QUALCHE SPUNTO DI SCHMITT PER IL XXI SECOLO, di Teodoro Klitsche de la Grange

QUALCHE SPUNTO DI SCHMITT PER IL XXI SECOLO

1.0 Per interpretare la situazione politica presente è tuttora di attualità il pensiero di Carl Schmitt; a prescindere dai tanti spunti che possono trarsene, al presente sono particolarmente interessanti alcune tesi sostenute dal pensatore di Plettemberg tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’60, assai prima dell’“epoca” contemporanea, successiva al collasso del comunismo, all’ “aumento” della globalizzazione (e alla morte del giurista).

2.0 In primo luogo è opportuno – per spiegare l’incremento straordinario qualche anno dopo il collasso del comunismo dei partiti popul-sovran-identitari – ricordare quanto scrisse nel discorso Das zestalter der neutralisierung und ent politisierungen1 (del 1929).

Sostiene Schmitt in tale scritto che la vita spirituale europea si è sviluppata negli ultimi quattro secoli (cioè nella modernità) cambiando centri di riferimento (dal teologico al metafisico, da questo al morale-umanitario e infine all’economico) “Una volta che un settore diviene il centro di riferimento, i problemi degli altri settori vengono risolti dal suo punto di vista e valgono ormai solo come problemi di secondo rango la cui soluzione appare da sé non appena siano stati risolti i problemi del settore centrale. Così, per un’epoca teologica tutto procede da sé, una volta ordinate le questioni teologiche; su tutto il resto allora gli uomini «saranno d’accordo». Lo stesso per le altre epoche”2.

Tale centro si riferimento è decisivo e prevalente “Lo Stato acquista la sua realtà e la sua forza dal centro di riferimento delle diverse epoche poiché i temi polemici e decisivi dei raggruppamenti amico-nemico si determinano proprio in base al settore concreto decisivo”3. Dopo il collasso del comunismo l’ultima scriminante del “politico” (ossia quella tra borghesia e proletariato) è venuta meno. Fukuyama scriveva che, dopo la vittoria delle liberaldemocrazie, era arrivata la fine della storia. Previsione sbagliata perché presuppone l’esaurirsi di ogni ragione di conflitto; cosa impossibile perché l’elemento del conflitto e della lotta (Machiavelli e Duverger tra i tanti) è un presupposto del politico ad esso connaturale (Freund). Pensare che l’uomo, zoon politikon, possa esistere senza una dimensione politica, presuppone cambiarne la natura, ossia quello che il giovane Marx pensava di poter fare ed è – invece – risultato impossibile.

Piuttosto alla scriminante borghese/proletario se n’è sostituita un’altra diversa. Il passaggio tra una scriminante amico/nemico e la successiva, scriveva Schmitt, ha un effetto politico decisivo: “La successione sopra descritta – dal teologico, attraverso il metafisico e il morale, fino all’economico – significa nello stesso tempo una serie di progressive neutralizzazioni degli ambiti dai quali successivamente è stato spostato il centro”. In tale processo “Quello che fino allora era il centro di riferimento viene dunque neutralizzato nel senso che cessa di essere il centro”, ma nel contempo e progressivamente “si sviluppa immediatamente con nuova intensità la contrapposizione degli uomini e degli interessi, e precisamente in modo tanto più violento quanto più si prende possesso del nuovo ambito di azione. L’umanità europea migra in continuazione da un campo di lotta ad un terreno neutrale, e continuamente il terreno neutrale appena conquistato si trasforma di nuovo, immediatamente, in un campo di battaglia e diventa necessario cercare nuove sfere neutrali” (i corsivi sono miei).

Che appare proprio quanto successo negli ultimi trent’anni. Dopo una (breve) fase in cui si pensava la globalizzazione “post-comunista” come ad una era stabile e “pacifica”, stante l’egemonia planetaria degli USA, s’intravedevano i primi scricchiolii da distribuire equamente in due categorie: le guerre umanitarie e, ancor più, l’emergenza di antagonisti – nemici – dell’ordine globalizzato. Ambedue convergenti nel confortare la tesi che la storia – e i conflitti – fossero tutt’altro che finiti. Quanto alle guerre “umanitarie” per lo più denominate in inglese e qualificate come operazioni di polizia internazionale, a parte le definizioni rimanevano guerre comunque; e neppure granché apprezzabili secondo le intenzioni esternate, giacché già quattro secoli fa Francisco Suarez metteva in guardia da guerre del genere. In ordine al nemico dell’“ordine nuovo”, in un primo tempo il fondamentalismo islamico, il tutto provava che un ordine, per quanto auspicabile, non può prescindere dal fatto che qualche gruppo di uomini non lo apprezzi, e in misura così intensa da arrivare (sempre) a combatterlo politicamente, e nei casi estremi, con le armi.

3.0 Era così evidente che l’“ordine nuovo” stava generando dialetticamente nuove ostilità, nuovi nemici e nuovi conflitti.

Rimaneva, e in parte rimane, poco chiaro su quale centro di riferimento spirituale si fondi la contrapposizione, interna all’occidente euroatlantico, tra populisti e globalisti. Quello che invece è chiaro – e può servire ad individuare il centro di riferimento è che sovran-popul-identitari da un lato e globalisti dall’altro fanno riferimento a coppie di valori/idee contrapposti che elenchiamo (senza pretesa di essere esaurienti):

NAZIONE/UMANITÁ

ESISTENTE/NORMATIVO

COMUNITÁ/SOCIETÁ

INTERESSE NAZIONALE/INTERESSE GLOBALE

Dei quali la prima colonna si riferisce al sovran-populismo, la seconda alla globalizzazione.

È appena il caso di citare qualche esempio. Per esistente/normativo mi permetto di rinviare a quanto da me scritto sulla Costituzione ungherese4. Quanto alla contrapposizione comunità/società è meno evidente ma comincia ad emergere dalle dichiarazioni costituzionali dei paesi “sovranisti” (v. le Costituzioni polacca e ungherese).

Che il termine a quo e ad quem di questi sia la Nazione e non l’umanità è del tutto evidente e non ha necessità di spiegazioni.

Quando all’interesse nazionale, come obiettivo di governo è anch’esso evidente, a parte le recenti vicende della Diciotti e del Ministro degli interni Salvini, che l’hanno riportato al centro del dibattito politico. E si potrebbe parlare di un “rieccolo” perché è sempre stato la bussola dello Stato moderno (e delle sintesi politiche antiche).

A trovare una frase che sintetizzi in poche parole la posizione dei sovranisti non si può che risalire all’affermazione di Sieyès “La Nazione è tutto quello che può essere per il solo fatto di esistere”5. Affermazione che scandalizza sicuramente un globalista.

4.0 La seconda concezione da prendere in esame per la valutazione della situazione politica contemporanea è quella che emerge, tra gli scritti di Schmitt, da “Terra e mare”. Fondamento di tale scritto è che l’esistenza umana è determinata dallo spazio in cui vive, dalla percezione che ne ha e dalle opportunità che offre. Pertanto questo determina o co-determina i rapporti politici, economici e sociali. In particolare il diritto. Scriveva Maurice Hauriou che il diritto conosciuto, elaborato, applicato dai giuristi è quello di società sedentarie, basate sul rapporto con la terra (e così, anche con il territorio come elemento dell’istituzione politica, in particolare – ma non solo – dello Stato moderno). Mentre il giurista francese contrapponeva le società sedentarie a quelle nomadi e spiegava gran parte degli istituti delle prime col rapporto con la terra e con un’esistenza orientata alla produzione regolare, Schmitt approfondiva la diversità tra esistenza marittima ed esistenza terreste, e in particolare che “la storia universale è una storia della lotta della potenza del mare contro la potenza della terra…”.

La novità nella storia moderna, sosteneva Schmitt, è che la Gran Bretagna, nel XVI secolo, si decise per un’esistenza marittima, assai più di come avevano fatto in altre epoche potenze marittime come Atene o Venezia ed in parte, anche Cartagine. Da ciò derivò l’espansione commerciale (ed industriale) inglese6.

Questo fatto era considerato da Schmitt determinante sia per il diritto internazionale che per l’assetto politico europeo westphaliano. L’equilibrio che ne derivava, conseguiva da quello di terra e mare (potenze continentali e potenza marittima) e tra stati europei. Nessuna delle quali era in grado di egemonizzare le altre, perché non avrebbe avuto la forza di imporsi ad una loro coalizione, un po’ come Machiavelli notava per gli Stati italiani (e dell’equilibrio tra gli stessi) della sua epoca. In questo senso la sovranità degli Stati, costruita intorno alla parità giuridica degli stessi – prescindendo dalla parità di fatto, aveva un certo senso, proprio perché la parità di fatto tra gli stessi – o almeno tra i maggiori – non era tanto lontana; e, d’altra parte la disparità poteva essere compensata con un’accorta politica di alleanze (e all’inverso di neutralità).

Il tutto entrava in crisi con il XX secolo; sosteneva Schmitt che “nel diritto internazionale le idee generiche ed universalistiche sono le armi tipiche dell’interventismo”7; e che “Una concezione giuridica coordinata ad un impero sparso su tutta la terra (ossia quello britannico) tende naturalmente ad argomenti universalistici”8

Nello scritto “Grande spazio contro universalismo”9, il giurista di Plettemberg ribadisce, con riferimento alla dottrina Monroe, la contraddittorietà dell’interpretazione universalistica all’enunciazione originaria della suddetta dottrina. Scrive Schmitt “È essenziale che la dottrina Monroe resti autentica e non falsificata, fintantoché è fissa l’idea di un grande spazio concretamente determinato, nel quale le potenze estranee allo spazio non possono immischiarsi.

Il contrario di un siffatto principio fondamentale, pensato a partire dallo spazio concreto, è un principio mondiale universalistico, che abbraccia tutta la terra e l’umanità. Questo conduce naturalmente a intromissioni di tutti in tutto. Mentre l’idea dello spazio contiene un punto di vista della delimitazione e della divisione e per questo enuncia un principio giuridico ordinatore, la pretesa universalistica di intromissione mondiale distrugge ogni delimitazione e distinzione razionale10 (il corsivo è mio).

Ciò ha fatto sì che si è convertito “un principio di non ingerenza concepito spazialmente in un sistema generale di intromissione delocalizzata” e così è diventato uno strumento ideologico della democrazia e “delle concezioni con essa collegate, in particolare del “libero” commercio mondiale e del “libero” mercato mondiale, al posto dell’originario e vero principio Monroe”11. Combinando all’uopo status quo e pacta sunt servanda, “cioè un semplice positivismo contrattuale”, con i principi ideologici del liberalcapitalismo.

Il risultato complessivo è che la dottrina Monroe, come interpretata negli anni tra le due guerre mondiali da la misura “della contrapposizione fra un chiaro ordinamento spaziale che poggia sul principio fondamentale del non intervento di potenze estranee allo spazio a fronte di un’ideologia universalistica, che trasforma tutta la terra nel campo di battaglia dei suoi interventi e intralcia il passo ad ogni crescita naturale dei popoli viventi12 (il corsivo è mio).

La situazione oggi è diversa: l’evoluzione dell’ordinamento internazionale con l’ONU (e la Carta dell’ONU), il divieto dell’uso della forza (v. art. 2, 4 della Carta dell’ONU), i poteri del Consiglio di sicurezza, la dottrina della “responsabilità di protezione”, le operazioni di peacekeeping e soprattutto la “difesa dei diritti umani” (e non solo) hanno complicato la situazione.

A cosa può servire la lezione di Carl Schmitt e, in particolare, la dottrina dei “grandi spazi”?

Sembra di poter rispondere che due concezioni (esplicite ed implicite alla stessa) e comunque intersecantesi possono essere utilmente applicate.

La prima delle quali è il realismo politico in relazione al concetto di sovranità. Come scrive il giurista tedesco, il problema della sovranità, probabilmente il principale, è conciliare l’aspetto politico con quello giuridico.

Se infatti il connotato distintivo della sovranità è l’assolutezza giuridica (non essere condizionato dal diritto ma esserne “al di sopra”)13, occorre coniugarla con i limiti di fatto. Come scrive Schmitt “Nella realtà politica non esiste un potere supremo, cioè più grande di tutti, irresistibile e funzionante con la sicurezza della legge di naturaLa conciliazione del potere supremo di fatto e di diritto costituisce il problema di fondo del concetto di sovranità. Da qui sorgono tutte le difficoltà”14 (il corsivo è mio). Altro infatti è la sovranità degli U.S.A. o della Cina, altro quella di S. Marino o del Liechtenstein. Trasposto nella situazione contemporanea, questo significa che mentre si censurano – giustamente – le violazioni dei “diritti umani” o il genocidio (ad esempio dei curdi in Iraq) e si parte per la “guerra giusta” ai ruandesi o a Saddam, ci si guarda bene dal fare la guerra a Putin per il Dombass o la Crimea e così alla Cina per Hong-Kong. Da notare che, mentre Hong-Kong è sotto sovranità cinese – e almeno può valere il carattere classico territoriale di questa – non è così per i citati territori nell’Europa orientale, entrambi – prima di annessioni ed occupazioni – facenti parte dell’Ucraina; la quale ha così subito una violazione della (propria) sovranità – al contrario della Cina. A questo punto, dati i “due pesi, due misure” c’è da chiedersi se non valga, come criterio di comportamento e decisione concreta, quello del “grande spazio”: mentre alla Russia è stato (di fatto) riconosciuto l’intervento in una repubblica prima facente parte dell’URSS, cioè del proprio “grande spazio”, lo stesso non è stato esercitato per proteggere popolazioni, diritti umani, e nel caso dell’Ucraina, l’integrità territoriale.

Per cui il realismo intrinseco alla concezione schmittiana (registra) e regola molto più che l’idealismo di quello15.

La seconda concezione che appare alla base del concetto di “grande spazio” è quella che collega il concetto di potenza (e di potere) di Max Weber e il “diritto” inteso qui come ordine. Scrive Weber definendola, che “la potenza designa qualsiasi possibilità di far valere entro una relazione sociale, anche di fronte ad un’opposizione, la propria volontà”16. Nell’uso corrente fino a qualche decennio orsono erano chiamati potenze gli Stati, almeno quelli capaci di esercitare il comando all’interno e così tutelare la propria indipendenza, anche senza (o con minima) egemonia politica esterna. In termini fattuali è la capacità di far valere la propria volontà che determina l’essere potenza.

La quale applicando la formula di Spinoza tantum juris quantum potentiae determina i limiti fattuali delle potenze e quindi della capacità giuridica di esercitarli. Come scriveva il filosofo olandese “Se dunque la potenza per cui le cose naturali esistono e operano è la medesima potenza di Dio, è facile capire che cosa sia il diritto naturale. “… Per diritto naturale io intendo dunque le stesse leggi o regole della natura, secondo le quali ogni cosa accade, vale a dire, la stessa potenza della natura; perciò il diritto naturale dell’intera natura, e conseguentemente di ciascun individuo, si estende tanto quanto la sua potenza17 (i corsivi sono miei). E nell’ambito del “grande spazio” è relativamente facile per la potenza egemone esercitarla. Del pari, per lo più, ha l’interesse a farlo, per le connessioni e i rapporti che la congiungono ai propri vicini o satelliti. Rispettare i quali è la condizione perché si consegua facilmente uno stato di pace. Assai più che cercare di imporre un’unità del mondo, senza che tale unità si possa conseguire in pace con l’unico modo storicamente possibile: mantenendo il pluriverso, conforme all’assetto d’interessi, potenze e rayas.

Cioè limitandolo e determinandolo con criteri oggettivi e facilmente percepibili ed applicabili. Perché come scriveva Schmitt, l’unità del mondo non è l’unità dell’ecumene, ma “della organizzazione unitaria del potere umano, il cui scopo sarebbe pianificare, dirigere e dominare la terra e l’intera umanità. È il grande problema se l’umanità è già matura per sopportare un solo centro del potere politico”.

Che vi sia una religione, una teologia di sostegno a un tale ipotetico centro, la quale abbia capacità di resistenza ad obiezioni e critiche elementari, Schmitt non lo crede. Non l’ideologia del progresso, dato che progresso tecnico e morale “non camminano insieme” (né tra i governanti, né tra i governati). Né può confortare il razionalismo, non foss’altro – aggiungo – perché vale sempre il giudizio di De Maistre che l’uomo “per il fatto di essere contemporaneamente morale e corrotto, giusto nell’intelligenza e perverso nella volontà, deve necessariamente essere governato” (onde la ragione non basta); oltretutto il progresso tecnico ha l’inconveniente di accrescere il potere del governo. Come scriveva Goethe “è pericoloso per l’uomo ciò che, senza farlo migliore, lo rende più potente”18. E non la si vede neppure oggi che in quel (tentativo/progetto) di unità del mondo stiamo ancora, anche se ormai pare volgere al tramonto. Dietro l’unità di un mondo dominato dalla potenza vittoriosa nella contrapposizione borghese/proletaria, occorre riconoscere che il pensatore di Plettemberg aveva visto bene il futuro politico: una nuova contrapposizione amico-nemico, una costante dicotomia terra/mare, una pace attraverso l’equilibrio di (e tra) grandi spazi. Cioè tutto il contrario di quanto diffuso dalla propaganda mainstream.

Teodoro Klitsche de la Grange

1 Trad. it. ne le Categorie del politico Bologna 1972 p. 167 ss.

2 Op. cit. p. 172

3 E prosegue “Finché al centro si trovò il dato teologico-religioso, la massima cujus regio ejus religio ebbe un significato politico. Quando il dato teologico-religioso cessò di essere il centro di riferimento, anche questa massima perdette il suo interesse pratico. Nel frattempo esso si è mutato, passando attraverso la fase della nazione e del principio di nazionalità (cujus regio ejus natio) , nella dimensione economica e ora dice: nel medesimo Stato non possono esistere due sistemi economici contraddittori; l’ordinamento economico capitalistico e quello comunistico si escludono a vicenda” op. cit. p. 172.

4 v. Attacco alla Costituzione ungherese in Nova Historica n. 67, anno 17, pp. 153-168, in particolare p. 164-165.

5 e continuando le citazioni dell’abate, tra le molte “Le nazioni della terra vanno considerate come individui privi di ogni legame sociale, ovvero, come si suol dire, nello stato di natura. L’esercizio della loro volontà è libero ed indipendente da ogni forma civile…Comunque una nazione voglia, è sufficiente che essa voglia; tutte le forme sono buone, e la sua volontà è sempre legge suprema…una nazione non può né alienare né interdire a se stessa la facoltà di volere; e qualunque sia la sua volontà, non può perdere il diritto di mutarla qualora il suo interesse lo esiga”

6 Anche Hegel sottolinea determinati diversi tipi di attività, e legando al mare lo sviluppo dell’industria e del commercio v. Lineamenti di filosofia del diritto, §247.

7 V. Il concetto di impero nel diritto internazionale, p. 27.

8 E prosegue “Una tale concezione non concerne uno spazio determinato ed unito né il suo ordinamento interno, ma in prima linea la sicurezza delle comunicazioni fra le sparse frazioni dell’impero”.

9 Trad it. Di A. Caracciolo in Posizioni e concetti, Giuffré, Milano 2007, pp. 491-503.

10 E prosegue “In effetto l’originaria dottrina Monroe americana non ha niente a che fare con i principi fondamentali ed i metodi del moderno imperialismo liberalcapitalistico. Come vera e propria dottrina dello spazio si trova anzi in pronunciata contrapposizione ad una trasformazione della terra in un astratto mercato mondiale del capitale senza tener in alcun conto lo spazio… Che una siffatta falsificazione della dottrina Monroe in un principio imperialistico del commercio mondiale fosse possibile, resterà per tutti i tempi un esempio impressionante dell’influenza inebriante di vuote parole d’ordine” Con l’interpretazione che ne dava W. Wilson “non intendeva all’incirca un trafserimento conforme del pensiero spaziale, non interventistico, contenuto nella vera dottrina Monroe, agli altri spazi, ma al contrario un’estensione spaziale ed illimitata dei principi liberaldemocratici alla terra intera ed a tutta l’umanità. In questo modo egli cercava una giustificazione per la sua inaudita ingerenza nello spazio extraeuropeo”, op. ult. Cit. pp. 493-494 (il corsivo è mio).

11 E continua che i due Roosevelt e Wilson avevano fatto “di un pensiero spaziale specificamente americano un’ideologia mondiale al di sopra degli Stati e dei popoli, essi hanno tentato di utilizzare la dottrina Monroe come uno strumento del dominio del capitale anglosassone sul mercato mondiale”

12 Op. ult. cit., p. 503.

13 Con la nota problematica su quanto l’assolutezza si applichi all’interno e quanto lo possa essere all’esterno, ossia nei riguardi dei soggetti di diritto internazionale (Stati e “ordinamento in fieri” già distinte da Bodin.

14 v. Der Begriff des Politischen, trad it. Di P. Schiera ora ne Le categorie del politico, Bologna 1972, p. 44.

15 Idealismo, che in concreto, è spesso la fusione di interessi e paternostri.

16 Economia e società, trad. it. di T. Bagiotti, MIlano 1980, p. 51. Poco dopo scrive “ Per Stato si deve intendere un’impresa istituzionale di carattere politico nella quale – e nella misura in cui – l’apparato amministrativo avanza con successo una pretesa di monopolio della coercizione fisica legittima, in vista dell’attuazione degli ordinamenti” (p. 52).

17 Trattato politico, trad. it. di A. Droetto , Torino 1958, p. 161.

18 I passi ultimi citati sono tratti dal volume L’unità del mondo ed altri saggi, curato da A. Campi, A. Pellicani Editore, Roma 1994, pp. 303 ss. Schmitt scrive, proseguendo “L’unità mondiale di una umanità organizzata solo tecnicamente fu anche per Dostoievski un tremendo incubo. Questo incubo si aggrava via via che la tecnica cresce. E che rimedio è ancora possibile oggi, date le enormi possibilità tecniche e la crescente intensità del potere politico?” .

ORA E SEMPRE, RESILIENZA_di Andrea Zhok

ORA E SEMPRE, RESILIENZA.
Insomma, per farla breve, stiamo approvando un piano che impegnerà la politica nazionale per i prossimi dieci anni almeno.
Nel piano, oltre ai fondi, ci sono le condizionalità, di cui alcune riecheggiano temi ben noti: riforma delle pensioni, ripianamento del debito, privatizzazioni.
Il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” viene approvato senza alcun dibattito parlamentare degno di nota.
Di dibattito pubblico e democratico non parliamo proprio, che per la comicità ci sono spazi appositi.
In compenso a babbo morto nei prossimi mesi ce ne illustreranno i contenuti, con particolare riferimento ai nostri doveri.
Dopo tutto mica pretenderemo che sia senza contraccambi siffatta epocale munificenza? (750 miliardi per 450 milioni di cittadini, versus 1900 miliardi per 330 milioni di cittadini negli USA).
Quel che non possiamo non apprezzare è la sincerità del nome, dove campeggia il sostantivo che definisce la nuova epoca: RESILIENZA.
Non più la Resistenza, che è una tipica azione ostile e poco costruttiva, nutrita di linguaggio d’odio.
No, la nuova parola d’ordine è Resilienza, ovvero la capacità di un ente di subire traumi, urti, stress, torsioni e bastonature varie tornando monotonamente in piedi.
Praticamente un programma politico.
Vi passeremo sopra con qualche autoblindo, però poi voi non fate le vittime che non tira aria: rimettetevi in piedi, che a portare il basto ci servite pimpanti e collaborativi.

AIUTANTI, SOPPORTATI, NEMICI_di Teodoro Klitsche de la Grange

AIUTANTI, SOPPORTATI, NEMICI

Tra i (modesti) vantaggi che le emergenze politiche, economiche e sociali possono arrecare, c’è quella di chiarire e porre in evidenza caratteri (e funzionamento) di regolarità politiche già evidenziate dalla dottrina. Così è per il Covid 19.

I sostegni dispensati dal governo Conte-bis – e in parte anche dall’attuale – dividono il grosso della popolazione italiana in tre macro-gruppi: coloro che vivono di uno stipendio pubblico/pensione, garantiti al 100%. Anzi tenuto conto delle chiacchiere sullo smart working pubblico (così diverso da quello privato), anche caratterizzato da una sostanziale identità di retribuzione a fronte di una prestazione più comoda, spesso ridotta e talvolta inesistente. Poi i dipendenti privati, con garanzie inferiori ai pubblici (tuttavia estese – causa pandemia – a quelli che non l’avevano). Infine i lavoratori autonomi, rimasti , in gran parte o totalmente senza tutela o con ristori minimi (Conte) ovvero con modesti (ma più diffusi) sostegni (Draghi).

A giustificare trattamenti così radicalmente differenziati, la retorica mainstream si è servita di tutti gli espedienti. Il primo, l’oscuramento (non parlarne e gonfiare le altre notizie). Poi la mistificazione – come enfatizzare le regole e dimenticare le (vastissime) eccezioni. Così ad esempio, i ristori ai lavoratori autonomi che non si applicavano ai pensionati (o agli iscritti) degli enti di previdenza privati (cioè a quasi tutti). Anche le usuali litanie: ce lo chiede l’Europa… siamo i più bravi ad affrontare l’emergenza (se non fosse per…qualche migliaia di morti in più degli altri) hanno trovato la propria consueta collocazione nei discorsi di propaganda.

È mancata invece totalmente l’applicazione generale e omogenea (se non identica) di quello che è uno dei principi costitutivi di qualsiasi comunità politica, ancor più se democratica, quello di solidarietà politica, sociale, economica collocato nell’art. 2 della Costituzione “più bella del mondo” (ossia tra i doveri fondamentali).

Ancorché il dovere di solidarietà abbia una funzione costitutiva delle comunità, non è quel che qui m’interessa considerare, ma è la conferma della teoria (da ultimo espressa) da Gianfranco Miglio su classe, organizzazione (e sintesi) politiche. Scrive Miglio che se configuriamo la sintesi politica come una sfera “abbiamo un nucleo centrale costituito dalla classe politica, mentre intorno si ha una classe dirigente con certi rapporti di osmosi rispetto ai ‘seguaci indifferenziati’ e, dall’altra parte, rispetto al nucleo che costituisce la classe politica stessa” e prosegue “i politologhi ritengono che fra classe politica in senso stretto e seguaci in senso lato si situi una fascia che alcuni chiamano «classe dirigente» e altri «classe politica secondaria»”; “oltre alla guerra contro il nemico, la classe politica svolge una funzione verso i propri seguaci… nei riguardi del nemico ci si attende una ‘rendita politica’ il vivere a sue spese”.

Il primo servizio reso  dalla classe politica, dopo la protezione dal nemico, “è una funzione di tutela della pace interna, che consente la sopravvivenza, mediante lo scambio, degli aggregati. Ogni aggregato vive dello scambio ‘privato’, del rapporto di ‘contratto-scambio’, di mercato ed è in attesa di rendite politiche”; il criterio di distinzione tra le une e le altre è che “nella rendita di mercato è elevata l’aleatorietà. Mentre la ragione per la quale vengono appetite le rendite politiche è data dal fatto che sono garantite”; il mezzo per approvigionarsene è la costrizione “All’esterno abbiamo le rendite politiche vere e proprie, costruite mediante un prelievo coercitivo: tutti i cittadini devono pagare le imposte, devono corrisponderle secondo un criterio proporzionale”; tali tributi “ vengono riversati come paghe pubbliche ai partiti politici, cioè a coloro che vivono al loro interno, quindi nella pubblica amministrazione”. Nella quale “Interessa piuttosto ottenere la paga pubblica. Quando si sente dire: «È meglio andare a fare il pubblico funzionario, perché almeno non ti licenziano mai», è perché la paga è garantita”: le rendite pubbliche (e così le paghe pubbliche) tendono alla garanzia assoluta del reddito, anche se “si tratta di paghe modeste in genere nel caso di paghe pubbliche garantite, laddove il sistema politico funzioni”. Basse ma non aleatorie, invece nel caso dei redditi di mercato, non c’è (teoricamente) un “tetto”, ma c’è l’aleatorietà. Nel dividere le prestazioni all’interno della sintesi politica occorre distinguere: vi sono cittadini che prestano una fedeltà passiva (scrive Miglio), cui vengono (di solito) erogati una prestazione generica, l’assicurazione dell’efficacia dell’obbligazione necessaria a “scambiare beni e prestazioni e quindi a sopravvivere”. Doveri fondamentali che, specie il secondo, sono assai compromessi dalla sgangherata burocrazia della Repubblica.

C’è poi una seconda categoria “che si crea nel caso dei seguaci attivi, cioè gli ‘aiutanti’ del potere politico. Costoro prestano ai capi politici una fedeltà attiva, ossia atti e comportamenti continuati, per far sì che coloro che detengono il potere lo conservino”, ai quali è garantita, almeno, una paga pubblica[1].

Ma, scrive il politologo lombardo “c’è una terza categoria (terza fascia) di seguaci: quelli ai quali si estorcono le risorse per erogare le paghe politiche. Sono i seguaci che potremmo definire dominati…A costoro normalmente la classe politica dà una protezione che possiamo definire ‘negativa’. È la protezione nei riguardi di se stessi: consiste nel garantire la sopravvivenza… Costoro, in cambio della sopravvivenza, devono prestare un tributo. Nei sistemi politici dei giorni nostri c’è la possibilità di un’osmosi continua fra questi due strati, tra la prima e la terza fascia, per cui di volta in volta il seguace ‘non attivo’, quello che non fa politica, può diventare temporaneamente un seguace dominato soggetto a tributo” (il corsivo è mio).

Cosa, della situazione attuale, può ricondursi, con qualche adattamento alla tripartizione di Miglio? Nel lungo periodo (cioè prima dell’emergenza pandemica) i connotati della divisione erano più sfocati (a parte le nebbie della propaganda, che contribuiscono a ciò). Così l’inefficienza della burocrazia, parte necessaria dell’aiutantato (anche se spesso non ritenuta tale), che invece ora è evidenziata perfino da coloro che hanno contribuito a renderla tale, con nomine, norme e direttive, per cui le rendite dalla stessa percepita appaiono ancor più sproporzionate alla produttività della stessa. Così per le prestazioni rese ai seguaci non attivi, come (ancora) quelle delle pubbliche amministrazioni e della giustizia. A tale proposito nel celebrare l’anno giudiziario 2021 i responsabili dei principali uffici giudiziari hanno informato che la già scarsa produttività della giustizia italiana è calata, causa pandemia, di quasi un terzo. Ma ancor più, le misure prese per fronteggiarla, hanno confermato l’intenzione ostile verso i lavoratori autonomi almeno di una frazione della classe politica; quella che si autorappresenta come “sinistra” o “centrosinistra”. La combinazione di chiusure forzate (per lo più necessarie) e ristori minimi o inesistenti, mostra (almeno) il totale disinteresse verso le condizioni di vita di buona parte degli italiani, e la (radicale) differenza rispetto agli altri, il cui trattamento, rispetto all’emergenza, è di gran lunga più favorevole.

Tale contestazione consente da un lato di confortare le considerazioni del politologo lombardo che le rendite politiche sono fattore decisivo della collocazione e dal trattamento delle classi all’interno della sintesi politica; dall’altro che la regolarità dell’amico-nemico non è limitata al campo esterno alla sintesi (cioè al rapporto con altra sintesi, ovvero, per lo più Stati esteri), ma si proietta anche all’interno, come d’altra parte, rilevato già da Schmith, e, più in generale, dal pensiero politico, soprattutto realista (Machiavelli compreso).

In conclusione: se ora appare evidente che buona parte del popolo italiano scende in piazza per affermare il proprio diritto all’esistenza economica e sociale (se non addirittura fisica), questa non è che la reazione ad una intenzione ostile (v. Clausewitz) che parte della classe politica, quella che è stata quasi sempre al governo negli ultimi dieci anni, ha manifestato e praticato, prima più occultamente e misuratamente, ora in modo più evidente e smisurato. Per cui se a tale intenzione ostile, si reagisce da parte dei dominati in modo più energico e manifesto, non se la possono prendere con i dissidenti attivi.

In fondo vale per ogni conflitto quel che Francisco Suarez pensava per la guerra: bellum defensivum semper licitum; chi si difende e difende la propria esistenza politica, economica e sociale non fa nulla di illecito.

Teodoro Klitsche de la Grange

[1] V. “Quale migliore, più concreta, immediata e palpabile garanzia esiste se non quella di una paga pubblica, di uno stipendio garantito politicamente? Comunque andranno le cose, comunque andrà il mercato e si evolverà la situazione economica, la paga verrà ricevuta. Al limite, la garanzia verrà assicurata anche stampando moneta non sorretta da un corrispettivo di valore e quindi si estorceranno risorse all’intera comunità per poter disporre  dei segni monetari necessari al pagamento della paga politica” Lezioni di politica, Scienze della politica, Bologna 2011, p. 334.

IL MORBO INFURIA IL CERVELLO MANCA, di Antonio de Martini

IL MORBO INFURIA IL CERVELLO MANCA
Di tutta la pubblicistica di guerra sull’Italia – e ne ho letta- la frase che mi è rimasta più impressa l’ha scritta il feldmaresciallo Kesserling comandante delle truppe tedesche impegnate in Italia.
La cosa che lo aveva meravigliato di più del nostro paese, era stato il fatto che l’Italia avesse affrontato e gestito il secondo conflitto mondiale senza aver promulgato leggi – nemmeno una- per aumentare la produzione bellica o comunque per ottimizzare l’impiego delle proprie risorse dato il radicale mutamento della situazione economica, militare, alimentare di sicurezza della popolazione.
Adesso si profila il bis di tanta scelleratezza.
Esistono ancora reperti idiotici della burocrazia come il “certificato antimafia” e quello di “ esistenza in vita” .
Sarebbe utile l’armonizzazione tra il “ confinement” e la pubblica illuminazione e/o garantire non solo la proprietà pubblica, ma la gratuità dell’acqua che si conferma motore della igienizzazione generale. Quasi un medicinale.
L’abolizione dei circenses comunali tipo l’estate romana nella mia città e la destinazione dei fondi ad altri impieghi.
La riorganizzazione – come un tempo – di corsi d’ istruzione pubblica da parte della RAI che continua a fare gare di qualità tra ristoranti chiusi e proposte di viaggi in Patria e fuori.
Non si pensa alla requisizione di alberghi per togliere dalle strade i senza fissa dimora che possono divenire innocenti veicoli del contagio.
Può in governo prescrivere come salvavita le abluzioni mentre migliaia di cittadini non dispongono dell’acqua ?
Manca la riorganizzazione della CRI ( croce rossa italiana ) che anche durante la guerra si distinse per l’abnegazione dei singoli e l’inettitudine della dirigenza ( in prigionia mio padre ricevette in tutto un solo pacco nominativo : dalla croce rossa tedesca. Da quella italiana ricevette, come ebbe a dirmi “ un amato cazzo”.)
Per adesso si fanno piccoli decreti come la riapertura delle librerie, senza linee guida per l’igienizzazione dei locali e dei libri, per l’assembramento delle persone nelle strettoie dei corridoi che inibiscono perlopiù il distanziamento tra individui ecc.
Si prevede l’azzeramento della nostra industria turistica per almeno un anno, ma non la cassa integrazione per gli addetti degli enti turistici locali e nazionali.
Non si rivedono le norme regolatrici dei servizi cemeteriali prima che si trovino ad affrontare le emergenze che già si profilano.
Manca ancora il riconoscimento della malattia – o decesso- per ragioni professionali di infermieri e medici per il COVID.
La revisione delle polizze assicurative per non lasciare i singoli in balia degli uffici legali di aziende prive di scrupoli.
Non si pensa a sfruttare l’eccezionalità del momento per lanciare un condono e riformare una fiscalità grottesca.
Se pensano di rastrellare nuovi fondi con inasprimenti di tasse provocheranno una rivolta cruenta.
Non si pensa a ridurre i prezzi dei farmaci riducendo l’aggio che i farmacisti hanno del 33% , percentuale unica al mondo.
Si pensa invece a litigare su chi ha firmato o meno un accordo di dieci anni fa e se il premier ha o meno diritto di criticare gli oppositori.
Il virus ha colpito anche il cervello ?

I disastri sanitari della gestione della pandemia in Italia, di Davide Gionco

I disastri sanitari della gestione della pandemia in Italia
Davide Gionco
08.04.2021

Dopo 14 mesi di pandemia del covid-19, cerchiamo di fare il punto della situazione sanitaria in Italia. Non dal punto di vista di un medico professionista, ma dal punto di vista di un cittadino che cerca di informarsi e di ragionare su quello che vede.

La prima constatazione è che, pur avendo l’ISTAT registrato un aumento del tasso di mortalità del 15% rispetto agli anni precedenti, l’aumento sarebbe probabilmente passato inosservato, se non ci fosse stato l’amplificatore dei mass media.

Se questo virus fosse arrivano 30 anni fa, nessuno si sarebbe accorto di nulla, in quanto ci sono sempre state delle oscillazioni statistiche sul numero annuale di morti. Chi viene a sapere della morte di una persona cara a motivo di malattia non ha la percezione dell’incremento statistico complessivo del numero di decessi in un intero paese. Se non ci avessero detto nulla, avremmo continuato a vivere normalmente.

Se il coronavirus fosse arrivato 30 anni fa sarebbe stato trattato come una influenza “più virulenta” fra quelle che ciclicamente. La febbre asiatica degli anni ’50 fece molti più danni del covid-19, per intenderci, perché colpì soprattutto i bambini, segnandoli per tutta la vita. Una mia zia, colpita dall’asiatica quando aveva 4 anni, rimase colpita al cervello è rimasta debilitata mentalmente, causando 44 anni di progressivo decadimento fisico e di crescente disabilità, fino alla morte.

La situazione ci è stata presentata come “senza precedenti” dai mass media, i quali l’hanno da subito presentata come una malattia pericolosa e incurabile, tale da giustificare i ripetuti lockdown, con gravissimi danni all’economia e impedendo a molta gente di analizzare in modo ragionevole la situazione.
E’ una delle famose tecniche di manipolazione delle masse: “Crea il problema ed offri l'(unica) soluzione”.

Non ci hanno mai detto che avremmo probabilmente evitato i 3/4 dei morti se:

1) Se avessimo avuto il piano pandemico nazionale aggiornato. Il piano pandemico esistente risaliva addirittura al 2006. E nel 2016 Matteo Renzi aveva fatto chiudere il CNESPS, istituto specializzato nella individuazione tempestiva delle epidemie. Un’azione tempestiva del CNEPS avrebbe probabilmente consentito di confinare l’epidemia fin dagli inizi, evitando che si diffondesse in tutta Europa.

2) Se avessimo avuto come dirigenti presso il Ministero della Sanità (da Roberto Speranza in giù) e presso le aziende sanitarie pubbliche territoriali delle persone assunte per le loro competenze e capacità e non i soliti “amici dei politici”.

3) Se non avessimo tagliato decine di miliardi sulla spesa sanitaria, riducendo i posti letto per le cure, il personale, i macchinari, la formazione.

4) Se non avessimo trasformato i medici di famiglia in passacarte per indirizzare i pazienti verso le strutture specialistiche, mentre una volta erano responsabili delle prime cure domiciliari in caso di malattia.

5) Se non avessimo imposto da qualche decennio il numero chiuso nelle facoltà di medicina e limitato le assunzioni di infermieri, riducendo il numero di personale sanitario disponibile per le cure. Per formare un medico servono 10-15 anni di studi. Non è cosa che si può improvvisare quando arriva una pandemia. Ci si deve pensare per tempo, almeno 10-15 anni prima. Ovvero: abbiamo bisogno permanentemente di più medici e di più infermieri.

6) Se in questi mesi avessimo assunto più personale sanitario, ora dovremmo temere molto meno l’afflusso di persone nelle terapie intensive. E ci sarebbero risorse per curare adeguatamente le persone colpite da altre patologie. E non si trovi la scusa della mancanza di soldi, dato che per il 2020 e il 2021 la UE ha concesso di sforare i limiti al deficit pubblico, per cui per avere soldi basta chiederli alla BCE.

7) Se, dopo oltre un anno dall’arrivo della pandemia, avessimo aggiornato i protocolli di cura domiciliare per le persone con sintomi da covid-19, sulla base delle esperienze di molti medici. Come ad esempio quelli del Movimento Ippocrate, che hanno sviluppato dei protocolli di cura basate sul trattamento precoce della malattia. Purtroppo, dopo oltre un anno di esperienze, i protocolli di cura sono sempre gli stessi, basati sull’attesa dello sviluppo dei sintomi e sui tamponi. Sono i protocolli che hanno portato decine di migliaia di persone nelle terapie intensive ed alla morte. Sbagliare è umano, quando la malattia non è conosciuta, ma perseverare…

8) Se in televisione avessero spiegato ogni giorno, anziché martellare inutilmente la gente con i soliti bollettini di guerra, che il covid-19 si combatte prima di tutto con la prevenzione, fatta di costante assunzione di vitamina C e D, disponibili per tutti a costi molto accessibili, e fatta di permanenza il più possibile all’aria aperta ed al sole (anziché tenere la gente chiusa in casa).

9) Se in televisione ci avessero spiegato la differenza fra le mascherine FFP2 e le mascherine chirurgiche.
Le mascherine FFP2 sono di tipo passivo ovvero “filtrano” l’aria che respiriamo, riducendo del 95% la quantità di agenti patogeni che ci colpiscono tramite la respirazione. Sono mascherine che ci proteggono dal contagio. Ideali per le categorie a rischio di morte per covid (anziani, malati di altre patologie), per ridurre il rischio che vengano contagiati.
Le mascherine chirurgiche, invece, riducono del 95% la quantità di agenti patogeni che emettiamo verso l’ambiente tramite la nostra espirazione. Sono mascherine che riducono la contagiosità verso gli altri delle persone infettate. Ideali per le categorie non a rischio di morte per covid (probabilmente almeno l’80% della popolazione), per ridurre la diffusione della malattia.
Tutto questo non è mai stato spiegato, per cui abbiamo dotato gli anziani di mascherine chirurgiche che non li proteggono dal contagio ed abbiamo dotato molti giovani sani di mascherine FFP2, che non hanno impedito il diffondersi della malattia.

10) Se avessimo spiegato per evitare i contagi per contatto con superfici infettate è opportuno disinfettarsi le mani non solo all’entrata dei supermercati, ma soprattutto all’uscita, per non portarsi dietro i virus raccolti toccando le superfici infettate da altri. Eppure continuiamo a trovare il gel disinfettante solo all’ingresso e non all’uscita dei punti vendita e dei mezzi di trasporto.

11) Se avessimo (dopo un anno) raddoppiato il numero dei mezzi pubblici di trasporto, magari assumendo gli autisti licenziati dei servizi turistici, si sarebbe dimezzato l’indice di affollamento dei mezzi di trasporto pubblico, riducendo i rischi di contagio. Ma non è stato fatto,

Si potrebbe continuare con l’elenco…

La responsabilità di tutto questo, con le decine di migliaia di morti che ne sono seguiti, non è della fatalità, né del popolo italiano. La responsabilità è della classe dirigente che ha governato e che governa tutt’ora il nostro Paese. Persone che, per incompetenza o mala fede, hanno preso le decisioni sbagliate, senza preoccuparsi delle conseguenze e senza farsene carico. Il risultato è stato un tasso per mortalità per covid-19 fra i più elevati d’Europa.

Nel contempo i mezzi di informazione, altrettanto asserviti alla classe di potere, anziché svolgere un corretto servizio di informazione e di controllo critico sul disastroso operato della classe dirigente, hanno dedicato gli ultimi 14 mesi di informazione unicamente a colpevolizzare gli italiani come unici responsabili di quanto accaduto.
Misure di limitazione delle libertà personali prive di fondamento costituzionale e medico-scientifico, come il divieto di uscire di casa fra le 22 e le 5 del mattino o di varcare il pericoloso confine fra una regione e l’altra sono state costantemente sostenute come “normali” dai mezzi di informazione. Questo mentre paesi “normali” e guidati da politici più seri, come la vicina Svizzera, hanno giustamente vietato unicamente gli assembramenti fra persone estranee e non gli spostamenti. Il contagio, infatti, non avviene quando le persone si spostano, ma solo quando si avvicinano fra loro.
Ci hanno trattati da bambini, come se fossimo un popolo di pecore.

Per quale motivo fra le soluzioni molteplici prospettate non ce n’è nessuna di quelle sopra elencate, ma si propone come una via di uscita possibile la vaccinazione di 60 milioni di italiani, fra i quali almeno 50 milioni di persone sane, che non correrebbero alcun rischio ad essere contagiate dal virus, se curate per temo.
Non era mai storicamente accaduto che venissero isolati i sani per proteggere i malati.
Non era mai storicamente accaduto che si vaccinasse una intera popolazione somministrando dei prodotti sperimentali di ingegneria genetica (quelli di Pfizer & c. non hanno nulla a che vedere con i vaccini tradizionali). Sperimentali, perché non c’è stato il tempo di testarli.
Non era mai accaduto che si sottoponesse una intera popolazione sana ai rischi della vaccinazione, con una malattia avente un tasso di mortalità molto basso fra le persone non a rischio.

(Fonte: Dati ISS)

Non era mai accaduto che si volesse imporre agli operatori sanitari (e in futuro forse a tutta la popolazione) di assumere un vaccino che non riduce in alcun modo i rischi di contagio verso altri. Gli attuali vaccini garantiscono (probabilmente) un decorso sostenibile della malattia, ma non evitano la trasmissione verso terzi nel caso si sia contagiati.

Ricordiamoci di tutto questo, la prossima volta che andremo a votare.

E, nel frattempo, chiediamoci il perché di tutto questo.

NB_apparso anche su https://www.sovranitapopolare.org/2021/04/08/i-disastri-sanitari-della-gestione-della-pandemia-in-italia/

L’OCCASIONE E IL CONFLITTO SECONDO MACHIAVELLI, di Teodoro Klitsche de la Grange

L’OCCASIONE E IL CONFLITTO SECONDO MACHIAVELLI

A seguito delle manifestazioni contro le chiusure del Covid, per la sopravvivenza delle imprese e dei lavoratori autonomi, siamo tornati a intervistare il nostro Machiavelli che ci ha ricevuto con la consueta gentilezza.

Caro Segretario, che ne pensa delle manifestazioni contro le restrizioni?

Che è poco crederle dovute (solo) alla pandemia e che nuocciano alla libertà: gli è che i tumulti fanno bene alle repubbliche, almeno a quelle ben ordinate, come era Roma, sicché ho scritto “coloro che dannono i tumulti intra i Nobili e la Plebe mi pare che biasimino quelle cose che furono prima causa del tenere libera Roma, e che considerino più a’ romori ed alle grida di tali tumulti nascevano, che a’ buoni effetti che quelli partorivano”.

Ma i manifestanti hanno fatto dei danni, rimosso le transenne, resistito alla polizia.

E con ciò? A Roma facevano anche di peggio ed hanno comunque conquistato il mondo, mantenendo la loro libertà: “i desiderii de’ popoli liberi rade volte sono perniziosi alla libertà, perché e’ nascono o da essere oppressi, o da suspizione di avere ad essere oppressi”.

Ma li accusano di essere degli incompetenti e di far politica con la pancia e non con il cuore. Di essere fuorviati da demagoghi e da fake news.

E per tutelare la verità, vogliono impedirne la diffusione! Come dicono a Vinegia “pezo el tacon del buso” E quando queste opinioni fossero false e’ vi è il rimedio delle concioni, che surga qualche uomo da bene che orando dimostri loro come ci s’ingannano. Gli è che non essendo i vostri vecchi governanti degni di fede, non potendo convincerle con le loro parole cercano d’impedire agli altri di parlare. Sanno bene che il popolo non chiede loro neppure l’ora, perché s’aspetta che cerchino anche in ciò di truffarlo.

E come biasimare il popolo: negli ultimi trent’anni è stato il più impoverito d’Europa e forse del pianeta. Dove stavano i vostri governanti? Su Marte o al potere?

Ma i governanti avevano fatto i piani per la ricostruzione, per la next-generation, per una nuova ripartenza.

E sono gli stessi – o i loro, meno degni, successori – che hanno lasciato quello che si fa per quello che si dovrebbe fare; sono andati dietro all’immaginazione della realtà, piuttosto che alla verità effettuale. Parlo dei comunisti. Volevano cambiare la natura umana ma gli uomini sono sempre gli stessi: per questo nei miei scritti ho ragionato sulle cose d’Italia prendendo a criterio le azioni degli antiqui. E non ho errato: i Romani che non s’illudevano sugli uomini e avevano tanta virtù, hanno costruito  un impero durato in occidente cinque secoli, e in oriente assai di più. I vostri post – o neo-comunisti sono arrivati – al massimo – a governare settant’anni, e il loro  impero è crollato da solo. Bel risultato! Invece della fine della storia, ne hanno realizzato un caso unico. Un misero esito per un vasto programma. Onde quanto sostengono, deve tener conto della loro credibilità – modestissima.

Ma almeno certe illusioni servono a temperare la crisi, a  evitare sconvolgimenti dolorosi.

Come se le crisi non facciano parte della storia, la quale è, come diceva un mio allievo mezzo francioso, il cimitero delle élite. Le vostre, pensano alla crisi come il loro cimitero. E dato che hanno di mira il loro particolare, ne sono terrorizzati. Ma la crisi non significa solo fine: ma anche nuovo inizio, come scrivevo nei Discorsi. Se un ordinatore di repubblica fonda uno Stato, lo fonda per poco tempo perché nessun rimedio può farci a fare che non sdruccioli nel suo contrario. Credere d’ordinarla in eterno è opera non umana, ma divina. Ma il Padreterno non ha voluto mai realizzarla. Rassegnatevi: come scrisse un filosofo, le costituzioni nascono dal sangue e dalla lotta. Cercate di evitare se possibile il sangue. Ma non lo è schivare la lotta. Chi sostiene ciò vuole evitare la lotta, quella dei suoi nemici. E lui vuol fare la guerra, ma spuntando le armi dell’avversario.

Bisogna quindi “ritornar al principio”?

Anche, ma soprattutto, più la fortuna batte, più occorre virtù, più uomini che ne sono dotati hanno l’occasione per emergere.

La crisi è l’opportunità per domare la fortuna; e gli uomini e le comunità virtuose non la possono tralasciare. A trascurarla si prolunga solo la decadenza e se ne ampliano gli effetti. Voi è almeno da trent’anni che decadete. E tutti i Paternostri recitati dai vostri governanti servivano solo ad occultarla; col solo risultato di prolungarla. Ma per batterla occorre tanta virtù: più in basso siete caduti più ne occorre per rialzarsi. Ma la troverete? Ai miei tempi no, Spero che i vostri siano più fausti.

Teodoro Klitsche de la Grange

THATS’ ALL FOLKS?, di Massimo Morigi

 

THATS’ ALL FOLKS? IL PAGANESIMO, IL CRISTIANESIMO, L’ILLUMINISMO, IL COMUNISMO, IL LIBERALISMO, IL CORONAVIRUS, LA DIALETTICA STORICA,  L’EPIFANIA STRATEGICA,  IL VIL COYOTE, IL BEEP BEEP, L’ACME CORPORATION E PIONEERS! O PIONEERS!  DI  WALT WHITMAN. TERZA DIVAGAZIONE TEORICA (E MAI DEFINITIVA) PARTENDO DA PER QUALCHE MIGLIAIO IN PIÙ DI TEODORO KLITSCHE DE LA GRANGE PIÙ UN CONSIGLIO ALLA LETTURA  DI  VERSO  LA  GUERRA  CIVILE  DI  GIANFRANCO  CAMPA http://italiaeilmondo.com/2020/05/16/verso-la-guerra-civile-il-tramonto-dellimpero-usa_2a-parte-di-gianfranco-campa/

 

Come my tan-faced children,

Follow well in order, get your weapons ready,

Have you your pistols? have you your sharp-edged axes?

Pioneers! O Pioneers

[…]

Till with sound of trumpet,

Far, far off the daybreak call–hark! how loud and clear I hear it wind,

Swift! to the head of the army!–swift! spring to your places,

Pioneers! O Pioneers!

 

Walt Whitman, Pioneers! O Pioneers!

 

 

 

           In questo mio ennesimo intervento, il terzo, su Per qualche migliaio in più di Teodoro Klitsche de la Grange (URL dell’ “Italia e il Mondo” per il succitato articolo: http://italiaeilmondo.com/2021/03/23/per-qualche-migliaio-in-piu-di-teodoro-klitsche-de-la-grange/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20210323122750/http://italiaeilmondo.com/2021/03/23/per-qualche-migliaio-in-piu-di-teodoro-klitsche-de-la-grange/)   mi preme innanzitutto compiere un atto che avevo omesso negli altri due miei interventi al riguardo: fare espressamente i complimenti all’autore che, come sempre del resto, nulla concede agli idola della mentalità politica corrente. E facendo così la cronistoria di questi miei due primi interventi, dove al primo commento affermavo: «In Inghilterra hanno capito non solo che vaccinare è questione strategica ma che è il primo problema da affrontare e risolvere per salvaguardare la sicurezza nazionale. In Europa no, hanno delegato ai burocrati, dott.ssa Gallina e stop vaccino AstraZeneca docent, mentre in Italia si è cominciato a ragionare all’inglese col governo Draghi. That’s all folks! mm –  23 marzo 2021», al secondo esplicitavo ancor meglio il concetto: «1) Una cosa che avrebbe dovuto insegnare questa pandemia è che non esiste una scienza pura (il ritenerlo non è altro che superstizione) ma solo un approccio strategico alle varie situazioni e/o sfide che devono affrontare le comunità umane (e, ovviamente, anche quelle non umane) 2) Non esiste una strategia astratta che cala dall’alto dei cieli ma, parafrasando un certo Vladimir Il’ič Ul’janov, si tratta di svolgere un’azione concreta su una situazione concreta e la situazione concreta è che l’uomo emerso dall’Illuminismo è terrorizzato dalla morte e quindi per combattere la pandemia non ci si può affidare ad una narrazione che contempli anche la morte ma ad una narrazione che esclude per quanto è umanamente possibile (e quindi filosoficamente del tutto irragionevolmente) la morte 3) Ergo la posizione del Prof. Garavelli, non vaccinare perché a suo giudizio non si vaccina in corso di pandemia perché questo facilita le mutazioni del virus, per quanto il linea di principio tecnicamente possa avere un senso, dal punto di vista strategico, viste le caratteristiche psico-filosofiche delle popolazioni impregnate della tradizione e Weltanschauung culturale illuminista, è assolutamente impraticabile e quindi antistrategica. Il primo approccio del governo Johnson in Inghilterra ne è la dimostrazione: probabilmente in linea di principio era l’approccio più saggio ma, come si dice, vallo a dire agli inglesi quando hanno cominciato a morire al di là di quello che una mentalità moderna di derivazione illuminista riteneva sopportabile ed accettabile. E… That’s all folks! mm – 23 marzo 2021», rispondere, infine alla stimolante  all’osservazione del lettore, il quale  in merito al mio ultimo intervento sull’articolo di la Grange scrive: «Fondamentalmente condivido. Mi rimane solo una perplessità… gli uomini con “mentalità moderna di derivazione illuminista” hanno saputo morire in passato “senza battere ciglio”, nel secolo breve delle “guerre e rivoluzioni” ed anche in quelli precedenti delle grandi rivoluzioni borghesi… forse è in corso un mutamento politico-antropologico (metafisico per dirla alla Houellebecq), che “incubava” da tempo senza che ce ne accorgessimo pienamente e che non so fino a che punto è un derivato della “mentalità illuminista” o di una sua “rottura” (e che, come tutte le rotture, presenta “affinità e divergenze”, punti di continuità ed altri di completa novità).»

 

           Innanzitutto, ringrazio, ancor prima che per gli apprezzamenti, per questo ulteriore contributo che mi permette di mettere ulteriormente a fuoco l’argomento. Quando parliamo della civiltà nata dall’Illuminismo stiamo operando una grandissima approssimazione perché quello che accomuna, per essere chiari, l’ idealtipo dell’homo oeconomicus di smithiana memoria con quello del rivoluzionario sovietico similleniniano è il rifiuto della trascendenza cristiana extramondana e se questi due idealtipi sono quindi accomunati da una Weltanschauung totalmente immanentista è di tutta evidenza che per l’idealtipo smithiano la salvezza è totalmente connotata dall’individualismo metodologico dove quello che conta è solo l’individuo che ha reciso tutti i legami sociali per mantenere solo quelli che gli procurano un diretto tornaconto economico mentre per l’idealtipo rivoluzionario similleniano siamo di fronte ad un’immanenza dove la salvezza è sempre e solamente la salvezza della comunità di riferimento comunisticamente connotata nella quale l’individuo trova il suo paradiso terrestre.

          E se è chiaro che questo secondo tipo ideale dal Cristianesimo ha ereditato il concetto di paradiso che da celeste come nel cristianesimo diventa ora terrestre, anzi molto terrestre  per non dire terreno, e se deve risultare altrettanto evidente che il primo tipo ideale, quello smithiano dell’homo oeconomicus,  ha anch’esso la sua parte di lascito derivatogli dal Cristianesimo, e cioè il concetto di salvezza individuale, solo che nel Cristianesimo questa salvezza individuale e ultraterrena viene ottenuta attraverso la comunità terrena dei credenti (i quali, però, si noti bene, vengono assunti in cielo singolarmente e non come comunità di credenti) mentre nell’homo oeconomicus la salvezza pur rimanendo individuale viene completamente immanentizzata e sfruttando economicamente la società (mantenendo, fra l’altro, da questo punto di vista, una profonda analogia con l’impostazione cristiana dove la salvezza spirituale si ottiene, escludendo i fenomeni cenobitici e/o eremitici, attraverso la vita nella più vasta comunità dei credenti ma sfruttando questa comunità, perché questa, a differenza della mentalità religiosa antica politeista, non ha di per sé alcun valore spirituale intrinseco, essendo solo il mezzo più pratico per conoscere la parola e l’esempio del Salvatore), dovrebbe essere, infine,  altrettanto evidente che il rivoluzionario homo sovieticus condivide molti tratti della vecchia religiosità pagana precristiana greco-romana dove era sempre la salvezza della comunità quella che doveva prevalere sull’individuo.

              Ma se fino ad adesso abbiamo parlato di tipi ideali adottando quindi una metodologia weberiana,  alla stessa stregua di Weber bisogna a questo punto sottolineare che il tipo ideale è solo uno stratagemma descrittivista e che nella realtà esso non esiste. Tutto ciò ricondotto al nostro discorso significa che nella realtà storica nata dall’Illuminismo gli uomini non sono mediamente mai totalmente rivoluzionari similleniani né spietati Uncle Scrooge o Gordon Gekko  (o, ancor peggio, ché la realtà ha sempre più fantasia dei personaggi letterari,  imperialisti versione predatoria delle risorse africane alla Cecil Rhodes – lettura consigliata: The Man Who Would Be King di Joseph Rudyard Kipling, consigliata pure la visione dell’omonimo film con uno strepitoso Sean Connery nei panni del soldataccio inglese David Dravot che per un brevissimo tempo riesce a farsi proclamare re del Kafiristan –, teste coronate alla Leopoldo II del Belgio, imperialista e diretto genocidario sterminatore di milioni di africani – lettura consigliata: Heart of Darkness di Joseph Conrad –, finanzieri filantropi e finanziatori della tratta di esseri umani nonché di movimenti sovversivi negli USA e in giro per il mondo, ma movimenti, ça va sans dire, sempre a favore della democrazia, antifascisti e contro le dittature  alla George Soros – e, per quanto riguarda l’Italia, protagonista di primo piano  nell’aver mandato a fondo la nostra liretta, quando questa esisteva, mettendo  pure in questo illustre mazzo di miliardari filantropi un certo Michael Bloomberg, che per contrastare il mostro Donald Trump durante l’ultima campagna elettorale ha sborsato di tasca sua 16 milioni di dollari  per pagare la cauzione  a 32 mila criminali consentendogli  così di votare in Florida per le elezioni presidenziali statunitensi del 2020. Vedi all’URL   https://www.washingtonpost.com/politics/mike-bloomberg-raises-16-million-to-allow-former-felons-to-vote-in-florida/2020/09/21/6dda787e-fc5a-11ea-8d05-9beaaa91c71f_story.html, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20210202172903/https://www.washingtonpost.com/politics/mike-bloomberg-raises-16-million-to-allow-former-felons-to-vote-in-florida/2020/09/21/6dda787e-fc5a-11ea-8d05-9beaaa91c71f_story.html, cosa non si farebbe per far trionfare la democrazia e la libertà e, soprattutto, combattere il fascismo… –  o premi Nobel per la pace alla bombardiere ed indiretto ma micidiale  sterminatore di intere etnie mediorientali Barack Obama: guerra civile in Siria con relativo finanziamento USA delle “democratiche” e tagliagolesche forze anti-Assad e conseguente quasi totale annientamento dei cristiani  docent – annientamento che sarebbe stato totale se ad un certo punto non fossero intervenuti in quel disgraziato paese i russi per decisione di Putin, quello che oggi gli americani definiscono, senti, senti, assassino: quanto il bue dà del cornuto all’asino…), né rivoluzionari alla Lenin o alla Rosa Luxemburg (e, diciamolo chiaramente, alla Iosif Stalin, alla  Benito Mussolini e Adolph Hitler: rivoluzionari di sinistra e di destra accomunati tutti dal fatto che la salvezza è sempre e solo comunitaria) ma un misto variamente graduato a seconda dell’individuo e delle circostanze storiche di questi due tipi ideali, e quindi avere mostrata nelle sue reali dinamiche storico-dialettiche l’apparente contraddizione segnalata  dell’amico dove sottolineava l’apparente antinomia comportamentale  di  uomini informati ad una mentalità illuminista e/o postilluminista che  hanno saputo (e sanno)  morire qualora le circostanze lo avessero richiesto. (Importante nota metodologica: non a caso ho usato il termine ‘mostrare’ anziché ‘dimostrare’, ché le dimostrazioni vanno forse bene in geometria e matematica ma mai per le scienze storico-dialettiche – ma sottolineando ulteriormente: anche la matematica, la geometria e le c.d. scienze dure sono, in ultima istanza, scienze storico-dialettiche: la dimostrazione è operazione euristicamente valida – ma mai gnoseologicamente fondata,  – solo per i rapporti strategici ormai del tutto consolidati e ossificati da una lunghissima regolarità storica, e allora questi rapporti prendono il nome di leggi di natura, mentre si dovrebbe parlare di regolarità relativamente valide in un determinato perimetro spazio-temporale. Insomma, anche le c.d. leggi di natura, in ultima analisi, hanno una loro evoluzione e mutazione storico-dialettica, solo che per l’esperienza umana intesa in senso individuale e anche nella sua dimensione plurimillenaria di homo sapiens questo mutamento risulta quasi inavvertibile, e quella che nel mio primo  intervento sull’articolo di la Grange ho definito superstizione scientifica che nasconde la natura storico-dialettica della realtà tutta non deriva altro che dalla lentezza della mutazione delle c.d. eterne leggi di natura, lentezza che confonde la debole mente razionale dell’uomo e forma le credenze delle comunità in cui vive, entrambe non aduse – se non per confusi e per lo più inconsci sprazzi e fugaci ombre di questa mente razionale del singolo e della condivisa coscienza collettiva – ad una consapevole visione dialettica storico-strategica – ad una inconsapevole certamente entrambe intrise, diversamente l’uomo si sarebbe estinto – e quindi informata al paradigma olistico-dialettico-espressivo-strategico-conflittuale che forma (ed esplica) non solo l’esperienza storica ma la realtà tutta, quella fisica e biologica comprese. Cfr. a questo proposito Massimo Morigi,  Epigenetica, Teoria endosimbiotica, Sintesi evoluzionista moderna, Sintesi evoluzionistica estesa e fantasmagorie transumaniste. Breve commento introduttivo, glosse al Dialectical Biologist di Richard Levins e Richard Lewontin, su Lynn Margulis,  su Donna Haraway e materiali di studio strategici per la teoria della filosofia della  prassi olistico-dialettica-espressiva-strategica-conflittuale    del    Repubblicanesimo    Geopolitico, pubblicato recentemente prima a puntate sull “Italia e il Mondo” e poi nel suo testo riunito all’URL http://italiaeilmondo.com/2021/03/03/epigenetica-e-fantasmagorie-transumaniste-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20210304224738/http://italiaeilmondo.com/2021/03/03/epigenetica-e-fantasmagorie-transumaniste-di-massimo-morigi/ (ora anche  su Internet Archive  agli URL  https://archive.org/details/epigenetica-teoria-endosimbiotica-sintesi-evoluzionista-moderna-sintesi-evoluzio/mode/2up  e https://ia801506.us.archive.org/17/items/epigenetica-teoria-endosimbiotica-sintesi-evoluzionista-moderna-sintesi-evoluzio/Epigenetica%2C%20Teoria%20endosimbiotica%2C%20Sintesi%20evoluzionista%20moderna%2C%20Sintesi%20evoluzionistica%20estesa%20e%20fantasmagorie%20transumaniste%2C%20Massimo%20Morigi.pdf) ma anche Giuseppe Galasso, Nient’altro che storia. Saggi di teoria e metodologia della storia, Bologna, Il Mulino, 2000, saggio che è da considerarsi come il frutto più maturo dello storicismo idealistico italiano di Gentile, Croce e Gramsci e che è stato decisivo – assieme al Principe e ai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio di Niccolò Machiavelli, al  Vom Kriege di Carl von Clausewitz, alla Filosofia di Marx di Giovanni Gentile, a Storia e coscienza di classe di György Lukács, a Marxismo e filosofia di Karl Korsch e ai Quaderni del carcere di Antonio Gramsci – nella definitiva formulazione  della filosofia della prassi del Repubblicanesimo Geopolitico e che, infine, ha  profondamente influenzato il succitato mio saggio sulla dialetticità e storicità di tutte le scienze: au diable Popper e tutti i suoi nipotini filosofici e politici, ergo sempre au diable la superstizione scientifica e, conseguentemente,  il c.d. ‘politicamente corretto’).

              

         Ultima osservazione in merito alla capacità di mettere a repentaglio la propria vita: qualsiasi sia la mentalità di partenza, si consideri che sempre le classi dirigenti hanno il precipuo compito (e specializzazione) di indirizzare i sottoposti soprattutto contro i propri reali interessi, siano questi interessi individualistici o interessi di gruppo. Vedi il caso della presente pandemia dove, a parte i provvedimenti palesemente irrazionali da parte dell’autorità dove l’obbedienza è stata ottenuta con la semplice minaccia di sanzioni amministrative, vale a dire multe salate per chi usciva di casa in periodo di c.d. lockdown, si è cercato di porre rimedio alla totale mancanza di un senso comunitario, tipico della nostra società liberaldemocratica a democrazia rappresentativa in fase di involuzione terminale, attraverso la retorica dell’eroe, eroi gli infermieri, eroi i membri della forze dell’ordine, eroi, infine, quelli che erano costretti a vivere chiusi in casa, ma certo non per loro libera scelta eroica ma per paura sì del contagio ma anche delle già menzionate salate multe  in caso di trasgressione del lockdown: si confronti a tal proposito la Teoria della distruzione del valore (all’URL dell’ “Italia e il Mondo” http://italiaeilmondo.com/2017/02/04/teoria-della-distruzione-del-valore-teoria-fondativa-del-repubblicanesimo-geopolitico-e-per-il-superamentoconservazione-del-marxismo-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20210120191822/http://italiaeilmondo.com/2017/02/04/teoria-della-distruzione-del-valore-teoria-fondativa-del-repubblicanesimo-geopolitico-e-per-il-superamentoconservazione-del-marxismo-di-massimo-morigi/, di Internet Archive: https://archive.org/details/MarxismoTeoriaDellaDistruzioneDelValore e https://ia800501.us.archive.org/20/items/MarxismoTeoriaDellaDistruzioneDelValore/MarxismoTeoriaDellaDistruzioneDelValore.pdf), nella quale viene rilevata la dialettica fra agenti alfa-strategici e agenti omega-strategici e, più nello specifico, riguardo alla paura dell’uomo nato dall’Illuminismo di affrontare la morte,  il nostro  Massimo Morigi, Intervista di Giuseppe Germinario a Max Bonelli sul coronavirus ovvero Cthulhu morbus come teleologia del (e) fallimento della moderna secolarizzazione. Epifania Strategica e genesi e significato dell’ironico simbolo della morte della trascendenza dei moderni, che, vista la sua importanza, è stata anche autonomamente caricata su Internet Archive ed è quindi visionabile, oltre che sull’URL de “L’Italia e il Mondo” https://italiaeilmondo.com/2020/06/20/intervista-di-giuseppe-germinario-a-max-bonelli-sul-coronavirus-epifania-strategica-e-genesi-e-significato-dellironico-simbolo-della-morte-della-trascendenza-dei-moderni-di-massimo-m/, Wayback Machine:  http://web.archive.org/web/20210123160202/https://italiaeilmondo.com/2020/06/20/intervista-di-giuseppe-germinario-a-max-bonelli-sul-coronavirus-epifania-strategica-e-genesi-e-significato-dellironico-simbolo-della-morte-della-trascendenza-dei-moderni-di-massimo-m/,    anche  agli URL di Internet Archive https://archive.org/details/epifania-strategica-e-genesi-e-significato-dellironico-simbolo-della-morte-della/mode/2up  e https://ia801804.us.archive.org/34/items/epifania-strategica-e-genesi-e-significato-dellironico-simbolo-della-morte-della/Epifania%20Strategica%20e%20genesi%20e%20significato%20dell%27ironico%20simbolo%20della%20morte%20della%20trascendenza%20dei%20moderni%2C%20Massimo%20Morigi%2C%20Repubblicanesimo%20Geopolitico%2C%20Neo-marxismo%2C%20Neo-marxism.pdf, ed anche il nostro recente Id., Concordando con Davide Gionco, la morte, i bonobo, il dittatore Salazar, lOrdine del Drago e il Moderno Principe, allURL dell’ “Italia e il Mondo” http://italiaeilmondo.com/2021/03/09/concordando-con-davide-gionco-la-morte-i-bonobo-il-dittatore-salazar-l-ordine-del-drago-e-il-moderno-principe-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20210310065549/http://italiaeilmondo.com/2021/03/09/concordando-con-davide-gionco-la-morte-i-bonobo-il-dittatore-salazar-l-ordine-del-drago-e-il-moderno-principe-di-massimo-morigi/, mentre sul versante dei rimedi strategicamente validi ma, purtroppo, efficaci solo per quanto riguarda il mettere una pezza politica alla odierna paura del Coronavirus ma non certo a livello di mentalità di massa, cfr. sempre il nostri   recenti Id., Da “il costruttore”  di Giuseppe Germinario: fra corsi e ricorsi (salazaristi), governo Draghi, povertà del sovranismo e nuove prospettive, all’URL dell’ “Italia e il Mondo” http://italiaeilmondo.com/2021/02/22/da-il-costruttore-di-massimo-morigi/, Wayback Machine:

http://web.archive.org/web/20210223065757/http://italiaeilmondo.com/2021/02/22/da-il-costruttore-di-massimo-morigi/ e Id., Governo Draghi e  lotta alla pandemia fra  sprazzi di  strategia, nuovo Erostrato, vecchie (e deleterie) fedeltà e sottomissioni  e povertà dell’attuale sovranismo, all’URL dell’ “Italia e il Mondo” https://italiaeilmondo.com/2021/03/03/fra-sprazzi-di-strategia-nuovo-erostrato-vecchie-e-deleterie-fedelta-di-massimo-morigi/,  Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20210303201325/https://italiaeilmondo.com/2021/03/03/fra-sprazzi-di-strategia-nuovo-erostrato-vecchie-e-deleterie-fedelta-di-massimo-morigi/.

            In mezzo a tutto questo bailamme di tipi ideali, di epoche e momenti storici, di variegate e pluristratificate psicologie, ci sta infine quella che io ho definito  ‘Epifania Strategica’. Sulla quale ho più volte detto ma nella presente comunicazione aggirandomi finora sempre intorno al suo perimetro senza mai però direttamente evocarla all’interno del discorso, vorrei, in conclusione,     mostrarla in luoghi che personalmente non mi appartengono. Intendo riferirmi a Verso la guerra civile. Il tramonto dell’impero USA di Gianfranco Campa, pubblicato sul nostro blog prima a puntate e poi nella sua interezza all’URL http://italiaeilmondo.com/2020/05/16/verso-la-guerra-civile-il-tramonto-dellimpero-usa_2a-parte-di-gianfranco-campa/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20210201075858/http://italiaeilmondo.com/2020/05/16/verso-la-guerra-civile-il-tramonto-dellimpero-usa_2a-parte-di-gianfranco-campa/   e http://web.archive.org/web/20210117223905/http://web.archive.org/screenshot/http://italiaeilmondo.com/2020/05/16/verso-la-guerra-civile-il-tramonto-dellimpero-usa_2a-parte-di-gianfranco-campa/. Oltre alle scontro politico in atto oggi negli USA, scontro politico che per Verso la guerra civile ha le potenzialità di sfociare anche in una vera e propria guerra civile (e l’assalto al Campidoglio dà piena ragione a Campa: a questo proposito si consigliano caldamente anche le numerose videointerviste di  Giuseppe Germinario a Gianfranco Campa che  senza troppe difficoltose ricerche possono essere ascoltate sul canale YouTube de “L’Italia e il Mondo” all’URL https://www.youtube.com/channel/UC0N4F1BmvB1wsb-L8R7dNTg/videos?view=0&sort=dd&shelf_id=0, e comunque visto il loro indiscutibile valore storico-politico –  esse mostrano anche, al di là di ogni ragionevole dubbio, i pesantissimi e decisivi brogli avvenuti nell’elezione dell’ avatar presidente USA Joe Biden, sulle cui degradate facoltà mentali cfr. anche il nostro pure ultimo  Massimo Morigi, Lettera all’avatar Presidente U.S. Joseph Robinette Biden Jr. ( detto Joe Biden) di più di trenta membri democratici del Congresso degli Stati Uniti per limitare il suo potere monocratico di scatenare una guerra nucleare ovvero sul degrado delle classi dirigenti politiche nei regimi a  c.d.   democrazia    rappresentativa. Prima   nota   sull’argomento del theatrum electoralis-fraus electoralis   delle     nostre     post-democrazie     rappresentative, all’URL de “L’Italia e il Mondo”  http://italiaeilmondo.com/2021/03/24/lettera-allavatar-presidente-u-s-_di-massimo-morigi/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20210325065717/https://italiaeilmondo.com/2021/03/24/lettera-allavatar-presidente-u-s-_di-massimo-morigi/, siamo quindi sempre dalle parti, in ragione delle deboli facoltà mentali del neoeletto presidente USA, di una latente guerra civile pronta ad esplodere al minimo innesco –   le stiamo salvando anche su Internet Archive), Verso la guerra civile ci immerge totalmente nel romanticismo delle pioneristiche Stimmung e Weltanschauung  del Pioneers! O Pioneers! di Walt Whitman. È di tutta evidenza, e così smentendo le conclusioni dei miei due precedenti brevi commenti sul bellissimo articolo di Per qualche migliaio in più di Teodoro Klitsche de la Grange, che per l’Epifania Strategica non vale mai l’espressione che chiudeva i frenetici cartoni animati della Warner Bros. ‘Thats’ All Folks!’  (Cartoni animati fenomenali metafore del Novecento e anche del nostro secolo: il sublime e magnifica rappresentazione della superstizione scientifica: Wile E. Coyote che cerca di intrappolare il velocissimo  Road Runner attraverso i cervellotici e fallimentari prodotti della ACME Corporation. Uno dei significati più accreditati dell’acronimo: ‘American Company Making Everything’, od altri molto simili, e come  per l’ACME Corporation – che, vera e propria metafora dell’anti Epifania Strategica, in teoria tutto fa ma nella realtà nulla fa se non causare immani disastri, nonostante in innumeri e inutili occasioni evocata da Willy il Coyote per catturare l’imprendibile e bisbetico Beep Beep; altro nome italiano del personaggio del  maldestro ed ingenuo canide selvatico, sempre votato alla sconfitta perché,  macchiato dai mali della nostra civiltà occidentale postilluminista, sempre ridicolmente speranzoso nella soluzione tecnico-tecnologica calata dall’alto: il Vil Coyote… –, anche per la superstizione scientifica, come ben si è visto nel corso della vicenda del Coronavirus, mai è valso – e mai varrà –  l’allegro motto dei Looney Tunes ‘Thats’ All Folks!’…).

Massimo Morigi – 1° aprile 2021

 

LA PUGLIA DALLA CALIFORNIA DEL FUTURO AL TERRITORIO CONTROLLATO DALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA, a cura di Luigi Longo

LA PUGLIA DALLA CALIFORNIA DEL FUTURO AL TERRITORIO CONTROLLATO DALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

a cura di Luigi Longo

Sul sito www.editorialedomani.it è stato pubblicato, in data 24 marzo 2021, uno stimolante articolo del giovane scrittore Andrea Donaera su La Puglia e il suo negativo, lo storytelling che non viene raccontato. Lo propongo come lettura. A me interessa evidenziare due questioni che si intrecciano: 1) la costruzione ideologica di un territorio, finalizzata, tramite l’arte di raccontare storie, allo sviluppo del settore turistico, che è ritenuto importante per l’economia della Puglia, a prescindere dalla distruzione delle piccole e medie imprese messa in atto strategicamente tramite il covid-19; questa strategia permetterà grandi ristrutturazioni, in un paesaggio complesso e straordinario, a favore delle grandi imprese (soprattutto estere) che produrranno una diversa organizzazione del territorio e un diverso godimento del paesaggio sempre meno accessibile ai più (d’altronde l’Italia non è il giardino dei dominanti statunitensi, russi e cinesi?); 2) il denaro accumulato nelle diverse sfere sociali diventa il mezzo sia del potere sia della fusione del potere legale e del potere illegale (già l’imperatore Vespasiano sosteneva che il denaro non ha riconoscibilità) e diventa difficile distinguere (tranne quando diventa mezzo di conflitto tra gruppi di potere) tra quelli che delinquono legalmente e quelli che delinquono illegalmente perché il sistema sociale, così come è strutturato nelle relazioni di potere e di comando, è una simbiosi di legalità e illegalità sia a livello micro sia a livello macro.

La Puglia non è diventata la futura California italiana, così come ipotizzava Franco Tatò, ma è diventata territorio controllato dalla criminalità organizzata con le sue peculiarità territoriali (Sacra corona unita, quarta mafia, eccetera) e i suoi intrecci nazionali (mafia, camorra e n’drangheta) e mondiali (mafia statunitense, russa e cinese).

Nella provincia di Foggia, la terza provincia più estesa d’Italia con una popolazione di 602 mila abitanti, sono stati sciolti, per infiltrazione della criminalità organizzata, comuni come Cerignola (55 mila abitanti) e Manfredonia (55 mila abitanti), nodi importanti dell’economia e dello sviluppo della Provincia; Monte Sant’Angelo e Mattinata comuni del Gargano dove fino a poco tempo fa la criminalità organizzata veniva interpretata come faida della pastorizia!; la città di Foggia (con una popolazione di quasi 150 mila abitanti) è sotto i riflettori della Commissione del Ministero dell’Interno per la verifica (sic) di infiltrazioni della criminalità organizzata.

Fonte: Direzione Investigativa Antimafia, 2020

 

Manca una conoscenza della penetrazione della criminalità organizzata nelle diverse sfere sociali (economica, finanziaria, politica, istituzionale, culturale e sociale). Si è fermi, nel contrasto alla criminalità organizzata, alla sua sfera militare, che è un aspetto importante dell’accumulazione del denaro, ma non è sufficiente per capire le strategie e gli intrecci tra potere legale e potere illegale (pochi e marginali sono le ricerche in questa direzione).

Siamo in guerra, dichiara il nuovo capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, riferendosi alla pandemia (mai dichiarata) da covid-19. E’ il classico lapsus freudiano. Siamo in guerra perché è una guerra batteriologica tra le potenze mondiali per la spartizione del mondo che comporta un riassestamento di nuovi equilibri, di nuove alleanze, di nuovi squilibri sociali e territoriali, di nuovi modelli sociali che avanzano nell’attuale fase di multicentrismo, accelerata dallo strumento covid-19. A livello italiano è una guerra per la spartizione di risorse di gruppi di potere servili che nulla hanno a che fare con un progetto etico-politico che porti all’autodeterminazione nazionale.

Sullo sfondo vi sono le trasformazioni del territorio pugliese che assume un ruolo sempre più importante per le strategie statunitensi nel mediterraneo (territori e città Nato-Usa, approntamento di infrastrutture che collegano i nodi strategici come Foggia e Taranto, eccetera).

La criminalità ha un ruolo consistente nelle fasi multicentrica e policentrica, la storia questo insegna; ricordo il ruolo che la criminalità organizzata ha avuto in Italia nel secondo conflitto mondiale.

Relegare alla Magistratura, che fa parte dei gruppi di potere (altro che separazione dei poteri che lo stesso Montesquieu non ha mai pensato) è il segno dei tempi.

A me basterebbe una rivoluzione dentro il Capitale (inteso come rapporto sociale) con un nuovo principe capace di un moderno progetto etico-politico che desse dignità e autodeterminazione alla povera Italia e che sostituisse questa classe politica di subdominanti servili. Ai miei nipotini lascerei la speranza di un nuovo principe sessuato capace di una rivoluzione fuori dal Capitale.

 

L’INTERMEZZO DI CAPAREZZA

Vieni a ballare in Puglia

I delfini vanno a ballare sulle spiagge
Gli elefanti vanno a ballare in cimiteri sconosciuti
Le nuvole vanno a ballare all’orizzonte
I treni vanno a ballare nei musei a pagamento
E tu dove vai a ballare?
Vieni a ballare in Puglia, Puglia, Puglia
Tremulo come una foglia, foglia, foglia
Tieni la testa alta quando passi vicino alla gru
Perché può capitare che si stacchi e venga giù
Ehi turista so che tu resti in questo posto italico
Attento tu passi il valico ma questa terra ti manda al manico-mio
Mare Adriatico e Ionio, vuoi respirare lo iodio
Ma qui nel golfo c’è puzza di zolfo, che sta arrivando il Demonio
Abbronzatura da paura con la diossina dell’ILVA
Qua ti vengono pois più rossi di Milva e dopo assomigli alla Pimpa
Nella zona spacciano la morìa più buona
C’è chi ha fumato i veleni dell’ENI, chi ha lavorato ed è andato in coma
Fuma persino il Gargano, con tutte quelle foreste accese
Turista tu balli e tu canti, io conto i defunti di questo paese
Dove quei furbi che fanno le imprese, no, non badano a spese
Pensano che il protocollo di Kyoto sia un film erotico giapponese
Vieni a ballare in Puglia, Puglia, Puglia
Dove la notte è buia, buia, buia
Tanto che chiudi le palpebre e non le riapri più
Vieni a ballare e grattati le palle pure tu che devi ballare in Puglia, Puglia, Puglia
Tremulo come una foglia, foglia, foglia
Tieni la testa alta quando passi vicino alla gru
Perché può capitare che si stacchi e venga giù
È vero, qui si fa festa, ma la gente è depressa e scarica
Ho un amico che per ammazzarsi ha dovuto farsi assumere in fabbrica
Tra un palo che cade ed un tubo che scoppia in quella bolgia s’accoppa chi sgobba
E chi non sgobba si compra la roba e si sfonda finché non ingombra la tomba
Vieni a ballare compare nei campi di pomodori
Dove la mafia schiavizza i lavoratori e se ti ribelli vai fuori
Rumeni ammassati nei bugigattoli come pelati in barattoli
Costretti a subire i ricatti di uomini grandi ma come coriandoli
Turista tu resta coi sandali, non fare scandali se siamo ingrati e ci siamo dimenticati di essere figli di emigrati
Mortificati, non ti rovineremo la gita
Su, passa dalla Puglia, passa a miglior vita
Vieni a ballare in Puglia, Puglia, Puglia
Dove la notte è buia, buia, buia
Tanto che chiudi le palpebre e non le riapri più
Vieni a ballare e grattati le palle pure tu che devi ballare in Puglia, Puglia, Puglia
Dove ti aspetta il boia, boia, boia
Agli angoli delle strade spade più di re Artù
Si apre la voragine e vai dritto a Belzebù
Oh Puglia, Puglia mia, tu Puglia mia
Ti porto sempre nel cuore quando vado via
E subito penso che potrei morire senza te
E subito penso che potrei morire anche con te
Silenzio!
Silenzio in aula!
Il signor Rezza Capa è accusato di vilipendio al turismo di massa e di infamia verso il fronte
L’imputato ha qualcosa da rettificare?

 

LA PUGLIA E IL SUO NEGATIVO, LO STORYTELLING CHE NON VIENE RACCONTATO

di Andrea Donaera

 

Esiste un risvolto torbido, in questa regione. Un negativo, un nero che non viene mai illuminato, perché scientemente nascosto sotto il tappeto di una formula comunicativa che si abbranca disperatamente al valore dell’economia turistica e che promette balli, orecchiette e aperitivi sotto il sole.

Non si potrebbe mai ipotizzare una narrazione del tipo “Gomorra pugliese”, perché oggi la Scu [Sacra Corona Unita, mia precisazione] è il territorio, e non ha (più) bisogno di lotte tra bande.

Una pulsione verso il ridimensionamento, un istinto al camuffamento della realtà. Un amore per il luogo natale che è anche un riflesso incondizionato.

Da qualche tempo, complici fiction tv di grande successo e operazioni editoriali adeguatamente confezionate, si è generato una sorta di nuovo desiderio di Puglia. Il tacco d’Italia si configura sempre più come un eden dove la vita semplice e “come una volta” è accompagnata da gastronomie d’eccellenza, il tutto circondato da un panorama sempre meraviglioso a prova di riprese tramite drone. Una sorta di California del bel paese dove al posto delle start-up della Silicon Valley ci sono agriturismi e stabilimenti balneari che promettono estati indimenticabili.

Bene. Eppure, da pugliese, non riesco a non chiedermi: «Ok, ma… tutto il resto? Com’è possibile che l’altra natura di questi luoghi non venga minimamente comunicata? Com’è possibile direzionare in modo così efficace la percezione di un intero territorio?».

 

L’altra superficie

 

Anni fa, quando ancora vivevo a Gallipoli, mi ritrovai (per una serie di eventi assurdi) a cenare con uno dei più potenti boss della Sacra corona unita. Durante la serata, stimolato dal consueto Primitivo con gradazione di 15 gradi, l’uomo mi disse (parafraso, traducendo dal suo dialetto aspro e stretto): «Il mio lavoro non avviene in superficie. Io sono la superficie». Una frase che non potrò mai dimenticare. Perché esatta, verissima, spietata.

La Scu, attualmente, è diventata una forma di criminalità organizzata che rigetta l’estetica delle mafie televisive o la messa in scena di azioni efferate. Non si potrebbe mai ipotizzare una narrazione del tipo “Gomorra pugliese”, perché oggi la Scu è il territorio, e non ha (più) bisogno di lotte tra bande. La Scu è come le spiagge, è come gli ulivi, è come le piazze abbacinanti nel sole estivo. Una criminalità organizzata di questo genere non ha alcuna epica, e non presta il fianco ad alcun riflettore mediatico. Esiste una rete di individui che illegalmente gestisce le operazioni economiche e sociali, ma si prova in ogni modo a esporre della regione solo la faccia più attraente, semplice, innocua: in Puglia ci si diverte, si sta bene, e basta così. Da questa gestione ci guadagnano un po’ tutti. E il silenzio è garantito.

La nota canzone di Caparezza Vieni a ballare in Puglia fu un caso clamoroso di come la narrazione di questa terra sia ormai intossicata da una posa perennemente da showreel: una musichetta allegra e a tratti becera, sotto la quale le parole al vetriolo del rapper venivano soffocate. La gente, durante quella estate in cui il brano era un tormentone, era letteralmente venuta in Puglia solo per ballare: mentre almeno due mostruose fabbriche producevano – e producono – quotidianamente morte e danni ecologici con il ricatto del lavoro a tempo indeterminato (l’arcinota ex-Ilva e la meno famosa centrale elettrica di Cerano); mentre un teatro comunale veniva reso inagibile perché occupato – con uno strano sistema di usufrutti – dalla madre del boss gallipolino di cui sopra, la quale si accasò nei camerini, per viverci fino a oggi.

In Puglia esiste lo splendore della Bari di Lolita Lobosco, ed è giusto che venga narrato attraverso la penna asciutta ed elegiaca di Gabriella Genisi. Esiste anche la Polignano raccontata da Luca Bianchini, con quella umanità tutta novecentesca e con le mani sempre sporche di farina o di terra coltivata.

Esiste però pure la Puglia dove nelle campagne di Lucera i braccianti si suicidano, in zone che rappresentano un disastro umano e nelle quali sembra operare soltanto il coraggioso sindacalista Aboubakar Soumahoro. Un Salento dove nel giro di pochi anni due omicidi vengono compiuti da giovani con il movente dell’invidia – sintomo eclatante, ma mai davvero esposto, di un’intera generazione avvelenata nel profondo, bloccata in un sistema sociale asfissiante dove si è lontani da tutto. Esiste, insomma, un risvolto torbido, in questa regione. Un negativo, un nero che non viene mai illuminato, perché scientemente nascosto sotto il tappeto di una formula comunicativa che si abbranca disperatamente al valore dell’economia turistica e che promette balli, orecchiette e aperitivi sotto il sole.

Per un pugliese tutto questo è doloroso. Mistificare il proprio luogo d’origine, rifiutando di esporre la realtà palpitante e vera, significa allestire una realtà aumentata. Le mie estati pugliesi assomigliano sempre più a un lungo episodio di Black Mirror in salsa mediterranea, dove tutti i cittadini devono recitare in uno show turistico – uno show che, se non risulta convincente, causerà il vero grande male della nostra epoca: l’assenza di profitto.

 

Camuffare d’istinto

 

Conosco molte persone – quasi tutte millennial, quasi tutte laureate – che vivono in Puglia e per lavoro svolgono la mansione di storyteller: il loro compito consiste nel comunicare il territorio pugliese per renderlo, agli occhi di potenziali turisti, una distesa di luoghi incantati da scoprire. Impacchettano l’idea affascinante di vivere in un posto impermeabile alle mutazioni sociali e ai processi che rendono problematiche le altre aree del sud. In sostanza, il loro lavoro consiste nel mentire sapendo di mentire [corsivo mio]. Consiste nel vendere i tramonti, i ristoranti di pesce, le ricette delle nonne, le notti tarantate, facendo di tutto per non far percepire la superficie, l’altra superficie, di cui parlava il boss della Scu.

Questo storytelling, però, non è compito soltanto di chi lo fa in cambio di un compenso. È come se ogni pugliese fosse, a suo modo, uno storyteller, un narratore che difende lo splendore della propria terra. Si tratta di un processo forse intrapsichico, che prende vita senza possibilità di razionalizzazione. Io ne sono un esempio. Quando, durante degli eventi pubblici, racconto la cena con il boss sopracitata, finisco sempre per smorzare il racconto con una qualche battuta («Comunque i gamberi di Gallipoli sono buonissimi anche se li dividi con un capomafia»). Una pulsione verso il ridimensionamento, un istinto al camuffamento della realtà. Un amore per il luogo natale che è anche un riflesso incondizionato.

Un fenomeno inquietante, da questo punto di vista, avvenne alcuni mesi fa quando lo scrittore salentino Omar Di Monopoli pubblicò un articolo, sulle pagine di un quotidiano nazionale, nel quale provava a problematizzare l’omicidio commesso a Lecce dal giovane Antonio De Marco ai danni di una coppia di amici. Di Monopoli connetteva l’odio sistematizzato di De Marco verso la felicità altrui (questo il movente confessato dal ragazzo agli inquirenti) con un “male” che aleggerebbe in quella periferia d’Italia rappresentata dal Salento. Il risultato fu una clamorosa shitstorm di pugliesi che, sui social, ringhiarono frasi come: «Tu non sai niente di questi luoghi», «Sciacquati la bocca prima di parlare del Salento».

Censurare, dunque. Ecco cosa resta a chi prova a narrare la Puglia. Oppure camuffare. Allestire un personaggio piacevole e nazionalpopolare come il vicequestore Lobosco per poter esternare, almeno parzialmente, un qualche risvolto criminale tipico di certo sud. Nascondersi dietro il dito della comicità, come fece Carlo D’Amicis nello splendido romanzo La guerra dei cafoni, per poter delineare la drammatica guerra di classe e generazionale, ancora in corso in molte aree pugliesi, tra benestanti e non. Insomma, usare artifici, ecco cosa resta: ma con la consapevolezza che, probabilmente, il messaggio che il grande pubblico vorrà continuare a ricevere sarà quello della Puglia come location dell’idillio – lo stesso messaggio che la maggior parte dei pugliesi vuole o deve promulgare.

Oltre cinquant’anni fa, il poeta leccese Vittorio Bodini teorizzava l’architettura barocca del Salento come la risposta estetica a una sorta di horror vacui che fa parte naturalmente delle anime di chi vive in quel luogo. Oggi quell’horror vacui c’è ancora, sempre più forte. E al posto del barocco c’è lo storytelling, ci sono i Baci da Polignano, ci sono le fiction. Forse è giusto così. Ma per chi?

 

 

Stati Uniti, un leader evanescente_con Gianfranco Campa

Gli Stati Uniti devono risolvere entro pochi mesi un problema imbarazzante di leadership. Hanno un presidente sempre più evanescente e sempre meno presente non solo nelle grandi decisioni ma anche nella gestione degli affari quotidiani. La conduzione politica si sa che è un affare soprattutto di centri decisionali che agiscono preferibilmente nell’ombra. Solo nei momenti di crisi acuta sono costretti ad emergere; lo si è visto nei quattro anni di presidenza Trump. Non disporre però di figure adeguate in grado di gestire la scena, di mantenere la rete di relazioni e di costruire una immagine del potere sufficiente a giustificare le scelte può creare seri problemi di coesione, credibilità e legittimità in una situazione già di per sè complessa, contraddittoria e frammentata. Una situazione di stallo ma con problemi che rischiano di saltare tra le mani. Tempo di forzature e provocazioni. L’Europa si preannuncia un campo di azione ideale, a cominciare da est_Giuseppe Germinario

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LA TRINCEA DEI CATARROSI, di Antonio de Martini

LA TRINCEA DEI CATARROSI
Oggi è il 28 marzo. Lo commemoro in esclusiva nazionale.
In questo giorno del 1947, l’Italia fu chiamata – assieme agli sconfitti – al tavolo dei vincitori a firmare il trattato di pace in cui ci tolsero anche le mutande e che pose la parola fine alla seconda guerra mondiale,
Tra un mese circa, il 25 Aprile
– festa nazionale- avremo la sfilata celebrativa di commemorazione della nostra vittoria della seconda guerra mondiale.
Due gruppi di italiani, entrambi stupidi e faziosi, celebreranno l’evento da opposti punti di vista, senza rendersi conto di perpetuare così il danno maggiore autoinfertoci che è quello della rottura spirituale dell’Unità nazionale.
La Germania fu divisa in due stati, ma rimase unita spiritualmente. Noi restanmo burocraticamente uniti, ma siamo ancora divisi.
Non è piu il caso di invocare la pacificazione o la concordia, come “ Nuova Repubblica” ha fatto dal giorno della fondazione unendo nell’appello insigni italiani delle due parti.
Si può solo sperare che il Covid faccia il suo lavoro e ci liberi degli ultimi rancorosi delle due parti, affidando le sorti d’Italia alle successive, smemorate, generazioni che credono che la guerra contro la Germania l’abbia vinta Tardelli.
Non so cosa sia peggio.
« GUERRINO SOL CONTRO TOSCANA TUTTA »
Il nuovo governo USA sta delineando la propria fisionomia, caratterizzandosi con una politica che può, al momento, definirsi quella « della suocera di Trump ».
Si guarda all’operato del predecessore e si cerca una rottura di continuità pur nella costanza degli atteggiamenti fondamentali.
Dopo aver dichiarato che non avrebbe brigato un secondo mandato, Biden ha fatto la dichiarazione opposta.
Non è impazzito, ha capito che l’amministrazione – il deep state – ha bisogno di credere che le scelte del presidente siano destinate a durare e ha promesso continuità.
Per ora l’attivismo della macchina di politica estera statunitense é frenetico e omnidirezionale.
Nell’arco di 72 ore gli USA hanno minacciato di sanzioni la Germania, la Russia, l’India e la Cina.
I tedeschi per il gasodotto nord stream, la Russia perché maltratta gli oppositori interni, l’India perché compra il sistema antiaereo russo e la Cina perche bistratta Uiguri e tibetani,due delle 54 minoranze del Celeste impero.
Se a questi si aggiungono i Turchi, l’Iran, lo Yemen, i somali, il Venezuela, il piccolo Libano, l’Afganistan , la Libia, la Siria, l’Irak, (con Myammar e Bielorussia in dirittura di arrivo nella lista dei sanzionandi), anche sottraendo il Sudan – arresosi di recente almeno a parole e l’Africa occidentale subappaltata ai francesi- siamo al contenzioso con quattro miliardi di abitanti del pianeta su sette.
Armatosi di buona volontà, Biden é già venuto a partecipare alla riunione UE per dare un tocco di bonomia personale alle minacce, ha stabilito di ripescare alcuni valori tradizionali della democrazia americana caduti in desuetudine e deciso di attendere gli esiti elettorali del 2022 previsti per una serie di paesi tra cui Italia, Libano, Irak e Turchia.
PRIORITÀ ALLA NATO ?
La seconda visita sarà alla NATO che sta per varare il suo nuovo assessment strategico .
L’organizzazione Nord Atlantica ha acquisito una valenza nuova da quando è ormai l’unico consesso – dopo la Brexit- in cui convivono gli europei continentali con i britannici .
Se si vuole fare la voce grossa coi russi, la NATO è lo strumento indispensabile e l’Italia ha il ruolo chiave.
Lo ha notato il generale Arpino – ex capo di SM della Difesa, della classe 1937 – che ha segnalato con un articolo su “ Formiche” l’interesse dell’Italia a restare nell’alleanza ( dice che chi la pensa diversamente è ingenuo o in malafede) e invita a sfruttare l’occasione per indirizzare l’attenzione verso il sud.
Arpino pensa certamente al fianco destro dell’alleanza che dalla fondazione ad oggi è stato sfondato: l’Iran e l’Irak sono inagibili, la Siria è ormai una caposaldo russo, la Turchia in pericolo e Libano e lo stesso Israele infiltrati.
Siamo destinati a subire il primo urto.
La strategia antirussa USA di sostegno alle repubbliche baltiche dove siamo stati “ costretti” a inviare dei nostri aerei,
cozza contro i nostri interessi strategici ( vigili sul fianco destro) economici ( energia da Egitto e Libia) commerciali ( i mercati del Levante) .
Il generale confida, con cortese incertezza, nella abilità manovriera dei nostri governanti agli incontri tra alleati per ottenere attenzione.
Forse è meglio usare parole brutali ma franche agli alleati: la volta scorsa in cui fummo centrali per l’alleanza, con De Gasperi e Pacciardi, l’Italia ebbe Manlio Brosio ( un politico) nominato segretario Generale dell’alleanza, aiuti militari a fondo perduto e qualche sostegno finanziario.
E rispetto.
Adesso, a parte qualche vaccino, cosa offrono?
Commenti
Alberto Del Buono

a mio parere il candidato ideale sarebbe

Vincenzo Camporini

. Ha l’esperienza e la grinta per fare bene e sottrarremmo un uomo ingenuo alle grinfie di partitanti che ne sfruttano l’onorabilità.

Renzi sarebbe un pericolo serio per l’integrità della lingua inglese e una scelta divisiva.
Antonio de Martini

Caro de Martini, la sua stima mi lusinga, compresa la definizione di ‘ingenuo’ che interpreto nel senso di chi è portato ad avere fiducia nel prossimo. Fortunatamente per me, la sua è un’idea isolata: si immagina lei le vesti strappate e gli alti lai nel caso un Generale venisse designato, o solo proposto per un tale incarico politico? Ce ne sarebbe per far cadere un governo! Grazie in ogni caso per la sua considerazione, che mi fa molto piacere, perché so essere sincera e profonda.

Vincenzo Camporini

caro generale. Apparentemente isolato ho chiesto a giorni alterni l’affidamento dell’epidemia allo Stato Maggiore per un intero anno. Hanno cooptato un generale – fino a ieri impensabile- e presto allargheranno le maglie eliminando …

Altro…
Antonio de Martini

Lei suggerisca l’idea come sa fare e vediamo se qualcuno ascolta.

Una buona notte.
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