PRIMA GLI SPAGNOLI, POI I GRECI ED ORA I TURCHI, di Antonio de Martini

PRIMA GLI SPAGNOLI, POI I GRECI ED ORA I TURCHI

L’Italia sta scendendo gradino dopo gradino, nella gerarchia dei paesi mediterranei.
Adesso dobbiamo abbracciare con gratitudine tunisini e albanesi perchè ci permettono – ancora per poco- di non essere gli ultimi nella considerazione dei rivieraschi.
A fronte di tanta inattività, col nostro ministro degli Esteri che va in Svizzera a invitarli a venire in vacanza da noi, la Turchia di Erdogan , dopo averci sostituito di fatto nel Levante e nel Golfo, ci sta emarginando dal Nord Africa e non solo dalla Libia.
Questo attivismo bellicoso, ma non belligerante, di Erdogan sta non soltanto aprendo spazi commerciali e politici nuovi alla Turchia in tutta l’Africa, ma mette in crisi anche tedeschi e francesi che credevano di potersi approfittare dell’assenza italiana – in parte agevolata da loro- e si trovano di fronte un paese ben più difficile, deciso a trovare il suo posto al sole fottendosene dei vincoli NATO, delle buone maniere e degli usi internazionali.

In questa epoca di, nella migliore delle ipotesi castrati, chi non ha paura di combattere ha già vinto, specie se pensa di aver ragione e se il 70% dei suoi cittadini si dichiara disposto a combattere per la Patria ( contro il 20% degli Italiani e il 19% dei tedeschi e francesi, Pew research dixit).

COSA FANNO E DOVE

IRAK
Le FFAA turche, addestrate e largamente equipaggiate dagli USA, sono in questo momento impegnate nel Nord Irak nella repressione degli sconfinamenti dei curdi del PKK verso l’Irak.
Hanno ormai consolidato il diritto all’inseguimento oltre frontiera e guardano sempre più verso la zona petrolifera di Mossul che – a rigor dei termini armistiziali del 1918 – non avrebbe dovuto essere occupata tre giorni dopo il cessate il fuoco dalle truppe inglesi.
Al generale Ihsen Pascià, la sua remissività nel non ricacciarli indietro è stata rimproverata fino alla morte avvenuta negli anni settanta. Must afa Kemal che buttò a mare francesi e greci, si vide offrire la guida del paese.

SIRIA
Anche l’hinterland di Alessandretta con Idlib ( e guardando ad Aleppo) è occupato dalle truppe turche, la lira turca ha già sostituito la fragilissima lira siriana e le bande anti-Assad vivono grazie ai rifornimenti centellinati dal MIT ( il servizio segreto turco) e sono protetti dalle incursioni aeree russe dal mega contratto delle batterie antiaeree russe AS400 che i turchi stanno testando e che ogni tanto frenano nell’addestramento. Per i russi la Turchia vale molto di più che lo stremato Assad: sono in ballo gli stretti di accesso al Mediterraneo e l’intero fianco destro dell’alleanza Atlantica. Per averne una neutralità benevola sono disposti a tutto e di più.

CIPRO

Nel Mediterraneo, i turchi presidiano – anche qui con qualche ragione le acque di Cipro Nord occupata da Bulent Ecevit , il leader socialdemocratico costretto a reagire al colpo di mano annessionista dei colonnelli greci che caddero per via di quella reazione turca osannata come salvifica e democratica da tutta la NATO.
Inoltre , quando l’Inghilterra si impossessò dell’isola, nel Congresso europeo del 1878 – per un colpo di ipocrisia non nuovo per Albione- fu riconosciuta la sovranità turca su Cipro.
Ora che c’è il petrolio e il gas, farebbe comodo a tutti trattare coi ciprioti piuttosto che coi turchi che hanno tariffari più consistenti. Ma anche questo è un dossier aperto con le baionette.

KATAR
Una brigata turca si è sistemata di guarnigione in Katar a protezione ostentata del regnante e in funzione deterrente verso i sauditi.
In Libia, dove L’inutile Serraj – riconosciuto dalla comunità internazionale- fece appello alla NATO che aveva detronizzato Gheddafi per reagire contro l’auto promosso “ Maresciallo “ Haftar , un incapace già rimosso dal comando dal precedente regime riparator in VIrginoia accanto alla sede CIA

MAR ROSSO
Un presidio di una compagnia circa Erdogan lo ha installato su uno scoglio-isolotto appartenente al Sudan in mezzo al mar rosso: anche lui può influire sulla fluidità del traffico marittimo. L’aiuto datoci nella vicenda somala della giovane Italian rapita, dimostra che l’influenza turca ci h sostituito anche in Somalia e forse anche a Gibuti di cui non sono informato, ma…

LIBIA
Il premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale, Serraj, fece a suo tempo appello ai paesi della NATO per reagire all’aggressività di Haftar – il’autonominato Maresciallo- che cercava di impossessarsi di tutto il bottino e faceva il prezioso con il nostro presidente del Consiglio Conte.
L’unico a rispondere positivamente – senza fingere equanimità impossibili nelle diatribe tra ladroni- è stato, ancora una volta Erdogan: ha firmato un “ memorandum of understanding” , ha fornito addestratori e volontari e sta rifornendo di armi Serraj facendole scortare dalla marina turca.
E’ stato così che si sono scoperti gli altarini della Francia che finge di partecipare lealmente alla operazione “ Sea Guardian” per proibire l’import di armi verso i belligeranti libici ( in realtà russi contro turchi con chaperons libici di contorno).

La nave battente bandiera tanzaniana , il “ Cirkin” , lascia l’Egeo con rotta il porto tunisino di Gabes. Il comando NATO ( Marco) lo reperisce , nota il cambiamento di rotta verso il golfo di Sirte e alle navi ( notate) greche e francesi che lo intercettano chiedendogli l’identità, il battello – scortato da due fregate turche- risponde di essere NATO.

La fregata francese “ Courbet” che mostrava di voler intervenire – la Francia si è schierata con Haftar e non da oggi- ha tentato l’intercettazione, ma è stato bloccato dalle fregate turche che hanno “ illuminato” coi loro radar di puntamento la nave francese per ben tre volte e messo gli uomini ai posti di combattimento. Il battello greco si è ben guardato dall’intervenire.

Ora la situazione è chiara : la NATO è divisa tra le due fazioni libiche a seconda degli interessi di ciascuno e la Turchia fa i propri interessi, ma anche stavolta in accordo con le determinazioni ONU ( come per il caso di Gaza).
Dei cinque dossier in ballo tutti hanno al centro risorse energetiche di cui la Turchia ha bisogno per assurgere al rango di potenza regionale in Asia, in Africa o nel Mediterraneo.
Da sola dovrà lottare ancora a lungo e con incerto risultato. Se appoggiata politicamente e strategicamente ( ah, la geografia e la tecnologia) dall’Italia, ogni traguardo diventa possibile e ogni contropartita accettabile da pagare.

Lo stesso accadde a Mustafa Kemal , Ataturk, che per riemergere dalle rovine del Califfato sconfitto, tra il 19 e il 23 si appoggioò strumentalmente alla Russia sovietica e all’Italia premussoliniana rappresentata da Sforza. E tutti i paesi coinvolti sono nostri amici/clienti preferenziali.

Attualmente impieghiamo all’estero più truppe e navi della Turchia ( Libano, Sinai, Afganistan, Libia e entità minori) in cambio di qualche pacca sulla spalla, mentre Germania e Francia stanno pigiando senza vergogna sull’affare Regeni per guastarci anche con l’Egitto che proprio ieri ha – come dice pudicamente il “ Corriere della sera” “varcato il Rubicane.” Solo che stavolta si tratta di un fiume di petrolio.