IL RISVEGLIO DELL’ASIA E LA COSTRUZIONE DEL POLO ASIATICO, di Luigi Longo

 

IL RISVEGLIO DELL’ASIA E LA COSTRUZIONE DEL POLO ASIATICO

di Luigi Longo

 

 

L’attualità di Vladimir I. Lenin

 

A cento anni dalla morte di V.I. Lenin si può sostenere che l’attualità del suo pensiero e della sua azione sono ancora forieri di insegnamento per ripensare il passato, leggere il presente e orientarsi nel futuro.

Le questioni che sono ancora di grande attualità, a mio modo di vedere, possono essere così sintetizzate: 1) l’esempio storico del processo rivoluzionario (cambiare si può!) (1), 2) l’organizzazione delle masse popolari (la forma dell’organizzazione come condizione essenziale), 3) “la […] ripartizione della terra tra le più grandi potenze capitalistiche” (il conflitto egemonico tra le potenze mondiali) (2), 4) il ruolo dell’Asia nella storia mondiale (la costruzione del polo asiatico).

Tratterò qui gli ultimi due punti partendo da alcune riflessioni tratte da due articoli di V.I. Lenin pubblicati sulla Pravda. Il primo è Il risveglio dell’Asia pubblicato il 7 maggio 1913 (dopo la rivoluzione democratica borghese del 1905); il secondo Meglio meno, ma meglio pubblicato il 4 marzo 1923 (dopo la rivoluzione proletaria del 1917) (3).

Riporto uno stralcio dall’articolo Il risveglio dell’Asia:<< E’ forse trascorso molto tempo da quando la Cina veniva considerata il modello dei paesi di completo e secolare ristagno? Ora in Cina ferve la vita politica, un movimento sociale e uno slancio democratico si manifestano vigorosamente. Dopo il movimento russo del 1905, la rivoluzione democratica si è estesa a tutta l’Asia: la Turchia, la Persia, la Cina. Cresce il fermento nell’India inglese. […] Il capitalismo mondiale e il movimento russo del 1905 hanno definitivamente risvegliato l’Asia. Centinaia di milioni di uomini, umiliati, abbruttiti da una stagnazione medievale, si sono destati a nuova vita e alla lotta per i diritti elementari dell’uomo, per la democrazia. […] Il risveglio dell’Asia e l’inizio della lotta del proletariato d’avanguardia d’Europa per il potere segnano l’aprirsi di un nuovo capitolo della storia mondiale agli albori del XX secolo >> (4).

Riprendo uno stralcio dall’articolo Meglio meno, ma meglio: << […] Le potenze capitaliste dell’Europa Occidentale […] hanno fatto tutto il possibile per respingerci indietro, per utilizzare gli elementi di guerra civile in Russia al fine di rovinare il più possibile il nostro paese. […] Ma vi è anche lo svantaggio che gli imperialisti sono riusciti a scindere tutto il mondo in due campi, e che inoltre questa scissione si complica per il fatto che la Germania, paese capitalistico effettivamente sviluppato e colto, incontra estreme difficoltà per rimettersi in piedi. Tutte le potenze capitaliste del cosiddetto Occidente la beccano e non la permettono di rialzarsi. […] Possiamo noi sperare che gli antagonismi e i conflitti interni fra i floridi Stati imperialisti dell’Occidente e i floridi Stati imperialisti dell’Oriente ci diano un periodo di tregua per la seconda volta come ce l’hanno dato la prima volta, allorché la campagna della controrivoluzione dell’Europa Occidentale, volta ad appoggiare la controrivoluzione russa, fallì a causa delle contraddizioni esistenti nel campo dei controrivoluzionari dell’Occidente e dell’Oriente, nel campo degli sfruttatori orientali e degli sfruttatori occidentali, nel campo del Giappone e dell’America? […] L’esito della lotta dipende, in ultima analisi, dal fatto che la Russia, l’India, la Cina, ecc., costituiscono l’enorme maggioranza della popolazione. Ed è appunto questa maggioranza che negli ultimi anni, con una rapidità mai vista, è entrata in lotta per la propria liberazione, sicché in questo senso non può sorgere ombra di dubbio sul risultato finale della lotta mondiale. In questo senso la vittoria definitiva del socialismo è senza dubbio pienamente assicurata. […] Affinché ci sia possibile resistere sino al prossimo conflitto armato tra l’Occidente controrivoluzionario imperialista e l’Oriente rivoluzionario e nazionalista, tra gli Stati più civili del mondo e gli Stati arretrati come quelli dell’Oriente, che peraltro costituiscono la maggioranza, è necessario che questa maggioranza faccia in tempo a diventare civile >> (5).

Noto che ci sono diverse analogie, di cui accennerò dopo, tenendo presente l’analisi sia dello storicamente dato sia del tutto torna ma in maniera diversa, riguardanti l’attuale fase storica mondiale caratterizzata dal conflitto tra la potenza egemone, ma in chiaro declino (USA) e le potenze consolidate (Cina e Russia) e in ascesa (India) che mettono in discussione il monocentrismo statunitense e propongono un multicentrismo dove le diverse potenze mondiali, con le loro alleanze e le loro aree di influenza (polo occidentale a coordinamento USA) e polo asiatico allargato (polo orientale con diversi centri di coordinamento, per ora Cina e Russia), trovano un equilibrio dinamico basato sul confronto, sul rispetto reciproco e sull’autodeterminazione dei popoli. La fase multicentrica è quella che evita la fase policentrica, cioè, la fase della guerra come resa dei conti per l’egemonia mondiale. E’ chiaro che sarà una guerra diversa dalla precedente e che potrebbe essere l’ultima del genere umano per il pericoloso livello tecnologico raggiunto con il nucleare e con le nuove tecnologie (vedi, per esempio, l’Intelligenza Artificiale, IA) sempre più piegate non al benessere della maggioranza delle popolazioni ma al mantenimento delle relazioni di potere e di dominio dei dominanti. Pertanto si pone la domanda: quale è il senso della produzione della scienza e della tecnologia? Per esempio << Se l’accelerazione del tempo umano, nel tentativo di imitare la velocità delle macchine, non rappresenta la migliore soluzione ed è, anzi, controindicata, che fare per non mutarci in appendici stupide di macchine intelligenti? I vantaggi nel trasferire il logos umano alle macchine sono però sempre più evidenti e tangibili. Basti pensare al caso, fra tanti, dei comandi di ordine linguistico per stampanti 3D (algoritmi, sequenze di comandi logici, che possono arrivare a milioni, scritti in linguaggi artificiali: l’analogo dei “pensieri ciechi”, leibnizianamente privi di coscienza), capaci di produrre direttamente l’oggetto fisico, una statua o una casa, senza altre mediazioni, abolendo così virtualmente sia la separazione tra lavoro mentale e manuale, sia quella tra arti liberali e arti meccaniche.>> oppure << Quando avremo vasta disponibilità di “schiavi” robotici e di congegni intelligenti e servizievoli, come si configureranno gli eventuali rapporti di dominio e di sudditanza tra uomini e apparati tecnici? Diventeremo davvero più ottusi a causa dell’abitudine ad appoggiarci a concetti preconfezionati, facilmente e gratuitamente accessibili in rete, grazie ad algoritmi incomprensibili ai più e spesso segreti?>> ancora << Negli esperimenti di simbiosi in corso tra uomo e macchine fornite di IA si avverte un duplice rischio: da un lato, che il logos umano – inteso sia come ragione, sia come linguaggio – venga sminuito dal prevalere del logos artificiale, rappresentato da algoritmi in grado di surrogarlo nell’esecuzione di molti lavori e prestazioni; dall’altro, che anche la volontà umana possa impoverirsi ed essere aggirata, una volta trasferita  in macchine capaci di prendere decisioni autonome e istantanee (sebbene prestabilite dagli umani), come già accade nell’automobile senza pilota e, in misura più preoccupante, nei sistemi missilistici d’arma, nei droni killer o negli algoritmi ultraveloci dei mercati finanziari>> (6).

Dicevo delle analogie presenti in questa fase multicentrica. La prima è quella con la lunga crisi del 1873-1895 che potremmo definire una fase multicentrica dove si incomincia a intravedere sia il declino della potenza dominante inglese sia l’ascesa della potenza USA la cui affermazione, come coordinatrice egemonica a livello mondiale (7), ha comportato due guerre mondiali (una lunga fase policentrica) e una “guerra fredda” durata quarantasei anni (1945, accordi di Yalta e 1991, implosione dell’URSS): << Venerdì 6 aprile 1917 gli Stati Uniti d’America, per bocca del loro presidente Woodrow Wilson, dichiarano guerra alla Germania (non ancora, però, agli alleati della Germania). Con l’ingresso nel conflitto degli Stati Uniti d’America, quindicesimo paese belligerante, si determina una cesura storica: anche se sul momento nessuno se ne rende conto, l’Europa comincia allora a ricorrere alla forza degli Stati Uniti d’America per risolvere i suoi conflitti. Il Novecento sarà il secolo dell’ascesa continua e inarrestabile della forza americana nel mondo, e questa ascesa inizia simbolicamente il 6 aprile 1917 >> (8).

La seconda è il risveglio dell’Asia (9): il ruolo della Cina e della Russia nell’aprire la strada per la messa in discussione del dominio statunitense con la costruzione del polo asiatico allargato che costituisce l’enorme maggioranza della popolazione. Prima di parlare del costruendo polo asiatico allargato attraverso un mio scritto leggermente modificato, voglio avanzare la seguente specificazione che riguarda il ruolo aggressivo e pericoloso degli Stati Uniti d’America che non accettano la condivisione del dominio mondiale con altre potenze, rimanendo, così facendo, nella fase multicentrica (così come è già accaduto nella storia mondiale) e, quindi, non avanzando verso la fase policentrica evitando, così, il tutto torna ma in maniera diversa, cioè la guerra tra potenze come resa dei conti per il dominio mondiale.

Gli USA hanno come elemento costitutivo quello di essere una nazione potenza indispensabile al mondo (10) per portare con la forza militare (11) il loro ordine e il loro modello di produzione e riproduzione complessivo della vita (valori, costumi, legame sociale, eccetera) senza considerare le diversità storiche, culturali, territoriali e i diversi modelli di organizzazione sociale delle altre nazioni. Quindi il problema non è solo quello che Pepe Escobar, rispondendo alla domanda “Pur di non perdere, gli USA cosa sono e saranno disposti a fare?”, afferma che: << E’ esattamente questo il nostro grande dilemma, è il dilemma di tutto il pianeta. Perchè abbiamo un attore razionale che è l’attore russo, come lo sono gli attori cinesi, come lo sono gli attori iraniani e – dall’altra parte – abbiamo psicopatici, lunatici, irrazionali di tutti i generi, in tutte queste organizzazioni del sistema di Washington, della Virginia, il complesso industriale militare, l’Accademia, i think tank … la loro è una visione completamente unilaterale, incapace di ammettere errori tattici e strategici enormi che hanno commesso fin dall’inizio del millennio. È questo il problema, adesso sono dei leoni che sono circondati e quindi sono molto più pericolosi. Questo è il vero nostro problema, quello della maggioranza globale, perchè questi leoni possono scatenarsi da un momento all’altro, sono una fazione irrazionale che non ha un calcolo politico, strategico, diplomatico, soprattutto la gente dentro l’amministrazione Biden che ha ancora 6 mesi di potere davanti a sé >> (12), ma il problema è, a mio avviso, nella natura stessa degli Stati Uniti d’America che così Alain Badiou sintetizza con efficacia:<< La potenza imperiale americana nella rappresentazione formale che fa di se stessa, ha la guerra come forma privilegiata, se non addirittura unica, di attestazione della sua esistenza.>> (13). Le continue azioni guerrafondaie statunitensi (tramite NATO e Unione Europea) in Europa Orientale, nel Medio Oriente, in Africa, in Asia, nell’America Latina lo stanno a dimostrare (14). Per queste ragioni gli Stati Uniti d’America sono una potenza pericolosa che va fermata e portata alla ragione di un multicentrismo di dialogo tra territori e mondi differenti, superando le difficoltà del dialogo tra l’Occidente e l’Oriente così ben racchiuse da Franco Cardini:<< E’ la dimensione del ponte tra Europa e Asia, la dimensione propriamente eurasiatica, a sfuggirci; è quell’Oriente “blocco territoriale” proposto dal Behemonth schmittiano contro l’Occidente inteso come Leviathan occidentale padrone di un sistema di acque e di terre, di oceani e di continenti, che si ha difficoltà a prendere in considerazione in quanto entrerebbe in conflitto con la più facile, diffusa, comoda, affermata visione di un Occidente “civile” contro un Oriente “barbaro”, di un Occidente “libero” contro un Oriente “tirannico”, di un Occidente “razionale” contro un Oriente “folle”, di un Occidente “pacifico” contro un Oriente “aggressore” (15).

 

La costruzione del polo asiatico*

 

Ritengo interessante la pubblicazione del documento** della Russia “Il concetto di politica estera della Federazione russa” perché indica la strada e gli strumenti (da intravedere nella logica del documento e da leggere con l’altusseriana lettura sintomale) (16) per la costruzione del polo asiatico allargato imperniato, per ora, su due grossi centri di grande valenza nella storia mondiale come la Russia e la Cina. La Russia ha decisamente cambiato le relazioni con l’Occidente non fidandosi più degli Stati Uniti né tantomeno della vassalla Europa dopo la continua aggressione statunitense (via Nato-Europa-Ucraina), il sabotaggio del Nord Stream 1 e 2, le sanzioni europee, il furto delle riserve auree russe depositate nelle banche europee, la trappola dei protocolli di Minsk, eccetera. Ha riallacciato, con strategie tendenti alla cooperazione e al coordinamento che la fase multicentrica impone, la relazione con l’Oriente (soprattutto con la Cina, affermata potenza con una crescita straordinaria negli ultimi trenta anni e con l’India potenza in ascesa), con i Paesi dell’Africa, dell’Asia, dell’America latina, del Medio Oriente e del mondo islamico. Inoltre, la Russia è la coprotagonista, insieme alla Cina, nella creazione degli strumenti per raggiungere l’obiettivo del costituendo polo asiatico allargato: l’associazione interstatale dei BRICS, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), l’Unione Economica Eurasiatica (UEE), l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), la RIC (Russia, India, Cina) e di altre associazioni interstatali e organizzazioni internazionali.

Sono pressoché certo che tra dieci anni nel mondo, così affermava nel 2018 il politologo russo Sergej Karaganov, ci saranno due centri economico-geopolitici: la Grande America e la Grande Eurasia. Negli ultimi anni, abbiamo assistito all’emergere di un centro geo economico in Eurasia, sullo sfondo della nuova guerra fredda. Un centro che si sta strutturando attorno a Russia e Cina e che non va visto come una semplice alleanza difensiva, ma piuttosto come un nuovo polo di sviluppo che vuole e può diventare un’alternativa al centro euro atlantico. Per la Russia è inevitabile ritagliarsi il proprio spazio nella grande Eurasia. Al cui centro, certamente, ci sarà la Cina (17). Pepe Escobar, riportando una sintesi dell’intervista a Sergey Glazyev (ministro incaricato per l’Integrazione e la Macroeconomia dell’Unione Economica dell’Eurasia nonché noto politico ed economista russo), così scrive << In sostanza, secondo Glazyev, la Russia, pesantemente sanzionata, non assumerà un ruolo di leadership nella creazione di un nuovo sistema finanziario globale. Questo ruolo potrebbe spettare all’iniziativa di sicurezza globale della Cina. La divisione in due blocchi sembra inevitabile: la zona dollarizzata – con l’eurozona incorporata – in contrasto con la maggioranza del Sud globale che utilizzerà un nuovo sistema finanziario e una nuova valuta commerciale per gli scambi internazionali. A livello interno, le singole nazioni continueranno a fare affari nelle loro valute nazionali. >> (18).

Pier Giorgio Ardeni e Francesco Sylos Labini sostengono che << È vero che la guerra in Ucraina ha evidenziato una “rottura” tra l’Occidente e il resto del mondo che va ben oltre il piano strategico-militare, creando una frattura vieppiù apparente anche sul piano economico. L’Africa, l’Asia e anche l’America Latina hanno rapporti economici sempre più stretti con Cina e India ma anche con la Russia. La leadership dei Pca (Paesi capitalisti avanzati, mia precisazione) è ancora assicurata ma potrebbe essere in un futuro non troppo lontano messa in discussione >> (19).

Il documento della Federazione russa è chiaro nel delineare il percorso della costruzione del polo asiatico allargato e nello stesso tempo mantenere aperto il confronto con l’Occidente (al contrario del rapporto “Nato 2030.Uniti per una nuova era” degli Usa-Nato aggressivo, arrogante e di chiusura verso l’Oriente) per un mondo multicentrico in equilibrio dinamico a patto che a) gli Stati Uniti saranno pronti ad abbandonare la loro politica di dominio del potere e a rivedere la loro linea anti-russa a favore di un’interazione con la Russia sulla base dei principi di uguaglianza sovrana, di mutuo beneficio e di rispetto degli interessi reciproci; b) ci sia la consapevolezza da parte degli Stati europei che non esiste alternativa alla coesistenza pacifica e alla cooperazione paritaria reciprocamente vantaggiosa con la Russia, l’aumento del livello di indipendenza della loro politica estera e la transizione verso una politica di buon vicinato con la Federazione Russa avranno un effetto positivo sulla sicurezza e sul benessere della regione europea e aiuteranno gli Stati europei a prendere il loro giusto posto nel Grande Partenariato Eurasiatico e in un mondo multipolare.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti è difficile che rinuncino al dominio mondiale assoluto ammantato di democrazia, diritti e menzogne varie considerata la loro storia che dal 4 luglio 1776 (anno della dichiarazione di indipendenza) sono stati in pace solo 18 anni su 246 anni nei quali si sono gradualmente evoluti. Da una neo-nazione in lotta per l’indipendenza dalla Gran Bretagna (1775–1783), passando attraverso la monumentale Guerra civile americana (1861–1865) fino a trasformarsi, dopo aver collaborato al trionfo durante la Seconda Guerra Mondiale (1941-1945), nella più grande potenza rimasta al mondo dalla fine del XX secolo ad oggi anche se, per nostra fortuna, in chiaro declino relativo (20). Per questo, per dirla con lo storico Daniele Ganser, gli Usa e la Nato sono un pericolo per la pace del mondo. Essi hanno ignorato molte volte il divieto dell’uso della forza stabilito dalle Nazioni Unite. Negli ultimi settant’anni sono stati in massima parte i paesi della Nato, la maggiore alleanza militare del mondo, guidata dagli Stati Uniti, ad avviare guerre illegali, riuscendo però sempre a farla franca. (21).

Per quanto concerne l’Europa (ricordo sempre che non è un soggetto politico) è impensabile, in questa fase, che possa avere una politica autonoma se prima non si libererà dalla servitù volontaria statunitense che l’ha portata ad un livello di stupidità (nell’accezione dello storico Carlo Maria Cipolla) impensabile come quella di applicare le sanzioni inefficaci alla Russia contro i suoi stessi interessi economici, politici, sociali e territoriali, per tacere sulla occupazione militare dei suoi territori (22).

Al termine di questa riflessione voglio sottolineare la questione della regione artica (trattata nel paragrafo V Binari regionali della politica estera della Federazione Russa del documento e sarà oggetto di attenzione e di approfondimenti successivi) che riguarda la rotta artica, sempre più libera dai ghiacci, che aprirà una nuova e più breve via di comunicazione tra l’Estremo Oriente e l’Europa (23). Questo passaggio marittimo a Nord-Est, sviluppato dalla Russia, è destinato a rivoluzionare le relazioni mondiali che libererà la Cina dalle strettoie militari e logistiche statunitensi dell’Oceano Pacifico (i vari Stretti: Luzon, Mindoro, eccetera) oltre a gestire con flessibilità le strozzature presenti nell’Oceano Indiano e nel Mediterraneo (il canale di Suez). Una rotta che sposta gli equilibri geoeconomici ma, soprattutto, quelli geopolitici tra le potenze a favore della Russia e della Cina mettendo seriamente in discussione le strategie militari e territoriali degli Usa sia nel Pacifico sia nell’Atlantico. Sarà uno scenario mondiale molto delicato e pericoloso (più di quello della guerra in Ucraina) e potrebbe significare il passaggio dalla fase multicentrica a quella policentrica, cioè la terza guerra mondiale.

Fonte: Karin Kneissl, 2023. Il Passaggio a Nord-Est aggira le rotte marittime globali degli ultimi due secoli.

 

Fonte: Limes, 2018

 

* Lo scritto è stato pubblicato su: www.italiaeilmondo.com., 11/4/2023.

 

**La traduzione del documento è a cura della redazione così come le parti evidenziate in grassetto e in corsivo.

 

 

NOTE

 

  1. […] dalla rivoluzione del 1848, più che da quella del 1789, fino al crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, abbiamo assistito al tentativo di realizzare il progetto, nobilmente grandioso nelle intenzioni e, per molti aspetti, tragico nei risultati: quello di estendere l’emancipazione degli schiavi, compresi quelli “salariati”, alla liberazione di tutti gli “umiliati e offesi” e, perfino, dell’intera “futura umanità”. Gli “uomini nuovi” che sarebbero scaturiti dalla realizzazione di questo ideale avrebbero dovuto essere “non più servi, non più padroni”, pronti all’ascolto non solo della voce tonante della ragione […] ma anche di quella più delicata del cuore, che sprona a “raccogliere le lacrime dei vinti e sofferenti” […] in Remo Bodei, Dominio e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, intelligenza artificiale, il Mulino, Bologna, 2019, pag. 19.
  2. I. Lenin, L’imperialismo, Editori Riuniti, Roma, 1974, pag.128; si legga anche Gyorgy Lukacs, Lenin. Teoria e prassi nella personalità di un rivoluzionario, Einaudi, Torino, 1970, pp.47-72; sulla attualità dei cinque principali punti avanzati da V.I. Lenin nel definire l’imperialismo si rimanda a Gianfranco La Grassa, L’imperialismo. Teoria ed epoca di crisi, Editrice CRT, Pistoia, 2003, pp. 26-34.
  3. Gli articoli di V.I. Lenin, Il risveglio dell’Asia e Meglio meno, ma meglio sono apparsi sulla Pravda e sono stati raccolti rispettivamente in V.I. Lenin, Opere complete, volume 19, Editori Riuniti, Roma, 1967, pp. 68-69 e in V.I. Lenin, Opere complete, volume 33, Editori Riuniti, Roma, 1967, pp. 445-459. I citati due articoli sono stati pubblicati nel libro curato da Enzo Santarelli, Il risveglio dell’Asia, Editori Riuniti, Roma, 1970. Gli stralci dei suddetti articoli fanno riferimento a quelli presenti nel libro di Enzo Santarelli.
  4. I. Lenin, Il risveglio dell’Asia in Enzo Santarelli, a cura di, op. cit., pp.73-74.
  5. I. Lenin, Meglio meno, ma meglio in Enzo Santarelli, a cura di, op.cit., pp.175-178.
  6. Remo Bodei, Dominio e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale, il Mulino, Bologna, 2019, pp.22-23.
  7. Sulle transizioni egemoniche delle potenze mondiali si rimanda ai lavori di Giovanni Arrighi, Gianfranco La Grassa, Costanzo Preve e David Harvey.
  8. Massimo Bontempelli, Il respiro del Novecento. Percorso di storia del XX secolo, Volume I (1914-1945), Editrice CRT, Pistoia, 2002, pag.56.
  9. Si veda l’intervento di Luciano Canfora al convegno organizzato dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso su “Lenin, a cento anni dalla morte” pubblicato su ilcomunista23.blogspot.com, del 9/4/2024; Domenico Moro, A cento anni dalla morte, perchè Lenin è ancora attuale, www.comedonchisciotte.org, 12/5/2024; Salvatore A. Bravo, L’inquietudine di Lenin. L’attualità del suo pensiero a cento anni dalla sua morte, www.sinistrainrete.info, 19/4/2024.
  10. […] In base alla dottrina della Grande Area (che fu elaborata durante la seconda guerra mondiale e comprendeva l’emisfero occidentale, l’Estremo Oriente e l’ex impero britannico con le sue risorse energetiche mediorientali) l’intervento militare è legittimato ad libitum. Lo mise in chiaro anche l’amministrazione Clinton, la quale proclamò che gli Stati Uniti avevano il diritto di usare la forza militare per assicurare “l’accesso illimitato ai mercati, alle forniture energetiche e alle risorse strategiche”, e che avrebbero dispiegato “in posizioni avanzate” corposi contingenti militari in Europa e in Asia “al fine di plasmare l’opinione popolare a nostro favore” e “dare corpo agli eventi che servono al nostro sostentamento e alla nostra sicurezza” in Noam Chomsky, Chi sono i padroni del mondo, Ponte alle Grazie, Milano, 2016, pp.59-60.
  11. Piero Bevilacqua, Gli USA e il “metodo Giacarta”: il massacro delle popolazioni come politica estera, sinistrainrete.info ,28/4/2024.
  12. Jacopo Brogi, Alessandro Fanetti e Konrad Nobile, a cura di, con la collaborazione di Fabio Bonciani, intervista a Pepe Escobar su Raisi aveva costruito un esercito fortissimo, gli americani non se lo aspettavano, comedonchisciotte.org , 22/5/2024.
  13. La citazione di Alain Badiou è tratta da Alain de Benoist, L’impero del “bene”. Riflessioni sull’America d’oggi, Edizioni Settimo Sigillo, Roma, 2004, pag. 107.
  14. Manlio Dinucci, Il tramonto rosso sangue dell’Occidente, voltairenet.org, 19/5/2024; Pepe Escobar, Russia e Cina ne hanno abbastanza, www.comedonchisciotte.org , 26/5/2024; Mike Whitney, Attacco ucraino a un elemento chiave della difesa nucleare russa, www.sinistrainrete.info 31/5/2024; Pepe Escobar, L’Occidente è deciso a trascinare la Russia in uno scontro aperto, www.comedonchisciotte.org, 31/5/2024.
  15. Franco Cardini, Introduzione in Guy Mettan, Mille anni di diffidenza, Sandro Teti Editore, Roma, 2016, pag.17; per il Behemonth schmittiano si rimanda a Carl Schmitt, Terra e mare, Adelphi Edizioni, Milano, 2002; si legga anche Salvo Ardizzone, Medio Oriente: geopolitica di un conflitto, www.ariannaeditrice.it, 14/5/2024.
  16. Maria Turchetto, Leggere non è semplice, aperure-rivista.it, 1999.
  17. Orietta Moscatelli, a cura di, Occidente addio. La Russia ha scelto Pechino, conversazione con Sergej Karaganov, in Limes11/2018, pag. 277.
  18. Pepe Escobar, Sergey Glazyev: “la strada verso il multipolarismo finanziario sarà lunga e irta di ostacoli”, comedonchisciotte.com, del 15/3/2023. Per un approfondimento su questi temi si rimanda a Pepe Escobar, Lo zar russo della geoeconomia Sergey Glazyev introduce il nuovo sistema finanziario globale, www.comedonchisciotte.com, del 22/4/2022 e a Sergev Glazvev, L’ultima guerra mondiale, Knizhny Mir, Mosca, 2016, (traduzione russo-inglese).
  19. Pier Giorgio Ardeni-Francesco Sylos Labini, Mondo senza pace la responsabilità delle grandi potenze e la necessita di un nuovo equilibrio-economico, left.it, 30/3/2023, pp.7-9.
  20. Redazione, La storia militare degli Stati Uniti sembra un gioco ma non lo è, infodata.ilsole24ore.com, 20/2/2020; Giovanni Viansino, Impero romano, impero americano. Ideologie e prassi, Edizioni Punto Rosso, Milano, 2005.
  21. Daniele Ganser, Le guerre illegali della Nato, Fazi editore, Roma, 2022, pp. 22-23.
  22. Sulla robustezza dell’economia russa e sul PIL come indicatore insufficiente per misurare la forza di un Paese con grandi risorse di materie prime come la Russia si rimanda a Pier Giorgio Ardeni e Francesco Sylos Labini, Mondo senza pace, op.cit.
  23. Karin Kneissl, La Russia e la rotta artica: le frontiere commerciali si spostano sempre più ad Est, comedonchisciotte.org, 16/1/2023.

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LA NATO (GLI USA) E’ UN PERICOLO PER LE POPOLAZIONI E I TERRITORI EUROPEI E MONDIALI, di Luigi Longo

LA NATO (GLI USA) E’ UN PERICOLO PER LE POPOLAZIONI E I TERRITORI EUROPEI E MONDIALI.

di Luigi Longo

La retorica sui 75 anni dalla creazione della NATO è stata degna di quella che Costanzo Preve definiva una “menzogna sistematica”. A tale riguardo riporto sia la dichiarazione del pre-dominante USA, tramite il Presidente Joe Biden, sia la dichiarazione del sub-dominante Italia, tramite il Presidente Sergio Mattarella.

Così Joe Biden << […] Questa […] è la più grande alleanza militare nella storia del mondo. Ma non è successo per caso, né era inevitabile. Generazione dopo generazione, gli Stati Uniti e i nostri compagni alleati hanno scelto di unirsi per difendere la libertà e respingere l’aggressione, sapendo che quando lo facciamo siamo più forti e il mondo è più sicuro”. “Lo abbiamo visto – aggiunge – durante la Guerra Fredda, quando eravamo uniti contro le forze del totalitarismo sovietico. Lo abbiamo visto di nuovo quando l’America è stata attaccata l’11 settembre 2001 e i nostri alleati hanno invocato l’Articolo 5 della Nato – un attacco contro uno, è un attacco contro tutti – per la prima e unica volta nella storia. E lo abbiamo visto negli ultimi due anni, quando gli alleati si sono fatti avanti per sostenere il coraggioso popolo ucraino di fronte alla feroce invasione della Russia, la più grande guerra in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale >>. (1).

Così Sergio Mattarella << L’attuale contesto internazionale, drammaticamente segnato dal riemergere di pulsioni belliche e da minacce alla sicurezza, rende particolarmente opportuna una riflessione circa la ricorrenza odierna: settantacinque anni fa, infatti, un gruppo di Paesi reduci – a vario titolo – dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale conclusero il Trattato dell’Atlantico del Nord. […] Oggi, con il ritorno della guerra nel continente europeo, e di fronte a una diffusa instabilità nelle regioni a noi più prossime, si comprende appieno la lungimiranza di quella scelta. La recente adesione di Finlandia e Svezia alla NATO conferma che permane intatto l’anelito alla libertà, all’indipendenza, alla pace e alla sicurezza. […] Nei settantacinque anni trascorsi da allora la Repubblica, in piena fedeltà al dettato costituzionale, non ha cessato di partecipare con serietà e dedizione alla vita dell’Alleanza. Orgogliosa fondatrice di questo patto tra Stati liberi e sovrani, essa vi contribuisce in spirito di generosa e solidale collaborazione, assicurando che le sfide provenienti da ogni area geografica ricevano adeguata attenzione, senza alcun atteggiamento di aggressività, rimasta sempre estranea all’Alleanza >> (2).

Sulla ferocia della invasione della Russia ricordata dal Presidente Joe Biden, cito quanto affermato dal Presidente Vladimir Putin << Nel 2022 gli Usa hanno speso per la difesa 811 miliardi di dollari e la Federazione russa 72 miliardi: la differenza è evidente, più di 10 volte. Il 39% della spesa globale per la difesa è degli Usa, quella russa è il 3,5%. E (…) noi combatteremmo contro la Nato? È una sciocchezza. Inoltre cosa stiamo facendo adesso con la nostra operazione militare speciale? Proteggiamo la nostra gente che vive nei nostri territori storici. Se dopo il crollo dell’Unione Sovietica, come proposto dalla Russia, si fossero costruite relazioni di sicurezza completamente nuove in Europa, non sarebbe successo niente di simile a oggi: terremmo semplicemente conto dei nostri interessi nel campo della sicurezza, di cui parliamo anno dopo anno, da decennio a decennio: ma solo completa ignoranza. Sono arrivati direttamente ai nostri confini. Ci stavamo forse muovendo verso i confini dei Paesi del blocco Nato? Non abbiamo toccato nessuno. Si stavano muovendo verso di noi. Abbiamo attraversato l’oceano fino ai confini Usa? No, si stanno avvicinando a noi, e si sono avvicinati. Che cosa stiamo facendo? Proteggiamo solo la nostra gente nei nostri territori storici. Pertanto ciò che dicono sul fatto che attaccheremo l’Europa dopo l’Ucraina è una totale assurdità. Intimidiscono la loro popolazione al solo scopo di estorcerle denaro (…). La loro economia si sta contraendo e il tenore di vita sta calando (…): hanno bisogno di giustificarsi, quindi spaventano la loro popolazione con una possibile minaccia russa (…). La Nato è l’organizzazione del blocco nord-atlantico: dove sta andando ora? Si sta diffondendo nell’Asia del Pacifico, nel Medio Oriente, in altre regioni e sta già entrando in America Latina. E tutto con vari pretesti (…) trascinando i loro satelliti europei. Quelli credono che tutto ciò corrisponda in qualche modo ai loro interessi nazionali. Hanno paura di una Russia grande e forte, anche se lo fanno invano. Noi non abbiamo intenzioni aggressive nei confronti di questi Stati. Non avremmo mai fatto nulla in Ucraina se non ci fosse stato un colpo di Stato e poi le operazioni militari nel Donbass. Hanno iniziato la guerra nel 2014, hanno usato semplicemente l’aviazione, tutti hanno visto questi bombardamenti quando hanno colpito Donetsk, una città pacifica, con missili dal cielo. Ciononostante abbiamo accettato gli accordi di Minsk. Poi si scopre che ci hanno imbrogliati ritardando di otto anni e alla fine ci hanno costretti a passare a un’altra forma di protezione dei nostri interessi e della nostra gente. Pertanto è una totale assurdità la possibilità di un attacco ad altri Paesi, alla Polonia, agli Stati baltici e stanno spaventando pure i cechi. Sciocchezze. Un altro modo per ingannare la propria popolazione ed estorcerle spese aggiuntive. Null’altro. Domanda: i Paesi Nato stanno pianificando di fornire i caccia all’Ucraina: i media stanno discutendo del fatto che gli F-16 saranno utilizzati nella zona dell’operazione militare speciale contro truppe e strutture russe, anche dal territorio dei Paesi della Nato. Ci sarà permesso di colpire questi obiettivi negli aeroporti della Nato? Se consegnano gli F-16, e pare che stiano addestrando i piloti, questo non cambierà la situazione sul campo di battaglia e distruggeremo i loro aerei come ora distruggiamo i loro carri armati, i veicoli corazzati e altre attrezzature compresi i sistemi di razzi a lancio multiplo. Naturalmente se partono da aeroporti di Paesi terzi, diventano per noi un obiettivo legittimo, non importa dove si trovino; e gli F-16 sono anche portatori di armi nucleari, e dovremo tenerne conto anche quando organizzeremo l’opera di combattimento. >> (3).

Sull’aggressività rimasta sempre estranea all’Alleanza, come sottolineato da Sergio Mattarella, ricordo con le parole di Manlio Dinucci che << Venticinque anni fa la NATO sotto comando USA demoliva con la guerra ciò che restava della Federazione Jugoslava, lo Stato che ostacolava la sua espansione ad Est verso la Russia. Nei successivi vent’anni la NATO si è allargata da 16 a 30 paesi e, con la guerra in Ucraina iniziata nel 2014, si è estesa a 32. Determinante, nella guerra del 1999, è il ruolo del Governo italiano, presieduto da Massimo D’Alema e dal vicepresidente Sergio Mattarella. Come possiamo ascoltare dalla registrazione audio ufficiale, è il vicepresidente Mattarella ad annunciare al Senato l’inizio della guerra la sera del 24 marzo 1999 e a spiegarne le ragioni secondo la versione ufficiale. >> (4). Inoltre sottolineo con Mahdi Darius Nazemroaya che << […] Gli anni Novanta non furono altro che un periodo di transizione in vista della globalizzazione della NATO e dei conflitti dei due decenni che sarebbero seguiti. Gli Stati Uniti si stavano adoperando per tracciare la tabella di marcia di quella che sarebbe stata la loro “lunga guerra” nel cuore dell’Eurasia e dell’Isola del Mondo (cioè la massa continentale eurasiatica e quella africana), approfittando del vuoto geopolitico che la fine dell’URSS avrebbe prevedibilmente lasciato. E’ su questa base che si svilupparono gli interventi bellici della NATO contro l’Iraq nella Guerra del golfo e successivamente in Jugoslavia. Gli strateghi militari presero atto delle operazioni della NATO e realizzarono che essa potesse costituire un’arma potentissima e uno strumento per rimodellare Paesi e intere regioni. >> (5).

A questo punto una domanda si pone: che fare a 75 anni dalla creazione della NATO? Un periodo che ha visto il passaggio dalla fase monocentrica coordinata dagli USA (prima nel campo Occidentale e dopo con l’implosione dell’URSS in quello mondiale) all’attuale fase multicentrica dove si è avviato lo scontro tra potenze per l’egemonia mondiale e, per dirla con Manlio Dinucci, << […] Si apre così la sfida del nuovo periodo storico, quella di costruire un mondo multipolare formato da diversi poli statuali sovrani, in cui i popoli abbiano reali libertà democratiche e reali diritti economici e sociali, in cui le diverse identità etniche, culturali, religiose e altre, createsi nel corso della Storia, siano considerate una ricchezza comune da valorizzare, senza pretesa che l’una prevalga sull’altra ma creando un intreccio di reciproci rapporti. >> (6).

Occorre, a mio avviso, eliminare il pericolo della NATO per le popolazioni. La NATO ribadisco è uno strumento degli Stati Uniti per le sue strategie di dominio, una potenza che è per un mondo monocentrico e non per un mondo multicentrico come sono la Cina e la Russia. Come pensarlo? Bisogna creare la possibilità di costruire una forza organizzata (un nuovo principe-progetto) (7) che abbia come obiettivo strategico quello di uscire realmente dalla NATO e dall’Unione Europea, per tre questioni: 1) ri-costruire una sovranità e un’autodeterminazione nazionale come condizione per pensare ad un progetto di una Europa delle nazioni libere e popolari; 2) riconvertire i territori-NATO in sistemi valoriali alternativi che ruotino intorno alle città e ai territori; questa riconversione renderebbe inutile l’attacco distruttivo dei missili nucleari russi. I russi, infatti, non vogliono attaccare le basi militari in Italia e in Europa per invadere i rispettivi territori, ma come risposta difensiva alla strategia guerrafondaia degli USA-NATO (8); 3) considerare nuove relazioni internazionali con le nazioni-potenze che sono per un mondo multicentrico e che “trattano i Paesi come soggetti legittimi, con esigenze e aspirazioni legittime”.

Mano a mano che la fase multicentrica avanza si incominciano a delineare i poli dello scontro risolutivo (ammesso e non concesso che vi sarà sopravvivenza umana) e si fa sempre più pressante la possibilità di trovare una strada che mantenga il conflitto strategico tra le potenze mondiali (con i loro poli di alleanze) nella fase multicentrica che significa trovare un equilibrio dinamico che scongiuri la fase policentrica ovvero la terza guerra mondiale (9).

Ho avanzato le suddette riflessioni considerando i Paesi capitalistici (sia in Occidente sia in Oriente) con le loro peculiarità storiche e territoriali (la rivoluzione dentro il capitale, inteso come rapporto sociale complessivo della società). Altro è pensare ad una società con diversi rapporti sociali, che tenga conto della maggioranza della popolazione e che costruisca la sensatezza della vita sia a livello nazionale sia a livello mondiale (la rivoluzione fuori dal capitale). Così scriveva Massimo Bontempelli << […] Il mondo attuale, dove si pretende di flessibilizzare, senza riguardo per gli scopi della vita, ogni aspetto dell’esistenza, dal lavoro (per chi lo ha) alle abitudini quotidiane, dove la circolazione del denaro, delle merci e delle informazioni è così vorticosa e priva di limiti da far mancare ogni stabile punto di riferimento esterno e interno, dove innumerevoli individui ansiosi e stupidamente competitivi, immersi in un incessante e insensato rumore di fondo, non fanno altro che produrre e consumare (da cui il mito demente della società funzionante a pieno ritmo di notte come di giorno, in modo che il consumatore notturno inebetito dai tanti canali televisivi e siti informatici, possa ordinare la pizza per telefono prima di darsi il sonno con il consumo di qualche pasticca), in questo mondo, dicevamo, non può durare a lungo: gli squilibri antropologici che genera fanno dubitare che possa rimanere un minimo ordinato oltre il XXI secolo. La conoscenza del bene è allora, molto concretamente, niente altro che la conoscenza delle condizioni di una vita sociale ordinata e sensata. Tutto sta a renderla possibile, risalendo a ritroso, con il pensiero, la corrente nichilista che ci ha condotti fino a questo punto. >> (10).

 

 

NOTE

 

  1. 1. Redazione ANSA, Biden, abbiamo il “sacro impegno” di difendere ogni centimetro dell’Alleanza, ansa.it, 4/4/2024.
  2. 2. Dichiarazione del Presidente Mattarella in occasione del 75° anniversario del Trattato dell’Atlantico del Nord, quirinale.it, 4/4/2024.
  3. 3. Vladimir Putin ha parlato a braccio ad un incontro coi piloti dell’aeronautica militare nella regione occidentale di Tver della Russia. La trascrizione letterale del discorso è riportata in Raniero La Valle, Era prebellica? Allarmi siamo polacchi, ilcomunista23.blogspot.com, 3/4/2024.
  4. 4. Manlio Dinucci, Jugoslavia 24 marzo 1999: la guerra fondante della nuova Nato, voltairenet.org, 27/3/2024.
  5. 5. Mahdi Darius Nazemroaya, La globalizzazione della NATO. Guerre imperialiste e colonizzazioni armate, Arianna Editrice, Bologna, 2014, pag. 100.
  6. 6. Manlio Dinucci, La guerra. E’ in gioco la nostra vita, Byoblu Edizioni, Milano, 2022, pag. 213.
  7. 7. Massimo Bontempelli, Filosofia e realtà. Saggio sul concetto di realtà in Hegel e sul nichilismo contemporaneo, Editrice C.R.T., Pistoia, 2000, pp. 223-254.
  8. 8. Marco Della Luna, Morire di NATO, marcodellaluna.info, 11/3/2024.
  9. 9. Sul conflitto strategico tra le potenze nella zona grigia tra guerra e pace, si veda Peter L. Hickman, Guerre fredde, zone grigie e competizione strategica: applicazione delle teorie della guerra alla strategia del XXI secolo, comedonchisciotte.org, 13/4/2024.

10.Massimo Bontempelli, La conoscenza del bene e del male, Editrice C.R.T., Pistoia, 1998, pp. 138-139.

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LA STRAGE DEL CROCUS CITY HALL DI MOSCA E IL RUOLO DELL’ISIS NELLE STRATEGIE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA, di Luigi Longo

LA STRAGE DEL CROCUS CITY HALL DI MOSCA E IL RUOLO DELL’ISIS NELLE STRATEGIE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA

di Luigi Longo

 

 

Sul sito “Italiaeilmondo” è stato pubblicato, il 24/3/2024, un dialogo sulla strage al Crocus City Hall di Mosca (bilancio ufficiale di oltre 143 morti e 180 feriti), dal titolo “Russia, strage al Krokus”, coordinato da Giuseppe Germinario, con Flavio Basari, Max Bonelli, Roberto Buffagni, Giacomo Gabellini e Dmitry Kuznetsov.

Avanzo alcune riflessioni che per comodità elenco per punti senza ordine di priorità. Riporto prima una breve premessa sull’inquadramento dell’Isis, che ho già sviluppato in un mio precedente scritto del 2015, riguardante la distruzione della Libia ad opera degli USA tramite la NATO (Luigi Longo, Che ci fa l’Islamic State (IS) in Libia? Perché non lo chiediamo agli USA, apparso sia sul sito di conflittiestrategie sia su Italiaeilmondo).

La strage al Crocus City Hall di Mosca è stata rivendicata dall’Isis-k (una articolazione dell’Isis egemone in Afghanistan). L’Isis è una organizzazione presente a livello mondiale nei luoghi e nei territori chiave del conflitto strategico per il dominio (Asia centrale, Africa, Medio Oriente, eccetera) tra le potenze mondiali (USA, Russia, Cina, per ora).

Il fondamentalismo islamico non è più concepito come “frangia impazzita” di un vasto movimento << che costituisce la moderna militanza islamica. Le loro rivendicazioni sono politiche ma articolate in termini religiosi e fanno riferimento a una visione del mondo religiosa. Il movimento affonda le proprie radici in contingenze sociali, economiche e politiche >>, ma è visto come il portabandiera e << […] il loro linguaggio è oggi l’idioma dominante nel moderno attivismo politico islamico. Il loro svilito, violento, nichilistico millenarismo antirazionale è diventato l’ideologia standard cui aspirano i giovani musulmani arrabbiati. Questa è una tragedia. >>. La citata tragedia è un capolavoro degli agenti strategici pre-dominanti del conflitto mondiale (in primis degli USA in quanto potenza mondiale egemone che si vede minacciata dal formarsi di nuove potenze), ma anche degli agenti strategici sub-dominanti delle diverse aree occidentali e orientali ( per esempio l’Europa, il Vicino e Medio Oriente, l’Africa) che configureranno nella fase policentrica, tramite le zone di influenza, i poli delle potenze mondiali in lotta per la supremazia; sono gli stessi agenti strategici che hanno agevolato e avallato ( se non creato in alcuni casi) il costituirsi delle frange “impazzite” del fondamentalismo islamico, per le proprie strategie di conflitto per l’egemonia mondiale. L’uso strumentale dei movimenti islamisti funzionali alla strategia atlantica non è terminato con il ritiro dell’Armata Rossa dall’Afghanistan. Il patrocinio fornito dall’Amministrazione Clinton al separatismo bosniaco ed a quello kosovaro, l’appoggio statunitense e britannico al terrorismo wahhabita nel Caucaso, il sostegno ufficiale di Brzezinski ai movimenti fondamentalisti armati in Asia centrale, gli interventi a favore delle bande sovversive in Libia ed in Siria, sono gli episodi successivi di una guerra contro l’Eurasia in cui gli USA e i loro alleati si avvalgono della collaborazione islamista.

Quindi l’Isis è una organizzazione usata dagli Stati Uniti per le loro strategie di dominio e, nello specifico, nella guerra contro la Russia tramite NATO-Europa-Ucraina (si legga la filiera del comando della strage di Mosca costruita da Pepe Escobar, Il legame Nuland-Budanov-Tagik-Crocus, www.comedonchisciotte.org, del 27/3/2024). Ricordo che Noam Chomsky definì gli Stati Uniti: uno dei principali Stati terroristici (Noam Chomsky, Chi sono i padroni del mondo, Ponte alle Grazie, Milano, 2018, pp.237-241).

 

Finita la premessa inizio le riflessioni.

 

Prima: l’Occidente. Non interessa qui discutere l’aspetto geografico, storico, politico, sociale, economico, filosofico, religioso, territoriale, eccetera dell’Occidente, ma interessa recuperare l’idea dell’Occidente attraverso il gramsciano senso comune. Cosa intende il senso comune con l’Occidente: l’Europa e gli Stati Uniti d’America.

La domanda che si pone è: chi ha dichiarato guerra alla Russia? L’Europa? O gli Stati Uniti?

Non può essere l’Europa (Unione Europea, UE) diventata una espressione geografica in piena servitù volontaria verso gli USA. Essa si sta autodistruggendo per la sua stupida servitù! (l’ultimo capolavoro di stupidità sono le sanzioni alla Russia). D’altronde la UE è un progetto statunitense nato verso il 1929, realizzato nel secondo dopoguerra (come affermazione della potenza statunitense che sostituisce definitivamente la potenza inglese e diventa egemone nel campo occidentale) e finito nel 1989-1991 (con l’implosione dell’URSS).

Credo che bisogna dire con chiarezza che gli USA, potenza egemone mondiale in relativo declino a partire dal 2011, hanno dichiarato guerra alla Russia (via Europa-NATO-Ucraina) perché la ritengono (insieme alla Cina) una potenza mondiale in grado di mettere in discussione il loro dominio.

Quindi non è tutto l’Occidente che ha scatenato la guerra contro la Russia ma sono gli USA che l’hanno provocata perché hanno una concezione del dominio mondiale monocentrica e non multicentrica come la Russia (e la Cina).

 

Seconda: la Nato. La NATO è lo strumento della strategia USA. E’ uno strumento importante presente sull’intera scena mondiale per creare caos e per costruire ordine statunitense. Essa si occupa non solo della sfera militare ma interviene in tutte le sfere sociali dei territori interessati alle strategie. Non c’è nella NATO nessuna strategia alternativa a quella statunitense (né francese, né inglese, né tedesca). Per dirla con Noam Chomsky: quando si dice Nato si intende USA!

Gli USA e la NATO stanno costruendo basi militari a ridosso del confine russo da Nord (Norvegia, 12 basi militari) a Sud (in Romania, nella contea di Costanza vicino al Mar Nero, stanno costruendo la più grande base aerea in Europa) per non parlare delle esercitazioni quasi realistiche che stanno effettuando (l’esercitazione addestrativa nel Mediterraneo centrale “Dynamic Manta”, le esercitazioni nei rifugi della Polonia, le esercitazioni in Lettonia denominate “Cristal Arrow” parte della più grande esercitazione della NATO, la “Steadfast Defender”). Tengono sotto pressione e fanno la guerra alla Russia perché rappresenta la potenza che, nel medio periodo, può incrinare il declino degli USA con l’apertura della rotta artica (ne accenno nella terza riflessione). Così si esprime lo storico svizzero Daniele Ganser :<< Per tanti anni ho seguito a distanza varie guerre e con sgomento sono giunto alla conclusione seguente: negli ultimi settant’anni sono stati in massima parte i paesi della NATO, la maggior alleanza militare del mondo, guidata dagli Stati Uniti, ad avviare guerre illegali, riuscendo però sempre a farla franca. Gli USA e la NATO sono un pericolo per la pace nel mondo, hanno ignorato molte volte il divieto dell’uso della forza stabilito dalle Nazioni Unite. >> (Daniele Ganser, Le guerre illegali della NATO, Fazi editore, Roma, 2022, pp. 22-23).

La Nato ha sostituito il progetto UE e coordina l’Europa nella fase multicentrica caratterizzata dal conflitto strategico tra le potenze mondiali: sappiamo poco dei processi di americanizzazione dei territori europei e niente dei territori e delle città NATO, a cominciare dal nostro bel Paese.

 

Terzo: il polo asiatico. La forte preoccupazione degli USA è quella rappresentata dall’alleanza tra le due grandi potenze mondiali (Cina e Russia, ormai potenze consolidate, e l’India in forte ascesa che si candida ad essere una potenza di peso nella scacchiera mondiale) che possono mettere in discussione il loro dominio che è in declino relativo soprattutto per la mancanza di sintesi nazionale (espressione di un modello di sviluppo sociale) tra gli agenti strategici egemoni, che è la base di proiezione mondiale di una potenza. Viene meno la logica del divide et impera della politica statunitense nei riguardi della Cina e della Russia (per esempio Nixon-Kissinger, fine anni sessanta e inizio anni settanta del secolo scorso, continuata in diverse forme fino al 2011) e avanza la logica del coordinamento tra la Cina e la Russia che supera le tensioni del passato e trova convergenza nella loro politica di potenza, con un diverso modello di sviluppo sociale e territoriale a partire dalla propria sovranità e autodeterminazione, per costruire un mondo multicentrico in equilibrio dinamico, dove possono esserci anche gli USA se la smetteranno di considerarsi la nazione indispensabile con mandato divino (Sic!).

Sono le mutate condizioni storiche e la convergenza degli interessi tra la Cina e la Russia che hanno fatto nascere il polo asiatico allargato. A tale riguardo riporto alcune considerazioni avanzate in precedenti scritti. Un polo asiatico allargato imperniato, per ora, su due grossi centri di grande valenza nella storia mondiale come la Russia e la Cina. La Russia ha decisamente cambiato le relazioni con l’Occidente non fidandosi più degli Stati Uniti né tantomeno della vassalla Europa dopo la continua aggressione statunitense (via NATO-Europa-Ucraina), il sabotaggio del Nord Stream 1 e 2, le sanzioni europee, il furto delle riserve auree russe depositate nelle banche europee, la trappola dei protocolli di Minsk, eccetera. Ha riallacciato, con strategie tendenti alla cooperazione e al coordinamento che la fase multicentrica impone, la relazione con l’Oriente (soprattutto con la Cina, affermata potenza con una crescita straordinaria negli ultimi trenta anni e con l’India potenza in ascesa), con i Paesi dell’Africa, dell’Asia, dell’America latina, del Medio Oriente e del mondo islamico. Inoltre, la Russia è la coprotagonista, insieme alla Cina, nella creazione degli strumenti per raggiungere l’obiettivo del costituendo polo asiatico allargato: l’associazione interstatale dei BRICS, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), l’Unione Economica Eurasiatica (UEE), l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), la RIC (Russia, India, Cina) e di altre associazioni interstatali e organizzazioni internazionali.

Al termine di queste considerazioni voglio sottolineare la questione della regione artica che riguarda la rotta artica, sempre più libera dai ghiacci, che aprirà una nuova e più breve via di comunicazione tra l’Estremo Oriente e l’Europa (Karin Kneissl, La Russia e la rotta artica: le frontiere commerciali si spostano sempre più ad Est, www.comedonchisciotte.org, 16/1/2023). Questo passaggio marittimo a Nord-Est, sviluppato dalla Russia, è destinato a rivoluzionare le relazioni mondiali che libererà la Cina dalle strettoie militari e logistiche statunitensi dell’Oceano Pacifico (i vari Stretti: Luzon, Mindoro, eccetera) oltre a gestire con flessibilità le strozzature presenti nell’Oceano Indiano e nel Mediterraneo (il canale di Suez). Una rotta che sposta gli equilibri geoeconomici ma, soprattutto, quelli geopolitici tra le potenze a favore della Russia e della Cina mettendo seriamente in discussione le strategie militari e territoriali degli Usa sia nel Pacifico sia nell’Atlantico. Sarà uno scenario mondiale molto delicato e pericoloso (più di quello della guerra in Ucraina) e potrebbe significare il passaggio dalla fase multicentrica a quella policentrica, cioè la terza guerra mondiale.

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L’UNIONE EUROPEA, COORDINATA DALLA NATO, E’ LO STRUMENTO DEGLI USA NEL CONFLITTO STRATEGICO DELLA FASE MULTICENTRICA _di Luigi Longo

 

L’UNIONE EUROPEA, COORDINATA DALLA NATO, E’ LO STRUMENTO DEGLI USA NEL CONFLITTO STRATEGICO DELLA FASE MULTICENTRICA

di Luigi Longo

[…] l’Europa è diventata una Eurolandia priva di sovranità economica e soprattutto geopolitica e militare. Al suo interno è insediato un corpo di occupazione straniero, denominato NATO, inviato da tempo come mercenariato soldatesco in Asia Centrale, pronto a minacciare ed a rischiare una guerra mondiale in Georgia ed in Ucraina. Se questo è anche in parte vero, allora che senso ha elencare la tiritera del nostro grande profilo europeo, dalla filosofia greca al diritto romano, dalle cattedrali romaniche e gotiche dell’umanesimo rinascimentale, dalla rivoluzione scientifica all’illuminismo, dall’eredità classica greco-romana al cristianesimo, eccetera?

Pura ipocrisia.

Costanzo Preve*

  1. Avanzerò alcune riflessioni sull’Europa, non a partire dalla storia dell’Europa delle

Nazioni, che si formarono dopo la dissoluzione dell’impero di Carlo Magno (1), ma a partire dalla guerra Russia-Ucraina (cioè l’aggressione Usa alla Russia via Nato-Europa), che di fatto sancisce la fine del progetto dell’Unione Europea (avanzato e realizzato dopo la seconda guerra mondiale, anche se pensato intorno agli anni trenta del secolo scorso dagli Stati Uniti d’America) sostituito dal nuovo ruolo della NATO che meglio si addice alle nuove strategie statunitensi nella fase multicentrica [conflitto tra potenza egemone in declino (USA) e potenze consolidate (Russia, Cina) e in ascesa (India)] (2). Una << […] Europa occidentale (anche l’Europa orientale, mia precisazione LL) sottomessa ad una occupazione militare USA accettata dagli attuali governi fantocci, che appunto per questa ragione considero del tutto illegittimi, non importa se sanzionati o meno da elezioni manipolate >> (3).

 

  1. Raniero La Valle coglie il senso della metamorfosi, avviata già da anni (4), della NATO quando sostiene: << Da Washington a Vilnius infatti tutto torna, tutto vale per l’America e per la sua “impareggiabile” Corte: gli stessi nemici, la Russia, la Cina, l’Iran, la Corea del Nord, il “terrorismo”, la stessa vittima che unifica tutti intorno all’altare del sacrificio, l’Ucraina, la stessa determinazione all’uso anche per primi dell’arma nucleare perché la deterrenza non basta più, la stessa idea che il vecchio concetto di difesa è superato, perché oggi con le armi della guerra non si decidono solo le guerre, ma le alternative di ogni tipo, la gestione delle crisi, le politiche industriali, l’economia, il clima, i temi della “sicurezza umana”, perfino la questione dell’uguaglianza di genere e la partecipazione delle donne: tutto ha a che fare con la NATO, il nuovo sovrano, perché il suo approccio è “a 360 gradi” e i suoi tre compiti fondamentali, “deterrenza e difesa, prevenzione e gestione delle crisi e sicurezza cooperativa”, devono essere adempiuti con assoluta discrezionalità: “risponderemo a qualsiasi minaccia alla nostra sicurezza come e quando lo riterremo opportuno, nell’area di nostra scelta, utilizzando strumenti militari e non militari in modo proporzionato, coerente e integrato”; e, come pare, a decidere nell’emergenza (ma questo non è stato scritto) può essere anche il generale comandante della NATO senza interpellare “la struttura”; insomma c’è il nucleare libero all’esercizio. […] L’Ucraina è stata totalmente integrata nella NATO, ma bisogna far finta che non lo sia, per non costringere la Russia a usare l’arma nucleare; Putin accusa il colpo, deve stare al gioco, e si dice “pronto a trattare separatamente le garanzie di sicurezza dell’Ucraina, ma non nel contesto della sua adesione alla NATO”. E a Vilnius si assicura che questo non avverrà, che l’Ucraina entrerà nella NATO solo a guerra finita, ed è la ragione per cui essa, come Biden ha voluto fin dal principio, non deve avere fine; e Zelensky dopo la prima arrabbiatura che gli è valsa l’accusa di “ingratitudine” da parte del ministro della difesa inglese, è passato all’incasso ed ha lietamente manifestato il suo entusiasmo. […] (così il) colonnello dello stato maggiore ucraino e analista militare Oleg Zhdanov: “negli ultimi 16 mesi noi ci siamo integrati nella macchina militare atlantica come mai avremmo neppure sognato prima del 24 febbraio 2022; pur non appartenendo ufficialmente alla NATO ormai il 90 per cento delle nostre procedure militari segue i parametri NATO. ma c’è di più, ormai la metà dei nostri armamenti sono NATO, i circa 40.000 uomini pronti a sfondare le linee russe sono vestiti, armati, trasportati, addestrati dalla NATO; perfino le loro armi personali sono state fornite dagli alleati”, e via enumerando: “i carri armati tedeschi Leopard 2, i gipponi Humvee americani o i corazzati Bradley e Strykes, decine di tipi diversi di blindati trasporto truppe, i cannoni francesi a lunga gittata Caesar o quelli USA M777, i lanciarazzi americani Himars, gli obici semoventi Krab polacchi”, tutto corredato da assistenza, pezzi di ricambio, personale specializzato, con una catena di interscambio e cooperazione nel lungo periodo, anche se “è difficile dire quando l’Ucraina entrerà nella NATO, forse mai” >> (5).

 

  1. La NATO è fondamentale per le strategie mondiali degli Stati Uniti d’America. La sua trasformazione, da strumento di difesa dal cosiddetto comunismo sovietico a quello di aggressione e di penetrazione nelle aree di influenza della Russia e della Cina per impedire il consolidarsi del polo asiatico (ormai in fase di decollo con le sue strutture di funzionamento e di coordinamento come, per esempio, i Brics) in grado di mettere in discussione l’egemonia mondiale statunitense con il suo modello di legame sociale della produzione e riproduzione della vita. Gli USA non accettano un mondo multicentrico, la loro storia di nazione è emblematica e dovrebbe essere di insegnamento; riporto, a tal proposito, quanto già sottolineato in altri scritti: è difficile che gli Stati Uniti rinuncino al dominio mondiale assoluto, ammantato di democrazia, diritti e menzogne varie, considerata la loro storia che dal 4 luglio 1776 (anno della dichiarazione di indipendenza) li ha visti in pace solo 18 anni su 246 anni nei quali si sono gradualmente evoluti: da neo-nazione in lotta per l’indipendenza dalla Gran Bretagna (1775–1783), passando attraverso la monumentale Guerra civile americana (1861–1865) fino a trasformarsi, dopo aver collaborato al trionfo durante la Seconda Guerra Mondiale (1941-1945), nella più grande potenza al mondo dalla fine del XX secolo ad oggi, anche se, per nostra fortuna, in chiaro declino relativo. Alain Badiou non molto tempo fa sosteneva che:<< La potenza imperiale americana nella rappresentazione formale che fa di se stessa, ha la guerra come forma privilegiata, se non addirittura unica, di attestazione della sua esistenza. >> (6). La loro passione è comandare, usurpare, sottomettere ogni popolo; la loro missione è il dominio assoluto. Gli USA hanno un peso specifico maggiore che è quello del mandato divino che li porta a dominare il mondo in maniera assoluta (monocentrismo), al contrario delle altre potenze che sono per un dominio condiviso del mondo (multicentrismo). Il fattore determinante di questo sciagurato scenario sono le relazioni di potere e di dominio, le più stupide che l’essere umano sessuato si sia mai date. Altro è l’autorità! (ma questo è un altro discorso da approfondire).

Siamo, in questa fase multicentrica, in piena guerra “in senso largo” (7). Per esempio, si veda il ruolo della Norvegia/Finlandia/Svezia/Danimarca, Paesi del Nord Europa facenti parte sia della UE (ad eccezione della Norvegia) sia della NATO (ad eccezione della Svezia), che hanno firmato accordi bilaterali, in materia di difesa, con gli Stati Uniti d’America in caso di conflitto con la Russia (8).

Alberto Bradanini (ex ambasciatore a Pechino dal 2013 al 2015) così chiarisce << […] poiché qualsiasi conflitto anche lontano genera insidiose turbolenze, la dirigenza cinese condivide nella sostanza il giudizio di Mosca: che la genesi del conflitto vada attribuita alla strategia americana di destrutturare la Russia con una guerra per procura (combattuta dagli ucraini con armi e finanziamenti Nato-Usa), provocarne un cambiamento di regime e se possibile causarne persino la frantumazione, rendendola facile preda degli avvoltoi di Wall Street […] Nel giudizio di Pechino […] gli Usa mirano poi a impedire la saldatura Russia-Cina e a provocare un’analoga guerra per procura anticinese, questa volta combattuta fino all’ultimo taiwanese”. A suo avviso, gli Usa non accettano l’emergere di un mondo multipolare che fiorisce intorno all’alleanza russo-cinese, cui si aggiungerebbero “l’India e altre nazioni cosiddette emergenti che, infatti, non intendono seguire Washington nella politica sanzionatoria contro Mosca […] L’espansionismo Nato/Washington verso Est ha dunque l’obiettivo strategico di impedire quel percorso di pacificazione/integrazione euroasiatica che era emerso quale promessa di pace e sviluppo alla caduta dell’Unione Sovietica”. Una svolta che aveva determinato una nuova convergenza tra Cina e Russia, non più accomunate dall’ideologia anticapitalista come ai tempi di Mao e Stalin, ma da comuni interessi economici e strategici, e dalla medesima necessità di contenere l’espansionismo americano [corsivo mio, LL] >> (9). In sintesi, per dirla con l’economista marxiano Richard D. Wolff, che racchiude bene quanto sopra riportato, si può dire che:<< […] l’impero americano, inteso come primato capitalistico e geopolitico, è finito. Ma l’America non vuole accertarlo […] La Cina ha invece creato un ecosistema produttivo mastodontico da cui il mondo non può prescindere e pertanto codetermina ormai le sorti del capitalismo. In modo consensuale prima e conflittuale ora, ma mai subordinato […] il capitalismo si è “sinizzato” (così come in Russia si è russizzato, mia specificazione, LL) in modi che l’America non riteneva possibile, stante il perdurare della crasi tra economia di mercato e Partito comunista >> (10). Le difficoltà statunitensi, che evidenziano sia il declino sia l’incapacità strategica di raggiungere gli obiettivi nel tempo e nello spazio, sono evidenti nei due conflitti aperti in Ucraina (via Nato-Europa) prevalentemente contro la Russia e in Palestina (via Nato-Europa-Israele) prevalentemente contro la Cina. La debolezza USA si evince anche nel gioco di rimessa (perché non hanno un’idea sul nuovo mondo che si sta configurando, impegnati come sono nella quarta rivoluzione industriale, quella del transumanesimo, cioè la fine della dimensione umana dell’umanità, una rivoluzione nichilista del genere umano sessuato) tentando di contrastare i progetti di respiro mondiale della Cina (le vie della seta) e della Russia (il corridoio Nord-Sud russo-indiano International North-South Transport Corridor, INSTC) avanzando il suo progetto IMEC (India-Middle East-Europe Economic Corridor): 1) guidando l’egemonia israeliana nel Nuovo Medio Oriente, come potenza regionale, con il suo progetto del canale di Gurion, concorrente del canale di Suez, con tutte le conseguenze nefaste sulla eliminazione della popolazione palestinese di Gaza per permettere lo sbocco nel Mediterraneo, 2) ridimensionando l’Egitto, 3) assestando un duro colpo alla direttrice di trasporto energetico e commerciale Bassora-Europa incentrata sulla Turchia. Dietro le infrastrutture e il controllo delle risorse energetiche si gioca una partita fondamentale nello scontro tra le potenze mondiali (USA, Cina, Russia e indirettamente la potenza in ascesa l’India) con le loro sub-potenze regionali (Israele, Iran, Turchia) (11).

 

  1. La Russia e la Cina, che sono i due centri (per ora) del costituendo polo asiatico, vogliono costruire un mondo multicentrico e sono in grado di mettere in discussione l’egemonia mondiale statunitense la quale è per un mondo monocentrico. Un polo asiatico che già nel 1956 lo storico Arnold Toynbee così configurava << Se, dopo aver così perduto l’amicizia del sottocontinente cinese, il nostro mondo occidentale dovesse perdere anche l’amicizia del sottocontinente indiano, l’Occidente avrebbe perduto a favore della Russia la maggior parte del Continente Antico tranne un paio di teste di ponte in Europa occidentale e in Africa; e questo potrebbe essere un evento decisivo nella lotta per il potere fra “mondo libero” e comunismo >> (una riflessione attuale nella sostanza se precisiamo i concetti di mondo libero e di comunismo e li rapportiamo allo storicamente dato) (12).

Costanzo Preve ha ragione quando sostiene che << […] Si tratta di una decisione (la decisione di resistere all’americanismo, mia precisazione LL) nutrita dalla consapevolezza della principale caratteristica dell’americanismo stesso, cioè della sua arroganza. […] Non si tratta solo della pura forza militare di tipo “imperiale” (Alessandro il Grande, Giulio Cesare, Gengis Khan, Napoleone). Si tratta di qualcosa di più profondo e di immensamente più abbietto, l’arroganza di essere il portatore di una civiltà superiore garantita addirittura da un mandato divino che legittima con la sua elezione inverificabile questa pretesa di superiorità. Oggi il solo portatore al mondo di questa intollerabile arroganza sono gli Stati Uniti d’America. Lo sono forse […] stati in passato l’Europa, la Russia, i mongoli, gli arabi, la Cina eccetera, ma è sicuro che nelle attuali condizioni geopolitiche non lo sono più. Questo è il dato da cui partire. >>. Un mandato divino di un Dio un po’ strano << […] il Dio di George Bush e del messianesimo ideocratico americano dei neo-conservatori (neocons) […] il Dio esclusivo e legato di fatto ad un singolo popolo eletto (un tempo gli ebrei, oggi gli americani del Destino Manifesto e della Casa sulla Collina, il popolo che lo svergognato bestemmiatore Bill Clinton ha spudoratamente definito nel suo discorso d’insediamento alla Casa Bianca “l’unico popolo indispensabile nel mondo”), il Dio in nome del quale si gettano le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki e si invade l’Irak nel 2003, il Dio in nome del quale si moltiplicano le basi militari in tutti i paesi del mondo, pianificando ossessivamente la prossima guerra con la convivenza di un’Europa asservita e terrorizzata […] >> (13).

 

  1. E’ così forte la totale servitù volontaria delle Nazioni europee (e della sua sovrastruttura rappresentata dall’Unione europea) verso le strategie statunitensi che sulle guerre Russia-Ucraina e Israele-Palestina si è verificata una omogeneità così compatta nel velare la realtà. Bisogna risalire alla storia di Catilina di cui ci è giunta una sola verità: rare volte una tradizione così abbondante è stata così compatta nell’offuscare la realtà (14). L’aggredita Ucraina si trasforma in vittima dopo aver represso le regioni delle repubbliche popolari separatiste del Donetsk e Lugansk, una repressione iniziata nel 2014 contro le regioni di lingua russa (Odessa, Dnepropetrovsk, Kharkov, Luhansk e Donetsk) che condusse ad una militarizzazione del contesto e ad alcuni massacri (a Odessa e Mariupol, i più importanti) e dopo essere stata lo strumento USA, tramite l’entrata di fatto nella NATO, della guerra alla Russia; così come l’aggredito Israele da parte di Hamas si trasforma in vittima dopo che dal 1948 (proclamazione della nascita dello Stato di Israele) ha occupato la Palestina cacciando con violenza e metodi inenarrabili i palestinesi (originariamente costituiti da arabi musulmani, arabi cristiani, ebrei e minoranze turche ed armene) (15). La menzogna sistematica che si fa verità dei dominanti! (16). E’ efficace l’osservazione di Luciano Canfora, a proposito del modello europeo pieno di democrazia, di libertà e diritti universali dei popoli con riferimento alla cosiddetta invasione russa all’Ucraina (e al piano di attacco di Hamas ad Israele), che ricorda la ferocia delle potenze europee nel perseguire il dominio del mondo: << Certo, se si pensa con quale determinazione gli europei perseguirono il dominio nel mondo, è piuttosto buffo che ora si mostrino come modello di virtù e facciano la predica agli altri. Una certa retorica europeista rassomiglia alla preghiera contrita di chi ne ha fatte di tutti i colori e improvvisamente diventa pio e virtuoso >> (17).

Si passa, cioè, da una fase storica monocentrica, a coordinamento occidentale USA fino al 1990-1991(implosione dell’ex URSS) e a coordinamento mondiale fino al 2011(ascesa delle potenze Russia e Cina), nella quale l’Europa ha avuto un ruolo da protagonista subordinato e incastrato nel sistema statunitense (americanizzazione del territorio europeo) e nelle sue strategie di dominio mondiale; ad una fase multicentrica dove l’Europa, governata e gestita dalla nuova NATO, diviene una espressione geografica di metternichiana memoria, nonchè campo di battaglia dello scontro tra potenze mondiali.

 

  1. L’Unione europea non esiste! Ciò che appare sono istituzioni (luoghi istituzionali) gestite da sub-decisori delle diverse nazioni che utilizzano le risorse delle diverse sfere sociali e realizzano le strategie di sviluppo (in alleanza o in conflitto tra loro) inserite in quelle statunitensi. Un esempio sono le sanzioni contro la Russia che hanno avuto un effetto negativo sull’Europa (l’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche soprattutto per le imprese energivore e gasivore, la riduzione delle relazioni economiche, la recessione e l’accentuata perdita di potere d’acquisto, la sicurezza nelle nuove infrastrutture energetiche, eccetera); hanno portato vantaggi agli USA (il contenimento del calo della domanda di dollari per il commercio internazionale, la vendita del gas a prezzi multipli di quelli russi, l’attrazione delle imprese europee, eccetera); hanno stimolato l’economia russa aggirando le sanzioni: costruendo nuove relazioni in Asia (Cina, India, Iran), promuovendo lo sviluppo autosufficiente (nei settori alimentare, manifatturiero, beni di consumo, eccetera). Un altro esempio è il disastro dell’economia europea << […] il 2024 sarà un disastro per l’economia reale europea. Gli indicatori economici previsionali manifatturieri, i PMI, sono praticamente tutti negativi per i paesi Europei […] Quindi le premesse congiunturali sono pessime, ma c’è di peggio: le nuove norme europee di bilancio, quelle su cui è stato raggiunto un accordo, prevedono vincoli fortissimi allo spiegamento di politiche espansive fiscali. Il fatto che il deficit non possa superare l’uno per cento del PIL per quasi tutti i paesi europei viene a rendere impossibile qualsiasi politica di carattere anticiclico, anzi verrà a imporre tagli e aumenti delle tasse che saranno pro-ciclici. Quindi la crisi congiunturale non solo non sarà contrastata dalle politiche economiche della UE, ma perfino sarà accentuata. La crisi del 2011-2014 non ha insegnato proprio nulla […] >> (18).

L’Europa come soggetto politico unitario non è mai esistita. Sottolineo, con Luciano Canfora, che << l’Europa occidentale si divide molto presto e resta divisa: l’idea che sia un continente unitario è un’invenzione. Nel corso dei secoli la vediamo dilaniata, attraversata da conflitti di potenza, alle prese con una autorità spirituale, quella del pontefice romano, che era anche temporale e interloquiva con i governi dei singoli Stati. Ciò ha favorito una dialettica più vivace, ma anche una frantumazione strutturale, foriera di problemi >> (19).

Le potenze europee si sono sempre scontrate per l’egemonia del continente Europa: si pensi, a mò di esempio, al tentativo fallito di Napoleone Bonaparte che con rammarico affermava che << Non avevo finita la mia opera. L’Europa sarebbe diventata di fatto un popolo solo; viaggiando ognuno si sarebbe sentito nella patria comune…Tale unione dovrà venire un giorno o l’altro per forza di eventi…Abbiamo bisogno di una legge europea, di una Corte di cassazione europea, di un sistema monetario unico, di pesi e misure uguali, abbiamo bisogno delle stesse leggi per tutta l’Europa. Avrei voluto dare di tutti i popoli europei un unico popolo…Ecco l’unica soluzione >> (20). Non si può scambiare l’Europa delle diverse nazioni in concorrenza-conflitto tra loro (che pure hanno avuto un ruolo di scambio sulla religione, sull’arte, sulla cultura, sulla natura, sulla scienza, eccetera, così come è oggi) con un soggetto politico coordinato! Si pensi, a mò di esempio, al Rinascimento italiano ed europeo che, per dirla con Fernand Braudel, << […] è quella lenta trasformazione, che non finisce di compiersi, attraverso la quale la civiltà occidentale passa dalle forme tradizionali del Medioevo alle forme nuove, già attuali, della prima modernità, ancora vitali in questa stessa civiltà occidentale in cui viviamo oggi, che appena uscita dalle sue antiche contraddizioni, ne fabbrica allegramente delle altre. >> (21).

L’ipocrisia dell’Europa come soggetto politico e unitario. Non è da condividere la riflessione dello storico Paul Kennedy quando afferma che «Beh, l’Europa di certo non sparisce. Avrà anche in futuro un ruolo politico centrale. Se nel 2030 avremo un’Unione Europea che comprenderà anche l’Ucraina, assisteremo a una trasformazione storica delle dinamiche politiche internazionali. Anche tutta l’area del Caucaso sarà attratta verso la Ue. Con un conseguente maggiore isolamento della Russia» (22). Per avere un ruolo politico centrale l’Europa dovrebbe essere autonoma, indipendente, sovrana, in grado di pensare e di realizzare una strategia progettuale per un modello di sviluppo e di relazioni sociali in una società europea dei popoli, con un ruolo centrale nello scambio culturale, politico, economico e sociale tra Occidente ed Oriente nel rispetto delle diverse storie territoriali. Ma l’Europa è serva delle strategie di potenza degli USA per il dominio monocentrico mondiale. Quindi occorre ripensarla con lo sguardo ad Oriente dove sono presenti potenze consolidate, come la Cina e la Russia, e potenze in ascesa, come l’India, che sono per un mondo multicentrico (23) e possono essere portatrici di un modello di sviluppo sociale diverso, sia pure in una logica sistemica capitalistica (i diversi capitalismi), capaci ancora di stare negli equilibri naturali e umani per le loro storie, culture, tradizioni, religioni, eccetera, al contrario dell’Occidente, a guida USA che è proiettato nel transumano (andare oltre l’umano) che significa la fine dell’umanità così come la conosciamo noi:<< Trasumanar significar per verba non si porìa […] il passare ad una condizione, o modo di essere, superiore a quella normalmente propria dell’uomo che non si può esprimere […] per mezzo di parole >> (24).

Il modo di produzione e riproduzione della vita statunitense, espressione di un modello di sviluppo egemonico, ma in fase di declino per l’avanzare del multicentrismo con altri modelli di sviluppo che propongono le altre potenze mondiali (si pensi al modello cinese delle vie della seta), ha penetrato e plasmato quello europeo. L’Europa è diventata uno strumento importante (una sorta di testa di ariete) per le proiezioni strategiche contro l’Oriente e le sue potenze. Di fatto l’Europa non c’è più, quella che appare è espressione di servitù volontaria dei sub-decisori che non vogliono perdere il loro potere derivato dalla fase gestionale e da quella esecutiva delle strategie dei pre-dominanti statunitensi nei rispettivi territori nazionali. I sub-decisori decidono le linee strategiche dello sviluppo dei rispettivi territori nazionali inglobate in quella egemonica degli Stati Uniti d’America. L’americanizzazione del territorio europeo (di cui conosciamo poco) è emblematica dei processi di penetrazione del modello di sviluppo egemonico degli USA. Tale modello incide profondamente e incorpora lo sviluppo delle nazioni europee nelle strategie di egemonia mondiale statunitense. Si pensi alle trasformazioni delle città e dei territori/NATO e all’approntamento delle infrastrutture territoriali (Tav, corridoi di mobilità, basi, logistica, porti, eccetera). Nella fase multicentrica l’Unione europea non serve come collante e aggregato per le strategie statunitensi così come è stato nella fase monocentrica del mondo Occidentale (e bipolare a livello mondiale), perché è stata sostituita dal progetto NATO. Non è un caso che l’Europa, come innanzi detto, non è stata mai autonoma e sempre subordinata agli Stati Uniti d’America a partire dalla seconda guerra mondiale.

  1. Riporto una buona sintesi di quanto sopra detto sull’Europa non sovrana, di Giorgio Agamben << […] Unione Europea concepita solo su ragioni economiche che ignorano non solo quelle spirituali e culturali, ma anche quelle politiche e giuridiche […] l’Unione Europea è tecnicamente un trattato fra Stati che viene fatta passare per una costituzione democratica […] La cosiddetta Costituzione europea è illegittima […] Il giurista tedesco Dieter Grimm ha ricordato che la costituzione europea manca il fondamentale elemento democratico, perché essa non è in alcun modo il frutto dell’autodeterminazione dei cittadini europei […] La sola parvenza di unità si raggiunge quando l’Europa agisce come vassallo degli Stati Uniti, partecipando a guerre che non corrispondono in alcun modo a interessi comuni e ancor meno alla volontà popolare. Del resto alcuni degli Stati firmatari del trattato, come l’Italia, per il numero di basi militari che ospitano, sono tecnicamente dei protettorati e non degli Stati sovrani. In politica estera, esiste, a volte, un occidente atlantico, ma non certo l’Europa. Come non esiste sul piano costituzionale, l’Europa non esiste sul piano politico e militare […] Il Medio Evo aveva capito, una unità formata da società politiche dev’essere qualcosa di più o di diverso di una società politica. Il Medio Evo ne cercava il criterio nella cristianità. L’uomo europeo-a differenza degli asiatici e degli americani, per i quali la storia e il passato hanno un significato completamente diverso-può accedere alla sua verità solo attraverso un confronto col suo passato, solo facendo i conti con la propria storia. Il passato non è, cioè, per lui soltanto un patrimonio di beni e di tradizioni, ma anche e innanzitutto una componente antropologica essenziale, che fa sì che egli possa accedere al presente solo archeologicamente, solo guardando a ciò che di volta in volta è stato. Questo significa che per gli Europei il passato è innanzitutto una forma di vita. Di qui il rapporto speciale che l’Europa ha con le sue città, con le sue opere d’arte, col suo passaggio: non si tratta di conservare dei beni più o meno preziosi, ma comunque esteriori e disponibili: in questione è la realtà stessa dell’Europa, la sua indisponibile sopravvivenza […] Distruggendo, ieri, le città tedesche, gli americani sapevano di demolire in qualche modo l’identità stessa della Germania; per questo, oggi, distruggendo col cemento, le autostrade e l’Alta Velocità il paesaggio italiano, gli speculatori non ci privano soltanto di un bene, ma distruggono la nostra stessa realtà storica […] Un tempo l’ideale comune di una Europa fu espresso politicamente nell’idea romana dell’impero e poi germanica di un Impero, che lasciava intatte le specificità dei popoli […] Mentre sarebbe urgente riflettere al difficile compito di costruire una unità preservando le diversità, vediamo al contrario che in tutti i paesi europei è in corso al contrario un vero e proprio smantellamento delle scuole e delle Università, cioè delle istituzioni che, trasmettendo la cultura dovrebbero vegliare al rapporto vivente fra il passato e il presente. A questo smantellamento, corrisponde una crescente museificazione del passato, a cominciare dalle stesse città, trasformate in centri storici, i cui abitanti sono trasformati in qualche modo in turisti nella propria stessa cultura […] Un alto funzionario dell’Europa nascente, Alexandre Kojevè, sosteneva che l’Homo sapiens era giunto alla fine della sua storia e non aveva ormai davanti a sé che due possibilità: l’accesso a un’animalità post storica (incarnata dall’american way of life) o lo snobismo (incarnato dai giapponesi, che continuano a celebrare le loro cerimonie del tè, svuotate, però, da ogni significato storico). Tra un’America integralmente rianimalizzata e un Giappone che si mantiene umano solo a patto di rinunciare a ogni contenuto storico, l’Europa potrebbe offrire l’alternativa di una cultura che resta umana e vitale, perché è capace di confrontarsi con la sua stessa storia nella sua totalità e di attingere da questo confronto una nuova vita >> (25).
  2. L’accentramento del potere nella fase multicentrica è funzionale a ridurre la filiera del comando che diventa essenziale nelle fasi (multicentriche e policentriche) di aperto conflitto tra le potenze mondiali. Per esempio, si veda il tentativo di riforma, a partire dal 2015, dell’Unione europea per quanto riguarda l’allargamento e l’approfondimento dei settori di intervento verso la costituzione degli Stati Uniti d’Europa (26). Si vuole riformare l’Unione europea per renderla più affidabile e servile eliminando i vassalli e i valvassori che facevano da collante e da coordinamento nella esecuzione e nella gestione delle strategie statunitensi contro le potenze che mettono in discussione il loro ordine mondiale monocentrico (Mario Draghi è uno dei protagonisti, per conto dei pre-dominanti statunitensi, di questa riforma verso la costruzione degli Stati Uniti d’Europa) (27). E’ emblematico che uno dei settori interessati maggiormente dalla riforma sia quello militare. Un settore che deve essere assorbito e coordinato da quello statunitense e da quello della NATO e deve svolgere un ruolo di minaccia, di intimidazioni e di potenziale conflitto contro la Russia e la Cina (e le loro aree di influenza) per indebolirle e ridimensionarle (28).

L’Europa ha la necessità di essere ri-pensata e ri-costruita, a partire da un processo di liberazione dalla servitù volontaria (29) verso gli Stati Uniti, che passa dalla smilitarizzazione delle basi USA e USA-NATO sul suo territorio (l’occupazione militare, tramite basi e accordi, è la forza che ha permesso alla potenza statunitense di coordinare lo sviluppo a livello mondiale fino al 2011, fine della fase monocentrica) e dall’uscita dal sistema euro incardinato nell’egemone sistema del dollaro (in fase di messa in discussione da altri sistemi monetari che esprimono altri modelli di sviluppo e di relazioni sociali, da capire e approfondire).

Occorre ripartire dalla cesura rappresentata dalla de-americanizzazione del territorio europeo (così come, con la dottrina Monroe (30), gli Stati Uniti d’America imposero, la de-europeizzazione del continente America); è necessario, per dirla con Costanzo Preve, “un radicale riorientamento gestaltico” che faccia uscire l’Europa dalla servitù volontaria statunitense e pensare ad un’altra Europa di nazioni autodeterminate e libere. Una rottura forte e qualitativa che può essere realizzata volgendo lo sguardo ad Est, al costruendo polo asiatico allargato che racchiude il 70% della popolazione mondiale,

ben sapendo che << […] Nella realtà sociale le espressioni sì e no sono inscindibilmente connesse fra loro in un rapporto dialettico. Nella realtà sociale non esiste alcun no che non contenga qualcosa di essenzialmente positivo. >> (31).

Un ripensamento e una ricostruzione che ponga le basi per una Europa autodeterminata che guardi ad Oriente dove le potenze mondiali in ascesa avanzano proposte di multicentrismo per un nuovo equilibrio (un nuovo nomos) di dominio mondiale (32).

 

  1. Che fare? Ci sono le condizioni soggettive e oggettive per pensare, progettare e costruire un’altra Europa e non continuare nella pura ipocrisia?

 

 

 

La citazione scelta come epigrafe è tratta da:

*Costanzo Preve e Luigi Tedeschi, Dialoghi sull’Europa e sul nuovo ordine mondiale, Casa Editrice “il Prato”, Saonara (Padova), 2016, pag.86.

 

NOTE

 

  1. Alessandro Barbero, Carlo Magno. Un padre dell’Europa, Editori Laterza, Roma-Bari, 2002, Capitolo V, pp. 113-127; sul complesso cammino della costruzione delle nazioni europee si rimanda a Andrea Zannini, Storia minima d’Europa. Dal neolitico a oggi, il Mulino, Bologna, 2019, pp. 223-237; sull’importanza della riconquista della sovranità delle nazioni per costruire un’altra Europa libera e autodeterminata come un nuovo spazio di raccordo e di scambio politico, economico e culturale tra Occidente e Oriente si vedano Costanzo Preve e Luigi Tedeschi, Dialoghi sull’Europa e sul nuovo ordine mondiale, Casa Editrice “il Prato”, Saonara (Padova), 2016; Perry Anderson ed altri, a cura di, Storia d’Europa, Einaudi, Torino, 1993, volume primo.

2.Sul ruolo dell’Europa nelle strategie statunitensi si rimanda a Henry Kissinger, Ordine mondiale, Mondadori, Milano, 2015, pp.87-96 e pp. 234-326; Zbigniew Brzezinski, La grande scacchiera, Longanesi, Milano, 1998; sul ruolo dei servizi segreti nella costruzione del progetto dell’Europa unita sia per scalzare l’influenza comunista sia per inglobare l’Europa nelle strategie di dominio statunitense si veda Richard J. Aldrich, OSS, CIA e Unità europea: il comitato americano per l’Europa unita, 1948-60 (prima, seconda, terza parte), www.comedonchisciotte.org, 24/8/2020; sulla costruzione delle istituzioni europee e sul loro funzionamento si legga Perry Anderson, Verso una Unione sempre più stretta? (prima, seconda, terza parte), www.comedonchisciotte.org, 2/1/2021; sulla fine del progetto europeo statunitense rimando al mio scritto Il progetto dell’Unione europea è finito, la Nato è lo strumento degli USA nel conflitto strategico della fase multicentrica, www.italiaeilmondo.com, 26/11/2018.

  1. Costanzo Preve, Ripensare Marx oltre la destra e la sinistra, intervista a cura di Luigi Tedeschi, www.ariannaeditrice.it, 31/5/2007; Costanzo Preve, Filosofia e geopolitica, Edizione all’insegna del Veltro, Parma, 2005.
  2. Sulla metamorfosi della Nato rinvio a Luigi Longo, L’americanizzazione del territorio (Appunti per una riflessione), www.conflittiestrategie, 29/3/2014 e www.italiaeilmondo.com, 27/5/2017; Idem, Il progetto dell’Unione europea, op. cit.; Idem, La Nato è lo strumento degli Usa nel conflitto strategico della fase multicentrica, www.italiaeilmondo.com, 7/7/2022.
  3. Raniero La Valle, A Vilnius la Nato si è preso il mondo, www.ilfattoquotidiano.it, 25/7/2023.
  4. Redazione, La storia militare degli Stati Uniti sembra un gioco ma non lo è, www.infodata.ilsole24ore.com, 20/2/2020; Giovanni Viansino, Impero romano, impero americano. Ideologie e prassi, Edizioni Punto Rosso, Milano, 2005.
  5. Sulla definizione della guerra in senso stretto (prima (1914-1918) e seconda guerra mondiale (1939-1945) ed in senso largo per la terza (1945-1989) e per la quarta tutt’ora in corso si rimanda a Costanzo Preve, La quarta guerra mondiale, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 2008.
  6. Redazione Ansa, Paesi nordici verso difesa aerea congiunta dalla Russia, www.ansa.it, 25/3/2023; Filippo Jacopo Carpani, Truppe al confine con la Russia: cosa c’è dietro la mossa USA in Finlandia, www.ilgiornale.it, 15/12/2023; Maurizio Blondet, Il ministro della Difesa tedesco: “l’Europa deve essere pronta alla guerra entro la fine del decennio”, www.maurizioblondet.it, 18/12/2023.
  7. Alberto Bradanini, Gli Usa temono un asse Russia-Cina e un mondo multipolare, intervista a cura di Luciana Borsatti, www.sinistrainrete.info, 11/5/2022.
  8. 10. Fabrizio Maronta, a cura di, conversazione con Richard D. Wolff, L’impero americano è finito ma l’America non lo accetta, “Limes” n.4/2023, pp.104-106.
  9. Maurizio Brignoli, Le cause economiche dietro il massacro di Gaza, www.ariannaeditric.it 18/11/2023; Enrico Tomaselli, La catabasi imperiale, www.ariannaeditrice.it, 24/12/2023; Pepe Escobar, Lo Yemen è pronto ad affrontare una nuova coalizione imperiale, www.comedonchisciotte.org, 23/12/2023; Jean Valyean, L’operazione “prosperity guardian” voluta dal Pentagono sta crollando dopo neppure una settimana, www.scenarieconomici.it, 24/12/2023; Marco Dell’Aguzzo, Chi (non) fa parte della coalizione Usa anti Houthi nel mar Rosso?, www.startmag.it , 30/12/2023; Manlio Dinucci, Medioriente: gli incendiari gridano “Al fuoco”, www.voltairenet.org, 31/12/2023; Enrico Tomaselli, Chi vuole allargare la guerra in Medio Oriente (e perché), www.ariannaeditrice.it , 4/1/2024.
  10. Arnold Toynbee, Il mondo e l’Occidente, Aldo Martello editore, Milano, 1956, pag.54.
  11. Costanzo Preve, Filosofia e geopolitica, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 2005, pp. 38-39 e Costanzo Preve, Una nuova storia alternativa della filosofia. Il cammino ontologico-sociale della filosofia, editrice Petite Plaisance, Pistoia, 2013, pag.53.
  12. Si veda Luciano Canfora, Catilina. Una rivoluzione mancata, Laterza, Bari-Roma, 2023.
  13. Giancarlo Paciello, La conquista della Palestina, Editrice C.R.T., Pistoia, 2004; Domenico Moro, Il seme della violenza. Le origini del conflitto israelo-palestinese, www.sinistrainrete.info, 19/10/2023 e 9/11/2023, prima e seconda parte; Salvatore Bravo, La cesoia corazzata, www.comunismoecomunità.org, 20/11/2023.
  14. Costanzo Preve, Il bombardamento etico. Saggio sull’interventismo umanitario, sull’embargo terapeutico, e sulla menzogna evidente, Editrice C.R.T., Pistoia, 2000.
  15. Luciano Canfora, Intervista sul potere, a cura di, Antonio Carioti, Editori Laterza, Roma-Bari, 2013, pag. 92; a proposito delle potenze europee che ne hanno fatto di tutti i colori si legga Attilio Brilli, Dove finiscono le mappe. Storie di esplorazioni e di conquista, il Mulino, Bologna, 2012.
  16. Leoniero Dertona, Disastro economia europea: il 2024 sarà recessione con misure fiscali e monetarie cicliche, www.scenarieconomici.it, 3/1/2024; Isabella Bufacchi, Soffre l’industria tedesca, la domanda non riparte, www.ilsole24ore.com , 8/1/2024; per una lettura delle sanzioni alla Russia che hanno avuto effetti negativi per l’Europa e hanno stimolato l’economia russa in Michael Hudson, L’economia USA: sorprendentemente robusta o un villaggio Potemkin?, www.comedonchisciotte.org 20/6/2023; Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani), Le sanzioni alla Russia: l’idiozia al servizio del “potere”, www.comedonchisciotte.org , 12/9/2022; per una lettura delle sanzioni alla Russia che hanno portato vantaggi all’economia USA in Marco Della Luna, Il prezzo di Adamo, www.marcodellaluna.info ,1/9/2023; Domenico Moro, La montagna della UE e il topolino del nuovo patto di stabilità, www.comedonchisciotte.org , 9/1/2024.
  17. Luciano Canfora, Intervista sul potere, a cura di, Antonio Carioti, op. cit., p.90-91.
  18. Alessandra Necci, Al cuore dell’impero. Napoleone e le sue donne fra sentimento e potere, Universale Economica Feltrinelli (Marsilio Editori), Milano, 2023, pag.274; si veda il docufilm scritto e narrato da Alessandro Barbero, Ei fu. Vita, conquiste e disfatte di Napoleone Bonaparte, https://www.raicultura.it/storia/articoli/2021/05/Ei-fu-Vita-conquiste-e-disfatte-di-Napoleone-Bonaparte-b85194eb-356e-499e-b3f9-e9a78b13c263.html.
  19. Fernand Braudel, L’Italia fuori d’Italia. Due secoli e tre Italie in AaVv, Storia d’Italia. Dalla caduta dell’impero romano al secolo XVIII, Einaudi, Torino, 1974, Tomo secondo, pag. 2143. Si legga anche Jacques Le Goff, L’Italia fuori d’Italia. L’Italia nello specchio del Medioevo in AaVv, Storia d’Italia. Dalla caduta dell’impero romano al secolo XVIII, Einaudi, Torino, 1974, Tomo secondo, parte III, pp. 2060-2088; Federico Chabod, Storia dell’idea d’Europa, a cura di Ernesto Sestan e Armando Saitta, Editori Laterza, Bari-Roma, 1989.
  20. Paul Kennedy, Ecco i tre poli del nuovo mondo (e l’Europa non c’è), intervista a cura di Massimo Gaggi, https://www.corriere.it/la-lettura/24_gennaio_01/paul-kennedy-ecco-tre-poli-nuovo-mondo-l-europa-non-c-e-fbd42cd6-a7cb-11ee-aaf3-63d2857ce…
  21. L’obiettivo del multicentrismo bilanciato sarà possibile solo se la potenza aggressiva, per la sua storia, gli USA, saprà condividere il dominio mondiale con le altre potenze la Cina, l’India e la Russia che sono portatrici di una condivisione, nel rispetto delle proprie peculiarità storiche e territoriali, di un equilibrio dinamico tra le potenze. Leggo il multicentrismo bilanciato in maniera diversa dalla multipolarità bilanciata di John J. Mearsheimer che può evitare la fase policentrica che significherebbe la terza guerra mondiale e la fine dell’umanità considerata la forza distruttiva delle armi nucleari. Sulla multipolarità bilanciata si rimanda a John J. Mearsheimer, La tragedia delle grandi potenze, Luiss Press, Roma, 2019, pp. 259-427.
  22. Dante Alighieri, La divina commedia. Paradiso, a cura di Daniele Mattalia, BUR, Milano, 1989 (quarta edizione), canto I, versi 70-71, nota 70, pp.22-23. Sul transumanesimo come progresso nichilista dell’Occidente si rimanda a Roberto Pecchioli, L’uomo transumano. La fine dell’umanità, Arianna Editrice, Bologna, 2023.
  23. Giorgio Agamben, La crisi perpetua come strumento di potere in “Lo Straniero” del 3/11/2013; si legga anche Alessandra Ciattini, Verso un nuovo mondo: due punti di vista, www.ilcomunista23.blogspot.com, 15/7/2023.
  24. Luca Lanzalaco, Stati Uniti d’Europa: se li conosci li eviti, se li eviti ti salvi, www.comedonchisciotte.org, 15/12/2023; Idem, La revisione dei Trattati UE è l’attacco definitivo alla sovranità e alla democrazia, www.comedonchisciotte.org, 14/6/2022. Sottolineo che l’autore non fa riferimento alcuno al ruolo dell’Unione europea nelle strategie egemoniche degli USA nel conflitto strategico mondiale.
  25. Stefano Cingolani, Stati Uniti d’Europa: la vera riforma fiscale secondo Draghi, www.ilfoglio.it, 7/9/2023; Megas Alexandros, (alias Fabio Bonciani), E’ giunta l’ora che l’esperimento di massa in corsa dell’eurozona finisca! A dircelo è Mario Draghi, www.comedonchisciotte.org, 10/9/2023; Federico Fubini, Draghi:<< Europa sia unione vera, a partire dalla politica estera e difesa. Gli errori? Russia e Afghanistan >>, www.corriere.it, 8/11/2023; Redazione Ansa, Draghi è un momento critico per l’Europa, www.ansa.it, 29/11/2023; Katia Migliore, L’Europa è in crisi? Ci vuole più Europa! www.comedonchisciotte.org, 1/12/2023; Marina Lanza, a cura di, La UE pone fine alla finzione democratica, www.maurizioblondet.it , 21/11/2023.
  26. Nick Alipour, Il ministro della Difesa tedesco: << L’Europa deve essere pronta alla guerra entro la fine del decennio >>, www.maurizioblondet.it 18/12/2023; Stefano Porcai, Cambieranno le leggi, per favorire il complesso militare-industriale europeo, www.contropiano.org, 5/1/2024; sul ruolo dell’Unione europea nell’Asia centrale si veda Pepe Escobar, L’asia centrale è il primo campo di battaglia nel nuovo grande gioco, www.comedonchisciotte.org, 21/8/2023.
  27. Sulla conversione della sudditanza esteriore in interiore sottomissione, facendo sorgere quella psicologia del suddito che Friedrich Engels chiamò “da servitori” si veda Gyorgy Lukacs, La distruzione della ragione, Einaudi, Torino, 1959, pp. 3-90.
  28. Nico Perrone, Progetto di un impero 1823.L’annuncio dell’egemonia americana infiamma le borse, La Città del Sole, 2013, Napoli.
  29. Gyorgy Lukacs, La distruzione della ragione, Einaudi, Torino, 1959, pag.804.
  30. Si veda, con una lettura critica, Valery Korovin, La fine dell’Europa. Insieme alla Russia sulla via del multipolarismo, Anteo Edizioni, Cavriago (RE), 2023.

 

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LA STRATIFICAZIONE SOCIALE. UNA RIFLESSIONE, di Luigi Longo

LA STRATIFICAZIONE SOCIALE. UNA RIFLESSIONE

di Luigi Longo

La seguente riflessione scaturisce dall’ultima parte dell’intervista di Giuseppe Germinario a Gianfranco La Grassa, apparsa sul sito di Italiaeilmondo il 16 novembre 2023 con il titolo Il primato del politico, nella quale intervista si accenna alla questione della stratificazione del ceto medio.

La mia riflessione riguarda la questione dell’articolazione sociale della popolazione a partire dal cosiddetto ceto medio.

La stratificazione sociale di una nazione va vista all’interno dei rapporti sociali storicamente dati (che determinano la pienezza o la mancanza della vita vissuta), dove gli agenti strategici dominanti (gli strateghi, i gestori e gli esecutori) decidono il modello di sviluppo da realizzare nel breve-medio-lungo periodo.

Le stratificazioni sociali, all’interno delle grandi trasformazioni scientifiche e tecnologiche, sono sempre state nel passato storicamente determinato un miglioramento relativo per la maggior parte della popolazione (ad andamento aporetico cioè né lineare né deterministico) perché al centro del modello sociale dominante c’era, comunque, un essere umano sessuato all’interno del ciclo di madre natura, anche se questa era stupidamente e razionalmente aggredita (stupidità nelle relazioni sociali e territoriali, razionalità strumentale ai fini economici).

L’attuale processo di stratificazione sociale, nella fase iniziale della transizione ecologica, della digitalizzazione, della robotizzazione, dell’intelligenza artificiale (la rivoluzione elettronica per dirla con il grande storico Carlo Maria Cipolla), non considera più l’essere umano sessuato ma, l’essere umano inutile, amorfo, usa e getta, con intelligenza biologica e non individuale e sociale. In sintesi il regno animale da eliminare senza preoccupazione di nessuna natura: e qui sta il salto d’epoca. Siamo tornati alla preistoria con l’aggravante che stiamo uscendo dalla storia di madre natura che, come ci ricorda Karl Marx, non ha senso contrapporre alla storia umana << […] come se fossero due “cose” separate e l’uomo non avesse sempre di fronte a sé una natura storica e una storia naturale […]>> (L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, 1977, pag.16).

L’essere umano sessuato è ridotto ad una illusione di comunità, ad un non senso del vivere sociale, ad una individualità staccata dalla sua costruzione sociale; ma una comunità nella realtà deve esistere altrimenti saremmo alla fine della vita sociale umana e, quindi, del senso dell’esistenza stessa. E’ nel suo essere comunità pensante e tesa al benessere sociale che la comunità sta morendo. Bisogna recuperare il senso e la qualità della vita: << L’umano in quello che è oggettivamente fin dal suo cominciamento è due, due differenti […] Per compiere il destino dell’umanità, l’umano-uomo e l’umano-donna devono compiere ciascuno ciò che sono e nel contempo realizzare l’unità che costituiscono. L’unità che formano, fino dall’origine, in quanto specie umana è evidentemente solo una realtà prima a partire dalla quale iniziare il divenire umano. Ciò che sarà l’unità ultima, non possiamo anticiparlo: dipenderà dalla cultura del suo essere per ciascuno e dalla cultura della relazione fra i due. Questo termine non può fissarsi in un solo ente e sfugge alla rappresentazione. Far dipendere il divenire dell’unità duale della specie umana da un solo ente/essere significa negare la differenza costitutiva di quest’unità. […] La differenza tra uomo e donna esiste già, e non può essere equiparata a una creazione del nostro intelletto. Ci importa pensarla e coltivarla, certo, ma a partire da ciò che esiste. >> (Luce Irigaray, La via dell’amore, Bollati Boringhieri, Torino, 2008, pp. 73-74).

E’ evidente che parlare di stratificazione sociale diventa difficile soprattutto nella fase iniziale della rivoluzione elettronica e del multicentrismo, ma è possibile solo a condizione di indagare la configurazione degli esigui strati che si formeranno nelle sfere della vita sociale (produzione e riproduzione della vita completa), cioè nel nuovo modello sociale di intendere le relazioni e il senso dell’esistenza stessa; una indagine che trova terreno fertile nel campo teorico del costruendo paradigma del conflitto strategico di Gianfranco La Grassa (Un nuovo percorso teorico, edizioni Solfanelli, Chieti, 2023), che supera l’errore di Karl Marx (grande merito dei lavori di Gianfranco La Grassa e di Costanzo Preve), cioè quello di privilegiare la sfera economica sia pure dentro i rapporti sociali e pensare un cambiamento a partire << […] dalla classe operaia, salariata e proletaria, vista come l’avanguardia politica organizzabile del lavoro collettivo cooperativo associato, dal direttore di fabbrica all’ultimo manovale, alleata con le potenze intellettuali sprigionate dalla grande produzione industriale, definita da Marx con l’espressione inglese General Intellect >> (Costanzo Preve, Politically correct: elementi di politicamente corretto. Studio preliminare su un fenomeno ideologico sempre più invasivo, Editrice Petite Plaisance, Pistoia, 2020, pag. 28).

A differenza di altri passaggi d’epoca, l’attuale fase della suddetta transizione comporterà una riduzione quantitativa dei gruppi capaci di eventuale trasformazione (in questo senso è da riconsiderare la storia del luddismo del 19° secolo). Avremo, da una parte, una massa di lavoratori sempre più poveri e una massa di individui senza tutela sociale che non sono più in grado di pensare il benessere sociale e, dall’altra, una ristretta cerchia di strati nuovi di lavoratori che potrebbero accendere la scintilla di un cambiamento (che sarà difficile, considerate le condizioni oggettive del citato balzo storico che limiterebbero molto le doglie del parto di una civiltà nuova) per costruire una società di benessere. Pertanto, in questa fase, occorrerebbe una nuova forza/organizzazione sessuata che spazzi via la serva Unione Europea, pensi ad un’altra Europa, espressione di nazioni libere, autonome e solidali, lotti contro il modello egemonico degli Stati Uniti d’America (che arrogantemente si considerano << l’unico popolo indispensabile nel mondo >> che sono per una egemonia assoluta e fanno fatica a capire che sono diventati una potenza privilegiata ma non più dominante, non più centro dell’Impero del mondo) e guardi ad Oriente, un luogo capitalistico, le cui potenze consolidate (Cina e Russia) e in via di consolidamento (India), i centri del costruendo polo asiatico, sono per un mondo multicentrico. La speranza è quella che si affermi la fase multicentrica e all’interno del consolidamento di questa fase sia possibile ripensare un nuovo modello di sviluppo altro della società, storicamente determinata, portato avanti dagli agenti strategici di questa nuova forza/organizzazione espressione della maggioranza della popolazione, con le sue articolazioni sociali, capace di un progetto-processo reale dove l’essere umano << […] abbia valore per quello che crea spiritualmente e storicamente di universale in senso etico, e non solo per quello che consuma, produce e guadagna. Perciò si tratta di un universalismo pluralistico opposto a quello monistico, teorizzato dagli attuali fautori della globalizzazione economica >>. (Carlo Gambescia, Introduzione in Costanzo Preve, Hegel antiutilitarista, Settimo Sigillo, Roma, 2007, pag.9).

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LA CONFUSIONE DI GIULIANO AMATO E LA RICERCA DELLA VERITA’ SULLA STRAGE DI USTICA, di Luigi Longo

LA CONFUSIONE DI GIULIANO AMATO E LA RICERCA DELLA VERITA’ SULLA STRAGE DI USTICA

di Luigi Longo

 

Giuliano Amato, intervistato da Simonetta Fiori sulla strage di Ustica (nella quale il 27/6/1980 morirono 81 persone) per “La Repubblica” (intervista apparsa il 2/9/2023 con il titolo Ecco la verità su Ustica. Macron chieda scusa) ha dichiarato: a) «La versione più credibile è quella della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. E il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, con molti aerei in azione, nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro il leader libico: l’esercitazione era una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l’attentato come incidente involontario»; b) «Purtroppo sì. E questo non dovrebbe accadere perché la Nato sta dentro l’articolo 11 della Carta, quindi dovrebbe operare in modo da realizzare pace e giustizia fra le Nazioni. Qui invece cosa è successo? Un apparato costituito da esponenti militari di più paesi ha negato ripetutamente la verità pensando che il danno sarebbe stato irrimediabile per l’alleanza atlantica e per la stessa sicurezza degli Stati. E quindi tutte queste persone hanno coperto il delitto per “una ragion di Stato”, anzi dovremmo dire per “una ragion di Stati” o per “una ragion di Nato”. In base alle regole della ragion di Stato, il crimine forse sarebbe stato meno grave se fosse stato soppresso il leader libico, che era l’obiettivo dell’azione militare. Ma invece sono stati uccisi ottantuno innocenti passati lì per caso. E quindi resta un delitto gravissimo»; c) «Mi chiedo perché un giovane presidente come Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia di Ustica, non voglia togliere l’onta che pesa sulla Francia. E può toglierla solo in due modi: o dimostrando che questa tesi è infondata oppure, una volta verificata la sua fondatezza, porgendo le scuse più profonde all’Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo. Il protratto silenzio non mi pare una soluzione».

Perché Giuliano Amato, uomo di potere (braccio destro di Bettino Craxi, deputato, ministro, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Presidente del Consiglio, giudice e presidente della Corte Costituzionale, uscito indenne, insieme al PCI e alle sue metamorfosi degenerative, da Mani Pulite) rilascia questa intervista, dopo 43 anni dalla strage che, ricordo, non ha ancora un colpevole (ci sono ancora 18 documenti non declassificati) (Massimo Nesticò, Sette documenti Difesa su Ustica non ancora declassificati, www.ansa.it, 15/9/2023), nella quale sostanzialmente non dice niente di nuovo ma afferma chiaramente che la Francia è la responsabile della strage di Ustica? Già Francesco Cossiga, Presidente del Consiglio all’epoca della strage, nonchè Presidente della Repubblica dal 1985 al 1992, aveva detto (nel febbraio del 2007) che ad abbattere per errore il DC9 dell’Itavia sarebbe stato un missile francese. Queste le affemazioni di Francesco Cossiga davanti ai giudici «Il capo del Sismi, ammiraglio Martini, da me interpellato confermò di aver fornito questa informazione a Giuliano Amato e precisò che l’aereo francese aveva in realtà come missione l’abbattimento di un aereo che trasportava il colonnello Gheddafi». E aggiunge: «Ricordo anche che insieme all’ammiraglio Martini considerammo a tal proposito, la circostanza che un radar italiano aveva “battuto la traccia” sulla diagonale di Olbia; questa circostanza, infatti, rendeva plausibile che l’aereo fosse partito da una portaerei». «Chiesi all’ammiraglio Martini come avesse saputo queste cose e lui mi rispose che queste informazioni giravano negli ambienti dei servizi» precisa l’ex presidente, che fornisce altri particolari. «L’ammiraglio durante il nostro colloquio mi riferì anche che sembrava che il pilota francese si fosse suicidato, dopo aver appreso che l’aereo che aveva colpito era in realtà un aereo civile italiano. Chiesi all’ammiraglio se avesse chiesto informazioni ai francesi sul punto, ma lui mi rispose di no in quanto i francesi non gli avrebbero dato alcuna spiegazione o informazione» (Lirio Abbate, Quarant’anni di depistaggio. La verità senza colpevoli, “La Repubblica”, 2/9/2023). Alle stesse conclusioni era arrivato anni prima (1990) il deputato di Democrazia Proletaria Luigi Cipriani, componente della Commissione stragi che si batté con impegno, caparbietà e passione durevole per la ricerca della verità, sia dentro la Commissione che fuori, incontrando grande difficoltà insieme all’amarezza della solitudine della sua ricerca. Luigi Cipriani produsse un dossier sul caso, inquadrando il ruolo della Libia di Mu’ammar Gheddafi, nel Mediterraneo e nel continente Africa, che disturbava le strategie statunitensi in una fase pre-multicentrica, delicata per i nuovi equilibri mondiali che si metteranno in moto con l’implosione dell’ex URSS (1990-1991) e le trasformazioni della Nato; in secondo piano c’erano la tensione tra la Libia e la Francia sul Ciad e il deterioramento del rapporto tra la Libia e l’Italia a seguito dell’incidente della Secca della Medina (dove una piattaforma della Saipem, impegnata in ricerche petrolifere per conto di Malta, venne attaccata dalla Marina libica) (il dossier è riprodotto in Aa.Vv, Quel Marx di san Macuto, Fondazione Luigi Cipriani, Milano, 1993, pp.113-209; si veda, sul sito della Fondazione Luigi Cipriani, il suo intervento su Ustica e Bologna, il grande imbroglio).

La sentenza-ordinanza del giudice istruttore, Rosario Priore, terminata nel 1999, chiarisce che la causa della distruzione del DC9 è da attribuire ad una azione esterna:<< Certo se la caduta dell’aereo civile è stata determinata da quasi collisione, che ha cagionato la rottura dell’ala di sinistra, cui è conseguito quel break up che s’è descritto dai periti di Ufficio, Misiti e gli altri successivamente alla ipotizzata da loro esplosione, e da Casarosa e Held più di recente ed in modo completo, a partire cioè dal sorpasso stesso; la causa diretta dell’evento sarebbe la condotta del pilota dell’aereo sorpassante, ma questi che di certo ha agito mosso non da dolo diretto, non può non aver previsto la quasi collisione con il velivolo civile i cui ben conosceva la posizione dal momento che volava proprio approfittando della sua ombra radar. Lo ha sorpassato accettando questa eventualità. Ma quand’anche si versasse nell’ambito di questo dolo, la sua condotta sarebbe stata pur sempre determinata da un’esigenza di difesa da un attacco più che probabilmente mortale.

Quanto al dolo di coloro che attaccavano è difficile accertare se essi abbiano agito solo nell’intento d’inseguire o colpire il velivolo nella scia, certamente non civile, o se avendo di certo visto, direttamente o a mezzo radar il nostro DC9, ne abbiano previsto la possibilità del danno e l’abbiano accettata.

Non diverse le conclusioni anche se la caduta è stata determinata da una qualche esplosione esterna, come di missile a prevalente effetto di blast; così come descritto dai consulenti di parte civile. In questo caso si tratterebbe di vera e propria aberratio ictus. Resterebbe perciò comunque la strage, secondo il diritto interno. Ma l’azione è principalmente un atto di guerra, guerra di fatto non dichiarata – com’è d’abitudine da Pearl Harbour in poi, sino all’ultimo conflitto nei Balcani – operazione di polizia

internazionale, di fatto spettante alle grandi Potenze, giacchè non v’era alcun mandato in questo senso; azione coercitiva non bellica esercitata lecitamente o illecitamente, da uno Stato contro un altro; o atto di terrorismo, come poi s’è voluto, di attentato a un capo di Stato o leader di regime >> (Sentenza-ordinanza del Giudice Istruttore Rosario Priore depositata il 31/8/1999, www.stragi80.it/doc/la-sentenza-ordinanza-del-g-i/, capitolo 7, pag. 4965). Per Rosario Priore, quindi, il DC9 è stato abbattuto: “è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto”.

Di più non si poteva dire per il blocco di potere che faceva capo alla Nato che è l’illegalità fatta legge dagli Stati Uniti (alla faccia della separazione dei poteri e della sovranità nazionale!).

Ricordo che siamo nella fase pre-multicentrica, fine anni ‘70 inizio anni ’80, che anticipa la fase monocentrica con coordinamento mondiale degli Stati Uniti; la durata di tale fase, per nostra fortuna, è finita nel 2011 (è tutta da riscrivere la storia perché in Italia accadono cose che apparentemente sono slegate ma che appaiono, oggi, intrecciate: la seconda guerra della mafia, il ruolo delle Brigate rosse, l’uccisione di Aldo Moro, le trame di potere dei Servizi segreti, l’istituzionalizzazione del dissenso, la fine della tolleranza democratica degli Usa, il ruolo di Mani Pulite nel cambio della servitù agli Usa).

E’ nel 2011, con la strategia statunitense di distruzione della Libia (con la barbara uccisione di Mu’ammar Gheddafi) e il tentativo non riuscito della distruzione della Siria, che si entra nella fase multicentrica, con l’ascesa delle potenze mondiali di Cina e Russia (Daniele Ganser, Le guerre illegali della Nato, Fazi editore, Roma, 2022, in particolare sulla Libia pp. 365-398 e sulla Siria pp. 455-524). Faccio notare che la Francia è stato lo strumento degli Usa, via Nato, [sia nel 1980 (fase pre-multicentrica) sia nel 2011 (fase multicentrica)] usato per la eliminazione di Mu’ammar Gheddafi perchè gli interessi economici francesi si incastravano nelle strategie degli Stati Uniti che vedevano (come ho evidenziato in scritti precedenti) in Mu’ammar Gheddaffi un leader che ha portato la Libia ad essere una nazione superando le divisioni tribali; per averla fatta diventare la nazione sovrana più importante dell’Africa; per aver costruito una strategia di sviluppo non dipendente soltanto dalle risorse energetiche; per le sue azioni politiche ed economiche intraprese in Medio Oriente; per il ruolo svolto nella costruzione dell’Unione Africana (gli stati uniti d’Africa) con obiettivi strategici di autodeterminazione e di costruzione di un polo geopolitico sovrano come il continente africano, con una sua moneta, un fondo monetario africano, una banca centrale africana; per il suo anticolonialismo.

La strage di Ustica nel 1980 (fallito tentativo di assassinare Mu’ammar Gheddafi) e la distruzione della Libia nel 2011 (con l’assassinio di Mu’ammar Gheddafi) hanno come filo conduttore le strategie statunitensi nel Mediterraneo, nel Medio Oriente e nell’Africa, per i nuovi equilibri mondiali che si intravedevano nella fase pre-multicentrica (implosione dell’ex Urss) e si concretizzano nella fase multicentrica (ascesa di Cina e Russia come potenze mondiali): tutto torna ma in maniera diversa!

Quindi Giuliano Amato crea volutamente confusione quando sostiene che fu la Francia la responsabile della strage di Ustica, ben sapendo che furono gli Usa, via Nato, i mandanti del tentativo di uccidere Mu’ammar Gheddafi che provocò la tragedia di Ustica. La Francia è stata la serva, per i propri interessi soprattutto economici nella Libia a scapito della povera Italia, che ha eseguito l’ordine di abbattere Gheddafi nel 1980 (non riuscendoci) e contribuendo alla sua fine nel 2011. La Nato non coprì il massacro di Ustica con il silenzio, ma è stata la mandante del tentativo di assassinare Mu’ammar Gheddaffi. Quando si dice la Nato si intendono gli Usa!

Allora perché Giuliano Amato attacca la Francia? Non sarà certo perché rappresenta una Italia autorevole e sovrana che difende i suoi interessi nei nuovi equilibri che si andranno a consolidare nella fase multicentrica tra le potenze mondiali, ma sicuramente perché è al servizio dei centri strategici statunitensi che vogliono un forte ridimensionamento della Francia in Europa ed in Africa con la speranza che agli interessi di parte dei sub-decisori italiani venga riconosciuto un ruolo avanzato nella servitù.

Pertanto, in questa logica, avanzo alcune ipotesi da verificare ed approfondire, che riguardano: 1) la messa in discussione del Trattato del Quirinale tra Francia e Italia non più attuabile così come non è più attuabile il Trattato tra la Francia e la Germania sulla cooperazione e integrazione franco-tedesca per promuovere l’unità, l’efficienza e la coesione dell’Europa (sic). L’Europa non esiste più, è la Nato lo strumento di coordinamento europeo degli Usa che usa i luoghi istituzionali europei per realizzare, attraverso la gestione e l’esecuzione degli agenti strategici sub-dominanti, le strategie dei dominanti statunitensi; 2) il ridimensionamento della Francia (ritenuta non più affidabile dagli Usa) nell’Africa, che è diventata un continente importante nel conflitto strategico tra le potenze mondiali della fase multicentrica; 3) le relazioni ambigue di Emmanuel Macron con la Cina e con il Brics; 4) la definitiva chiusura per un ruolo determinante della Francia in Europa-Nato, così come è stato per la Germania. La fine del progetto statunitense dell’Unione Europea con la sostituzione della Nato a coordinamento delle nazioni europee ha comportato la inutilità dei coordinatori europei (la Germania per la sfera economica, la Francia per la sfera militare); 5) il conflitto interno tra i sub-decisori (si pensi a Giuliano Amato e a Mario Draghi due figure inquietanti per lo sviluppo del nostro povero Paese) per una migliore garanzia di servitù ai desiderata degli Stati Uniti sia direttamente sia indirettamente (via Nato). L’ultimo esempio della revoca del Memorandum sulle Vie della Seta tra Cina e Italia è significativo. E’ proprio da stupidi uscire dall’unico grande progetto di respiro mondiale.

E’ di grande attualità la riflessione di Dante Alighieri sull’Italia << Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello! >> (Dante Alighieri, La divina commedia. Purgatorio, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1975, pp. 125-126), così come lo è quella di G.W.F. Hegel << In questo periodo di sventura, quando l’Italia correva incontro alla sua miseria ed era il campo di battaglia delle guerre che i principi stranieri conducevano per impadronirsi dei suoi territori, ed essa forniva i mezzi per le guerre e ne era il prezzo; quando essa affidava la propria difesa all’assassinio, al veleno, al tradimento, o a schiere di gentaglia forestiera sempre costose e rovinose per chi le assoldava, e più spesso anche temibili e pericolose […] quando tedeschi, spagnoli, francesi e svizzeri la mettevano a sacco ed erano i gabinetti stranieri a decidere la sorte della nazione […] >> (Niccolò Macchiavelli, Il Principe, a cura di, Ugo Dotti, Feltrinelli, Milano, 2011, pp.246-247).

Nel ricordare, con Gyorgy Lukacs, che la stupidità e la disonestà si manifestano anzitutto nell’adattamento dei sentimenti e delle idee alla infamia della realtà sociale, concludo questa breve riflessione affermando che l’onta non pesa direttamente su Parigi ma su Washington! Non è Emmanuel Macron che deve chiedere direttamente scusa, nè Joe Biden che deve assumersi la responsabilità dell’assassinio di 81 persone innocenti che si sono trovate nel momento sbagliato al posto sbagliato, ma è Giuliano Amato che invece di chiedere le scuse di Emmanuel Macron dovrebbe ricercare la verità che esige una scelta di campo e una lotta al potere illegale della Nato, cioè, degli Usa. Altro che scuse!

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IL DISADATTAMENTO DELLE ELITES OCCIDENTALI. Intervista a Luigi Longo

IL DISADATTAMENTO DELLE ELITES OCCIDENTALI.

Intervista a Luigi Longo

Su questo link la raccolta delle interviste

 

Premessa

 

Non risponderò alle singole domande, che per comodità del lettore riporto in premessa, ma risponderò complessivamente perché c’è un filo rosso che le collega: il conflitto per l’egemonia mondiale tra un mondo monocentrico sostenuto dagli Usa come unico coordinatore egemonico (il polo occidentale) e un mondo multicentrico rappresentato dalla Cina e dalla Russia che è per la condivisione del dominio tra le potenze egemoni storicamente date (il polo orientale). La cesura mondiale, imposta con la guerra che gli Usa hanno dichiarato alla Russia via Ucraina-Nato-UE, ha comportato una accelerazione della costruzione del polo asiatico allargato nella fase multicentrica. Quindi il conflitto è tra un mondo a somiglianza e immagine degli Usa e tra un mondo dialogante tra le diverse potenze egemoni. La visione statunitense porta direttamente alla fase policentrica (la guerra), mentre quella cinese e russa comporta l’affermarsi della fase multicentrica che può evitare la guerra (forse l’ultima della storia umana, considerata la capacità distruttiva delle armi nucleari sulla vita della Terra) (Manlio Dinucci, La guerra. E’ in gioco la nostra vita).

 

Ecco le domande: 1) Quali sono le ragioni principali dei gravi errori di valutazione commessi dai decisori politico-militari occidentali nella guerra in Ucraina? 2) Sono errori di una classe dirigente o di un’intera cultura? 3) La guerra in Ucraina manifesta una crisi dell’Occidente. È reversibile? Se sì, come? Se no, perché? 4) Cina e Russia, le due potenze emergenti che sfidano il dominio unipolare degli Stati Uniti e dell’Occidente, dopo il crollo del comunismo si sono ricollegate alle loro tradizioni culturali premoderne: Il confucianesimo per la Cina, il cristianesimo ortodosso per la Russia. Perché? Il ritorno all’indietro, letteralmente “reazionario”, può attecchire in una moderna società industriale?

La risposta complessiva.

 

Gli agenti strategici statunitensi (perché sono loro che coordinano la guerra alla Russia e non un generico Occidente) credo abbiano commesso l’errore fondamentale, temuto da Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski, di aver favorito la svolta decisiva alla costruzione del polo asiatico allargato [attraverso gli strumenti quali l’associazione interstatale dei BRICS, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), l’Unione Economica Eurasiatica (UEE), l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), la RIC (Russia, India, Cina)], intorno alle consolidate potenze Cina e Russia, in grado di sfidare il polo occidentale, ad egemonia Usa, per la realizzazione di un mondo multicentrico. Diventa difficile, ora, per gli strateghi statunitensi, uscire da una situazione di impasse sia interna (crisi e declino strutturale di una nazione-potenza) sia esterna (relazioni con la Cina e la Russia improntate nella logica imperiale del divide et impera). Sullo sfondo ci possono essere anche alcuni loro errori di valutazione: a) il tentativo di frammentazione della Russia; b) la confusione tra economia reale ed economia finanziaria con la conseguenza di imporre sanzioni poco efficaci; sembrerebbe però un errore troppo madornale; a me pare piuttosto che si tratti di un colpo assestato dagli egemoni alla serva Europa per tenerla stretta al guinzaglio del comando, soprattutto nella fase multicentrica; c) il tentativo di ri-presa del controllo sul mar Nero importante per la Russia, per lo sbocco nel Mediterraneo.

L’Ucraina di fatto è già nella Nato, la Russia è circondata da basi Nato (ricordo l’importanza delle basi come controllo del territorio e come modello di sviluppo incastrato nelle strategie statunitensi; gli esempi delle città Nato in Italia sono eloquenti!). Quindi, il velamento dell’adesione ucraina alla Nato è funzionale sia agli Usa nel non dichiarare guerra direttamente alla Russia per equilibri/squilibri interni ed esterni (la fase multicentrica è lunga e spero che non si passi alla fase policentrica), sia alla Russia per tutelare la via del mar Nero e la popolazione delle regioni del Donbass e della Novorussia (Crimea inclusa) che rappresentano i territori (storicamente russi) più sviluppati dell’Ucraina. Ai russi non interessa la parte occidentale dell’Ucraina, sono interessati alla parte orientale meridionale del fiume Dnieper: lo hanno detto dal primo momento.

L’Ucraina, a mio parere, non esisterà più come nazione. La parte occidentale, dove vivono i veri ucraini, sarà trasformata in un territorio-enclave così come è accaduto al popolo palestinese.

Negli Usa non ci sono agenti strategici che propongono una nuova visione di sviluppo della società da portare avanti nel conflitto del mondo multicentrico; mancano, per dirla con Fedor M. Dostoevskij (Delitto e castigo), gli uomini straordinari, gli agenti strategici straordinari, in grado di dire una parola nuova. Ci sono agenti strategici, espressione di blocchi di potere, che lottano tra di loro senza una visione nazionale e gli interessi di parte prevalgono sull’interesse generale del Paese. Gli Usa non sono più un compatto insieme perché il conflitto tra i decisori è insanabile a causa della profonda crisi interna che tocca in maniera strutturale tutte le sfere della società.

Riporto una mia riflessione già sviluppata in altri scritti e, cioè, che la crisi della potenza egemone di coordinamento mondiale è una crisi di declino irreversibile che riguarda tutto l’Occidente, non fosse altro per il modello di sviluppo sociale imposto con il consenso e la coercizione. Gli Stati Uniti appaiono, nel mondo di oggi, una realtà onnipresente: non solo essi sono una delle superpotenze da cui dipende l’avvenire dell’umanità (e, invero, data la terrificante capacità distruttiva delle armi moderne, la sua stessa esistenza), ma le teorie scientifiche, i processi tecnologici, i condizionamenti culturali, i modelli di comportamento americani penetrano, per il bene come per il male, tutta la nostra vita, influenzandola assai più di quanto comunemente non appaia (Raimondo Luraghi, Gli Stati Uniti). Quindi, non è solo la crisi degli Usa ma è una crisi di civiltà dell’Occidente che si evidenzia con maggiore decisione nella fase multicentrica (una crisi d’epoca, di passaggio verso nuovi equilibri mondiali e nuovi modelli economici e sociali); una crisi che evidenzia il nichilismo occidentale della ricerca del post-umano (intelligenza artificiale, rivoluzione digitale, robotizzazione, recisioni delle radici umane e naturali, eccetera) e non riesce ad esprimere una nuova idea di sviluppo economico e sociale tendente al benessere individuale e sociale. Quale società sarà quella dove il popolo, sempre più plebe, vivrà la sua realtà virtuale tramite la rivoluzione informatica/digitale e le elites vivranno la realtà reale trasformando città e territori e costruendo nuovi paesaggi dove i flussi e il godimento della natura saranno sempre controllati e selezionati? Si va verso un nuovo paradigma sociale che porta dritto nel profondo nichilismo a meno che non si crei la possibilità di frenare questa discesa nel baratro sociale. Il morto afferra il vivo e lo fa prigioniero (Karl Marx).

La cosiddetta civiltà, qui mi riferisco sia all’Occidente sia all’Oriente, ha bisogno di ben altro progresso, di ben altra scienza: vanno ripensati sia la sua produzione sia i suoi obiettivi, tenendo presente la non neutralità della scienza. Abbiamo raschiato il fondo facendo passare per scienza la produzione dei falsi vaccini per combattere la malattia da covid-19 scaturita da un virus Sars-Cov-2 di origine artificiale usato per una guerra batteriologica, prevalentemente statunitense. Abbiamo bisogno di un progresso che aiuti a costruire sensatezza individuale e sociale affrontando i bisogni fondamentali della produzione e riproduzione della vita, innervato con il rispetto delle leggi della natura (di cui non sappiamo molto!).

Come l’Occidente affronta la fine del vecchio nomos e la costruzione del nuovo nomos (Carl Schmitt, Terra e mare)? Come si porrà il nuovo nomos occidentale in rapporto al nuovo nomos orientale che si inizia a intravedere nel costruendo polo asiatico allargato? Riusciranno i due ordini a rimanere nella fase multicentrica della storia mondiale con rispetto reciproco, basando il confronto sul riconoscimento della diversità storica e territoriale (Francois Jullien, Essere o vivere. Il pensiero occidentale e il pensiero cinese in venti contrasti; Luce Irigaray, Tra oriente e occidente. Dalla singolarità alla comunità; Guy Mettan, Russofobia. Mille anni di diffidenza) proponendo un nuovo modello di organizzazione di produzione e riproduzione della vita sessuata dei popoli?

Il “continente” Europa può svolgere un ruolo fondamentale (considerato il declino irreversibile dell’egemonia statunitense) nel creare un nuovo ordine, a patto però che crei la rottura con un progetto-percorso di de-americanizzazione (è poco studiata l’americanizzazione del territorio europeo), così come gli Stati Uniti imposero, con la dottrina Monroe, la de-europizzazione del continente America? Occorre, per dirla con Costanzo Preve, “un radicale riorientamento gestaltico” che faccia uscire l’Europa dalla servitù volontaria statunitense e pensare ad un’altra Europa come soggetto politico di nazioni autodeterminate e libere (con una propria idea di sviluppo e di organizzazione sociale, i cui territori facciano da crocevia di interscambio tra Occidente e Oriente), che aiuti gli Usa ad uscire da una logica di padroni del mondo. Una rottura forte e qualitativa che può essere realizzata mettendo in discussione il modello egemonico degli Usa a partire dalla liberazione dei territori europei dalle basi Usa e Usa-Nato che interferiscono nelle scelte di sviluppo imponendo il proprio modello di sviluppo e le proprie linee strategiche per le esigenze di potenza mondiale (l’Europa è piena di basi, di cui 140 in Italia; di 481 bombe nucleari, di cui 70 in Italia, di soldati, eccetera, cfr Redazione de “Il Messaggero”, Bombe atomiche dove sono in Italia? Oltre 70 testate nucleari in due basi, utilizzabili da Jet dell’aeronautica (ma degli Usa); Comidad, Il militarismo è un catalizzatore del crimine, www.comidad.org, 7/9/2023). E’ ideologia, nell’accezione negativa del termine, parlare di territori europei liberi quando sono occupati da basi statunitensi direttamente e indirettamente (Usa-Nato).

Bisogna uscire dalla Nato quale strumento che ha incorporato l’Unione Europea (che è stata un progetto Usa ideato negli anni trenta del secolo scorso e realizzato nel secondo dopoguerra con l’affermazione del dominio occidentale da parte degli Usa) per la realizzazione delle scelte strategiche statunitensi nel conflitto con le potenze mondiali Cina e Russia: la guerra alla Russia e tutte le scelte politiche formalmente europee lo stanno a dimostrare!

Costanzo Preve fa riflettere quando afferma che << […] l’Europa è diventata una Eurolandia priva di sovranità economica e soprattutto geopolitica e militare. Al suo interno è insediato un corpo di occupazione straniero, denominato NATO, inviato da tempo come mercenariato soldatesco in Asia Centrale, pronto a minacciare ed a rischiare una guerra mondiale in Georgia ed in Ucraina. Se questo è anche in parte vero, allora che senso ha elencare la tiritera del nostro grande profilo europeo, dalla filosofia greca al diritto romano, dalle cattedrali romaniche e gotiche dell’umanesimo rinascimentale, dalla rivoluzione scientifica all’illuminismo, dall’eredità classica greco-romana al cristianesimo, eccetera? Pura ipocrisia >> (Costanzo Preve e Luigi Tedeschi, Dialoghi sull’Europa e sul nuovo ordine mondiale).

Fin qui ho parlato di una rivoluzione dentro il capitale (inteso come rapporto sociale) che riguarda sia l’Occidente sia l’Oriente. Occorre invece pensare e progettare una rivoluzione fuori dal capitale, ma questa è un’altra grande e fondamentale questione.

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L’AMERICANIZZAZIONE DEL TERRITORIO (appunti per una riflessione), di Luigi Longo

Riproponiamo un articolo di Luigi Longo già apparso nel 2017 sul sito, ma ancora attuale alla luce di quanto sta emergendo sulla politica delle infrastrutture portata avanti dal governo italiano. Giuseppe Germinario

L’AMERICANIZZAZIONE DEL TERRITORIO

(appunti per una riflessione)

di Luigi Longo

Gli Stati Uniti appaiono, nel mondo di oggi, una realtà onnipresente: non solo essi sono una delle superpotenze da cui dipende l’avvenire dell’umanità (e, invero, data la terrificante capacità distruttiva delle

armi moderne, la sua stessa esistenza): ma le teorie scientifiche, i processi tecnologici, i condizionamenti culturali, i modelli di comportamento americani penetrano, per il bene come per il male, tutta la nostra vita, influenzandola assai più di quanto comunemente non appaia.

Raimondo Luraghi

In questo dopoguerra non si capisce più niente, questi americani hanno cambiato tutto […] questi americani ne combinano di tutti i colori.

Antonio de Curtis (Totò)

[…] non c’è speranza di poter sopprimere le tendenze aggressive degli uomini. Si dice che in contrade felici, dove la natura offre in abbondanza tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno, vivono popoli la cui vita si svolge nella mitezza presso cui la coercizione e l’aggressione

sono sconosciute. Posso a stento crederci; mi piacerebbe saperne di più, su questi popoli felici. Anche i bolscevichi sperano di riuscire a far scomparire l’aggressività umana, garantendo il soddisfacimento dei bisogni materiali e stabilendo l’uguaglianza sotto tutti gli altri aspetti tra i membri delle comunità. Io la ritengo una illusione. Intanto, essi sono diligentemente armati, e fra i modi con cui tengono uniti i loro seguaci non ultimo è il ricorso all’odio contro tutti gli stranieri. D’altronde non si tratta, come Ella stessa [ Einstein, mia precisazione] osserva, di abolire completamente l’aggressività umana; si può cercare di deviarla al punto che non debba trovare espressione nella guerra.[…] finché gli Stati e nazioni pronti ad annientare senza pietà altri Stati e altre nazioni, questi sono necessitati a prepararsi alla guerra.

Sigmund Freud1

1.Una strategia d’attacco. Questo scritto vuole ragionare sul fatto che gli Stati Uniti d’America (USA) stanno sviluppando una strategia d’attacco per bloccare il loro declino di potenza mondiale egemonica e fermare il consolidamento di nuove potenze mondiali (Russia e Cina, in particolare). Così afferma Zbigniew Brzezinski “Nel sistema unipolare ereditato dagli Stati Uniti dopo la fine della guerra fredda, le decisioni prese a Washington determinavano  l’agenda internazionale, dopo 23 anni il contesto è cambiato e quel sistema oggi è giunto alla fine e non potrà più ristabilirsi per tutto il tempo che sarà destinato alla prossima generazione […] Nelle attuali condizioni nessuna delle superpotenze può ottenere l’egemonia mondiale, motivo per il quale gli USA devono scegliere meglio i conflitti ai quali partecipare, visto che le conseguenze di un errore potrebbero essere devastanti […] per gli Stati Uniti è arrivato il momento di comprendere che il mondo contemporaneo risulta molto più complicato ed anarchico di quanto lo fosse negli ultimi anni della guerra fredda, tanto che l’accentuazione dei nostri valori così come la convinzione della nostra eccezionalità  e l’universalismo, sono da considerare quanto meno prematuri da un punto di vista storico”.2

La strategia d’attacco è a tutto mondo3 con particolare riguardo alla Russia che è ancora la seconda potenza militare mondiale e detiene un buon arsenale militare (soprattutto nucleare) risultato della corsa agli armamenti dell’ex URSS, la potenza mondiale dell’altro ex campo del << socialismo irrealizzato>>.

L’Europa (senza distinguere l’Europa come regione geografica comunemente considerata un continente, dall’Unione europea che comprende 28 paesi membri, da quella dell’eurozona che è l’insieme di 18 stati membri dell’Unione europea che hanno adottato l’euro come valuta ufficiale) assume un ruolo fondante per le strategie americane di penetrazione nei territori del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Est4.

L’Italia, in particolare, svolge una duplice funzione – verso i territori del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Est – sia per quanto riguarda la sua posizione geografica e il suo territorio occupato da basi strategiche USA e USA-NATO5, sia per quanto concerne il suo ruolo di contrasto nell’Unione Europea6 per qualsiasi serio tentativo di costruzione di una minima politica di autonomia7. E’ bene ricordare che non esiste una Europa di nazioni fondate da popoli che si autodeterminano ma di fatto l’Europa si configura come uno spazio geografico incardinato sugli USA e i tatticismi di alleanze di fase, come potrebbe essere il tentativo della costruzione di un asse sostanzialmente geo-economico più che geo-politico tra Parigi-Berlino-Mosca8, lo stanno a dimostrare.

E’ a partire da questa riflessione che leggerò il processo di americanizzazione del territorio italiano ed europeo come l’elemento fondante e strategico della politica egemonica9 americana che pervade anche i territori delle ri-nascenti potenze mondiali, come per esempio la Cina che, per dirla con David Harvey,<< In qualche modo […] imita quello del secondo dopoguerra negli Stati uniti, in cui il sistema di autostrade interstatali, che ha integrato il nord e il sud, e lo sviluppo delle periferie hanno svolto un ruolo cruciale nel sostenere insieme l’occupazione e l’accumulazione capitalistica[…] Anche la strategia degli investimenti in Cina rischia di avviare un percorso parimenti creatore di diseguaglianza. Un treno ad alta velocità fra Shangai e Pechino serve alla comunità degli affari e alla borghesia medio-alta, ma non rappresenta un sistema di trasporto economico che possa riportare a casa per il capodanno cinese i lavoratori provenienti dalle campagne (e non solo, mia precisazione). Allo stesso modo, grattacieli a uso abitativo, comunità recintate, campi da golf per i ricchi e centri commerciali di lusso non aiutano certo a ricostituire una vita quotidiana dignitosa per le masse impoverite.>>10

Gli USA sono una nazione con un forte potere politico, economico, scientifico – tecnologico e culturale ( sono i “quattro settori decisivi del potere mondiale”); hanno l’egemonia in tutte le istituzioni mondiali (le agenzie della governance mondiale: FMI, Banca mondiale, WTO, Nato, eccetera)11; detengono una indiscutibile supremazia militare mondiale12 con la quale creano “desolazione e la chiamano pace”; posseggono una agguerrita e spregiudicata classe dirigente dominante ( gli agenti strategici) figlia di quel grande evento che fu la Guerra civile che << […] era stata un fenomeno importantissimo sì, ma non solo americano. La sua portata mondiale nacque dal fatto che essa fu la prima guerra “industriale” dell’età contemporanea, il prodromo mal studiato e incompreso dei due conflitti mondiali in cui naufragò quel“ mondo di nazioni” la cui comparsa aveva segnato l’inizio dell’età moderna.>>13; nutrono la convinzione di espandere la pace, la democrazia e la libertà nel mondo ed hanno <<[…] l’arroganza di essere il portatore di una civiltà superiore garantita addirittura da un mandato divino che legittima con la sua elezione inverificabile questa pretesa di superiorità.>>14.

La ramificazione e l’innervamento mondiale del modello economico, sociale, politico, culturale e ideologico degli USA creano enormi vantaggi strategici e di posizionamento nella fase multipolare (lentamente avviata) e nella fase policentrica (nelle accezioni lagrassiane) per la sua ri-affermazione, con un nuovo modello sociale e territoriale scaturito dall’ordine del caos15, a potenza egemone mondiale.

2. La prepotenza americana. Nel 1934 così scriveva Antonio Gramsci:<< Ma il problema non è se in America esista una nuova civiltà, una nuova cultura, sia pure ancora allo stato di << faro >> e se esse stiano invadendo o abbiano già invaso l’Europa: se il problema dovesse porsi così, la risposta sarebbe facile: no, non esiste ecc., e anzi in America non si fa che rimasticare la vecchia cultura europea. Il problema è questo: se l’America, col peso implacabile della sua produzione economica (e cioè indirettamente) costringerà o sta costringendo l’Europa a un rivolgimento della sua assise economico-sociale troppo antiquata, che sarebbe avvenuto lo stesso, ma con ritmo lento e che immediatamente si presenta invece come un contraccolpo della << prepotenza >> americana, se cioè si sta verificando una trasformazione delle basi materiali della civiltà europea, cioè a lungo andare (e non molto lungo, perché nel periodo attuale tutto è più rapido che nei periodi passati) porterà a un travolgimento della forma di civiltà esistente e alla forzata nascita di una nuova civiltà [ corsivo mio].

Gli elementi di << nuova cultura >> e di << nuovo modo di vita >> che oggi si diffondono sotto l’etichetta americana, sono appena i primi tentativi a tastoni, dovuti non già a un << ordine >> che nasce da una nuova assise, che ancora non si è formata, ma all’iniziativa superficiale e scimmiesca degli elementi che incominciano a sentirsi socialmente spostati dall’operare (ancora distruttivo e dissolutivo) della nuova assise in formazione. Ciò che oggi viene chiamato << americanismo >> è in gran parte la critica preventiva dei vecchi strati che dal possibile nuovo ordine saranno appunto schiacciati e che sono già preda di un’ondata di panico sociale, di dissoluzione, di disperazione, è un tentativo di reazione incosciente di chi è impotente a ricostruire e fa leva sugli aspetti negativi del rivolgimento. Non è dai gruppi sociali<< condannati >> dal nuovo ordine che si può attendere la ricostruzione, ma da quelli che stanno creando, per imposizione e con la propria sofferenza, le basi materiali di questo nuovo ordine: essi << devono >> trovare il sistema di vita << originale >> e non di marca americana, per far diventare << libertà >> ciò che oggi è << necessità [corsivo mio] >> >>16

Ho riportato questo passo dell’”Americanismo e Fordismo” di Antonio Gramsci perché rappresenta, letto con gli occhiali del lagrassiano conflitto strategico, una visione d’insieme degli agenti strategici egemonici delle diverse sfere della società a modo di produzione capitalistico americana; Antonio Gramsci già vedeva gli USA come la potenza mondiale che con la sua egemonia avrebbe modellato la vita sociale complessiva dell’occidente capitalistico; oggi, possiamo storicamente affermare che essi sono la potenza mondiale vincitrice dello scontro con il blocco cosiddetto comunista rappresentato dall’ex URSS; ma l’illusione di essere diventati l’unica potenza mondiale egemonica è durata quasi un decennio, per gli strateghi dell’“arte criminale” degli agenti dominanti che hanno espresso presidenti come Bill Clinton e George W. Bush.

Il passo surriportato supera la logica economicistica che lo stesso Antonio Gramsci fa poco prima nel descrivere le trasformazioni territoriali ( città e campagna) funzionali al sistema produttivo fordista << […] è stato relativamente facile razionalizzare la produzione e il lavoro, combinando abilmente la forza (distruzione del sindacalismo operaio a base territoriale) con la persuasione (alti salari, benefizi sociali diversi, propaganda ideologica e politica abilissima) e ottenendo di imperniare tutta la vita del paese sulla produzione. L’egemonia nasce dalla fabbrica e non ha bisogno per esercitarsi che di una quantità minima di intermediari professionali della politica e dell’ideologia >>17

Secondo me occorre ripartire da questo salto gramsciano-lagrassiano per capire il processo di americanizzazione del territorio. Occorre, cioè, una visione dell’insieme della società americana( a partire dalla interpretazione che il grande americanista, Raimondo Luraghi, dà della guerra civile americana come “la prima guerra “industriale” dell’età contemporanea”) che, attraverso i suoi agenti strategici dominanti, è riuscita a modellare un nuovo sistema sociale egemonico a livello mondiale (un sistema che per carenza di ricerca teorica, pratica e pratica teorica e politica multidisciplinare, continuiamo a chiamare capitalismo18) attraverso l’”arte criminale” della forza ( due guerre mondiali, una guerra fredda e una strategia d’attacco a tutto mondo) e della persuasione, per dirla con l’autore del saggio anonimo pubblicato a Canton nel 1836, perchè << […] al momento non c’è probabilmente criterio più infallibile del grado di civiltà e progresso delle società dell’abilità che ciascuna di esse ha raggiunto nell’”arte criminale”, la perfezione e la varietà dei loro mezzi per la reciproca distruzione e la perizia con cui hanno imparato a usarli >>19

Voglio dire che il suddetto salto apre a re-interpretazioni nuove riguardanti lo sviluppo economico, sociale e territoriale dell’Europa, in generale, e, in particolare, dell’Italia, soprattutto se inquadrate nelle diverse fasi del sistema mondiale capitalistico ( monocentrico, multipolare, policentrico) che sono state lette prevalentemente in una logica economico-sociale20 che privilegiava gli aspetti della produzione, riproduzione e ristrutturazione dei processi produttivi capitalistici ( taylorismo, fordismo, informatizzazione) dove il profitto è letto come l’obiettivo fondante e prioritario con le sue conseguenze sul territorio inteso come spazio omogeneo e vuoto21; nel salto gramsciano-lagrassiano, invece, il sistema sociale d’insieme è interpretato come il conflitto politico, prevalentemente tra agenti strategici pre-dominanti e sub-dominanti, nelle diverse sfere22 che compongono la società tutta, per il potere-dominio e non il profitto che resta fondante ma non prioritario23 per gli stessi agenti che gestiscono, attraverso le articolazioni dei luoghi istituzionali (flessibili o statici), in una situazione di equilibrio dinamico, la società a tutti i livelli ( nazionale e mondiale) con conseguenze sul territorio, inteso come interconnessione tra le relazioni sociali storicamente date e le relazioni naturali; in questo senso i territori sono visti nell’insieme della loro storia economica, politica, sociale e culturale. Le istituzioni (senza proporre qui un’analisi sulla creazione delle istituzioni24) sono i luoghi pubblici territoriali, con diversi pesi gestionali e decisionali, dove materialmente i decisori strategici egemonici realizzano i loro indirizzi di dominio. Le istituzioni sono parti integranti delle strategie dei gruppi dominanti non luoghi esterni alle strategie degli agenti strategici. Con questo non voglio dire che le decisioni strategiche dei gruppi dominanti vengono presi solo nei luoghi istituzionali, esse vengono prese anche nei luoghi esterni. Ma è nei luoghi istituzionali che si esplica prevalentemente il potere egemonico << […] la supremazia di un gruppo sociale si manifesta in due modi, come “dominio” e come “direzione intellettuale e morale”. Un gruppo sociale è dominante dei gruppi avversari che tende a “liquidare” o a sottomettere anche con la forza armata ed è dirigente dei gruppi affini e alleati. Un gruppo sociale può e anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo (è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere); dopo, quando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa dominante ma deve continuare ad essere anche “dirigente”>>25. I luoghi pubblici, i luoghi dell’interesse generale, i luoghi delle istituzioni ramificate territorialmente, i luoghi dello Stato, sono luoghi dove ideologicamente (nell’accezione negativa del termine) si espleta la politica dell’interesse generale del Paese26. Il velo dell’interesse generale nasconde i reali interessi del blocco sociale egemone, formato dalla sintesi unitaria degli agenti strategici delle varie sfere sociali, che esplica il dominio sulla società in una condizione di equilibrio dinamico. Così parlò il Re di Brobdingnag a Gulliver << Avete dimostrato con molta chiarezza che quello che si richiede a un vostro legislatore è una buona dose di ignoranza, pigrizia e vizio. Che le vostre leggi sono spiegate, interpretate e applicate da coloro che hanno l’interesse e l’abilità di pervertirle, confonderle, eluderle. Vedo, sì, nella vostra costituzione, qualche aspetto che poteva essere tollerabile, ma ormai è quasi cancellato e la corruzione ha macchiato e deturpato tutto il rimanente >>27.

Le trasformazioni territoriali entrano nei disegni di supremazia degli agenti strategici delle potenze mondiali dominanti ed emergenti e il loro uso si diversifica, assume aspetti prioritari a seconda delle strategie di dominio della fase complessiva mondiale28, non dimenticando che<< la continua ridefinizione del paesaggio geografico del capitalismo è un processo violento e doloroso >>29. Intendo dire che nella fase monocentrica mondiale, quando c’è un coordinamento sia pure non perfetto (non è un teorema geometrico!) di una potenza mondiale, le sfere politico-istituzionale-economico-territoriale, dove agisce la sintesi politica degli agenti dominanti che crea egemonia nel sistema sociale prevalentemente attraverso il consenso, possono essere il fascio di luce che illumina le altre sfere ( per usare una metafora marxiana); mentre nelle fasi multipolare e policentrica, dove la potenza mondiale egemonica è in declino ed emergono altre potenze emergenti, le sfere politico-istituzionale-militare-territoriale, dove agisce la sintesi politica degli agenti dominanti che crea egemonia nel sistema sociale prevalentemente attraverso la forza, possono assumere il ruolo decisivo che pianifica e coordina le altre sfere.

3. L’americanizzazione del territorio europeo e italiano. I segni del processo di americanizzazione del territorio, sia europeo, sia italiano, intesi come conseguenza della egemonia del modello sociale americano, che si ramifica in maniera profonda dopo il secondo conflitto mondiale (fine della fase policentrica), con la ricostruzione e il conseguente sviluppo economico e sociale dei Paesi (fase monocentrica), possono essere così delineati per comodità di sintesi:

  • La perdita della impalcatura urbana e territoriale europea.

  • Lo sviluppo quantitativo della città e del territorio (la cultura quantitativa del territorio, la città diffusa, la città infinita, la ruralizzazione delle città, eccetera).

  • Il declino della città e del territorio come patrimonio sociale.

  • Le città e i territori della sicurezza e del controllo.

  • Il progetto di realizzazione del Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP, Transatlantic trade and investment partnership).

  • La militarizzazione delle città e dei territori.

Tratterò brevemente gli ultimi due segni su evidenziati perché li ritengo prioritari in questa fase sociale europea e italiana che vede un aumento di temperatura della fase multipolare per le strategie di attacco degli USA – soprattutto via Siria e Ucraina – nei riguardi della Russia.

Premetto due brevi considerazioni, una storica per comprendere la nascita della potenza mondiale americana; l’altra territoriale per capire la costruzione della sovranità europea.

La prima. L’americanizzazione del territorio europeo e italiano è un processo che inizia con la dottrina di Monroe30, cioè l’alt dato alle potenze europee di interessarsi al continente America, ovviamente negli interessi degli Stati Uniti e non dell’autodeterminazione dei popoli, e si consolida con la guerra civile americana31, che rappresenta per gli USA la svolta che permetterà loro sia di divenire una potenza mondiale, sia di operare una de-europeizzazione del territorio americano che consentirà la costruzione e la riorganizzazione del territorio (città e campagna), a partire da una propria identità, progettualità, disegno e visione32.

La seconda. La città e il territorio europeo e italiano devono essere oggetto di un processo di de-americanizzazione33 a partire da un progetto di sovranità su cui innestare una strategia di relazioni sociali altre, cioè, <<[…] trovare il sistema di vita << originale >> e non di marca americana, per far diventare << libertà >> ciò che oggi è << necessità >> >>.

3.1 TTIP. Il TTIP sarebbe un’immensa zona di libero scambio, corrispondente ad un mercato di più di 800 milioni di consumatori, alla metà del PIL mondiale ed al 40% degli scambi mondiali. Le conseguenze della realizzazione del TTIP sono devastanti sia dal punto di vista economico e sociale (libertà di azione delle multinazionali, ridimensionamento e ristrutturazione delle aziende agricole, peggioramento delle politiche del lavoro e delle politiche sociali, peggioramento delle condizioni ambientali, allineamento delle norme europee alle norme americane, eccetera), sia dal punto di vista territoriale (ridisegno del territorio rurale con conseguenza sul territorio urbano, sul paesaggio, eccetera)34. Di fatto il TTIP ha l’obiettivo di creare un mercato comune <<[…] che dia nuovo impulso alle due sponde dell’Atlantico[…] sembra però [non funzionare perchè] le stime più ottimiste fornite dall’Eurostat, [indicano] per l’Europa un aumento del PIL solamente dello 0.5% mentre per gli Stati Uniti 0,4%. Le stime risultano modeste per un progetto così ambizioso e ciò è dovuto al fatto che i rapporti commerciali tra UE e USA sono già in uno stato avanzato >>35.

In sintesi <<[…] questo trattato, se approvato secondo le intenzioni delle Tnc ( multinazionali trans-nazionali, mia precisazione), includerà modifiche ai regolamenti riguardanti la sicurezza dei prodotti alimentari, prodotti farmaceutici, prodotti chimici, ecc; stabilità finanziaria (libertà per gli investitori di trasferire i loro capitali senza preavviso); nuove proposte fiscali, come la finanziaria tassa sulle transazioni; sicurezza ambientale (ad esempio il diritto di imporre norme più rigorose sulle industrie inquinanti) e così via. I governi non potranno privilegiare operatori nazionali in rapporto a quelli stranieri per i contratti di appalto (una parte significativa di ogni economia moderna). Il processo negoziale si terrà a porte chiuse, senza il controllo dei cittadini>>36.

La strategia geo-economica e geo-politica degli USA, attraverso la creazione di una istituzione internazionale qual è il TTIP, mira a formare una grande area economica, che ingloba anche11 paesi che affacciano sul lato del pacifico (Messico, Canada, Cile, Perù, Giappone, Australia, Malesia, Singapore, Vietnam, Nuova Zelanda e Brunei) attraverso il TPP (Transpacific Patrnership), per contrastare sia il costruendo asse geo-politico ed economico tra la Cina e la Russia (come futuro epicentro degli equilibri mediorientali ed asiatici) sia per limitare le nuove potenze del Sud ( India, Brasile) e le macro areee regionali economiche ( come per esempio l’area Mercosur in America Latina).

La questione grave è la ulteriore perdita di sovranità degli Stati che compongono la UE (non esiste una Europa politica e militarmente autonoma) in favore degli agenti strategici americani e del declino definitivo di una possibile costruzione di politica europea autonoma capace di agevolare la costruzione di un mondo multipolare come soggetto di relazione sia con l’Occidente sia con l’Oriente. E’ lo smantellamento della << […] Unione Europea a vantaggio di un’unione economica intercontinentale, cioè relegare definitivamente l’Europa ad un grande insieme << oceanico>> separandola dalla sua parte orientale e da qualsiasi legame con la Russia.>>37.

Credo che sia ancora parzialmente valida la riflessione di Costanzo Preve quando affermava che << Per poter perseguire la prospettiva politica, culturale e geopolitica di un’alleanza strategica fra i continenti europeo ed asiatico contro l’egemonismo imperiale americano, prospettiva che ha come presupposto una certa idea di Europa militarmente autonoma dagli USA e dal loro barbaro dominio, bisogna prima (sottolineo: prima) sconfiggere questa Europa, neoliberale (e quindi oligarchica) in economia ed euroatlantica (e quindi asservita) in politica e diplomazia. Senza sconfiggere prima questa Europa non solo non esiste eurasiatismo possibile, ma non esiste neppure un vero europeismo possibile >>38. La parzialità è data dalla mancanza dei soggetti portatori di un progetto per una Europa autodeterminata sia all’interno degli agenti strategici dei dominanti sia all’interno degli agenti strategici dei dominati che vogliono un mondo multipolare fondata sulla maggioranza dei popoli39.

3.2 La militarizzazione delle città e dei territori. Non nascondo che faccio fatica ad immaginare una Europa che si autodetermina avendo sul suo territorio una miriade di basi militari NATO e NATO-USA (la Germania ne ha 70, l’Italia ne ha 111; sono dati da aggiornare ed escludono quelle che non si sanno)40. E’ fuori dubbio che gli USA sono egemoni nella NATO non fosse altro perchè è la potenza mondiale che spende in armamenti più della metà degli interi Stati mondiali (900 miliardi di dollari annui), e il suo presidente Barack Obama ha fatto sapere, in queste giornate europee, che<< […] «aerei Nato pattugliano i cieli del Baltico, abbiamo rafforzato la nostra presenza in Polonia e siamo pronti a fare di più». Andando avanti in questa direzione, avverte, «ogni stato membro della Nato deve accrescere il proprio impegno e assumersi il proprio carico, mostrando la volontà politica di investire nella nostra difesa collettiva». Tale volontà è stata sicuramente confermata a Obama da Napolitano e Renzi. Il carico, come al solito, se lo addosseranno i lavoratori italiani41>>. Così come è fuori dubbio che le strategie americane di politica estera, che ricalcano il vecchio retaggio da guerra fredda che impone supremazia militare ed economica e strategie regionali tese a proteggere incondizionatamente i Paesi alleati42, porteranno, mano mano che avanzerà la fase multipolare, ad una militarizzazione delle città e dei territori europei che esprime capacità militare, capacità di sicurezza e di controllo, capacità economica in funzione prevalentemente anti Russia. Non è un caso che la NATO non fu abolita una volta imploso il vecchio nemico “comunista”, ma fu rifondata probabilmente per meglio prepararsi ad un cambio di politica estera fondata sugli USA come unica potenza mondiale egemone: la nazione “eccezionale” universale. Oggi, per fortuna mondiale, non è così. La fase multipolare si va delineando e le strategie di politica estera americane fanno fatica a confrontarsi con le nascenti potenze mondiali (soprattutto Russia e Cina).

Ho già trattato, nei miei precedenti scritti, la infrastrutturazione del territorio europeo in funzione della Nato (l’intervento sulla TAV) e le città NATO (i due interventi sull’Ilva di Taranto). Voglio qui aggiungere una riflessione che riguarda la nuova polizia continentale con ampi poteri, l’Eurogendfor, istituita con il Trattato di Velsen (Olanda) e approvata all’unanimità dalla Camera e dal Senato all’assemblea di Montecitorio del 14 maggio 2010 (legge n.84 il “Trattato di Velsen”). Per indicare i caratteri principali del Trattato di Velsen riporterò i seguenti passi dell’articolo di Matteo Luca Andriola:<< […] la Forza di gendarmeria europea (European Gendarmerie Force), conosciuta come Eurogendfor o Egf, che viene ora a proporsi come il primo corpo poliziesco-militare dell’Unione Europea, a cui partecipano cinque nazioni, cioè l’Italia, la Francia, l’Olanda, la Spagna e il Portogallo ai quali, in seguito, si è pure aggiunta la Romania, un’istituzione, quindi, con valenza sovranazionale.[…] Fra il 2006 e il 2007 il processo di genesi dell’Eurogendfor fa passi da gigante: il 23 gennaio 2006 viene inaugurato il quartier generale a Vicenza, la stessa città dove ha sede il Camp Ederle delle truppe Usa, divenendo operativa a tutti gli effetti, mentre il 18 ottobre 2007 viene firmato il trattato di Velsen, sempre in Olanda […]All’art. 3 si legge che «la forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal Quartier Generale permanente multinazionale, modulare e proiettabile con sede a Vicenza (Italia). Il ruolo e la struttura del QG permanente, nonché il suo coinvolgimento nelle operazioni saranno approvati dal CIMIN – ovvero – l’Alto Comitato Interministeriale. Costituisce l’organo decisionale che governa EUROGENDFOR». Questa nuova “super-polizia” è, recita l’art. 1 del Trattato, «una Forza di Gendarmeria Europea operativa, pre-organizzata, forte e spiegabile in tempi rapidi al fine di eseguire tutti i compiti di polizia nell’ambito delle operazioni di gestione delle crisi», al servizio, non tanto dei cittadini dell’Ue o degli Stati firmatari del Trattato (le “Parti”), ma, sostiene l’art. 5, sarà «messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche». Quindi un’Arma che può essere a disposizione degli Stati Uniti, dato che la Nato è, a tutt’oggi, il braccio armato di Washington in Occidente[…] Colpisce, inoltre, il fatto che l’European gendarmerie force goda di una completa immunità internazionale. L’art. 4, recita che l’«EGF potrà essere utilizzato al fine di: condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici; formare gli operatori di polizia secondo gli standard internazionali: formare gli istruttori, in particolare attraverso programmi di cooperazione»[…] A quali casi si fa riferimento nel trattato di Velsen? A quelli inquadrati «nel quadro della dichiarazione di Petersberg». Cioè? A Petersberg, nei pressi di Bonn, si riunì il 9 giugno 1992 il Consiglio ministeriale della Ueo che approvò una Dichiarazione che individuava una serie di compiti precedentemente attribuiti all’Ue o da assegnare all’Unione europea, cioè le cosiddette «missioni di Petersberg», cioè le “missioni umanitarie” o di evacuazione, missioni intese cioè al mantenimento dell’ordine pubblico, nonché operazioni costituite da forze di combattimento per la gestione di crisi, ivi comprese operazioni di ripristino della pace. Ergo, oltre all’intervento in caso di catastrofe naturale, l’Eurogendfor può intervenire per sedare delle manifestazioni in assetto da «forze di combattimento» >>43.

Questa nuova istituzione europea di polizia continentale, che fa capo alla NATO, di controllo e sicurezza territoriale, con sede in una città NATO simbolo come Vicenza, trova comprensione in tre direzioni da approfondire: 1. Il ruolo della NATO che non è un ruolo direttamente militare (viene sempre più velato) ma economico, di sviluppo di territori, di sicurezza, di controllo, di penetrazione e di ampliamento di territori in funzione di contrasto delle potenze mondiali emergenti, soprattutto la Russia; 2. La perdita della peculiarità territoriale (di città e di territori) europea trova nel modello sociale e territoriale egemonico americano, direttamente e indirettamente tramite l’egemonia nelle istituzioni internazionali, una delle cause fondamentali del suo declino e della sua specificità storica:<< L’Europa si formò con l’emigrazione, l’America con la conquista. Per usare il linguaggio dei geologi, diremo che quella procede da alluvione e questa da azione vulcanica. E’ questo un primo tratto che differenzia la vita europea dall’americana.

Eccone un altro: la civiltà dell’America fu un’opera di governo, un’impresa di Stato, un grande atto amministrativo; quella dell’Europa un’opera anonima, popolare, senza azione legislativa […] Ogni civiltà ha un’opera genuina che è la città. La città è la sintesi di una civiltà, il gesto o il ritmo che traduce la sua anima. Atene è la Grecia, come Roma è l’Impero, Firenze è il Rinascimento, Siviglia è l’anima spagnuola (New York è la modernità:” tutto ciò che è di solido, si dissolve nell’aria”, mia aggiunta)44 >>45; 3.La politica di coesione e la cooperazione territoriale europea è funzionale alla strategia americana per aprire varchi ad Est risucchiando sempre più territori dalla sfera di influenza Russa (ultimo caso: l’Ucraina).

Un esempio: si dice che << Una pluralità di questioni è associata alla coesione territoriale: il coordinamento delle politiche in regioni estese come quella del Mar Baltico, il miglioramento delle condizioni lungo le frontiere esterne orientali, la promozione di città sostenibili e competitive a livello mondiale, la lotta all’emarginazione sociale in alcune parti di regioni più ampie e nei quartieri urbani sfavoriti, il miglioramento dell’accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria e all’energia in regioni remote e le difficoltà di alcune regioni che presentano determinate caratteristiche geografiche.[…] Il modello di insediamento europeo è unico. In Europa sono sparse circa 5 000 città piccole e quasi 1 000 città grandi, che fungono da centri di attività economica, sociale e culturale. In questa rete urbana relativamente densa le città molto grandi sono però poche. Nell’UE solo il 7% delle persone abita in città con oltre 5 milioni di abitanti, rispetto al 25% negli USA, e solo 5 città europee sono annoverate fra le 100 più grandi città del mondo.

Questo modello di insediamento contribuisce alla qualità della vita nell’UE, sia per gli abitanti delle città, che sono vicini alle zone rurali, sia per i residenti delle zone rurali, che beneficiano della prossimità dei servizi. È inoltre un modello più efficiente dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse in quanto evita le diseconomie dei grandi agglomerati e l’elevato uso di energia e di terre che caratterizzano l’espansione urbana; tali diseconomie assumeranno dimensioni ancora più preoccupanti con il progredire dei cambiamenti climatici e l’adozione di misure per adeguarvisi o per contrastarli >>46, questo modello così delineato cosa ha a che fare con il TTIP che è la distruzione delle aree rurali e la creazione di squilibri territoriali europei? Cosa ha a che fare con la realtà urbana e territoriale sempre più modellata su quella americana?47

Concludo con le parole del Re di Brobdingnag che sosteneva come <<[…] gli inglesi ( oggi, gli americani, mio aggiornamento) siano la più pericolosa razza di schifosi vermiciattoli cui la natura abbia concesso di strisciare sulla faccia della terra >>48.

Fonte: La foto è tratta dalla copertina del libro: Nico Perrone, Progetto di un impero 1823.L’annuncio dell’egemonia americana infiamma le borse, La Città del Sole, 2013, Napoli.

1 Le citazioni scelte come epigrafi sono tratte da: Raimondo Luraghi, Gli Stati Uniti, Utet, Nuova storia universale dei popoli e delle civiltà, volume sedicesimo, Torino, 1974, pag. XXI; Film: Totò, Fabrizi e i giovani di oggi, 1960; Sigmund Freud, Perché la guerra?. Carteggio con Albert Einstein, La città del sole, Napoli, 1996, pp. 24-25-28.

2 Le affermazioni di Zbigniew Brzezinski sono tratte da Luciano Lago, Zbigniew Brzezinski: L’egemonia degli USA ha i giorni contati, 2013, www.stampalibera.com. Sul declino degli USA valga per tutti il rimando a Giovanni Arrighi, Il lungo XX secolo, il Saggiatore, Milano, 1996; Giovanni Arrighi, Beverly J. Silver, Caos e governo del mondo. Come cambiano le egemonie e gli equilibri planetari, Mondadori, Milano, 1999; Gianfranco La Grassa, Finanza e poteri, Manifestolibri, Roma, 2008; Gianfranco La Grassa, Andrò girovagando, ma per favore seguitemi, quattro puntate, 2013 e Gianfranco La Grassa, Sommarie riflessioni sulla crisi, tre parti ( la prospettiva più tradizionale ( economicistica), un ripensamento complessivo, conclusione:la crisi dipende dalla politica), 2013, in www.conflittiestrategie.it.

3 << Nei periodi oramai passati della precedente amministrazione Bush, le Forze Speciali USA erano precedentemente dislocate in ben 60 nazioni sparse per il mondo, nel 2010, secondo Karen DeYoung e Greg Jaffe del Washington Post, questo numero si era gonfiato fino a 75. Per arrivare poi nel 2011, quando il portavoce del Comando Operazioni Speciali (SOCOM) Colonello Tim Nye ne annunciò che la presenza si sarebbe allargata a 120 nazioni. Questa cifra oggi è già obsoleta. Nel 2013, le forze d’Elite USA erano dislocate in 134 paesi [ su 194 stati generalmente riconosciuti sovrani a livello internazionale, mia osservazione ] , secondo il colonnello Robert Bockholt dell’Ufficio Relazioni della SOCOM (Comando Operazioni Speciali). Questo aumento del 123% durante l’amministrazione Obama dimostra come, in aggiunta ai conflitti decennali convenzionali ,alla campagna dei droni svolta dalla CIA, alla diplomazia e all’esteso controllo della cybersfera, l’America ha lanciato un ulteriore forma significante di controllo nei paesi esteri >> in Nick Turse, La guerra segreta delle forze USA in 134 paesi, 05/02/2014, www.comedonchisciotte.org.

4 Per restare agli ultimi eventi si rifletta sul ruolo di testa di ponte euroasiatica che svolge l’Europa ( in particolare la Francia e la Germania) nelle strategie USA ( via NATO) nella crisi della Siria e dell’Ucraina e nel progetto di realizzazione del Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP, Transatlantic trade and investment partnership) che modella sempre più i capitalismi europei sul capitalismo della superpotenza mondiale americana separando sempre di più l’Europa dall’Oriente, riducendo i legami con la Russia e la Cina. Due potenze mondiali che vanno contenute sia applicando un potere forte dove prevale la sfera politico-militare ( la strategia di Zbigniew Brzezinshi per la Russia) sia applicando un potere flessibile dove prevale la sfera politico-economica (la strategia di Henry Kissinger per la Cina). Per approfondimenti si rimanda a Zbigniew Brzezinshi, La grande scacchiera, Longanesi, Milano, 1998; Henry Kissinger, Cina, Mondadori, Milano, 2011; Franco Cardini, A proposito del cosiddetto “imperialismo russo” ( e della corta memoria dei suoi stigmatizza tori), 9 marzo 2014, www.francocardini.net; Gianfranco La Grassa, Quali possibilità ancora ci si offrono?, 11 marzo 2014, www.conflittiestrategie.it; Geab83, Crisi sistemica globale, 17 marzo 2014, www.comedonchisciotte.org; Ignacio Ramonet, Pericolo!Accordo transatlantico per il commercio e gli investimenti, 7 marzo 2014, www.monde-diplomatic.it; Alain de Benoist, Il grande mercato transatlantico: come gli Stati Uniti continueranno a fare a pezzi l’Europa, 18 febbraio 2014, www.ariannaeditrice.it ; Lori Wallach, Il trattato transatlantico: un uragano che minaccia gli europei in “Le Monde Diplomatique”, ed. italiana, novembre 2013; Alessandro Di Liberto, L’ipotesi dell’Unione Transatlantica: breve analisi, 8/10/2013, www.ariannaeditrice.it.

5 << […] l’instabilità dell’Europa centrorientale e dei Balcani, la conflittualità politica del Nord Africa e del Medio Oriente, le minacce al controllo delle risorse energetiche dell’area caucasica e del Golfo, l’accesso alle quali passa per l’Adriatico e per il Mediterraneo, e la libertà di navigazione in quest’ultimo […] fa dell’Italia la “sentinella” dei Balcani e del Medio Oriente[…] La nuova organizzazione di comando della NATO assegna al nostro paese 4 comandi, fra regionali e sub regionali, pari solo a quelli degli Stati Uniti contro, invece, i 2 della Germania – il punto di fuga della guerra fredda – e della Gran Bretagna. E, mentre molte delle basi collocate in altri paesi europei sono in via di smantellamento, la Nato continua a investire in quelle italiane.>> in Marco Clementi, La Nato. Dal mondo diviso in due alla minaccia del terrorismo globale, il Mulino, Bologna, 2002, pag.110.

6 Per queste ragioni gli USA ( specialmente gli ambienti strategici che esprimono Barack Obama) stanno pressando il loro fiduciario Giorgio Napolitano affinché porti a compimento, in tempi brevi, la realizzazione di quel progetto di costruzione ( iniziato nel lontano 1992-‘93 con l’operazione “mani pulite”) di un formale bipolarismo-bipartitismo ( destra e sinistra, termini che non spiegano più niente), di derivazione americana (che nulla ha a che fare con la tradizione politica italiana), armonioso, pratico, affidabile, disponibile e ubbidiente alle strategie USA. Per adesso il suddetto progetto si è fermato all’operatore di marketing politico, Matteo Renzi. Su questi temi si rimanda alla originale e interessante analisi di Gianfranco La Grassa. Segnalo alcuni suoi interventi: Piccole memorie, Pantomima continua, una “Monarchia ecclesiastica” e L’Entrata in campo, 2013, www.conflittiestrategie.it.

7 Si leggano di Giorgio Napolitano il messaggio alla Camera dei Deputati del 22 aprile 2013 ( rielezione a Presidente della Repubblica) e il discorso al Parlamento europeo del 4 febbraio 2014 (omaggio al Parlamento europeo per la rielezione a Presidente della Repubblica) in www.quirinale.it ; si veda il Fiscal Compact adottato dal Parlamento dove tra gli impegni assunti con la legge 23 luglio 2012 n.114 spicca l’obbligo di ridurre al 60% dell’incidenza del debito pubblico sul Pil lungo un arco di vent’anni a partire dal 2015. Per le ricadute devastanti sul Pil rinvio al modello, creato su base ottimista delle variabili considerate, di Giorgio Gattei, Antonino Iero: L’insostenibile rimborso del debito, 11 marzo 2014, www.economiaepolitica.it; per non parlare dei richiami del presidente della Bce, Mario Draghi, e della stessa Bce, attraverso il bollettino di marzo, che sottolineano come l’Italia non si attiene alla: <<… raccomandazione della Commissione del novembre 2013[che] indicava la necessità di ulteriori misure di risanamento per assicurare l’osservanza del Patto di stabilità e crescita (cioè per conseguire l’obiettivo di medio termine di un bilancio strutturale in pareggio nel 2014 e assicurare progressi sufficienti verso il rispetto del criterio per il debito durante la fase di transizione). Finora, tuttavia, non sono stati compiuti progressi tangibili per quanto riguarda la raccomandazione della Commissione. In prospettiva, è importante effettuare i necessari interventi affinché siano soddisfatti i requisiti previsti dal meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita, soprattutto per quanto riguarda la riconduzione del rapporto debito/PIL su un percorso discendente, come segnalato anche di recente dalla Commissione europea nel contesto dell’esame approfondito sull’Italia >>, Banca Centrale Europea, Bollettino mensile marzo, n.3/2014, pag.86, www.bancaditalia.it.

8 Per una lettura geo-economica si veda l’analisi di Immanuel Wallerstein, Cosa intendono gli Stati Uniti per Europa in “Il Manifesto” del 18 febbraio 2014. Per una conferma ultima della subordinazione dell’Europa alle strategie USA nella crisi Ucraina si rimanda a Manlio Dinucci, Le armi dell’economia, Il Manifesto, 11 marzo 2014; Gianni Petrosillo, La spar(t)izione dell’Europa, 10 marzo 2014, www.conflittiestrategie.it; Jacques Sapir, Crimea e diritto internazionale, 11 marzo 2014, www.sinistrainrete.it ( lo scritto non è condivisibile nella sua interezza, soprattutto per quanto riguarda la mancata chiarezza sulla non autonomia dell’Europa dalla strategia USA e sulla politica del divide et impera americana in Europa); Pepe Escobar, Il nuovo grande (rischioso) gioco in eurasia,18 marzo 2014, www.comedonchisciotte.org.

9 Intendo il concetto di egemonia nella accezione gramsciana prevalente e cioè:<< L’esercizio “normale” dell’egemonia nel terreno divenuto classico del regime parlamentare, è caratterizzato dalla combinazione della forza e del consenso che si equilibrano variamente, senza che la forza soverchi di troppo il consenso, anzi cercando di ottenere che la forza appaia appoggiata sul consenso della maggioranza, espresso dai così detti organi dell’opinione pubblica – giornali e associazioni – i quali, perciò, in certe situazioni, vengono moltiplicati artificiosamente >> in Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, volume III, quaderno 13, Einaudi, Torino, 1975, pag.1638.

10 David Harvey, Il capitalismo contro il diritto alla città, Ombre Corte,Verona, 2012, pp.92-93. E’ da sottolineare con Costanzo Preve, che << la Cina è un paese capitalistico che non tollera il formarsi dei partiti capitalistici soprattutto quelli di tipo americano[…] l’instaurazione di un sistema politico di tipo americano, il che vorrebbe dire praticamente la fine del controllo statale sull’economia cinese e pertanto la totale omogeneizzazione della Cina al sistema capitalistico occidentale>> in Costanzo Preve, Democrazia, oligarchia e capitalismo, intervista di Andrea Bulgarelli, 23/1/2013, www.ariannaeditrice.it.

11 Su questi temi rimando a Giovanni Arrighi, Capitalismo e (dis)ordine mondiale, a cura di Giorgio Cesarale e Mario Pianta, Manifestolibri, Roma, 2010.

12 L’ammontare totale della spesa militare mondiale per il 2012 è pari a 1756 miliardi di dollari. Gli USA con una spesa militare, in declino, pari a 684,3 miliardi di dollari (39% di quella mondiale), confermano il loro primato nel settore, seguito dalla Cina con una spesa militare, in forte aumento, pari a 166 miliardi di dollari ( 9,4% di quella mondiale) e dalla Russia con una spesa militare, in forte rialzo, pari a 90.7 miliardi di dollari ( 5,8% di quella mondiale). Cfr SIPRI Yearbook 2013, Armaments,disarmament and International security in www.sipriyearbook.org ; Istituto di Ricerche Internazionali “Archivio Disarmo”, Le spese military mondiali nel 2010 in www.archiviodisarmo.it .

13 Raimondo Luraghi, La guerra civile americana. Le ragioni e i protagonisti del primo conflitto industriale, BUR Rizzoli, 2013, pp.7-8.; Raimondo Luraghi, Storia della guerra civile americana. Da John Brown ad Abraham Lincoln, Bur Rizzoli, Milano, 2013; Raimondo Luraghi, Gli Stati Uniti, Utet, Torino, 1974, Nuova storia universale dei Popoli e delle Civiltà, volume sedicesimo; Nico Perrone fa risalire la ferma determinazione politica della classe dirigente alla dottrina di Monroe del 1823:<< Le risorse interne e quelle dei domini geografici e politici via via acquisiti, sono state gli strumenti materiali per far crescere la grande potenza americana. E dietro tutte le risorse materiali c’è stata sempre la capacità degli americani di sentirlo come proprio quel progetto, e di farlo durare al di sopra di ogni interna divisione politica.[…] Occorrevano anche una chiarezza di obiettivi […] e una ferma determinazione politica, che fossero sostenute da una corale volontà nazionale. Dopo sarebbero venuti la potenza delle armi, il potere economico, la tecnologia, e soprattutto il sapere elevare a dogma di respiro mondiale i propri interessi e il proprio sistema economico-politico >> in Nico Perrone, Progetto di un impero 1823.L’annuncio dell’egemonia americana infiamma le borse, La Città del Sole, 2013, Napoli, pag.198.

14 Costanzo Preve, Filosofia e geopolitica, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 2005, pp.38-39. Si veda anche Alain de Benoist, L’impero del “bene”. Riflessioni sull’America d’oggi, Edizioni Settimo Sigillo, Roma, 2004; Domenico Losurdo, Democrazia o bonapartismo, Bollati Boringhieri, Torino, 1993, pp.167-172.

15 Su questi temi rimando a Giovanni Arrighi, Beverly J. Silver, Caos e governo del mondo. Come cambiano le egemonie e gli squilibri planetari, Mondadori, Milano, 2003. Rilevo, an passant, che nel citato libro vi è una forte lettura economicistica del dis-ordine mondiale.

16 Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, volume III, quaderno 22, Einaudi, Torino, 1975, pp.2178-2179.

17 Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, volume III, quaderno 22, Einaudi, Torino, 1975, pp.2145-2146. Si veda Franco Farinelli, Geografia. Un’introduzione ai modelli del mondo, Einaudi, Torino, 2003, pag.187.

18 Se si esclude il lavoro di forte impronta tecnico-economica del 1941 del passaggio dalla società capitalistica a quella manageriale di James Burnham, La rivoluzione manageriale, Bollati Boringhieri, Torino, 1992.

19 Riportato in Giovanni Arrighi, Beverly J. Silver, Caos e governo del mondo. Come cambiano le egemonie e gli squilibri planetari, Mondadori, Milano, 2003, pag.267. Per una applicazione dell’arte criminale da parte degli USA durante la seconda guerra mondiale (liberazione-occupazione dell’Europa) si veda HS, Mondo Criminale – il paradigma “siculoamericano”: gli albori, 17 marzo 2014, www.comedonchisciotte.org; Giuseppe Casarrubea, Mario J. Cereghino, Lupara nera. La guerra segreta alla democrazia in Italia 1943-1947, Bompiani, Milano, 2009.

20 E’ da ri-costruire l’analisi storica dell’assenza del territorio nell’analisi marxista: quando esso è stato trattato non si è andato oltre la logica economicistica marxista ma non marxiana (con ciò non voglio esimere Karl Marx dalle sue responsabilità).

21 Si veda David Harvey, La crisi della modernità, il Saggiatore, Milano, 1993; David Harvey, L’esperienza urbana. Metropoli e trasformazioni sociali, il Saggiatore, Milano, 1998.

22 Le sfere sociali sono astrazioni con cui si cerca di comprendere la realtà (ricordando sempre che la realtà è più avanti noi siamo sempre indietro, come cantava Giorgio Gaber) e sono individuate a seconda delle esigenze teoriche degli studiosi. Per esempio Gianfranco La Grassa ne ha individuato tre (economica, politica, ideologico-culturale); David Harvey ne utilizza sette (le attività tecnologiche e forme organizzative, rapporti sociali, ordinamenti istituzionali e amministrativi, produzione e processi lavorativi, rapporti con la natura, riproduzione della vita quotidiana e della specie, concezioni mentali del mondo).

23 Così interpreto i capitoli ventitreesimo (la legge generale dell’accumulazione capitalistica) e ventiquattresimo (la cosiddetta accumulazione originaria) di Karl Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica, Einaudi, Torino, 1975, libro primo, pp. 753-877 e pp. 879-938. Il potere è la relazione più stupida e terrificante che il genere umano si sia costruito, dalla famiglia allo Stato. William Shakespeare (Re Lear) e Svetonio (Vite dei Cesari) hanno scritto cose memorabili sull’essenza devastante del potere. Tant’è che sin dai tempi antichi tutte le società con le loro istituzioni, storicamente determinate, si sono poste il problema del controllo e del limite del potere attraverso l’equilibrio (il bilanciamento) dei soggetti del potere. La dottrina costituzionale della separazione dei poteri richiede un bilanciamento di poteri fra il ramo esecutivo, quello legislativo e quello giudiziario. Un bilanciamento flessibile e storicamente dato. Per esempio, << La crisi delle concezioni di nazione prodotta dalla guerra civile (americana, mia precisazione) divenne la base di una nuova scienza politica e giuridica che riposizionò stato, sovranità e diritto pubblico lontano dall’enfasi del XIX secolo su autorità locale, autogoverno e democrazia partecipativa >> in Saskia Sassen, Territorio, autorità, diritti. Assemblaggi dal Medioevo all’età globale, Bruno Mondadori, Milano, 2008, pag.165.

24 Giuseppe Papagno (1979), Istituzioni in AaVv, Enciclopedia Einaudi, Vol. VII, Torino, Einaudi. Gianfranco La Grassa, L’altra strada. Per uscire dall’impasse teorico, Mimesis, Milano, 2012, pp.195-212. E’ da riflettere, in maniera più approfondita e sistematica, sui meccanismi istituzionali nelle strategie degli agenti dominanti tenendo chiaro due punti: 1. Le istituzioni sono parti integranti del conflitto strategico degli agenti dominanti; 2. La burocrazia è un concetto vuoto, superficiale che non fa capire i processi di produzione, gestione, programmazione utili per raggiungere gli obiettivi strategici dei dominanti (Honorè Balzac qualcosa del genere l’aveva intuito nel suo libro “Gli impiegati”).

25 Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, Einaudi, Torino, 1975, volume terzo, quaderno 19, pp.2010-2011.

26 La Costituzione italiana definisce, nella parte seconda, i luoghi territoriali dell’ordinamento della Repubblica: parlamento (camera e senato), presidente della repubblica, governo della repubblica, pubblica amministrazione, organi ausiliari, magistratura, regioni- province- comuni, corte costituzionale.

27 Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver, Oscar Mondadori, Milano, 2013, pag 144.

28 Il territorio è articolato, è materiale, è trascendente, è ricco di relazioni umane sessuate e naturali. La sua articolazione è il risultato delle relazioni intese << come unità inscindibile dell’elemento naturale e dell’elemento storico>>. La sua costruzione (il paesaggio) è data dai cicli della natura con le sue leggi (non molto conosciute) e dal modo di produzione e riproduzione sociale (molto aggressivo) che il genere umano sessuato si dà storicamente. I meccanismi della produzione e riproduzione sociale di una società, basata sul modo di produzione capitalistico, non hanno tenuto, non tengono e non terranno conto sia della libera autodeterminazione umana sessuata sia delle leggi e degli equilibri naturali. Si rimanda a Karl Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica, Einaudi, Torino, 1975; Karl Marx, Critica al programma di Gotha, Editori Riuniti, Roma, 1976; Costanzo Preve, Marx inattuale, Bollati Boringhieri, Torino, 2004.

29 David Harvey, L’esperienza urbana. Metropoli e trasformazioni sociali, il Saggiatore, Milano, 1998, pag. 227.

30 Nico Perrone, Progetto di un impero 1823.L’annuncio dell’egemonia americana infiamma le borse, La Città del Sole, 2013, Napoli.

31 Raimondo Luraghi, La spada e le magnolie, Donzelli, Roma, 2007.

32 Per una introduzione alla costruzione e contrapposizione politica e ideologica della concezione del territorio tra USA e URSS si veda Bernardo Secchi, La città del ventesimo secolo, Laterza, Roma-Bari, 2008, pp.63-85.

33 Non leggo gli Usa come uno stato canaglia o una superpotenza canaglia alla Noam Chomsky (come fa nel suo “De-americanizzare il mondo”, 8/11/2013, www.comedonchisciotte.com ), ma leggo la de-americanizzazione dell’Europa come un processo che limiti l’egemonia degli USA per agevolare un mondo multipolare, possibilmente basato sull’autodeterminazione dei popoli.

34 Per una comprensione approfondita sulla portata distruttrice del TTIP sulla campagna, si legga l’interessante libro sulla questione agraria mondiale di Silvia Perez-Vitoria, Il ritorno dei contadini, Jaca Book, Milano, 2007. Riporto da I quaderni di Attac di Torino, n.7 – Gennaio 2014 – alcune gravi conseguenze nefaste sul settore agricolo: << L’impresa agricola USA è circa 13 volte più grande della sua omologa europea (169 ettari negli USA rispetto ai 12,6 ettari nella UE) e poiché si è venuta progressivamente concentrando in grandi complessi agroalimentari, gli agricoltori negli Stati Uniti sono oggi appena 2 milioni contro i 13 della UE. Oltre ad essere molto più piccole, le imprese agricole della UE sono anche gravate da norme uniche nel loro genere, riguardanti l’ambiente e il benessere sociale e animale, norme dalle quali sono invece esenti le loro molto più grandi controparti americane. Ecco perché è generalizzata tra gli agricoltori europei la preoccupazione che, se il TTIP aprisse i mercati UE e USA ad un’ulteriore concorrenza, loro non sarebbero più in grado di competere con le controparti USA. Temono infatti che i consumatori europei, che pure richiedono severi limiti nell’uso di pesticidi e il mantenimento dei paesaggi campestri in Europa, scelgano poi di riempire i carrelli della spesa con prodotti USA a buon mercato. Se procedesse come ora previsto, il TTIP potrebbe davvero vanificare il progetto di riforma dell’agricoltura europea su basi più sostenibili dal punto di vista economico, sociale e ambientale, insieme con l’obiettivo di creare circuiti commerciali a filiera corta tra produttori e consumatori, e di rafforzare i sistemi alimentari locali e regionali.

La concorrenza con gli agricoltori americani porterà invece un’accelerazione nella concentrazione dell’agricoltura nelle mani dei grandi gruppi agroalimentari, una diminuzione dei lavoratori agricoli attivi e, di conseguenza, l’aumento della disoccupazione. Come ha rilevato la Commissione Europea nella sua Valutazione di Impatto del TTIP: “In agricoltura, alcune conseguenze di breve periodo di un accordo commerciale USA-UE, possono essere la diminuzione della produzione europea, in particolare in alcuni settori di produzione delle carni… certi comparti agricoli UE potrebbero quindi essere spinti a licenziare i lavoratori.”>>. E’ utile ricordare, per esempio, che il made in Italy agroalimentare è in mano di investitori stranieri (dati Inea-Infocamere) e che l’Italia importa grano americano, messicano e canadese. Abbiamo perso la sicurezza alimentare nazionale, ma questo è un altro ragionamento.

35 Alessandro Di Liberto, L’ipotesi dell’Unione Transatlantica: breve analisi, 8/10/2013, www.ariannaeditrice.it.

36 Susan George, Poteri occulti. L’intero pianeta è sotto scacco in il manifesto, 4 ottobre 2013.

37 Alain de Benoist, Il grande mercato transatlantico: come gli Stati Uniti continueranno a fare a pezzi l’Europa, 18 febbraio 2014, www.ariannaeditrice.it

38 Costanzo Preve, I referendum sulla “Costituzione europea” in Eurasia-rivista di studi geopolitici n.3/2005.

39 Tratterò questa questione all’interno del mio prossimo scritto che avrà il seguente titolo: Il conflitto strategico, una buona base per la costruzione dell’ordine simbolico sessuato. Appunti di riflessione.

40 Sul senso del potere politico e militare dell’occupazione del territorio europeo da parte degli USA attraverso le proprie basi militari e quelle della Nato, si veda l’intervista ad Alexander Dugin, L’occupazione è occupazione, 29/01/2014, www.millennium.org.

41 Secondo i dati del Sipri, l’autorevole istituto internazionale con sede a Stoccolma, l’Italia è salita nel 2012 al decimo posto tra i paesi con le più alte spese militari del mondo, con circa 34 miliardi di dollari, pari a 26 miliardi di euro annui. Il che equivale a 70 milioni di euro al giorno, spesi con denaro pubblico in forze armate, armi e missioni militari all’estero in Manlio Dinucci, Quando ci costa la libertà della Nato, il Manifesto, 29/03/2014.

42 Sui limiti della politica estera degli USA collegati al vecchio retaggio da guerra fredda, sulle difficoltà di impostare una politica estera adatta alla nuova fase multipolare che si sta delineando e sulle lacune nonché sui conflitti decisionali basati su vecchi schemi cognitivi e su un modello decisionale istituzionale che esalta l’esecutivo, la natura elitaria, la lotta interistituzionale, i “groupthink”, si veda l’interessante articolo di Giulia Micheletti, Le origini interne della strategia geopolitica statunitense, 03/03/2014, www.eurasia-rivista.org.

43 Matteo Luca Andriola, Il trattato di Velsen e l’Eurogendfor, 13/03/2014, www.comunismoecomunita.org.

44 Per la città di New York come simbolo della modernità, si veda Marshall Berman, L’esperienza della modernità, il Mulino, Bologna, 1985.

45 Giovanni B. Teràn, La nascita dell’America spagnuola, in Leonardo Benevolo e Sergio Romano, a cura di, La città europea fuori d’Europa, Libri Scheiwiller, Credito Italiano, Verona, 1998, pag.79. Si legga Fernand Braudel, Le strutture del quotidiano. Civiltà materiale, economia e capitalismo ( secoli XV-XVIII), Einaudi Torino, 1982, volume primo.

46 Commissione delle Comunità Europee, Libro verde sulla coesione territoriale. Fare della diversità territoriale un punto di forza, 6/10/2008, www.europa.eu, pp. 3 e 5.

47 Si veda David Harvey, Città ribelli, il Saggiatore, Milano, 2013; Mike Davis, Il pianeta degli slum, Feltrinelli, Milano, 2006; Alessandro Petti, Arcipelaghi e enclave. Architettura dell’ordinamento spaziale contemporaneo, Bruno Mondadori, Milano, 2007.

48 Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver, Oscar Mondadori, Milano, 2013, pag.144.

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RITORNA IL FANTASMA DEL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA: SERVE ALLA NATO O ALLA SPECULAZIONE FINANZIARIA E POLITICA? _ a cura di Luigi Longo

RITORNA IL FANTASMA DEL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA: SERVE ALLA NATO O ALLA SPECULAZIONE FINANZIARIA E POLITICA?

a cura di Luigi Longo

Il decreto-legge 31 marzo 2023 n.35, recante << Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria >>, approvato in via definitiva nella seduta del Senato del 24 maggio 2023, formalmente dà il via all’approntamento del ponte sullo Stretto di Messina (si veda anche il dossier del 5 aprile 2023, a cura del Servizio Studi del Senato e della Camera, su “Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria. A.C. 1067- D.L. 35/2023”, https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/19/DOSSIER/0/1375835/index.html?part=). L’iter di realizzazione del progetto del Ponte contiene le date di inizio dei lavori (2024) e di fine dei lavori (2030), così come fu configurata, nel 2008, dal governo di Silvio Berlusconi che fissava nel 2010 l’inizio dei lavori e nel 2016 la fine dei lavori; sarà, in sostanza, considerata la stessa durata temporale della realizzazione del Ponte, un progetto copia e incolla (della serie il tempo passa invano! Sic).

La storia si ripete, ma in maniera diversa. Vediamo come. Nella relazione di Governo del 31 marzo scorso, di accompagnamento al citato decreto-legge, si sottolinea che l’opera è «un’infrastruttura fondamentale rispetto alla mobilità militare, tenuto conto della presenza di basi militari Nato nell’Italia meridionale». Per la prima volta, a mia conoscenza, viene detto con chiarezza che il Ponte è una infrastruttura fondamentale per la Nato, meglio per gli Usa e le loro strategie di conflitto per il dominio mondiale nella fase multicentrica.

E’ questa chiarezza di servitù volontaria del Governo che non convince, così come non convincono le pressioni per la realizzazione del Ponte da parte sia dell’Unione Europea (un soggetto politico inesistente: una espressione geografica di metternichiana memoria), sia della Nato (uno strumento delle strategie di potenza degli Usa).

Non vi è nessuna ragione, né di un sapere critico, né di un sapere sistemico razionale (militare, economico, territoriale, ambientale, sismico, ingegneristico, fisico, storico, eccetera) che sostenga la fattibilità e l’utilità del Ponte; mentre diventa forte la convinzione che si tratti di una speculazione finanziaria che la storia del progetto del Ponte di Messina dimostra (un costo previsto oltre i 10 miliardi di euro, una previsione della Webuild SpA la società leader del settore costruzioni nata nel 2014 dalla fusione delle imprese Salini ed Impregilo. La previsione di un anno mezzo fa non tiene conto ovviamente del terremoto dei prezzi generato dalla guerra Russia-Ucraina e dalle conseguenti speculazioni sui mercati finanziari, specie relativamente alle due componenti chiave del Ponte, cemento e acciaio. Cfr. Antonio Mazzeo, Ponte sullo Stretto: il mostro è riemerso, www.antoniomazzeoblog.blogspot.com, 4/12/2022) e di una ulteriore militarizzazione del territorio (case matte militari sparse sul territorio), utile alle strategie statunitensi, di cui i servitori italiani ed europei sono a conoscenza (per quello che debbono eseguire) ma debbono ubbidire tacendo.

E si sa che le forme legislativa e giuridica, espressioni dei dominanti e dei sub-dominanti, velano i processi reali: i veri rapporti di potere non si mostrano!

Concludo ricordando la prefazione di Umberto Santino al libro di Antonio Mazzeo (I padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina, Edizioni Alegre, Roma, 2010): << C’è da chiedersi se il cantiere per costruire un ponte culturale, sociale e politico, lanciato verso un futuro diverso, sia aperto e operante o faccia parte di un desiderio destinato a rimanere tale >>.

Propongo, nella logica di svelare alcuni aspetti della realtà intorno al Ponte sullo stretto di Messina (quale cavallo di Troia), la lettura dei seguenti tre scritti: 1) Giorgia Audillo, Gli interessi militari dietro al Ponte sullo Stretto di Messina, apparso sul sito www.osservatoriorepressione.info il 27/7/2023, 2) Karim El Sadi, a cura di, Intervista a Antonio Mazzeo: il Ponte opera insostenibile spinta dal governo per collegare basi Nato, pubblicato sul sito www.antimafiaduemila.com il 8/6/2023; 3) Luigi Longo, Le infrastrutture militari nella fase multicentrica, diffuso sul sito www.italiaeilmondo.com il 19/1/2018.

PRIMO SCRITTO

GLI INTERESSI MILITARI DIETRO AL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA

Anche la Nato preme per costruire il ponte sullo Stretto, l’infrastruttura servirà a collegare le basi di Sigonella e Napoli

di Giorgia Audiello

A chi serve davvero il ponte sullo stretto di Messina? Il tema è tornato al centro dell’attenzione dopo che il governo ha deciso di riprendere il progetto infrastrutturale per collegare la Sicilia alla Calabria e sono emerse le forti pressioni dell’ambito militare – in particolare della Nato – per la realizzazione dell’opera. Più che attuare la costruzione dell’infrastruttura per migliorare la mobilità civile, infatti, l’investimento – lievitato oggi a 13,5 miliardi dai cinque del 2001 – servirebbe a migliorare la mobilità e i collegamenti delle basi militari del sud Italia, dove l’Alleanza atlantica gestisce le principali operazioni americane nel Mediterraneo. Per questo, l’opera è richiesta a gran voce dall’UE e dalla Nato, ossia da organizzazioni extranazionali che detengono cospicui interessi nel Paese e che – di fatto – decidono la linea da seguire grazie all’influenza determinante che esercitano sul governo di Roma. Nello specifico, l’opera dovrebbe rientrare nel Trans-European Transport Network, progetto europeo nato per migliorare la mobilità all’interno dell’Unione anche in un’ottica militare e di cui in Italia fa parte anche la Tav Torino-Lione.

A fugare ogni dubbio circa l’impiego e l’ottica prevalentemente militare del progetto, c’è una relazione presentata il 31 marzo dal governo Meloni – smaccatamente europeista e filo-Nato – in cui si specifica che il ponte sullo stretto rappresenta «un’infrastruttura fondamentale rispetto alla mobilità militare, tenuto conto della presenza di basi militari Nato nell’Italia meridionale» [grasseto mio, LL]. Da tempo, l’Alleanza atlantica evidenzia le lacune delle infrastrutture italiane: ponti che non reggono il peso dei mezzi militari, paesi con scarsi collegamenti interni, opere obsolete e scartamenti delle linee ferroviarie diversi rallentano il dispiegamento di mezzi e truppe in tempi rapidi. Nasce da queste esigenze la vera motivazione dietro al progetto del ponte sullo stretto, non certo dai bisogni della popolazione civile. Le necessità di ammodernamento ed efficientamento delle infrastrutture a scopi militari sono state naturalmente amplificate dai recenti avvenimenti in Ucraina.

Le aziende coinvolte nel progetto

Anche le aziende coinvolte nella costruzione del ponte hanno stretti legami col mondo bellico, a cominciare da WeBuild, società a cui già vent’anni fa lo Stato italiano aveva affidato l’esecuzione dell’opera e che ora chiede alla presidenza del Consiglio danni per 700 milioni di euro. L’azienda, oltre ad essere azionista per il 45% di Eurolink – consorzio a cui il governo vuole riaffidare l’incarico per la realizzazione del ponte – ha anche al suo attivo importanti lavori per il riammodernamento di infrastrutture militari: dall’aeroporto militare di Capodichino alla costruzione della tratta dell’alta velocità Novara-Milano al passante autostradale di Mestre. Questi ultimi due lavori sono volti a migliorare i collegamenti delle basi americane nel nord est italiano. Altra azienda coinvolta nel consorzio è la Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna (CMC) che si è occupata già, tra le altre cose, del potenziamento infrastrutturale di Sigonella e delle strutture per ospitare i militari americani nell’aeroporto Dal Molin di Vicenza. Anche la Società Italiana Condotte d’Acqua è parte del progetto e ha anch’essa esperienze pregresse nel settore militare, tra cui la realizzazione di un hangar e fabbricati nella base elicotteri dell’Aviazione dell’esercito di Lamezia Terme.

Il caso Eurolink e la debolezza italiana

Un altro aspetto che lega il ponte alla Difesa è la nomina, da parte di WeBuild, di Gianni De Gennaro a presidente di Eurolink. De Gennaro è ex capo della Polizia e direttore della Direzione investigativa antimafia, nonché ex presidente della maggiore azienda attiva nei settori della difesa a compartecipazione statale, Leonardo. La sua nomina a capo del consorzio indica la natura prettamente militare del progetto nonché la volontà di mettere in sicurezza i cantiere oltre che di gestire i movimenti di protesta contro l’infrastruttura. Il movimento “No ponte”, ad esempio – che aveva ottenuto una vittoria nel 2012, quando il governo aveva predisposto lo stop al progetto, dopo una partecipatissima mobilitazione popolare – è tornato a far sentire la sua voce per impedirne o ritardarne la costruzione. Eventuali ritardi danneggerebbero non solo gli interessi delle aziende e del governo, ma della stessa Nato.

A ciò si aggiunge l’importante tema della “sovranità nazionale” rivendicata proprio dai partiti di centrodestra che in realtà sono stati i primi a tradirla accettando pesanti ingerenze negli affari interni, a partire proprio dall’esecuzione delle direttive Nato sul territorio nazionale. Un caso emblematico è quello del ministro dei Trasporti Matteo Salvini che, contrario all’opera fino a pochi anni fa, ha compiuto una giravolta politica in grande stile, pur di allinearsi al volere dominante degli enti sovranazionali che di fatto governano la penisola. Così, lo scorso maggio, Camera e Senato hanno dato il via libera a quella che viene considerata “la madre di tutte le grandi opere in Italia”.

L’insostenibilità e i rischi dell’opera

Secondo diversi esperti, tra cui il giornalista antimilitarista Antonio Mazzeo, l’opera non solo è irrealizzabile dal punto di vista ingegneristico ed economico, ma comporterebbe gravi rischi per l’Italia meridionale, tra cui una maggiore militarizzazione del territorio, il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose e la sottrazione di fondi dai bisogni reali del territorio. «Il Ponte sullo Stretto è irrealizzabile come lo era dieci anni fa ma questa volta ci sono alcuni attori che stanno spingendo per avviare quest’opera. […] Un’opera di questa rilevanza non potrà non richiedere – e lo dicono le forze armate – una serie di interventi: batterie missilistiche (una sola batteria costa 800 milioni di euro, ndr), cacciabombardieri, il pattugliamento costante dei sottomarini. Questa è ovviamente un’ulteriore militarizzazione del territori», ha spiegato Mazzeo. Per quanto riguarda il pericolo di infiltrazioni mafiose, invece, il giornalista ha asserito che «Il rischio è che oggi, di fronte agli anticorpi di una cultura mafiosa, chi si promuove come realizzatore del ponte, fosse anche un mafioso, dovrebbe guadagnare una legittimità. Le grandi organizzazioni mafiose potrebbero legittimarsi come un grande elemento: prima abbiamo messo le bombe e fatto le stragi oggi facciamo il ponte e ci perdonate». Ne emerge, dunque, un quadro dove intorno alla costruzione dell’infrastruttura orbita una rete di interessi che coinvolge diversi ambiti, da quello politico-militare a quello mafioso, e che va a scapito non solo delle esigenze del territorio locale, ma di tutta la nazione, sottomessa ai voleri di Nato, Ue e Stati Uniti e destinata ad essere sempre più militarizzata e subordinata al volere di organizzazioni e stati stranieri.

SECONDO SCRITTO

ANTONIO MAZZEO: IL PONTE OPERA INSOSTENIBILE SPINTA DAL GOVERNO PER COLLEGARE BASI NATO

Intervista a cura di Karim El Sadi

Dopo oltre dieci anni lo spettro del ponte sullo Stretto è tornato ad occupare sedute parlamentari, pagine di giornale ed assemblee sindacali. La vittoria del movimento “No Ponte” – avvenuta nel 2012 quando il consiglio dei Ministri aveva varato lo stop al progetto dopo una partecipatissima mobilitazione popolare – è solo un ricordo lontano ora che il governo Meloni ha ripescato quel progetto edilizio utopico e privo di senso per portarlo a compimento entro il 2030. Nei giorni scorsi anche Camera e Senato hanno dato il loro via libera a quella che viene considerata come “la madre di tutte le grandi opere in Italia” (sarebbe il ponte a campata unica più lungo al mondo), con i lavori che dovrebbero cominciare nel 2024. Ma sarà un’impresa infattibile perché realizzarla significherebbe andare contro le leggi della fisica, dell’ingegneria, e persino contro le leggi dell’economia (non è stato messo neanche un mattone e già alle casse dello Stato è costato mezzo miliardo di euro). Da quando il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini che fino a qualche anno fa ripudiava l’idea del ponte tra Messina e Reggio Calabria – ha iniziato a far girare le “betoniere burocratiche”, il movimento “No Ponte” è tornato in campo per impedire la costruzione di questa follia ingegneristica. All’interno di questa realtà popolare ci sono sindacati, studenti, politici, ingegneri e giornalisti. Tra questi c’è anche Antonio Mazzeo, giornalista e saggista antimilitarista che da quarant’anni racconta e denuncia il coinvolgimento dell’Italia e soprattutto della Sicilia nei vari teatri di guerra internazionali. Lo abbiamo intervistato a Palermo in occasione della presentazione del suo fumetto-inchiesta “Sigonella, le guerre alle porte di Casa” (La Revue Dessinée Italia) realizzato insieme al fumettista Lelio Bonaccorso e Deborah Braccini.

Il Ponte sullo Stretto irrealizzabile come lo era dieci anni fa ma questa volta ci sono alcuni attori che stanno spingendo per avviare quest’opera. Non la realizzazione del ponte, ma una serie di opere, giustificate col ponte, che ovviamente permetteranno il trasferimento di risorse che verranno sottratte ai bisogni reali del territorio”, ha detto Mazzeo ai nostri microfoni”. “Penso alla messa in sicurezza: noi abbiamo un area dissestata dal punto di vista idrogeologico”. Secondo Mazzeo, rispetto al 2012 “questa volta l’avversario è la volontà di iniziare a bucare il territorio”. Sullo sfondo, infatti, c’è la militarizzazione della Sicilia e la guerra in Ucraina per la quale l’isola rappresenta un territorio fondamentale viste le varie basi NATO già presenti: da Sigonella, a Niscemi, fino a Trapani o ad Augusta.

Se iniziassero i lavori non possiamo che aspettarci un incremento della presenza militare sul territorio”, ha spiegato il giornalista. “Verranno create caserme, sarà più forte la presenza dell’esercito e della marina militare. Lo abbiamo visto già in Val di Susa con la No Tav, dove c’è stata una pressione enorme dal punto di vista militare e una riduzione enorme degli spazi di agibilità democratica”. Secondo Antonio Mazzeo quello che si prefigura “è la vendibilità del ponte”.

Un’opera di questa rilevanza non potrà non richiedere – e lo dicono le forze armate – una serie di interventi: batterie missilistiche (una sola batteria costa 800 milioni di euro, ndr), cacciabombardieri, il pattugliamento costante dei sottomarini”. “Questa – ha ragionato ancora il giornalista – è ovviamente un’ulteriore militarizzazione del territori”. Ma ciò che è ancora più grave, a detta di Antonio Mazzeo, “è la giustificazione che il governo dà oggi per realizzare quest’opera”. “Abbiamo scoperto che il governo la definisce di importanza geostrategica fondamentale per mettere in collegamento le basi NATO del Sud Italia con le basi NATO della Sicilia. Viene quindi giustificato il ponte come elemento fondamentale di rafforzamento militare della mobilità militare. Questa è una fandonia dal punto di vista tecnico ma ci preoccupa perché può essere utilizzata come cavallo di Troia per giustificare la necessità di iniziare a operare perché in un mondo di guerra, in un territorio di guerra è fondamentale per la guerra”. Non solo incremento della militarizzazione della Sicilia, ma il ponte ingolosisce l’appetito delle mafie, nello specifico le due mafie delle due regioni combacianti Cosa Nostra in Sicilia e ‘Ndrangheta in Calabria. Sul tema, Antonio Mazze aveva scritto un libro 13 anni fa: “I padrini del ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina” (Edizioni Alegre).

Tredici anni fa individuammo come le grandi organizzazioni mafiose internazionali volevano investire su quest’opera per legittimarsi”, ha raccontato Mazzeo. “Il rischio – ha avvertito il giornalista – è che oggi di fronte agli anticorpi di una cultura mafiosa, chi si promuove come realizzatore del ponte, fosse anche un mafioso, dovrebbe guadagnare una legittimità. Le grandi organizzazioni mafiose potrebbero legittimarsi come un grande elemento: prima abbiamo messo le bombe e fatto le stragi oggi facciamo il ponte e ci perdonate”.

TERZO SCRITTO

Le infrastrutture militari nella fase multicentrica

di Luigi Longo

Non gli animali, ma senz’altro gli uomini e soltanto

gli uomini conducono gli uni contro gli altri << guerre

terrestri e marittime >>. Sempre, quando l’ostilità tra

grandi potenze ha raggiunto il culmine, la contrapposi=

zione bellica si svolge contemporaneamente sia nell’uno

che nell’altro ambito, sicché da entrambe le parti la guerra si trasforma in << guerra terreste e marittima >> […] Se poi si aggiunge l’aria come terza dimensione, la guerra si trasforma per entrambi i contendenti anche in guerra aerea.

Carl Schmitt*

L’esercito, nel proprio paese, avrà bensì linee di comunicazioni proprie, organizzate a tal fine, ma non è affatto obbligato a valersi di esse sole; e può, in caso di necessità, scostarsene e scegliere qualsiasi altra strada esistente […] Le strade principali attraversanti le città più ricche e le province più importanti sono le migliori linee di comunicazioni. Esse meritano la preferenza anche se producono percorsi molto maggiori e hanno, nella maggior parte dei casi, carattere determinante per lo schieramento dell’esercito.

Clausewitz**

1. Le potenze mondiali, gli Stati Uniti (potenza egemone in relativo declino), la Russia e la Cina (potenze emergenti in relativo consolidamento), protagoniste in questa fase multicentrica che sta diventando sempre più visibile e determinata, vengono attraversate da conflitti interni tra gli agenti strategici delle sfere sociali per la configurazione, in equilibrio dinamico, del blocco egemone dominante (emblematico è l’esempio in questa fase del conflitto interno statunitense). All’interno di questo conflitto assumono rilevanza i comandanti della sfera militare che hanno un peso specifico nelle decisioni sugli investimenti per le infrastrutture militari e civili finalizzate alle diverse strategie territoriali sia nelle nazioni alleate sia nelle varie aree o regioni di influenza per preparare il campo [terreste, acquatico e aereo (1)] del conflitto per il dominio mondiale che non necessariamente deve passare per la fase policentrica (la guerra) anche se la storia mondiale dimostra la inevitabilità della guerra (2). Quindi i suddetti comandanti formano, insieme agli agenti strategici delle altre sfere sociali (politiche, economiche, istituzionali, culturali, eccetera), il blocco egemone dominante di ogni singola potenza mondiale con una propria visione politica del mondo: dominio assoluto gli USA, dominio multicentrico la Russia e la Cina. In sintesi, per quanto suddetto, introduco il seguente schema del conflitto strategico che ha come punto di partenza il nascente paradigma di Gianfranco La Grassa (approfondirò lo schema nel prossimo scritto su Il conflitto strategico e la mossa del cavallo).

Macro schema

 

RAPPORTI SOCIALI

SFERE SOCIALI

RELAZIONI SOCIALI DI POTERE

AGENTI STRATEGICI SFERE SOCIALI

AGENTI STRATEGICI DOMINANTI

Nell’attuale fase multicentrica gli USA, consapevoli di essere una potenza egemone in relativo declino, ri-lanciano la loro sfida per il dominio mondiale assoluto poggiandosi prevalentemente sulla indiscussa (ancora per molto, ahinoi) supremazia mondiale della forza militare (3) e non su una diversa visione dello sviluppo e delle relazioni sociali mondiali perché hanno la fissazione storica di essere la nazione indispensabile per mandato divino [il Popolo Eletto (4)] per assicurare la libertà, la pace, la democrazia, i diritti sulla Terra. In virtù di tale fissazione << gli Stati Uniti avanzavano la pretesa di decidere, al di là della distinzione tra emisfero occidentale ed emisfero orientale, sulla liceità o illiceità di ogni mutamento territoriale in tutta la terra. Tale pretesa riguardava l’ordinamento spaziale della terra. Ogni avvenimento in qualsiasi punto della terra poteva riguardare gli Stati Uniti >>(5). << Nel settembre 2000, nel condurre la campagna elettorale che l’avrebbe portato alla presidenza, George W. Bush enunciava un vero e proprio dogma: “la nostra nazione è eletta da Dio e ha il mandato della storia per essere un modello per il mondo”. E’ un dogma ben radicato nella tradizione politica statunitense. Bill Clinton aveva inaugurato il suo primo mandato presidenziale, con una proclamazione ancora più enfatica del primato degli USA e del diritto-dovere a dirigere il mondo “La nostra missione è senza tempo”. Si direbbe che alla white supremacy sia subentrata la western supremacy ovvero l’American supremacy […] >> (6). Nella continuità della fissazione storica, Donald Trump sostiene che è fondamentale per << mettere l’America al primo posto perché sia sicura, prospera e libera >> avere << la forza e la volontà di esercitare la leadership Usa nel mondo >> (7).

Le basi aeree, le basi navali, le basi dell’esercito degli USA hanno circondato la Terra: guardate con coscienza dell’occhio (8) le carte seguenti ben sapendo che la cartografia sacrifica le relazioni sociali o il corpo vivente della terra, dello spazio, del territorio ed evidenzia i segni e i simboli del dominio (9).

E’ sulla Terra che si vivono i rapporti sociali, lo spazio aereo li sorvola, lo spazio acquatico li limita, lo spazio nucleare li estingue. Essi sono spazi fondanti per le strategie degli agenti dominanti delle potenze mondiali per la egemonia e per la configurazione o ri-configurazione dei nuovi rapporti sociali e territoriali storicamente dati. Stiamo entrando in una fase storica di esplosione degli spazi che distrugge e costruisce un nuovo ordine mondiale. Per dirla con Neil Brenner << […] Nelle condizioni geografiche e storiche attuali, tuttavia, il processo di urbanizzazione si struttura sempre più su scala mondiale. L’urbanizzazione non si riferisce più solo all’espansione delle “grandi città” (Friedrich Engels) del capitalismo industriale, all’estendersi di centri di produzione metropolitani, alle configurazioni di reticoli di insediamenti suburbani e di infrastrutture regionali tipiche del capitalismo fordista-keynesiano, o all’anticipata espansione lineare della popolazione umana nelle megalopoli mondiali che finisce per creare un “pianeta di slum”. Invece […] questo processo si sviluppa oggi sempre di più attraverso lo sviluppo ineguale [ corsivo mio]di un “tessuto urbano” composto da diversi tipi di strutture d’investimento, di spazi di insediamento, di matrici di uso del suolo e di reti di infrastrutture, attraverso l’intera economia mondiale […] Noi stiamo assistendo, in breve, all’intensificazione e all’estensione dei processi di urbanizzazione su tutte le scale spaziali e attraverso l’intera superficie dello spazio planetario >> (10).

Fonte: Limes n.11/2016

Fonte: Limes n9/2016

Fonte: Limes n.11/2016

Gli Stati Uniti, parafrasando Tacito letto da Concetto Marchesi, appena diventati Nazione dopo un lungo periodo storico che va dalla guerra di indipendenza (1775-1783) alla guerra di secessione (1861-1865) (11), sono costretti a combattere per vivere; poi seguitano a combattere per accrescere il loro dominio e la loro ricchezza. La guerra è per loro prima una necessità di vita, poi una incessante necessità di grandezza e di arricchimento (12). E’ attraverso la guerra che hanno sempre affermato l’autorità globale.

2. Tratterò, in estrema sintesi, le suddette infrastrutture militari e civili in Europa, attraverso la PeSCO (Permanent Structured Cooperation, Cooperazione Strutturata Permanente) del campo della difesa UE, non come conseguenza di scelte politiche di un soggetto unitario ed autonomo, che non c’è e che non è mai esistito storicamente, ma come un continente che per la prima volta nella storia non sarà protagonista mondiale del conflitto ma sarà campo di battaglia e spazio importante per le strategie statunitensi, con conseguenti trasformazioni, modificazioni, ri-configurazioni, organizzazioni e ruoli di territori e di aree.

Inoltre tratterò degli investimenti che il Pentagono sta realizzando, a spese nostre, sul territorio italiano nelle basi militari e nelle infrastrutture civili ad esse collegate, soprattutto ferroviarie [alta velocità (AV) e alta capacità(AC)] e stradali (corridoi nazionali ed europei) (13).

Infine, un accenno ai ruoli importanti che potrebbero avere le due città della Puglia, Taranto e Foggia [già protagoniste nella seconda guerra mondiale con le loro infrastrutture militari e civili (14)] nelle strategie statunitensi nel Mediterraneo, nel Vicino Oriente e nei Balcani.

3. Riporto una sintesi chiara sulla nascita e sul ruolo della PeSCO avanzata da Manlio Dinucci << Dopo 60 anni di attesa, annuncia la ministra della Difesa Roberta Pinotti, sta per nascere a dicembre la Pesco, «Cooperazione strutturata permanente» dell’Unione europea nel settore militare, inizialmente tra 23 dei 27 stati membri.

Che cosa sia lo spiega il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Partecipando al Consiglio degli affari esteri dell’Unione europea, egli sottolinea «l’importanza, evidenziata da tanti leader europei, che la Difesa europea debba essere sviluppata in modo tale da essere non competitiva ma complementare alla Nato [corsivo mio]».

Il primo modo per farlo è che i paesi europei accrescano la propria spesa militare: la Pesco stabilisce che, tra «gli impegni comuni ambiziosi e più vincolanti» c’è «l’aumento periodico in termini reali dei bilanci per la Difesa al fine di raggiungere gli obiettivi concordati». Al budget in continuo aumento della Nato, di cui fanno parte 21 dei 27 stati della Ue, si aggiunge ora il Fondo europeo della Difesa attraverso cui la Ue stanzierà 1,5 miliardi di euro l’anno per finanziare progetti di ricerca in tecnologie militari e acquistare sistemi d’arma comuni. Questa sarà la cifra di partenza, destinata a crescere nel corso degli anni.

Oltre all’aumento della spesa militare, tra gli impegni fondamentali della Pesco ci sono «lo sviluppo di nuove capacità e la preparazione a partecipare insieme ad operazioni militari». Capacità complementari alle esigenze della Nato che, nel Consiglio Nord Atlantico dell’8 novembre, ha stabilito l’adattamento della struttura di comando per accrescere, in Europa, «la capacità di rafforzare gli Alleati in modo rapido ed efficace».

Vengono a tale scopo istituiti due nuovi comandi. Un Comando per l’Atlantico, con il compito di mantenere «libere e sicure le linee marittime di comunicazione tra Europa e Stati uniti, vitali per la nostra Alleanza transatlantica». Un Comando per la mobilità, con il compito di «migliorare la capacità di movimento delle forze militari Nato attraverso l’Europa» [ corsivo mio].

Per far sì che forze ed armamenti possano muoversi rapidamente sul territorio europeo, spiega il segretario generale della Nato, occorre che i paesi europei «rimuovano molti ostacoli burocratici». Molto è stato fatto dal 2014, ma molto ancora resta da fare perché siano «pienamente applicate le legislazioni nazionali che facilitano il passaggio di forze militari attraverso le frontiere». La Nato, aggiunge Stoltenberg, ha inoltre bisogno di avere a disposizione, in Europa, una sufficiente capacità di trasporto di soldati e armamenti, fornita in larga parte dal settore privato.

Ancora più importante è che in Europa vengano «migliorate le infrastrutture civili – quali strade, ponti, ferrovie, aeroporti e porti – così che esse siano adattate alle esigenze militari della Nato» [corsivo mio]. In altre parole, i paesi europei devono effettuare a proprie spese lavori di adeguamento delle infrastrutture civili per un loro uso militare: ad esempio, un ponte sufficiente al traffico di pullman e autoarticolati dovrà essere rinforzato per permettere il passaggio di carrarmati.

Questa è la strategia in cui si inserisce la Pesco, espressione dei circoli dominanti europei che, pur avendo contrasti di interesse con quelli statunitensi, si ricompattano nella Nato sotto comando Usa quando entrano in gioco gli interessi fondamentali dell’Occidente messi in pericolo da un mondo che cambia [neretto mio]. Ecco allora spuntare la «minaccia russa», di fronte alla quale si erge quella «Europa unita» che, mentre taglia le spese sociali e chiude le sue frontiere interne ai migranti, accresce le spese militari e apre le frontiere interne per far circolare liberamente soldati e carrarmati >> (15).

4. Riprendo gli interventi del Pentagono (Dipartimento della Difesa degli USA) sulle strutture militari presenti sul territorio italiano da una descrizione puntuale di Manlio Dinucci << Grandi opere sul nostro territorio, da nord a sud. Non sono quelle del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di cui tutti discutono, ma quelle del Pentagono di cui nessuno discute. Eppure sono in gran parte pagate con i nostri soldi e comportano, per noi italiani, crescenti rischi.

All’aeroporto militare di Ghedi (Brescia) parte il progetto da oltre 60 milioni di euro, a carico dell’Italia, per la costruzione di infrastrutture per 30 caccia Usa F-35, acquistati dall’Italia, e per 60 bombe nucleari Usa B61-12.

Alla base di Aviano (Pordenone), dove sono di stanza circa 5000 militari Usa con caccia F-16 armati di bombe nucleari (sette dei quali sono attualmente in Israele per l’esercitazione Blue Flag 2017), sono stati effettuati altri costosi lavori a carico dell’Italia e della Nato.

A Vicenza vengono spesi 8 milioni di euro, a carico dell’Italia, per la «riqualificazione» delle caserme Ederle e Del Din, che ospitano il quartier generale dell’Esercito Usa in Italia e la 173a Brigata aviotrasportata (impegnata in Europa orientale, Afghanistan e Africa), e per ampliare il «Villaggio della Pace» dove risiedono militari Usa con le famiglie.

Alla base Usa di Camp Darby (Pisa/Livorno) inizia in dicembre la costruzione di una infrastruttura ferroviaria, del costo di 45 milioni di dollari a carico degli Usa più altre spese a carico dell’Italia, per potenziare il collegamento della base con il porto di Livorno e l’aeroporto di Pisa, opera che comporta l’abbattimento di 1000 alberi nel parco naturale. Camp Darby è uno dei cinque siti che l’Esercito Usa ha nel mondo per lo «stoccaggio preposizionato» di armamenti (contenente milioni di missili e proiettili, migliaia di carrarmati e veicoli corazzati): da qui vengono inviati alle forze Usa in Europa, Medioriente e Africa, con grandi navi militarizzate e aerei cargo.

A Lago Patria (Napoli) il nuovo quartier generale della Nato, costato circa 200 milioni di euro di cui circa un quarto a carico dell’Italia, comporta ulteriori costi a carico dell’Italia, tipo quello di 10 milioni di euro per la nuova viabilità attorno al quartier generale Nato.

Alla base di Amendola (Foggia) sono stati effettuati lavori, dal costo inquantificato, per rendere le piste idonee agli F-35 e ai droni Predator statunitensi, acquistati dall’Italia.

Alla Naval Air Station Sigonella, in Sicilia, sono stati effettuati lavori per oltre 100 milioni di dollari a carico di Stati uniti e Nato, quindi anche dell’Italia. Oltre a fornire appoggio logistico alla Sesta Flotta, la base serve a operazioni in Medioriente, Africa ed Europa orientale, con aerei e droni di tutti i tipi e forze speciali. A tali funzioni si aggiunge ora quella di base avanzata dello «scudo anti-missili» Usa, in funzione non difensiva ma offensiva soprattutto nei confronti della Russia: se fossero in grado di intercettare i missili, gli Usa potrebbero lanciare il first strike nucleare neutralizzando la rappresaglia.

A Sigonella sta per essere installata la Jtags, stazione di ricezione e trasmissione satellitare dello «scudo», non a caso mentre, con il lancio del quinto satellite, sta per divenire pienamente operativo il Muos, il sistema satellitare Usa che ha nella vicina Niscemi una delle quatto stazioni terrestri.

Il generale James Dickinson, capo del Comando strategico Usa, in una audizione al Congresso il 7 giugno 2017 ha dichiarato: «Quest’anno abbiamo ottenuto l’appoggio del Governo italiano a ridislocare, in Europa, la Jtags alla Naval Air Station Sigonella».

Era al corrente il Parlamento italiano di una decisione di tale portata strategica, che porta il nostro paese in prima linea nel sempre più pericoloso confronto nucleare? Se ne è almeno parlato nelle commissioni Difesa? >> (16).

5. In Puglia, due città, Taranto e Foggia, stanno subendo trasformazioni territoriali finalizzate all’approntamento di una rete di infrastrutture che apparentemente nulla hanno a che fare con il loro utilizzo ai fini militari. In realtà esse sono ben velate sotto l’uso civile delle infrastrutture (logistica, ferroviarie, aeroportuali, portuali) per lo sviluppo economico dei territori e delle città, ma nella sostanza esse sono fondanti come nodi di una rete nazionale (ed europea) che fa dell’Italia una espressione geografica al servizio delle strategie statunitensi.

Taranto, una città storicamente rilevante per la funzione militare e strategica sin dalla più remota antichità fino ai giorni nostri (17), è attraversata, dal 2012 anno di intervento della Magistratura tarantina, da una fase complessa di trasformazione da polo siderurgico a polo strategico della Nato (18). Un polo Nato che incorporerà città e territori interscalari (dal mondiale al locale con differenza qualitativa in relazione “alla specificità storica delle morfologie scalari associate ai processi sociali e alle forme istituzionali”) riconfigurandoli e riorganizzandoli alle esigenze di uno sviluppo imperniato sulle strategie USA-Nato. Un territorio logistico che formalmente è progettato per diventare un hub dell’area mediterranea destinato ad aggregare iniziative nazionali ed internazionali a sostegno della ricerca, sviluppo, sperimentazione e certificazione di soluzioni integrate tra trasporto aereo e industria aerospaziale, ma sostanzialmente piegato alle esigenze del conflitto USA-Nato per contrastare le emergenti potenze mondiali (Russia e Cina). E’ qui che si sta realizzando un progetto tra USA ed Enac (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) per l’utilizzo di Droni con una compressione di tempo e di spazio impressionante: si parla di 100 minuti da Los Angeles a Roma attraverso un corridoio nella stratosfera (19), ovviamente per il trasporto merci di uno sviluppo pacifico e non di uno sviluppo finalizzato agli scenari di guerra. Tutto questo a partire dal 2012 (l’anno serve solo per indicare il punto di svolta dei processi sociali storicamente dati) in un luogo istituzionale di medio potere, quale è la regione Puglia, con un Presidente, Nichi Vendola, l’uomo della famosa risata servile verso i poteri dell’ILVA (20).

Foggia, una città storicamente rilevante per la posizione geografica (un nodo di collegamento tra la via Adriatica, la via Tirrenica e la via interregionale) sin dai tempi di Federico II fino ad oggi (21). Il territorio logistico è in fase di progettazione: una riconversione dello storico aeroporto “Gino Lisa” (22) (è stato nel periodo tra le due guerre mondiali una scuola per piloti di importanza mondiale, qui si sono formati i primi piloti statunitensi comandati dal Maggiore Fiorello La Guardia) in sede della Protezione Civile regionale che è il cavallo di troia per nascondere il vero obiettivo di un aeroporto di merci e mezzi militari (unica ragione per tenere in vita un aeroporto economicamente insostenibile); una riconfigurazione della base Amendola come base di fatto a comando USA-Nato così come da interventi progettati dal Pentagono; una grande area logistica ingiustificata tenendo conto del basso livello dello sviluppo economico della città e del territorio; un collegamento stradale e ferroviario tra area logistica, nodi territoriali e aerea portuale di Manfredonia ( antico porto di scambi con l’altra sponda adriatica) (23); una rete ferroviaria ad alta capacità in fase di realizzazione di collegamento tra Roma-Bari, facente parte della rete Scandinavia-Mediterraneo (Helsinki-Valletta) una delle linee strategiche europee e uno degli obiettivi della programmazione a lungo termine per lo sviluppo del settore ferroviario (24).

Posso dire con Ennio Flaiano che la situazione politica in Italia è grave ma non è seria se si pensa che la struttura del Libro Bianco del Ministero della Difesa (25) è tutta interna alla logica funzionale Nato ad egemonia USA. Tutto questo la dice lunga sull’autonomia e sul ruolo della sfera militare italiana frammentata e incapace di esprimere agenti strategici per un disegno, per una idea di una nazione autonoma e sovrana nelle relazioni mondiali (26).

6. Io non vedo nessun ruolo che l’Italia possa avere nel Mediterraneo così come non vedo nessun ruolo che la Francia e la Germania possano avere per un processo di costruzione di autonomia europea.

La divisione del lavoro tra una Francia (leader militare) e una Germania (leader economica) per costruire un asse su cui pensare una futura Europa è una utopia irrealizzabile (27).

Il problema vero è l’assenza di agenti strategici autonomi in tutte le nazioni europee (a diverse sfumature considerata la storia e la cultura peculiari di ogni singolo popolo) in grado di liberarsi dalle strategie e dalla occupazione militare statunitensi sul continente Europa. L’autonomia e le relazioni tra nazioni sono processi storici che non si costruiscono nel breve periodo.

Se non si avvierà questa costruzione di soggetti di trasformazione non dati dalla Storia ma costruiti nella Storia che pensano un progetto di coordinamento europeo per rilanciare un ruolo significativo del continente Europa tra Occidente e Oriente e soprattutto nuove relazioni con le potenze mondiali che lottano per un mondo multicentrico, dispiace dirlo scivoleremo tutti in quella che Gyorgy Lukacs ha definito :<< La stupidità e la disonestà si manifestano anzitutto nell’adattamento dei sentimenti e delle idee alla infamia della realtà sociale [ad egemonia statunitense, mia aggiunta]>> (28).

EPIGRAFI

* Carl Schmitt, Dialogo sul potere, Adelphi, Milano, 2012, pp. 58-59.

**Clausewitz, Dalla guerra, Mondadori, Milano, 2011, pp. 429 e 432.

NOTE

1. Ad ulteriore conferma del ruolo importante dei comandanti militari nelle relazioni internazionali si legga Manlio Dinucci, Italia-Israele: la << diplomazia dei caccia >> in www.voltairenet.org, 14/12/2017; sulle rivoluzioni spaziali mondiale si veda Carl Schmitt, Dialogo sul nuovo spazio in Carl Schmitt, Dialogo sul potere, op.cit., pp. 49-93; Carl Schmitt, Terra e mare, Adelphi, Milano, 2006; Matteo Vegetti, L’invenzione del globo. Spazio, potere, comunicazione nell’epoca dell’aria, Einaudi, Torino, 2017.

2. Il termine comandante è riferito non solo alla sfera militare, ma può essere allargato anche alle altre sfere sociali perché è da intendere come espressione di dominio della gerarchia del mondo << Per i greci il mondo era fatto soltanto di rapporti di forza, di gerarchie, di livelli di autorità. Il mondo era composto da chi stava sopra e da chi stava sotto, da chi comandava e da chi ubbidiva. >> in Franco Farinelli, L’invenzione della terra, Sellerio, Palermo, 2016, pag. 38.

3. Sugli Stati Uniti come prima potenza militare oltre ai rapporti SIPRI (www.sipri.org) si rimanda a Guy Mettan, Russofobia. Mille anni di diffidenza, Sandro Teti Editore, Roma, 2016, pp.272-312; Manlio Dinucci, Geopolitica di una <<guerra globale>> in AaVv, Escalation. Anatomia della guerra infinita, Derive Approdi, Roma, 2005, pp. 11-112; Wesley K. Clark, Vincere le guerre moderne, Iraq, terrorismo e l’impero americano, Bompiani, Milano, 2004. A mio avviso, non sono convincenti le analisi di The Saker (per esempio, Pensi che la sua valutazione sia accurata ?, www.sakeritalia.it, 9/11/2017) e di Paul Craig Roberts (per esempio, Un giorno non ci sarà un domani, www.comedonchisciotte.org, 28/10/2017) sulla debolezza della sfera militare USA.

4. Sul popolo eletto si rimanda a Costanzo Preve, La quarta guerra mondiale, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 2008, pp.156-160.

5. Cal Schmitt, Il nomos della terra nel diritto internazionale dello << jus pubblicum europaeum >>, Adelphi, Milano, 1991, pag.407.

6. Domenico Losurdo, Rivoluzione d’Ottobre e democrazia, www.marx21.it, 30/8/2017.

7. Donald J. Trump, National Security Strategy of the United States of America in www.whitehouse.gov./…/NSS-Final-12-18-2017-0905.pd; Si legga anche Manlio Dinucci, Il vero libro esplosivo è a firma di Trump, www.ilmanifesto.it, 9/1/2018.

8. Richard Sennet, La coscienza dell’occhio, Feltrinelli, Milano, 1992.

9. Franco Farinelli, L’invenzione, op.cit., pp. 55-62; si legga il capitolo secondo dell’interessante libro di Matteo Vegetti, L’invenzione del globo, op.cit., pp.31-76. 10.Neil Brenner, Stato, spazio, urbanizzazione, Edizioni Guerini e Associati, Milano, 2016, pp.35-36.

11. Per la guerra di indipendenza si rimanda a Gino Luzzatto, L’evoluzione economica e sociale mondiale negli ultimi due secoli, Storia Universale, vol. VII, Casa Editrice Francesco Vallardi, 1970, pp.3-116; per la guerra di secessione si veda Raimondo Luraghi, La guerra civile americana. Le ragioni e i protagonisti del primo conflitto industriale, BUR-Rizzoli, Milano, 2013.

12. Concetto Marchesi, Tacito, Casa editrice Giuseppe Principato, Milano-Messina, 1942, pp.129-170.

13. Per un primo svelamento sull’uso della infrastrutture, tramite la Nato e l’Unione Europea, in funzione delle strategie degli Stati Uniti di penetrazione ad Est dell’Europa per contrastare soprattutto la potenza mondiale emergente come la Russia, si rimanda a Luigi Longo, Tav, Corridoio V, Nato e USA. Dalla critica dell’economia politica al conflitto strategico, www.conflittiestrategie.it, 23/12/2012.

14. Mario Gismondi, Taranto: La notte più lunga. Foggia: la tragica estate, Dedalo, Bari, 1968.

15.Manlio Dinucci, Nasce la Pesco costola della Nato, www.voltairenet.org, 28/11/2017; si veda anche Alessandro Marrone, UE: difesa, parte Pesco, cooperazione strutturata permanente, www.affarinternazionali.it, 14/11/2017.

16. Manlio Dinucci, Le grandi opere del Pentagono a spese nostre, www.voltairenet.org, 5/12/2017.

17.G.C.Speziale, Storia militare di Taranto. Negli ultimi cinque secoli, Laterza, Bari, 1930.

18. Luigi Longo, Dalla trappola capitale/lavoro – capitale/ambiente al conflitto strategico, www.conflittiestrategie.it, 7/8/2012; Idem, Taranto, da polo siderurgico a polo strategico della Nato, www.conflittiestrategie.it, 20/7/2013.

19. Franco Giuliano, Aerei senza pilota la Puglia è nel futuro, www.lagazzettadelmezzogiorno.it, 15/4/2014.

20. Domenico Palmiotti, La Puglia investe nell’aerospazio, www.ilsole24ore.com, 20/4/2014; Marolla, L’aeroporto di Grottaglie piattaforma logistica dell’area mediterranea, www.impresametropolitana.it, 16/3/2016; Leo Spalluto, Taranto, smontare aerei e navi nuovo spazio per le imprese, www.lagazzettadelmezzogiorno.it, 15/6/2017; Redazione Repubblica, Aeroporto di Taranto-Grottaglie, iniziati lavori potenziamento infrastrutture, https://finanza,repubblica.it/News/2017/12/27/aeroporto_di_taranto_grottaglie_iniziati_lavori_infrastrutture-161/, 27/12/2017.

21. Macry Paolo, L’area del Mezzogiorno in Storia d’Italia, Volume Sesto, Atlante, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1976; J.-M. Martin-E. Cuozzo, Federico II. Le tre capitali del Regno di Sicilia: Palermo-Foggia-Napoli, Procaccini Editore, Napoli, 1995.

22. Luigi Iacomino, L’aeronautica militare a Foggia e in Capitanata, Edizioni del Rosone, Foggia, 2002; Idem, Storia dell’aviazione in Capitanata, Grenzi Editore, Foggia, 2006;.

23. Si veda il Piano Strategico di area vasta “Capitanata 2020” in www.capitanata2020.eu.

24. RFI, Audizione senato, VIII Commissione permanente, Lavori Pubblici, Comunicazione, Contratto di Programma 2012-2016, Parte Investimenti, Aggiornamento 2015, www.senato.it/…commissione/…/Memoria_RFI-Audizione_del_24_maggio_2016.

25. www.difesa.it/Primo_Piano/Documents/2015/04_Aprile/LB_2015.pdf

26. Fabio Mini, Usa-Italia comunicazione di servizio, Limes n.4/2017; Gianfranco La Grassa, La nostra italietta, www.conflittiestrategie, 3/1/2018.

27. Il ruolo dell’Eni e dell’Invitalia che emerge dalle interessanti analisi di Alberto Negri non può essere condiviso perché ignora il fatto che dietro alle grandi imprese (sia pubbliche sia private) non esiste uno Stato, inteso come luogo di potere degli agenti sub-sub-dominanti italiani, in grado di proteggere il loro ruolo e le loro strategie di penetrazione nelle aree di interesse (la Libia, l’Egitto, l’Iran, solo per fare alcuni esempi, non insegnano niente?). Così dicasi per un ruolo ancora più di peso, impegnativo e qualificato quale quello di un intervento nell’area Mediterranea avanzato da Fabio Falchi e da Pierluigi Fagan. Si vedano: Alberto Negri, L’Italia alla conquista del gas, è l’unica arma per contare nel mondo, www.tiscali.it, 17/12/2017; Alberto Negri, L’Italia fa grandi affari con l’Iran e se ne infischia delle sanzioni di Trump. Cinque miliardi di euro sono solo l’inizio, www.tiscali.it, 12/1/2018; Fabio Falchi, L’Italia, il Mediterraneo e il futuro dell’Europa, www.eurasia.com, 1/12/2017; Pierluigi Fagan, Propositi per il nuovo anno: torniamo a pensare un piano B per l’Europa, www.pierluigifagan.wordpress.com, 2/1/2018.

28.Gyorgy Lukacs, Tolstoj e l’evoluzione del realismo, www.gyorgylukacs.wordpress.com, 30/8/2016.

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IL SIGNORAGGIO DEL SISTEMA FINANZIARIO. UNA RIFLESSIONE, di Luigi Longo

IL SIGNORAGGIO DEL SISTEMA FINANZIARIO. UNA RIFLESSIONE

di Luigi Longo

La finanza è un’arma, la politica è sapere

quando tirare il grilletto.

don Vito Lucchesi*

Ho trovato utile lo scritto Signoraggio e green transition di Marco Della Luna, apparso sul suo sito www.marcodellaluna.info il 26/2/2023, perché stimola una riflessione sul ruolo del denaro a partire da un campo delicato ma non fondamentale come il sistema finanziario che viene utilizzato dagli agenti strategici dominanti e sub-dominanti per le loro strategie di potere e di dominio (qui il denaro è inteso come rapporto sociale la cui accumulazione e appropriazione seguono diverse strade nelle ineguali sfere costituenti la società economica, politica, culturale, sociale).

Lo scritto fa riflettere, inoltre, sulla egemonia del sistema finanziario basato sulla valuta del dollaro (USA) che viene messa in discussione dall’avanzare di altri sistemi finanziari basati sulle valute dello yuan, del rublo, della rupia (che esprimono altri modelli di sviluppo ancora da capire bene) del costruendo polo asiatico che ha dato una svolta decisiva, a seguito dell’aggressione Usa alla Russia via Nato-EU-Ucraina, alla fase multicentrica mondiale. Pepe Escobar, riportando una sintesi dell’intervista a Sergey Glazyev (ministro incaricato per l’Integrazione e la Macroeconomia dell’Unione Economica dell’Eurasia nonché noto politico ed economista russo), così scrive << In sostanza, secondo Glazyev, la Russia, pesantemente sanzionata, non assumerà un ruolo di leadership nella creazione di un nuovo sistema finanziario globale. Questo ruolo potrebbe spettare all’iniziativa di sicurezza globale della Cina. La divisione in due blocchi sembra inevitabile: la zona dollarizzata – con l’eurozona incorporata – in contrasto con la maggioranza del Sud globale che utilizzerà un nuovo sistema finanziario e una nuova valuta commerciale per gli scambi internazionali. A livello interno, le singole nazioni continueranno a fare affari nelle loro valute nazionali. >> (1). Sulla efficacia relativa delle sanzioni, nei confronti della Russia da parte degli USA-NATO, e sul non sense del considerare un indicatore economico come il PIL (Prodotto Interno Lordo) per misurare la forza di una nazione riporto una interessante osservazione di Giorgio Ardeni e Francesco Sylos Labini:<< Il Pil totale della Federazione Russa, valutato in termini reali a prezzi 2017 a parità di potere d’acquisto […] tra il 1990 e il 2021 è cresciuto di pochissimo, passando dai 3.180.000 ai 4.080.000 miliardi di dollari. Il Pil pro capite, dopo il crollo degli anni Novanta, è invece passato dai 12.358 dollari del 1998 ai 27.960 del 2021, a metà circa tra quello cinese e quello europeo, quindi. Il Pil totale di Russia e Bielorussia, però, rappresenta appena il 3,3% del Pil occidentale o dei Pca (Paesi capitalistici avanzati, mia precisazione) (Stati Uniti, Anglosfera, Europa, Giappone, Corea del Sud). Inoltre, una delle maggiori entrate per la Russia era rappresentata dall’esportazione di gas e petrolio verso l’Europa. Per questo motivo, allo scoppiare della guerra, si era convinti che la Russia, con l’imposizione delle sanzioni, sarebbe stata schiacciata economicamente. Tuttavia, il rublo ha guadagnato l’8% rispetto al dollaro e il 18% rispetto all’euro dalla vigilia dell’ingresso in guerra. L’economia russa non solo ha retto bene il peso delle sanzioni, ma è stata capace di rivolgersi verso altri Paesi per l’esportazione di materie prima e l’importazione di tecnologia (quello che era un tempo l’accordo con la Germania, energia a basso costo in cambio di tecnologia) mentre l’industria bellica, fino ad ora, è riuscita a rifornire l’esercito. Come spiegare questa dinamicità economica se il Pil è così modesto? (corsivo mio, LL).

La guerra diventa un test dell’economia politica, è il grande rivelatore: ci si chiede come questo Pil insignificante possa affrontare la guerra e continuare a produrre missili. Todd fa notare che il motivo è che il Pil è una misura fittizia della produzione (corsivo mio, LL), soprattutto per un Paese con grandi risorse di materie prime come la Russia: «Se si sottrae dal Pil americano metà delle sue spese sanitarie sovrafatturate, poi la “ricchezza prodotta” dall’attività dei suoi avvocati, dalle carceri più affollate del mondo, poi da un’intera economia di servizi scarsamente definiti tra cui la “produzione” dei suoi 15-20.000 economisti con uno stipendio medio annuo di 120 mila dollari, ci rendiamo conto che una parte importante di questo Pil è solo vapore acqueo. La guerra ci riporta all’economia reale, rende possibile capire quale sia la vera ricchezza delle nazioni, la capacità produttiva e quindi la capacità di guerra. Se torniamo alle variabili materiali, vediamo l’economia russa. Nel 2014, abbiamo messo in atto le prime importanti sanzioni contro la Russia, ma essa ha da allora aumentato la sua produzione di grano, che va da 40 a 90 milioni di tonnellate nel 2020. Mentre, grazie al neoliberismo, la produzione americana di grano, tra il 1980 e 2020, è passata da 80 a 40 milioni di tonnellate. La Russia è anche diventata il primo esportatore di centrali nucleari. Nel 2007, gli americani hanno spiegato che il loro avversario strategico era in un tale stato di decadimento nucleare che presto gli Stati Uniti avrebbero avuto una capacità di primo colpo atomico su una Russia che non avrebbe potuto rispondere. Oggi i russi sono in superiorità nucleare con i loro missili ipersonici. La Russia ha quindi un’autentica capacità di adattamento. Quando vuoi prendere in giro le economie centralizzate, sottolinei la loro rigidità, mentre quando fai l’apologia del capitalismo, ne vanti la flessibilità. Giusto. Affinché un’economia sia flessibile, prendi ovviamente il mercato dei meccanismi finanziari e monetari. Ma prima di tutto, hai bisogno di una popolazione attiva che sappia fare delle cose. Gli Stati Uniti hanno ora più del doppio della popolazione della Russia (2,2 volte nelle fasce di età degli studenti). Resta il fatto che con proporzioni da parte di coorti comparabili di giovani che fanno istruzione superiore, negli Stati Uniti, il 7% sta studiando ingegneria, mentre in Russia è il 25%. Ciò significa che con 2,2 volte meno persone che studiano, i russi formano il 30% di più ingegneri. Gli Stati Uniti colmano il buco con studenti stranieri, ma che sono principalmente indiani e ancora più cinesi. Questa risorsa di sostituzione non è sicura e già diminuisce. È il dilemma fondamentale dell’economia americana: può affrontare la concorrenza cinese solo importando forza lavoro qualificata cinese. Propongo qui il concetto di bilanciamento economico. L’economia russa, da parte sua, ha accettato le regole operative del mercato (è persino un’ossessione per Putin quella di preservarle), ma con un ruolo grandissimo dello Stato (corsivo mio, LL). E si tiene anche la sua flessibilità della formazione di ingegneri che consentono gli adattamenti, sia industriali che militari». Sulla produzione di armi Todd aggiunge:<< Una delle cose sorprendenti in questo conflitto, e questo lo rende così incerto, è che pone (come qualsiasi guerra moderna) la questione dell’equilibrio tra tecnologie avanzate e produzione di massa. Non vi è dubbio che gli Stati Uniti abbiano alcune delle tecnologie militari più avanzate, che a volte sono state decisive per i successi militari ucraini. Ma quando si entra nella durata, in una guerra di logoramento, non solo dalla parte delle risorse umane, ma anche di quelle materiali, la capacità di continuare dipende dal settore della produzione di armi più basso. E troviamo, vedendolo ritornare dalla finestra, la questione della globalizzazione e il problema fondamentale degli occidentali: abbiamo trasferito una proporzione tale delle nostre attività industriali che non sappiamo se la nostra produzione di guerra può proseguire. Il problema viene ammesso. La Cnn, il New York Times e il Pentagono si chiedono se l’America riuscirà a rilanciare le catene di produzione di questo o quel tipo di missile. Ma non sappiamo se i russi saranno in grado di seguire il ritmo di un tale conflitto. Il risultato e la soluzione della guerra dipenderanno dalla capacità dei due sistemi di produrre armamenti» >>. (2).

Dopo questa lunga e interessante considerazione, riprendo la mia riflessione. Leggere il denaro come rapporto sociale permette di capire come si configurano gli agenti strategici egemonici (sia nelle diverse sfere sociali sia nell’insieme della società) che decidono le sorti delle rispettive potenze mondiali di appartenenza, delle loro aree di influenza e dell’equilibrio/squilibrio nelle diverse fasi del sistema mondiale (monocentrica, multicentrica e policentrica).

Nelle società occidentali e orientali (non interessa in questo scritto evidenziare le loro differenze storiche), basate sul modo di produzione capitalistico, il lavoro, la natura, le risorse, le materie prime sono merci e vengono utilizzate tenendo conto di un solo parametro che è quello della razionalità strumentale (minimo costo e massimo risultato) senza curarsi delle conseguenze sociali (nelle diverse articolazioni che compongono i popoli) e naturali (nelle diverse declinazioni ambientali, paesaggistiche, ecologiche e territoriali). << Il disvelamento, ormai indispensabile, dell’ideologia che predica la predominanza della razionalità del minimo mezzo (o massimo risultato) implica la comprensione che quest’ultima è invece puramente strumentale […] ed è dunque subordinata all’azione strategica, alle sue finalità di conflitto per conseguire una supremazia. Questo conflitto è politico in qualsiasi sfera sociale (economica, politica, ideologico-culturale) si esprima (corsivo mio, LL), pur se viene svolto con modalità particolari (e con diverse “ampiezze d’orizzonte”) nelle differenti sfere >> (3).

Pertanto la transizione ecologica (la green transition), che presuppone una rivoluzione dentro il capitale in termini di produzione e riproduzione della vita e delle sue forme territoriali (dalle città alle campagne), così come viene avanzata, a prescindere dal suo reale utilizzo e coordinamento mondiale, ha come obiettivo non un modello sociale basato sul benessere individuale e sociale dentro gli equilibri della natura ma un modello che produce la distruzione economica, politica e sociale di Paesi che, non avendo la forza per uno sviluppo autodeterminato (a partire dagli interessi della maggioranza della popolazione), sono sottoposti alle scelte strategiche delle potenze mondiali che impongono (con il consenso e con la coercizione) il loro modello di sviluppo egemone, basato su tecnologie e risorse rinnovabili, non mature, credendo di affrontare così gli squilibri sociali e naturali prodotti da uno sviluppo ineguale!: è solo pura ideologia nell’accezione marxiana del termine. Si pensi, per esempio, al processo di americanizzazione del territorio europeo, campo ancora poco esplorato e studiato.

Così Marco della Luna: << E’ controverso quanto delle alterazioni climatiche in atto sia naturale e quanto di origine antropica; ma è evidente che, senza profondi e rapidi mutamenti, una catastrofe per via climatica o di esaurimento delle risorse o di inquinamento è inevitabile e imminente – salvo forse ricorrere a complottistiche azioni di depopolamento rapido.

L’Occidente e l’Unione Europea in particolare stanno imponendo misure molto costose di green transition, dalla fine dei motori termici e delle caldaie di riscaldamento ai cappotti per le case. Centinaia di miliardi solo per l’Italia. Tali misure sono ancora allo stadio della speculazione politico-ideologica, perché non ha senso che ci imponiamo onerose restrizioni mentre il resto del mondo continua come prima, facendoci concorrenza; e anche perché esse materialmente non sono realizzabili, dato che, per alimentare tutte le automobili elettriche e le pompe di calore la produzione di elettricità dovrebbe essere ventuplicata in 12 anni (80 centrali termonucleari nella sola Italia). Ma presto, se non sopravverrà prima la catastrofe, e se Cina, India etc. si lasceranno coinvolgere, sarà giocoforza fare una conversione seria e molto costosa preparata da una adeguata ricerca tecnologica, che questo mondo, indebitato per un multiplo della somma dei PIL, non può sostenere. Se la catastrofe invece sopravverrà, bisognerà poi finanziare la ripartenza, e anche questo richiederà molto denaro. >> (4).

Il denaro (5), sia inteso come processo di accumulazione del capitale (la marxiana formula di D-M…P…M’-D’) (6), sia inteso come creazione dal nulla (7) da parte dello Stato (considerato come strumento nei rapporti sociali della società storicamente e territorialmente data), viene gestito come mezzo del conflitto tra gli agenti strategici delle diverse sfere sociali (economica, finanziaria, politica, culturale, eccetera), in particolare da quelli della sfera finanziaria che va vista come parte di un blocco politico egemone teso alle strategie, alla gestione e alla esecuzione del potere e del dominio. L’espansione finanziaria (8) rappresenta sia le crisi profonde e sistemiche delle società cosiddette capitalistiche dei singoli Paesi, sia le fasi di transizione (crisi d’epoca) caratterizzate dal conflitto tra potenze per il dominio mondiale come questa che stiamo vivendo. Secondo Fernand Braudel:<< [Ogni] sviluppo capitalistico di tale portata sembra annunciare, entrando nello stadio dell’espansione finanziaria, una sorta di maturità: [è] il segnale dell’autunno >> (oggi decadenza del ciclo egemonico statunitense) (9).

Pertanto, per dirla con Domenico de Simone, << In questo sistema i valori monetari nascondono ricchezza reale che viene sottratta a chi la produce per essere distribuita in maniera ineguale nel mercato finanziario sulla base dei rapporti di forza e non di capacità produttive. Le emissioni monetarie ed i titoli del debito pubblico sono gli strumenti a mezzo dei quali viene operata questa indebita appropriazione di ricchezza.>> (10). La destrezza nell’uso degli strumenti finanziari serve alla lotta tra gli agenti strategici per la conquista della loro egemonia sia nella sfera di appartenenza (economica, finanziaria, politica, culturale, eccetera) sia nell’insieme della società (11). Vedere la sfera della finanza in maniera autonoma ed egemonica, invece di considerarla come parte del conflitto nelle strategie politiche, è fuorviante perché non fa capire il conflitto strategico tra gruppi dominanti per il potere (nelle diverse sfere sociali) e per il dominio (nell’insieme della società) sia a livello nazionale sia a livello mondiale. In questa logica il processo di de-dollarizzazione (12) in atto è la messa in discussione di un ordine mondiale coordinato dagli USA (la fine della fase monocentrica) basato sul sistema finanziario del dollaro che è l’espressione di un modello di sviluppo economico, sociale e politico, di un modo di intendere la produzione e riproduzione della vita. La ricerca di un nuovo ordine (il nuovo nomos schmittiano) (13) avanzato dalle potenze che stanno configurando il polo asiatico, presuppone la nascita di un sistema finanziario basato sulle diverse monete (negli scambi Paese-Paese e mondiali) che sarà espressione di un nuovo modello, di una nuova idea di società (tutta da capire) in un mondo multicentrico dove l’equilibrio dinamico tra le potenze sarà garantito da una condivisione basata sul rispetto, sull’autodeterminazione, sulla democrazia, sulla sovranità e sul vantaggio reciproco nelle relazioni tra i Paesi.

Sullo sfondo si giocano due diversi modi di intendere le relazioni mondiali: da una parte, gli USA, come espressione di una egemonia assoluta dell’Occidente (modello monocentrico) e dall’altra, Cina e Russia (in particolare), come espressione di una egemonia relativa dell’Oriente in cui la diversità storica, territoriale e sociale sia mezzo di confronto, di crescita e di stimolo (modello multicentrico) (14). Spero che si affermi il modello multicentrico!

Marco Della Luna però non aiuta a capire come si configurano gli agenti strategici egemoni che sono dati dal conflitto in tutte le diverse sfere della società, che possono avere pesi specifici diversi (il marxiano fascio di luce che illumina) nelle differenti fasi della storia nazionale e mondiale, quando sostiene che :<< […] tutto il denaro, tranne quello metallico, viene creato (dalle banche centrali e da quelle ordinarie) senza una copertura aurea (o di altro genere), ossia dal nulla e a costo pressoché nullo, e prestato (agli stati e ai soggetti privati) contro interesse. Il denaro legale è costituito dalle banconote delle banche centrali. Il restante denaro è denaro contabile o scritturale, generato in piccola parte dalle banche centrali, e per il 90% circa dalle altre dalle banche, mediante semplice scritturazione contabile (ripeto: senza copertura in oro o altro valore). La Banca d’Italia, nei suoi bollettini, attesta che le banche italiane creano così ogni anno mediamente 1.000 miliardi di euro – che vanno a debito dei prestatari. La moneta contabile o scritturale non preesiste al prestarla, non viene prelevata da una riserva o altra voce di bilancio, bensì (per quanto suoni lontano dal pensiero comune) viene creata con l’atto di prestarla, digited into existence and lent into circulation. Orbene, mentre le leggi prevedono e regolano la creazione e immissione della moneta legale (banconote), niente dicono della moneta contabile o scritturale, la quale, giuridicamente, sia che si concreti come saldo attivo di conto corrente, che come importo di un assegno circolare o altro, costituisce una promessa di pagamento/ricognizione di debito di moneta legale (banconote) da parte della banca emittente verso il titolare del conto corrente o il legittimo portatore dell’assegno. Solo che l’aggregato di tale moneta è circa il decuplo dell’aggregato della moneta legale esistente, la quale per giunta è quasi interamente detenuta dai cittadini – sicché i depositi bancari e gli assegni circolari sono scoperti al 998 per mille circa – ma non è questo il problema, almeno finché non parte un bank rush, ossia una corsa al ritiro dei depositi! Il problema centrale è che la potestà di creazione ed emissione della moneta contabile-scritturale, che è il sangue dell’economia, non è prevista né disciplinata dalle leggi, anche se le leggi bancarie (ad es. TUB art. 10) non autorizzano le banche a creare moneta, ma solo a intermediarla – quindi, in realtà, questa potestà è negata, esclusa dalla legge (con la conseguenza giuridica che tutta l’attività di creazione monetaria in questione è illecita, quindi sono illeciti i contratti di mutuo, etc. etc.). Essa è però detenuta ed esercitata di fatto (e non di diritto), sotto le mentite spoglie di “esercizio del credito”, in regime di cartello, dai titolari di licenza bancaria, ossia dalla comunità bancaria, creando ed emettendo questa moneta contabile, che non può essere la moneta legale “Euro”, col nome abusivo di “Euro”. E’ esercitata privatamente, senza rendere conto all’interesse generale delle sperequazioni, dei danni, degli abusi, stante che le banche centrali, che dovrebbero sorvegliare sull’esercizio del credito, sono controllate dagli stessi titolari delle licenze bancarie, i quali hanno un potere condizionante sulla politica, data anche la loro capacità di dare il rating al debito pubblico.>>.

La domanda che si pone, a questo punto, è: chi detiene il potere della creazione del denaro dal nulla e quale ruolo assume questo capitale finanziario sia nella messa a valore dei differenti sistemi di sviluppo territoriali nazionali sia nell’allargamento delle aree di influenza delle nazioni-potenze? (15).

La ricchezza come mezzo di potere degli agenti strategici per il dominio nella società è illimitata (già Aristotele parlava della crematistica come produzione della ricchezza senza limiti) (16) e non è condizionata, se interpreto correttamente Marco Della Luna, dal fatto che:<< il sistema monetario moderno è compatibile solo con un’economia in continua espansione, perché si basa sulla moneta indebitante: il money supply è generato mediante prestiti (allo stato, ai privati) gravati di interessi composti, che, matematicamente, nel tempo, aumentando il capitale dovuto, ossia la base per gli interessi che via via maturano, richiedono che il sistema crei nuova moneta, sempre a debito, per pagare gli interessi e rimborsare eventualmente il capitale. La moneta emessa a debito crea dunque, macroeconomicamente, una necessità di continua crescita del fatturato come condizione per evitare il default >>, perché il limite infinito del processo di accumulazione del capitale è una conditio sine qua non della sua esistenza come modello di produzione e riproduzione della società storicamente e territorialmente data (17). David Harvey sostiene che << Il capitale […] crea un paesaggio fisico e relazioni spaziali adeguati ai suoi bisogni e ai suoi scopi (sia nella produzione che nel consumo) in un certo punto del tempo, solo per scoprire che ciò che ha creato diventa antagonista ai suoi bisogni in un punto futuro nel tempo. Fa parte della dinamica dell’accumulazione capitalistica la necessità di “costruire interi paesaggi e relazioni spaziali solo per farli a pezzi e ricostruire di nuovo in futuro” […] I regimi di valore regionali possono essere annidati a scale diverse. Sono identificabili negli Stati. […] I regimi di valore regionali sono configurazioni instabili e fluttuanti di influenza e di potere che esistono e hanno manifestazioni potenti anche se non hanno una definizione materiale chiara. Abbiamo iniziato questa esplorazione dello spazio e del tempo entro cui le leggi del moto del valore si impongono, con l’affermazione, più che plausibile, che è nella natura del capitale stesso conquistare e costruire il mercato mondiale. Ora, dopo aver percorso il terreno contraddittorio su cui queste leggi devono operare, vediamo che è nella natura del capitale anche frantumare l’uniformità, l’omogeneità e la razionalità sovrasensibile del mercato mondiale, in così tanti frammenti potenzialmente pericolosi e incompatibili di eterogeneità, differenza e sviluppo geografico disuguale, indipendentemente da tutti gli errori irrazionali umani che macchiano di sangue e fango la storia collettiva dell’umanità. Che tutto questo si trasformi in lotte geopolitiche fra blocchi di potenze sulla scena mondiale è questione di grande rilievo. La storia geopolitica del capitalismo è stata una faccenda piuttosto sgradevole (e continua a esserlo minacciosamente). Considerazioni che derivano dalla creazione di regimi di valore distinti nello spazio e nel tempo hanno un ruolo delicato in quella geografia storica.>> (18).

Il problema che si pone, in conclusione di questa riflessione, a partire dal sistema di signoraggio finanziario, è quello di capire qual è il ruolo che gli agenti strategici svolgono, sia attraverso il processo di accumulazione del capitale sia attraverso la creazione dal nulla della moneta, nel determinare il sistema di sviluppo territoriale sia a livello delle nazioni sia a livello mondiale (con relative aggregazioni territoriali: grandi aree, macroregioni, altro). La sovranità e l’autodeterminazione dei sistemi territoriali non va inquadrata nella logica economicistica ma nella logica dell’insieme delle sfere che compongono la società cosiddetta capitalistica. La comprensione di quanto fin qui sostenuto se fosse agito dai nuovi soggetti sessuati (19) che hanno consapevolezza dell’interezza della vita vissuta (che dà un senso alla esistenza) porterebbe alla trasformazione della realtà sociale storicamente e territorialmente data con la costruzione di un nuovo ordine sociale (20).

Intanto la fase multicentrica è decisamente avviata e le potenze mondiali in ascesa (il costituendo polo asiatico allargato) (21) sono decisamente determinate a mettere in discussione quello che Marco Della Luna definisce << […] il signoraggio monetario, come strumento di dominio globale, sia in via di affiancamento col signoraggio biologico, iniziato con le sementi ogm terminator, con le quali multinazionali come Monsanto mettono gli agricoltori in condizione di dipendenza rigida da esse per la fornitura sia dei semi che della chimica, senza di cui non possono produrre. Iniziato così anni or sono, oggi continua con farmaci modificanti il DNA e l’RNA dell’uomo, e con cose come la carne sintetica. Credo che stiamo passando da un sistema finanziario basato sulla moneta indebitante e che si regge sull’espansione consumistica di beni e servizi ad alto impatto ambientale (come l’automobile), quindi insostenibile, a uno sempre basato sulla moneta indebitante e sull’espansione consumistica, ma di beni e servizi medico-farmaceutici, a basso impatto ambientale, quindi eco-sostenibile. La popolazione, sempre più immuno-depressa e malata (o che si percepisce malata), spenderà il reddito disponibile per curarsi (con farmaci più o meno efficaci e tossici). Questo sistema agevolerà anche la soluzione del problema ecologico per via demografica, incidendo sulla fertilità e sulla durata media della vita, che già si sono ridotte. […] esiste anche, ed è importantissimo per gli equilibri geopolitici, il signoraggio monetario internazionale, attuato dagli USA dal ’44 in poi, e soprattutto dal 1971, ossia da quando Nixon liberò il Dollaro dalla convertibilità aurea, così da permettere a Washington di comperare da tutto il mondo a costo zero, semplicemente stampando carta (o digitando numeri) e imponendo la sua accettazione e il suo uso come moneta obbligatoria di riserva e per i pagamenti internazionali, soprattutto delle materie prime. Imposizione attuata mandando ora la CIA, ora le forze armate, in giro per il mondo a eliminare i governi (Indonesia, Cile, Iraq, Libia…) che, tentando di usare altre valute, minacciavano questo dominio del Dollaro, dal quale dipende anche la capacità degli USA di operare globalmente come estrattore (predatore) ‘imperiale’ di ricchezze prodotte da altri e di mantenere il loro enorme apparato militare e alti livelli di consumismo interno anche dopo il trasferimento all’estero di gran parte della loro capacità produttiva.

Da tempo si parla di crisi di questo signoraggio internazionale del Dollaro, di un processo in corso di de-dollarizzazione globale – processo che è il fulcro della proxy war in Ucraina >>.

*L’epigrafe è tratta dal film di Francis Ford Coppola, Il Padrino. Trilogia dei Corleone, parte terza, 1990.

NOTE

1. Pepe Escobar, Sergey Glazyev: “la strada verso il multipolarismo finanziario sarà lunga e irta di ostacoli”, www.comedonchisciotte.com, del 15/3/2023. Per un approfondimento su questi temi si rimanda a Pepe Escobar, Lo zar russo della geoeconomia Sergey Glazyev introduce il nuovo sistema finanziario globale, www.comedonchisciotte.com, del 22/4/2022 e a Sergev Glazvev, L’ultima guerra mondiale, Knizhny Mir, Mosca, 2016, (traduzione russo-inglese).

2. Pier Giorgio Ardeni-Francesco Sylos Labini, Mondo senza pace la responsabilità delle grandi potenze e la necessita di un nuovo equilibrio-economico, www.left.it, 30/3/2023, pp.7-9; si veda anche Patricia Adams e Lawrence Solomon, L’ascesa della Russia, www.maurizioblondet.it, 17/4/2023.

3. Gianfranco La Grassa, Finanza e poteri, Manifestolibri, Roma, 2008, pag.19; per una maggiore comprensione della differenza tra razionalità strumentale e razionalità strategica si legga tutta la parte Per una nuova indipendenza, pp.25-102.

4. Su questi temi intrecciati con la guerra scatenata dagli Usa (via Nato-Europa-Ucraina) contro la Russia si veda anche F.William Engdahl, L’agenda verde a zero emissioni di carbonio è impossibile sotto tutti i punti di vista, www.comedonchisciotte.org, 13/4/2023; Stefano Fantacone-Demostenes Floros, Crisi o transizione energetica? Come il conflitto in Ucraina cambia la strategia europea per la sostenibilità, Diarkos, Santarcangelo di Romagna (RN), 2022; Valeria Poletti, Il costo sociale della guerra, www.ariannaeditrice.it, 9/5/2023.

5. Sul termine denaro per distinguerlo da quello di moneta si rinvia a Carlo Boffito, Teoria della moneta, Einaudi, Torino, Parte terza, 1973; Suzanne De Brunhoff, La moneta in Marx, Editori Riuniti, Roma, 1973; Andrea Fumagalli, Suzanne De Brunhoff, Karl Marx e il dibattito sulla moneta, www.sinistrainrete.info, 19/4/2023. Così Alfred Sohn-Rethel:<< E’ il denaro e proprio il denaro nella sua forma monetaria, prodotta per la prima volta nel 680 a.C. nella Ionia, il termine di mediazione che stabilisce il nesso tra la realtà sociale e l’identità concettuale delle stesse astrazioni formali. Infatti l’astrattezza dello scambio delle merci si manifesta solo nel denaro coniato. Finché il denaro si presenta ancora nella sua rozza forma metallica come oro, o argento o rame ecc. e deve essere diviso, pesato, esaminato nel suo titolo in ogni traffico, viene trattato ancora nella sua forma naturale in modo non diverso dagli altri oggetti d’uso. Solo quando un’autorità monetaria assume in suo potere questi atti fisici garantendoli in maniera credibile, è possibile stampare sui pezzi di metallo che essi servono solo per lo scambio, ponendoli in contrasto esplicito con gli oggetti d’uso […] >>, in Alfred Sohn-Rethel, Il denaro, l’apriori in contanti, Editori Riuniti, Roma, 1991, pag. 9 e oltre pp. XI-55.

6. Karl Marx, Il Capitale. Critica dell’economia politica, Einaudi, Torino, 1975 [si rimanda alle parti che riguardano a) la teoria del valore del denaro (Libro primo); b) il finanziamento della produzione capitalistica (Libro secondo); c) le strutture del credito (Libro terzo).

7. Sulla creazione della moneta dal nulla in regime di monopolio si vedano gli scritti di Fabio Bonciani pubblicati sul sito www.comwdonchisciotte.org, a mò di esempio segnalo Fabio Bonciani, Cenerentola, Biancaneve e i bilanci in rosso delle banche centrali! www.comedonchisciotte.org, 4/4/2023.

8. Sulle fasi storiche dell’espansione finanziaria si rimanda a Giovanni Arrighi, Beverly J. Silver, Caos e governo del mondo. Come cambiano le egemonie e gli equilibri planetari, Bruno Mondadori, Milano, 2003.

9. Citato in Giovanni Arrighi, Capitalismo e (dis)ordine mondiale, a cura di Giorgio Cesarale e Mario Pianta, Manifestolibri, Roma, 2010, pag.146.

10. Domenico de Simone, Un milione al mese a tutti: subito! Edizioni Malatempora, Roma, 1999, pag. 30; Domenico de Simone Per un’economia dal volto umano, Edizioni Malatempora, Roma, 2002; Domenico de Simone, Un’altra moneta, Edizioni Malatempora, Roma, 2003.

11. Si vedano: le tre storie emblematiche sulla finanza e sulle frodi mercantili raccontate da Carlo Maria Cipolla, Tre storie extra vaganti, il Mulino, Bologna, 1994; il gioco sui titoli di Stato da parte della potente famiglia dei Rothschild per le loro strategie di arricchimento e di potere in Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, Italia oscura, Sperling&Kupfer, 2016, pp.233-258; il conflitto degli agenti strategici tramite le banche raccontato da Lodovico Festa, Guerra per banche. L’Italia contesa tra economia, politica, giornali e magistratura, Boroli Editore, Milano, 2006.

12. Sul processo di de-dollarizzazione si veda Manlio Dinucci, Si allarga la ribellione all’impero del dollaro, www.voltairenet.org, 24/4/2023; Domenico Moro, Le conseguenze di breve e lungo periodo della guerra, www.comedonchisciotte.org, 27/4/2023; Pepe Escobar, La de-dollarizzazione ingrana la quarta, www.maurizioblondet.it, 29/4/2023. Sugli aspetti finanziari all’interno della ciclicità della storia si legga Federico Dezzani, Geopolitica, credito, mercati e cicli, www.federicodezzani.altervista.org, 4/4/2023; Qiao Liang, L’arco dell’impero. Con la Cina e gli Stati Uniti alle estremità, a cura del Generale Fabio Mini, Leg edizioni, 2021, soprattutto pp. 116-173.

13.Carl Schmitt, Il nomos della terra, Adelphi Edizioni, Milano, 2003; Carl Schmitt, Terra e mare, Adelphi Edizioni, Milano, 2006; Luigi Garofalo, Intrecci schmittiani, il Mulino, Bologna, 2020.

14. Radhika Desai e Michael Hudson, La Russia abbandona l’occidente neoliberale per unirsi alla maggioranza mondiale, www.italiaeilmondo.com, 19/4/2023.

15.Su questi temi si rimanda per approfondimenti a Qiao Liang, L’arco dell’impero, op. cit., pp.175-200; Giovanni Arrighi Caos e governo, op.cit., pp. 43-112; Pietro Ratto, I Rothschild e gli altri. Dal governo del mondo all’indebitamento delle nazioni: i segreti delle famiglie più potenti, Arianna Editrice, Bologna, 2015.

16.Sulla crematistica si legga Aristotele, La politica, Editori Laterza, Bari, 1966; sul concetto del limite interpretato come l’insieme della società nelle diverse fasi della storia umana si veda Remo Bodei, Limite, il Mulino, Bologna, 2016. Su questi temi si rimanda, inoltre, a Costanzo Preve-Luca Grecchi, Marx e gli antichi Greci, Petite Plaisance editrice, Pistoia, 2005.

17. Si veda Karl Marx, Il Capitale. Critica dell’economia politica, Einaudi, Torino, 1975, Libro terzo, terza sezione, pp.299-373.

18.David Harvey, Marx e la follia del capitale, Feltrinelli, Milano, 2018, pp. 135-136 e pag. 172.

19.Ricordo, con Costanzo Preve, che le grandi masse popolari non possono vivere a lungo senza più nessuna chiave interpretativa della riproduzione sociale (produzione e riproduzione dell’intera vita individuale e sociale), pena la caduta in sindromi di demenza generalizzata in Costanzo Preve, La demenza generalizzata del popolo italiano. Un enigma storico da decifrare, www.ariannaeditrice.it, 27/12/2011; si veda anche Costanzo Preve, Elogio del comunitarismo, Controcorrente edizioni, Napoli, 2006.

20.Maria Zambrano, La confessione come genere letterario, Bruno Mondadori, Milano, 1997; John Berger, Paesaggi, il Saggiatore, Milano, 2019.

21.Sul ruolo che potrebbe avere l’India (altra potenza in ascesa) nel polo asiatico si veda Andrew Korybko, Foreign affairs ha pubblicato un’analisi straordinariamente perspicace sulle relazioni tra India e Stati Uniti, www.italiaeilmondo.com, 9/5/2023.

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