ELEZIONI DI MEDIO TERMINE: Mezzo smacco, mezza vittoria, di Gianfranco Campa

Le elezioni di medio termine più attese, più politicamente esplosive nella storia della politica americana si sono concluse. Le sentenze che arrivano dai seggi elettorali sono chiare.  La strategia della tensione,  attuata dai democratici e dallo stato ombra, è stata solo parzialmente vincente . La discesa insolita in campo di mostri sacri, di Obama in particolare, ha sortito un effetto positivo solo parziale in campo democratico e ha risvegliato gli umori militanti nel campo repubblicano.

I repubblicani incrementano i senatori, i democratici riprendono la Camera. L’onda blu non c’è stata, l’apoteosi dei democratici si è spenta. Il nostro sito è stato l’unico in Italia a pronosticare con molte settimane di anticipo che i Repubblicani avrebbero aumentato il numero dei deputati al Senato e perso il controllo della Camera per pochi seggi.

La mappa geografica elettorale dell’ Americana conferma la dinamica ormai  in corso da decenni ma che ha subito bruscamente una accelerazione con le presidenziali del 2016: la polarizzazione estrema della politica e con essa della società americana. Le Città Stato e le regioni costiere delle élite americane sono andate appannaggio dei Democratici; il centro e l’interno del paese si è invece, per l’ennesima volta, colorato di Rosso. I liberali-progressisti democratici contro i conservatori della destra Repubblicana. Due mondi che non s’incontrano, che non si parlano e che non comunicano più tra di loro.  Una divisione che non sarà più colmabile e che porterà alla frattura del paese e molto probabilmente, col tempo,  a una nuova guerra civile.

Questi due mondi se le sono cantate e dette di tutti i colori. Dalle elezioni di Trump nel 2016 ad oggi è stato un crescendo di accuse, tensione e violenza. La narrazione, la versione raccontata dai media e dai democratici, incluso l’Establishment Repubblicano, è stata prima la illegittimità della presidenza Trump in quanto burattino di Putin, eletto grazie alle interferenze Russe nelle elezioni americane. Accuse che hanno portato  all’inchiesta, non ancora conclusa, del Russiagate. Il Russiagate ha però fallito nell’obiettivo di influenzare e convincere  i Repubblicani, ma soprattutto la base elettorale di Trump della illegittimità del presidente, descritto come un traditore in modo tale da scalfirne l’immagine. Successivamente si è poi passati all’inchiesta, non ancora conclusa, del Pornogate. Anche il Pornogate ha però fallito nell’obiettivo di influenzare e convincere i Repubblicani, ma soprattutto la base elettorale di Trump, della immoralità del Presidente; non ne ha scalfito ancora una volta l’immagine. Si è poi passati alle bombe e alle sparatorie di massa, sempre con lo stesso obbiettivo, insinuandone la pericolosità in quanto razzista e suprematista bianco. Tutto questo condito nel frattempo da due anni di intensi abusi e pressioni verso gli elettori Trumpiani che hanno dovuto subire attacchi verbali e fisici da parte della massa democratica.

Si è accusato Trump di razzismo, omofobia, antisemitismo, collusione, tradimento etc. Si è accusato Trump di linguaggio incendiario, inaccettabile, rude, primitivo etc. Di riflesso le accuse erano dirette anche ai suoi elettori. Un disprezzo sempre più ostentato verso una larga parte di cittadini americani da parte dei media, dei democratici e dell’establishment repubblicano, che non ha precedenti nella storia politica moderna a stelle e strisce e che è iniziato molto prima dell’avvento di Trump.

Questo disprezzo delle élite americane verso gli elettori di Trump è lo stesso riservato al defunto Tea Party dell’era Obamiana. Obama aprì il vaso di pandora di questo sentimento quando in campagna presidenziale si riferì a una larga fetta di cittadini americani come a coloro che si aggrappano alla bibbia e alla pistola. Si è poi passati a Hillary Clinton la quale durante le presidenziali del 2016 ha descritto quegli stessi cittadini americani come un cesto di deplorabili. Questa retorica incendiaria continuerà per molto tempo ancora fino a quando la corda si spezzerà. Nel frattempo i servizi segreti incaricati di protteggere il presidente Trump hanno diramato la lista ufficiale del numero di indagini finora condotte contro persone o entità che hanno minacciato Trump di morte: 197, un numero senza precedenti.

Torniamo alle elezioni. Storicamente il partito del presidente in carica alle elezioni di medio termine perde la Camera,  a volte anche il Senato; per Trump non è stato diverso anche se, come ho detto prima, la cosiddetta onda blu non si è materializzata. I dati, se paragonati con altre elezioni presidenziali, sono positivi per Trump:

 

2010 Obama:: -63 seggi

1994 Clinton: -52

1958: Eisenhower: -48

1974 Ford (Nixon): -48

1966 Johnson: -47

1946 Truman: -45

2006 Bush: -30

1950 Truman: -29

1982 Reagan: -26

2018 Trump: -26

 

Trump ha limitato i danni, nonostante la mostruosa macchina da guerra politica ( e non solo) messa in atto contro di lui e contro i Repubblicani, almeno la fazione a lui fedele. I Democratici hanno speso due volte di più dei Repubblicani. Dati ufficiali non sono a disposizione e quantificare l’ammontare dei soldi spesi dal Partito Democratico è difficile. Secondo stime non ufficiali sarebbero più di 300 milioni i dollari investiti dai candidati democratici per queste elezioni. Cifre non sorprendenti soprattutto se si considera che miliardari come Michael Bloomberg, Tom Steyer e George Soros hanno speso una somma enorme del loro tesoro nella loro crociata anti-Trump sostenendo i vari candidati Democratici. Le stesse aziende del firmamento virtuale sono entrate direttamente in campo contro il Presidente. Allo stesso tempo i soliti donatori Repubblicani come i fratelli Koch ( Charles G. Koch and David H. Koch)  sono rimasti a guardare poiché fanno parte dell’apparato dell’Establishment Repubblicano e non avevano nessun interesse a sostenere l’agenda di Trump.

Altre considerazioni importanti. Anche se i Repubblicani  avessero mantenuto il controllo alla Camera, il margine sarebbe stato così piccolo, che nulla di importante avrebbe potuto essere approvato.

Con il controllo del senato i Repubblicani continueranno a nominari giudici alle corti federali, cosa non di poco conto.

Il controllo dei Democratici alla camera comporta comunque forti rischi per Trump. I pericoli in vista sono ostruzione e indagini continue da parte dei deputati democratici.

L’affluenza è aumentata, ma non ai livelli presidenziali. Nelle ultime tre elezioni presidenziali, circa 130 milioni hanno votato. Sembra che ieri siano andati a votare circa 100 milioni.

La quota degli elettori bianchi è in calo. Gli elettori bianchi erano il 79% di tutti gli elettori nel 2006; 77% nel 2010; 75% nel 2014 e 72% ieri. Nel 2006, l’ultima volta che i Democratici presero il controllo della Camera, persero fra gli elettori bianchi più di quattro punti. Ieri i Democratici hanno perso 10 punti di elettorato bianco.

Il problema di consenso dei Repubblicani da parte delle donne è cresciuto. Nel 2006, i repubblicani hanno perso fra le donne dodici punti. Ieri, hanno perso altri diciannove punti rispetto al 2006.

L’affluenza degli elettori 65+ è aumentata, probabilmente grazie a Trump che riesce a caratterizzare le elezioni attribuendo ad esse una rilevanza nazionale. Ieri, gli anziani  hanno raggiunto il 26% dell’elettorato. Nelle ultime tre elezioni, erano  rispettivamente 19, 21 e 22%.

Il voto giovanile non è stato molto positivo. La fascia dei 18-29 anni ieri erano il 13% degli elettori. Nelle ultime tre elezioni mediamente erano il 12, 12 e 13%.

Il divario scolastico è diventato più ampio. Nel 2006 i laureati erano +7% a favore dei democratici. Ieri erano circa  +30%. Sta di fatto che l’elettorato è sempre più diviso in nicchie; una tendenza che lascia presagire un futuro particolarmente inquieto e spietato.

Trump, intanto, ha immediatamente dimissionato Jeff Sessions, reo da tempo di non aver minimamente contrastato l’azione e le scorribande del Procuratore Muller nel Russiagate e Pornogate. Lo stesso Muller potrebbe essere la prossima vittima designata prima che, a gennaio, si insedi la nuova Camera del Congresso. Qualche scheletro nell’armadio da scovare per agevolare la defenestrazione sarà sempre disponibile. Trump ha ormai dimostrato di poter contare anche lui sul sostegno efficace anche se ancora minoritario di componenti significative degli apparati. Il prezzo pesante di questo salvacondotto lo abbiamo evidenziato più volte nel corso di questi due anni. L’esito finale dello scontro, per altro, non prevede prigionieri. La caduta di peso dei neocon in campo repubblicano e il mancato successo della componente più radicale e sinistrorsa del partito democratico non farà che rendere ancora più netti gli schieramenti almeno sino a quando il successo di Trump potra fungere da parafulmine e nascondere e sopire le faide che covano in campo democratico. Intanto guerra si vuole, guerra sarà. Anzi, guerriglia all’interno e prosecuzione dello scompiglio nel mondo multipolare prossimo venturo