(parte 1)
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Nulla di nuovo, nulla che non si prevedesse già.
Vladimir Putin a una decina di giorni di distanza dal mandato presidenziale ottenuto tramite plebiscito alle urne, che lo conferma fino al 2030 (cioè un trentennio di leadership del paese), non poteva fare nulla di più appropriato che recarsi in visita al più stretto alleato, leader della seconda potenza del pianeta: quest’ultimo è il vero protagonista dell’evento, visto il peso immenso del proprio paese, il proprio incombere economico tanto in occidente quanto in Russia, l’influenza che si spera possa avere nella risoluzione delle attuali crisi globali. Se l’invitato è Vladimir Putin, I riflettori sono in realtà sul padrone di casa.
Nessuna della lunga serie di esternazioni di Xi e Putin che trapela dai media e che viene analizzata dagli osservatori deve destare alcuno stupore: la relazione speciale sino-russa prosegue secondo un corso naturale, secondo quella partnership “senza confini” annunciata alla vigilia della guerra, senza praticamente alcuna variazione di rilievo, malgrado il livello sempre maggiore di tensione che la crisi militare sul fronte europeo genera.
Niente sorprese dunque al grado di successo dell’evento in sè: semmai, il vero problema erano le illusioni occidentali del contrario, ossia che l’intesa si fosse in qualche modo attenuata, nonchè le aspettative ingenue che la recente interazione di Xi coi leader eurocomunitari avrebbe avuto impatto maggiore di quanto è stato nei fatti, i quali sottolineano una differenza di grande respiro tra gli eventi che hanno visto il vertice cinese prima a contatto con gli europei e poi col Cremlino
Ricapitoliamo e compariamo un istante: la settimana scorsa si è assistito ad un passaggio di Xi Jinping in Europa, mentre negli ultimi due giorni la visita ufficiale di Vladimir Putin a Pechino; due eventi a breve distanza l’uno dall’altro, entrambi tanto attesi quanto in realtà remoti tra di loro, nella sostanza.
Il toccata e fuga di Xi presso le capitali europee è stato una cortese e fugace apparizione, talmente discreta ed educata da non lasciare praticamente il segno – mero protocollo istituzionale – laddove invece l’incedere del neoeletto presidente di Russia alle porte della capitale della Repubblica Popolare, davanti a parata militare in alta uniforme, riflette la solennità dell’incontro di due leader globali, che già da lungo tempo hanno stabilito un’intesa che va ben oltre le consuetudini scritte della diplomazia convenzionale.
Naturale corteggiare il dragone cinese, nuova potenza del secolo, ma in pratica se ad occidente abbiamo un’interazione (quella con Macron e von der Leyen) che ricorda più un’escursione turistica, seppur di tenore istituzionale, a Pechino nelle ultime ore abbiamo l’esprimersi di un’affinità elettiva tra imperi. Sì, perchè in fondo è quest’ultima la chiave di volta di tutto: Xi e Putin si comprendono reciprocamente, si RICONOSCONO l’un l’altro come autentici leader di distinte potenze, soggetti liberi ed inidpendenti nell’arena globale, portatori di una cultura plurisecolare (o millenaria nel caso della civiltà sinica) che vede lo stato centrale come elemento sacrale di aggregazione ed il territorio che esso controlla, come estensione ancestrale di una civilizzazione. Cose intepretate ad occidente secondo il proprio prisma che derubrica ad “autocrazia” la priorità di uno stato forte e a “nazionalismo” la difesa dell’identità, proponendo invece un cosmopolitismo liberale basato su un’economia deregolata (o meglio “deregolata” fino al momento in cui sia nell’interesse anglosferico/europeo: quando non lo è più allora si diventa protezionisti e partono I DAZI contro I prodotti cinesi o indiani o di chi si vuole….).
Lo stato russo e lo stato cinese si somigliano, malgrado I differenti percorsi storici, nella misura in cui condividono la medesima matrice metapolitica, la medesima filosofia politica ed esistenziale, di modello continentale/euraoasiatico anzichè atlantico.
I più visionari potrebbero cogliere la differenza che vi era tra la potenza terrestre e collettivista di SPARTA e quella navale e liberale di ATENE.
In parole altre, per essere più chiari, l’UE e I suoi governanti non si trovano nella posizione di dialogare correttamente con Pechino quanto non lo sono con Mosca: non è possibile perchè si parte da differenti impostazioni di base della politica, del concetto di fondo di quanto chiamiamo “STATO”. Un uomo come Xi Jinping non vede I propri omologhi europei (tanti stizziti quanto minuscoli), in quanto tali, cioè alla stregua sua o di Putin, o altri, nella misura in cui lo spettacolo di indecisione, inconcludenza e decadenza culturale che gli si palesa semplicemente non coincide con la sua idea di stato. L’occidente è alieno….e la sua propaggine europea poi, anche effimera (estensione d’oltreoceano): si deve essere cortesi con l’alieno, usare il massimo riguardo, rispettare (senza condividere) tutto ciò che dice e poi salutarlo con il migliore garbo. Questo è puntualmente quanto il leader cinese ha fatto……prima di prepararsi ad abbracciare (lui sì), Putin.
Si potrebbe pensare che il vero protagonista del processo diplomatico che vede coinvolta la Cina nelle ultime settimane, NON sia nemmeno la Cina di per sè (il cui andamento poteva essere previsto da chi volesse vedere), quanto l’incapacità da parte euro-atlantica di comprenderne I comportamenti, l’incapacità di interfacciarsi con entità differenti da sè: un’incapacità che può essere ovviata quando l’interlocutore è in posizione nettamente subalterna (vedi l’Africa neocoloniale per generazioni), ma nel caso quest’ultimo fosse in posizione di parità o addirittura superiorità economico-militare, allora si genera come un corto circuito, una rabbia paralizzante, un senso di depressione ed isteria alternate, di fronte a quanto non si può dominare con le minacce nè circuire.
In sintesi: l’occidente euroamericano, sicuro della propria unità e non considerando qualsiasi altro sistema che non il proprio, vive come nell’illusione di poter intavolare liberamente “intrighi bilaterali” (“intrighi” in quanto finalizzati esclusivamente a portare scompiglio) in modo da tener separati il più possibile I propri rivali nell’arena geopolitica, senza rendersi conto che il XX secolo neocoloniale è CONCLUSO, le sue dinamiche stanno gradualmente scomparendo: nel mondo sta emergendo quella multipolarità nel cui merito gli analisti alternativi tanto si spendono, uno schema delle cose che vede una costante affermazione del BRICS, la cui spina dorsale sul piano militare è l’asse MOSCA-PECHINO.
Il rapporto tra queste due entità è di un differente livello (differente ordine di profondità) rispetto a quello che vi è tra di esse e I paesi occidentali.
I leader europei nella loro ansia di fermare il Cremlino sul campo di battaglia, si sono rivolti – col migliore garbo – a chi ? All’alleato primario di quest’ultimo (no comment)
I governanti UE ci provano a circuire il gigante cinese (ma in che modo poi ? Senza armi di ricatto economico ? Senza aperture nei confronti dell’interesse cinese, bensì chiamandoli “autocrazia ?? Una strana trattativa…), senza poi rendersi conto che non soltanto non è fattibile a siffatte condizioni, ma anzi, la Cina stessa prova a “manovrare” in Europa.