L’espansione dei BRICS e la battaglia per il nuovo ordine mondiale, di ROBERTO IANNUZZI

L’espansione dei BRICS e la battaglia per il nuovo ordine mondiale

L’ascesa dei BRICS, confermata dal recente vertice di Johannesburg, è impressionante, ma il nascente mondo multipolare sarà all’insegna dell’incertezza.

8 SET 2023
Il logo dei BRICS (Wikimedia CommonsCC BY-SA 4.0)

Il vertice dei BRICS, recentemente tenutosi a Johannesburg in Sudafrica, ha attirato grande interesse a livello globale, ed in particolare in Occidente, nel teso contesto internazionale che ha visto il cosiddetto “Sud del mondo” in gran parte dissociarsi dai paesi occidentali sul conflitto tra Russia e Ucraina, e la competizione economica fra USA e Cina inasprirsi fino a divenire un’aperta contrapposizione geopolitica.

Sullo sfondo della crisi del sistema internazionale che si protrae almeno dal tracollo finanziario americano del 2008, molti paesi del “Sud del mondo” (una definizione imperfetta che racchiude gli stati non appartenenti al blocco occidentale) ritengono urgente una riforma dell’ordine globale a guida USA, considerato un residuo della Guerra Fredda discriminatorio e non rappresentativo dell’attuale realtà mondiale.

Alla luce di queste tensioni, l’Occidente ha cominciato a guardare ai BRICS (in realtà un’organizzazione abbastanza informale, che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) attraverso la lente della competizione con Cina e Russia.

Al vertice di Johannesburg, la presidenza dei BRICS ha annunciato l’imminente ingresso di ben sei nuovi membri nell’organizzazione: Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti (EAU), Etiopia e Iran. Essi aderiranno ufficialmente al gruppo il 1° gennaio del 2024.

Soprattutto in Occidente, molti hanno visto l’annuncio come una mossa finalizzata a permettere ai BRICS di competere con raggruppamenti occidentali come il G7 o con istituzioni finanziarie internazionali (dominate dall’Occidente) come la Banca Mondiale.

L’espansione dei BRICS ha un notevole valore simbolico. Per i sostenitori del gruppo, il suo rafforzamento potrà dare una spinta al tentativo di riformare l’ordine mondiale, contribuendo a definire i contenuti del nuovo sistema e avanzando la causa del multilateralismo.

Uno schieramento dei BRICS più forte – si augurano i suoi sostenitori – favorirà la nascita di una nuova architettura finanziaria globale, dedollarizando l’economia internazionale e spuntando l’arma occidentale delle sanzioni.

Potenziale ostacolo al raggiungimento di tali obiettivi è la natura eterogenea del raggruppamento, ulteriormente accentuata dalla recente espansione, e le posizioni divergenti dei suoi membri su svariate questioni, prima fra tutte il rapporto con l’Occidente.

Una formidabile potenza economica

I BRICS hanno già sorpassato le economie “avanzate” del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, e Stati Uniti) in termini di contributo al PIL mondiale. Essi determinano circa un terzo dell’attività economica globale (a parità di potere d’acquisto), mentre l’apporto del G7, in continuo calo dagli anni ’70 del secolo scorso, è oggi sceso al 30%. I due raggruppamenti seguono dunque traiettorie economiche divergenti.

Andamento del PIL dei BRICS e del G7 a confronto (Screenshot, Visual Capitalist)

Con i nuovi membri, il partenariato dei BRICS (che ora alcuni indicano con l’acronimo BRICS+) arriverà a comprendere il 47,3% della popolazione mondiale, contro il mero 10% rappresentato dal G7.

I BRICS+ costituiscono anche un formidabile raggruppamento energetico. Iran, Arabia Saudita ed EAU (membri dell’OPEC), insieme alla Russia (un membro chiave dell’OPEC+), producono 26,3 milioni di barili al giorno, quasi il 30% della produzione mondiale.

Oltre ad includere alcuni fra i maggiori esportatori di petrolio e gas, i BRICS+ comprendono anche due dei maggiori importatori, Cina e India. Produttori e consumatori presenti in questo gruppo hanno un interesse condiviso a creare meccanismi per scambiare le materie prime al di fuori della portata del settore finanziario del G7 e dei suoi sistemi sanzionatori.

Sia Cina che India ed Arabia Saudita si sono opposte all’imposizione di un tetto al prezzo del petrolio, avanzata dai paesi occidentali per colpire la Russia.

Con l’ingresso dei nuovi membri, il BRICS allargato avrà inoltre il controllo sul 72% delle terre rare a livello mondiale (includendo tre dei cinque paesi con le maggiori riserve), sul 75% del manganese, sul 50% della grafite, e sul 28% del nickel – ovvero su molti dei minerali essenziali per la transizione energetica e la cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”.

Questo schieramento esteso di paesi potrà investire in progetti e luoghi finora trascurati o esclusi dall’Occidente, come ad esempio l’Iran che possiede quantità significative di minerali strategici, fra cui le maggiori riserve mondiali di zinco e il secondo maggior giacimento di rame.

Nuovi membri, aspiranti candidati, e criteri di adesione

Oltre quaranta paesi hanno manifestato interesse ad aderire ai BRICS, di cui ventitré hanno fatto esplicita richiesta di adesione prima del vertice di Johannesburg (fra essi anche sette delle tredici nazioni che compongono l’OPEC). Rimangono in lista d’attesa paesi come Algeria, Indonesia, Kazakistan, Messico, Nigeria, Turchia ed altri.

BRICS, membri e aspiranti candidati. Blu: stati membri; Azzurro: nuovi membri; Arancione: candidati; Giallo: manifestazione di interesse ( By MathSquare – Author: Dmitry Averin (Дмитрий-5-Аверин), CC BY-SA 3.0)

Data la natura alquanto informale del raggruppamento dei BRICS, non vi erano specifici criteri di adesione. E’ stato perciò necessario stabilire dei parametri e delle procedure. Ma essenzialmente i sei nuovi membri sono stati selezionati attraverso negoziati diretti e decisioni ad hoc, in particolare cercando di conciliare l’approccio più entusiastico della Cina con quello più cauto di India e Brasile.

A giudicare dalle testimonianze, la discussione è stata lunga e tutt’altro che facile.

L’adesione di diversi paesi mediorientali testimonia non soltanto l’interesse del gruppo nei confronti di una regione strategica per le risorse energetiche e le rotte commerciali. E’ anche un’ulteriore conferma dell’intenzione della Cina di rafforzare il suo ruolo regionale dopo che la sua mediazione diplomatica ha favorito il riavvicinamento fra Arabia Saudita e Iran.

Anche grazie a questo riavvicinamento è stata possibile l’inclusione di Teheran, che altrimenti sarebbe forse risultata troppo controversa.

Il peso economico di Arabia Saudita ed EAU potrà essere utile per sostenere la New Development Bank (NDB), istituto fondato dai BRICS per finanziare progetti infrastrutturali e di sviluppo nei paesi membri.

Con la Cina in ascesa e l’Occidente in declino, paesi come Arabia Saudita, EAU ed Egitto, che tuttora subordinano la loro sicurezza ad accordi militari con Washington, hanno puntato a diversificare le proprie scelte di politica estera ed economica entrando nei BRICS.

Integrazione energetica e commerciale

Dal canto loro, i BRICS mirano non solo ad assicurarsi le fonti energetiche, ma anche a controllare le rotte che ne consentono la fruizione. La Belt and Road Initiative cinese (la cosiddetta “nuova via della seta”) ha già creato una rete di snodi energetici e commerciali che collegano il “Sud globale” sfruttando in particolare i porti degli EAU.

L’adesione dell’Egitto non solo introduce nel gruppo la seconda economia dell’Africa e un importante membro dell’Unione Africana, ma anche il paese che controlla lo strategico Canale di Suez.

L’inclusione di Teheran è rilevante soprattutto per la Russia, integrando nelle reti commerciali dei BRICS l’International North–South Transport Corridor (INSTC), corridoio logistico che consente a Mosca di esportare i propri beni verso l’Asia e l’Africa attraverso l’Iran, bypassando il Baltico, il Mar Nero e il Canale di Suez.

L’INSTC (in rosso) e la rotta tradizionale attraverso il Canale di Suez (in blu) (Public Domain)

L’interconnettività e lo sviluppo infrastrutturale dei BRICS costituiranno i temi chiave della presidenza russa del gruppo nel 2024. Il presidente russo Putin intende creare una commissione dei BRICS per i trasporti finalizzata alla creazione di arterie di transito a livello dell’Eurasia e globale.

Altro obiettivo della presidenza russa sarà quello di creare un’Agenzia energetica del gruppo finalizzata ad una maggiore cooperazione dei paesi membri nella definizione degli obiettivi di produzione e dei prezzi energetici.

Le sfide dell’allargamento

Dal canto suo, l’Iran vede l’adesione ai BRICS come un modo per attenuare il peso delle sanzioni occidentali che hanno soffocato la sua economia. La prospettiva che gli scambi commerciali all’interno del gruppo vengano condotti nelle valute nazionali, e quella (più lontana) di una “valuta dei BRICS”, promettono importanti vantaggi a Teheran sotto questo profilo.

L’adesione dell’Etiopia consente ai BRICS di integrare nel gruppo un altro importante paese africano assieme all’Egitto. L’Etiopia è il secondo stato più popoloso dell’Africa ed una delle economie emergenti del continente. Essa occupa una posizione strategica nel Corno d’Africa ed ospita la sede dell’Unione Africana.

Infine vi è l’Argentina, che è stata accolta in quanto importante rappresentante dell’America Latina (e unico nuovo membro dell’emisfero occidentale). L’ingresso di questo paese rappresenta però anche una sfida per i BRICS a causa del suo dissesto economico e della sua valuta in caduta libera.

L’Argentina è la nazione più indebitata con il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Inoltre, se il candidato di estrema destra Javier Milei dovesse vincere le elezioni presidenziali di ottobre, ha già promesso di spezzare i legami con la Cina e di riorientare l’Argentina verso l’Occidente – cosa che potrebbe implicare una rinuncia all’adesione ai BRICS.

Potenziali problemi per i BRICS potrebbero emergere anche dall’ingresso di Egitto ed Etiopia. Il primo attraversa una grave crisi economica. Dopo lo scoppio del conflitto ucraino, la valuta egiziana ha perso più del 50% del suo valore mentre l’inflazione ha raggiunto il 36% lo scorso giugno.

L’Etiopia, dal canto suo, deve riprendersi da due anni di devastante guerra civile che ha coinvolto soprattutto la regione settentrionale del Tigray.

E’ importante ricordare anche che esistono annose tensioni fra alcuni dei nuovi membri che i BRICS si apprestano ad accogliere. Abbiamo già ricordato il caso di Iran e Arabia Saudita, che hanno solo da poco riallacciato i rapporti diplomatici grazie alla mediazione cinese. Vi è poi il teso rapporto fra Egitto ed Etiopia a causa della Grand Ethiopian Renaissance Dam, la gigantesca diga sul Nilo Blu che secondo il Cairo rischia di minacciare la sicurezza idrica egiziana.

Sarà interessante vedere se i BRICS rappresenteranno un forum in grado di contenere ed eventualmente risolvere queste tensioni.

Un raggruppamento molto eterogeneo

Complessivamente, tuttavia, tra democrazie vere o presunte (Argentina ed Etiopia), una repubblica autocratica (Egitto), due monarchie (Arabia Saudita ed EAU), ed una teocrazia (Iran), il diversificato schieramento di paesi che si appresta ad entrare nei BRICS è destinato a rendere il gruppo ancor più eterogeneo.

Come ha confermato lo stesso presidente brasiliano Lula da Silva, il criterio di scelta principale nel selezionare i nuovi membri non è stata la loro forma di governo ma il loro rispettivo peso geopolitico.

Quando nel 2009, su iniziativa russa, si tenne a Yekaterinburg il primo vertice dei BRIC (allora ancora privi del Sudafrica, che avrebbe aderito l’anno successivo), vi era un criterio, sebbene non scritto, ad unire i quattro membri del nuovo raggruppamento: quello della piena sovranità, ovvero della capacità di perseguire una politica estera ed economica indipendente.

Il variegato insieme di paesi che sono stati scelti come nuovi membri non risponde pienamente a questo criterio. Da ciò segue – osserva il noto analista russo Fyodor Lukyanov – che i leader dei BRICS, approvando questo allargamento, hanno preferito il principio di diversificazione a quello del consolidamento dell’organizzazione.

Se già in precedenza i BRICS erano un raggruppamento che mancava di un definito meccanismo istituzionale, con la sua espansione a undici membri che hanno visioni spesso divergenti, la creazione di un simile meccanismo appare ancor più lontana.

In realtà, fin dall’inizio i BRICS erano un insieme di paesi con visioni differenti, in particolare riguardo agli Stati Uniti. In contrasto con Russia e Cina, che cercano di riformulare l’ordine globale a guida USA, India e Brasile hanno adottato posizioni più neutrali, e talvolta, soprattutto nel caso indiano, di cooperazione con Washington.

Per l’India, la vicina Cina non è soltanto un competitore economico ma anche un paese con cui i rapporti sono guastati da serie dispute territoriali. Nuova Delhi è invece un partner di Washington all’interno del   Quadrilateral Security Dialogue (Quad), raggruppamento nell’Indopacifico che include anche Giappone ed Australia, a cui gli USA hanno cercato di dare nuovo impulso a seguito della loro crescente rivalità con Pechino.

Né con l’Occidente né contro di esso

Come abbiamo visto, sono molteplici anche le motivazioni che hanno indotto i nuovi membri ad aderire ai BRICS. Un paese come l’Iran è spinto dalla speranza che il suo ingresso nel raggruppamento contribuisca ad alleviare il fardello delle sanzioni (un problema peraltro condiviso anche dalla Russia, e in misura minore dalla Cina) ed a contenere l’egemonia occidentale.

Produttori energetici come l’Arabia Saudita e gli EAU, dotati di ingenti risorse finanziarie, sono motivati dal desiderio di allargare la platea dei propri partner e di diversificare i propri investimenti, ma non hanno interesse a trasformare i BRICS in uno schieramento antioccidentale.

I leader di questi paesi hanno messo in chiaro che non intendono “scegliere” fra Oriente e Occidente, ma fare affari con tutti.

Infine, paesi come Argentina, Egitto ed Etiopia si augurano che l’ingresso nei BRICS possa alleviare le loro difficoltà economiche, anche attraverso la possibilità di accedere ai finanziamenti della NDB, la quale non applica condizionalità come invece fanno la Banca Mondiale e l’FMI. Ma neanche loro sono marcatamente ostili all’Occidente.

Dunque i BRICS+ difficilmente avranno un orientamento spiccatamente antioccidentale, ma piuttosto saranno un insieme di paesi intenzionati a scegliere i propri partner a seconda delle proprie esigenze politiche ed economiche del momento.

Tuttavia, benché il raggruppamento dei BRICS non costituirà mai un’alleanza politica, un forum di paesi determinati ad estendere uno spazio di azione indipendente all’interno dell’attuale sistema internazionale è di per sé in grado di favorire dei cambiamenti importanti – sostiene Lukyanov.

Anche per paesi in aperto conflitto con l’Occidente, come Russia e Iran, il mero ampliamento di uno spazio indipendente nel panorama internazionale, composto da paesi che interagiscono fra loro al di fuori del sistema occidentale di incentivi e sanzioni, è una prospettiva augurabile e in armonia con i loro interessi.

Riformare le istituzioni internazionali, non smantellarle

Conseguentemente, i BRICS non hanno fra i loro principali obiettivi quello di smantellare le istituzioni dell’attuale ordine internazionale, come il WTO, la Banca Mondiale e l’FMI.

Anche nella dichiarazione conclusiva del vertice di Johannesburg, i paesi membri hanno ribadito il loro appoggio ad un sistema commerciale multilaterale ed inclusivo che sia “incentrato sul WTO”.

La dichiarazione ha anche espresso l’approvazione dei paesi membri per una rete di sicurezza finanziaria globale che abbia al proprio centro “un FMI adeguatamente finanziato e basato su quote”.

L’agenda dei BRICS segue dunque due binari paralleli.

Il primo consiste nel cercare di acquisire maggiore influenza e capacità di controllo sulle istituzioni internazionali finora dominate dall’Occidente (ad esempio attraverso la riforma delle quote dell’FMI, e la riorganizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU).

Il secondo sta nel rafforzare proprie istituzioni parallele, come la NDB, alle quali ricorrere laddove le istituzioni consolidate dell’ordine globale non rispondano alle loro aspirazioni e ai loro interessi.

Da ciò si deduce che i BRICS, i quali ovviamente non rappresentano un’alternativa al sistema capitalistico, non incarnano neanche una sfida frontale all’egemonia americana ed occidentale, ma più modestamente il tentativo di ridurre le disparità e gli squilibri dell’attuale ordine.

Dedollarizzazione sì o no?

E’ in questo contesto che si inserisce il dibattito sull’impulso alla dedollarizzazione del sistema finanziario internazionale che i BRICS potrebbero imprimere.

Paesi direttamente sottoposti alle sanzioni americane, come Russia e Iran, certamente sono i primi a voler porre fine alla dipendenza dal dollaro.

Il desiderio di emanciparsi dalla valuta statunitense, e dal fardello che l’indebitamento in dollari comporta (basti pensare all’effetto disastroso che ogni rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Federal Reserve americana ha sulle economie dei paesi emergenti), è però generalmente diffuso fra vecchi e nuovi membri del gruppo.

Malgrado ciò, la prospettiva di una valuta di riserva comune dei BRICS non sembra al momento imminente.

Perfino se i membri del raggruppamento fossero geopoliticamente allineati, l’adozione di una valuta comune presenterebbe una serie di problemi, già messi in evidenza dalla natura zoppicante dell’euro: l’esigenza di una convergenza macroeconomica, la scelta di un meccanismo di cambio, la creazione di un sistema di pagamenti e di compensazione multilaterale che sia efficiente, la necessità di disporre di mercati finanziari caratterizzati da liquidità e stabilità.

Una possibile alternativa sarebbe quella di adottare il renminbi cinese come valuta comune dei BRICS. Ma la valuta di Pechino non è sufficientemente convertibile, e non dispone di un mercato finanziario abbastanza liquido. La Cina adotta ancora un regime di controllo dei capitali, a cui non sembra intenzionata a rinunciare. E paesi come l’India non accetterebbero il renminbi come valuta comune per paura di concedere a Pechino un ruolo troppo dominante.

E’ per questa ragione che il vertice di Johannesburg non si è concentrato su una potenziale valuta dei BRICS, ma sulla decisione di promuovere l’impiego delle valute nazionali nelle transazioni transfrontaliere – un fenomeno già in atto da tempo.

Sebbene Cina e India abbiano interessi di sicurezza divergenti, entrambe traggono beneficio da un aumentato ricorso alle valute locali. L’Arabia Saudita, dal canto suo, sta esaminando la possibilità di ricorrere al renminbi per regolare le transazioni petrolifere con Pechino. Nuova Delhi sta invitando molti paesi a intrattenere transazioni commerciali in rupie. Il mese scorso, l’India ha effettuato il suo primo pagamento petrolifero in rupie agli EAU.

Tuttavia, per due paesi ha senso commerciare nelle rispettive valute nazionali (non pienamente convertibili) solo se il saldo commerciale fra essi è più o meno in equilibrio.

A titolo di esempio, la Russia ha recentemente venduto ingenti quantità di petrolio all’India, la quale ha pagato Mosca in rupie. Ma siccome Nuova Delhi esporta in Russia molto meno di quanto importi da essa, Mosca si trova con una grossa somma di rupie che non sa come spendere o convertire, potendo utilizzarle solo per acquistare prodotti dell’India.

A questo problema potrebbe ovviare solo l’introduzione di una valuta comune per l’intero raggruppamento dei BRICS.

Il lento declino del dollaro

Sebbene i volumi commerciali fra i paesi BRICS non siano al momento sufficienti a sostenere una simile soluzione, le cose potrebbero cambiare con un ulteriore allargamento del raggruppamento ad altri paesi.

In tale contesto, si potrebbe passare da sistemi di compensazione bilaterali (che hanno i limiti appena esposti) ad un sistema di compensazione multilaterale, ed infine ad una valuta comune.

In un simile scenario, alcuni ipotizzano la creazione di una valuta condivisa che verrebbe utilizzata solo nelle transazioni fra gli stati membri, mentre i cittadini dei singoli paesi continuerebbero ad impiegare le proprie valute nazionali.

Un ulteriore allargamento dei BRICS tuttavia presenta sfide di altra natura, legate agli interessi eccessivamente divergenti che un numero troppo esteso di paesi potrebbe determinare, mettendo a rischio la coesione del gruppo.

Per queste ragioni, il dollaro è destinato a rimanere ancora per diversi anni la valuta dominante a livello internazionale.

Il biglietto verde comincerà a perdere sensibilmente potere nel momento in cui i prezzi di gas e petrolio non saranno più fissati in dollari. Ed è questa probabilmente una delle principali considerazioni che hanno spinto i membri fondatori ad includere nei BRICS l’Arabia Saudita, l’Iran e gli EAU. Tuttavia, Riyadh e Abu Dhabi hanno ancora un legame abbastanza stretto con Washington.

Dunque sul medio periodo, piuttosto che una singola alternativa al dollaro, emergeranno probabilmente blocchi regionali di valute, mutevoli e porosi, fondati su scambi commerciali bilaterali e multilaterali, accompagnati da una lenta perdita di influenza da parte del biglietto verde.

Un caotico mondo multipolare

Il nascente mondo multipolare sarà quindi, ancora per anni, segnato dal disordine e dall’incertezza. Esso sarà caratterizzato da alleanze variabili e da paesi – le cosiddette “medie potenze” – che cercheranno di giostrarsi fra tali alleanze senza aderirvi pienamente, mantenendo una posizione “non-allineata”.

Si è parlato a tale proposito di swing states (paesi “oscillanti fra i vari schieramenti) e di mondo à la carte.

Raggruppamenti come i BRICS e il G20 (più vicino agli USA) competeranno fra loro per assicurarsi la lealtà dei paesi in via di sviluppo.

Per diverso tempo i paesi emergenti continueranno ancora a dipendere dal loro debito denominato in dollari, e persino istituzioni finanziarie dei BRICS come la NDB (finché saranno legate all’impiego della valuta americana) resteranno potenzialmente esposte alle sanzioni secondarie di Washington.

Mentre la Cina rimarrà al centro delle catene di fornitura, e dunque del sistema produttivo mondiale, gli USA, più deboli dal punto di vista industriale, resteranno però almeno per qualche tempo al centro di forti alleanze geopolitiche nell’Atlantico e nel Pacifico.

La debolezza del sistema americano sta però nel fatto che, per molti alleati degli USA, sarà virtualmente impossibile sganciarsi dalle catene di fornitura e dai nodi di produzione legati alla Cina, se non vorranno andare incontro ad un repentino declino industriale e tecnologico.

In assenza di alternative industriali e di sviluppo, un’eccessiva fedeltà agli USA impedirà agli alleati di Washington di accedere alle reti produttive più avanzate e ai prodotti più competitivi, ed allo stesso tempo a rinunciare ad importanti mercati di esportazione.

La divergenza fra interessi economici e fedeltà politiche creerà tensioni e fratture che caratterizzeranno la transizione verso il nuovo ordine multipolare, e che sono destinate ad accrescere il rischio geopolitico e la possibilità di conflitti.

https://robertoiannuzzi.substack.com/p/lespansione-dei-brics-e-la-battaglia?utm_source=post-email-title&publication_id=727180&post_id=136847064&isFreemail=true&r=9fiuo&utm_medium=email

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Nuovi rapporti occidentali che invitano ad abbandonare le tattiche della NATO, di SIMPLICIUS THE THINKER

Ho voluto fare una carrellata dei comunicati più interessanti provenienti dalla sfera degli opinionisti militari occidentali e riguardanti le tattiche russe e la loro presunta “evoluzione”, nonché le prospettive sul futuro del conflitto.

Il primo a fare scalpore è quello del RUSI (Royal United Services Institute), un thinktank militare che si definisce “il più antico think tank di difesa e sicurezza del mondo”, essendo stato fondato dal Duca di Wellington nel 1831.

Il loro ultimo “rapporto speciale” fornisce un aggiornamento ponderato sulla controffensiva ucraina. Si inizia con l’ammissione che l’Ucraina sta soffrendo “di pesanti tassi di perdita di equipaggiamento”, ma… “il design dei veicoli da combattimento corazzati forniti dai suoi partner internazionali sta impedendo che questo si trasformi in un alto numero di morti”.

Questa è l’ultima linea guida adottata dall’Occidente nel tentativo di risollevare il morale dell’AFU. Noterete che dopo la prima distruzione in assoluto del Challenger 2, l’altro giorno, il ministro della Difesa britannico appena nominato ha commentato che almeno l’equipaggio è sopravvissuto.

Anche se si tratta di una digressione, lasciatemi spiegare perché credo che stia mentendo, perché va al cuore dell’argomento.

Il filmato dell’uccisione del Challenger è stato diffuso, e si dice che sia stata compiuta da un ATGM Kornet, che ha creato una grande esplosione:

La cosa importante che è stata sottolineata è che se si guardano le foto del carro armato colpito, sembra che la torretta sia stata completamente staccata dallo scafo e si trovi sul bordo della fiancata in un modo che non dovrebbe essere:

Si noti come la parte anteriore della torretta sia all’incirca a filo con la fiancata del carro armato quando è girata, mentre la parte posteriore della torretta che ospita le munizioni pende dall’altra parte, in un carro armato correttamente montato. Nel filmato della distruzione, invece, si vede che la parte anteriore della torretta è effettivamente appesa al lato e la parte posteriore è a filo. Lo si vede meglio senza le linee disegnate:

Il punto è che per una torretta separarsi catastroficamente dallo scafo in questo modo significherebbe un’esplosione del genere a cui probabilmente nessuno è sopravvissuto. Per non parlare del fatto che sembra esserci un enorme buco nel punto in cui dovrebbe trovarsi il portello del comandante, il che fa pensare a una detonazione davvero grave.

Recentemente, gli ingegneri russi di Kurganmashzavod – il principale produttore di IFV della Russia – che hanno studiato un Bradley catturato, hanno pubblicato questo rapporto:

Ma aspettate di vedere il vero pezzo di resistenza del Bradley che conferma questo punto più avanti nell’articolo.

Il fatto è che le armi occidentali non sono buone come da pubblicità. Quindi, dire che l’equipaggio è “sopravvissuto” nonostante i sistemi venissero continuamente eliminati in un tiro al tacchino non è un granché.

Il rapporto RUSI continua affermando che “La condizione preliminare per qualsiasi azione offensiva è il dominio dei fuochi (dell’artiglieria). Questo è stato raggiunto grazie all’accecamento della capacità di controbatteria dei cannoni russi e alla disponibilità di sistemi di artiglieria precisi e a lungo raggio. È fondamentale garantire la sostenibilità di questo vantaggio attraverso un’adeguata produzione di munizioni e ricambi per un parco artiglierie consolidato”.

Vediamo cosa ha da dire un vero comandante di una divisione di artiglieria russa che combatte su questo fronte:

Innanzitutto, è un comandante di un gruppo della RPD chiamato “Kaskad”, non proprio dell’esercito russo, ma le sue parole sono comunque molto interessanti. Descrive l’azione di artiglieria nel settore di Urozhayne, proprio vicino a Staromayorsk, sulla famosa “sporgenza di Vremevske” a sud di Velyka Novosilka.

Punti riassunti:

Solo dalla sua unità sparano 450 proiettili all’ora.

L’AFU spara di più, fino a 2800 proiettili di tipo “cassetta” (munizioni a grappolo) al giorno.

Secondo le intercettazioni radio, l’AFU ha avuto più di 3.000 vittime solo nella sua piccola area di insediamenti. Questo senza contare l’intero fronte occidentale, ancora più attivo, vicino a Rabotino, dove sono state stimate fino a 10-20k vittime.

Ho pubblicato precedenti interviste con comandanti russi in questo stesso settore che affermano che le loro perdite sono minime rispetto all’AFU. Quindi, RUSI ha ragione a dire che l’Ucraina ha portato la “superiorità” dell’artiglieria contro la Russia? Secondo questo comandante nel suo settore sparano più proiettili – questo è probabilmente dovuto al fatto che quando si conduce un’offensiva, si deve destinare una grande quantità di munizioni con l’aspettativa di superare l’avversario. In teoria, l’avversario è in difesa e quindi trincerato, il che significa che è necessario sparare molti più colpi per ottenere lo stesso effetto o lo stesso tasso di vittime. Il difensore, invece, può sparare molti meno colpi e fare più danni, perché la forza offensiva è esposta “allo scoperto” ed è molto più facile da colpire quando attraversa i campi rispetto a un difensore trincerato in trincee sotterranee.

La RUSI conferma alcune di queste affermazioni con la sezione successiva, in cui si legge che l’Ucraina ha conservato a lungo le munizioni per la controffensiva e ora le sta spendendo più liberamente:

C’è la continua linea propagandistica secondo cui gli M777 forniti dagli americani hanno una portata superiore. A che cosa? La Russia ha più tipi di sistemi di artiglieria di tutta la NATO messa insieme. Ci sono D-20, D-30, 2A29, 2A36, 2A61, 2A65, 2S1, 2S3, 2S5, 2S7, 2S19 e 2S19M2, per non parlare del nuovo 2S43 “Malva” che, secondo quanto riferito, verrà presto spedito alle truppe, oltre agli infiniti sistemi MLRS non inclusi sopra. Molti di questi hanno una gittata inferiore a quella degli M777 americani, mentre alcuni hanno una gittata superiore, in particolare il 2S7M, ma anche il 2A36, il 2S19M2 e persino il 2A65, a seconda del tipo di proiettile, in particolare se utilizzano il RAP a più lunga gittata e l’M777 no.

Voglio risolvere una volta per tutte questo dibattito, che le fonti occidentali continuano a propagandare con falsi pretesti. Il proiettile standard dell’esercito americano utilizzato dall’Ucraina è l’M795. Sulla pagina ufficiale dell’M777 è riportata la gittata dell’obice con il proiettile M795:

Abbiamo 23,5 km, tenetelo a mente.

Ora elenchiamo le gittate dei sistemi di artiglieria russi. Utilizzeremo solo sistemi equivalenti da 152 mm piuttosto che da 122 mm. Potete verificare voi stessi tutti i dati riportati nelle pagine ufficiali del wiki.

Il più vecchio obice russo D-20 ha la gittata più piccola, 17,4 km, il 2S3 Akatsiya circa 18,5 km.

Ma il 2A36:

Poi:

Il proiettile OF45 standard russo sparato da un 2A65 e da un 2S19 raggiunge i 24,7 km, un valore superiore ai 23,5 km standard dell’M777.

Il 2S5 Hyacinth-S raggiunge 28 km con munizioni standard e il mostruoso 2S7M, pur sparando 203 mm, raggiunge 37,5 km senza assistenza e quasi 50 km con munizioni assistite.

Come si può vedere, due dei sistemi russi hanno una portata inferiore, un paio hanno una portata leggermente migliore o quasi uguale, e un altro paio hanno una portata molto più elevata.

Naturalmente i media occidentali “scelgono” i rapporti dei gruppi di volontari più piccoli o delle unità della DPR non altrettanto ben armate, che potrebbero usare Gvozdika, Akatsiya, D-20, ecc. Ma ignora le unità russe che usano i 2A36, i 2S19, i 2S5, i 2S7 ecc. che possono tutti superare l’M777.

Sì, l’Ucraina ha anche altri sistemi come il tedesco PhZ2000 e il francese Caesar che, a quanto pare, hanno una gittata maggiore con munizioni standard, ma sono anche molto meno numerosi e la Russia ne ha già distrutti molti, se non la maggior parte, per non parlare del fatto che la loro gittata impallidisce rispetto a quella dei 2S7M. Per quanto riguarda il Krab polacco e l’As-90 britannico, la stessa cosa, a parte il fatto che non hanno nemmeno una gittata maggiore per cominciare.

La verità è che la parte russa ha semplicemente una tolleranza molto più bassa alle perdite. Quindi, quando 1 o 2 unità vengono eliminate dal fuoco di controbatteria, scatta l’allarme e il loro tono nei rapporti è molto più conseguente. Ma l’Ucraina può perdere 10 pezzi di artiglieria e per loro sarà una “buona giornata”, per così dire. La gente coglie il tono più urgente della Russia e ne trae l’implicazione che la Russia sta subendo perdite più pesanti, quindi l’artiglieria ucraina deve essere in qualche modo superiore. Non è proprio così che funziona.

In effetti, negli ultimi tempi l’unico vero attacco all’artiglieria russa che l’Ucraina ha effettivamente portato a termine è stato quello con gli HIMAR, che hanno una gittata di 90 km. Perché pensate che si stiano affidando così pesantemente agli HIMAR per contrastare le batterie di artiglieria russa?

Perché due degli SPG di artiglieria più avanzati dell’Occidente, il Caesar francese e l’AS-90 britannico, sono morti entrambi in modo catastrofico negli ultimi giorni:

Inoltre, l’Ucraina soffre di un’usura delle canne di gran lunga superiore, poiché non ha il lusso di poterle scambiare come fa la Russia, per ovvie ragioni logistiche. Ciò significa che i loro sistemi perdono precisione e portata. Il raggio d’azione effettivo della maggior parte dei loro M777 rimanenti è probabilmente di 15 km più o meno, perché è il massimo che si può ottenere da una canna usurata – e le canne dell’M777 sono difficili da gestire.

La Russia, d’altra parte, è provato che cambia le canne sul fronte in continuazione, come testimoniano numerosi video:

In conclusione, la presunta superiorità di “raggio d’azione” dell’artiglieria ucraina non è veritiera, se non quando è tratta dal resoconto di una particolare unità, che si dà il caso sia sotto-equipaggiata con vecchi apparecchi come i D-30. Ci sono molte unità di questo tipo, non fraintendetemi, ma ce ne sono anche molte con piattaforme migliori. Ricordiamo che l’Ucraina ha preso in consegna solo circa ~150+ più o meno M777 in totale, la Russia ha 760 solo di 2S19 superiori, senza contare le migliaia di altri tipi di canna.

Proseguendo, l’articolo della RUSI descrive l’incursione iniziale della controffensiva di inizio giugno. Ci sono due ammissioni interessanti: la prima, che i MRAP MaxxPro si sono “impantanati” nel fango, a riprova delle voci che avevamo sentito sulla loro inadeguatezza al terreno ucraino. La seconda, ancora più interessante, è la seguente; leggere attentamente la parte evidenziata:

Ricordiamo che sappiamo che le prime violazioni condotte in questa controffensiva sono state effettuate con i Leopard 2A6. Qui la RUSI sceglie di demordere e di non ammettere la dura realtà, preferendo chiamarli vagamente “carri armati”.

Per anni ci è stato detto che i carri armati occidentali, in particolare le varianti del Leopard 2A6, erano i più avanzati al mondo e che avrebbero facilmente distrutto i carri armati russi in un duello testa a testa, grazie alla superiorità delle loro ottiche, dei sistemi di controllo del fuoco (FCS), della precisione delle canne, della portata delle munizioni e della balistica, della stabilizzazione delle armi, ecc.

Ma sorprendentemente, uno dei thinktank autoproclamatisi più autorevoli e antichi del mondo afferma che i carri armati russi hanno iniziato a ingaggiare la colonna guidata dai “carri armati” ucraini, e – ecco la dolorosa ammissione: “I veicoli della colonna sono stati messi fuori uso in successione”.

Che fine hanno fatto tutte quelle ottiche superiori, le stabilizzazioni e tutto il resto?

Un nuovo articolo di WarOnTheRocks degli ormai famigerati Rob Lee e Michael Kofman fa luce anche su questa tanto discussa fase iniziale. Essi confermano anche alcuni dei risultati, non solo affermando che l’Ucraina raramente utilizza più di un paio di carri armati alla volta per paura di perdite, ma che solo pochi plotoni di una brigata sono pronti all’assalto:

Intorno a Bakhmut, ad esempio, molti degli assalti meccanizzati ucraini sono costituiti da una o due squadre sostenute da due carri armati. Secondo le nostre ricerche sul campo, le unità di carri armati ucraine raramente si ammassano a livello di compagnia per il rischio di perdere troppi carri armati in una volta sola. Le battaglie tra carri armati sono rare. I carri armati passano gran parte del tempo a sostenere la fanteria e a fornire fuoco indiretto. In genere operano in coppia o in plotoni, sostenendo gli attacchi della fanteria. Questa offensiva è stata in gran parte caratterizzata da assalti di fanteria a livello di plotone, combattendo da un albero all’altro. Nonostante le loro dimensioni, le brigate hanno spesso un numero limitato di plotoni e compagnie addestrati all’assalto, il che limita le forze disponibili per questi compiti.
L’altra grande ammissione contenuta nel loro tiepido articolo è che la Russia sta in realtà deliberatamente scambiando spazio per logoramento, un fatto chiaro a qualsiasi analista anche di medio livello, ma ancora ripetutamente ignorato dalle cheerleader occidentali affamate di propaganda:

Tornando al pezzo della RUSI, il resto della sezione riguarda alcuni aspetti post-operatori della BDA, quindi passiamo alla sezione successiva, interessante, intitolata “Lezioni russe e adattamento”.

Inizia con un’altra grande concessione:

Le azioni tattiche intorno a Novodarivka e Rivnopil sono state in gran parte considerate un successo dalle forze russe nella misura in cui hanno inflitto sufficienti perdite di equipaggiamento nelle fasi iniziali in modo da degradare il raggio d’azione delle unità di manovra ucraine assumendo un tasso costante di perdite attraverso la profondità delle posizioni difensive della Russia.
Ammettono che, anche se alla fine l’Ucraina ha preso quei due piccoli insediamenti, si è trattato fondamentalmente di un successo russo a causa delle ingenti e insostenibili perdite subite dall’AFU. Si tratta di confessioni piuttosto crude da parte di un istituto impegnato a promuovere una versione il più possibile “asettica” della guerra.

E un’altra:

Le forze armate russe hanno anche deciso di sfruttare tatticamente le opportunità quando le forze ucraine si sono impantanate con un fiancheggiamento aggressivo con i blindati per mettere fuori uso i sistemi ucraini. Vale la pena notare che la Russia spesso perde i carri armati utilizzati per questi contrattacchi, ma questi infliggono danni sproporzionati perché le mine limitano la capacità di manovra o di risposta dei veicoli ucraini. Questa disponibilità al contrattacco e la decisione di difendersi in avanti evidenziano come l’addestramento degli equipaggi dei carri armati russi e di altre specialità abbia continuato a funzionare, generando nuovi equipaggi con una certa competenza tattica rispetto all’interruzione dell’addestramento collettivo che ha ostacolato la fanteria russa.
Secondo loro, la Russia sta mostrando ampi miglioramenti nella guerra EW, innovando nuovi usi come l’uso di sistemi mobili più piccoli e leggeri come il Pole-21 per fungere da “antenna” trasmittente a sistemi più grandi e potenti. In questo modo l’unità mobile emette il segnale EW lasciando il mainframe più grande al sicuro e nascosto, consentendo una copertura più ampia del campo di battaglia.

L’ultimo e più importante passo avanti è che il famoso complesso russo di ricognizione e fuoco (RFC) è stato continuamente migliorato ogni giorno. Notano che la Russia ha privilegiato le munizioni guidate come il Krasnopol e ha rafforzato le sue capacità ISR nell’effettuare attacchi precisi che le permettono di distruggere gli obiettivi con un dispendio di munizioni di gran lunga inferiore a quello delle vecchie dottrine sovietiche di posizionamento dei cannoni a griglia.

Si tratta di una tendenza preoccupante, perché nel tempo probabilmente migliorerà in modo significativo l’artiglieria russa. La crescita della complessità, della diversità e della densità degli UAV russi è preoccupante. I miglioramenti sia nell’effetto della testata che nell’economia del suo design tra il Lancet-3 e il Lancet-3M dimostrano come i russi stiano attivamente migliorando i loro equipaggiamenti in campo. Notevoli sono anche le modifiche apportate alle munizioni per il loitering per ottenere una riduzione del rumore sullo Shahed-136 e per rendere più difficile la navigazione.
Il punto più importante, a mio avviso, riguarda i miglioramenti nelle comunicazioni delle catene di autorità/uccisione Recon-Fire-Complex. Si tratta di un aspetto di estrema importanza, su cui ho insistito a lungo:

L’abilitazione della RFC dipende dalle comunicazioni. Anche in questo caso, l’esercito russo sta facendo importanti progressi. All’inizio dell’invasione su larga scala, le forze russe dipendevano in larga misura da radio militari su misura. Alla fine dell’anno scorso, nella corsa all’equipaggiamento, è stata impiegata un’ampia gamma di sistemi civili. Dal punto di vista concettuale, tuttavia, i russi sembrano aver fatto un passo avanti, affidandosi sempre più a reti portanti militari ma a servizi basati su app per la codifica e l’accesso ai dati. Il risultato è che un sistema come Strelets può fornire una connessione 3G a più dispositivi che utilizzano applicazioni intuitive per gli utenti civili. Questa separazione di portatori e servizi è ancora in fase embrionale e la sicurezza e la robustezza dei sistemi in fase di test devono essere messe in dubbio. Tuttavia, la riduzione del carico di addestramento di questo approccio e i miglioramenti nella direzione del fuoco già ottenuti fanno sì che l’AFRF probabilmente continuerà a spingere in questa direzione e sistematizzerà sempre più la propria architettura di comunicazione attorno a questi metodi.
Si parla del sistema Strelets, di cui ho scritto qui:

All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West’s ISR Overmatch?

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FEB 16
All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West's ISR Overmatch?
“Ogni guerra al punto di svolta delle epoche tecnologiche (e noi siamo proprio in uno stato di tale transizione) è gravata dalla mancanza di comprensione dei principi di funzionamento delle nuove armi e delle tattiche del loro uso, così come della strategia complessiva dell’intero complesso di azioni militari e politiche”.
Read full story

Questo è importante perché il canale della difesa russo ha pubblicato giorni fa questo video, che mostra proprio uno di questi sistemi, già in fase di distribuzione alle forze di artiglieria. Il video mostra il sistema Planshet-M, che consente un maggiore coordinamento tra le unità di comando/scout, le squadre ISR/drone e i comandanti delle batterie, inviando senza soluzione di continuità i dati relativi ai bersagli e alle coordinate tra le unità per un tempo ridotto di loop RFC:

A questo fa eco un altro pezzo di Foreign Affairs – che, tra l’altro, è la rivista ufficiale del Council on Foreign Relations – che dichiara che la Russia, in modo preoccupante, sta migliorando sotto molti aspetti:

Business Insider concorda con questo nuovo pezzo:

Scrivono:

La capacità della Russia di bloccare i droni ucraini è migliorata, costringendo gli operatori dei droni a spostarsi più vicino alle linee del fronte e mettendo queste preziose truppe in maggiore pericolo mentre la controffensiva ucraina continua.
Salteremo il resto, dato che copre punti precedenti.

Il pezzo di RUSI termina con alcuni altri punti importanti che evidenzierò in rapida successione. Si nota che i comandanti ucraini danno la priorità a non stendere fumo perché preferiscono vedere il campo di battaglia con gli “occhi nel cielo” dei droni, piuttosto che accecare la parte russa ma anche se stessi:

I comandanti continuano a dare la priorità al mantenimento della propria comprensione del campo di battaglia rispetto alla posa di fumo e all’occultamento dei movimenti del proprio personale. Data la criticità di una rapida applicazione dell’artiglieria a sostegno del movimento, questa priorità è comprensibile, ma riflette anche i limiti della capacità della brigata di fidarsi dei comandanti tattici nell’eseguire le azioni quando non sono dirette da alti comandi con una maggiore consapevolezza della situazione. Data la saturazione del quartier generale che ne deriva, è fondamentale addestrare i leader più giovani, insieme all’espansione della capacità del personale.
L’aspetto più importante è che questo riflette le “limitazioni nella capacità della brigata di fidarsi dei comandanti tattici per eseguire le azioni quando non sono dirette dal quartier generale”.

Che cosa significa?

Stanno ammettendo che i sergenti “addestrati dalla NATO” e i tanto decantati sottufficiali non sono in realtà all’altezza del compito, e che i comandanti “nelle retrovie” non si fidano di loro per prendere decisioni tattiche valide da soli, preferendo osservare il campo di battaglia da droni e prendere tutte le decisioni tattiche “a livello centrale” come il cosiddetto “sistema sovietico”.

Dopo aver tanto parlato della superiorità della NATO e dell'”addestramento in stile occidentale”, ora ammettono che è tutto falso.

Continuano a descrivere come l’addestramento nei Paesi della NATO sia in realtà inadeguato perché viene svolto in condizioni non realistiche rispetto al campo di battaglia reale.

L’addestramento collettivo fuori dall’Ucraina è ostacolato dal fatto che, a causa della cultura della sicurezza nella NATO, le truppe ucraine non possono addestrarsi mentre combattono. Inoltre, molte tattiche della NATO richiedono un livello di addestramento che non è fattibile nei tempi disponibili, oppure non sono convalidate nell’ambiente della minaccia moderna.
Rileggete: Le tattiche della NATO “non sono convalidate nell’ambiente della minaccia moderna”. È un’ammissione mostruosa. È interessante notare che il principale “esperto militare” dietro questo rapporto, il dottor Jack Watling – ricercatore senior per la guerra terrestre presso il Royal United Services Institute – aveva precedentemente scritto un articolo per il Guardian a luglio in cui affermava quanto segue:

Un paio di mesi prima dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, ero sdraiato su una collina a guardare un battaglione meccanizzato statunitense che scendeva a valle con il compito di superare una serie di ostacoli. Gli ostacoli erano meno formidabili di quelli presenti in Ucraina e il nemico dell’esercitazione era costituito da una sola compagnia sostenuta da un’artiglieria limitata. Ciononostante, le truppe statunitensi hanno combinato un pasticcio. Le loro truppe di ricognizione non sono riuscite a schermare i loro veicoli, si sono bloccate in vista del nemico e sono state severamente punite. Il fatto che le truppe statunitensi ben addestrate facciano fatica a superare gli ostacoli in circostanze più favorevoli sottolinea quanto sia difficile. Inoltre, le truppe statunitensi che ho osservato possono essersi comportate male, ma lo hanno fatto in addestramento. Se mai dovessero farlo davvero, avranno avuto ripetute opportunità di imparare e migliorare. Le truppe ucraine non hanno avuto questo lusso.
Che cos’è questo? Per mesi siamo stati criticati per aver dubitato della supremazia delle millantate capacità statunitensi di “armi combinate”. Sembra che non tutto fosse come pensavamo.

Ma il rapporto RUSI continua:

Questo approccio alla generazione di forze significa che la maggior parte dei battaglioni ucraini sta generando circa due plotoni di truppe che sono considerate pienamente in grado di condurre azioni di assalto. Mentre il resto del battaglione fornisce rinforzi e la capacità di mantenere il terreno, le dimensioni delle formazioni che possono condurre azioni offensive sono fortemente limitate.
Quindi, a causa di queste varie limitazioni, ogni battaglione può generare solo una mezza compagnia di veri combattenti. Tra l’altro, nel precedente articolo del Guardian, Watling ha ammesso che l’unico motivo per cui l’Ucraina manda le proprie truppe all’estero per addestrarsi è che non può fare nulla di più dell’addestramento dei soli soldati in Ucraina, perché i campi di addestramento sono bersagli maturi per gli attacchi russi. Ciò significa che per l’addestramento di unità a livello di compagnia e oltre, è impossibile farlo se non nel Regno Unito, in Germania, ecc. E senza tale addestramento, le unità più grandi non possono formare la coesione necessaria per condurre assalti adeguati. Questo è l’enorme dilemma in cui si trova l’Ucraina.

Infine, il rapporto RUSI conclude:

È anche importante riconoscere che le forze russe stanno combattendo con maggiore competenza e ragionevole tenacia nella difesa. Sebbene stiano perdendo terreno, le forze russe stanno in gran parte conducendo ritiri ordinati dalle posizioni e stanno effettivamente rallentando e quindi gestendo le avanzate ucraine, imponendo al contempo un costo considerevole in termini di equipaggiamento.
Questa è bella grossa. Non solo la Russia sta combattendo con competenza, ma sta anche conducendo ritirate ordinate imponendo costi considerevoli all’AFU. Per mesi ci è stato detto che l’AFU si apriva valorosamente un varco tra i suoi ranghi, massacrando tutti e facendo prigionieri in ogni posizione catturata. Sembra che la realtà sia un po’ diversa dalla brodaglia data in pasto all’opinione pubblica occidentale.

Questo rapporto della RUSI ha generato un’ondata di titoli che hanno messo in evidenza quella che secondo loro era la tesi principale: che l’Ucraina dovrebbe “smettere di addestrarsi alle tattiche della NATO”, perché le sta solo danneggiando, e tornare a fare ciò che sa fare meglio:

The above report

Il  rapporto precedente cita anche Watling in una nuova intervista al Telegraph in cui afferma:

“Potremmo sbagliare terribilmente. “Potremmo fare in modo di insegnarvi come essere un ufficiale dello staff della NATO… abbiamo corsi e abbiamo un libro che ci dice cosa significa. “Ma il problema è che se prendete quella persona che ha imparato tutte queste procedure della NATO e la rimettete in Ucraina, dove ha strumenti diversi e dove nessuno dei suoi colleghi capisce la terminologia della NATO, allora tornerà a quello che capiscono i suoi colleghi”.
L’articolo riporta anche un nuovo rapporto della Bundeswehr tedesca che afferma che l’AFU ha iniziato internamente ad abbandonare gli inutili ufficiali “addestrati dalla NATO” a favore di persone con una reale esperienza di combattimento, rendendosi conto che sanno molto di più e sono molto più utili di quelli addestrati sulla sacra “dottrina della NATO”:

Un rapporto dell’intelligence tedesca, trapelato di recente, afferma che i progressi di Kiev hanno vacillato perché il suo esercito non sta mettendo in pratica l’addestramento ricevuto dall’Occidente. La valutazione della Bundeswehr afferma che le forze armate ucraine hanno preferito promuovere i soldati con esperienza di combattimento rispetto a quelli che avevano ricevuto l’addestramento standard della NATO, il che ha portato a “notevoli carenze nella leadership” e a “decisioni sbagliate e pericolose”.
Poiché si collega perfettamente all’articolo che  ho appena scritto sui sistemi sottufficiali della NATO e della Russia, ho voluto condividere anche il pezzo successivo, che afferma che l’Ucraina sta sperimentando un tale logoramento dei sottufficiali che i colonnelli stanno pianificando raid edilizi individuali:

L’elevato numero di perdite subite sul campo di battaglia ha solo esacerbato la mancanza di potenziali leader giovani con esperienza in prima linea. “Questo limita la scala alla quale le brigate possono combinare le armi, specialmente durante le operazioni offensive dove i tempi di pianificazione sono ridotti”, hanno scritto il dottor Watling e il suo co-autore Nick Reynolds. Spesso i leader più anziani, come i colonnelli responsabili di tratti fino a 10 miglia sulla linea del fronte, sono portati a pianificare attacchi di sezione agli edifici. La formazione di una nuova classe di ufficiali junior consentirebbe ai leader più esperti di pianificare e coordinare attacchi su larga scala che potrebbero accelerare l’avanzata dell’Ucraina nel territorio occupato dalla Russia.
A seguito di ciò, abbiamo un nuovo articolo di Economist con un direttore dell’Agenzia di Intelligence della Difesa degli Stati Uniti:

L’aspetto importante è che le agenzie di intelligence statunitensi ammettono di aver sottovalutato le difese russe. Ma l’ammissione mozzafiato che viene fatta è che il grosso delle riserve russe rimane ancora sulla terza linea, che l’Ucraina non ha ancora raggiunto:

In altre parole, la maggior parte di due interi corpi d’armata dell’AFU sono stati completamente distrutti, con un numero di perdite fino a 50.000, solo combattendo contro una frazione delle forze russe, mentre il grosso di esse rimane ancora non impegnato nelle retrovie. Immaginate quanto debba essere demoralizzante rendersene conto.

Ammettono che l’Ucraina ha esaurito la maggior parte delle sue riserve, un fatto attestato dalla recente distruzione del Challenger 2, il che significa – come ha detto qualcun altro – che l’Ucraina sta già “raschiando il fondo del barile” delle sue ultime capacità per l’offensiva. Ma non preoccupatevi, dice la DIA, l’Ucraina può riposare durante l’inverno e fare un nuovo tentativo nella primavera del 2024.

Questo ci porta a  questo articolo di Mick Ryan, che si occupa delle prospettive future:

È uno degli opinionisti occidentali più lucidi e ragionevoli su questa guerra e ammette molte delle stesse carenze che oggi affliggono regolarmente i rapporti dell’Occidente. Che l’Occidente ha sbagliato i calcoli e che non aveva idea di come combattere una guerra come quella che stiamo vedendo in Ucraina. Chiede un nuovo “Progetto Manhattan” finalizzato allo sminamento per trovare nuovi modi per l’Ucraina, o per chiunque in futuro, di eliminare i tipi di campi minati che la Russia sta costruendo.

L’articolo ruota attorno allo stesso tema del giorno che sta attraversando i reportage occidentali: la perdita di speranza per il 2023 e la conseguente concentrazione sul “sostegno” fino al 2024. Lo stato d’animo, sottolineato dal precedente articolo di WarOnTheRocks, è sostanzialmente che non c’è più speranza in armi “wunderwaffe” come gli F-16 o nuovi tipi di missili da crociera. La speranza può essere riposta solo nel sostegno generale dei sistemi d’arma utilizzati quotidianamente sul fronte: dai visori notturni agli Humvee e ai MRAP, fino ai proiettili d’artiglieria. L’attenzione deve essere spostata non solo dal tentativo di trasformare l’AFU in una sorta di nuova creatura della NATO, ma piuttosto di lasciarle fare ciò che sanno fare meglio.

Il problema di questa strategia è che presuppone che fino a quando si potrà continuare a fornire all’Ucraina un livello minimo di armi di base, l’Ucraina continuerà ad andare avanti e ad assorbire le perdite smisurate che sta subendo. Quando si dà uno sguardo cupo a ciò che dicono le stesse truppe in prima linea, diventa chiaro che questo “status quo” non è sostenibile.

Guardate, ad esempio, questo nuovo articolo tratto dal Kyiv Independent che intervista le truppe della 32esima brigata, di recente e frettolosamente formata, che si difendono dall’assalto russo in direzione di Kupyansk. Non c’è fonte di propaganda più grande del Kyiv Independent, eppure anche loro sono costretti a pubblicare queste parole rassicuranti, forse come segnale di allarme per i loro sponsor:

Parlando del loro addestramento “NATO” in Germania, le truppe ucraine hanno detto questo:

Tuttavia, gli stessi soldati che hanno parlato con il Kyiv Independent non hanno nascosto il loro disprezzo per il fatto che l’addestramento li abbia preparati a una guerra che non esiste in Ucraina. Hanno detto che gli ufficiali della NATO non capiscono la realtà sul campo. “Un soldato di fanteria della NATO sa di essere supportato e può avanzare con la certezza di avere un’alta probabilità di non essere ucciso o mutilato”, ha detto Ihor.Il modo di fare la guerra della NATO richiede massicci attacchi aerei preparatori, sbarramenti di artiglieria e sminamento prima che la fanteria venga inviata, ha aggiunto.Di solito non funziona così in Ucraina.
Tempo fa ho scritto che la NATO è abile solo nell’insegnare tattiche COIN (contro-insurrezione). L’articolo sopra riportato lo conferma, affermando che gli istruttori della NATO hanno insegnato ai soldati ucraini solo tattiche di guerra urbana:

Zgurets ha detto che gli istruttori in Germania hanno posto molta enfasi sull’insegnamento del combattimento urbano. Lo stile di combattimento nelle campagne ucraine, che fonde il combattimento in trincea della Prima Guerra Mondiale con la tecnologia e le tattiche del XXI secolo, si vede solo in Ucraina e non rientra nelle competenze della NATO.
Nel mio ultimo rapporto ho parlato di tattiche ucraine di assalto alla carne, perché la loro effettiva armatura si è ridotta a tal punto da costringerli a correre letteralmente a piedi verso le posizioni russe. Non solo l’articolo del Kyiv Post afferma in apertura che le truppe nella direzione di Kharkov non hanno un equipaggiamento adeguato perché “tutto il materiale migliore è stato inviato all’offensiva di Zaporozhye”, ma ecco una descrizione che conferma il tipo di cose che stavo evidenziando:

Non solo, ma ricordiamo le ripetute lamentele dei turbo/schizopatrioti o dei veri e propri troll che sostengono che le truppe russe sono a corto di ogni pezzo di kit prezioso, tipicamente prese da un rapporto fuori contesto di una singola unità di volontari, o qualcosa del genere. L’articolo chiarisce questo punto, almeno in questa direzione:

“Hanno droni per la visione notturna, Orlan e altre tecnologie; vedono tutto”, ha detto Volodymyr. La sensazione di essere costantemente osservati e presi di mira è estremamente demoralizzante per le truppe ucraine: “Ti blocca, vorresti fare certe azioni, ma non puoi perché l’occhio di Sauron ti guarda sempre”, ha detto Ihor, riferendosi al cattivo e padrone dell’orda orchesca del Signore degli Anelli.
Descrive inoltre quanto sia avanzata la guerra SIGINT russa:

Ma anche loro hanno le loro brutte sorprese di cui preoccuparsi. Un comandante di plotone di carri armati di nome Vladyslav ricorda che la prima volta che un ucraino ha provato a usare la radio di un carro armato, i russi lo hanno immediatamente individuato e sepolto dall’artiglieria. Da allora hanno imparato a non usare mai dispositivi di comunicazione più potenti di un palmare. Le truppe nemiche sono troppo ben posizionate per punire qualsiasi errore.
L’articolo si conclude con l’ammissione che “la Russia ha un enorme vantaggio di artiglieria in tutto il Paese”, sottolineando ancora una volta il mio punto di vista sulle esagerazioni che fanno morale nella direzione di Zaporozhye, in cui si afferma ripetutamente che l’Ucraina ha una sorta di “vantaggio di artiglieria” solo per dare loro almeno una cosa di cui scrivere.

E un nuovo articolo del quotidiano britannico  The Times fornisce l’ultima, cupa visione della mentalità che pervade le trincee ucraine:

L’articolo riporta queste statistiche, ormai blasé:

In effetti, questo articolo offre il più crudo di tutti gli sguardi sull’orrore vissuto dall’AFU. Per esempio, un altro estratto conferma come i soldati dell'”assalto alla carne” siano costretti a correre a piedi verso le postazioni nemiche perché le armature facilmente distrutte si sono rivelate troppo scarse e preziose per essere “sprecate” negli assalti frontali:

I medici della 47a brigata “d’élite” ammettono che le loro perdite sono a quattro cifre:

Fate i conti. Si dice che una brigata ucraina sia composta in linea di massima da 4.000 uomini, ma, secondo quanto riferito, molte o addirittura la maggior parte di esse ne hanno solo 2.000 – 3.000. Le perdite a quattro cifre significano che circa la metà della brigata o più è stata completamente spazzata via, un fatto purtroppo già corroborato dai documenti trapelati che ho presentato in precedenza.

Ma c’è di peggio. Ricordiamo che la principale consolazione degli opinionisti occidentali, in particolare per il recente colpo al Challenger, è che almeno gli equipaggi dei blindati occidentali sopravvivono dopo essere stati colpiti, a differenza – sostengono – di quelli dei blindati di fabbricazione russa. Tra questi ci sono i Bradley, che si dice siano infinitamente più ergonomici, più sicuri e più resistenti rispetto ai BMP russi.

Beh, vi lascio decidere con questa ultima, orribile sezione:

Sembra proprio un esempio di sopravvivenza.

Ora diventa così chiaro come decenni di propaganda occidentale abbiano costruito il loro equipaggiamento con riconoscimenti e distinzioni fraudolente e non meritate. Ora, nella loro prima vera prova contro un nemico reale, le bugie crollano.

Naturalmente, orrori come quelli sopra descritti sono sottolineati dagli ammutinamenti settimanali che si verificano all’interno dei ranghi dell’AFU. Solo negli ultimi due giorni abbiamo avuto due nuovi video, uno della 46ª Brigata aeromobile dell’AFU che combatte sulla linea di Zaporozhye:

L’altro da un’unità sul fianco destro del fronte di Kherson:

Entrambi lamentano problemi e morale basso, che è abbastanza universale in tutti i ranghi dell’AFU, a parte alcune unità nazionaliste irriducibili.

Avete mai giocato a uno di quei giochi di strategia in tempo reale in cui ogni unità accumula “punti esperienza” più a lungo rimane in vita, rendendola più forte, infliggendo più danni e così via? È un’analogia abbastanza azzeccata di come sarà il prossimo anno. Le unità russe subiscono molte meno perdite e quindi accumulano un sacco di esperienza che le rende più forti, più resistenti, più precise e intraprendenti, ecc. L’Ucraina, d’altro canto, viene costantemente rifornita di scorte sempre più nuove e sempre meno in forma, tra cui invalidi, geriatrici, ora donne, ecc.

Ciò significa che entro l’anno prossimo la maggior parte delle truppe russe avrà l’equivalente di una valutazione XP a tre stelle sopra la testa, mentre quelle dell’AFU saranno fresche di 0 stelle. Il risultato finale sarà che le perdite dell’AFU assumeranno una disparità sempre meno “lineare” e inizieranno a diventare paraboliche. Qualunque sia il rapporto di uccisioni attuale, non potrà che peggiorare entro l’anno prossimo, dato che le truppe russe esperte saranno messe a confronto con coscritti non addestrati e pressati.

Il risultato più importante di questi rapporti è la cieca speranza che l’Occidente possa in qualche modo “mantenere la rotta” e continuare a soddisfare i bisogni dell’Ucraina fino al prossimo anno. Ma abbiamo già visto che non solo sono previsti forti tagli ai finanziamenti, ma non c’è più molto equipaggiamento di punta da inviare, ed è per questo che si sta già raschiando il fondo del barile con cose come i vecchi Leopard 1 piuttosto che la serie 2. Inoltre, gran parte dell’auspicato sostegno ai soldati è stato dato in cambio di un’offerta di armi.

Inoltre, gran parte della sperata solidarietà europea/occidentale nella produzione di armi non si è realizzata. Le vuote promesse di massicci incrementi di produzione sono state fatte con la presunzione di consorzi di nuova formazione in grado di lavorare insieme per aprire nuove fabbriche e pompare enormi quantità di proiettili. Ma nulla di tutto ciò si è verificato, poiché le aziende hanno invece tentennato e giocato con il tempo, troppo caute per investire in una proposta dubbia. Per esempio, questa nuova “battuta d’arresto” esemplificativa:

La Russia, invece, comprende l’aspetto economico della guerra. Andrei Martyanov ne ha parlato di recente nel suo nuovo video su Alexander Svechin, considerato uno dei principali teorici militari russi, il “Clausewitz russo”. Dagli scritti di Svechin, Martyanov sottolinea quanto la dottrina russa sia profondamente intrisa di considerazioni economiche sulla guerra:

E poiché, come afferma Martyanov, Gerasimov è un grande devoto di Svechin, possiamo dedurre che la Russia è ben consapevole delle dimensioni economiche.

Altro dal video:

 

Questo riassume le prospettive. Credo che la Russia, nonostante le sue a volte apparenti vacillazioni o l’atteggiamento non impegnativo di Putin nel definire rigorosamente gli obiettivi del conflitto, abbia in realtà un piano concreto, che è più o meno quello descritto sopra. Il piano è sostenuto da una sinergia tra esercito e industria, che sta lavorando per fornire il tipo di produzione in costante aumento che mira a spingere l’Ucraina in un abisso di deficit di logoramento. Alla fine si tratta di un semplice gioco di numeri, e le dottrine e le teorie militari russe hanno da tempo stabilito tutti i parametri per macinare una vittoria di questo tipo con la stessa applicazione sistematica e pratica di un maestro di scacchi che applica una teoria di apertura sommaria contro un avversario principiante.

Mancando la capacità di ottenere vere scoperte strategiche o vittorie sul campo di battaglia, l’unico compito dell’Ucraina d’ora in poi è quello di continuare a creare una serie di “gettoni” di gestione della percezione che possono essere usati per guidare il sentimento e la convinzione dell’opinione pubblica quel tanto che basta per raggiungere il prossimo “gettone”.

Per esempio, il gettone di percezione dell’F-16 è ancora lontano: un abisso di perdite senza speranza si trova da qui ad allora. Per evitare il crollo della fiducia dell’opinione pubblica e del sostegno delle nazioni occidentali, l’Ucraina dovrà ottenere un nuovo giocattolo scintillante per colmare il divario e gestire brevemente la percezione dell’opinione pubblica fino a quando gli F-16 non saranno sistemati. Al momento della stesura di questo articolo, sembra che il nuovo e immediato gettone di percezione sarà il missile ATACMS, in quanto sono trapelati nuovi accenni da parte dell’amministrazione Biden che implicano che sono molto vicini al via libera per questa prossima wunderwaffe.

Se dovesse essere consegnato, l’ATACMS sarà usato per fare un paio di grossi colpi da qualche parte – molto probabilmente un’area civile non protetta dall’AD nel Donbass – che saranno grossolanamente confezionati e venduti, come sempre, dalla stampa mainstream come un “colpo devastante” a un presunto “nodo critico C2/C3” russo o a una retrovia logistica. Questo riavvierà il ciclo della speranza in una qualche “vittoria” ucraina, che continuerà con ritorni sempre minori, ogni nuova “wunderwaffe” non solo avrà un impatto sempre minore, ma anche una durata di vita sempre più breve. Anche se è difficile immaginare quanto più breve possa essere rispetto alle fiamme di una settimana dello Storm Shadow o del JDAM, ma ciò non significa che non si cercherà di estendere il suo significato.

Il prossimo anno sarà certamente un periodo estremamente ricco di eventi, che culminerà con l’apice del ciclo elettorale americano. Sarà interessante vedere se l’establishment al potere sarà finalmente costretto a tagliare la corda e a gettare l’Ucraina sotto l’autobus o se oserà rischiare qualche escalation da cigno nero alla vigilia delle importantissime e storiche elezioni. Per ora, l’Ucraina continuerà a sanguinare per la galleria, mentre la macchina da guerra russa finirà di allacciare con calma la sua armatura in preparazione del colpo di grazia.

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POTERI INVADENTI, POTERI INVASIVI, POTERI DECADENTI_Con Augusto Sinagra

Le vicende politiche italiane degli ultimi quaranta anni hanno conosciuto una costante: la crescente influenza e determinazione delle scelte politiche da parte del Presidente della Repubblica. Un’opera che, svolta discretamente e spesso contrastata sino agli anni ’80, ha finito per imporsi progressivamente e platealmente. Da figura prevalentemente di garanzia degli equilibri tra istituzioni si è trasformata in soggetto (iper)attivo. Un processo che non a caso accompagna il peso crescente di particolari ordinamenti, nella fattispecie il giudiziario, e una dinamica di feudalizzazione dei gruppi di poteri e decisionali interni allo stato. Un garante, quindi, dell’indiscutibilità del sistema di alleanze internazionali cui è assogettato il paese e della conservazione degli attuali centri decisori a qualunque costo, tanto più a dispetto della evidente necessità e volontà di cambiamento confusamente espressa in questi anni. Il paradosso è che a sostenere questa trasformazione surrettizia e degradante degli assetti istituzionale sono quelle forze politiche che ipocrritamente da anni strillano allarmate contro una svolta presidenzialista in qualche modo regolamentata normativamente. L’apoteosi di una politica dei colpi di mano e di un ceto politico e dirigente decadente, autocratico ed autoreferenziale, esiziale per le sorti della nazione. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Il futuro dei BRICS, di  Antonia Colibasanu

The Future of the BRICS

Il gruppo ha obiettivi ambiziosi, ma poco da sostenere.

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Dal 22 al 24 agosto, i membri del gruppo BRICS terranno un vertice a Johannesburg. Si prevede che discuteranno due questioni chiave: l’allargamento e la possibilità di adottare una moneta comune. Entrambe le questioni sono fondamentali per il futuro di questa partnership di cinque grandi Paesi in via di sviluppo: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. La discussione su questi due temi in particolare è destinata a convalidare il gruppo come forza internazionale, anche se finora sono stati fatti pochi progressi su entrambi i fronti. Le opinioni sulla traiettoria futura del gruppo variano a seconda della prospettiva. Alcuni ritengono che giocherà un ruolo crescente negli affari internazionali con il declino dell’Occidente, mentre altri lo considerano in gran parte irrilevante, data la mancanza di convergenza sulle principali questioni politiche ed economiche tra i suoi membri.

Per capire come il gruppo potrebbe svilupparsi in futuro, dobbiamo innanzitutto capire come si è arrivati a questo punto. Nel 2001, l’ex capo economista di Goldman Sachs Jim O’Neill coniò per la prima volta il termine “BRIC”, che all’epoca non includeva il Sudafrica, per descrivere i mercati in crescita che, secondo le sue previsioni, avrebbero superato l’Occidente. All’epoca, i Paesi non vedevano la necessità di formare un blocco formale per promuovere la cooperazione tra loro. Solo nel 2009 la Russia ha ospitato il primo vertice dei BRIC e ha dichiarato che la crisi finanziaria globale del 2008 era la prova che le principali economie emergenti del mondo dovevano collaborare per impedire all’Occidente di controllare il destino dell’economia globale e il loro stesso sviluppo. È importante notare che il 2008 è stato anche l’anno in cui la Russia ha invaso la Georgia, ha annunciato la sua dissociazione dal sistema di valori occidentali e ha iniziato a cercare di ripristinare il potere sugli Stati ex sovietici coltivando alleati in Asia e oltre. Dal punto di vista della Russia, i BRIC sono diventati una piattaforma politica anti-occidentale da sostenere.

Nel contesto della recessione economica globale, anche la Cina ha avvertito la necessità di ridurre la propria dipendenza dai mercati occidentali e, in particolare, dal dollaro statunitense. Ha visto nei BRIC una sede attraverso la quale diversificare il proprio portafoglio commerciale. Il Brasile e l’India, invece, hanno visto l’opportunità di influenzare la politica globale e di promuovere le proprie prospettive sulla scena mondiale. Ciascun membro, in particolare Cina e Russia, vedeva nell’Africa il continente chiave attraverso il quale diversificarsi dall’Occidente. Così, nel 2010, hanno invitato il Sudafrica a entrare nel gruppo.

Con il passare del tempo, la Cina si è concentrata sempre più sulla politica monetaria. Nel 2015, la Cina ha sostenuto la creazione di due istituzioni economiche dei BRICS, il Contingent Reserve Arrangement e la New Development Bank, che dovevano essere alternative al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale. La Cina è la principale fonte di fondi per la CRA e detiene il 40% dei suoi diritti di voto. Inoltre, nel 2015, ha lanciato un proprio sistema di messaggistica e regolamento interbancario basato sullo yuan, chiamato Cross-Border Interbank Payment System, per ridurre l’uso del dollaro nella sua economia e promuovere lo yuan come valuta internazionale.

L’attenzione alla de-dollarizzazione è cresciuta nel 2022, quando l’aumento del commercio tra Russia e Cina, unito al finanziamento da parte della Russia di un sistema di trading parallelo, ha portato a una crescita della quota dello yuan nel mercato finanziario russo. Sanzionata dall’Occidente, la Russia ha fatto perno sulla Cina, adottando lo yuan come una delle sue valute principali per le riserve internazionali, il commercio estero e persino alcuni servizi bancari personali. Allo stesso tempo, la Russia aveva bisogno di espandere la propria influenza all’estero per accedere a rotte commerciali alternative. Mentre la Cina è il leader economico del gruppo, la Russia ne è il leader politico. È quindi naturale che i BRICS discutano del potenziale di creazione di una moneta comune e di espansione ora, a più di un anno dall’inizio della guerra economica globale seguita all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e all’imposizione di sanzioni a Mosca da parte dell’Occidente.

È importante notare, tuttavia, che la diminuzione dell’uso del dollaro nell’ultimo anno non è stata il risultato della scelta della Russia di utilizzare lo yuan al posto del dollaro, ma delle misure adottate dagli Stati Uniti per rendere il dollaro meno disponibile per il mercato russo. La de-dollarizzazione, come politica piuttosto che come reazione alle sanzioni occidentali, potrebbe essere raggiunta solo se i BRICS adottassero una moneta comune – qualcosa di simile all’euro, lanciato nel 1999 dai membri dell’Unione Europea. Tuttavia, per introdurre una nuova moneta non basta emettere banconote e dichiararle pronte all’uso. Richiede un’autentica convergenza economica tra le nazioni partecipanti attraverso un mercato comune, che sarà proibitivamente difficile da stabilire per i BRICS, considerando le profonde divergenze tra le loro economie. Mancano di una struttura economica e di un sistema di governance comuni. Non occupano nemmeno lo stesso continente, figuriamoci se condividono i confini. Lo sviluppo di un mercato comune efficiente richiederebbe la costruzione di nuove infrastrutture, tra cui sistemi di sicurezza e di assicurazione per proteggere le rotte commerciali, cosa quasi impossibile per i BRICS perché nessuno dei suoi membri è una potenza navale globale.

Più fondamentalmente, la condivisione di una valuta richiede anche che i partecipanti abbiano un alto grado di fiducia l’uno nell’altro, in modo da poter stabilire le regole per l’emittente della valuta – un’istituzione che coordinano congiuntamente (come la Banca Centrale Europea). Gli utenti del dollaro e dell’euro confidano che gli emittenti di queste valute stampino un numero sufficiente di banconote per garantire i pagamenti e assicurare l’accesso e la convertibilità. Questo livello di fiducia non è evidente tra i BRICS e non è chiaro come verrebbe emessa una moneta comune.

È chiaro, tuttavia, che i Paesi BRICS non accetterebbero di adottare una valuta esistente di uno dei loro membri. Sebbene l’India abbia riferito di aver utilizzato lo yuan cinese negli scambi con la Russia, finora solo alcuni raffinatori di petrolio sono stati disposti a effettuare pagamenti in questo modo. Lo yuan non è liberamente convertibile sul mercato globale dei cambi, il che rende la sua disponibilità oggetto delle politiche di Pechino. Attualmente la banca centrale russa deve chiedere a Pechino il permesso di effettuare grandi transazioni in yuan, cosa che la banca centrale indiana difficilmente farà a breve. Le controversie in corso tra Pechino e Nuova Delhi su una serie di questioni renderanno molto difficile il coordinamento su qualsiasi cosa.

Poiché la “yuanizzazione” non è una possibilità per i BRICS, l’adozione di una nuova valuta sembra essere l’unico modo per soppiantare il dollaro. Sebbene la possibilità sia stata ampiamente discussa dai media, non c’è alcuna indicazione che siano stati fatti progressi. Diverse domande chiave rimangono senza risposta. Che cosa ci vuole perché l’India e la Cina collaborino così strettamente da integrare le loro economie? Cosa servirebbe a Russia, Brasile e Sudafrica per integrarsi con loro? Quali interessi economici condividono? E dato che nessuno dei Paesi BRICS ha valute convertibili, come potrebbe un’istituzione finanziaria creare una moneta BRICS e garantirne la disponibilità alle imprese e ai privati internazionali?

Così, anche la Russia, che è stata la più grande sostenitrice dei BRICS, afferma che la creazione di una moneta unificata è un obiettivo a lungo termine. Ma anche questo sembra un pio desiderio. È improbabile che i membri dei BRICS riescano a risolvere le loro differenze e a costruire una fiducia sufficiente per emettere una moneta unica. In realtà, non sembrano condividere altro che la diffidenza verso l’Occidente, e anche su questo non sono completamente uniti.

L’espansione dei membri è un’altra questione su cui il gruppo è alla ricerca di un consenso. I membri hanno discusso la possibilità di un BRICS+ dal 2017 e la Cina ha sollevato la questione l’anno scorso, ospitando il vertice BRICS. Secondo un funzionario sudafricano, 23 Paesi hanno chiesto ufficialmente di entrare a far parte dei BRICS, mentre 40 hanno espresso informalmente interesse per l’adesione. Questo può sembrare un numero impressionante di potenziali membri, ma l’adesione formale è complicata perché non esiste un processo ufficiale di adesione, se non su invito da parte di tutti gli Stati membri, come è accaduto con il Sudafrica nel 2010.

BRICS Members and Applicants
(click to enlarge)

Con la guerra che infuria in Ucraina, l’allargamento sembra ora più urgente. Poiché i Paesi occidentali non sono più disposti a fare affari con la Russia, Mosca ha cercato di espandere la propria influenza nei Paesi che sono rimasti neutrali alla guerra, anche attraverso i BRICS, che fin dall’inizio dovevano servire come piattaforma attraverso la quale i membri potessero esercitare un’influenza internazionale. I Paesi neutrali hanno raccolto i frutti degli sforzi di lobbying di entrambe le parti, rilasciando dichiarazioni sulla necessità di calma e sfruttando al contempo l’opportunità di avanzare le proprie posizioni strategiche.

Nella spinta lobbistica di Mosca, i suoi colleghi membri dei BRICS sono stati un punto di partenza naturale. Oltre ad aumentare gli scambi con la Cina, la Russia ha migliorato i legami con il Brasile, che vedeva come un potenziale nuovo mercato per i suoi fertilizzanti e prodotti petroliferi. Il commercio tra i due Paesi è aumentato di almeno il 7% nel 2022, facilitato in parte dalla Cina, che ha trasportato le merci tra i due Paesi, soprattutto su rotaia.

Negli ultimi cinque anni, anche il commercio tra Brasile e Cina è aumentato. Il Brasile ha approfittato delle tensioni commerciali della Cina con gli Stati Uniti aumentando le esportazioni, soprattutto di prodotti alimentari, verso il partner BRICS. Tuttavia, rimane fortemente dipendente dagli Stati Uniti, che rappresentano un mercato importante per i prodotti brasiliani ad alto valore aggiunto. È anche il principale acquirente estero del settore minerario brasiliano, che rappresenta il 50% delle esportazioni complessive del Paese e circa il 3% della forza lavoro totale.

Nel frattempo, la Russia ha trovato un mercato (e un percorso) alternativo per il suo petrolio in India. L’India ha acquistato petrolio russo a prezzi scontati per il proprio uso interno, diventando allo stesso tempo una sorta di canale per le esportazioni energetiche russe per raggiungere i mercati occidentali nonostante le sanzioni. I piani di Mosca di investire in infrastrutture portuali in India come parte del Corridoio di Trasporto Nord-Sud potrebbero aiutare in questo senso.

Ma per quanto la Russia si impegni a sviluppare i loro legami economici, l’India, come il Brasile, dipende ancora dagli Stati Uniti, che sono il suo principale partner commerciale e il suo principale alleato strategico. Nuova Delhi è membro del gruppo di sicurezza Quad, che comprende Stati Uniti, Giappone e Australia. Dal punto di vista della sicurezza, quindi, le relazioni dell’India con la Russia possono arrivare solo fino a un certo punto. L’India ha bisogno degli Stati Uniti (e più in generale dell’Occidente) per garantire le rotte di navigazione nell’Oceano Indiano, da cui dipende la sua economia.

Inoltre, il sostegno dei Paesi BRICS all’allargamento è diviso. Ad esempio, mentre tutti e cinque i Paesi hanno accettato di discutere la potenziale adesione dell’Argentina, il Brasile, secondo quanto riferito, si oppone alla discussione di qualsiasi ulteriore espansione. Come l’India, il Brasile vuole mantenere stretti legami con gli Stati Uniti, mentre cerca di migliorare i suoi legami con l’Europa. Utilizza i BRICS per esprimere la propria posizione sugli affari globali, ma segue fondamentalmente una strategia di non allineamento, concentrandosi sul proprio imperativo principale: integrare le proprie regioni settentrionali e meridionali e raggiungere la stabilità socio-economica.

Corteggiati da Stati Uniti, Cina e Russia, Brasile, India e altri Paesi del Sud globale vedono l’opportunità di migliorare la propria posizione a livello globale. Tuttavia, la loro cronica instabilità interna limita la loro capacità di capitalizzare le opportunità attuali, che a loro volta stanno cambiando rapidamente. Inoltre, anche se i BRICS stanno perseguendo un coordinamento più attivo rispetto al passato, la maggior parte delle interazioni significative tra i membri dei BRICS e con i potenziali nuovi membri avviene a livello bilaterale. Con le loro relazioni limitate da preoccupazioni economiche, politiche e di sicurezza, la possibilità di espandere l’adesione, così come la possibilità di stabilire una moneta comune, sembra al momento lontana.

Rapporto speciale: Il sipario si chiude su Yevgeny Prigozhin

Un jet d’affari Embraer Legacy registrato a Prigozhin, in viaggio da Mosca verso l’aeroporto di Pulikovo, fuori San Pietroburgo, si è schiantato vicino al villaggio di Kuzhenkino, nella regione di Tver, a nord-ovest di Mosca.

I primi resoconti hanno affermato che la difesa aerea russa ha abbattuto il velivolo, facendo nascere la teoria che si tratti di una vendetta per gli aviatori russi uccisi nella rivolta di Prigozhin il 23 giugno. Ma arriveremo a questa teoria.

Cominciamo con quello che sappiamo. Per ora, alcune “fonti” riferiscono che i corpi di Prigozhin e Utkin sono stati effettivamente identificati, ma ciò non è ancora confermato da rapporti più attendibili o ufficiali:

L’aereo con Prigozhin è saltato in aria. I corpi di Prigozhin e Utkin sono stati identificati – la fonte di Tsargrad nella commissione dell’Agenzia Federale del Trasporto Aereo
Esaminiamo una per una tutte le teorie e le possibilità e facciamo alcune proiezioni sui potenziali esiti di questo evento.

In primo luogo, non si può ignorare che questo evento si è verificato l’8/23 mentre il colpo di stato di Wagner è avvenuto il 6/23, giorno in cui sono stati uccisi gli aviatori russi. Qualcuno potrebbe compiere un gesto simbolico per riscattare la memoria degli aviatori uccisi.

Per quanto riguarda la teoria del missile AD. Sono state diffuse diverse immagini del relitto. Alcune, come la seguente, mostrano quelle che sembrano essere perforazioni da frammentazione di un missile AD:

Alcuni ricorderanno il famigerato abbattimento dell’MH17, con i fori di frammentazione su tutta la cabina di pilotaggio:

MH17 archival photo.

Tuttavia, altre foto provenienti dal luogo dell’incidente del jet Prigozhin non sembrano mostrare alcuna prova di questo tipo:

È interessante notare che, se ho capito bene le foto, l’impennaggio di coda si è completamente separato dal resto del velivolo mentre era ancora in aria, il che potrebbe implicare un’esplosione interna che ha fatto saltare in aria l’aereo nella parte posteriore o centrale.

I testimoni oculari descrivono 2 o 3 esplosioni, e un uomo sembra implicare che l’aereo sia esploso da solo:

Un altro video di un testimone oculare mostra l’aereo che cade, apparentemente senza l’impennaggio. Si sente il forte rumore di un motore a reazione, che ha portato alcuni a supporre che fosse un “caccia nelle vicinanze” ad abbattere il jet d’affari, anche se è molto più probabile che si tratti del rumore dei motori dell’aereo di Prigozhin:

Tuttavia, una cosa degna di nota è il fatto che sembra esserci una sorta di contrail nell’aria approssimativamente commisurata all’esplosione di un missile AD. Potrebbe anche trattarsi di qualcos’altro, di un’esplosione interna all’aereo stesso: è impossibile dirlo con certezza.

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Un abbonato ha notato un dettaglio interessante dopo aver analizzato i dati del servizio Flight-Radar. Secondo le registrazioni radar, già prima dello schianto, l’aereo è riuscito a perdere 100 nodi di velocità e ad aumentarla bruscamente, nonostante l’altitudine continuasse ad aumentare.In parole povere, queste metamorfosi sono avvenute anche prima del momento della caduta. È anche difficile spiegare un tale cambiamento di caratteristiche con la caduta stessa: di solito la velocità di stallo è inferiore a 150 nodi.Tutto questo, ovviamente, non permette di determinare la causa esatta dell’incidente del business jet: sarà la commissione a stabilirlo. Tuttavia, in ogni caso, anche la versione con una situazione di emergenza a bordo sullo sfondo dell’assenza di grosse tracce di elementi d’impatto sulla fusoliera sarà considerata alla pari delle altre.
Non sono un esperto di compagnie aeree civili. Forse qualcuno nei commenti può intervenire: è normale variare la velocità in questo modo, su e giù, come si vede qui sopra?

Secondo quanto riferito, Prigozhin volava di solito con due aerei e passava da uno all’altro, con solo una piccola cerchia di persone che sapeva su quale aereo sarebbe stato in un dato momento:

Valery Chekalov, morto insieme a Prigozhin, era l’unico a conoscere gli spostamenti dell’uomo d’affari – era lui a dirigere la logistica dei trasportiSecondo una fonte di Readovka, Valery Chekalov, morto insieme a Prigozhin, è l’unico a sapere esattamente dove si trovava l’uomo d’affari e a che ora. Era responsabile di tutti gli spostamenti e della logistica dei trasporti. Inoltre, Chekalov era il vice di Prigozhin per una serie di questioni importanti – in particolare, era uno dei responsabili della fornitura di munizioni. Di norma, Chekalov e Prigozhin volavano su aerei diversi, ma questa volta era sullo stesso aereo dell’uomo d’affari.

Queste tattiche, ovviamente, sono standard per i VIP di alto profilo. L’inclinazione di Prigozhin per i travestimenti e cose del genere era già stata scoperta la volta scorsa.

L’unica cosa che lascia perplessi è che se l’atto è stato compiuto tramite un esplosivo piazzato sull’aereo, come avrebbero fatto gli autori a sapere quale aereo “minare” se lui l’ha effettivamente tenuto nascosto fino all’ultimo momento? È stato riferito che le autorità russe hanno recuperato un filmato, presumibilmente dall’aeroporto, che mostra esattamente l’aereo su cui è salito nel tentativo di confermare la sua morte. Quindi, se si trattava di un attentato governativo, avrebbero saputo all’ultimo momento su quale aereo era salito, ma questo non avrebbe dato abbastanza tempo per piazzare un esplosivo su di esso.

Naturalmente, è possibile che entrambi gli aerei siano stati imbottiti di esplosivo. Oppure Prigozhin stesso potrebbe aver accettato in qualche modo un ordigno esplosivo, a sua insaputa, così come Vladlen ha accettato la statua/busto con le sue sembianze.

Quindi ora usiamo questo per passare alle teorie su chi o come potrebbe essere stato fatto. Cui bono e chi ci guadagna o ci perde?

In primo luogo, affermiamo l’ovvio: se Putin o l’FSB avessero voluto “far fuori” Prigozhin, probabilmente non l’avrebbero fatto in un modo così ovvio, sul territorio russo, vicino a Mosca, ecc. Questo stile di assassinio puzza del ridicolo assassinio di Boris Nemtsov da parte della CIA, sui gradini del Cremlino, come foraggio per le credulone masse occidentali che potrebbero credere che Putin avrebbe assassinato qualcuno letteralmente sul terreno del Cremlino.

Quindi l’omicidio di Prigozhin ha le caratteristiche di una forza esterna che cerca di incastrare la Russia con il presumibile intento di iniziare, o continuare, la guerra intestina tra la fazione fedele a Wagner e il Cremlino/MOD. Naturalmente, è possibile che un comandante di S-300/400 disonesto abbia colto l’occasione per recuperarne uno “per i ragazzi” uccisi dagli uomini di Prigozhin il 23 giugno. Tuttavia, dato ciò che ora sappiamo sul subdolo plane-hopping di Prigozhin, un tale comandante disonesto non saprebbe quale aereo colpire, dato che due degli aerei di Prigozhin erano in volo nello stesso momento, uno dei quali è tornato e atterrato a Mosca dopo l’abbattimento del primo.

Potremmo forse sostenere che il “comandante disonesto” riceveva informazioni precise da una fazione militare sotto forma di un generale che voleva vendicarsi, e che aveva informazioni più precise su quale aereo abbattere. Questo è possibile. Tuttavia le foto dei detriti viste sopra non sembrano indicare un missile AD, a mio avviso. Anche le 2 o 3 esplosioni udite dai testimoni oculari sono un indizio intrigante e particolare, soprattutto se si considera che se fosse stato usato un ordigno a bordo, probabilmente non avrebbe provocato diverse esplosioni di questo tipo.

Prendetelo con un granello di sale, ma abbiamo le seguenti indiscrezioni:

CHVK-OGPU: “I parenti dell’assistente di volo di Prigozhin Kristina Raspopova, in riferimento alle parole della ragazza, hanno raccontato di strane manipolazioni dell’aereo prima dell’ultimo volo. È stato portato via per alcune riparazioni a breve termine e incomprensibili”.

And:

Entrambi provengono dalla propaganda della VChK-OGPU, ma è qualcosa su cui riflettere.

Come ho detto, il simbolismo dal 23 giugno al 23 agosto sembrerebbe indicare una “rivincita”, ma questo può anche essere sfruttato e utilizzato da una terza parte per incastrare la Russia.

Ma potrebbe essere l’Ucraina/CIA o qualche altra terza parte ad averlo fatto? È difficile credere che abbiano avuto accesso all’aeroporto di Mosca in modo tale da potervi piazzare una bomba, anche se quanto detto sopra afferma che è stato attirato con un costoso regalo di vino, forse facendo leva sulle sue vanità nello stesso modo in cui la statua/busto di Vladlen ha fatto leva sulle sue. Ma è comunque difficile credere che l’SBU abbia potuto in qualche modo ingannare il notoriamente astuto e sospettoso Prigozhin con un pacchetto esplosivo di qualche tipo – anche se non possiamo escludere nulla.

Potrebbero aver abbattuto l’aereo nella regione scarsamente popolata con qualche tipo di armamento antiaereo contrabbandato dall’Ucraina? Beh, l’altitudine dell’aereo sembrava essere di quasi 30k piedi al momento del catastrofico “evento”. Non esiste quasi nulla che si possa contrabbandare oltre il confine e che possa abbattere un oggetto a quell’altezza. I Manpad raggiungono i 12-15k, più o meno. Nessun drone esistente può raggiungere quell’altezza, a parte il gigantesco RQ-4 Global Hawk americano o qualcosa del genere. Per raggiungere quell’altitudine servirebbe un sistema tipo Buk o S-300, che sarebbe impossibile da nascondere.

In generale, un missile di difesa aerea sparato contro il velivolo sarebbe difficile da nascondere, poiché ci sarebbe una scia almeno per una parte del volo (per lo stadio iniziale del booster) visibile da molte persone, quindi la probabilità di un abbattimento con missili AD è bassa. Alcuni indicheranno il presunto abbattimento Buk dell’MH17, ma un villaggio rurale nella parte più rada del Donbass non è paragonabile alla regione fuori Mosca.

Pertanto, la mia conclusione è che l’aereo è probabilmente esploso dall’interno e, se questo è il caso, ciò indicherebbe con maggior forza l’FSB, in quanto troverei difficile credere che Prigozhin sarebbe caduto nell’accettare un qualche tipo di ordigno esplosivo camuffato da qualcuno come un membro dell’SBU a terra, né un tale ordigno sarebbe stato facilmente innescato a 30 metri di altezza, in quanto sarebbe stato quasi impossibile utilizzare uno dei metodi più comuni come l’innesco di un cellulare, ecc.

Il mistero rimane. L’unica altra opzione concepibile è un lavoro dall’interno di qualche tipo. Qualcuno della squadra di Prigozhin che sapeva che doveva andarsene, per qualsiasi motivo. Uno stretto collaboratore fidato che conosceva tutti i segreti del suo capo sarebbe stato in grado di piazzare efficacemente un esplosivo di qualche tipo. Un bagaglio di una persona di questo tipo non farebbe scattare i sospetti di Prigozhin, per esempio.

Il suono di esplosioni multiple è ancora problematico, ma potrebbero esserci state delle esplosioni secondarie provenienti dai motori o da qualcos’altro.

Infine, vorrei menzionare la possibilità – per quanto remota – che Prigozhin e Utkin non siano nemmeno morti. Per la cronaca, al momento in cui scriviamo è stato sottolineato che l’identificazione dei corpi non è ancora avvenuta, in quanto gli specialisti di esplosivi erano prima sul posto a raccogliere le prove e a determinare le colpe. Sì, so che molti canali hanno pubblicato conferme da varie persone, compresi quelli “vicini a Wagner”, ecc. Ma c’è sempre la possibilità che l’imbroglione abbia inscenato la propria morte per sfuggire a quello che vedeva come un destino probabile, o che per qualche motivo il governo russo stesso sia stato complice nel depistarlo; in particolare, dato lo strano e indeterminato inganno dei due aerei che gli appartenevano entrambi nel cielo allo stesso tempo, e i rapporti successivi secondo cui egli era effettivamente sui registri di volo di entrambi gli aerei. In questo gioco, non mi fido di nulla che non veda con i miei occhi, e non ho visto chi è sceso quando il secondo aereo è atterrato a Mosca. Molto probabilmente lui e Utkin sono morti, ma lo dico semplicemente per coprire tutte le basi. Sono successe cose più strane.

Andiamo avanti.

Giorni fa, il noto canale di propaganda CHVK-OGPU ha diffuso la notizia che il famoso generale russo Sergei Surovikin era stato rimosso dal suo incarico di comandante in capo delle forze aerospaziali russe. Hanno riferito che era stato sottoposto a una sorta di detenzione dopo gli eventi dell’insurrezione di Wagner. Il licenziamento, almeno, è stato confermato ieri da fonti più “ufficiali”, come la statale Ria Novosti, che ha riferito che Surovikin è stato sostituito da un generale di nome Afzalov.

La verità è che il caso di Surovikin è stato alquanto sospetto, al punto che nessuno lo ha visto in nessuna riunione del MOD da giugno, compresa una recente a cui hanno partecipato Gerasimov e altri. Il mese scorso, il deputato della Duma russa Kartapolov è stato interrogato da un giornalista davanti a una telecamera per sapere dove si trovasse Surovikin, in un video che ho pubblicato in un precedente rapporto. Kartapolov ha risposto che stava “riposando per ora”, il che è sembrato uno scherzo di cattivo gusto. Tuttavia, ho pubblicato un audio della figlia di Surovikin che affermava che stava bene ed era impegnato al lavoro, quindi era difficile da analizzare.

Si dice che Surovikin fosse vicino a Wagner, e che Prigozhin sostenesse che l’intera operazione Bakhmut fosse essenzialmente dovuta al pensiero strategico di Surovikin. Si dice anche che abbia aiutato in modo non ufficiale a riorientare alcune scorte di munizioni inutilizzate da altri gruppi a Wagner. Tuttavia, ricordiamo che anche il generale Mikhail Mizintsev, che era vice ministro della Difesa, avrebbe fatto lo stesso per Wagner ed era vicino alla PMC. Anche lui fu “rimosso” ma gli fu permesso di unirsi a Wagner, cosa che fece.

Eccolo in veste di MOD russo:

E qui, in seguito, come parte di Wagner:

Ieri si diceva che anche Surovikin si fosse unito a Wagner, mentre altre voci dicevano che era stato semplicemente spostato ad altre mansioni nel ministero della Difesa. Non ci sono ancora conferme su dove sia effettivamente finito, e alcuni ritengono che sia stato detenuto o che possa rischiare la prigione.

Il punto è che questi due eventi sembrano chiaramente collegati. Sarà difficile convincermi che il capo e il più alto membro dell’esercito russo potenzialmente accusato di tradimento o di favoreggiamento del colpo di Stato di Wagner sia stato ufficialmente rimosso letteralmente poche ore prima che il capo del colpo di Stato stesso venisse assassinato, e che sia solo una coincidenza. Non si tratta necessariamente di una pistola fumante che conferma che il Cremlino è responsabile dell’attentato a Prigozhin. Dopo tutto, un terzo attore malintenzionato potrebbe aver usato l’incidente di Surovikin di ieri per colpire Prigozhin al fine di far apparire deliberatamente i due eventi collegati, ad esempio. Ma dato che il colpo a Prigozhin sarebbe stato probabilmente pianificato e coordinato con largo anticipo, è più difficile credere che il responsabile non sia un attore statale o i servizi di sicurezza russi.

Ma se gli eventi di Surovikin e Prigozhin sono collegati, come sembra, allora perché ora? Perché gli eventi sono culminati proprio ora?

Non ci sono prove dirette, ma alcune ipotesi puramente speculative potrebbero esserlo:

Forse un altro tentativo di “colpo di stato” di qualche tipo stava lentamente giacendo. Prima si diceva che molte truppe Wagner erano “scomparse” dalla Bielorussia, il che potrebbe non essere così strano come sembra, dato che è risaputo che la maggior parte di loro aveva ottenuto un qualche tipo di permesso. Molti o la maggior parte di loro sono probabilmente tornati in Russia, a quanto mi risulta. Se loro e Surovikin/Prigozhin hanno continuato a pianificare nuove provocazioni, allora questo potrebbe essere il risultato logico.

Tenete presente che do a quanto sopra una fiducia molto bassa e quasi lo 0% di probabilità, ma lo dico solo nell’interesse di fornire tutte le potenziali teorie.

L’altra cosa è che si diceva che Wagner sarebbe tornato in qualche zona di conflitto alla “fine di agosto”, cioè quando sarebbe scaduto il congedo, ma i soldati non avevano ancora idea di dove sarebbero stati impegnati, cioè in Africa, Bielorussia, Ucraina, ecc. Ci sono state forti voci che in realtà non erano più autorizzati a entrare in Ucraina, e questo sembra essere confermato dal fatto che Prigozhin ha persino cambiato il logo dei Wagner per incorporare l’araldica ufficiale della Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa, che indossava sulla sua patch nell’unico nuovo video che aveva girato dall’Africa giorni fa.

Ciò sembra indicare un passaggio permanente a Wagner come entità bielorussa da questo momento in poi, con un probabile duplice obiettivo: Bielorussia e Africa. Tuttavia, sembra che ci siano delle novità sul fronte dell’Africa. Christo Grozev di Bellingcat ha scritto pochi giorni fa un lungo reportage sugli intrighi che ne derivano. In sintesi, la sua tesi principale è che Wagner/Prigozhin e il Ministero della Difesa russo si sono recentemente contesi il fronte africano:

Il succo era che il Ministero della Difesa stava cercando di sostituire la Wagner in Africa, lentamente ma inesorabilmente, con una serie di proprie PMC. Nonostante la fonte, questo è credibile per ragioni logiche: ovviamente la Russia avrebbe potuto smantellare lentamente Wagner in tutto il mondo. A Wagner è stato permesso di crescere fuori controllo, al di là dei limiti imposti dai suoi padroni, e questo si è rivelato quasi costoso per la Russia.

Tuttavia, ci vuole tempo per rimpiazzare tutte le conquiste di Wagner, quindi è probabile che lo abbiano fatto lentamente. Questo, per ovvie ragioni, non piaceva a Prigozhin, che probabilmente stava facendo ulteriori mosse dietro le quinte per bloccare la MOD da ciò che considerava “il suo territorio”, l’Africa.

Ad esempio, un canale pro-Wagner afferma che:

“Se Prigozhin è morto, allora l’Africa è morta su quel piano, in cui la Federazione Russa ha formato la sua influenza economica e politica”. L’Africa è energia. Avendo perso l’Africa, stiamo perdendo una parte enorme del monopolio del controllo e della determinazione dei prezzi delle risorse energetiche. Per esempio, solo una settimana fa è stato comunicato il ritrovamento di un’enorme quantità di petrolio nello stesso Niger. Se gli Stati Uniti e l’Unione Europea controllano i Paesi esportatori di energia, possono scaricare i prezzi. Se gli Stati Uniti e l’Unione Europea controllano i Paesi esportatori di energia, possono scaricare i loro prezzi, riducendo così l’influenza energetica e politica della Russia e distruggendo allo stesso tempo la sua economia. Prigozhin non è “solo un generale come nella Seconda Guerra Mondiale”.
In primo luogo, prendete le assurdità di cui sopra con un granello di sale. No, l’Africa non è morta per la Russia senza Prigozhin. Ma è per illustrare il modo in cui Prigozhin e i suoi simili pensano. Era un oligarca, un uomo d’affari, un ex detenuto e un ladro. Considerava i suoi beni come suoi e avrebbe disprezzato chiunque avesse cercato di sottrarglieli. Sebbene si dissimulasse sotto il velo del “patriottismo, della patria” e simili, operava come un boss mafioso, come è stato testimoniato da tutti il giorno in cui ha lanciato un’insurrezione perché il Ministero della Difesa stava obbligando i suoi combattenti a registrarsi.

Questo solo per dare un contesto alle speculazioni secondo cui gli eventi di oggi potrebbero essere stati precipitati dalla lotta in corso e dalla contesa per l’Africa. Come ho detto, i wagneriani sarebbero dovuti tornare a fine agosto da qualche parte. Forse, vedendo la scadenza, alcune persone al potere hanno deciso di staccare completamente la spina e di effettuare una “acquisizione ostile” dell’organizzazione Wagner. Ho anche scherzato sul fatto che Surovikin potrebbe diventare il nuovo capo della Wagner, dato che Mizintsev ha seguito un percorso simile e la Wagner potrebbe aver bisogno di un nuovo “volto” dell’organizzazione.

A proposito, se leggendo il post sull’Africa avete provato un pizzico di disperazione o di preoccupazione, sappiate che è assolutamente pericoloso per qualsiasi società privata, in particolare per quella gestita da un oligarca mafioso ex detenuto, controllare completamente le relazioni di una determinata Grande Potenza con un intero continente. Non che io pensi che Wagner l’abbia fatto davvero, ma quello che voglio dire è che in nessun momento una società o un interesse privato, per quanto nobile e “patriottico” si dichiari, dovrebbe avere la licenza di essere il tramite principale di una grande potenza come la Russia nel trattare geopoliticamente con un continente o con altri Paesi. Quindi non importa quali siano i vostri sentimenti o le vostre disposizioni nei confronti di Prigozhin, dovete riconoscere il pericolo di una situazione del genere, in cui un uomo e la sua compagnia privata cercano di agire come guardiani e di ottenere il monopolio dell’accesso della Russia all’Africa.

Questo è inaccettabile per qualsiasi società democratica, per lo stesso motivo per cui la CIA e i suoi tirapiedi, la Federal Reserve o altre istituzioni simili sono parassiti esecrabili e antidemocratici. Perché queste istituzioni rappresentano figure non elette che non devono rendere conto a nessun elettorato o circoscrizione, il che è antitetico al modo in cui dovrebbe essere gestita una democrazia moderna.

Questo per dire che se vi trovate a schierarvi con Wagner’s in questa disputa speculativa sull’Africa, dovreste considerare quanto sia pericoloso per una corporazione avere tanto controllo e potere, a prescindere da come possiate pensare del MOD russo e della sua adeguatezza, competenza, ecc. Nessuna organizzazione privata dovrebbe vantare le chiavi di un continente e la capacità di trattenerle.

Se questo fosse davvero il caso, e avesse contribuito al culmine che abbiamo avuto oggi, allora si può iniziare a comprendere la potenziale necessità del Ministero della Difesa russo di sbarazzarsi del “consiglio di amministrazione” di Wagner una volta per tutte. L’unico punto controverso è che, se lo avessero fatto, lo avrebbero fatto alla periferia di Mosca? Inoltre, l’avrebbero fatto durante uno storico vertice dei BRICS, infangando potenzialmente Putin e la sua reputazione?

Da un lato, ciò sembrerebbe illogico. Dall’altro, dobbiamo ricordare che Putin e la Russia non si fanno scrupoli – quando è assolutamente necessario – a lanciare scenari importanti con potenziali “cattive ottiche” durante vertici importanti. Per esempio, la guerra georgiana dell’8/8/8 è stata lanciata mentre Putin era seduto con Hu Jintao a Pechino a guardare la cerimonia di apertura delle Olimpiadi estive del 2008. Ricordo ancora le testate giornalistiche che si scandalizzavano per la tempistica “oscena”. In effetti, stranamente, le Olimpiadi sono tornate a Pechino per la varietà invernale nel febbraio 2022 e si sono concluse quattro giorni prima che Putin iniziasse la SMO, il 24 febbraio 2022.

Questo per dire che Putin non è necessariamente al di sopra di ciò che deve essere fatto durante eventi o periodi “sensibili”. Se si tratta di difendere gli interessi della Russia, non si preoccupa di rovinare l’immagine o di mettere in cattiva luce qualche concorso.

Oggi, Putin ha fatto – in modo un po’ simbolico – una grande inaugurazione di un monumento commemorativo di Kursk per l’anniversario della fine della battaglia del 23 agosto 1943, e ha premiato i militari delle SMO:

In seguito, sarebbe tornato a Mosca e il suo corteo è stato avvistato mentre tornava di corsa al Cremlino, presumibilmente per una riunione di emergenza sugli eventi in corso:

Quindi, cosa succede ora? Wagner viene decapitato, Prigozhin e Utkin sono morti, così come la terza figura ombra di Prigozhin, Chekalov. Per chi non lo sapesse, Utkin era il “comandante ombra” di Wagner. Il suo nome di battaglia è Wagner e l’intero gruppo porta il suo nome. Per certi versi era il vero leader ideologico, mentre Prigozhin era solo il portavoce pubblico.

In primo luogo, alcuni rappresentanti di Wagner si riunirono fuori dal quartier generale di San Pietroburgo e pronunciarono queste parole:

Si diceva che si sarebbe riunito il “consiglio dei comandanti” di Wagner e si diceva anche che il Ministero della Difesa stava nuovamente rilasciando contratti ai combattenti Wagner rimasti.

Un aspetto potenziale è che Prigozhin potrebbe aver previsto gli eventi e aver lasciato un “interruttore del morto” per colpire in caso di morte. Una di queste voci provenienti dal canale propagandistico è la seguente:

“Una fonte che ha familiarità con Prigozhin sulla morte di quest’ultimo: “Prigozhin era sicuro che Putin gli avrebbe perdonato tutto e non aveva paura di nulla. Diceva di conoscere molte cose …. Vedremo se ora apparirà qualcosa dai suoi archivi… Per quanto riguarda le persone con cui Prigozhin è morto. Hanno sempre volato in tre: Prigozhin, Utkin, Chekalov. Chekalov era responsabile dell’intera retrovia, Utkin dell’unità di combattimento della PMC Wagner””.
L’altra preoccupazione naturale è che questo crei divisioni ancora maggiori contro il Ministero della Difesa russo e che i combattenti Wagner rimasti possano ribellarsi, soprattutto se questo evento avesse a che fare con una sorta di insurrezione di seconda fase già in atto dietro le quinte.

Alcuni video di dubbia provenienza sono già stati decimati, molto probabilmente dal CIPSO (Pysop Center) ucraino. Ad esempio, questo video sostiene di mostrare combattenti Wagner mascherati che avvertono di “cose che verranno”, ma è quasi certamente un falso dell’SBU:

Un corrispondente russo ha commentato così:

Egli solleva un punto interessante. Molti filo-ucraini, blogger 2D, troll preoccupati e schizopatrioti useranno questo evento per sostenere la teoria secondo cui Prigozhin è stato improvvisamente amato e la sua morte è stata molto compianta da tutti i militari russi che ora prenderanno le armi in suo onore contro il Ministero della Difesa.

Ricordiamo che dopo gli eventi di giugno, il sentimento della società russa si è rivolto pesantemente contro Prigozhin. L’unico “sentimento negativo” era quello delle persone arrabbiate perché Prigozhin non era stato punito. Ho pubblicato i sondaggi in un precedente rapporto che lo illustrano. Ora dovremmo credere che quelle stesse persone saranno scontente del risultato di oggi?

I propagandisti tenteranno anche qualche magia per farci credere che “patrioti” come Prigozhin e Strelkov sono stati puniti dal malvagio Putin. Eppure lo stesso Prigozhin non solo era un acerrimo nemico di Strelkov, ma lo considerava un vile traditore. Inoltre, è stato Wagner il responsabile dell’arresto di Strelkov, poiché un medico di Wagner ha confessato di essere stato lui a scrivere una denuncia alla polizia il giorno prima. Per inciso, lo stesso medico ha appena pubblicato questo video:

La verità è che Strelkov e Prigozhin/Wagner si odiavano a vicenda e ciascuno accusava l’altro di essere il principale traditore del Paese. Ma i propagandisti cercheranno ora di farci credere che entrambi questi uomini sono i “veri patrioti”, mentre Putin è il traditore. Quale dei due? Se uno dei due è il patriota, allora la sua parola deve essere d’oro, il che significa che la sua accusa all’altro di tradimento dovrebbe essere onorata, no?

In realtà, entrambi sono uomini che hanno cercato di ritagliarsi i loro piccoli regni usa e getta con la scusa di alcuni gesti patriottici e falsi ideali. Credo che questo riassuma al meglio Prigozhin:

Naturalmente, la parte in cui si dice che dopo il colpo di Stato il sostegno era considerevole è un po’ discutibile. Sì, il sostegno era ancora “considerevole”, in termini relativi, ma è diminuito in modo massiccio rispetto a prima. Ecco un rapido promemoria:

Prigozhin, secondo i miei calcoli, era una figura carismatica e simpatica. Perché, pur essendo un miliardario straordinariamente ricco, si rappresentava con successo come un “uomo comune”, il tipo di eroe popolare redento di cui sopra, una sorta di combattente per la libertà contro la miriade di corruzioni e mali del mondo moderno. Era un arguto uomo di spettacolo e aveva un buon fiuto per ciò che le masse affamate desideravano, il che lo rendeva attraente. Ma come certi imbroglioni – per esempio, più recentemente, Andrew Tate – aveva la capacità di nascondere i suoi interessi personali dietro abili facciate “nobili”. Finché si dà alla gente il 70% di ciò che vuole sentirsi dire, il 30% di truffe può essere facilmente mascherato con i giochi di prestigio di un prestigiatore di strada.

Forse, in definitiva, non era nemmeno un uomo cattivo – non sto necessariamente dicendo che lo fosse, o che le sue dispute con il Ministero della Difesa russo fossero dovute a cattiveria. Forse è persino comprensibile che da un uomo che ha costruito il proprio impero ci si aspetti che lo difenda strenuamente nel modo in cui lo ha fatto.

Ma a prescindere dal fatto che questo sia vero o meno, ciò che ha rappresentato è stato comunque pericoloso; ha creato un pericoloso precedente. Per un singolo individuo e la sua società/organizzazione/interessi privati esercitare un tale potere e tentare di influenzare le politiche dello Stato, per quanto carismatico o ben intenzionato, è pericoloso. Se al popolo non piace ciò che Putin sta facendo – o i generali da lui nominati, se è per questo – può votarlo; è così che dovrebbero funzionare le democrazie. Prigozhin rappresentava una minaccia virulenta per lo Stato russo, indipendentemente dalle sue intenzioni apparenti. Il fatto è che il popolo non ha appoggiato ciò che ha fatto o tentato di fare il 23 giugno. Questo è oggettivamente dimostrato dai sondaggi. Se si facesse un sondaggio, sospetto che la popolazione non approverebbe nemmeno il suo tentativo di mettere fuori gioco la rappresentanza ufficiale dello Stato e del pubblico in Africa – se mai fosse così. Certo, si potrebbe obiettare che il Ministero della Difesa sta semplicemente cercando di sostituirlo con un’altra PMC privata, quindi qual è la differenza? Ma almeno si tratta di una PMC sotto il controllo dello Stato, il che la rende una sua estensione.

Quello che vedo è il lento, graduale e inevitabile lavoro di riforma e pulizia che il Ministero della Difesa sta facendo sull’intero quadro sistemico e sull’infrastruttura delle forze armate russe e dei suoi vari apparati. È una riorganizzazione su scala colossale, una purificazione, un’abluzione. È un processo in corso dall’inizio dell’OMU. Abbiamo parlato a lungo di come la Russia non fosse strutturalmente abbastanza solida per gestire la portata degli eventi odierni. Questo include il fatto spesso citato della prima mobilitazione parziale dalla Seconda Guerra Mondiale, il più grande impiego di forze, ecc.

Ci sono stati infiniti rimpasti, riattrezzamenti e aggiustamenti fatti al volo per raddrizzare la nave e portare la macchina statale russa in assetto da combattimento. Si tratta di un processo di trasformazione storico ed epocale che sta eliminando decenni di ruggine e marciume burocratico, convoluzione e anelasticità in molti livelli e stazioni, da cima a fondo. E sì, non è bello. In molti momenti questo processo appare brutto, disfunzionale e nevrotico, ma credo che porterà a uno Stato migliore e più forte, con una visione e uno scopo più unificati.

Wagner era un residuo di questo processo. Hanno fatto il loro lavoro necessario, hanno svolto il loro ruolo di importante implementazione dello Stato in un momento in cui l’apparato militare russo era forse incerto e senza timone. Ma ora sta nascendo qualcosa di nuovo. Nuove e più forti strutture devono nascere per prepararsi alle cose senza precedenti che verranno. Per uno Stato civilizzato come la Russia, tutti gli organi e gli strumenti che lo compongono sono pedine degli scacchi con un ruolo da svolgere: non devono mai dimenticarlo, né diventare troppo grandi per le loro tasche. Tutto e tutti devono servire lo Stato, che a sua volta serve il popolo russo. Dal momento del conflitto siriano in poi, Wagner ha goduto di una rara forma di libero arbitrio in un momento in cui la leadership russa mancava di una certa coerenza, che ha portato Prigozhin a supporre che le cose sarebbero rimaste sempre così. Ora devono essere assorbite e regolate mentre lo Stato costruisce un nuovo, storico livello di attenzione centralizzata e di allineamento di visione e azione.

Ecco perché non possiamo fare i sentimentali sul fatto che un pezzo o l’altro venga “scartato” se ha superato la sua utilità. Come disse una volta Putin a un giornalista, “non sono un tuo amico, sono il presidente della Russia”. Si riferiva a una certa prospettiva secondo cui uno Stato non può ricorrere al sentimentalismo, uno Stato può solo servire i suoi interessi, che sono gli interessi del suo popolo. Wagner stava servendo questi interessi con gli intrighi descritti prima? È forse nell’interesse della Russia mettere fuori gioco i rappresentanti ufficiali dello Stato in un intero continente, ritagliandolo come feudo personale di un signore della guerra? Una società privata tecnicamente serve solo gli interessi dei suoi membri e dei suoi azionisti, indipendentemente da ciò che dichiara o dalle parole d’ordine e dagli slogan patriottici che adotta.

Prigozhin poteva avere il cuore al posto giusto. Non nego che non amasse il suo Paese o che non volesse il meglio per esso. Ma la sua lealtà era naturalmente divisa tra il suo Paese e la sua creazione personale, il progetto che considerava la sua opera magna e la sua eredità imperitura; e purtroppo questo ha portato a un conflitto di interessi mortale.

Detto questo, anche alla luce di questo conflitto di interessi, non possiamo essere certi che la Russia avrebbe fatto ricorso a un’uccisione così ostentata, per di più alla periferia di Mosca. Potrebbe ancora essere stato un terzo attore malintenzionato con l’intento di incastrare la Russia e fomentare la divisione e una nuova ribellione. Dopotutto, il tempismo è singolare, viste le azioni della Russia in relazione al licenziamento di Surovikin, ma, al contrario, il tempismo è altrettanto “interessante”, viste le disperate promesse di escalation dell’Ucraina – e, per estensione, della NATO e dei relativi servizi di intelligence – e l’urgente necessità di qualcosa di nuovo per destabilizzare la Russia, al fine di salvare la propria disastrosa “controffensiva”. Lo stesso Budanov ha promesso altre “sorprese” per la fine di agosto, se ricordo bene, e l’Ucraina ha sempre più puntato sul terrore come ultima trovata.

È difficile dire con certezza quale delle due ipotesi sia più probabile; anche se non è necessario ricordare che Prigozhin aveva davvero segnato il suo destino con le sue azioni senza precedenti a giugno, e nessuna persona sana di mente potrebbe sostenere che la sua vendetta era probabilmente in programma in futuro. Persino i più sfortunati tra gli analisti si sono permessi di dire che “il suo tempo era breve per questo mondo”. I Dudayev, i Baisorov, i Basayev, gli Umarov e altri hanno tutti imparato il costo dell’attraversamento – o meglio, del doppio gioco – della Russia. Dopotutto, non possiamo dimenticare queste parole:

Vedremo se emergeranno nuove prove o se questa vicenda passerà alla storia come una delle infinite circostanze irrisolte su cui gli intrighi vorticano per sempre.

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Modelli di formazione e scomparsa dei poli economici globali – di Sergey Glazyev

Modelli di formazione e scomparsa dei poli economici globali – Sergey Glazyev
Postato il : 17/05/2023 Da Kolozeg
Modelli di formazione e scomparsa dei poli economici globali – Sergey Glazyev
Economia globale Geopolitica Rete informativa sovrana
Sergey Glazyev

Secondo il Dizionario russo delle parole straniere, “polo – è la punta dell’asse terrestre immaginario: il polo sud e il polo nord” [1]. Geometricamente ci possono essere solo due poli; la geografia si basa su questo. Ma non la geopolitica moderna, dove sta emergendo il concetto di mondo multipolare (multipolar). Fatta questa precisazione terminologica, in futuro useremo il concetto di mondo multipolare con cautela, in base alle sue diverse interpretazioni da parte di diversi pensatori.

I poli dell’economia mondiale che cambiano al mutare dell’ordine economico mondiale

Nel contesto della teoria del ciclo lungo dello sviluppo socio-economico globale [2] sviluppata dall’autore, intendiamo il polo come un Paese la cui élite al potere esercita un’influenza decisiva sullo sviluppo dell’economia mondiale. Presentando questo processo come un cambiamento delle modalità economiche mondiali (WEM), possiamo dedurre una regolarità di cambiamento periodico dei poli economici mondiali. Allo stesso tempo, non possono esserci meno di due poli (la vecchia e la nuova UI) durante il periodo di cambiamento della UI. Alla fine di questo periodo di transizione, il dominio globale passa al Paese che costituisce il nucleo della nuova UI.

Così Arrighi ha immaginato lo sviluppo dell’economia capitalistica mondiale [3], che ha suddiviso in cinque cicli sistemici secolari di accumulazione del capitale: Spagnolo-Genovese, Olandese, Inglese e Americano, oggi soppiantato dal ciclo asiatico. Nel corso dei cinque secoli di capitalismo, le élite dominanti spagnole-genovesi, olandesi, inglesi e americane, ora soppiantate dai comunisti cinesi, si sono succedute come forza motrice decisiva nello sviluppo dell’economia mondiale. Con l’eccezione del primo ciclo, in cui il capitale genovese costituì la base finanziaria per la rapida espansione dell’Impero spagnolo, tutti gli altri furono caratterizzati dal dominio di un singolo Paese, i cui rapporti di produzione e le cui istituzioni servirono da esempio per gli altri. Nel corso del tempo, la loro efficienza diminuì ed emerse un nuovo leader nella periferia con relazioni di produzione e istituzioni qualitativamente più efficienti. Il dominio globale gli è stato trasferito a seguito di una guerra mondiale, che il leader uscente ha impiegato contro i suoi principali concorrenti per mantenere l’egemonia mondiale, senza accorgersi dell’emergere di una nuova UI con un proprio polo geoeconomico.

I cicli sistemici secolari di accumulazione del capitale scoperti da Arrighi rappresentano le rispettive epoche di sviluppo del sistema capitalistico mondiale. Essi differiscono significativamente non solo nei Paesi leader, ma anche nei sistemi di gestione della riproduzione e dello sviluppo economico. Per studiarli, l’autore ha introdotto il concetto di ordine economico mondiale (WEO), definito come un sistema di istituzioni internazionali e nazionali interrelate che provvedono alla riproduzione allargata dell’economia e determinano il meccanismo delle relazioni economiche globali [4]. Le istituzioni del Paese leader, che hanno un’influenza dominante sulle istituzioni internazionali che regolano il mercato mondiale e le relazioni commerciali, economiche e finanziarie internazionali, sono di primaria importanza. Esse fungono anche da modello per i Paesi periferici, che cercano di raggiungere il leader importando le istituzioni da esso imposte. Pertanto, il sistema istituzionale dell’economia mondiale permea la riproduzione dell’intera economia mondiale nell’unità delle sue componenti nazionali, regionali e internazionali.

Il ciclo sistemico di accumulazione del capitale è una forma del ciclo di vita dell’ordine economico mondiale. I cicli di accumulazione del capitale dei secoli spagnolo-genovese, olandese, inglese, americano e poi asiatico descritti da Arrighi sono manifestazioni dei cicli di vita rispettivamente del commercio, del commercio-produzione, del WEM coloniale, imperiale e integrale. Essi differiscono talmente tanto nei loro sistemi di gestione della riproduzione e dello sviluppo economico che il passaggio dall’uno all’altro è avvenuto finora per mezzo di guerre mondiali e rivoluzioni sociali, durante le quali il sistema di gestione obsoleto è stato schiacciato e il Paese vincitore ne ha formato uno nuovo.

Le modalità economiche mondiali si differenziano non solo per il tipo di organizzazione del commercio internazionale, ma anche per il sistema di relazioni produttive e di istituzioni, che consentono ai Paesi leader di raggiungere la superiorità globale e di plasmare il regime del commercio e delle relazioni economiche internazionali. La classificazione dei modelli economici mondiali è determinata dai sistemi istituzionali dei Paesi leader che dominano le relazioni economiche internazionali e costituiscono il nucleo del sistema economico mondiale. Allo stesso tempo, alla sua periferia si possono riprodurre altri sistemi istituzionali meno efficienti e persino arcaici di organizzazione delle economie nazionali e regionali. Le relazioni tra il nucleo e la periferia del sistema economico mondiale sono caratterizzate da scambi economici con l’estero non equivalenti a favore del nucleo, i cui Paesi ricevono superprofitti a scapito della superiorità tecnologica, economica e organizzativa, rispettivamente sotto forma di rendite intellettuali e di monopolio, di reddito d’impresa e di emissioni. Pertanto, i Paesi del nucleo costituiscono il centro dell’economia mondiale che domina le relazioni economiche internazionali e determina lo sviluppo socio-economico globale.

La logica della competizione geopolitica nel sistema mondiale capitalista condiziona il dominio di un Paese all’interno del ciclo di vita di una o dell’altra UI. Ciò è legato al ruolo della legislazione e della sovranità nazionale nel garantire la riproduzione allargata del capitale. La sovranità nazionale fornisce all’élite al potere un’accumulazione illimitata di capitale attraverso la fiducia nel sistema creditizio e bancario nazionale e l’emissione di moneta nazionale, vari strumenti di protezione del mercato nazionale e la protezione giudiziaria dei diritti di proprietà. Sebbene i trattati internazionali possano fornire regole per la protezione dei diritti di proprietà e degli investitori stranieri, in pratica la garanzia di conformità dipende fortemente dall’equilibrio dell’influenza geopolitica dei Paesi. Le forze armate nazionali sono state spesso l’argomento decisivo per risolvere le controversie geopolitiche.

Dal sistema di Westfalia, che ha aperto la strada all’acquisizione della sovranità nazionale da parte degli Stati, fino ad oggi non sono state create a livello internazionale strutture sovranazionali o interstatali, vicine per efficienza ai sistemi nazionali di riproduzione economica e di accumulazione del capitale dei Paesi più potenti. Anche se i Paesi sono civilmente vicini, le varie coalizioni e alleanze tra loro sono incomparabilmente meno forti delle istituzioni che legano le relazioni economiche degli agenti economici all’interno degli Stati sovrani. Più sono potenti, più opportunità hanno le corrispondenti élite nazionali di realizzare i propri interessi nelle relazioni internazionali, tra cui l’arricchimento su scambi economici esteri non equivalenti, lo sfruttamento delle ricchezze naturali e del capitale umano di Stati relativamente deboli le cui élite non sono in grado di garantire la sovranità nazionale.

La correlazione diretta tra il potere degli Stati nazionali e le possibilità di accumulo di capitale a spese di scambi economici esteri non equivalenti genera un’ondata crescente di rafforzamento del potere nazionale che porta alla formazione di nuovi WEM. L’élite al potere del Paese costruisce costantemente il proprio potere utilizzando la superiorità del proprio Stato per massimizzare i profitti nelle relazioni economiche internazionali. Questo è il modo in cui il sistema mondiale capitalista si sta evolvendo, con il centro che si sposta successivamente dal Nord Italia alla Spagna, ai Paesi Bassi, alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti. Allo stesso tempo, gli Stati che hanno perso la loro leadership sono stati relegati alla periferia e, viceversa, nuovi leader sono sorti dalla periferia.

Il ciclo di vita dell’IU è costituito da fasi di espansione materiale e finanziaria. Nella prima fase, grazie al sistema di gestione super-efficiente, il Paese che costituisce il nucleo della nuova IU si lancia in un’onda lunga di crescita della nuova modalità tecnologica, modernizzando l’economia sulla sua base. In quel momento, i Paesi centrali del vecchio WEM stanno sprofondando in una crisi strutturale e in una depressione causata dall’eccessiva concentrazione di capitale nelle produzioni obsolete della precedente modalità tecnologica. Cercano di mantenere l’egemonia con ogni mezzo, anche fomentando una guerra mondiale tra concorrenti. Il loro indebolimento reciproco crea ulteriori opportunità per la svolta economica del Paese che costituisce il nucleo della nuova UI. Di conseguenza, si impadronisce della leadership globale, che costruisce costantemente fino a raggiungere una posizione dominante. Così, i Paesi Bassi hanno raggiunto il dominio globale dopo la guerra ispano-britannica, la Gran Bretagna dopo le guerre napoleoniche e gli Stati Uniti dopo la prima e la seconda guerra mondiale. Attualmente, la guerra ibrida globale scatenata dagli Stati Uniti sta oggettivamente facilitando l’affermazione economica della Cina, che costituisce il nucleo della nuova UI.

Conquistando il dominio globale, nella seconda fase del ciclo di vita del WEM, il Paese centrale ottiene l’opportunità di imporre agli altri i propri termini di scambio economico-finanziario internazionale, fino all’utilizzo della propria valuta, delle istituzioni finanziarie, del commercio estero e delle infrastrutture di trasporto. In questa fase di espansione finanziaria, il dominio del Paese centrale di una UI già matura si trasforma in un’egemonia globale, sostenuta dai superprofitti derivanti dallo sfruttamento delle risorse periferiche attraverso il commercio non equivalente, la manipolazione dei prezzi mondiali, la compressione dei capitali e la fuga dei cervelli. Il rovescio della medaglia di questa egemonia è un debito pubblico crescente e un declino della produttività dell’economia, in cui la speculazione finanziaria diventa preferibile agli investimenti produttivi. L’UI sta entrando nella fase finale del suo ciclo di vita, che coincide con l’emergere di una nuova UI alla periferia del sistema mondiale con un sistema di riproduzione e di gestione dello sviluppo economico di un ordine di grandezza più efficiente.

Questa analisi mostra che il sistema mondiale capitalista è unipolare durante il periodo di maturità dell’UI e multipolare durante il periodo di cambiamento dell’UI. Durante il periodo di formazione della nuova UI, emergono uno o più dei suoi Paesi centrali, in competizione sia con il Paese egemone uscente sia tra loro. Come risultato di questa competizione, emerge un leader globale che aumenta costantemente il proprio dominio. Oltre a loro, c’è anche la Russia, che mantiene la sua influenza globale in varie forme politiche per tutto il periodo considerato, il cui ruolo storico Arrighi ha completamente ignorato.

La Russia come polo indipendente di influenza globale

Per tutta l’epoca del capitalismo, a partire, secondo Arrighi, dal ciclo sistemico genovese-spagnolo del secolo dell’accumulazione del capitale, la Russia ha agito come polo indipendente di influenza globale. L’UI imperiale uscente era bipolare, con gli Stati Uniti e l’URSS che controllavano ciascuno un terzo dell’economia mondiale e il restante terzo era terreno di rivalità. Nell’IMU coloniale che l’ha preceduta, l’Impero russo ha affrontato con successo l’Impero britannico, controllando la maggior parte dell’Eurasia, l’Alaska e il Pacifico settentrionale. Nell’UI commerciale-manifatturiera, la Russia ha subito la modernizzazione di Pietro il Grande, raggiungendo di fatto l’Olanda, allora leader mondiale, in termini di sviluppo tecnologico e superando la scala di produzione. L’Impero moscovita di Ivan il Terribile, che aveva ereditato le tradizioni dell’Impero bizantino e parte del territorio dell’Impero dell’Orda, non era certo inferiore in potenza all’Impero spagnolo, con il quale non aveva contraddizioni.

Così, almeno a partire dal XVII secolo, la Russia costituì un polo d’influenza globale indipendente che esisteva parallelamente ai Paesi centrali dell’Occidente, concorrenti e poi del WEM. In questa sede non esaminiamo il periodo precedente, che è coperto dalle tenebre delle falsificazioni storiche che oscurano l’influenza globale della Russia (Rus’) durante i periodi dell’Orda e dei Bizantini. La nostra analisi copre solo il periodo ben documentato dal XVII secolo a oggi, che segue il ritmo del cambiamento dei modelli economici e tecnologici globali. I modelli identificati sulla base di questa analisi ci permettono di fare una previsione affidabile dei poli mutevoli dello sviluppo economico mondiale fino alla fine di questo secolo. Ciò che rimane poco chiaro è la previsione del ruolo della Russia, che è rimasta un polo indipendente dello sviluppo globale, spostandosi parallelamente al cambiamento dei poli WEM del sistema mondiale occidentale.

Fin dai Grandi Problemi e dall’ascesa dei Romanov, la Russia è stata coinvolta in un rapporto complesso e contraddittorio con gli Stati europei, che in tempi diversi sono stati talvolta alleati e talvolta avversari. La Russia è vista da questi ultimi come una forza reazionaria che impedisce i processi di liberalizzazione delle relazioni socio-produttive e di democratizzazione dei sistemi statali e politici. Le élite al potere degli Stati europei temono la Russia e si uniscono periodicamente contro di essa, cercando di schiacciarla e smembrarla. Dall’emergere del WEM coloniale e dell’egemonia mondiale britannica, la Russia è sempre stata vista come un polo di influenza mondiale in opposizione all’Occidente.

Da parte loro, i leader di Stato russi hanno considerato i poli mutevoli del sistema mondiale occidentale come un alleato e un partner, poi come un avversario e un nemico, poi come un maestro e poi come un discente. Secoli di cicli sistemici di accumulazione del capitale hanno interessato la Russia come periferia piuttosto che come centro, finché l’URSS non ha smesso di partecipare a questo processo. E ora l’Occidente sta cercando di sottrarre alla Russia tutto ciò che ha accumulato. Va detto che l’élite dirigente russa non ha sviluppato un atteggiamento preciso nei confronti dell’Occidente. Il dibattito tra occidentali e slavofili continua ancora oggi. Mentre i primi attribuiscono la posizione speciale della Russia alla sua arretratezza e sostengono il suo superamento attraverso l’integrazione con l’Occidente, i secondi vedono la missione speciale della Russia nel salvare l’umanità dalle minacce poste dal liberalismo, dal capitalismo e dal post-umanesimo radicati in Occidente. Questo argomento è ora irrilevante a causa dell’aggressione antirussa dell’Occidente collettivo, che sostanzialmente pone fine al mezzo secolo di dominio globale e con esso all’era capitalista. Il centro dell’economia mondiale si sta spostando nel Sud-est asiatico, dove stanno emergendo i suoi poli di influenza globale.

I poli del nuovo ordine economico

Il cambiamento in corso nel WEM sta avvenendo in piena sintonia con gli schemi del processo individuato in precedenza [5]. È iniziato con il crollo dell’URSS e si conclude ora con la disintegrazione della Pax Americana. In pieno accordo con la teoria del mantenimento dell’egemonia globale, l’élite dominante statunitense ha scatenato una guerra mondiale nel tentativo di schiacciare o rendere caotici i Paesi che non può controllare: Cina, Russia, Iran. Non può vincerla, però, a causa dell’efficienza qualitativamente superiore del sistema di governo cinese. Gli Stati Uniti hanno già perso una guerra commerciale ed economica contro la Cina, che raggiungerà la sovranità tecnologica e il primo posto al mondo in termini di capacità scientifica e tecnologica entro la fine dell’attuale piano quinquennale. Con il sequestro delle riserve valutarie russe, Washington ha minato la fiducia nel dollaro e sta rapidamente perdendo la sua egemonia nella sfera monetaria. Allo stesso tempo, la Cina sta diventando il più grande investitore del mondo. Gli investimenti cinesi nei Paesi della One Belt, One Road (OBOR) superano di un ordine di grandezza i finanziamenti per la tanto pubblicizzata iniziativa americana Indo-Pacific Future Image. La portata di questo progetto impallidisce rispetto al JCPOA, che secondo varie stime dovrebbe erogare tra i 4.000 e gli 8.000 miliardi di dollari. Il portafoglio di investimenti dell’OPOP eclissa anche il Piano Marshall per finanziare la ricostruzione postbellica dell’Europa occidentale, che al valore in dollari di oggi può essere stimato in 180 miliardi di dollari (12 miliardi di dollari 70 anni fa) [6].

Dopo il crollo dell’URSS, l’élite dirigente americana si affrettò a dichiarare la vittoria finale e “la fine della storia” [7]. Tuttavia, questa euforia è terminata con la crisi finanziaria globale del 2008, che ha segnato il limite del ciclo secolare americano di accumulazione del capitale. L’era del dominio globale degli Stati Uniti è durata un po’ più a lungo di quella della Gran Bretagna dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, conclusasi con la crisi finanziaria del 1929. La Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale che seguirono seppellirono l’Impero Britannico, incapace di competere con i sistemi di governance di ordine superiore dell’URSS e degli Stati Uniti, formando i due poli dell’UI imperiale, che sostituirono quello coloniale.

In tutti gli indicatori macroeconomici, la RPC ha già superato gli Stati Uniti. Quasi indenne dalla recessione globale dell’ultimo decennio, nell’agosto 2010 la Cina ha soppiantato il Giappone come seconda economia mondiale. Nel 2012, con 3,87 trilioni di dollari di importazioni ed esportazioni, la Cina ha superato gli Stati Uniti come seconda economia mondiale. La RPC ha superato gli Stati Uniti con un fatturato totale del commercio estero di 3,82 trilioni di dollari, spodestandoli dalla posizione che avevano occupato per 60 anni come leader mondiale del commercio transfrontaliero. Alla fine del 2014, il prodotto interno lordo della Cina, misurato in parità di potere d’acquisto, era di 17,6 trilioni di dollari, superando quello degli Stati Uniti (17,4 trilioni di dollari), la più grande economia del mondo dal 1872 [8].

La Cina sta diventando un polo ingegneristico e tecnologico globale. La quota della Cina nella forza lavoro ingegneristica e scientifica mondiale ha raggiunto il 20% nel 2007. La percentuale di ingegneri e scienziati cinesi nel mondo ha raggiunto il 20% nel 2007, raddoppiando dal 2000 (rispettivamente 1.420.000 e 690.000). È interessante notare che molti di loro sono tornati nella RPC dalla Silicon Valley negli Stati Uniti, svolgendo un ruolo importante nell’ascesa dell’imprenditoria innovativa in Cina. Entro il 2030, si prevede che la forza lavoro ingegneristica e scientifica mondiale sarà di 15 milioni di persone, di cui 4,5 milioni (30%) saranno scienziati, ingegneri e tecnici provenienti dalla RPC [9]. Entro il 2030. 9] Entro il 2030, la Cina sarà in testa al mondo in termini di spesa S&T e rappresenterà il 25% della sua quota di spesa globale [10].

Tra il 2000 e il 2016, la quota cinese delle pubblicazioni globali in scienze fisiche, ingegneria e matematica è quadruplicata, superando quella degli Stati Uniti. Nel 2019, la RPC ha superato gli Stati Uniti nell’attività brevettuale (58.990 contro 57.840). Non solo a livello macro, ma anche a livello micro, le aziende cinesi stanno superando i leader dell’innovazione statunitense. Ad esempio, per il terzo anno consecutivo, la società cinese Huawei Technologies Company, con 4.144 brevetti, ha superato di gran lunga la statunitense Qualcomm (2.127 brevetti).

La Cina è in testa alla classifica mondiale dei pagamenti mobili, mentre gli Stati Uniti sono al sesto posto. Nel 2019, il volume di tali transazioni in Cina è stato di 80,5 trilioni di dollari. Il volume totale previsto dei pagamenti mobili nella RPC è di 111 trilioni di dollari e negli Stati Uniti di 130 miliardi di dollari. Ciò sembrerebbe indicare che la maggior parte dell’emissione di denaro statunitense è legata ai circuiti speculativi del mercato finanziario senza raggiungere i consumatori finali.

La quota del dollaro nei pagamenti internazionali sta rapidamente diminuendo, mentre quella del renminbi è in costante aumento. Allo stesso tempo, la continua crescita della piramide del debito pubblico statunitense e le bolle dei derivati finanziari da mille miliardi di dollari (che sono raddoppiate dalla crisi finanziaria del 2008 e non lasciano dubbi sull’imminente collasso del sistema finanziario statunitense) su una base di reddito in contrazione.

La crescita di oltre quattro volte della base monetaria dopo il 2008 non si è tradotta in una ripresa dell’economia statunitense, poiché la maggior parte della massa monetaria è stata destinata a gonfiare le bolle finanziarie. La Cina, invece, ha realizzato una monetizzazione molto più ampia dell’economia, aumentando al contempo gli investimenti nello sviluppo del settore reale e creando circuiti riproduttivi di accumulazione del capitale molto più efficienti.

Le ragioni della performance superiore della RPC risiedono nella struttura istituzionale del nuovo WEM, che garantisce una gestione qualitativamente più efficiente dello sviluppo economico. Combinando le istituzioni della pianificazione centrale e della concorrenza di mercato, il nuovo ordine economico mondiale dimostra un salto di qualità nell’efficienza della gestione dello sviluppo socio-economico rispetto ai sistemi di ordine mondiale che lo hanno preceduto: quello sovietico, con la pianificazione direttiva e lo statalismo totale, e quello americano, dominato dall’oligarchia finanziaria e dalle corporazioni transnazionali. Ciò è dimostrato non solo dal tasso di crescita economica record della Cina negli ultimi tre decenni, ma anche dalla sua ascesa all’avanguardia del progresso scientifico e tecnologico. Lo dimostrano anche i progressi nello sviluppo di altri Paesi che utilizzano le istituzioni di un ordine mondiale integrato: Il Giappone prima della sospensione artificiale della sua ascesa da parte degli americani con una forte rivalutazione dello yen; la Corea del Sud prima della crisi economica asiatica causata dall’oligarchia finanziaria statunitense nel 1998; il moderno Vietnam, che per molti versi sta copiando l’esperienza cinese; l’India, che sta implementando il modello democratico del nuovo ordine mondiale; l’Etiopia, che sta sperimentando tassi di crescita record con la partecipazione attiva degli investitori cinesi.

Indipendentemente dalla forma di proprietà dominante – statale, come in Cina o in Vietnam, o privata, come in Giappone o in Corea – l’ordine economico mondiale integrato è caratterizzato da una combinazione di istituzioni di pianificazione statale e di auto-organizzazione del mercato, di controllo statale sui principali parametri della riproduzione economica e di libera impresa, di ideologia del bene comune e di iniziativa privata. Allo stesso tempo, le forme della struttura politica possono differire in modo sostanziale, dalla più grande democrazia indiana al più grande partito comunista cinese. Ciò che rimane invariato è la priorità degli interessi pubblici rispetto a quelli privati, espressa in meccanismi rigorosi di responsabilità personale dei cittadini per il comportamento coscienzioso, il chiaro adempimento dei propri doveri, il rispetto della legge e il servizio agli obiettivi nazionali. Il sistema di gestione dello sviluppo socio-economico è costruito sui meccanismi di responsabilità personale per migliorare il benessere della società.

Quindi, in base all’esito più probabile della guerra ibrida globale scatenata dall’élite dominante statunitense non a suo favore, il nuovo ordine economico mondiale si formerà nella competizione tra varietà comuniste e democratiche, i cui esiti saranno determinati dalla loro efficacia relativa nello sviluppare le opportunità e neutralizzare le minacce del nuovo ordine tecnologico. La principale competizione tra le varianti comuniste e democratiche del nuovo ordine economico mondiale si svilupperà probabilmente tra Cina e India, leader dell’attuale ritmo di sviluppo economico, che insieme ai loro satelliti rivendicano una buona metà dell’economia globale. Questa competizione sarà pacifica e regolata dal diritto internazionale. Tutti gli aspetti di questa regolamentazione, dal controllo della sicurezza globale all’emissione di valute mondiali, si baseranno su trattati internazionali. I Paesi che rifiutano gli impegni e il monitoraggio internazionale saranno emarginati nei rispettivi campi di cooperazione internazionale. Man mano che l’economia mondiale diventa più complessa, il ripristino dell’importanza della sovranità nazionale e della diversità dei sistemi nazionali di regolamentazione economica si combinerà con l’importanza fondamentale delle organizzazioni internazionali con poteri sovranazionali.

La competizione tra le varianti comuniste e democratiche di un’economia mondiale integrata non sarà antagonista. Ad esempio, l’iniziativa cinese “One Belt, One Road”, con la sua ideologia di un “destino comune per l’umanità”, coinvolge molti Paesi con diversi assetti politici. I Paesi democratici dell’UE stanno creando zone di libero scambio con il Vietnam comunista. Il panorama competitivo sarà determinato dall’efficienza comparativa dei sistemi di governance nazionali.

L’ulteriore sviluppo della crisi finanziaria globale sarà oggettivamente accompagnato da un rafforzamento della RPC e da un indebolimento degli Stati Uniti. Come sottolinea giustamente il dottor Wang Wen, “la comunità globale vede la Cina crescere e gli Stati Uniti ridursi sui parametri degli investimenti internazionali, delle fusioni e acquisizioni, della logistica e della valuta. La globalizzazione sta diventando meno americanizzata e più sinosizzata” [11].

Nel corso di questa trasformazione, i Paesi alla periferia del sistema finanziario incentrato sugli Stati Uniti, tra cui l’UE e la Russia, saranno significativamente colpiti. L’unica questione è la portata di questi cambiamenti. In circostanze favorevoli, la Grande Stagnazione delle economie occidentali, in corso da oltre un decennio, durerà ancora per qualche anno, fino a quando il capitale rimanente, dopo lo scoppio delle bolle finanziarie, sarà investito in nuove industrie tecnologiche e potrà “cavalcare” la nuova onda lunga di Kondratieff. In caso di eventi sfavorevoli, il pompaggio monetario del sistema finanziario causerà un’inflazione galoppante, che porterà a un’interruzione della riproduzione economica, a un calo del tenore di vita e a una crisi politica. L’élite al potere negli Stati Uniti si troverà di fronte a due opzioni. La prima sarebbe accettare la perdita del dominio globale e, invece di formare un governo mondiale, negoziare i termini di investimento con gli Stati nazionali, come nel secolo scorso. Questo le permetterebbe di partecipare come attore principale alla formazione di un nuovo ordine economico mondiale. Il secondo è quello di intensificare la guerra ibrida globale che stanno già conducendo. E anche se oggettivamente non dovessero vincere questa guerra, i danni per l’umanità potrebbero essere catastrofici, fino ad essere letali.

La distruzione del sistema riproduttivo del ciclo di accumulazione del capitale statunitense si accelererà man mano che i Paesi sfruttati dall’élite dominante degli Stati Uniti usciranno dal loro controllo.

Se ricorriamo nuovamente alle analogie storiche del precedente periodo di cambiamento dei modelli economici mondiali, la sua fase finale (analogamente alla Seconda Guerra Mondiale) può durare fino a sette anni. Finora queste analogie sono state sorprendentemente confermate. La prima fase di transizione, che coincide con l’ultima fase del ciclo di vita dell’attuale ordine mondiale, è iniziata con la perestrojka in URSS nel 1985 ed è terminata con il suo crollo nel 1991. Nel ciclo precedente era iniziata con la Prima Guerra Mondiale nel 1914 e si era conclusa nel 1918 con il crollo di quattro monarchie europee, impedendo l’espansione globale del capitale britannico.

Seguì una seconda fase di transizione, durante la quale il Paese dominante a livello mondiale raggiunse l’apice della sua potenza. Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, l’egemonia britannica si afferma per due decenni, fino al Trattato di Monaco, che segna l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. In questa fase di transizione l’economia mondiale uscente raggiunge i limiti della sua evoluzione, mentre alla sua periferia emerge il nucleo di una nuova economia mondiale. Nel ciclo precedente è emersa in tre forme politiche: socialista in URSS, capitalista negli Stati Uniti e nazional-corporativa in Giappone, Italia e Germania. Ora sta emergendo anche in tre forme politiche: il socialismo con specificità cinese, il nazionalismo democratico indiano e la dittatura globale dei globalisti, che hanno premuto il grilletto per intensificare la guerra ibrida mondiale lanciando un coronavirus. Come l’ultima volta, questa fase ha richiesto due decenni, a partire dal crollo dell’URSS e dall’instaurazione temporanea della Pax Americana nel 1991.

Infine, la terza e ultima fase di transizione è associata alla distruzione del nucleo dell’UI dominante e alla formazione di uno nuovo, il cui nucleo costituisce il nuovo centro dello sviluppo economico mondiale. In questa fase, il Paese leader dell’UI uscente scatena una guerra mondiale per mantenere la propria egemonia, in seguito alla quale i Paesi della nuova UI vincono e la leadership mondiale passa a loro. Nell’ultimo ciclo, questa fase inizia con il Trattato di Monaco del 1938 e termina con il crollo dell’Impero britannico nel 1948. Se il colpo di Stato nazista a Kiev, l’occupazione de facto dell’Ucraina e l’imposizione di sanzioni finanziarie contro la Russia sono considerati l’inizio della guerra ibrida globale degli Stati Uniti, allora la fase finale dell’attuale periodo di transizione inizia nel 2014 e dovrebbe concludersi nel 2024. Come previsto da Pantin, che ha anticipato la crisi finanziaria globale del 2008, è nel 2024 che ci si deve aspettare il picco dell’aggressione statunitense contro la Russia. Va notato che quest’anno è anche l’anno del cambiamento del ciclo politico russo in relazione alle elezioni presidenziali.

Consideriamo più in dettaglio un’analogia storica del precedente cambiamento dell’economia mondiale, iniziato con il trascinamento dei Paesi leader nella Prima Guerra Mondiale. Dopo la rivoluzione socialista in Russia, è emerso il prototipo di una nuova economia mondiale con ideologia comunista e pianificazione statale totale. Un decennio e mezzo dopo, per superare la Grande Depressione, gli Stati Uniti attuano il New Deal, formando un altro tipo di nuovo ordine economico mondiale con l’ideologia del welfare state e la regolamentazione statale-monopolistica dell’economia. Parallelamente, il Giappone, l’Italia e poi la Germania formano un terzo tipo, con l’ideologia nazista e un’economia aziendale statale-privata.

Tutti questi cambiamenti si verificano durante il periodo finale del ciclo britannico di accumulazione del capitale e della sottostante economia mondiale coloniale. L’élite dominante britannica, che occupa una posizione centrale nel sistema economico mondiale, cerca di resistere ai cambiamenti che stanno minando il suo dominio globale. Viene imposto un blocco economico contro l’URSS, da cui si può importare solo grano per causare una fame di massa. Viene imposto un embargo commerciale contro gli Stati Uniti. In Germania viene favorito un colpo di Stato nazista anticomunista e, per contrastare l’influenza dell’URSS, l’intelligence britannica protegge e promuove Hitler al potere. Con le stesse intenzioni e in previsione di grandi dividendi, le aziende americane investono pesantemente nella modernizzazione dell’industria tedesca [12].

Gli inglesi sono impegnati nella tradizionale geopolitica del divide et impera, provocando una guerra tra Germania e URSS. Sperano di ripetere il successo ottenuto con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, preceduto dalla provocazione di Londra di un attacco alla Russia da parte del Giappone. La Prima Guerra Mondiale portò all’autodistruzione di tutti i principali rivali della Gran Bretagna in Eurasia: gli imperi russo, tedesco, austro-ungarico, ottomano e, infine, cinese. Ma subito dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, divenne evidente la superiorità qualitativa del Terzo Reich rispetto a tutti i Paesi europei, Gran Bretagna compresa, nella gestione efficiente dell’economia e nella mobilitazione di tutte le risorse disponibili a fini militari. Le forze britanniche subirono umilianti sconfitte non solo dalla Germania, ma anche, insieme agli americani, dal Giappone, che era nettamente superiore all’alleanza anglo-americana nelle capacità organizzative e tecnologiche per condurre una guerra su larga scala nel vasto territorio del Sud-Est asiatico. E sebbene la Gran Bretagna, grazie all’alleanza con gli Stati Uniti e l’URSS, sia stata tra i vincitori, dopo la Seconda Guerra Mondiale ha perso l’intero impero coloniale, oltre il 90% del suo territorio e della sua popolazione.

All’epoca, il sistema sovietico di gestione dell’economia nazionale si rivelò il più efficiente: compì tre miracoli economici in una volta sola: l’evacuazione delle imprese industriali dalla parte europea verso gli Urali e la Siberia, costruendo nuove regioni industriali nel giro di mezzo anno; il raggiungimento di parametri di produttività del lavoro e di produttività bellica di gran lunga superiori a quelli dell’Europa unita dai nazisti; la rapida ricostruzione delle città e degli impianti produttivi completamente distrutti dagli invasori.

Il nuovo corso di Roosevelt aumentò significativamente la capacità di mobilitazione dell’economia statunitense, che permise agli Stati Uniti di sconfiggere il Giappone nel Pacifico. Nell’Europa occidentale del dopoguerra, gli Stati Uniti non ebbero rivali: dopo aver recintato l’URSS con il blocco della NATO, l’élite al potere statunitense privatizzò virtualmente i Paesi dell’Europa occidentale, compresi i resti delle loro riserve auree. Nel Terzo Mondo, le ex colonie degli Stati europei divennero un’area di rivalità tra le imprese statunitensi e i ministeri sovietici. L’ulteriore sviluppo mondiale avvenne nel formato della Guerra Fredda di due imperi mondiali – sovietico e americano – con modelli tecnocratici simili e modelli politici diametralmente opposti per la gestione dello sviluppo socio-economico. Ognuno di essi aveva i suoi vantaggi e svantaggi, ma era radicalmente superiore al sistema coloniale del capitalismo familiare, con il suo spietato sfruttamento di lavoratori assunti e schiavi, in termini di efficienza nell’organizzazione della produzione di massa e nella mobilitazione delle risorse.

Un quadro simile sta emergendo nel presente. Esistono anche tre possibili varietà del nuovo ordine mondiale emergente. La prima di queste ha già preso forma in Cina sotto la guida del Partito Comunista Cinese. È caratterizzato da una combinazione di pianificazione statale e istituzioni di mercato auto-organizzate, dal controllo statale sui principali parametri della riproduzione economica e della libera impresa, dall’ideologia del bene comune e dell’iniziativa privata, e dimostra una straordinaria efficienza nella gestione dello sviluppo economico, superando di un ordine di grandezza il sistema americano. Ciò è evidente nel tasso di sviluppo dei settori industriali avanzati, che è stato molto più elevato negli ultimi tre decenni ed è stato nuovamente confermato dagli indicatori di performance epidemici.

Il secondo tipo di economia mondiale integrata sta prendendo forma in India, che è la più grande democrazia realmente funzionante del mondo. Le fondamenta del sistema integrale indiano sono state gettate dal Mahatma Gandhi e da Jawaharlal Nehru sulla base della cultura indiana. La Costituzione indiana post-indipendenza definisce l’economia indiana come socialista. Questa norma è praticamente implementata nel sistema di pianificazione strategica, nelle regole di politica sociale e nella regolamentazione finanziaria. Le linee guida per l’emissione monetaria sono stabilite da una commissione speciale che, sulla base delle priorità di politica sociale ed economica pianificate, definisce i parametri per il rifinanziamento delle istituzioni di sviluppo e delle banche nei settori dei prestiti alle piccole imprese, all’agricoltura, all’industria, ecc.

La nazionalizzazione del sistema bancario da parte del governo di Indira Gandhi ha contribuito ad allineare la gestione dei flussi finanziari ai piani di sviluppo indicativi dell’economia. Le giuste priorità hanno favorito lo sviluppo dei settori chiave del nuovo paradigma tecnologico e, poco prima della pandemia di coronavirus, l’India è emersa come l’economia a più rapida crescita del mondo. Come in Cina, anche in India lo Stato regola i processi di mercato per migliorare il benessere pubblico, incoraggiando gli investimenti nella produzione e nelle nuove tecnologie. In questo modo, le restrizioni finanziarie e monetarie mantengono i capitali all’interno del Paese, mentre la pianificazione governativa indirizza l’attività imprenditoriale verso la produzione di beni tangibili.

La terza variante del nuovo ordine economico mondiale esiste finora come immagine del futuro agli occhi di un’oligarchia finanziaria centrata sull’America che aspira al dominio mondiale. Le offerte per la formazione di un nuovo ordine mondiale vengono lanciate dalle profondità dello Stato profondo americano. Sulla scia della pandemia organizzata artificialmente, sono stati compiuti sforzi per creare istituzioni che pretendono di governare l’umanità. B. La Fondazione Gates stabilisce il controllo sulle attività di vaccinazione della popolazione dell’OMS. La vaccinazione viene utilizzata per promuovere la tecnologia, da tempo sviluppata, della programmazione biologica per ridurre la fertilità e il controllo totale sul comportamento dei vaccinati. Questa tecnologia combina i progressi della bioingegneria e dell’informatica: la vaccinazione è accompagnata dal chipping, che permette di creare qualsiasi restrizione alle prestazioni umane [13].

In altre parole, la terza variante della nuova economia mondiale prevede effettivamente la formazione di un governo mondiale guidato dall’élite dominante americana nell’interesse dell’oligarchia finanziaria, che controlla l’emissione della moneta mondiale, le banche e le società transnazionali e il mercato finanziario globale. Si tratta di una continuazione della tendenza alla globalizzazione liberale, aumentata da tecnologie autoritarie per controllare le popolazioni dei Paesi privati della sovranità nazionale. È stato descritto in molte anti-utopie, dal famoso “1984” di Orwell alle immagini religiose contemporanee della venuta dell’Anticristo – il “campo di concentramento elettronico” che precede la fine del mondo. Questo scenario di dominio del capitale mondiale è stato presentato nel primo capitolo di questa monografia.

Ciascuna delle suddette varietà del nuovo ordine mondiale presuppone l’uso di tecnologie informatiche avanzate, che sono un fattore chiave del nuovo ordine tecnologico. Sono tutte basate su metodi di elaborazione dei big data e su sistemi di intelligenza artificiale necessari per controllare non solo i processi di produzione non presidiati, ma anche le persone nei sistemi di regolazione dell’economia e del comportamento sociale. Gli obiettivi di questa regolamentazione sono stabiliti dall’élite al potere, il cui modo di formazione predetermina le caratteristiche essenziali di ciascuna delle varietà del nuovo ordine economico mondiale sopra menzionate.

In Cina, il potere appartiene alla leadership del Partito Comunista, che organizza la regolamentazione economica per migliorare il benessere delle persone e indirizza il comportamento sociale verso gli obiettivi politici della costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi. I meccanismi di mercato sono regolati in modo che le strutture produttive e tecnologiche più efficienti vincano la competizione e il profitto sia proporzionale al loro contributo al benessere pubblico. Nel frattempo, le aziende di medie e grandi dimensioni, comprese quelle non governative, hanno organizzazioni di partito che controllano la conformità del comportamento dei loro dirigenti ai valori morali dell’ideologia comunista. Vengono incoraggiati l’aumento della produttività del lavoro e dell’efficienza produttiva, la modestia e la produttività dei dirigenti e dei proprietari, mentre vengono puniti l’abuso del dominio del mercato e la sua manipolazione speculativa, gli sprechi e i consumi parassitari. Viene sviluppato un sistema di credito sociale per regolare il comportamento sociale dell’individuo. Secondo le intenzioni, le opportunità sociali di ogni cittadino dipendono dal suo rating, che viene costantemente regolato in base al bilancio delle azioni buone e cattive. Più alto è il rating, maggiore è la credibilità dell’individuo nell’ottenere un lavoro, una promozione, un credito o una delega di autorità. Questa particolare modernizzazione del noto sistema sovietico di registrazione personale, che accompagnava una persona per tutta la sua vita lavorativa, ha i suoi lati positivi e negativi, la cui valutazione esula dallo scopo di questo articolo. La sua principale area problematica è la dipendenza del meccanismo di formazione di un’élite produttiva della società dall’intelligenza artificiale che controlla il sistema di credito sociale.

La seconda varietà del nuovo ordine economico mondiale è determinata da un sistema politico democratico, che può variare notevolmente da Paese a Paese. È più sviluppato in Svizzera, dove le principali decisioni politiche sono prese tramite referendum popolare. La sua incarnazione più importante per l’economia mondiale è l’India e, tradizionalmente, le socialdemocrazie europee. Nella maggior parte dei Paesi è gravemente afflitto dalla corruzione e soggetto a manipolazioni da parte delle grandi imprese, che possono essere patriottiche o comprador. L’introduzione della tecnologia informatica a libro mastro distribuito (blockchain), oggi ampiamente conosciuta, nel sistema delle elezioni popolari rappresentative potrebbe migliorare significativamente l’efficienza di questo sistema politico, eliminando i brogli elettorali e fornendo ai candidati un accesso paritario ai media. La crescente popolarità dei media autoriali nella blogosfera crea una concorrenza tra le fonti di informazione, facilitando l’accesso dei candidati agli elettori. Con un’adeguata disposizione legale per l’uso delle moderne tecnologie dell’informazione nel processo elettorale, si forma un meccanismo automatico di responsabilità delle autorità pubbliche per i risultati delle loro attività nell’interesse pubblico. Quanto più i cittadini sono istruiti e attivi, tanto più efficacemente funziona un sistema politico democratico. Il suo problema principale è la dipendenza della formazione dell’élite al potere da strutture clanico-corporative che non sono interessate alla trasparenza e alla correttezza delle elezioni.

Infine, la terza varietà del nuovo ordine economico mondiale è determinata dagli interessi di un’oligarchia finanziaria che aspira al dominio mondiale. Si realizza attraverso la globalizzazione liberale, che consiste nell’offuscamento delle istituzioni nazionali di regolamentazione economica e nella subordinazione della loro riproduzione agli interessi del capitale internazionale. La posizione dominante nella struttura di quest’ultimo è occupata da poche decine di clan familiari americano-europei intrecciati tra loro che controllano le principali partecipazioni finanziarie, le strutture di potere, i servizi di intelligence, i media, i partiti politici e l’apparato del potere esecutivo [14]. Questo nucleo di élite dominante statunitense sta conducendo una guerra ibrida con tutti i Paesi che non controlla, utilizzando un vasto arsenale di tecnologie finanziarie, informatiche, cognitive e persino biologiche per destabilizzarli e caoticizzarli. Lo scopo di questa guerra è la formazione di un sistema globale di istituzioni sotto il suo controllo, che regoli la riproduzione non solo dell’economia globale, ma anche dell’intera umanità attraverso le moderne tecnologie informatiche, finanziarie e bioingegneristiche. Il problema principale di un tale sistema politico è la sua totale irresponsabilità e amoralità, l’impegno della sua élite ereditaria al potere nei confronti di visioni malthusiane, razziste e, in parte, misantropiche.

La formazione di un nuovo ordine mondiale avverrà in competizione tra queste tre varietà. Nel farlo, quest’ultima esclude le prime due, che possono coesistere pacificamente. Così come la vittoria della Germania nazista e del Giappone nella guerra contro l’URSS e gli Stati Uniti avrebbe escluso sia il modello sovietico che quello americano del nuovo ordine economico mondiale per quel periodo. Dopo la vittoria generale, l’URSS e gli USA hanno creato sistemi politici concorrenti, dividendo il mondo in zone di influenza ed evitando il confronto diretto.

Esistono quindi tre scenari predittivi per la formazione di un nuovo ordine economico mondiale. La loro base materiale comune è una nuova modalità tecnologica, il cui nucleo consiste in una combinazione di tecnologie digitali, informatiche, bioingegneristiche, cognitive, additive e nanotecnologiche. Oggi vengono utilizzate per creare: impianti di produzione senza personale e completamente automatizzati; sistemi di intelligenza artificiale che gestiscono banche dati illimitate; microrganismi, piante e animali transgenici; clonazione di esseri viventi e rigenerazione di tessuti umani. Su questa base tecnologica si stanno formando le istituzioni di un ordine economico mondiale integrato, che assicura la gestione consapevole dello sviluppo socio-economico degli Stati sovrani e, potenzialmente, dell’intera umanità. Ciò avviene attraverso una combinazione di pianificazione strategica statale e competizione di mercato basata su partenariati pubblico-privati. A seconda degli interessi di coloro che regolano le entità economiche autonome, si forma una delle varietà sopra descritte del nuovo ordine economico mondiale. Le prime due – comunista e democratica – possono coesistere pacificamente, competendo e cooperando sulla base del diritto internazionale. Il terzo – oligarchico – è antagonista ai primi due, in quanto prevede l’instaurazione di un dominio mondiale ereditario da parte di poche decine di clan familiari americano-europei, incompatibile con i valori democratici o comunisti.

Quale dei tre scenari previsti guiderà l’evoluzione dell’umanità dipende dall’esito della guerra ibrida messa in atto dall’élite dominante americana contro gli Stati sovrani.

Dei tre scenari sopra descritti, la variante del dominio dell’oligarchia capitalista globale sembra la meno probabile. Sebbene la guerra ibrida globale si stia svolgendo proprio in questo scenario, l’élite dominante americana è destinata a essere sconfitta a causa dell’efficienza qualitativamente superiore delle capacità di mobilitazione della Cina e della mancanza di interesse di tutti i Paesi del mondo in questa guerra.

In qualsiasi scenario di ulteriore sviluppo della crisi dell’economia mondiale, i meccanismi di riproduzione del ciclo di accumulazione del capitale statunitense saranno erosi e, di conseguenza, il potere economico degli Stati Uniti si indebolirà. Non c’è dubbio che l’élite dominante americana userà qualsiasi mezzo per mantenere il suo dominio globale. Cercherà di dirigere il corso degli eventi verso la formazione del governo mondiale a cui ha recentemente fatto riferimento l’ex primo ministro britannico G. Brown [15]. La paura della pandemia di coronavirus, del riscaldamento globale e della catastrofe ecologica, alimentata dai media che controllano e preparano l’opinione pubblica a questo scenario. Tuttavia, alla base di tutto ciò c’è l’interesse dell’oligarchia finanziaria statunitense a consolidare la propria egemonia nel sistema finanziario globale e a preservare quest’ultimo, che non lascia alcuna possibilità di sviluppo indipendente al resto dei Paesi. Per mantenerli dipendenti, la tradizione geopolitica anglosassone dispone di strumenti come mettere i Paesi rivali l’uno contro l’altro, provocare conflitti sociali e politici, organizzare colpi di Stato e incoraggiare i separatisti a mettere in caos Paesi e regioni che non controllano. Per ridurre al minimo i rischi che ne derivano per la Russia, l’UEEA, l’Eurasia e l’umanità nel suo complesso, è necessario formare immediatamente una coalizione anti-guerra in grado di infliggere danni inaccettabili all’aggressore. I potenziali partecipanti alla coalizione anti-guerra includono tutti i Paesi che non sono interessati a una nuova guerra mondiale e la grande maggioranza dell’umanità che vive in essi. In primo luogo, si tratta dei Paesi contro cui è diretto il colpo principale dell’aggressione americana: Russia e Cina. Sono i Paesi del nuovo ordine economico mondiale che stanno crescendo con successo sull’onda della crescita del nuovo modo tecnologico: Cina, India, Indocina, che formano un nuovo centro di sviluppo dell’economia mondiale. Tra questi ci sono il Giappone, la Corea e tutti gli Stati post-sovietici che hanno mantenuto la loro sovranità e sono stati precursori nel dare forma alle istituzioni che la compongono. E, naturalmente, i Paesi che beneficiano della cooperazione con il Centro asiatico di sviluppo, che traggono vantaggio dalla sua crescita attraverso la partecipazione alla Belt and Road Initiative e ad altri processi di integrazione eurasiatica.

A differenza dei Paesi del “nucleo” dell’ordine economico mondiale esistente, che hanno imposto al mondo un sistema universale di relazioni finanziarie ed economiche come base della globalizzazione liberale, il “nucleo” emergente del nuovo ordine economico mondiale è caratterizzato da una grande diversità. Questa diversità si manifesta anche nei principi delle relazioni internazionali condivisi dai Paesi che lo compongono: libertà di scegliere i percorsi di sviluppo, rifiuto dell’egemonismo e sovranità delle tradizioni storiche e culturali. Il nuovo ordine economico mondiale si sta formando su una base paritaria, reciprocamente vantaggiosa e consensuale. Su questi principi si stanno creando nuovi raggruppamenti economici regionali – SCO, UEE, Mercosur, ASEAN-Cina – e istituzioni finanziarie internazionali (la Banca di sviluppo dei BRICS e il pool di riserve valutarie, la Banca asiatica di investimento per le infrastrutture, la Banca eurasiatica di sviluppo).

L’associazione di Paesi in grandi organizzazioni internazionali come la SCO e i BRICS rappresenta un modello di cooperazione qualitativamente nuovo che onora la diversità in contrasto con le forme universali della globalizzazione liberale. Il suo principio fondamentale è il fermo sostegno ai principi e alle norme di diritto internazionale universalmente riconosciuti e il rifiuto di politiche di pressione coercitiva e di violazione della sovranità di altri Stati. I principi dell’ordine internazionale, condivisi dai Paesi del “nucleo” emergente del nuovo ordine mondiale, sono fondamentalmente diversi da quelli caratteristici dei precedenti ordini mondiali modellati dalla civiltà europea occidentale, come ha ammesso S. Huntington, “non per la superiorità delle loro idee, dei valori morali o della religione (a cui poche altre civiltà si sono convertite), ma piuttosto per la superiorità nell’uso della violenza organizzata” [16].

La chiave della transizione verso un nuovo ordine economico mondiale è la ristrutturazione del sistema monetario e finanziario globale. La nuova architettura delle relazioni monetarie e finanziarie internazionali dovrebbe essere formata su base giuridico-contrattuale. I Paesi che emettono valute di riserva globali dovranno garantirne la sostenibilità mantenendo determinati limiti al debito pubblico e ai deficit della bilancia dei pagamenti e del commercio. Dovranno inoltre rispettare i requisiti legali internazionali per la trasparenza delle loro valute e la loro capacità di scambiarle liberamente con tutti i beni scambiati nei loro territori.

Configurazione del nuovo ordine economico

Sulla base di quanto detto, la configurazione dell’economia mondiale multipolare prima della fine di questo secolo sarà probabilmente la seguente.

Il nucleo bipolare della nuova UIE (integrale), con i poli comunista (Cina) e democratico (India), la cui competizione produrrà la metà della crescita del PIL.

La sua periferia vicina (ASEAN, Pakistan, Iran).

Il mantenimento dell’influenza significativa del nucleo capitalista della vecchia UI (imperiale) in disfacimento (Stati Uniti e Gran Bretagna) con i loro satelliti.

L’erranza tra i nuclei della vecchia e della nuova UI, l’Unione Europea, la Turchia e il mondo arabo, le cui possibilità di influenza mondiale dipenderanno dalla loro capacità di liberarsi dai dettami statunitensi.

Schegge della vecchia UI adiacenti al nucleo della UI integrale, che probabilmente si integreranno in essa, essendosi liberate dalla dipendenza da Washington (Giappone, Corea del Sud, Taiwan).

Periferia merceologica dell’UMI integrale (Africa, Asia centrale, America Latina).

Russia e UEEA, che, a seconda dell’attuale politica economica, possono entrare a far parte del nucleo della nuova UMI (integrale) o rimanere nella sua periferia merceologica, dove si trovano attualmente.

Organizzazioni internazionali che garantiscono il consolidamento della nuova UC (integrale) (BRICS, SCO, EAEC, ASEAN), la cui influenza è destinata a crescere.

Organizzazioni internazionali utilizzate dagli Stati Uniti per mantenere la loro egemonia (NATO, ecc.), la cui influenza svanirà rapidamente con la fine della guerra ibrida globale.

L’UI integrale si differenzia dall’UI imperiale per il ripristino dell’importanza della sovranità nazionale e del diritto internazionale basato su di essa. Ciò predetermina una maggiore diversità del panorama geopolitico in cui gli Stati nazionali e le loro associazioni di integrazione possono creare varie configurazioni di relazioni internazionali, cercando di occupare le nicchie più convenienti nelle relazioni economiche globali. Allo stesso tempo, aumenta in modo significativo l’importanza dei fattori di integrazione non economici, come la cultura spirituale, la vicinanza di civiltà, i valori spirituali e il destino storico comune. Di conseguenza, aumenterà l’influenza dei poli di influenza storico-spirituale, che saranno integrati nella configurazione dell’UI integrale. La sua multipolarità avrà una connotazione civilizzatrice, confermando il concetto di mondo multipolare di civiltà [17].

La posizione della Russia nel mondo multipolare che si formerà in seguito al cambiamento dell’UI rimane incerta. Per uscire dall’attuale posizione periferica tra i nuclei della vecchia e della nuova UI, è necessario un cambiamento radicale della politica economica, l’attuazione di una strategia di sviluppo avanzata sulla base della nuova modalità tecnologica, basata sulle istituzioni e sui metodi di gestione della UI integrale [18].

Note

[1] Krysin L.P., “Dizionario moderno di parole straniere”, L.P. Krysin ; Inst. В. Vinogradov. – Mosca : AST-PRESS, 2014. – 410.

[2] Glazyev S., “Gestire lo sviluppo economico: un corso di lezioni”, Mosca : Moscow University Press, 2019. 759 с.

[3] Arrighi G., “Il lungo ventesimo secolo: denaro, potere e le origini del nostro tempo”, Londra: Verso, 1994.

[4] Glazyev S., “Modelli economici mondiali nello sviluppo economico globale”, Economia e metodi matematici. 2016. Т. 52. No. 2; Glazyev S., “Risultati applicati della teoria dei modelli economici mondiali”, Economia e metodi matematici. 2016. Т. 52. N. 3; l’autore di questo materiale ha registrato l’ipotesi scientifica “Ipotesi di cambiamento periodico dei modelli economici mondiali” (nel 2016 è stato rilasciato il certificato n. 41-N per la registrazione da parte dell’Accademia internazionale degli autori di scoperte e invenzioni scientifiche sotto la guida scientifica e metodologica dell’Accademia russa delle scienze naturali).

[5] Glazyev S., “L’ultima guerra mondiale. Gli Stati Uniti iniziano e perdono”, Mosca: Book World, 2016.

[6] Steinbock D., “The U.S.-China trade war and its global impacts”, World Century Publishing Corporation e Shanghai Institutes for International Studies China Quarterly of International Strategic Studies. 2018. Vol. 4. No. 4. P. 515-542.

[7] Fukuyama F., “La fine della storia e l’ultimo uomo”, MOSCA: AST, 2010.

[8] Dilip Hiro, “Perché la Cina sta conquistando il ‘secolo americano'”, The Asia Times. https://asiatimes.com/2020/08/why-china-is-taking-over-the-american-cent…

19 agosto 2020.

[9] “2030 Zhongguo: mangxiang gongtun fuyu” (Cina – 2030: verso la prosperità universale) / Centro di studi nazionali dell’Università Tsinghua, a cura di Hu Angan, Yan Yilong, Wei Xing. Pechino: People’s University of China Press, 2011. С. 30.

[10] “Prospettive e priorità strategiche dell’ascesa dei BRICS”, a cura di V. Sadovnichy, Y. Yakovets, A. Akayev. Mosca: Università statale di Mosca – Istituto internazionale Pitirim Sorokin-Nikolai Kondratiev – INES – Comitato nazionale per gli studi sui BRICS – Istituto dell’America Latina della RAS, 2014.

[11] Wang Wen, “La Cina non guarderà morire la globalizzazione”, The Belt and Road News. 16 giugno. 2020.

[12] Charles Higham, “Trading With The Enemy: An Expose of The Nazi-American Money Plot 1933-1949”, New York, 1983.

[13] Bill Gates parla di “vaccini per ridurre la popolazione”.

https://www.warandpeace.ru/en/exclusive/view/44942/

4 marzo 2010.

[14] Coleman, D., “Il Comitato dei 300. I segreti del governo mondiale”, Mosca: Vityaz, 2005.

[15] “Il salvatore del Regno Unito propone un governo mondiale provvisorio”, RIA Novosti.

https://ria.ru/20200328/1569257083.html

28 marzo 2020.

[16] Huntington S., “The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order” (1996) è una delle opere geopolitiche più popolari degli anni Novanta. Derivata da un articolo della rivista Foreign Affairs, delinea in modo nuovo la realtà politica e la prognosi della civiltà globale. Contiene il famoso articolo di Fukuyama intitolato “La fine della storia””.

[17] A.Dugin, “Teoria di un mondo multipolare”, Mosca: Movimento Eurasiatico, 2013. – 532 с.

[18] S. Glazyev, “La svolta verso il futuro. La Russia nei nuovi modelli tecnologici ed economici mondiali”, Mosca: Book World, 2018. – 768 Le leggi di formazione e scomparsa dei poli dell’economia mondiale.

Traduzione di Costantino Ceoldo

https://kolozeg.org/patterns-of-formation-and-disappearance-of-global-economic-poles-sergey-glazyev/?fbclid=IwAR2w0MnBt0WyxScJBVxyhFjbbCwB2d3EU3IP9dy17b6Ian93y4hBfB-AfEM

Russia, Ucraina_il conflitto 43a puntata La conta, con Stefano Orsi e Max Bonelli

La realtà e la verità comincia a trasparire anche nel sistema informativo occidentale. Con esso il desiderio di uscire in qualche maniera dalla trappola nella quale si è cacciato. La resistenza dei centri decisori responsabili è, però, ostinata. Un cedimento equivarrebbe ad aprire una creda impossibile da rimarginare. Non resta che alzare ancora una volta la posta ed il livello dello scontro. Con un esercito ucraino ormai al limite delle proprie capacità, affiorano le prime notizie sulla entità reale delle perdite polacche. Un conflitto apparentemente in una fase di stallo da oltre un anno, con armi sempre più sofisticate alle quali, però, mancheranno da parte ucraina le braccia ed i cervelli necessari all’uso ottimale. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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I BRICS confermano ufficialmente di non voler de-dollarizzare e di non essere anti-occidentali _ di ANDREW KORYBKO

I BRICS confermano ufficialmente di non voler de-dollarizzare e di non essere anti-occidentali

ANDREW KORYBKO
17 AGO 2023

In parole povere, il BRICS vuole “andare sul sicuro” perché tutti i suoi membri, a parte la Russia, sono in rapporti di complessa interdipendenza economico-finanziaria con l’Occidente, che non dovrebbe reagire in modo eccessivo alle loro riforme frammentarie, dal momento che i loro stessi responsabili politici le ritengono ormai inevitabili.

Il mese scorso “L’Alt-Media è rimasto sotto shock dopo che la Banca dei BRICS ha confermato di essere conforme alle sanzioni occidentali”, e ora la comunità dell’Alt-Media (AMC) è stata colpita da altre due bombe di verità dopo che altri importanti funzionari hanno confermato che non vuole de-dollarizzare e non è anti-occidentale. All’inizio del mese il ministro delle Finanze sudafricano Enoch Godongwana ha dichiarato in un’intervista alla Reuters che il gruppo si concentra sull’espansione dell’uso delle valute nazionali piuttosto che sulla de-dollarizzazione.

Nello stesso articolo, il direttore finanziario della New Development Bank (NDB, comunemente chiamata Banca dei BRICS), Leslie Maasdorp, ha dichiarato che “la valuta operativa della banca è il dollaro per un motivo molto specifico: il dollaro statunitense è il luogo in cui si trovano le maggiori riserve di liquidità… Non si può uscire dall’universo del dollaro e operare in un universo parallelo”. La conferma ufficiale che i BRICS non vogliono de-dollarizzarsi ha portato direttamente alla successiva precisazione sul fatto che non sono anti-occidentali.

L’ambasciatore sudafricano presso i BRICS Anil Sooklal ha corretto le false percezioni sul ruolo globale dell’organizzazione in un’intervista rilasciata a Bloomberg alcuni giorni fa, in cui ha dichiarato: “C’è un’infelice narrazione che si sta sviluppando secondo cui i BRICS sono anti-occidentali, che i BRICS sono stati creati come concorrenza al G7 o al Nord globale, e questo non è corretto. Il nostro obiettivo è far avanzare l’agenda del Sud globale e costruire un’architettura globale più inclusiva, rappresentativa, giusta ed equa”.

A questo proposito, Sooklal ha anche confermato quanto affermato da Godongwana e Maasdorp all’inizio del mese, ovvero che il BRICS non ha alcun desiderio di de-dollarizzare. Secondo le parole di Sooklal, “il commercio in valute locali è fermamente all’ordine del giorno (ma) non c’è alcun punto all’ordine del giorno della de-dollarizzazione nell’agenda dei BRICS. I BRICS non chiedono la de-dollarizzazione. Il dollaro continuerà ad essere una delle principali valute globali – questa è la realtà”. Queste rivelazioni sui BRICS potrebbero comprensibilmente sconvolgere il membro medio dell’AMC.

Dopo tutto, molti di loro sono stati ingannati da influencer di primo piano che li hanno portati a pensare che questo gruppo stia complottando per infliggere un colpo mortale al dollaro per odio verso l’Occidente, ma nulla potrebbe essere più lontano dalla verità dopo ciò che i principali funzionari hanno rivelato nelle ultime tre settimane. Il Presidente della Banca BRICS Dilma Rousseff ha confermato che il gruppo rispetta le sanzioni anti-russe dell’Occidente; Godongwana, Maasdorp e Sooklal hanno confermato che il gruppo non vuole de-dollarizzarsi; e quest’ultimo ha anche confermato che non è anti-occidentale.

I BRICS possono ancora “portare avanti l’agenda del Sud globale e costruire un’architettura globale più inclusiva, rappresentativa, giusta ed equa”, esattamente come Sooklal ha chiarito che è il suo intento, nonostante i fatti “politicamente scomodi” che sono stati appena condivisi, ma sarà a un ritmo graduale, non accelerato. Qui sta il nocciolo delle percezioni errate che si hanno su di essa, che la Russia ha cercato di correggere all’inizio del mese dopo aver finalmente capito che i suoi interessi di soft power sono minacciati dalle aspettative irrealistiche dei sostenitori.

Una massa critica dell’AMC si è convinta che i BRICS fossero qualcosa che non sono, grazie a una combinazione di influencer ben intenzionati ma ingenui che spingono i loro desideri al riguardo e altri che fanno maliziosamente lo stesso per generare influenza, promuovere la loro ideologia e/o truffare. Parallelamente, alcuni dei rivali dei media mainstream (MSM) di questo campo hanno fatto allarmismo sui BRICS con l’ulteriore scopo di galvanizzare gli occidentali contro di essi, ma hanno anche esteso un falso credito alle affermazioni populiste dell’AMC.

Con il senno di poi, è facile capire perché così tante persone siano cadute nella falsa narrativa che i BRICS stiano complottando per infliggere un colpo mortale al dollaro per odio verso l’Occidente, ed è per questo che i funzionari dell’organizzazione hanno deciso di mettere le cose in chiaro nelle ultime settimane prima del prossimo vertice. Non volevano che le aspettative irrealistiche dei loro sostenitori portassero a una profonda delusione, che a sua volta li avrebbe resi suscettibili di suggerimenti ostili, né volevano spaventare l’Occidente, che avrebbe reagito in modo eccessivo.

Il primo risultato potenziale che si sarebbe potuto verificare se non fossero stati fatti i chiarimenti precedentemente menzionati rischiava di riempire i suoi sostenitori di una tale disperazione che avrebbero potuto diventare apatici nei confronti dei BRICS o forse addirittura rivoltarsi contro di essi dopo essersi sentiti ingannati. In secondo luogo, alcuni occidentali avrebbero potuto intensificare le loro campagne di pressione contro i BRICS e i suoi partner, anche attraverso ricatti, ingerenze politiche e minacce di sanzioni, al fine di bloccare il blocco sul nascere.

Dopo aver smascherato la disinformazione che è stata sparsa sulla loro organizzazione da parte dell’AMC e degli MSM, ciascuno in anticipo su agende polarmente opposte ma ancora sospettosamente basate su narrazioni praticamente identiche, i funzionari dei BRICS sono ora più fiduciosi che questi scenari peggiori possano essere scongiurati. Questo controllo della realtà fa passare la sbornia ai loro sostenitori e li prepara ad aspettarsi una transizione prolungata verso il multipolarismo, riducendo al contempo le possibilità che l’Occidente reagisca in modo eccessivo agli obiettivi del loro gruppo.

Per approfondire l’ultima osservazione, gli eventi degli ultimi diciotto mesi dall’inizio dell’operazione speciale della Russia hanno convinto l’Occidente che la transizione sistemica globale verso il multipolarismo è irreversibile, motivo per cui ora è disposto a prendere in considerazione riforme dei propri modelli egemonici. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, l’ex direttore per l’Europa e la Russia del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti Fiona Hill e il presidente di Goldman Sachs per gli affari globali Jared Cohen lo hanno suggerito lo stesso giorno a metà maggio.

Essi ritengono che l’Occidente debba impegnarsi con il Sud globale su un piano di maggiore parità, il che richiede un ridimensionamento di alcune delle sue pratiche di sfruttamento più evidenti per non perdere altri cuori e menti a favore dell’Intesa sino-russa. A tal fine, sono propensi ad accettare cambiamenti graduali del sistema finanziario globale come quelli che i funzionari dei BRICS hanno confermato di avere in mente, ma risponderanno risolutamente a qualsiasi sviluppo rivoluzionario che rischi di accelerare drasticamente questa transizione.

In poche parole, i BRICS vogliono “andare sul sicuro” perché tutti i suoi membri, a parte la Russia, sono in rapporti di complessa interdipendenza economico-finanziaria con l’Occidente, che non dovrebbe reagire in modo eccessivo alle loro riforme frammentarie, dal momento che i loro stessi responsabili politici le ritengono ormai inevitabili. Tra questi quattro membri predominano due scuole di pensiero rappresentate da Cina e India, le cui rispettive differenze di visione sono state ampiamente spiegate qui.

In breve, la Cina vuole accelerare l’internazionalizzazione dello yuan e integrare i BRICS nella Belt & Road Initiative (BRI), mentre l’India vuole dare priorità alle valute nazionali e mantenere i BRICS ufficialmente separati dalla BRI. Entrambi concordano sul fatto che le modifiche al sistema finanziario globale devono essere graduali, tuttavia, per evitare di provocare una reazione eccessiva reciprocamente dannosa da parte dell’Occidente, con il quale tutti i Paesi, ad eccezione della Russia, sono in rapporti di complessa interdipendenza.

Ognuno ha il diritto di avere la propria opinione su questa realtà appena descritta, ma i fatti che sono stati condivisi nel corso di questa analisi a sostegno delle osservazioni associate non possono essere negati. Tutti gli influencer di spicco dell’AMC che continuano a sostenere la narrazione, ormai sfatata, secondo cui i BRICS starebbero complottando per infliggere un colpo mortale al dollaro in nome dell’odio per l’Occidente, sono disonesti. Coloro che tra il loro pubblico ne sanno di più dovrebbero cortesemente effettuare un fact-checking sotto i loro post per evitare che altri vengano tratti in inganno.

https://korybko.substack.com/p/brics-officially-confirmed-that-it

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Il pattugliamento navale sino-russo vicino alle Isole Aleutine in Alaska ha ribaltato le carte in tavola per gli USA, di ANDREW KORYBKO

Il pattugliamento navale sino-russo vicino alle Isole Aleutine in Alaska ha ribaltato le carte in tavola per gli USA

ANDREW KORYBKO
10 AGO 2023

Non è stata la prima esercitazione navale congiunta, ma è la più grande finora effettuata vicino alle coste americane, il che la rende una pietra miliare.

I senatori dell’Alaska sono andati su tutte le furie dopo che la settimana scorsa Russia e Cina hanno effettuato un pattugliamento navale congiunto, mai segnalato prima, nei pressi delle Isole Aleutine. I funzionari hanno condannato quella che hanno definito un'”incursione”, anche se il Comando settentrionale degli Stati Uniti ha confermato che la pattuglia “è rimasta in acque internazionali e non è stata considerata una minaccia”. In ogni caso, si è trattato di un’interessante svolta degli eventi, dato che di solito sono gli Stati Uniti a condurre esercitazioni di questo tipo vicino ai confini di queste due nazioni.

L’Intesa sino-russa non è un’alleanza, ma piuttosto una partnership strategica senza precedenti incentrata sul coordinamento degli sforzi per accelerare la transizione sistemica globale verso il multipolarismo. A tal fine, e nel contesto dei pattugliamenti navali congiunti della scorsa settimana, queste Grandi Potenze hanno deciso di segnalare al mondo che risponderanno reciprocamente ad analoghe esercitazioni degli Stati Uniti. Finora ciascuna di esse aveva reagito separatamente, limitandosi in gran parte alla retorica, ma ora stanno reagendo congiuntamente in modo tangibile.

In questo modo sono stati raggiunti diversi interessi. In primo luogo, gli Stati Uniti sanno che l’Intesa sino-russa non è riluttante a far navigare le flottiglie il più vicino possibile alle coste americane. In secondo luogo, si sono volontariamente conformati ai termini stabiliti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) per quanto riguarda i luoghi in cui le navi da guerra straniere sono autorizzate a navigare, nonostante gli Stati Uniti non riconoscano tale struttura. In terzo luogo, questo esempio ha dimostrato il netto contrasto tra i due Paesi e gli Stati Uniti sulla questione del diritto marittimo internazionale.

Il quarto interesse che è stato portato avanti attraverso il pattugliamento navale congiunto vicino alle Isole Aleutine è che ha fatto sperimentare agli abitanti di quello Stato, e probabilmente anche agli americani altrove, come ci si sente quando i loro rivali geopolitici conducono esercitazioni di questo tipo vicino ai loro confini. Queste esercitazioni non influenzeranno la formulazione della politica statunitense, ma possono contribuire a formare l’opinione di alcuni elettori sulla saggezza delle politiche dei loro leader nei confronti della Russia e della Cina, considerando che questi due Paesi stanno semplicemente rispondendo alle mosse degli Stati Uniti.

Infine, queste esercitazioni sono rimaste al di sotto della soglia di innesco di un’escalation, dimostrando così che è davvero possibile rispondere reciprocamente alle provocazioni americane, dopo che entrambe le Grandi Potenze erano finora riluttanti a farlo. A proposito di quest’ultima osservazione, in precedenza le due potenze reagivano separatamente e si limitavano in gran parte alla retorica, tranne in quelle rare occasioni in cui venivano accusate dagli Stati Uniti di aver fatto volare o navigare le loro rispettive unità troppo vicino a quelle di quest’ultima.

Anche in questo caso, gli incidenti si sono verificati vicino ai loro confini e non a quelli degli Stati Uniti, ma questa volta hanno navigato congiuntamente con le loro navi da guerra vicino alle Isole Aleutine per dare all’America un assaggio della sua stessa medicina. Questi piani sono stati probabilmente concordati da tempo, ma non sono stati attuati fino ad ora, poiché ognuno di loro voleva dare agli Stati Uniti l’opportunità di smettere di farli sentire a disagio operando così vicino alle loro coste. La pazienza di Russia e Cina, però, si è chiaramente esaurita e per questo motivo stanno reagendo congiuntamente.

Questa non è stata la prima esercitazione navale congiunta, ma è la più grande finora effettuata vicino alle coste americane, il che la rende una pietra miliare. I media mainstream cercheranno prevedibilmente di far passare il tutto come una cosiddetta “aggressione illegale non provocata”, nonostante i due Paesi si siano attenuti rigorosamente al diritto internazionale secondo l’UNCLOS e abbiano effettuato le loro esercitazioni in risposta alle precedenti innumerevoli esercitazioni degli Stati Uniti vicino ai loro confini. Ribaltando finalmente la situazione con gli Stati Uniti, l’Intesa sino-russa vuole dimostrare al mondo che l’era dell’unipolarismo militare è finita.

https://korybko.substack.com/p/the-sino-russo-naval-patrol-near?utm_source=post-email-title&publication_id=835783&post_id=135887193&isFreemail=true&utm_medium=email

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L’AMERICANIZZAZIONE DEL TERRITORIO (appunti per una riflessione), di Luigi Longo

Riproponiamo un articolo di Luigi Longo già apparso nel 2017 sul sito, ma ancora attuale alla luce di quanto sta emergendo sulla politica delle infrastrutture portata avanti dal governo italiano. Giuseppe Germinario

L’AMERICANIZZAZIONE DEL TERRITORIO

(appunti per una riflessione)

di Luigi Longo

Gli Stati Uniti appaiono, nel mondo di oggi, una realtà onnipresente: non solo essi sono una delle superpotenze da cui dipende l’avvenire dell’umanità (e, invero, data la terrificante capacità distruttiva delle

armi moderne, la sua stessa esistenza): ma le teorie scientifiche, i processi tecnologici, i condizionamenti culturali, i modelli di comportamento americani penetrano, per il bene come per il male, tutta la nostra vita, influenzandola assai più di quanto comunemente non appaia.

Raimondo Luraghi

In questo dopoguerra non si capisce più niente, questi americani hanno cambiato tutto […] questi americani ne combinano di tutti i colori.

Antonio de Curtis (Totò)

[…] non c’è speranza di poter sopprimere le tendenze aggressive degli uomini. Si dice che in contrade felici, dove la natura offre in abbondanza tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno, vivono popoli la cui vita si svolge nella mitezza presso cui la coercizione e l’aggressione

sono sconosciute. Posso a stento crederci; mi piacerebbe saperne di più, su questi popoli felici. Anche i bolscevichi sperano di riuscire a far scomparire l’aggressività umana, garantendo il soddisfacimento dei bisogni materiali e stabilendo l’uguaglianza sotto tutti gli altri aspetti tra i membri delle comunità. Io la ritengo una illusione. Intanto, essi sono diligentemente armati, e fra i modi con cui tengono uniti i loro seguaci non ultimo è il ricorso all’odio contro tutti gli stranieri. D’altronde non si tratta, come Ella stessa [ Einstein, mia precisazione] osserva, di abolire completamente l’aggressività umana; si può cercare di deviarla al punto che non debba trovare espressione nella guerra.[…] finché gli Stati e nazioni pronti ad annientare senza pietà altri Stati e altre nazioni, questi sono necessitati a prepararsi alla guerra.

Sigmund Freud1

1.Una strategia d’attacco. Questo scritto vuole ragionare sul fatto che gli Stati Uniti d’America (USA) stanno sviluppando una strategia d’attacco per bloccare il loro declino di potenza mondiale egemonica e fermare il consolidamento di nuove potenze mondiali (Russia e Cina, in particolare). Così afferma Zbigniew Brzezinski “Nel sistema unipolare ereditato dagli Stati Uniti dopo la fine della guerra fredda, le decisioni prese a Washington determinavano  l’agenda internazionale, dopo 23 anni il contesto è cambiato e quel sistema oggi è giunto alla fine e non potrà più ristabilirsi per tutto il tempo che sarà destinato alla prossima generazione […] Nelle attuali condizioni nessuna delle superpotenze può ottenere l’egemonia mondiale, motivo per il quale gli USA devono scegliere meglio i conflitti ai quali partecipare, visto che le conseguenze di un errore potrebbero essere devastanti […] per gli Stati Uniti è arrivato il momento di comprendere che il mondo contemporaneo risulta molto più complicato ed anarchico di quanto lo fosse negli ultimi anni della guerra fredda, tanto che l’accentuazione dei nostri valori così come la convinzione della nostra eccezionalità  e l’universalismo, sono da considerare quanto meno prematuri da un punto di vista storico”.2

La strategia d’attacco è a tutto mondo3 con particolare riguardo alla Russia che è ancora la seconda potenza militare mondiale e detiene un buon arsenale militare (soprattutto nucleare) risultato della corsa agli armamenti dell’ex URSS, la potenza mondiale dell’altro ex campo del << socialismo irrealizzato>>.

L’Europa (senza distinguere l’Europa come regione geografica comunemente considerata un continente, dall’Unione europea che comprende 28 paesi membri, da quella dell’eurozona che è l’insieme di 18 stati membri dell’Unione europea che hanno adottato l’euro come valuta ufficiale) assume un ruolo fondante per le strategie americane di penetrazione nei territori del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Est4.

L’Italia, in particolare, svolge una duplice funzione – verso i territori del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Est – sia per quanto riguarda la sua posizione geografica e il suo territorio occupato da basi strategiche USA e USA-NATO5, sia per quanto concerne il suo ruolo di contrasto nell’Unione Europea6 per qualsiasi serio tentativo di costruzione di una minima politica di autonomia7. E’ bene ricordare che non esiste una Europa di nazioni fondate da popoli che si autodeterminano ma di fatto l’Europa si configura come uno spazio geografico incardinato sugli USA e i tatticismi di alleanze di fase, come potrebbe essere il tentativo della costruzione di un asse sostanzialmente geo-economico più che geo-politico tra Parigi-Berlino-Mosca8, lo stanno a dimostrare.

E’ a partire da questa riflessione che leggerò il processo di americanizzazione del territorio italiano ed europeo come l’elemento fondante e strategico della politica egemonica9 americana che pervade anche i territori delle ri-nascenti potenze mondiali, come per esempio la Cina che, per dirla con David Harvey,<< In qualche modo […] imita quello del secondo dopoguerra negli Stati uniti, in cui il sistema di autostrade interstatali, che ha integrato il nord e il sud, e lo sviluppo delle periferie hanno svolto un ruolo cruciale nel sostenere insieme l’occupazione e l’accumulazione capitalistica[…] Anche la strategia degli investimenti in Cina rischia di avviare un percorso parimenti creatore di diseguaglianza. Un treno ad alta velocità fra Shangai e Pechino serve alla comunità degli affari e alla borghesia medio-alta, ma non rappresenta un sistema di trasporto economico che possa riportare a casa per il capodanno cinese i lavoratori provenienti dalle campagne (e non solo, mia precisazione). Allo stesso modo, grattacieli a uso abitativo, comunità recintate, campi da golf per i ricchi e centri commerciali di lusso non aiutano certo a ricostituire una vita quotidiana dignitosa per le masse impoverite.>>10

Gli USA sono una nazione con un forte potere politico, economico, scientifico – tecnologico e culturale ( sono i “quattro settori decisivi del potere mondiale”); hanno l’egemonia in tutte le istituzioni mondiali (le agenzie della governance mondiale: FMI, Banca mondiale, WTO, Nato, eccetera)11; detengono una indiscutibile supremazia militare mondiale12 con la quale creano “desolazione e la chiamano pace”; posseggono una agguerrita e spregiudicata classe dirigente dominante ( gli agenti strategici) figlia di quel grande evento che fu la Guerra civile che << […] era stata un fenomeno importantissimo sì, ma non solo americano. La sua portata mondiale nacque dal fatto che essa fu la prima guerra “industriale” dell’età contemporanea, il prodromo mal studiato e incompreso dei due conflitti mondiali in cui naufragò quel“ mondo di nazioni” la cui comparsa aveva segnato l’inizio dell’età moderna.>>13; nutrono la convinzione di espandere la pace, la democrazia e la libertà nel mondo ed hanno <<[…] l’arroganza di essere il portatore di una civiltà superiore garantita addirittura da un mandato divino che legittima con la sua elezione inverificabile questa pretesa di superiorità.>>14.

La ramificazione e l’innervamento mondiale del modello economico, sociale, politico, culturale e ideologico degli USA creano enormi vantaggi strategici e di posizionamento nella fase multipolare (lentamente avviata) e nella fase policentrica (nelle accezioni lagrassiane) per la sua ri-affermazione, con un nuovo modello sociale e territoriale scaturito dall’ordine del caos15, a potenza egemone mondiale.

2. La prepotenza americana. Nel 1934 così scriveva Antonio Gramsci:<< Ma il problema non è se in America esista una nuova civiltà, una nuova cultura, sia pure ancora allo stato di << faro >> e se esse stiano invadendo o abbiano già invaso l’Europa: se il problema dovesse porsi così, la risposta sarebbe facile: no, non esiste ecc., e anzi in America non si fa che rimasticare la vecchia cultura europea. Il problema è questo: se l’America, col peso implacabile della sua produzione economica (e cioè indirettamente) costringerà o sta costringendo l’Europa a un rivolgimento della sua assise economico-sociale troppo antiquata, che sarebbe avvenuto lo stesso, ma con ritmo lento e che immediatamente si presenta invece come un contraccolpo della << prepotenza >> americana, se cioè si sta verificando una trasformazione delle basi materiali della civiltà europea, cioè a lungo andare (e non molto lungo, perché nel periodo attuale tutto è più rapido che nei periodi passati) porterà a un travolgimento della forma di civiltà esistente e alla forzata nascita di una nuova civiltà [ corsivo mio].

Gli elementi di << nuova cultura >> e di << nuovo modo di vita >> che oggi si diffondono sotto l’etichetta americana, sono appena i primi tentativi a tastoni, dovuti non già a un << ordine >> che nasce da una nuova assise, che ancora non si è formata, ma all’iniziativa superficiale e scimmiesca degli elementi che incominciano a sentirsi socialmente spostati dall’operare (ancora distruttivo e dissolutivo) della nuova assise in formazione. Ciò che oggi viene chiamato << americanismo >> è in gran parte la critica preventiva dei vecchi strati che dal possibile nuovo ordine saranno appunto schiacciati e che sono già preda di un’ondata di panico sociale, di dissoluzione, di disperazione, è un tentativo di reazione incosciente di chi è impotente a ricostruire e fa leva sugli aspetti negativi del rivolgimento. Non è dai gruppi sociali<< condannati >> dal nuovo ordine che si può attendere la ricostruzione, ma da quelli che stanno creando, per imposizione e con la propria sofferenza, le basi materiali di questo nuovo ordine: essi << devono >> trovare il sistema di vita << originale >> e non di marca americana, per far diventare << libertà >> ciò che oggi è << necessità [corsivo mio] >> >>16

Ho riportato questo passo dell’”Americanismo e Fordismo” di Antonio Gramsci perché rappresenta, letto con gli occhiali del lagrassiano conflitto strategico, una visione d’insieme degli agenti strategici egemonici delle diverse sfere della società a modo di produzione capitalistico americana; Antonio Gramsci già vedeva gli USA come la potenza mondiale che con la sua egemonia avrebbe modellato la vita sociale complessiva dell’occidente capitalistico; oggi, possiamo storicamente affermare che essi sono la potenza mondiale vincitrice dello scontro con il blocco cosiddetto comunista rappresentato dall’ex URSS; ma l’illusione di essere diventati l’unica potenza mondiale egemonica è durata quasi un decennio, per gli strateghi dell’“arte criminale” degli agenti dominanti che hanno espresso presidenti come Bill Clinton e George W. Bush.

Il passo surriportato supera la logica economicistica che lo stesso Antonio Gramsci fa poco prima nel descrivere le trasformazioni territoriali ( città e campagna) funzionali al sistema produttivo fordista << […] è stato relativamente facile razionalizzare la produzione e il lavoro, combinando abilmente la forza (distruzione del sindacalismo operaio a base territoriale) con la persuasione (alti salari, benefizi sociali diversi, propaganda ideologica e politica abilissima) e ottenendo di imperniare tutta la vita del paese sulla produzione. L’egemonia nasce dalla fabbrica e non ha bisogno per esercitarsi che di una quantità minima di intermediari professionali della politica e dell’ideologia >>17

Secondo me occorre ripartire da questo salto gramsciano-lagrassiano per capire il processo di americanizzazione del territorio. Occorre, cioè, una visione dell’insieme della società americana( a partire dalla interpretazione che il grande americanista, Raimondo Luraghi, dà della guerra civile americana come “la prima guerra “industriale” dell’età contemporanea”) che, attraverso i suoi agenti strategici dominanti, è riuscita a modellare un nuovo sistema sociale egemonico a livello mondiale (un sistema che per carenza di ricerca teorica, pratica e pratica teorica e politica multidisciplinare, continuiamo a chiamare capitalismo18) attraverso l’”arte criminale” della forza ( due guerre mondiali, una guerra fredda e una strategia d’attacco a tutto mondo) e della persuasione, per dirla con l’autore del saggio anonimo pubblicato a Canton nel 1836, perchè << […] al momento non c’è probabilmente criterio più infallibile del grado di civiltà e progresso delle società dell’abilità che ciascuna di esse ha raggiunto nell’”arte criminale”, la perfezione e la varietà dei loro mezzi per la reciproca distruzione e la perizia con cui hanno imparato a usarli >>19

Voglio dire che il suddetto salto apre a re-interpretazioni nuove riguardanti lo sviluppo economico, sociale e territoriale dell’Europa, in generale, e, in particolare, dell’Italia, soprattutto se inquadrate nelle diverse fasi del sistema mondiale capitalistico ( monocentrico, multipolare, policentrico) che sono state lette prevalentemente in una logica economico-sociale20 che privilegiava gli aspetti della produzione, riproduzione e ristrutturazione dei processi produttivi capitalistici ( taylorismo, fordismo, informatizzazione) dove il profitto è letto come l’obiettivo fondante e prioritario con le sue conseguenze sul territorio inteso come spazio omogeneo e vuoto21; nel salto gramsciano-lagrassiano, invece, il sistema sociale d’insieme è interpretato come il conflitto politico, prevalentemente tra agenti strategici pre-dominanti e sub-dominanti, nelle diverse sfere22 che compongono la società tutta, per il potere-dominio e non il profitto che resta fondante ma non prioritario23 per gli stessi agenti che gestiscono, attraverso le articolazioni dei luoghi istituzionali (flessibili o statici), in una situazione di equilibrio dinamico, la società a tutti i livelli ( nazionale e mondiale) con conseguenze sul territorio, inteso come interconnessione tra le relazioni sociali storicamente date e le relazioni naturali; in questo senso i territori sono visti nell’insieme della loro storia economica, politica, sociale e culturale. Le istituzioni (senza proporre qui un’analisi sulla creazione delle istituzioni24) sono i luoghi pubblici territoriali, con diversi pesi gestionali e decisionali, dove materialmente i decisori strategici egemonici realizzano i loro indirizzi di dominio. Le istituzioni sono parti integranti delle strategie dei gruppi dominanti non luoghi esterni alle strategie degli agenti strategici. Con questo non voglio dire che le decisioni strategiche dei gruppi dominanti vengono presi solo nei luoghi istituzionali, esse vengono prese anche nei luoghi esterni. Ma è nei luoghi istituzionali che si esplica prevalentemente il potere egemonico << […] la supremazia di un gruppo sociale si manifesta in due modi, come “dominio” e come “direzione intellettuale e morale”. Un gruppo sociale è dominante dei gruppi avversari che tende a “liquidare” o a sottomettere anche con la forza armata ed è dirigente dei gruppi affini e alleati. Un gruppo sociale può e anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo (è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere); dopo, quando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa dominante ma deve continuare ad essere anche “dirigente”>>25. I luoghi pubblici, i luoghi dell’interesse generale, i luoghi delle istituzioni ramificate territorialmente, i luoghi dello Stato, sono luoghi dove ideologicamente (nell’accezione negativa del termine) si espleta la politica dell’interesse generale del Paese26. Il velo dell’interesse generale nasconde i reali interessi del blocco sociale egemone, formato dalla sintesi unitaria degli agenti strategici delle varie sfere sociali, che esplica il dominio sulla società in una condizione di equilibrio dinamico. Così parlò il Re di Brobdingnag a Gulliver << Avete dimostrato con molta chiarezza che quello che si richiede a un vostro legislatore è una buona dose di ignoranza, pigrizia e vizio. Che le vostre leggi sono spiegate, interpretate e applicate da coloro che hanno l’interesse e l’abilità di pervertirle, confonderle, eluderle. Vedo, sì, nella vostra costituzione, qualche aspetto che poteva essere tollerabile, ma ormai è quasi cancellato e la corruzione ha macchiato e deturpato tutto il rimanente >>27.

Le trasformazioni territoriali entrano nei disegni di supremazia degli agenti strategici delle potenze mondiali dominanti ed emergenti e il loro uso si diversifica, assume aspetti prioritari a seconda delle strategie di dominio della fase complessiva mondiale28, non dimenticando che<< la continua ridefinizione del paesaggio geografico del capitalismo è un processo violento e doloroso >>29. Intendo dire che nella fase monocentrica mondiale, quando c’è un coordinamento sia pure non perfetto (non è un teorema geometrico!) di una potenza mondiale, le sfere politico-istituzionale-economico-territoriale, dove agisce la sintesi politica degli agenti dominanti che crea egemonia nel sistema sociale prevalentemente attraverso il consenso, possono essere il fascio di luce che illumina le altre sfere ( per usare una metafora marxiana); mentre nelle fasi multipolare e policentrica, dove la potenza mondiale egemonica è in declino ed emergono altre potenze emergenti, le sfere politico-istituzionale-militare-territoriale, dove agisce la sintesi politica degli agenti dominanti che crea egemonia nel sistema sociale prevalentemente attraverso la forza, possono assumere il ruolo decisivo che pianifica e coordina le altre sfere.

3. L’americanizzazione del territorio europeo e italiano. I segni del processo di americanizzazione del territorio, sia europeo, sia italiano, intesi come conseguenza della egemonia del modello sociale americano, che si ramifica in maniera profonda dopo il secondo conflitto mondiale (fine della fase policentrica), con la ricostruzione e il conseguente sviluppo economico e sociale dei Paesi (fase monocentrica), possono essere così delineati per comodità di sintesi:

  • La perdita della impalcatura urbana e territoriale europea.

  • Lo sviluppo quantitativo della città e del territorio (la cultura quantitativa del territorio, la città diffusa, la città infinita, la ruralizzazione delle città, eccetera).

  • Il declino della città e del territorio come patrimonio sociale.

  • Le città e i territori della sicurezza e del controllo.

  • Il progetto di realizzazione del Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP, Transatlantic trade and investment partnership).

  • La militarizzazione delle città e dei territori.

Tratterò brevemente gli ultimi due segni su evidenziati perché li ritengo prioritari in questa fase sociale europea e italiana che vede un aumento di temperatura della fase multipolare per le strategie di attacco degli USA – soprattutto via Siria e Ucraina – nei riguardi della Russia.

Premetto due brevi considerazioni, una storica per comprendere la nascita della potenza mondiale americana; l’altra territoriale per capire la costruzione della sovranità europea.

La prima. L’americanizzazione del territorio europeo e italiano è un processo che inizia con la dottrina di Monroe30, cioè l’alt dato alle potenze europee di interessarsi al continente America, ovviamente negli interessi degli Stati Uniti e non dell’autodeterminazione dei popoli, e si consolida con la guerra civile americana31, che rappresenta per gli USA la svolta che permetterà loro sia di divenire una potenza mondiale, sia di operare una de-europeizzazione del territorio americano che consentirà la costruzione e la riorganizzazione del territorio (città e campagna), a partire da una propria identità, progettualità, disegno e visione32.

La seconda. La città e il territorio europeo e italiano devono essere oggetto di un processo di de-americanizzazione33 a partire da un progetto di sovranità su cui innestare una strategia di relazioni sociali altre, cioè, <<[…] trovare il sistema di vita << originale >> e non di marca americana, per far diventare << libertà >> ciò che oggi è << necessità >> >>.

3.1 TTIP. Il TTIP sarebbe un’immensa zona di libero scambio, corrispondente ad un mercato di più di 800 milioni di consumatori, alla metà del PIL mondiale ed al 40% degli scambi mondiali. Le conseguenze della realizzazione del TTIP sono devastanti sia dal punto di vista economico e sociale (libertà di azione delle multinazionali, ridimensionamento e ristrutturazione delle aziende agricole, peggioramento delle politiche del lavoro e delle politiche sociali, peggioramento delle condizioni ambientali, allineamento delle norme europee alle norme americane, eccetera), sia dal punto di vista territoriale (ridisegno del territorio rurale con conseguenza sul territorio urbano, sul paesaggio, eccetera)34. Di fatto il TTIP ha l’obiettivo di creare un mercato comune <<[…] che dia nuovo impulso alle due sponde dell’Atlantico[…] sembra però [non funzionare perchè] le stime più ottimiste fornite dall’Eurostat, [indicano] per l’Europa un aumento del PIL solamente dello 0.5% mentre per gli Stati Uniti 0,4%. Le stime risultano modeste per un progetto così ambizioso e ciò è dovuto al fatto che i rapporti commerciali tra UE e USA sono già in uno stato avanzato >>35.

In sintesi <<[…] questo trattato, se approvato secondo le intenzioni delle Tnc ( multinazionali trans-nazionali, mia precisazione), includerà modifiche ai regolamenti riguardanti la sicurezza dei prodotti alimentari, prodotti farmaceutici, prodotti chimici, ecc; stabilità finanziaria (libertà per gli investitori di trasferire i loro capitali senza preavviso); nuove proposte fiscali, come la finanziaria tassa sulle transazioni; sicurezza ambientale (ad esempio il diritto di imporre norme più rigorose sulle industrie inquinanti) e così via. I governi non potranno privilegiare operatori nazionali in rapporto a quelli stranieri per i contratti di appalto (una parte significativa di ogni economia moderna). Il processo negoziale si terrà a porte chiuse, senza il controllo dei cittadini>>36.

La strategia geo-economica e geo-politica degli USA, attraverso la creazione di una istituzione internazionale qual è il TTIP, mira a formare una grande area economica, che ingloba anche11 paesi che affacciano sul lato del pacifico (Messico, Canada, Cile, Perù, Giappone, Australia, Malesia, Singapore, Vietnam, Nuova Zelanda e Brunei) attraverso il TPP (Transpacific Patrnership), per contrastare sia il costruendo asse geo-politico ed economico tra la Cina e la Russia (come futuro epicentro degli equilibri mediorientali ed asiatici) sia per limitare le nuove potenze del Sud ( India, Brasile) e le macro areee regionali economiche ( come per esempio l’area Mercosur in America Latina).

La questione grave è la ulteriore perdita di sovranità degli Stati che compongono la UE (non esiste una Europa politica e militarmente autonoma) in favore degli agenti strategici americani e del declino definitivo di una possibile costruzione di politica europea autonoma capace di agevolare la costruzione di un mondo multipolare come soggetto di relazione sia con l’Occidente sia con l’Oriente. E’ lo smantellamento della << […] Unione Europea a vantaggio di un’unione economica intercontinentale, cioè relegare definitivamente l’Europa ad un grande insieme << oceanico>> separandola dalla sua parte orientale e da qualsiasi legame con la Russia.>>37.

Credo che sia ancora parzialmente valida la riflessione di Costanzo Preve quando affermava che << Per poter perseguire la prospettiva politica, culturale e geopolitica di un’alleanza strategica fra i continenti europeo ed asiatico contro l’egemonismo imperiale americano, prospettiva che ha come presupposto una certa idea di Europa militarmente autonoma dagli USA e dal loro barbaro dominio, bisogna prima (sottolineo: prima) sconfiggere questa Europa, neoliberale (e quindi oligarchica) in economia ed euroatlantica (e quindi asservita) in politica e diplomazia. Senza sconfiggere prima questa Europa non solo non esiste eurasiatismo possibile, ma non esiste neppure un vero europeismo possibile >>38. La parzialità è data dalla mancanza dei soggetti portatori di un progetto per una Europa autodeterminata sia all’interno degli agenti strategici dei dominanti sia all’interno degli agenti strategici dei dominati che vogliono un mondo multipolare fondata sulla maggioranza dei popoli39.

3.2 La militarizzazione delle città e dei territori. Non nascondo che faccio fatica ad immaginare una Europa che si autodetermina avendo sul suo territorio una miriade di basi militari NATO e NATO-USA (la Germania ne ha 70, l’Italia ne ha 111; sono dati da aggiornare ed escludono quelle che non si sanno)40. E’ fuori dubbio che gli USA sono egemoni nella NATO non fosse altro perchè è la potenza mondiale che spende in armamenti più della metà degli interi Stati mondiali (900 miliardi di dollari annui), e il suo presidente Barack Obama ha fatto sapere, in queste giornate europee, che<< […] «aerei Nato pattugliano i cieli del Baltico, abbiamo rafforzato la nostra presenza in Polonia e siamo pronti a fare di più». Andando avanti in questa direzione, avverte, «ogni stato membro della Nato deve accrescere il proprio impegno e assumersi il proprio carico, mostrando la volontà politica di investire nella nostra difesa collettiva». Tale volontà è stata sicuramente confermata a Obama da Napolitano e Renzi. Il carico, come al solito, se lo addosseranno i lavoratori italiani41>>. Così come è fuori dubbio che le strategie americane di politica estera, che ricalcano il vecchio retaggio da guerra fredda che impone supremazia militare ed economica e strategie regionali tese a proteggere incondizionatamente i Paesi alleati42, porteranno, mano mano che avanzerà la fase multipolare, ad una militarizzazione delle città e dei territori europei che esprime capacità militare, capacità di sicurezza e di controllo, capacità economica in funzione prevalentemente anti Russia. Non è un caso che la NATO non fu abolita una volta imploso il vecchio nemico “comunista”, ma fu rifondata probabilmente per meglio prepararsi ad un cambio di politica estera fondata sugli USA come unica potenza mondiale egemone: la nazione “eccezionale” universale. Oggi, per fortuna mondiale, non è così. La fase multipolare si va delineando e le strategie di politica estera americane fanno fatica a confrontarsi con le nascenti potenze mondiali (soprattutto Russia e Cina).

Ho già trattato, nei miei precedenti scritti, la infrastrutturazione del territorio europeo in funzione della Nato (l’intervento sulla TAV) e le città NATO (i due interventi sull’Ilva di Taranto). Voglio qui aggiungere una riflessione che riguarda la nuova polizia continentale con ampi poteri, l’Eurogendfor, istituita con il Trattato di Velsen (Olanda) e approvata all’unanimità dalla Camera e dal Senato all’assemblea di Montecitorio del 14 maggio 2010 (legge n.84 il “Trattato di Velsen”). Per indicare i caratteri principali del Trattato di Velsen riporterò i seguenti passi dell’articolo di Matteo Luca Andriola:<< […] la Forza di gendarmeria europea (European Gendarmerie Force), conosciuta come Eurogendfor o Egf, che viene ora a proporsi come il primo corpo poliziesco-militare dell’Unione Europea, a cui partecipano cinque nazioni, cioè l’Italia, la Francia, l’Olanda, la Spagna e il Portogallo ai quali, in seguito, si è pure aggiunta la Romania, un’istituzione, quindi, con valenza sovranazionale.[…] Fra il 2006 e il 2007 il processo di genesi dell’Eurogendfor fa passi da gigante: il 23 gennaio 2006 viene inaugurato il quartier generale a Vicenza, la stessa città dove ha sede il Camp Ederle delle truppe Usa, divenendo operativa a tutti gli effetti, mentre il 18 ottobre 2007 viene firmato il trattato di Velsen, sempre in Olanda […]All’art. 3 si legge che «la forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal Quartier Generale permanente multinazionale, modulare e proiettabile con sede a Vicenza (Italia). Il ruolo e la struttura del QG permanente, nonché il suo coinvolgimento nelle operazioni saranno approvati dal CIMIN – ovvero – l’Alto Comitato Interministeriale. Costituisce l’organo decisionale che governa EUROGENDFOR». Questa nuova “super-polizia” è, recita l’art. 1 del Trattato, «una Forza di Gendarmeria Europea operativa, pre-organizzata, forte e spiegabile in tempi rapidi al fine di eseguire tutti i compiti di polizia nell’ambito delle operazioni di gestione delle crisi», al servizio, non tanto dei cittadini dell’Ue o degli Stati firmatari del Trattato (le “Parti”), ma, sostiene l’art. 5, sarà «messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche». Quindi un’Arma che può essere a disposizione degli Stati Uniti, dato che la Nato è, a tutt’oggi, il braccio armato di Washington in Occidente[…] Colpisce, inoltre, il fatto che l’European gendarmerie force goda di una completa immunità internazionale. L’art. 4, recita che l’«EGF potrà essere utilizzato al fine di: condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici; formare gli operatori di polizia secondo gli standard internazionali: formare gli istruttori, in particolare attraverso programmi di cooperazione»[…] A quali casi si fa riferimento nel trattato di Velsen? A quelli inquadrati «nel quadro della dichiarazione di Petersberg». Cioè? A Petersberg, nei pressi di Bonn, si riunì il 9 giugno 1992 il Consiglio ministeriale della Ueo che approvò una Dichiarazione che individuava una serie di compiti precedentemente attribuiti all’Ue o da assegnare all’Unione europea, cioè le cosiddette «missioni di Petersberg», cioè le “missioni umanitarie” o di evacuazione, missioni intese cioè al mantenimento dell’ordine pubblico, nonché operazioni costituite da forze di combattimento per la gestione di crisi, ivi comprese operazioni di ripristino della pace. Ergo, oltre all’intervento in caso di catastrofe naturale, l’Eurogendfor può intervenire per sedare delle manifestazioni in assetto da «forze di combattimento» >>43.

Questa nuova istituzione europea di polizia continentale, che fa capo alla NATO, di controllo e sicurezza territoriale, con sede in una città NATO simbolo come Vicenza, trova comprensione in tre direzioni da approfondire: 1. Il ruolo della NATO che non è un ruolo direttamente militare (viene sempre più velato) ma economico, di sviluppo di territori, di sicurezza, di controllo, di penetrazione e di ampliamento di territori in funzione di contrasto delle potenze mondiali emergenti, soprattutto la Russia; 2. La perdita della peculiarità territoriale (di città e di territori) europea trova nel modello sociale e territoriale egemonico americano, direttamente e indirettamente tramite l’egemonia nelle istituzioni internazionali, una delle cause fondamentali del suo declino e della sua specificità storica:<< L’Europa si formò con l’emigrazione, l’America con la conquista. Per usare il linguaggio dei geologi, diremo che quella procede da alluvione e questa da azione vulcanica. E’ questo un primo tratto che differenzia la vita europea dall’americana.

Eccone un altro: la civiltà dell’America fu un’opera di governo, un’impresa di Stato, un grande atto amministrativo; quella dell’Europa un’opera anonima, popolare, senza azione legislativa […] Ogni civiltà ha un’opera genuina che è la città. La città è la sintesi di una civiltà, il gesto o il ritmo che traduce la sua anima. Atene è la Grecia, come Roma è l’Impero, Firenze è il Rinascimento, Siviglia è l’anima spagnuola (New York è la modernità:” tutto ciò che è di solido, si dissolve nell’aria”, mia aggiunta)44 >>45; 3.La politica di coesione e la cooperazione territoriale europea è funzionale alla strategia americana per aprire varchi ad Est risucchiando sempre più territori dalla sfera di influenza Russa (ultimo caso: l’Ucraina).

Un esempio: si dice che << Una pluralità di questioni è associata alla coesione territoriale: il coordinamento delle politiche in regioni estese come quella del Mar Baltico, il miglioramento delle condizioni lungo le frontiere esterne orientali, la promozione di città sostenibili e competitive a livello mondiale, la lotta all’emarginazione sociale in alcune parti di regioni più ampie e nei quartieri urbani sfavoriti, il miglioramento dell’accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria e all’energia in regioni remote e le difficoltà di alcune regioni che presentano determinate caratteristiche geografiche.[…] Il modello di insediamento europeo è unico. In Europa sono sparse circa 5 000 città piccole e quasi 1 000 città grandi, che fungono da centri di attività economica, sociale e culturale. In questa rete urbana relativamente densa le città molto grandi sono però poche. Nell’UE solo il 7% delle persone abita in città con oltre 5 milioni di abitanti, rispetto al 25% negli USA, e solo 5 città europee sono annoverate fra le 100 più grandi città del mondo.

Questo modello di insediamento contribuisce alla qualità della vita nell’UE, sia per gli abitanti delle città, che sono vicini alle zone rurali, sia per i residenti delle zone rurali, che beneficiano della prossimità dei servizi. È inoltre un modello più efficiente dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse in quanto evita le diseconomie dei grandi agglomerati e l’elevato uso di energia e di terre che caratterizzano l’espansione urbana; tali diseconomie assumeranno dimensioni ancora più preoccupanti con il progredire dei cambiamenti climatici e l’adozione di misure per adeguarvisi o per contrastarli >>46, questo modello così delineato cosa ha a che fare con il TTIP che è la distruzione delle aree rurali e la creazione di squilibri territoriali europei? Cosa ha a che fare con la realtà urbana e territoriale sempre più modellata su quella americana?47

Concludo con le parole del Re di Brobdingnag che sosteneva come <<[…] gli inglesi ( oggi, gli americani, mio aggiornamento) siano la più pericolosa razza di schifosi vermiciattoli cui la natura abbia concesso di strisciare sulla faccia della terra >>48.

Fonte: La foto è tratta dalla copertina del libro: Nico Perrone, Progetto di un impero 1823.L’annuncio dell’egemonia americana infiamma le borse, La Città del Sole, 2013, Napoli.

1 Le citazioni scelte come epigrafi sono tratte da: Raimondo Luraghi, Gli Stati Uniti, Utet, Nuova storia universale dei popoli e delle civiltà, volume sedicesimo, Torino, 1974, pag. XXI; Film: Totò, Fabrizi e i giovani di oggi, 1960; Sigmund Freud, Perché la guerra?. Carteggio con Albert Einstein, La città del sole, Napoli, 1996, pp. 24-25-28.

2 Le affermazioni di Zbigniew Brzezinski sono tratte da Luciano Lago, Zbigniew Brzezinski: L’egemonia degli USA ha i giorni contati, 2013, www.stampalibera.com. Sul declino degli USA valga per tutti il rimando a Giovanni Arrighi, Il lungo XX secolo, il Saggiatore, Milano, 1996; Giovanni Arrighi, Beverly J. Silver, Caos e governo del mondo. Come cambiano le egemonie e gli equilibri planetari, Mondadori, Milano, 1999; Gianfranco La Grassa, Finanza e poteri, Manifestolibri, Roma, 2008; Gianfranco La Grassa, Andrò girovagando, ma per favore seguitemi, quattro puntate, 2013 e Gianfranco La Grassa, Sommarie riflessioni sulla crisi, tre parti ( la prospettiva più tradizionale ( economicistica), un ripensamento complessivo, conclusione:la crisi dipende dalla politica), 2013, in www.conflittiestrategie.it.

3 << Nei periodi oramai passati della precedente amministrazione Bush, le Forze Speciali USA erano precedentemente dislocate in ben 60 nazioni sparse per il mondo, nel 2010, secondo Karen DeYoung e Greg Jaffe del Washington Post, questo numero si era gonfiato fino a 75. Per arrivare poi nel 2011, quando il portavoce del Comando Operazioni Speciali (SOCOM) Colonello Tim Nye ne annunciò che la presenza si sarebbe allargata a 120 nazioni. Questa cifra oggi è già obsoleta. Nel 2013, le forze d’Elite USA erano dislocate in 134 paesi [ su 194 stati generalmente riconosciuti sovrani a livello internazionale, mia osservazione ] , secondo il colonnello Robert Bockholt dell’Ufficio Relazioni della SOCOM (Comando Operazioni Speciali). Questo aumento del 123% durante l’amministrazione Obama dimostra come, in aggiunta ai conflitti decennali convenzionali ,alla campagna dei droni svolta dalla CIA, alla diplomazia e all’esteso controllo della cybersfera, l’America ha lanciato un ulteriore forma significante di controllo nei paesi esteri >> in Nick Turse, La guerra segreta delle forze USA in 134 paesi, 05/02/2014, www.comedonchisciotte.org.

4 Per restare agli ultimi eventi si rifletta sul ruolo di testa di ponte euroasiatica che svolge l’Europa ( in particolare la Francia e la Germania) nelle strategie USA ( via NATO) nella crisi della Siria e dell’Ucraina e nel progetto di realizzazione del Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP, Transatlantic trade and investment partnership) che modella sempre più i capitalismi europei sul capitalismo della superpotenza mondiale americana separando sempre di più l’Europa dall’Oriente, riducendo i legami con la Russia e la Cina. Due potenze mondiali che vanno contenute sia applicando un potere forte dove prevale la sfera politico-militare ( la strategia di Zbigniew Brzezinshi per la Russia) sia applicando un potere flessibile dove prevale la sfera politico-economica (la strategia di Henry Kissinger per la Cina). Per approfondimenti si rimanda a Zbigniew Brzezinshi, La grande scacchiera, Longanesi, Milano, 1998; Henry Kissinger, Cina, Mondadori, Milano, 2011; Franco Cardini, A proposito del cosiddetto “imperialismo russo” ( e della corta memoria dei suoi stigmatizza tori), 9 marzo 2014, www.francocardini.net; Gianfranco La Grassa, Quali possibilità ancora ci si offrono?, 11 marzo 2014, www.conflittiestrategie.it; Geab83, Crisi sistemica globale, 17 marzo 2014, www.comedonchisciotte.org; Ignacio Ramonet, Pericolo!Accordo transatlantico per il commercio e gli investimenti, 7 marzo 2014, www.monde-diplomatic.it; Alain de Benoist, Il grande mercato transatlantico: come gli Stati Uniti continueranno a fare a pezzi l’Europa, 18 febbraio 2014, www.ariannaeditrice.it ; Lori Wallach, Il trattato transatlantico: un uragano che minaccia gli europei in “Le Monde Diplomatique”, ed. italiana, novembre 2013; Alessandro Di Liberto, L’ipotesi dell’Unione Transatlantica: breve analisi, 8/10/2013, www.ariannaeditrice.it.

5 << […] l’instabilità dell’Europa centrorientale e dei Balcani, la conflittualità politica del Nord Africa e del Medio Oriente, le minacce al controllo delle risorse energetiche dell’area caucasica e del Golfo, l’accesso alle quali passa per l’Adriatico e per il Mediterraneo, e la libertà di navigazione in quest’ultimo […] fa dell’Italia la “sentinella” dei Balcani e del Medio Oriente[…] La nuova organizzazione di comando della NATO assegna al nostro paese 4 comandi, fra regionali e sub regionali, pari solo a quelli degli Stati Uniti contro, invece, i 2 della Germania – il punto di fuga della guerra fredda – e della Gran Bretagna. E, mentre molte delle basi collocate in altri paesi europei sono in via di smantellamento, la Nato continua a investire in quelle italiane.>> in Marco Clementi, La Nato. Dal mondo diviso in due alla minaccia del terrorismo globale, il Mulino, Bologna, 2002, pag.110.

6 Per queste ragioni gli USA ( specialmente gli ambienti strategici che esprimono Barack Obama) stanno pressando il loro fiduciario Giorgio Napolitano affinché porti a compimento, in tempi brevi, la realizzazione di quel progetto di costruzione ( iniziato nel lontano 1992-‘93 con l’operazione “mani pulite”) di un formale bipolarismo-bipartitismo ( destra e sinistra, termini che non spiegano più niente), di derivazione americana (che nulla ha a che fare con la tradizione politica italiana), armonioso, pratico, affidabile, disponibile e ubbidiente alle strategie USA. Per adesso il suddetto progetto si è fermato all’operatore di marketing politico, Matteo Renzi. Su questi temi si rimanda alla originale e interessante analisi di Gianfranco La Grassa. Segnalo alcuni suoi interventi: Piccole memorie, Pantomima continua, una “Monarchia ecclesiastica” e L’Entrata in campo, 2013, www.conflittiestrategie.it.

7 Si leggano di Giorgio Napolitano il messaggio alla Camera dei Deputati del 22 aprile 2013 ( rielezione a Presidente della Repubblica) e il discorso al Parlamento europeo del 4 febbraio 2014 (omaggio al Parlamento europeo per la rielezione a Presidente della Repubblica) in www.quirinale.it ; si veda il Fiscal Compact adottato dal Parlamento dove tra gli impegni assunti con la legge 23 luglio 2012 n.114 spicca l’obbligo di ridurre al 60% dell’incidenza del debito pubblico sul Pil lungo un arco di vent’anni a partire dal 2015. Per le ricadute devastanti sul Pil rinvio al modello, creato su base ottimista delle variabili considerate, di Giorgio Gattei, Antonino Iero: L’insostenibile rimborso del debito, 11 marzo 2014, www.economiaepolitica.it; per non parlare dei richiami del presidente della Bce, Mario Draghi, e della stessa Bce, attraverso il bollettino di marzo, che sottolineano come l’Italia non si attiene alla: <<… raccomandazione della Commissione del novembre 2013[che] indicava la necessità di ulteriori misure di risanamento per assicurare l’osservanza del Patto di stabilità e crescita (cioè per conseguire l’obiettivo di medio termine di un bilancio strutturale in pareggio nel 2014 e assicurare progressi sufficienti verso il rispetto del criterio per il debito durante la fase di transizione). Finora, tuttavia, non sono stati compiuti progressi tangibili per quanto riguarda la raccomandazione della Commissione. In prospettiva, è importante effettuare i necessari interventi affinché siano soddisfatti i requisiti previsti dal meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita, soprattutto per quanto riguarda la riconduzione del rapporto debito/PIL su un percorso discendente, come segnalato anche di recente dalla Commissione europea nel contesto dell’esame approfondito sull’Italia >>, Banca Centrale Europea, Bollettino mensile marzo, n.3/2014, pag.86, www.bancaditalia.it.

8 Per una lettura geo-economica si veda l’analisi di Immanuel Wallerstein, Cosa intendono gli Stati Uniti per Europa in “Il Manifesto” del 18 febbraio 2014. Per una conferma ultima della subordinazione dell’Europa alle strategie USA nella crisi Ucraina si rimanda a Manlio Dinucci, Le armi dell’economia, Il Manifesto, 11 marzo 2014; Gianni Petrosillo, La spar(t)izione dell’Europa, 10 marzo 2014, www.conflittiestrategie.it; Jacques Sapir, Crimea e diritto internazionale, 11 marzo 2014, www.sinistrainrete.it ( lo scritto non è condivisibile nella sua interezza, soprattutto per quanto riguarda la mancata chiarezza sulla non autonomia dell’Europa dalla strategia USA e sulla politica del divide et impera americana in Europa); Pepe Escobar, Il nuovo grande (rischioso) gioco in eurasia,18 marzo 2014, www.comedonchisciotte.org.

9 Intendo il concetto di egemonia nella accezione gramsciana prevalente e cioè:<< L’esercizio “normale” dell’egemonia nel terreno divenuto classico del regime parlamentare, è caratterizzato dalla combinazione della forza e del consenso che si equilibrano variamente, senza che la forza soverchi di troppo il consenso, anzi cercando di ottenere che la forza appaia appoggiata sul consenso della maggioranza, espresso dai così detti organi dell’opinione pubblica – giornali e associazioni – i quali, perciò, in certe situazioni, vengono moltiplicati artificiosamente >> in Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, volume III, quaderno 13, Einaudi, Torino, 1975, pag.1638.

10 David Harvey, Il capitalismo contro il diritto alla città, Ombre Corte,Verona, 2012, pp.92-93. E’ da sottolineare con Costanzo Preve, che << la Cina è un paese capitalistico che non tollera il formarsi dei partiti capitalistici soprattutto quelli di tipo americano[…] l’instaurazione di un sistema politico di tipo americano, il che vorrebbe dire praticamente la fine del controllo statale sull’economia cinese e pertanto la totale omogeneizzazione della Cina al sistema capitalistico occidentale>> in Costanzo Preve, Democrazia, oligarchia e capitalismo, intervista di Andrea Bulgarelli, 23/1/2013, www.ariannaeditrice.it.

11 Su questi temi rimando a Giovanni Arrighi, Capitalismo e (dis)ordine mondiale, a cura di Giorgio Cesarale e Mario Pianta, Manifestolibri, Roma, 2010.

12 L’ammontare totale della spesa militare mondiale per il 2012 è pari a 1756 miliardi di dollari. Gli USA con una spesa militare, in declino, pari a 684,3 miliardi di dollari (39% di quella mondiale), confermano il loro primato nel settore, seguito dalla Cina con una spesa militare, in forte aumento, pari a 166 miliardi di dollari ( 9,4% di quella mondiale) e dalla Russia con una spesa militare, in forte rialzo, pari a 90.7 miliardi di dollari ( 5,8% di quella mondiale). Cfr SIPRI Yearbook 2013, Armaments,disarmament and International security in www.sipriyearbook.org ; Istituto di Ricerche Internazionali “Archivio Disarmo”, Le spese military mondiali nel 2010 in www.archiviodisarmo.it .

13 Raimondo Luraghi, La guerra civile americana. Le ragioni e i protagonisti del primo conflitto industriale, BUR Rizzoli, 2013, pp.7-8.; Raimondo Luraghi, Storia della guerra civile americana. Da John Brown ad Abraham Lincoln, Bur Rizzoli, Milano, 2013; Raimondo Luraghi, Gli Stati Uniti, Utet, Torino, 1974, Nuova storia universale dei Popoli e delle Civiltà, volume sedicesimo; Nico Perrone fa risalire la ferma determinazione politica della classe dirigente alla dottrina di Monroe del 1823:<< Le risorse interne e quelle dei domini geografici e politici via via acquisiti, sono state gli strumenti materiali per far crescere la grande potenza americana. E dietro tutte le risorse materiali c’è stata sempre la capacità degli americani di sentirlo come proprio quel progetto, e di farlo durare al di sopra di ogni interna divisione politica.[…] Occorrevano anche una chiarezza di obiettivi […] e una ferma determinazione politica, che fossero sostenute da una corale volontà nazionale. Dopo sarebbero venuti la potenza delle armi, il potere economico, la tecnologia, e soprattutto il sapere elevare a dogma di respiro mondiale i propri interessi e il proprio sistema economico-politico >> in Nico Perrone, Progetto di un impero 1823.L’annuncio dell’egemonia americana infiamma le borse, La Città del Sole, 2013, Napoli, pag.198.

14 Costanzo Preve, Filosofia e geopolitica, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 2005, pp.38-39. Si veda anche Alain de Benoist, L’impero del “bene”. Riflessioni sull’America d’oggi, Edizioni Settimo Sigillo, Roma, 2004; Domenico Losurdo, Democrazia o bonapartismo, Bollati Boringhieri, Torino, 1993, pp.167-172.

15 Su questi temi rimando a Giovanni Arrighi, Beverly J. Silver, Caos e governo del mondo. Come cambiano le egemonie e gli squilibri planetari, Mondadori, Milano, 2003. Rilevo, an passant, che nel citato libro vi è una forte lettura economicistica del dis-ordine mondiale.

16 Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, volume III, quaderno 22, Einaudi, Torino, 1975, pp.2178-2179.

17 Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, volume III, quaderno 22, Einaudi, Torino, 1975, pp.2145-2146. Si veda Franco Farinelli, Geografia. Un’introduzione ai modelli del mondo, Einaudi, Torino, 2003, pag.187.

18 Se si esclude il lavoro di forte impronta tecnico-economica del 1941 del passaggio dalla società capitalistica a quella manageriale di James Burnham, La rivoluzione manageriale, Bollati Boringhieri, Torino, 1992.

19 Riportato in Giovanni Arrighi, Beverly J. Silver, Caos e governo del mondo. Come cambiano le egemonie e gli squilibri planetari, Mondadori, Milano, 2003, pag.267. Per una applicazione dell’arte criminale da parte degli USA durante la seconda guerra mondiale (liberazione-occupazione dell’Europa) si veda HS, Mondo Criminale – il paradigma “siculoamericano”: gli albori, 17 marzo 2014, www.comedonchisciotte.org; Giuseppe Casarrubea, Mario J. Cereghino, Lupara nera. La guerra segreta alla democrazia in Italia 1943-1947, Bompiani, Milano, 2009.

20 E’ da ri-costruire l’analisi storica dell’assenza del territorio nell’analisi marxista: quando esso è stato trattato non si è andato oltre la logica economicistica marxista ma non marxiana (con ciò non voglio esimere Karl Marx dalle sue responsabilità).

21 Si veda David Harvey, La crisi della modernità, il Saggiatore, Milano, 1993; David Harvey, L’esperienza urbana. Metropoli e trasformazioni sociali, il Saggiatore, Milano, 1998.

22 Le sfere sociali sono astrazioni con cui si cerca di comprendere la realtà (ricordando sempre che la realtà è più avanti noi siamo sempre indietro, come cantava Giorgio Gaber) e sono individuate a seconda delle esigenze teoriche degli studiosi. Per esempio Gianfranco La Grassa ne ha individuato tre (economica, politica, ideologico-culturale); David Harvey ne utilizza sette (le attività tecnologiche e forme organizzative, rapporti sociali, ordinamenti istituzionali e amministrativi, produzione e processi lavorativi, rapporti con la natura, riproduzione della vita quotidiana e della specie, concezioni mentali del mondo).

23 Così interpreto i capitoli ventitreesimo (la legge generale dell’accumulazione capitalistica) e ventiquattresimo (la cosiddetta accumulazione originaria) di Karl Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica, Einaudi, Torino, 1975, libro primo, pp. 753-877 e pp. 879-938. Il potere è la relazione più stupida e terrificante che il genere umano si sia costruito, dalla famiglia allo Stato. William Shakespeare (Re Lear) e Svetonio (Vite dei Cesari) hanno scritto cose memorabili sull’essenza devastante del potere. Tant’è che sin dai tempi antichi tutte le società con le loro istituzioni, storicamente determinate, si sono poste il problema del controllo e del limite del potere attraverso l’equilibrio (il bilanciamento) dei soggetti del potere. La dottrina costituzionale della separazione dei poteri richiede un bilanciamento di poteri fra il ramo esecutivo, quello legislativo e quello giudiziario. Un bilanciamento flessibile e storicamente dato. Per esempio, << La crisi delle concezioni di nazione prodotta dalla guerra civile (americana, mia precisazione) divenne la base di una nuova scienza politica e giuridica che riposizionò stato, sovranità e diritto pubblico lontano dall’enfasi del XIX secolo su autorità locale, autogoverno e democrazia partecipativa >> in Saskia Sassen, Territorio, autorità, diritti. Assemblaggi dal Medioevo all’età globale, Bruno Mondadori, Milano, 2008, pag.165.

24 Giuseppe Papagno (1979), Istituzioni in AaVv, Enciclopedia Einaudi, Vol. VII, Torino, Einaudi. Gianfranco La Grassa, L’altra strada. Per uscire dall’impasse teorico, Mimesis, Milano, 2012, pp.195-212. E’ da riflettere, in maniera più approfondita e sistematica, sui meccanismi istituzionali nelle strategie degli agenti dominanti tenendo chiaro due punti: 1. Le istituzioni sono parti integranti del conflitto strategico degli agenti dominanti; 2. La burocrazia è un concetto vuoto, superficiale che non fa capire i processi di produzione, gestione, programmazione utili per raggiungere gli obiettivi strategici dei dominanti (Honorè Balzac qualcosa del genere l’aveva intuito nel suo libro “Gli impiegati”).

25 Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, Einaudi, Torino, 1975, volume terzo, quaderno 19, pp.2010-2011.

26 La Costituzione italiana definisce, nella parte seconda, i luoghi territoriali dell’ordinamento della Repubblica: parlamento (camera e senato), presidente della repubblica, governo della repubblica, pubblica amministrazione, organi ausiliari, magistratura, regioni- province- comuni, corte costituzionale.

27 Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver, Oscar Mondadori, Milano, 2013, pag 144.

28 Il territorio è articolato, è materiale, è trascendente, è ricco di relazioni umane sessuate e naturali. La sua articolazione è il risultato delle relazioni intese << come unità inscindibile dell’elemento naturale e dell’elemento storico>>. La sua costruzione (il paesaggio) è data dai cicli della natura con le sue leggi (non molto conosciute) e dal modo di produzione e riproduzione sociale (molto aggressivo) che il genere umano sessuato si dà storicamente. I meccanismi della produzione e riproduzione sociale di una società, basata sul modo di produzione capitalistico, non hanno tenuto, non tengono e non terranno conto sia della libera autodeterminazione umana sessuata sia delle leggi e degli equilibri naturali. Si rimanda a Karl Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica, Einaudi, Torino, 1975; Karl Marx, Critica al programma di Gotha, Editori Riuniti, Roma, 1976; Costanzo Preve, Marx inattuale, Bollati Boringhieri, Torino, 2004.

29 David Harvey, L’esperienza urbana. Metropoli e trasformazioni sociali, il Saggiatore, Milano, 1998, pag. 227.

30 Nico Perrone, Progetto di un impero 1823.L’annuncio dell’egemonia americana infiamma le borse, La Città del Sole, 2013, Napoli.

31 Raimondo Luraghi, La spada e le magnolie, Donzelli, Roma, 2007.

32 Per una introduzione alla costruzione e contrapposizione politica e ideologica della concezione del territorio tra USA e URSS si veda Bernardo Secchi, La città del ventesimo secolo, Laterza, Roma-Bari, 2008, pp.63-85.

33 Non leggo gli Usa come uno stato canaglia o una superpotenza canaglia alla Noam Chomsky (come fa nel suo “De-americanizzare il mondo”, 8/11/2013, www.comedonchisciotte.com ), ma leggo la de-americanizzazione dell’Europa come un processo che limiti l’egemonia degli USA per agevolare un mondo multipolare, possibilmente basato sull’autodeterminazione dei popoli.

34 Per una comprensione approfondita sulla portata distruttrice del TTIP sulla campagna, si legga l’interessante libro sulla questione agraria mondiale di Silvia Perez-Vitoria, Il ritorno dei contadini, Jaca Book, Milano, 2007. Riporto da I quaderni di Attac di Torino, n.7 – Gennaio 2014 – alcune gravi conseguenze nefaste sul settore agricolo: << L’impresa agricola USA è circa 13 volte più grande della sua omologa europea (169 ettari negli USA rispetto ai 12,6 ettari nella UE) e poiché si è venuta progressivamente concentrando in grandi complessi agroalimentari, gli agricoltori negli Stati Uniti sono oggi appena 2 milioni contro i 13 della UE. Oltre ad essere molto più piccole, le imprese agricole della UE sono anche gravate da norme uniche nel loro genere, riguardanti l’ambiente e il benessere sociale e animale, norme dalle quali sono invece esenti le loro molto più grandi controparti americane. Ecco perché è generalizzata tra gli agricoltori europei la preoccupazione che, se il TTIP aprisse i mercati UE e USA ad un’ulteriore concorrenza, loro non sarebbero più in grado di competere con le controparti USA. Temono infatti che i consumatori europei, che pure richiedono severi limiti nell’uso di pesticidi e il mantenimento dei paesaggi campestri in Europa, scelgano poi di riempire i carrelli della spesa con prodotti USA a buon mercato. Se procedesse come ora previsto, il TTIP potrebbe davvero vanificare il progetto di riforma dell’agricoltura europea su basi più sostenibili dal punto di vista economico, sociale e ambientale, insieme con l’obiettivo di creare circuiti commerciali a filiera corta tra produttori e consumatori, e di rafforzare i sistemi alimentari locali e regionali.

La concorrenza con gli agricoltori americani porterà invece un’accelerazione nella concentrazione dell’agricoltura nelle mani dei grandi gruppi agroalimentari, una diminuzione dei lavoratori agricoli attivi e, di conseguenza, l’aumento della disoccupazione. Come ha rilevato la Commissione Europea nella sua Valutazione di Impatto del TTIP: “In agricoltura, alcune conseguenze di breve periodo di un accordo commerciale USA-UE, possono essere la diminuzione della produzione europea, in particolare in alcuni settori di produzione delle carni… certi comparti agricoli UE potrebbero quindi essere spinti a licenziare i lavoratori.”>>. E’ utile ricordare, per esempio, che il made in Italy agroalimentare è in mano di investitori stranieri (dati Inea-Infocamere) e che l’Italia importa grano americano, messicano e canadese. Abbiamo perso la sicurezza alimentare nazionale, ma questo è un altro ragionamento.

35 Alessandro Di Liberto, L’ipotesi dell’Unione Transatlantica: breve analisi, 8/10/2013, www.ariannaeditrice.it.

36 Susan George, Poteri occulti. L’intero pianeta è sotto scacco in il manifesto, 4 ottobre 2013.

37 Alain de Benoist, Il grande mercato transatlantico: come gli Stati Uniti continueranno a fare a pezzi l’Europa, 18 febbraio 2014, www.ariannaeditrice.it

38 Costanzo Preve, I referendum sulla “Costituzione europea” in Eurasia-rivista di studi geopolitici n.3/2005.

39 Tratterò questa questione all’interno del mio prossimo scritto che avrà il seguente titolo: Il conflitto strategico, una buona base per la costruzione dell’ordine simbolico sessuato. Appunti di riflessione.

40 Sul senso del potere politico e militare dell’occupazione del territorio europeo da parte degli USA attraverso le proprie basi militari e quelle della Nato, si veda l’intervista ad Alexander Dugin, L’occupazione è occupazione, 29/01/2014, www.millennium.org.

41 Secondo i dati del Sipri, l’autorevole istituto internazionale con sede a Stoccolma, l’Italia è salita nel 2012 al decimo posto tra i paesi con le più alte spese militari del mondo, con circa 34 miliardi di dollari, pari a 26 miliardi di euro annui. Il che equivale a 70 milioni di euro al giorno, spesi con denaro pubblico in forze armate, armi e missioni militari all’estero in Manlio Dinucci, Quando ci costa la libertà della Nato, il Manifesto, 29/03/2014.

42 Sui limiti della politica estera degli USA collegati al vecchio retaggio da guerra fredda, sulle difficoltà di impostare una politica estera adatta alla nuova fase multipolare che si sta delineando e sulle lacune nonché sui conflitti decisionali basati su vecchi schemi cognitivi e su un modello decisionale istituzionale che esalta l’esecutivo, la natura elitaria, la lotta interistituzionale, i “groupthink”, si veda l’interessante articolo di Giulia Micheletti, Le origini interne della strategia geopolitica statunitense, 03/03/2014, www.eurasia-rivista.org.

43 Matteo Luca Andriola, Il trattato di Velsen e l’Eurogendfor, 13/03/2014, www.comunismoecomunita.org.

44 Per la città di New York come simbolo della modernità, si veda Marshall Berman, L’esperienza della modernità, il Mulino, Bologna, 1985.

45 Giovanni B. Teràn, La nascita dell’America spagnuola, in Leonardo Benevolo e Sergio Romano, a cura di, La città europea fuori d’Europa, Libri Scheiwiller, Credito Italiano, Verona, 1998, pag.79. Si legga Fernand Braudel, Le strutture del quotidiano. Civiltà materiale, economia e capitalismo ( secoli XV-XVIII), Einaudi Torino, 1982, volume primo.

46 Commissione delle Comunità Europee, Libro verde sulla coesione territoriale. Fare della diversità territoriale un punto di forza, 6/10/2008, www.europa.eu, pp. 3 e 5.

47 Si veda David Harvey, Città ribelli, il Saggiatore, Milano, 2013; Mike Davis, Il pianeta degli slum, Feltrinelli, Milano, 2006; Alessandro Petti, Arcipelaghi e enclave. Architettura dell’ordinamento spaziale contemporaneo, Bruno Mondadori, Milano, 2007.

48 Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver, Oscar Mondadori, Milano, 2013, pag.144.

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