L’Europa al Bivio: Crisi Geopolitica e Stallo Militare in Ucraina, di Cesare Semovigo

L’Europa al Bivio: Crisi Geopolitica e Stallo Militare in Ucraina
Una Guerra di Logoramento che Espone le Fragilità dell’Occidente
Il conflitto ucraino, ormai al quarto anno nel maggio 2025, si è trasformato in una guerra di attrito che mette a nudo le debolezze strutturali dell’Europa, la resilienza pragmatica della Russia e i complessi riallineamenti globali. Lungi dall’essere un semplice scontro militare, la crisi rappresenta un punto di svolta per la geopolitica mondiale, con l’Unione Europea intrappolata in un interventismo ambizioso ma privo di mezzi, gli Stati Uniti sempre più defilati e Mosca che, pur isolata, dimostra una capacità di adattamento che le consente di dettare il ritmo del conflitto. Questo editoriale, critico verso l’UE, neutrale verso gli USA e lievemente favorevole alla posizione russa, intreccia le dinamiche militari, diplomatiche e strategiche per offrire una visione realista, ancorata agli appunti originari ma ampliata con un’analisi coerente e fluida.
Sul campo, l’Ucraina si trova in una posizione di stallo insormontabile. Kiev non ha la capacità militare di riconquistare i territori sotto controllo russo, come Donetsk e altre aree orientali, un dato evidente dalle difficoltà logistiche e umane che affliggono le sue forze armate. Con oltre 100.000 diserzioni registrate entro la fine del 2024 e un reclutamento in crisi, l’esercito ucraino si affida a tattiche asimmetriche, come attacchi con droni su infrastrutture russe, per mantenere una parvenza di pressione. L’incursione su una raffineria moscovita del 17 maggio 2025, per esempio, ha fatto notizia ma non ha alterato l’equilibrio strategico. Queste azioni, pur dimostrando inventiva, non compensano la carenza di risorse e manodopera, lasciando Kiev in una posizione di inferiorità strutturale.
La Russia, al contrario, ha adottato un approccio misurato, mantenendo il conflitto a un’intensità medio-bassa per preservare le proprie risorse e sostenere l’industria della difesa. La produzione di armamenti è aumentata significativamente, con un incremento del 20% nel 2024, includendo migliaia di carri armati e droni, secondo stime interne. Questo pragmatismo si è manifestato nel massiccio attacco con droni del 17-18 maggio, il più grande della guerra, che ha dimostrato la capacità di Mosca di intensificare quando necessario senza esaurire le riserve. La sinergia tra esercito e comparto industriale ha permesso alla Russia di resistere alla pressione occidentale, gestendo un conflitto simmetrico che l’Ucraina non può eguagliare. Questo equilibrio riflette una pianificazione a lungo termine, che contrasta con l’affanno di Kiev e dei suoi alleati europei.
L’Europa Frammentata: Interventismo senza Sostanza
L’alleanza occidentale, che dovrebbe sostenere Kiev, è segnata da una frammentazione che ne mina l’efficacia. Con l’avvento dell’amministrazione Trump, gli Stati Uniti hanno progressivamente delegato all’Europa la gestione operativa della crisi, limitandosi a un ruolo di pressione diplomatica. Trump ha recentemente proposto un cessate-il-fuoco di 30 giorni, ma la sua iniziativa è stata accolta con scetticismo da Putin, che insiste su condizioni considerate inaccettabili da Kiev, come il riconoscimento dei territori occupati. Zelenskyy, dal canto suo, ha espresso un’apertura ai negoziati, ma solo con garanzie che appaiono irrealistiche, evidenziando la difficoltà di trovare un compromesso.
All’interno dell’Europa, le divisioni sono ancora più evidenti. Francia e Regno Unito guidano un progetto interventista, con Parigi che fornisce jet da combattimento e missili a lungo raggio per rafforzare Kiev, mentre l’elezione del cancelliere tedesco Friedrich Merz ha consolidato un asse militarista che sembra voler riaffermare il ruolo geopolitico di queste capitali. L’Italia, sotto Giorgia Meloni, rappresenta invece una voce dissonante, spingendo per una soluzione diplomatica, come emerso in un incontro con Merz a maggio 2025. Questa divergenza di visioni riflette non solo priorità nazionali diverse, ma anche una mancanza di coesione strategica che indebolisce l’UE.
Il sostegno europeo a Kiev, pur dichiarato con enfasi, si scontra con limiti strutturali. L’industria militare dell’UE non è in grado di sostenere un conflitto prolungato: la produzione di munizioni è solo un terzo di quella russa, e le carenze logistiche limitano l’efficacia degli aiuti. Il 17° pacchetto di sanzioni, varato a maggio 2025, ha avuto un impatto trascurabile sull’economia russa, che, nonostante tassi d’interesse al 23% e un’inflazione sopra il 9%, continua a resistere senza segni di collasso imminente. Questo interventismo, privo di una base industriale solida, appare più come un tentativo di Parigi e Londra di riaffermare la loro influenza che come una strategia capace di cambiare il corso del conflitto. L’Europa, in altre parole, rischia di perpetuare una guerra che erode la sua credibilità senza offrire soluzioni concrete.
Un’Impasse Diplomatica e il Ruolo Globale degli Attori Non Occidentali
La via diplomatica, che potrebbe spezzare l’impasse, resta bloccata. I negoziati di Istanbul del 2022, che avevano delineato una possibile cornice per la pace, sono naufragati per il rifiuto di Kiev, sostenuta dall’asse franco-britannico-tedesco, di accettare concessioni territoriali o garantire la neutralità richiesta da Mosca. Le condizioni del Cremlino, note da tempo, includono il riconoscimento dei territori occupati e garanzie di sicurezza contro l’espansione della NATO, ma l’Europa sembra intenzionata a ostacolare ogni accordo, preferendo un’escalation che mantiene la pressione su Mosca. Questo approccio, però, appare sempre più miope: senza un’industria militare adeguata e con un alleato statunitense distaccato, l’UE si trova in una posizione di stallo autoimposto, incapace di proporre un’alternativa credibile.
A livello globale, la crisi ucraina ha accelerato i riallineamenti geopolitici, con la Cina che emerge come attore chiave ma distaccato. Pechino mantiene una neutralità strategica, criticando le sanzioni occidentali e proponendo piani di pace, ma senza impegnarsi direttamente nel conflitto. Il suo focus è altrove: il sostegno al Pakistan, attraverso il Corridoio Economico Cina-Pakistan con investimenti superiori a 60 miliardi di dollari, rafforza la sua influenza regionale senza coinvolgerla nelle dinamiche ucraine. All’interno dei BRICS, la Cina si mantiene disallineata, con India e Sudafrica neutrali e il Brasile critico delle sanzioni ma non attivo nel supportare Mosca. Questa frammentazione lascia la Russia in una posizione di isolamento relativo, con l’Iran come unico alleato affidabile.
La partnership con Teheran si è intensificata, con l’Iran che fornisce droni e missili balistici che hanno sostenuto le operazioni russe nel 2024. Questa alleanza, radicata in una comune opposizione all’egemonia occidentale, è cruciale per Mosca, ma evidenzia anche la sua vulnerabilità: senza un blocco coeso, la Russia dipende da un partner che, pur strategico, non può compensare la mancanza di un sostegno più ampio. Per Mosca, il conflitto assume una dimensione esistenziale, con la caduta del governo Zelensky vista come l’unica via per una risoluzione definitiva. La ricostruzione di un nuovo sistema di sicurezza europeo, invocata dalla Russia sin dal 2021, rimane un obiettivo lontano, ostacolata dall’intransigenza di Kiev e dall’incapacità dell’Occidente di affrontare le cause profonde della crisi, come la pressione militare della NATO.
Conclusione: Un Equilibrio Precario e il Futuro dell’Europa
Al 20 maggio 2025, il conflitto ucraino è un crocevia per la geopolitica globale. L’Europa, frammentata tra un interventismo ambizioso e un’impotenza industriale, rischia di prolungare una guerra che ne mina la coesione e la statura internazionale. Gli Stati Uniti, delegando responsabilità, mantengono un’influenza indiretta, mentre la Russia, pur isolata e dipendente dall’Iran, dimostra una resilienza che le consente di gestire il conflitto con pragmatismo. La Cina, con la sua neutralità strategica, si concentra su altre priorità, come il rafforzamento del Pakistan, lasciando Mosca senza un supporto significativo dai BRICS.
Una soluzione realista richiederebbe un ripensamento degli accordi di sicurezza europei, ma le divisioni attuali e l’intransigenza di Kiev, sostenuta dall’UE, rendono questa prospettiva un miraggio. Il rischio è che il conflitto si protragga, con l’Europa che paga il prezzo più alto in termini di risorse, credibilità e stabilità. La crisi ucraina non è solo una guerra, ma uno specchio delle fragilità occidentali e della capacità di attori come la Russia di sfruttare queste divisioni. Il futuro dell’Europa dipenderà dalla sua capacità di superare le proprie contraddizioni, ma per ora, il bivio sembra condurre a un vicolo cieco.
Riferimenti: Institute for the Study of War, Wikipedia, The Guardian, TASS, Al Mayadeen, Al Jazeera, Atlantic Council, Reuters, Euronews, BBC, NPR, Kommersant, POLITICO, CNN, The Washington Post, Global Times, Indian Express, CSIS, Foreign Affairs.
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