particolari”, non senza però ricordare che in quel congresso venne lanciata, nella sua forma più elaborata, la famosa “via italiana al socialismo”, inizio delle più bieche svolte opportunistiche del partito, finite poi nella “lunga marcia” (partita all’incirca alla fine degli anni ’60 e inizio ’70) verso il cambio di campo e il passaggio con gli Usa e gli “atlantici”.
2. Dopo il XX Congresso, sotterraneamente iniziò una lotta tra la vecchia guardia (e non solo) e i “krusceviani”. L’esito di tale confronto fu ritardato dai fatti d’Ungheria (ottobre del ’56), dove si notò all’inizio una qualche “incoerenza”. Ci fu un primo tentativo di repressione, che inasprì la situazione anche perché fu seguito da una mezza ritirata che dimostrò appunto una qualche divisione interna all’establishment sovietico. Poi ci fu comunque l’aperta e assai dura azione di schiacciamento della rivolta. Il confronto interno al Pcus – cioè al suo vertice poiché la “base”, nella quale è bene mettere anche la gran parte dei membri del CC, era solo al seguito di questo o quel dirigente e non credo per chiari motivi politici, tanto meno ideali – riprese e sfociò infine nello scontro aperto del giugno 1957. Malenkov, Molotov (quello del patto con Von Ribbentrop, uno dei più importanti Ministri degli Esteri sovietici e alto dirigente di partito nel periodo di Stalin), Kaganovic – con l’appoggio di Bulganin e di Shepilov, considerato fedele a Kruscev e in quel momento Ministro degli Esteri; forse per questo si convinse dell’ambigua politica internazionale di chi aveva fino allora seguito – tentarono di estromettere Kruscev dalla sua carica di massimo dirigente. In effetti, il risultato fu conseguito nel Presidium del partito, gruppo ristretto di comando.
Kruscev riuscì a convocare in extremis il CC e lì vinse (come spesso accade quando giungono i vari “baciapiedi”, solo interessati a vedere come “girerà” per loro con la vittoria di questo o di quello), facendo anche passare gli avversari quale “gruppo antipartito”. Essi furono espulsi dal gruppo dirigente, ma poi anche dal partito (almeno alcuni di loro, ad es. Malenkov nel 1961). Comunque, un capitolo era chiuso, ma se ne aprì subito un altro a livello del consesso dei partiti comunisti. Quello cinese manifestò subito, anche se all’inizio molto in sordina, il suo malumore. Non venne considerato minimamente serio il rapporto Kruscev tutto basato su accuse che facevano risalire solo al carattere personale di Stalin (e al suo “culto”) le difficoltà in cui invece continuava ad incorrere l’Urss. Proprio quel rapporto, credo, spinse Mao (appunto nel 1957) a pronunciare un rilevante discorso (febbraio 1957), poi pubblicato come “Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo”. L’analisi è più avanzata di quella di Stalin sopra citata (et pour cause). Tra queste contraddizioni viene inserita anche quella tra classe operaia e borghesia nazionale. Più tardi sappiamo che la contraddizione tra le due classi verrà vista come nettamente conflittuale (con ritardo nella “costruzione del socialismo”) e addirittura esistente all’interno del partito e del suo stesso organo dirigente supremo; da qui nacque nel ’66 la “rivoluzione culturale”, su cui sorvoliamo in questo contesto. Le contraddizioni tra Urss e Cina si aggravarono sempre più e passarono attraverso diverse tappe: la riunione degli 81 partiti comunisti del mondo a Mosca nel ’60, il durissimo scambio di lettere (proprio di carattere teorico e politico-ideologico) tra i CC dei due partiti nel ’63 e infine, appunto, la “rivoluzione culturale (1966-69), che sancì la definitiva inimicizia e avversità, continuata anche dopo la svolta, susseguente alla morte di Mao nel settembre del 1976, che di fatto riconsegnò il potere alla vecchia guardia rappresentata soprattutto da Deng Xiaoping (questi era già il più forte nel 1977 e consolidò definitivamente la sua guida nell’’80).
Torniamo però all’Urss ormai apparentemente dominata dal solo Kruscev. Era in realtà un’impressione, ma per alcuni anni sembrò veramente avere tutto il potere in mano; i nemici aspettavano i suoi errori. Egli tentò di rivitalizzare lo sviluppo economico sovietico, in netto calo malgrado tutte la “alterazioni” apportate ai dati della produzione e altro. E si rivolse in particolare all’economista Liberman. Questi tentò un certo mutamento della pianificazione centrale eccessivamente rigida. Le sue proposte non si possono paragonare a quelle più tarde di Deng in Cina passate sotto la definizione di “socialismo di mercato”. Tuttavia, sia lui che Ota Sik in Cecoslovacchia (in auge fino al governo Dubcek, poi represso nel ’68 dall’Urss) e Oskar Lange in Polonia (per un certo periodo vicepresidente del paese e morto nel 1965; amico del mio Maestro che mi mandò da lui per un lungo colloquio al Codevilla di Cortina nel 1963) avevano un’impostazione che non poteva definirsi marxista. Lange era anzi, a mio avviso, di chiara impronta neoclassica e nel suo manuale di Economia politica espone in modo piuttosto “elementare” (diciamo così) le leggi del materialismo storico; solo perché la sua posizione gli imponeva di essere almeno un po’ aderente a quella visione ideologica.
Le riforme che tentò di introdurre Liberman non ebbero grande successo; e certamente l’essersi rivolto a lui non giovò a Kruscev nella lotta sotterranea che continuava a svilupparsi nel Pcus (o per meglio dire, nel suo vertice). Soprattutto in campo agricolo (ma evidentemente non solo) non vi furono brillanti successi, tutt’altro. Tuttavia, non credo che tali insuccessi siano stati quelli più decisivi nel successivo maturare della sconfitta di colui che sembrava essere ormai il padrone assoluto dell’Unione Sovietica (divenne anche premier, oltre che già segretario del partito subito dopo la morte di Stalin, nel ’58 estromettendo Bulganin). Cercò in tutti i modi di rendersi simpatico non soltanto all’interno ma anche sul piano internazionale. Certi suoi gesti (come quello del battere con finta ira la sua scarpa sul tavolo mentre si era in seduta all’ONU nel 1960 e stava parlando il delegato filippino che rovesciava varie accuse sull’Urss) erano più che altro sceneggiate destinate a farlo passare per un bonario per quanto focoso capo di governo e di partito. Iniziò assai presto una politica di “appeasement” con gli Usa, dove si recò nel 1959 per due settimane, dopo aver ricevuto in Urss l’allora vicepresidente americano Nixon.
3. Nel 1958 vien nominato Papa il cardinale Roncalli (Giovanni XXIII, detto “affettuosamente” Giovanni schedina: due pareggi e tre vittorie in casa) e a fine 1960 viene eletto presidente degli Usa Kennedy, che s’insedia, come al solito, il 20 gennaio del ’61. Da quel momento, si parlò per ben più di un anno – scherzosamente ma significativamente – della S.S. Trinità; e tutti erano convinti che si andasse verso un mondo di pace. Tutti, salvo i veri dirigenti politici; in modo particolare americani e sovietici. Questa visione pacificata durò poco come del resto la suddetta “Trinità”. Nel giugno del ’63 muore il Papa, in novembre viene assassinato Kennedy, nell’ottobre del ’64 viene destituito Kruscev, che sarà buttato fuori anche dal CC del partito nel ’66. Tuttavia, le grandi speranze di pacificazione erano già finite con la “crisi dei missili a Cuba” nell’ottobre del ’62. Non è facile capire gli effettivi motivi dell’uccisione di Kennedy. Nessuna persona sensata ha mai creduto al gesto isolato di Oswald (assassinato subito dopo per evitare che rivelasse qualcosa); e nemmeno alla fola di un atto di vendetta compiuto da Allan Dulles (capo della Cia) per aver subito dei torti da Kennedy. Cerchiamo di considerare alcune “cosette”. Il 17 gennaio del ’61, Eisenhower, che di fatto non era più presidente (Kennedy s’insedierà dopo appena tre giorni), autorizza la Cia ad agire contro Cuba, soprattutto mettendo a disposizione (lui che era stato alto comandante dell’esercito e capo delle forze alleate in Europa nella seconda guerra mondiale) i necessari gruppi militari per invadere quel piccolo paese con lo sbarco alla Baia dei Porci.
Non è quindi la prima volta che un presidente, ormai di fatto non più tale, continua a tramare a pochi giorni dall’insediamento di quello che, di fatto, era un suo rivale (un po’ come Obama, non vi sembra? Per questo Trump è senz’altro avvertito dei pericoli che corre; anche se allora si trattava di un repubblicano contro un democratico, il “rovescio” rispetto ad oggi, ma conta questo negli Usa?). Il disastro di quell’operazione fu incredibile, oggi si scrive spesso che le operazioni condotte rasentarono la follia. Kennedy venne considerato connivente con la tentata operazione di rovesciare Castro. Fu veramente così? Non è che agì di soppiatto proprio per far fallire quella manovra, evento che avrebbe così gettato discredito sul suo predecessore (e il suo establishment)? Mentre se fosse riuscita sarebbe accaduto il contrario: Eisenhower sugli altari e lui (e i “suoi”) dimezzati nella popolarità come, probabilmente, nel potere (visto che anche la Cia stava con Eisenhower come recentemente con Obama). Se su quanto accadde veramente negli Usa abbiamo molte incertezze, queste diminuiscono abbastanza (non del tutto, è ovvio) per quanto invece andò verificandosi in Urss. In effetti, le sedicenti riforme non avevano gran successo, ma soprattutto andava sempre più accentuandosi il malcontento nella direzione del Pcus (e forse nacque persino qualche sospetto) per i rapporti troppo buoni tenuti dal segretario del partito con gli Usa; direi, in particolare, con Kennedy. Nel 1962, credo proprio che si andassero precisando pericoli di autentica opposizione.
Da politicante opportunista e senza principi qual era, Kruscev decise di fare la mossa, apparentemente forte, di mettere i missili a Cuba. E anche se ancora oggi ciò viene tenuto nascosto, avvertì Kennedy della mossa, gliene spiegò i motivi, pienamente accettati dal presidente americano che sapeva bene come fosse fondamentale la permanenza di un simile personaggio (ripeto, “pregorbacioviano”) alla direzione dell’Urss. Se la mossa fosse riuscita, forse alla fin fine sarebbe stato accelerato il declino dell’Urss, diretta appunto da un tipo come Krusciov ancora per anni. In ogni caso, tutto andò all’inizio per il meglio (per quanto riguarda l’accordo segreto fra i due “capi”) e, nel luglio del ’62, una sessantina di navi sovietiche si avviarono verso Cuba; alcune d’esse trasportavano i missili. McCone, direttore della Cia, avvertì il suo presidente del “pericolo” imminente (evidentemente non sapeva nulla degli accordi segretissimi intercorsi). Vi fu una riunione molto “riservata” a quattro: Kennedy, suo fratello Robert (Ministro della Giustizia), Rusk (Segretario di Stato) e McNamara (Segretario alla Difesa). Si decise che i russi non avrebbero mai avuto il coraggio di compiere una simile impresa. Mi sembra probabile, direi perfino evidente, che i quattro invece ben conoscessero quanto concordato tra il presidente e Kruscev e le sue effettive motivazioni. Difficile a questo punto capire bene il senz’altro turbinoso succedersi degli avvenimenti, pur se è facile intuire che il vicepresidente (Lyndon Johnson) non fosse molto d’accordo e fosse a conoscenza dei fatti o per informazione diretta oppure ottenuta ad insaputa del presidente.
Fatto sta che vi furono chiaramente opposizioni nette a correre quello che evidentemente alcuni ritenevano un rischio; o forse più semplicemente (perché non credo si avesse troppa paura dei missili sovietici a Cuba) non si voleva favorire l’azione krusceviana, si preferiva che venisse messo in difficoltà e si manifestassero crepe e dissidi al vertice dell’Urss. Chi lo sa; resta il fatto che a ottobre, la presenza dei missili venne rivelata con grande clamore – dal drone U2 che volò sopra Cuba e fece delle foto precise; e anche questo volo fu fatto all’insaputa di Kennedy, ma forse non di Johnson e della CIA – e, a questo punto, a Kennedy non restò altro che cadere dalle nuvole e ingiungere perentoriamente a Kruscev di ritirarli. Sia chiaro che solo più tardi si seppe che il direttore della Cia aveva avvertito il presidente già a luglio e che si era tenuta la riunione segretissima dei “quattro”, scartando la credibilità della mossa sovietica. Quindi, in ogni caso, Kennedy recitò la commedia fingendo a ottobre di essere sorpreso. Quanto a Kruscev, cosa poteva fare il poveretto? Rivelare che aveva avvertito Kennedy per poter far meglio fronte alle crescenti opposizioni interne? Dovette ingoiare il rospo (avrà magari fatto qualche telefonata indignata a chi l’aveva “tradito”) e ritirò i missili subendo una sconfitta decisiva. Non fu liquidato subito ma due anni dopo. Tuttavia, le accuse rivoltegli riguardano proprio la cattiva gestione dell’economia (e tuttavia Liberman resterà ancora in attività per qualche anno e ne era il principale responsabile), ma soprattutto la pessima gestione della crisi dei missili con figuraccia dell’Urss costretta a subire l’ingiunzione americana. E’ evidente che i dirigenti sovietici erano ormai a conoscenza di tutto l’inghippo svoltosi. Se Kruscev perse il posto, Kennedy ci rimise la vita; ma non credo proprio per quell’evento. Altri, e non chiari né ben noti tuttora (a noi almeno), furono i motivi salienti della sua eliminazione fisica.
Ancora oggi, grazie anche a storici contemporanei – in parte mediocri in parte veri falsificatori – si parla dell’ottobre 1962 come di un momento in cui si fu vicinissimi alla terza guerra mondiale. Solo il buon senso dei due “capi” – e l’intervento che fece il Papa “buono” in quell’ottobre, rivolgendosi come d’abitudine a tutti gli uomini di buona volontà – ci avrebbe salvato dall’olocausto nucleare. I miei compagnucci e amici e conoscenti erano scandalizzati perché ridevo e dicevo loro che nessun pericolo grave incombeva su di noi e sul mondo; e li prendevo in giro poiché poco capivano delle menzogne raccontate dai “potenti” per abbindolare i gonzi. E’ stata una delle mie “predizioni” più riuscite (non erano per la verità predizioni, ma cosette che sapevo nelle loro linee generali; ma soprassediamo). Dissi apertamente che non c’era alcuna crisi, che vi era stato accordo tra “i due”, andato però a male; affermai senza esitazioni che la crisi sarebbe finita in poche settimane e che Kruscev era ormai in “lista d’attesa” per essere licenziato. Non prevedevo l’assassinio di Kennedy, ma tutto non si può “indovinare”. E del resto conoscevo molto meglio ciò che accadeva nel mondo detto “comunista”; sia sul piano estero (Urss, Cina e altri paesi) sia su quello interno (i vari “intrighi” nel Pci e nei gruppuscoli filo-maoisti o quanto meno “antirevisionisti”, ecc.). Quanto si muoveva tra le fila dell’establishment statunitense mi era decisamente meno decifrabile.
Bene, con questo ho terminato la mia storiella. Vedremo se capita l’occasione di raccontarne altre (magari anche su questioni interne italiane; tipo “mani pulite” o il “rapimento Moro” con la presa in giro del “terrorismo rosso”) . Purtroppo, su alcune questioni non posso esprimermi con chiarezza perché, non potendo portare prove né testimonianze, sarei passibile di denuncia per diffamazione. Peccato, di “cosette simpatiche” ne so alcune; e anche di ghiotte. Le ho raccontate a voce ad amici, in modo che ne resti qualche traccia. Quanti “porcaccioni” ho incontrato in vita mia! Sia quando ero nell’azienda di mio padre e assieme a lui si andava per Ministeri (Agricoltura e Industria e Commercio); sia nella mia carriera universitaria; sia negli ambiti della politica, in particolare “a sinistra” perché lì erano le mie frequentazioni. Sia chiaro che ho conosciuto anche un discreto numero di persone (quasi tutte morte) di cui ho un ricordo riverente e commosso. Non esistono solo fetentoni. Tuttavia, sono quasi sempre questi a riscuotere il maggiore successo; sia fra i politicanti che fra gli intellettuali, tutti portati sugli scudi mentre sono dei miserabili da lasciare senza fiato. E oggi stiamo arrivando al capolinea.

 

Le origini del fallimento francese nel Sahel

Continuiamo a chiedere il motivo della partecipazione italiana all’operazione “Takuba”_Giuseppe Germinario
Il fallimento della Francia nel Sahel era prevedibile. I lettori di questo blog e gli abbonati a Afrique Réelle sanno che dal 2011 non ho smesso di spiegarne le ragioni, che sono ampiamente sviluppate nel mio libro Les guerres du Sahel desorigines à nos jours .
Questo naufragio politico e non militare è dovuto a sei cause principali:
1) Corsezionati dalla loro ideologia, i leader francesi ritengono che il diritto radicato e legittimo del Popolo debba cedere il passo alle nuvole dei “diritti umani”, le chimere del “buon governo” o l’etereo postulato del “vivere insieme”, ideologie inadatti al Sahel dove amplificano i problemi.
2) Questi stessi decisori francesi hanno favorito le analisi economiche e sociali aggrappandosi al miraggio dello “sviluppo”. Secondo il loro presupposto universalistico, essendo gli africani europei poveri con la pelle nera, le ricette che avevano funzionato in Europa potevano, secondo loro, essere trasponibili solo in Africa. Un’illusione fatale e una cecità colpevole…
3) Hanno superbamente ignorato la storia e le realtà etniche, dimenticando le sagge raccomandazioni formulate nel 1953 dal Governatore dell’Africa occidentale francese: “Meno elezioni e più etnografia, e tutti troveranno qualcosa per trarne vantaggio”.
4) Senza memoria e senza cultura storica regionale, i decisori francesi non vedevano che alla fine del XIX secolo la colonizzazione aveva due conseguenze contraddittorie. Ha liberato i meridionali dalla predazione settentrionale, ma, allo stesso tempo, ha riunito vittime e carnefici entro gli stessi confini amministrativi.
5) Neppure questi stessi funzionari francesi vedevano che negli anni ’60, con l’indipendenza, i confini amministrativi dell’ex AOF erano diventati confini di stato, si erano trasformati in tante carceri popolari. Ora, all’interno di questi confini artificiali, essendo i più numerosi, le leggi dell’etnomatematica elettorale danno automaticamente potere ai meridionali. Di conseguenza, in Mali, Niger e Ciad, negli anni 1960-1965, si sono sollevati i Tuareg ei Toubou che rifiutavano di essere assoggettati ai loro ex affluenti meridionali.
6) Gli irresponsabili che definiscono la politica africana della Francia non hanno più capito che il Sahel è il dominio del lungo periodo dove l’affermazione di una costante islamica radicale è prima di tutto la superinfezione di una ferita etno-razziale millenaria che siamo, per definizione, incapace di chiudere.
Mentre la politica africana della Francia avrebbe dovuto essere affidata a uomini del campo che hanno ereditato il “metodo Lyautey” e l’approccio etno-differenzialista dei vecchi “Affari Indigeni”, è stata, purtroppo, gestita da “piccolo marchese” di Sciences Po. Insignificante e pretenziosi, questi settari incistati nel Ministero della Difesa e degli Affari Esteri portano, con i ministri che in teoria li dirigono, la terribile responsabilità del fallimento francese nel Sahel.
blog de Bernard Lugan

Pensando all’annientamento globale, Di: George Friedman

Siamo nel bel mezzo di un grande confronto tra USA e Russia. Ero lì quando il presidente Ronald Reagan ha bluffato i sovietici nel tentativo di tenere il passo con lo sviluppo di armi spaziali che gli Stati Uniti in realtà non avevano. Ero lì quando, mentre i sovietici minacciavano di inviare una forza aerea per intervenire nella guerra arabo-israeliana, gli Stati Uniti andarono a DEFCON 3. Uno dei miei primi ricordi da bambino cresciuto nel Bronx è stato l’intervento sovietico in Ungheria nel 1956, quando si dice che i carri armati russi abbiano raso al suolo il vecchio quartiere da cui provenivano i miei genitori e dove vivevano ancora i miei parenti.

Sono un conoscitore delle crisi globali, in particolare quelle tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Hanno la sottile patina della sottigliezza unita alla disonestà. Le crisi non sono l’unico dominio di Washington e Mosca, ma per i miei soldi, non c’è crisi come una crisi USA-Russia. Nemmeno l’Impero Romano poteva annientare il mondo.

Data la mia esperienza nelle crisi, sto prendendo in considerazione quella attuale mentre un sommelier beve un’annata che conoscono bene – in attesa, ma pronto a rimanere deluso. Finora la crisi ha tutte le caratteristiche dei classici. I russi hanno mobilitato tre gruppi di carri armati e affermano di non pianificare la guerra. Hanno avanzato richieste che non possono essere accettate e vengono insultate quando le richieste vengono respinte. Gli Stati Uniti hanno invocato l’ira della NATO, i cui membri si disperdono prontamente come un branco di gatti. La NATO in seguito accuserà gli Stati Uniti di aver abbandonato il proprio impegno nell’alleanza. Questa crisi alla fine si concluderà con un esito incoerente garantito per innescarne di più in futuro. E a tempo debito, arriverà un’orda di dissertazioni e memorie illeggibili della crisi, a mostrare come gli autori abbiano costretto da soli l’altra parte a capitolare.

Da crisi gli do un 86 su 100, bevibile ma manca male qualcosa. Il qualcosa è la minaccia di una guerra termonucleare. L’hardware che è stato mobilitato manca dell’energia di due potenze nucleari che spostano la loro posizione di difesa appena al di sotto della catastrofe globale, le riunioni tese nei bar di Vienna, Voronezh o Arlington, dove “quasi” alti funzionari pubblici parlano tra loro come se ne avessero possibilità di fare la crisi, trasformati in statisti alla tastiera. Infine, c’è un’intensa incertezza di una popolazione su un futuro già definito dalla realtà.

Il portabandiera di tali episodi è la crisi dei missili cubani, una bella miscela di pericolo e stronzate. Avevo 13 anni quando si è verificata la crisi. Vivevamo allora nel Queens, New York, vicino all’aeroporto di Idlewild, poi chiamato Aeroporto Internazionale John F. Kennedy. Sapevo che Idlewild poteva essere usato come aeroporto militare, ed era pieno di carburante, e quindi sapevo che nella guerra a venire i sovietici avrebbero piazzato due missili a circa tre miglia dal mio prezioso sedere. Sapevo che i russi erano armati quanto gli americani e sapevo che questo poteva finire solo con l’annientamento nucleare. Lo sapevo perché nel 1962 i ragazzini prendevano la guerra nucleare tanto seriamente quanto prendevano il baseball. E come per il baseball, non sapevano molto.

E in tutti i libri e film successivi, la paura della guerra incombeva su tutti. In effetti, l’episodio era il materiale su cui sono costruite le storie. Robert Kennedy ha incontrato Anatoly Dobrynin, l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, in un ultimo disperato tentativo di scongiurare l’apocalisse. Si scopre che Kennedy ha registrato tutte le riunioni dell’ExComm, il comitato che gestisce la crisi, e che i fascicoli sovietici sono stati aperti dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Entrambi questi documenti rivelano cose simili: ciascuna parte voleva rendere eccitante la crisi in modo che potessero apparire eroici e statisti, ma in realtà non era quello che sembrava essere.

In primo luogo, i sovietici avevano tra i due ei 15 missili in Russia che si diceva fossero in grado di raggiungere gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti avevano quasi 200 missili affidabili, più otto sottomarini nucleari anch’essi armati di armi nucleari. Gli Stati Uniti avevano anche una grande flotta di bombardieri nucleari B-52 in allerta continua. I sovietici non avevano né una significativa forza di bombardieri a lungo raggio né una capacità nucleare operativa.

Quando John F. Kennedy si candidò alla presidenza, affermò che c’era un divario missilistico. Era una bugia, ma sapeva che Dwight Eisenhower e Richard Nixon non potevano rivelare la verità. Gli Stati Uniti avevano completamente sconfitto i sovietici, per non parlare degli obsoleti missili a corto raggio di stanza in Turchia.

Il motivo per cui il premier sovietico Nikita Khrushchev voleva Cuba è che, senza una capacità missilistica a lungo raggio, potrebbe usare Cuba come trampolino di lancio per attacchi nucleari che coinvolgono armi a corto raggio. Krusciov pensava che gli Stati Uniti non avrebbero colpito la Russia se la Russia avesse avuto la capacità di uccidere un milione circa di americani. Tutto dipendeva dal fatto che i sovietici rendessero operativi i missili prima che gli Stati Uniti lo scoprissero. Gli Stati Uniti lo scoprirono appena in tempo. Ma come abbiamo scoperto dopo la crisi, gli Stati Uniti non hanno attaccato la Russia anche quando i russi non avevano mezzi di rappresaglia.

Kennedy e Krusciov lo capirono entrambi. L’idea che la guerra termonucleare sia stata a malapena evitata non è del tutto corretta. Una cosa che gli americani non sapevano era che i sovietici avevano inviato a Cuba armi nucleari tattiche che l’esercito sovietico era libero di usare in un’invasione. Il loro uso potrebbe aver innescato un attacco degli Stati Uniti contro la Russia. La guerra nucleare sarebbe potuta accadere solo se gli Stati Uniti avessero colpito unilateralmente, cosa che non sarebbe accaduta. La leggenda secondo cui siamo stati occhio contro occhio e solo che la Russia sbattesse le palpebre per prima non ha senso.

Amo questa crisi per lo straordinario dramma del momento e per il modo in cui entrambi i leader hanno cercato di rendersi eroici. Adoro le memorie di aspiranti eroi. Adoro il modo in cui l’intera storia è uscita e che quello che sembrava essere armageddon si è trasformato in un bluff chiamato. Ecco come appare un grande conflitto USA-Russia: l’umanità sull’orlo dell’annientamento, che circonda un mucchio di letame di cavallo.

Sospetto fortemente che l’attuale crisi sia in effetti come la crisi dei missili cubani, come alcuni hanno affermato con profondo terrore. Io, per esempio, spero che lo sia.

 

Soros e l’amore tradito_a cura di Giuseppe Germinario

Sono passati appena tre anni dall’investitura, avvenuta a Davos, , il nido delle aquile di George Soros, di Xi Jin Ping a paladino della globalizzazione. Un amore incondizionato da opporre al suo nemico giurato, Donald Trump, insediatosi repentinamente addirittura nel salotto buono di casa propria. La musica ultimamente è radicalmente cambiata. Attraverso tweet sempre più infuocati, Soros  da alcune settimane ha iniziato a riversare colate di fiele su Xi. Non ha usato intermediari; sta agendo inusitatamente in prima persona.

Una reazione da amante tradito, accentuata probabilmente dalla difficoltà di trovare nel mondo rifugi alternativi dove riporre il proprio cuore ormai esausto e prossimo a fermarsi. https://twitter.com/georgesoros/status/1488233860584427530?s=21

https://www.georgesoros.com/2022/01/31/george-soros-on-china-remarks-delivered-at-the-hoover-institution/

Il personaggio non va sopravvalutato, ma è certamente la spia di una prossima svolta definitiva

Simile animosità comincia ad affiorare anche nel Congresso Statunitense, questa volta condita di progetti e numeri. Qualcosa di definitivo sta maturando negli ambienti democratici e neocon americani. In questo contesto, la crisi ucraina potrebbe conoscere percorsi ed epiloghi meno prevedibili e più accomodanti, assecondati da iniziative di personaggi che difficilmente oserebbero iniziative suscettibili di contrariare il proprio referente. L’ultima telefonata di Draghi a Putin rientra in questo quadro. L’articolo di Foreign Affairs pare alquanto illuminante riguardo al cambio di priorità in politica estera

https://twitter.com/foreignaffairs/status/1488557815241314309?s=21

Aerei da guerra taiwanesi sorvolano Taipei, 10 ottobre 2021
Aerei da guerra taiwanesi sorvolano Taipei, 10 ottobre 2021
Ann Wang/Reuters

Nel marzo 2021, l’ammiraglio Philip S. Davidson, allora comandante del comando indo-pacifico degli Stati Uniti, informò il Congresso che la Cina avrebbe potuto invadere Taiwan entro i prossimi sei anni. A ottobre, il ministro della Difesa taiwanese Chiu Kuo-cheng ha fornito una tempistica ancora più breve, affermando che la Cina sarebbe stata capace di una “invasione su vasta scala” entro il 2025. E in Affari esteri la scorsa estate, Oriana Skylar Mastro, esperta di Esercito Popolare di Liberazione (PLA), ha avvertito che “ci sono stati segnali inquietanti secondo cui Pechino sta riconsiderando il suo approccio pacifico e contemplando l’unificazione armata”.

Nonostante i crescenti avvertimenti, il Dipartimento della Difesa statunitense non è adeguatamente preparato per un’invasione cinese di Taiwan. Si consideri la US Navy, il servizio con il ruolo più critico nell’Indo-Pacifico. Il piano dell’amministrazione Trump per la modernizzazione navale, Battle Force 2045, si basava sul presupposto che la marina potesse aspettare fino alla metà degli anni 2040 per raggiungere la sua dimensione ottimale. Sotto il presidente Joe Biden, anche quel piano è stato accantonato, con la marina che ora fa un passo indietro rispetto al suo obiettivo di lunga data di mantenere una flotta di 355 navi. E i tagli previsti al budget per la difesa del prossimo anno probabilmente ridurranno ulteriormente le dimensioni della flotta.

Nel frattempo, le basi statunitensi e alleate nel Pacifico non sono state potenziate. Il Congresso non ha ancora finanziato un sistema di difesa aerea e missilistica estremamente necessario a Guam, che ospita una base aerea e navale che sarebbe in prima linea in qualsiasi conflitto su Taiwan. E nelle basi in tutta la regione, le scorte di munizioni a guida di precisione sono insufficienti per sostenere un conflitto prolungato.

Al momento, gli Stati Uniti sono sulla buona strada per perdere una guerra su Taiwan. Eppure non è troppo tardi per cambiare rotta. Con il reindirizzamento mirato delle risorse militari esistenti e prontamente ottenibili, una pianificazione efficace e lo sfruttamento di alleanze cruciali, gli Stati Uniti hanno la capacità di prevenire e, se necessario, di vincere una guerra su Taiwan non appena a metà di questo decennio. Invece di scommettere sulla moderazione del Partito Comunista Cinese (PCC) o su una tecnologia che non sarà pronta per più di un decennio, il Congresso e il ramo esecutivo devono attuare ora una nuova strategia di difesa del Pacifico. Come ha affermato la mia collega della Commissione per i servizi armati della Camera, la rappresentante democratica Elaine Luria della Virginia, invece di Battle Force 2045, gli Stati Uniti hanno bisogno di Battle Force 2025.

UNA LINEA DI DIFESA CRUCIALE

Sebbene lo Stretto di Taiwan possa sembrare lontano dagli Stati Uniti, l’Indo-Pacifico, che sarebbe il teatro più ampio di qualsiasi conflitto con la Cina, ospita numerosi territori e possedimenti statunitensi. Questi includono le Samoa americane, Guam e le Isole Marianne Settentrionali più una serie di altre piccole isole e atolli sotto il controllo degli Stati Uniti. Insieme ai paesi alleati nella regione come l’Australia e il Giappone, questi possedimenti statunitensi costituiscono una linea di difesa cruciale contro la Cina e forniscono agli Stati Uniti la capacità di negare in modo più efficace all’EPL la capacità di operare in ampie zone del Pacifico in tempo di guerra . In teoria, i territori e i possedimenti statunitensi dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale nell’integrare l’attuale posizione delle forze statunitensi nella regione, che sono in gran parte concentrate in un piccolo numero di hub in Alaska, Hawaii, Giappone,

Nonostante la loro importanza strategica, tuttavia, Washington non ha impiegato efficacemente questi punti d’appoggio nel Pacifico. In molti di essi non esiste alcuna infrastruttura militare statunitense. Il Pentagono dovrebbe esaminare immediatamente come queste isole potrebbero contribuire alla difesa del Pacifico e intraprendere qualsiasi bonifica ambientale e costruzione richiesta per un uso ottimale da parte delle forze statunitensi. Se c’è un pezzo di terra nel Pacifico sotto bandiera americana, deve essere in grado di ospitare piccole squadre di marine equipaggiate con missili a terra, mantenere aeroporti di spedizione e supportare sistemi avanzati di sorveglianza e ricognizione. Dovrebbe anche essere in grado di fungere da hub logistico per operazioni navali, aeree o altre operazioni militari statunitensi.

Washington dovrebbe anche prendere immediatamente provvedimenti per rafforzare i legami con gli Stati Federati di Micronesia, la Repubblica delle Isole Marshall e la Repubblica di Palau, i tre paesi insulari del Pacifico che mantengono alleanze con gli Stati Uniti nell’ambito di un Compact of Free Association. Con ciascuno di questi paesi, gli Stati Uniti dovrebbero cercare di estendere permanentemente i rispettivi accordi e di stabilire nuove basi statunitensi in cambio di una maggiore assistenza economica.

Difendere Guam, che dista solo 1.700 miglia da Taiwan, è particolarmente importante. Ha un porto in acque profonde, munizioni e depositi di carburante e un aeroporto fondamentale, ed è la patria di oltre 150.000 cittadini statunitensi. Tuttavia, al momento, l’isola è vulnerabile agli attacchi di una nuova generazione di missili balistici e da crociera cinesi, incluso uno che gli esperti della difesa hanno chiamato “Guam Killer”. Per anni, la principale richiesta del Comando Indo-Pacifico al Congresso è stata quella di finanziare una difesa aerea e missilistica all’avanguardia per Guam nota come “Sistema di difesa di Guam”. Ma la costruzione delle difese strategiche dell’isola dovrebbe includere anche maggiori capacità di riparazione delle piste e controllo aereo, strutture rafforzate per lo stoccaggio delle munizioni e centri di comando e controllo e nuovi sistemi di sicurezza per prevenire operazioni di spionaggio o sabotaggio.

Il Pentagono deve anche rafforzare i suoi accordi di base congiunti con gli alleati degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti dovrebbero collaborare con il Regno Unito, ad esempio, per potenziare la base sull’isola di Diego Garcia nell’Oceano Indiano aggiungendo capacità di difesa missilistica che gli consentirebbero di contribuire meglio a un conflitto di Taiwan e fungere da hub per un lungo periodo. bombardiere e presenza di sorveglianza nella parte “Indo” dell’Indo-Pacifico. Basandosi sul recente accordo AUKUS con l’Australiae il Regno Unito, il Pentagono dovrebbe rafforzare la sua cooperazione con la Royal Australian Air Force presso la Base Darwin e la Base Tindal nel Territorio del Nord dell’Australia. Queste basi dovrebbero accumulare munizioni per servire le forze statunitensi che operano nella regione. E Washington dovrebbe anche cercare un accesso più ampio alle Filippine, anche a Subic Bay. Situate a poche centinaia di miglia da Taiwan attraverso lo Stretto di Luzon, le Filippine sarebbero un partner essenziale degli Stati Uniti in qualsiasi potenziale conflitto. Sebbene l’amministrazione del presidente Rodrigo Duterte sembri improbabile che accetti di ospitare missili statunitensi sul territorio filippino, i negoziati con il successore di Duterte dovrebbero essere in cima alla lista delle priorità indo-pacifiche del governo degli Stati Uniti.

Infine, gli Stati Uniti dovrebbero espandere le difese aeree del Giappone potenziando i sistemi della USS Shiloh , della USS Vella Gulf e della USS Monterey , tutti incrociatori con capacità di difesa dai missili balistici il cui ritiro è previsto per l’anno fiscale 2022. Dati gli alti costi di una completa modernizzazione, un’opzione più economica potrebbe essere quella di fornire loro aggiornamenti limitati che consentano alle navi di fornire protezione della difesa aerea pur rimanendo in porto in Giappone.

SFRUTTARE L’HARDWARE CHE ABBIAMO

Il potenziamento delle basi farà molto per fornire le basi per una presenza statunitense più forte nel Pacifico, ma non sarà sufficiente per dare agli Stati Uniti un vantaggio militare in un conflitto con la Cina per Taiwan. Se nei prossimi anni scoppia un conflitto, gli Stati Uniti entreranno in guerra con l’esercito che hanno oggi, non quello che pianificatori e tecnologi della difesa immaginano per domani. In quanto tale, Washington non può permettersi di ritirare o tagliare attrezzature e armi convenzionali critiche nella speranza che tecnologie future non provate le sostituiscano. Dovrà sfruttare al meglio l’hardware militare che già possiede.

Nel suo budget di maggio 2021, la marina ha proposto di ritirare 15 navi, inclusi sette incrociatori, e di acquistarne solo otto. Ma alcune delle navi previste per il ritiro potrebbero invece svolgere un ruolo fondamentale fornendo difesa aerea ai gruppi di attacco delle portaerei. Con modesti aggiornamenti, alcuni degli incrociatori potrebbero anche fungere da risorse di difesa aerea stazionarie a Guam o in Giappone. Gli Stati Uniti potrebbero potenziare queste navi acquistando e posizionando celle missilistiche del sistema di lancio verticale indipendentemente a terra o su piattaforme ormeggiate per aggiungere capacità di difesa aerea.

Gli Stati Uniti hanno anche l’opportunità di potenziare il proprio arsenale missilistico convenzionale nel Pacifico. Negli ultimi anni, l’EPL ha sviluppato un arsenale crescente di tecnologie “anti-accesso/negazione dell’area”, inclusi missili e sensori a lungo raggio progettati per impedire alle forze statunitensi e alleate di operare su vaste aree del Pacifico in caso di conflitto. Il ritiro dell’amministrazione Trump nel 2019 dal Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio, tuttavia, ha creato un’opportunità per contrastare questi sforzi con missili convenzionali lanciati a terra relativamente economici. Un modo promettente per farlo è attraverso quelli che l’esperto di difesa Thomas Karako ha chiamato “lanciatori containerizzati”, in cui missili e lanciatori sono mimetizzati in container per una facile dispersione e occultamento.

In una guerra a breve termine, Washington dovrà sfruttare al meglio le tecnologie che già possiede.

Il Pentagono dovrebbe anche concentrarsi sull’acquisto e la modifica di sistemi d’arma che migliorano la capacità dei militari di vedere o colpire le forze cinesi. Un buon esempio è il velivolo antisommergibile P-8 Poseidon, che la marina prevede di smettere di acquistare. Come ha affermato il giornalista aeronautico Tyler Rogoway, con modesti aggiustamenti, il P-8 potrebbe fungere da aereo economico per la consegna di un’ampia gamma di armi, compresi i missili anti-nave a lungo raggio. Inoltre, il Pentagono dovrebbe fare un uso maggiore dei sistemi sonar esistenti come il Transformational Reliable Acoustic Path System, che può rilevare passivamente l’attività sottomarina dal fondo dell’oceano lungo passaggi critici come lo Stretto di Luzon.

Un altro passo relativamente semplice sarebbe quello di acquisire kit di sorveglianza sonar “imbullonati” per navi commerciali noleggiate, che potrebbero schierarsi nel Mar Cinese Meridionale per aumentare la flotta limitata di navi di sorveglianza oceanica rilevatrici di sottomarini della Marina degli Stati Uniti. Il Pentagono dovrebbe anche acquistare velivoli senza pilota MQ-9B appositamente equipaggiati per dispiegare e monitorare i campi sonoboe antisommergibile, un compito attualmente svolto dai P-8, che consentirebbe ai P-8 militari di concentrarsi sul dispiegamento di armi contro sottomarini o navi nemiche. Gli Stati Uniti possono anche complicare la strategia antisommergibile dell’EPL schierando più veicoli subacquei senza pilota come sottomarini esca.

Il Pentagono dovrà pianificare in anticipo per evitare i colli di bottiglia nella produzione di munizioni emersi in alcuni recenti conflitti. Ad esempio, durante la campagna della NATO del 2011 contro il dittatore libico Muammar al-Gheddafi, le forze armate europee hanno esaurito le munizioni a guida di precisione. Su un dato sistema missilistico, circa il 30% del materiale richiede tempi di rifornimento che possono durare oltre un anno. Per abbreviare questa sequenza temporale, il Dipartimento della Difesa potrebbe utilizzare il Defense Production Act per indirizzare l’industria a dare la priorità alla consegna di materiali per i contratti di difesa. Ma un approccio più semplice sarebbe quello di effettuare ordini anticipati su articoli a lungo termine, come propellenti ed esplosivi, e accumularli finché non sono necessari. Il Pentagono potrebbe iniziare acquistando due set extra di componenti a lungo termine per ogni set di missili che ordina.

Anche con più materiali, tuttavia, gli ordini persistentemente piccoli, spinti da pressioni di bilancio, hanno reso fragile la catena di approvvigionamento delle munizioni. Il Pentagono dovrebbe richiedere alle aziende di modellare i tassi di produzione massimi per vedere dove possono verificarsi guasti alla catena di approvvigionamento e utilizzare i fondi del Defence Production Act per aiutare i produttori a costruire capacità di aumento. Sebbene possano rimanere dormienti durante il tempo di pace, queste catene di montaggio aggiuntive potrebbero fare la differenza in una guerra prolungata. Il Congresso dovrebbe anche redigere autorità “rompi vetri in caso di emergenza di Taiwan” che consentano all’industria di aggirare i processi di test che possono aumentare il ritardo nel campo delle munizioni.

FINE DELL’AMBIGUITÀ

L’unica guerra breve per Taiwan sarebbe stata una rapida vittoria cinese. Di conseguenza, i pianificatori della difesa statunitensi devono preparare sia le forze taiwanesi che quelle statunitensi per una lunga guerra. Per quasi due decenni, i leader della sicurezza nazionale degli Stati Uniti hanno consigliato alle loro controparti taiwanesi di concentrarsi sull’acquisizione di difese “asimmetriche” a basso costo, come missili antinave, sistemi di difesa aerea mobili, mine e velivoli senza pilota, piuttosto che su sottomarini molto più costosi , carri armati e caccia. Washington ha bisogno di aiutare Taipei a investire in più di queste armi asimmetriche, che massimizzeranno la difficoltà di un’invasione anfibia. Gli Stati Uniti possono iniziare offrendo fino a 3 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti militari, assistenza che dovrebbe essere subordinata all’aumento del proprio budget limitato per la difesa di Taiwan e investimenti in questo tipo di capacità.

Allo stesso tempo, gli Stati Uniti devono intensificare in modo significativo l’addestramento delle forze militari taiwanesi. Basandosi sui recenti resoconti dei media secondo cui le forze per operazioni speciali e i marines hanno addestrato forze partner a Taiwan, il Pentagono dovrebbe espandere quella missione sia per migliorare le capacità delle forze taiwanesi sia per inviare un segnale inequivocabile alla Cina. Dovrebbe anche inviare regolarmente alti dirigenti militari statunitensi a Taiwan, non solo per impegnarsi con le loro controparti taiwanesi, ma anche per osservare la preparazione militare del paese e acquisire una comprensione diretta della topografia in cui è probabile che si verificherà qualsiasi futura invasione. Washington dovrebbe anche espandere i partenariati della Guardia Nazionale con le forze taiwanesi e inviare unità delle dimensioni di un battaglione o di una brigata sull’isola con rotazioni regolari,

Soprattutto, il Pentagono dovrebbe costruire nuove strutture di pianificazione operativa per la difesa di Taiwan che includano sia l’Australia che il Giappone. Per fare ciò, dovrebbe ristabilire la Joint Task Force 519, che ha fornito il comando e il controllo mobili per la risposta alle crisi nel nord-est asiatico, sotto il comando indo-pacifico per guidare la pianificazione di emergenza nella regione. Dovrebbe anche ristabilire il comando di difesa USA-Taiwan, il comando militare bilaterale creato a metà degli anni ’50 per difendersi da una possibile invasione della terraferma e che era operativo fino al riconoscimento statunitense della Repubblica popolare cinese nel 1979.

Un impegno esplicito nei confronti di Taiwan porrà fine ai dubbi sulla determinazione degli Stati Uniti a difendere l’isola.

Un impegno così esplicito nella difesa degli Stati Uniti nei confronti di Taiwan richiederà un cambiamento nella politica degli Stati Uniti, ma aprirebbe la porta a una cooperazione militare-militare più efficace. Nei decenni precedenti, i responsabili politici statunitensi potevano fare affidamento sulla politica di lunga data di ambiguità strategica con la Cina su Taiwan, una politica che apparentemente scoraggiava la Cina dall’interferire a Taiwan e dissuadeva Taiwan dall’intraprendere azioni unilaterali per interrompere lo status quo. Oggi, tuttavia, è Pechino che è pronta a intraprendere un’azione unilaterale nello Stretto di Taiwan, e il silenzio strategico di Washington incoraggia tali intenzioni creando dubbi sulla forza della determinazione degli Stati Uniti nel difendere l’isola.

Sebbene un impegno inequivocabile degli Stati Uniti a difendere Taiwan possa di per sé essere insufficiente per scoraggiare un’invasione dell’EPL, ridurrebbe almeno le probabilità di una guerra a causa di errori di calcolo cinesi . Il Congresso può assumere un ruolo guida su questo fronte approvando il Taiwan Invasion Prevention Act. Introdotto per la prima volta nel 2020, il disegno di legge non solo porrebbe fine alla politica di ambiguità strategica, ma fornirà anche un’autorizzazione permanente all’uso della forza militare per difendere Taiwan in caso di invasione cinese.

FULCRO DEL MONDO LIBERO

Per gli Stati Uniti, agire rapidamente per costruire Battle Force 2025 non sarà facile. Il Pentagono è incline all’inerzia. Lasciato a se stesso, tenderà a limitarsi ad apportare miglioramenti marginali sotto i vincoli esistenti. Fortunatamente, però, il Congresso ha voce in capitolo. Incaricati dell’obbligo costituzionale di provvedere alla difesa comune, i membri del Congresso possono iniettare un senso di urgenza nel Dipartimento della Difesa prima che sia troppo tardi. Ciò richiederà difficili compromessi e il sostegno pubblico. Naturalmente, molti americani si chiederanno perché valga la pena assumere impegni di difesa che potrebbero trascinare gli Stati Uniti in una nuova guerra, per non parlare di una guerra con un avversario dotato di armi nucleari per difendere una nazione piccola e lontana. I leader politici di entrambi i partiti hanno bisogno di una buona risposta a questa legittima preoccupazione. La risposta è composta da almeno tre parti.

In primo luogo, consentendo all’EPL di prendere il controllo di Taiwan, gli Stati Uniti darebbero alla Cina un nuovo modo di condurre una guerra economica contro gli americani, così come le persone in Europa e in molte altre parti del mondo. Come fulcro della produzione di semiconduttori, Taiwan gioca un ruolo cruciale nell’economia digitale globale. I semiconduttori taiwanesi oggi alimentano decine di milioni di dispositivi di consumo, veicoli e sistemi militari di fascia alta. Negli ultimi tre decenni, poiché le società americane di semiconduttori hanno eliminato gli impianti di produzione ad alta intensità di capitale noti come fab, la dipendenza degli Stati Uniti da Taiwan per le sue tecnologie nuove ed emergenti è diventata sempre maggiore. E dalla Cina continentaleospita già un numero crescente di fab, potrebbe acquisire un pericoloso monopolio della fornitura mondiale di semiconduttori. Secondo un’analisi per l’Ufficio di analisi commerciale ed economica dell’aeronautica statunitense di Rick Switzer,  un ex consigliere di politica estera senior dell’Air Force, se la  Cina conquistasse Taiwan, controllerà quasi l’80% della produzione globale di semiconduttori. Ciò consentirebbe al PCC di utilizzare la fornitura di semiconduttori per ottenere una leva coercitiva su qualsiasi azienda, nazione o esercito che critichi le sue violazioni dei diritti umani, le sue pratiche economiche predatorie o la sua distruzione dell’ambiente o che altrimenti metta in discussione il suo potere e la sua portata.

In secondo luogo, la realtà della posizione geografica di Taiwan nel Pacifico significa che ciò che accade lì non rimarrà lì. L’isola si trova al fulcro della cosiddetta prima catena di isole al largo dell’Asia continentale, isole che comprendono sia il Giappone che le Filippine. Come una trincea della prima guerra mondiale, questa geografia forma un perimetro di difesa critico che in caso di guerra potrebbe aiutare a impedire alle forze cinesi di tentare una campagna più ampia che potrebbe minacciare le Hawaii, Guam e l’Australia. Inoltre, Giappone e Filippine sono alleati degli Stati Uniti. Se Taiwan dovesse cadere, gli obblighi di difesa degli Stati Uniti nei confronti del Giappone e delle Filippine continuerebbero, ma la loro esecuzione diventerebbe molto più difficile. La mancata difesa di Taiwan minaccerebbe i più importanti alleati di Washington in Asia e il suo stesso territorio nel Pacifico, inclusi più di 1,5 milioni di americani alle Hawaii ea Guam.

Terzo, se gli Stati Uniti non riescono a stare con i loro alleati democratici quando sono minacciati da un avversario autoritario, allora mineranno seriamente la propria credibilità e influenza. Non riuscire a difendere una democrazia esistente dal potere autoritario più importante del mondo porterebbe alla fine dello status di superpotenza degli Stati Uniti e alle corrispondenti garanzie di prosperità, libertà e diritti umani che ne derivano. Il PCC sta perseguendo una strategia globale di sfollamentogli Stati Uniti come leader del sistema internazionale, sostituendo l’ordine liberale guidato dagli Stati Uniti con uno che favorisce gli stati clienti del PCC e i valori autoritari. Se gli Stati Uniti abbandonassero Taiwan, prospera democrazia di 24 milioni di persone, Pechino potrebbe cogliere questa incapacità di promuovere l’“inevitabilità” del modello cinese. A breve termine, potrebbe consentire alla Cina di finlandizzare gli stati vicini, costringendoli in una posizione di assecondare il potere cinese per evitare di essere il bersaglio dell’aggressione cinese. A lungo termine, la Cina potrebbe utilizzare la sua portata in espansione per minare la democrazia in tutto il mondo.

Un simile destino non è inevitabile, ma fino ad ora gli Stati Uniti lo hanno reso più probabile adottando un approccio compiacente alla difesa di Taiwan. Costruendo Battle Force 2025, gli Stati Uniti e i loro alleati possono scoraggiare e, se necessario, sconfiggere un’invasione cinese a breve termine senza interrompere gli investimenti di difesa a lungo termine degli Stati Uniti e senza dipendere da magiche tecnologie future o miracoli di bilancio. Armati di un senso di urgenza, gli Stati Uniti possono difendere Taiwan e, nel frattempo, difendere il mondo libero.

  • MIKE GALLAGHER è un rappresentante repubblicano degli Stati Uniti del Wisconsin e membro del Comitato per i servizi armati della Camera.
1 218 219 220 221 222 289