1° Maggio, tra speranze e rituali stantii_di Giuseppe Germinario

La celebrazione del 1° Maggio si è affermata definitivamente in risposta alla strage di operai avvenuta nel 1886 a Chicago. Non è mai stata solo una commemorazione di un evento tragico; è diventata immediatamente e soprattutto il motore di una speranza, di un grido universale, internazionale, fondato sul desiderio di emancipazione e sulla forza trascinante e innovatrice del lavoro salariato capace di trasformare il mondo. Le dinamiche  storiche degli ultimi due secoli, una loro disanima più disincantata, hanno rivelato una realtà molto più complessa. Il conflitto sociale tra sfruttati e sfruttatori non è il motore determinante l’intero ambito del confronto, dello scontro politico; è parte di esso e pesantemente condizionato dalle modalità e dall’esito della competizione tra centri decisori che assume soprattutto le caratteristiche di un confronto interno agli stati e tra gli stati. Questi ultimi inseriti di fatto in precisi, quanto fluidi contesti geopolitici nei quali territorio, cultura, processi identitari consentono di inquadrare le costanti, i cambiamenti e i momenti di rottura.

Lo stesso criterio divisivo della lotta di classe fondata sulla contrapposizione, sullo spartiacque tra lavoro salariato e capitale, per meglio dire tra salariati e capitalisti, pur nella grandezza degli eventi e delle motivazioni che ha scatenato, si è rivelato insufficiente ed ormai inadeguato, distorcente, nel leggere queste dinamiche e nell’indicare prospettive realistiche di emancipazione e di assetti geopolitici migliori.

La celebrazione del 1° maggio si dibatte di conseguenza in questo dilemma sino al tentativo di ingabbiarlo in veri e propri processi di rimozione.

Il più eclatante è, probabilmente, il silenzio calato in Italia e in tutto il mondo cosiddetto occidentale sulla immane strage alla Camera del Lavoro di Odessa, avvenuta tra il 1° e il 2 di maggio del 2014. Decine, secondo le fonti ufficiali, centinaia, nella realtà, di persone arse vive e giustiziate da orde nazistoidi, tutte ancora adesso ben inserite nei gangli vitali dello Stato e del Governo Ucraino, l’attuale paladino delle democrazie.

Qui sotto uno dei filmati più drammatici riguardanti quell’evento:

Lo stesso giorno parti l’offensiva militare del regime, durata dieci anni, contro le regioni orientali e la loro popolazione decisa ad opporsi alle leggi discriminatorie instaurate dal regime e contrarie agli accordi sottoscritti. In questo quadro si inserisce il proposito della NATO di avvicinarsi ai confini e minacciare sempre più l’esistenza stessa della Russia e la reazione culminata con l’intervento militare del febbraio 2022.

Qui sotto una breve ricostruzione di quest’ultimo evento, tratta dalle bozze del libro di Max Bonelli “Antimaidan” :

Il 2 maggio è una data memorabile in tutti i sensi, parallelamente al momento in cui i russi furono bruciati vivi nella “Katyn di Odessa” nella Casa dei sindacati.

Il nemico lanciò la prima operazione militare su larga scala con armi combinate per assaltare la città di Slavjansk.

È questa data, il 2 maggio, che è considerata il giorno in cui è iniziata la guerra (https://t.me/cs_association_0/194), che dura da più di 10 anni.

Quindi, il nemico è riuscito a conquistare le alture dominanti sul monte Karachun e raggiungere la periferia della città, ma grazie all’abile comando di Igor Strelkov, al coraggio della milizia, alla forza dello spirito russo e all’aiuto di Dio, i nostri ragazzi hanno fatto impedendo al nemico di entrare in città, abbatté diversi elicotteri e inflisse una grave sconfitta alla manodopera nemica.

La guarnigione sopravvisse e resistette a lungo, respingendo sempre più attacchi nemici, finché la città fu quasi completamente circondata.

Telegram (https://t.me/cs_association_0/194)
Когда запели пушки
Сегодня священная дата войны на Донбассе. Именно десять лет назад, 2 мая 2014 года Украина начала проводить штурм Славянска силами авиации и бронетехники – фактически первая серьёзная операция с заходом украинской армии с нескольких сторон в окрестности города. Параллельно с этим была взята гора Карачун – господствующая высота над Славянском, с которой видно было всё как на ладони

(Oggi è la data sacra della guerra nel Donbass. Dieci anni fa, il 2 maggio 2014, l’Ucraina iniziò a sferrare un assalto a Slavyansk utilizzando aerei e veicoli blindati: di fatto, la prima operazione seria con l’esercito ucraino che entrava nelle vicinanze della città da diverse direzioni. Parallelamente a ciò, fu preso il monte Karachun, l’altezza dominante sopra Slavyansk, da cui tutto era chiaramente visibile.

Il giorno dell’inizio di una guerra su vasta scala che dura da dieci anni. La guarnigione resistette quel giorno).

2Maggio mi alzo la mattina presto, durante la colazione leggo le notizie ansa dell´attacco a Sloviansk. Le truppe aviotrasportate hanno attaccato alle 3.30 ore italiane contemporaneamente tutti i posti di blocco di questa citta´ di 130.000 abitanti, ne prendono 9 ma incontrano una maggiore resistenza del previsto, 2 elicotteri sono abbattuti ed uno danneggiato. Le fonti ucraine parlano solo di due morti tra i loro soldati, ma la cifra mi sembra sproporzionata all´entità delle perdite di mezzi. Anche i filorussi lamentano perdite almeno 1 morto e 10 feriti. Mentre viaggio nel pulman per andare a lavoro, vengono segnalati alcuni video sull´abbattimento di un elicottero[1] .Sono separatisti che riprendono, l´elicottero punta senza controllo verso terra e poi una esplosione ed una grossa nuvola di fumo seguita da grida di gioia e spari che non si capisce se sono in segno di approvazione o provengono da scontri nelle vicinanze, la guerra, civile e`realta` a Sloviansk. Quando sono in pausa pranzo me ne arriva un altro di video su facebook da parte di Anna sono 2 minuti di un volto umano della guerra.[2] Da una macchina scende un combattente filorusso ed il pilota di un elicottero abbattuto, ferito alla coscia l´uomo è sotto shock, contusioni sul viso ed il giubbetto di salvataggio arancione penzolante. I filorussi lo aiutano ed un dottore gli da il primo soccorso. Il combattente descrive che dopo l´impatto soldati ucraini si sono fatti avanti, prendono le armi e lasciano il pilota ferito al suo destino. Avrà almeno 40 anni forse 45, si muove come un soldato esperto ma mostra il viso e parla il dialetto locale, uno dei tanti della città che ha preso le armi, forse aveva fatto il servizio militare nell´armata rossa e poi tornando a casa si è ritrovato ucraino, adesso dopo il golpe ha deciso di prendere il destino della storia con le sue mani. La Russia chiede una riunione urgente del consiglio di sicurezza dell´Onu e contemporaneamente si fa più duro il confronto sul gas dove il debito ucraino è arrivato a 3,5 miliardi di dollari e si preannuncia un taglio delle forniture a partire da giugno se non ci sarà il saldo.[3]La sera quando torno a casa trovo Anna con gli occhi rossi e la voce rotta dalla emozione ”A Odessa è successo un massacro, una cosa orribile , i nazisti hanno bruciato la casa dei sindacati con i filorussi dentro, ci sono decine di morti” la cosa mi sembra così enorme che provo ad avere conferma sulla stampa italiana. Gli articoli su Repubblica sono inusualmente pochi e solo su un articolo di redazione si trovano notizie contraddittorie “Trentotto persone sono morte in un incendio dopo gli scontri a Odessa”. Qualche trafiletto più in basso ”E’ di almeno 38 morti anche il bilancio delle vittime degli scontri tra separatisti e lealisti a Odessa, città portuale ucraina sul Mar Nero. “Uno di loro è stato colpito da un proiettile”, ha riferito una fonte all’agenzia Interfax, “mentre per quel che riguarda gli altri non si conosce la causa della loro morte”. La Casa dei Sindacati è stata data alle fiamme. Le persone sono morte nell’incendio. Gli scontri sono violentissimi”.Mi viene a pensare che c´è una guerra in atto in Odessa chiedo, conferma ad Anna ”sembra che si sparano ci sono morti da una parte e dall´altra”. Mi risponde quasi isterica ”ti dico di no i morti sono solo tra i filorussi, sono arrivati due treni carichi di 2500,tifosi di squadre di calcio con quelli di pravji sektor che li guidavano, sono andati addosso alle tende dei filorussi che raccoglievano le firme per il referendum dell´11 maggio, gli hanno dato fuoco , i filorussi erano di meno 200-300 persone sono fuggite nel vicino palazzo dei sindacati e quei bastardi gli hanno dato fuoco al grido gloria all´Ucraina” piange disperata, “capisci ho lavorato tanto per la lingua ucraina ed anche io sono responsabile di aver creato questo mostro, come voi europei, americani, anche io che in realtà sono russa”. Le lacrime scendono irrefrenabili, non riesco che a dire banalità “forse sono notizie esagerate”. Guarda tu stesso!” Mi mette davanti il suo computer ed un video terrificante girato dagli stessi nazisti messo su Youtube, si vedono corpi carbonizzati seduti sulle scale interne di un grande edificio su più piani, alcuni sono bruciati solo dalla cintola in su come se qualcuno gli avesse versato benzina e dato fuoco. Il video dal titolo ”cimici russe colorate bruciano” verrà rimosso nei giorni successivi. Ma altri video non meno cruenti sono sulla rete. Come quello che riassume in pochi minuti gli avvenimenti.[4]. Oppure quello girato dalle prime autorità che entrano nell´edificio e che si aggirano tra i cadaveri indifferenti al massacro che non hanno saputo evitare.[5]Il titolo “terroristi russi bruciati vivi nella casa dei sindacati ad Odessa”, spiega la loro indifferenza se non complicità,si vede più volte in varie sequenze un alto ufficiale di polizia che si muove indisturbato tra i nazisti quasi dirigendo il pogrom.[6] L´ufficiale viene accompagnato in un un autoambulanza per fare un briefing con uno dei capi dei nazisti. Si parla di russi bruciati vivi come se questo può giustificare la mostruosità ma in realtà sono ucraini russofoni come altri 10 milioni che vivono nel Sud-est e che da questo momento avranno chiaro che se vogliono protestare lo dovranno fare con le armi in mano come a Sloviansk oppure accettare il nuovo corso politico ucraino , protestare pacificamente significa votarsi ad una morte orribile. Il bilancio cresce di ora in ora arriverà a 48 persone più altri 50 dispersi i cui corpi non saranno trovati. Quando vado a letto la testa mi gira, le vene pulsano sulle tempie, faccio fatica a respirare non riesco a pensare che al bianco dei denti che si staglia sul nero della carne carbonizzata, o a quella donna incinta strangolata con il filo del telefono in una stanza non toccata dall´incendio, perché non dovevano essere lasciati testimoni, o a quei ragazzi semicarbonizzati che dopo aver saltato dal 2° piano con le gambe spezzate si trascinavano tra l´ilarità dei nazisti che li finivano a bastonate. Mi viene solo una domanda “è questa l´Europa che voglio? questa sarebbe quello per cui 50 milioni di persone sono morte nella ecatombe che ebbe fine nel 1945?” In quella notte decido che non posso essere spettatore passivo, nel mio nido di sicurezza in Scandinavia, decido che devo scrivere raccontare questa follia di cui anche il mio paese è complice.

 

[1]    https://www.youtube.com/watch?v=QbWYEZWi-Cg

[2]    https://www.youtube.com/watch?v=lbMjiCb7EPU

[3] http://www.repubblica.it/economia/2014/05/02/news/ucraina_l_ue_prova_a_rassicurare_gas_fino_a_maggio_ma_gazprom_frena_sul_prossimo_inverno-85039832/?ref=search

[4]https://www.youtube.com/watch?v=FpVWEppLi_I

 

[5]    https://www.youtube.com/watch?v=ycfOCxR5mxM&oref=https%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DycfOCxR5mxM&has_verified=1

[6]    https://www.youtube.com/watch?v=H4dJRnI-X8Q#t=37

Qui sotto un filmato rievocativo:

Gli interessati all’acquisto del volume “Antimaidan” possono rivolgersi direttamente all’autore tramite email max.bonelli@mail.ru

Giuseppe Germinario

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SITREP 5/1/24: Il rullo compressore russo avanza mentre l’Ucraina si prepara all’impatto, di SIMPLICIUS

Questa volta iniziamo le cose in modo un po’ diverso e passiamo direttamente agli aggiornamenti sul campo di battaglia, mentre le forze russe continuano a fare progressi in una serie di settori chiave.

Sull’asse di Avdeevka si sono registrati diversi progressi degni di nota rispetto all’ultima volta.

In primo luogo, è stata completamente conquistata l’ampia area di distacco tra Arkhangelsk e Keramik, cerchiata in giallo qui sotto:

Anche la stessa Arkhangelske viene ora presa d’assalto e, secondo quanto riferito, una parte di essa è occupata dalle truppe russe, visibile sopra la freccia gialla.

E ora anche Sokol/Sokil, sul lato occidentale, viene avvicinata, con le truppe russe che si muovono su Karl Marx Avenue da Soloviev e ingaggiano battaglie con le truppe dell’AFU alla periferia del piccolo insediamento.

Zoomando verso l’esterno, possiamo ancora una volta vedere che l’hub chiave della regione, Kostantinovka, viene lentamente avvolto dai salienti che si spingono da Ocheretino e Chasov Yar, con l’Ocheretino, la porzione meridionale della tenaglia, a 10 km dal taglio dell’MSR di Konstantinovka:

Nel nord, le unità RF della 98a divisione aviotrasportata avanzano a Chasov Yar non solo direttamente, ma aggirando la parte più orientale a sud dove le truppe russe sono state ora geolocalizzate per passare sopra il canale Seversky-Donets evidenziato in bianco qui sotto:

Ciò significa che sembrano tentare di mettere il corpo principale di Chasov Yar in una tenaglia in questo modo:

Spiegel:

I militanti ucraini si stanno preparando per una rapida ritirata dalla zona di Chasov Yar – Spiegel

“Se il nemico occupa un’altura nell’area del villaggio di Ivanovskoye, allora potrà avvicinare i suoi sistemi antiaerei e nascondere il suo equipaggiamento tra gli edifici, e saremo costretti a ritirare la potenza di fuoco”, hanno dichiarato le forze armate ucraine. ha detto il funzionario alla pubblicazione tedesca.

I soldati dell’AFU si sono lamentati di problemi con i rifornimenti, nonché di frequenti attacchi da parte dell’artiglieria e dell’aviazione russa.

Secondo gli autori dell’articolo, dopo la ritirata da Chashi Yar, la parte settentrionale del fronte del Donbass potrebbe crollare. La situazione a Kiev è aggravata dalla fuga dei militanti da Ocheretino.

Gli osservatori del Wall Street Journal concordano con i loro colleghi tedeschi, che hanno scritto che l’avanzata delle forze armate russe ha messo in luce le vulnerabilità delle posizioni delle forze armate ucraine.

Anche Julian Ropcke della Bild è abbattuto:

Presto l’esercito entrerà a Chasov Yar: si sta avvicinando alla città da sud, – BILD

Durante l’attacco a Chasov Yar, l’esercito utilizza la tattica del doppio attacco, ha riferito in precedenza l’esperto militare della BILD Julian Röpcke. Le forze armate attaccano direttamente il microdistretto di Kanal a est della città e lo aggirano anche da nord e da sud, passando per i villaggi di Bogdanovka e Ivanovskoye (Krasnoye). Al Centro e al Nord le Forze Armate mantengono la linea.

Ora, sul fianco meridionale delle Forze Armate, sono riusciti ad attraversare il canale Seversky Donets – Donbass e ad avanzare verso la città.

“Le forze armate hanno attraversato il canale a Chasov Yar, 1 km a sud-est della città. È solo questione di tempo prima che entrino nella città da est o da sud”, scrive Röpcke.

Bild scrive inoltre:

Le forze armate ucraine non hanno abbastanza soldati per fermare l’avanzata delle forze armate russe, riferisce la tedesca Bild.

“I migliori soldati sono stati uccisi, feriti o in servizio quasi continuo. Molti sono assolutamente esausti perché le fasi di riposo e di recupero sono impossibili a causa della mancanza di personale. Ciò riduce la loro efficacia in combattimento e il loro morale”, osserva la pubblicazione.

Una nuova ondata di mobilitazione non potrà risolvere la carenza di personale, perché le reclute non ricevono una buona formazione e non sanno usare le armi.

In effetti, ecco come Arestovich, spesso preveggente, ha predetto gli imminenti sforzi russi per quest’estate:

Gli eventi dell’estate, secondo Arestovich, si svilupperanno così. L’esercito russo fa uno sfondamento a Konstantinovka a ovest di Chasova Yar, e nella zona di Ocheretino sviluppa un’offensiva verso Pokrovsk. Non è chiaro cosa accadrà più a nord, nella zona di Belogorovka-Seversk. Il compito finale è raggiungere la linea Kramatorsk-Konstantinovka-Toretsk entro la fine di giugno e in settembre-novembre la battaglia per Slavyansk.

Potete vedere che le due città estremamente importanti di Pokrovsk e Konstantinovka sono quasi equidistanti dall’ultimo saliente di Ocheretino, quindi è probabile che le forze russe continueranno a sviluppare entrambe le direzioni allo stesso tempo, trovando i varchi più liberi per avanzare come l’acqua che scorre attraverso aree di minima resistenza:

Ci sono altri progressi a Urozhaynoye (Raccolto) e Rabotino, dove le forze russe sono state geolocalizzate piantando una bandiera nel nord del villaggio dopo averlo riconquistato, ma per ora questo sarà sufficiente.

Andare avanti.

Tocchiamo il tema degli aiuti e delle prospettive dell’Ucraina. Una volta che la febbre sfrenata del giubilo post-aiuto si è calmata, gli ucraini si sono ritrovati ad affrontare la dura realtà. Ne avevo parlato la volta scorsa, ma ora abbiamo conferme ancora più chiare di quanto in realtà le promesse fossero state inconsistenti.

I commentatori pro-UA lamentano dal profondo che, nonostante le chiassose fanfare, in realtà non sono ancora arrivati ​​gli aiuti e che gran parte dei mezzi principali non saranno spediti prima di un bel po’ di tempo:

Prosegue riferendo:

Zelenskyj sembra confermarlo:

Ciò fa seguito a ciò che ho scritto nell’ultimo rapporto sugli Stati Uniti che stanno semplicemente iniziando a prendere ordini per materiale che può impiegare 1-2 anni per arrivare.

Ciò è fortemente ostacolato da un’industria della difesa sclerotica che sta sperimentando non solo costi in aumento ma anche grandi esitazioni e dubbi:

Ad esempio questo rapporto:

Alcuni appaltatori non vogliono stipulare contratti a lungo termine con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti a prezzi fissi per rifornire l’Ucraina di armi provenienti dalle scorte del Pentagono, secondo un rapporto del GAO Congressional Accountability Office. 

Secondo il dipartimento, i dipartimenti militari statunitensi hanno concluso o stanno pianificando di concludere nel prossimo futuro contratti pluriennali per l’acquisto di cinque tipi di armi fornite all’Ucraina. Ma i funzionari del Pentagono e i funzionari degli appaltatori hanno dichiarato al GAO di dover affrontare delle difficoltà nell’attuazione di questi piani. Alcuni appaltatori, infatti, sono riluttanti a stipulare contratti a lungo termine a causa del prezzo fisso.

Un analista russo ha scritto un post penetrante proprio su questo argomento:

Ciò che è interessante anche per gli ucraini riforniti dalla NATO è che quasi tutti i miglioramenti nei veicoli corazzati e nell’artiglieria trasferiti, sia in termini di facilità d’uso che di sicurezza, sono opera degli stessi stemmi. Sia efficaci che poco efficaci, ma per lo più artigianali. Le modifiche di fabbrica vengono apportate principalmente alle attrezzature che si trovano in uno stato che richiede riparazioni importanti, che si tratti di vecchi carri armati sovietici e veicoli corazzati o di veicoli occidentali. E i miglioramenti vengono apportati principalmente nel quadro dei progetti e degli sviluppi prebellici esistenti, praticamente senza tenere conto dell’esperienza della guerra. 

Abbiamo anche spazio per crescere in quest’area, ma la configurazione dell’armatura e della protezione aggiuntiva degli stessi T-72B3 e T-90M, che vanno alle truppe con UVZ, è già stata modificata più volte e continuerà ad essere cambiato man mano che si trasforma il quadro della minaccia. Come cambierà Abrams dal fronte, recentemente ritirato, prima del suo ritorno? La questione qui è piuttosto se avranno un posto dove tornare. 

Le forze del nemico in questa parte sono concentrate principalmente sul territorio dell’Ucraina stessa e soprattutto nello sviluppo dei droni: il miglioramento degli stessi droni sta ora progredendo lì ad un ritmo più veloce rispetto a sviluppi simili da parte della NATO, a causa della costante comunicazione degli sviluppatori con coloro che usano queste armi. 

Perché sta succedendo? In generale, tutto è abbastanza semplice. La NATO non ha mai percepito questa guerra come qualcosa in cui fosse assolutamente necessario investire tutte le proprie risorse, e la sua industria segue ancora un percorso di minimizzazione dei costi che non implica il miglioramento attivo delle attrezzature trasferite, tanto meno un miglioramento rapido. I processi burocratici paneuropei, che hanno trasformato quasi ogni progetto militare occidentale in una cornamusa infinita di documenti e riunioni, non fanno altro che esacerbare il problema. 

Per loro. Per noi, ovviamente, lo semplificano.

Ciò è stato confermato dal gruppo di hacker russo Beregini che ha pubblicato un rapporto che descrive in dettaglio come quasi tutti i carri armati tedeschi Leopard 1A5 consegnati all’Ucraina presentassero difetti:

D’altro canto continuano ad aumentare le forniture, gli scioperi e i raggruppamenti russi. Ad esempio, questo aggiornamento dell’analista della difesa Konrad Muzyka:

“Siamo arrivati ​​​​al punto in cui la situazione sul fronte è la peggiore dal marzo 2022. Il vantaggio numerico dei russi è in costante crescita, così come il numero degli attacchi. L’Ucraina non è sopravvissuta all’ora più buia. Sta per iniziare. “

La situazione continua ad essere aggravata da massicci problemi per le truppe.

Riepilogo di quanto sopra:

La 47a brigata delle forze armate ucraine ha subito perdite molto pesanti in soldati e ha perso anche 40 veicoli da combattimento della fanteria Bradley e 5 carri armati Abrams. 

Forbes scrive di questo. 

“Quando le difese ucraine sono crollate poco più di una settimana fa vicino al villaggio di Ocheretino, poche miglia a ovest delle rovine di Avdiivka, il comando ucraino ha fatto quello che fa di solito in una crisi: ha schierato lì la 47a “brigata di emergenza” meccanizzata, addestrati da istruttori NATO e montati su carri armati Abrams, veicoli da combattimento della fanteria Bradley e cannoni semoventi M-109″, si legge nella pubblicazione. 

Ma come nota Forbes, la 47a Brigata non è stata in grado di impedire alla 30a Brigata di fucilieri motorizzati russa di catturare Ocheretino la scorsa settimana e di approfondire un saliente di 5 miglia che ha tagliato come un coltello il territorio ucraino. 

La brigata era effettivamente in procinto di ritirarsi dal fronte per riprendersi quando la 30a brigata russa attaccò Ocheretino. Il comando del gruppo delle forze armate ucraine “Donetsk” ha ordinato al 47esimo di voltarsi e tornare in battaglia, dove ha subito enormi perdite, scrive Forbes. 

La pubblicazione ricorda che la 47a brigata guidò la controffensiva delle forze armate ucraine vicino a Rabotino già nel giugno scorso e subì pesanti perdite tra i campi minati russi. Quattro mesi dopo la brigata fu lanciata per 100 miglia nel massacro di Avdeevka. La città cadde in febbraio e il 47° rimase a coprire la ritirata e poi si mosse per sostenere il fianco a Ocheretino.

“Ha subito pesanti perdite e ha perso almeno 40 dei suoi circa 200 veicoli da combattimento di fanteria Bradley e 5 dei 31 carri armati Abrams. La brigata ha un disperato bisogno di riposo, riavvio e riorganizzazione”, scrive Forbes.

il Washington Post ha indirettamente lanciato un’altra notizia bomba quando ha finalmente ammesso che la ridicola cifra delle vittime di Zelenskyj era falsa, intesa a sostenere il morale, e che il numero reale è probabilmente significativamente più alto, qualcosa che coloro che sono in grado di respirare attraverso il naso sanno da tempo:

In effetti, secondo quanto riferito, gli Stati Uniti stanno esaurendo gli uomini ucraini da addestrare:

Rezident UA riferisce che fino al 35% dei militari dell’AFU sono scomparsi durante l’addestramento europeo e non sono mai stati ritrovati. un numero che aumenta ogni anno:

#Dentro
La nostra fonte nell’OP ha affermato che lo Stato Maggiore non considera la formazione degli ucraini all’estero un modello efficace, l’anno scorso quasi il 20% degli uomini non è tornato, quest’anno la percentuale è salita al 35%.

Alla luce di quanto sopra, i personaggi occidentali continuano inutilmente a pavoneggiarsi minacciando di inviare truppe:

L’ex ministro della Difesa britannico e attuale membro del Parlamento, James Heappey, ha sostenuto l’idea di Macron di inviare truppe occidentali in Ucraina per addestrare gli ucraini. 

Quando un giornalista gli ha chiesto se fosse opportuno inviare truppe britanniche in Ucraina, ha risposto affermativamente.

Ed è interessante notare che le forze speciali dell’esercito americano iniziano ad accelerare i corsi di lingua ucraina per le reclute, come in previsione di un futuro dispiegamento nel paese:

Un breve accenno al ponte Kerch. Continuano ad esserci “rapporti” secondo cui l’Ucraina si sta preparando a colpire il ponte già dal 7 al 9 maggio, in tempo per l’inaugurazione di Putin, al fine di rovinarlo.

I sistemi SIM stranieri confermano il trasferimento di almeno 100 missili ATACMS modificati in Ucraina per una portata di 300 chilometri. Tenendo conto dell’uso dei missili inganno ADM-160 MALD, le forze armate ucraine dispongono di un potente arsenale per attaccare la Crimea. Il prossimo attacco è previsto all’inizio di maggio per l’insediamento di Putin il 7 e 9 maggio. La Crimea è satura di sistemi di difesa aerea, la nostra gente sta aspettando un attacco e si sta preparando.

Da Rezident UA:

La nostra fonte presso lo Stato Maggiore dell’OP ha affermato che sono state ricevute le prime istruzioni introduttive per le unità delle forze armate ucraine nell’operazione Ponte di Crimea. È in preparazione un attacco combinato con UAV acquatici/subacquei/aerei, ATACMS e lanci di missili Storm Shadow.

E da Legitimny:

La nostra fonte riferisce che per danni significativi al ponte di Crimea è necessario spendere quasi tutti i missili a lungo raggio trasferiti dai partner. E poi, questo metterà il ponte fuori servizio per 2-3 mesi. 

Ciò, ovviamente, interromperà parzialmente le festività natalizie in Crimea, ma non influenzerà in alcun modo il corso delle ostilità. Sarà solo una campagna di pubbliche relazioni rumorosa e costosa. L’Ucraina spenderà molte risorse, ma riceverà un profitto minimo; a lungo termine questo si rivelerà un grosso problema e un altro errore di calcolo del PO. 

L’unica cosa che gli esperti non possono dire ora è quale sarà la risposta del Cremlino al prossimo aumento della posta in gioco (qualcuno lo sta provocando deliberatamente).

Più probabilmente:
– L’Ucraina sarà tagliata fuori del 70% di tutta l’elettricità e le stazioni di distribuzione saranno costantemente colpite.
– L’Ucraina sarà privata della sua carta vincente sul gas. Molto probabilmente, l’UGC verrà in qualche modo disabilitato.
– le infrastrutture delle ferrovie e dei ponti verranno distrutte in modo più grave. Forse i ponti verranno colpiti con qualcosa di molto grande e potente, in modo da “rovesciarli” immediatamente con un colpo solo.
– ricominceranno a colpire duramente i porti. 

Nel complesso: la vita in Ucraina diventerà ancora peggiore e più difficile per la popolazione. Le autorità ucraine lo sanno, ma eseguono le istruzioni di coloro che pagano queste “vacanze” e pagano le spese d’ufficio per questo “cinema”. Prendersi cura di se stessi! Per le autorità sei solo uno strumento per fare pubbliche relazioni e fare soldi.

Da quando l’Ucraina ha ricevuto nuovi lotti di ATACM, sono già stati registrati diversi tentativi di attacco su larga scala, incluso uno in Crimea giorni fa che ha avuto risultati inconcludenti. Un rapporto indicava che l’AD russo aveva intercettato con successo 10-12 missili ATACM, mentre le immagini sgranate del satellite mostravano alcuni segni “discutibili” sugli aeroporti che avrebbero potuto potenzialmente essere colpi “semi-riusciti”, ma nessuno ne è abbastanza certo.

Oggi, un nuovo video mostrava un attacco dell’ATACM contro una concentrazione di truppe russe a Lugansk, sempre con risultati discutibili.

Ma il punto è: l’Ucraina li possiede e li sta utilizzando. Un attacco a Kerch non è escluso, come indicano le voci sopra citate. Ma è improbabile che abbia successo poiché la precisione dei missili non è sufficientemente elevata da causare danni concentrati.

Inoltre, continuano a circolare rapporti su quanto gravemente la tecnologia occidentale sia stata degradata dal progressivo miglioramento delle capacità di guerra elettronica della Russia.

L’ultima volta che abbiamo scritto della debacle del GLSDB , ora è stato esposto anche il decantato proiettile di artiglieria Excalibur da 155 mm guidato da GPS:

L’efficacia dei colpi guidati dal GPS Excalibur dell’Ucraina è diminuita dal 70% al 6% in sei settimane poiché la Russia si è adattata e ha utilizzato varie risorse di guerra elettronica per contrastarli. Fonte: https://congress.gov/118/meeting/house/116957/witnesses/HHRG-118-AS35-Wstate-PattD-20240313.pdf

L’efficacia dell’Excalibur è stata ridotta al 6%? È praticamente inutile.

A proposito, questo dimostra perché il Krasnopol russo è superiore: ha capacità di guida laser che non possono essere bloccate allo stesso modo.

Infine, tutto ciò si intreccia con le continue speculazioni sulla prossima offensiva russa.

Condividerò alcune voci e voci, in particolare nei confronti della direzione di Kharkov, che è sempre più al centro delle preoccupazioni per l’Ucraina.

Primo, il Financial Times ora si è schierato a favore della direzione di Kharkov :

🇷🇺⚔️🇺🇦 La Federazione Russa si sta preparando per una grande offensiva alla fine di maggio o a giugno, hanno riferito al Financial Times fonti dello Stato maggiore ucraino. 

Secondo loro, prima di questa operazione, la Russia lancerà attacchi missilistici su Kharkov e altre città strategicamente importanti, “ammorbidendo il campo di battaglia”. 

Una fonte delle forze armate ucraine ha detto alla Bild di temere un attacco a Kharkov con la partecipazione di 20-40mila soldati russi.

💬 “Allora dovremo decidere se vogliamo difendere il nord o l’est. È impossibile fare entrambe le cose”, ha detto.

È interessante notare che le foto satellitari mostrano che la Russia sta costruendo un nuovo campo d’aviazione proprio sul lato opposto del confine con Kharkov:

I media occidentali, citando immagini satellitari, riferiscono che la Russia ha iniziato a costruire un nuovo aeroporto a 70 km dall’Ucraina, nella regione di Belgorod. 

La lunghezza della pista è di circa 1800 metri. È sufficiente per diversi tipi di aeromobili. 

Questo conferma i piani di spostamento del fronte dal confine verso ovest.

Potrebbe essere in preparazione di un maggiore supporto aereo per una nuova campagna del nord?

Come si legge nell’articolo del FT sopra citato, alcuni sostengono che la Russia utilizzerebbe solo 20-40k truppe per entrare da nord – ipoteticamente. Questo non è sufficiente per catturare l’intera regione o la stessa città di Kharkov, ma questo potrebbe non essere il punto.

Secondo l’ipotesi, la forza potrebbe semplicemente servire a distogliere le truppe ucraine dal deterioramento della linea del Donbass per creare sfondamenti molto più grandi. L’ufficiale ucraino citato nell’articolo ha ammesso di non avere abbastanza truppe per resistere efficacemente in entrambe le aree.

Questo sarebbe ancora una volta parte integrante della strategia russa di “sgranocchiare” l’Ucraina a poco a poco, in una grande guerra di logoramento: la morte per mille tagli da ogni parte.

La Bild riferisce delle fortificazioni ucraine in previsione:

Qui c’è un thread sulle fortificazioni che include video che mostrano che la Russia sta bombardando attivamente le fortificazioni di Kharkov proprio sul confine russo :

Anche Zelensky ha affermato che la Russia “si sta preparando per un’offensiva”:

Ma molti non sono fiduciosi sulle prospettive dell’Ucraina. Il giornale svizzero Blick:

“I russi prenderanno il controllo del Donbass entro ottobre, poi il conflitto si bloccherà e dovremo negoziare con Putin”, si legge nelle parole di un ufficiale della quinta brigata d’assalto delle Forze armate ucraine, che detiene la difesa a Chasovy Yar.

Diamo un’occhiata ad alcuni ultimi elementi vari.

Gli Iskander russi avrebbero distrutto un enorme magazzino postale di Novaya Pochta a Odessa che, secondo alcune fonti, ospitava uno dei grandi carichi di nuove armi, in particolare munizioni da 155 mm, provenienti dalla NATO :

Un’ora e mezza fa, a Odessa, è stato distrutto un magazzino di granate provenienti dagli Stati Uniti, appena portate. 

Forse anche nel quadro del pacchetto di assistenza recentemente accettato. I proiettili da 155 mm sono arrivati in mattinata dalla Romania via mare. Al momento, la detonazione è in corso e il fuoco divampa. L’SBU ha isolato l’area in cui sono arrivati i due missili del compagno Iskander K. e blocca tutti coloro che cercano di filmare il luogo. 

Le detonazioni sono ancora in corso. 61 miliardi di dollari ben spesi.

Gli incendi e le esplosioni sono stati enormi e sono ancora in corso da un giorno intero:

Geolocalizzazione: 46.39076154894405, 30.709783815056294

L’ambasciatore americano ha pianto per questo:

Negli attacchi, si dice che sia stato eliminato un importante maggiore del Comando meridionale ucraino:


I commissari della mobilitazione lamentano che nessuno vuole arruolarsi nell’esercito:

Un dato di fatto che si fa sempre più forte nella società ucraina:

In ogni programma e in ogni intervista si parla sempre e solo di questo: “Siamo a corto di uomini”.

L’assemblaggio di blindati NATO per il Giorno della Vittoria di Mosca è finalmente completo con l’arrivo degli Abrams e degli altri. Ecco un video umoristico del perenne parassita della BBC Steve Rosenberg che divora amaramente la sua uva acida per l’occasione:

Gli ingegneri russi continuano a essere i più veloci al mondo nell’aggiornare al volo gli equipaggiamenti in base alle richieste provenienti direttamente dai soldati sul campo. Le nuove versioni del T-90M inviate alle truppe sono ora dotate di una griglia anti-drone completamente ridisegnata, che ha persino le sue porte d’ingresso sulla parte superiore:

Dopo averci lavorato nel corso dell’SMO, si può affermare che la Russia dispone di gran lunga dei più sofisticati e collaudati dispositivi difensivi anti-drone e delle modifiche alle armature di qualsiasi altro Paese al mondo. Basta dare un’occhiata agli sforzi di altri Paesi in materia di sophomore per notare quanto siano indietro nella catena di adattamento.

Per esempio, la Corea del Sud ha recentemente iniziato a dotare i suoi blindati di “gabbie di piombo” che sono piuttosto primitive in confronto, ma almeno dimostrano che ancora una volta la Russia innova e guida mentre i militari più avanzati del mondo seguono le sue orme:

La Russia continua a dare la caccia all’inafferrabile HIMARS e, secondo quanto riferito, è riuscita a colpirne un altro con un missile teleguidato Tornado-S:

Infine, per fare chiarezza e chiudere la situazione di Russell Bentley.

Molti mi hanno chiesto di commentare la notizia, ma per ora mi sono astenuto per aspettare di raccogliere dettagli effettivamente confermati. Per la prima volta, abbiamo ora alcuni dettagli reali da una fonte affidabile, in questo caso la giornalista russo-tedesca Alina Lipp. Potete ascoltare il suo resoconto qui sotto e decidere da soli a cosa credere per quanto riguarda i dettagli:

Molti avranno visto questo video precedente, ma per chi non l’avesse visto, ecco l’amico buryat di Bentley che si rivolge ai membri della suddetta 5ª Brigata, che secondo quanto riferito proviene dalla Buryatia:

Anche se nulla è veramente “confermato” per quanto riguarda le fonti ufficiali, un altro dettaglio che ho letto e che aggiungo è che presumibilmente i resti carbonizzati di Bentley sono stati trovati in un’auto bruciata e abbandonata. Possiamo quindi supporre che, se la storia di cui sopra è vera, i colpevoli siano stati presi dal panico dopo averlo ucciso “accidentalmente” e abbiano cercato di eliminare le prove.

L’unica domanda che rimane è: si è trattato di un “rapimento” mirato o di un crimine di opportunità? Sappiamo che Donetsk è stata colpita da missili e Bentley si è recato nei pressi di una stazione di servizio locale, vicino al quartiere Petrovsky, per indagare con la sua fotocamera e registrare alcuni video. Poi è stato visto salire su un’auto da alcuni uomini. Secondo alcune teorie, l’attacco avrebbe colpito il quartier generale della 5a brigata e gli uomini avrebbero visto un “americano” che si aggirava nei paraggi e avrebbero pensato che si trattasse di una spia della NATO, responsabile dell’attacco contro di loro.

È impossibile saperlo con certezza, ma le circostanze non hanno senso. Per me ha più senso un crimine di opportunità da parte di persone che non sapevano nemmeno chi fosse e che era solo una specie di americano in giro, ma è impossibile saperlo.

Rispettavo Bentley ma non ero un suo grande “fan” personale, solo perché ho avuto interazioni con lui poco piacevoli e ho conosciuto persone con cui è stato estremamente scortese e offensivo. Al di là della sua immagine su misura, nella vita reale non era la persona più “gentile”, nemmeno con le persone che lo aiutavano o lavoravano con lui. E sto facendo il diplomatico per avere un po’ di rispetto alla luce della sua scomparsa, se capite cosa intendo.

Tuttavia, essere scontrosi o addirittura stronzi:

  1. Non ti rende meritevole di morte né mi spinge a festeggiare la tua morte.

  2. Non toglie i vostri successi e non offusca le cose positive che avete fatto.

Pertanto, dico RIP a “Texas”, che aveva le palle più grosse della maggior parte di noi, ha vissuto la vita al massimo e può almeno dire di aver combattuto – e di essere morto – per qualcosa di significativo:


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Zakhar Prilepin: sono sopravvissuto a un assassinio e ho visto che la Russia sta ritrovando se stessa , di Zakhar Prilepin

Zakhar Prilepin: sono sopravvissuto a un assassinio e ho visto che la Russia sta ritrovando se stessa

2024-04-30 08:18:22

Il 6 maggio 2023, l’auto su cui viaggiava Zakhar Prilepin è esplosa nella regione russa di Nizhny Novgorod, provocando a Prilepin una commozione cerebrale e fratture multiple, mentre il suo autista è morto sul colpo.

Zakhar Prilepin ha molteplici identità sociali. Come famoso scrittore russo, le sue opere sono state vendute in Russia e tradotte in molte lingue; come noto attivista politico russo, ha partecipato alla prima e alla seconda guerra cecena, è stato presidente del gruppo “Russia Giusta – Patrioti – Per la Verità”. Come noto attivista politico russo, ha combattuto nella prima e nella seconda guerra cecena, è stato presidente del partito comune “Russia Giusta – Patrioti – Per la Verità” e, dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino, è stato vice comandante di un reggimento della Guardia Nazionale ed è andato al fronte.

Quasi un anno dopo l’assassinio, l’Observer ha una conversazione con Zakhar Prilepin.

[Traduzione/Yue Guandong]

Assassinio, vita e morte.

OBSERVER : Zahar, ciao! Abbiamo saputo che l’anno scorso c’è stato un attentato contro di lei. Come si sente ora? Che effetto le ha fatto questo assassinio?

Zakhar Prilepin: Mi sento bene, posso ancora camminare con un bastone e, in generale, sono soddisfatto della mia vita al momento. Ho 13 ossa rotte nel corpo, tra cui una frattura di una vertebra, nove fratture alle gambe, di cui tre aperte, e una commozione cerebrale. I miei medici sono molto bravi e dopo sei mesi di cure mi dicono che tra poco mi riprenderò completamente e tornerò come prima. Le persone sono molto resistenti.

OBSERVER : Come è sopravvissuto al giorno dell’assassinio?

Zakhar Prilepin: In quel momento ho ripreso conoscenza e ho capito subito che sarei sopravvissuto. Poi sono stato portato in ospedale, ricordo le luci che lampeggiavano sul soffitto, mi hanno messo su una barella e mi sono sentito bene: il fatto che fossi ancora vivo era già di per sé un miracolo.

OBSERVER : Quali mezzi hanno usato per assassinarla? Che tipo di tattiche e azioni hanno adottato gli assassini?

Zakhar Prilepin: Hanno piazzato due mine anticarro sulla strada che stavo percorrendo. Le mine sono state piazzate su una strada rurale sabbiosa a senso unico, privilegiando il lato del passeggero. Ma cinque minuti prima dell’esplosione, ho suggerito di cambiare posto al mio collega, autista e guardia del corpo, e mi sono messo al posto di guida. La prima mina è esplosa sotto il suo sedile, dove avrei dovuto sedermi io, ed è morto sul colpo. Anche il mio collega rimase gravemente ferito e occupò tre pagine del referto medico, mentre la mia era solo mezza pagina.

Dopo l’esplosione, l’auto è ruzzolata a mezz’aria e alla fine si è ribaltata. Ho sbattuto violentemente la testa sul tetto dell’auto e l’impatto mi ha provocato la rottura della colonna vertebrale e anche del collo. Il mio sedile è stato strappato, il volante è sparito, tutti i vetri dell’auto sono stati spazzati via e le ruote sono schizzate per 70 metri sui tetti di tre case.

La scena dell’assassinio di Zakhar Prilepin6 maggio 2023Foto da Surge Images

In realtà, le mine erano caricate con 10 chilogrammi di piccole noci, che sono state sparse per un centinaio di metri e hanno spezzato molti alberi, ma nessuna delle noci mi ha colpito. Le persone che mi hanno assassinato non erano killer professionisti, e solo una delle mine è esplosa, e la seconda mi avrebbe ucciso, ma non è esplosa.

Comunque, è stato tutto – e sottolineo ancora una volta – un miracolo. Sarei dovuto morire, perché la mina esplosa era anche una mina anticarro in grado di distruggere carri armati e camion pesanti. In questo caso devo elogiare il produttore tedesco: l’Audi Q7 si è dimostrata un’auto molto robusta.

OBSERVER : Secondo lei, chi è responsabile di questo attacco?

Zakhar Prilepin: Questa vicenda non ha nulla a che fare con la mia opinione, l’uomo che ha cercato di uccidermi ha fornito tutte le prove. Quando è fuggito, ha distrutto il telefono cellulare e lo ha gettato nel lago. Durante le indagini successive, il telefono è stato ritrovato e tutte le informazioni in esso contenute sono state recuperate. Negli ultimi sei mesi era stato in contatto con il suo responsabile a Kiev, che aveva coordinato tutte le sue azioni.

Anche gli assassini provenivano dall’Ucraina. Non molto tempo fa, un alto funzionario del Servizio di Sicurezza dell’Ucraina (SBU) ha dichiarato quasi direttamente che dietro il mio assassinio c’erano le forze speciali ucraine. Si è vantato di avermi fatto saltare i genitali. È stato così divertente che ho risposto che sarei andato sicuramente ai bagni pubblici di luoghi come Kiev e Odessa, dove sicuramente sarei stato invitato calorosamente dagli ucraini.

OBSERVER : Può raccontare ai lettori cinesi la storia della sua vita, e in particolare la sua importanza e la sua influenza nella cultura russa?

Zakhar Prilepin: Sono nato in URSS nel 1975 e ho prestato servizio per 10 anni in diverse forze speciali, partecipando a diversi conflitti militari. Sono stato tenente colonnello della Guardia Nazionale e durante il mio servizio sono stato a lungo antagonista nelle mie idee politiche al governo dell’era Eltsin e durante il primo mandato di Putin, quando il nostro presidente credeva ancora che fosse possibile avere relazioni normali con l’Occidente, ma io non ci ho mai creduto. Dal mio punto di vista sono sempre stato un socialista, ho resistito al crollo dell’Unione Sovietica dal 1991 e credo ancora in un ritorno al socialismo in Russia.

Ho pubblicato 25 libri, tradotti in 25 lingue, che presentano in modo dettagliato le mie convinzioni. Il mio romanzo Sankya (traduzione cinese “Sanika”), che racconta la storia dei rivoluzionari di sinistra nella Russia contemporanea, è stato tradotto in cinese. Non confondeteli con i rivoluzionari liberali di oggi: sono molto diversi e noi detestiamo il liberalismo come la peste.

Negli ultimi dieci anni sono stato uno degli scrittori più popolari in Russia. Secondo l’Agenzia russa del libro, l’anno scorso sono diventato l’autore più venduto e più popolare in Russia. Secondo il più grande centro di ricerca sociale russo, sono senza dubbio lo “scrittore dell’anno”.

Inoltre, sono vice-capo di un reggimento della Guardia Nazionale, che attualmente combatte in prima linea. Sono stato anche presidente del partito comune “Russia Giusta-Patrioti per la Verità” nel Parlamento russo, ma a causa della mia condizione di soldato sono stato sospeso dal partito. In Russia, i militari non possono aderire ai partiti politici.

Logo del partito “Russia giusta – Patrioti – Per la Verità”

Anche a seguito di queste esperienze, ho subito sanzioni globali che avrebbero portato al mio arresto se fossi stato presente in un qualsiasi Paese occidentale o in un Paese dipendente dagli Stati Uniti. I miei contratti editoriali sono stati sospesi in Francia, Italia, Polonia, ecc. nonostante i miei libri siano stati molto popolari in quei Paesi; quasi tutti i miei libri sono stati pubblicati in quei Paesi, soprattutto in Francia.

OBSERVER: Quali sono alcuni dei progetti in cui è stato coinvolto, sia nelle attività militari speciali che fuori dal campo di battaglia?

Zakhar Prilepin: Non sono autorizzato a rivelare elementi relativi a “operazioni militari speciali”. Il mio reggimento ha preso parte a diverse operazioni e ha subito perdite in combattimento con il nemico, ma abbiamo inflitto al nemico perdite maggiori.

Al di fuori del campo di battaglia, ho istituito diversi centri di formazione: una scuola di letteratura, una scuola di formazione per combattenti e ufficiali, e ho creato la mia fondazione umanitaria e la mia casa editrice di libri.

Non stiamo combattendo questa guerra con l’odio.

Osservatore: questo è il terzo anno del conflitto russo-ucraino, su Internet cinese i russi sono noti per il loro spirito combattivo, come valuta i soldati che hanno partecipato alla guerra e hanno combattuto in prima linea?

Zakhar Prilepin: Gli uomini russi hanno ancora uno spirito di sacrificio. Penso che l’esercito russo sia uno dei più forti al mondo, e non c’è nulla di sbagliato in questa valutazione. Ma gli ucraini assomigliano ai russi perché sono testardi, bellicosi e disposti a morire. Anche se l’Ucraina sta ricevendo l’aiuto di Stati Uniti, Europa, Canada, Turchia, Israele, Australia, eccetera, fallirà comunque.

OBSERVER: In che modo la forza intellettuale e lo zelo militare delle giovani generazioni russe di oggi sono paragonabili a quelli delle generazioni staliniane, post-staliniane e della fine del regime sovietico?

Zakhar Prilepin: La memoria dei nostri padri e dei nostri nonni, i cui discendenti hanno vissuto e combattuto in Russia, sta gradualmente rivivendo nelle menti dei giovani di oggi. È vero che in Russia alcuni giovani e persone di mezza età sono influenzati da “valori quasi borghesi”, ma i “valori liberali paneuropei” che l’Occidente ci ha presentato si sono rivelati una banale “russofobia” e un fanatico filoamericanismo. “Russofobia” e fanatismo filoamericano dell’Occidente.

Per qualche motivo, tutti i “liberali” sostengono l’Ucraina contro la Russia, Israele contro la Palestina e gli Stati Uniti contro chiunque – non importa dove gli americani schierino le loro truppe. Naturalmente, applaudono Taiwan e la incoraggiano a opporsi alla Cina continentale. Non si tratta di “liberalismo”, ma solo di alcuni russi a cui è stato fatto il lavaggio del cervello e che sono diventati pedine anti-russe.

Penso che i giovani cinesi possano trovarsi di fronte allo stesso problema. La propaganda occidentale può essere disastrosa, ma fortunatamente solo una piccola percentuale dei nostri giovani vi è esposta, probabilmente non più del 15%. Non è un numero negativo, ma non è fatale.

Unità di artiglieria russe lanciano attacchi contro depositi di munizioni e roccaforti ucraine, 10 aprile 2024, Donetsk. Foto da Surge Images

OBSERVER: Ci sono eroi che stanno emergendo ora, come Aleksandr Matrosov nella Seconda Guerra Mondiale, come ispirazione e modello per altri combattenti?

Zakhar Prilepin: Tali eroi sono emersi già nella prima fase della guerra nel Donbas, iniziata nel 2014. Già all’epoca, alcuni combattenti sono diventati eroi popolari. I miei compagni, ad esempio, Arsen “Motorola” Pavlov, e Alexander Zakharchenko, il primo leader della Repubblica Popolare di Donetsk, che era anche uno dei comandanti della guerriglia della milizia del Donbass. Molti in Russia li venerano, scrivono canzoni su di loro, costruiscono monumenti in loro onore e intitolano loro strade e piazze.

OBSERVER: Il Presidente Putin ha ripetutamente affermato che i combattenti coinvolti in “operazioni militari speciali” dovrebbero diventare la nuova élite della Russia. Come valuta questa dichiarazione e come dovrebbe essere attuata questa politica?

Zakhar Prilepin: Finora, penso che tali intenzioni siano buone. per 30 anni, la Russia ha costruito una gerarchia borghese, che sta crollando sotto i nostri occhi – ma il crollo è solo di alcune strutture dettagliate separate, non di una natura olistica. Finora non vedo alcun meccanismo per trasformare i partecipanti alla guerra in un nuovo tipo di amministratori. Dopo tutto, per farlo, devono prima tornare dalla guerra.

OBSERVER: Tutti i soldati che attualmente combattono in prima linea sono volontari?

ZAHAR PRILLEPIN: Per lo più volontari, ma altre 300.000 persone sono state chiamate per stabilizzare la linea del fronte. Ma non so quanto rappresentino effettivamente il numero totale dei combattenti, forse un terzo, forse meno, forse un quinto.

Volontari russi si preparano a partire per le posizioni nel conflitto russo-ucraino dopo aver ricevuto un addestramento militare il 17 gennaio 2024 a Grozny, capitale della Repubblica Cecena, Russia. Foto da Surge Images

OBSERVER : Da dove vengono e quanti anni hanno?

Zakhar Prilepin: Queste persone provengono da tutta la Russia e hanno un’età compresa tra i 18 e i 60 anni.

OBSERVER: Quali erano i pensieri e gli atteggiamenti di questi soldati nei confronti della guerra e del nemico? Sono molto odiosi?

Zakhar Prilepin: No, le assicuro che non c’è un alto livello di odio. Non ci sono eccessi sanguinosi, a parte il normale lavoro militare: e vi dico con il senso di responsabilità di una persona che ha vissuto la guerra con dieci anni di esperienza, che dal 2014 – sono stato consigliere di Alexander Zakharchenko dal 2015, ed ero il vice comandante di un battaglione di commando -Non ho visto un solo esempio di un vero crimine di guerra commesso dalla parte russa. I combattenti e gli ufficiali che violano le leggi non scritte della guerra – tra cui il rispetto per il nemico sconfitto e catturato – saranno puniti, e queste persone non saranno comprese in Russia.

Osservatore: Come valuta l’entità e la portata dei combattimenti nell'”operazione militare speciale”? Può essere paragonata alla Seconda guerra mondiale?

Zakhar Prilepin: No, non possiamo paragonarla alla Seconda guerra mondiale. Ma si può dire che nella conquista di una sola città – Bakhmut – le forze russe hanno perso tante persone quante ne hanno perse nei dieci anni di guerra in Afghanistan – circa 15.000 persone. E gli ucraini ne hanno perse altrettante, se non di più, nella difesa di Bakhmut. Ma durante la Seconda guerra mondiale, le perdite e le dimensioni della guerra furono molto maggiori quando la città fu liberata.

OBSERVER: C’è un conflitto che può essere paragonato a questo?

Zakhar Prilepin: Ho partecipato a conflitti nel Caucaso settentrionale e sono abbastanza paragonabili. Sebbene la guerra immediata sia un po’ più grande, anche l’Ucraina è molto più grande della Cecenia. Tuttavia, ci sono chiare somiglianze nell’intensità dello scontro. Che sia in Cecenia o in Ucraina, si tratta essenzialmente di una guerra civile. Entrambi i nemici hanno utilizzato tattiche di terrore ed entrambi hanno ricevuto assistenza esplicita e implicita dall’intera famiglia filoamericana.

OBSERVER: Quali sono stati, secondo lei, i principali stili di combattimento e le caratteristiche della guerra?

Zakhar Prilepin: A mio parere, il combattimento è cambiato radicalmente. Nel 2016 non si vedevano droni in combattimento – erano estremamente rari – ma ora intere strategie militari sono costruite attorno ad essi. Ma come sempre, l’intelligenza e il coraggio non sono diminuiti e le persone sono ancora il fattore decisivo per raggiungere la vittoria.

OBSERVER : Pensa che la Russia possa ancora vincere nel caso in cui il conflitto si sviluppi in una guerra nucleare?

Zakhar Prilepin: Se il conflitto degenera in una guerra nucleare, tutti saranno perdenti. Ma la Russia non si lascerà mai sconfiggere e umiliare.

In un’intervista rilasciata ai media russi il 13 marzo 2024, Vladimir Putin ha dichiarato chela Russia non escluderebbe l’uso di armi nucleari se la sua sovranità e indipendenza fossero compromesse. Foto da Surge Images

La Bandiera Rossa dovrebbe essere la grande bandiera di liberazione della società umana.

OBSERVER : Parliamo un po’ di più della Russia a livello nazionale. Come sta sopravvivendo la Russia alla pressione di sanzioni senza precedenti? Come compensa la mancanza di beni, tecnologia e, soprattutto, di esperti e tecnici occidentali?

Zakhar Prilepin: Per me è un mistero. Tuttavia, i miei conoscenti nel mondo della produzione dicono che l’Unione Sovietica ha lasciato un’eredità così grande che dobbiamo solo dedicare un po’ di tempo a “scongelare” questi impianti di produzione congelati da tempo e a far rientrare alcuni degli specialisti chiave che hanno un’età media di 70 e 80 anni, anche se la maggior parte di loro è molto sana. La maggior parte di loro è in ottima salute.

Questi uomini hanno riavviato enormi impianti di produzione e ora la Russia sta raggiungendo livelli di fornitura di munizioni che la NATO difficilmente può eguagliare. Lenin, Stalin e Breznev ci hanno lasciato una potente eredità di grandi uomini.

OBSERVER : Qual è la sua valutazione delle affermazioni secondo cui il governo russo non sta finanziando adeguatamente le riforme industriali della Russia in base alle esigenze attuali, a causa delle preoccupazioni di una spesa inefficiente?

Zakhar Prilepin: È emerso che in Russia c’è molto denaro, ma non se ne sa molto. I miei amici dell’industria militare dicono di avere sia posti di lavoro che redditi elevati nei prossimi anni.

Il 10 febbraio 2024, il Ministro della Difesa russo Shoigu ispeziona un’azienda di produzione di droni nella Repubblica di Udmurt della Federazione Russa. Foto da Surge Images

Osservatore: La posizione del governo russo è solida sotto la pressione occidentale? Il lancio dell'”operazione militare speciale” e le sanzioni hanno portato a un cambiamento nell’atteggiamento della popolazione nei confronti della leadership?

Zakhar Prilepin: La Russia sta ritrovando se stessa ed è disposta a sopportare alcune difficoltà. I russi si sentivano umiliati, ora si sentono liberi e cominciano a diventare se stessi.

Osservatore: è aumentata la pressione dell’opinione pubblica sul governo? Dopo tutto, la Russia ha dovuto rinunciare alla cultura occidentale, alla tecnologia e ai social network ……

Zakhar Prilepin: Non è aumentata, è diminuita. La società civile è pienamente impegnata nelle sfide dell’Occidente e la vera società civile si preoccupa più di questo tema che delle parate gay e della cosiddetta agenda verde.

OBSERVER: Cosa pensano i russi delle “operazioni militari speciali” e quanto è forte il loro sostegno alla guerra militare e a Putin?

Zakhar Prilepin: Il sostegno è senza precedenti. Non credo che la sociologia ci abbia fuorviato troppo, e la situazione reale è che due terzi della popolazione del Paese sono favorevoli a questa azione.

OBSERVER: Come descriverebbe l’ideologia russa e che tipo di ideologia è? Si tratta di capitalismo, socialismo o di un mix di alcune ideologie?

Zakhar Prilepin: È la nazionalizzazione graduale di tutte le industrie, con un governo centrale forte, ma allo stesso tempo mantenendo l’ideologia borghese che Boris Eltsin ci ha lasciato. La Russia moderna non è desiderosa di riconoscere che tutti i partner occidentali con cui abbiamo trascorso 30 anni a costruire relazioni sono diventati da un giorno all’altro nostri nemici; e che quei Paesi che abbiamo abbandonato nel 1991 – i Paesi dell’ex campo socialista – sono diventati quasi sicuramente i nostri partner principali – che si tratti della Corea del Nord, di Cuba, del Venezuela o dei Paesi africani. -Che si tratti della Corea del Nord, di Cuba, del Venezuela o dei Paesi africani.

Persone a Mosca assistono alla cerimonia di deposizione di una corona di fiori al Mausoleo di Lenin il 7 novembre 2021, in occasione del 104° anniversario della Grande Rivoluzione d’Ottobre. Foto da Surge Images

OBSERVER : Pensa che la Russia abbia bisogno di un’ideologia? Se sì, come la articolerebbe?

Zakhar Prilepin: Vladimir Putin lo descrive come “patriottismo”, ma io credo che la Russia debba porsi obiettivi più ambiziosi. La Russia potrà diventare un attore importante nel nuovo ordine internazionale quando la Cina, la Russia e i Paesi amici dell’America Latina e dell’Africa, così come altre nazioni libere, organizzeranno non solo i BRICS, ma anche i propri Oscar, il proprio Festival di Cannes, il proprio Premio Nobel, i propri organismi di accreditamento. Queste istituzioni saranno riconosciute dalla maggioranza della popolazione mondiale, non governate da una minoranza.

Abbiamo il potere di cambiare il mondo. Credo che la Bandiera Rossa non debba essere solo un’eredità museale in Russia, come la bandiera della vittoria del 1945. No, dovrebbe essere anche la grande bandiera della liberazione della società umana.

OBSERVER : Pensa che la Russia debba riformare il suo sistema educativo?

Zakhar Prilepin: Naturalmente, tutte le pratiche imposte dall’Occidente dovrebbero essere abolite o modificate. L’Occidente non farà mai nulla per renderci migliori o più intelligenti, e tutti i suoi “standard” si basano su un programma difettoso o un altro.

OSSERVATORE: Qual è il suo atteggiamento nei confronti delle idee eurasiatiche? Sostiene il movimento eurasiatico o può essere definito un eurasiatico?

Zakhar Prilepin: Sì, assolutamente favorevole. Sono un membro attivo di questo movimento e ho una grande esperienza di lotta.

Dobbiamo imparare dalla calma e dalla fiducia della Cina

OBSERVER: Qual è la sua opinione sul Partito Comunista Cinese? Ne sa qualcosa?

Zakhar Prilepin: Penso che lei sia molto forte e che dimostri un’estrema resilienza e dignità. Sono stato in Cina e ne sono rimasto affascinato, e penso che la Cina abbia un’incredibile macchina statale – è guidata, funziona, è tenace e determinata.

OBSERVER : Cosa sa dell’abilità militare del presidente Mao Zedong?

Zakhar Prilepin: Non sono un esperto in questo campo, ma credo che sia stato uno dei principali fondatori non solo delle riforme sociali nel mondo nel XX secolo, ma anche del futuro dell’umanità, che nel XX secolo ha dato vita a giganti in Russia e in Cina, le cui dimensioni aumentano invece di diminuire di anno in anno. Con loro sullo sfondo, qualsiasi “Napoleone” appare piuttosto buffo.

OBSERVER : Ha vissuto il crollo dell’Unione Sovietica? Quali sono state, secondo lei, le ragioni del crollo dell’Unione Sovietica? Quali sono gli errori commessi dal governo sovietico che il Partito Comunista Cinese dovrebbe evitare?

Zakhar Prilepin: Il sistema dell’ultima Unione Sovietica si era ossificato, ma quando ha iniziato a ricostruirsi è stato sottoposto all’insolita influenza dei gruppi di pressione liberali. In effetti, è stato Dio a punirci mandando al potere due cattivi: Gorbaciov e Eltsin. Il primo è stato solo un piccolo fallimento, mentre il secondo è stato un criminale. Se al potere ci fossero state persone diverse, saremmo sopravvissuti. Ma nella storia non ci sono se, e non possiamo immaginare quale sarebbe stato il risultato alternativo. Quindi siamo stati puniti e ora, dopo aver sperimentato errori e umiliazioni, dobbiamo riconquistare il nostro vero nome.

Il primo presidente russo Boris Eltsin (a sinistra) e l’ultimo leader dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov (a destra) Foto da Surf Images

Osservatore: Sei mai stato in Cina? Cosa sa della cultura cinese?

Zakhar Prilepin: Una volta sono stato invitato a Shanghai da un amico prima della guerra. È una storia molto interessante, all’epoca ero molto disinvolto e spensierato. Una sera ricevetti una telefonata da una persona che non conoscevo.

-Sai, Zakhar, siamo tre russi normali che vivono in Cina. Ci siamo trasferiti qui da molto tempo, ma ci manca ancora casa. In questo momento siamo in bagno e stiamo cercando di risolvere la controversia che stiamo affrontando. Potete venire da noi?

-Ora?

-Sì, compriamo subito i biglietti.

…… Mezz’ora dopo sono partito per l’aeroporto.

Mi hanno ospitato nello stesso bagno, ma al mattino. Abbiamo continuato a parlare liberamente, seguiti da un barile di sakè e da un’anatra alla pechinese. Abbiamo trascorso la giornata passeggiando per la città e la sera sono tornato in aereo.

In ogni caso, questo è fondamentalmente un racconto di Going to China, to the Bathroom. Ma non ho ancora scritto la storia.

A proposito, anch’io ho amato quel bagno, un bagno comune.

In seguito sono andato di nuovo in Cina, ma solo di corsa.

Da molto tempo possiedo una vasta collezione di poesie cinesi classiche e moderne. Mi piace molto leggerli, sono tutti così incredibili. Colleziono costantemente nuove e vecchie edizioni di questi libri, ma la mia collezione non è così ampia come vorrei.

OBSERVER: Ha trovato qualche lezione nella saggezza e nella filosofia cinese?

Zakhar Prilepin: Potrei facilmente citare questo o quel verso, ma forse un’altra volta, preferisco dirlo con parole mie.

Sembra che la Russia abbia ereditato uno dei principi della guerriglia (stiamo combattendo una guerriglia contro i mostri coloniali del mondo): il principio della transitorietà (pensiero organico in situazioni transitorie). Nessuno, compresi noi stessi, sa di cosa sia capace la Russia. E soprattutto, noi stessi non lo capiamo appieno. Stiamo riscoprendo il nostro Paese come Colombo. Ma dobbiamo imparare dalla calma e dalla fiducia in se stessi della Cina; dobbiamo renderci conto che non siamo peggiori o più stupidi dell’Occidente e che non dobbiamo imitare ciecamente l’Occidente.

Naturalmente, dobbiamo essere fedeli agli ideali che il XX secolo ci ha dato, e tutte queste cose – il capitale mondiale, l’imperialismo liberale mondiale, come un’intera macchina di violenza e menzogna – non sono scomparse. È molto importante che la Cina lo abbia tenuto a mente e abbia imparato a combattere contro queste armi usate dal nemico. Dobbiamo continuare a progredire nel nostro apprendimento.

OSSERVATORE : Può esprimere onestamente il suo punto di vista sulle possibili differenze tra Russia e Cina e su come queste differenze possono essere risolte? Come possono le due parti capirsi meglio su questi temi ed evitare malintesi?

Zakhar Prilepin: Ad esempio, la situazione nell’Estremo Oriente russo e in Siberia. In Estremo Oriente, molti russi sono preoccupati per la crescita dell’influenza della Cina e si teme una “conquista cinese” della regione. A Blagoveshchensk (Bolla di Sealand), ad esempio, è stata issata una grande bandiera russa sul fiume Amur, sul lato russo, che potrebbe essere interpretata come un segno che sottolinea la sovranità territoriale. Perché è necessario inviare un segnale così forte alla Cina, sottolineando l’integrità territoriale?

Tutti i miei amici dell’Estremo Oriente sono scettici e sarcastici sull’espressione “minaccia cinese”, che considerano una questione inverosimile. Io credo loro e penso che sia perfettamente possibile avere un’ottima relazione tra Russia e Cina.

Questo articolo è un articolo esclusivo di Observer.com, il contenuto dell’articolo è puramente il punto di vista personale dell’autore, non rappresenta il punto di vista della piattaforma, senza autorizzazione, non può essere riprodotto, o sarà ritenuto legalmente responsabile. Prestare attenzione alla micro lettera dell’Observer guanchacn, leggere articoli interessanti ogni giorno.

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Ucraina: Un’ulteriore guida per i perplessi, di AURELIEN

Ucraina: Un’ulteriore guida per i perplessi.

Non lo sapevano. Ma ora lo sanno.

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La scorsa settimana abbiamo analizzato cosa potrebbe accadere in Ucraina. Un armistizio, ovvero un accordo su come e quando terminare i combattimenti, dovrà essere negoziato a breve, anche se non sarà semplice da realizzare e potrebbe facilmente fallire. Tuttavia, supponendo che entro la metà del 2025 (o qualsiasi altra data vogliate proporre se ritenete che sia troppo presto) ci sia un armistizio e che i combattimenti siano finiti, cosa succederà? Questo è l’argomento del saggio di oggi.

Le questioni principali sono due. La prima riguarda le circostanze dell’armistizio stesso e il rapporto tra la situazione militare e le decisioni politiche che dovranno essere prese. Comincia a delinearsi la situazione che avevo previsto da tempo: gli ucraini si stanno ritirando da un certo numero di posizioni chiaramente indifendibili e alcune unità sembrano aver ceduto e si sono ritirate senza ordini. Con la crescente carenza di manodopera, equipaggiamento e munizioni, e dato che non si può combattere solo con i soldi, è probabile che entrambi questi processi continuino. Tuttavia, non c’è nulla di deterministico o matematico nella decisione di arrendersi, ed è per questo che è effettivamente impossibile prevedere anche solo una data approssimativa. La storia, che per quanto imperfetta è l’unica guida che abbiamo, suggerisce che ciò che determinerà la data sarà la perdita di speranza e di unità tra l’élite al potere, e questo potrebbe avvenire tra un mese o tra un anno.

Supponiamo quindi, per amor di discussione, che a un certo punto i russi abbiano il pieno controllo della regione del Donbas e che l’UAF si sia ritirata da Kharkov e Odessa. I russi hanno interrotto le operazioni offensive di terra, ad eccezione di un’occupazione simbolica di Odessa per prendere il controllo del porto, ma continuano ad attaccare le aree posteriori dell’Ucraina e le infrastrutture del Paese. Ok, e allora? E chi decide? La settimana scorsa ho sottolineato che la resa è qualcosa che deve essere ordinata dalla leadership politica: non può accadere e basta. Teoricamente, anche in questo caso, il governo di Kiev (e chissà chi sarà al comando a quel punto) potrebbe rifiutarsi di arrendersi. L’UAF avrebbe poche capacità di combattimento, ma d’altra parte i russi potrebbero decidere che sarebbe inutile cercare di occupare l’intero paese e prendere Kiev, e non è detto che abbiano comunque le forze necessarie. A quel punto, si avrebbe una situazione di “nessuna guerra nessuna pace”, in cui i russi probabilmente rinforzano Odessa, ma per il resto si limitano a bombardare obiettivi nelle retrovie.

In una situazione del genere, sarebbe possibile per il governo di Kiev (ammesso che esista un governo effettivo) continuare a fare rumori bellicosi e a gesticolare selvaggiamente, promettendo un’offensiva nel 2026. Da parte loro, gli Stati Uniti (o almeno Biden) cercheranno disperatamente di ritardare una resa formale fino a dopo le elezioni di novembre, per cui si può ipotizzare che almeno fino a quel momento faranno pressione su Kiev affinché rimanga sfiduciata. Ciò che è meno chiaro è cosa possano offrire o minacciare: non ci sono più attrezzature da inviare che possano influenzare l’esito dei combattimenti, e tutto ciò che il denaro può fare è mantenere lo Stato e le sue strutture ancora per un po’. Da parte loro, i russi cercheranno di esercitare una pressione psicologica su Kiev: forse con boati sonici a basso livello sulla capitale o con attacchi dimostrativi a oggetti di prestigio nazionale. Tutto diventerebbe quindi molto complicato e spiacevole, ma questo non vuol dire che, se si riuscisse a gestire una sorta di resa , tutti i problemi scomparirebbero. In molti casi saranno solo all’inizio.

Ciò è dovuto principalmente all’Occidente, e questo è il secondo punto. La coalizione disordinata che ha sostenuto l’Ucraina (NATO, UE, ma anche Giappone e Australia) ha poca coerenza interna e interessi e obiettivi nazionali molto diversi. Questo è stato oscurato dal fatto che l’obiettivo formale dal 2022 – “sostenete l’Ucraina!” – era facile da concettualizzare, almeno come slogan, anche se l’attuazione effettiva è stata molto più complicata. I leader di questi Paesi, così come i loro consiglieri e la loro classe parassitaria, hanno quindi vissuto in una sorta di sogno febbrile dal febbraio 2022. Qualcosa che non si aspettavano, qualcosa di cui non hanno esperienza, qualcosa che fondamentalmente non capiscono, si è rivoltato e li ha morsi. Si muovono meccanicamente, vivono in un universo parallelo che mantiene il più possibile le caratteristiche della loro visione del mondo, confortandosi freneticamente l’un l’altro con il pensiero che presto sarà tutto finito.

Dopo lo shock iniziale, la politica collettiva di “sostegno all’Ucraina” era fattibile perché sembrava che la crisi sarebbe stata breve e si sarebbe risolta a vantaggio dell’Occidente globale. Il peggio che potesse accadere sarebbe stato un paio di mesi di dislocazione, mentre l’esercito russo crollava, l’economia crollava e c’era un cambio di governo a Mosca. In Occidente potrebbero verificarsi alcune perturbazioni economiche, ma non molto, e i vantaggi a lungo termine di sbarazzarsi dell’attuale sistema politico ed economico russo sarebbero enormi per l’Occidente. Questo non è accaduto, naturalmente, ma nell’allucinazione consensuale che funge da club-house per i decisori occidentali, non ha avuto molta importanza, perché, beh, dategli tempo. L’economia russa sarebbe crollata, l’esercito russo era a corto di armi e i coraggiosi ucraini li avrebbero presto sfrattati dal Paese. Quando questo non ha funzionato, beh, bisognava dare un po’ più di tempo. La controffensiva, con equipaggiamento occidentale e truppe addestrate dall’Occidente, avrebbe posto fine alla guerra. Quando non ha funzionato, beh, diamo ancora più tempo e ci inventeremo un altro piano intelligente. Dopo tutto, i russi non stavano guadagnando territorio, vero? Ma ora lo stanno facendo, quindi questa scusa non è più valida.

Tutto ciò rivelerà presto, in modo molto netto, le divisioni che sono sempre esistite in Occidente sull’Ucraina, ma che sono state nascoste sotto la sete di sangue collettiva degli ultimi due anni. E queste divisioni cominceranno a venire a galla ora, quando i russi cominceranno a guadagnare territori e gli ucraini a ritirarsi. Ciò che complica le cose è che queste divisioni non sono solo tra Stati, ma anche al loro interno.

Per la maggior parte dei politici occidentali, la Russia non era una priorità prima del 2022. La Covid non era ancora finita, la maggior parte delle economie occidentali era in cattive acque, la maggior parte dei governi occidentali era spaventata da qualcosa chiamato “populismo” che stava prendendo piede. Sì, c’era una guerra civile in Ucraina, ma se ne parlava molto poco, sì, c’erano sanzioni contro la Russia, ma c’erano anche sanzioni contro ogni sorta di altri Paesi. I Paesi geograficamente vicini alla Russia erano, naturalmente, più interessati agli eventi del Paese, e i principali attori della NATO e dell’UE dedicavano un po’ di tempo al Paese, ma niente di più. Semmai si pensava di più alla Cina.

Non c’è mai stata un’unica “politica” sulla Russia all’interno della NATO o dell’UE, e ci sono stati approcci diversi anche all’interno dello stesso governo. (In effetti, chi ha esperienza del funzionamento interno delle organizzazioni internazionali sarà probabilmente un po’ divertito nel vedere, ad esempio, le parole “NATO” e “politica” comparire nella stessa frase). Per quanto possa essere interessante immaginare comitati segreti che lavorano in tane sotterranee a Bruxelles elaborando piani astuti per molti anni, la NATO è istituzionalmente incapace di fare una cosa del genere. Il che, in un certo senso, è un peccato, perché una politica adeguatamente organizzata potrebbe teoricamente essere messa in atto ora, mentre i membri del comitato segreto si riuniscono d’urgenza, roteando i baffi e dicendo “Maledizione! Sventato di nuovo!”. Ma il problema principale è che, al di là del livello retorico, né la NATO né l’UE hanno una politica coerente e ponderata da cui tirarsi indietro . Tutto è stato inventato nel panico e nella fretta, con compromessi e dita incrociate, e muta continuamente a seconda della situazione. Pertanto, probabilmente nessun Paese ha la stessa idea di ciò che sta facendo e perché, e nemmeno di come ci è arrivato, anche supponendo che i governi stessi siano uniti sulla questione. Dopotutto, molti Paesi hanno seguito le dichiarazioni e i comunicati politici aggressivi nei confronti della Russia perché non si preoccupavano più di tanto e non aveva senso sprecare capitale politico per opporsi. Allo stesso modo, sostenere l’Ucraina contro quelle che sembravano essere mosse aggressive da parte della Russia non sembrava un grosso problema nel 2010, e molti governi avevano altre priorità.

Questo ha portato a una curiosa situazione in cui i leader nazionali, i loro consiglieri e tutti gli opinionisti “seri” sono stati retoricamente dalla stessa parte dell’argomento dal 2021, anche se nella maggior parte dei casi non hanno riflettuto molto sui dettagli o sulle implicazioni. Ma questo è piuttosto insolito nella politica internazionale. Se pensiamo ai moderni disastri di politica estera – Suez, Vietnam, Iraq – è sorprendente che all’epoca ci sia stata una notevole opposizione politica aperta e che in seguito ci siano state persone che hanno potuto affermare, con ragione, di aver avvertito che le cose sarebbero andate male. In questo caso, solo alcune figure marginali in pochi Paesi hanno espresso molti dubbi all’inizio, e il consenso sul fatto che “sostenere l’Ucraina!” è una buona cosa è ancora in gran parte intatto. Di conseguenza, l’unica strategia pubblica che l’Occidente globale potrà utilizzare sarà quella che ho descritto in diverse occasioni, in cui “Putin voleva conquistare l’Europa” ma è stato frustrato dai coraggiosi ucraini e dalla fermezza dell’Occidente.

Ma se nel breve periodo questo può essere una difesa d’ufficio (e sarà rivendicato con entusiasmo dagli opinionisti che hanno sbagliato in modo altrettanto catastrofico), non risponde a quello che sarà il problema più urgente che verrà posto nei vari palazzi di Bruxelles: Che cosa faremo adesso? Né risponde ad altre domande politiche tradizionali, in particolare: chi ci ha messo in questa situazione? e a chi possiamo dare la colpa per il risultato? Mentre è già chiaro che la sconfitta militare sarà interamente colpa dell’Ucraina e che l’Occidente ha fatto tutto il possibile, questo non fermerà le recriminazioni dietro le quinte all’interno dei governi e tra di essi, e i tentativi molto pubblici da parte di diverse nazioni di proporsi come il salvatore trascurato: se solo i loro consigli fossero stati ascoltati, o il loro esempio seguito!

Questo è ciò che si nasconde, ad esempio, dietro i commenti selvaggi sul possibile invio di truppe occidentali in Ucraina. Avrete notato che, un mese o più dopo che Macron ha suggerito per la prima volta che le truppe europee potrebbero essere inviate in Ucraina, non è successo assolutamente nulla, nonostante le voci e le affermazioni senza fiato che le truppe sarebbero state dispiegate “presto”. In realtà, questo fa parte di una serie di iniziative volte a trarre il massimo profitto possibile dalle conseguenze della catastrofe e a rafforzare la posizione francese nelle lotte politiche a venire. (Più recentemente, è stata riproposta l’idea di una forza di spedizione europea per l’evacuazione dei cittadini, discussa per la prima volta trentacinque anni fa). È la stessa logica, credo, che sta alla base della recente decisione del Congresso degli Stati Uniti di sbloccare gli “aiuti” all’Ucraina. Sospetto che i responsabili siano stati informati senza mezzi termini dalle agenzie di intelligence statunitensi che la partita era finita, e che la loro preoccupazione ora sia quella di non lasciarsi vulnerare dall’accusa che, bloccando gli aiuti, siano stati responsabili della sconfitta. Può sembrare un’accusa ridicola, ma ora ci troviamo in una situazione in cui le persone fanno a gara a fare e dire cose che si presentano come più fedeli di chiunque altro nel loro sostegno all’Ucraina, in modo da non essere ritenuti responsabili quando le cose crollano.

Questo punto è direttamente collegato al fatto che la maggior parte dei governi e degli opinionisti si è trovata coinvolta in qualcosa a cui non era preparata, che non capiva veramente, ma che ha seguito comunque. Per avere un’idea di cosa significhi in pratica, un buon paragone è una di quelle start-up le cui azioni toccano brevemente la stratosfera prima di precipitare sulla terra. Pensiamo, per esempio, a un robot da passeggio per cani dotato di intelligenza artificiale e collegato a Internet. Ci sarà un piccolo numero di veri credenti che pensano che questo sia il prossimo iPhone. Ci saranno giornalisti tecnici di supporto con più entusiasmo che reale conoscenza. Ci saranno persone che cercheranno di trarre un rapido profitto. Ci saranno quelli che si faranno trascinare dall’entusiasmo generale. Ci sarà chi cercherà di sfruttare lo stesso entusiasmo per i propri scopi. Ci sarà chi avrà paura di perdere l’opportunità di arricchirsi, e così via.

“Sostenere l’Ucraina” è un po’ come questo. Ci sono alcuni veri credenti, soprattutto negli Stati Uniti, che hanno passato la vita a cercare di abbattere prima l’Unione Sovietica e poi la Russia. Talvolta hanno occupato posizioni di potere o di influenza e hanno cercato di attuare tale programma dove hanno potuto, anche se, come sa chiunque abbia familiarità con il sistema violentemente disfunzionale degli Stati Uniti, è difficile per chiunque, o per qualsiasi gruppo, avere un’influenza più che parziale e temporanea sulla politica. Ma nel febbraio 2022 devono aver pensato che fosse giunta la loro ora. C’era un gruppo molto più ampio, che comprendeva i nostalgici della Guerra Fredda, coloro che rimpiangevano di essere troppo giovani per la Guerra Fredda, e coloro che erano stati educati a vedere il mondo in termini di competizione tra Grandi Potenze, e che consideravano la Russia come un rivale e il conflitto non necessariamente come una cosa negativa. C’erano Paesi con rapporti storici difficili con la Russia. In Europa, come ho raccontato a lungo, c’era un antirussismo messianico tra le élite, composto in parte da tropi storici razzisti e in parte dalla paura e dall’avversione per la Russia come “anti-Europa”, un Paese canaglia che si opponeva all’inevitabile trionfo dei valori sociali ed economici liberali interpretati da Bruxelles. C’erano poi i semplici opportunisti che speravano di trarre un valore politico, personale o finanziario dalla crisi e i sostenitori dell’aumento della spesa per la difesa e del riarmo per principio. C’era chi temeva per il proprio lavoro o per il proprio futuro se non si fosse unito alla corsa, e chi sperava di guadagnare punti politici correndo più velocemente degli avversari. Così i difensori della “democrazia” contro l'”autoritarismo” e i nostalgici che avrebbero voluto che la Seconda Guerra Mondiale fosse andata diversamente si sono trovati a camminare nello stesso corteo. E infine, naturalmente, la maggior parte dei leader, degli opinionisti e dei parassiti non aveva la minima idea di cosa stesse accadendo, ma era al seguito del corteo.

Perché ovviamente sarebbe stato facile e privo di rischi. L’esercito russo e l’economia russa crollerebbero rapidamente, e il Paese stesso si trasformerebbe rapidamente in un Canada un po’ più grande. Ci sarebbe stato lavoro per le ONG per generazioni, libri da scrivere, film per la TV da realizzare, istituzioni da riformare, partiti politici da creare e sponsorizzare e contratti per attrezzature di difesa occidentali. Gli attivisti per i diritti umani stavano già guardando gli orari delle compagnie aeree per assistere agli inevitabili processi e condanne di Putin e dei suoi colleghi, fantasticando di essere i primi a lanciare una pietra affilata alle inevitabili esecuzioni. Da banchieri e speculatori immobiliari a formatori di sensibilità di genere e attivisti per i diritti dei transessuali, ce n’era per tutti i gusti. Finché non c’è stato.

All’inizio sembrava che i profitti sarebbero stati un po’ più lunghi di quanto promesso. Poi non ci sarebbero stati profitti. Poi tutti avrebbero perso tutti i loro soldi, tranne pochi furbi. Ora, la fallacia dei costi sommersi è ben nota agli psicologi e anche a coloro che studiano l’eccentrico funzionamento dei mercati finanziari. Più investiamo in un’idea, sia dal punto di vista finanziario che psicologico, più ci aggrappiamo ad essa, anche di fronte all’evidenza che non funziona. E quando anche tutti gli altri vi aderiscono, diventa impossibile ritirarsi. Per cambiare la metafora, immaginate il movimento “sosteniamo l’Ucraina!” come una setta apocalittica degli Ultimi Giorni, che si riunisce nel deserto da qualche parte per essere portata via dalla Terra da dischi volanti. C’è stato un ritardo, ma i cultisti si dicono l’un l’altro: non preoccupatevi, andrà tutto bene. Ma non andrà tutto bene.

Ma nessuno vuole essere il primo a chiedere indietro i propri soldi, e comunque non ci sono soldi. I soldi, le armi e le munizioni sono già stati inviati. L’avvicinamento ai neonazisti è già avvenuto, ed è ripreso in video. I pianificatori e gli esperti militari occidentali hanno contribuito a uccidere un gran numero di russi. Le economie occidentali hanno subito ingenti danni economici. La maggior parte del Sud globale è stata alienata. L’Occidente è stato in gran parte disarmato e la sua industria della difesa ha dimostrato di essere inferiore a quella russa nei settori più importanti. I russi sono ora la potenza militare indiscussa in Europa e sono piuttosto arrabbiati. Quindi, che fare adesso?

A breve termine, l’Occidente farà quello che fa sempre, cioè rifugiarsi nelle parole e continuare a parlare in modo aggressivo a un nemico più forte e a fare minacce che sa di non poter attuare. A parte tutto, questo perché sarà impossibile trovare un accordo su cosa dire. Ci sono così tanti interessi diversi, così tanti Paesi diversi, così tante mentalità diverse coinvolte che, come spesso accade, la macchina continuerà a guidare nella stessa direzione (in questo caso verso il precipizio) perché non c’è accordo su quale direzione dare al volante. Almeno nel breve periodo, possiamo aspettarci più che altro ringhi di sfida. Ma a un certo punto ci saranno persone sedute, come è successo a me, in stanze soffocanti e senza aria, in riunioni che durano tutto il giorno, cercando disperatamente di trovare un linguaggio di compromesso per un comunicato che nessuno prenderà sul serio, ma che dovrà comunque essere emesso. E poi di tanto in tanto c’è un silenzio, rotto da qualcuno che chiede: “Sì, ma che cosa faremo in realtà ? Ed ecco il problema.

Partiamo quindi dall’ipotesi che si sia realizzato qualcosa di simile allo scenario delineato nel mio ultimo saggio e sviluppato sopra: i combattimenti sono cessati, è stato firmato un armistizio e gli ucraini stanno attuando le condizioni imposte loro. Cosa dovrà fare l’Occidente, e quando?

Il primo requisito è l’accettazione, e per certi versi è il più difficile di tutti. È difficile pensare a uno shock paragonabile per il sistema politico occidentale in tempi moderni. Ho citato Suez e il Vietnam, e per certi versi si tratta di analogie, soprattutto per gli Stati Uniti. L’Ucraina è, in effetti, il momento di Suez dell’America, in cui dovrà adattare radicalmente la propria concezione di potenza mondiale. Ma questo richiederà tempo e darà luogo a tutta una serie di complicazioni per le quali non abbiamo spazio in questa sede. A breve termine, alla maggior parte delle élite occidentali sembrerà che il mondo si sia capovolto, e non avranno tutti i torti. Sospetto che nulla, dopo lo shock della Rivoluzione russa, si avvicini a ciò che le élite occidentali stanno per sperimentare. La sensazione che si ebbe nel 1917, quando la storia prese una direzione del tutto inaspettata e incredibile, non ha probabilmente eguali da allora, se non in qualche misura la fine di quella stessa storia nel 1989-91. Ma lì, le conseguenze dirette per la società civile sono state molto gravi. Ma in quel caso, le conseguenze dirette per l’Occidente della fine dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia furono limitate, e in ogni caso per lo più positive. Nel 1917, sembrava che una sorprendente manovra subdola tedesca fosse riuscita a estromettere la Russia dalla guerra, scatenando forze rivoluzionarie incomprensibili in Europa e minacciando direttamente la sicurezza delle potenze alleate e le loro possibilità di vittoria.

Sospetto che lo shock sarà grande come allora, e la domanda fondamentale posta dalle popolazioni, dai politici dell’opposizione e dagli opinionisti che cambiano abilmente schieramento, sarà: “Come è potuta accadere una cosa del genere? Si può immaginare un politico opportunista che dica qualcosa del tipo: “All’epoca ho sostenuto il governo contro l’aggressione russa, e avevo ragione a farlo. Ma ci era stata promessa una rapida vittoria ucraina e una sconfitta russa. E dov’è? Ci era stato promesso che l’addestramento e l’equipaggiamento occidentale avrebbero ribaltato la situazione. Perché non lo hanno fatto? Chi è responsabile e sarà chiamato a risponderne?”. La storia non è sempre molto clemente e sospetto che a tempo debito i critici prenderanno di mira non l’opposizione di fondo alla Russia o il sostegno all’Ucraina, che saranno troppo sensibili per essere toccati per alcuni anni, ma il travisamento e l’esagerazione dei fatti da parte dei governi. E l’unica difesa dei governi, oltre a “tutti hanno sbagliato”, sarà “non lo sapevamo”. Non che questo serva a molto. Mi viene in mente la vecchia barzelletta scozzese sui peccatori bigotti che si ritrovano all’inferno (con le scuse agli oratori scozzesi). Hanno detto:

” Oh, Signore, non sapevamo, non sapevamo”.

E il Signore della Guida, con la sua infinita misericordia e compassione, disse: “Non è vero che il Signore della Guida non ha mai avuto bisogno di un’altra persona”.

“Weill, you ken nou”.

In politica è sempre troppo tardi.

I primi risultati saranno panico e confusione, perché le vecchie norme non saranno più applicabili. Per più di trent’anni le élite occidentali hanno creduto nella loro egemonia e nel loro diritto unilaterale di prendere decisioni importanti. Anche se, in realtà, le cose sono state molto più complicate, i presupposti ereditati dalla generazione di Macron e Sunak sono che, qualunque sia il problema nel mondo, l’Occidente se ne farà carico e ne detterà l’esito. Ancora oggi, non mi sorprenderebbe sapere che a Washington ci sono gruppi di lavoro che lavorano alla bozza di un trattato di pace tra Ucraina e Russia, da negoziare sotto l’egida degli Stati Uniti, con Washington che ha l’ultima parola. Ma non si tratta solo di aspettative esagerate, è anche ciò a cui ci si è abituati e ciò che il sistema stesso si aspetta. Chi sarà il primo diplomatico statunitense a dire “ma forse non saremo invitati?”. La realtà è che, come un armistizio sarà negoziato direttamente tra russi e ucraini, così non c’è ragione per cui un trattato di pace non debba essere interamente bilaterale, se questo è ciò che i russi vogliono. Mi dispiace, non siete invitati.

Il broncio è una cosa che le nazioni fanno spesso, perché è facile: ma non è una politica. Possiamo quindi ipotizzare che inizialmente ci sarà una serie di smentite o di semplici rifiuti di dire qualcosa. I successi militari russi saranno minimizzati e sminuiti e gli opinionisti scriveranno che “non è ancora finita”. La reazione a un successo russo molto significativo (la presa di Kharkov/Kharkiv, ad esempio) sarà di confusione e almeno parziale silenzio, a causa dell’impossibilità di trovare rapidamente una linea comune. La reazione a un accordo di armistizio sarà probabilmente ancora più confusa e consisterà soprattutto in spacconate e minacce vuote.

Nella misura in cui emergerà una linea comune, si tratterà effettivamente di un broncio: un rifiuto di accettare la situazione. Il processo di stesura del primo comunicato della NATO dopo l’accordo di armistizio sarà molto travagliato, ma è probabile che il testo consista per lo più di dichiarazioni di sfida e di vaghe minacce. Cose come “non accetteremo mai”, “continueremo a sostenere l’Ucraina con tutti i mezzi possibili” e così via. Ma a pranzo, o negli scambi informali tra i principali attori, qualcuno alla fine dirà: “Sì, ma cosa faremo in concreto ?” .Ci sono esempi in cui il broncio è durato a lungo. La Repubblica Democratica Tedesca (Germania Est) non è mai stata riconosciuta come Stato indipendente dalla maggior parte dei Paesi. Taipei, anziché Pechino, è stata riconosciuta come capitale della Cina per vent’anni dopo la guerra civile, e la rivoluzione iraniana è stata accettata solo lentamente e gradualmente dalla maggior parte del resto del mondo. Le relazioni con la Cina hanno impiegato un po’ di tempo per riprendersi dopo l’incidente di Piazza Tienanmen nel 1989. La difficoltà in questo caso, però, è che saranno gli stessi ucraini a stipulare un accordo (anche se non avranno avuto molta scelta) e l’Occidente potrebbe ritrovarsi nella ridicola posizione di cercare di dettare pubblicamente la politica all’Ucraina contro la sua volontà.

Nel frattempo, cosa facciamo? È probabile che un accordo di armistizio preveda la partenza di tutto il personale militare straniero dall’Ucraina. In teoria, gli Stati occidentali potrebbero ignorare questo requisito, dal momento che non sarebbero firmatari, ma in tal caso i russi metterebbero semplicemente in pausa l’accordo e continuerebbero la guerra. Anche le truppe occidentali sarebbero considerate un obiettivo legittimo in questo caso, e uno dei punti che ho sempre cercato di sottolineare è che le capacità militari della NATO sono ora così limitate che qualsiasi tentativo di intervenire direttamente in un conflitto del genere (attaccando la Crimea, ad esempio) sarebbe quasi letteralmente un suicidio.

La reazione più probabile è una serie di gesti politici. Ci saranno vertici della NATO e dell’UE, nuovi cicli di sanzioni, dichiarazioni di eterna inimicizia nei confronti della Russia, la cancellazione di qualsiasi accordo bilaterale ancora esistente e ulteriori (e probabilmente inutili) tentativi di isolare la Russia a livello diplomatico ed economico. Ci saranno alcune esercitazioni dimostrative della NATO vicino, ma non troppo, ai confini della Russia. Soprattutto, si parlerà, si parlerà molto, perché in una luce poco chiara ciò può essere confuso con l’attività. La NATO e l’UE lanceranno iniziative di alto profilo per ricostruire l’industria della difesa statunitense ed europea e le loro forze armate. I politici parleranno di arruolamento, ma non a voce troppo alta, e di piani speculativi per acquistare un giorno tutti i tipi di armi miracolose. Verranno annunciati studi su settori come la difesa missilistica. Si cercheranno nuovi alleati ovunque si possano trovare.

La maggior parte di questi discorsi sarà finalizzata a rassicurare l’opinione pubblica occidentale, confusa e molto probabilmente arrabbiata e spaventata per quanto è accaduto. In parte si tratterà anche di fischiettare per tenere alto il morale dei leader occidentali. Come ho sottolineato più volte, né la coscrizione né il riarmo sono opzioni serie, se non come parte di un improbabile programma internazionale ventennale, massiccio e multidimensionale, che implica una notevole coercizione politica. E alcune cose non possono essere costrette. Il problema delle industrie della difesa occidentali, ad esempio, non è solo che inseguono profitti a breve termine: è più complicato di così. Il problema è che, come il resto dell’economia, sono state MBA-izzate, in modo da essere gestite da finanzieri, e quindi le persone con un background tecnico se ne sono andate e non sono state rimpiazzate. Pertanto, anche una nazionalizzazione drastica non risolverebbe il problema, perché non esiste più la capacità di base di produrre attrezzature di difesa affidabili e puntuali. Le aziende dovrebbero essere ricostruite da zero, il che richiede laureati in ingegneria e tecnici, il che richiede persone che li formino, il che richiede … beh, avete capito.

Questo non significa che tali idee non saranno gettate in giro per effetto politico nella confusione della sconfitta, ma significa che diventerà rapidamente chiaro che non hanno alcun contenuto. Dopo tutto, anche se si potesse fare, come si potrebbe spiegare a cosa servirebbe il riarmo Questa non è la Guerra Fredda, dove gli eserciti si fronteggiavano. I russi non hanno alcun interesse a espandersi territorialmente e Berlino, ad esempio, dista da uno a duemila chilometri dal più vicino probabile concentramento di truppe russe. La Polonia è certamente più vicina, ma anche se, con ogni probabilità, massicce forze russe fossero dislocate nell’Ucraina occidentale, ciò significherebbe che tutte le forze che la NATO potrebbe mettere insieme verrebbero inviate in Polonia? Un Paese che può forse generare tre brigate meccanizzate leggere sarebbe felice di averne due permanentemente in Polonia: il suo esercito di fatto fuori dal Paese per sempre? Come potrebbe una leadership politica nazionale presentare questo ai suoi cittadini? Quindi è probabile che ci siano molti suoni e furori, che non significano quasi nulla.

Dopodiché, molto dipende da cosa vogliono i russi e come. Dal loro comportamento nel 2021-22 è già chiaro che Mosca vuole un accordo bilaterale con l’Ucraina e poi un accordo multilaterale separato con l’Occidente. Tecnicamente, potrebbe esserci prima un trattato di pace separato e poi un accordo più ampio sul futuro dell’Ucraina, ma, visti i precedenti, è probabile che i russi vogliano un unico negoziato. Questo sarà direttamente con l’Ucraina: probabilmente, con grande shock e sgomento dell’Occidente, i russi non parteciperanno. Sebbene l’Occidente possa tentare di esercitare pressioni sull’Ucraina indirettamente, è probabile che esso stesso sia così diviso che tali pressioni potrebbero non essere di grande entità. In ogni caso, l’influenza occidentale sull’Ucraina si sta riducendo da tempo e si ridurrà ulteriormente: come negli ultimi anni del Vietnam del Sud, la coda sta iniziando a scodinzolare. Qualsiasi prevedibile governo post-armistizio in Ucraina sarà probabilmente liquidato come “filorusso”, per quanto possa contare, ma in realtà è più probabile che sia semplicemente realistico e che capisca che l’Occidente non può più aiutarlo concretamente. Da parte sua, l’Occidente sarà vincolato da tutte le sue promesse, i suoi accordi, le sue dichiarazioni congiunte e i suoi comunicati, e soprattutto dal suo impegno a far sì che siano gli ucraini a decidere del futuro del loro Paese. Non può semplicemente dire “oh, era un altro gruppo di ucraini”, quindi in pratica l’Occidente dovrà sorridere e sopportare. Ironia della sorte, una cosa che i russi probabilmente accetterebbero – l’adesione all’UE – è probabilmente l’unica cosa che gli europei considererebbero con orrore se accadesse davvero.

Un accordo multilaterale con l’Occidente è sempre stato problematico: ora rischia di diventare un incubo. Un conto è stato liquidare con disprezzo la bozza di testo del trattato russo del dicembre 2021 (un classico errore che gli storici discuteranno per generazioni), ma quel disprezzo era almeno spiegabile nel senso che l’Occidente si sentiva comodamente superiore alla Russia e non vedeva la necessità di assecondare i capricci di una potenza militare ed economica in declino che si rifiutava di scomparire in silenzio. Sì, non lo sapevano. Ma ora lo sanno.

È difficile dire come l’Occidente reagirebbe all’inevitabile proposta russa di un progetto di trattato, perché non ci siamo mai trovati in questa situazione. Nel 2021, l’Occidente non pensava che ci fosse nulla da discutere e sospetto che, almeno formalmente, questa sia ancora la posizione. Il primo ostacolo sarà l’accettazione da parte dell’Occidente collettivo di dover partecipare a negoziati che comporteranno la rinuncia a qualcosa, ricevendo in cambio poco o nulla. Potrei scrivere un intero saggio su questo argomento (forse lo farò più tardi), ma in parole povere c’è un’importante distinzione tra un gruppo di nazioni che affronta un tipo di crisi che conosce, per quanto grave, e le stesse nazioni che affrontano un tipo di crisi di cui non hanno esperienza. L’attuale guerra contro la Russia rientra almeno nella comprensione storica dei Paesi della NATO e dell’UE. Ma negoziare, ad esempio, il ritiro delle forze straniere di stanza in Europa alla posizione del 1997 (se i russi ora non chiedono altro) rappresenta un tipo di negoziazione che l’Occidente non ha mai dovuto contemplare prima. Non mi sembra chiaro se la NATO e l’UE sopravviveranno a questa esperienza, data l’infinita varietà e combinazione di problemi, rivalità, gelosie, obiettivi incompatibili e tensioni interne che un simile negoziato comporterebbe.

I russi non devono fare nulla. Sono abbastanza sicuro che preferirebbero un accordo, ma avranno il possesso della palla e dal loro punto di vista la situazione può solo migliorare. Con il passare dei mesi, la realtà comincerà a farsi strada: in particolare, il fatto che la Russia ha ora forze militari più grandi e più potenti di quelle del 2021, e che l’Occidente è in gran parte disarmato. Non credo che i recenti annunci di aumento delle dimensioni delle forze russe siano finalizzati alla guerra, ma all’intimidazione. Una nazione vittoriosa con un milione di uomini sotto le armi, con la capacità di colpire ovunque in Europa con missili senza temere ritorsioni, ottiene alcuni ovvi vantaggi politici. Anche la nostra classe politica occidentale, ormai indebolita, inizierà a capirlo.

Per molti versi questa sarà l’alba della realtà. Per decenni, l’Occidente ha operato secondo il principio che nessuna delle sue azioni avrebbe mai avuto conseguenze. Le minacce e l’ostilità, le sanzioni e le aggressioni sono solo una sorta di gioco: quello che facciamo al mondo esterno. A dispetto di quanto si può leggere, gli Stati Uniti non stanno per iniziare una guerra con la Cina: la verità è peggiore. Gli Stati Uniti pensano che le minacce e le sanzioni contro la Cina, in parte per consumo interno, non avranno conseguenze nel mondo reale. Ebbene, l’Ucraina ha messo a dura prova l’idea che le azioni occidentali non abbiano conseguenze. “Non lo sapevamo”, strilleranno i leader nazionali. “Beh, ora lo sapete”, risponderà sicuramente la Storia.

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Russia Ucraina, il conflitto! 58a puntata Segni di sbandamento Con Max Bonelli

La pressione delle forze militari russe non è più occasionale e localizzata. Sono numerosi i punti del fronte sul quale l’esercito ucraino non solo arretra, ma si rivela incapace di ribattere o, quantomeno, di organizzare una difesa dinamica. Il regime ucraino è chiaramente la prima vittima della propria narrazione; le seconde sono i paesi europei che si sono accodati alle scelte statunitensi ciniche ed avventuriste. Due anni di conflitto mostrano i segni evidenti di logoramento ed esaurimento delle forze ucraine e i limiti della potenza statunitense, pur con tutta la consorteria al seguito. Nella foto di copertina Paul Massaro, appena nominato Direttore delle Risorse Umane della Commissione di Helsinki. La Commissione Helsinki degli Stati Uniti monitora i diritti umani e la cooperazione internazionale in 57 paesi. Il distintivo esibito sulla giacca vale più di tante parole.

Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Stati Uniti! La coperta troppo corta di un impero Con Gianfranco Campa

La leadership statunitense dominante inizia a presagire che la coperta di cui dispone non è sufficiente a coprire l’attuale impero. Una crisi, quindi, da sovraestensione cui porre in qualche maniera rimedio. I dilemmi da risolvere sono drammatici. Si tratta di consolidare con polso ferreo il controllo sull’area accessibile del proprio impero sul quale esercitare egemonia diretta ed estrazione spietata di risorse; il capro espiatorio designato è, a questo punto, l’Europa con la piena accondiscendenza delle sue élites. Si tratta di ridurre e concordare con i nuovi contendenti nell’agone internazionale, in primo luogo la Cina, le dinamiche di una globalizzazione dalla quale la formazione sociale degli Stati Uniti non può prescindere in tempi storicamente ragionevoli, pena il collasso interno, ma dalla quale anche la Cina potrebbe subire sconquassi traumatici in caso di collasso della intera rete costruita in questi ultimi decenni. La recente intervista alla Segretaria all’economia Raimondo, recentemente pubblicata, dietro la maschera dell’oltranzismo parossistico, cerca di delimitare, appunto, i confini di questo scontro http://italiaeilmondo.com/2024/04/23/cina-stati-uniti-capire-la-dottrina-raimondo-di-alessandro-aresu/ , in verità troppo ristretti per l’attuale leadership cinese. Un nodo gordiano quasi impossibile da sciogliere e del quale sembra approfittare sul piano dei consensi popolari Donald Trump parallelamente però al crescere della stretta soffocante della piovra tentacolare dei centri di potere che cercherà di soffocarlo presto o tardi. Nel frattempo sia in Europa, il polacco Duda oltre allo scontato Orban, che il leader liberale in Giappone, figure politiche inaspettate sembrano cogliere il vento che spira oltreatlantico. Opportunismo e trasformismo di chi? Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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SITREP 27/04/24: Gli Stati Uniti ammettono i principali fallimenti legati alle armi della superiore guerra elettronica russa, di SIMPLICIUS

Un aggiornamento relativamente sparso oggi più come un pezzo di riempimento e un’aggiunta all’ultimo SitRep per il quale ci sono stati alcuni interessanti aggiornamenti di attualità.

In primo luogo, l’ultima volta ho postato il capo del supporto di ricognizione aerea dell’Ucraina, Maria Berlinskaya, affermando come i sistemi occidentali in Ucraina si siano rivelati inutili a causa del potere dell’EW russo. In effetti, lo pubblicherò di nuovo solo per averlo tutto sotto lo stesso tetto per coloro che non hanno letto il precedente SitRep, e perché penso che questo particolare thread sia così importante:

Bene, ora abbiamo la conferma di altissimo livello di quanto sopra da parte di un vero funzionario statunitense. Il sottosegretario alla Difesa per l’acquisizione e il sostegno, William Laplante, ha appena lanciato un’importante notizia bomba che dovrebbe offuscare ogni speranza di grandi trionfi dell’ATACMS, come tanti attendono con vano vuoto:

Esatto: in un panel per il Centro per gli studi strategici e internazionali , Laplante ha ammesso apertamente che i tanto pubblicizzati GLSDB si sono rivelati un miserabile fallimento a causa degli ambienti di disturbo russi. Alcuni hanno giustamente proposto che ciò sia dovuto al fatto che una bomba planante SDB è piuttosto lenta una volta staccata dal razzo booster HIMARS. E quindi, mentre rallenta mentre plana verso il bersaglio, deve sorvolare molto spazio aereo conteso EW che gradualmente degrada la sua correzione di rotta GPS sempre di più finché il suo targeting non è lontano nel momento in cui raggiunge il bersaglio reale.

Una spiegazione tecnica dettagliata è stata fornita dal canale Telegram di The Right People Z:

È stato confermato che le antenne dei moduli di correzione GPS integrati nei sistemi di guida e controllo dei missili guidati GLSDB ibridi GBU-39/B da 227 mm hanno una bassa immunità alle interferenze. Lo ha ricordato ancora una volta il sottosegretario americano alla Difesa per gli Acquisizioni e le Forniture Bill LaPlante durante la conferenza del Centro statunitense per gli studi strategici e internazionali (CSIS).

È ovvio che il ricevitore GPS presentato dalla Boeing Corporation come GPS anti-jam ha perso completamente la sua efficacia nella difficile situazione di jam nello spazio aereo sopra il Donbass.

Nonostante la posizione orientata verso l’alto di questi moduli antenna, i complessi EW “Zhitel” (“Житель”), “Field-21” (“Поле-21”) e “Serp-VS5” (“Серп-ВС5”) sopprimono facilmente il loro canale di ricezione, il che porta ad un aumento della probabile deviazione circolare delle bombe GBU-39/B da 1,5 – 3 a diverse decine di metri, riducendo la loro efficacia a livelli inaccettabili.

Al contrario, le antenne GLONASS/GPS domestiche “Kometa-A/M/R8” (“Комета-А/М/Р8”) sono in grado di resistere alle interferenze della maggior parte dei mezzi EW nemici che operano nella banda L.

Ciò ha una serie di implicazioni molto importanti, poiché si tratta di una delle principali armi d’attacco aria-terra della NATO e, a causa del suo utilizzo in Ucraina, è diventata inefficace, il che farà il suo uso futuro contro rivali come Cina o Iran e ancora più attori locali inefficaci.

Altri sistemi d’arma non solo volano più velocemente e trascorrono meno tempo sotto l’influenza dell’EW, ma hanno anche altre ridondanze di mira che mancano ai sistemi semplificati come GLSDB e JDAM-ER. Ad esempio, sistemi più sofisticati come i missili da crociera (Storm Shadow, Kh-101, ecc.) o anche alcuni missili balistici come i ROCKS (Sparrow) recentemente utilizzati da Israele o gli Iskander russi hanno una guida terminale optoelettrica sotto forma di DSMAC (Digital Scene -matching Area Correlator) che consentono loro di visualizzare il bersaglio con una telecamera e abbinarlo a un’immagine pre-programmata per correggere la rotta. Ciò significa che anche se il GPS è bloccato, potrebbero comunque colpire con precisione il bersaglio grazie a quella che è effettivamente una modalità di guida visiva dell’IA. Ma questi sistemi sono estremamente sofisticati e costosi, e il punto centrale del GLSDB era che veniva pubblicizzato come un’alternativa economica, utilizzando vecchie scorte di bombe SDB super economiche montate sui booster HIMARS.

Questo è probabilmente lo stesso motivo per cui i JDAM-ER si sono rivelati un triste fallimento, poiché funzionano in modo quasi identico agli SDB plananti e sono già noti da tempo per essere altamente suscettibili all’EW da parte del Pentagono americano, anche molto prima della guerra in Ucraina.

Ma è qui che l’industria della difesa russa ha dimostrato al tempo stesso la sua ingegnosità e resiliente adattabilità: mentre le bombe plananti russe dell’UMPK in teoria soffrirebbero dello stesso identico problema, e probabilmente lo hanno fatto , il che spiegherebbe alcuni dei primi rapporti sulla loro “inesattezza” da parte di Dal lato ucraino, gli ingegneri russi si sono adattati rapidamente. Ricordiamo i miei precedenti rapporti sui nuovi moduli ricetrasmettitori satellitari Kometa-M installati non solo sugli Iskander ma anche sugli UMPK.

Allo stesso modo gli UMPK russi iniziarono con solo 4 o meno ricevitori Kometa, e dopo qualche tempo furono aggiornati a 8, che ora li rendono molto più impermeabili ai segnali EW e quindi molto più accurati, poiché la correzione Glonass/GPS non è così degradata quando si sorvola un Ambiente EMI.

E su questo argomento, abbiamo le ultime novità:

Esatto, l’Ucraina ora ha ufficialmente ritirato dalla linea i suoi Abrams perché si sono rivelati inefficaci. Dall’articolo : 

Il funzionario ha parlato in condizione di anonimato per fornire un aggiornamento sul sostegno americano alle armi all’Ucraina prima della riunione del Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina di venerdì.

Per ora, i carri armati sono stati spostati dalla prima linea e gli Stati Uniti lavoreranno con gli ucraini per reimpostare le tattiche , hanno detto il vicepresidente dei capi di stato maggiore congiunti, ammiraglio Christopher Grady e un terzo funzionario della difesa che hanno confermato lo spostamento a condizione di anonimato. .

“Quando si pensa al modo in cui si è evoluto il combattimento, i mezzi corazzati ammassati in un ambiente in cui i sistemi aerei senza pilota sono onnipresenti possono essere a rischio”, ha detto Grady all’AP in un’intervista questa settimana, aggiungendo che i carri armati sono ancora importanti.

“Ora c’è un modo per farlo”, ha detto. “Lavoreremo con i nostri partner ucraini e altri partner sul campo, per aiutarli a pensare a come potrebbero usarlo, in quel tipo di ambiente cambiato ora. , dove tutto si vede immediatamente.”

Tutto questo arriva sulla scia di un altro interessante articolo del NYTimes:

Alcuni potrebbero ricordare che in precedenza ho trattato iniziative come il Project Maven del DOD, in articoli come questo .

Ma nel nuovo articolo, David E. Sanger scrive che i risultati di questo sforzo combinato di Google e DARPA per istituire un “back-end” basato sull’intelligenza artificiale per elaborare vaste quantità di dati di sorveglianza del campo di battaglia sono stati in realtà “misti”.

Che ne dici delle ammissioni?

I primi due anni di conflitto hanno anche dimostrato che la Russia si sta adattando, molto più rapidamente del previsto, alla tecnologia che ha dato all’Ucraina un vantaggio iniziale.

E un altro che conferma il precedente snafu di GLSDB:

Nel primo anno di guerra, la Russia utilizzò a malapena le sue capacità di guerra elettronica. Oggi ne ha fatto pieno uso, confondendo le ondate di droni che gli Stati Uniti hanno contribuito a fornire. Persino i temibili missili HIMARS che il presidente Biden si è tormentato per aver donato a Kiev, che avrebbero dovuto fare un’enorme differenza sul campo di battaglia, a volte sono stati mal indirizzati mentre i russi imparavano a interferire con i sistemi di guida.

L’articolo prosegue nominando e descrivendo il cuore fisico di questo “backend” della NATO che descrivo ormai da più di un anno:

Cita l’ex CEO di Google Schmidt come il principale impulso dietro la nuova spinta dell’Ucraina verso i droni IA autonomi che possono cacciare obiettivi umani da soli dopo che il loro segnale è stato interrotto da EW.

Alla fine, però, l’articolo confessa che questi progressi tecnologici non saranno sufficienti per sconfiggere la Russia, che si sta adattando altrettanto rapidamente agli sviluppi del campo di battaglia, ma in realtà ha la produzione manifatturiera in aggiunta a quella che manca all’Ucraina. In breve: entrambe le parti detengono vantaggi chiave asimmetrici rispetto all’altra, ma la Russia si sta avvicinando al vantaggio occidentale del satellite ISR – in particolare della costellazione di satelliti Starlink – mentre l’Ucraina non sta facendo alcun progresso verso la massiccia produzione di munizioni e armature della Russia.

Successivamente, menzioniamo brevemente alcuni degli sviluppi in corso sul campo di battaglia. La situazione nel settore nord-occidentale di Avdeevka continua a peggiorare per le AFU, con un flusso costante di denunce rivelatrici e talvolta urgenti provenienti dai loro canali che ci forniscono informazioni.

Ecco un soldato della 115a Brigata dell’AFU che fornisce un aggiornamento:

Leggi cosa dice: “La mia azienda è stata letteralmente distrutta”.

Si lamenta del fatto che la leadership li butti via come carne, e prosegue:

A ciò sono seguite le dichiarazioni di alcuni dei più noti account OSINT pro-UA con il maggior numero di follower:

E MSM è intervenuto sulla situazione attuale:

Quanto sopra è culminato in una situazione in cui tutto tra Ocheretyne e Novokalinov è ora in una caldaia, con Keramik che si dice sia stato completamente abbandonato oggi dalle AFU in ritirata:

I rapporti di ieri indicavano che le truppe russe stavano già entrando anche nella periferia di Arkhangelske.

Ciò ha portato anche i più ardenti “esperti” e sostenitori dell’Ucraina ad ammettere che le AFU potrebbero dover ripiegare drasticamente su una nuova linea difensiva dietro il fiume Vovcha, abbandonando almeno una dozzina o più di chilometri di terra:

Ricordo che nel mio ultimo rapporto ho riportato le parole di un ufficiale ucraino che temeva che la Russia si stesse lentamente posizionando per mettere Pokrovsk sotto la punta di una lancia. Allora sembrava improbabile perché Pokrovsk sembrava ancora lontana. Ma se le AFU dovessero ripiegare sul Vovcha, le forze russe si troverebbero a circa 20 km di distanza attraverso un territorio scarsamente difeso e non fortificato come l’area ora invasa:

In effetti, sotto si può vedere la linea blu che termina al suo bordo occidentale su quelle che, secondo quanto riferito, sono le più recenti fortificazioni difensive dell’Ucraina, costruite tra gennaio e febbraio di quest’anno. Ciò significa che le forze russe sono già a circa 1,5 km da esso:

Molto più a ovest nella mappa sopra, tra Prohres e Vesele, si può vedere un gigantesco fossato cisterna costruito dall’Ucraina e che doveva essere la sua principale linea di difesa prima del fronte di Pokrovsk.

A proposito, parlando di fossati per carri armati, ricordate tutte le voci sull’appropriazione indebita di fondi quando si trattava di costruire fortificazioni difensive? Un tempestivo lapsus freudiano trasmesso dalla TV ucraina ha praticamente confermato i nostri sospetti:

Appena a sud di lì, le forze russe continuano ad arrampicarsi attraverso Krasnogorovka, dirigendosi verso il centro della città più grande:

Un eminente soldato ucraino fornisce un aggiornamento triste e amaro dal fronte di Ocheretyne:

L’avanzata russa nel settore di Avdeevka risale all’ottobre dello scorso anno, quando iniziò l’assalto:

Passando ad altre notizie, la notte scorsa la Russia ha nuovamente colpito 4 centrali termoelettriche ucraine con una serie di armi, dai Kinzhal, ai missili da crociera Kalibr lanciati dal mare, ai Kh-101 dei Tu-95, come al solito.

Il nemico conferma la sconfitta delle centrali termoelettriche nelle regioni di Ivano-Frankivsk, Dnepropetrovsk e Lvov. In totale sono stati segnalati arrivi in ​​4 centrali elettriche.

Anche l’Ucraina ha colpito una raffineria di petrolio russa a Krasnodar:

Ma puoi vedere chiaramente la differenza nel danno. Pochi serbatoi di carburante che possono essere sostituiti in ore o giorni rispetto a un intero gruppo di centrali elettriche con sala turbine, che è praticamente insostituibile.

Inoltre, la Russia avrebbe iniziato a mettere “gabbie di copertura” o sistemi di reti sui serbatoi della raffineria:

In un altro bizzarro sviluppo, l’Ucraina ha apparentemente utilizzato un aereo a elica Yak-52 per abbattere un drone russo Orlan nell’ovest del paese:

Immagino che quegli F-16 non si trovassero da nessuna parte.

Ieri Blinken è stato umiliato nella sua visita in Cina. Non solo non è stato accolto come di consueto sull’asfalto, senza tappeto rosso o entourage ufficiale, ma mentre si attendeva l’arrivo di Blinken, il Presidente Xi è stato addirittura sentito chiedere con impazienza quando il piagnucoloso apparatchik con la faccia da topo avrebbe lasciato il Paese:

Xi e la Cina non hanno più pazienza per le lezioni irrispettose degli Stati Uniti.

L’inutile visita è stata coronata dal fatto che la Cina, secondo quanto riferito, non ha inviato alcun funzionario per fare gli auguri a Blinken, che è stato invece accompagnato dall’ambasciatore degli Stati Uniti di stanza in Cina:

In un altro sviluppo scoraggiante per l’Ucraina, è stato ora rivelato che la maggior parte degli armamenti sponsorizzati dai nuovi aiuti statunitensi non arriveranno in realtà al Paese in rovina per anni:

Leggere la parte centrale:

“L’equipaggiamento – che comprende anche munizioni per i sistemi missilistici di artiglieria ad alta mobilità e per i sistemi missilistici di superficie avanzati nazionali – probabilmentenon arriverà in Ucraina prima di diversi anni, poiché i fondi sono stati stanziati nell’ambito dell’Iniziativa di assistenza alla sicurezza dell’Ucraina. Nell’ambito dell’USAI, il Pentagono stipula contratti con aziende americane del settore della difesa per la costruzione di nuovi equipaggiamenti per l’Ucraina, invece di attingere dalle scorte statunitensi”.

Ops.

Anche i sostenitori dell’UA sono stati costretti a cedere amaramente:

Guai all’Ucraina.

Questo fa seguito a diversi altri articoli che affermano i problemi che l’Europa sta incontrando nel reperire munizioni vere e proprie per l’Ucraina:

A conferma di una delle nostre ultime linee guida sul tentativo degli Stati Uniti di scaricare l’Ucraina sull’Europa, vediamo anche titoli come il seguente:

Nel frattempo, la Germania ammette che la Russia sta producendo così tante munizioni da andare ben oltre le necessità e gli usi attuali :

Questo è un’ulteriore conferma di qualcosa che ho già scritto molte volte in passato: il fatto che la Russia sta costruendo riserve strategiche e depositi per un potenziale conflitto con la NATO che potrebbe avvenire direttamente dopo o addirittura in concomitanza con quello ucraino. La NATO sta chiaramente segnalando un’escalation per “salvare” l’Ucraina, ed è per questo che Shoigu ha richiamato un secondo esercito di oltre 500.000 uomini proprio per questa eventualità. Ora, la Russia sta anche accumulando scorte per quell’esercito, nel caso in cui debba effettivamente scontrarsi con la NATO nel prossimo futuro. In ogni caso, è semplicemente rivelatore della quantità di munizioni che la Russia sta producendo il fatto che, nonostante l’elevato utilizzo sul fronte ucraino, stia ancora generando un vasto surplus.

Un ultimo interessante sviluppo riguarda BlackRock e i terreni agricoli ucraini, su cui molti hanno speculato. Ci sono molte congetture infondate al riguardo, alcune delle quali sono state già sfatate in precedenza, ma per la prima volta abbiamo avuto un’interessante conferma ad alto livello.

Ad esempio, è stato presentato questo presunto memorandum, firmato da Alex Soros e Yermak, che trasferisce lotti di terreno nell’Ucraina occidentale a Dow Chemical, DuPont, BASF, ecc.

⚡️🇺🇸🇪🇺 Gli Stati Uniti e la NATO intendono creare una zona “grigia” nell’Ucraina occidentale

Il figlio di Soros, Alexander, ha concordato con le autorità ucraine l’assegnazione di 400 chilometri quadrati di terreno agricolo a società americane per lo smaltimento di rifiuti pericolosi, secondo un’inchiesta del giornalista francese Jules Vincennes.

Egli scrive, citando una fonte del Ministero dell’Agricoltura ucraino, che a novembre Soros Jr. e il capo dell’ufficio di Zelensky, Yermak, hanno raggiunto un accordo in base al quale Kiеv cede a tempo indeterminato e gratuitamente terreni nelle regioni di Ternopоl, Khmelnytsky e Chernоvtsi per lo smaltimento di rifiuti pericolosi provenienti dalla produzione chimica, farmaceutica e petrolifera.

Tra le aziende citate figurano Dow Chemical, DuPont, BASF, Evonik Industries, Vitol e Sanofi. Ricordiamo che la Dow Chemical è l’azienda che ha fornito l’Agente Arancio e il Napalm all’esercito americano per avvelenare e distruggere il Vietnam. Mentre BASF è l’azienda che ha fornito lo Zyklon B ai nazisti.

Probabilmente, la decisione è stata presa dopo la distruzione, nella primavera del 2023, da parte delle Forze Armate russe, dei depositi di munizioni con uranio impoverito situati nelle regioni di Khmelnitsky e Ternopоl.

Questa situazione minaccia un disastro ambientale non solo per l’Ucraina, ma anche per altri Paesi dell’Europa orientale e per l’intero bacino del Mar Nero.

Kiеv e Washington continuano a utilizzare tutti i mezzi per impedire il possibile ingresso delle regioni occidentali ucraine nella Federazione Russa nel contesto della ritirata in corso delle Forze armate ucraine.

Ma la cosa più grave è stata una nuova intervista al presidente polacco Andrzej Dudache, commentando le relazioni tra agricoltori polacchi e ucraini, ha rivelato in modo abbastanza eclatante che :

In pratica, egli inquadra il conflitto degli agricoltori come la difesa dei diritti dei propri agricoltori da parte della Polonia contro i tirapiedi controllati da BlackRock, come le già citate DuPont, Dow Chemical e simili, che operano nei loro possedimenti ucraini appena conquistati. Interessante!

Infine, non è affascinante come qualcosa che viene definito “barbaro” e “illegale” quando viene usato dalla Russia in una guerravera e propria , venga trattato come una cosa comune e con indifferenza quando si tratta di manifestanti anti-israeliani?


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In alternativa, potete lasciare una mancia qui: Barattolo delle mance

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Il presidente polacco ha ammesso che un importante progetto infrastrutturale ha un doppio scopo militare, di ANDREW KORYBKO

Il presidente polacco ha ammesso che un importante progetto infrastrutturale ha un doppio scopo militare

Andrzej Duda ha inavvertitamente smentito gli osservatori russi che da tempo sospettavano che questo megaprogetto di trasporto alle porte di Varsavia avesse un duplice scopo militare, dimostrando così di aver sempre avuto ragione sui reali piani della Polonia.

Il presidente polacco Andrzej Duda ha rivelato in un’intervista che il megaprogetto di trasporto Central Communication Port (CPK, abbreviazione polacca), fuori Varsavia, ha un doppio scopo militare. Duda rappresenta il precedente governo conservatore-nazionalista della Polonia, ma rimane in carica nonostante la vittoria dell’opposizione liberal-globalista alle urne lo scorso autunno, poiché il suo mandato scade l’anno prossimo. L’ultima affermazione di Duda rende ancora più scandalosa la decisione del Primo Ministro Donald Tusk di sospendere e revisionare il CPK.

All’epoca si analizzò il fatto che stesse subordinando economicamente la Polonia alla Germania dopo averlo già fatto sul fronte politico e militare, il che ha dato credito all’avvertimento del leader conservatore-nazionalista Jaroslaw Kaczynski, alla fine dello scorso anno, secondo cui Tusk è in realtà un “agente tedesco“. Tusk ha poi subordinato il suo Paese al vicino sul fronte educativo, giudiziario e diplomatico, il tutto con il pretesto di attuare varie “riforme”.

Il risultato finale è che la Polonia svolge ora un ruolo indispensabile nella “Fortezza Europa” della Germania, di cui si è parlato qui, ma l’inattesa rivelazione di Duda sul duplice scopo militare del CPK potrebbe invertire un po’ il ritmo, esercitando una pressione popolare ed esterna su Tusk affinché approvi il CPK. Secondo gli ultimi sondaggi citati dall’interlocutore di Duda, la maggior parte dei polacchi è favorevole a questo megaprogetto di trasporto, mentre gli Stati Uniti hanno interesse a usare la Polonia come trampolino di lancio militare anti-russo.

Ecco cosa ha detto Duda secondo Google Translate: “Non è un segreto per nessuno, e lo sottolineo: Se si verificasse una situazione di potenziale pericolo per la Polonia e fosse necessario il trasferimento di ulteriori forze alleate in Polonia per difendere il nostro territorio, attualmente non abbiamo un aeroporto in grado di fornire tale supporto all’Occidente per venire rapidamente in Polonia”. Questo richiamo vuole sottintendere che Tusk stia danneggiando i piani di emergenza della NATO per motivi di parte.

Si tratta anche di un fischietto che riporta a ciò che il ministro della Difesa del precedente governo conservatore-nazionalista ha affermato sui suoi predecessori liberal-globalisti riguardo ai piani difensivi di Tusk durante i due precedenti mandati. Mariusz Blaszczak sosteneva che il governo di Tusk aveva pianificato di ritirarsi a ovest della Vistola, nella fantasia politica che la Russia avesse invaso la Polonia, fino all’arrivo dei rinforzi della NATO e sosteneva di avere anche i documenti riservati che lo dimostravano.

Il precedente periodo di potere di Tusk è stato segnato dal riavvicinamento russo-polacco, probabilmente consigliato dalla Germania, che avrebbe dovuto creare un'”Europa da Lisbona a Vladivostok” durante l’epoca felice delle relazioni tra Russia e UE. Queste speranze sono state ovviamente deluse, come tutti sanno, e i successori conservatori-nazionalisti di Tusk non hanno mai perso l’occasione di ipotizzare che la sua politica pragmatica dell’epoca fosse dovuta a una segreta influenza russa sul suo governo.

L’accusa di Blaszczak dovrebbe essere vista sotto questa luce, così come il richiamo di Duda. Il loro movimento conservatore-nazionalista ha cercato di sfruttare la russofobia politica della società polacca prima delle elezioni per rimanere al potere, ma anche se non ha funzionato, non ha imparato la lezione e ora sta cercando di usarla di nuovo nel tentativo di tornare al potere un giorno. Detto questo, è importante che i polacchi siano consapevoli di entrambi i fatti, dopodiché potranno decidere da soli.

Rivelare dettagli presumibilmente riservati sulla politica di difesa nazionale polacca, ormai obsoleta, è una cosa, mentre sensibilizzare l’opinione pubblica su come l’eventuale cancellazione del più grande megaprogetto del Paese a memoria d’uomo potrebbe avere un impatto sulla sicurezza nazionale in situazioni teoriche (per non parlare della perdita di molti posti di lavoro) è un’altra. La prima divulgazione non è riuscita a rimodellare la percezione popolare dei liberali-globalisti, mentre la seconda ha maggiori possibilità di successo, anche se è troppo presto per concludere che lo farà.

Un altro punto a cui prestare attenzione è che non è la prima volta che Duda sgancia una notizia bomba su una questione importante. All’inizio di aprile, ha dichiarato ai media lituani che le aziende straniere possiedono la maggior parte dell’agricoltura industriale dell’Ucraina, confermando così ciò che era stato precedentemente riportato ma negato dall’Occidente. Ha quindi l’abitudine di essere molto schietto su questioni che ritiene sinceramente di immensa importanza per gli interessi nazionali oggettivi della Polonia.

A prescindere dall’opinione del lettore sulla probabilità che si realizzi lo scenario di Duda, che prevede che la Polonia si affidi al CPK come porto d’ingresso per un intervento NATO su larga scala in caso di invasione russa, il suo punto di vista su questo megaprogetto è militarmente e strategicamente valido. Sarà molto difficile per Tusk opporsi, dopo che lui stesso, da quando è tornato al potere, è salito sul carrozzone della Russia e continua a temere le sue intenzioni.

Il mese scorso ha addirittura fatto il passo più lungo della gamba affermando clamorosamente che “siamo in un’epoca di preguerra“, paragonata al periodo precedente la Seconda Guerra Mondiale, suggerendo così, con sincerità o meno, che presumibilmente crede che sia possibile che la Russia invada la Polonia nel prossimo futuro. Se alla fine decidesse di cancellare il CPK nonostante Duda gli ricordi il suo duplice scopo militare, allora screditerebbe le sue precedenti paure sulla Russia, che sono il pretesto per giustificare la subordinazione della Polonia alla Germania.

Tuttavia, Tusk potrebbe avere le mani legate, poiché la combinazione di pressioni popolari ed esterne (USA/NATO) potrebbe essere sufficiente a fargli riconsiderare l’armamento del CPK come parte della sua guerra partigiana contro i suoi avversari conservatori-nazionalisti, sotto i quali questo megaprogetto è stato avviato. In ogni caso, Duda ha inavvertitamente rivendicato gli osservatori russi che da tempo sospettavano che il CPK avesse un duplice scopo militare, dimostrando così di aver sempre avuto ragione sui reali piani della Polonia.

L’Asse anglo-americano dispiegherà armi nucleari in Polonia?

Qualsiasi decisione positiva sarebbe dettata da motivazioni puramente politiche, poiché non c’è alcuna necessità militare di aggiungere la Polonia al programma di condivisione nucleare.

Il presidente polacco Andrzej Duda haconfermato in un’intervista durante il suo ultimo viaggio negli Stati Uniti che “se i nostri alleati decidono di schierare armi nucleari come parte della condivisione nucleare anche sul nostro territorio per rafforzare la sicurezza del fianco orientale della NATO, siamo pronti. Siamo un alleato dell’Alleanza Nord Atlantica, e abbiamo anche degli obblighi in questo senso, cioè semplicemente attuare una politica comune”. All’ inizio del mese, l’ambasciatore russo in Polonia ha dichiarato a RT che gli Stati Uniti non hanno ancora accettato l’offerta della Polonia.

Non ha spiegato il motivo, ma non è una novità che la Polonia voglia ospitare le atomiche americane. L’unica ragione per cui fa notizia è che la sua conferma di questo intento arriva dopo il suo ultimo viaggio negli Stati Uniti e prima del prossimo vertice annuale della NATO che si terrà all’inizio di luglio. Inoltre, se si legge tra le righe, il suo riferimento ai “nostri alleati” in contrapposizione agli Stati Uniti (il Paese specifico di cui il suo interlocutore gli hachiesto di ospitare leatomiche ) suggerisce che la Polonia potrebbe eventualmente ospitare le atomiche britanniche.

L’asse anglo-americano lavora in tandem per condurre la guerraper procura della NATO contro la Russia attraverso l’Ucraina, e ciascuno di essi ha eccellenti legami bilaterali con la Polonia. Il Regno Unito ha anche dimostrato di essere più “audace” nel provocare apertamente la Russia rispetto agli Stati Uniti, come dimostrato dai suoi missili da crociera Storm Shadow e dall’assistenza all’Ucraina nel colpire obiettivi civili come il ponte di Crimea e le città della regione di Kherson. Non sarebbe quindi inverosimile se un giorno schierassero le loro bombe atomiche in Polonia prima degli Stati Uniti o al loro posto.

Estrapolando le motivazioni in gioco, il primo scenario potrebbe essere finalizzato a spostare l’ago della bilancia all’interno degli Stati Uniti, in modo che seguano l’esempio, proprio come era previsto per le precedenti consegne di armi. Per quanto riguarda il secondo, potrebbe essere dovuto al desiderio del Regno Unito di mantenere la sua “sfera d’influenza” nella regione attraverso laPolonia, leader dell Iniziativa dei Tre Mari, nonostante gli immensi guadagni ottenuti dalla Germania dopo il cambio di governo. In questo caso, gli Stati Uniti potrebbero approvarla per tenere sotto controllo l’influenza continentale della Germania attraverso il Regno Unito.

Per essere chiari, non c’è alcuna indicazione credibile che uno dei due membri dell’Asse anglo-americano sia interessato a dispiegare armi nucleari alla Polonia, che ha chiesto agli Stati Uniti di farlo, ma senza successo. Qualsiasi decisione positiva sarebbe dettata da motivazioni puramente politiche, poiché non vi è alcuna necessità militare di aggiungere la Polonia al programma di condivisione nucleare. Verrebbe presentata come una rappresaglia dopo che la Russia ha dispiegato delle testate nucleari tattiche in Bielorussia in seguito a un’azione di sabotaggio della NATO, mentre la Russia non ha fatto alcuna azione di sabotaggio contro il blocco.

Il contraccolpo, tuttavia, potrebbe essere che la Germania diventi gelosa e cominci a temere che la sua influenza continentale venga in parte sostituita dalla Polonia a causa del favoritismo dell’Asse anglo-americano nei suoi confronti. Il leader de facto dell’UE ospita già le testate nucleari statunitensi e un numero maggiore di forze militari dei suoi partner rispetto a qualsiasi altro Paese europeo, per cui l’espansione del suddetto programma alla Polonia potrebbe indurla a interrogarsi sui loro piani. In tal caso, potrebbe non essere così disposta a obbedire alle loro richieste nei confronti della Russia e, presto, della Cina.

Per non essere fraintesi, la Germania non “diserterebbe” in alcun modo dalla NATO all’Intesasino-russa , ma potrebbe solo essere più riluttante a sacrificare i propri interessi nazionali oggettivi (soprattutto economici in questo contesto) rispetto al prestigio percepito nei confronti della Polonia. In fin dei conti, la Germania probabilmente farebbe comunque i loro interessi, ma sarebbe più facile per loro se non si sentissero offesi dal fatto che la Polonia condivida una parte del prestigio percepito di ospitare armi nucleari.

Considerando gli interessi in gioco, anche se non si può escludere che l’Asse anglo-americano possa accettare di dispiegare armi nucleari in Polonia – sia in occasione del prossimo vertice della NATO all’inizio di luglio, sia in seguito – non c’è motivo di aspettarsi che ciò avvenga presto, a meno che non cambi qualcosa. Se la Russia riuscisse a fare un passo avanti sul fronte, a prescindere dal fatto che questo provochi un intervento convenzionale della NATO, allora potrebbe potenzialmente fungere da filo conduttore per questo scenario.

Il canale costruito dalla Cina in Cambogia è un audace progetto geoeconomico

Questo megaprogetto potrebbe rivoluzionare la società cambogiana nel giro di una generazione, se il Paese gioca bene le sue carte, ma rischia anche di fare il paio con la narrazione di paura anticinese degli Stati Uniti, se viene utilizzato per manipolare il Vietnam e indurlo a contenere più muscolarmente la Cina in mare.

Questo mese si è parlato molto del progetto della Cambogia di costruire il canale Funan Techo, che collegherà la capitale Phnom Penh al Mar Cinese Meridionale, invece di dipendere dai porti vietnamiti nel Delta del Mekong. La Cina finanzierà interamente questo progetto da 1,7 miliardi di dollari attraverso un accordo di Build-Operate-Transfer per i prossimi 40-50 anni, con la costruzione che dovrebbe iniziare quest’anno e concludersi nel 2028. Ecco cinque articoli recenti su questo progetto per l’interesse del lettore:

* Vietnam Briefing: “Perché il progetto del canale Funan Techo della Cambogia preoccupa il Vietnam“.

* The Diplomat: “Ilprogetto del canale cambogiano da 1,7 miliardi di dollari è oggetto di un crescente scrutinio“.

RT: “LaCina vuole letteralmente aggirare le sfide geopolitiche“.

* Fulcrum: “L’ansia geopolitica del Vietnam per il canale Funan Techo della Cambogia“.

* Diplomazia moderna: “Navigare nell’interesse nazionale: Ilprogetto del canale Funan Techo in Cambogia.

In sintesi, la Cambogia considera il più grande megaprogetto della regione nella storia recente come un mezzo per diventare un leader tessile globale riducendo i costi e la dipendenza strategica dal rivale storico Vietnam, mentre quest’ultimo è preoccupato da un nuovo rivale di mercato e dagli interessi cinesi. La Cina e la Cambogia hanno sempre negato che la prima abbia intenzione di basare forze militari nella seconda, ma i think tank statunitensi sostengono continuamente che stiano preparando qualcosa dietro le quinte, anche lasettimana scorsa.

In linea di principio, la Cambogia è uno Stato sovrano con il diritto di scegliere i propri partner, e l’offerta della Cina è molto allettante perché non costerà alla Cambogia un centesimo e potrebbe migliorare drasticamente il suo sviluppo socio-economico nel giro di una sola generazione, se il Paese gioca bene le sue carte. Il tasso di crescita del PIL sta per tornare alla media del 7% che caratterizzava l’era pre-pandemia e la manodopera a basso costo della Cambogia potrebbe combinarsi con gli investimenti cinesi all’estero per creare una formidabile forza di mercato in futuro.

Ridurre i costi di esportazione attraverso il canale Funan Techo e scongiurare preventivamente lo scenario di un Vietnam che armi la sua leva strategica sulla Cambogia, come Fulcrum ha ricordato ai lettori che l’ultima volta lo fece durante una faida nel 1994, è fondamentale per la sua programmata ascesa come leader tessile globale. In pratica, però, la crescente vicinanza della Cambogia alla Cina può servire da pretesto per ulteriori campagne di paura americane volte a creare problemi a Pechino nel Mar Cinese Meridionale e soprattutto ad Hanoi.

Come ha osservato Timur Fomenko di RT, “la competizione tra Pechino e Hanoi è complessa e intrecciata, ma tutt’altro che ostile. Le due nazioni hanno obiettivi diversi e contrastanti, ma anche molti obiettivi complementari, per i quali è vantaggioso per entrambe mantenere uno status quo cordiale”. Questo spiega perché il Vietnam sta avviando i lavori per due linee ferroviarie ad alta velocità verso la Cina, nonostante il dilemma della sicurezza sul territorio marittimo conteso e i sospetti del Vietnam sulle intenzioni cinesi in Cambogia.

La storia, però, getta un’ombra lunga su tutto. Fulcrum ha anche ricordato ai lettori che la dinastia Nguyen del Vietnam ha assorbito il territorio del Delta del Mekong della Cambogia nelXVIII secolo, il che ha poi posto le basi per la disputa territoriale che è servita da pretesto per l’intervento del Vietnam in Cambogia nel 1979-1989. Fu questo conflitto a trasformare l’ostilità sino-vietnamita in una guerra convenzionale durata un mese, dal febbraio al marzo 1979, che fu l’ultimo conflitto militare formale di Pechino.

Molte cose sono cambiate negli ultimi 40 anni, ma i fantasmi del passato influenzano ancora le percezioni attuali di queste tre parti, con gli Stati Uniti che hanno interesse a far arrabbiare tutti. Il Vietnam ha fatto un ottimo lavoro di multiallineamento tra le Grandi Potenze, come il modello indiano, bilanciandosi tra Russia e Stati Uniti e traendo profitto dalla Cina nonostante le tensioni. Allo stesso tempo, però, gli Stati Uniti hanno interesse a peggiorare il dilemma della sicurezza sino-vietnamita, facendo leva sulla paura della Cambogia.

A tal fine, la circolazione di voci su presunti piani militari segreti cino-cambogiani ha lo scopo di convincere il Vietnam a svolgere un ruolo più attivo nel contenimento della Cina nell’omonimo Mare del Sud. Gli Stati Uniti vogliono che il Vietnam svolga un ruolo complementare a quello delle Filippine in questo senso, anche se l’ospitalità di forze americane è esclusa per ragioni storiche e di diritto interno. Il gioco finale previsto è che queste due nazioni dell’ASEAN schiaccino la Cina in quello specchio d’acqua dai vettori occidentale e orientale.

La spiegazione di questi piani non deve essere interpretata come un’approvazione, né deve implicare che avranno successo. L’unico intento è quello di informare i lettori su quali sono gli interessi degli Stati Uniti e su come ci si aspetta che li portino avanti. Il Funan Techo Canal è un progetto geoeconomico audace che potrebbe rivoluzionare la società cambogiana nel giro di una generazione, se il Paese gioca bene le sue carte, ma rischia anche di fare il paio con la narrazione di paura anticinese degli Stati Uniti, se viene utilizzato per manipolare il Vietnam e indurlo a contenere più muscolarmente la Cina in mare.

I legami azero-americani non sarebbero più gli stessi se gli Stati Uniti sanzionassero i funzionari del paese

Sono già stati messi alla prova come mai prima d’ora, dopo che alcuni rappresentanti del Congresso hanno dato falso credito alle menzogne della lobby ultra-nazionalista armena, secondo cui l’Azerbaigian avrebbe fatto “pulizia etnica” dei loro co-etnici dal Karabakh.

Una bozza trapelata del cosiddetto “Azerbaijan Sanctions Review Act of 2024” è circolata lunedì in vista della sua presentazione, secondo quanto riferito, nel corso della settimana da parte della deputata Dina Titus, democratica del Nevada, il cui partito è notoriamente sotto l’influenza della lobby ultranazionalista armena. Se approvato, il documento obbligherebbe legalmente l’Amministrazione Biden a determinare se i 41 funzionari azeri finora elencati si siano impegnati a minare lo stato di diritto e i diritti umani nel Paese.

I legami azero-americani non saranno più gli stessi se gli Stati Uniti sanzioneranno i funzionari del Paese. Sono già stati messi alla prova come mai prima d’ora, dopo che alcuni rappresentanti del Congresso hanno dato falso credito alle menzogne della lobby armena ultranazionalista, secondo cui l’Azerbaigian avrebbe fatto “pulizia etnica” dei loro co-etnici dal Karabakh. Ciò è servito a sua volta come pretesto pubblico per gli Stati Uniti per orientarsi verso l’Armenia a spese dell’Azerbaigian, esplorando una partnershippolitica e militarecompleta con Erevan a partire da settembre.

Il logico culmine di questa tendenza in atto è che gli Stati Uniti sanzionino i funzionari azeri con il pretesto dello Stato di diritto e dei diritti umani, il che potrebbe godere di un sostegno bipartisan, visto che molti repubblicani evangelici sono caduti nella falsa notizia secondo cui “i musulmani hanno genocidiato i cristiani in Karabakh”. Il vero scopo di tali sanzioni sarebbe quello di spingere l’Azerbaigian a subordinarsi come “junior partner” degli Stati Uniti nella regione, al di sotto dell’Armenia, nella prevista gerarchia americana del Caucaso meridionale.

Gli Stati Uniti sono molto contrariati dal fatto che le loro agenzie di intelligence e i loro “agenti di influenza” in Armenia, tra la diaspora ultranazionalista e le “ONG” (organizzate dal governo), non siano riusciti a scatenare un conflitto che avrebbe dovuto dividere e governare la regione provocando una guerra russo-azera-turca. Hanno fallito così tanto che le relazioni russo-azere sono ora migliori che in qualsiasi altro momento della storia, con il Presidente Ilhan Aliyev che si èrecato a Mosca per incontrare la sua controparte lo stesso giorno in cui è trapelata la bozza di legge.

L’ultima politica che gli Stati Uniti si apprestano a promulgare, il cui passaggio non può essere dato per scontato anche se c’è sicuramente la possibilità che vada avanti, si basa su convinzioni completamente false. Si tratta del presupposto che l’America sia l’attore più potente della regione, dell’idea che l’Azerbaigian non abbia il rispetto di sé per difendere con sicurezza i propri interessi nazionali oggettivi (compresa la propria reputazione internazionale) e del fatto che gli Stati Uniti ignorano il fatto che le sanzioni non hanno mai cambiato le politiche dei loro obiettivi.

Alla luce di quanto detto, portare al suo logico culmine l’attuale tendenza della politica estera degli Stati Uniti non permetterà di raggiungere gli obiettivi desiderati. È controproducente dal punto di vista degli interessi nazionali oggettivi dell’America, poiché equivale a rovinare le relazioni con l’Azerbaigian, che in precedenza erano eccellenti. In questo modo non si ottiene nulla di tangibile e l’unico risultato è che l’influenza della diaspora armena ultranazionalista nelle aule del Congresso continuerà a crescere a scapito degli interessi statunitensi.

Un sondaggio condotto da un think tank ucraino ha dimostrato che le opinioni della popolazione nei confronti della Polonia stanno cambiando

Se la disputa sul grano tra Polonia e Ucraina, causata dalla proprietà a maggioranza straniera dell’agricoltura industriale della prima, non sarà risolta in tempi brevi, le percezioni reciproche potrebbero peggiorare in modo senza precedenti.

Il think tank ucraino Razumkov Center ha pubblicato i risultati dettagliati della sua ultima indagine sull’impatto dei fattori di politica estera sulla percezione dei cittadini di vari Paesi, oltre alla Russia. Il rapporto completo può essere letto qui, ma il presente articolo si concentrerà solo su ciò che ha rivelato sugli atteggiamenti degli ucraini nei confronti della PoloniaPrima di continuare, i lettori potrebbero essere interessati a rivedere i risultati di questi sondaggi di gennaio e marzo sulle opinioni polacche nei confronti dell’Ucraina.

Tornando al sondaggio del Centro Razumkov, gli ucraini sono più preoccupati deiblocchi intermittenti del confine da parte degli agricoltori polacchi che di qualsiasi altra cosa, comprese le dispute di parte negli Stati Uniti che continuano a bloccare gli aiuti. Alla fine del mese scorso, quando è stato condotto il sondaggio, il 58,4% degli ucraini aveva un atteggiamento abbastanza (18,2%) o per lo più (40,2%) positivo nei confronti della Polonia, contro il 32,1% che aveva un atteggiamento per lo più (24,5%) o per lo più (7,6%) negativo. La differenza tra le due categorie era del 26,3%, mentre il 9,5% non ha saputo rispondere.

Per mettere le cose in prospettiva, il 93,2% degli ucraini ha un atteggiamento abbastanza (57,3%) e per lo più (35,9%) positivo nei confronti del Canada, rispetto al 2,8% che ha un atteggiamento per lo più (2,7%) e per lo più (0,1%) negativo, che lo colloca in cima alla lista. Gli Stati Uniti si collocano leggermente al di sotto della metà inferiore dei 16 Paesi intervistati, con l’80% degli ucraini che ha un atteggiamento abbastanza (43,6%) o prevalentemente (36,6%) positivo, rispetto al 12,9% che ha un atteggiamento prevalentemente (10%) o abbastanza (2,9%) negativo.

La Polonia, invece, si colloca al secondo posto tra Turchia e Ungheria. Per quanto riguarda il primo, il 68,3% degli ucraini ha un atteggiamento abbastanza (20,2%) o per lo più (48,1%) positivo nei suoi confronti rispetto al 18,4% che ha un atteggiamento per lo più (16,3%) o abbastanza (2,1%) negativo. Per quanto riguarda il secondo, solo il 29% degli ucraini ha un atteggiamento abbastanza (8,1%) o prevalentemente (20,9%) positivo rispetto al 62,8% che ne ha uno prevalentemente (35,7%) o abbastanza (27,1%) negativo.

La differenza tra le categorie canadese, americana, turca, ungherese e polacca è del 90,4%, 67,1%, 49,9%, 33,8% e 26,3%, e tutte, tranne quella ungherese, hanno opinioni più positive che negative. Un altro aspetto interessante è che il divario tra queste due categorie si è ridotto significativamente rispetto alla Polonia tra i periodi di maggio-giugno 20223 , agosto 2023, gennaio 2024 e marzo 2024, quando il Centro Razumkov ha condotto le quattro indagini finora svolte.

Nell’ordine in cui sono state menzionate, le differenze sono state del 91,8%, 89,7%, 75% e infine 26,3%. Il periodo maggio-giugno 2023 ha preceduto la disputa polacco-ucraina sul grano, l’agosto 2023 è stato un mese prima del culmine di settembre , il gennaio 2024 è stato il primo mese del governo di coalizione liberal-globalista del primo ministro Donald Tusk, mentre il marzo 2024 è stato un quarto di anno dopo. Ciò suggerisce che i primi blocchi degli agricoltori hanno avuto solo un effetto minimo sulla percezione degli ucraini all’inizio.

Solo dopo l’ultima tornata di blocchi, che ha incluso filmati drammatici di agricoltori che scaricano il grano ucraino, l’opinione pubblica ha iniziato a cambiare in modo decisivo, al punto che la differenza tra opinioni positive e negative si è ridotta di quasi due terzi in soli due mesi. Questo rappresenta il più grande cambiamento di gran lunga registrato tra i 16 Paesi su cui gli ucraini sono stati chiamati a condividere le loro opinioni agli intervalli precedentemente menzionati.

È importante che i lettori ricordino che la causa principale della controversia polacco-ucraina, che sta avvelenando le percezioni reciproche, è la proprietà a maggioranza straniera dell’agricoltura industriale ucraina, su cui il presidente polacco Andrzej Duda ha richiamato l’attenzione in una recente intervista analizzata quiInoltre, a molti potrebbe essere sfuggita la campagna d’informazione dell’Ucraina contro la Polonia, an alizzataqui, che ha tentato di diffamarla come una società infiltrata dalla Russia il cui governo è corrotto dal Cremlino.

Dal punto di vista degli ucraini, la riluttanza di Tusk a usare la forza contro i contadini per riaprire il confine e il sostegno del suo governo alla riduzione delle importazioni agricole ucraine (entrambi guidati da considerazioni di politica interna) hanno dato (falso) credito alla percezione di cui sopra. Questi sviluppi, insieme ai drammatici filmati dei contadini che scaricano il grano ucraino, hanno contribuito più di ogni altra cosa al notevole cambiamento di atteggiamento degli ucraini nei confronti della Polonia negli ultimi mesi.

Avevano grandi speranze che la flessione dei legami bilaterali registrata l’anno scorso sotto il precedente governo conservatore-nazionalista sarebbe stata invertita da quello liberale-globalista di Tusk, solo per finire profondamente delusi dopo che quest’ultimo ha ceduto alle pressioni politiche interne. È improbabile che Tusk cambi presto posizione dopo che i conservatori-nazionalisti hanno ottenuto la maggioranza alle elezioni locali di questo mese, a meno che le pressioni straniere per la riapertura forzata del confine non diventino insopportabili.

Anche se ciò dovesse accadere, non è chiaro se ciò modificherebbe positivamente l’atteggiamento ucraino nei confronti della Polonia. Negli ultimi mesi tra le società dei due Paesi è già corso molto sangue cattivo, che non sarà facilmente dimenticato. In effetti, ciò potrebbe persino indurre i polacchi conservatori-nazionalisti a mettere in atto manifestazioni pubbliche anti-ucraine che vadano oltre lo scarico del grano del Paese, tra cui l’organizzazione di marce nazionali contro Tusk con il pretesto che è il burattino di Zelensky.

Dopo tutto, la fatidica decisione di usare la forza per disperdere i contadini che stanno bloccando il confine sarebbe stata presa allo scopo di facilitare gli aiuti militari all’Ucraina, dimostrando così che preferirebbe ordinare allo Stato di danneggiare i suoi connazionali piuttosto che rischiare che l’Ucraina sia costretta a scendere a compromessi con la Russia. Tuttavia, se la disputa polacco-ucraina sul grano, causata dalla proprietà a maggioranza straniera dell’agricoltura industriale della prima, non verrà presto risolta, la percezione reciproca potrebbe peggiorare senza precedenti.

La restituzione da parte dell’Armenia di quattro villaggi occupati dagli azeri è stata una piacevole sorpresa

Fino a questo sviluppo impressionantemente pragmatico, sembrava che l’Armenia fosse disposta a entrare in guerra per questi villaggi occupati illegalmente, dopo essere stata incoraggiata dalle promesse di sostegno dell’Occidente, ma ora sembra che stia iniziando a essere un po’ più saggia.

Durante l’ottavo round di colloqui con l’Azerbaigian, l’Armenia ha accettato di restituire al suo vicino quattro villaggi occupati. Questa è stata una piacevole sorpresa, poiché suggerisce che l’Armenia sta finalmente iniziando a rendersi conto che non vale la pena di perpetuare il suo controllo illegale sulle terre azere. Fino a questo sviluppo, straordinariamente pragmatico, sembrava che l’Armenia fosse disposta a entrare in guerra per questi villaggi occupati illegalmente, dopo essere stata incoraggiata dalle promesse di sostegno dell ‘Occidente , ma ora sembra che stia iniziando a ragionare un po’.

L’Occidente vuole trasformare l’Armenia nel suo bastione d’influenza per dividere e governare la regione, cosa che il Primo Ministro Pashinyan aveva finora volontariamente accettato di fare per fare contemporaneamente un dispetto all’Azerbaigian e alla Russia, quest’ultima incolpata della sconfittadel suo Paese nel conflitto del Karabakh. Questa politica miope rischiava di portare l’Armenia più in rovina di quanto già non fosse, inoltre le catene di approvvigionamento militare occidentali da cui dipenderebbe in caso di un’altra guerra sono molto inaffidabili.

È stato probabilmente a causa di una sobria valutazione di questi rischi strategici di alto livello, da tempo attesi, che Pashinyan ha infine ceduto e ha deciso di restituire i quattro villaggi occupati all’Azerbaigian, dopo aver capito che non valeva la pena di provocare un altro conflitto su di essi con conseguenze prevedibilmente disastrose. Questo non significa che non voglia più che l’Armenia diventi il bastione d’influenza dell’Occidente nella regione, ma solo che, a quanto pare, dopo essersi mosso con tanta rapidità a partire dallo scorso settembre, sta avendo paura.

Se i colloqui bilaterali proseguono e il confine viene delimitato completamente, non esisterebbe alcun pretesto plausibile che l’Occidente possa sfruttare per dividere e governare la regione attraverso l’Armenia. Il Paese senza sbocco sul mare potrebbe ancora ostacolare i progetti di integrazione regionale a scapito della propria economia solo per compiacere i suoi padroni stranieri, ma probabilmente si potrebbe escludere un’altra guerra per rivendicazioni territoriali. Tuttavia, le infrastrutture militari e le truppe occidentali potrebbero ancora spiare la regione, come la Russia ha avvertito il mese scorso.

Nel caso in cui le tensioni tra Armenia e Azerbaigian diminuissero grazie al completamento del processo di delimitazione dei confini, ma l’Occidente continuasse a fare dell’Armenia il suo bastione regionale, ilfuturodel Paese nella CSTO rimarrebbe incerto . Il Ministro degli Esteri russo Lavrov ha dichiarato venerdì che la Russia considera ancora l’Armenia un alleato e che la CSTO potrebbe proteggere i suoi confini una volta definiti ufficialmente, ma le ONG occidentali e la diaspora armena iper-nazionalista hanno già intaccato i legami sociali.

Hanno fatto il lavaggio del cervello a molte persone, spingendole a incolpare la Russia per la sconfitta dell’Armenia nel conflitto del Karabakh, anche se Mosca non aveva alcun obbligo di difendere militarmente l’occupazione, durata tre decenni, da parte del loro Paese di un territorio azero universalmente riconosciuto, che persino Erevan stessa ha riconosciuto essere di Baku. Inoltre, li hanno ingannati facendogli credere che la loro economia potrebbe sopravvivere senza l’accesso alla Russia, il che non è vero. Un’altra fake news è che la Russia ha permesso all’Azerbaigian di “ripulire etnicamente” il Karabakh.

Queste percezioni, unite a quella generale che sostiene che l’Armenia sia stata in precedenza costretta a diventare vassalla della Russia, hanno fatto sì che molti si schierassero contro il partner tradizionale del Paese, spiegando così perché non ci sono state molte spinte contro i piani di Pashinyan di orientarsi verso l’Occidente. Allo stesso tempo, però, quest’ultimo sviluppo impressionantemente pragmatico, con cui l’Armenia ha restituito all’Azerbaigian quattro villaggi occupati, lascia intendere che alla fine potrebbe cercare di riparare i legami anche con la Russia.

Per essere chiari, ha già danneggiato le relazioni bilaterali con le sue mosse unilaterali e le dichiarazioni provocatorie dei funzionari al potere, tanto da creare inavvertitamente il pretesto per le ONG occidentali e la diaspora iper-nazionalista di orchestrare una Rivoluzione Colorata se dovesse invertire la rotta. Questi due soggetti, che lavorano fianco a fianco sotto la guida dei servizi segreti americani e francesi, potrebbero affermare che egli si sta “trasformando in una marionetta russa” per far arrabbiare la popolazione.

Proprio come l’Occidente ha cercato di destabilizzare la Georgia con questo falso pretesto, riprendendo di recente iltentativofallito della scorsa primavera solo pochi giorni fa, anche in Armenia potrebbe accadere qualcosa di simile se Pashinyan tentasse di riequilibrare le relazioni con la Russia e l’Occidente invece di fare perno su quest’ultimo. È troppo presto per prevedere con un alto grado di sicurezza se ciò avrà successo, ma non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che gli Stati Uniti cercheranno di preservare la loro ritrovata influenza nel Paese con le buone o con le cattive.

Allo stato attuale, gli Stati Uniti non sono troppo interessati a intensificare la guerra per procura NATO-Russia in Ucraina per ragioni elettorali interne, ma alcuni attori la pensano diversamente. Si tratta di falchi politici anti-russi, di paesi regionali come Lituania e Polonia, e dei loro partner non statali, come gli estremisti bielorussi antigovernativi con sede all’estero.

Il capo del KGB bielorusso, Ivan Tertel, ha rivelato giovedì durante un discorso all’Assemblea popolare bielorussa che il suo servizio e “colleghi di altre strutture di sicurezza” hanno recentemente contrastato un piano degli estremisti antigovernativi con sede in Lituania per lanciare attacchi con droni contro la capitale Minsk. e altri siti critici. Non ha condiviso altri dettagli, ma la sua affermazione è in linea con lo spirito di ciò da cui la Bielorussia aveva precedentemente messo in guardia. Ecco alcuni briefing di base a riguardo dell’anno scorso:

* 25 maggio 2023: “ La NATO potrebbe considerare la Bielorussia un ‘frutto a portata di mano’ durante l’imminente controffensiva di Kiev ”

* 1 giugno 2023: “ Lo Stato dell’Unione si aspetta che la guerra per procura NATO-Russia si espanda ”

* 14 giugno 2023: “ Lukashenko ha lasciato intendere con forza che si aspetta incursioni per procura simili a quelle di Belgorod contro la Bielorussia ”

* 14 dicembre 2023: ” La Bielorussia si sta preparando alle incursioni terroristiche simili a Belgorod dalla Polonia ”

* 19 febbraio 2024: “ L’opposizione bielorussa con sede all’estero, sostenuta dall’Occidente, sta progettando revisioni territoriali ”

* 21 febbraio 2024: “ L’Occidente sta complottando una provocazione sotto falsa bandiera in Polonia per incolpare Russia e Bielorussia? ”

Questi timori circolano fin dall’inizio della fallita controffensiva ucraina la scorsa estate, ma probabilmente non si sono ancora concretizzati a causa delle azioni preventive dei servizi di sicurezza. Allo stato attuale, gli Stati Uniti non sono troppo interessati ad intensificare il conflitto NATO-Russia guerra per procura in Ucraina per ragioni elettorali interne, ma alcuni attori la pensano diversamente. Si tratta di falchi politici anti-russi, di paesi regionali come Lituania e Polonia , e dei loro partner non statali, come gli estremisti bielorussi antigovernativi con sede all’estero.

I primi due hanno interessi ideologici in questo scenario, i secondi vogliono anche aumentare il loro prestigio nella NATO attraverso il loro ruolo di “Stati in prima linea”, mentre i secondi hanno ragioni ideologiche ma anche personali per voler rovesciare il loro governo. Questi interessi convergono nel mantenere vivo il rischio che quest’ultimo effettui attacchi con droni contro la Bielorussia, alleata della Russia nella CSTO, dal territorio della NATO con l’approvazione dei suoi vicini a fini di escalation e con un occhiolino da parte dei falchi anti-russi degli Stati Uniti.

La scala dell’escalation può sempre essere difficile da controllare, motivo per cui è meglio non iniziare a scalarla, soprattutto se sono gli attori non statali a iniziare a farlo. Ciò che essenzialmente accade è che questi tre attori sopra menzionati, che possono essere collettivamente descritti come gruppi di interesse in mancanza di un termine migliore, stanno tentando di sovvertire la politica relativamente più cauta degli Stati Uniti provocando una situazione di stallo con la Russia tramite attacchi di droni contro la Bielorussia. Una grave escalation potrebbe quindi verificarsi a causa di un errore di calcolo.

Il punto è quello di innescare una reazione cinetica che potrebbe poi essere interpretata come “un attacco immotivato contro la NATO” per spingere gli Stati Uniti ad intensificare la propria azione sulla base dell’Articolo 5. Naturalmente, c’è anche la possibilità che una “ bellissima produzione teatrale ” potrebbe avvenire sulla falsariga di ciò che un membro della Duma ritiene sia accaduto con la ritorsione dell’Iran contro Israele, ma ciò non può essere dato per scontato. Dopotutto, gli Stati Uniti sarebbero costretti a rispondere se la Russia o la Bielorussia reagissero in qualsiasi modo contro la NATO.

Allo stesso tempo, la Russia potrebbe consigliare alla Bielorussia di non reagire se gli attacchi dei droni dalla Lituania non causassero molti danni, simile nello spirito a come l’Iran ha scelto di non reagire dopo la debole risposta di Israele al suo attacco. La Bielorussia, tuttavia, potrebbe non ascoltare, poiché è ancora un paese sovrano con controllo indipendente delle proprie forze armate. Il presidente Alexander Lukashenko potrebbe pensare che gli estremisti antigovernativi residenti all’estero abbiano screditato la sua autorità e che lui possa “salvare la faccia” solo rispondendo in qualche modo.

Lo scenario migliore è che gli Stati Uniti tengano a freno le sue fazioni aggressive, gli alleati regionali e i loro partner non statali, ma i precedenti suggeriscono che non sarà così. Per questo motivo, il rischio reale di un grave conflitto dovuto ad errori di calcolo persisterà finché i partner non statali continueranno a mantenere il possesso di munizioni a lungo raggio come i droni con l’approvazione dei vicini della Bielorussia e l’occhiolino dei falchi degli Stati Uniti. . Stando così le cose, tutti dovrebbero prepararsi ad alcune spiacevoli sorprese nel prossimo futuro.

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I “quattordici punti” russi del 2009 per la sicurezza europea: Perché la proposta è stata respinta?_di Vladislav B. Sotirović

I “quattordici punti” russi del 2009 per la sicurezza europea:
Perché la proposta è stata respinta?

Nel 2009, il Presidente russo Medvedev (Presidente dal 7 maggio 2008 al 7 maggio 2012) ha chiesto una nuova politica di sicurezza europea, nota come “Quattordici punti”, come un nuovo trattato di sicurezza da accettare per mantenere la sicurezza europea come la capacità degli Stati e delle società di mantenere la loro identità indipendente e la loro integrità funzionale (questa bozza russa di trattato di sicurezza europea è stata originariamente pubblicata sul sito web del Presidente il 29 novembre 2009). La proposta di trattato è stata trasmessa ai leader degli Stati euro-atlantici e ai capi esecutivi delle organizzazioni internazionali competenti come la NATO, l’UE, l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e l’Organizzazione per la Cooperazione alla Sicurezza in Europa (OSCE). In questa proposta, la Russia ha sottolineato di essere aperta a qualsiasi proposta democratica riguardante la sicurezza continentale e di contare su una risposta positiva da parte dei partner russi (occidentali).

Tuttavia, non sorprende che l’appello di D. Medvedev per un nuovo quadro di sicurezza europeo (basato sul rispetto reciproco e sulla parità di diritti) sia stato interpretato, soprattutto negli Stati Uniti, alla maniera della Guerra Fredda 1.0, ovvero come un complotto per allontanare l’Europa dal suo partner strategico (gli Stati Uniti). Tuttavia, questo programma, sotto forma di proposta, è stata l’iniziativa più significativa in materia di IR da parte della Russia dopo la destituzione dell’URSS nel 1991. Dal punto di vista attuale, questa proposta avrebbe potuto salvare l’integrità territoriale ucraina, ma è stata respinta principalmente a causa dell’atteggiamento russofobico di Washington.

In effetti, Mosca dal 1991, e in particolare dal 2000, considera la NATO come un residuo della Guerra Fredda 1.0 e l’UE non più come un mercato economico-finanziario comune con molte pratiche di gestione delle crisi. Tuttavia, i “Quattordici punti” di Medvedev del 2009 sono stati annunciati il 29 novembre 2009, quando la Russia ha pubblicato una bozza di Trattato di sicurezza europea. Il programma di Medvedev assomiglia a quello redatto dal presidente statunitense Woodrow Wilson (pubblicato l’8 gennaio 1918), che aveva emancipato gli obiettivi di pace nei suoi ben noti “Quattordici punti”. Questi due programmi hanno due cose in comune: 1) entrambi i documenti sostengono il multilateralismo nell’area della sicurezza e la devozione al diritto internazionale; 2) sono molto idealistici in termini di strumenti necessari per la loro attuazione.

La proposta russa del 2009 si basa sulle norme esistenti del diritto internazionale della sicurezza secondo la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione sui principi del diritto internazionale (1970) e l’Atto finale di Helsinki della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (1975), seguito dalla Dichiarazione di Manila sulla risoluzione pacifica delle controversie internazionali (1982) e dalla Carta per la sicurezza europea (1999).

La proposta russa del 2009 sulla sicurezza europea (dieci anni dopo il bombardamento della Jugoslavia da parte della NATO) può essere riassunta nei seguenti sei punti:

1) Le Parti devono cooperare sulla base dei principi di sicurezza indivisibile, equa e senza attenuanti;
2) Una Parte del Trattato non deve intraprendere, partecipare o sostenere azioni o attività significativamente dannose per la sicurezza di qualsiasi altra Parte o Parti del Trattato;
3) Una Parte del Trattato che sia membro di alleanze, coalizioni o organizzazioni militari si adopererà per garantire che tali alleanze, coalizioni o organizzazioni osservino i principi della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione dei principi del diritto internazionale, dell’Atto finale di Helsinki, della Carta per la sicurezza europea e di alcuni documenti adottati dall’OSCE;
4) Una Parte del Trattato non consentirà l’uso del proprio territorio e non utilizzerà il territorio di un’altra Parte per preparare o eseguire un attacco armato contro un’altra o più Parti del Trattato o qualsiasi altra azione che influisca significativamente sulla sicurezza di un’altra o più Parti del Trattato;
5) Viene stabilito un chiaro meccanismo per affrontare le questioni relative alla sostanza del presente trattato e per risolvere le differenze o le controversie che potrebbero sorgere tra le parti in relazione alla sua interpretazione o applicazione;
6) il trattato sarà aperto alla firma di tutti gli Stati dello spazio euro-atlantico ed euroasiatico, seguiti da diverse organizzazioni internazionali: l’UE, l’OSCE, la CSTO, la NATO e la CSI.
La Russia, infatti, ha inteso il trattato come una riaffermazione dei principi che guidano le relazioni di sicurezza tra gli Stati, ma soprattutto il rispetto dell’indipendenza, dell’integrità territoriale, della sovranità all’interno dei confini degli Stati nazionali e la politica di non usare la forza o la minaccia di usarla in IR. In realtà, la questione della sicurezza in Europa è diventata un’agenda strategica per la Russia a partire dal 2000. Durante tutta la sua storia post-sovietica, la Russia si è sentita molto a disagio perché messa ai margini del processo di creazione di un nuovo ordine di sicurezza in Europa (gestito dagli Stati Uniti e dalla NATO) basato sull’allargamento della NATO verso i confini della Russia.

Va ricordato che all’epoca Mosca propose a Washington e Bruxelles tre condizioni che, se accettate dalla NATO, avrebbero potuto rendere l’allargamento accettabile per la Russia:

1) Il divieto di stazionare armi nucleari sul territorio dei nuovi membri della NATO;
2) 2) L’obbligo di un processo decisionale congiunto tra la NATO e la Russia su qualsiasi questione di sicurezza europea, in particolare quando è coinvolto l’uso della forza militare.
3) la codifica di queste e altre restrizioni alla NATO e ai diritti della Russia in un trattato giuridicamente vincolante.
Tuttavia, nessuna di queste condizioni proposte per la cooperazione tra NATO e Russia in materia di sicurezza in Europa è stata accettata.

Dopo questo fallimento, una nuova dottrina militare della Federazione Russa del 2010 ha accettato la realtà che l’architettura di sicurezza internazionale esistente, compreso il suo meccanismo legale, non fornisce una sicurezza uguale per tutti gli Stati (un fenomeno della cosiddetta “sicurezza asimmetrica”). La stessa dottrina ha sottolineato chiaramente che le ambizioni della NATO di diventare un attore globale supremo e di espandere la sua presenza militare verso i confini della Russia sono diventate una minaccia militare esterna focale per la Russia. Sicuramente, a partire dal 2010, è apparso chiaro a Mosca che la NATO non ha accettato la proposta russa di creare un quadro di sicurezza comune europeo funzionante in base al principio di relazioni “simmetriche” che includano alcuni doveri e diritti uguali per entrambe le parti.

Tuttavia, il momento in cui Mosca ha proposto una nuova iniziativa di sicurezza era molto appropriato per la questione del declino del potere sia soft che hard del Collettivo Occidentale (USA/UE/NATO) a seguito della seconda guerra contro l’Iraq e del crollo economico globale. Dopo i disastri dell’Iraq, di Guantanamo e di Abu Ghraib, Washington e i suoi alleati occidentali hanno perso ogni credibilità morale e l’autorità per rivendicare una leadership globale. Inoltre, il sostegno occidentale all’aggressione georgiana e al regime corrotto di Mikheil Saakashvili ha rivelato ancora una volta il disprezzo atlantista per la democrazia e la giustizia reali. Contemporaneamente, la crisi economica e finanziaria globale ha sancito la fine della finzione neoliberista della globalizzazione, confermando allo stesso tempo l’incapacità occidentale di regolare la finanza globale. Di conseguenza, la IR unipolare attorno all’Occidente collettivo ha cessato di plasmare e dirigere sia la geopolitica che la geoeconomia globali.

La proposta russa (in realtà del Presidente Dmitry Medvedev) di un nuovo accordo di sicurezza con la NATO ha rappresentato un serio banco di prova dell’onestà dell’Occidente collettivo nei confronti della Russia. Semplicemente, la proposta chiedeva un nuovo trattato che implementasse le dichiarazioni già accettate dalla fine della Guerra Fredda 1.0, secondo cui l’Occidente e la Russia sono amici, la sicurezza è indivisibile e la sicurezza di nessuno può essere rafforzata a spese di altri. In sostanza, il nuovo trattato di sicurezza dovrebbe essere fondato su un sistema multilaterale, piuttosto che su un sistema basato sull’egemonia o sul bipolarismo. Alla base della proposta c’era il rifiuto di un ruolo egemonico per gli Stati Uniti. Tuttavia, la domanda cruciale era: Gli Stati Uniti vogliono partecipare agli sforzi multilaterali per affrontare le sfide della sicurezza europea e globale? Tuttavia, ben presto è diventato chiaro che l’agenda russa per un nuovo concetto di sicurezza europea è stata vista dai politici occidentali come un tentativo di minare la NATO e la sua politica espansionistica verso est. In altre parole, la proposta del Presidente D. Medvedev per il nuovo disegno di sicurezza in Europa è stata intesa dagli occidentali come una perfida intenzione di cambiare i termini del dibattito sul futuro del sistema di sicurezza europeo senza la partecipazione della NATO alla direzione del nuovo organismo che include la Russia come membro fondatore e, quindi, come pilastro di un nuovo quadro di sicurezza del Vecchio Continente. Pertanto, la sua proposta, in quanto tale, era inaccettabile per il Collettivo Occidentale.

Va sottolineato che il passo più difficile nel riavvicinamento tra le agende di sicurezza russe e quelle europee occidentali, in competizione tra loro, dopo la Guerra Fredda 1.0, è stato ed è tuttora l’atteggiamento politicizzato della parte filo-occidentale dell’Europa (UE/NATO) secondo cui la Russia rappresenta un pericolo per la sicurezza del continente. Tuttavia, sul versante opposto, i timori della Russia per la sicurezza derivano principalmente almeno dalla politica di allargamento della NATO verso est, se non dalla questione dell’esistenza della NATO dopo il 1991 in generale.

In fondo, sembra che il problema centrale non fosse il mantenimento dello status quo in termini di quadro di sicurezza europeo, ma il nuovo sistema di sicurezza. In altre parole:

1) Dovrebbe essere una struttura centrata sulla NATO (come lo è stata dal 1991)? In questo caso, la NATO sarà trasformata in un forum di consultazione su questioni di sicurezza sia europee che globali; oppure
2) Dovrebbe essere un nuovo quadro istituzionale fondato su un trattato giuridicamente inquadrato che garantisca l’uguaglianza e l’indivisibilità della sicurezza di tutti i soggetti politici (Stati)?
Il programma di sicurezza russo “in quattordici punti” del 2009 rappresentava all’epoca la prima iniziativa positiva di politica estera da parte di Mosca dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. L’iniziativa di D. Medvedev aveva sia un reale significato geopolitico sia molte caratteristiche diplomatiche simboliche. Il valore cruciale dell’iniziativa era che:

1) ha sostenuto la formazione di un nuovo quadro di sicurezza europeo fondato sui principi nuovi e democratici dell’indivisibilità della sicurezza internazionale e dell’inclusione di tutti gli attori interessati e rilevanti; e
2) gli obiettivi principali dell’iniziativa erano il potenziamento del sistema di sicurezza europeo già esistente (ma inefficace) e la sua espansione nella regione dell’Asia-Pacifico al fine di creare un’area di sicurezza comune dall’Alaska alla Siberia.
Era tuttavia ovvio che la creazione di un tale sistema di sicurezza avrebbe preservato principalmente gli interessi nazionali russi in entrambe le regioni, in primo luogo in Europa ma anche in Asia-Pacifico. Inoltre, la proposta aprirà la strada all’integrazione di una Cina in ascesa e di altri Paesi asiatici in una complessa rete del quadro di sicurezza europeo. Tuttavia, la proposta è stata respinta in nome di un’ulteriore espansione della NATO verso est che, agli occhi di molti occidentali, è stato l’errore più fatale della politica statunitense durante l’intero periodo dell’era post-Guerra Fredda 1.0. Tale politica della NATO, infatti, è stata in grado di creare un’ulteriore rete di sicurezza per l’Europa, ma anche per l’Asia-Pacifico.

Tale politica della NATO, infatti, ha infiammato i sentimenti nazionalistici, anti-occidentali e militaristici in Russia, e ha infine ripristinato la politica della Guerra Fredda 1.0 nella Guerra Fredda 2.0 (una rinnovata competizione per la sicurezza tra Est e Ovest in Europa), tenendo conto del fatto che in Russia esiste la forte convinzione, basata sulle testimonianze di Mikhail Gorbaciov, Evgenii Primakov e altri politici russi più influenti, che Washington abbia violato l’impegno di non espandere la NATO come precondizione per la riunificazione tedesca nel 1989-1990.

Dr. Vladislav B. Sotirović
Ex professore universitario
Vilnius, Lituania
Ricercatore presso il Centro di Studi Geostrategici
Belgrado, Serbia
www.geostrategy.rs
sotirovic1967@gmail.com
© Vladislav B. Sotirović 2024
Disclaimer personale: l’autore scrive per questa pubblicazione a titolo privato e non rappresenta nessuno o nessuna organizzazione, se non le sue opinioni personali. Nulla di quanto scritto dall’autore deve essere confuso con le opinioni editoriali o le posizioni ufficiali di altri media o istituzioni.

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Ucraina: Una guida per i più curiosi, di AURELIEN

Ucraina: Una guida per i più curiosi

La prima parte, intanto. La prossima settimana la seconda.

Questo sito ha ufficialmente superato i 6000 “follower”, che comprendono sia gli abbonati sia coloro che mi “seguono” sull’applicazione Substack. È un risultato molto gratificante e vorrei ringraziare in particolare tutti coloro che hanno riproposto o condiviso i miei post. Per questo vi ricordo che, anche se questi saggi saranno sempre gratuiti, potete continuare a sostenere il mio lavoro mettendo like, commentando e, soprattutto, trasmettendo i saggi ad altri e inviando i link ad altri siti che frequentate. Ho anche creato una pagina Buy Me A Coffee, che potete trovare qui.☕️

E grazie ancora a coloro che continuano a fornire traduzioni. Leversioni in spagnolo sono disponibili qui, e alcune versioni italiane dei miei saggi sono disponibili qui. Marco Zeloni sta pubblicando anche alcune traduzioni in italiano e ha creato un sito web dedicato a queste traduzioniGrazie infine a chi pubblica occasionalmente traduzioni in altre lingue. Sono sempre felice che ciò avvenga: vi chiedo solo di comunicarmelo in anticipo e di fornire un riconoscimento.

Se siete stati osservatori ragionevolmente coscienziosi della crisi in Ucraina dal 2021, negli ultimi tempi avrete trovato sempre più difficile dare un senso a ciò che sta accadendo, o che si suppone stia accadendo, nel Paese e nelle sue vicinanze. Anche quando sembra che le dichiarazioni del governo e i pronunciamenti autorevoli degli opinionisti siano effettivamente accurati, non sembrano necessariamente avere molto senso. Date le affermazioni spesso contrastanti dei diversi governi, le dichiarazioni speciali dei diversi opinionisti e la totale incapacità dei presunti “esperti” di vario tipo di comprendere ciò che stanno vedendo, a volte sembra impossibile farsi un’idea di ciò che sta realmente accadendo e di ciò che potrebbe accadere in seguito.

Questo saggio è un modesto tentativo di dissipare un po’ di questa confusione: non entrando in discussioni su particolari eventi passati o possibilità future, e ancor meno polemizzando sulle origini e sull’andamento della guerra, ma applicando alcune semplici analisi di buon senso basate sulla logica di come le crisi politiche e militari si sono storicamente svolte e alla fine risolte. Parte di ciò che segue è già stato trattato in saggi precedenti, ma ho ritenuto comunque utile cercare di riunire tutto ora. Data la complessità della situazione, tuttavia, ho diviso questo resoconto in due parti. Questa settimana mi occuperò solo delle questioni a breve termine relative alla cessazione dei combattimenti, che sono di per sé un po’ più complesse di quanto si possa pensare a prima vista.

Credo che sia particolarmente importante scriverlo ora, perché probabilmente non c’è mai stato un momento della crisi in cui si è registrata una differenza così sostanziale tra il modo in cui le cose vengono presentate dai media e dalla leadership politica occidentale e quello in cui le cose sono note sul campo. Questo è almeno tanto il risultato dell’ignoranza e della pura incapacità intellettuale quanto della deliberata mendacità, ma il risultato è una sorta di groupthink in cui solo gli opinionisti o i politici più coraggiosi sono pronti a dire a denti stretti che “l’Ucraina non sarà in grado di recuperare tutto il territorio che ha perso”. È quindi particolarmente importante ora concentrarsi su come stanno le cose e su come è probabile che si sviluppino.

Quindi, qui non troverete né storie di soldati russi in preda al panico che gettano via i loro badili e disertano in massa, né resoconti di stabilimenti di ricerca sulla guerra biologica top-secret comandati da generali canadesi sotto Mariupol. La Russia non sta per crollare, né sta per scoppiare la Terza Guerra Mondiale. Facciamo un respiro profondo e ripercorriamo logicamente le possibili sequenze di eventi, partendo da dove siamo, basandoci su cose che potrebbero realmente accadere e ispirandoci a ciò che è accaduto in passato e a ciò che è politicamente e militarmente possibile oggi. A rigor di logica, quindi, iniziamo da dove siamo ora – e dove, esattamente? Come spesso accade, è utile scomporre queste domande in parti più piccole.

Qual è la situazione sul campo? Le Forze Armate Ucraine (UAF) sono state completamente sconfitte, e con questo non intendo semplicemente dire che ora non possono “vincere” (come alcuni dei commentatori occidentali più coraggiosi hanno iniziato ad ammettere), ma che presto cesseranno di esistere come forza combattente coerente. Vediamo di capire meglio. “Vincere” può significare molte cose. Poiché i russi stanno combattendo una guerra di logoramento e poiché i loro obiettivi territoriali sono modesti, è altamente improbabile che le truppe russe vogliano penetrare in tutta l’Ucraina, se non in numero simbolico. Così, fingendo che la guerra sia stataeffettivamente una guerra di conquista territoriale, l’Ucraina e i suoi sostenitori occidentali potranno affermare che i russi hanno “perso” e, per (dubbia) estensione, che hanno “vinto”. È probabile che questa sia la risposta politica occidentale alla sconfitta, come ho sostenuto di recente.

Ma in questo caso, “vincere” per i russi significa raggiungere i criteri di vittoria annunciati, che includono la distruzione dell’UAF come forza combattente. Ora, è importante capire che stiamo parlando della distruzione di una capacità: Kiev non avrà più a disposizione forze organizzate in grado di svolgere compiti che potrebbero influenzare il corso della guerra. Questo non significa l’uccisione di ogni soldato dell’UAF o la distruzione di ogni singolo pezzo di equipaggiamento (e nella storia questo accade raramente, se non mai), ma significa che i russi distruggeranno l’UAF come istituzione militare funzionante e diretta a livello centrale. Rimarranno distaccamenti di truppe ed equipaggiamenti, e alcuni potranno anche essere descritti come “Brigate”, ma non saranno più in grado di agire come un insieme coerente. Finora sembra che l’UAF abbia conservato la capacità di condurre operazioni che coinvolgono un certo numero di Brigate e di mantenere una forma di comando centrale. Molto presto perderanno questa capacità e possiamo aspettarci che accadano due cose. Una è che le forze rimaste (e per ragioni politiche anche le formazioni di poche centinaia di uomini saranno probabilmente ancora chiamate “Brigate”) saranno semplicemente troppo deboli e mal equipaggiate per impedire ai russi di fare ciò che vogliono. L’altra è che la struttura di comando dell’UAF comincerà a crollare, e che non sarà più possibile per le alte sfere coordinare le operazioni.

Ma si noti che questo non ha nulla a che fare con il controllo del territorio. Infatti, dal punto di vista russo, più unità UAF vengono inviate a sostegno della linea del fronte per difendere il territorio, più velocemente verranno distrutte e più velocemente i russi raggiungeranno i loro obiettivi. L’analogia più utile (e il modo migliore per rispondere alla persistente domanda “perché i russi non hanno ancora vinto, se sono così forti?”) è pensare alle ultime fasi di una partita a scacchi. Immaginate che al giocatore più debole siano rimasti forse il Re e due pedoni, mentre il giocatore più forte ha due o tre volte più pezzi, tra cui la Regina ed entrambi gli Alfieri. A quel punto, come per l’UAF, il giocatore più debole non può letteralmente vincere e probabilmente è arrivato il momento di arrendersi. Altrimenti, la partita andrà avanti per un tempo variabile, a seconda della strategia adottata e dell’abilità del giocatore più debole, ma il risultato non sarà in dubbio.

Gli ucraini possono quindi fare qualcosa per impedirlo? Non proprio. In teoria, l’UAF potrebbe organizzare una ritirata, abbandonando l’est del Paese e cercando almeno di formare uno schermo intorno alle principali città dell’ovest. Gli esperti militari dubitano che questo sia possibile, e naturalmente qualsiasi ritirata sarebbe perseguita senza pietà dalla potenza aerea russa. Che ne sarà allora delle centinaia di migliaia di nuovi coscritti? Ebbene, che ne sarà di loro? A meno che non possano essere integrati in unità funzionanti, sotto comandanti capaci, dotati di armi che facciano la differenza e che rispondano agli ordini delle alte sfere, sono soprattutto una seccatura. Questa non è una guerra di fanteria: è una guerra in cui la fanteria muore molto rapidamente. È già chiaro che i russi stanno manovrando molto più liberamente con i veicoli corazzati, perché sanno che l’UAF è praticamente priva di armi con cui attaccarli. E che dire dell’attacco ai ponti e dell’uso dei droni? Questo significa fraintendere il livello a cui si sta conducendo la guerra e le dimensioni e la potenza delle forze russe. Anche queste sono solo seccature, in termini relativi.

L’Occidente può quindi fare qualcosa per impedirlo? Non proprio. Ricordiamo che l’intera strategia dell’Occidente si è basata fin dall’inizio sull’idea che la Russia fosse debole, che la campagna militare sarebbe rapidamente crollata e che presto ci sarebbe stato un nuovo governo a Mosca. Una vittoria militare ucraina, anche se senza dubbio gradita a molti (e fantasticata da alcuni) non è mai stata il punto. Era solo necessario che l’Ucraina continuasse a combattere fino al crollo della Russia. Ma ciò significa che, fin dall’inizio, le forniture di armi e munizioni e l’addestramento dei soldati di leva avevano come unico scopo quello di prolungare la guerra, non di vincerla. Quindi, anche se l’Occidente trasferisse all’Ucraina ogni pezzo di equipaggiamento rimasto e tutte le munizioni, e addestrasse ogni soldato di leva, la potenza militare non sarebbe sufficiente per fare qualcosa di più che rallentare i russi. (Sto parlando, ovviamente, del prossimo anno, non di un ipotetico futuro in cui l’Europa ricostituisca una capacità di guerra corazzata e invii migliaia di carri armati in Ucraina). L’anno scorso c’è stato un breve periodo di illusione in cui si è ipotizzato che la sola comparsa di mezzi occidentali con equipaggi addestrati dall’Occidente sarebbe stata sufficiente a far scappare i russi. Ora nessuno ci crede più, ovviamente, e di fatto l’Occidente si è praticamente arreso. È quindi meglio interpretare le affermazioni e le controaffermazioni sul fatto che non sono stati inviati abbastanza equipaggiamenti come l’inizio del gioco delle colpe che sarà portato avanti con ferocia anche dopo la fine dei combattimenti, piuttosto che come commenti seri sulla situazione attuale. In ogni caso, qualche pezzo di artiglieria o qualche munizione in più in questa fase è essenzialmente simbolica. Per darvi un’idea del perché, questo articolo di Wikipedia descrive alcune delle diverse organizzazioni di una batteria di artiglieria (in genere 6-8 cannoni), il suo personale (100-200 persone, spesso altamente addestrate) e tutte le attrezzature tecniche accessorie, oltre, naturalmente, a una costante fornitura di munizioni. E se per miracolo si riuscisse a fornire tutto questo, si avrebbe, per ripetere, una sola batteria.

E il personale occidentale? È una domanda che si articola in più parti, ma riflette anche l’incapacità dell’Occidente di comprendere le dimensioni e la violenza del conflitto in corso. Nessun numero plausibile di forze che l’Occidente potrebbe inviare, in qualsiasi veste, farebbe la differenza, in una situazione in cui i russi hanno forse 600.000 truppe direttamente impegnate nell’operazione (alcune delle quali nella stessa Russia) e altre centinaia di migliaia in riserva. Inoltre, l’Occidente non ha più la capacità di condurre una seria guerra corazzata, quindi qualsiasi intervento occidentale assomiglierebbe alle Brigate meccanizzate leggere improvvisate e addestrate dall’Occidente che hanno fallito in modo così spettacolare l’anno scorso. Ora, quasi certamente ci sono forze occidentali in Ucraina al momento, anche se non ho visto alcuna prova che siano in unità formate. Ci saranno consiglieri, addestratori, pianificatori e ufficiali di stato maggiore presso i quartieri generali, e probabilmente ci sono già da tempo. Non c’è nulla di insolito nella storia: le squadre di addestramento e di collegamento sono ampiamente impiegate da molti Paesi anche in tempo di pace, e durante la Guerra Fredda i “consiglieri” sovietici venivano sistematicamente impiegati per sostenere la parte che i sovietici stavano appoggiando. Questo non rende nessuno degli Stati invianti co-belligerante e non equivale a una dichiarazione di guerra. D’altra parte, nemmeno le perdite di questo personale equivalgono a una dichiarazione di guerra da parte dei russi. Inoltre, non sarei sorpreso di trovare sia ufficiali di collegamento dispiegati in avanti con le Brigate, sia truppe di ricognizione o delle Forze Speciali che si muovono discretamente intorno al fronte, cercando di capire cosa sta realmente accadendo, poiché è improbabile che l’Occidente creda a tutto ciò che gli ucraini raccontano. Un’altra possibilità, non di più, è che vi siano unità occidentali specializzate nella raccolta di informazioni tecniche dispiegate nella stessa Ucraina. Ovviamente, nulla di tutto ciò è di grande aiuto. Quindi cos’altro si potrebbe fare?

La prima opzione sarebbe quella di aumentare il numero di “consiglieri”, magari includendo operatori e manutentori di attrezzature, per consentire all’UAF di fare un uso adeguato delle attrezzature che ancora possiede. Secondo alcune voci (ma non ci sono prove concrete) questo starebbe già avvenendo. Ma naturalmente il numero di equipaggiamenti è ridotto e in diminuzione, così come la quantità di munizioni, per cui anche se si ricorresse a questa opzione, l’effetto sui combattimenti sarebbe al massimo marginale.

La seconda opzione, ora meno discussa, è una sorta di forza “mercenaria” composta da ex soldati della NATO. Non c’è alcuna indicazione che questa opzione sia seriamente perseguita, perché avrebbe un effetto pratico minimo, se non nullo. I mercenari (“mercs” nel vocabolario di coloro che amano atteggiarsi a esperti militari) non sono comunque così numerosi, dato che gli eserciti occidentali si sono radicalmente ridotti, e sembra che molti siano già stati in Ucraina, anche se un po’ meno sono tornati interi. Ma al giorno d’oggi ci sono molti lavori più attraenti e meglio retribuiti per gli ex soldati esperti, che forniscono cose come la protezione e la scorta dei VIP per i governi e le organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite. Ma in ogni caso, non siamo nell’Africa degli anni ’70 e ’80, dove piccole forze di soldati ben addestrati potevano sconfiggere gruppi di miliziani in scontri di fanteria di basso livello. Guardate di nuovo l’articolo su una batteria di artiglieria. Dove troverete un centinaio o più di mercenari, dal soldato semplice al maggiore, con le giuste specializzazioni, che conoscono l’equipaggiamento e parlano tutti la stessa lingua? E poi, dove si possono trovare equipaggi di carri armati mercenari e specialisti della manutenzione? Ma anche se fosse possibile, i numeri potenziali sono un errore di arrotondamento in una guerra di queste dimensioni.

Infine, che dire del dispiegamento di vere e proprie unità di combattimento occidentali? In primo luogo, l’idea che possano essere schierate operativamente in prima linea e che possano fare la differenza per il risultato è una fantasia. Ho già sottolineato in precedenza i problemi pratici del dispiegamento di forze occidentali su distanze così enormi. Allo stesso modo, è ben noto che la maggior parte degli eserciti occidentali sono sotto-forti, hanno un supporto logistico molto limitato, munizioni limitate e gravi problemi di disponibilità di equipaggiamento. Ma per molti versi i problemi sono più profondi. Gli alti comandanti degli eserciti occidentali, a livello di brigata e di divisione, non hanno mai combattuto una guerra convenzionale e, al massimo, hanno studiato tali guerre allo Staff College. Le loro carriere sono state fatte in Afghanistan, in missioni ONU e in operazioni a bassa intensità. Gli eserciti occidentali nel loro complesso non hanno una tradizione di guerra corazzata di massa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, né una tradizione di studio e addestramento in tal senso negli ultimi trentacinque anni. Nella maggior parte degli eserciti occidentali, le “Brigate” e ancor più le “Divisioni” sono organizzazioni essenzialmente amministrative, che raramente, se non mai, si addestrano insieme e che necessitano di riservisti e forse di unità prese in prestito da altri paesi per poter operare come una formazione.

Non esiste quindi un’esperienza istituzionale di combattimenti ad alta intensità su larga scala, né una memoria popolare istituzionale in merito. Tendiamo anche a dimenticare quanto violenti e mortali siano questi combattimenti: tutti ricordano le orribili perdite della Prima Guerra Mondiale, ma in realtà il periodo 1939-45 fu altrettanto mortale, anche sul fronte occidentale. Molti anni fa, durante la Guerra Fredda, ricordo di aver parlato con un giovane Maggiore appena uscito dallo Staff College che aveva visitato i campi di battaglia della Normandia ed era stato guidato da un veterano. Questo individuo raccontò, tra l’incredulità dei giovani ufficiali, come il suo battaglione avesse perso venti ufficiali e duecento uomini in poche ore di combattimento una mattina. Un tale tasso di perdite è impensabile in tempi moderni e significa che l’unità è stata distrutta e dovrà essere ritirata dallo schieramento.

Ma la situazione peggiora. Certo che c’è di peggio, perché questa non è la Seconda Guerra Mondiale, e nemmeno una delle Guerre del Golfo. È la prima guerra combattuta con armi veramente moderne, con un potere distruttivo senza pari e con una visibilità in tempo reale dell’intero campo di battaglia. In una certa misura gli ucraini avevano iniziato a conoscere questo tipo di guerra dopo il 2014, e i russi hanno dovuto imparare molto rapidamente nel 2022. Ma non c’è alcuna indicazione che l’Occidente comprenda davvero le lezioni tattiche e operative dell’Ucraina – ad esempio, che il principio militare della concentrazione delle forze diventa rapidamente pericoloso – se non come vaghe idee teoriche. Non esiste una dottrina, né una pianificazione per questo tipo di guerra. I più esperti di me danno a una Brigata occidentale forse mezz’ora di combattimento con le forze russe prima di essere spazzata via, probabilmente da forze avversarie che non possono nemmeno individuare. Un attacco missilistico al quartier generale di una brigata sarebbe sufficiente da solo a fare buona parte del danno.

Perché si parla di “escalation”? In realtà non ne ho idea. Come ho detto più volte, serve qualcosa con cui fare un’escalation e un luogo in cui farla. L’Occidente non ha né l’uno né l’altro. Ora è chiaro, credo, perché l’idea di un “coinvolgimento diretto” della NATO è essenzialmente priva di significato, e di certo non serve a tenere sveglio di notte lo Stato Maggiore russo. Naturalmente, sarebbe possibile architettare un conflitto apparente. Come ho discusso di recente, sarebbe possibile inviare una sorta di forza di blocco politicamente dimostrativa, magari a Odessa, per formare una barriera umana all’occupazione russa. Ho il forte sospetto che questa non sia una proposta reale, quanto piuttosto una fantasia politica, ma per quel che vale possiamo vedere brevemente cosa potrebbe comportare. Per esempio, si è parlato di inviare un distaccamento della Legione straniera francese, forse di 1.500 uomini, da qualche parte in Ucraina. Tuttavia, la Legione è una forza prevalentemente di fanteria, con un solo reggimento dotato di veicoli leggeri da combattimento su ruote. In altre parole, è probabilmente la forza meno adatta al combattimento effettivo con i russi che si possa immaginare. Il presupposto, tuttavia, sembra essere che, di fronte a una tale forza, i russi esiterebbero, per paura di… beh, ci stanno ancora lavorando. In pratica, qualsiasi forza così dispiegata potrebbe essere semplicemente circondata e ignorata dai russi, fino a quando non esaurisce cibo e provviste.

Quindi non stiamo andando verso la terza guerra mondiale? Essendo la stupidità politica, è probabilmente saggio non escludere nulla in modo definitivo. Ma come ho sottolineato, l’Occidente non ha di fatto nulla concui combattere la Terza Guerra Mondiale . Da parte loro, i russi sono stati abbastanza attenti finora a evitare di colpire deliberatamente le forze della NATO, e finché queste ultime resteranno fuori dai combattimenti diretti, probabilmente questa sarà ancora la loro politica. Dopo tutto, man mano che l’UAF diventa sempre più debole, l’assistenza della NATO diventa di conseguenza meno efficace. E no, non siamo nemmeno diretti verso l’uso di armi nucleari, a meno di qualche follia assolutamente imprevedibile. Come ho sostenuto subito dopo l’inizio della crisi, è importante abbandonare gli stereotipi culturali di generali pazzi e di escalation automatica che risalgono agli anni Cinquanta e Sessanta e le storie trafelate della crisi dei missili di Cuba. Gli Stati non si minacciano a vicenda con armi nucleari al giorno d’oggi, o in realtà non lo hanno mai fatto dalla fine degli anni ’60, quando sono stati dispiegati i primi sottomarini con missili balistici. Né siamo impotenti in un processo di escalation meccanica in stile 1914. Anzi, la situazione non potrebbe essere più diversa: nel 1914 erano già stati elaborati piani complicati e dettagliati e gli Stati sapevano chi stavano combattendo e dove. La mobilitazione e il dispiegamento avvennero quindi più o meno come previsto.

Cosa succede alla fine del combattimento? È una bella domanda, che non è stata discussa se non a livello di propaganda agonistica. Molto dipende da cosa si intende per “fine” e “combattimento” in una guerra come questa. Possiamo elencare le possibilità come segue, in ordine crescente di complessità e importanza, tenendo presente il detto di Clausewitz secondo cui in guerra tutto è semplice, ma anche la cosa più semplice è difficile. Nell’ordine, quindi:

  • Cessate il fuoco organizzate a livello locale.

  • Cessate il fuoco lungo parti o tutto il fronte.

  • Arrendersi da parte di singoli e piccoli gruppi.

  • Arrendersi da parte di unità formate al completo.

  • Un armistizio generale.

  • Un trattato bilaterale con l’Ucraina.

  • Un trattato multilaterale con i Paesi della NATO.

Ora, non c’è alcuna prova che l’Occidente stia pensando a nessuno dei punti di questo elenco, a parte una versione quasi esilarante e fantastica dell’ultimo, che prevede concessioni da parte dei russi alla NATO. Esaminiamo i primi cinque in ordine sparso, ricordando che le differenze sono importanti e che è fondamentale tenerle a mente nei prossimi mesi, man mano che le opzioni, o le varianti e i fraintendimenti di esse, vengono sballottate dai media. Gli ultimi due li tratterò la prossima settimana.

cessate il fuoconon sono altro che ciò che il nome suggerisce: pause temporanee nei combattimenti, di solito per consentire l’evacuazione, la fornitura di aiuti umanitari o qualcosa di simile. Potremmo arrivare a un punto in cui l’Ucraina, sostenuta probabilmente dall’Occidente, chiederà dei cessate il fuoco come modo per evitare l’inevitabile fine, e nella speranza che qualcosa (un colpo di stato a Mosca, un meteorite, chi lo sa?) salti fuori. Ma i cessate il fuoco tendono ad avere una durata molto breve (giorni o settimane al massimo) e sono generalmente concordati per uno scopo specifico. Sebbene non sia impossibile che ci sia un caso specifico, come l’evacuazione di Odessa, in cui questo potrebbe funzionare, è difficile capire perché i russi dovrebbero essere entusiasti dell’idea, e bisogna essere in due a mettersi d’accordo.

Alcuni arresti da parte di singoli e piccoli gruppi hanno già avuto luogo. Con l’aumento delle perdite dell’UAF e con la crescente separazione delle unità sopravvissute, le opportunità di arrendersi diventeranno maggiori. Ma ci sono anche dei problemi. Gran parte dei combattimenti si svolgono tra piccoli gruppi di sezioni o plotoni con pochi veicoli, ed è possibile che la parte che accetta la resa possa temere un’imboscata, così come le truppe che si arrendono potrebbero temere di cadere in un’imboscata. Ci sono prove che i russi abbiano stabilito e diffuso procedure per la resa, ma non è chiaro se queste siano state ricevute e comprese dall’UAF. La psicologia di base ci dice che in condizioni di grande stress, quando la vita è in pericolo, le persone vedono cose che non ci sono, e la paura e il sospetto reciproco spesso fanno il resto. È praticamente certo che alcune unità dell’UAF, comprese quelle nazionaliste estreme, cercheranno di usare le finte rese come tattica, sia per fuggire che per attaccare. A sua volta, questo significa che le unità russe potrebbero avere il grilletto facile e aprire il fuoco su coloro che vogliono veramente arrendersi. Questo è probabilmente il motivo per cui le rese non sono state più frequenti finora.

Un’opzione più probabile è che i russi chiedano a coloro che sono interessati ad arrendersi di riunirsi in un determinato momento e luogo, senza armi personali, probabilmente in un villaggio o in una piccola città recentemente conquistati. Sebbene questo richieda un certo grado di fiducia da entrambe le parti, più alto è il numero dei partecipanti, più alti sono gli ufficiali presenti e più organizzato è l’intero processo, più è probabile che funzioni. Poiché tali preparativi non possono essere tenuti segreti, potrebbero esserci tentativi dell’UAF di impedire la resa, prendendo di mira le proprie truppe. Questo potrebbe funzionare per piccoli numeri, ma più il gruppo è numeroso e meno sarà facile far passare un attacco di artiglieria, ad esempio, come un incidente.

La resa di un’unità completa, ad esempio una brigata, è più semplice in linea di principio, perché verrebbe negoziata tra comandanti di alto livello. Tuttavia, né i negoziati né gli ordini alle unità subordinate che potrebbero essere necessari potrebbero essere tenuti segreti, quindi le alte sfere dell’UAF sarebbero a conoscenza del piano e potrebbero cercare di impedirlo. Tali arrese sarebbero più probabili, quindi, quando una brigata fosse relativamente concentrata (in una città, per esempio) e tagliata fuori e circondata. A causa della natura attorale della guerra, però, è improbabile che ci siano arrese di massa di truppe circondate, come ci si aspetterebbe in una guerra di movimento e di manovra, e in effetti non è nemmeno chiaro se i russi stiano cercando di raggiungere questo obiettivo. Mentre preferirebbero ovviamente che l’UAF si arrendesse, piuttosto che combattere con perdite da entrambe le parti, fare un gran numero di prigionieri non sembra essere parte del loro concetto al momento. Tuttavia, vale la pena sottolineare che, alla fine dei combattimenti, avere un numero significativo di prigionieri dell’UAF potrebbe essere una leva negoziale molto preziosa per Mosca, quindi è possibile che i russi pongano maggiore enfasi su questo aspetto con il passare del tempo.

Questo ci porta alla questione dell’armistizio. A differenza del cessate il fuoco, l’armistizio è un accordo formale che stabilisce le condizioni e le modalità per la fine del conflitto tra le parti. Si noti che, così come un armistizio non è un cessate il fuoco, non è nemmeno un trattato di pace, e il contenuto sarebbe in gran parte o addirittura esclusivamente militare. Un buon esempio è l’Accordo di armistizio del 1918 (potete vedere il testo che fu effettivamente imposto ai tedeschi qui). L’intenzione abituale è che un armistizio sia seguito da un trattato di pace, ma non è sempre così: l’esempio coreano è l’eccezione più nota, ma lo stesso vale per tutti i Paesi che i tedeschi hanno invaso nel 1939-41. Fino alla negoziazione di un trattato di pace è tecnicamente ancora in corso un conflitto armato, e il testo dell’armistizio può dare alle parti il diritto di sospendere l’accordo e tornare in guerra in determinate circostanze.

Come l’accordo del 1918, con le sue 34 clausole, l’accordo di armistizio dovrà coprire un ampio spettro. Ma prima di entrare nei dettagli, vale la pena di fare un paio di considerazioni generali. In primo luogo, sebbene un armistizio sia vincolante, non è un trattato. Per molti versi, è meglio inteso come una messa per iscritto dei rapporti di forza alla fine dei combattimenti. È un documento temporaneo, in gran parte di natura tecnica, progettato per strutturare la fine della guerra e le sue immediate conseguenze. Le sue disposizioni in Ucraina rifletteranno (come nel 1918) un equilibrio di potere molto diseguale. Inoltre, si tratta di un documento militare, che deve essere certamente approvato dalla leadership politica, ma che non prevede la ratifica da parte del Parlamento. L’Ucraina non può portare la Russia davanti alla Corte internazionale di giustizia, sostenendo che ha violato qualche disposizione o altro.

Tuttavia, e questo è un grosso “tuttavia”, la decisione di chiedere un armistizio in primo luogo è una decisione politica, e la guerra potrebbe, in teoria, continuare inutilmente per mesi, anche se l’UAF è ormai completamente esaurita. Gli armistizi non si fanno per caso e la vittoria, come ci ricorda Clausewitz, è il risultato di una decisione politica, in quanto costringiamo il nemico a “fare la nostra volontà”. Ma supponiamo che Kiev non possafare la volontà di Mosca perché il governo è troppo disorganizzato e diviso, perché diversi Paesi occidentali spingono in direzioni diverse e l’esercito (o parte di esso) non obbedisce agli ordini? Questo tipo di caos sarebbe il più grave sviluppo potenziale che mi viene in mente.

In ogni caso, si tratta di un documento negoziato solo tra belligeranti. Questo potrebbe essere una spiacevole sorpresa per la NATO, che senza dubbio si immagina di ospitare i negoziati e di dettare in larga misura il risultato. A meno che una nazione della NATO non sia disposta a dichiararsi co-belligerante (e nessuna lo ha fatto, o sembra probabile che lo faccia), il massimo che può sperare è di influenzare il risultato attraverso la pressione sull’Ucraina, per quanto possa essere utile. Poiché si tratta solo di un accordo tra i combattenti per porre fine ai combattimenti, non ci sarebbe spazio, ad esempio, per garanzie internazionali. Detto questo, dato che nel Donbas c’erano già osservatori dell’OSCE da anni prima dell’intervento russo, non è improbabile che ci sia un accordo separato in base al quale l’OSCE o qualche organismo simile osservi il processo di attuazione dell’armistizio. Ma se i russi si oppongono o propongono invece un team cinese, gli ucraini non possono fare molto.

La combinazione di questi due fattori fa sì che i russi cercheranno probabilmente di usare i negoziati per l’armistizio per strappare agli ucraini ogni possibile concessione, comprese alcune cose che dovrebbero davvero far parte di un trattato di pace, o che avranno l’effetto di pre-giudicare i negoziati di pace: non saranno mai più così forti e l’Occidente non avrà mai meno influenza. Inoltre, le forze russe saranno potenti come sempre e quelle ucraine non saranno mai state così deboli, per cui i russi si troveranno in una posizione privilegiata per far rispettare la loro interpretazione dell’accordo, con la minaccia della forza a sostegno delle loro richieste.

Quindi, cosa potrebbe esserci nell’accordo di armistizio? È difficile dirlo, ma una disposizione necessaria sarebbe la separazione delle forze. Da un lato, tutte le unità ucraine sulla linea di contatto con le unità russe potrebbero essere obbligate ad arrendersi entro, diciamo, 48 ore. Dall’altro, le unità rimanenti dovrebbero ritirarsi a ovest e a nord di una linea che immagino i russi siano impegnati a tracciare ora e che, tra le altre cose, darebbe loro il controllo di Odessa. Alle forze ucraine sarebbe poi vietato spostarsi a est o a sud della linea di demarcazione, anche se è dubbio se le unità russe sarebbero soggette a limiti reciproci. Come minimo, i russi insisterebbero sul diritto di sorvolo con aerei e droni per verificare la conformità ucraina.

Le forze che si arrendono dovrebbero ovviamente consegnare le armi, ma le forze che si ritirano a ovest dell’attuale linea di contatto potrebbero anche dover lasciare sul posto le armi pesanti, così come le scorte di munizioni e missili, e qualsiasi aereo ed elicottero rimasto. Gli ucraini sarebbero probabilmente obbligati a consegnare immediatamente i prigionieri russi, anche se la possibilità che i russi facciano lo stesso dipende da molti fattori politici e pratici. Tutto il personale militare straniero dovrebbe essere espulso immediatamente. È molto probabile che i russi chiedano che gli aerei non danneggiati nella parte occidentale del Paese vengano consegnati o distrutti. Probabilmente ci sarebbe una commissione congiunta per supervisionare i dettagli e per gestire i reclami che dovessero emergere. E no, gli Stati Uniti non ne farebbero parte.

Questo può sembrare duro e persino irragionevole (anche se inevitabilmente i dettagli di un tale regime sono molto poco chiari in questa fase), ma la realtà è che, a meno che l’Ucraina non accetti questi termini, o qualcosa di simile, la guerra continuerà finché non lo farà.

Questo non vuol dire che non ci saranno problemi pratici. Abbiamo pochissima idea di dove si trovi attualmente il potere reale a Kiev e ancor meno di come cambierebbe la distribuzione del potere se fosse necessario concordare un armistizio che fosse essenzialmente una resa. In una situazione del genere, non possiamo essere certi che le unità a est del Paese (ammesso che fossero ancora in contatto con Kiev) riceverebbero l’ordine di arrendersi o di spostarsi a ovest, per non parlare di obbedire. Possiamo aspettarci ammutinamenti, contro-mutinamenti e completa disorganizzazione a molti livelli. In effetti, non è chiaro se a Kiev ci sarà un governo in grado di esercitare un controllo sufficiente sui militari per indurli ad applicare i termini dell’armistizio. (Questa è una questione ben diversa dall’esistenza di un governo in grado di negoziare un trattato di pace).

Il rischio è che si crei una situazione caotica, magari con catene di comando diverse e contrastanti, con ordini diversi che vanno a unità diverse. Ci saranno sicuramente dei rancorosi che rifiuteranno di arrendersi o di smobilitare, perché ce ne sono sempre. Se si tratta semplicemente di forze dell’UAF che cercano di rompere il contatto e di fuggire per evitare di essere fatte prigioniere, la cosa è contenibile: alcune ci riusciranno, altre saranno ricatturate o uccise, e dubito che i russi si preoccupino troppo. Ma la disorganizzazione diffusa nell’Est, forse con movimenti nazionalisti in fermento, il terrorismo e gli omicidi tra gruppi e fazioni diverse, potrebbe di fatto rendere impossibile qualsiasi conclusione organizzata dei combattimenti.

In tali circostanze, i russi sarebbero molto riluttanti a coinvolgersi in un simile caos: d’altra parte, hanno bisogno almeno di un regime ucraino ragionevolmente coerente per concordare l’armistizio e, naturalmente, ciò che ne consegue. Questo potrebbe essere il motivo per cui hanno lasciato in piedi almeno alcune parti del sistema di comando dell’UAF. Il problema sarà probabilmente più acuto per l’Occidente, e soprattutto per gli europei, che subiranno le conseguenze pratiche della disgregazione dello Stato ucraino, in particolare sotto forma di rifugiati e migrazioni. Per la prima volta, l’Occidente potrebbe trovarsi a dover scegliere tra fazioni, e per questo sarà necessario un accordo tra diversi Stati con interessi molto diversi. Non è da escludere che, in uno dei colpi di scena finali di questa storia surreale, le forze militari occidentali rimaste possano essere impegnate in Ucraina, non contro i russi, ma per conto di una fazione di Kiev contro un’altra.

Ma se può essere di consolazione, quello che ho descritto finora è la parte più facile. Tornate la prossima settimana e parleremo delle questioni molto più difficili che seguirebbero un eventuale armistizio.

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