Russia, strage al Krokus! Con R. Buffagni, G Gabellini, Max Bonelli, Flavio Basari, Dmitry Kuznetsov

Fonti dell’amministrazione statunitense e l’intera stampa occidentale continuano a sottolineare con enfasi sospetta che gli unici dati certi dell’attentato al Crucus di Mosca sono le vittime e la natura islamica della strage. L’accusa al Cremlino di strumentalizzazione del fatto è implicita e, spessp, esplicita. Dobbiamo necessariamente andare avanti per ipotesi, ma i punti oscuri ed ambigui della vicenda già emersi sono troppi per un giudizio così inequivoco. Ci soffermiano a lungo in proposito nella discussione. Più che di matrice islamica, sono ambiguità che spingerebbero a definire l’atto a coloritura islamica. Sono tesi che, comunque, non escludono, non sono incompatibili con ispirazioni, contributi, pianificazioni ed operatività di ben più alto livello strategico e respiro geopolitico. Comprovata la reiterata connivenza e il contributo di settori dell’intelligence statunitense e britannica sin dagli albori, ma anche di altri paesi europei a noi prossimi operanti in Africa, nella formazione e nella copertura delle formazioni islamiste più militanti e radicali. Probabilmente la completa verità resterà solo nelle mani degli ispiratori e potrebbe essere svelata, per opportunità e in tempi da definire solo dalle parti in causa vittime e/o protagoniste di queste scelte. Dobbiamo affidarci ad ipotesi e, al solito, all’interrogativo: cui prodest? I partecipanti alla conversazione cercano con arguzia di approfondire, ma la risposta appare verosimile e credibile, destinata a pesare, se confermata, come un macigno sul futuro delle dinamiche geopolitiche. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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È tempo che la Russia chiuda la sua politica di frontiera aperta con l’Asia centrale?_di ANDREW KORYBKO

Questo accordo è economicamente vantaggioso ma espone la Russia a rischi per la sicurezza.

Il fatto che sia stato un terrorista venerdì sera L’attacco al Crocus City Hall di Mosca commesso da migranti tagiki ha fatto sì che alcuni si chiedessero se sia giunto il momento per la Russia di chiudere la sua politica di apertura delle frontiere con l’Asia centrale. I cittadini di questi paesi possono entrare in Russia senza visto per 90 giorni, dove molti di loro trovano poi lavoro manuale e/o poco qualificato per soddisfare le esigenze del mercato del paese ospitante. In cambio, le loro rimesse mantengono a galla i paesi in difficoltà, evitando così che essi scivolino verso stati falliti.

Questo accordo è economicamente vantaggioso ma espone la Russia a rischi per la sicurezza. Il più ovvio è che i terroristi possono facilmente sfruttare questa politica di frontiera aperta per entrare nel paese con un controllo minimo, mentre un rischio correlato è che possano radicalizzare i migranti indigenti che sono già lì. Meno ovviamente, quei migranti che rifiutano di seguire il consiglio del presidente Putin di integrarsi e assimilarsi contribuiscono alle tensioni etniche, minacciando così l’unità nazionale.

Nel 2012, durante la sua campagna per il ritorno alla presidenza dopo il mandato di primo ministro, il leader russo ha pubblicato un dettagliato manifesto sull’immigrazione, che può essere letto in inglese qui , dove spiega l’importanza che i nuovi arrivati ​​rispettino i loro ospiti incorporandosi pacificamente nella società. Il patriarca Kirill aveva avvertito a novembre che “ l’intero mondo russo è minacciato ” a causa del fallimento di questa politica, che però un mese dopo, a suo dire, “ minaccia la pace e l’armonia interreligiosa e interetnica ”.

Ha aggiunto che “il desiderio di ottenere manodopera a buon mercato per il bene di benefici economici soprattutto a breve termine non dovrebbe attirare nella nostra madrepatria un numero enorme di persone appartenenti a una cultura diversa, che spesso non parlano russo e non hanno rispetto per la Russia e i popoli che vivono qui”. Lui è stato cauto con le sue parole perché l’articolo 282 del codice penale russo vieta l’istigazione all’odio etnico-religioso, ma alcuni suoi connazionali esprimono questi stessi punti in modo crudele e quindi violano la legge.

L’articolo di cui sopra è fondamentale per preservare l’esistenza della Russia come paese multinazionale poiché la proliferazione incontrollata di discorsi di incitamento all’odio rischia di catalizzare innumerevoli conflitti di identità. Tuttavia, la sovrabbondanza di cautela che molti adottano quando discutono di questioni legate ai migranti, per paura che le loro parole possano accidentalmente violare la legge, spiega perché la dimensione di sicurezza di questo argomento non è stata ampiamente discussa, anche se l’intervento del Patriarca Kirill e l’attacco al Crocus potrebbero cambialo.

Per essere assolutamente chiari, i tagiki sono per lo più laboriosi, pacifici e laici, ma hanno anche delle mele marce nella loro società, proprio come tutti. Detto questo, tre fattori distinguono la marmaglia del Tagikistan da tutti gli altri paesi che hanno l’esenzione dal visto per recarsi in Russia: l’eredità persistente della guerra civile di ispirazione islamica degli anni ’90; vicinanza geografica all’Afghanistan in cui opera l’ISIS-K; e la presenza di più tagiki in Afghanistan che nello stesso Tagikistan.

Nell’ordine in cui sono stati condivisi, questi portano a: un segmento considerevole della popolazione che è predisposto al radicalismo religioso; i suddetti hanno l’opportunità di ottenere facilmente formazione in preparazione di futuri attacchi; e i membri radicalizzati della diaspora afghana sono in grado di sfruttare le connessioni etno-linguistiche per influenzare le controparti del loro omonimo stato-nazione. Questi rischi non sono teorici ma hanno già preso forma tangibile, secondo il ministro della Difesa ad interim dei talebani.

Alla fine dell’anno scorso ha rivelato che “dopo che l’Emirato islamico è salito al potere, gli attacchi contro moschee, monasteri, studiosi di religione e incontri pubblici sono stati tutti compiuti da stranieri, in particolare cittadini del Tagikistan. Decine di cittadini tagiki sono stati uccisi nelle nostre operazioni e dozzine di altri sono stati arrestati… Ora in alcuni paesi vicini ci sono centri di produzione, contrabbando e vendita di armi”.

Stando così le cose, il mantenimento della politica di frontiere aperte della Russia con il Tagikistan la espone oggigiorno a un rischio per la sicurezza senza precedenti, anche se non può essere chiusa senza fare lo stesso per le altre repubbliche dell’Asia centrale che hanno gli stessi diritti di viaggio senza visto o sarà destabilizzante. La ragione è che escludere solo il Tagikistan da questo accordo potrebbe causare un diffuso risentimento che i terroristi potrebbero sfruttare per radicalizzare più tagiki e indurli a compiere ulteriori attacchi terroristici.

Allo stesso tempo, rimane la logica economica reciprocamente vantaggiosa che è responsabile in primo luogo di questa politica, il che significa che ci sarebbero dei costi per entrambe le parti se la Russia la abbandonasse. Dovrebbe quindi essere raggiunta una via di mezzo in cui ciascuno possa ancora trarre benefici economici, anche se forse a un livello relativamente inferiore rispetto a quello attuale, ma con maggiori misure di sicurezza in atto per impedire ai terroristi di sfruttare i privilegi di viaggio senza visto di questi cittadini verso la Russia.

In ogni caso, non c’è mai stato un momento migliore di questo per i membri responsabili della società russa per avviare un dialogo atteso da tempo e molto schietto su questo argomento, soprattutto dopo l’intervento del Patriarca Kirill e l’attacco al Crocus. Coloro che vi partecipano devono però sempre tenere presente l’articolo 282, per evitare di catalizzare inavvertitamente innumerevoli conflitti di identità in questo paese storicamente cosmopolita che faciliterebbero il divide et impera dell’Occidente . Trame di guerra .

Questa teoria del complotto è screditata dal fatto documentato che egli ordinò all’FSB pochi giorni prima dell’attacco di intensificare gli sforzi antiterroristici “in modo significativo” e ricordò loro quanto pericolose potrebbero essere tali minacce se fossero collegate a Kiev e/o i suoi mecenati occidentali, come ha lasciato intendere.

L’ultima teoria cospirativa che circola sull’attacco terroristico al Crocus City Hall di Mosca è che il presidente Putin abbia minimizzato le minacce dell’ISIS-K nel periodo precedente, con la presunta prova che era ciò che aveva detto all’FSB diversi giorni prima. Lui ha detto: “Vorrei anche ricordare le recenti dichiarazioni provocatorie di una serie di strutture ufficiali occidentali riguardo a potenziali attacchi terroristici in Russia. Tutte queste azioni assomigliano a un vero e proprio ricatto e all’intenzione di intimidire e destabilizzare la nostra società”.

Questa citazione è stata decontestualizzata da questo media per far sembrare che avesse respinto con arroganza l’avvertimento dell’ambasciata americana su un imminente attacco contro “grandi raduni a Mosca, compresi concerti”, nelle 48 ore successive all’arresto da parte dell’FSB di una cellula dell’ISIS-K a Mosca. primi di marzo. Una fonte dei servizi speciali ha confermato sabato che la Russia ha ricevuto informazioni “di carattere generale, senza particolari” dagli Stati Uniti. Ciò che questa teoria tralascia, tuttavia, è il resto di ciò che il presidente Putin ha detto all’FSB:

“Chiedo al Servizio di sicurezza federale, insieme ad altri servizi speciali e forze dell’ordine, di intensificare i loro sforzi antiterrorismo in tutti i settori in modo significativo, con il Comitato nazionale antiterrorismo che svolge il suo ruolo di coordinamento.

Dobbiamo capire che abbiamo a che fare con un avversario formidabile e pericoloso che ha nella manica un’ampia gamma di strumenti informativi, tecnici e finanziari.

Non commettiamo errori, sappiamo di cosa sono capaci in tutti questi settori, anche in termini di raccolta di informazioni, e siamo consapevoli anche dei metodi terroristici che utilizzano. Basti citare il bombardamento dei gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico. Farebbero ricorso a qualunque cosa”.

Leggendo tra le righe, stava insinuando che Kiev e/o i suoi sostenitori occidentali potrebbero essere in qualche modo collegati alle minacce dell’ISIS-K che hanno preceduto l’attacco terroristico di venerdì sera, ecco perché ha ordinato ai servizi di sicurezza di “intensificare i loro sforzi antiterrorismo in tutte le aree in modo significativo”. La cattura dei terroristi il ​​giorno successivo ha dato credito a questi sospetti dopo che è stato rivelato che stavano cercando di fuggire in Ucraina dove avrebbero avuto contatti.

Lungi dal riposare sugli allori, il leader russo stava cercando proattivamente di contrastare le minacce dell’ISIS-K, che secondo i suoi servizi di sicurezza potevano essere in qualche modo collegate a Kiev e/o ai suoi sostenitori occidentali. Considerando che l’area metropolitana di Mosca conta circa 20 milioni di abitanti, è impossibile proteggere preventivamente tutte le principali aree pubbliche, inoltre ogni serio tentativo in tal senso sconvolgerebbe la vita quotidiana e rischierebbe di provocare il panico.

Il fatto di non istituire controlli di sicurezza dettagliati e di non posizionare guardie armate ai loro ingressi non è la prova che il presidente Putin stesse minimizzando queste minacce poiché non è realistico aspettarsi che un leader lo faccia in risposta alle informazioni di intelligence su un possibile attacco imminente. La sua critica alle dichiarazioni occidentali all’inizio del mese non ne è una prova, poiché avrebbe potuto provocare il panico (come intendevano fare) e suggerire che loro ne sapessero di più su questi piani di quanto ne saprebbe l’FSB se li avesse approvati.

Il leader russo ha affermato che “tutte queste azioni assomigliano a un vero e proprio ricatto e all’intenzione di intimidire e destabilizzare la nostra società” perché hanno falsamente lasciato intendere che quei paesi in realtà sanno di più su un possibile attacco imminente rispetto al suo. Nelle situazioni in cui un Paese condivide tali informazioni con un altro, anche se sono solo “generali” e “senza dettagli” come hanno fatto gli Stati Uniti, la norma diplomatica è di non rilasciare dichiarazioni pubbliche al riguardo a meno che il proprio partner non lo faccia prima.

Facendo quello che hanno fatto, volevano chiaramente provocare il panico e screditare i servizi di sicurezza russi, motivo per cui il presidente Putin li ha criticati duramente nel suo incontro con l’FSB nei giorni precedenti l’attacco. Se avesse davvero minimizzato le minacce dell’ISIS-K nel periodo precedente a quello che è successo, allora non avrebbe ordinato loro di intensificare i loro sforzi antiterrorismo “in modo significativo” e non avrebbe ricordato loro quanto pericolose potrebbero essere tali minacce. se sono collegati a Kiev e/o ai suoi mecenati occidentali, come ha lasciato intendere.

Non è quindi altro che una fake news affermare che lui o qualcuno dei servizi di sicurezza del suo paese sia responsabile di questo attacco terroristico perché avrebbero trascurato in anticipo tutti gli avvertimenti. Coloro che diffondono questa teoria del complotto lo fanno per scopi di guerra dell’informazione, che in alcuni casi includono affermazioni secondo cui il presidente Putin ha lasciato che ciò accadesse come parte di un “complotto sotto falsa bandiera” per giustificare la trasformazione dell’operazione speciale in una guerra secondo gli standard legali della Russia, e non dovrebbe essere ascoltato.

Congetture ragionevoli come chiedersi se l’Ucraina e/o gli Stati Uniti fossero coinvolti va bene visto che stanno conducendo una guerra contro la Russia, ma è inaccettabile sfruttare questo incidente per vomitare teorie cospirative su una falsa bandiera, Trump, lo Yemen o qualsiasi altra cosa. .

Un piccolo gruppo di terroristi pesantemente armati ha ucciso almeno cinque dozzine di persone e ne ha ferite più di 100 in un attacco presso la sede del municipio Crocus, fuori Mosca, venerdì. Sebbene l’ISIS-K abbia rivendicato la responsabilità , RT India ha twittato che “L’immagine ampiamente condivisa di quella che sembra essere una dichiarazione del gruppo che si assume la responsabilità dell’incidente utilizza un modello di notizie che l’ISIS apparentemente ha abbandonato molti anni fa”. Non è quindi chiaro chi si celi dietro questo attacco finché le autorità russe non condivideranno la conferma.

L’ISIS-K resta tuttavia il principale sospettato, dal momento che l’FSB ha sventato l’attacco pianificato contro una sinagoga di Mosca all’inizio di questo mese e fonti dell’intelligence americana hanno detto alle agenzie di stampa americane che “non c’è motivo di dubitare” della loro rivendicazione di responsabilità. Anche l’ambasciata americana a Mosca ha rilasciato una dichiarazione all’inizio di questo mese in cui afferma che “sta monitorando i rapporti secondo cui gli estremisti hanno piani imminenti per prendere di mira grandi raduni a Mosca, compresi concerti, e i cittadini statunitensi dovrebbero essere avvisati di evitare grandi raduni”.

Sebbene il loro avvertimento fosse valido solo per le 48 ore successive al 7 marzo, esso coincise con l’arresto da parte dell’FSB della cellula terroristica dell’ISIS-K, anche se molti sui social media hanno interpretato la loro dichiarazione come una presunta prova che l’America era a conoscenza in anticipo che si stava preparando un altro grande attacco. accadere. Altri, come l’ex presidente e vicepresidente in carica del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev, hanno ipotizzato che Kiev fosse coinvolta, anche se le autorità non hanno ancora condiviso alcuna prova che indichi in quella direzione.

Nella stessa dichiarazione, l’ex leader russo ha anche affermato che dovrebbe esserci un “ giro di vite sulle famiglie [dei terroristi]”, il che fa eco a ciò che ha scritto poco dopo il bombardamento del ponte di Crimea l’estate scorsa. Allora aveva chiesto che “bisogna far saltare in aria le loro case e quelle dei loro parenti”, anche se è improbabile che il presidente Putin segua il suo consiglio di punire collettivamente le loro famiglie, dato che non è così che la Russia ha mai agito quando ha condotto attività antiterrorismo.

La reazione emotiva di Medvedev è comprensibile, ma sicuramente si renderà conto una volta che si sarà calmato che la sua soluzione rischia solo di generare altro terrorismo creando rimostranze legittime che possono essere sfruttate dai radicali per manipolare le vittime affinché svolgano ulteriori attacchi. Invece di reprimere le famiglie dei colpevoli, la Russia continuerà con le sue indagini, che le consentiranno di determinare esattamente cosa è successo e la reale portata del coinvolgimento straniero.

Anche se l’ISIS-K è il principale sospettato, non si può escludere che il gruppo possa essere stato indirettamente guidato da servizi di intelligence ostili ad attaccare la Russia, il che è possibile se avessero un informatore di alto livello o un suo gruppo tra le loro fila. Il presidente dell’Associazione internazionale dei veterani alfa dell’FSB, Sergei Goncharov, ad esempio, ritiene che il capo dell’intelligence militare ucraino Kirill Budanov fosse coinvolto. Al momento non esistono prove per confermarlo, ma è anche prematuro respingere questa teoria.

Ciò che si può dire con certezza, tuttavia, è che questo attacco terroristico non aveva lo scopo di inviare un segnale a Donald Trump o è collegato allo Yemen in alcun modo, a differenza delle teorie cospirative diffuse da un importante influencer di Alt-Media su X. Quell’individuo ha ipotizzato il primo sulla base del fatto che il proprietario del Crocus City Hall è un amico dell’ex presidente, che una volta vi ha organizzato un concorso “Miss Universo”, mentre il secondo è stato guidato da notizie secondo cui gli Houthi avevano accettato di non prendere di mira le navi russe nel Mar Rosso.

È deludente che una persona così importante introduca nel discorso congetture così ridicole poiché ciò rischia di screditare per associazione i loro stimati partner. Sono stati ospitati da un importante think tank russo, hanno un programma regolare su una delle piattaforme in lingua straniera dei suoi media internazionali, sono apparsi in un importante talk show russo e hanno intervistato un commissario dell’Unione economica eurasiatica, oltre ad altre pretese di fama. Nessuno di questi partner si diletta nelle teorie del complotto.

Si dà il caso che si tratti della stessa persona che in precedenza aveva scritto che: la Russia stava prendendo in considerazione un convoglio navale per rompere il blocco con Turkiye che sarebbe stato protetto dalle sue risorse militari in Siria; c’è un “ quasi consenso ” tra gli Stati profondi russi sul fatto che “Israele potrebbe essere un nemico di fatto” del loro Paese; La Russia “ sta ruotando verso la Palestina ”; il suo aiuto a Gaza coinvolge lo “ spettro militare ”; e si sta preparando a perseguire Israele per crimini di guerra. Le loro ultime teorie del complotto sono altrettanto ridicole e chiaramente false.

Quella su Trump non ha senso dal momento che ci sono modi più diretti per mandargli un segnale che attaccare un luogo in cui è apparso una volta più di dieci anni fa dall’altra parte del mondo, mentre questa analisi qui si basa sulle dichiarazioni ufficiali russe per sfatare la pretesa di un’alleanza con gli Houthi. La Russia ha un dialogo con quel gruppo, che comprensibilmente vuole il suo sostegno politico al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma lo è anche ha condannato i loro attacchi contro navi civili e sostiene il governo riconosciuto dalle Nazioni Unite.

Teorie di cospirazione infondate come quelle diffuse da quel grande influencer di Alt-Media screditano l’intera comunità dei media non mainstream e i prestigiosi partner di quella persona all’interno della Russia. Una cosa è chiedersi se siano coinvolti coloro che il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha descritto come in guerra contro la Russia, un’altra è scrivere che “non è difficile fare i conti” per vedere che questo attacco è legato a Trump e allo Yemen. Il primo è ragionevole mentre il secondo è ridicolo.

I fatti oggettivamente esistenti sono che l’ISIS-K ha rivendicato la responsabilità utilizzando un modello che avevano abbandonato anni fa, ecco perché la veridicità di questa affermazione è stata messa in dubbio da RT India, e l’FSB ha arrestato i loro membri all’inizio di questo mese prima che potessero attaccare una sinagoga a Mosca. . Successivamente gli Stati Uniti hanno anche avvertito i loro cittadini di evitare grandi raduni come concerti per le prossime 48 ore e le loro fonti di intelligence hanno successivamente detto ai media americani che non dubitano del coinvolgimento dell’ISIS-K in questo attacco.

L’indagine determinerà tutti coloro che hanno avuto un qualsiasi ruolo in quanto appena accaduto, ma poiché ovviamente è appena iniziata e richiederà ancora tempo per concludersi, le persone condivideranno naturalmente le proprie teorie su questo attacco terroristico. Congetture ragionevoli come chiedersi se l’Ucraina e/o gli Stati Uniti fossero coinvolti va bene visto che stanno conducendo una guerra contro la Russia, ma è inaccettabile sfruttare questo incidente per vomitare teorie cospirative su una falsa bandiera, Trump, lo Yemen o qualsiasi altra cosa. .

Questo dovrebbe essere visto come il segnale più chiaro del Cremlino che risponderà allo scenario di un intervento occidentale convenzionale colpendo le forze opposte in linea con le leggi internazionali che governano questa forma di conflitto.

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato al quotidiano Argumenti I Fakty: “Siamo in guerra. Sì, è iniziata come un’operazione militare speciale, ma non appena si è formato questo gruppo, quando l’Occidente collettivo ha preso parte a questa operazione a fianco dell’Ucraina, per noi è già diventata una guerra”. Ciò non ha precedenti poiché la legislazione sulla sicurezza nazionale vieta l’uso della parola “guerra”, che è considerata una descrizione errata del modo in cui la Russia sta conducendo quella che definisce un’operazione speciale.

La distinzione è importante indipendentemente da ciò che affermano i commentatori occidentali, poiché un’operazione speciale è un’azione militare volontariamente limitata mentre una guerra è limitata solo dalle leggi internazionali che la governano (e solo allora se sono rispettate o applicate esternamente). Inoltre, combattere ciò che è legalmente designato dallo Stato come una guerra invece che come un’operazione speciale spinge le autorità a rispondere di conseguenza alla partecipazione dell’Occidente a questo conflitto, aumentando così il rischio di escalation.

Il cambiamento retorico di Peskov avviene mentre la Francia si prepara a farlo in modo convenzionale intervenire nel conflitto NATO-russo La guerra per procura in Ucraina, che il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha inavvertitamente rivelato è già una guerra calda non dichiarata ma limitata, che finora è rimasta gestibile grazie al rispetto di “regole” non ufficiali da parte di ciascuna parte. Formalizzando e poi espandendo la presenza delle truppe francesi sul campo di battaglia, tuttavia, il presidente Emmanuel Macron rischia di esacerbare il dilemma della sicurezza NATO-Russia fino a raggiungere proporzioni incontrollabili.

La descrizione senza precedenti di Peskov del conflitto ucraino come una “guerra” dovrebbe quindi essere vista come il segnale più chiaro finora dato dal Cremlino che risponderà allo scenario di un intervento occidentale convenzionale colpendo le forze opposte in linea con le leggi internazionali che governano questa forma di guerra. conflitto. Il motivo per cui è stato reso pubblico questo intento è quello di indurre la Francia e gli altri stati come il Regno Unito , la Polonia e gli Stati baltici , che potrebbero anch’essi contemplando un intervento convenzionale, a riconsiderare i propri piani.

I loro decisori e le loro società ora sanno come la Russia risponderebbe a questa provocazione, e ciò potrebbe portare a un ciclo incontrollabile di escalation che culminerebbe nella Terza Guerra Mondiale per errori di calcolo. Per essere chiari, la Russia avrebbe il diritto legale e morale di colpire le forze opposte che entrano nel campo di battaglia, quindi la responsabilità di mettere in moto questa pericolosa sequenza di eventi ricade interamente sulle spalle dell’Occidente.

L’unica ragione per cui il blocco sta prendendo in considerazione questa possibilità è perché teme che la possibile imminente svolta russa, che il Comitato di intelligence ucraino ha recentemente avvertito, potrebbe materializzarsi entro quest’estate, potrebbe infliggergli una sconfitta strategica che screditerebbe i suoi politici in patria e all’estero. Hanno esaltato il mondo aspettandosi la sconfitta strategica della Russia durante la controffensiva della scorsa estate , ma quella manovra è fallita totalmente, rimodellando così le dinamiche del conflitto riportando Kiev sulla difensiva .

Invece di accettare una totale sconfitta strategica, alcuni in Occidente ora vogliono “intensificare l’escalation” lanciando un intervento convenzionale che possa prevenire una svolta russa o rispondervi immediatamente, il che potrebbe quindi consentire loro di influenzare la partita finale. In particolare, vogliono preservare la loro prevista “ sfera di influenza ” in Ucraina attraverso la sua spartizione asimmetrica tra NATO e Russia, per non parlare di ridurre le dimensioni della zona cuscinetto auspicata da Mosca in quel paese.

Il Cremlino vuole dissuaderli dal farlo, il che spiega il cambiamento retorico senza precedenti del suo portavoce, avvenuto nel mezzo del più grande attacco mai visto contro la rete energetica ucraina , con queste mosse diplomatiche-militari intrecciate che segnalano cosa accadrebbe alle truppe della NATO se fossero coinvolte. Mantenere la loro guerra calda non dichiarata ma limitata è molto più gestibile che costringere la Russia a rispondere a un intervento convenzionale della NATO che giustamente teme possa essere l’inizio di un’invasione più ampia.

Le leggi internazionali che regolano la guerra verrebbero quindi applicate per fermare questa minaccia sul nascere, con la conseguenza che l’Occidente sarebbe costretto a reagire almeno in modo “occhio per occhio” per non “perdere la faccia” in patria e all’estero, soprattutto dopo che i suoi soldati in uniforme sono stati uccisi. Sebbene la Russia abbia appena effettuato i suoi più grandi attacchi di sempre contro la rete energetica ucraina, secondo Peskov sta ancora combattendo ufficialmente un’operazione speciale che limita volontariamente le sue azioni militari invece di una guerra totale.

Poco dopo il rilascio della sua intervista ha chiarito che “Questa è un’operazione speciale de jure, ma di fatto per noi si è trasformata in una guerra dopo che l’Occidente collettivo ha aumentato sempre più il livello del suo coinvolgimento nel conflitto”. Ciò è servito a dimostrare che la Russia si sta ancora trattenendo, il che ha lo scopo di impedire ai suoi avversari di avviare un intervento convenzionale con il falso pretesto che la Russia avrebbe già rimosso tutte queste restrizioni dopo che Peskov ha descritto il conflitto come una “guerra”.

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha espresso shock per come la retorica di Macron abbia catalizzato quest’ultima “spirale di guerra”, come l’ha definita lui, che “sembrava assurda e impensabile solo due mesi fa” nelle sue parole, ma non ha l’influenza necessaria per fermare o aiutarli a gestire quest’ultima escalation. Il Papa e/o l’India sono gli unici attori con la capacità di mediare tra le parti in guerra a tal fine grazie alla loro reputazione neutrale e alla fiducia di cui godono con tutte le parti.

Anche la Cina è neutrale, proprio come quei due, ma non gode della fiducia dell’Occidente, il cui leader americano lo è Già preparandosi a “ ritornare verso l’Asia ” con lo scopo di contenere la Repubblica Popolare dopo che il conflitto ucraino inevitabilmente finirà. Spetta quindi al Papa e/o all’India intervenire diplomaticamente se le parti in conflitto sono d’accordo, cosa che sembrano piuttosto ricettive quando si tratta del secondo dopo che il primo ministro Narendra Modi ha appena parlato giovedì con i presidenti Putin e Zelenskyj.

Inoltre, il ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba dovrebbe visitare l’India la prossima settimana, il primo viaggio di questo tipo da parte di uno dei massimi funzionari del suo paese dall’inizio dell’operazione speciale, e questo potrebbe aiutare l’India a far girare la palla diplomatica se esiste la volontà politica su Kiev. parte per farlo. I colloqui di pace potrebbero non riprendere presto, ma il ministro indiano degli Affari esteri, Dr. Subrahmanyam Jaishankar potrebbe ancora posizionarsi come possibile mediatore tra l’Occidente/Ucraina e la Russia.

È uno dei diplomatici più esperti al mondo, quindi sarà sicuramente in grado di gestire questo compito se richiesto, nel qual caso il suo coinvolgimento potrebbe aiutare a gestire quest’ultima escalation aiutando le parti in guerra ad avere un’idea più chiara delle linee rosse di ciascuna parte e di come stanno reagirà in vari scenari. L’importante è ridurre il rischio di una terza guerra mondiale a causa di errori di calcolo nel caso in cui un membro della NATO o un suo gruppo intervenga convenzionalmente in Ucraina dopo l’avvertimento trasmesso dalla Russia.

Tornando al cambiamento retorico di Peskov, la cosa migliore che potrebbe fare è quindi spingere l’Occidente a fare marcia indietro rispetto ai suoi piani, dopodiché le parti in conflitto potrebbero fare affidamento sulla mediazione indiana per gestire quest’ultima fase del loro dilemma sulla sicurezza. Se l’Occidente interpreta erroneamente le sue parole come un “bluff” e continua a portare avanti ciò di cui ha parlato Macron, soprattutto senza che l’India media per condividere le linee rosse di ciascuna parte e come reagiranno nei vari scenari, allora il rischio di una terza guerra mondiale per errore di calcolo sarà più alto che mai.

Il naso onnipresente di un cammello arabo

Nell’estate del 1997, al culmine dell’ennesima crisi che circondava la saga apparentemente infinita delle squadre di ispezione delle armi delle Nazioni Unite guidate dal sottoscritto che cercavano di ottenere l’accesso a siti considerati dall’Iraq sensibili alla loro sicurezza nazionale, avevo circondato il quartier generale dei servizi segreti iracheni (il Mukhabarat), e insisteva affinché mi fosse concesso l’accesso a luoghi specifici all’interno del quartier generale ritenuti rilevanti per il mandato del Consiglio di Sicurezza che regola il disarmo dei programmi di armi di distruzione di massa dell’Iraq. Il mio principale interlocutore era il generale Amer al-Sa’adi, ex capo dell’industria militare irachena e, all’epoca, consigliere speciale del presidente iracheno Saddam Hussein.

Ho informato il generale Sa’adi del mio desiderio di ottenere l’accesso a due luoghi specifici, uno nella direzione M-4 (operazioni) e l’altro nella direzione M-5 (controspionaggio). Il Generale Sa’adi mi informò che questi erano gli aspetti più delicati del lavoro del Mukhabarat e che concedermi l’accesso sarebbe stato impossibile. Tuttavia, sono stato persistente e all’epoca avevo il sostegno del Consiglio di Sicurezza, che aveva chiarito in una recente risoluzione che un rifiuto di accesso alla mia squadra avrebbe costituito una violazione sostanziale degli obblighi di disarmo dell’Iraq, aprendo la strada che gli Stati Uniti attacchino l’Iraq. Non si trattava di una minaccia vuota: nel Golfo Persico, gli Stati Uniti avevano schierato una portaerei, navi e sottomarini portamissili, supportati da cacciabombardieri dell’aeronautica americana che operavano da basi nei paesi vicini.

Dopo aver negato l’accesso alla mia squadra per diverse ore, il generale Sa’adi alla fine cedette e io portai la mia squadra negli uffici che avevamo individuato come interessanti, dove trovammo documenti che aiutarono la nostra comprensione di come l’Iraq avesse condotto l’approvvigionamento segreto di beni proscritti. elementi nei primi anni del nostro lavoro per il disarmo in Iraq. Una volta terminata l’ispezione, mi sono avvicinato al generale Sa’adi e lo ho rimproverato. “Avremmo potuto farla finita con questa faccenda ore fa, e senza alcun dramma”, ho detto.

Scott discuterà di questo articolo nell’Ep . 145 di Chiedi all’ispettore . Guarda la prima ora in diretta su Rumble , X , Facebook , Twitch o Locals . La seconda ora (a partire dalle 21:00 ET) sarà trasmessa in streaming solo su Rumble, X e Locals e conterrà la musica di Bob Dylan. I nostri ospiti speciali venerdì sera sono Malcolm Burn, conduttore di The Long Way Around , che ha registrato e mixato l’album Oh Mercy di Dylan , e Hank Rosenfeld , autore di The Jive 95 .

Nelle prime ore della giornata, mentre la mia squadra era parcheggiata ai vari ingressi del complesso di Mukhabarat, impedendo qualsiasi uscita di personale, veicoli e/o documenti, le forze di sicurezza irachene preposte alla nostra protezione hanno intercettato un cittadino iracheno infuriato che, armato di un Fucile automatico AK-47, stava progettando di effettuare un attacco drive-by contro me e la mia squadra. È stato fermato a meno di 50 metri da dove ci trovavamo io e la mia squadra di comando.

“Sig. Scott”, rispose il generale Sa’adi, “non ci piace che tu ficchi il naso dove non dovrebbe”.

“Lei stesso ha visto che le informazioni che abbiamo trovato erano pertinenti al nostro mandato”, ho risposto. “Stiamo semplicemente facendo il nostro lavoro”.

“Sì”, ha osservato Sa’adi. “Era rilevante. Ma solo come storia. Non abbiamo più le armi che cerchi. Abbiamo dichiarato tutto. E ora sei impegnato in un esercizio accademico che mette a rischio la nostra sicurezza nazionale”.

Mi sono offeso per i suoi commenti. “In passato vi avevamo chiesto del rapporto tra il Mukhabarat e l’approvvigionamento di armi. Hai negato che ci fosse stato un collegamento. Avevamo informazioni che dicevano che c’era. Pertanto, avevamo il dovere di presumere che le vostre smentite fossero di fatto una prova del fatto che queste attività di appalto continuavano”.

Indicai l’edificio del quartier generale, dove avevamo condotto le perquisizioni. “E i documenti che abbiamo scoperto hanno dimostrato che avevamo ragione: c’era un collegamento tra il Mukhabarat e l’approvvigionamento segreto di armi”.

“Sì”, rispose il generale Sa’adi, “avevi ragione. Ma lo eravamo anche noi. I documenti hanno anche dimostrato che questa attività di approvvigionamento è stata interrotta anni fa. Proprio come avevamo detto che fosse stato.

“Allora perché non lasciare entrare la mia squadra e chiudere la porta a questo capitolo? Perché ritardarci e molestarci?

Il generale Sa’adi si voltò verso di me e sorrise. “C’è un detto tra le tribù beduine. “Se il cammello riesce a mettere il naso nella tenda, presto il suo corpo lo seguirà.” Questa”, ha detto Sa’adi, indicando il complesso di Mukhabarat, “è la nostra tenda. Non possiamo permetterti di mettere il naso sotto il lembo della tenda. Se lo facciamo, non ti fermerai finché non sarai dentro. E una volta dentro, non te ne andrai mai più”.

“Ma sono entrato”, ho detto.

“Sì, ma l’abbiamo reso il più scomodo possibile per te. E ora te ne vai. E se torni, lo renderemo ancora più scomodo”.

Fece una pausa, fissandomi. “Non vogliamo il cammello dell’UNSCOM nella tenda irachena. Perché con l’UNSCOM arriva l’America. E con l’America arrivano morte e distruzione”.

Generale Amer al-Sa’adi

Ho spesso riflettuto sulle parole del generale Sa’adi quel giorno e sulla loro preveggenza: l’UNSCOM, alla fine, è riuscito a infilarci il naso sotto la tenda irachena.

E con noi è arrivata l’America.

E la morte seguì.

L’espressione “non lasciare il naso del cammello sotto la tenda” è diventata parte del mio lessico personale, da pronunciare ogni volta che pensavo che una presenza sgradita stesse cercando di farsi strada nel mio universo.

La scorsa settimana, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che non esistono “linee rosse” per quanto riguarda la prospettiva dello schieramento di truppe francesi in Ucraina. I primi rapporti indicavano che l’esercito francese si stava preparando ad accelerare il rafforzamento di una task force delle dimensioni di un battaglione (circa 700 uomini) attualmente dispiegata in Romania in una brigata (circa 2.000 uomini). La Francia si stava preparando a intraprendere questa azione nel 2025, ma il precipitoso crollo dell’esercito ucraino in prima linea nella guerra in corso con la Russia ha costretto Macron ad accelerare l’operazione in previsione dell’invio di questa brigata in Ucraina.

Nel grande schema delle cose, un contingente militare francese di 2.000 uomini non altererà, di per sé, l’equilibrio strategico del potere sul terreno in Ucraina. Nella migliore delle ipotesi, il gruppo tattico francese sarebbe in grado di dare il cambio a un’unità ucraina di dimensioni simili in servizio con funzioni di sicurezza in modo che gli ucraini possano essere ridistribuiti al fronte, dove ci si potrebbe aspettare che vengano annientati nel giro di pochi giorni.

I francesi hanno cercato di confondere ulteriormente le acque affermando che un contingente francese, se schierato in Ucraina, lo farebbe nello status di truppe “neutrali”.

La domanda è fino a che punto la Russia consentirebbe un simile dispiegamento di forze straniere sul suolo ucraino, anche se queste truppe non fossero direttamente impegnate in combattimento.

Le truppe francesi si schierarono in Romania

La risposta?

La Russia non consentirebbe un simile dispiegamento. In primo luogo, l’idea che la Francia assuma una posizione “neutrale” in un conflitto in cui hanno già etichettato i russi come loro “avversario” è ridicola. Gli avversari, per definizione, non possono essere neutrali.

Ma la ragione principale per cui la Russia non può consentire nemmeno un limitato dispiegamento militare francese in Ucraina è questa: “Se una volta il cammello mette il naso nella tenda, il suo corpo lo seguirà presto”.

Questi 2.000 soldati sono solo il naso di un cammello più grande della NATO. La Francia ha già dichiarato di essere pronta a schierare fino a 20.000 soldati in Ucraina, avanguardia di una coalizione di forze provenienti dai paesi della NATO che potrebbe complessivamente contare fino a 60.000 uomini.

E una volta che 60.000 soldati saranno dispiegati in Ucraina, la NATO utilizzerà inevitabilmente l’articolo 4 della Carta della NATO per definire una situazione di grave importanza per la sicurezza nazionale per il collettivo NATO e convertire quelle 60.000 truppe in una forza NATO sostenuta dal pieno potere della NATO.

Il cammello sarà completamente sistemato all’interno della tenda ucraina.

E affinché la Russia possa rimuovere il cammello, dovrebbe entrare in guerra contro la NATO.

Non una guerra per procura, come quella attualmente condotta utilizzando l’Ucraina come strumento dell’Occidente collettivo, ma piuttosto un conflitto su vasta scala che porterà inevitabilmente all’uso di armi nucleari, dapprima sul suolo europeo, e poi come parte di un conflitto nucleare generale tra la Russia e l’Occidente collettivo.

In breve, la fine del mondo come lo conosciamo.

Non è del tutto noto fino a che punto gli Stati Uniti siano coinvolti nei piani della Francia e dei suoi partner europei. L’amministrazione Biden si è costantemente espressa contro qualsiasi escalation che potrebbe sfociare in un “intervento americano sul terreno” per paura di permettere che la situazione vada fuori controllo, provocando una terza guerra mondiale che si trasformerebbe rapidamente in una guerra nucleare.

La Russia, tuttavia, non fa differenza tra stivali francesi e stivali americani: sono tutti stivali NATO.

Se la Russia lascia entrare il naso del cammello francese nella tenda ucraina, il collo della NATO verrà dopo, accompagnato dal corpo americano.

E la morte seguirà.

Test nucleare sovietico, ottobre 1961

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Metamorfosi di Macron, crisi dell’asse franco-tedesco, e frantumazione dello spazio politico europeo, di ROBERTO IANNUZZI

Qui sotto un interessante articolo  di Roberto Iannuzzi. Di pari importanza il documento finale espresso da un consesso di cicisbei, il Consiglio Europeo, riunitosi il 21 e 22 marzo scorso. Leggetelo. Se si deve etichettarlo, lo si potrebbe definire surreale ed avventurista. Gioca in maniera infantile sulle emozioni di una narrazione consunta fondata sui presunti rapimenti di popolazioni e bambini, massacri di civili e intenzioni di dominio militare continentale da parte dei russi per motivare alla guerra un popolo europeo inesistente. Percepisce in maniera vaga che uno scontro cercato con la Russia ha bisogno del seguito di un popolo e che occorrono anni per creare il clima giusto a dispetto della dura realtà dei fatti e del tempo che incalza più velocemente della percezione e della narrazione delle élites dominanti. Blatera della costruzione di uno strumento militare europeo e di un conseguente complesso militare-industriale che garantiscano autonomia politica ed indipendenza in un quadro paradossale di dipendenza ed assoggettamento alla Alleanza Atlantica e per il quale occorreranno lustri, ammesso e non concesso che vi sia la volontà politica dei principali paesi europei. Ai tempi lunghi dei quali si percepisce la necessità corrisponde una politica di provocazioni estreme che non fa che accelerare le probabilità di un conflitto aperto in tempi rapidi. Non sono solo le provocazioni di Macron in Ucraina e a Odessa, ma anche quanto sta succedendo in Caucaso tra Armenia, Georgia e Azerbajan, con la partecipazione attiva anche di Stoltenberg, e negli ..Stan confinanti con la Russia e la Cina in Asia Centrale. La dirigenza europea e dei paesi europei sta perdendo ogni cautela e sta rinnegando i già precari ed ipocriti principi che hanno guidato la sua politica solo pochi lustri fa. Sta forzando l’adesione di nuovi paesi alla Unione fomentando la divisione interna su basi etniche e religiose dei loro popoli. Lo si vede in Bosnia-Erzegovina, in Moldova, in Georgia come nel recente passato nei paesi baltici e in Ucraina. Sta accogliendo nel proprio seno il seme del conflitto militare e della guerra civile. Sono élites che stanno annaspando e si stanno dibattendo perché stanno cadendo nella doppia trappola di un possibile rivolgimento della dirigenza statunitense e di una pesante sconfitta militare sul campo ucraino. Elites schiave della loro cecità e sicumera, espressioni del loro ultradecennale assoggettamento politico statunitense e invischiate sino ai capelli nelle loro miserabili pratiche lobbistiche scisse dai contesti nazionali. Da qui l’ostinazione nelle loro politiche cosiddette ambientalistiche e agricole, tra le varie, che pretendono di conciliare le aperture liberiste all’Ucraina con l’ambientalismo basato sulla morte di decine di migliaia di aziende agricole; di una parte consistente, quindi, della loro passata base di consenso. La loro possibilità di sopravvivenza consiste nell’alzare continuamente la posta e, con essa, l’azzardo. Non sottovalutiamoli! Hanno ancora tante disponibilità e risorse e sempre meno scrupoli. La Russia, la sua attuale dirigenza, non sono i nostri nemici! Non rimane tuttavia che un filo di speranza: il divario tra atti concreti da una parte e dichiarazioni roboanti e propositi dall’altra: la Germania di Scholz è silenziosa e sorniona, ma si rivela il maggior contributore europeo di armi e denaro al’Ucraina; Macron e Meloni, Francia e Italia, i più chiassosi, ma poco fattivi nella fattispecie. Ci sta però pensando Macron a colmare il divario. Durante la seconda guerra mondiale l’azzardo di Mussolini, meglio fondato dell’attuale, sappiamo come andato a finire; l’attuale delle dirigenze europee rischia un esito ben più catastrofico. L’epilogo insomma di un ciclo iniziato nel 1914. Giuseppe Germinario

Metamorfosi di Macron, crisi dell’asse franco-tedesco, e frantumazione dello spazio politico europeo

Le bellicose dichiarazioni del presidente francese sono il sintomo di una profonda crisi delle leadership europee, non la riposta a una reale minaccia russa.

Scholz, Tusk e Macron all’incontro del cosiddetto Triangolo di Weimar, a Berlino (Screenshot)

Quella che a fine febbraio era apparsa a molti come una boutade del presidente francese Emmanuel Macron (“l’invio di truppe occidentali in Ucraina non può essere escluso”), si è trasformata con il passare dei giorni nel cavallo di battaglia del capo dell’Eliseo.

In un’agguerrita intervista televisiva in prima serata, lo scorso 14 marzo, Macron ha rincarato la dose. Descrivendo ancora una volta il conflitto ucraino in termini esistenziali (“Se la Russia dovesse vincere, le vite dei francesi cambierebbero”, “Non avremmo più sicurezza in Europa”), il presidente francese ha ribadito che l’Occidente non dovrebbe permettere alla Russia di vincere.

Spiegando che tutte le precedenti linee rosse sono state oltrepassate dall’Occidente in Ucraina (inviando missili e altri sistemi d’arma che inizialmente si riteneva impensabile fornire a Kiev), egli ha lasciato intendere che neanche l’invio di soldati dovrebbe essere considerato un tabù (in effetti, militari occidentali sono già in Ucraina).

Ambiguità strategica

Chiarendo che non sarà mai la Francia a prendere l’iniziativa militare attaccando i russi in territorio ucraino, il presidente francese ha mantenuto una voluta ambiguità sull’effettiva possibilità di inviare truppe e sugli eventuali obiettivi di una simile missione, definendola “ambiguità strategica”.

Egli ha sottolineato di nuovo questi concetti in un’intervista al quotidiano Le Parisien, di ritorno da una riunione del cosiddetto Triangolo di Weimar (che raggruppa Germania, Francia e Polonia) a Berlino.

“Nostro dovere è prepararci a tutti gli scenari”, ha detto Macron, chiarendo che:

“Forse a un certo punto – non lo voglio, non sarò io a prendere l’iniziativa – sarà necessario avere operazioni sul terreno, qualunque esse siano, per contrastare le forze russe. La forza della Francia è che possiamo farlo”.

Pochi giorni dopo, è apparso un editoriale su Le Monde, a firma del capo di Stato maggiore dell’esercito francese, generale  Pierre Schill, eloquentemente intitolato “L’esercito francese è pronto”.

Nell’articolo, Schill scriveva che “contrariamente alle aspirazioni pacifiche dei paesi europei, i conflitti che stanno prendendo piede ai margini del nostro continente testimoniano non tanto di un ritorno della guerra, quanto della sua permanenza come modalità accettata di risoluzione dei conflitti”.

Sulla base di questo singolare assioma, il generale dichiarava che la Francia ha la capacità di dispiegare una divisione di 20.000 soldati in 30 giorni, ed è in grado di comandare un corpo d’armata di 60.000 uomini eventualmente forniti da paesi alleati.

Scenari di intervento

Cosa potrebbero fare le forze francesi in Ucraina lo ha spiegato, ancora una volta in un programma televisivo, il colonnello Vincent Arbaretier. Esse potrebbero schierarsi lungo il fiume Dniepr che separa l’Ucraina orientale da quella occidentale, prefigurando quindi un possibile tentativo di partizione del paese.

La seconda ipotesi prospettata è che le truppe vengano dispiegate lungo il confine con la Bielorussia, sostanzialmente per difendere Kiev da un possibile attacco da nord. Una terza possibilità, non citata dal colonnello, è che esse vengano poste a difesa di Odessa (la Francia ha già alcune truppe e carri armati Leclerc schierati in Romania).

Infine un’ultima opzione, forse la più realistica, è che i francesi vengano utilizzati per svolgere compiti logistici nelle retrovie, liberando un equivalente numero di soldati ucraini che potrebbe così andare a combattere al fronte.

In tutti questi scenari, un intervento francese (eventualmente perfino alla testa di un contingente composto da militari di altri paesi) appare tutt’altro che sufficiente a cambiare le sorti del conflitto, se si pensa che il recentemente licenziato comandante dell’esercito ucraino Valery Zaluzhny aveva stimato in 500.000 uomini il fabbisogno delle forze armate di Kiev per resistere alla Russia.

Un simile dispiegamento si preannuncia anche estremamente rischioso. Esperti militari francesi hanno ammonito che, a causa della scarsità di equipaggiamento e munizioni, in un eventuale scontro diretto con i russi tale contingente avrebbe un’autonomia di qualche mese al massimo, probabilmente meno.

Alla luce dell’ipotesi ventilata da Macron, un ufficiale delle forze armate francesi avrebbe commentato che “non dobbiamo illuderci, di fronte ai russi siamo un esercito di majorette”.

Deterrenza nucleare?

E’ interessante notare che, ipotizzando il dispiegamento di soldati in Ucraina, sia Macron che commentatori militari come Arbaretier, hanno sottolineato l’aspetto “dissuasivo”, ovvero l’effetto deterrente, che esso avrebbe sostanzialmente sulla base del fatto che la Francia è una potenza nucleare.

Questa osservazione è legata al concetto di “ambiguità strategica”, ovvero di incertezza, su cui il presidente francese si è volutamente soffermato. L’idea di incertezza è alla base del pensiero strategico francese relativo alla deterrenza, uno dei cui architetti è il generale André Beaufre, che ne scrisse diffusamente negli anni ’60 del secolo scorso.

Sostanzialmente, in base a questa teoria, per un paese come la Francia, che non dispone di un vasto arsenale come quello degli Stati Uniti, per dissuadere un avversario vi è un solo elemento di un certo valore: l’incertezza. Essa è “il fattore essenziale della deterrenza”.

Beaufre, naturalmente, faceva riferimento alla deterrenza nucleare, non alla possibilità di inviare un contingente militare in un conflitto alla periferia dell’Europa. Ma il fatto che la Francia sia una potenza atomica implica che il dispiegamento di forze francesi non sia, in linea di principio, slegato dalla dimensione nucleare.

Tuttavia, è estremamente pertinente a questo proposito l’osservazione fatta dal capo di Stato maggiore Schill nel citato editoriale su Le Monde, secondo la quale la deterrenza nucleare “non è una garanzia universale” perché non protegge dai conflitti che rimangono “sotto la soglia degli interessi vitali”.

Un conflitto non esistenziale

Checché ne dica Macron, il conflitto ucraino non ha una dimensione esistenziale per la Francia, mentre Mosca ha già ampiamente dimostrato che ce l’ha per la Russia.

Se il Cremlino è disposto a rischiare un conflitto nucleare pur di impedire che la NATO si insedi (seppur non ufficialmente, concretamente) in Ucraina, nessun paese occidentale correrebbe questo rischio per ottenere un simile risultato, che evidentemente non è esistenziale per l’Occidente.

E’ questa la ragione per cui Kiev avrebbe dovuto negoziare fin dall’inizio uno status di neutralità, e per cui ora dovrebbe negoziare con Mosca il prima possibile, per salvaguardare al massimo ciò che resta della sua integrità territoriale.

Ed è questa la ragione per cui una coalizione di paesi “volenterosi” che dovesse dispiegare un contingente in Ucraina non avrebbe alcuna reale copertura al di là della propria (esigua) capacità di difesa. Né una forza francese né una forza di coalizione in Ucraina sarebbero coperte dall’articolo 5 della NATO.

E, nel caso di un’escalation di tensione in Europa derivante da uno scontro fra queste forze e truppe russe in Ucraina, gli USA non avrebbero alcun obbligo di intervenire né tantomeno di assicurare il loro ombrello atomico, perfino qualora le tensioni dovessero giungere a lambire la soglia nucleare in Europa.

Il conflitto ucraino ha altresì dimostrato che né la Francia, né l’Occidente in generale, sono attrezzati per affrontare una guerra di logoramento. La dottrina strategica occidentale, che ha puntato tutto su conflitti rapidi e decisivi, ha portato i nostri paesi a non essere preparati per questo tipo di confronto bellico, osserva uno studio del britannico Royal United Services Institute (RUSI).

L’industria bellica europea non è perciò in grado di competere con quella russa per capacità produttiva, e non lo sarà per anni.

Da quanto detto, segue che un intervento come quello prospettato dal presidente francese avrebbe uno scarso potere dissuasivo nei confronti di Mosca, a fronte di gravi rischi per chi volesse implementarlo.

La proposta francese, dunque, è solo un pericoloso bluff, o (più probabilmente) nasconde altre motivazioni.

La trasformazione di Macron

Per comprenderle, sarà utile ripercorrere rapidamente le tappe della “metamorfosi” di Macron, da leader europeo incline al dialogo con Mosca a implacabile avversario del Cremlino, convinto che la Russia rappresenti una minaccia non solo per l’Ucraina, ma per la sicurezza dell’intera Europa.

Fin dal suo ingresso all’Eliseo nel 2017, il presidente francese aveva segnalato la propria intenzione di stringere una partnership con Mosca, invitando il suo omologo russo Vladimir Putin al palazzo di Versailles, ex residenza dei re di Francia.

Per Macron, la Russia faceva parte di un’Europa che si estendeva da Lisbona a Vladivostok.

Perfino dopo lo scoppio del conflitto ucraino nel febbraio 2022, il leader francese aveva sostenuto la necessità di mantenere aperto un canale di dialogo con Putin, affermando che non bisognava “umiliare la Russia”, e aveva parlato in diverse occasioni con il capo del Cremlino.

La conversione di Macron ebbe inizio il 1 giugno 2023 allorché, rivolgendosi alla platea del GLOBSEC Forum di Bratislava, in Slovacchia, egli si espresse a favore di un rapido ingresso dell’Ucraina nella NATO, un’ipotesi alla quale erano contrari perfino Washington e Berlino.

In quella stessa occasione, egli affermò di voler accelerare i tempi dell’allargamento dell’UE, al fine di lanciare “un forte segnale a Putin”. In quel periodo, l’Ucraina ed i suoi alleati occidentali speravano che la controffensiva estiva avrebbe strappato ai russi almeno parte dei territori occupati. Ma l’impresa si sarebbe rivelata un fallimento.

Da quel momento in poi, l’ipotesi di inviare truppe sul terreno venne presa in considerazione, in gran segreto, dalle autorità francesi. L’idea fu esaminata la prima volta già dal Consiglio di Difesa del 12 giugno 2023.

Ad una conferenza stampa nel gennaio di quest’anno, Macron parlò per la prima volta di “riarmo del paese”. Il 17 dello stesso mese, Mosca accusò la Francia di aver inviato mercenari a combattere al fianco degli ucraini, sostenendo che una sessantina di essi era rimasta uccisa in un attacco russo contro un albergo di Kharkiv.

Infine, il 22 febbraio il ministro della difesa francese Sébastien Lecornu affermò che i russi avevano minacciato di abbattere un aereo spia francese che stava sorvolando il Mar Nero.

Al deterioramento dei rapporti fra i due paesi ha senz’altro contribuito nei mesi passati il declino dell’influenza francese nell’Africa occidentale che, a seguito di diversi colpi di stato (in Mali, Burkina Faso e Niger), ha visto salire al potere governi che hanno stretto rapporti amichevoli con Mosca.

Crisi fra Parigi e Berlino

Ma l’inedito attivismo francese ha anche una dimensione prettamente europea, legata essenzialmente alla crisi del cosiddetto asse franco-tedesco. Fra Parigi e Berlino vi sono crescenti incomprensioni riguardo alla gestione della crisi ucraina, e più in generale degli assetti strategici europei.

La Germania è il secondo fornitore di armi all’Ucraina dopo gli Stati Uniti, mentre la Francia è appena al 14° posto, ma il governo del cancelliere Olaf Scholz ha spesso dovuto subire le critiche di Parigi che lo accusa di seguire una linea “troppo cauta”.

Berlino, dal canto suo, non ha nascosto la propria irritazione per la volontà di Macron di atteggiarsi a leader dell’Europa, e per il suo tentativo di creare un asse privilegiato con i paesi dell’Est a partire dal suo discorso di Bratislava del giugno 2023, con un’azione unilaterale che scavalca la Germania.

Malgrado il maggiore contributo di quest’ultima in termini quantitativi allo sforzo bellico ucraino, Parigi ha più volte messo in risalto la decisione francese di fornire a Kiev i propri missili da crociera a lungo raggio Scalp, esortando la Germania a fare altrettanto inviando i propri Taurus.

Scholz, tuttavia teme che la consegna di tali missili, che hanno una gittata di 500 km e sono potenzialmente in grado di colpire Mosca, porti a un’escalation del conflitto che potrebbe coinvolgere direttamente la Germania. A differenza della Francia, quest’ultima non dispone nemmeno di un proprio deterrente nucleare, oltre ad avere un passato ben più burrascoso con Mosca, il quale ha lasciato dietro di sé ferite non rimarginate.

Quale assetto per l’Europa

Ma il dissidio fra Berlino e Parigi va al di là della mera gestione del conflitto ucraino, riguardando la questione più profonda degli equilibri strategici europei. Sia Scholz che Macron hanno riconosciuto nello scoppio di tale conflitto, nel febbraio 2022, un cambiamento epocale.

Il primo ha ritenuto di dover riallacciare un rapporto privilegiato con Washington, aspirando a diventare il principale garante della sicurezza in Europa per conto dell’alleato americano, e in stretto coordinamento con la NATO.

Il secondo ha invece riaffermato la necessità di una “autonomia strategica” europea. Egli l’ha però articolata in maniera alquanto contraddittoria allorché, pur volendo apparentemente rinunciare a un coordinamento diretto con Washington, ha cercato di costituire un asse con i paesi dell’Est (notoriamente schierati sulle posizioni americane più intransigenti) sempre in chiave antirussa.

Il conflitto ucraino ha messo in crisi l’accordo non scritto alla base dell’asse franco-tedesco, secondo il quale mentre a Berlino era riconosciuta la leadership economica in Europa, a Parigi andava quella strategico-militare.

Puntando al riarmo del proprio esercito, il governo tedesco ha posto le premesse per rompere questo fragile equilibrio. Lanciando la European Sky Shield Initiative, uno scudo antimissile che coinvolge 17 paesi europei, fondato su tecnologia americana e israeliana, Berlino ha compiuto un altro sgarbo nei confronti di Parigi.

L’Eliseo ambisce infatti alla creazione di un’industria della difesa europea a partire dalla base tecnologica francese (all’iniziativa tedesca non ha aderito nemmeno l’Italia, che condivide con la Francia il sistema missilistico SAMP-T).

Parigi, dunque, non solo rimprovera a Berlino una “invasione di campo”, ma anche la volontà di mantenere uno stretto legame con l’industria bellica americana.

Dopo la Brexit, la Francia è rimasta l’unico paese dell’UE ad avere un seggio al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e l’unico a possedere armi nucleari. L’offerta di Macron di estendere a livello europeo il deterrente nucleare francese ha però incontrato la freddezza di Scholz, che sembra voler rimanere legato all’ombrello nucleare americano.

Effetti indesiderati

Da qui il tentativo francese di assumere la leadership europea nella gestione del conflitto ucraino, che emerge chiaramente anche dalle parole con cui Macron sottolinea le differenze che esistono tra Francia e Germania.

Di ritorno da Berlino, dove si è tenuta la riunione del Triangolo di Weimar, il presidente francese ha descritto Scholz come tuttora legato alla cultura pacifista del suo partito, l’SPD.

“La Germania ha una cultura strategica di grande cautela, di non-intervento, e mantiene le distanze dal nucleare”, ha detto Macron, evidenziando che si tratta di “un modello molto diverso da quello della Francia, che dispone di armi nucleari e ha mantenuto e rafforzato un esercito professionale”.

Il leader francese ha aggiunto che “la Costituzione della Quinta Repubblica fa del presidente il garante della difesa nazionale. In Germania, invece, la catena di comando deve tenere conto del sistema parlamentare”.

Per come si è delineata, la competizione franco-tedesca ha però l’effetto di esacerbare lo scontro con Mosca, avendo come conseguenza la totale presa in carico del sostegno militare a Kiev da parte dell’Europa, in assenza di qualsiasi prospettiva negoziale.

Ciò non fa che realizzare il disegno strategico americano che prevede di delegare agli europei il contenimento della Russia (con tutte le passività che ciò comporta in termini economici e di sicurezza) per dispiegare le proprie risorse militari nel Pacifico.

Soffocare il dissenso interno

La “crociata” contro Mosca indetta dal presidente francese ha infine una chiara dimensione elettorale. Il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen è dato dai sondaggi oltre il 30%, e potrebbe sbaragliare la coalizione di Macron (Renaissance), che naviga intorno al 18%, alle prossime elezioni per il Parlamento Europeo.

Una vittoria alle europee potrebbe assicurare alla Le Pen un trampolino di lancio per la prossima scalata all’Eliseo, quando Macron avrà raggiunto il limite dei due mandati.

Gabriel Attal, primo ministro e possibile successore di Macron, ha recentemente accusato l’RN di essere la “fanteria” di Putin in Europa. L’attivismo macroniano sul fronte ucraino serve dunque anche a demonizzare l’opposizione interna e a ricompattare la nazione di fronte alla minaccia di un “nemico esterno”.

Finora con poco successo, a giudicare dai sondaggi secondo cui il 68% dei francesi ha definito “sbagliata” la proposta del presidente di dispiegare truppe in Ucraina.

Ma il caso francese è emblematico di un più generale paradigma europeo, nel quale una “minaccia esterna”, appositamente alimentata, costituisce un ottimo pretesto per soffocare il dissenso, imporre una logica dell’emergenza, e impedire un dibattito serio sulla crisi politica, economica, sociale e culturale che attanaglia l’Europa.

Ciò comporta non soltanto un inevitabile aggravarsi di tale crisi, ma anche – a causa della contrapposizione con la Russia – un continuo deterioramento della stabilità e della sicurezza continentale.

L’allarmismo europeo nei confronti della “minaccia russa” maschera tuttavia a malapena il crescente malcontento che serpeggia ovunque, perfino nei paesi dell’Est (dalla Polonia alla Romania, alla Bulgaria, alla Repubblica Ceca), per come è stata gestita la questione ucraina, e per le ripercussioni economiche e sociali che hanno affossato il vecchio continente.

Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
EUCO 7/24 1
IT
Il Consiglio europeo ha proceduto a uno scambio di opinioni con il segretario generale delle
Nazioni Unite António Guterres in merito alla situazione geopolitica e alle principali sfide globali.
Il Consiglio europeo ha commemorato il 30º anniversario dell’accordo SEE con i primi ministri di
Islanda, Liechtenstein e Norvegia.
*
* *
I. UCRAINA
1. A due anni dall’inizio della guerra di aggressione mossa dalla Russia contro l’Ucraina e
a dieci anni dall’annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli da parte della Russia,
entrambe in palese violazione degli obblighi derivanti a quest’ultima dalla Carta delle
Nazioni Unite e dal diritto internazionale, il Consiglio europeo sostiene in modo sempre
più risoluto l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi
confini riconosciuti a livello internazionale. La Russia non deve prevalere.
Data l’urgenza della situazione, l’Unione europea è determinata a continuare a fornire
all’Ucraina e alla sua popolazione tutto il necessario sostegno politico, finanziario,
economico, umanitario, militare e diplomatico per tutto il tempo necessario e con
l’intensità necessaria. Il Consiglio europeo invita gli alleati e i partner di tutto il mondo
ad aderire a questo sforzo.
2. Nell’esercitare il suo diritto naturale di autotutela, l’Ucraina necessita con urgenza di
sistemi di difesa aerea, munizioni e missili. In questo momento critico, l’Unione europea
e gli Stati membri accelereranno e intensificheranno la fornitura di tutta l’assistenza
militare necessaria. Il Consiglio europeo accoglie con favore tutte le recenti iniziative a
tale riguardo, compresa quella lanciata dalla Cechia per acquisire con urgenza
munizioni per l’Ucraina, che consentiranno di onorare rapidamente l’impegno dell’UE di
fornire all’Ucraina un milione di munizioni di artiglieria.
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
EUCO 7/24 2
IT
3. Il Consiglio europeo si compiace degli accordi bilaterali sugli impegni in materia di
sicurezza conclusi da vari Stati membri e partner con l’Ucraina. Ha esaminato i
progressi compiuti in merito al contributo dell’UE agli impegni in materia di sicurezza
nei confronti dell’Ucraina, che aiuteranno il paese a difendersi, a resistere agli sforzi di
destabilizzazione e a scoraggiare atti di aggressione nel futuro. Il Consiglio europeo
accoglie con favore l’adozione della decisione del Consiglio relativa a un Fondo di
assistenza per l’Ucraina che assicura il proseguimento del sostegno militare all’Ucraina
nell’ambito dello strumento europeo per la pace. Il Consiglio europeo chiede al
Consiglio di lavorare all’8º pacchetto di sostegno per l’Ucraina nell’ambito dello
strumento europeo per la pace. Accoglie altresì con favore l’aumento della capacità della
missione di assistenza militare dell’UE (EUMAM).
4. Il Consiglio europeo ha esaminato i progressi compiuti in relazione ai prossimi passi
concreti volti a destinare a beneficio dell’Ucraina, compresa la possibilità di finanziare il
sostegno militare, le entrate straordinarie derivanti dai beni russi bloccati. Invita il
Consiglio a portare avanti i lavori sulle recenti proposte dell’alto rappresentante e della
Commissione.
5. Il sostegno militare e gli impegni dell’UE in materia di sicurezza saranno forniti nel
pieno rispetto della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri e tenendo
conto degli interessi di tutti gli Stati membri in materia di sicurezza e di difesa.
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
EUCO 7/24 3
IT
6. Il Consiglio europeo accoglie con favore l’adozione del 13º pacchetto di sanzioni.
Chiede ulteriori misure per indebolire la capacità della Russia di continuare a condurre
la sua guerra di aggressione, ivi compreso il rafforzamento delle sanzioni. È essenziale
dare piena ed effettiva attuazione alle sanzioni. Il Consiglio europeo chiede al Consiglio
e alla Commissione di migliorare lo scambio di informazioni, rafforzare l’attuazione,
potenziare l’azione dell’UE e degli Stati membri con i paesi terzi nonché colmare tutte le
lacune sia all’interno che al di fuori dell’Unione, tra l’altro prevenendo l’elusione delle
sanzioni attraverso paesi terzi e garantendo la loro applicazione anche per quanto
riguarda le controllate di società dell’UE all’estero. L’accesso della Russia a prodotti e
tecnologie sensibili che hanno rilevanza sul campo di battaglia deve essere limitato al
massimo, anche colpendo le entità di paesi terzi che rendono possibile tale elusione. Il
Consiglio europeo invita l’alto rappresentante e la Commissione a preparare ulteriori
sanzioni nei confronti della Bielorussia, della Corea del Nord e dell’Iran.
7. Il Consiglio europeo invita le parti terze a cessare immediatamente di fornire sostegno
materiale alla guerra di aggressione russa contro l’Ucraina. È estremamente preoccupato
per le notizie secondo cui l’Iran potrebbe trasferire alla Russia missili balistici e
tecnologie correlate da utilizzare contro l’Ucraina dopo aver fornito al regime russo
aeromobili senza equipaggio (UAV), che vengono impiegati per incessanti attacchi
contro la popolazione civile in Ucraina. Se l’Iran dovesse agire in tal senso, l’Unione
europea è pronta a rispondere rapidamente e in coordinamento con i partner
internazionali, anche attraverso nuove e significative misure restrittive nei confronti
dell’Iran.
8. Il Consiglio europeo condanna fermamente le continue violazioni dei diritti umani
perpetrate dalla Russia nei territori ucraini occupati, compresa la deportazione di
bambini. Respinge con fermezza e non riconoscerà mai le cosiddette “elezioni” illegali
organizzate dalla Russia nei territori ucraini temporaneamente occupati di Crimea,
Sebastopoli, Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, né il relativo esito.
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
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9. La Russia e i suoi dirigenti devono essere chiamati a rispondere pienamente della guerra
di aggressione condotta nei confronti dell’Ucraina e di altri crimini di estrema gravità ai
sensi del diritto internazionale, come pure degli ingenti danni causati dalla guerra. Il
Consiglio europeo sostiene gli sforzi in atto, anche in sede di Core Group, al fine di
istituire un tribunale per il perseguimento del crimine di aggressione nei confronti
dell’Ucraina che goda del più ampio sostegno a livello interregionale e della più ampia
legittimità, nonché un futuro meccanismo di risarcimento.
10. L’Unione europea resta determinata a sostenere, in coordinamento con i partner
internazionali, la riparazione, la ripresa e la ricostruzione dell’Ucraina. Il Consiglio
europeo si compiace del recente rafforzamento della missione consultiva dell’Unione
europea (EUAM) in Ucraina, che consentirà di accrescere il sostegno alle autorità di
contrasto ucraine nei territori dell’Ucraina liberati e adiacenti, come anche alle riforme
nel contesto del processo di adesione all’UE. Il Consiglio europeo chiede ulteriore
sostegno per la riabilitazione psicologica e psicosociale e una maggiore assistenza allo
sminamento.
11. L’Unione europea e i suoi Stati membri proseguiranno gli intensi sforzi di
sensibilizzazione a livello mondiale per garantire il sostegno internazionale più ampio
possibile a una pace globale, giusta e duratura nonché ai principi e obiettivi chiave della
formula di pace dell’Ucraina, in vista di un futuro vertice di pace globale.
12. Il Consiglio europeo sottolinea l’importanza strategica della sicurezza e della stabilità
nella regione del Mar Nero. Evidenzia la necessità di assistere l’Ucraina nel ripristinare
la propria posizione nei suoi tradizionali mercati di esportazione, in particolare
in Medio Oriente e in Africa.
13. L’Unione europea continuerà a fornire alla Repubblica di Moldova tutto il sostegno del
caso per rispondere alle sfide che quest’ultima si trova ad affrontare per effetto
dell’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina e per rafforzare la resilienza, la
sicurezza e la stabilità del paese di fronte alle attività destabilizzanti della Russia.
Il Consiglio europeo accoglie con favore gli impegni bilaterali assunti dagli Stati
membri a sostegno della missione di partenariato dell’Unione europea (EUPM) in
Moldova al fine di rafforzare la resilienza del settore della sicurezza.
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
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14. L’Unione europea continuerà inoltre a sostenere la Georgia nel rafforzare la sua
resilienza e nel rispondere alle sfide che quest’ultima si trova ad affrontare per effetto
delle azioni della Russia volte a minare l’integrità territoriale della Georgia nonché della
guerra di aggressione russa contro l’Ucraina.
II. SICUREZZA E DIFESA
15. L’Unione europea è determinata ad aumentare la sua prontezza alla difesa e le sue
capacità di difesa complessive affinché siano all’altezza delle sue esigenze e ambizioni
nel contesto delle crescenti minacce e sfide per la sicurezza. Sulla scorta della
dichiarazione di Versailles e della bussola strategica, è determinata a ridurre le sue
dipendenze strategiche e ad accrescere le sue capacità. La base industriale e tecnologica
di difesa europea dovrebbe essere rafforzata di conseguenza in tutta l’Unione.
L’aumento della prontezza alla difesa e il rafforzamento della sovranità dell’Unione
richiederanno ulteriori sforzi, conformemente alle competenze degli Stati membri, per:
a) rispettare l’impegno comune di aumentare in modo sostanziale la spesa per la
difesa, e investire insieme in modo migliore e più rapido;
b) migliorare l’accesso dell’industria europea della difesa ai finanziamenti pubblici e
privati. In tale contesto, il Consiglio europeo invita il Consiglio e la Commissione
a esaminare tutte le opzioni per mobilitare finanziamenti e a riferire in merito
entro giugno. Si invita inoltre la Banca europea per gli investimenti ad adeguare la
sua politica di prestiti all’industria della difesa e la sua attuale definizione di beni a
duplice uso, salvaguardando nel contempo la sua capacità di finanziamento;
c) incentivare lo sviluppo e gli appalti congiunti per far fronte alle carenze in termini
di capacità critiche dell’UE, in particolare per quanto riguarda gli abilitanti
strategici, nonché per sfruttare appieno le sinergie tra i processi di pianificazione
della difesa a livello nazionale ed europeo;
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d) potenziare gli investimenti cooperativi/congiunti nel settore della difesa, dalla fase
di ricerca e sviluppo a quella di pianificazione, fino all’industrializzazione e agli
appalti congiunti, e migliorare la prevedibilità, ad esempio attraverso contratti
pluriennali fissi;
e) aumentare la resilienza dell’industria europea della difesa, la sua flessibilità e la
sua capacità di sviluppare e produrre prodotti per la difesa innovativi, potenziando
la loro interoperabilità e intercambiabilità nonché garantendo la loro disponibilità
per gli Stati membri;
f) incentivare l’ulteriore integrazione del mercato europeo della difesa in tutta
l’Unione, agevolando l’accesso alle catene di approvvigionamento della difesa, in
particolare per le PMI e le società a media capitalizzazione, e riducendo la
burocrazia;
g) migliorare la risposta rapida e l’individuazione tempestiva delle strozzature nelle
catene di approvvigionamento per il mercato della difesa e garantire che la
regolamentazione dell’UE non costituisca un ostacolo allo sviluppo dell’industria
europea della difesa;
h) sostenere le iniziative volte a continuare a investire nella manodopera qualificata
per far fronte alle prevalenti carenze di manodopera e di competenze nell’industria
della difesa.
16. Il Consiglio europeo invita il Consiglio, l’alto rappresentante e la Commissione a portare
avanti rapidamente i lavori relativi alla comunicazione congiunta su una strategia per
l’industria europea della difesa (EDIS). Invita altresì il Consiglio a portare avanti senza
indugio i lavori sulla proposta relativa a un programma per l’industria europea della
difesa (EDIP) che l’accompagna.
17. L’attuazione della bussola strategica rimane un elemento chiave per aumentare la
prontezza alla difesa dell’Europa e dovrebbe essere accelerata. La capacità di
dispiegamento rapido dell’UE, la mobilità militare, le esercitazioni reali, il
potenziamento della sicurezza spaziale, la lotta contro le minacce informatiche e ibride
e il contrasto alla manipolazione delle informazioni e alle ingerenze da parte di attori
stranieri rivestono particolare importanza a tale riguardo.
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18. Un’Unione europea più forte e più capace nel settore della sicurezza e della difesa
contribuirà positivamente alla sicurezza globale e transatlantica ed è complementare
alla NATO, che rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi membri.
19. Quanto precede fa salvo il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di
taluni Stati membri e tiene conto degli interessi di tutti gli Stati membri in materia di
sicurezza e di difesa.
III. MEDIO ORIENTE
20. Il Consiglio europeo ha discusso degli ultimi sviluppi in Medio Oriente. È costernato
per la perdita senza precedenti di vite umane tra la popolazione civile e per la situazione
umanitaria critica. Il Consiglio europeo chiede una pausa umanitaria immediata che
porti a un cessate il fuoco sostenibile, alla liberazione senza condizioni di tutti gli
ostaggi e alla fornitura di assistenza umanitaria.
21. Il Consiglio europeo ricorda le sue precedenti conclusioni in cui ha condannato con la
massima fermezza Hamas per i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati
perpetrati in tutta Israele il 7 ottobre 2023, ha riconosciuto il diritto di Israele di
difendersi in linea con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario e ha
chiesto l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi senza alcuna precondizione. La loro
sicurezza e il loro benessere sono motivo di grave preoccupazione. Hamas e gli altri
gruppi armati devono concedere immediatamente l’accesso umanitario a tutti gli ostaggi
rimanenti. Il Consiglio europeo invita il Consiglio ad accelerare i lavori relativi
all’adozione di ulteriori misure restrittive pertinenti nei confronti di Hamas.
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22. Il Consiglio europeo nutre profonda preoccupazione per la catastrofica situazione
umanitaria a Gaza e il suo effetto sproporzionato sulla popolazione civile, in particolare
i bambini, nonché per il rischio imminente di carestia causato dall’ingresso insufficiente
di aiuti a Gaza. Un accesso umanitario pieno, rapido, sicuro e senza restrizioni a tutta
la Striscia di Gaza attraverso tutte le rotte è essenziale per fornire alla popolazione civile
assistenza di primo soccorso e servizi di base su larga scala. Il Consiglio europeo si
compiace dell’iniziativa Amalthea che apre una rotta marittima per l’assistenza
emergenziale da Cipro a Gaza, a integrazione delle rotte terrestri che rimangono il modo
principale per fornire i volumi necessari. Sono necessari ulteriori rotte e valichi terrestri.
23. Occorre adottare misure immediate per prevenire qualsiasi ulteriore sfollamento della
popolazione e fornire a quest’ultima un riparo sicuro al fine di assicurare la protezione
della popolazione civile in ogni momento. Il Consiglio europeo esorta il governo
israeliano a non intraprendere un’operazione di terra a Rafah, che peggiorerebbe la
situazione umanitaria già catastrofica e impedirebbe la fornitura di servizi di base e
assistenza umanitaria di cui vi è urgente necessità. A Rafah oltre un milione di
palestinesi cercano attualmente di mettersi al sicuro dai combattimenti e di ottenere
accesso all’assistenza umanitaria.
24. Tutte le parti devono rispettare il diritto internazionale, compresi il diritto internazionale
umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani. Il Consiglio europeo sottolinea
l’importanza di rispettare e attuare l’ordinanza della Corte internazionale di giustizia
del 26 gennaio 2024, che è giuridicamente vincolante. Le violazioni del diritto
internazionale umanitario devono essere oggetto di indagini approfondite e indipendenti
e deve essere garantito l’accertamento delle responsabilità. Il Consiglio europeo prende
atto con grave preoccupazione delle relazioni della rappresentante speciale
delle Nazioni Unite Pramila Patten ed esprime sgomento per le violenze sessuali
perpetrate durante gli attacchi del 7 ottobre. L’Unione europea sostiene le indagini
indipendenti in merito a tutte le accuse di violenza sessuale, prendendo atto altresì delle
relazioni della relatrice speciale delle Nazioni Unite Reem Alsalem.
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25. Il Consiglio europeo sottolinea che i servizi forniti dall’UNRWA a Gaza e in tutta la
regione sono essenziali. Il Consiglio europeo prende atto delle recenti misure dell’UE e
del sostegno finanziario. Accoglie con favore il rapido avvio, da parte
delle Nazioni Unite, di un’indagine interna e di una revisione esterna a seguito delle
gravi accuse nei confronti di 12 membri del personale dell’UNRWA in merito alla loro
asserita partecipazione agli attacchi terroristici del 7 ottobre. Attende con interesse
l’esito dell’indagine e un’ulteriore azione risoluta da parte delle Nazioni Unite per
garantire l’accertamento delle responsabilità e rafforzare il controllo e la vigilanza.
26. Il Consiglio europeo chiede la cessazione immediata delle violenze in Cisgiordania e a
Gerusalemme Est e la garanzia di un accesso sicuro ai luoghi santi. Il Consiglio europeo
condanna fermamente la violenza dei coloni estremisti. I responsabili devono rispondere
delle loro azioni. Il Consiglio europeo invita il Consiglio ad accelerare i lavori relativi
all’adozione di pertinenti misure restrittive mirate. Il Consiglio europeo condanna le
decisioni del governo israeliano di estendere ulteriormente gli insediamenti illegali in
tutta la Cisgiordania occupata. Esorta Israele a revocare tali decisioni.
27. L’Unione europea continuerà a collaborare intensamente con i partner regionali e
internazionali al fine di prevenire un’ulteriore escalation regionale, in particolare
in Libano e nel Mar Rosso. Il Consiglio europeo invita tutti gli attori, segnatamente
l’Iran, ad astenersi da azioni che possano provocare un’escalation. Accoglie con favore
l’avvio dell’operazione ASPIDES dell’UE volta a salvaguardare la libertà di navigazione
e la sicurezza dei marittimi nel Mar Rosso, nel Golfo di Aden e nell’intera regione.
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28. L’Unione europea mantiene il suo fermo impegno a favore di una pace duratura e
sostenibile basata sulla soluzione dei due Stati. I palestinesi e gli israeliani hanno pari
diritto di vivere in condizioni di sicurezza, dignità e pace. Il Consiglio europeo invita
tutte le parti ad astenersi da azioni che minino il principio della soluzione dei due Stati e
la fattibilità di un futuro Stato palestinese. Ricorda che la missione di polizia
dell’Unione europea per i territori palestinesi (EUPOL COPPS) e la missione
dell’Unione europea di assistenza alle frontiere per il valico di Rafah (EUBAM Rafah),
condotte entrambe nell’ambito della PSDC, possono svolgere un ruolo importante sulla
base di tale principio a sostegno di un futuro Stato palestinese. L’Unione europea è
pronta a collaborare con Israele, l’Autorità palestinese nonché le parti regionali e
internazionali per contribuire a rilanciare un processo politico, anche mediante
l’iniziativa “Peace Day” e una conferenza di pace da convocare quanto prima, e a
sostenere l’Autorità palestinese nella realizzazione della necessaria riforma. L’Unione
europea è pronta a sostenere uno sforzo internazionale coordinato per ricostruire Gaza.
IV. ALLARGAMENTO E RIFORME
29. Ricordando la dichiarazione di Granada, il Consiglio europeo ha fatto il punto sui
preparativi per l’allargamento e le riforme interne ricordando che i lavori su entrambi i
fronti devono avanzare in parallelo per garantire che sia i futuri Stati membri che l’UE
siano pronti al momento dell’adesione. Il Consiglio europeo si occuperà delle riforme
interne in una prossima riunione con l’obiettivo di adottare, entro l’estate del 2024,
conclusioni su una tabella di marcia per i lavori futuri.
30. Sulla base della raccomandazione della Commissione del 12 marzo 2024, il Consiglio
europeo decide di avviare negoziati di adesione con la Bosnia-Erzegovina. Il Consiglio
europeo invita la Commissione a preparare il quadro di negoziazione in vista della sua
adozione da parte del Consiglio nel momento in cui saranno adottate tutte le pertinenti
misure indicate nella raccomandazione della Commissione del 12 ottobre 2022.
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31. Il Consiglio europeo si compiace dei progressi compiuti dall’Ucraina e dalla Repubblica
di Moldova nel portare avanti le riforme necessarie nel loro percorso verso l’UE. A
seguito della presentazione dei progetti di quadri di negoziazione per l’Ucraina e
la Repubblica di Moldova, il Consiglio europeo invita il Consiglio ad adottarli
rapidamente e a portare avanti i lavori senza indugio.
32. Il Consiglio europeo prende atto degli sforzi in corso da parte della Georgia e incoraggia
il paese a progredire nelle riforme prioritarie ancora in sospeso.
V. RELAZIONI ESTERNE
Partenariati globali
33. Il Consiglio europeo si compiace della dichiarazione comune sul partenariato strategico
e globale tra l’Unione europea e l’Egitto.
34. Il Consiglio europeo si compiace inoltre del partenariato con la Mauritania.
35. Sottolinea l’importanza di rafforzare e sviluppare tali partenariati strategici.
Haiti
36. Il Consiglio europeo è estremamente preoccupato per il deterioramento della situazione
ad Haiti e per le sofferenze inflitte alla popolazione a seguito della nuova ondata di
violenza scoppiata dalla fine di febbraio. Accoglie con favore il fatto che
l’Unione europea abbia recentemente messo a disposizione 20 milioni di EUR di
sostegno umanitario. Il Consiglio europeo incoraggia gli sforzi in corso per mettere in
atto un piano di transizione politica praticabile, inclusivo e sostenibile a guida haitiana.
Invita tutte le forze politiche di Haiti a dar prova di responsabilità trovando un
compromesso per concordare la via da seguire nel migliore interesse del paese e della
popolazione che soffre da tempo. Il Consiglio europeo accoglie con favore la
risoluzione 2699 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che istituisce una
missione multinazionale di sostegno alla sicurezza e sottolinea l’importanza del suo
rapido schieramento.
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
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Russia
37. Il Consiglio europeo chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri
politici in Russia e la fine della persecuzione dell’opposizione politica. La responsabilità
ultima della morte di Alexei Navalny è da ascrivere alle autorità russe. Il Consiglio
europeo chiede un’indagine internazionale indipendente e trasparente sulle circostanze
esatte della sua morte. Si compiace dell’adozione di nuove misure restrittive nei
confronti dei responsabili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani e invita a portare
avanti i lavori in sede di Consiglio per istituire un nuovo regime di sanzioni in
considerazione della situazione in Russia e delle sue azioni di destabilizzazione
all’estero.
38. Il Consiglio europeo condanna la persecuzione di cittadini dell’UE per motivi politici da
parte della Russia. Invita la Commissione e l’alto rappresentante ad adottare le misure
necessarie per impedire l’esecuzione, da parte di paesi terzi, di mandati d’arresto emessi
dalla Russia in tali casi.
Bielorussia
39. Il Consiglio europeo è profondamente preoccupato per il deterioramento della
situazione dei diritti umani in Bielorussia. La repressione, le violazioni dei diritti umani
e le restrizioni alla partecipazione politica e all’accesso a media indipendenti
in Bielorussia hanno raggiunto livelli senza precedenti nella fase di avvicinamento alle
elezioni parlamentari e amministrative del 25 febbraio, che non hanno rispettato le
norme democratiche di base. Il Consiglio europeo chiede il rilascio immediato e
incondizionato di tutti i prigionieri politici. Ribadisce la solidarietà dell’UE nei confronti
della società civile e delle forze democratiche bielorusse.
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VI. MIGRAZIONE
40. Il Consiglio europeo ha fatto il punto della situazione relativa alla migrazione a
seguito della comunicazione della Commissione e ha ribadito l’impegno dell’UE di
continuare a perseguire un approccio globale alla migrazione concordato nelle sue
conclusioni del dicembre 2023. Rilevando che oltre il 90 % dei migranti irregolari
entra nell’UE con l’aiuto di trafficanti, il Consiglio europeo appoggia la
determinazione della Commissione a rafforzare tutti gli strumenti a disposizione
dell’UE per contrastare efficacemente il traffico e la tratta di esseri umani, lanciando in
parallelo un’alleanza mondiale per rispondere a questa sfida globale.
VII. AGRICOLTURA
41. Il Consiglio europeo sottolinea l’importanza di un settore agricolo resiliente e sostenibile
per la sicurezza alimentare e l’autonomia strategica dell’Unione, il valore di comunità
rurali dinamiche e il ruolo essenziale della politica agricola comune a tale riguardo. Gli
agricoltori necessitano di un quadro stabile e prevedibile, anche per accompagnarli
nell’affrontare le sfide ambientali e climatiche.
42. Il Consiglio europeo è tornato a discutere delle attuali sfide nel settore agricolo e delle
preoccupazioni espresse dagli agricoltori. Ha fatto il punto sui lavori in corso a livello
europeo. Il Consiglio europeo invita la Commissione e il Consiglio a portare avanti
senza indugio i lavori, in particolare per quanto riguarda:
a) tutte le possibili misure a breve e medio termine e soluzioni innovative, comprese
quelle tese a ridurre gli oneri amministrativi e a realizzare una semplificazione per
gli agricoltori;
b) il rafforzamento della posizione degli agricoltori nella filiera alimentare, in
particolare al fine di garantire un reddito equo;
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
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c) l’allentamento della pressione finanziaria sugli agricoltori mediante l’elaborazione
di modalità di sostegno supplementare, come ad esempio la proroga del quadro
temporaneo per gli aiuti di Stato, riferendo in merito in occasione del prossimo
Consiglio europeo;
d) la garanzia di una concorrenza leale e basata su regole a livello mondiale e nel
mercato interno;
e) modalità eque ed equilibrate per affrontare le questioni connesse alle misure
commerciali autonome per l’Ucraina, preparando nel contempo una soluzione nel
quadro dell’accordo di associazione/della zona di libero scambio globale e
approfondita UE-Ucraina.
43. Il Consiglio europeo continuerà a seguire la situazione.
VIII. PREPARAZIONE E RISPOSTA ALLE CRISI
44. Il Consiglio europeo sottolinea la necessità imperativa di rafforzare e coordinare la
preparazione militare e civile e di una gestione strategica delle crisi nel contesto
dell’evoluzione del panorama delle minacce. Invita il Consiglio a portare avanti i lavori
e la Commissione, insieme all’alto rappresentante, a proporre azioni volte a rafforzare, a
livello dell’UE, la preparazione e la risposta alle crisi nel quadro di un approccio
multirischio ed esteso a tutta la società, tenendo conto delle responsabilità e delle
competenze degli Stati membri, in vista di una futura strategia di preparazione.
IX. SEMESTRE EUROPEO
45. Il Consiglio europeo approva le priorità strategiche indicate nell’analisi annuale della
crescita sostenibile e invita gli Stati membri a tenerne conto. Approva altresì il progetto
di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro.
*
* *
Il Consiglio europeo ha fatto il punto sui preparativi relativi alla nuova agenda strategica

“Gli obiettivi sono stati definiti.” Si prepara un secondo fronte contro la Russia

Il Segretario generale della NATO ha avuto colloqui con i leader delle repubbliche caucasiche

Militari francesi durante le esercitazioni - RIA Novosti, 1920, 21/03/2024

Leggi ria.ru in

MOSCA, 21 marzo – RIA Novosti, Mikhail Katkov. Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha visitato il Caucaso meridionale. Ha incontrato il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev, poi i primi ministri georgiano e armeno Irakli Kobakhidze e Nikol Pashinyan. Tutti hanno espresso la propria disponibilità a sviluppare la cooperazione con l’Alleanza del Nord Atlantico. Leggi come questo minaccia la Russia nell’articolo di RIA Novosti.

re della Collina

“Il partenariato NATO-Azerbaigian ha una lunga storia – più di 30 anni”, ha osservato Aliyev durante i negoziati con Stoltenberg. “Baku ha partecipato a operazioni di mantenimento della pace in Kosovo e Afghanistan, che è stata una grande esperienza per noi. Alla fine di agosto 2021, il nostro personale militare era tra “Siamo le ultime forze della coalizione a lasciare l’Afghanistan. Ciò dimostra ulteriormente il nostro forte impegno per la cooperazione”.
Aliyev ha parlato all’illustre ospite anche della modernizzazione dell’esercito azerbaigiano secondo gli standard della NATO. Secondo lui, ciò aumenta la professionalità delle truppe. La prova è la seconda guerra del Karabakh nel 2020 e la cosiddetta operazione antiterrorismo nel 2023, che ha posto fine all’autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh. “Questo è un buon esempio di come i conflitti prolungati possano essere risolti”, ha detto Aliyev. Lui però ha assicurato a Stoltenberg che adesso il suo obiettivo è firmare un trattato di pace con Yerevan e non continuare lo scontro.
Il Presidente ha ricordato al Segretario Generale che l’Azerbaigian fornisce gas a sei membri della NATO, così come a due partner dell’alleanza, e la Commissione Europea lo apprezza molto. Ha ammesso di sentire una grande responsabilità a questo riguardo.
Stoltenberg ha ringraziato Aliyev per la fornitura di gas e per l’accordo con l’Armenia. Ha inoltre accolto con favore la decisione di Baku di inviare aiuti umanitari a Kiev.
Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg saluta il presidente turco Recep Tayyip Erdogan durante il suo arrivo al vertice della NATO a Vilnius - RIA Novosti, 1920, 20/03/2024
Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg saluta il presidente turco Recep Tayyip Erdogan al vertice della NATO a Vilnius

Il migliore amico

A Tbilisi il Segretario generale ha sottolineato che la Georgia è uno dei partner più stretti della NATO. Ha affermato che la Russia dovrebbe riconoscere l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud come parte della repubblica transcaucasica e ha collegato la politica di Mosca in quest’area con le azioni in Ucraina. Secondo lui tutto questo è illegale.
Primo Ministro della Georgia Irakli Kobakhidze - RIA Novosti, 1920, 20/03/2024
Il primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze
Stoltenberg ha poi ringraziato la Georgia per aver aiutato migliaia di rifugiati ucraini e ha sottolineato l’importanza del Mar Nero. Adesso è importante bloccare il trasporto marittimo per interferire con la Russia, ma dopo il “successo dell’Ucraina”, le catene economiche formatesi nella regione verranno ripristinate, ha aggiunto.
“Vorrei ringraziarvi personalmente per il sostegno al nostro Paese e alle nostre aspirazioni euro-atlantiche. <…> La Georgia è uno dei partner più leali e affidabili della NATO. Per molti anni abbiamo partecipato attivamente alle operazioni in corso sotto gli auspici di dell’alleanza, dando un contributo significativo al rafforzamento della sicurezza comune euro-atlantica. D’altro canto, la NATO ha svolto e svolge un ruolo importante nello sviluppo della capacità di difesa della Georgia”, ha affermato Kobakhidze in risposta.
Lo ha affermato il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, nel corso di una conferenza stampa presso la sede della NATO a Bruxelles. 26 aprile 2018 - RIA Novosti, 1920, 20/03/2024
Il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg parla in una conferenza stampa presso la sede della NATO a Bruxelles, il 26 aprile 2018
E ha espresso preoccupazione per la minaccia del crollo dell’idea di “un’Europa pacifica”. In questo difficile periodo storico, i paesi devono unirsi e aderire fermamente ai principi del diritto internazionale, ha sottolineato.

Offerta interessante

Il giorno prima dell’arrivo di Stoltenberg a Yerevan, Nikol Pashinyan aveva avvertito gli abitanti dei villaggi confinanti con l’Azerbaigian nella regione di Tavush che una ripresa delle ostilità era possibile alla fine della settimana. Ciò accadrà se l’Armenia si rifiuterà di trasferire ai suoi vicini quattro insediamenti e territori adiacenti, che secondo le mappe sovietiche appartenevano alla SSR dell’Azerbaigian, ha spiegato il capo dello stato. È interessante notare che lo stesso Pashinyan propone di restituire questo confine, ma Baku vuole ottenere i villaggi prima che inizi la delimitazione.
Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan in una conferenza stampa a Yerevan - RIA Novosti, 1920, 20/03/2024
Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan in una conferenza stampa a Yerevan
“La NATO promuove la sovranità e l’integrità territoriale dell’Armenia e le sue aspirazioni pacifiche”, ha assicurato Stoltenberg. E ha ricordato la necessità di firmare un trattato di pace con Baku.
Il Primo Ministro e il Segretario Generale hanno discusso anche delle riforme in Armenia. “Avete dimostrato un vero impegno nella lotta alla corruzione, nel rafforzamento delle istituzioni democratiche e nel sostegno dello stato di diritto”, ha affermato Stoltenberg.
“Siamo interessati a continuare e sviluppare il dialogo politico, espandendo la partnership con l’alleanza, così come con i suoi singoli partecipanti. Ci auguriamo che nel prossimo futuro approvino un programma adattato individualmente al nuovo formato di cooperazione Armenia-NATO”, Pashinyan rispose.
Ministero degli Affari Esteri dell'Armenia - RIA Novosti, 1920, 20/03/2024
Ministero degli Affari Esteri dell’Armenia
Lo ha spiegato con la necessità di sviluppare il potenziale di difesa della repubblica in un contesto di gravi minacce alla sicurezza. Allo stesso tempo, il primo ministro ha sottolineato che aderisce alla politica di regionalizzazione. “Le nostre relazioni speciali con la Georgia e l’Iran sono estremamente importanti e nessuna della nostra cooperazione può essere diretta contro la nostra stessa regione”, ha affermato il capo dello Stato.

Giochi pericolosi

Il Cremlino vede che la NATO sta cercando di rafforzare la sua influenza nel Caucaso e ritiene che ciò non aggiungerà stabilità alla regione, ha commentato il viaggio di Soltenberg Dmitry Peskov, addetto stampa del presidente russo. “Questi contatti sono un diritto sovrano degli Stati caucasici. Stiamo monitorando da vicino e intendiamo concentrarci principalmente sulle nostre relazioni bilaterali e sugli strumenti di cooperazione di cui dispone la nostra parte”, ha aggiunto.
“La NATO ha un compito massimo, vale a dire: aprire un secondo fronte in Transcaucasia contro il nostro Paese e, in generale, incendiare nuovamente la regione”, ha detto la portavoce del Ministero degli Esteri Maria Zakharova.
Vice capo dell'amministrazione presidenziale della Federazione Russa, addetto stampa del Presidente della Federazione Russa Dmitry Peskov - RIA Novosti, 1920, 20.03.2024
L’addetto stampa del presidente della Russia Dmitry Peskov
“Non dovremmo esagerare l’importanza della NATO per il Caucaso meridionale, ma è significativa. L’alleanza si è posta l’obiettivo di indebolire qualitativamente l’influenza della Russia nella regione. L’Armenia è stata scelta come obiettivo principale. A questo proposito, l’Occidente pienamente approva la politica di riorientamento di Pashinyan. Per quanto riguarda il partenariato georgiano-NATO, la sua intensità è diminuita. Tbilisi è ancora impegnata ad aderire all’alleanza, ma le relazioni della Georgia con l’Occidente si sono deteriorate sullo sfondo del conflitto russo-ucraino. Azerbaigian e Turchia restano i principali canali d’influenza dell’alleanza su Baku”, ha spiegato a RIA Novosti International Studies Dmitry Suslov il vicedirettore del Centro per gli affari europei e culturali integrati.
Il capo del dipartimento del Caucaso presso l’Istituto dei paesi della CSI, Vladimir Novikov, considera il viaggio di Stoltenberg nel Caucaso meridionale un viaggio introduttivo. La NATO vuole decidere una strategia futura nella regione. “Stiamo assistendo ad una riformattazione su vasta scala della politica regionale, emersa dopo la seconda guerra del Karabakh e l’inizio del Distretto militare settentrionale. L’Armenia, avendo perso il Karabakh, cerca di prendere le distanze da Mosca con il pretesto di “diversificare il sistema di sicurezza. ” La Georgia sta facendo una manovra difficile. Da un lato, resta pubblicamente impegnata nella scelta euro-atlantica “. Dall’altro, sta cercando di evitare lo scontro con Mosca. L’Azerbaigian vuole la cooperazione con l’UE, ma non l’integrazione. E porta avanti una politica ambigua nei confronti di Mosca, alternando gesti amichevoli a flirt con Kiev. Stoltenberg, a quanto pare, ha deciso di capire personalmente cosa sta succedendo”, dice l’esperto.
Cerimonia di apertura delle esercitazioni militari di Noble Partner in Georgia
Cerimonia di apertura delle esercitazioni militari di Noble Partner in Georgia
Comunque sia, i politologi intervistati da RIA Novosti ritengono che l’Armenia possa diventare un fulcro per i tentativi dell’Occidente di livellare il ruolo della Russia nella regione. Non per niente Stoltenberg dopo Baku e Tbilisi si è diretto a Yerevan: voleva raccogliere maggiori informazioni sul Caucaso meridionale prima dell’incontro più importante.
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24 ore ricche di eventi: l’attacco terroristico a Mosca segue i massicci attacchi sulla rete UA, di SIMPLICIUS THE THINKER

24 ore ricche di eventi: l’attacco terroristico a Mosca segue i massicci attacchi sulla rete UA

SIMPLICIUS THE THINKER

Cominciamo con il tragico evento che ha eclissato tutto il resto: un grande attacco terroristico in un affollato centro commerciale venerdì sera alla periferia di Mosca. Ma anche se ci sono molti morti e l’evento è chiaramente di grande importanza, in realtà non c’è ancora molto da dire al riguardo, senza ripetere le stesse discussioni infondate su Twitter e altrove.

Ci sono semplicemente troppo poche informazioni verificabili, quindi per ora le sorvoleremo e le collegheremo agli eventi sul campo in Ucraina alla fine.

Gli eventi più direttamente salienti si sono verificati ieri sera, quando la Russia ha lanciato uno degli attacchi più grandi e di maggiore impatto della guerra, colpendo numerose centrali idroelettriche ucraine, tra cui quella di Dnipro, una delle più grandi in Europa, Zaporozhye, e uno stabilimento a Kharkov, così come dozzine di altri siti di produzione militare a Kiev e nell’Ucraina occidentale.

Potete vedere i missili Kh-101 sputare le loro tipiche contromisure mentre si schiantano contro il Dnipro HPP:

Sala macchine motori Dnipro HPP:

Si diceva che la città di Kharkov fosse completamente diseccitata e persino personaggi ucraini hanno confessato ancora una volta che solo una piccola parte degli scioperi è stata effettivamente fermata da AD:

Centrale nucleare di Zaporozhye:

Tutti i maggiori esperti filo-ucraini ovviamente sono andati fuori di testa come al solito:

La domanda importante è: perché questi attacchi improvvisi?

Ci sono alcune possibilità:

1. È solo una parte della campagna pre-pianificata per degradare le infrastrutture dell’Ucraina, in particolare in vista di una più ampia campagna militare di primavera. L’associazione degli attacchi con le recenti provocazioni dell’Ucraina, ad esempio gli attacchi terroristici a Belgorod, sono solo una coincidenza.

2. Gli attacchi sono una risposta diretta alle recenti provocazioni dell’Ucraina, tra cui l’attacco alle infrastrutture russe per il petrolio e il gas, le azioni terroristiche contro la regione di Belgorod, ecc. Questo è il modo in cui Putin segnala all’Ucraina di aver superato la linea rossa.

3. O una combinazione dei due.

Una delle ragioni per cui la terza opzione è più probabile è che è molto plausibile che la Russia sia stata costretta da necessità politiche a fare almeno qualche tipo di spettacolo per ripagare tutte le recenti azioni criminali del regime di Kiev.

Tuttavia, allo stesso tempo, ci sono sempre più notizie di vari accumuli di massa russi e di preparativi per una grande offensiva nel corso dell’anno. Uno degli aspetti interessanti poco menzionati è che – se ricordate – sia prima che dopo la distruzione della diga di Kakhovka, l’Ucraina ha giocato con il livello dell’acqua della diga di Dnipro, aprendo le chiuse per aggravare ulteriormente le inondazioni e distruggere le posizioni russe lungo il fiume Dnieper.

Ne ho parlato all’epoca:

Si noti la dichiarazione di Shoigu all’epoca sulla diga di Dnipro:

Qual è il punto? Che anche senza la diga di Kakhovka funzionante per controllare i livelli dell’acqua del fiume Dnieper, l’Ucraina ha mantenuto la capacità di farlo con le altre dighe a monte, come quella di Dnipro. Ciò significa che possiamo ipotizzare che la disattivazione della diga di Dnipro da parte della Russia potrebbe avere a che fare con l’eliminazione delle capacità di Kiev di controllare i livelli dell’acqua del fiume Dnieper.

Perché la Russia vorrebbe farlo?

La logica suggerirebbe che una possibilità è che la Russia intenda attraversare il fiume e non voglia che Kiev abbia ulteriori capacità di “allagare” e distruggere le linee di rifornimento.

Ricordiamo che l’attuale locus del conflitto ruota attorno a Odessa: c’è una corsa alla città, con la NATO che si sta leccando i baffi per catturarla. Macron ha persino riferito fatto una nuova dichiarazione che l’Ucraina potrebbe “collassare molto rapidamente”, il che risponde a una delle domande che ho posto nell’ultimo rapporto sul perché di questa improvvisa urgenza:

Il deputato ucraino della Rada Goncharenko ha fatto l’ammissione più ufficiale di un potenziale coinvolgimento della NATO quando ha scritto che, mentre si trovava a Parigi, ha avuto incontri specifici su un contingente militare francese potenzialmente inviato in Ucraina:

Ha persino specificato quale potrebbe essere lo scopo delle truppe, che è esattamente quello che abbiamo già previsto la volta scorsa:

A questo ha fatto seguito Orban che indica la possibilità che Francia/NATO possano inviare truppe tra 2-3 mesi:

Anche se devo dire che quanto sopra è in qualche modo estrapolato dal contesto e sensazionalizzato, perché Orban si è limitato ad affermare retoricamente che “non lo sorprenderebbe” se ciò accadesse, piuttosto che sottintendere informazioni confermate. Allo stesso modo, tutto ciò che è stato detto a Goncharenko sarà stato un’illusione morale volta a trasmettere “forza europea” e “solidarietà”.

Ma per tornare al punto in questione: Dato che c’è anche un potenziale coinvolgimento della NATO in un futuro semi-vicino, la Russia potrebbe essere pronta a tentare un assalto verso Odessa attraverso il fiume, come descritto in precedenza.

Ho già detto con veemenza che questo è impossibile – e rimango fedele alle mie valutazioni precedenti. La probabilità di un assalto attraverso il fiume è molto bassa, ma mi sto limitando a prospettare le possibilità del perché la Russia abbia sentito il bisogno di colpire la diga. Voi direte: beh, hanno colpito altri impianti, quindi è probabile che gli attacchi fossero mirati a degradare la rete elettrica. Ma c’è una novità: la Russia ha colpito sia la sala macchine della DniproHES e le gru che aprono e abbassano le paratoie. Se avessero voluto semplicemente mettere fuori uso la produzione di energia, le turbine sarebbero state presumibilmente sufficienti. Ma perché colpire anche le gru che aprono le paratoie per controllare il livello dell’acqua? È vero, potrebbero essere stati semplicemente “accurati”.

Ma ricordiamo che i sovietici riuscirono ad attraversare con successo il Dnieper nella Seconda Guerra Mondiale, nella “Battaglia del Dnieper” del 1943.

Quindi è possibile, o lo era un tempo, ma nelle moderne condizioni di ISR nemico e di attacchi di precisione a lungo raggio, come quelli degli HIMAR, eccetera, non è probabile.

Tuttavia:

  1. I sistemi di attacco di precisione dell’Ucraina sono stati pesantemente eliminati, gli HIMARS sono stati recentemente colpiti più volte, mentre si dice che le capacità ISR della Russia stiano aumentando in modo massiccio con nuovi satelliti, l’uso massiccio di droni e bombe a collisione UMPK, catene di uccisione ottimizzate e semplificate, ecc.
  2. Non so quale sia attualmente il livello dell’acqua, ma se i livelli sono ancora bassi o inesistenti in alcuni punti a causa della distruzione della diga di Kakhovka, allora questo potrebbe rendere più plausibili tali attraversamenti.
  3. L’esaurimento storico delle munizioni di artiglieria dell’Ucraina potrebbe consentire livelli di fuoco di contrasto accettabili per una simile incursione.

Come ho detto, la ritengo ancora altamente improbabile per ora, ma è una possibilità che vale la pena di enumerare per il bene della discussione. Sappiamo già che il comando russo è avverso alle perdite e che si è ritirato completamente dal lato di Kherson proprio per la remota possibilità di rimanere bloccati lì con le linee di pontoni e di logistica eliminate. Tuttavia, il fatto che le intenzioni della NATO di prendere la città siano diventate così chiare potrebbe far sì che il comando russo colga l’occasione per accelerare la cattura di Odessa, piuttosto che aspettare la resa completa dell’AFU come mi aspettavo.

Ricordiamo che gli stessi ufficiali militari francesi hanno mostrato una mappa con le truppe francesi a guardia del Dnieper specificamente, come una delle possibilità di utilizzo. E Goncharenko lo ha confermato sopra, affermando che il Dnieper è uno dei luoghi considerati per le truppe francesi. Perché mai?

Ricordiamo inoltre le precedenti parole di Macron: l’AFU potrebbe subire un “collasso” rapido o improvviso. Forse la Russia sta gettando le basi per una potenziale offensiva lampo attraverso il Dnieper. Ciò è ulteriormente supportato dal fatto che Shoigu appena ha annunciato la creazione di una nuova Flottiglia Dnepr e di nuove formazioni Zaporozhye:

LA RUSSIA SI RITIRA SUL FIUME DNIEPER (che divide l’Ucraina in Est e Ovest) – Il ministro della Difesa Shoigu.

Le forze russe hanno creato una flottiglia fluviale del Dnieper, un corpo d’armata, una divisione di fucilieri motorizzati e una brigata di barche fluviali – Shoigu nel video in alto.

Questo arriva dopo la notizia di qualche mese fa:

Quindi, la Russia sta creando divisioni speciali per l’attraversamento del fiume nel corpo dei marines, così come una nuova flottiglia del Dnepr, il tutto prima di far saltare la più grande diga sul fiume. Potrebbe trattarsi di un semplice rafforzamento delle forze e di una campagna di degradazione metodica delle infrastrutture, oppure di un precursore di una sorta di escalation pianificata attraverso il fiume.

Ora, la seconda questione più importante.

Il Financial Times ha stupito il mondo con questo servizio al momento degli attacchi russi di ieri sera:

A quanto pare la Casa Bianca era “sempre più frustrata” dagli attacchi con i droni dell’Ucraina alle raffinerie di petrolio russe, a causa di ciò che molti sospettavano fosse la seguente spiegazione:

Io ho una visione un po’ diversa.

In primo luogo, come molti hanno sottolineato, colpire le raffinerie russe non influisce molto sulle forniture di petrolio o sui prezzi. Questo perché le raffinerie trasformano il greggio russo in prodotti utilizzabili come la benzina, per lo più destinati al consumo interno della Russia. Il prodotto che viene esportato sui mercati mondiali è solo il greggio stesso, che viene consegnato tramite oleodotti ai nodi di esportazione, siano essi porti marittimi o direttamente ai paesi destinatari, come il famoso oleodotto Druzhba che attraversa Ucraina, Bielorussia, Slovacchia, Austria, Polonia, Ungheria, ecc. Pertanto, l’Ucraina non sta danneggiando le esportazioni di greggio della Russia.

Anzi, alcuni sostengono che sia proprio il contrario:

La Russia sta apparentemente facendo più soldi dopo gli attacchi alle raffinerie di petrolio.

No, la spiegazione più probabile dietro gli avvertimenti è che gli Stati Uniti sapevano che la Russia era sull’orlo di un massiccio attacco di rappresaglia e l’amministrazione Biden sta disperatamente cercando di evitare che l’Ucraina sia “finita” da una versione vendicativa e “non più Mr. Nice Guy” di Putin. La natura incendiaria degli attacchi di ieri sera ha dimostrato ancora una volta che la Russia ha continuato a combattere con i guanti di velluto e potrebbe, se lo desidera, portare la “guerra” a un livello completamente diverso.

Biden cerca disperatamente di evitare che la Russia si inasprisca troppo, mentre l’amministrazione sta disperatamente cercando di evitare il collasso totale dell’Ucraina proprio alla vigilia delle elezioni. Preferirebbero che la guerra cadesse in una sorta di fase di stallo e venisse spazzata via, oppure che l’Ucraina si convincesse a risolvere il conflitto per il momento in un modo che potrebbe essere dipinto come una vittoria per Biden.

Ne abbiamo già parlato in precedenza, ma ribadiamo: come possono dipingere una situazione apparentemente catastrofica come una “vittoria”? Facile. Ora hanno alimentato il timore che la Russia fosse pronta a conquistare tutta l’Europa, convincendo probabilmente il loro elettorato di ignoranti di questo “fatto” ridicolo. Così, congelando il conflitto sulla linea della DMZ, possono proclamare:  “Vedete, abbiamo impedito al pazzo Putin di conquistare il mondo! I nostri sforzi congiunti hanno dotato l’eroica AFU delle capacità necessarie per fermare questa forza letale di livello storico senza precedenti. Se non fosse stato per i nostri sforzi, la bandiera intrisa di sangue di Putin sarebbe appesa alla Torre Eiffel, al Reichstag e forse anche al Palazzo di Westminster. Questa vittoria testimonia la solidarietà dell’Europa e del mondo occidentale e l’inflessibile determinazione dell’amministrazione Biden per la pace, la libertà e la prosperità dell’ordine basato sulle regole”.

Ma quello che l’amministrazione Biden non vuole è che Putin si tolga i guanti e trasformi l’Ucraina in una gigantesca macchia alla vigilia di quelle che potrebbero essere elezioni storicamente catastrofiche per i Democratici.

Si tratta della vecchia “gestione dell’escalation”.

Rezident UA:

#Inside
La nostra fonte nell’OP ha detto che l’intelligence britannica raccomanda all’Ufficio del Presidente di fermare gli attacchi di terra del GUR e dell’RDK al confine, e all’SBU di fermare le operazioni speciali all’interno della Russia.

Sfortunatamente, potrebbero essere arrivati troppo tardi, poiché Peskov ha apparentemente fatto uscire il gatto dal sacco ieri sera, inaugurando apparentemente la nuova posizione della Russia nei confronti del conflitto, annunciando che non si tratta più di un’Operazione militare speciale, ma di una guerra:

Ecco la clip vera e propria:

È stato seguito subito dopo da Rogozin:

L’euro-tecnocrate Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, è intervenuto utilizzando la citazione di Peskov come un atto di auto-conferma della sua agenda globalista:

Naturalmente, molti ne fanno un dramma. Alcuni ritengono addirittura che Putin “dichiarerà presto guerra” – come sempre – all’Ucraina, perché ora che le sue elezioni sono finite e i suoi sei anni di governo si sono consolidati, può agire con “mano libera” e intensificare davvero la guerra senza temere ripercussioni politiche. Potrebbe essere, o potrebbe benissimo essere Peskov a mettere di nuovo il piede in bocca.

Personalmente, sono scettico sul fatto che possa portare a cambiamenti di posizione su larga scala in tempi brevi, soprattutto perché se la Russia avesse la capacità di portare la guerra a una postura cinetica molto più elevata, probabilmente l’avrebbe già fatto. In realtà, la Russia sta ancora operando a mani vuote con gran parte del suo riarmo e non può semplicemente schioccare le dita e trasformarlo magicamente nell’Operazione Bagration. L’esercito di Shoigu, appena creato e composto da oltre 500 mila uomini, deve essere completamente armato, il che è un’impresa non da poco. La Russia ha faticato solo ad armare la prima forza di 500 mila uomini negli ultimi due anni, ora anche l’esercito di riserva ha bisogno di armi pesanti.

La Russia può utilizzare tutto o parte di questo esercito di riserva per sommergere l’Ucraina e porre rapidamente fine alla guerra? Forse, ma sembra una proposta pericolosa, dal momento che lo scopo originario dell’esercito era quello di sostenere eventuali “attacchi a sorpresa” della NATO ai fianchi indeboliti della Russia. Impantanare il secondo esercito sarebbe un rischio critico ed esistenziale, poiché la Russia non avrebbe più nulla da difendere contro un attacco a sorpresa della NATO lungo i suoi confini occidentali e settentrionali.

Detto questo, ci sono voci come la seguente, pubblicata proprio oggi:

Una quinta colonna russa chiamata Vertska segnala che ora che le elezioni sono state fatte, la Russia sta cercando di mobilitare una forza aggiuntiva di 300k uomini con l’esplicito scopo di catturare Kharkov:

Nel prossimo futuro, l’esercito russo ha in programma di reclutare almeno 300 mila persone – tutte dovranno andare in guerra con l’Ucraina. Quattro interlocutori dell’amministrazione presidenziale e dei governi regionali, nonché un dipendente di alto livello del Ministero della Difesa, lo hanno detto subito a Verstka.

Si sostiene che il piano sia quello di “circondare” la città, piuttosto che prenderla di petto come a Mariupol. È un’affermazione che richiede un granello di sale, dato che si tratta di un’uscita virulentemente anti-russa, ma è qualcosa di cui prendere nota, soprattutto se si considera che lo stesso Putin ha recentemente annunciato che la Russia potrebbe essere costretta a liberare una zona cuscinetto al confine. In effetti, durante lo stesso forum pubblico, qualcuno gli ha chiesto specificamente di prendere Kharkov, e Putin ha esitato ma non l’ha escluso, rispondendo che è qualcosa che dovrà essere esaminato e considerato in futuro.

Una cosa certa è che, alla luce dei recenti avvenimenti e degli attacchi terroristici di oggi, i politici russi stanno diventando sempre più bellicosi e irriverenti quando si tratta di rispettare i precedenti “partner” europei.

Pëtr Tolstoj, vicepresidente della Duma, uno dei suoi membri più potenti, ha appena sferrato un duro attacco a Macron, per giunta in francese:

Egli afferma che la Russia prenderà specificamente di mira e distruggerà tutti i militari francesi se dovessero arrivare in Ucraina. Questo fa eco a Peskov che ha anche aggiunto che oltre a riconquistare le 4 nuove regioni russe (LPR, DPR, Zaporozhye, Kherson), la Russia “non può permettere” che il regime ucraino esista alle sue porte.

Per concludere, chiudendo il cerchio:

Qual era lo scopo dell’attacco terroristico di Mosca e chi era il responsabile?

Il canale Rezident UA lo ha riassunto al meglio, e sono d’accordo con lui:

Spieghiamo:
1. Lo stesso significato degli attacchi caotici a Belgorod
2. Lo stesso significato dell’attacco sul territorio della Russia, organizzato dall’RDK/GUR e dalle Forze Armate dell’Ucraina
3. Lo stesso significato dei bombardamenti di giornalisti, blogger, attivisti che sostengono Putin/Cremlino.

Lo scopo è intimidire, seminare il panico nel Paese, catturare la paura, danneggiare l’economia interna della Federazione Russa, che ora funziona come un orologio, nonostante siano state imposte contro di essa le massime sanzioni mondiali della storia. Inoltre, divorziare all’interno della Federazione Russa, accusando Putin di un attacco terroristico (per seminare dubbi all’interno della società russa).

È davvero così semplice: distogliere l’attenzione dalle sconcertanti perdite dell’Ucraina, seminare confusione e risentimento contro la leadership all’interno della società russa e, cosa forse più importante, cercare di sbilanciare Putin inducendolo a “reagire in modo eccessivo” e a creare un qualche tipo di evento di ritorsione che possa essere venduto all’Europa/NATO come una “aggressione russa” sufficientemente grave da rendere necessario l’intervento francese/NATO, per salvare il culo di Zelensky.

Chi è il responsabile? Al momento non si sa ancora, ma ci sono state alcune voci:

Il quotidiano russo Kommersant, citando fonti, sostiene che gli aggressori potrebbero aver indossato barbe e baffi finti, e li indicano come appartenenti al Corpo dei Volontari Russi sostenuto dagli ucraini.

Se questo si rivelerà il caso, allora potremo potenzialmente aspettarci qualche tipo di risposta al confine, ma dubito ancora che ci sarà qualcosa di importante nel prossimo futuro, anche a dispetto della “promozione” di Peskov del conflitto a una “guerra” su larga scala. Come ho detto, non si tratta di una decisione politica, ma solo di realtà e limiti tecnico-militari e logistici. Da questo punto di vista, Shoigu comanda il campo, non Putin. Ma lascio sempre aperta la porta alla possibilità che non conosciamo la piena portata della disposizione delle forze e dei materiali della Russia.

Shoigu ha appena visitato lo stabilimento di munizioni Arsenal 53, dove è stata presentata la nuova linea di produzione Fab-3000:

Come ho scritto su X:

I Fab-3000 (3000 chilogrammi) sono in arrivo a pieno regime. L’aeronautica russa sta lentamente mettendo alle strette l’AFU. Ogni successivo aumento di potenza dei Fab richiede di farli scendere sempre più vicino alla linea del fronte, poiché il loro raggio di volo è inferiore a causa del loro peso. Ciò significa che ogni nuovo aumento di potenza annunciato segna l’esaurimento critico della difesa aerea di prima linea dell’Ucraina. Quando annunceranno che i Fab-9000 andranno a pieno regime, allora saprete che la difesa aerea di prima linea dell’AFU è completamente esaurita. Ma i Fab-3000, da soli, daranno un colpo incredibile, da capogiro.

In un modo o nell’altro, la sensazione è che di recente si sia voltato l’angolo e che il conflitto stia entrando in una nuova fase più pericolosa. Ricordiamo che l’ultimo aiuto militare americano all’Ucraina risale a ottobre, quindi a quasi sei mesi di distanza. Questo spiega le condizioni disastrose in cui versa l’Ucraina e la disperazione dell’Occidente nel salvarla. Ecco perché abbondano le voci di truppe francesi nei prossimi “due mesi”, perché non appena Rasputitsa si esaurirà in aprile/maggio, la Russia potrebbe iniziare una potente campagna di offensive che potrebbe spezzare completamente la schiena dell’AFU, costringendo la NATO a considerare fortemente l’intervento. Secondo alcuni rapporti, la Russia sta accumulando missili per questo scopo, dato che ha lanciato relativamente pochi attacchi su larga scala, in particolare quelli che utilizzano i missili Kalibr, le cui scorte dovrebbero essere già in aumento.

Infine:

Yaroslav Dronov, meglio conosciuto come Shaman, si è impegnato a pagare non solo ogni singolo funerale delle vittime degli attacchi terroristici di oggi, ma anche la riabilitazione di tutti i feriti:

Sono momenti come questi che separano i “liberali” dai patrioti e che rafforzeranno ulteriormente il nucleo patriottico della Russia.


Un messaggio veloce:

Se non vi dispiace, vi chiediamo di compilare questo sondaggio anonimo:

Avvio del sondaggio

Si limita a chiedere le informazioni di base, come il sesso e l’età dei lettori. Ero semplicemente curioso di conoscere la fascia d’età approssimativa del pubblico per menzionarla in un prossimo articolo, e alcuni l’hanno già compilata, ma non abbastanza da fornire una misura veramente sicura.


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EUROPA NEL DRAMMA DELLA REALTA’_di Pierluigi Fagan

EUROPA NEL DRAMMA DELLA REALTA’.

La tesi dell’articolo (che deriva da un post su un social) sarà analizzare la condizione di progressiva alienazione di Europa dalla realtà. Europa (sua cultura, politica, mentalità media distribuita, senso comune) si trova oggi conficcata in una ragnatela di impossibilità pratiche e culturali basate su una sostanziale nevrosi da negazione del tempo e del mondo circostante. Alla fine, ci ricollegheremo a due brevi fotografie su alcuni aspetti di questa fuga dal reale su base info-digitale, sintomo del fatto che la negazione nevrotica sta procedendo in psicosi. Più il mondo è aguzzo e ispido, più tattilmente setose le superfici dei nostri smartphone.

Da tempo segnalammo la necessità di cominciare a separare il vago concetto di occidentalità, tornando alle due componenti storico-culturali forti costitutive del sistema, quella europea e quella anglosassone anche se ormai più propriamente statunitense. Europa ed USA si trovano su linee divergenti di condizione, prospettiva e tradizione. Ma se USA fa o tenta di fare la realtà in molti modi, Europa è semplicemente in fuga dal reale. Cosa è successo, cosa sta succedendo, cosa del reale spaventa irrimediabilmente Europa, perché sembra che improvvisamente ci troviamo assediati da “difficoltà insormontabili”? tanto da fuggire da ogni consapevolezza in maniera tanto più patologica tanto più avanzano le contrarietà degli eventi?

  1. PROSPETTIVA INTERROTTA. Una prospettiva è una proiezione nel tempo della continuità dell’esistente. L’essenza della prospettiva è la prevedibilità. Per almeno sessantacinque anni (1945-2010), la società europea ha vissuto in un ordinamento sociale sufficientemente stabile e funzionante basato su una sostanziale affidabilità e costanza degli indici di crescita economica, una tendenza continuata allo sviluppo, il che per una società basata sul gioco economico e suoi vantaggi sociali è stata sicuramente una ottima intonazione di prospettiva. Per decenni, questo ha tenuto in sufficiente equilibrio i rapporti tra lavoro e vita personale, individuale e sociale, in un quadro di sostanziale tenuta e prevedibilità. Dagli impeti consumo-sviluppisti anni ’50-60, alla loro critica anni ’70, al rilancio edonistico anni ’80, ai trionfi o supposti tali del modello fine della storia sfociante in un globalismo ingenuo anni ’90 si è poi finiti in un decennio iniziato con l’11/09 e terminato con gli effetti dello scoppio di una gigantesca bolla di valore finanziario che qui in Europa (non essendo il luogo in cui s’era prodotta e quindi in gran parte ignari della sua natura, natura nuova inquadrata tra gli altri dal concetto di “finanzcapitalismo” da L. Gallino, 2011 anche con un vistoso ritardo rispetto al fenomeno) non si è gestita affatto a differenza degli americani. Anzi, la si è gestita con terapia di logica di ciclo economico (austerity), quando di per sé era un fenomeno di tutt’altra natura (finanziaria). Del resto, gli USA sono uno Stato, EU è un mercato di Stati differenti. In questa torsione alla “finanziarizzazione”, le nuove ricchezze determinano diseguaglianze sociali inarrivabili e l’ulteriore crisi ontologica di quella cosa che chiamano “democrazia” ne è ovvia conseguenza. Europa ha perso progressivamente il suo ordine sociale, economico e politico portante degli ultimi sessanta anni, goccia a goccia, pezzo a pezzo, nodo per nodo, come un sistema che ha smesso di reagire al suo circostante. Con l’implosione sovietica, l’intera tradizione di pensiero di “sinistra”, storico frattale coordinato dell’insieme che diciamo “Europa”, crolla in un silenzioso dissipamento verso le regioni più gelide e poco frequentate del pensiero sempre più alieno all’azione, scompare per sfarinamento ideologico, si disintegra mostrando incapacità intrinseca di riflessione anche e soprattutto su sé stessa. L’XI Tesi voleva cambiare il mondo, il mondo è cambiato ma ci è sfuggito di mano.

In un’altra inquadratura della stessa condizione, negli ultimi venti anni, i rilievi sociosanitari di base (OMS 2022), dicono di una vera e propria epidemia di depressione e vari tipi di malinconia, accompagnati da un sovra-consumo farmaceutico e varie patologie mentali. Il fenomeno Covid con un +25% di picco delle patologie ne è solo il culmine accidentale, l’intonazione di fondo era pregressa. Questo piano dell’esistenza è ritenuto strettamente privato ed è negato dalla fabbrica dell’immaginario pubblico. Pubblicità, cinema, internet, discorso pubblico, non hanno alcuna apertura a riflettere questi progressivi stati di incertezza umana, l’ansia, la paura, la mancanza di senso, la solitudine affollata, infelicità senza desideri, la precarietà dilagante. Alla natura corrosiva del problema psicosociale, si aggiungono gli effetti del non riconoscimento e possibile condivisione dello stesso. La contraddizione, la “coscienza” del problema, è repressa poiché inammissibile ai fini della prorogabilità di questo sempre più sbilenco sistema. Gli è negata condivisione sociale, quindi è confinata sempre più negli angusti limiti individuali che non possono che subirla in silenzio e financo negandone l’evidenza per totale incapacità e possibilità stessa ad affrontarla.

  • CONTRAZIONE DEMOGRAFICA. Naturalmente, nessuno “sente” sulla pelle condizione ed andamento demografico che è un mero indicatore statistico, tuttavia il fatto sociale c’è. Da almeno la fine degli anni Sessanta, le società abbienti (circa 50 su 200 nel mondo) risultano al contempo le più ricche, sviluppate e progressivamente infertili, ben sotto l’indice di sostituzione, quindi in contrazione relativa. Società che si contraggono certo non crescono sul piano economico al di là delle dinamiche intrinseche dell’andamento economico in quanto tale. Altresì, rivelano strappi e buchi di funzionalità interna (lavori meno pagati o gratificanti o di forza, sbilancio contributi spesa sociale e pensionistica) che si cerca di compensare importando demografia in esubero da vicini di altre civiltà che di contro, rispetto alla loro condizione, continuano a coltivare il loro “sogno europeo”. Ma non ci sono solo effetti economici e sociali, ce ne sono anche di culturali, la società e la sua intonazione psichica invecchia e va alle prese con problemi pratici di convivenza con altri sistemi culturali forti (islam, africanità). Il nuovo e l’anziano sono stati divergenti in essenza.

Da segnalare che, storicamente, nessuno s’è mai dovuto occupare, prima di oggi, della fine della crescita naturale della popolazione, trattasi di inedito storico, quindi culturale.

Tra questioni di riequilibrio dei ruoli famigliari nei rapporti di coppia, al rapporto tra felicità individuale immediata e costruzione di progetti famigliari, alle rese delle pratiche sessuali sempre più invitate alla libera esplorazione, al peso di prender impegni in una società che altresì richiede improvvisa piena disponibilità a singhiozzo, alla conciliazione lavoro-cura, a questioni meramente tecniche (asili, carriera, lavoro, etc.), alle questioni del supporto pubblico e spesa sociale, sostenibilità economica e precarietà/prevedibilità, la questione riproduttiva investe tipi di società molto varie (sebbene, come detto, tutte affluenti), ma quella europea sembra quella che ne ha risentito prima e ne risente più di ogni altra. Di per sé, questo sarebbe da rubricare come “semplice” fenomeno da valutare ed a cui adattarsi, in sé può esser un “male” poiché ovviamente cambia gli equilibri sociali a cui siamo storicamente abituati o un “bene”, ad esempio, in una poderosa e convinta transizione intenzionale ad altre configurazioni di sistema. Certo, in assenza di una attenzione realista, rimane solo una profonda perturbazione subita.

  • LA QUESTIONE ECOLOGICA. Anch’essa del tutto inedita sul piano della percezione storica, sia nella versione ambientale che climatica, si vien rivelando in vari modi negli anni Sessanta e Settanta. Negata per decenni poiché avversa agli interessi economici e finanziari del sistema in atto, diventa improvvisamente indifferibile solo negli ultimi dieci anni quando i toni di allarme catastrofista crescono a ritmo ed intensità da renderli spesso anche poco credibili ed efficaci. Si assiste alla paradossale riduzione del problema di fattura epocale in un alacre fervore “verde” finalizzato a vendere nuove cose sotto improvviso ricatto valorial-morale mentre è evidente che è un intero “modo di stare al mondo” a generare il problema.

Su questa gestione disordinata e francamente irresponsabile dell’argomento si innesta ovviamente anche il negazionismo a doppia cifra: quello interessato alla permanenza di certi regimi energetici e comunque differimento di certi investimenti o adattamenti costosi e quello da guerriglia culturale riduzionista che pesca nei fantasmi di Davos e del Grande Complotto Mondialista per catalizzare disagio non altrimenti diagnosticato.  Complessivamente, rimane l’effetto realtà allarmata e francamente allarmante, viepiù per le giovani generazioni per altro cinicamente usate dal liberalismo progressista britannico sotto forma di ONG “ribelli” contro addirittura l’”estinzione di massa”, pretendendo di isolare squilibri ed ingiustizie ecologiche da quelle sociali e politiche. Lo stesso meccanismo di rimandare alla Grande Catastrofe (l’estinzione umana) un problema che però andrebbe articolato per gradi, tempi e possibilità di intervento sul piano dell’affronto adattivo, è un meccanismo di difesa. Siano ancora a “gli dèi ci sono avversi”, che possiamo fare? Compriamo una nuova macchina elettrica!

  • UN MONDO SENZA INTERPRETAZIONI. La sconfortante superficialità culturale liberale (la “cultura” liberale è storicamente giovane, localizzata in senso anglosassone, piena di buchi teorico-pratici) ha addirittura celebrato la “fine delle ideologie” negli anni Novanta, cioè la fine delle idee, dei complessi di idee, delle immagini di mondo. In risonanza al fastidio per i discorsi sulle idee già proprio del “grande liberale” Napoleone (1812) ai tempi di Destutt de Tracy. Di fatto, è stato desertificato il panorama interpretativo del reale proprio mentre il reale mostrava una sempre più complessa e contradditoria fenomenologia. Il pensiero liberale che per tradizione si voleva plurale (oddio, ci sarebbe da discutere su questo punto) è confluito in un pensiero unico, l’unico pensiero pensabile o più che pensabile, praticabile. Peggio di ciò che ribolle nel pentolone della realtà complessa delle transizioni storiche c’è il non capire cosa sta accadendo, da dove viene, dove va, perché ci va. Così lo forzo repressivo e reinterpretativo a chiave unica del reale, impiega legioni di storyteller sempre più imbarazzanti nella loro impreparazione. Fino al come i Grandi Narratori Autorizzati europei hanno di recente gestito questioni come la guerra in Ucraina, Palestina-Israele, la questione cinese con ricorsi propagandistici di fattura primo Novecento, imbarazzanti nelle loro rozzezze. Ci tocca vedere un augusto funzionario UE, tale Borell, citare Platone-Vegezio secondo i quali “si vis pacem para bellum”, come si annuncia la settimana del 3×2 alla Lidl mentre su gli scaffali “La pace perpetua” di Kant, piange in silenzio la perduta ragion pura.
  • VIVERE NEL MONDO SENZA PENSARLO. Europa s’è quindi progressivamente trovata in un nuovo mondo il cui avvento non ha avvertito per tempo. In questo mentre, Europa si impegnava nella costruzione di un “mercato” per decenni, pur di salvare le prerogative dei propri desueti stati-nazione in fondo mercantilisti, pur di pensare che la prospettiva mai sarebbe stata interrotta, pur di rimanere nell’incantamento della teoria del mercato autoregolato spontaneo, ignorando i molteplici segnali di sempre crescente marginalità multidimensionale a scala mondo. Europa è totalmente estranea alle nuove produzioni e sviluppi dell’ICT e quelli trainati dalle scienze cognitive, la “conversione verde” si sta rivelando un fallimento, con compagnie che per dimensioni (e relativi piani di ricerca) non riescono ad avere dimensione competitiva con quelle statunitensi e cinesi. Le First/Business Class delle compagnie aeree globali del Golfo ed asiatiche mostrano la tomografia dei nuovi flussi di ricchezza.

Illusa nella propria sfera protettiva di esser divenuta immune al tempo ed alla storia, Europa s’è svegliata di colpo una mattina scoprendo che le magnifiche sorti del globalismo liberale all’occidentale erano state di notte sostituite dal ritorno della storia ovvero delle logiche di potenza che presuppongono Stati, strategie, armi, visione geopolitica. UK (che sull’illusione di nuovi spazi globali da “Global Britain in back!” ci aveva pure fatto la Brexit, almeno secondo le intenzioni delle sue élite), Germania, Francia, di colpo ridotte a compiacenti ancelle strategiche del soggetto americano, l’unico in grado di manovrare storia e potenza in proprio favore. Costrette sempre più assieme all’Italia e le altre a sacrificare investimenti e spesa sociale in favore delle armi. Dopo quello che abbiamo qui combinato nella prima metà del Novecento, non una ma due volte, stiamo tornando ad armarci. Dopo Ypres, dopo Dresda, stiamo tornando ad armarci. Sconcertante. Sconcertanti i fatti certo, ma più ancora la mancanza di riflessione almeno problematica, su fatti di tale natura e portata.

Insomma, Europa ha perso gradatamente il proprio ordine sociale decennale e relativa visione di mondo, non ha neanche bene capito perché e come, si ritrova alle prese con problemi di fattura epocale (demografia, ecologia, geopolitica) che non sa come trattare, priva di schemi di comprensione adeguati alle nuove complessità, nei fatti posta su traiettorie divergenti rispetto alla crudità del reale rimosso: la storia non era finita, era appena riiniziata. Non male come disguido interpretativo. C’è di che prender paura, effettivamente.

Ha così gioco facile il filosofo-cronachista sudcoreano BCL a segnalarci questo nostro perderci nelle “non cose”, una barriera di sostitutivi della realtà, cataloghi di segnali, rappresentazioni, spettri, doppioni, simulazioni, cascate di dati ed immagini al posto del contatto diretto col reale. Le ultime vestigia di cose reali con cui ci impegniamo ormai sono i gatti. Così altresì per l’impero dello storytelling in cui siamo immersi pur non avendo davvero nulla di significativo da dire, se non cercare di restaurare allarmanti segnali di realtà negativa (cascate di improvvisi “glitch” di sistema che si cerca di rattoppare con sempre più affanno) in innocui e deviati temi di intrattenimento social. Viviamo orami in una intercapedine tra noi ed il reale in cui il reale non è mai tale ed anche noi non siamo mai davvero noi ma quel noi che va incastonato in quel gioco dell’irreale facente funzione di reale, in una stanca proroga della prospettiva che nel frattempo ha cambiato profondamente topologia, ordine e dinamica. Non produciamo più immagini di mondo ma immagini come fossero un mondo, sono autoriferite, sono soggetto che si fa oggetto, specchiano ma non riflettono, sono povere di mondo. Continuamente, ci forniscono anche strumenti per ritoccare queste nostre immagini di modo così che non ci venga il ghiribizzo di ritoccare il mondo.

Il menù dell’adattamento al reale per Europa oggi è troppo vasto, profondo e pesante. Che ne è della società del lavoro e reddito, cosa al suo posto? Cosa fare della nostra contrazione demografica, come adattarsi? Come adattarsi ad un mondo naturale che non ci garantisce più condizioni stabili e prevedibili? Come convivere in sistema umano di 8 miliardi di individui e 200 stati raggruppabili almeno in nove condensazioni di diverse “civiltà”, per altro su molti aspetti destinate alla problematica convergenza (che non è fusione), su uno spazio ario-terracqueo che appena settanta anni fa ne conteneva un terzo. Come ricostruire una cultura pubblica e condivisa, per quanto plurale ed anche agonistica, senza la quale le società non possono riflettere sé stesse e su sé stesse? Come poter tornare a decidere qualcosa come demos tanto da continuare a pensare noi si sia quello che non siamo affatto (democratici), né forse siamo mai stati davvero.

Quante cose dovremmo ripensare della nostra forma di “stare al mondo”, incluso lo stesso modo in cui pensiamo le cose? Cose che continuiamo a trattare separate osservando panorami enormi ed in subbuglio coi microscopi e le lenti degli specialisti della frazione congelata. Specialisti “carichi di teorie” tutte per lo più sbagliate non foss’altro perché native di condizione storiche pregresse e non più vigenti.

La nostra gigantesca operazione di rimozione del reale sembra proprio facilmente diagnosticabile come sintomo di questo nuovo complesso di “insormontabile difficoltà” a stare nel reale, a prenderne atto, a provare a riformularci ma senza sapere da che parte iniziare, poveri di strumenti teorici sebbene ubriachi di dati puntiformi ed insensati e con i poteri in atto, come al solito, a strenua ed ottusa difesa del contingente.

Ci sarebbe anche del lavoro da fare sulla immagine storica di noi stessi, dei nostri valori, del nostro valore di civiltà, del nostro troppo stratificato e antico complesso culturale. Forse il nostro “Io di civiltà” ha troppi errati presupposti, troppa idealità e poco pragmatismo concreto, troppi luoghi comuni e categorie oramai sedimentate e divenute strati geologici del pensiero ritenuti irrinunciabili poiché identitari. Idee, proiezioni, giudizi a priori al posto dell’esame puntuale di: “cosa è questo qui? (l’aristotelico “tode tì”). Preferiamo criticare, usiamo “capitalismo” come diagnosi-pattumiera causa di tutte le cause, “neoliberismo” da ultimo, Antropocene, “estinzione di massa”. Come diceva Altan “La soluzione non c’è e questo è un del sollievo”. Si “sollievo” psichico, va tutto sempre peggio ma non è colpa nostra. Già, “cosa possiamo sapere, in cosa mi è lecito sperare, che cosa dobbiamo fare?”. Spaventarci e scappare in qualche angolo buio.

Forse la prima cosa che dovremmo accettare almeno per simulare un tentativo di comune speranza, è ammettere quanto grosso è il problema che abbiamo e quanto non abbiamo la più pallida idea di come affrontarlo. Radicalmente. Tutti.

[Nel post originario si fa riferimento ai due libricini recenti di Byung-Chul Han “Le non cose” (Einaudi 2023) e “La crisi della narrazione” (Einaudi 2024) che però riguardano solo una lettura critica del ruolo psicopatologico che la fuga su Internet ha nella più generale negazione della realtà spaventosa e fastidiosamente concreta]

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Allons enfants, di Francesco Dall’Aglio_Non saprei, di Daniele Lanza

Mentre i francesi fanno avanti e indietro sulla questione delle truppe, incassano altre defezioni (Kaja Kallas ha detto che a Parigi non si è mica parlato di mandare truppe, c’è stata solo un po’ di confusione dovuta al fatto che si discuteva in inglese e quindi i termini non erano accurati…) e sui canali Telegram si lanciano le notizie più assurde, tra cui quella del contingente francese già in viaggio verso Sofia per poi trasferirsi in Romania e da lì a Odessa (ma perché non atterrare a Bucarest, nel caso?), in tanti paragonano la situazione attuale a quella precedente allo scoppio della prima guerra mondiale, per lo stesso livello di apparente “sonnambulismo” dei governi. Ora, la questione del sonnambulismo pre-1914 dà il titolo a un libro molto bello (Cristopher Clark, “I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra”, Laterza 2016) ma certo non spiega la prima guerra mondiale, che fu ben più di un colpo di sonno e che, come la guerra di oggi, aveva radici molto profonde e intendeva trovare soluzioni a problemi ritenuti di fondamentale importanza. Soprattutto, le analogie sono in genere interessanti e stimolanti, ma non si deva mai commettere l’errore di credere che le situazioni storiche siano davvero paragonabili in toto. Senza nemmeno pensarci troppo, che abbiamo tutti da fare, mi vengono in mente tre differenze sostanziali.
La prima è la quantità di truppe che parteciperebbero al conflitto, molto più bassa (sia in termini assoluti che in percentuale sulla popolazione) di quelle che sono partite più o meno con entusiasmo nel 1914-15 (o 1916, per alcuni, o addirittura 1918). I nostri eserciti (e pure quello russo, alla fine) hanno un numero di effettivi piuttosto basso, non tutti gli effettivi sono ovviamente impiegabili al fronte e, come se non bastasse, almeno dalle nostre parti non hanno più tutta questa voglia di restarci, nell’esercito, anche in tempo di pace (vedi ad esempio questo preoccupato articolo di Politico di due giorni fa, “i soldati europei continuano a licenziarsi”: https://www.politico.eu/…/nato-russia-ukraine-war…/). Certo, al numero si ovvia con la mobilitazione, ma qui ci si scontra sia con la piramide demografica europea, che non rassicura molto chi vuole creare un baluardo di giovani petti contro l’orda tataro-bolscevica, sia con I SOLDI, che non ci sono per rimettere in piedi nemmeno la leva a meno di non modificare radicalmente l’organizzazione europea (che questo sia il sogno dei nostri governanti è ormai chiaro, ma sogni e realtà purtroppo per loro e per nostra fortuna non sono la stessa cosa). Non è un caso che da parte statunitense, e non solo, si moltiplichino gli appelli perché l’Ucraina faccia ciò che deve fare, ossia finire di estinguersi mandando al fronte non più solo chi ha 27 anni o più, come al momento prevede la legge, ma un po’ tutti, abbassando l’età dei mobilitati. Lindsey Graham, che odia la Russia ma evidentemente molto di più l’Ucraina, lo ha ribadito l’altro ieri a Kiev (https://www.washingtonpost.com/…/lindsey-graham…/): “non posso credere che sia 27 [l’età in cui si può essere mobilitati]. State combattendo per la vostra vita, dovreste arruolarvi — non a 25 o 27 anni. Abbiamo bisogno [eh? ABBIAMO?] di più gente al fronte”.
La seconda è la questione delle alleanze, che nella prima guerra mondiale ha coinvolto a catena un bel po’ di paesi. Ora la situazione è piuttosto diversa. L’Ucraina non fa parte né della NATO né dell’UE (non che far parte dell’UE le garantirebbe qualcosa, da questo punto). I trattati bilaterali firmati da vari governi (tra cui il nostro) con l’Ucraina non prevedono un ingresso nel conflitto ma solo soldi e armi, e il famigerato Articolo 5 del Trattato Nord Atlantico, tanto amato dai nostri interventisti e tanto poco letto nella sua interezza, non solo non è automatico nelle contromisure ma, soprattutto, riguarda solo gli attacchi al territorio dei paesi membri, non al bombardamento delle loro truppe in giro per il mondo, Ucraina inclusa. Visto che appunto lo si cita a sproposito, lo cito qui:
“Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’ari. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale. Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali.”
Quindi, un attacco contro le parti (ovvero i paesi firmatari), non contro contingenti mandati chissà dove, e ogni altra parte farà quello che ritiene più opportuno, IVI COMPRESO l’utilizzo della forza armata, non A PARTIRE dalla forza armata. Per cui se qualcuno ha immaginato, o scritto o detto, che queste ipotetiche truppe sarebbero intoccabili per via dell’Articolo 5, ha immaginato male (da cui, credo, tutti i distinguo che sono venuti a cascata negli ultimi giorni).
La terza, banalmente, è la bomba atomica. E non penso ci sia bisogno di spiegare cosa succederebbe se il piano geniale andasse in porto. Quindi non mi preoccuperei più di tanto del fatto che “alla televisione francese” (ma su quale canale? A che ora? Chi?) intervistano un colonnello che dice che sì, si può fare, la Russia non farebbe niente. Alla fine vogliono solo metterci le mani in tasca: questo sì, come la prima guerra mondiale.

Giovanni Vinci

Le parole de Medvedev sull”attentanto a Mosca:
Non importa chi ha commesso l’attacco terroristico a Mosca.
Bastardi dell’RDK, bastardi della Legione Russia Libera. O islamisti. O un gruppo militante puramente ucraino.
Tutte le persone coinvolte verranno comunque trovate e uccise. Questo è già successo nella storia russa. E tutti gli organizzatori di tutti i principali attacchi terroristici furono eliminati senza pietà.
Aggiunge:
Bene, lasciatemi ricordarvi che l’8 marzo
gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno avvertito i loro cittadini della minaccia di attacchi contro “grandi raduni” a Mosca.
L’ambasciata americana in Russia ha avvertito i suoi cittadini che nel prossimo futuro potrebbe verificarsi un attacco terroristico a Mosca.
“L’ambasciata sta monitorando le notizie secondo cui gli estremisti stanno pianificando di attaccare grandi raduni a Mosca, compresi concerti, nel prossimo futuro, e i cittadini statunitensi dovrebbero evitare grandi raduni per le prossime 48 ore”.
In altre parole, i paesi occidentali sapevano dell’imminente attacco terroristico. Dove?
L’hai cucinato tu stesso? Non ho nessun’altra versione.
Francesco Dall’Aglio
Allora: della strage a Mosca non si sa nulla, nel senso che non si sa chi sia stato, quanti erano, di dov’erano e che volevano, a parte che erano molto bene addestrati e che non hanno agito da soli, perché non bastano due molotov per dar fuoco al tetto. Per ora il bollettino dell’FSB segnala 40 morti e 130 feriti, ma non si sa se ci sia ancora gente dentro. Il tetto continua a bruciare ed è in parte crollato, ma tutto sommato tiene. Ci sono degli arresti, ma non si sa chi è stato arrestato e perché. Non ci sono dichiarazioni ufficiali del governo russo, a parte alcuni commenti di Medveded e Zaharova, ma ufficialmente non ci sono prese di posizione. Un sacco di gente si è affrettata a dire che loro non c’entrano niente o meglio ancora, che sono stati i russi da soli. Tutto il resto sono notizie non confermate e non verificabili, quindi inutile scriverle.
Le ultime ore ci hanno consegnato una escalation abbastanza marcata da parte russa, che da un lato è una risposta alle precedenti escalation di NATO e Ucraina (discorsi sull’invio delle truppe e sulla necessità che “la Russia non vinca”, incursioni nella regione di Belgorod con annessi bombardamenti della città, attacchi alle raffinerie russe anche a grande distanza dal fronte) e dall’altro potrebbe (il condizionale è d’obbligo) segnalare la volontà di aumentare il livello dello scontro, o quantomeno di certificare che sarebbe possibile senza troppo sforzo. L’escalation è sia verbale che militare. Dal punto di vista verbale, Peskov (che, ricordo, è il portavoce del Cremlino) ha utilizzato per la prima volta il termine “guerra” specificando che quella che era partita come una ‟operazione militare speciale” si è ormai trasformata in guerra a causa dell’intervento occidentale, e che la Russia “non può permettere” ai suoi confini l’esistenza di uno stato che ha intenzione di usare “qualsiasi metodo” per prendere la Crimea. Non si tratta ovviamente di una dichiarazione di guerra (non è certo Peskov che può dichiararla) ma appunto di una escalation verbale che si allontana di molto dalle precedenti dichiarazioni sulla volontà russa di trattare e di arrivare a soluzioni diplomatiche.
Dal punto di vista militare, all’alba c’è stata una pesantissima incursione missilistica su vari bersagli, sia industriali che energetici. La cosa potrebbe sembrare una riedizione della campagna di bombardamenti sulle strutture energetiche dell’inverno 2022-2023, ma I bersagli sono diversi e molto più importanti. Nella campagna precedente venivano prese di mira soprattutto le sottostazioni, I nodi energetici secondari. La loro distruzione portava ovviamente conseguenze anche gravi per la popolazione e le FFAA ucraina, ma in genere erano conseguenze di breve durata, perché le sottostazioni danneggiate potevano essere bypassate grazie alla straordinaria abbondanza di linee di distribuzione di cui l’Ucraina, per retaggio sovietico, gode. Questa volta invece (oltre a stabilimenti industriali come la Motor Sich di Zaporož’e la Malyshev di Kharkiv) sono state attaccate le centrali principali, con particolare accanimento sulla DneproHES, la più grande delle centrali idroelettriche sul Dnepr, che si trova sempre a Zaporož’e (vedi le due immagini, una in dettaglio e l’altra che mostra la posizione). L’attacco era mirato alla sala turbine della DneproHES-2 (la più moderna delle due, costruita tra il 1969 e il 1980), che è andata distrutta, e alla gru a portale che ne regola il funzionamento delle valvole (foto); la gru a portale dal lato opposto della diga, che gestisce le chiuse che regolano il deflusso dell’acqua del bacino, non è stata toccata – e con buona ragione, visto che la sua distruzione sarebbe una catastrofe. I danni sembrano essere molto gravi e non è chiaro quando (e se, finché dura il conflitto) la centrale riprenderà a funzionare. Al di là dell’importanza pratica dell’aver disabilitato metà della DneproHES nel giro di mezz’ora, il significato simbolico dell’operazione non è trascurabile; la diga e la centrale erano uno dei simboli dell’industrializzazione sovietica e averla messa fuori uso riporta al passaggio più minaccioso del discorso di Putin del 21 febbraio 2022, quello sulla “decomunistizzazione” dell’Ucraina. Se la vogliono, aveva detto, a noi sta bene, ma perché fermarsi a metà (ovvero solo alle statue di Lenin)? Vedremo cosa succederà stanotte e se le incursioni continueranno. Si spera di no, visto che il comunicato odierno del Ministero della Difesa russo riferisce che gli attacchi delle ultime due notti sono stati condotti per rappresaglia, cosa che non diceva ieri: quindi forse la considerano terminata, a meno di ulteriori attacchi. E a questo proposito Putin ha trovato un imprevisto alleato negli USA che, stando a quanto scrive il Financial Times ( https://www.ft.com/…/98f15b60-bc4d-4d3c-9e57-cbdde122ac0c) hanno detto più volte all’Ucraina di smetterla di colpire le raffinerie russe, perché la cosa rischia di avere ripercussioni sul prezzo del petrolio e “potrebbe portare a rappresaglie”, come appunto è successo.
 
Non saprei_di Daniele Lanza
PREMESSA = Trump sembrerebbe avere il vantaggio (sembra), ma il contesto gioca ancora contro di lui: se fossimo nella cornice di un ordinario stato europeo non avrei dubbi sull’esito………ma ci troviamo negli U.S.A. un mega-stato nazionale a vocazione imperiale con inderogabili obblighi internazionali derivanti dal proprio status. Significa che se la posizione del candidato alla presidenza fosse per davvero – testualmente – quella riportata nell’immagine, le forze d’opposizione democratica e l’intero estabilishment neocon metteranno in atto qualcosa di analogo ad un MAREMOTO, durante e dopo la campagna elettorale: in primo luogo per alterare l’esito (ricorrendo a quasi qualsiasi cosa) ed in secondo luogo facendo ostruzionismo dopo (perchè non è affatto scontato che Trump – pur regolarmente eletto – abbia poi la facoltà di fare tutto quello che dichiara adesso………….).
Il problema di fondo è che l’AMERICA si è esposta in maniera tale nel biennio di guerra in corso, da trovarsi ora in un vicolo cieco: la “soluzione Trump” ammesso che vi si arrivi, comporterebbe l’ammissione che l’Alleanza Atlantica ha fallito. Un grande esercito (quello ucraino), armato ed addestrato secondo standard NATO è stato sconfitto in un grande conflitto terrestre: l’occidente è stato incapace di prevalere militarmente in una guerra convenzionale sul suolo europeo, ripiegando mestamente su una soluzione diplomatica che da ragione all’opponente e questo è un fatto senza veri precedenti nell’ultimo secolo, al di là del valore effettivo dell’Ucraina in sè (della quale a nessuno importa veramente nell’ambito UE/USA). Una conseguenza di immagine, di quelle veramente imponderabili: non è mai accaduto che il “BENE” e la “GIUSTIZIA” fallissero sul campo (per come l’etica statunitense vede le cose……).
Ma c’è di più, purtroppo.
La “soluzione Trump” – come illustrata in basso – non soddisferebbe probabilmente più nemmeno il Cremlino. La condizioni – seppur ragionevoli – potevano andare bene 2 anni fa, PRIMA che il conflitto deflagrasse: Trump sarebbe dovuto essere sul posto 2 anni orsono come presidente e proporre ALLORA questo piano e probabilmente le cose sarebbero andate diversamente. Adesso è un po tardi……le cose sono cambiate: ci sono oltre mezzo milione di vite bruciate sul tavolo da gioco (la maggior parte di certo ucraini, ma ormai anche i russi ne incassano una quantità notevole) e regioni conquistate (Zhaporizha, Donetsk e Lugansk) che in nessun caso torneranno sotto Kiev, in quanto – per antica legge di guerra – il loro prezzo in sangue è già stato ampiamente pagato da parte russa.
Putin NON darà indietro nulla di quanto è stato già preso al costo di gravi perdite (non lo farebbe alcun leader di uno stato geopoliticamente sovrano).
Infine ma non ultimo…………in merito ai debiti di Kiev con gli USA: l’economia ucraina, o quanto ne resta, non è minimamente in condizione di ripagare i 300 miliardi di dollari ricevuti direttamente o meno da Washington (se non per le prossime 3 generazioni, ovvero quanto rimane del secolo in corso). Questa è la nota più significativa di tutte alla fine: che sia Trump o che sia Biden o chiunque altro……esiste un DEBITO da saldare e non si sfugge: i numeri sono quelli e qualcuno deve pagare. Lo stato ucraino ha già cessato di esistere in quanto entità sovrana sul piano geopolitico, trovandosi nella condizione di debitore insolvente per il secolo a venire. I nazionalisti ucraini (e chi li sostiene) si battono per quello che è già da ora un cadavere.
GUANTO DI SFIDA PER LO TSAR (lanciato da chi ?), di Daniele Lanza
L’Isis sì, ma quest’ultimo manovrato da chi ?
Da stamane sul presto, su tutti i media la rivendicazione ufficiale dell’ISIS, un attore violento e imprevedibile che non ha bisogno di presentazione alcuna: garantito che nelle prossime ore e giorni emergeranno tanti altri elementi a convalida della cosa.
Spiegazione cristallina, mistero risolto.
Cristallina al punto tale da sorvolare, o quasi, un fattore – di quelli di natura macroscopica al limite dell’imbarazzo – che si può tradurre in un interrogativo basilare:
COSA DIAVOLO C’ENTRA l’ISIS CON LA RUSSIA.
(…)
Quale sarebbe il movente ?? Perché avrebbero deciso di colpire la capitale di un paese che è assai meno coinvolto di quelli occidentali nell’area mediorientale ?? (la Russia non ha un passato coloniale, né post-coloniale nella regione, non fa parte dell’ensemble classico di attori preminenti sullo scacchiere arabo – tipo UK, Francia, U.S. – né fa parte di quella civiltà del benessere – l’Unione Europea – che per sua natura costituisce provocazione per il terrorismo islamico diventandone quindi bersaglio usuale.
Mosca è una grande metropoli, geopoliticamente cruciale, ma in tutto e per tutto lontana in termini di immagine e significato dagli obiettivi classici di qualsiasi terrorismo di matrice araba (fa eccezione l’Islam del Caucaso russo – Dagestan, Cecenia et affini – che però è una questione del tutto “domestica”, che non ha a che fare col terrorismo islamico internazionale).
In prospettiva araba, la Russia in generale è sì un’entità estranea (non musulmana cioè), ma anche lontana e marginale rispetto ai maggiori interpreti della politica estera d’occidente (Francia, Germania, etc.), non degna di particolare attenzione: un’area grigia, di valore strategico e simbolico pressoché nullo nell’ottica di un ipotetico “affondo all’occidente”.
Rendiamoci conto che MOSCA, di fatto, è una capitale ancor più periferica di quanto lo sia ISTANBUL, rispetto all’epicentro della vita europeo/occidentale, per voler fare una comparazione (dato che comunque la Turchia è comunque parte della Nato e trampolino per accedere al vicino oriente, la sua capitale un trafficato punto di contatto con l’Europa, laddove la capitale russa, sin dall’era sovietica si trovava in uno spazio fuori dei flussi ordinari: a maggior ragione poi, dopo 2 anni di guerra nel corso dei quali è stato praticamente tagliato ogni collegamento tra Mosca e il mondo esterno…..).
Quindi, riassumendo: PERCHE’ prendersi il disturbo e il rischio (sacrificare uomini e materiale) di recarsi fino ad una zona periferica della capitale di uno stato che poco ha storicamente poco a che fare col confronto tra occidente/mondo arabo ed organizzarvi una strage di queste proporzioni ? In assenza di qualsivoglia provocazione ?
Soprattutto, che senso ha farlo proprio ADESSO, considerando che la Russia dopo 2 anni di guerra feroce in Ucraina è letteralmente bandita dall’ordine internazionale d’occidente, con il quale è tranciato qualsivoglia contatto o rapporto (siamo alle soglie del primo conflitto mondiale del XXI sec.) e che quindi non farebbe certo piangere UE, USA etc. ?!?
Perché organizzare un colpo che non avrebbe alcuna significato o ricaduta positiva per la propria causa ?
E’ tutto molto anomalo persino per lo standard di un attore violento e imprevedibile come lo è l’ISIS. Troppo.
CONCLUSIONE: investigazioni accurate potranno far emergere con grande precisione la dinamica dell’evento che tuttavia è solo la parte più superficiale del problema.
La VERA domanda, ossia chi sia il mandante dell’azione è destinata a rimanere irrisolta (…).
Mi duole avvicinarmi a dietrologie e cospirazionismi (in particolare i più grossolani), ma a questo proposito mi è impossibile non sottolineare – di nuovo – ciò che è macroscopico: che il colpo avviene in coincidenza del fatto che:
1 – l’Ucraina ha dichiaratamente perso la guerra, ritrovandosi nella condizione di non poter proseguire senza diretto intervento estero.
2 – Intervento estero che NON avverrà, non può avvenire, in quanto necessariamente delegato all’UE – proxy tramite il quale Washington deve condurre la guerra, non potendo sbarcare direttamente in Ucraina senza un’escalation nucleare – : soluzione che tuttavia drammaticamente naufraga a fronte di una realtà materiale che vede il continente essere un cadavere politico/militare dal 1945)
3 – Il capo di stato in carica della Fed. Russa è stato confermato (e democraticamente), meno di una settimana fa, con livelli di partecipazione e consenso impensabili in qualsiasi sistema partitocratico al di qua e al di là dell’Atlantico.
In pratica la Russia è FORTE: forte sullo scacchiere bellico sul quale sta prevalendo – lentamente ma inesorabilmente – e ancor più forte nel suo ordine interno (motivo ultimo di imbarazzo per la narrativa “dittatoriale” con cui l’occidente dipinge paese).
Washington, non è in grado di dare una risposta nell’immediato, impegnata su 4 fronti diversi (tra cui anche l’inconcludenza dei propri stessi alleati europei…) ritrovandosi dunque nella prospettiva di vedersi semplicemente bagnare il naso, trincea dopo trincea progressivamente distrutte con tanto di costosi materiali inviati, senza poter fare nulla. Uno schiaffo d’immagine di risonanza planetaria che fa affondare nella bile: OCCORRE rispondere in qualche modo….qualsiasi modo. Perlomeno mandare un messaggio (…).
Non mi avventuro – non oso farlo – nella narrativa che vede nell’ISIS uno strumento parzialmente finanziato ed eterodiretto dalla CIA…..ma il contesto è tale che la banalità più pedissequa può davvero rivelarsi vera.
STOP.
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La Francia probabilmente cercherà di mettere in sicurezza la costa ucraina del Mar Nero in caso di intervento convenzionale, di ANDREW KORYBKO

La Francia probabilmente cercherà di mettere in sicurezza la costa ucraina del Mar Nero in caso di intervento convenzionale

La Romania e la Moldavia, dove la Francia ha già delle truppe e ha appena firmato un patto di sicurezza che potrebbe presto portare allo stesso risultato, potrebbero facilmente fungere da trampolino di lancio per Odessa.

Il capo delle spie russe Naryshkin ha avvertito martedì che la Francia si sta preparando a inviare 2.000 truppe in Ucraina, dopo che il mese scorso Macron ha affermato che si può escludere un intervento convenzionale della NATO non . Questa dichiarazione ha coinciso anche con la conferma da parte dell’alto generale francese che le sue forze sono pronte a dispiegarsi ovunque sia necessario, il che ha screditato la descrizione del Ministero della Difesa dell’avvertimento di Naryshkin come “disinformazione“, dal momento che c’è una verità oggettivamente esistente in ciò che ha detto.

Mentre molti membri dellacomunità Alt-Media hanno deriso la dichiarazione di Macron il mese scorso, un prestigioso esperto russo ha appena dato credito a questa affermazione in un’intervista a Sputnik. Alexander Mikhailov, capo del think tank russo Bureau of Military-Political Analysis, ha dichiarato martedì che “Macron ha senza dubbio accesso sia al personale che alle risorse per inviare truppe in Ucraina”. Non è quindi implausibile immaginare che la Francia possa intervenire convenzionalmente in Ucraina.

In tal caso, l’intervento sarebbe preventivo o reattivo, unilaterale o come parte di una “coalizione di volenterosi“. Per quanto riguarda la prima scelta, la Francia potrebbe tentare di giustificarla con il pretesto di ottenere un vantaggio prima che la Russia riesca a sfondare lalinea di contatto (LOC), oppure potrebbe semplicemente aspettare che si verifichi quell'”evento scatenante”. Per quanto riguarda la seconda scelta, la Francia agirà da sola o, più probabilmente, in collaborazione con ilRegno Unito, la Polonia e gli Stati baltici, con la possibile partecipazione della Germania.

A prescindere dal pretesto e da chiunque altro possa partecipare, la Francia cercherà quasi certamente di mettere in sicurezza le coste ucraine del Mar Nero se interverrà convenzionalmente. ha già diverse centinaia di truppe Dall’inizio del 2022 in Romania, che possono essere aumentate in vista di questa mossa, e all’ ha appena firmato un patto di sicurezza inizio del mese con la Moldavia che potrebbe portare a ospitare truppe anche in questo Paese. I “Balcani orientali”, che rientrano nella “sfera d’influenza” della Francia, possono quindi diventare una rampa di lancio francese verso l’Ucraina.

La Romania e la Moldavia confinano già con l’Oblast’ di Odessa in Ucraina, la cui capitale omonima è importante sia dal punto di vista strategico che simbolico. È il porto principale dell’ex Repubblica Sovietica, ma anche una città storicamente russa. Assicurarla dal controllo di Mosca inviandovi le truppe della Francia, membro della NATO, come cosiddetto “deterrente” nel caso in cui la LOC crolli o sembri sul punto di crollare, è quindi doppiamente importante per l’Occidente.

, i droni navali potrebbero continuare a minacciare In questo scenario la flotta russa, mentre i sostenitori del Paese potrebbero scoraggiarsi dopo aver capito che la riunificazione con Odessa sarebbe quasi impossibile senza scatenare la Terza Guerra Mondiale se la città passasse di fatto sotto il controllo della NATO attraverso la Francia. Poiché il Dnieper si è già dimostrato un formidabile ostacolo per le forze di entrambe le parti negli ultimi due anni, è molto probabile che la Francia possa espandere la sua zona di controllo lungo la costa del Mar Nero fino a Kherson.

In questo modo, il LOC russo-ucraino diventerebbe un LOC russo-NATO, che potrebbe anche espandersi verso nord risalendo il Dnieper fino alla centrale nucleare di Zaporozhye, ma le forze francesi potrebbero essere riluttanti ad attraversare il fiume fino a Zaporozhye e oltre, per non sovraccaricare la loro logistica militare. Inoltre, poiché questo scenario di intervento sarebbe collegato a un possibile sfondamento russo, la Francia potrebbe non voler rischiare di entrare in conflitto con la Russia sul lato orientale del Dnieper.

Per quanto questa sequenza di eventi possa essere pericolosa senza precedenti, a causa dell’altissimo rischio che la Terza Guerra Mondiale possa essere innescata da un errore di calcolo, il lato positivo è che potrebbe potenzialmente congelare le posizioni di entrambe le parti almeno lungo il fronte meridionale e quindi porre le basi parziali per un cessate il fuoco. Le truppe ucraine potrebbero anche fuggire verso ovest attraverso il Dnieper se la Russia sfondasse il LOC, sapendo che i loro nemici probabilmente non le seguirebbero per paura di scatenare la Terza Guerra Mondiale scontrandosi con le truppe della NATO.

Ciò potrebbe consentire alla Russia di assicurarsi la prevista “zona sanitaria/sicurezza” di cui il Presidente Putin haparlato durante il suo discorso di rielezione, ponendo così le basi per una spartizione asimmetrica dell’Ucraina tra la NATO e la Russia con una “zona cuscinetto” nell’Ucraina nord-orientale. In tutta onestà, la costa ucraina del Mar Nero è appannaggio della Francia, ma solo se Parigi ha la volontà politica di conquistarla e la sua popolazione non si ribella alle enormi perdite inflitte dalla Russia che potrebbero seguirne (probabilmente tramite attacchi missilistici).

Ciò che è così simbolico in questa dinamica è che cechi e slovacchi sono persone fraterne, eppure abbracciano visioni diametralmente opposte sulla Nuova Guerra Fredda.

La Nuova Guerra Fredda è concettualizzata in modo diverso da molti, ma può essere oggettivamente descritta come la divisione tra coloro che vogliono mantenere l’egemonia unipolare dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti, con tutto ciò che ciò comporta per gli affari interni dei paesi, e coloro che vogliono accelerare i processi multipolari. attraverso il mondo. Queste divisioni sono già penetrate in Occidente dopo che l’Ungheria ha cercato di guidare la controrivoluzione conservatrice di quel blocco , ma ora si sono diffuse più profondamente nell’Europa centrale con la scissione ceco-slovacca.

Il Washington Post ha attirato l’attenzione su questo sviluppo nel suo articolo su ” Come la guerra in Ucraina ha diviso cechi e slovacchi “, in cui diffama il primo ministro Fico, che è ora al suo quarto mandato dopo il suo ritorno l’anno scorso dopo essere stato in opposizione. La sua campagna è stata contrastata dall’America, che la Russia ha accusato di intromettersi nel periodo precedente al voto, ma ha comunque vinto grazie a quanto le sue promesse nazionaliste-conservatrici hanno avuto risonanza presso il suo popolo dopo che si sono inasprite a causa del globalismo liberale.

Ha poi riaffermato il suo approccio pragmatico nei confronti della NATO-russa guerra per procura in Ucraina, che gli valse l’odio delle élite occidentali e in particolare di quei membri cechi con i quali il suo paese era stato precedentemente unito dopo la prima guerra mondiale fino al loro “divorzio di velluto” nel 1993. Nello stesso periodo, il governo nazionalista-conservatore della Polonia fu sostituito da uno liberal-globalista sostenuto dalla Germania , che ha avuto l’effetto di ripristinare la traiettoria della superpotenza tedesca e di rimodellare la geopolitica europea.

Questi rispettivi capovolgimenti politici interni erano inestricabilmente collegati alla divisione della Nuova Guerra Fredda precedentemente descritta tra sostenitori unipolari e multipolari. Fico è tornato in carica nonostante l’ingerenza americana perché la sua visione nazionalista-conservatrice prometteva di rimuovere la Slovacchia dalla guerra per procura NATO-Russia in Ucraina, che è il conflitto geostrategicamente più significativo dalla Seconda Guerra Mondiale. Al contrario, il precedente governo polacco ha mantenuto il suo impegno nonostante i costi crescenti.

Mentre Fico è riuscito quindi a consolidare ed espandere la sua base, l’ultimo dei quali è dovuto alla promessa di liberare la Slovacchia da questo conflitto e quindi di ridurre i costi che ne conseguono, la sua controparte nazionalista-conservatrice polacca ha diviso la sua base e di conseguenza rielezione persa. Tuttavia, le dinamiche politiche interne sono completamente diverse in Repubblica Ceca, poiché la popolazione di quel paese è per lo più a favore dell’unipolarismo e del suo modello interno liberale-globalista, sebbene esista una certa opposizione.

Inoltre, a differenza degli stati polacco e slovacco, quello ceco in realtà trae profitto da questa guerra per procura grazie al vantaggio che ha rappresentato per il complesso militare-industriale di quel paese. Detto questo, i costi di secondo e terzo ordine si stanno effettivamente accumulando e diventeranno inevitabilmente più evidenti, ma non si sono ancora fatti sentire tanto quanto nei due paesi vicini e questo spiega perché un ex generale della NATO ha vinto la presidenza nel marzo 2023. Fino a quando in seguito, però, le differenze ceco-slovacche continueranno ad ampliarsi nel prossimo futuro.

La conseguenza di questa spaccatura è che le percezioni reciproche a livello politico e della società civile potrebbero peggiorare, il che potrebbe danneggiare gli sforzi volti a mantenere relazioni cordiali dopo il loro “divorzio di velluto” trent’anni fa. Se questa tendenza andasse fuori controllo, allora la Repubblica ceca potrebbe ricominciare a intromettersi negli affari slovacchi, e questo potrebbe intossicare i loro legami e quindi indebolire ulteriormente il Gruppo di Visegrad al quale partecipano insieme all’Ungheria e alla Polonia.

Col passare del tempo, la Repubblica ceca potrebbe anche subordinarsi alla Germania, proprio come ha fatto la Polonia in solidarietà con il leader de facto dell’UE, che prevede di guidare il contenimento della Russia da parte del blocco, nonostante la ritrovata concorrenza della Francia . A tal fine, Praga potrebbe diventare una parte “ militare” . Schengen ” firmato il mese scorso tra Germania, Polonia e Paesi Bassi, che faciliterebbe il movimento delle truppe e delle attrezzature verso i confini russo, bielorusso e ucraino.

Al contrario, ci si aspetta che la Slovacchia mantenga la sua posizione di principio di non farsi più coinvolgere in questo conflitto, il che potrebbe esacerbare le divisioni della Nuova Guerra Fredda tra loro e, a sua volta, peggiorare i loro legami a tutti i livelli. Ciò che è così simbolico in questa dinamica è che cechi e slovacchi sono persone fraterne, eppure abbracciano visioni diametralmente opposte sulla Nuova Guerra Fredda. Ciò dimostra che le divisioni ideologiche provocate dalla transizione sistemica globale trascendono anche i legami storici più stretti.

Se lo scenario di intervento convenzionale si aprirà prima dei colloqui di quest’estate e non seguirà alcuna apocalisse nucleare, allora la sostanza passerà sicuramente dal soddisfare le richieste deliranti di Zelenskyj all’investire il tempo nella discussione seria di una pace sostenibile attraverso una serie di compromessi reciproci.

Ci sono state molte speculazioni sulla proposta della Svizzera di ospitare i colloqui di pace russo-ucraini dopo che Berna ha annunciato la sua intenzione alla fine del mese scorso di farlo entro quest’estate. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha dichiarato la scorsa settimana che il suo Paese non parteciperà se l’incontro avrà solo lo scopo di promuovere l’ultimatum in 10 punti di Zelenskyj, nonostante le voci secondo cui la Cina vorrebbe che partecipasse . Politico ha poi affermato che la Cina potrebbe boicottare i colloqui se la Russia non si presenterà.

All’inizio del mese è stato valutato che “ la diplomazia cinese degli Shuttle promuoverà il suo piano di pace ma difficilmente porrà fine alla guerra per procura ”, poiché Pechino non ha l’influenza necessaria. In realtà non importa se la Cina partecipa ai colloqui di pace svizzeri non programmati se si concentrano solo sulla promozione dell’agenda dell’Ucraina, dato che ha già preso parte a colloqui simili a Jeddah l’anno scorso. Questa analisi suggerisce che la Cina probabilmente ha contrastato la propaganda anti-russa promuovendo proposte pragmatiche.

Tale scopo, tuttavia, non è più rilevante poiché non ha avuto alcun impatto sul rimodellamento della percezione del conflitto e delle sue possibili conseguenze da parte dei politici occidentali, quindi investire più tempo e sforzi nella promozione delle stesse proposte pragmatiche che non sono state ascoltate durante gli incontri precedenti non servirà a nulla. fare la differenza. Non è quindi importante se la Cina parteciperà o meno ai prossimi colloqui di quest’estate, se si tratta semplicemente di una ripetizione di quelli dell’anno scorso.

Tuttavia, la loro sostanza potrebbe cambiare improvvisamente se la Russia riuscisse a sfondare la linea di contatto, proprio come aveva avvertito il Comitato di intelligence ucraino alla fine del mese scorso. In tal caso, e soprattutto se ciò spingesse una “ coalizione dei volenterosi ” (probabilmente composta da Francia, Regno Unito , Polonia , Stati baltici e possibilmente Germania ) a intervenire in modo convenzionale , allora questi colloqui potrebbero trasformarsi in quelli più significativi da allora. la fine della seconda guerra mondiale.

La spartizione asimmetrica dell’Ucraina e la “ zona sanitaria/di sicurezza ” proposta dal presidente Putin nell’ex repubblica sovietica potrebbero avere un posto di rilievo nelle discussioni volte a creare una nuova architettura di sicurezza, ma solo se tutto non sfuggirà di controllo prima che i colloqui abbiano luogo. Dopotutto, non si può dare per scontato che la Terza Guerra Mondiale non venga scatenata da un errore di calcolo, in particolare se le forze NATO e russe si scontrassero in Ucraina o se una parte bombardasse le truppe in uniforme dell’altra.

Se lo scenario di intervento convenzionale si aprirà prima dei colloqui di quest’estate e non seguirà alcuna apocalisse nucleare, allora la sostanza si sposterà sicuramente dal soddisfare le richieste deliranti di Zelenskyj all’investire il tempo nella discussione seria di una pace sostenibile attraverso una serie di compromessi reciproci. Dato che questa sequenza di eventi non può essere esclusa, è meglio che tutti si preparino di conseguenza per ogni evenienza, cosa che probabilmente il rappresentante speciale della Cina sta facendo dietro le quinte durante il suo ultimo viaggio.

La Polonia sta ora lavorando fianco a fianco con la Germania per potenziare la traiettoria della superpotenza di quest’ultima e in particolare la sua componente militare, che sta rimodellando la geopolitica europea e rappresenta quindi uno sviluppo di importanza globale.

Il ministro della Difesa polacco Wladyslaw Kosiniak-Kamysz ha annunciato lunedì, dopo i colloqui con il suo omologo tedesco Boris Pistorius, che stanno “attivando come co-leader… la coalizione di capacità corazzate per il sostegno dell’Ucraina” oltre a riunire un gruppo di battaglia congiunto di reazione rapida di 5.000 soldati in totale. . Ciò è coinciso con la proposta del ministro degli Esteri polacco Radek Sikorski, lo stesso giorno, dopo un incontro con i suoi omologhi dell’UE a Bruxelles, di destinare gli interessi dei beni russi sequestrati all’armamento dell’Ucraina.

A metà febbraio è stato osservato che “ la subordinazione economica della Polonia alla Germania segue la sua subordinazione politica e militare ”, e poi un mese dopo, “ la subordinazione della Polonia alla Germania ora include dimensioni educative, giudiziarie e diplomatiche ”. Le precedenti analisi con collegamento ipertestuale descrivono in dettaglio i modi in cui la Polonia si è completamente subordinata alla Germania dopo il ritorno al potere di Donald Tusk , sostenuto da Berlino , come Primo Ministro, che i lettori interessati dovrebbero rivedere per saperne di più.

L’effetto combinato di questi sviluppi e dei due più recenti è che posizionano la Polonia in un ruolo importante nella “ Fortezza Europa ” della Germania, che si riferisce al suo piano per guidare il contenimento della Russia da parte dell’UE per loro procura . la guerra in Ucraina finisce finalmente. Ciò libererà le forze americane lì presenti per “ruotare (indietro) verso l’Asia” al fine di contenere in modo più vigoroso la Cina mentre la dimensione della Nuova Guerra Fredda prevedibilmente si surriscalda all’indomani di quella europea che inevitabilmente si raffredda con il tempo.

Il militare Schengen ”, che la Polonia ha accettato il mese scorso, facilita l’invio di truppe ed equipaggiamenti tedeschi ai confini russo, bielorusso e ucraino. Da lì, potranno poi esercitare maggiore pressione su Kaliningrad , preparare raid terroristici transfrontalieri simili a quelli di Belgorod contro la Bielorussia, come Minsk aveva messo in guardia l’anno scorso, e potenzialmente lanciare un intervento militare convenzionale in Ucraina insieme a Francia, Regno Unito e Polonia . Niente di tutto ciò sarebbe possibile senza lo “Schengen militare”.

La coalizione dei carri armati tedesco-polacchi potrebbe aver bisogno di tempo per prendere forma, ma il suo scopo è quello di rafforzare la “fortezza Europa” con i mezzi sopra menzionati, che Varsavia vuole finanziare parzialmente assegnando gli interessi sui beni russi sequestrati al fine di alleviare il peso sulle sue spalle. propri contribuenti. Come si può vedere, la Polonia è indispensabile per il successo di questi piani, anche se pochi osservatori devono ancora rendersi conto della sua importanza e riconoscere quanto drasticamente sia cambiato il suo ruolo dal ritorno al potere di Tusk.

Negli otto anni precedenti le elezioni di ottobre, il precedente governo nazionalista-conservatore della Polonia ha cercato di riportare il Paese sulla traiettoria del ripristino dello status di Grande Potenza perduto da tempo , cosa che ha causato seri problemi nelle sue relazioni con Germania e Russia. Gli Stati Uniti hanno sostenuto i suoi sforzi perché volevano sfruttare la Polonia come cuneo geopolitico per interrompere i legami tedesco-russi e quindi salvaguardarsi da ogni possibile riavvicinamento dopo la loro caduta due anni fa.

Il ritorno al potere di Tusk ha cambiato i calcoli strategici americani dal momento che i suoi politici hanno deciso di mettere il turbo alla ripresa della traiettoria di superpotenza della Germania che è diventata possibile dopo che egli ha completamente subordinato ad essa la Polonia. Per parafrasare ciò che Brzezinski scrisse su Russia e Ucraina: “Senza la Polonia, la Germania non potrà mai diventare una superpotenza, ma con la Polonia subornata e poi subordinata, la Germania diventa automaticamente una superpotenza”.

Dal punto di vista degli Stati Uniti, è meglio sostenere l’ascesa di una superpotenza regionale che è sotto la loro influenza e che può quindi contenere più efficacemente la Russia per suo conto piuttosto che fare affidamento su una grande potenza (Germania) e su un rivale che aspira a diventarlo (Polonia). FINE. La rinascita della Polonia del Triangolo di Weimar poco dopo aver accettato lo “Schengen militare” ha poi consentito alla Francia di partecipare al progetto “Fortezza Europa” e di spingere la Germania a coinvolgere più direttamente le sue forze militari nella guerra per procura NATO-Russia.

Allo stesso tempo, la Francia sta cercando di ritagliarsi una propria “sfera di influenza” nei Balcani attraverso la Romania – Moldavia , dopo il dispiegamento militare con la prima due anni fa e l’accordo di sicurezza recentemente concluso con la seconda, che funge da “ porta di servizio” all’Ucraina se la Polonia si spaventa. Questi sviluppi lungo il più ampio corridoio greco -ucraino, in particolare l’“ Autostrada Moldova ” della Romania, che viene costruita in modalità di emergenza, completano ma anche competono con la “Fortezza Europa”.

Da un lato, ciò può portare la Francia a mantenere la propria autonomia strategica mentre la Germania continua lungo la sua traiettoria di superpotenza e facilita l’obiettivo condiviso di contenere la Russia, ma può anche portare la Francia a sovvertire e infine a sostituire l’influenza tedesca se Berlino fa una mossa sbagliata che Parigi sfrutta. Vale la pena monitorare l’interazione tra la “sfera di influenza” della Francia nei Balcani e quella della Germania in Polonia (e probabilmente presto nei Paesi Baltici ) per vedere come questa dinamica rimodella la “Fortezza Europa”.

La coalizione di carri armati tedesco-polacchi, che potrebbe essere parzialmente finanziata stanziando gli interessi dei beni sequestrati alla Russia, aiuterà l’Ucraina a ricostituire parte dell’armatura persa durante la fallita controffensiva dell’estate scorsa . Nel frattempo, il gruppo tattico di reazione rapida che dovrebbe essere riunito entro luglio, se non prima, può fungere da punta di lancia in qualsiasi intervento convenzionale. Nel loro insieme, rafforzano la capacità militare della Germania in Polonia, che è diventata il suo più grande vassallo moderno.

La Francia potrebbe ancora battere la Germania quando si tratta di un intervento militare convenzionale in Ucraina, visto che le sue truppe sono già in Romania e Bucarest ha appena approvato il mese scorso l’ospitamento di una forza di dispiegamento rapido della NATO , ma ciò non toglie nulla a tutto ciò che la Germania sta facendo. facendo in Polonia. L’emergente “sfera d’influenza” della Francia nei Balcani non può realisticamente diventare continentale, ma la “sfera d’influenza” della Germania in Polonia potrebbe facilmente farlo, a patto che Berlino non la pasticci.

È per questi motivi che la totale subordinazione della Polonia alla Germania rappresenta un vero e proprio punto di svolta, mentre la parziale subordinazione della Romania alla Francia, per quanto significativa possa essere, non è paragonabile in senso strategico. La Polonia sta ora lavorando fianco a fianco con la Germania per potenziare la traiettoria della superpotenza di quest’ultima e in particolare la sua componente militare, che sta rimodellando la geopolitica europea e rappresenta quindi uno sviluppo di importanza globale.

È molto probabile che le loro proteste continueranno a crescere e potrebbero trasformarsi in un nuovo movimento di Solidarnosc che rappresenta una seria sfida al governo.

Si stima che questa settimana circa 70.000 manifestanti abbiano bloccato circa 570 località in Polonia nelle più grandi manifestazioni finora a sostegno dei loro agricoltori, i cui mezzi di sussistenza sono sull’orlo della rovina a causa del continuo afflusso di grano ucraino a buon mercato e di bassa qualità nel mercato interno. La decisione provvisoria dell’UE di limitare alcuni cereali ucraini ai livelli di volume medi del 2022-2023 ha escluso in modo importante il grano e l’orzo, e le esenzioni tariffarie su tutte le importazioni rimarranno in vigore per un altro anno.

Bloomberg ha poi riferito il giorno dopo che “ il sostegno dell’Europa al grano ucraino fa arrabbiare ancora di più gli agricoltori ” poiché questa misura preliminare non risponde alle loro preoccupazioni. Anche il commissario europeo per l’agricoltura Janusz Wojciechowski ha dichiarato la scorsa settimana che l’agricoltura polacca sta perdendo terreno nel commercio con l’Ucraina . È polacco e membro dell’ex governo nazionalista-conservatore che ha imposto restrizioni sulle importazioni ucraine, ma ha subito pressioni da parte del nuovo governo liberale-globalista affinché si dimettesse.

Per quanto riguarda le autorità in carica, ora stanno cercando di distrarre i manifestanti facendo approvare una proposta dell’UE per tariffare le importazioni agricole russe in risposta a un’operazione di influenza ucraina che sostiene falsamente che queste importazioni di basso livello sono responsabili della difficile situazione degli agricoltori. Questa analisi copre le varie dimensioni della loro campagna di guerra dell’informazione anti-polacca da quando le proteste sono riprese a gennaio per coloro che sono interessati a saperne di più su questa ingerenza.

L’importanza di fare riferimento a questo è quello di informare il lettore del motivo per cui la Polonia sostiene una proposta che anche Politico ha ammesso essere “più una distrazione che una soluzione reale alla difficile situazione economica che devono affrontare gli agricoltori europei, data la quota relativamente bassa del mercato UE rappresentata dalle importazioni (russe)”. Anche l’APK-Inform, l’agenzia di analisi e informazione ucraina, si è vantata del fatto che “ le tariffe per il grano russo aumenteranno la competitività del grano ucraino sul mercato dell’UE ”.

L’imminente distrazione agricola russa da parte dell’UE è quindi un modo subdolo per espandere la quota dell’Ucraina nel mercato del blocco, il che non farà altro che peggiorare i problemi per gli agricoltori polacchi, rischiando così che lo scenario delle loro proteste si trasformi in una forma moderna della Vecchia Guerra Fredda. Movimento di Solidarietà dell’epoca. All’inizio di questo mese qui è stato valutato che il nuovo governo liberale-globalista della Polonia potrebbe sentirsi sotto pressione per intervenire convenzionalmente in Ucraina come ultima distrazione da queste proteste.

A dire il vero, la decisione di farlo non sarebbe interamente guidata da questioni interne, ma probabilmente giocherebbero un ruolo enorme nel convincere i politici nello scenario di un nuovo movimento di Solidarnosc in crescita. Sviluppi sul terreno nel contesto NATO-russo la guerra per procura sarebbe molto più influente, come la possibilità che la Francia tenti preventivamente di prendere il controllo di Odessa prima di una svolta russa. Tuttavia, il punto è che la potenziale partecipazione polacca potrebbe servire a distrarre da queste proteste.

Dal momento che l’approccio dell’UE nei confronti delle importazioni agricole russe e ucraine non aiuterà gli agricoltori polacchi ma anzi peggiorerà la loro situazione, è molto probabile che le loro proteste continueranno a crescere e potrebbero trasformarsi in un nuovo movimento di Solidarnosc. In tal caso, la legge marziale potrebbe essere imposta con il pretesto di un intervento convenzionale in Ucraina e naturalmente con la necessità di eliminare tutti i blocchi che impediscono il movimento delle truppe nel paese, prendendo così due piccioni con una fava.

La suddetta politica potrebbe però rivelarsi controproducente se i manifestanti si rifiutassero di obbedire e finissero invece per scontrarsi con le forze armate, il che potrebbe complicare questa campagna nella sua fase più delicata. Il suo successo allora non poteva essere dato per scontato a causa della teoria della complessità che insegnava che le condizioni iniziali modellano in modo sproporzionato il risultato di processi complessi come questo. La possibile soluzione del governo liberal-globalista alle proteste potrebbe quindi innescare la peggiore crisi nazionale mai vista in Polonia.

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E grazie ancora a coloro che continuano a fornire traduzioni. Le versioni in spagnolo sono disponibili qui, e alcune versioni italiane dei miei saggi sono disponibili qui. Anche Marco Zeloni sta pubblicando alcune traduzioni in italiano e ha creato un sito web dedicato a queste traduzioni.

Suppongo che sia l’avanzare dell’età a farmi iniziare questi saggi a volte con un riferimento al passato, quando le cose erano, nel bene e nel male, innegabilmente diverse. Ma voglio iniziare questo saggio con il tropo del “quando ero giovane”, perché sto scrivendo di qualcosa che è cambiato in modo sostanziale da allora: l’offerta di dati sul mondo e il modo in cui ci relazioniamo ad esso. Sostengo che molti dei media moderni ci stanno facendo ammalare e che dovremmo considerarli una minaccia e proteggerci da essi.

Questo può sembrare un giudizio esagerato, ma in realtà molto spesso si riscontrano proprio queste lamentele da parte della gente comune, e anche nei media stessi. Una delle immagini più diffuse è quella del “tubo di scarico” che ci riversa le informazioni più velocemente di quanto riusciamo a recepirle. Non riesco a contare quante persone si sono lamentate con me di come “tutte le notizie sono cattive” e “non posso sopportare di guardare o ascoltare le notizie”. Ma ovviamente è così. Ecco quindi alcune riflessioni suscitate da questo tipo di commenti.

Tanto per cominciare, non è sempre stato così. Dall’arrivo dell’alfabetizzazione di massa nel XIX secolo fino forse agli anni ’80, gli individui hanno assorbito quantità relativamente limitate di informazioni sul mondo. C’era un gran numero di giornali e riviste stampate, certo, ma costavano tutti e la maggior parte delle persone ne leggeva solo alcuni. I più coscienziosi passavano di tanto in tanto un’ora nella biblioteca pubblica per aggiornarsi sugli ultimi avvenimenti. Io stesso lo facevo spesso. La scelta delle stazioni radiofoniche e televisive era limitata e, se si perdevano i notiziari, bisognava aspettare il successivo. Tutto questo significava che il volume di dati che arrivava a tutti era relativamente limitato. Ciò aveva una serie di conseguenze pratiche.

Uno di questi è che ti ha trasformato in un consumatore passivo. Non era possibile evitare il telegiornale: si guardava tutto ciò che il produttore della BBC pensava fosse necessario sapere. I genitori potevano trovare una scusa per parlare a voce alta durante alcuni segmenti che ritenevano inadatti ai loro figli, così come potevano cercare di dissuadere i loro figli dal leggere certi giornali o riviste, ma la censura a livello micro (compresa l’autocensura) era in realtà piuttosto difficile, ed era impossibile evitare di venire a conoscenza di cose del mondo che non piacevano o potevano turbare.

In secondo luogo, era molto più omogeneo di oggi. In linea di massima, i principali canali televisivi e radiofonici e i principali giornali trattavano le stesse storie, anche se con ovvie differenze di enfasi. Si poteva discutere di ciò che accadeva con la maggior parte delle persone, con un discreto grado di comprensione comune. Le barriere all’ingresso per le organizzazioni giornalistiche, sia finanziarie che pratiche, erano abbastanza alte da far sì che esse stesse fossero relativamente poche. Inoltre, tendevano a disporre di risorse adeguate rispetto agli standard dei loro discendenti odierni.

Il risultato era che se si leggevano uno o due quotidiani, si guardava il telegiornale una volta al giorno, si ascoltavano le notizie alla radio al mattino e si guardava qualche documentario di attualità (ve lo ricordate?) ci si poteva considerare ragionevolmente informati sul mondo. Ovviamente, c’erano dei limiti. I punti di vista delle minoranze potevano essere più difficili da trovare e non tutti gli argomenti venivano trattati, soprattutto quelli controversi. Allo stesso modo, un documentario televisivo poteva richiedere un’ora di tempo per essere guardato (a differenza di una trascrizione che poteva richiedere dieci minuti per essere letta) e quindi la quantità e la diversità di informazioni che potevano essere consumate dalla persona media erano limitate. Ciononostante, nella realtà (e non nella teoria) oggi le differenze su questi punti sono probabilmente minori di quanto si possa immaginare.

La deregolamentazione dei media radiotelevisivi negli anni ’80, l’avvento della videoregistrazione e la successiva introduzione della televisione satellitare hanno portato a molti cambiamenti, ma in questa sede mi occupo principalmente di quelli che riguardano l’informazione. E con “informazione” non intendo dire che il materiale fosse necessariamente “conoscenza”, che fosse accurato o che fosse utile. In effetti, si è verificato un cambio di passo nel volume di dati che venivano indirizzati al consumatore. Ma il tempo a disposizione per elaborare questi dati era ancora limitato, per ovvie ragioni, e se l’offerta aumentava radicalmente mentre la capacità di assimilazione rimaneva sostanzialmente statica, allora inevitabilmente la qualità si abbassava e la quantità di conoscenza veramente utile trasmessa in un determinato periodo di tempo diminuiva. Chiunque sia stato costretto, per motivi professionali, a sopportare la televisione satellitare 24 ore su 24 negli anni Novanta, conosce bene i notiziari infinitamente ripetitivi, le interviste ripetute e le interviste sulle interviste, e gli infiniti ospiti che non avevano altro da fare che speculare nel vuoto su qualunque fosse, o potesse diventare, la crisi del giorno. La televisione satellitare – all’epoca costosa – si prestava soprattutto a servizi brevi, sensazionali e in gran parte privi di contesto, che probabilmente fuorviavano più di quanto informassero.

Ma naturalmente è stato l’avvento di Internet a fare la vera differenza e ad aprire le porte, permettendo ai dati di riversarsi nella mente della persona media. L’introduzione di telefoni cellulari in grado di ricevere Internet ha anche aumentato la quantità di tempo in cui le persone possono essere sottoposte a questo flusso di dati. Mentre in passato, se si finiva il giornale mentre si tornava a casa dal lavoro, si doveva leggere un libro o guardare fuori dalla finestra, negli ultimi anni si potevano passare ore e ore al cellulare assorbendo dati di ogni tipo e qualità da tutte le direzioni. (Ricordiamo che in 1984 i teleschermi negli appartamenti del Partito Esterno non potevano mai essere spenti. Dubito che Orwell avrebbe creduto che un giorno la gente li avrebbe lasciati accesi continuamente e volontariamente).

Eppure è generalmente accettato che le persone non sono mediamente più informate di quanto lo fossero cinquant’anni fa e che la qualità media dei dati che ricevono è più bassa che mai. In teoria, dovremmo vivere in un’età dell’oro dell’informazione, in cui tutto ciò che vorremmo sapere è a portata di clic: un’illusione che ha portato alcuni idioti a suggerire, nei primi anni di Internet, che presto le scuole e le università non sarebbero più state necessarie, perché tutto ciò che avremmo dovuto sapere sarebbe stato facilmente disponibile.In realtà, non è solo perché c’è così tanta spazzatura in giro (e non posso davvero prendermi la briga di entrare nel merito delle “fake news”), ma anche perché, al giorno d’oggi, cercare di trovare qualcosa di affidabile con cui informarsi può sembrare richiedere le capacità di un analista di intelligence addestrato.

È anche diventato, paradossalmente, troppo facile trovare ciò che si sta cercando: la quantità di materiale disponibile online è tale che qualsiasi ipotesi si possa pensare è supportata, qualsiasi interpretazione si possa immaginare è già documentata da qualche parte. Spesso penso a Internet come alla Biblioteca di Babeledi Jorge Luis Borges , che contiene tutti i libri possibili di una certa dimensione. La maggior parte di essi sono completamente privi di senso, ma uno, da qualche parte, deve contenere la verità sull’Universo, mentre un altro la confuterà e un altro ancora confuterà la confutazione. La disperazione dei bibliotecari della Biblioteca di Borges sarà familiare a chiunque abbia cercato di ricavare informazioni veramente utili da Internet. Ma naturalmente è anche vero che l’informazione è diventata una merce: si può comprare la verità o l’interpretazione che si desidera in cambio della sopportazione di una o due pubblicità. Ben Jonson notò la tendenza del capitalismo a ridurre tutto a merce già nel 1625 con la sua opera teatrale The Staple of News. (Nella commedia, le notizie vengono vendute a seconda di ciò che il cliente desidera sentire: davvero, alcuni artisti vedono molto lontano nel futuro.

Quello che possiamo definire il rapporto “segnale/rumore” dei dati disponibili oggi non è mai stato così basso, anche se la quantità continua a crescere. Questo problema ha riguardato anche le fonti di notizie tradizionali, che oggi pubblicano una quantità di dati infinitamente maggiore rispetto al passato, ma di valore nettamente inferiore. Pochi comprano i giornali cartacei e per scaricare un PDF di uno di essi è generalmente necessario un abbonamento: poche persone sono disposte a pagare per un gran numero di questi. In generale, quindi, consumiamo ciò che un tempo era la carta stampata (gran parte della quale non ha comunque più un equivalente fisico) in forma sintetica, attraverso link e feed RSS. Di conseguenza, è abbastanza normale non riuscire a ricordare esattamente dove ci si è imbattuti in una determinata storia. Questo ha l’effetto di distruggere quelle che prima erano identità discrete per le pubblicazioni. Un tempo si comprava un giornale e lo si leggeva fino in fondo, magari sfogliando le pagine sportive, finanziarie o di lifestyle, a seconda dei propri interessi e del tempo a disposizione. Oggi è di fatto impossibile riprodurre quell’esperienza, di un’ampia varietà di notizie e commenti riuniti in un formato coerente a cui si è abituati. In pratica, significa orientarsi tra una dozzina di siti diversi alla ricerca di qualcosa di interessante, scontrandosi spesso con i paywall e venendo assaliti da pubblicità, link e storie del tutto irrilevanti.

Prendiamo un semplice esempio. Per decenni ho comprato il Grauniad con i miei soldi e l’ho letto quasi tutto. Oggi sfoglio il suo feed RSS alla ricerca di qualcosa che valga la pena leggere. Come la maggior parte dei siti di “notizie”, proietta un flusso costante di storie, sperando in qualche modo che ne trovi una abbastanza interessante da cliccarci sopra. Alle 10h00 CET, mentre scrivo, solo nelle ultime ventiquattro ore sono apparse duecento storie diverse. Mi ci vorrebbero tre o quattro ore di applicazione costante per leggerle, e un po’ di tempo per decidere se vale la pena leggerle, soprattutto perché si tratta per lo più di intrattenimento, sport (soprattutto calcio femminile) turismo, altri -ismi e “interesse umano”, mescolati a qualche sproloquio e a qualche notizia vera e propria. Tutto per attirare lettori e ottenere click e introiti pubblicitari.

Inoltre, la polemica ha sostituito sempre di più il mix di notizie e commenti che caratterizzava la carta stampata e i media radiotelevisivi, e comunque queste categorie non sono più realmente separate. Molti siti si pubblicizzano come “notizie e commenti”, anche se spesso è difficile estrarre informazioni reali da ciò che viene presentato. Ora può essere interessante leggere le opinioni di qualcuno su qualcosa, a patto che abbia una certa preparazione sull’argomento, e ciò che dice ci lascia meglio informati, anche se non si è necessariamente d’accordo con l’autore. Questo è il significato di “opinione” una volta. Al giorno d’oggi, la facilità d’ingresso nello spazio pubblico è tale che è così difficile distinguersi dagli altri, se non per il volume e la ferocia, che abbiamo assistito all’ascesa del polemista a tutto tondo, che passa senza soluzione di continuità dall’Ucraina a Gaza allo Yemen, dalla politica interna degli Stati Uniti all’economia cinese, fino a qualche questione di guerra culturale, il tutto sulla base di una rapida ricerca di mezz’ora, spesso su altri siti polemici, insieme a un certo talento nell’esprimere opinioni forti e persino violente.

Come avrete capito, questo sito non funziona in questo modo. Cerco di scrivere di ciò che conosco o di ciò che penso di poter contribuire in modo utile. Non mi piace che mi si urli contro e non lo faccio con gli altri. Ma bisogna riconoscere che gridare contro gli altri è in realtà un modello di business di grande successo. Non richiede grandi sforzi di ricerca, non richiede sofisticate capacità di costruzione e di espressione, e vi procura molti lettori che vengono sul vostro sito sapendo che voi articolerete e confermerete idee che già hanno, e quindi si sentiranno confortati e giustificati.

L’enorme quantità di dati – ancora una volta, non confondiamo i dati con le informazioni, per non parlare della conoscenza – ci sta seppellendo. Guardate la vostra casella di posta elettronica personale e vedete quanta spazzatura contiene. Anche con i sofisticati filtri antispam ne passa parecchia. Vi ricordate di esservi iscritti a quella newsletter? Cancellate con irritazione l’ennesima e-mail di marketing di un sito di giardinaggio da cui avete acquistato un annaffiatoio di scarsa qualità? Vi sfuggono cose davvero importanti nella vostra casella di posta elettronica tra la massa di fango? E che dire della vostra vita professionale: quante ore al giorno dovete passare a cercare di tenere sotto controllo le informazioni che vi arrivano, soprattutto ora che potete riceverle ovunque vi troviate? Io stesso non sono abbonato a nessun canale televisivo (non guardo quasi mai la TV), ma sento continuamente lamentele da parte di persone che devono spendere una fortuna ogni mese per una serie che gli piace, da qualche parte tra tutta la spazzatura a cui si sono inconsapevolmente abbonati.

Non doveva essere così. La deregolamentazione maniacale della televisione negli anni ’80 è stata una scelta politica deliberata, parte della privatizzazione e della finanziarizzazione della vita quotidiana. Gli eventi sportivi che prima guardavate gratuitamente sono stati presi in ostaggio e rivenduti sotto forma di abbonamento. Avrebbe potuto essere altrimenti. I sistemi di telecomunicazione sarebbero potuti rimanere monopoli governativi, responsabili nei confronti dei parlamenti e dell’opinione pubblica, piuttosto che vacche da mungere per essere vendute agli amici dei ministri. L’informatico e guru della produttività Cal Newport ha recentemente spiegato in un podcast quanto sarebbe potuta essere diversa la posta elettronica, soprattutto in ambito aziendale, se non fosse stata introdotta da Bill Gates alla Microsoft, che voleva un sistema che gli permettesse di comunicare istantaneamente con chiunque nell’azienda, e loro con lui. Il proto-internet francese, il Minitel introdotto negli anni ’80, era gratuito, sicuro e di proprietà pubblica.

Penso che dobbiamo fare qualcosa prima che tutto questo ci seppellisca e ci faccia ammalare. Non sto parlando di censura, né della “disintossicazione digitale” che alcuni sostengono, in cui ci si allontana dai social media per un po’. (In realtà, credo che si dovrebbe abbandonare del tutto i social media, a meno che non si possa dimostrare a se stessi che si ha la necessità operativa di usarli per uno scopo ben definito, ma questo è un discorso a parte). No, quello che ho in mente è un cambiamento psicologico, l’erezione di uno schermo che impedisca di raggiungere qualsiasi cosa tranne ciò che si desidera e di cui si ha bisogno. Oltre all’evidenza che troppo tempo davanti a schermi di ogni tipo ci fa ammalare, oltre al documentato effetto ormonale del cliccare ripetutamente su link di video, oltre allo stress e all’irritazione di non riuscire mai a trovare quello che si vuole, oltre alla totale schifosità dei risultati di ricerca per cui il primo risultato promettente dopo una pagina di pubblicità è vecchio di dieci anni, c’è il semplice fatto che siamo diventati schiavi di tecnologie che esistono principalmente per sfruttarci e prendere i nostri soldi. Dobbiamo riprendere il controllo.

Più facile a dirsi che a farsi, direte voi? È inevitabile, ma credo che dobbiamo iniziare a pensare in modo strutturato a come difenderci e a come utilizzare effettivamente tutti questi dati senza esserne sommersi e lasciarci deprimere. Il cambiamento che ho in mente è molto semplice: avere una domanda di default quando si ricevono informazioni, o quando si accende qualcosa che si sa che ci fornirà informazioni: ho bisogno di questo? Non intendo dire “potrebbe essere interessante?”. “potrebbe essere utile un giorno?” e tanto meno “è meglio che lo guardi perché tutti ne parlano”. Intendo dire letteralmente che non accendete la TV o la radio, non accendete il computer o non cliccate su un link a meno che non possiate convincervi che ne trarrete un qualche beneficio. Ovviamente si tratta di un modello estremamente austero e, in pratica, una volta soddisfatti questi criteri, avrete tempo e spazio per soddisfare la vostra genuina curiosità per altre cose. Così guardo video e ascolto podcast sulla storia del pensiero esoterico e sbavo su siti web dedicati a costosi articoli di cancelleria, ma questa è una scelta, non il risultato di un clic ozioso su qualcosa.

Ma come si fanno questi giudizi? Propongo due regole, una di selezione per argomento, l’altra di selezione per tipologia. La prima è più facile da capire e vi faccio un esempio. Qualche tempo fa ho deciso di non seguire gli eventi in Myanmar, se non in modo sommario. Non sono mai stato nel Paese e dubito che lo farò mai. Non conosco particolarmente bene la regione. Non ho alcuna necessità operativa di conoscere i combattimenti: Non ho intenzione di scriverne, ed è improbabile che qualcuno voglia seriamente conoscere la mia opinione sull’argomento. Così, nel mio cervello si libera spazio per altre cose. Dopo tutto, a parte la curiosità e la sensazione compiaciuta di essere “ben informato”, perché dovrei seguire gli eventi in Myanmar for? Allo stesso modo, non mi interessa molto la cosiddetta “intelligenza artificiale”. Non capisco la tecnologia se non a grandi linee e non la capirò mai. Mi interessano le ramificazioni sociali e gli effetti sul mondo accademico, quindi leggerò articoli su questo aspetto, a patto che siano scritti da qualcuno che sa di cosa sta parlando.

Il che ci porta al secondo punto. Poiché le barriere all’ingresso sono così basse, chiunque, in linea di principio, può scrivere di qualsiasi cosa. Io, per esempio, cerco di non scrivere mai di Paesi che non ho visitato o di argomenti che non conosco personalmente. Ma questo sono solo io, e Intertubes è pieno di articoli di opinione di persone che chiaramente non hanno la più pallida idea di cosa stiano realmente parlando. Quindi, quando vi imbattete in un articolo o in un video sul Myanmar che suggerisce che la guerra è il risultato di un complotto della CIA, dei russi, dei cinesi o di chiunque altro, guardate chi è l’autore. Si tratta di uno “staff writer”, di un “attivista per la pace”, di uno “scrittore di politica globale” o di qualche altra formula mortale che significa che stava cercando un argomento e ha trovato (o gli è stato dato) questo? La mia regola normale è quella di non leggere o ascoltare produzioni di questo tipo, a meno che non sia evidente che la persona in questione abbia almeno un background dettagliato e una conoscenza specialistica. Dopo tutto, vi fidereste di un articolo sui probabili movimenti dei prezzi del coltan e delle tariffe di spedizione scritto da un dentista in pensione che scrive soprattutto di musica rock e manga giapponesi?

L’altra cosa che si può fare è guardare alla natura dell‘articolo o del video, anche se l’autore in questione sembra effettivamente sapere qualcosa. Immaginate per un momento di cercare materiale su Gaza e che i primi quattro articoli che compaiono siano i seguenti:

  • Un articolo arrabbiato che condanna la politica israeliana a Gaza e chiede che i membri del governo di quel paese siano processati per crimini di guerra. `

  • Un articolo arrabbiato che difende la politica di Israele a Gaza e chiede di perseguire i critici in base alle leggi contro l’odio razziale.

  • Un lungo articolo in cui si sostiene che è tutta colpa degli inglesi per la Dichiarazione Balfour, dei sionisti, della CIA o dei russi, per distogliere l’attenzione dal loro “fallimento” in Ucraina.

  • Un articolo di uno specialista regionale sulle prospettive di un qualche tipo di negoziato di pace.

Tra tutti questi, quale leggereste? Beh, nei primi due casi sarete d’accordo o in disaccordo, e proverete un’ondata di accordo o di rabbia, nessuna delle quali è particolarmente utile. Nel terzo caso, c’è poco da guadagnare discutendo sulle “colpe” della storia. È, appunto, storia, e non fa alcuna differenza se non in discussioni che nessuno vincerà, quindi perché preoccuparsi? In ogni caso, probabilmente finirete per non essere d’accordo con l’autore, soprattutto se conoscete l’argomento. Non leggeteli e non leggete l’ultimo, a meno che l’autore non abbia un’interpretazione interessante e inedita che non avete mai visto prima.

In questo modo si libera un’enorme quantità di spazio nel cervello e si evita di stressarsi con emozioni inutili su cose che non si possono influenzare. Quindi, una volta deciso che ciò che sta accadendo a Gaza è terribile, e lo è, a quanti altri video e storie dovete sottoporvi per confermare questa opinione? Ora, se dite ad altre persone “sto molto attento a quello che guardo su Gaza, mi fa arrabbiare inutilmente”, potreste ricevere una delle due risposte. Potreste sentirvi dire “devi tenerti informato”. Ma mentre l’annuncio di un nuovo promettente piano di pace è davvero interessante e probabilmente vale la pena di leggerlo, un altro video di gazesi morti non vi dirà nulla che non sappiate già, e probabilmente vi farà solo sentire arrabbiati e impotenti. Volete sentirvi arrabbiati e indifesi? O forse la risposta è “Immagino che non ti interessi, allora?”, il che è stupido, ma è anche un’indicazione della nostra attuale convinzione narcisistica che le cose del mondo esistano solo nella misura in cui noi ci interessiamo ad esse, e per questo motivo che arrabbiarci e infelicitarci abbia in qualche modo un effetto sulla realtà. Ma cosa ci guadagniamo, in realtà, a essere infelici e scontenti per cose che non possiamo modificare e che probabilmente non riusciremo mai a influenzare?

Supponiamo quindi che non apriate un link, non guardiate un video o non accendiate la TV, a meno che non siate abbastanza sicuri di imparare qualcosa, invece di essere sgridati, emozionati o di avere la vostra attenzione venduta a un inserzionista. Questa è già una grande economia di tempo e di lavoro emotivo. Ma che dire di altre cose?

Ebbene, date un’occhiata agli abbonamenti. È molto facile iscriversi a cose che non si leggono mai, e poi c’è una successione infinita di momenti in cui si scorrono le cose o si cancellano, pensando “prima o poi dovrò disdire l’abbonamento”. Ma non lo si fa mai, e così ogni giorno è più difficile trovare il numero relativamente piccolo di cose che vale la pena leggere e per le quali si intende trovare il tempo. E naturalmente spesso ci si perde qualcosa in un flusso di spazzatura. Trovo che sia una buona disciplina esaminare tutte le e-mail istituzionali o commerciali che si ricevono e cancellarne una, solo una, al giorno, che non si legge quasi mai. Dopo una o due settimane, inizierete a notare che la vostra casella di posta elettronica (e su questo torneremo) inizia a ridursi, a patto che cancelliate regolarmente le e-mail (e anche su questo torneremo). Ciò aumenta il rapporto segnale/rumore e rende la somma totale delle informazioni che ricevete più preziosa, in media, di quanto non lo sarebbe altrimenti. Inoltre, può dare un senso di controllo che prima mancava e togliere un peso psicologico. È difficile opporsi a tutto ciò.

Sì, è vero che potreste perdervi qualcosa di utile, sì, è possibile che la newsletter che avete irritabilmente cancellato negli ultimi mesi acquisisca finalmente un buon autore o qualcuno con opinioni divertenti. Ma il senso di questo approccio è che si leggono le cose solo per eccezione. Continuare a sottoscrivere un abbonamento sulla base del fatto che “potrebbe saltar fuori qualcosa” è una perdita di tempo.

C’è un’intera sezione dell’industria della produttività dedicata al concetto di “casella di posta zero”, ma non preoccupatevi, non mi occuperò di questo. Mi limiterò a constatare che ho visto molte persone in preda al panico, all’impotenza e alla depressione per una casella di posta elettronica con duemila messaggi, tre quarti dei quali non letti e centinaia dei quali non hanno idea del motivo per cui li hanno ricevuti. Questo provoca stress e infelicità ed è una ricetta sicura per perdere cose importanti. Non sono certo un guru in questo campo, ma per quello che vale, ecco alcuni trucchi che ho adottato nel corso di decenni di utilizzo del computer e che trovo tendano a rendermi meno irritabile e ad aumentare notevolmente il rapporto segnale/rumore.

Innanzitutto, che cosa volete nella vostra casella di posta? In sostanza, volete cose per le quali farete sicuramente qualcosa, alle quali risponderete di solito, che tratterete o che leggerete all’istante. Le cose che leggerete “quando avrete un minuto”, le newsletter che sfoglierete a volte e la pubblicità di prodotti che non comprerete mai appartengono a un’altra categoria. Bene, direte voi, ma come ci si arriva? La risposta è: regole, di cui ho scritto la settimana scorsa, ma regole automatiche, che non richiedono alcun intervento da parte vostra. Per farlo, avete bisogno di un programma di posta elettronica decente con un potente componente di regole: Io uso Postbox per Mac da moltissimi anni, soprattutto per questo motivo. Inizio con diversi account per scopi diversi. Uno è il mio account Gmail “serio” per i contatti personali e professionali. Uno è il mio account Apple, che si limita per lo più alle notizie e ai contatti con loro. Poi ne ho altri tre o quattro, tra cui uno per l’acquisto di materiale e l’iscrizione a newsletter, e uno per la gestione di questa newsletter, oltre a uno accademico. Questo impone immediatamente un effetto di smistamento, poiché so che non devo guardare nessuno degli account subordinati più di una volta al giorno.

Per tutti questi account ho poi dei filtri. Il risultato è che, per il mio account Gmail, solo una manciata di e-mail arriva effettivamente nella mia casella di posta ogni giorno. Il resto viene automaticamente spostato altrove prima che io lo veda, e se ho più di dieci e-mail nella mia casella di posta, significa che ci sono nuovi mittenti per i quali non ho ancora elaborato una regola, oppure un’improvvisa ondata di e-mail importanti. Tutto ciò che ho trattato viene archiviato nella cartella appropriata e tutto ciò di cui mi occuperò in seguito viene copiato in Omnifocus, dove viene assegnato a un giorno. Solo le cose che non posso fare o pianificare immediatamente rimangono nella Posta in arrivo. Può sembrare estremo, ma la sensazione di avere il controllo, di aver deciso da soli cosa guardare e cosa no, vale le poche ore necessarie per creare e mantenere le Regole.

Ma questa è solo la metà. Avete migliaia di e-mail in attesa di essere lette? Ho impostato delle regole che si applicano alle singole cartelle di lettura. Dopo un determinato periodo di tempo, i documenti che non ho salvato, le richieste di soddisfazione a cui non risponderò mai, i dettagli di viaggi in treno o in aereo che ho già fatto, i dettagli delle prenotazioni di hotel o ristoranti passati, le offerte speciali ormai scadute, scompaiono tutti, che siano stati letti o meno. Forse sparisce anche del materiale utile, ma la mia opinione è che se non l’ho letto dopo un periodo compreso tra sette e trenta giorni, non lo leggerò. Meglio sbarazzarsene. Non da ultimo, i vantaggi di questo tipo di approccio sono che si vede cosa è importante e cosa no, e cosa è effettivamente necessario fare, invece di quello che qualcun altro vuole che si faccia.

Naturalmente, nulla di tutto ciò impedirà alle persone di cliccare su link casuali o video che si riproducono automaticamente uno dopo l’altro. Ma provate, a titolo di esperimento, a pensare che forse il diluvio di informazioni a cui siamo sottoposti in questi giorni potrebbe essere un vantaggio piuttosto che una sfida, a patto che, e solo a patto che, ve ne facciate carico. Dopo tutto, qualcuno avrà il controllo della vostra vita informativa, e potreste essere voi.

E ora, se volete scusarmi, vado a svuotare alcune cartelle e a cancellarmi da un paio di newsletter.

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LA LEGITTIMITÁ DI PUTIN, di Teodoro Klitsche de la Grange

LA LEGITTIMITÁ DI PUTIN

1.0 L’esito – scontato – delle elezioni presidenziali in Russia, con un plebiscito a favore di Putin ha suscitato, in Occidente, una copiosa contestazione della legittimità delle stessa (e quindi dell’esito).

A parte il fatto che, indubbiamente, le condizioni in cui si sono svolte e, ancor di più, la storia della Russia – così diversa da quella dell’Europa occidentale – fanno sì che pretendere lì le stesse garanzie normali da noi è come sparare sulla croce rossa. Altro sono le elezioni in Stati che da secoli si sono evoluti in democrazie liberali altro quello di un popolo che, a parte qualche mese nel 1917 (!)fino al 1989 è passato da autocrazia al totalitarismo. Insomma il Cremlino e S. Basilio possono essere belli, ma sicuramente non profumavano di democrazia e libertà come Downing Street.

Tuttavia l’occasione è provvida per tornare sul concetto di legittimità, di cui, specie da noi, si fa, a parte questa occasione un uso parsimonioso e, nemmeno a dirlo, parziale.

La legittimità è definita (trascriviamo il tutto dal Dizionario di politica di Bobbio-Matteucci-Pasquino) consistere “nella presenza in una parte rilevante della popolazione un grado di consenso tale da assicurare l’obbedienza senza che sia necessario, se non in casi marginali, il ricorso della forza” tuttavia “il processo di legittimazione non ha come punto di riferimento lo Stato nel suo complesso, ma i suoi diversi aspetti; la comunità politica, il regime, il governo… Pertanto la legittimazione dello Stato è il risultato di una serie di elementi disposti a livelli crescenti, ciascuno dei quali concorre in modo relativamente indipendente a determinarla”. Riguardo al potere costituito si possono individuare “due tipi fondamentali di comportamento. Se determinati individui o gruppi percepiscono il fondamento e i fini del potere come compatibili o in armonia con il proprio sistema di credenze e operano per la conservazione degli aspetti di fondo della vita politica, il loro comportamento si potrà definire come legittimazione. Se, invece, lo Stato viene percepito nella sua struttura e nei suoi fini come contraddittorio con il proprio sistema di credenze e questo giudizio negativo si traduce in un’azione” allora non c’è legittimazione. Ora Weber individuava tre tipi di legittimità: tradizionale, razionale-legale, carismatica. In genere strumenti istituzionali di verifica della compatibilità dei governanti, con il common sense dei governati si trovano soltanto in un tipo di Stato: quello democratico, soprattutto attraverso le elezioni (a larga base elettorale). Il che non vuol dire che non votandosi in altri tipi di Stato questi non siano legittimi.

Pellicani scrive che “La legittimità è lo specifico attributo che hanno gli Stati che godono di un diffuso consenso da parte dei governati. Essa non va confusa con la legalità, Questa si riferisce al modus operandi del potere sovrano, mentre la legittimità riguarda la titolarità dello stesso. È legittimo il potere che l’opinione pubblica percepisce come l’istituzione che ha il diritto di governare” onde “naturalmente, il principio di legittimità varia da civiltà a civiltà, società e società e da epoca a epoca. Ma la sua funzione è sempre la stessa: quella di conferire a un soggetto (individuale o collettivo) il diritto di comandare e di dare all’obbedienza dei governati una base morale”.

Onde anche se non legittimati elettoralmente, come ad esempio i monarchi negli Stati dell’età moderna (come anche di quella feudale), erano legittimi perché i sudditi credevano che avessero il diritto di comandare. Fino al punto di prendere le armi per difenderne il trono come nell’insurrezione vandeana e nelle guerre partigiane (ossia di popolo) in Italia e in Spagna.

Nel caso di Putin quindi, e premettendo che le elezioni, tenuto conto della situazione interna, hanno comunque dato una legittimazione positiva a Putin

vediamo perché.

Dicono i sondaggi che il Presidente russo goda di un’ampia popolarità, non lontana dalla percentuale di voti favorevoli riscossi. Non sappiamo se fidarcene: comunque bisogna registrarla e cercare in altre, possibili cause il consenso che Putin avrebbe.

In primo luogo se è vero che il concetto più condiviso di legittimità è quello della “coincidenza di valori” o meglio dell’idem sentire de re publica tra governati e governanti è noto che ce n’è anche un altro, dovuto ad Hobbes, cioè della concreta ed effettiva prestazione della protezione da parte dei governanti a fronte dell’obbedienza richiesta ai governati che esponiamo trascrivendola dal Dizionario di politica citato “Quando il potere è stabile ed è in grado di assolvere in modo progressista o conservatore alle proprie funzioni essenziali (difesa, sviluppo economico ecc.), esso fa valere contemporaneamente la giustificazione della propria esistenza, facendo appello a determinate esigenze latenti nelle masse, e con la potenza della propria positività si crea il consenso necessario”. Orbene Putin ha conseguito indubbi risultati positivi nel suo più che ventennale governo della Russia. Emerge dai dati internazionali che il PIL individuale è cresciuto di circa 4 volte (tanto per fare un confronto in Italia la crescita è stata, nello stesso periodo, di pochi punti percentuali).

Quanto alla difesa non ha esitato a difendere lo Stato sia contro le forze secessioniste (v. conflitto ceceno) sia contro le intromissioni internazionali (Georgia ed Ucraina).

Se poi si condivide idea di un pensatore come Bonald secondo il quale la Costituzione è (in primo luogo) il modo di esistenza di un popolo, Putin, sia con le opere che con i discorsi, ha dimostrato di voler proteggere il mondo d’esistenza russo, e ancor più di non volerlo fotocopiare da quello americano-occidentale.

In sostanza la legittimità di Putin può essere contestata ma prendendo come elementi qualificanti l’accettazione  da parte dei governati e la conformità allo spirito e agli interessi nazionali.

2.0 Diversamente gli osservatori occidentali delegittimano Putin sulla base di presupposti e valutazioni ideologiche e soprattutto non riferentesi alla legittimità come rapporto tra capo e seguito, lubrificante del potere e del presupposto del comando/obbedienza. Vediamo come.

Sui soggetti. A giudicare se un potere sia legittimo o meno sono coloro che gli sono soggetti. Cioè i russi e non politici e giornalisti occidentali. Che un potere sia legittimo o meno è un giudizio su fatti: il consenso, la pace, l’ordine. Potrà pure essere un colossale errore condiviso, ma resta il fatto che se i sudditi sono convinti del diritto dei governanti a governare il potere è legittimo. Il fatto che non lo pensino gli stranieri non ha significato e conseguenze di rilievo.

Sui parametri. Anche qui mentre i parametri con cui gli esterni giudicano il potere di Putin sono procedurali e valoriali (e soprattutto non sono – o solo in parte – quelli dei russi); quelli dei russi sono assai più ampi e soprattutto più concreti: a cominciare dall’incremento del benessere economico e della salvaguardia delle specificità nazionali. I diritti LGBTQIA+ e l’attuazione del green deal non sembra che siano in cima alle aspirazioni ed ai giudizi dei russi. Probabilmente una maggiore libertà lo sarebbe: ma tenuto conto che ne hanno sempre avuta poco, quel di più che i governi post-comunisti hanno loro assicurato non appare disprezzabile.

Infine è curioso che a giudicare della legittimità di un governo siano coloro che, con quello, sono in uno stato di ostilità manifesta. A parte il resto, è chiaro che contestare, fino a demolire la legittimità del nemico è una risorsa importante – e spesso decisiva – della guerra psicologica. Perché indebolisce il nemico; e quindi è poco credibile sia come giudizio sine ira et studio che come strumento di pace.

3.0 C’è una terza considerazione da fare: politici e giornalisti omettono di considerare che se Putin deve fare ancora molta strada per essere considerato un ineccepibile liberaldemocratico, anche ad ovest della Vistola ci sono stati e governanti che dovrebbero “rifare gli esami”; e non ci riferiamo al solito Orban. Ma soprattutto all’Italia. Specialmente alla c.d. “seconda repubblica”. Se è vero che Putin è poco liberale, è altrettanto vero che in Italia abbiamo avuto: a) governanti mai eletti dal popolo, non solo in elezioni per la carica di governo ma in nessuna elezione, neppure nell’assemblea di condominio (Monti e Draghi). Per cui è impossibile verificare elettoralmente il consenso che avevano (per Draghi) e verificarne solo a posteriori (per Monti) accertando che godeva di percentuali da prefisso telefonico (v. elezioni europee del 2014 il risultato delle liste “montiane”); b) che tutti i Presidenti del Consiglio dal 2011 sono stati nominati malgrado non designati elettoralmente ma altrove. La prima a infrangere questa costante è proprio la Meloni, che ha rammendato (per noi) lo strappo tra democrazia parlata e oligarchia praticata; c) per essi come per il Presidente della Repubblica a decidere è il Parlamento. Pertanto se Putin ha riportato un consenso plebiscitario, anche se contraffatto, in genere i governanti italiani né sono stati nominati dal popolo, né al popolo piacevano un granché. E questo senza voler approfondire circostanze che, forse, hanno alterato i risultati elettorali in maniera decisiva (v. politiche 2006 con la maggioranza risicata dei voti al centrodestra in una Camera e nell’altra al centrosinistra) e che è superfluo ricordare. In particolare quelli che conseguono al controllo dei principali strumenti di informazione. Per cui se Putin lascia, come liberaldemocratico, a desiderare, certi governanti nostrani non sono certo un esempio di virtù. Anche nel senso di Machiavelli.

Teodoro Klitsche de la Grange

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SITREP 3/19/24: L’esercito francese propone apertamente un dispiegamento di 20.000 truppe, di SIMPLICIUS THE THINKER

SITREP 3/19/24: L’esercito francese propone apertamente un dispiegamento di 20.000 truppe

La situazione in Ucraina continua ad aggravarsi, con la Francia che continua la sua spirale di escalation a colpi di sciabola.

Esaminiamo rapidamente i nuovi segnali distinti inviati da tutta la NATO:

In un nuovo articolo di Le Parisien, Macron avrebbe ribadito l’eventuale necessità di truppe di terra per salvare l’Ucraina:

In effetti, Macron ha mostrato la sua pericolosa arroganza nell’articolo, recitando il tropo della Russia come una stazione di servizio mediocre con le armi nucleari:

“Putin fa un discorso di paura. Non deve farsi intimidire, non abbiamo davanti a noi una grande potenza. La Russia è una media potenza con un’arma nucleare, ma il cui Pil è molto inferiore a quello degli europei, inferiore a quello della Germania, della Francia”.

Ovviamente, è compito di un banchiere Rothschild non capire come funziona l’indice PPA per i Paesi in surplus commerciale.

A ciò ha fatto seguito il capo di Stato Maggiore dell’Esercito francese Pierre Schill che ha lasciato intendere a Le Monde che l’esercito sarebbe stato pronto per qualsiasi compito di questo tipo:

…di arrendersi?

Egli precisa che la Francia dispone di una divisione completa di 20.000 uomini che può essere inserita entro 30 giorni:

Questo è stato sostenuto da un nuovo video della TV francese che mostra il tenente colonnello francese Vincent Arbaretier discutere apertamente i tipi di dispiegamento militare che il contingente francese di 20.000 persone può intraprendere in Ucraina.

Il primo clip contiene i punti più salienti, mentre l’altro è il segmento completo:

Completo:

Quest’ultima azione della Francia è stata coronata da una dichiarazione sconcertante del capo delle spie russe Naryshkin, secondo cui la Francia sta preparando 2.000 truppe da schierare:

MOSCA, 19 marzo. /tass/. La Russia ha saputo che la Francia sta già preparando un contingente militare da inviare in Ucraina, che nella fase iniziale sarà di circa 2 mila persone. Lo ha dichiarato il direttore del Servizio segreto estero (SVR) della Federazione Russa Sergey Naryshkin. Il suo commento è a disposizione della TASS.

In realtà, egli afferma che il numero di 2.000 sarebbe solo la “fase iniziale”, ma sostiene che tale forza diventerebbe un obiettivo prioritario per gli attacchi russi:

Nella fase iniziale, saranno circa 2 mila persone”, ha detto Naryshkin.

Secondo il direttore dell’SVR, i militari francesi temono che un’unità così importante non possa essere trasferita tranquillamente in Ucraina e acquartierata lì. “In questo modo, diventerà un obiettivo legittimo e prioritario per gli attacchi delle forze armate russe. Ciò significa che lo attende il destino di tutti i francesi che sono venuti sul territorio del mondo russo con una spada”, ha concluso Naryshkin.

L‘aspetto interessante è che un rapporto russo separato sembra corroborare questo dato, anche se non ho informazioni sulla sua autenticità, quindi prendetelo con un granello di sale:

Secondo informazioni basate su conversazioni ed e-mail intercettate, la Francia sta mobilitando 1.800 riservisti alla guida di camion per trasportare carburante e attrezzature militari in Ucraina. Marie Mercier, oscura senatrice di Saône-et-Loire ma vicepresidente del gruppo di amicizia Francia-Ucraina del Senato, sembra coordinare questa operazione in collegamento con André Accary (a sinistra nella foto), presidente del consiglio dipartimentale di Saône-et-Loire. Régis Poiraud (a destra nella foto), sottufficiale di riserva e presidente dell’UDSOR (Union Départementale des Sous-Officiers) di Saône-et-Loire, stretto collaboratore del senatore Mercier, sarebbe responsabile dell’organizzazione operativa.

Per la cronaca, il Ministro della Difesa francese ha ufficialmente negato le affermazioni russe:

Il Ministero della Difesa francese smentisce il progetto di inviare 2.000 soldati in Ucraina

Il dipartimento militare sostiene che la dichiarazione del capo dell’SVR Naryshkin sull’addestramento di 2.000 militari francesi da inviare in Ucraina non corrisponde alla realtà.

Il testo della dichiarazione utilizzava le solite frasi sulle “provocazioni irresponsabili” e sulle “operazioni di disinformazione”.

Nel frattempo, la TV francese sta discutendo attivamente l’invio di personale militare e il suo dispiegamento sul territorio dell’Ucraina.

Seguono alcuni rapporti discutibili su mercenari francesi già avvistati mentre si dirigono in Ucraina attraverso la Bulgaria – video conclusivo al link sopra.

Mercenari francesi sono stati avvistati in Bulgaria mentre si recavano in Ucraina?

Gli abitanti del luogo affermano di aver visto convogli di mercenari ed equipaggiamenti francesi nei pressi della città di Sliven, in volo verso Sofia e poi in camion verso l’Ucraina. Il giorno prima, la nave cargo della Marina statunitense Leroy A. Mendonica ha consegnato al porto di Alexandroupolis, nel nord della Grecia, un carico di attrezzature militari da dispiegare in Europa come parte del “rafforzamento delle forze NATO sul continente”.

Per non parlare del fatto che la Brigata Azov ha pubblicato questo video tempestivo per dare ufficialmente il “benvenuto” alla Legione francese per aiutarli in Ucraina:

Traduzione dello splash-screen finale:

Nel frattempo il quotidiano spagnolo El Pais ha confermato che le truppe europee sono già da tempo in Ucraina :

A proposito della Spagna, il suo ministro della Difesa Margarita Robles ha avuto l’audacia di parlare di “minaccia reale” che i missili di Putin possano raggiungere la Spagna:

Fortunatamente, sembra che abbia escluso inequivocabilmente che le truppe spagnole vengano mai dispiegate in Ucraina in futuro. Ma qualcuno può illuminarmi sul perché Putin dovrebbe decidere di colpire proprio la Spagna? Le paure infondate di questi euro-mutanti sono semplicemente fuori di testa!

“Non possiamo escludere che i soldati britannici vadano in Ucraina per affrontare il regime di Putin”, ha dichiarato l’ex ministro della Difesa britannico Ben Wallace.

Nel pezzo di Politico sopra citato, l’ex capo dell’MI6 Richard Dearlove avverte:

“Se fermaste qualcuno per strada qui nel Regno Unito e gli chiedeste se pensa che la Gran Bretagna sia in guerra, vi guarderebbero come se foste pazzi”, ha detto Dearlove. “Ma siamo in guerra, siamo impegnati in una guerra grigia con la Russia, e sto cercando di ricordarlo alla gente”.

Tutti gli “Amori” sono persone così belle, eh? Dearlove, Breedlove, Strangelove…

Ancora una volta ci troviamo di fronte alla domanda ricorrente: perché ora?

Se la Francia fosse davvero così preoccupata per la caduta di Odessa, nello specifico, allora non starebbe di certo militando per un intervento a breve, dal momento che la Russia sembra lontana anni dal minacciare Odessa – a meno che non ci sia qualche gigantesco assalto anfibio e aereo in atto di cui non siamo a conoscenza.

Per deduzione logica possiamo solo supporre che non sia l’imminente caduta di una zona in particolare, come Odessa, a preoccuparli tanto, ma presumibilmente la disintegrazione dell’AFU come forza militare funzionante. Uno degli indizi è stato il video del colonnello francese, che ha messo in evidenza i grafici dell’ipotetico dispiegamento della Francia nelle regioni settentrionali ucraine di confine o nella zona del fiume Dnieper, proprio con l’intenzione che abbiamo illustrato qui per prima: alleggerire le unità ucraine di retrovia dai loro compiti poco impegnativi per consentire loro di rifornire le forze da combattimento esaurite al fronte.

Detto questo, tecnicamente parlando, una divisione di 20.000 uomini – secondo gli standard della teoria militare classica – dovrebbe essere in grado di tenere, al massimo, un fronte di 10 km, più o meno, non di 700 km come il confine settentrionale che va dalla Bielorussia alla regione di Sumy o anche la lunghezza simile del Dnieper. Certo, si tratta di un fronte inattivo, quindi potrebbe esserci un certo margine di manovra, ma anche così. Detto questo, potrebbero cercare di non coprire l’intero fronte, ma piuttosto di liberare altri 20.000 caccia dell’AFU, ad esempio.

Il giornalista militare Alexander Kharchenko:

Guardando il continente europeo dall’Africa, non capisco cosa spera l’Ucraina. Anche se i francesi portassero 20.000 corpi d’armata, non riuscirebbero a chiudere nemmeno la direzione di Bakhmut. Kiev non avrà l’esercito più avanzato, ma sotto le mura di questa città ha perso solo oltre 40.000 soldati uccisi. Se i francesi siano pronti a rinnovare due volte il loro contingente e a dichiarare la mobilitazione è un grosso problema.

Alexander Kharchenko

Ma cos’altro potrebbe aver fatto innervosire Macron a tal punto da spingerlo a fare voli pindarici così disperati? Ebbene, le notizie provenienti da fonti autorevoli continuano a essere piuttosto negative per l’Ucraina.

Borrell ci dà un indizio:

“È questa primavera, questa estate prima dell’autunno che si deciderà la guerra in Ucraina”, ha detto Borrell ai giornalisti giovedì pomeriggio.

Borrell ha detto che in tutti i suoi incontri ha sottolineato le conseguenze di una vittoria russa in Ucraina.

Se il Presidente Vladimir Putin “vincerà questa guerra e conquisterà l’Ucraina e metterà un regime fantoccio a Kiev – come quello che abbiamo già in Bielorussia – non si fermerà lì”, ha detto Borrell.

“I prossimi mesi saranno decisivi”, ha detto, aggiungendo che “qualsiasi cosa debba essere fatta, deve essere fatta rapidamente”.

Qualunque cosa debba essere fatta, deve essere fatta con rapidità!

Perché questa improvvisa urgenza?

“Molti analisti si aspettano una grande offensiva russa quest’estate e l’Ucraina non può aspettare l’esito delle prossime elezioni americane”, ha detto Borrell.

È dunque la prevista nuova offensiva russa di primavera a preoccuparli tanto?

Potrebbe avere a che fare con questo?

In una nuova intervista, il generale polacco Rajmund Andrzejczak ha dichiarato :

Ritiene che dopo il 2026 la Russia possa attaccare un Paese della NATO, il che non fa altro che telegrafare le intenzioni della NATO stessa di provocare la Russia in un’altra guerra entro quella data.

Quanto è grave la situazione ucraina, secondo il generale?

Problemi dell’Ucraina. “Situazione drammatica

“Molto, molto drammatica”, così il generale ha descritto la situazione al fronte in Ucraina .

“Non ci sono miracoli in guerra. Un cambio nella carica di comandante in capo non potrebbe cambiare la situazione strategica. Il generale Sirsky ha gli stessi dilemmi del generale Zaluzhny. Si è scoperto che doveva ritirare le sue truppe e mettere in ordine la linea del fronte. Tutti i problemi che aveva Zaluzhny sono rimasti”, ha sottolineato Andrzejczak.

E infine, la grande notizia bomba che fa strappare i capelli a tutti: le perdite totali dell’Ucraina sono “milioni”:

Non è chiaro se stia contando gli uomini fuggiti dal Paese o meno, ma la conclusione è la stessa: l’Ucraina “non ha più nessuno per combattere”.

Per chi fosse interessato, l’intervista completa è riportata di seguito e contiene molte altre curiosità:

Quindi, è possibile che queste notizie funeste siano vere o solo un’esagerazione per accelerare gli aiuti?

Questo nuovo articolo del WaPo sembra corroborare le affermazioni sulla riduzione delle truppe :

“È un dato di fatto”, ha dichiarato Larysa Bodna, vicedirettrice della scuola locale, che tiene un database degli studenti i cui genitori sono dislocati. “La maggior parte di loro non c’è più”.

L’Ucraina ha un disperato bisogno di più truppe, con le sue forze impoverite da morti, feriti ed esaurimento. Nonostante le enormi perdite della Russia, gli invasori sono ancora molto più numerosi dei difensori dell’Ucraina, un vantaggio che sta aiutando Mosca ad avanzare sul campo di battaglia. Il parlamento ucraino sta discutendo una proposta di legge per ampliare la leva, in parte abbassando l’età di ammissione a 25 anni da 27, ma a Kiev si stanno prendendo poche decisioni che rispondano rapidamente alle urgenti necessità dell’esercito.

All’esterno Zelensky e co. sostengono che non ci sono mobilitazioni coercitive, ma il WaPo lo confuta:

I civili dicono che questo significa che i reclutatori militari stanno prendendo tutti quelli che possono. Nella parte occidentale, la mobilitazione ha costantemente seminato panico e risentimento in piccole città e villaggi agricoli come Makiv, dove i residenti hanno detto che i soldati che lavorano per gli uffici di leva vagano per le strade quasi vuote alla ricerca di qualsiasi uomo rimasto. Queste tattiche hanno portato alcuni a credere che i loro uomini siano presi di mira in modo sproporzionato rispetto ad altre regioni o a città più grandi come Kiev, dove è più facile nascondersi.

La quantità di citazioni inquietanti contenute in questo articolo è da capogiro:

Quasi tutti i nostri uomini sono stati eliminati”, ha detto Serhii, 47 anni, soldato di fanteria di Makiv, arruolato nel marzo 2022 e in servizio nella 115a brigata ucraina.

Una sfilza di altri articoli si è unita al lugubre coro, come è diventato la norma negli ultimi mesi:

Il pezzo del WaPo di cui sopra si apre con una “cupa” previsione:

I funzionari statunitensi prevedono una serie di scenari desolanti in Ucraina se gli aiuti militari richiesti dal presidente Biden non si concretizzeranno, tra cui un crollo catastrofico delle linee ucraine nell’eventualità più triste e la probabilità di un numero massiccio di vittime nella migliore delle ipotesi.

Per la prima volta, si usa apertamente la temuta parola “C”: collasso:

“Questo non va bene per l’Ucraina nel tempo senza un’integrazione, e potrebbe portare a un potenziale collasso”, ha detto un alto funzionario degli Stati Uniti. “Ma il punto è questo: Anche se l’Ucraina dovesse resistere, quello che stiamo dicendo è che faremo leva su innumerevoli vite per riuscirci”.

Nel pezzo si cita il direttore della CIA Burns che afferma che le perdite territoriali di quest’anno saranno “significative” se non verranno forniti aiuti.

Parlando in forma anonima, un’altra fonte governativa statunitense ha dichiarato:

Se finirà con un collasso o con un gran numero di vittime” rimane un argomento di dibattito interno, ha detto l’alto funzionario di. “Ma non c’è un futuro roseo per l’Ucraina senza un sostegno supplementare e continuo”.“Ma non c’è un futuro roseo per l’Ucraina senza un sostegno supplementare e continuo da parte degli Stati Uniti”.

Come potete vedere, hanno colmato l’ultimo abisso e ora si aprono invocando il più verboso dei dilemmi: che l’Ucraina possa crollare del tutto. È questa la spiegazione dell’improvvisa urgenza e dei discorsi disperati sull’invio di truppe NATO? La situazione all’interno dell’AFU è molto peggiore di quanto sembri?

Continuano affermando che la difesa aerea dell’Ucraina, in particolare, si è esaurita a tal punto che presto potrebbe prendere di mira solo 1 missile russo su 5:

Mentre l’Ucraina ha cercato di abbattere 4 missili su 5 lanciati contro le sue città, presto potrebbe essere in grado di colpirne solo uno su 5, ha detto uno di questi funzionari. Questo avrebbe un effetto significativo sulla vita nei centri urbani ucraini, molti dei quali hanno assunto una relativa normalità nell’ultimo anno, poiché la difesa missilistica si è dimostrata generalmente efficace.

Nel frattempo, ecco cosa deve affrontare l’AD dell’Ucraina:

Un rapporto afferma che:

Militarista 

Negli ultimi due mesi, le perdite dell’esercito ucraino sono aumentate del 70% rispetto all’anno precedente. Ciò sarebbe dovuto al rapido aumento dell’intensità e dell’accuratezza dei bombardamenti con bombe radenti.

Nonostante l’esercito ucraino citi ancora numeri buffi come 20-30 bombe al giorno, anche nei giorni più tranquilli vengono effettuati attacchi aerei con almeno 300-400 bombe alogene.

La vera distruzione inizierà presto, quando questa cifra comincerà a raggiungere le 500 e poi le 1000 bombe al giorno.

Il massimo esperto di radioelettronica e di droni dell’AFU, Serhiy Flash, ha dichiarato che presto, tra quattro mesi, la Russia produrrà un numero di droni FPV sufficiente a colpire ogni singolo soldato dell’AFU, condannando così a morte il 99% dell’AFU:

E le cattive notizie continuano ad arrivare per la NATO:

A proposito, il capitalismo non doveva essere così chiaramente superiore alle economie pianificate/gestite? Recenti articoli del MSM lamentano che i Paesi occidentali non possono competere con il settore della difesa russo perché Putin utilizza un’economia pianificata:

Beh, è imbarazzante.

ISW prevede una nuova offensiva russa nel corso dell’anno :

E ha anche ammesso la crescente capacità della Russia di adattarsi a tutte le sfide :

Infine, nel mio stile di temperare qualsiasi conclusione troppo azzardata da una parte o dall’altra, noterò che gli ottimisti dell’UE sostengono di aver “trovato” una nuova scorta segreta di 800.000 proiettili da qualche “alleato russo” senza nome – alcuni ritengono che si tratti di Qatar, Arabia Saudita, Egitto, Algeria, India, ecc. Se c’è del vero, la quantità di proiettili potrebbe essere quasi un anno per l’AFU – tuttavia, mi riservo di giudicare che potrebbe essere uno stratagemma disperato dell’ordine del bluff o dell’esagerazione, inteso a sostenere le prospettive catastrofiche che stanno attraversando il campo occidentale.

Ci sono anche varie notizie sulla formazione di nuovi “patti” che potrebbero inondare l’Ucraina con un altro enorme lotto di veicoli blindati:

Ma ancora una volta, per ora lo considero solo un pio desiderio.

In effetti, le principali teorie ritengono che la situazione delle munizioni occidentali fosse così misera da portare la Francia a esaurire le munizioni in soli 4 giorni di conflitto serio contro la Russia:

Per non parlare del fatto che tutti i discorsi sull’accumulo sembrano sempre sbattere contro il muro di mattoni della realtà:

Ma è comunque una minaccia seria che deve essere presa in considerazione, soprattutto perché l’Europa sta attivamente e continuamente pianificando una guerra futura, o almeno sta cercando di convincere le parti interessate a farlo .

Per esempio, non solo il moldavo Maia Sandu sta discutendo apertamente di un referendum per l’adesione all’UE, che è solo un precursore dell’adesione alla NATO subito dopo:

Ma l’estone Kaja Kallas si batte per la guerra nucleare, dicendo al pubblico che le minacce nucleari di Putin non devono essere prese sul serio:

L’ho detto su X, ma lo ripeto qui: per molti versi la Guerra Fredda è stata un’epoca molto più sicura perché al comando c’erano persone più serie, non psicopatiche, che rispettavano davvero i pericoli dell’olocausto nucleare. I leader di oggi sono tutti burattini immoralmente degradati, probabilmente messi al comando solo sulla base di kompromat, e non hanno più le qualità professionali o la discrezione necessarie dei loro antenati per la gravità della situazione. La società, più che mai stupefatta dal pane e dal circo, è ovviamente cieca di fronte alla totale ignoranza e alle pericolose provocazioni dei suoi leader.

Infine, è stato riferito che la Romania starebbe costruendo quella che sarà la più grande base d’Europa, persino più grande di Ramstein e proprio al confine con l’Ucraina, chiaramente destinata a essere il principale nodo operativo contro la Russia nella regione:

Sul territorio della Romania è iniziata la costruzione della più grande base militare della NATO in Europa, progettata per 10 mila militari.

La struttura, progettata per ospitare contemporaneamente 10 mila militari con le loro famiglie, sta sorgendo su un’area di quasi tremila ettari vicino a Costanza, un porto rumeno sul Mar Nero. In precedenza, vi si trovava la base aerea NATO “Mihail Kogalniceanu”.

“La base diventerà la più importante struttura militare permanente della NATO in prossimità del conflitto nell’Ucraina meridionale. Non immaginiamo che questo conflitto finisca nel 2025 o nel 2026, questo è un conflitto a lungo termine”, ha dichiarato l’esperto rumeno Dorin Popescu.

Il progetto, del valore di 2,5 miliardi di euro, comprende piste di atterraggio, piattaforme per le armi, hangar per gli aerei militari, oltre a scuole, asili, negozi e un ospedale.

Se si mettono insieme i pezzi di cui sopra, è chiaro che l’obiettivo è quello di portare la Moldavia all’ovile, di radicare la regione e di creare massicci accumuli militari per assicurarsi che la Russia non possa mai riprendere Odessa o mantenere la supremazia sul Mar Nero. Ecco perché è più che mai imperativo per la Russia portare a termine il lavoro, catturare Odessa e sbloccare la PMR per evitare di essere strangolata dalla NATO. Non dimentichiamo che laPMR ha appena subito uno dei suoi primi assalti militari diretti: un elicottero Mi-8 è stato distrutto da un drone FPV “sconosciuto”, una provocazione con una chiara angolazione.

Vi lascio con gli ultimi due video:

A Georgievka, uno dei più grandi arresti di truppe dell’AFU della memoria recente:

Nel frattempo Legitmny riporta:

Il prossimo:

Le forze speciali russe ispezionano l’Abrams distrutto vicino a Berdychi, Avdeevka, che si spera possa essere catturato e trainato fuori nel prossimo futuro:

Come ultimo punto:

Ecco due nuovi ottimi articoli di M.K. Bhadrakumar. Il primo, intitolato “Novorossiya” che risorge dalle ceneri come una fenice, riassume molti dei punti discussi qui, con l’agonia terminale dell’Europa per il potenziale ritiro degli Stati Uniti e la consapevolezza della propria inconsistenza.

Il secondo, ancora più nutriente ed erudito, è: “La Francia tutta vestita e senza un posto dove andare“. Se avete tempo solo per uno, vi consiglio vivamente di concedervi il secondo.


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