L’Europa è stata il principale campo di battaglia della Guerra Fredda. La NATO ha adottato una strategia difensiva perché non vedeva alcun valore nella conquista dell’Europa orientale e della Russia occidentale. I sovietici, tuttavia, avevano interesse a garantire la penisola europea per proteggere la sua frontiera occidentale e sfruttare la tecnologia e le capacità navali dell’Europa occidentale. Mosca però non potrebbe mai lanciare un attacco. I suoi satelliti occidentali erano imprevedibili. La lunga linea logistica necessaria per supportare un’offensiva corazzata era incerta e vulnerabile agli attacchi aerei. Inoltre, i sovietici non sapevano cosa esattamente avrebbe innescato una risposta nucleare americana. Rischiare uno scambio nucleare non valeva alcun vantaggio possibile che si potesse ottenere da un’offensiva su vasta scala. Quindi, per oltre 40 anni, c’è stata una situazione di stallo in Europa.
I sovietici hanno sostenuto costi che non potevano essere sostenuti poiché limitavano lo sviluppo economico. Né potevano modificare la loro posizione militare senza conseguenze politiche significative in patria o nell’Europa orientale. Così si sono mossi per integrare la loro posizione in Europa con una strategia di indiretto. Il fulcro di questa strategia era creare minacce a basso costo per il potere americano a cui gli Stati Uniti dovevano rispondere e che costringessero gli Stati Uniti a disperdere le forze e invitare a contraccolpi politici.
Il primo grande esempio fu la Corea, dove i sovietici incoraggiarono sia l’invasione del sud che, in seguito, il coinvolgimento cinese. Ci sono stati molti calcoli sull’invasione della Corea del Sud da parte di Russia e Cina, ma alla fine ha creato un problema per gli Stati Uniti: se avesse rifiutato il combattimento, la sua credibilità tra gli alleati sarebbe stata persa, e se si fosse impegnato in un combattimento, avrebbe deviare le forze su un campo di battaglia in cui aveva poco interesse oltre a difendere la propria credibilità. La guerra di Corea ha effettivamente sottratto risorse all’Europa e ha sollevato dubbi sul giudizio e sulla capacità di Washington di rafforzarsi di fronte a un attacco sovietico. La guerra costò al presidente Harry Truman una grande popolarità, costringendolo a non candidarsi nel 1952 e aiutando a incoraggiare l’indebolimento della fiducia maccartista nel governo.
La Corea era l’essenza dell’attacco indiretto. Il costo per i sovietici era basso, le conseguenze politiche e psicologiche alte. Non aveva lo scopo di spezzare il potere americano, ma di indebolirlo e diffonderlo.
I sovietici crearono molti problemi indiretti per gli Stati Uniti in Africa, America Latina e, soprattutto, Vietnam. La parola d’ordine negli Stati Uniti era credibilità, e quella era la forza che costringeva gli Stati Uniti in Vietnam: cedere il Vietnam del Sud avrebbe indebolito la credibilità degli Stati Uniti in Europa, il principale teatro delle operazioni. Quindi i sovietici, insieme alla Cina, fornirono materiale ai nordvietnamiti nel tentativo di indebolire gli Stati Uniti
Gli americani hanno affrontato insurrezioni o regimi sostenuti dai sovietici in tutto il mondo. Hanno anche affrontato gruppi terroristici sostenuti dai sovietici in Europa e altrove. L’intelligence statunitense è stata costretta a una posizione globale piuttosto che mantenere un focus laser sui sovietici. Le azioni degli Stati Uniti in questi paesi hanno portato a fallimenti umilianti e successi catastrofici, in cui il costo politico ha ampiamente superato la minaccia. I sovietici rimasero in una posizione statica nella principale area di combattimento mentre si assumevano rischi minimi per portare gli Stati Uniti fuori posizione nella battaglia principale. Alla fine non sono riusciti a trasformare l’indiretto in una strategia vincente, ma hanno impedito agli Stati Uniti di concentrare le proprie forze direttamente su di loro.
I cinesi ei russi sono entrambi in questa posizione oggi. La marina cinese è con le spalle al muro nella costa orientale della Cina e in una serie di nazioni a poche centinaia di miglia di distanza. Deve sfondare, ma ha poco spazio di manovra, indipendentemente dall’hardware che ha costruito. I cinesi possono o non possono avere successo, ma il risultato è troppo importante perché una nazione rischi la sconfitta.
I russi stanno lottando per riconquistare i confini che avevano più o meno detenuto dal 18° e 19° secolo. Minacciare nuovi territori è una cosa. Cercare di recuperare il territorio perduto è un altro, soprattutto quando il territorio è vasto, come va dall’Ucraina all’Asia centrale. Ciò che è stato perso in un anno impiegherà generazioni a riprendersi. È più vulnerabile di quanto sembri. Ha perso così tanto che riconquistare l’Europa dell’Est è un sogno e deve resistere ai tentativi americani di contenerla sulla sua linea attuale.
Quando una forza principale non può essere applicata con sicurezza, è necessaria una strategia indiretta. Si è parlato di un’alleanza russo-cinese. È difficile immaginare come i due paesi possano coordinare le loro forze armate, e un’alleanza economica non ha alcun significato data la debolezza economica russa e il potere della Cina. Ma un’alleanza è molto concepibile: un’alleanza segreta intesa a deviare e diffondere il principale nemico di entrambi, gli Stati Uniti, e quindi ridurre la pressione di Washington su di loro.
Cina e Russia non sono mai state particolarmente vicine e infatti erano nemiche negli anni ’60. Tuttavia, hanno collaborato alle guerre di Corea e Vietnam, l’ultima delle quali ha danneggiato gli Stati Uniti. La collaborazione non è stata decisiva nel futuro a lungo termine di nessuno dei due paesi, ma ha liberato alcune pressioni occidentali e creato alcune opportunità. Hanno avuto una certa esperienza nella guerra indiretta contro gli Stati Uniti.
Con questo tipo di esperienza nella guerra indiretta, ci sono molte aree in cui uno o entrambi potrebbero agire. I cinesi hanno una strategia economica progettata per legare i destinatari degli investimenti alle relazioni politiche con la Cina. Il difetto inerente a questa strategia è stato riscontrato dagli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale, quando i regimi sponsorizzati dai sovietici hanno semplicemente nazionalizzato le risorse statunitensi. Gli interessi degli Stati Uniti avevano molte risorse ed erano pesantemente investiti a Cuba, per esempio. Ma la proprietà è un pezzo di carta che può essere rapidamente abolito con l’arrivo delle truppe. Quindi la Cina può “possedere” il Canale di Panama, ma lo fa senza l’obiezione di Washington. Se mai si oppone, un battaglione di Marines può cambiare tutto.
Quello che i cinesi ei russi devono fare è creare insurrezioni politico-militari e governi sparsi in tutto il mondo nella speranza che gli Stati Uniti, mantenendo un’alleanza contro Cina e Russia, possano essere costretti a rispondere. Più vicini agli Stati Uniti, maggiore è la necessità di rispondere. Ecco perché l’America Latina era un terreno fertile per i sovietici. Se gli Stati Uniti prevengono, iniziano ad accumulare costi militari e politici. In caso contrario, il pericolo sono enormi costi politici.
Una strategia dell’indiretto è una strategia dell’opportunismo. Squadre di intelligence sono inserite in luoghi che sono già ostili agli Stati Uniti La chiave è creare così tante minacce percepite e incognite che l’intelligence statunitense è costretta a contrastare, ma contrastarle tutte è quasi impossibile anche se fosse politicamente accettabile.
I cinesi ei russi affrontano lo stesso problema in linea di principio. Le opzioni militari convenzionali contro gli Stati Uniti potrebbero funzionare, ma c’è una reale possibilità che non lo facciano, e nessuno dei due può permettersi le conseguenze interne del fallimento. Non riescono a trovare accordi soddisfacenti con gli americani e sono quindi lasciati con una posizione strategica di cui gli Stati Uniti potrebbero trarre vantaggio. Questo scenario deve essere evitato, quindi una strategia indiretta è ovvia. La strategia economica cinese va bene a breve termine, ma è molto vulnerabile ai cambiamenti di governo. La creazione di stati antiamericani è fondamentale. Una strategia indiretta è più prudente, e Russia e Cina sono nazioni prudenti. Devono esserlo.
LOGICA DEL MULTIPOLARE. [Post-articolo di geopolitica teorico-pratica] Il sistema multipolare ovvero una compresenza di più potenze in uno stesso contesto, dovrebbe ritenersi la norma delle relazioni internazionali quando lo stato del contesto è normale ovvero pacifico e non speciale cioè bellico. Poiché però proveniamo da una storia in cui il mondo era meno globale, più gerarchico, meno denso e più bellico, il formato ci sembrerà nuovo ed inedito e quindi poco conosciuto. Cerchiamo quindi di conoscerlo meglio.
Abbiamo quattro novità di contesto oggi. Il mondo ha triplicato la sua popolazione ed il numero degli stati negli ultimi settanta anni, il mondo è quindi più denso, molto più denso ed affollato che in precedenza, il che porta una maggior complessità nel problema della convivenza.
La seconda novità è che il mondo è e sarà sempre più globale. Col termine “globale” s’intende il venirsi a formare di un meta-sistema-mondo. Un contesto “mondo” c’è stato, almeno per noi occidentali, dal Cinquecento, ma nel corso del tempo su fino alla grande estensione dell’Impero britannico, poi le due prime (forse ultime?) guerre “mondiali” ed infine col processo di infrastrutturazione interna a base di scambi economici e non solo ed in ragione della maggior densità interna, il “mondo” è oggi “il” contesto generale madre per ogni altro sotto-contesto particolare.
Le gerarchie-mondo hanno visto gli europei dominare fino al XX secolo con colonie ed imperi, poi il sistema europeo è collassato con due conflitti cataclismatici ed il sistema dominante europeo ha lasciato il posto ad una galassia occidentale che ruotava intorno agli Stati Uniti d’America. Sia per compattare la galassia usando l’identità negativa (noi siamo … in quanto contro …), sia per oggettiva concorrenza tra modelli ambiziosi (la società-mercato vs la società-politica, liberale la prima, comunista la seconda) dove per “ambiziosi” s’intende con sguardo espansivo con ambizioni egemoniche, s’è venuto a formare un contesto detto “bipolare”. Non lo era in effetti, già dagli anni ’50 si viene a formare una terza galassia, quella dei paesi non allineati ad uno dei due poli, ma né questa galassia poteva dirsi un polo, né era competitiva con gli altri due mostrando una sua omogeneità interna (era anch’essa una identità negativa), né il nostro sguardo si interessava più di tanto del mondo in quanto tale, “mondo” era per noi la porzione che ci riguardava. Ma era pur sempre una eccedenza della semplificazione bipolare. Negli anni ’90, implode il polo sovietico ed inizia una nuova fase di globalizzazione infrastrutturale (Internet), commerciale (WTO) e finanziaria. Nel frattempo, si anima l’Asia (“l’eccedenza bipolare”) con la crescita del sub-sistema multipolare del Sud-Est asiatico, la potente crescita cinese seguita ad una certa distanza da quella indiana. Oggi e sempre più in futuro, la distanza di potenza tra vertice e base del sistema-mondo tenderà ad accorciarsi in un processo sistemico naturale di auto-omogeneizzazione relativa (dalla Grande divergenza alla Grande convergenza). Questo intendiamo per “meno gerarchico” ovviamente in senso relativo. E’ proprio la dinamica di questo terzo punto, sommata alle alte due, a determinare l’ineluttabilità della forma multipolare.
Infine, dato un mondo ormai pienamente ed irreversibilmente multipolare, l’intonazione delle relazioni interne sarà ovviamente conflittuale dato che parliamo di sistemi umani e non di atomi o molecole o branchi, stormi, banchi di animali non pienamente intenzionali, ma con un invisibile limite all’uso della forza diretta, almeno tra poli. Conflittuale e cooperativo sarebbe più preciso dire, a seconda di temi, tempi, contesti particolari. Il limite all’utilizzo della forza almeno tra poli è dato sia dal limite involontariamente posto dalle armi nucleari (M.A.D.), sia dalla non convenienza a disordinare pesantemente lo stesso contesto mondo da cui ormai dipendiamo tutti, volenti o nolenti. Quest’ultima condizione, negli “occidentali”, è più cogente per gli europei che abitano un promontorio dell’Eurasia, che per gli anglosassoni che da tradizione abitano isole (britanniche, australi, continentali nel caso nord-americano). Da cui una obiettiva divergenza di interessi tra i due occidenti.
Ecco quindi il contesto multipolare per la prima volta davvero a dimensione mondo, un mondo molto denso, in cui è meno facile ordinare con una asciutta gerarchia semplificata, la cui regola interna è competere e cooperare con un sempre più improbabile (per quanto sempre possibile poiché l’umano è sì intenzionale ma non per questo si è emancipato del tutto dalla stupidità intrinseca) possibile ricorso allo strumento usato sempre ed ovunque in cinquemila anni di storia società complesse: la guerra diretta tra concorrenti. Quattro belle novità, sul piano storico che dovrebbero esser assunte su quello teorico.
Non sempre, agli umani, capitano periodi storici con salti di novità così importanti e radicali, stante che per capire il mondo non possiamo, almeno inizialmente, far altro che volgerci indietro per capire dall’esperienza passata come si svolgerà il futuro. Se questo ricorso all’indietro per prevedere il davanti è tipico della nostra tradizione mentale, il meccanismo fallisce quando si è la fortuna o sfortuna di capitare in periodi di così pronunciata discontinuità. Vedi il “tacchino induttivista” di B. Russell. Infatti, da ciò che si legge in ambito “esperto” o in ambito “dilettante” quanto a geopolitica, sembra che molti abbiamo una grossa difficoltà a comprendere la natura del mondo multipolare. Il discorso pubblico vede ancora riproposti concetti inadatti come “dominio o egemonia sul mondo”, “guerra fredda”, “terza guerra mondiale” (per fortuna ora un po’ meno, sino a qualche anno fa era un tema che andava molto soprattutto tra i tendenti alla paranoia esistenziale), legge ferree delle talassocrazie o il fatidico centro egemonico del capitalismo, tutti concetti pescati nell’indietro e quindi poco adatti a comprendere il davanti.
Tutto ciò ci serviva anche come premessa per commentare l’esito del primo giorno del summit europeo a 27 che si tiene a Bruxelles. A notte inoltrata e dopo essersi piacevolmente unitamente intrattenuti sull’omofobia di Orban, i 27 si sono spaccati sull’ipotesi di un vertice UE-Russia avanzata con grande intenzione da Francia-Germania (e per quel che conta cioè poco, l’Italia). Contrarissimi sia i paesi dell’Est, sia quelli del Nord propriamente detto (Olanda e Svezia), questi ultimi preoccupati anche dal fatto che tema sul tavolo dell’eventuale nuovo dialogo con Mosca ci sarebbe l’Artico, ma anche per via del fatto che da sempre hanno “special relation” con l’UK. UK che ovviamente è contrarissima a questa ipotesi di nuove aperture verso Mosca ed infatti giusto l’altro giorno hanno mandato una barchetta in acque russo-ucraine sperando di poter provocare qualche incidente che invalidasse ogni velleità europea di dialogo euro-russo. La disciplina stessa “geopolitica” inizia in pieno dominio dell’impero britannico con un geografo inglese preoccupato del fatto che si potesse venire a creare nell’Heartland un sistema egemone, lì dove gli “isolani” diverrebbero fatalmente “isolati” ovvero periferici.
Si può immaginare che questa apertura franco-tedesca sia stata moneta di scambio tra USA ed il bipolo egemone nel sistema UE, come compensazione per i nuovi divieti di relazione diretta con la Cina. Moneta data o pretesa o implicitamente dovuta secondo i due europei. Concessa o tollerata dagli USA sia per dar seguito dal vertice Biden-Putin (con Biden che dall’iniziale “di senno sfuggito”: criminale! è stato consigliato a passare a più miti consigli), sia perché poi manovrando appunto i paesi dell’est o i nordici molta sabbia può esser messa negli ingranaggi delle relazioni internazionali del quadrante, se dovessero prendere una piega non conforme ai desideri dell’egemone del sistema occidentale.
Di per sé non è ancora successo niente, ma c’è molto movimento. Sembra si avveri il desiderio o profezia di Kissinger verso un grande ritorno della diplomazia e del resto Kissinger pare uno dei pochi che capisce la natura dell’argomento. Il summit si è concluso con l’aperta bocciatura della proposta franco-tedesca, c’è da giurare che i due non molleranno ed in vario modo porteranno comunque avanti l’intenzione, c’è da dar per scontato che UK-vari paesi europei con dietro gli USA troveranno altri mille modi per sabotare tale intenzione. Non è ancora fattivamente successo nulla nelle relazioni con la Cina che, al netto della semplificata rappresentazione del problema cinese che si dà qui da noi, è di fatto un sistema massivo inscritto in un continente che non può esimersi dall’averlo come centro gravitazionale ineliminabile, lì dove tra l’altro risiede il 60% dell’umanità ovvero l’Asia. La Russia sta a guardare solida delle sue nuove relazioni asiatiche pur sapendo tutti noi molto bene quanto, storicamente e culturalmente, la Russia stessa si ritenga parte orientale dell’Europa e non parte occidentale dell’Asia.
Quindi al di là delle chiacchiere e dei proclami, tutti sanno che questo è il nuovo gioco di tutti i giochi. Biden che segue il buonsenso geopolitico di provare a spacchettare o quantomeno allentare l’asse Russia-Cina, Merkel-Macron che potrebbero rallentare i rapporti coi cinesi se gli si dà sfogo in Russia, Putin che da tutto ciò quanto a terza forza è colui che, potenzialmente, potrebbe trarre il maggior vantaggio dal nuovo mondo multipolare bilanciandosi un po’ di qua ed in po’ di là secondo convenienza. Stante che se il mondo nuovo si dice “multipolare” non è solo perché il primo girone di potenza passa da due a tre-quattro, ma anche perché ci saranno India, Giappone, Corea, Indonesia, Pakistan, Turchia, petro-monarchie, Egitto, Brasile e molti altri che parteciperanno al nuovo gioco sebbene in più limitate aree locali. Ma il mondo nuovo sarà così, multistrato e più complesso.
Quando scrissi il mio libro sul mondo multipolare, scoprii che nel reparto relazioni internazionali dello staff elettorale di Trump c’erano cinque consulenti. Nell staff di Biden in campagna elettorale e poi oggi nel governo pare ce ne siano cinquemila, se ho ben letto. Questa differenza di grana con cui si osservano i fatti del mondo per poi influenzarli, dice quanto inedito e complesso è il mondo multipolare. Una complessità necessaria che molti farebbero meglio a studiare di più e meglio piuttosto che far finta di capire cos’è il nuovo gioco geopolitico pensando che ciò che è stato, sarà di nuovo e per sempre. Lascerei quindi agli archivi Tucidide, che pure amiamo tutti molto, e cercherei di sintonizzarci sul mondo del XXI secolo che con il Peloponneso del V secolo a.C. ha poche analogie strutturali.
E se siete intellettualmente interessati dalla geopolitica, consiglierei anche di controllare le vostre preferenze emotivo-ideologiche che vi fanno ora amici appassionati ora nemici irriducibili dei cinesi, dei russi, degli americani, dei franco-tedeschi etc. . L’avalutatività weberiana è un miraggio, convengo, ma insomma, c’è modo e modo di farsi condizionare dalle nostre preferenze ideologiche. Anche se capisco che giocare a capire la geopolitica è più divertente che cercare di capirla davvero.
Nonostante le politiche economiche restrittive della Cina, a causa dell’aumento dei prezzi di alcune materie prime, energia e materiali hanno sovraperformato nel 2021. Louis Gave è qui per riflettere sulle possibilità indotte da questa sovraperformance e sugli scenari che gli investitori dovranno affrontare in queste circostanze. Lo scenario che ritiene il più probabile è quello di un boom inflazionistico.
Come ha sottolineato il mio collega Thomas Gatley, l’impennata del tasso di inflazione dei prezzi alla produzione in Cina, che ha raggiunto il livello più alto in 13 anni (9%) a maggio, è quasi interamente attribuibile al recente aumento dei prezzi dell’acciaio e dell’energia (cfr. Un altro tipo di inflazione ). Non sorprende che i politici cinesi non siano contenti di questi prezzi in rialzo. Da gennaio, la Cina è stata l’unica grande economia ad aver inasprito le politiche monetarie, fiscali e normative. Tuttavia, finora, le sue nuove restrizioni non sono riuscite a far deragliare il mercato rialzista delle materie prime, al punto che Pechino sta ora valutando di controllare i prezzi.
Negli ultimi due decenni, la Cina è stata generalmente il più grande acquirente di quasi tutte le materie prime. Per gli investitori, ciò significa che quando la Cina si sta stringendo e i politici cinesi hanno nel mirino i prezzi delle materie prime, ha senso ridurre l’esposizione alle materie prime.
Il commercio di uccisioni
Tuttavia, finora quest’anno questa semplice regola non ha funzionato. Coloro che hanno visto la condanna a morte dell’ex presidente Huarong Lai Xiaomin il 29 gennaio come un segno che Pechino intendeva raffreddare l’economia (l’esecuzione di finanzieri corrotti è un segnale forte per i banchieri nazionali, che devono rallentare il ritmo di crescita dei prestiti), e che hanno deciso di ridurre l’esposizione alle materie prime, quest’anno hanno perso i settori più performanti.
Energia e materiali hanno sovraperformato nonostante la stretta cinese
L’impressionante sovraperformance delle materie prime, nonostante l’inasprimento della politica cinese, suggerisce tre possibilità.
1. I mercati delle materie prime hanno corso. L’argomento è semplice. Quest’anno era ancora prevedibile un forte rimbalzo del PIL nominale (vedi Il boom del 2021 ). Ma una volta che il rimbalzo immediato avrà fatto il suo corso, le traiettorie economiche torneranno alle loro tendenze a lungo termine. E queste tendenze a lungo termine non sono molto eccitanti. In questa visione del mondo, la recente inversione dei prezzi di una serie di materie prime chiave, tra cui rame e legno, è un presagio di cose a venire.
2. Questa volta è diverso. Il ciclo attuale e la ripresa economica globale in corso sono diversi da quelli del 2002-2003, 2008-2009 o addirittura del 2015-2016. Mai prima d’ora la Federal Reserve statunitense ha iniettato liquidità nel sistema finanziario quando la crescita del PIL nominale era a due cifre e i deficit gemelli statunitensi si aggiravano intorno al 20% del PIL. Certo, la Cina si sta stringendo. Ma questo leggero inasprimento è facilmente controbilanciato dalla possibilità di una forte crescita statunitense, un rimbalzo della domanda finale europea, la ripresa di altri mercati emergenti e la debolezza del dollaro USA.
3. Si tratta di vincoli di fornitura. L’attuale aumento dei prezzi ha meno a che fare con la previsione della domanda futura – sia dalla Cina, dagli Stati Uniti, dall’Europa o dai mercati emergenti – che con un’offerta insufficiente. I catastrofici ritorni sugli investimenti in materie prime nel periodo 2012-20, insieme all’enfasi odierna sugli investimenti rispettosi dell’ambiente, fanno sì che la maggior parte dei grandi investitori si sia allontanata dalle industrie estrattive. E nei mercati delle materie prime, una carenza di nuovi investimenti di solito si traduce in prezzi più alti (che a loro volta incoraggiano gli investimenti, aumentano la produzione e, in definitiva, abbassano i prezzi, e così via e così via).
L’equazione dell’energia
La scelta di uno di questi tre scenari determinerà in larga misura se l’attuale aumento dell’inflazione è temporaneo o se, quando le economie riapriranno completamente, l’inflazione si rivelerà più persistente del previsto.I politici lo sperano (vedi Q&A sul dibattito inflazione/deflazione ). Nel determinare quale scenario ha più probabilità di essere corretto, la direzione dei prezzi dell’energia sarà decisiva. Questo per un semplice motivo: l’energia rappresenta generalmente tra un quarto e la metà del costo di estrazione, produzione e commercializzazione di un prodotto di base, sia esso alimentare, di acciaio o di metalli preziosi. Pertanto, l’aumento dei costi energetici ha quasi sempre un impatto sul mercato delle materie prime in generale. Oggi, i prezzi dell’energia sono a un punto chiave (vedi Le possibilità del petrolio in rialzo ). Nel 2021, era facile sostenere che gli investimenti in energia erano insufficienti per soddisfare la domanda in un mondo in forte espansione (vedi I tre prezzi chiave: il petrolio ). Al contrario, l’argomento ribassista per i prezzi dell’energia era che se gli investimenti del settore privato negli idrocarburi fossero stati probabilmente insufficienti, i governi in Europa, Stati Uniti, Cina e altrove avrebbero promesso di iniettare centinaia di miliardi di dollari USA nel finanziamento di una transizione verso “l’energia verde”. ”. Abbiamo così assistito a una divergenza senza precedenti tra i corsi azionari delle società di energia verde e quelli dei produttori di idrocarburi (vedi Manie finanziarie: la follia dell’auto elettrica ). Quest’anno, tuttavia, la divergenza si è ridotta.
Le fauci del coccodrillo iniziano a chiudersi?
Tutto ciò lascia agli investitori tre possibili scenari:
1. I governi spendono una fortuna in energia verde e queste enormi somme stanno dando i loro frutti. I prezzi del petrolio raggiungono rapidamente il picco, si invertono e scompaiono gradualmente nell’indifferenza economica. In questo scenario, il mondo ritornerebbe a un boom deflazionistico. I titoli in crescita dovrebbero sovraperformare.
2. I governi spendono una fortuna in energia verde, ma queste enormi somme si rivelano improduttive e l’economia mondiale rimane legata all’industria petrolifera. In questo scenario, i paesi che hanno sprecato capitale in una transizione energetica fallita vedono le loro valute diminuire e l’inflazione accelerare (per pagare gli investimenti sbagliati). Il mondo si avvia verso un boom inflazionistico, in cui il principale freno all’attività non è più il tasso di interesse, ma il costo dell’energia. Il rischio per gli investitori azionari non è più che le guardie obbligazionarie aumentino il costo del finanziamento e spingano le economie al collasso deflazionistico. Piuttosto, il rischio è che i “vigilanti delle materie prime” facciano salire il prezzo del petrolio e spingano le economie in una spirale inflazionistica. In un mondo del genere, le miniere di petrolio e d’oro stanno iniziando a sostituire i titoli di stato come asset anti-fragili scelti per proteggere i portafogli.
3. Gli investimenti del governo nella transizione energetica non sono all’altezza delle promesse fatte al culmine della crisi Covid. I prezzi dell’energia continuano a salire, ma gli aumenti sono contenuti dal ritorno di capitali privati al settore mentre diminuiscono i timori di concorrenza governativa. In uno scenario del genere, i titoli di rendimento continuano a sovraperformare, ma è probabile che le mosse relative siano meno estreme.
Come i lettori potrebbero sapere, ho passato l’ultimo anno sostenendo che il secondo scenario è più probabile. Tuttavia, mentre le probabilità di successo per lo Scenario 1 sembrano ancora piuttosto lunghe, nelle ultime settimane le probabilità di successo per lo Scenario 3 sembrano essere diminuite.
In primo luogo, questo è dovuto al fatto che la politica statunitense ha portato alla riduzione del piano di investimenti infrastrutturali del presidente Joe Biden. In secondo luogo, l’inasprimento fiscale cinese potrebbe portare a una moderazione nella spesa per investimenti, soprattutto nelle energie alternative. Terzo, e forse il più importante, è perché la notizia che la Russia inizierà a pompare gas naturale attraverso il gasdotto Nord Stream 2 in pochi mesi promette di risolvere il dilemma energetico della Germania.
Se la Germania può ora accedere a gas russo abbondante e a buon mercato, i politici tedeschi continueranno a sostenere una spesa gigantesca di energia verde a livello dell’Unione europea? Solo poche settimane fa, la risposta avrebbe potuto essere “sì”. Ma con il Partito dei Verdi tedesco che sembra aver raggiunto l’apice nei sondaggi d’opinione e resta indietro rispetto ai democristiani più conservatori fiscalmente, si può mettere in discussione l’impegno della Germania – e quindi dell’Europa – a favore di massicci investimenti in energia verde.
Sette giorni di incontri, dal G7 all’assemblea della NATO, per finire con il vertice con Putin. Tre incontri, tre stati d’animo differenti, tre posture diverse di una stessa presidenza americana, ma con un convitato di pietra: Xi Jinping. Semplici accomodamenti in situazioni diverse o il segno di una schizofrenia destinata a rendere sempre meno credibile ed autorevole la presidenza di Biden e l’ambizione egemonica degli Stati Uniti?_Buon ascolto, Giuseppe Germinario
I semiconduttori rappresentano la principale sfida tecnologica per gli anni a venire. Sono essenziali per lo sviluppo della tecnologia digitale e dell’industria, e quindi dell’economia. La Cina è in ritardo rispetto a Stati Uniti e Taiwan. Catturare il mercato dei semiconduttori è quindi una sfida importante per la sovranità dei paesi.
Conflitti traduzione di un articolo di Dan Wang originariamente pubblicato sul sito Gavekal
5- Il futuro
In risposta alle pressioni degli Stati Uniti, la Cina ha intensificato il suo impegno per migliorare la capacità tecnologica della sua industria dei chip. Negli ultimi tre anni, Xi Jinping ha regolarmente commentato la necessità di fare progressi nelle “tecnologie dei punti di collo di bottiglia”, creare “catene di approvvigionamento sicure e controllabili” e sviluppare la capacità di fare “R&S indigeno”. La Conferenza Centrale del Lavoro Economico, tenutasi a dicembre 2020, ha dichiarato per la prima volta la scienza e la tecnologia al centro dell’attività economica nel 2021. Continua il flusso di specifiche politiche di sostegno: ad agosto 2020, il Consiglio di Stato ha annunciato che avrebbe eliminato l’imposta sulle società sui fabbricati avanzati per 10 anni e tariffe esenti su vari articoli di importazione. E ora il governo offre un’assicurazione ai fabbri per proteggerli da apparecchiature o materiali difettosi da fornitori cinesi.
Anche i fondi scorrono liberamente, e non solo i fondi di orientamento controllati dallo Stato. I segnali del governo hanno chiarito che le industrie tecnologiche sono una priorità nazionale, facendo precipitare i mercati azionari. SMIC ha raccolto 6,6 miliardi di dollari quando è stata quotata in borsa a Shanghai nel luglio 2020 e i settori tecnologici ufficialmente designati “strategici” rappresentano ora circa il 40% del totale dei nuovi finanziamenti alle società quotate in borsa. Non si tratta solo di semiconduttori, ma probabilmente non c’è mai stato un momento migliore per le aziende di circuiti integrati per attingere agli appalti pubblici. Secondo Credit Suisse, le società quotate cinesi senza una fabbrica negoziano con rapporti P/E di 60-90,
Non mancano quindi volontà politica e finanziamenti nella ricerca della sovranità cinese sui semiconduttori. Quali sono le possibilità di successo? Il trucco sta nel trovare la giusta definizione del termine “successo”. La completa autosufficienza è una fantasia, per la Cina o per qualsiasi altro paese, data la complessità della catena del valore dei semiconduttori. Ci vorranno molti anni prima che la Cina possa liberarsi dalla sua dipendenza dagli strumenti e dal software degli Stati Uniti. È improbabile che le aziende cinesi diventino leader del settore come TSMC, Samsung o Intel nel prossimo futuro, se mai lo saranno. Ma è probabile che alcune aziende cinesi diventino attori globali credibili in diversi segmenti nei prossimi 5-10 anni. E il ritmo dell’innovazione cinese potrebbe accelerare perché le aziende imprenditoriali, minacciate dalle sanzioni statunitensi, hanno adottato il programma di sovranità dei semiconduttori del governo.
È facile contare gli ostacoli. I semiconduttori sono semplicemente più difficili delle aree in cui la Cina ha ottenuto buoni risultati, come le apparecchiature per le telecomunicazioni mobili e i treni ad alta velocità. I progressi nel campo dei chip sono incrementali ed è impossibile fare il salto copiando o ridisegnando un piccolo numero di prodotti. La padronanza di un nuovo passaggio richiede la padronanza di tutti i passaggi precedenti e gran parte di questa padronanza deriva dalla conoscenza del processo radicata nell’esperienza di migliaia di ingegneri, acquisita in milioni di ore di formazione.
L’aritmetica della produzione di chip è spietata. Errori di progettazione o fabbricazione potrebbero non essere scoperti fino alla fine del processo di fabbricazione, dopo milioni di dollari di investimenti. Ogni fase del processo di fabbricazione deve essere completata quasi alla perfezione, altrimenti la resa dei trucioli utilizzabili sarà inaccettabilmente bassa.
L’ambiente imprenditoriale cinese non è noto per la sua pazienza. Gli imprenditori cinesi di chip si lamentano della mentalità di arricchirsi rapidamente della maggior parte degli investitori, che si aspettano di essere ripagati in due o tre anni, e non della lentezza della graduale padronanza delle tecnologie di base. I migliori ingegneri preferiscono lavorare per aziende più redditizie come Tencent o ByteDance , mentre molti ricercatori e professori lavorano per le start-up invece di perseguire la ricerca e lo sviluppo di base.
La portata e la natura dei finanziamenti pubblici possono creare l’illusione che ci sia una corsia preferenziale per il successo e portare a investimenti eccessivi in strutture fisiche a scapito della conoscenza. Wei Shaojun, un eminente professore alla Tsinghua University e consulente del governo per i semiconduttori, ha criticato pubblicamente il Fondo nazionale per i circuiti integrati per aver finanziato principalmente gli acquisti di attrezzature. Suggerisce di spendere di più per la ricerca.
Tuttavia, diversi fattori favoriscono i produttori di chip cinesi. In primo luogo, la legge di Moore potrebbe raggiungere i suoi limiti, sia perché enormi investimenti in tecnologia avanzata non sono più commercialmente redditizi, sia perché potrebbero esserci limiti fisici alla produzione di chip al di sotto del nodo a 2 nm, che richiederebbe il controllo dei materiali a livello del singolo atomo. Per questi motivi, l’International Technology Roadmap for Semiconductors – la previsione tecnica di consenso per l’industria globale – ha deciso nel 2016 di non tentare più di tracciare obiettivi oltre il 2030. Se i leader del settore colpiscono una tecnologia a muro, le aziende cinesi avranno più spazio per recuperare .
Man mano che il settore matura, molte funzionalità cinesi saranno sufficienti per la maggior parte dei casi d’uso. I principali clienti per i chip 5nm più avanzati sono smartphone e PC, settori che hanno visto anni consecutivi di calo delle vendite. Tra le aree di crescita più interessanti ci sono i chip specializzati che aziende come Amazon producono per i server o Google per l’elaborazione dell’intelligenza artificiale. Questi chip sono spesso realizzati in nodi all’avanguardia come 14 nm. Oggi, le aziende cinesi possono realizzare i chip non sofisticati che entrano in prodotti di largo consumo come forni a microonde e carte di credito. Se, come prevedono gli evangelisti del 5G,
La Cina produce già gran parte dell’elettronica mondiale, che fornirà la base della domanda per questo tipo di attività di volume. I marchi cinesi producono circa il 40% degli smartphone del mondo , oltre un quarto delle vendite globali di PC e la maggior parte dei veicoli elettrici. Dominano i mercati di tutti i tipi di elettrodomestici, dai condizionatori d’aria ai televisori. Le aziende cinesi potrebbero già occupare posizioni di primo piano in alcuni prodotti del futuro, come veicoli autonomi e attrezzature per smart city.
E nonostante un governo statunitense ostile, le aziende cinesi di microchip possono ancora costruire relazioni stabili con i fornitori statunitensi. L’industria statunitense dei semiconduttori ha sfruttato le tensioni tra Stati Uniti e Cina per spingere per una maggiore assistenza governativa, ma non ha aderito all’agenda per paralizzare i produttori cinesi. I produttori di chip e hardware con sede negli Stati Uniti continuano a cercare licenze di esportazione per le loro vendite in Cina e la stragrande maggioranza di loro viene concessa.
Inoltre, la maggior parte delle restrizioni sulle esportazioni statunitensi si applica solo agli articoli prodotti negli Stati Uniti, offrendo alle aziende la flessibilità di rifornire i clienti cinesi da fabbriche situate all’estero. Il CEO di KLA-Tencor ha suggerito che la società potrebbe utilizzare gli impianti di produzione in Israele e Singapore per vendere alle società cinesi; e Lam Research hanno annunciato nel 2020 che amplierà la produzione in Malesia, forse anche nel tentativo di soddisfare la domanda cinese. Questa tendenza all’offshoring sarà difficile da invertire, soprattutto perché in molti segmenti i concorrenti europei e asiatici sono pronti a riprendere le vendite che le società statunitensi stanno abbandonando a causa delle pressioni politiche.
Un’altra strada aperta alle aziende cinesi di chip è l’uso di tecnologie di proprietà intellettuale open source di base, che generalmente non sono soggette a controlli sulle esportazioni perché (come i brevetti e gli articoli scientifici) sono pubblicate. . Nel mondo dei chip, RISC-V è un’architettura open source che compete con le tecnologie proprietarie di ARM. Le aziende cinesi, guidate da Alibaba, hanno iniziato a utilizzare e migliorare RISC-V.
Infine, e questo è un punto cruciale, le sanzioni statunitensi potrebbero aver danneggiato, ma hanno anche allineato gli interessi delle aziende tecnologiche cinesi con l’obiettivo dell’autosufficienza del governo. In passato, le aziende tecnologiche cinesi hanno spesso resistito alle pressioni di Pechino per acquistare componenti locali o utilizzare standard locali perché volevano competere nei mercati globali. Un telefono Huawei, ad esempio, utilizza all’incirca la stessa proporzione di componenti cinesi di un iPhone, ad eccezione del processore, progettato dalle due società. Ma oggi, diverse grandi aziende tecnologiche cinesi stanno affrontando una qualche forma di sanzione da parte degli Stati Uniti e molti altri temono di finire in una lista nera incompresa.
L’impatto più diretto di questo sviluppo è che Huawei e SMIC stanno aumentando i loro acquisti di design, chip e componenti domestici. Le piccole aziende di circuiti integrati che in precedenza non avrebbero potuto sognare di vendere a Huawei sono ora qualificate come fornitori. La sponsorizzazione di queste grandi aziende significa che questi fornitori possono migliorare più velocemente di quanto farebbero altrimenti, grazie alla fornitura di denaro e conoscenze tecniche da parte di fornitori esigenti.
Notevoli margini di miglioramento
Insomma, l’industria cinese dei semiconduttori ha ancora ampi margini di recupero tecnologico, anche se non riesce mai ad essere all’avanguardia del progresso; e l’opposizione politica di Washington non sarà sufficiente a compensare la crescente domanda da parte delle aziende cinesi di chip che le aziende statunitensi potrebbero non fornire più. In due segmenti, design e memoria, le basi per il progresso sono già poste. L’industria cinese del design senza fabbriche è in forte espansione, soprattutto nelle applicazioni mobili. L’unità HiSilicon di Huawei ha riunito un team di progettazione d’élite che sarà in grado di stimolare l’innovazione in altre aziende, anche se Huawei è irrimediabilmente paralizzata. Le aziende di design cinesi potrebbero iniziare a competere più attivamente con aziende come Qualcomm e Broadcom. Entrambi i produttori di memorie YMTC e CXMT sono credibili e non sembrano essere nel mirino degli Stati Uniti. Hanno buone possibilità di conquistare quote di mercato significative entro tre-cinque anni, a discapito degli operatori coreani in essere.
Anche alcuni altri segmenti offrono possibilità di vincita. Nel settore delle fonderie, la pura forza degli investimenti pubblici consentirà probabilmente a SMIC e ad altri di rimanere in gioco, anche se le dinamiche di mercato e i controlli tecnologici statunitensi li tengono costantemente a pochi passi dai leader mondiali. Se le aziende di design cinesi si comportano bene, aiuterà anche le fonderie cinesi. Alcune altre tecnologie mature, come i chip analogici, dove l’innovazione è meno problematica, dovrebbero vedere intensificarsi la concorrenza cinese nei prossimi anni. E le aziende cinesi hanno la possibilità di diventare più importanti nella produzione di materie prime (come wafer, gas e prodotti chimici) utilizzate nei chip.
È molto più difficile vedere le aziende cinesi salire rapidamente alla ribalta nei chip generici di fascia alta realizzati da Intel e Nvidia, che sono difficili da produrre e mostrano effetti di blocco del software. Potrebbe volerci ancora più tempo prima che la Cina inizi a produrre le proprie apparecchiature di produzione di semiconduttori, poiché queste macchine utilizzano sia la scienza profonda che il software avanzato.
Le implicazioni più ampie di un’industria cinese dei chip molto più grande e prospera saranno miste. Alcuni degli operatori storici coreani, giapponesi, europei e americani perderanno quote di mercato, ma il processo sarà graduale. Si prevede che la capacità globale crescerà ben oltre la domanda ora che Cina, Stati Uniti e persino Europa concordano di aver bisogno di una maggiore produzione nazionale di semiconduttori per motivi di sicurezza. Il lato positivo è che ci saranno meno possibilità di carenza di chip come quelle che attualmente colpiscono il mondo. Il rovescio della medaglia è che le società con le prestazioni peggiori rimarranno sul posto e il ritmo dell’innovazione dei semiconduttori probabilmente rallenterà, perché gli attuali leader tecnologici dovranno dividere il mercato con aziende cinesi meno motivate dalla redditività. Man mano che la tecnologia matura e l’industria è sempre più guidata da considerazioni politiche, ci sono sempre meno possibilità che i semiconduttori continuino a consentire gli sbalorditivi progressi tecnologici di cui abbiamo goduto negli anni degli ultimi decenni.
LA GIOVIN POTENZA. Leggevo l’articolo di Rampini sul tour Biden. Rampini dice che i G7 erano il 70% del Pil mondiale quaranta anni fa, oggi il 40%, ma l’outlook è prossima, decennale, contrazione.
Biden ha lanciato la Via della Seta delle Lega delle Democrazie, ma senza soldi. Voglio poi vedere coordinare 12 soggetti che debbono decidere chi fa cosa, come e dove (coi soldi di chi). O più se consideriamo l’UE che non riesce a decidere neanche come ripartirsi 10.000 migranti.
Biden ha deciso di sparare 1 miliardo di siringhe sul mondo per guarirlo dal Covid, ma ne servono 11 miliardi per arrivare alla supposta immunità di gregge o insomma per dare una bella botta alle reti di contagio. La variante indiana, intanto, sta bloccando alcuni porti cinesi con un danno di logistica globale che sta pareggiando per entità la nave di traverso di Suez.
Hanno poi deciso di legalizzare una tassa al 15% per le compagnie speciali, ma dicono che è meglio di prima che pagavano zero. Sì, senz’altro, ma così legalizzi un vantaggio fiscale che tra l’altro a pura logica di mercato (Smith, Hayek) è cosa vietatissima. Sono pazzi. Poi l’accordo va ancora ratificato da tutti, inclusa l’Irlanda e l’Olanda.
Sul clima, chiacchiere ma verdi.
Io capisco che fare una strategia per i prossimi trenta anni per gli Stati Uniti d’America sia un gran bel problema strategico. Ma mi sembra che la giovin potenza vada errando. In Europa, a far la guerra fredda ai cinesi, non va a nessuno. Ho letto la ricerca dell’European Council for Foreign Relations che linko, per gli “europei” generalmente ed a maggioranza intesi, l’Europa dovrebbe diventare geopoliticamente più autonoma sebbene in alleanza con gli atlantici e soprattutto attrarre come un “faro”, cooperando un po’ con tutti, ma ogni tanto anche esprimendo valori e critiche. Una visione che l’estensore del commento definisce alla fine di solo “soft power”. Un continente di anziani, che hanno una lunga storia, coi francesi ed i tedeschi che coi cinesi fanno filarini niente male.
La ricerca dice tra l’altro anche che il sentiment medio degli europei verso l’UE è sempre meno positivo ed altre cose interessanti.
Ciò non vuol dire che la Cina non sia un problema negli equilibri multipolari, un gigante del genere, in qualsiasi sistema, tende per sola massa a condizionare il sistema del mondo. Non oggi, non per qualche decennio forse, ma in prospettiva senz’altro.
Sul problema Cina ne riparleremo, ma sugli americani io penserei a sviluppare di più un discorso critico sulle due culture, quella europea e quella anglosassone. Gli americani debbono darsi una calmata e ridistribuire meglio la loro enorme ricchezza al loro interno. Hanno ancora qualcosa come il 24% del Pil mondiale con appena il 4,2% della popolazione mondiale. I britannici seppero viversi, primo popolo che io ricordi, la contrazione di potenza senza dar di matto. La giovin potenza va accompagnata a darsi una calmata. I diritti d’autore su “democrazia” ed ogni altro valore di Occidente sono europei, e quella loro non nacque tale e tale non è mai stata, è un governo rappresentativo ed anche molto poco rappresentativo secondo molti studiosi politici anche americani. Sarebbe ora che gli europei ricominciassero a pensar con la testa propria e questo sembra non solo una idea di buonsenso ma anche sostanzialmente ben condivisa dai concontinentali, il che conforta.
Intanto i cinesi sfottono, questo meme intitolato “The Last G7” è diventato “viral” come una fiammata su Sina Weibo. Gli USA stampano dollari dalla carta igienica dicendo “Attraverso questo possiamo ancora governare il mondo”. La Germania prima a sinistra osserva poco convinta, l’australiano cerca di prender i dollari, la volpe giapponese serve acqua radioattiva di Fukushima a tutti, l’italiano si astiene. Poi c’è l’inglese ed il canadese, il francese che prende appunti e l’elefantino indiano. La rana è Taiwan. Dietro si vedono bombole ad ossigeno e una sacca da flebo. L’artista si chiama Bantonglaoatang. Cortesie multipolari .
Con il G7 Biden ha lanciato un duplice messaggio: l’America è tornata e siamo tutti uniti rispetto alla Cina che è l’avversario/concorrente da abbattere.
In realtà non avverrà nulla di tutto questo.
Le tre componenti del G7 – USA, UE e UK – hanno iniziato la litania dei distinguo : Johnson si è detto entusiasta di Biden , ma contrariamente alla prassi, Biden ha voluto due conferenze stampa separate.
Macron ha posto un “ prealable” circa l’affidabilità del governo inglese, specie sul tema spinoso e secolare del nord Irlanda.
“ Johnson vuole rinegoziare il protocollo firmato appena sei mesi fa, ma non c’è nulla da negoziare”.
Chi vuole rinegoziare sei mesi dopo la firma non vuole mantenere nessun impegno.”
La staffilata scava un fossato tra UE e UK e gli USA, dove è presente una importante diaspora irlandese, non possono spalleggiare l’alleato inglese.
L’impressione, al di la dell’enfatico “ unbreakable alliance” lanciato da Johnson, è che nessuno viole sentirsi ripetere l’ukaze di Bush del 2001 “ o con noi o contro di noi” e hanno “ fatto ammuina” per evitare di diventare ostaggi delle ossessioni anticinesi del presidente americano.
Il G7 rischia di dare quindi ombra a Biden che cerca di presentarsi all’incontro con Putin e allo scontro coi Cinesi come il leader dell’intero mondo occidentale.
Non è la figura trionfale che pensava di mostrare a amici e nemici.
Andrà, se andrà, all’incontro con Putin di mercoledì infragilito.
Ad onta del Brexit Johnson sta rendendosi conto che, per avere indipendenza commerciale e politica, deve assumere posizioni simili a quelle della UE nei confronti del grande fratello americano.
Nessuno è più disposto ad accettare il ritorno USA nel mondo multilaterale senza porre limiti e condizioni impensabili quattro anni fa.
Thierry Garcin, dottore in scienze politiche (Sorbona) e autorizzato a supervisionare la ricerca, è ricercatore associato presso l’Università di Parigi (Doctoral School) e visiting professor presso l’Università Sorbona di Abu Dhabi. Ha insegnato alla Sorbona, alla Sorbonne nouvelle, alle università di Marne-la-Vallée e Reims Champagne-Ardenne, a Sciences-Po Paris e all’Istituto Internazionale di Pubblica Amministrazione (IIAP). Ex revisore dell’Istituto per gli studi superiori di difesa nazionale (IHEDN), ex insegnante presso la Scuola di guerra, docente presso la Scuola nazionale di amministrazione (ENA) e docente presso HEC, è stato produttore di Radio-France (responsabile del programma “Les Enjeux internationales”, Francia-Cultura , dal 1984 al 2017). Membro del Consiglio Scientifico di Diploweb.comHa appena pubblicato la seconda edizione di ” Geopolitica dell’Artico” , ed. economico.
Sotto il duplice effetto dell’internazionalizzazione e della regionalizzazione, l’Artico merita ora un approccio multiscala per subregioni, che non obbediscono alle stesse logiche di sviluppo. È quindi nell’ordine delle cose che viene privilegiata la cooperazione à la carte. Insomma, si può già parlare di Artico nell’Artico, dimostra brillantemente Thierry Garcin. Ha appena pubblicato la seconda edizione di “ Geopolitica dell’Artico ”, ed. economico. Tre mappe accompagnano questo articolo.
Q HAT questione del cambiamento climatico nei prossimi decenni, l’Artico rimarrà una regione separata, se non altro per ragioni geografiche: il freddo, la distanza, di notte, l’esistenza di banchi di ghiaccio invernali, la natura ostile all’uomo, la fauna specifica, ecc. . Prendere questa parte della Terra nel suo insieme è pienamente giustificato, al punto che l’Artico sta gradualmente entrando a far parte delle relazioni internazionali classiche [ 1 ]. Vi si esercitano infatti politiche di potere, i cinque stati rivieraschi (Canada, Danimarca via Groenlandia, Stati Uniti via Alaska, Norvegia via Svalbard, Russia) sono attori geopolitici di prim’ordine. Per ragioni di semplificazione, l’Artico riguarderà qui lo spazio situato principalmente a nord del Circolo Polare Artico, mentre le questioni strategiche (difesa) non saranno trattate come tali.
Ma, man mano che diventa più internazionale, l’Artico si suddivide . Per questo, ea fini dimostrativi, insisteremo sulle specificità di ogni Stato, di ogni sub-regione, di ogni approccio tematico, anche se rimarrebbe essenziale uno studio trasversale [ 2 ] . Inoltre, l’attuale espansione delle tecniche di informazione e comunicazione (che presto saranno amplificate dalle reti di cavi sottomarini) e il previsto aumento degli scambi economici non standardizzeranno l’Artico, di cui molte caratteristiche sono notevoli e durature. Insomma, gli “artici” [ 3 ] sono sempre più presenti sulla scena internazionale.
Mappa n° 1: L’Artico visto dal Polo Nord e i cinque paesi rivieraschi (sottolineato)
Clicca sulla miniatura per ingrandire la mappa. Progettazione e produzione: Thierry Garcin. NB: nessuna scala
Certo, ci sono ovvie somiglianze…
L’unico modo conveniente per studiare il mondo artico è trascurarlo, cioè guardarlo verticalmente sopra il Polo Nord (vedi mappa n° 1, proiezione azimutale [ 4 ] ).
Certo, in questo modo vi sono importanti fattori di unità che continueranno. Tra gli altri, il riscaldamento globale ; lo scioglimento del ghiaccio marino estivo e del permafrost (terreno permanentemente ghiacciato); lo sfruttamento più o meno riuscito delle rotte marittime (i due passaggi del Nordovest canadese e del Nord russo, oltre alla futura rotta transpolare estiva); ricorso alla Commissione sui limiti della piattaforma continentale (ONU), anche se formula solo raccomandazioni; il ruolo del Codice Polare, che richiede alle navi e ai loro equipaggi di avere qualifiche adeguate al di sopra dei 60° di latitudine; l’assenza di vegetazione reale (tundra); minacce alla fauna particolare (orsi, pesci, uccelli, ecc.); il divieto di pesca al Polo Nord, tutelando un’area di 2,8 milioni di km² (moratoria 2017) [ 5 ] ; la vicinanza a grandi centri economici, perché le città popolate circondano l’Artico, mentre l’Antartide (peraltro priva di popolazioni indigene) è particolarmente lontana dagli agglomerati.
Soprattutto, per tutti, il concetto chiave di sicurezza rimarrà essenziale, perché vitale. Sicurezza terrestre e marittima, essendo i due imparentati. In caso di danni edilizi, naufragi, disastri ecologici (sversamenti di petrolio, ecc.), gli aiuti arriveranno da lontano, saranno lenti, disadattati e in gran parte militari. Ad esempio, i preziosi elicotteri, che dovranno essere trasportati quando sarà il momento, sono rari, hanno un raggio d’azione limitato e una portata ridotta. I rimorchiatori valorosi dipendono per definizione dai loro porti di origine, spesso molto distanti, e non caratterizzati dalla loro velocità. Inoltre, per tutti, civili e soldati, che lavorano nel freddo estremo e di notte, mentre affrontano elementi infuriati, rimangono profondamente incerti, nonostante l’abilità tecnica e il coraggio degli uomini. Nel 2019, una nave da crociera (1.300 passeggeri), la Viking Sky, totalmente alla deriva durante una tempesta, è quasi caduto sugli scogli della costa norvegese, dovendo issare più di quattrocento persone (singolarmente o in coppia) in condizioni spaventose: le immagini sono edificanti. Siamo stati vicini al disastro. Certo, si può dire che la cooperazione internazionale ci sarà, proverbiale la solidarietà tra marittimi, oltre all’ospitalità propria degli abitanti di ambienti estremi (foreste vergini, alta montagna, deserti, ecc.).
Da segnalare anche due iniziative positive. Da un lato, Mosca e Washington hanno spinto nel 2018 per l’adozione da parte dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) di un regolamento che istituisce “sei vie di traffico a doppio senso e sei zone di cautela nel mare di Bering e nello stretto di Bering, al largo della costa della penisola di Chukotka e dell’Alaska”, aggiunti alle zone da evitare. Dal 2021, invece, dovrebbe essere costituita una rete di centri di ricerca e soccorso nel Passaggio Nord, con 16 imbarcazioni di vario tipo previste (costo previsto di 434 milioni di euro) (vedi mappa n.°2). Infine, le controversie di confine, terra e mare sembrano risolvibili nella negoziazione.
Mappa 2: L’Artico russo
Clicca sulla miniatura per ingrandire la mappa. Progettazione e produzione: Thierry Garcin. NB: nessuna scala
Osserviamo a questo punto che nel suo stesso ambiente o anche nei suoi dintorni, la Russia è il paese più attrezzato , anche se le sue coste artiche si estendono per circa 14.000 km (i dati variano da una fonte all’altra). La militarizzazione o remilitarizzazione delle basi russe viene denunciata, spesso con magniloquenza: queste installazioni saranno comunque molto utili, con i mezzi a loro disposizione, in caso di drammatiche situazioni civili. Non è affatto il caso della base americana di Thule in Groenlandia (molto isolata) né dei meritevoli ma debolissimi apparati militari canadesi a nord del Circolo Polare Artico (attrezzature, porti, Ranger, ecc.). Per quanto riguarda la rete di radar americani e apparecchiature di preallarme nell’estremo nord canadese (” North American Aerospace Defense Command ”, NORAD), non saranno di alcun aiuto, proprio come i missili antimissile americani situati in Alaska (vedi mappa n°3). Solo i droni (soprattutto quelli ad alta quota ea lungo raggio) sarebbero di grande utilità in questa vasta regione, ma per il momento sono solo prerogativa degli Stati Uniti [ 6 ] . Fortunatamente, i satelliti extra-atmosferici compensano in parte questa crudele mancanza di mezzi di osservazione mobili e rapidamente disponibili.
Mappa 3: L’Artico canadese
Clicca sulla miniatura per ingrandire la mappa. Progettazione e produzione: Thierry Garcin. NB: nessuna scala
Insomma, “ Search and Rescue ”, per necessità, è potentemente unificante: il Consiglio Artico ha adottato nel 2011 un accordo in questa direzione (lo stesso nel 2013 per la lotta all’inquinamento e nel 2017 per la cooperazione scientifica e tecnica [ 7 ] ). Le principali tendenze convergenti nell’Artico sono quindi rafforzate dagli interessi ben compresi dei cinque paesi rivieraschi [ 8 ] e dalle organizzazioni economiche regionali [ 9 ] .
…ma, realtà geografiche disparate
In effetti, qualsiasi approccio globale ha i suoi limiti, soprattutto perché l’Artico si sta notevolmente diversificando.
Nature diverse
Noteremo innanzitutto che, se il circolo polare è una comoda delimitazione dello spazio artico (a questa latitudine, c’è almeno un giorno dell’anno senza sole e un altro senza notte) [ 10 ], l’Artico può scendere ben al di sotto di questa linea (Canada, Russia), mentre l’arcipelago norvegese delle Svalbard e la Groenlandia meridionale beneficiano di un clima meno rigido. Fauna e flora assumono quindi diverse capacità di adattamento, peraltro dipendenti dal riscaldamento globale per diversi decenni. Aggiungiamo che, anche per le popolazioni indigene, l’identità artica è percepita, vissuta e trasmessa in modo non omogeneo. La loro diversità è evidente: rapporto con il territorio, organizzazione sociale, costumi, lingue, dialogo con il potere centrale, grado di associazione con le ricchezze e i destini della regione, ecc. Un pastore di renne non è un cacciatore di foche. Per quanto riguarda la banchisa stessa, in estate si scioglie in modo diverso da una subregione all’altra, ritraendosi a nord delle Svalbard e della Russia,ma riuscendo ad attenersi ai terreni a nord della Groenlandia e ad ovest dell’arcipelago canadese.
Anche a livello marittimo non sono in atto le stesse logiche. La Russia guarda agli oceani Artico e Pacifico, così come gli Stati Uniti in Alaska. Danimarca e Norvegia guardano solo agli oceani Artico e Atlantico. Da solo, il Canada è bagnato dai tre oceani, Artico, Pacifico e Atlantico. E per quanto riguarda il rapporto con le regioni subartiche, non è lo stesso: la questione non si pone geograficamente per gli Stati Uniti in Alaska o per la Danimarca in Groenlandia, mentre è fondamentale per Russia e Canada [ 11 ] . Il caso norvegese ha una sub-regione peri-artica a nord del suo territorio continentale (da Capo Nord alle Isole Lofoten), ma senza continuità terrestre con le Svalbard (Mare di Norvegia).
Artico russo dinamico, Artico canadese isolato
A questo proposito, possiamo stilare un rapido e sintetico confronto tra i due grandi paesi artici, Russia e Canada , che dimostrerà che la Russia è incomparabile nell’Artico e che manterrà questo status nei prossimi decenni: gli altri quattro paesi .i residenti non giocano nello stesso cortile.
Certamente, Russiae il Canada si assomigliano, in quanto l’Artico è un confine interno naturale, uno spazio di grande superficie, molto difficile da unire tra l’est e l’ovest. L’arcipelago artico canadese occupa 1,4 milioni di km². La vastità della Siberia, poco a nord e in gran parte a sud del Circolo Polare Artico, copre 12,5 milioni di km². Tanto che i russi hanno sempre nutrito un giustificato complesso ossessivo, sempre circondati dal freddo, dal ghiaccio, dalla notte e dalla vastità dei territori. Non possono infatti raggiungere facilmente l’alto mare e raggiungere le profondità strategiche dei grandi oceani: sulle pendici occidentali e meridionali, il Mar Baltico e il Mar Nero semichiusi, il Mar Mediterraneo semichiuso fino alla perforazione del Canale di Suez (1869); sul versante orientale,Mare di Okhotsk ostacolato e dipendente dagli stretti giapponesi (Tsushima, Tsugaru e La Pérouse dit Soya), controllati dall’Impero giapponese e poi dagli americani. Le uniche tre uscite russe permanenti sono quindi Murmansk verso l’Atlantico, Petropavlovsk (latitudine di Brema e… 2.300 km dallo Stretto di Bering) e Vladivostok (latitudine di Biarritz) verso il Pacifico. Per quanto riguarda il Canada, qualsiasi cambio di mare da ovest a est e viceversa sarebbe un tour de force. Il Passaggio a Nord Ovest non fu attraversato per la prima volta fino al 1906 (dal norvegese Roald Amundsen), dopo un viaggio di tre anni. Un ultimo punto in comune: Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.controllata dall’Impero giapponese e poi dagli americani. Le uniche tre uscite russe permanenti sono quindi Murmansk verso l’Atlantico, Petropavlovsk (latitudine di Brema e… 2.300 km dallo Stretto di Bering) e Vladivostok (latitudine di Biarritz) verso il Pacifico. Per quanto riguarda il Canada, qualsiasi cambio di mare da ovest a est e viceversa sarebbe un tour de force. Il Passaggio a Nord Ovest non fu attraversato per la prima volta fino al 1906 (dal norvegese Roald Amundsen), dopo un viaggio di tre anni. Un ultimo punto in comune: Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.controllata dall’Impero giapponese e poi dagli americani. Le uniche tre uscite russe permanenti sono quindi Murmansk verso l’Atlantico, Petropavlovsk (latitudine di Brema e… 2.300 km dallo Stretto di Bering) e Vladivostok (latitudine di Biarritz) verso il Pacifico. Per quanto riguarda il Canada, qualsiasi cambio di mare da ovest a est e viceversa sarebbe un tour de force. Il Passaggio a Nord Ovest non fu attraversato per la prima volta fino al 1906 (dal norvegese Roald Amundsen), dopo un viaggio di tre anni. Un ultimo punto in comune: Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.Petropavlovsk (latitudine di Brema e… 2.300 km dallo Stretto di Bering) e Vladivostok (latitudine di Biarritz) verso il Pacifico. Per quanto riguarda il Canada, qualsiasi cambio di mare da ovest a est e viceversa sarebbe un tour de force. Il Passaggio a Nord Ovest non fu attraversato per la prima volta fino al 1906 (dal norvegese Roald Amundsen), dopo un viaggio di tre anni. Un ultimo punto in comune: Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.Petropavlovsk (latitudine di Brema e… 2.300 km dallo Stretto di Bering) e Vladivostok (latitudine di Biarritz) verso il Pacifico. Per quanto riguarda il Canada, qualsiasi cambio di mare da ovest a est e viceversa sarebbe un tour de force. Il Passaggio a Nord Ovest non fu attraversato per la prima volta fino al 1906 (dal norvegese Roald Amundsen), dopo un viaggio di tre anni. Un ultimo punto in comune: Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.Mosca e Ottawa mostrano rivendicazioni simmetriche sulla stessa regione del Polo Nord.
Tuttavia, l’elenco delle somiglianze da punto a punto è stato rapidamente chiuso.
I due passaggi, Nord (russo), Nordovest (canadese)
Innanzitutto, l’Artico canadese è costituito da un puzzle triangolare di terre ghiacciate, circondate da canali che sono essi stessi generalmente ghiacciati (35.500 isole!), mentre l’Artico russo si presenta come una costa ghiacciata per tre quarti dell’anno, lineare a sé stante modo e dipendente da una navigazione delicata per il resto del tempo. In realtà, questa rimane molto difficile nella sua parte orientale (“Rotta del Mare del Nord”), verso lo Stretto di Bering: spesso è richiesta la scorta di un potente rompighiaccio russo a propulsione nucleare. Inoltre, consente il passaggio di poche navi (“traffico di transito”, direttamente dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico, e viceversa [ 12 ]). Sulla rotta del Mare del Nord sono state scambiate due milioni di tonnellate nel 2010, 18 milioni nel 2018, circa 30 milioni a seconda delle fonti nel 2020. Vale a dire, un aumento di dieci volte dei carichi nel solo decennio del 2010, cifre che partono da quasi niente, è vero.
Tuttavia, il “traffico di destinazione” che interessa i porti durante il viaggio (soprattutto da e verso i porti artici della Russia centrale e orientale, oltre ai porti europei e asiatici) è in forte aumento. Nel 2019 sono stati 2.694 i viaggi effettuati da 278 imbarcazioni. Principalmente petroliere, gigantesche navi metaniere (gas naturale liquefatto) con capacità rompighiaccio e navi da carico (carbone, piombo, nichel, zinco e altri minerali), che vanno dalla penisola di Yamal e dalla vasta penisola di Taimyr (400.000 km²) verso i paesi asiatici [ 13 ]. Inizialmente, prima di moderare le proprie previsioni, le autorità federali volevano raggiungere gli 80 milioni di tonnellate entro il 2024 (scadenza posticipata al 2030), per l’intero Passaggio Nord (da Murmansk allo Stretto di Bering). . Perché ora l’intero Passaggio del Nord e la rotta del Mare del Nord (dal Mare di Kara allo Stretto di Bering) si stanno aprendo al traffico prima e più a lungo, dato il riscaldamento globale.
Diversità dell’Artico, ancora: l’Amministrazione della Rotta del Mare del Nord stabilisce non meno di sette suddivisioni nei mari costieri [ 14 ] . Va anche notato che questo passaggio settentrionale è delimitato da isole spesso non molto distanti dalla costa (da ovest a est: arcipelago François-Joseph, New Zemble, Northern Lands, isole della Nuova Siberia, isola di Wrangel). Infine, l’Artico russo sta vivendo giganteschi incendi estivi sempre più frequenti e contiene una vera e propria “spazzatura nucleare” (sottomarini in banchina o affondati – intenzionalmente o meno – e reattori in fondo al mare).
Al contrario, il Canadian Northwest Passage, situato alla stessa latitudine, non è in procinto di aprirsi al grande traffico marittimo: rotta particolarmente tortuosa, navigazione lenta, correnti insidiose, nebbie estive, ghiaccio alla deriva, scogliere, pescaggio basso, passaggi stretti , improvvisi intasamenti di ghiaccio, pericolosi intasamenti di ghiaccio, distanza da qualsiasi centro urbano e da ogni mezzo di soccorso, assenza di rompighiaccio, cartografia ritenuta incompleta, ecc. [ 15 ] Una fuoriuscita di petrolio sarebbe un disastro grave e duraturo. Infatti, se nel 2017 abbiamo contato 33 transiti [ 16 ], erano spesso imbarcazioni da diporto o di piccola stazza. A ragione, armatori e assicuratori considerano questa rotta una stranezza antiergonomica e finanziariamente controproducente.
Russia, un giocatore eccezionale
Come in tutte queste terre sconosciute, oscure, lontane, spesso irraggiungibili, le esplorazioni erano discontinue e spesso iterative. C’è qualcosa. Le temperature sono micidiali per il corpo umano: possono essere -50° o -60°. L’esploratore norvegese Fridtjof Nansen annotava vicino al polo: “Tempo molto freddo: la sera dell’8 il termometro è sceso a -48°, l’11 a -50° e la sera a -51,22” (spedizione da Fram, 1893-1896). Fu lo stesso per i russi in Siberia, un fronte pionieristico del XV-XVI secolo. E, al giorno d’oggi, né uomini né infrastrutture né metalli amano il freddo estremo, mentre i militari sanno che il generale Winter preferisce lasciare che il nemico sprofondi nel freddo estremo e nelle distese desolate, che costituiscono uno scudo naturale (Napoleone, Hitler).
Allo stesso tempo, non dobbiamo mai dimenticare che la Russia non si è riunita a se stessa, fino all’Oceano Pacifico, fino a tardi.
Geograficamente, la Siberia in quanto tale è una rappresentazione dello spirito più che una regione a sé stante. Così la tundra artica russa (15% del territorio) scende ben al di sotto del circolo polare. Il record assoluto di freddo nell’Artico russo, performance poco invidiata, è detenuto anche dalla città continentale di Verkhoyansk (latitudine approssimativa del circolo polare): -67,8° nel 1892, che nel 2019-2020 conobbe tra estate e inverno un differenza di temperatura di 95 ° (+ 38 °, -57 °) [ 17 ] . Quindi riconosciamo che la Siberia rimane un divario interno complesso e, sicuramente, un altro mondo.
“La Siberia è tutt’altro che omogenea”, osserva Jean Radvanyi [ 18 ] , tanto più che il suo sud confina amministrativamente con la Mongolia e la Cina. In realtà, ci sono tradizionalmente tre Siberia, da ovest a est. La pianura siberiana occidentale (2,4 milioni di km²), tra i fiumi Ob e Yenisei, contigua o ospita notevoli risorse di idrocarburi (Yamal); l’altopiano siberiano centrale , tra i fiumi Yenisei e Lena (4,1 milioni di km²), dove i rigori estremi dell’Artico scendono in profondità nel sud del paese; le montagne della Siberia orientaleinfine (6 milioni di km², cime tra 2.000 e 3.000 m, popolazione ridotta). Quest’ultimo è spesso associato all’Estremo Oriente russo. Inoltre, ha una doppia facciata: mondo artico fino allo stretto di Bering (montagne Anadyr e montagne Kolyma), mondo pacifico verso Petropavlovsk (penisola Kamtchatka). Inoltre, la Siberia e l’Estremo Oriente al di sopra del circolo polare fanno parte di una regione amministrativa ( oblast ), un territorio amministrativo ( krais ) e una repubblica. Basti dire che la Siberia è un insieme enorme (23 volte la dimensione della Francia), suddiviso in molti modi.
Inoltre, di fronte all’Alaska, l’estremo oriente artico russo è uno dei fianchi più vulnerabili della Russia: territori vuoti, a parte alcune piccole città e attività minerarie. Per quanto riguarda la penisola della Kamchatka (1.400 km di lunghezza), essa appartiene a un’altra realtà socio-economica (foreste). È questo Estremo Oriente, marittimo a due teste (Oceano Artico, Oceano Pacifico), che viene sempre più promosso dall’amministrazione presidenziale. Ma è molto più di un vuoto geopolitico che di una vera sub-regione. Giustamente le autorità vogliono installarvi infrastrutture in grado di contrastare l’influenza cinese e hub marittimi per il trasbordo tra navi artiche e navi oceaniche.
Entroterra russo e canadese non comparabili
Infatti, grazie ad un’estensione della “ Corrente del Golfo », La parte occidentale della Russia (penisola di Kola) gode di un clima meno rigido che altrove, anche se il vicino porto di Arkhangelsk (situato a una latitudine inferiore rispetto a Murmansk) è in parte ghiacciato durante l’anno. Cittadella (base per sottomarini nucleari che lanciano missili), Murmansk (288.000 abitanti) è anche un grande porto peschereccio e un grande porto industriale (carbone, ecc.). È sia un solido trampolino di lancio oceanico che una porta aperta sull’Atlantico (convogli marittimi transatlantici dal Canada e dagli Stati Uniti, durante la seconda guerra mondiale). Inoltre, questo Artico occidentale russo beneficia di adeguate reti di comunicazione (fiumi, ferrovie, strade, aeroporti, telecomunicazioni, ecc.), anche se è scarsamente collegato alla Finlandia e alla Scandinavia.Il nord della Norvegia e della Finlandia, entrambi confini, è privo di treni (cosa che non avviene in Svezia, che è ben attrezzata). Va anche notato che questa regione artica russa beneficia di un entroterra con connessioni complesse ma multiple. [ 19 ] e la grande popolazione. Ricorda che i russi vivono nell’ovest del Paese: l’80% della popolazione occupa solo il 25% del territorio.
In confronto, la Siberia è quasi deserta, se non lungo fiumi potenti, strutturanti e molto lunghi, che scorrono da sud a nord [ 20 ] : Ob (3.600 km o 5.400 km con il suo affluente, l’Irtysh), Yenisei (3.500 km) e Lena (4.400 km). I tre fiumi sono navigabili in tutto o in parte nella stagione giusta, un notevole vantaggio.
La Russia ha quindi beni di cui gli altri residenti non beneficiano: un progetto (“Arctic 2035”), un’amministrazione centralizzata, un’organizzazione dedicata alla rotta del Mare del Nord ( Sevmorput ), l’obbligo del governo che le navi artiche russe siano costruite in Russia con alcuni eccezioni, una flotta di rompighiaccio a propulsione nucleare (potenza, autonomia, ecc.), di cui una affidata all’esercito [ 21 ] , la prima di una serie di chiatte a sostegno di piccole centrali nucleari (installate a Pevek, nell’estremo oriente artico ) [ 22 ] .
Al contrario, in Canada, Churchill (latitudine approssimativa di Stoccolma, meno di 1.000 abitanti) è l’unico porto artico in acque profonde del Canada, incastonato sul fondo della Baia di Hudson [ 23 ] . Almeno ha una stazione (l’unica ferrovia artica canadese), che la collega al Manitoba sudoccidentale (Le Pas, 5.500 abitanti) e gli permette di esportare grano; inoltre, un aeroporto, con certamente pochi collegamenti (soprattutto con il capoluogo di provincia, Winnipeg). Da segnalare inoltre che il porto è stato chiuso dal 2016 al 2019, oltre al fatto che la ferrovia è stata bloccata dall’alluvione. L’entroterra è quasi vuoto di uomini [ 24 ], costellata di laghi, punteggiata di foreste (soluzione permanente di continuità, che complica ogni spostamento), anche se beneficia di dighe idroelettriche nella sua parte sud-orientale (soprattutto, la penisola peri-artica del Labrador nell’estremo nord del Quebec, diverso da Terranova) [ 25 ] .
Nuove prospettive
L’Artico rimarrà essenzialmente un mondo marittimo, dove saranno all’opera rapporti di potere geopolitici (e quindi terrestri), tra cooperazione, competizione e rivalità. Da questo lato, nulla di nuovo sotto il sole, l’approccio irenico non è appropriato e rimane geopoliticamente emiplegico. Naturalmente, nessuno può prevedere gli sviluppi a lungo termine dei regimi russo e cinese. Tuttavia, alcune tendenze importanti permarranno in campo politico ed economico, mentre nuove domande stanno già emergendo.
Politicamente , il G-5 (i cinque rivieraschi) manterrà la sua preminenza, non volendo veder erosa la sua influenza o il suo potere: il Consiglio Artico (i Cinque più Finlandia, Islanda e Svezia, oltre a organizzazioni comunitarie e osservatori permanenti) rimangono utili e innovativi ma non vincolanti. Né Washington né Mosca hanno interesse a rafforzarla. In ogni caso, non ci sono organizzazioni regionali nell’Artico nordamericano [ 26 ]né nell’Artico dell’Estremo Oriente. L’influenza di alcune organizzazioni di popolazioni indigene sull’opinione pubblica e sugli stati rimane difficile da prevedere. D’altra parte, la prevista indipendenza della Groenlandia modificherà il paesaggio. Quando arriverà il momento, questo macro-stato geograficamente diventerà un micro-stato politicamente, indebolito dal patronato cinese e dalle pressioni degli imperiali e imperiosi Stati Uniti? Sarà anche “isolato” da Washington?
Economicamente , se il gas è sempre più popolare, quale destino sarà riservato al petrolio, maledetto quando sarà trasportato via mare (Stati Uniti, Norvegia, Russia)? Quanto alle risorse minerarie, esse sono per natura molto disuguali: poco conosciute in Groenlandia, residuali alle Svalbard, significative in Alaska, importanti in Canada, notevoli in Russia. Le riserve di terre rare, così pregiate, non sono ancora chiaramente inventariate. L’energia idroelettrica continuerà a essere favorita nel Canada subartico e in Norvegia (95% dell’elettricità). Il turismo, in particolare la crociera in Groenlandia e Svalbard o anche in Russia (a bordo di navi rompighiaccio), non riguarderà la Siberia orientale o la Russia nell’Oceano Pacifico e rimarrà soggetta a danni, spiaggiamenti, incidenti, ecc. [ 27], per non parlare delle conseguenze commerciali di epidemie e pandemie (coronavirus). Lo sviluppo dell’arco russo che va dalla Siberia orientale alla Russia del Pacifico sarà sicuramente uno dei file più interessanti da studiare (il Giappone aveva già offerto i suoi servizi, invano, negli anni ’60 e ’90. ). Il progetto cinese “Polar Silk Road”, annunciato nel 2016-2017 e uno dei tre rami marittimi (con l’asse Oceano Indiano-Mediterraneo e l’asse Cina-Sud Pacifico verso il Sud America), dovrà essere sottoposto alla prova dei fatti. I cavi nell’Artico (fibra ottica) apriranno una nuova era, oggetto di rivalità quanto di cooperazione. L’eventuale apertura della rotta transpolare estiva non può che valorizzare il ruolo della Norvegia, passaggio necessario per le navi, e quello dello Stretto di Bering,dove americani e russi avranno senza dubbio interesse a trovare un accordo, per contrastare le ambizioni della Cina (entrambi, tra i cinque residenti, sono membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU). Questo nuovo Mediterraneo, un mare tra le terre divenuto interoceanico, ridurrà meccanicamente il traffico del Passaggio Nord russo e attirerà molta invidia. Più tardi, vedere rompighiaccio nucleari e SSBN cinesi in questo nuovo bacino non sarà sorprendente.vedere rompighiaccio nucleari e SSBN cinesi in questo nuovo bacino non sarà sorprendentevedere rompighiaccio nucleari e SSBN cinesi in questo nuovo bacino non sarà sorprendente [ 28 ] .
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Pertanto, sotto il duplice effetto dell’internazionalizzazione e della regionalizzazione, l’Artico merita ora un approccio multiscala per subregioni, che non obbediscono alle stesse logiche di sviluppo. È quindi nell’ordine delle cose che viene privilegiata la cooperazione à la carte. In breve, possiamo già parlare dell’Artico nell’Artico.
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. Thierry Garcin, “ Geopolitica dell’Artico ”, 2a ed., Parigi, Economica , 2021, 256 p. Su amazon
L’Artico è diventato un vero problema nelle relazioni internazionali. È un teatro che si apre e un nuovo spazio di lussuria. Ma è anche un mondo complesso, che la stampa mainstream ha notevolmente semplificato. Un motivo in più per individuare i grandi problemi e valutare le logiche di potere in atto, a medio e lungo termine.
Dieci capitoli, chiaramente suddivisi, individuano le domande chiave. Ventitré caselle specificano i punti essenziali. Un quaderno centrale colorato di sedici carte familiarizza il lettore con questa nuova problematica.
L’autore: Thierry Garcin, dottore in scienze politiche (Sorbona) e autorizzato a supervisionare la ricerca, è ricercatore associato presso l’Università di Parigi (Doctoral School) e visiting professor presso l’Università Sorbonne Abu Dhabi. Ha insegnato alla Sorbona, alla Sorbonne nouvelle, alle università di Marne-la-Vallée e Reims Champagne-Ardenne, a Sciences-Po Paris e all’Istituto Internazionale di Pubblica Amministrazione (IIAP).
Ex revisore dell’Istituto per gli studi superiori di difesa nazionale (IHEDN), ex insegnante presso la Scuola di guerra, docente presso la Scuola nazionale di amministrazione (ENA) e docente presso HEC, è stato produttore di Radio-France (responsabile del programma “Les Enjeux internationales”, Francia-Cultura , dal 1984 al 2017).
Il vezzo molto americano di ottimizzare i vorticosi viaggi esteri del Presidente ha finito per mettere definitivamente in crisi quel che resta della NATO così com’é oggi.
Premuta dalla Russia che sembra avere in mano tutte le carte utili all’America ( in specie l’approvvigionamnto energetico della Cina e dell’Europa, l’alternativa – via transiberiana – alla via della seta che gli USA vogliono controllare e le relazioni militar-industriali col plateau turco-iranico che condiziona gli equilibri del mondo arabo), Joe Biden e consorte in Cornovaglia hanno ottenuto poco più che il sospirato thé con la regina e una dichiarazione d’amore appassionato del premier inglese, ma – con l’eccezione di Mario Draghi che ha definito l’altlantismo “ una colonna della nostra politica estera” ( senza spiegare come mai e perché Pacciardi che ne fu il proponente sia stato poi ostracizzato a vita )- ha ricevuto sorrisi e pacche sulle spalle ma nessun risultato concreto: una generica e quindi non vincolante adesione a un , per adesso ancora inesistente, progetto di alternativa alla via della seta cinese.
Macron, ha aperto le ostilità diplomatiche togliendo focus all’evento ancor prima di partire per Londra.
Ha avvertito con veemenza che non avrebbe preso in considerazione nessun cambiamento agli accordi dello scorso semestre sull’Irlanda e ponendo altrimenti dubbi sulla affidabilità inglese a mantenere gli impegni sottoscritti.
Questo contenzioso é andato ad aggiungersi alla guerra del baccalà sui diritti di pesca tra francesi e inglesi.
Non registravamo un contenzioso navale tra loro dai tempi della distruzione preventiva della flotta francese a Mers el kebir ( 1940).
Una volta sul posto il presidente francese ha annunziato che appena arriverà, al 1 luglio, alla presidenza di turno della UE, pretenderà a spese dell’inglese, l’uso del francese in tutti i documenti dell’Unione e per sottolineare la mancanza del sostegno americano ha annunciato “ il ritiro” – in realtà un dimezzamento scaglionato su tre anni – delle forze francesi da triangolo del Sahel (Mali, Burkina Faso, Niger) della operazione “Barkhane” che nacque- col sostegno logistico americano- nel quadro della lotta al terrorismo voluta dagli USA e che dovrebbe in teoria trascinarsi con aiuti europei scarsi e tenui.
Per compiere l’opera demolitrice della immagine NATO, dopo l’ex premier tedesco Schroeder diventato lobbista della Gasprom russa, ieri l’annunzio che l’ex premier francese Francois Fillon seguirà analoga strada nell’ente petrolifero statale russo.
Se a questi si aggiungono gli ex premier di seconda fila Blair e Prodi che fanno da consulenti al Kazakistan e incassando ricche parcelle ai seminari annuali a San Pietroburgo con Putin, la frana sotto i piedi di Joe e della NATO é completa.
La Germania evidentemente non si é accontenta della levata del veto USA sul gasdotto “ nord stream” e si intravede la manina merkelliana che ha bisogno di una maggiore “autonomia strategica” europea per fronteggiare l’estrema destra tedesca alle imminenti elezioni.
Tutta la dirigenza tedesca , da Bismarck in poi, ha predicato l’allargamento a est e il surplus monstre di 500 miliardi di euro registrato l’altro anno dalla Germania é dovuto in buona sostanza ai rapporti commerciali con la Cina.
Che si aspettavano?
La NATO, premuta dall’esterno dalla Russia e dall’interno dalla Turchia potrebbe essere recuperabile alla sola condizione di cambiare politica e con essa il segretario generale Stoltenberg rivelatosi inadeguato come leader e inaffidabile per la Germania ( si é bruciato aiutando la CIA a spiare la Merkel che ha fatto accusare la Danimarca di inaffidabilità) va cambiato con urgenza.
L’annunzio della dipartita potrebbe già essere fatto domani alla riunione NATO presente un frastornato Biden che sta raccogliendo la gramigna seminata da Trump e deve farlo con attenzione: La FOX che ha preso le distanze dall’ex Presidente ha perso un tre mesi il 45% dell’audience e conseguenti introiti pubblicitari.
Iniziano domani in Belgio le manovre per sostituire il danese alla NATO.
Non può essere un tedesco. Non si può premiare il ribelle e imprevedibile francese, Il portoghese é già all’ONU, resta – di prima fila- solo una possibile candidatura italiana a patto che non sia improvvisata ( 5 stelle) o inaffidabile per varie ragioni ( PD, Fdi, Berlusconiano o altri personaggi folcloristici del nostro panorama).
Di affidabili per un incarico NATO tipo Manlio Brosio, Figliuolo docet, potrebbe esserci solo un militare con un minimo di preparazione politica e in età non veneranda: Camporini. Who else?
Il Washington Post ha annunziato un nuovo mega contratto russo con l’Iran che minaccia di migliorare la posizione strategica iraniana e quella dei suoi alleati.
Il sistema satellitare Canopus-V dotato di una attrezzatura fotografica e di rilevamento ben più efficace e rapida dei mezzi a disposizione dell’Iran oggi.
L’imminente entrata in azione di questo strumento permetterebbe – ad esempio- all’hezbollah o agli houtis- di non essere piu colti di sorpresa e di tenere sotto controllo le basi israeliane da cui potrebbero partire azioni offensive.
La diffusione di questa notizia negli USA, nel silenzio russo e iraniano, significa che al dipartimento di stato prevale la corrente di pensiero che rifiuta l’ipotesi di fare richieste aggiuntive agli iraniani al negoziato di Vienna sul “rientro USA nell’accordo nucleare” come suggerito da alcuni falchi che sottovalutano la determinazione iraniana a non cedere e il fair play russo che continua a fornire solo mezzi difensivi.
Se la Russia rompesse il tacito accordo con Washington e fornisse il sistema antiaereo S400 a Teheran, cambierebbe significativamente la situazione strategica con Israele e nell’area.
Ecco un dossier serio – come quello cinese- sul tavolo della bilaterale russo americana di mercoledi invece che le chiacchiere sulla Crimea, l’Ucraina e i diritti umani ad uso delle folle.