Georgia, punto di rottura_di Daniele Lanza

(cerchiamo di spiegare al pubblico il risultato delle elezioni georgiane, il cui significato va oltre la Georgia)
Il partito conservatore non liberale “Sogno georgiano” raccoglie da solo, senza alleati, il 54,1% del voto secondo sistema proporzionale: per contro, le forze filo-UE e filoatlantiche – 4 mini coalizioni – raccolgono in tutto il 37%.
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In che modo interpretare queste elezioni a beneficio dell’osservatore europeo/italiano nel modo più semplice possibile ? Innanzitutto chiarendo il campo di gioco e i suoi giocatori.
Abbiamo un paese, la GEORGIA, che si trova in una posizione geografica assai particolare, ai margini estremi del continente europeo (se ancora può definirsi tale), inserito in quella grande catena montuosa che è la fusione con il vicino medio oriente turco/iranico. Malgrado questo si tratta di un paese CRISTIANO (chiesa ortodossa autocefala georgiana) in mezzo al mare musulmano circostante, entrato nell’orbita russo imperiale 2 secoli fa, attraversando assieme a Mosca il settantennio sovietico, cosa che ne ha fondamentalmente secolarizzato il costume. Al termine dell’era sovietica, si rende indipendente, manifestando nel corso di tale processo, fisiologici moti antirussi post-sovietici, comuni in differenti misure in tutta la galassia post-sovietica (come i figli adolescenti che arrivano al momento della ribellione con i genitori).
Sulla base di tutti i fattori riportati sopra, ormai da oltre 20 anni si pianifica da parte europea di integrare tale paese nella casa comune guidata da Strasburgo e Bruxelles.
Insomma, si vuole la Georgia come membro dell’Unione Europea, questo è il punto.
Quanto questo intento sia plausibile e giustificabile non si può che lasciarlo al giudizio di ogni osservatore: si giudichi da sé quale e quanto senso possa avere cercare di integrare a tutti i costi in UE un minuscolo stato nazionale, la cui area storica non ha mai fatto parte dell’Europa – nè occidentale, ma per lungo tempo nemmeno di quella orientale – se non come margine estremo verso l’Asia musulmana, dotato di un’economia al medesimo livello di quelle nordafricane (che quindi non può apportare nulla, ma al contrario sarebbe un oggettiva zavorra aggiuntiva all’Unione. I parametri economici d’accesso, i requisiti non esistono per caso, ce lo si ricordi).
A questo punto perché non fare entrare anche la TURCHIA ? (è quello che Ankara ha domandato per anni prima di stancarsene, sostenuta a gran voce da Washington che – ricordiamocelo – voleva la Turchia nell’UE tanto quanto nella Nato). Oppure perché non fare il grande passo ed ammettere anche lo stato di ISRAELE ?? (c’è chi l’ha proposto, eccome).
Come ho cercato di sottolineare in precedenza, non sussiste (disgraziatamente) alcun fondamento razionale all’ingresso della Georgia, se ci si basa su un rispetto stretto dei criteri economici e culturali di adesione; il fondamento razionale invece esiste invece, eccome,…..se per tali criteri utilizziamo invece quelli geopolitici e geostrategici: un ulteriore tassello euro-atlantico nel cuore del Caucaso espanderebbe l’influenza politico/militare nell’area, a danno principalmente di Mosca che si ritroverebbe la Nato ai confini da meridione (e secondariamente di Teheran).
UE e NATO viaggiano (si propagano) in parallelo, ricordiamocelo anche se sembra banale dirlo: sono rispettivamente il braccio civile e militare della medesima entità di fondo, e l’uno va avanti seguito dall’altro a brevissima distanza o viceversa perchè servono lo stesso interesse (…)
Ergo, la chiave sono le RAGIONI (quelle reali) per le quali si vuole la Georgia in UE. Si può concordare o meno con tali ragioni – dipende dall’orientamento del lettore – ma quelle sono, quindi è giusto essere chiari in proposito senza accampare alibi vari.
Si può scegliere ciò che si vuole (sono chiaro), ma allora si abbia il coraggio di dirlo e affrontarne tutto quello che consegue (non ci si può aspettare che Mosca – o qualsiasi altra potenza di quel calibro – se ne stia con le mani in mano mentre gli si costruisce attorno un confine fatto di missili puntati contro: in Ucraina quanto a Taiwan o in qualsiasi altro posto…non fa testo se fatto volontariamente o meno, democraticamente o meno ! Sia come sia, su un piano geostrategico si traduce in un rischio per Mosca, la quale chiaramente si interesserà alla questione in un modo o in un altro).
Se è chiaro quanto scritto sopra allora si può proseguire.
Allora CHI vuole la Georgia nell’UE ? Le cosiddette correnti filoccidentali che in concreto sono i partiti, movimenti e coalizioni a sostegno tanto dell’integrazione europea quanto (al 99,9%) all’ingresso nell’Alleanza atlantica. Sono quelli che organizzano le parate di piazza a favore dei diritti civili come di tradizione newyorkese, londinese o parigina……alfieri dell’ideologia liberale di classico conio, affiancati da una piccola galassia di ONG generosamente finanziate dall’estero. Si tratta del popolo che urla a squarciagola e issa vessilli arcobaleno per tutta la città nel nome della giustizia. In parole altre, mi spiace dirlo, sono quella fascia di società che, imbevuta di un’immagine idilliaca delle società euro-americane (desiderandone la prosperità), finisce per esserne usata per scopi altri (che nulla hanno che fare con la prosperità).
Questo popolo, molto rumoroso sulla strada lo chiameremo “Popolo Arcobaleno” (che in questo caso non è nemmeno tanto ad indicare l’associazione col movimento Lgbtq, quanto una visione del mondo “prospera”, per quanto illusoriamente).
CHI è contro costoro ?
Un partito sorto una quindicina di anni fa ad opera di un miliardario locale: si chiama “SOGNO GEORGIANO”, nome attorno al quale da adesso tutto girerà.
Diciamo da subito che la natura di questo partito è decisamente più complessa di quanto sia semplificato sui media occidentali: a beneficio del lettore diciamo che NON si tratta di un partito “filorusso” a scanso del fatto che tale etichetta gli è stata applicata un po’ ovunque (…).
Si tratta di un partito nato come “di sinistra” sul piano della presenza dello stato e dell’assistenza sociale (cose che da un punto di vista liberal/anglosassone sono automaticamente considerate di sinistra), ma le combina con un deciso conservatorismo sul piano sociale. In pratica una destra di tipo SOCIALE (per così esprimersi): il problema è che alla filosofia liberal non sta bene alcuno dei due aspetti ! Dal momento che promuove un modello di libero mercato (assai poco assistenziale) e del tutto progressista su quello sociale. Oltre a tutto questo (cosa più grave in assoluto), “Sogno georgiano” promuove una politica di realpolitik con la RUSSIA; si muove in direzione di una normalizzazione dei rapporti e di una pacificazione della zona di frontiera – tormentata dal 2008 – così come una riapertura del commercio russo-georgiano (molto grande in rapporto alla piccola economia del paese).
Tutto questo scaturisce da un’impostazione di fondo che consiste nel realizzare la natura peculiare del paese, collocato sul piano storico/culturale tra due mondi: quello occidentale da un lato, ma anche quello russo dall’altro (col quale il legame è inscindibile). Si cerca pertanto un bilanciamento tra le due forze. L’obiettivo, pertanto, non è di essere per forza “amici della Russia” quanto trovare un equilibrio ragionevole che non costringa ad esserle nemici. Questa è la chiave di tutto: equilibrio e bilanciamento. Concetti che tuttavia stridono con le aspettative occidentali, nella misura in cui mal coincidono con un orientamento rigidamente antirusso adottato da tutto l’asse euro-americano. In base a questa ricerca di equidistanza si è limitata la presenza di ONG finanziate dall’estero (sapendo benissimo da chi sono finanziate; ricordiamo che non sono state vietate, ma solo è stato posto l’obbligo di registrarsi ed essere trasparenti……cose che sembrano ragionevoli da un altro punto di vista. Oppure no ? Si vorrebbe liberissimo e non trasparente finanziamento dall’estero ? Per nascondere cosa ? Si risponda anche a questo in coscienza, prego…). Si limita anche la forza del movimento LGBTQ nella misura in cui lederebbe il consenso in ampie parti del paese non in grado di metabolizzare idee del genere, generando divisioni e frizioni in seno a una società molto tradizionale.
In definitiva: cosa è “Sogno georgiano” e cosa vuole ? E’ un partito multisfaccettato, dall’approccio molto realistico: NON intende far sì che la propria società sia investita di cambiamenti che non condivide, nè che si ritrovi incastrata in alleanze politico/militari che non coincidono col proprio percorso storico. Sono leggi ed iniziative simili, analoghe a quelle russe sì, ma in realtà che non sono state prodotte al fine di emulare la Russia (idea questa, diffusa da occidente), quanto piuttosto perché vogliono riflettere il paese reale, il quale, coincidentalmente, è tanto conservatore quanto la Russia. Si tratta di una convergenza culturale piuttosto che di un piano geopolitico. PUNTO.
In nulla “Sogno georgiano” è specificamente “filorusso”: quest’ultima è una definizione data dai centri di potere e dai mezzi di informazione euro-americani (che hanno contribuito ad instaurarla nel pensiero comune). In realtà questo partito georgiano è “filorusso” soltanto se lo si osserva da una prospettiva severamente ANTIRUSSA: una prospettiva che Washington/Bruxelles gradirebbe per qualsiasi nuovo alleato che coopta (l’equivoco di fondo sta tutto lì : la Georgia è un paese fiero e indipendente, ma NON antirusso quanto paesi baltici e Polonia, che quindi punta ad una posizione più sfumata, nella crisi presente. Questo, ahimè, è sufficiente per farlo bollare come “filorusso” dall’asse euro-americano che nella propria foga tende a considerare come sospetto qualsiasi atteggiamento che non sia in linea col proprio. Diventa pertanto “filorusso” non soltanto chi è filorusso per davvero, ma anche colui che non si dichiara antirusso, pretendendo di mantenere una posizione equidistante.
Lo chiameremo quindi partito del paese profondo

= ……….ecco I due attori fin qui descritti si confrontano: il “popolo arcobaleno” e il “paese profondo” si confrontano direttamente (come oramai sta accadendo in tanti paesi dell’occidente europeo, vedi Francia e Germania).
I risultati sono quelli che si vedono. Il paese profondo veniva dato al 40% dai sondaggi commissionati dagli avversari (le forze liberal-progressiste si vedevano vincitrici e diffondevano tale idea), ma alla prova reale sul campo prende invece il 54% al voto nazionale e senza nemmeno alleati coi quali dover dividere il potere. Nelle zone rurali poi tale voto arriva a sfiorare il 90%.
Il popolo arcobaleno e le 4 coalizioni che lo rappresentano, sono andate poco sopra 1/3 del consenso nazionale.
Un messaggio forte che fa intendere lo scarto tra la minoranza rumorosa che va in piazza ad urlare ed il paese reale (che questo piaccia o meno a chi rimane affascinato dalle piazze solcate di bandiere e slogan).
Si deve aggiungere qualche nota specifica sul voto: come in tanti fanno notare, “Sogno georgiano” si è presentato su manifesti elettorali con iconografia che riflette ancora l’europeismo (vero). Un punto che consente dunque di evidenziare ulteriormente il grande equivoco che grava su queste elezioni e sulla natura del partito stesso di cui abbiamo già parlato addietro: il conservatismo georgiano NON è antieuropeo e non lo è mai stato………semplicemente non è disposto ad abbracciare per intero l’ideologia liberal/anglosassone che sembra ad esso esserne ormai connaturata. Il conservatismo georgiano è disposto a far parte della UE da un punto di vista economico (così come essa è sempre stata concepita), ma non a stravolgere il proprio background culturale per questo; piuttosto, è dalla sponda opposta (Bruxelles) che si pretende di imporre un’agenda politica e geopolitica assieme al benessere (illusorio) che darebbero in cambio. Ci si può dunque a questo punto domandare chi sia il più ipocrita: se “Sogno georgiano” che vuole il benessere europeo senza pagarne il prezzo sul piano dei valori, oppure la stessa UE, la quale formalmente si presenta come un’associazione economica, ma poi pretende di imporre una precisa agenda politica che interferisce direttamente con la società e la politica interna dei nuovi membri che vorrebbero aderire (di nuovo, ognuno in cuor proprio opti per la variante che crede).
D’altro canto si deve sottolineare un fatto: se ammettiamo che non è stato corretto da parte di “Sogno georgiano” servirsi della simbologia UE nella sua campagna elettorale non condividendone i valori, allora parimenti non è stato corretto da parte filoccidentale trasformare l’intera campagna in un referendum pro o contro la RUSSIA.
Quanto è accertato è che le forze liberali e filoccidentali in campagna elettorale hanno da subito stravolto il senso delle cose: quello che doveva essere un confronto, di per sé importante, sulla politica interna del paese e sulla sua società……….è divenuto un confronto di politica ESTERA, focalizzato sul “filorussismo” o meno. La cosa è stata fatta ingenuamente oppure deliberatamente. C’è da temere sia la seconda. Esattamente come nel caso moldavo una settimana fa, si è fatto sì che il tema geopolitico divenisse impropriamente l’ago della bilancia, argomento da sventolare minacciosamente e a sirene spiegate in modo proprio da convincere quella parte del paese, la più nazionalista e conservatrice, a votare PRO-Europa, pur non condividendone l’orientamento liberale.
La dinamica è proprio la medesima a pensarci: il fronte liberale filoccidentale, ben consapevole della difficoltà di far accettare ad una società tradizionalista come quella georgiana un’agenda molto progressista, allora ricorre allo spauracchio Russia/Urss, consapevole dell’avversione istintiva che provoca in tutta la popolazione, trasversalmente….nella speranza di ottenere voti anche in quelle fasce che non voterebbero MAI riforme di matrice troppo liberale.
Escamotage semplice ed efficace: il problema è che non è bastato e nemmeno lontanamente. Ha pesato il fatto che la Georgia, a differenza della Moldavia, ha molti meno emigrati residenti in Europa (oltre 1 milione in realtà, ma tutti in Russia) e, pertanto non c’è stato nessun flusso di voti filoeuropeo dall’estero a ribaltare il verdetto, come nel caso moldavo (…). Trasformare le elezioni in un referendum contro la Russia è stato fallimentare; una mossa poco responsabile che riflette più la foga antirussa dell’occidente che non una reale valutazione dell’interesse georgiano, puntando tutto sul risveglio di un antirussismo che non è presente nella società georgiana (non nella medesima misura di paesi baltici o Polonia) con pochi risultati. Potrebbe al contrario aver spaventato molti georgiani alla prospettiva di far diventare il paese un ennesimo fronte armato, costantemente attivo, contro il gigante vicino.
Nella sostanza l’errore UE/USA è stato questo: hanno sponsorizzato (perché gli sponsor ideologici e materiali sono loro) una campagna elettorale basata non tanto su un oggettivo benessere nazionale da condividere quanto sulla paura di un ipotetico nemico alle frontiere. Il timore anziché una qualche giustizia. C’è da ritenere che la società georgiana in fondo abbia percepito qualcosa di tutto questo: che il guadagno sarebbe stato minimo (l’UE non regala a nessuno il proprio benessere, al massimo fa “prestiti”, come Kiev ben presto scoprirà) e il prezzo da pagare sarebbe stato alto (trovarsi una Russia eternamente nemica, e questo senza peraltro che i georgiani fossero nemici della Russia).
CONCLUSIONE
Chi di dovere (cioè chi aveva accesso ai sondaggi veri e non di propaganda), si è reso conto già da molte settimane delle scarse possibilità di successo , tanto in Moldavia quanto in Georgia e difatti (NOTARE bene*) la copertura mediatica nelle ultime settimane si è gradualmente assottigliata fino a scomparire in prossimità di tali consultazioni elettorali che sono letteralmente scomparse dalle pagine delle testate principali.
Se il caso moldavo è stata una delusione, e lo si prevedeva, allora tanto più si sapeva che quello georgiano – più difficile per le ragioni ricordate – sarebbe andato anche peggio; così è stato. Per tale ragione non se ne sente parlare da nessuna parte, cosa strana per un evento che si diceva tanto importante.
Cosa accadrà da qui in avanti non è per nulla certo: nè come si muoverà l’ora potentissimo “Sogno georgiano”, nè come si muoveranno le opposizioni così imbarazzantemente sconfitte. La disfatta è stata troppo netta, purtroppo, per invocare con forza i brogli elettorali (cosa che comunque stanno già facendo come di rito); l’unica cosa che rimane in alternativa è un atto di forza, ossia una rivoluziona colorata, che però a questo punto determinerebbe rischi di guerra civile inenarrabile alimentata da opposti attori geopolitici esterni (penso che nemmeno il fronte liberale georgiano osi una carta del genere, ma soprattutto per l’Europa la Georgia stessa non è così importante)
FINE.

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