AIUTANTI, SOPPORTATI, NEMICI_di Teodoro Klitsche de la Grange

AIUTANTI, SOPPORTATI, NEMICI

Tra i (modesti) vantaggi che le emergenze politiche, economiche e sociali possono arrecare, c’è quella di chiarire e porre in evidenza caratteri (e funzionamento) di regolarità politiche già evidenziate dalla dottrina. Così è per il Covid 19.

I sostegni dispensati dal governo Conte-bis – e in parte anche dall’attuale – dividono il grosso della popolazione italiana in tre macro-gruppi: coloro che vivono di uno stipendio pubblico/pensione, garantiti al 100%. Anzi tenuto conto delle chiacchiere sullo smart working pubblico (così diverso da quello privato), anche caratterizzato da una sostanziale identità di retribuzione a fronte di una prestazione più comoda, spesso ridotta e talvolta inesistente. Poi i dipendenti privati, con garanzie inferiori ai pubblici (tuttavia estese – causa pandemia – a quelli che non l’avevano). Infine i lavoratori autonomi, rimasti , in gran parte o totalmente senza tutela o con ristori minimi (Conte) ovvero con modesti (ma più diffusi) sostegni (Draghi).

A giustificare trattamenti così radicalmente differenziati, la retorica mainstream si è servita di tutti gli espedienti. Il primo, l’oscuramento (non parlarne e gonfiare le altre notizie). Poi la mistificazione – come enfatizzare le regole e dimenticare le (vastissime) eccezioni. Così ad esempio, i ristori ai lavoratori autonomi che non si applicavano ai pensionati (o agli iscritti) degli enti di previdenza privati (cioè a quasi tutti). Anche le usuali litanie: ce lo chiede l’Europa… siamo i più bravi ad affrontare l’emergenza (se non fosse per…qualche migliaia di morti in più degli altri) hanno trovato la propria consueta collocazione nei discorsi di propaganda.

È mancata invece totalmente l’applicazione generale e omogenea (se non identica) di quello che è uno dei principi costitutivi di qualsiasi comunità politica, ancor più se democratica, quello di solidarietà politica, sociale, economica collocato nell’art. 2 della Costituzione “più bella del mondo” (ossia tra i doveri fondamentali).

Ancorché il dovere di solidarietà abbia una funzione costitutiva delle comunità, non è quel che qui m’interessa considerare, ma è la conferma della teoria (da ultimo espressa) da Gianfranco Miglio su classe, organizzazione (e sintesi) politiche. Scrive Miglio che se configuriamo la sintesi politica come una sfera “abbiamo un nucleo centrale costituito dalla classe politica, mentre intorno si ha una classe dirigente con certi rapporti di osmosi rispetto ai ‘seguaci indifferenziati’ e, dall’altra parte, rispetto al nucleo che costituisce la classe politica stessa” e prosegue “i politologhi ritengono che fra classe politica in senso stretto e seguaci in senso lato si situi una fascia che alcuni chiamano «classe dirigente» e altri «classe politica secondaria»”; “oltre alla guerra contro il nemico, la classe politica svolge una funzione verso i propri seguaci… nei riguardi del nemico ci si attende una ‘rendita politica’ il vivere a sue spese”.

Il primo servizio reso  dalla classe politica, dopo la protezione dal nemico, “è una funzione di tutela della pace interna, che consente la sopravvivenza, mediante lo scambio, degli aggregati. Ogni aggregato vive dello scambio ‘privato’, del rapporto di ‘contratto-scambio’, di mercato ed è in attesa di rendite politiche”; il criterio di distinzione tra le une e le altre è che “nella rendita di mercato è elevata l’aleatorietà. Mentre la ragione per la quale vengono appetite le rendite politiche è data dal fatto che sono garantite”; il mezzo per approvigionarsene è la costrizione “All’esterno abbiamo le rendite politiche vere e proprie, costruite mediante un prelievo coercitivo: tutti i cittadini devono pagare le imposte, devono corrisponderle secondo un criterio proporzionale”; tali tributi “ vengono riversati come paghe pubbliche ai partiti politici, cioè a coloro che vivono al loro interno, quindi nella pubblica amministrazione”. Nella quale “Interessa piuttosto ottenere la paga pubblica. Quando si sente dire: «È meglio andare a fare il pubblico funzionario, perché almeno non ti licenziano mai», è perché la paga è garantita”: le rendite pubbliche (e così le paghe pubbliche) tendono alla garanzia assoluta del reddito, anche se “si tratta di paghe modeste in genere nel caso di paghe pubbliche garantite, laddove il sistema politico funzioni”. Basse ma non aleatorie, invece nel caso dei redditi di mercato, non c’è (teoricamente) un “tetto”, ma c’è l’aleatorietà. Nel dividere le prestazioni all’interno della sintesi politica occorre distinguere: vi sono cittadini che prestano una fedeltà passiva (scrive Miglio), cui vengono (di solito) erogati una prestazione generica, l’assicurazione dell’efficacia dell’obbligazione necessaria a “scambiare beni e prestazioni e quindi a sopravvivere”. Doveri fondamentali che, specie il secondo, sono assai compromessi dalla sgangherata burocrazia della Repubblica.

C’è poi una seconda categoria “che si crea nel caso dei seguaci attivi, cioè gli ‘aiutanti’ del potere politico. Costoro prestano ai capi politici una fedeltà attiva, ossia atti e comportamenti continuati, per far sì che coloro che detengono il potere lo conservino”, ai quali è garantita, almeno, una paga pubblica[1].

Ma, scrive il politologo lombardo “c’è una terza categoria (terza fascia) di seguaci: quelli ai quali si estorcono le risorse per erogare le paghe politiche. Sono i seguaci che potremmo definire dominati…A costoro normalmente la classe politica dà una protezione che possiamo definire ‘negativa’. È la protezione nei riguardi di se stessi: consiste nel garantire la sopravvivenza… Costoro, in cambio della sopravvivenza, devono prestare un tributo. Nei sistemi politici dei giorni nostri c’è la possibilità di un’osmosi continua fra questi due strati, tra la prima e la terza fascia, per cui di volta in volta il seguace ‘non attivo’, quello che non fa politica, può diventare temporaneamente un seguace dominato soggetto a tributo” (il corsivo è mio).

Cosa, della situazione attuale, può ricondursi, con qualche adattamento alla tripartizione di Miglio? Nel lungo periodo (cioè prima dell’emergenza pandemica) i connotati della divisione erano più sfocati (a parte le nebbie della propaganda, che contribuiscono a ciò). Così l’inefficienza della burocrazia, parte necessaria dell’aiutantato (anche se spesso non ritenuta tale), che invece ora è evidenziata perfino da coloro che hanno contribuito a renderla tale, con nomine, norme e direttive, per cui le rendite dalla stessa percepita appaiono ancor più sproporzionate alla produttività della stessa. Così per le prestazioni rese ai seguaci non attivi, come (ancora) quelle delle pubbliche amministrazioni e della giustizia. A tale proposito nel celebrare l’anno giudiziario 2021 i responsabili dei principali uffici giudiziari hanno informato che la già scarsa produttività della giustizia italiana è calata, causa pandemia, di quasi un terzo. Ma ancor più, le misure prese per fronteggiarla, hanno confermato l’intenzione ostile verso i lavoratori autonomi almeno di una frazione della classe politica; quella che si autorappresenta come “sinistra” o “centrosinistra”. La combinazione di chiusure forzate (per lo più necessarie) e ristori minimi o inesistenti, mostra (almeno) il totale disinteresse verso le condizioni di vita di buona parte degli italiani, e la (radicale) differenza rispetto agli altri, il cui trattamento, rispetto all’emergenza, è di gran lunga più favorevole.

Tale contestazione consente da un lato di confortare le considerazioni del politologo lombardo che le rendite politiche sono fattore decisivo della collocazione e dal trattamento delle classi all’interno della sintesi politica; dall’altro che la regolarità dell’amico-nemico non è limitata al campo esterno alla sintesi (cioè al rapporto con altra sintesi, ovvero, per lo più Stati esteri), ma si proietta anche all’interno, come d’altra parte, rilevato già da Schmith, e, più in generale, dal pensiero politico, soprattutto realista (Machiavelli compreso).

In conclusione: se ora appare evidente che buona parte del popolo italiano scende in piazza per affermare il proprio diritto all’esistenza economica e sociale (se non addirittura fisica), questa non è che la reazione ad una intenzione ostile (v. Clausewitz) che parte della classe politica, quella che è stata quasi sempre al governo negli ultimi dieci anni, ha manifestato e praticato, prima più occultamente e misuratamente, ora in modo più evidente e smisurato. Per cui se a tale intenzione ostile, si reagisce da parte dei dominati in modo più energico e manifesto, non se la possono prendere con i dissidenti attivi.

In fondo vale per ogni conflitto quel che Francisco Suarez pensava per la guerra: bellum defensivum semper licitum; chi si difende e difende la propria esistenza politica, economica e sociale non fa nulla di illecito.

Teodoro Klitsche de la Grange

[1] V. “Quale migliore, più concreta, immediata e palpabile garanzia esiste se non quella di una paga pubblica, di uno stipendio garantito politicamente? Comunque andranno le cose, comunque andrà il mercato e si evolverà la situazione economica, la paga verrà ricevuta. Al limite, la garanzia verrà assicurata anche stampando moneta non sorretta da un corrispettivo di valore e quindi si estorceranno risorse all’intera comunità per poter disporre  dei segni monetari necessari al pagamento della paga politica” Lezioni di politica, Scienze della politica, Bologna 2011, p. 334.