GIU’ LA TESTA, di Pierluigi Fagan

GIU’ LA TESTA. [Settanta anni di storia occidentale in versione condensata] Più l’Occidente perde potere demografico, economico, geopolitico in favore del resto del mondo, più questo “resto” reclama e reclamerà una gestione più democratica del mondo comune.
Più il resto del mondo reclama e reclamerà una condivisione maggiore dei poteri che decidono le cose del mondo, più l’oligarchia del sistema occidentale dissolverà ogni residuo di democrazia interna al proprio sistema.
Più il mondo si avvia a nuovi ordini multipolari, meno democrazia ci sarà in Occidente. Questo perché la “ricchezza delle nazioni” che ordina le nostre società, dipende spesso direttamente, altre volte indirettamente, da quanta porzione di mondo controlliamo come “sistema occidentale”. Meno controllo, meno ricchezza distribuibile, più problemi sociali, quindi meno democrazia.
L’intero movimento storico richiederebbe qui da noi una revisione molto profonda dei nostri modi di essere, dagli individuali ai sociali, dalle istituzioni sociali e giuridiche alle forme politiche, soprattutto, prima, le forme mentali, le immagini di mondo. Stiamo passando ad una nuova epoca storica, ma senza una democrazia tutto questo è impossibile.
La democrazia non è un sistema ad interruttore che c’è o non c’è. Nelle società complesse dovrebbe essere un “tendere a…” con vari gradi di intensità, il continuo rischio di regressione, una lunga scala ascensionale di espansione ed intensione da sperimentare, correggere e riproporre con passi indietro e qualcuno avanti, lungo decenni e decenni.
Quanto alle molto giovani e già appassite “democrazie occidentali”, la forma guadagnata nel dopoguerra ha avuto un certo impeto per i primi tre decenni, poi è stata sistematicamente ridotta e sabotata. La democrazia è un ordine culturale, emerge da un certo modo di essere della cultura (in senso esteso) dei cittadini di uno stato, modo che va coltivato e continuamente evoluto, solo dopo si formalizza in un ordine giuridico, non si compie perché ce l’hai scritto in Costituzione.
La sistematica ed intenzionale erosione democratica degli ultimi quattro decenni è avvenuta perché le élite del sistema occidentale, hanno compreso già da metà anni ‘70 che la triplicazione mondiale della popolazione umana che si è poi compiuta dal dopoguerra ad oggi e l’inevitabile trasferimento al resto del mondo dei modi economici moderni (ben prima della globalizzazione) avrebbero progressivamente chiuso le condizioni di possibilità del sistema di cui loro erano l’oligarchia eletta.
Hanno così varato una doppia strategia adattativa, adattativa per loro. Non vedendo alternative se non rimettendo in discussione i loro unilaterali interessi, le élite hanno stracciato il contratto sociale. Se non si capisce il punto critico, non si capisce la svolta neoliberale . Sappiamo da millenni che certe persone sono avide, non si spiega con l’epidemia di avidità la svolta anni ’80-’90, c’era una razionale.
Da una parte hanno liberalizzato la circolazione dei capitali, i loro, di modo da scommettere sulle crescite di questi nuovi spazi (soprattutto in Oriente, materie prime, scommesse sulle altrui scommesse, nuove tecnologie) ed accumulare così depositi di valore in pochissime mani come forse mai -complessivamente- prima registrato nella storia umana. Oltretutto stoccati in decine e decine di paradisi fiscali quasi tutti, invariabilmente, anglosassoni.
Lo spazio per una crescita continuata della complessiva ricchezza occidentale andava a va a restringersi oltreché per ragioni esterne, per ragioni interne di fine ciclo. Il sistema di economia moderna, come ogni cosa, ha un suo ciclo, non è un ordine eterno. Ha a che fare con umani e natura, enti finiti, difficile trarre un infinito dai finiti. Segue una curva logistica e sempre che poi non si trasformi in una a campana, è una erezione eterna solo nella metafisica economica.
Dall’altra, sapendo che l’intero movimento economico collegato alla loro “globalizzazione” avrebbe generato una pressione restrittiva verso il medio e basso sociale interno, hanno costruito teorie versione migliore dei mondi possibili per dar sostegno a quello che stava succedendo nel mentre hanno cominciato sistematicamente a ridurre quantità e qualità democratica dell’ordine interno. Questa seconda azione era in previsione del quando la narrazione si sarebbe scontrata con gli effetti della diversa realtà. Coi muscoli bolliti, quando la rana realizza che nella pentola il calore è insopportabile, non può più saltar fuori. Noi tutti, oggi, siamo quella rana, ci manca la democrazia per provar a saltar fuori, ci hanno bollito i muscoli democratici a fuoco lento. Ma adesso sono passati direttamente al cervello.
Negli ultimi quaranta anni è crollato il Politico occidentale. Vanno a votare sempre meno persone, più per abitudine che per convinzione o passione politica. La “passione” è un sentimento impossibile oggi da collegare a “politica”. E dire che viene da polis, la nostra forma di vita associata, l’essere in società con estranei e tuttavia, dipendervi, non si vede di cosa di più importante dovremmo occuparci in quanto soci di una società. La qualità della conoscenza distribuita rispetto ai problemi che abbiamo è infima, così il dibattito pubblico che la riflette in modo anche peggiore.
Il pluralismo politico ha perso interamente la sua fazione di sinistra che pure era quella che aveva spinto alla democratizzazione sin dalla Rivoluzione francese, nel movimento primo Novecento per il suffragio universale e poi nel dopoguerra. Il suo centro ha perso in Europa la sua matrice cristiana e sociale ed è diventato sempre più anglo-liberale. La sua destra, un destra che storicamente col concetto di democrazia c’entra poco visto che crede le diseguaglianze “di natura”, è cresciuta in composizione cha va da un confuso nazionalismo sovranista che però poi viene tradito non appena si ottengono posizioni di governo, ad un eterno tradizionalismo conservatore, a qualche esuberanza demagogica che però serve solo a trasformare rabbia repressa in voti per andare a gestire il sistema in nome e per conto l’élite liberale. Magari versione un po’ meno “woke” ma con non meno intenzione nel controllare lavoro, redditi, fisco, leggi, diritti sociali, cultura, democrazia imponendo diseguaglianze in favore del dominio oligarchico.
A fine anni ’70, mentre l’oligarchia americana convocava i vassalli europei e giapponesi per spiegare loro che i gravi e crescenti problemi di governabilità che si andavano a registrare negli anni ’60-‘70 erano dovuti ad un “eccesso di democrazia” (rapporto alla Commissione Trilaterale 1975, parliamo di Samuel Huntington, il “principe” della “scienza” politica di Washington), un astuto cinese dal nome Deng Xiaoping, che aveva studiato in Francia per “Imparare la conoscenza e la verità dell’Occidente per salvare la Cina”, cominciò a trapiantare semi di sistema economico moderno nel suo paese andato incontro a seriali fallimenti a seguito della applicazione delle idee marxiste-leniniste-maoiste in economia. Quel complesso teorico di audaci ambizioni era validissimo sul piano teorico e su quello critico, ma del tutto fallimentare sul piano economico. A seguire, la svolta cinese si è espansa al Sud Est asiatico e poi a tutto l’ex-Terzo Mondo. Quel Sud Globale che oggi reclama più democrazia nella conduzione dell’ordine del mondo agli stessi che negli ultimi decenni l’hanno contratta nei nostri paesi.
Quello di Deng era “capitalismo”? Purtroppo, definire “capitalismo” porta via interi boschi per trarne carta su cui scrivere definizioni poi da rivedere, collegare tra loro, precisare, ambientare in storia e geografia, con spruzzi antropo-culturali e vari tipi di distinzioni tassonomiche che si perdono nelle varie eccezioni a gran sempre più fine; quindi, alla fine, è un imprendibile ed imprecisabile concetto-saponetta e quindi la domanda non ha senso. Basta andare in libreria o biblioteca e vedere quanti si sono periti di dar la loro definizione che è sempre parziale ed incompleta, da più di un secolo e mezzo. È un ordine economico? Sociale? Politico? Geopolitico? Culturale? Storico? Religioso? Il concetto così formulato è inservibile. Ce lo scambiamo con l’aria di chi capisce bene cosa intende, ma credo non sia così, è ormai un vago “luogo comune” per giochi linguistici sociali. La diagnosi su “in quale sistema viviamo?” non è chiara, ovvio non lo si sappia gestire diversamente.
C’è una differenza fondamentale tra sistema cinese e sistema occidentale e non è nell’economia ma nella relazione tra economia e politica. Nel sistema cinese, c’è una economia di tipo moderno-occidentale, con più o meno Stato e relativo mercato, ma l’ordinatore finale della società è politico, è nel Partito Comunista Cinese, partito unico che ha in esclusiva tutte le chiavi ordinative in mano (giuridiche, militari, fiscali). Nel sistema occidentale, invece, la forma economica è solo di mercato (tutt’altro che smithiano, in realtà corrotto, manipolato, mono o oligopolista, spesso aiutato dallo Stato in vari modi), ma soprattutto la politica è decisa dall’economia, non dai cittadini. In Occidente, Il partito unico che ha tutte le chiavi in mano, è fatto dai funzionari del sistema che garantisce ad una ristretta élite di accumulare sempre più ingenti quantità di capitale e potere, qualunque cosa succeda nel mondo e nel mercato stesso. Anzi, tanto più è difficile sfruttare il mondo come è stato fatto per almeno tre secoli, tanto meno funziona il mercato interno, tanto più potere e capitale vogliono accumulare temendo l’implosione sociale o ambientale o geopolitica e quindi tanto meno democrazia possono sopportare.
I cittadini debbono veder svanire il loro peso politico democratico e subordinarsi sempre più, lavorare sempre di più, guadagnare sempre di meno, rendersi flessibili e morbidi, pensare sempre meno, discutere sempre meno, stare con la testa china su qualche device elettronico per sognare o sfogarsi. Al limite, possono scrivere contro l’ennesima ingiustizia, fare “critica culturale” o denunciare le trame oscure di quelli di Davos. Possono cioè “criticare”, così certificano che qui da noi c’è la libertà. È la democrazia “liberale” ovvero la dittatura della minoranza per evitare quella della maggioranza.
Negli ultimi due anni, abbiamo visto l’Europa, sistema storico che ha all’incirca più di due millenni ed a lungo dominante, disintegrare ogni propria autonomia in favore dell’élite americana. Tre giorni dopo l’inizio della voluta guerra in Ucraina, l’Europa si è “consegnata” ed è oggi una inerte e vassalla propaggine del sistema americano. Gente che solo fino a tre anni fa era convinta che tutto il mondo fosse un mercato post-storico destinato a sciogliere gli stati centralizzati in favore di nebulose di città-Stato profumate di innovazione, scambi senza frontiere e gobal-cosmopolitismo, ora sbava urlante per produrre più carri armati, più missili, più bombe per dar una lezione alle odiate autocrazie e difendere le nostre prerogative di “civiltà”.
Alcuni studiosi hanno scritto analisi e libri sul quanto repentino e profondo fu il cambio di mentalità tra primavera ed autunno del 1914. Speriamo sia vera quella battuta delle ripetizioni di tragedie in farse, letterariamente suona bene ma nei fatti non ne sarei così sicuro. Dopo due conflitti mondiali di origine intra-occidentale, c’è sempre la possibilità del “non c’è due senza tre”, è nella nostra poco compresa e scabrosa genetica storico-culturale.
Siccome qui in Occidente non siamo cinesi ovvero non abbiamo quella storia, geografia e cultura, da noi è impensabile un sistema politico con un partito unico per giunta socialista o addirittura comunista, almeno nelle dichiarazioni. Da noi, invertire le relazioni tra politica ed economia, avrebbe dovuto vedere una cosciente, forte e costante pressione di massa per evolvere e migliorare la nostra democrazia.
Ma le élite a partire da quelle di Washington, proprio cinquanta anni fa decisero che questa strada doveva esser percorsa al contrario. La sinistra che pure aveva contribuito a svilupparla ed un po’ se l’era trovata in atto per reazione al collasso bellico, che più di ogni altra parte politica avrebbe dovuto strenuamente difenderla, non avendone una teoria nei sacri testi tutti di economia e con un po’ di “rivoluzione” qui e lì, non si è accorta di niente. Ha continuato la sua “critica al capitale”, una sorta ormai di inoffensiva contro-religione negativa ai cui officianti non si nega una cattedra universitaria, con le sue sterili e formali dispute scolastiche che non interessano nessuno ed annichiliscono ogni fluttuazione sociale perché non conforme alle previsioni dei sacri testi. Questo nella sinistra intellettuale che sognando il superamento del capitalismo intanto s’è fatta scippare la minima democrazia.
Quella che interpreta weberianamente la politica come professione, s’è invece adeguata presto alla versione di una economia sempre più per pochi, sempre più ricchi, sempre più potenti, un modo economico sempre meno sociale e sempre più individualista ed americano. Una sinistra senza identità perché non ha un chiaro progetto sul mondo (del resto visto che i teorici s’impegnano solo in critica cosa vuoi che sappia costruire?), votata sempre meno perché se devi avere ad ordinamento il sistema di mercato allora scegli chi di quel sistema è conseguenza o al limite, la sarabanda di destra che tanto non mette certo in discussione i fondamentali e si dedica ai “valori” immateriali. Un po’ più armi e crocifissi ed un po’ meno gay e migranti.
Senza una minima forma di reale democrazia non possiamo dire niente, fare niente, decidere niente, cambiare niente. C’è gente che è morta, nella storia, per averla e darcela in eredità. Noi l’abbiamo persa come si perde il tempo, senza accorgersene. I posteri si domanderanno dove avevamo la testa…

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Disfare la Francia senza fare l’Europa . Hajnalka Vincze

Disfare la Francia senza fare l’Europa

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Hajnalka Vincze (*)

Specialista in relazioni transatlantiche

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Se le dichiarazioni del Presidente Macron sulla “sovranità” (sovranità europea, cioè) sono un dato di fatto, il concetto di autonomia strategica, sostenuto da Parigi per decenni, sta conquistando cuori e menti. Meglio ancora: “la battaglia ideologica è stata vinta”, si vanta. Ma qual è la realtà?

Un contesto contraddittorio
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Il capo di Stato ha approfittato della sua visita in Cina lo scorso aprile per gettare una nuova chiave di volta nella mischia internazionale (cfr. “Macron esorta gli europei a non considerarsi “seguaci” degli Stati Uniti”, Politico.eu, 9 aprile 2023). I suoi commenti, secondo i quali l’Europa nel suo complesso dovrebbe prendere le distanze dall’alleato americano, non erano rivolti esclusivamente alla situazione con la Cina e Taiwan. L’obiettivo era quello di dare un tono a una serie di colloqui cruciali in Europa. A seguito degli sviluppi globali degli ultimi anni, le idee francesi sull’autonomia europea stanno guadagnando terreno… nella retorica. In questo caso, Emmanuel Macron sta usando la situazione nell’Indo-Pacifico per ribadire il concetto: “La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dovremmo essere dei seguaci”. Le sue dichiarazioni arrivano in un momento di intensi negoziati europei su questioni decisive dal punto di vista dell’autonomia. Essi contrappongono la Francia, spesso sola, a una maggioranza guidata dal gruppo polacco-baltico-nordico.

Per Parigi, questa o quella crisi esterna non deve rimettere in discussione il lavoro a lungo termine della diplomazia francese, che si spera stia per trionfare. Emmanuel Macron teme che “nel momento in cui sta chiarendo la sua posizione strategica”, l’Europa sia “presa da uno sconvolgimento del mondo e da crisi”. Potrebbe trattarsi dell’Ucraina o della Cina. Per quanto riguarda il chiarimento delle posizioni sull’autonomia strategica, i due campi hanno valutazioni diametralmente opposte della situazione. Da un lato, gli shock degli ultimi anni – la presidenza Trump, il perseguimento dell’approccio “America first” da parte dell’amministrazione Biden, la pandemia e la guerra in Ucraina – hanno evidenziato la necessità di evitare dipendenze e vulnerabilità. D’altra parte, in risposta alla guerra in Ucraina, l’Europa sta “facendo la NATO”. Per usare il termine coniato da Nicole Gnesotto, ex direttore dell’Istituto per gli studi sulla sicurezza dell’UE, stiamo vivendo un “momento atlantico”.

Photo MinArm.

Il progresso e i suoi limiti
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In linea con la prima caratteristica della situazione attuale, ossia la crescente consapevolezza della posta in gioco geopolitica, questioni finora vietate o bloccate nell’UE vengono messe all’ordine del giorno e affrontate – rispetto al normale ritmo delle istituzioni europee – con una rapidità senza precedenti. Semiconduttori, supercomputer, materie prime, fisica quantistica, acquisti congiunti di armi: tutto è sul tavolo e per una volta non ci sono tabù. Secondo Emmanuel Macron: “Da un punto di vista dottrinale, giuridico e politico, credo che non ci sia mai stata una tale accelerazione del potere europeo”. Forse è un’affermazione un po’ affrettata.

Da un lato, perché stiamo assistendo agli stessi vecchi blocchi in una veste diversa. Gli Stati membri che finora hanno rifiutato l’idea dell’autonomia cercano ora di snaturarla, inserendovi delle qualifiche. Si parla di autonomia “aperta”, che consentirebbe l’accesso a progetti e fondi europei a Paesi terzi, in particolare agli alleati della NATO non appartenenti all’UE. D’altra parte, c’è il rischio che questo grande slancio si trasformi in una corsa a perdifiato. Anche a causa delle richieste di generalizzazione del voto a maggioranza qualificata, con il pretesto dell’efficienza. Questo nonostante il mantenimento della regola dell’unanimità nei settori strategici sia l’unica salvaguardia rimasta per coloro che, spesso solo in Francia, si oppongono alla rinuncia all’autonomia. Senza questa regola, la maggioranza bloccherebbe l’intera Europa in una posizione di dipendenza, prima dall’America e poi da qualsiasi altra potenza in futuro.

Punti di forza e contro-forza
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Per quanto riguarda la dipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti, che non è diminuita di una virgola dalla fine della Guerra Fredda, Charles Kupchan (direttore degli Affari europei presso il Consiglio di sicurezza nazionale sotto i presidenti Clinton e Obama) osserva: “Il controllo della sicurezza è il fattore decisivo per determinare chi è al posto di guida”. L’autore principale della Strategia di Difesa Nazionale degli Stati Uniti del 2018 è ancora più schietto. Per Elbridge Colby: “La sicurezza fisica è la chiave di volta di tutti i valori e gli interessi; senza di essa, la libertà e la prosperità non possono essere godute e possono persino essere perse del tutto”. Naturalmente, continua, “il potere duro non è l’unica forma di potere, ma è quella dominante”. Non è un caso che, mentre gli sforzi dell’UE mirano a “un certo grado” di autonomia nei blocchi tecnologici civili, Washington rimanga concentrata a tenere sotto controllo la dimensione militare di tale autonomia.

L’America sta consolidando il suo predominio in materia di sicurezza: la guerra in Ucraina ha confermato il suo ruolo di protettore finale, attraverso l’articolo 5, e ha rafforzato la sua posizione di “prima potenza europea”. Almeno per il momento, e con molte incertezze a medio e lungo termine. Le questioni relative agli armamenti stanno diventando più cruciali che mai: questo è sempre stato il settore in cui si gioca concretamente il rapporto di dipendenza asimmetrica tra gli Stati Uniti e gli alleati europei. Con il moltiplicarsi delle iniziative e dei finanziamenti dell’UE, la spinosa questione dell’accesso di terzi (nota come “criteri di ammissibilità”) si fa sempre più acuta. I fondi erogati rimarranno all’interno dell’Unione, per rafforzare il suo DTIB autonomo, o, al contrario, saranno utilizzati per acquistare dall’estero, anche se questo significa aumentare la dipendenza e la vulnerabilità? Purtroppo, per rimanere nelle grazie di Washington, la stragrande maggioranza dei Paesi europei preferisce tradizionalmente la seconda opzione.

Vedere un giorno i soldati europei con le stesse armi e la stessa uniforme: che strana idea! Foto DR
;Poiché il tema coinvolge i fondi europei e si estende alla sfera industriale ed economica, la Commissione si sta impegnando, su impulso di Thierry Breton, a favore dell’autonomia, ma mantiene il dibattito su un piano tecnico. In questo contesto, le dichiarazioni del Presidente Macron sono state viste come una manna dal cielo in America. Una tale presa di posizione pubblica conferisce alla questione la sua vera dimensione politica. I Paesi europei, preoccupati soprattutto di inimicarsi Washington, sono più inclini a cedere durante negoziati silenziosi presentati come tecnici che non quando la posta in gioco dell’autonomia viene esposta alla luce del sole.Tanto più che gli Stati Uniti hanno grandi ambizioni. Secondo la sua Strategia di Difesa Nazionale 2022: “I nostri alleati devono essere incorporati in ogni fase della pianificazione della difesa” per promuovere “la ricerca e lo sviluppo collettivi, l’interoperabilità, la condivisione delle informazioni e l’esportazione di capacità chiave”. L’obiettivo è quello di raggiungere ciò che i responsabili dall’altra parte dell’Atlantico chiamano “intercambiabilità”. Un’armonizzazione tale da rendere intercambiabili persone, dottrine ed equipaggiamenti, ignorando le particolarità nazionali. Ciò consentirebbe una postura di difesa realmente “integrata” tra gli alleati, creando le condizioni per un allineamento politico senza soluzione di continuità.Il rischio?
?

Dal punto di vista formale, le parole del Presidente francese – vale a dire il monito a non “seguire ciecamente” e il rischio di diventare “vassalli”, nonché l’ingiunzione a “pensare con la propria testa” e a “non lasciarsi trascinare in crisi” che non sono le nostre – ricordano innegabilmente “una certa idea” della diplomazia francese. Solo che nel caso di Emmanuel Macron non sappiamo ancora quale sia la sostanza. Troppo spesso ha lasciato intendere in che modo l’autonomia della Francia e dell’Europa debbano essere articolate. Come i suoi immediati predecessori, si è lasciato sedurre dall’idea di assecondare i partner europei rosicchiando il margine di manovra sovrano della Francia, nella speranza che in cambio accettassero di progredire sulla difesa europea. Questa scommessa è stata tentata e persa più volte. Concedere anche la minima concessione sulle questioni cruciali in gioco in questi giorni porterebbe al peggiore dei due mondi: sconfiggere la Francia, senza nemmeno fare l’Europa.

 


 

(*) Hajnalka Vincze, Senior Fellow au Foreign Policy Reserach Institute (FPRI) de Philadelphie, est une analyste indépendante spécialisée dans la politique européenne et les relations transatlantiques. Ses écrits sont publiés en Europe et aux Etats-Unis. En France elle contribue régulièrement au magazine DefTech, ainsi qu’aux revues Défense & Stratégie et Engagement.

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Dal dilemma strategico al disastro strategico (II^ parte), di Gordon Hahn_a cura di Giuseppe Angiuli

Dal dilemma strategico al disastro strategico (II^ parte)

 di Gordon Hahn

Qui la 1a parte

 (https://gordonhahn.com/2023/09/19/from-strategic-dilemma-to-strategic-disaster-parts-1-2-full/

Traduzione a cura di Giuseppe Angiuli)

 La II^ rovina dell’Ucraina.

 

La grande “rovina” cosacca, che come le stesse eredità cosacche è stata fatta propria dagli ucraini moderni per il fatto di essere avvenuta nelle terre cosacche, fu un periodo di guerra civile, anarchia, caos e devastazione alimentato dagli interventi delle potenze straniere. Per molti versi, assomiglia alla “Smuta” o Tempo dei Problemi della Russia di sette-otto decenni prima, che combinava caos, conflitti interni e interventi stranieri, soprattutto polacchi. La grande “rovina ucraina” o cosacca del XVII secolo, che durò dalla morte dell’hetman cosacco Bodgan Khmelnitskiy nel 1657 fino all’ascesa del successivo grande hetman, Ivan Mazepa, nel 1687. Khmelnitskiy portò i cosacchi dominanti di Zaporozhian a firmare il Trattato di Pereslavl del 1654, che portò molte terre cosacche sotto la sovranità russa. Ma il caos e la distruzione vennero cuciti attraverso macchinazioni politiche, violenti raid e attacchi su larga scala da parte della Polonia-Lituania, dell’Impero Ottomano e del Khanato dei Tartari di Crimea, occasionalmente sostenuti dalla Svezia per contestare la sovranità russa e cosacca. In particolare, la guerra polacco-russa (1654-1667), scatenata dal trattato di Pereslavl, generò gran parte dei conflitti e delle dislocazioni della Rovina. Altre guerre infuriarono in quella che oggi è l’Ucraina: la guerra ucraino-polacca (1666-1671), la guerra ucraino-moscovita (1665-1676) e la guerra polacco-turca (1672-1676), con vari gruppi cosacchi che si univano e cambiavano spesso schieramento.

 

Allo stesso tempo, la protezione e la presenza della Russia, combinata con la pressione di altri “Altri“, in particolare gli odiati polacchi, formarono un contraltare con il quale un’identità cosacca iniziò a consolidarsi in una più ampia fascia della popolazione su entrambe le sponde del Dniepr. Il tentativo russo di sottomettere e organizzare i cosacchi, che avevano dichiarato la loro fedeltà allo zar, violò le tradizioni cosacche di decentramento, libertà anarchica, mancanza di uno Stato di diritto, con conseguenti conflitti interni e violenza. Il malcontento e i disaccordi interni sul dominio russo alimentarono ulteriori conflitti tra coloro che lo sostenevano e coloro che vi si opponevano. Ulteriori tensioni interne furono alimentate dal conflitto tra i nobili non cattolici e la classe ufficiale cosacca o “starshina” per le nuove terre senza proprietari confiscate alla Polonia, che costituivano circa il 50% del territorio cosacco. La lotta per queste terre divideva i contadini poveri dai cosacchi ricchi e possidenti.

 

Ma la cosa più inquietante fu la lotta tra Russia e Polonia per il controllo dei territori cosacchi, con la Polonia che lottava per controllare la riva “destra” o occidentale dell’Ucraina e la Russia che di solito controllava la riva “sinistra” o orientale. Ciò costrinse hetmen, starshina e “società” cosacche a dividersi tra queste e altre forze esterne, portando a lotte di potere interne, a continui spostamenti di fedeltà che misero cosacchi contro cosacchi e cosacchi contro elementi esterni. Le conseguenze della “rovina” comportarono: la divisione delle terre cosacche (ucraine) tra Russia, Polonia-Lituania e Turchia ottomana, la riva destra controllata dai polacchi, la perdita da parte dell’Ucraina di più della metà dei suoi abitanti, molti dei quali si trasferirono sulla riva sinistra controllata dalla Russia, e la devastazione di massa degli insediamenti cosacchi. Solo alla fine del regno di Caterina la Grande, quando i cosacchi della riva sinistra persero la limitata autonomia di cui avevano goduto con il Trattato di Pereslavl, l’intera riva sinistra del territorio cosacco e gran parte delle terre della riva destra furono stabilizzate e integrate nel sistema imperiale russo.

 

In definitiva, la grande “rovina” del XVII secolo potrebbe benissimo impallidire, in termini di significato, di fronte all’attuale periodo di difficoltà che l’Ucraina ha iniziato a vivere sotto l’Operazione Militare Speciale russa. L’Ucraina, naturalmente, non è il primo Paese in questa parte del mondo a cadere vittima dell’apparentemente eterna contesa tra Russia e Occidente. Quando l’abilità nel governare fallisce da una o da entrambe le parti della cortina di ferro che divide Est e Ovest, i piccoli Paesi situati a cavallo tra Est e Ovest subiscono le conseguenze più perniciose. È il caso dell’odierna espansione della NATO in tutta l’Europa orientale fino ai confini della Russia e della risposta militare russa che ne è conseguita. Nessun Paese nell’era post-Guerra Fredda ha vissuto una catastrofe simile a quella che si sta verificando in Ucraina con la sua seconda “rovina”.

 

Per quanto riguarda il bilancio umano dell’escalation della guerra, possiamo ipotizzare almeno 120.000 morti e 220.000 feriti da parte ucraina. Questa stima è forse bassa. La maggior parte delle stime occidentali indicano un numero troppo basso di perdite ucraine e un numero troppo alto di vittime russe. Le stime occidentali e ucraine sulle perdite ucraine sono così assurdamente basse che non vale nemmeno la pena di citarle. D’altra parte, una fonte in grado di valutare le immagini satellitari dei cimiteri in almeno sette regioni dell’Ucraina e l’aumento delle loro dimensioni giunge a stimare 350.000-400.000 vittime di soldati ucraini. Inoltre, poiché in via generale il rapporto tra morti e feriti in ogni guerra è solitamente di 1 a 5 o di 1 a 7, una stima ragionevole del totale delle vittime (cioè tra morti e feriti) da parte ucraina è di circa 2 milioni. Tuttavia, a queste conclusioni si perviene utilizzando dei mezzi di calcolo piuttosto approssimativi. Ad esempio, la popolazione delle regioni occidentali dell’Ucraina è stata coinvolta in misura molto minore nella composizione degli equipaggi dell’esercito e dunque giustapporre lo stesso numero di nuove tombe realizzate nelle zone orientali del Paese ed utilizzarlo anche per i cimiteri della parte occidentale è fuorviante. E allora, volendo ridurre questa stima a 200.000 morti (piuttosto che a 350.000-400.000) e ipotizzando un rapporto tra morti e feriti di 1 a 3, talvolta ritenuto appropriato, potremmo stimare le perdite delle forze ucraine a 800.000 (https://telegra.ph/INTEL-EXCLUSIVE-08-02). Questo è il tetto-limite più elevato di quello che ritengo essere una possibile stima del numero di ucraini uccisi e feriti (se escludiamo dal computo le vittime ucraine tra i civili di entrambe le parti e tra coloro che combattono dalla parte dei separatisti). Tuttavia, se si leggono le stime del Ministero della Difesa russo sulle perdite ucraine giornaliere, si noterà che esse ammontavano a una media approssimativa di circa 600 al giorno fino alla controffensiva di quest’estate ovvero ai primi 15 mesi di guerra. Ciò significa un numero di 18.000 vittime al mese per i 15 mesi precedenti la controffensiva di quest’estate, per un totale, da febbraio 2022 a maggio 2023, di 270.000 soldati ucraini uccisi e feriti. Le cifre per la controffensiva di quest’estate sono state circa il 20% più alte, con il Ministero della Difesa russo che ha stimato circa 66.000 vittime da giugno ad agosto. Ciò significa un totale di circa 336.000 militari ucraini uccisi e feriti, secondo le fonti ufficiali russe. Tuttavia, sarebbe ragionevole sospettare che le cifre russe siano “ottimistiche”, sovrastimate e quindi elevate. Pertanto, proporrei una stima approssimativa di circa 300.000 vittime tra le forze ucraine tra il 24 febbraio 2022 e il 31 agosto 2023. D’altra parte, anche le fonti ucraine riferiscono di perdite impressionanti, suggerendo un quadro più cupo di quello che ho appena dipinto. Ad esempio, la stampa ucraina riferisce che forse l’80-90% delle forze di terra reclutate nell’autunno del 2022 sono già state perse (https://strana.news/news/445536-itohi-571-dnja-vojny-v-ukraine.html). In breve, potremmo verosimilmente avere avuto a tutt’oggi già mezzo milione di vittime militari ucraine.

 

Inoltre, in Ucraina ci sono state, molto approssimativamente, circa 50.000 vittime civili. L’organismo OHCHR delle Nazioni Unite ha registrato, dal 24 febbraio 2022 al 27 agosto 2023, 26.717 vittime civili nel Paese, di cui 9.511 morti e 17.206 feriti. Quasi un quarto di queste vittime si è registrato nel territorio controllato dalla Russia. L’OHCHR delle Nazioni Unite rileva, tuttavia, che il numero effettivo di vittime è probabilmente molto più alto (www.ohchr.org/en/news/2023/08/ukraine-civilian-casualty-update-28-august-2023). Questo porta la stima complessiva delle vittime ucraine a circa 350.000 al 1° settembre 2023. Non escludo che possano essere sostanzialmente più alte, ma se i russi riportano le cifre che ho fornito qui, sembra improbabile che siano più alte del 50% o del 100%, ma nessuno potrebbe essere in grado di confermarlo con certezza.

Non ritengo plausibile che le cifre delle vittime ucraine per il periodo qui preso in considerazione possano essere significativamente inferiori a queste. Con l’accelerazione del numero delle perdite ucraine nel mese di settembre, possiamo prevedere che, se tutto il resto rimane approssimativamente come sta andando, l’Ucraina raggiungerà 1 milione di vittime entro il tardo autunno del 2024. Le mie stime, che sembreranno elevate a coloro che si basano su fonti ucraine e occidentali, sono ulteriormente rafforzate dalle notizie di agosto – in quella che probabilmente è la coda della controffensiva – secondo cui Kiev sta costruendo un nuovo cimitero militare che ospiterà altri 400.000 caduti di guerra (https://www.youtube.com/watch?v=bs8-2xAZto0&t=26s&ab_channel=MilitarySummary). Le dimensioni dei cimiteri già esistenti sono enormi e in crescita (https://www.youtube.com/watch?v=6owz8zD6fHs&ab_channel=%D0%90%D0%BB%D0%B5%D0%BA%D1%81%D0%9C%D0%BE%D1%82%D0%BE%D1%80%D0%BD%D1%8B%D0%B9%D0%A5%D0%B0%D1%80%D1%8C%D0%BA%D0%BE%D0%B2).

Le perdite russe saranno probabilmente circa un terzo di quelle ucraine.

 

Le vittime della guerra sono determinate da un ciclo di escalation alimentato sia dalla NATO che da Mosca. Ogni escalation da una parte incontra regolarmente un’escalation dall’altra, danneggiando non solo le risorse umane e materiali di entrambe le parti, ma portando ad un’ulteriore escalation che determina una ulteriore carneficina degli ucraini, delle loro terre e di ogni tipo di infrastruttura. Ad esempio, quando gli Stati Uniti hanno deciso di inviare munizioni a grappolo all’Ucraina, che ha iniziato a farle cantare, ponendo la Russia in una situazione “peggiore“, la Russia ha annunciato che avrebbe usato e infatti ha iniziato a usare a sua volta le munizioni a grappolo, ponendo anche le forze ucraine in una condizione peggiore. Un così alto numero di vittime di questa portata lascerà una grande ferita nella vita ucraina, e basti paragonare la cicatrice lasciata negli Stati Uniti dalla guerra del Vietnam, che ha visto relativamente meno vittime – circa 210.000 – distribuite nell’arco di quindici anni e non di un anno e mezzo.

 

La popolazione ucraina sta subendo un altro logoramento: quello dell’esodo di coloro che fuggono dalla guerra, dalla mobilitazione militare, dal collasso economico e da uno Stato corrotto e predatore. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati stima che al 28 agosto 2023, dall’inizio dell'”operazione militare speciale” (SVO) della Russia nel febbraio 2022, 6.203.030 ucraini sono fuggiti dall’Ucraina (https://data2.unhcr.org/en/documents/details/103134).

Questa cifra significa che la popolazione ucraina è scesa da 42 a 36 milioni dall’inizio dell’SVO. Ma questo vale solo per la popolazione ucraina nel territorio controllato da Kiev nel periodo 1991-2014. La perdita della Crimea e della maggior parte degli Oblast di Donetsk e Luhansk nel 2014 e di gran parte degli Oblast di Zaporozhe e Kherson a causa dell’annessione o dell’occupazione russa dall’inizio dell’SVO riduce la popolazione ucraina di altri 4 milioni, il che significa che ora è di circa 32 milioni. Altri stimano che la popolazione all’interno dei confini ucraini del 1991 al 1° gennaio 2023 era di soli 37,6 milioni di persone, 32,6 milioni all’interno dei confini del 2022 (meno la Crimea) e 31,1 milioni nei territori attualmente controllati dal governo ucraino (meno la Crimea e la maggior parte degli Oblast di Donetsk, Luhansk, Zaporozhe e Kherson) (www.wilsoncenter.org/blog-post/ukraines-demography-second-year-full-fledged-war, vedi anche https://t.me/stranaua/120211). Se si aggiungono i morti di guerra e la popolazione sotto il controllo di Kiev, la popolazione del Paese scende a meno di 31 milioni.

 

Questo quadro si aggrava se si tiene anche conto degli squilibri socioeconomici causati da una massa di rifugiati interni (persone sfollate dalle loro case) di 5.088.000 persone a causa della guerra conteggiati a tutto il 23 maggio 2023 (https://data2.unhcr.org/en/documents/details/103134). Inoltre, secondo l’UNHCR, circa 17,6 milioni di persone in Ucraina necessitano di un urgente sostegno umanitario, compresi i 5 milioni di sfollati interni (www.reuters.com/world/europe/blood-billions-cost-russias-war-ukraine-2023-08-23).

 

Quindi, se fissiamo la popolazione attualmente sotto il controllo del governo di Kiev a 31 milioni, l’Ucraina ha perso più del 20% della sua popolazione dall’inizio della guerra e attualmente più del 15% della popolazione rimanente è costituita da rifugiati interni e più della metà della popolazione ha bisogno di un urgente sostegno umanitario.

Il quadro demografico è ulteriormente oscurato dal calo dei tassi di natalità causato dagli sconvolgimenti della guerra. Sebbene i tassi di natalità ucraini fossero già in calo a partire dalla rivolta di Piazza Maidan, del 7% all’anno dal 2013, nei primi sei mesi del 2023 sono nati in Ucraina solo 96.755 bambini, il che rappresenta un calo del 28% rispetto al periodo corrispondente del 2021 (135.079 bambini) e ancora meno rispetto al periodo corrispondente dello scorso anno (https://t.me/rezident_ua/19018). Se la guerra continuerà fino al 2024, è possibile che tutte queste perdite – che già costituiscono una catastrofe – vengano raddoppiate, soprattutto se le forze russe inizieranno ad avanzare più rapidamente verso est, minacciando più direttamente altre regioni come Charkiv, Sumy, Chernigov e Mikolaev.

 

In termini fisici non umani, le perdite dell’Ucraina sono altrettanto sconcertanti. Per quanto riguarda il territorio, l’Ucraina ha perso l’11% del suo territorio dall’inizio della guerra, un’area equivalente al Massachusetts, al New Hampshire e al Connecticut, secondo il Belfer Center della Harvard Kennedy School. Includendo in tale computo la Crimea, l’Ucraina ha perso circa il 17,5% del suo territorio, un’area di circa 41.000 miglia quadrate (106.000 km quadrati) dalla rivolta di Maidan (www.reuters.com/world/europe/blood-billions-cost-russias-war-ukraine-2023-08-23). Inoltre, queste regioni – che comprendono l’industria carbonifera ucraina, gran parte della costa, i porti e le località turistiche – fornivano una quota preponderante del PIL dell’Ucraina. Inoltre, villaggi e città in alcune parti del territorio controllato dall’Ucraina sono stati pesantemente bombardati fino a trasformarsi in dei paesaggi lunari. La distruzione totale delle infrastrutture è stata stimata dalle Nazioni Unite in 100 miliardi (https://news.un.org/en/story/2022/03/1114022). Sebbene si tratti probabilmente di una sovrastima, anche se la cifra fosse la metà, alla fine dell’estate 2023 l’Ucraina avrà subito danni e distruzioni alle infrastrutture per 800 miliardi di dollari. Un altro modo per valutare l’entità dei danni infrastrutturali generali del Paese è la misura dell’assistenza alla ricostruzione. La Banca Mondiale ha stimato l’entità dei danni a marzo 2023 o per il primo anno di guerra e ha concluso che Kiev avrebbe avuto bisogno di 411 miliardi di dollari di assistenza per la ricostruzione se la guerra fosse finita allora (www.worldbank.org/en/news/press-release/2023/03/23/updated-ukraine-recovery-a).

Da allora la guerra si è prolungata di altri sei mesi, quindi possiamo fare una stima approssimativa di 615 miliardi di dollari di aiuti che sarebbero necessari se la guerra finisse entro ottobre. Entro marzo 2024 la somma sarà di circa 1.000 miliardi di dollari. Ciò solleva la questione di quanti di questi arriveranno e in quanto tempo, sollevando l’ulteriore questione di un grave disastro umanitario e di un’ulteriore emigrazione dal Paese.

 

Il PIL del Paese in dollari correnti è diminuito tra il 2021 e il 2022 di circa il 15% – da 198 a 161 miliardi di dollari (https://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.CD?locations=UA). Pertanto, il PIL dell’Ucraina in dollari del 2015 si è contratto del 30% nel 2022 (https://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.KD.ZG?locations=UA). Tuttavia, il FMI sostiene che quest’anno la crescita sarà dell’1%-3% (www.reuters.com/world/europe/blood-billions-cost-russias-war-ukraine-2023-08-23). Ciononostante, una fonte conclude che l’Ucraina avrà bisogno di 50 miliardi di dollari di sostegno finanziario nel 2024 (https://t.me/rezident_ua/19017). Anche se il PIL crescesse del 3% fino a raggiungere i 166 miliardi di dollari, con un deficit di bilancio previsto per il 2024 di 40 miliardi di dollari – che è anche l’importo speso per le forze armate quest’anno e che dovrà essere coperto in buona parte dai dollari delle tasse occidentali e dagli euro – il suo rapporto bilancio/PIL si aggira su un catastrofico 25%. Tutto questo mentre l’Ucraina sta beneficiando di una moratoria sui pagamenti fino a metà giugno su 20 miliardi di dollari di debito concordata con gli obbligazionisti internazionali come MFS Investment Management, BlackRock e Fidelity Investments (www.wsj.com/world/europe/ukraine-hunts-for-cash-as-fighting-drains-coffers-a6443e9c).

 

In termini emotivi, psicologici e sociologici, la catastrofe potrebbe essere ancora più sconvolgente. La sindrome da stress post-bellico e i traumi saranno una pesante tassa a carico dell’intera società. Michael Vlahos cita una cifra di 50.000 ucraini che hanno perso uno o più arti, vicina alla cifra di 67.000 amputati patita dalla Germania per tutta la Prima Guerra Mondiale (https://compactmag.com/article/the-ukrainian-army-is-breaking). Olha Rudneva, responsabile del Centro Superhumans per la riabilitazione dei mutilati militari ucraini, stima che 20.000 ucraini abbiano subito almeno un’amputazione dall’inizio della guerra. Ma prima della guerra, in Ucraina c’erano solo cinque persone con una formazione professionale nel campo della riabilitazione di persone con amputazioni alle braccia o alle mani (www.aol.com/upward-20-000-ukrainian-amputees-060957047.html).

 

Infine, la “democrazia” che sopravviveva in Ucraina prima della guerra è ora completamente scomparsa. Solo i partiti politici approvati da Zelenskiy possono operare, le elezioni sono state cancellate “fino alla fine della guerra“, tutti i media sono pesantemente censurati e l’affiliata locale della Chiesa ortodossa russa sta subendo una dura repressione, le sue chiese e i suoi monasteri sono stati acquisiti dallo Stato e alcuni dei suoi sacerdoti orfani sono stati arrestati e processati, compreso il metropolita della Chiesa. Zelenskiy sta abbandonando il suo partito politico, pieno di corruzione e di scandali pubblici, e ha annunciato che costruirà un nuovo partito e una nuova classe dirigente basata su coloro che hanno servito in guerra. Questo, insieme alla radicalizzazione che la guerra tende naturalmente a portare con sè, rafforzerà la già troppo forte componente ultranazionalista e neofascista della politica ucraina. Le divisioni sociali saranno aggravate dai vergognosi privilegi e profitti dell’élite ucraina maturati durante la guerra. I “ricchi e famosi” sono visti sui social media mentre festeggiano sulle spiagge esotiche in ogni angolo del mondo, laddove invece i giovani privi di protezioni all’interno del Governo vengono brutalmente sequestrati nelle strade da reclutatori-mobilitatori per essere inviati al fronte. La guerra ha ampliato la corruzione in modo esponenziale, poiché il regime di Zelenskiy permette a criminali e funzionari corrotti di accumulare enormi profitti illegali, funzionali a lubrificare gli ingranaggi della macchina bellica e delle funzioni sociali della macchina statale. L’ulteriore corruzione, criminalizzazione e fascistizzazione del paese più corrotto e neofascista d’Europa renderà in futuro quasi impossibile la rinascita anche di una debole democrazia.

 

Conclusione.

Sei settimane prima dell’inizio dell’attuale guerra NATO-Russia in Ucraina, avevo proposto le misure che Putin avrebbe potuto adottare come parte di una campagna di diplomazia coercitiva intensificata (https://gordonhahn.com/2022/01/10/putins-military-technical-and-other-options-if-strategic-stability-and-ukraine-talks-fail/). Se fossero state adottate e se l’Occidente avesse accettato negoziati seri sull’architettura di sicurezza dell’Europa e su un’Ucraina neutrale al suo interno, come zona cuscinetto neutrale tra la Russia e la NATO, le cose sarebbero potute andare diversamente. La guerra avrebbe potuto essere evitata e tutte le misure russe adottate prima della guerra avrebbero potuto essere ritirate dopo la conclusione e l’attuazione degli accordi. Quelle effettivamente adottate dall’inizio della guerra e quelle attuate nell’ambito della guerra da entrambe le parti in conflitto difficilmente saranno revocate a breve, sicuramente non in questo decennio. La sicurezza degli Stati Uniti e della NATO è stata rafforzata rifiutando di negoziare con Mosca prima dell’invasione di Putin o impedendo a Kiev di portare avanti il processo di Istanbul iniziato un mese dopo l’invasione? La risposta, come ho cercato di dimostrare sopra, è chiaramente “no“.

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La gravità dei problemi economici della Germania, di Antonia Colibasanu

La gravità dei problemi economici della Germania
Ciò che sta accadendo nel Paese testimonia la ristrutturazione globale in atto.

di Antonia Colibasanu – 18 settembre 2023Apri come PDF
La scorsa settimana, la Commissione europea ha abbassato le previsioni di crescita dell’eurozona per il 2023 e il 2024, soprattutto a causa dei cattivi indicatori economici della Germania. Per Berlino, un anno di crescita significativa nel 2021 è stato seguito da due anni di declino e le stime più recenti indicano che l’economia crescerà solo di un misero 1,5% entro la fine del 2023. Il rallentamento è dovuto a una serie di fattori, tra cui i soliti sospetti di interruzione della catena di approvvigionamento e gli alti prezzi dell’energia causati dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina.

Tutto ciò ha reso l’inflazione il problema più significativo dell’economia tedesca. Il tasso di inflazione del Paese ha raggiunto il 7,6% nell’agosto 2023. Questo dato è di gran lunga superiore all’obiettivo della Banca Centrale Europea del 2% per l’eurozona – e il più alto del Paese dal 1973 – il che spiega l’ultimo rapporto della Commissione sulla performance economica dell’area. L’inflazione elevata riduce la capacità di spesa dei consumatori, rallentando la crescita economica e rendendo più difficili la pianificazione e gli investimenti delle imprese. Oltre ad aumentare il tasso d’interesse, il governo tedesco sta aiutando le imprese e i privati colpiti dall’inflazione con sovvenzioni, prestiti e agevolazioni fiscali, soprattutto per le imprese che investono nell’efficienza energetica e creano nuovi posti di lavoro. Berlino è riuscita a mantenere basso il tasso di disoccupazione negli ultimi tre anni, ma anche questo sta iniziando a cambiare, aumentando sensibilmente negli ultimi mesi, mentre il settore manifatturiero tedesco risente degli alti costi dell’energia.

Secondo la Banca Mondiale, nel 2022 il commercio internazionale rappresentava il 99% del prodotto interno lordo tedesco, con le esportazioni che rappresentavano il 50,3% del PIL e le importazioni il 48,3%. La Germania è quindi molto esposta ai cambiamenti in atto nell’economia globale. Nel 2022, il principale prodotto di esportazione della Germania sarà rappresentato dagli autoveicoli e loro parti, con il 15,6% delle esportazioni totali. I macchinari (13,3%) e i prodotti chimici (10,4%) erano rispettivamente il secondo e il terzo prodotto di esportazione più importante. Tutti questi prodotti hanno registrato un calo della produzione quest’anno. Nel 2023, la produzione dell’industria chimica tedesca, affamata di gas, è diminuita del 18% rispetto ai livelli del 2019, mentre la produzione automobilistica tedesca è scesa del 26%. Secondo l’Associazione tedesca dei costruttori di macchine utensili, la produzione di macchinari diminuirà del 2% nel 2023, mentre la produzione sarà sostenuta soprattutto dagli arretrati degli anni precedenti. Si tratterebbe del primo calo della produzione di questo settore dal 2012.

La stagnazione economica ha portato anche a un aumento delle imprese che falliscono; le statistiche ufficiali mostrano che le richieste di insolvenza sono in aumento dal 2022. Utilizzando i dati delle Camere di Commercio e dell’Industria tedesche, Trading Economics prevede che il tasso di fallimento della Germania raggiungerà il 12,9% annuo nel 2023 – il tasso più alto dal 2009.

Anche se la disoccupazione è in aumento, le soluzioni a breve termine come l’aumento del ricorso ai migranti non sono più così praticabili. Anzi, questa strategia potrebbe diventare un problema, soprattutto nelle aree in cui populismo e nazionalismo sono in costante crescita. In modo preoccupante, un recente studio condotto dall’Università di Lipsia ha mostrato che quasi un quarto degli intervistati ha affermato che il nazionalsocialismo aveva alcuni vantaggi e, secondo il 33% degli intervistati, “dovremmo avere un leader che governa la Germania con mano forte per il bene di tutti”. Questa opinione è supportata dal fatto che Alternativa per la Germania (AfD), il partito di estrema destra di maggior successo nel Paese dalla Seconda Guerra Mondiale, ha vinto due ballottaggi locali nella Germania orientale, uno nella città di Raguhn-Jessnitz e uno nel distretto di Sonneberg. Ma la Germania orientale non è certo l’unica. Il mese scorso, il quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung ha pubblicato un rapporto che accusa Hubert Aiwanger, leader dei Liberi elettori, un piccolo ma importante gruppo conservatore in Baviera, di aver prodotto e diffuso un volantino antisemita quando era uno studente delle superiori negli anni Ottanta. Ha rifiutato di dimettersi, accusando il giornale di aver cercato di lanciare una campagna sporca contro di lui in vista delle elezioni in Baviera. Di conseguenza, il suo piccolo partito conservatore è ora il secondo partito più popolare in Baviera, con un aumento di 5 punti percentuali al 16%.

Questo tipo di populismo potrebbe guadagnare consensi anche tra i tedeschi della classe media. Un sondaggio dell’Istituto Sinus per la ricerca sociale ha indicato che la quota di elettori della classe media dell’AfD è passata dal 43% al 56% in due anni. Il sondaggio ha anche rilevato che quella che il centro di ricerca chiama “classe media moderna adattativa e pragmatica” sta aumentando, passando dal 12% della popolazione al 19%, così come la “classe conservatrice di livello superiore”, dall’8% al 12%. Entrambi i gruppi mostrano un crescente interesse per l’AfD e per il populismo. Sono generalmente aperti al cambiamento e lungimiranti, ma attualmente si trovano di fronte a richieste significative che mettono a rischio la loro capacità di soddisfare le proprie aspettative in termini di possesso di un’auto e di una casa e di crescita dei figli in un ambiente sicuro. Incolpano il governo e il sistema politico di non aver creato soluzioni e cercano quindi delle alternative. Invece di guidare il cambiamento sociale, sembrano diventare sempre più pessimisti, con preoccupazioni per la disoccupazione e altri problemi simili a quelli delle altre classi.

Berlino deve trovare una soluzione per tenere in piedi la propria economia collaborando con partner stranieri. La sua priorità assoluta è ovviamente la stabilità dell’Unione Europea, ma l’interdipendenza dell’economia tedesca dal mercato dell’UE evidenzia la fragilità dell’economia europea nel suo complesso. Secondo l’ufficio statistico tedesco Destatis, circa il 60% delle esportazioni tedesche viene venduto in altri Stati dell’UE, mentre il 52,3% delle importazioni tedesche proviene da Stati dell’UE.

Gli altri principali partner commerciali sono gli Stati Uniti e la Cina. Sebbene gli Stati Uniti siano il suo mercato di esportazione più importante, il fatturato commerciale totale con la Cina è superiore. (La Germania ha beneficiato in misura massiccia del basso costo della manodopera cinese ed è unica tra gli Stati membri dell’UE per l’ampiezza e la profondità delle sue relazioni economiche con Pechino.

Non è quindi una coincidenza che Berlino abbia recentemente pubblicato la sua prima strategia globale per la Cina. Il testo servirà come base per i politici tedeschi nei prossimi mesi, informando tutto, dalla cybersicurezza alla politica industriale. Ma è inaspettatamente poco diplomatico, arrivando a dire che la Cina mina fondamentalmente gli interessi tedeschi. La nuova strategia potrebbe portare a una delle più profonde trasformazioni della politica estera ed economica tedesca degli ultimi decenni, forse un addio definitivo al concetto di “cambiamento attraverso il commercio” che ha guidato le relazioni tedesco-cinesi per anni.

Per molti versi, la nuova strategia è un prodotto naturale delle sfide interne ed esterne che Berlino deve affrontare. Sebbene la Germania abbia beneficiato dell’ascesa economica della Cina, negli ultimi tempi le imprese tedesche sono rimaste deluse dalla Cina, dove le loro opportunità si sono lentamente ridotte a causa delle pressioni dei leader cinesi per un maggiore controllo del mercato. Per aumentare la competitività, mantenere l’occupazione in Germania e risolvere i problemi critici delle infrastrutture, Berlino deve ridurre le sue dipendenze e sviluppare le proprie capacità. Nel nuovo documento strategico, la Germania ha sottolineato la necessità di ridurre le dipendenze strategiche asimmetriche della Cina – le stesse che Pechino ha elencato come obiettivo strategico nel 2020 – anche se in linea con la cosiddetta strategia di “de-risking” proposta dall’UE all’inizio di quest’anno.

Se la Germania prende sul serio il de-risking, richiede non solo una maggiore trasparenza nel settore commerciale, ma anche un ampio dibattito sociale sulle priorità politiche e programmatiche. Ad esempio, Berlino deve valutare se i veicoli elettrici cinesi debbano essere considerati una minaccia per la competitività tedesca e attuare di conseguenza misure antisovvenzioni, anche se ciò garantirà quasi certamente una ritorsione da parte di Pechino. (Per non parlare del fatto che i veicoli elettrici cinesi rappresentano una minaccia per la sicurezza informatica o la sorveglianza). I politici tedeschi dovrebbero anche valutare se ridurre la loro dipendenza dai prodotti cinesi di tecnologia verde e concentrarsi sulla propria industria. Ma Berlino avrà anche bisogno di una narrazione convincente per giustificare la rimozione delle apparecchiature di telecomunicazione cinesi di recente installazione dalle reti 5G per migliorare la sicurezza delle infrastrutture chiave, anche se continua a lottare con i problemi di connettività ad alta velocità in generale.

Nell’attuare la sua nuova strategia, il governo tedesco dovrà probabilmente lottare per trovare il giusto equilibrio tra le varie serie di rischi che la Cina pone. E mentre si riduce una serie di rischi e dipendenze potenziali, è probabile che ne aumenti un’altra. Le realtà politiche tedesche complicheranno ulteriormente il processo.

Ciò che accade in Germania accade anche in altri Paesi europei, quindi Berlino dovrà pensare agli interessi dei suoi colleghi membri dell’UE mentre lotta per migliorare le sue relazioni con la Cina. La Germania è il motore economico dell’Europa e tutto ciò che accade in Germania si ripercuote in tutto il continente. Se (e come) la Germania implementerà la sua nuova strategia, potrebbe trovarsi in una posizione ideale per dettare il dibattito e il coordinamento sulle nuove politiche economiche volte a ristrutturare e sostenere le capacità interne tra la Germania e gli altri Stati membri dell’UE. Il fatto che stia prendendo in considerazione questa nuova strategia testimonia i profondi cambiamenti in atto nell’economia globale.

La Polonia e l’Ucraina sono sprofondate in una vera e propria crisi politica senza fine, di ANDREW KORYBKO

La Polonia e l’Ucraina sono sprofondate in una vera e propria crisi politica senza fine

ANDREW KORYBKO
21 SET 2023

Entrambe le parti si trovano in un dilemma in base al quale ciascuna ritiene di avere più da guadagnare a livello di interessi nazionali e politici in un’escalation di tensioni piuttosto che essere la prima a smorzarle. Si sta quindi formando un ciclo che si autoalimenta e che rischia di portare a un deterioramento così drastico dei loro legami che l’attuale stato di degrado potrebbe presto essere guardato con affetto.

La rivelazione del primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ai media locali, mercoledì scorso, che il suo Paese ha smesso di fornire armi all’Ucraina per armarsi da solo, ha dimostrato quanto siano precipitati i rapporti bilaterali nell’ultima settimana. Varsavia ha esteso unilateralmente le restrizioni sulle importazioni agricole del suo vicino orientale alla scadenza dell’accordo della Commissione europea il 15 settembre, al fine di proteggere i suoi agricoltori, il che ha spinto Kiev a presentare un reclamo all’OMC lunedì.

Più tardi, lo stesso giorno, il portavoce del governo polacco Piotr Muller ha suggerito che Varsavia potrebbe lasciare scadere gli aiuti ai rifugiati ucraini la prossima primavera invece di estenderli, lasciando intendere la volontà di espandere la loro disputa commerciale ad altre dimensioni. Se ciò accadesse, gli oltre un milione e mezzo di ucraini che risiedono temporaneamente in Polonia dovrebbero tornare a casa o andare altrove, ad esempio in Germania. Martedì tutto si è trasformato in una vera e propria crisi politica.

Il ministro polacco degli Affari europei Szymon Szynkowski vel Sek ha minacciosamente avvertito che:

“Le azioni dell’Ucraina non ci fanno impressione… ma fanno una certa impressione all’opinione pubblica polacca. Lo si può vedere nei sondaggi, nel livello di sostegno pubblico per il mantenimento del sostegno all’Ucraina. E questo danneggia l’Ucraina stessa. Vorremmo continuare a sostenere l’Ucraina, ma per farlo dobbiamo avere il sostegno dei polacchi. Se non lo avremo, sarà difficile per noi continuare a sostenere l’Ucraina come abbiamo fatto finora”.

Zelensky ha poi sfruttato il suo pulpito globale all’Assemblea generale dell’ONU per far credere quanto segue:

“Stiamo lavorando per garantire la stabilità alimentare. E spero che molti di voi si uniranno a noi in questi sforzi. Abbiamo lanciato un corridoio marittimo temporaneo per l’esportazione dai nostri porti. E stiamo lavorando duramente per preservare le rotte terrestri per le esportazioni di cereali. È allarmante vedere come alcuni in Europa, alcuni dei nostri amici in Europa, giochino alla solidarietà in un teatro politico – facendo un thriller del grano. Può sembrare che recitino il proprio ruolo, ma in realtà stanno aiutando a preparare il palcoscenico per un attore di Mosca”.

La risposta del presidente polacco Andrzej Duda, condivisa con i giornalisti, ha mostrato quanto fosse offeso:

“L’Ucraina si sta comportando come una persona che sta annegando e si aggrappa a tutto ciò che può… ma noi abbiamo il diritto di difenderci dai danni che ci vengono fatti. Una persona che sta annegando è estremamente pericolosa, può trascinarti negli abissi… semplicemente annegare il soccorritore. Dobbiamo agire per proteggerci dal male che ci viene fatto, perché se la persona che sta annegando… ci annega, non potrà ricevere aiuto. Dobbiamo quindi tutelare i nostri interessi e lo faremo in modo efficace e deciso”.

È in questo contesto che la Polonia ha convocato d’urgenza l’ambasciatore ucraino mercoledì, dopo che Morawiecki ha rivelato che la Polonia non invierà più armi a Kiev. Prima che l’Ucraina si lamentasse della Polonia presso l’OMC, il che ha messo in moto questa rapida sequenza di eventi, le tensioni erano già in ebollizione da tempo, a causa del fallimento della controffensiva che ha fatto passare la sbornia dalla reciproca illusione di una vittoria apparentemente inevitabile sulla Russia.

Queste nazioni vicine hanno quindi iniziato naturalmente a litigare tra loro, in quanto l’intera gamma delle loro differenze preesistenti è stata esacerbata e ha rapidamente rimodellato le relazioni bilaterali. La disputa commerciale era solo la punta dell’iceberg, ma dimostrava che ciascuna parte stava iniziando a dare priorità ai propri interessi nazionali contraddittori a scapito di quelli politici comuni. Questo ha segnalato alle loro società che era di nuovo accettabile prendere di mira l’altro con rabbia nazionalista, invece di concentrarsi esclusivamente sulla Russia.

Tutto questo sarebbe stato evitato, tuttavia, se solo l’Ucraina avesse mostrato un po’ di gratitudine alla Polonia per tutto ciò che Varsavia ha fatto per lei negli ultimi 19 mesi e non si fosse lamentata con l’OMC per la questione del grano. Ancora più grave è stato il fatto che Zelensky abbia infranto il tabù di accusare il suo omologo polacco, che guida uno degli Stati più russofobi della storia, di fare presumibilmente gli interessi geopolitici della Russia. Ha oltrepassato una linea rossa e ora non si può più tornare indietro alla loro illusoria fiducia reciproca.

I legami tra Polonia e Ucraina sono destinati a precipitare ulteriormente nelle prossime settimane, mentre la prima si avvicina alle prossime elezioni del 15 ottobre, che il partito di governo “Diritto e Giustizia” (PiS) spera di vincere facendo leva sulla sicurezza nazionale. Questo spiega perché hanno tagliato le spedizioni di armi all’Ucraina in risposta alle ridicole insinuazioni di Zelensky sul fatto che la Polonia sia un fantoccio russo, ed è possibile che presto seguano altre mosse significative per ricordare all’Ucraina che è in debito con la Polonia per la sua sopravvivenza.

Tenendo conto di questi calcoli, si può prevedere con sicurezza che i legami tra Polonia e Ucraina continueranno a precipitare non prima della metà di ottobre, dopodiché potrebbero riprendersi se l’ultima campagna mediatica dell’opposizione “Piattaforma Civica” (PO) riuscirà a mettere contro il PiS un numero sufficiente di elettori rurali. Sarà una battaglia in salita per loro, e il PiS potrebbe formare un governo di coalizione con il partito anti-establishment Confederazione se non sarà completamente sconfitto, quindi il ritorno al potere di PO non è garantito.

Stando così le cose, c’è una credibile possibilità che i legami tra Polonia e Ucraina possano precipitare ulteriormente nel corso del prossimo anno, soprattutto se il PiS sarà costretto a formare un governo di coalizione con la Confederazione. La prima ha iniziato a nutrire risentimento nei confronti di Zelensky negli ultimi mesi, mentre la seconda è sempre stata contraria al ruolo di primo piano della Polonia nel condurre la guerra per procura della NATO contro la Russia attraverso l’Ucraina, il che potrebbe portare a una combinazione devastante per Kiev. In una situazione del genere, tutto potrebbe peggiorare, e a un ritmo ancora più veloce.

In assenza di una vittoria del PO alle urne il mese prossimo, l’unica altra variabile che potrebbe realisticamente controbilanciare questo scenario è che Kiev faccia marcia indietro sulla sua minacciata causa all’OMC e che Zelensky mostri finalmente una sincera gratitudine in pubblico per tutto ciò che la Polonia ha fatto per l’Ucraina. Tuttavia, nessuno dovrebbe sperare in questo, poiché si prevede che Zelensky cercherà di essere rieletto la prossima primavera e potrebbe temere che il fatto di tornare indietro sulla sua politica recentemente assertiva nei confronti della Polonia possa fargli perdere il voto dei nazionalisti.

Entrambi i partiti si trovano quindi in un dilemma in cui ciascuno ritiene di avere più da guadagnare a livello di interessi nazionali e politici inasprendo le tensioni che non essendo il primo a smorzarle. Si sta quindi formando un ciclo che si autoalimenta e che rischia di portare a un deterioramento così drastico dei loro legami che l’attuale stato di degrado potrebbe presto essere guardato con affetto. Soprattutto se nel prossimo futuro la Polonia dovesse esercitare più apertamente la sua strisciante egemonia sull’Ucraina occidentale.

Per essere chiari, la sequenza di eventi di cui sopra è lo scenario peggiore in assoluto e di conseguenza non è così probabile, ma non può nemmeno essere esclusa, dato che pochi prevedevano quanto i loro legami sarebbero precipitati solo pochi mesi fa. È innegabile che le relazioni polacco-ucraine siano entrate in un periodo di incertezza che potrebbe durare ancora per un po’, per cui entrambi farebbero bene a preparare le loro società alla possibilità di continue tensioni, in modo da potersi adattare nel modo più efficace a questa realtà geostrategica emergente.

Giustizia e sviluppo, non “genocidio”, seguiranno la fine del conflitto in Karabakh

ANDREW KORYBKO
21 SET 2023

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Il Caucaso meridionale può ora consolidarsi in un polo geoeconomico indipendente nell’ordine mondiale emergente, nel quale l’Armenia farebbe bene a integrarsi senza indugio. A tal fine, deve estradare tutti i criminali di guerra, pagare i risarcimenti, sbloccare il corridoio Zangezur e fare pace con l’Azerbaigian.

L’operazione antiterrorismo dell’Azerbaigian all’inizio di questa settimana ha posto fine in modo decisivo al conflitto del Karabakh, durato tre decenni, che finora aveva permesso alle forze straniere di dividere e governare il Caucaso meridionale. L’Armenia, la sua potente lobby della diaspora e i suoi sostenitori online sono furiosi proprio perché speravano di perpetuare indefinitamente quel conflitto precedentemente congelato, ma ora sono costretti ad accettare questa nuova realtà. Lungi dal “genocidio” paventato, ecco cosa ci si può aspettare che accada:

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* Gli sfollati dell’Azerbaigian possono finalmente tornare alle loro case

Gli oltre 1,2 milioni di azeri che sono stati ripuliti etnicamente dalle forze di occupazione armene tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 possono finalmente tornare nelle terre dei loro antenati, dopo il ripristino del controllo di Baku sul Karabakh.

* La riconciliazione, non la vendetta, caratterizzerà gli atteggiamenti dei rimpatriati nei confronti degli armeni locali.

Gli azeri di ritorno sono disposti a riconciliarsi con gli armeni locali rimasti in Karabakh dopo aver accettato di seguire le leggi del governo nazionale, invece di cercare di vendicarsi contro di loro per l’occupazione, poiché sanno che atti di punizione non farebbero altro che macchiare la reputazione del loro Paese.

* Coloro che hanno commesso crimini violenti saranno portati davanti alla giustizia.

Nessuna riconciliazione è possibile con coloro che hanno le mani sporche di sangue, ed è per questo che l’Azerbaigian ha riferito di aver trasmesso una lista di criminali di guerra e simili che chiede di consegnare alla giustizia, il che presumibilmente include la loro estradizione dall’Armenia se sono già fuggiti lì.

* L’Armenia deve pagare i risarcimenti per l’occupazione illegale dell’Azerbaigian durata tre decenni.

A proposito di giustizia, è giusto che l’Armenia paghi i risarcimenti per l’occupazione illegale dell’Azerbaigian durata tre decenni, che ha portato alla completa distruzione di quasi un quinto del territorio di quest’ultimo, senza i quali sarà estremamente difficile e forse impossibile normalizzare veramente i loro legami.

* Ha anche bisogno di attuare pienamente il cessate il fuoco mediato da Mosca a partire dal novembre 2020

Il ripristino delle relazioni bilaterali richiederà anche la piena attuazione da parte dell’Armenia del cessate il fuoco mediato da Mosca a partire dal novembre 2020, in particolare l’ultimo paragrafo che obbliga l’Armenia a sbloccare i collegamenti economico-trasportistici regionali, compreso quello con il Nakhchivan che sarà protetto dalle guardie di frontiera russe.

* Il Corridoio Zangezur è la migliore speranza per il futuro economico dell’Armenia

L’ultimo collegamento economico-trasportistico citato è noto in Azerbaigian come Corridoio Zangezur ed è la migliore speranza per il futuro economico dell’Armenia, che potrà trarre profitto dal commercio azero-turco lungo questa rotta e ritagliarsi una propria nicchia di valore aggiunto tra i due, se sarà sufficientemente intraprendente.

* La Russia continuerà a incoraggiare l’Armenia a raggiungere un accordo di pace con l’Azerbaigian

Nell’ultima telefonata con il suo omologo azero Ilham Aliyev, il Presidente Putin ha confermato che la Russia continuerà a spingere per una pace formale nella regione e il comunicato stampa ufficiale del Cremlino ha specificamente menzionato che Mosca vuole lo sblocco dei collegamenti di trasporto regionali, cioè il Corridoio Zangezur.

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Come si può vedere, la giustizia e lo sviluppo seguiranno la fine del conflitto del Karabakh, non il “genocidio” come l’Armenia e i suoi agenti di guerra informativa hanno falsamente paventato per giustificare l’ingerenza americana. Il Caucaso meridionale può ora consolidarsi in un polo geoeconomico indipendente nell’ordine mondiale emergente, nel quale l’Armenia farebbe bene a integrarsi senza indugio. A tal fine, deve estradare tutti i criminali di guerra, pagare i risarcimenti, sbloccare il corridoio di Zangezur e fare pace con l’Azerbaigian.

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Le conseguenze dell’allargamento dell’UE all’Ucraina, di Maxime Lefebvre

Le conseguenze dell’allargamento dell’UE all’Ucraina

Maxime Lefebvre

27 luglio 2023

Dalla rivoluzione arancione del 2004 all’invasione russa del 2022, l’Ucraina ha costantemente bussato alla porta dell’Unione Europea. Ma a differenza della NATO, l’UE non ha mai offerto all’Ucraina la prospettiva di adesione, come invece ha fatto con i Paesi dei Balcani occidentali (nel 2000) e con la Turchia (nel 1963). L’UE ha riconosciuto le “aspirazioni europee” dell’Ucraina e ha accolto con favore la sua “scelta europea”, ma non le ha mai concesso una “prospettiva europea”, nonostante le pressioni del Regno Unito (che nel frattempo ha lasciato l’Unione), della Svezia e degli Stati membri dell’Europa orientale. I Paesi Bassi hanno persino subordinato la ratifica dell’accordo di associazione nel 2016 a una dichiarazione referendaria che non prevedeva alcuna prospettiva di adesione.

Tutto è cambiato con la guerra in Ucraina nel 2022. Per solidarietà con gli ucraini, è diventato impossibile negare a questo popolo martire e a questo “Paese europeo” (riconosciuto come tale in una dichiarazione UE-Ucraina del 2008 adottata sotto la presidenza francese, ma non come “Stato europeo” ai sensi dell’articolo 49 del TUE) la prospettiva di entrare un giorno nell’Unione. Per non creare divisioni sgradite in questo contesto, il Consiglio ha passato la palla alla Commissione, che si è affrettata a esprimere un parere favorevole, e il Consiglio europeo ha accettato la domanda ucraina a tempo di record, già a giugno (la Turchia aveva aspettato fino al 1999 per essere ufficialmente accettata). Contemporaneamente, è stata accettata anche la domanda della Moldavia (geopoliticamente legata al destino dell’Ucraina) e la Georgia ha ottenuto una prospettiva europea.

La questione non è più se si apriranno i negoziati di adesione, ma quando e quali saranno le conseguenze di questi nuovi allargamenti. Le cose possono accadere rapidamente, visto che sono passati appena dieci anni tra la prospettiva di adesione dei Paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO) a Copenaghen (1993) e il grande allargamento a Est (2004).
Uno spostamento dell’Unione verso est

Supponiamo che l’allargamento alla Turchia rimanga congelato (i negoziati sono fermi dal 2020) e che l’Unione si espanda “solo” ai sei Paesi dei Balcani occidentali in attesa di adesione e ai tre nuovi candidati a Est. L’Unione passerebbe da 27 a 36 membri, la maggior parte dei quali (20) sarebbero ex “Paesi del blocco orientale” e insieme soddisferebbero uno dei criteri per la maggioranza qualificata nel Consiglio (55% degli Stati). Questo criterio numerico è importante anche per la Commissione, dove la maggioranza dei commissari proverrebbe dall’Europa orientale.

Dal punto di vista demografico, i nuovi membri non hanno molto peso rispetto ai 450 milioni di abitanti dell’Unione Europea a 27: 20 milioni per i Balcani e appena 40 milioni per l’Ucraina. L’Unione Europea non riacquisterebbe nemmeno la popolazione precedente alla Brexit. Con una maggioranza in Consiglio secondo il criterio della maggioranza numerica, i Paesi dell’Europa orientale nel loro insieme non raggiungerebbero la minoranza di blocco secondo il criterio demografico (35% della popolazione). Le decisioni dovranno quindi tenere conto degli interessi dell’Est, ma si può prevedere che l’influenza dei Paesi occidentali più popolosi e ricchi rimarrà predominante, soprattutto perché i parlamentari e i funzionari europei vengono assunti più o meno in proporzione alla popolazione degli Stati interessati.

La divisione tra Est e Ovest può tuttavia essere problematica sotto molti aspetti. Secondo il criterio religioso, che è alla base dell’approccio delle “civiltà” di Samuel Huntington (Clash of Civilisations, 1996), alcuni degli attuali PECO appartengono alla civiltà dell’Europa occidentale (caratterizzata dal cristianesimo cattolico e protestante), mentre Grecia, Bulgaria, Romania, Moldavia, Ucraina, Georgia, Serbia, Macedonia e Montenegro hanno una tradizione ortodossa e tre Paesi hanno una maggioranza musulmana (Albania, Bosnia e Kosovo). Sulle questioni migratorie, il rifiuto del gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) dell’immigrazione non cristiana e non europea potrebbe trovare un sostegno più ampio.

Il sociologo Henri Mendras (L’Europe des Européens, 1997) ha teorizzato il divario tra i Paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Europa orientale, i quali non hanno sperimentato, o hanno sperimentato solo con ritardo, i processi di individualizzazione, costituzione di Stati nazionali, industrializzazione e democratizzazione tipici dell’Occidente. I problemi con lo Stato di diritto in Ungheria e Polonia (e altrove), o con la corruzione endemica (in particolare in Ucraina), sono difficili da superare e potrebbero non essere mai superati.
Convergenza economica o rapporto centro/periferia?

Il divario è anche economico. L’Ucraina è un Paese povero per gli standard dell’UE: il 25% del PIL pro capite della Polonia (erano allo stesso livello nel 1990), il 10% di un Paese come la Francia. E gli altri futuri Paesi dell’allargamento non se la passano molto meglio. L’adesione di 60 milioni di poveri comporterà un maggiore bisogno di solidarietà, attraverso gli aiuti della Politica agricola comune e della politica regionale, che saranno finanziati a spese degli aiuti ricevuti dagli altri Paesi meno sviluppati della periferia orientale e mediterranea dell’UE, oppure dovranno essere finanziati dai Paesi più ricchi.

Tuttavia, la capacità redistributiva dell’UE è minata dall’uscita del Regno Unito (che rappresentava un contributo netto significativo), dalla ricaduta dei Paesi mediterranei in seguito alla crisi dell’eurozona e dalla riluttanza di diversi Paesi ricchi ad aumentare la spesa per l’UE in un contesto di debito eccessivo e di rigore di bilancio. Inoltre, come ha dimostrato il caso delle importazioni ucraine di cereali che hanno provocato richieste di salvaguardia da parte di alcuni Paesi dell’Europa orientale, il libero scambio con l’Ucraina ha effetti problematici anche per l’UE.

È possibile ipotizzare uno scenario ottimistico di convergenza in cui l’Ucraina seguirebbe lo sviluppo economico della Polonia e di altri Paesi dell’Europa centrale e orientale, il che ridurrebbe a lungo termine la necessità di solidarietà. Tuttavia, il caso della Grecia dopo il 2010 dimostra che non si possono escludere arretramenti in Paesi in cui lo Stato di diritto non è ben consolidato, e il caso dell’Italia dimostra che il Mezzogiorno non è mai stato in grado di recuperare il ritardo rispetto al Nord del Paese.

È ipotizzabile un altro scenario in cui la periferia orientale e mediterranea dell’Unione rimarrebbe permanentemente sottosviluppata. Ciò si accompagnerebbe a un esodo delle forze vitali di questi Paesi verso un futuro migliore in Germania o in altri Paesi dell’Europa occidentale, come abbiamo visto dopo l’adesione dei Paesi dell’Europa orientale, che si stanno spopolando drammaticamente (cfr. Ivan Krastev, Le Destin de l’Europe, 2018). Creando 8 milioni di rifugiati (il 20% della popolazione), la guerra in Ucraina ha accelerato un processo che era già iniziato.

L’Unione Europea sarà abbastanza forte da imporre profondi cambiamenti strutturali allo Stato di diritto nel lungo periodo? Nessuno ha la risposta. È possibile che si debba tornare all’idea di un’integrazione a più velocità, con una zona euro più integrata che deve essere strutturata all’interno di un’Unione europea più grande che non sarebbe in grado di applicare le sue politiche più ambiziose (unione monetaria, zona Schengen senza controlli alle frontiere) a tutti i suoi membri. È anche possibile che un rafforzamento dei partiti nazionalisti in tutta Europa finisca per mettere a repentaglio l’intero progetto europeo.
Effetti sulla politica estera dell’Unione

L’adesione dell’Ucraina all’UE confermerebbe lo sviluppo auspicato dal politologo americano Zbigniew Brzezinski (Le Grand échiquier. L’Amérique et le reste du monde, 1997): il consolidamento di una “spina dorsale geostrategica” comprendente Francia, Germania, Polonia e Ucraina. Questo scenario prevede l’unificazione dell’Europa contro la Russia, con tutte le istituzioni europee più o meno geopoliticamente allineate (UE, NATO, Consiglio d’Europa, Comunità politica europea avviata nel 2022). La guerra in Ucraina ha spinto l’Europa verso questo scenario e oggi è difficile capire come si possa tornare al progetto di un’architettura di sicurezza europea che includa la Russia.

Ma garantire la sicurezza a lungo termine dell’Ucraina in un confronto senza fine con la Russia è una sfida importante. Come ha dimostrato il recente vertice di Vilnius, non è facile estendere la NATO all’Ucraina, un Paese in guerra con la Russia e in parte occupato da quest’ultima, senza scontrarsi con il dilemma della garanzia dell’articolo 5 (assistenza nel quadro della difesa collettiva): o questo articolo non sarà applicato e sarà demonetizzato, o sarà applicato e la NATO sarà trascinata in una guerra potenzialmente nucleare. L’UE non si trova di fronte allo stesso dilemma, in quanto la propria clausola di difesa collettiva (articolo 42-7 del TUE) non ha la portata operativa dell’articolo 5 del Trattato di Washington: inoltre, l’adesione di una Cipro divisa non ha portato a un conflitto con la Turchia.

Qualunque sia la soluzione alla questione delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina (attraverso la NATO, l’UE o il sostegno bilaterale come avviene oggi), un’UE allargata all’Ucraina sarà ancora più anti-russa e dovrà inquadrare maggiormente la sua politica estera in un quadro transatlantico e occidentale, con il rischio che l’UE non emerga più autonoma e più capace di far valere i propri interessi, in particolare nelle relazioni con gli Stati Uniti.

L’adesione dell’Ucraina e degli altri Paesi attualmente candidati potrebbe quindi portare a un’Unione più eterogenea, la cui unità dipenderebbe dall’unità e dalla forza del quadro liberale occidentale guidato dagli Stati Uniti e incarnato in particolare dalla NATO. Se questo quadro dovesse indebolirsi, anche a causa degli sviluppi oltre Atlantico, e se le forze nazionaliste centrifughe dovessero continuare a rafforzarsi all’interno dell’Unione, il progetto europeo potrebbe essere pericolosamente indebolito. Ciò rende ancora più urgente e necessaria la riscoperta di un asse franco-tedesco forte e trainante al centro dell’Unione.

https://www.telos-eu.com/fr/les-consequences-dun-elargissement-de-lue-a-lukrai.html

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Gli USA e l’impoverimento dell’Europa, di ROBERTO IANNUZZI

Gli USA e l’impoverimento dell’Europa

Mentre Washington ha nuovamente imposto la sua “indispensabilità” nel continente europeo, l’Europa rischia di diventare la retrovia impoverita di un Occidente in declino.

21 LUG 2023
(Image by pxhere)

Lo scorso aprile, un trionfale articolo dell’Economist intitolato “The lessons from America’s astonishing economic record” affermava che “la più grande economia del mondo sta lasciando i suoi competitori sempre più nella polvere”.

La scomoda verità – ha però osservato Graham Allison, uno dei massimi politologi americani – è che l’Economist giunge a questa sbalorditiva conclusione proprio escludendo l’unico vero competitore degli Stati Uniti: la Cina.

Il paragone a cui si limitava il noto settimanale britannico era fra gli USA e gli altri paesi del G7. In questa competizione, gli Stati Uniti non solo sono avanti ma stanno accrescendo il loro distacco.

Il punto scottante, sottolinea Allison, è che a partire dalla fondazione del G7 circa mezzo secolo fa, la quota del PIL globale a cui contribuisce il gruppo è andata progressivamente diminuendo.

Queste sette economie, che negli anni ’70 del secolo scorso determinavano oltre il 60% dell’output mondiale, oggi ne rappresentano solo il 44% (appena il 30% se misurato a parità di potere d’acquisto).

Mentre la sfida decisiva dei prossimi anni sarà quella fra USA e Cina, ciò a cui stiamo assistendo è una sorta di “cannibalismo” economico fra paesi dell’Occidente.

Se nel 2008 l’economia dell’Unione Europea era poco più grande di quella americana (16,2 trilioni di dollari contro 14,7), nel 2022 l’economia USA ha raggiunto i 25 trilioni mentre quella di UE e Regno Unito insieme non ha toccato neanche i 20 trilioni.

Il divario continua ad aumentare, e non è solo una questione di tenore di vita. E’ la crescente dipendenza europea dagli Stati Uniti in materia di tecnologia, energia, finanza e difesa che sta erodendo ogni residua aspirazione di “autonomia strategica” dell’Europa.

Il panorama tecnologico europeo è dominato da compagnie americane come Microsoft, Amazon e Apple. Mentre la Cina ha sviluppato i propri giganti tecnologici, le poche compagnie europee che emergono vengono spesso acquistate dagli Stati Uniti.

Se nel 1990 l’Europa produceva il 44% dei semiconduttori a livello mondiale, questa percentuale è scesa attorno al 9% nel 2020. Con una quota pari al 12%, gli USA non se la passano meglio.

Ma mentre Washington ha messo in campo un’ambiziosa politica industriale con i provvedimenti dell’Inflation Reduction Act (IRA) e del CHIPS and Science Act, le grandi aspirazioni europee riguardo alla transizione ecologica ed a quella digitale rischiano di rimanere sulla carta.

Di fronte agli ingenti sussidi industriali messi in campo dall’IRA, che rischiano di svantaggiare pesantemente l’industria dell’UE, la Commissione Europea ha mostrato una sconcertante passività.

Nel frattempo, per il tanto sbandierato Green Deal europeo che dovrebbe costare 620 miliardi di euro, la Commissione ha stanziato appena 82,5 miliardi, lasciando presagire che esso rimarrà probabilmente poco più di uno slogan.

E mentre lo status di valuta di riserva mondiale di cui gode il dollaro permette a Washington di finanziare i propri piani, i problemi congeniti dell’unione monetaria europea pongono limiti molto più stringenti all’UE.

Dopo il crollo del muro di Berlino, per alcuni anni era forse sembrato che l’Europa fosse meno dipendente dall’America. Ma, puntando sull’allargamento a est della NATO e dell’UE, Washington ha creato un nuovo serbatoio di paesi strettamente legati agli USA, allo stesso tempo spostando il baricentro dell’Unione e dell’Alleanza Atlantica.

Sfruttando abilmente il conflitto ucraino, gli Stati Uniti hanno nuovamente imposto la loro indispensabilità nel continente europeo, spingendo i propri alleati a rompere ogni rapporto con Mosca ed a rinunciare alle fonti energetiche russe a basso costo.

Ciò ha creato un ulteriore squilibrio fra le due sponde dell’Atlantico. Mentre gli USA dispongono di proprie fonti di gas e petrolio a buon mercato, i prezzi energetici europei sono schizzati alle stelle.

La Germania, motore della crescita UE, ha visto il proprio modello di prosperità fondato sulle esportazioni progressivamente demolito dall’elevata inflazione e da spese quadruplicate a causa della sua improvvisa dipendenza dalle costose fonti energetiche statunitensi. Ciò ha posto il paese in recessione.

Il problema, comune ad altri paesi dell’Unione, accresce ulteriormente il rischio di una migrazione delle imprese europee sull’altra sponda dell’Atlantico, e di una progressiva deindustrializzazione del vecchio continente.

Gli europei hanno cominciato a impoverirsi. A differenza degli Stati Uniti, i consumi in Europa stanno diminuendo. L’Ue ora contribuisce al 18% della spesa globale per i consumi, a fronte di un contributo americano pari al 28%. Quindici anni fa, sia gli USA che l’UE contribuivano a circa un quarto di tale spesa.

Nel frattempo, la militarizzazione dell’Europa a seguito dello scontro con la Russia, in assenza di una robusta industria europea della difesa, è destinata a creare ulteriore dipendenza dall’industria bellica americana.

Già prima del conflitto, circa metà della spesa militare europea andava ad arricchire il complesso militare-industriale statunitense.

E alla luce della competizione con Pechino, Washington sta esercitando pressioni sui paesi europei affinché riducano anche i propri interessi commerciali ed i propri investimenti in Cina.

Nel panorama della nuova competizione globale, l’Europa rischia dunque di diventare la retrovia impoverita (se non addirittura il campo di battaglia) di un Occidente in declino.

https://robertoiannuzzi.substack.com/p/gli-usa-e-limpoverimento-delleuropa

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Michael Vlahos: L’Ucraina avrà lo stesso destino del Sud nella guerra civile americana

Michael Vlahos: L’Ucraina avrà lo stesso destino del Sud nella guerra civile americana

Il giornalista danese Flemming Rose intervista Michael Vlahos[1]


AGON
[2]

5 SETTEMBRE 2023

 

 

L’esercito ucraino è destinato al collasso? Lo storico militare americano Michael Vlahos ha una visione eterodossa della questione. Con il giornalista danese Flemming Rose[3] ha discusso dello stato della guerra.

Per la rubrica Pensiero libero di questa settimana ho parlato con l’analista militare statunitense Michael Vlahos, che ritiene che l’esercito ucraino si stia avviando al collasso. Vlahos prevede che la Russia vincerà la guerra e che Putin si attesterà al confine quando inizieranno i negoziati sul futuro dell’Ucraina.

 

L’Ucraina ha il coltello dalla parte del manico?

Non so voi, ma io credo che sia difficile capire l’andamento della guerra in Ucraina.

Nonostante le fosche notizie dal fronte dei principali media statunitensi – “Washington Post”, “Wall Street Journal” e “New York Times” – gli esperti occidentali continuano a insistere sul fatto che l’Ucraina sta avendo la meglio.

La scorsa settimana, l’analista della sicurezza Mark Galeotti ha dichiarato sul quotidiano britannico “The Sunday Times” che “l’Ucraina sta vincendo la guerra”, anche se questa continuerà fino al 2024. Lo stesso quadro viene dipinto da uno dei principali commentatori americani di affari esteri, David Ignatius, sul “Washington Post”, dove prevede che quest’anno, come risultato dell’offensiva in corso, l’Ucraina potrebbe riuscire a tagliare il corridoio terrestre della Russia verso la Crimea, minacciando così il controllo di Mosca sulla penisola di importanza strategica.

Nella rivista “Foreign Affairs”, quest’estate lo storico militare Lawrence Freedman ha sostenuto che il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky è più forte che mai, mentre tutte le tendenze del conflitto – militari, economiche e diplomatiche – vanno a favore dell’Ucraina, e che il Presidente russo Vladimir Putin è quindi sempre più sotto pressione. Secondo Freedman, non gli restano alternative valide.

Infine, l’esperto di sicurezza americano Edward Luttwak riconosce, in un’analisi pubblicata sul media digitale UnHerd, che l’offensiva ucraina probabilmente non è andata come desiderato, ma Luttwak crede ancora che l’Ucraina, con una mobilitazione di 2-3 milioni di uomini, possa vincere la guerra e liberare i territori occupati.

Tuttavia, Luttwak basa la sua previsione su una popolazione ucraina di 30 milioni di abitanti. Questo numero si riferisce al gennaio 2022. In un’analisi del think tank Jamestown Foundation, collegato alla comunità di intelligence americana, si afferma che la popolazione ucraina si è oggi ridotta a soli 20 milioni, un po’ più dei Paesi Bassi, ma meno di Taiwan. E di questi 20 milioni, secondo la Jamestown Foundation, più della metà è costituita da pensionati: 10,7 milioni.

Jamestown stima che circa 2 milioni di ucraini siano mobilitati, il che corrisponde a circa il 10% della popolazione. Si tratta di un numero elevato, che in altre guerre ha avuto conseguenze negative per l’economia di un Paese. È il caso della Finlandia durante la Seconda guerra mondiale e del Vietnam del Sud durante la guerra del Vietnam. Secondo il Parlamento ucraino, c’è una carenza di manodopera nel settore energetico e nella produzione industriale e di armi, perché i dipendenti sono stati mobilitati.

A ciò si aggiunga che negli ultimi tre mesi l’esercito ucraino è riuscito a reclutare solo circa la metà del numero previsto. Questo è il motivo per cui il Presidente Zelensky ha licenziato i capi di tutti gli uffici di reclutamento del Paese, denunciandone la corruzione. Questa è senza dubbio una parte della spiegazione, ma potrebbe anche essere che, semplicemente, non ci sono più abbastanza persone in Ucraina.

Alla luce di ciò, si possono nutrire dubbi sul realismo della previsione di Luttwak di una vittoria ucraina sulla base dei calcoli che presenta.

Ciononostante, un’ampia gamma di esperti occidentali ritiene che l’Ucraina possa ancora vincere la guerra. E forse hanno ragione.

 

Prevedere il collasso dell’Ucraina

 

Il sillabo dice che le democrazie sono più brave delle tirannie a fare la guerra. Non c’è alcuna base empirica e storica per questo. Fa parte della dottrina religiosa americana, che non si cura della realtà.

 

Lo storico militare americano Michael Vlahos è di opinione diversa. Prevede un collasso dell’esercito ucraino, e ritiene che esso si trovi in una situazione che per molti versi può essere paragonata al destino degli Stati del Sud nella Guerra Civile americana. Allo stesso tempo, ipotizza che l’esercito russo uscirà da questa guerra come forse il più forte del mondo.

Vlahos – come suggerisce la valutazione radicale di cui sopra – non è uno di quelli a cui piace marciare a tempo. Una volta ha lasciato il suo lavoro presso un istituto di istruzione superiore perché si era stancato delle persone che dicevano una cosa e facevano il contrario.

Il dottor Vlahos spiega:

Tutti continuavano a parlare di pensiero critico. Gli insegnanti e la direzione hanno detto agli studenti: Siamo qui per insegnarvi il pensiero critico”. E sebbene il “pensiero critico” sia stato menzionato un totale di 24 volte nel programma, lo scopo di un programma dettagliato di 186 pagine, in cui le risposte “corrette” si trovano in una pagina su due, non è quello di insegnare agli studenti a pensare in modo critico. Le risposte “corrette” sono state ripetutamente inculcate nella testa degli studenti. Tutto seguiva un rigido manuale, e tutte le risposte corrette erano note in anticipo. Mi ha provocato una ribellione intellettuale, e alla fine non l’ho più sopportato“.

 

Può fare un esempio?

 

Il programma diceva che le democrazie sono più brave delle tirannie a fare la guerra. Non c’è alcuna base empirica e storica per questo. Fa parte della dottrina religiosa americana, che non si cura della realtà“.

 

Penetrare il mistero della guerra

 

Torneremo su questo argomento quando parleremo della religione civile e della visione dogmatica del mondo degli Stati Uniti, ma prima dobbiamo saperne un po’ di più sul background di Michael Vlahos.

Vlahos ha una lunga carriera alle spalle, durante la quale ha insegnato guerra e strategia alla Johns Hopkins University di Washington e all’università della Marina statunitense, il Naval War College di Rhode Island. Vlahos ha lavorato anche per la CIA, e alla fine degli anni ’80 è stato capo della ricerca del Dipartimento di Stato americano. Negli ultimi anni ha collaborato con l’Institute for Peace & Diplomacy di Washington ed è autore del libro Fighting Identity: Sacred War and World Change[4]. Vlahos fa risalire il suo interesse per la storia della guerra alla prima infanzia, quando i suoi genitori gli regalarono una storia illustrata del mondo, e a quel tempo la guerra occupava gran parte della storia. Spiega:

Ho trascorso la maggior parte della mia vita professionale a capire il mistero della guerra e il motivo per cui la guerra è così centrale nella vita e nella morte delle civiltà e come la guerra sia servita come forza positiva e negativa nell’evoluzione umana“.

 

Tre fattori decisivi

All’inizio di agosto, Vlahos ha pubblicato un saggio sensazionale sulla rivista conservatrice Compact con il titolo drammatico “L’esercito ucraino sta cedendo“.[5]

Secondo Vlahos, è l’interazione di tre fattori che può causare il crollo di un esercito. In primo luogo, quando l’ottimismo iniziale e la fiducia nella vittoria si trasformano nella percezione che la guerra non può essere vinta. Proprio questo cambiamento di umore, dice Vlahos, può essere rintracciato nella società ucraina e al fronte, dove molti esprimono che l’obiettivo dichiarato della vittoria – il ripristino dei confini dell’Ucraina dal 1991 – non è più realistico.

In secondo luogo, sottolinea Vlahos, un punto di svolta critico si verifica se il sostegno esterno degli alleati inizia a diminuire. Nessun alleato occidentale lo dice apertamente, ma i politici ucraini si rendono conto di essere sottoposti a forti pressioni da parte di diversi Paesi occidentali affinché inizino i negoziati per porre fine alla guerra; e questa settimana, uno dei più forti sostenitori dell’Ucraina al Congresso, il repubblicano Andy Harris, che è presidente di un gruppo di sostegno all’Ucraina alla Camera dei Rappresentanti, ha osservato che l’offensiva di quest’estate è fallita e che è improbabile che l’Ucraina vinca la guerra, e che è quindi giunto il momento di ridurre il sostegno americano. Allo stesso tempo, il “Wall Street Journal” ha scritto, in un articolo sensazionale di qualche settimana fa, che i responsabili militari occidentali sapevano in anticipo che Kiev non aveva né l’addestramento necessario né le armi – dalle granate ai jet da combattimento – per respingere le forze russe.

In terzo luogo, la volontà di combattere di un esercito si avvicina a un punto di svolta critico, secondo Michael Vlahos, quando l’atteggiamento nei confronti di coloro che all’inizio della guerra hanno mostrato la via della vittoria e del trionfo, e che sono stati acclamati come eroi, diventano oggetto di critiche e alla fine vengono bollati come bugiardi e truffatori.

 

 

 

Un confronto con la Prima guerra mondiale

 

In Ucraina, questa tendenza si manifesta con una spaccatura tra il capo dell’esercito Valery Zaluzhny, da un lato, e il presidente Zelensky e la sua cerchia ristretta, dall’altro. Gli osservatori sottolineano che Zaluzhny era contrario all’offensiva di quest’estate, mentre Zelensky, a seguito delle pressioni esercitate in particolare dagli Stati Uniti, ha insistito per lanciarla. Se l’offensiva si concluderà con un fallimento, con perdite così pesanti che l’Ucraina non sarà in grado di ricostituire le sue forze, il Paese devastato dalla guerra rischia di precipitare in una resa dei conti politica interna su responsabilità e colpe, si legge nell’articolo.

Come dicevo, Michael Vlahos ritiene che tutti e tre i fattori siano ora in gioco in Ucraina, e che questo mini il morale.

Fa un paragone con la Prima guerra mondiale del 1914-1918, quando sei dei sette eserciti delle grandi potenze crollarono. Questo portò alla resa, all’ammutinamento e alle rivoluzioni. In quattro anni, la Germania perse il 3,1% della sua popolazione e la Francia il 3,6%. Vlahos stima che in un solo anno e mezzo l’Ucraina abbia perso il 2,5% della sua popolazione attuale, sotto forma di morti e feriti che non possono tornare sul campo di battaglia. Ciò corrisponde a 250.000 persone. Vlahos sospetta che i numeri possano essere più alti, ma per preservare il morale della popolazione ucraina sono un segreto di Stato. Secondo i documenti dell’intelligence americana, trapelati in primavera, all’epoca l’esercito ucraino aveva perso circa 130.000 tra morti e feriti. Vlahos insiste anche sul fatto che recentemente è emerso che fino a 50.000 ucraini hanno perso almeno una parte del corpo, un braccio, una gamba o altro. La cifra, per la Germania nella Prima Guerra Mondiale, è stata di 67.000 mutilati, in una guerra in cui la Germania ha perso 1,7 milioni di morti al fronte e 450.000 civili su una popolazione di 65 milioni.

 

Le perdite dell’Ucraina sono maggiori delle russe

 

Ma, sottolinea Vlahos, i dati sulle perdite non sono, alla fine, decisivi per la capacità di un esercito di continuare a combattere. Anche gli eserciti più logori continueranno a combattere, se credono nella causa. L’esercito britannico perse 60.000 uomini nel primo giorno della battaglia della Somme nel luglio 1916, mentre l’Italia ne perse 350.000 in 17 giorni a Caporetto, nell’autunno del 1917. Ma entrambi gli eserciti continuarono la guerra.

In contrasto con una convinzione diffusa in Occidente, Vlahos ritiene che l’Ucraina abbia subito perdite significativamente maggiori rispetto ai russi, salvo che nella prima fase della guerra. Lo sfondo del suo calcolo è il rapporto di forza dei cannoni e dei proiettili di artiglieria, dove si ritiene che i russi abbiano una preponderanza compresa tra 5:1 e 10:1. Proprio questo tipo di armi è stato il più letale in questa guerra, quindi, a meno che l’esercito russo non abbia sparato a casaccio, questa differenza sarà a suo favore, dice Vlahos. Durante la Prima guerra mondiale, le perdite dovute al fuoco dell’artiglieria rappresentavano il 70% di tutte le perdite, e Vlahos ritiene che questa sia un’eccellente linea guida per comprendere le cifre delle perdite nella guerra attuale. Inoltre, ritiene che i russi siano stati più bravi ad adattarsi agli sviluppi sul campo di battaglia.

 

Nessun congelamento del conflitto

Vlahos non crede che la guerra si concluderà con un conflitto congelato. Prevede invece una vittoria russa, in cui l’Ucraina e l’Occidente saranno costretti ad accettare le richieste di un’Ucraina neutrale senza una difesa significativa. L’Ucraina rischia di diventare grande come la Bielorussia, sia in termini di territorio che di popolazione, e proprio come la Bielorussia senza accesso al mare.

Se dovesse indicare un esempio dalla storia della guerra, simile a quello che vediamo in Ucraina, quale sarebbe?

La guerra civile americana ha avuto una dinamica simile, per molti aspetti. L’Ucraina è simile agli Stati del Sud. Anche loro, come l’Ucraina, avevano grandi potenze che li sostenevano. Hanno tenuto in piedi gli Stati del Sud. Gli inglesi regalarono agli Stati Confederati 1 milione di fucili. Furono i britannici ad attaccare segretamente le navi commerciali degli Stati del Nord. Stavano in effetti conducendo una guerra per procura contro gli Stati del Nord. I britannici inviarono anche la loro flotta alle Bermuda, dove protessero il naviglio confederato che attuava il blocco navale. Il modo in cui la Gran Bretagna ha agito nella guerra civile americana è esattamente quello che gli Stati Uniti stanno facendo oggi alla Russia in relazione alla guerra in Ucraina“.

 

Gli Stati del Sud avevano lo stesso obiettivo dell’Ucraina

 

E lei pensa che in Ucraina il risultato sarà lo stesso della guerra civile?

Il Nord era diverse volte più grande del Sud, proprio come la Russia è diverse volte più grande dell’Ucraina. Gli Stati del Nord erano molto più ricchi di quelli del Sud e possedevano la maggior parte dell’industria, e lo stesso vale nel rapporto tra Russia e Ucraina“. Vlahos sottolinea le enormi perdite subite dagli Stati del Sud durante la guerra civile americana. Un milione di uomini servì nell’esercito confederato, di cui 350.000 morirono e circa 200.000 furono feriti.

 

È incredibile che gli Stati del Sud abbiano potuto resistere così a lungo. Hanno perso circa lo stesso numero di uomini degli Stati del Nord, ma gli Stati del Nord avevano una popolazione più che doppia. Gli Stati del Sud avrebbero potuto resistere più a lungo se avessero investito di più nella difesa, ma invece attaccarono e invasero gli Stati del Nord per quattro volte. Subirono perdite enormi“.

 

Perché lo fecero allora?

Volevano convincere la Gran Bretagna e la Francia a entrare in guerra al loro fianco, e credevano che questo sarebbe potuto accadere se avessero ottenuto una vittoria spettacolare. Così il generale Robert E. Lee combatté per molti versi la stessa guerra in cui è costretta ora l’Ucraina. Ma ciò contribuì solo ad accelerare il crollo degli Stati del Sud. Furono completamente distrutti e gli ci vollero 100 anni per riprendersi. È lo stesso tragico sviluppo a cui stiamo assistendo in Ucraina“.

 

Anche gli Stati del Nord sono partiti male

 

E proprio come la Russia in Ucraina, anche gli Stati del Nord sono partiti male all’inizio della guerra civile?

Sì, nonostante la preponderanza demografica, la prosperità e la capacità industriale, all’inizio l’esercito degli Stati del Nord non era molto capace. Persero molte battaglie e diversi generali passarono dalla parte dei Confederati, ma durante i quattro anni di guerra il Nord imparò a combattere, e alla fine fu un esercito superbo a ribaltare le sorti della battaglia“.

 

I media aziendali seguono la narrazione del governo, come faceva la Pravda nell’Unione Sovietica.

 

Pensa che lo stesso stia accadendo all’esercito russo?

Sì. È un elemento di tutte le guerre. Certo, si può perdere e allora è finita, ma se una guerra dura abbastanza a lungo, si impara e si diventa più bravi a combattere. Abbiamo visto la stessa cosa durante le guerre napoleoniche all’inizio del 1800. Nei primi anni, Napoleone travolse un esercito europeo dopo l’altro, ma col tempo gli altri impararono a combattere e la cosa si concluse, come è noto, con la caduta di Napoleone. Ci sono voluti 10 anni, ma la curva di apprendimento dei russi in Ucraina è molto più veloce. Si sono adattati e innovati, e hanno aumentato la produzione di armi e munizioni. I russi potrebbero ora produrre 3-6 milioni di proiettili all’anno, mentre gli Stati Uniti possono fornirne 24.000 al mese“.

 

La battaglia per la narrazione

 

Quando parlano il Presidente Biden, i suoi ministri, i suoi consiglieri e i suoi capi dell’intelligence, sento una storia molto diversa. Tutti dicono all’unisono che la Russia ha già perso la guerra. Come dobbiamo interpretarlo?

Stanno conducendo una guerra con l’obiettivo di controllare la narrazione, e possono farlo perché la maggior parte della popolazione americana non è mai stata interessata a scoprire cosa sta realmente accadendo. I media mainstream seguono la narrazione del governo come faceva la “Pravda” nell’Unione Sovietica. All’inizio della guerra, si pensava che l’economia russa sarebbe crollata a causa di un rigido regime di sanzioni. E poiché l’impresa iniziale dei russi è fallita, si è detto che erano primitivi, selvaggi e irrimediabilmente incompetenti, e che non avrebbero mai potuto imparare perché bloccati nella loro mentalità e dottrina militare sovietica“.

 

Vlahos prosegue:

Quando la realtà ha iniziato a cambiare, non c’è stato alcun adattamento da parte nostra, e quando si è così concentrati a vincere la battaglia per il controllo della narrazione, indipendentemente da ciò che accade nella realtà, si finisce per credere a ciò che si racconta. E il rischio di promuovere una narrazione in contrasto con la realtà è che non solo crea aspettative irrealistiche. Finisce anche per esploderti in faccia e minare la fede e la fiducia in coloro che l’hanno propagata“.

 

La visione apocalittica dell’America

 

E ora arriviamo alla religione civile americana, cioè alla dottrina religiosa che, secondo Michael Vlahos, guida gli Stati Uniti, e di cui vede l’impronta anche in Ucraina.

 

Vlahos afferma che:

L’America è la patria del nazionalismo più riuscito e più estremo, che nasce dall’universalismo e dalla convinzione di aver ricevuto dal Creatore il compito divino di portare l’umanità sulla retta via, e di punire e sradicare tutto il male del mondo. Questa narrazione sacra attraversa la storia americana come un filo conduttore“.

 

Come si manifesta in Ucraina?

Qui vediamo la rievocazione di una narrazione che è stata tramandata dal XX secolo, due guerre mondiali e una guerra fredda, ma che in realtà risale alla Guerra Civile e alla Rivoluzione Americana. Si tratta del fatto che c’è un male nel mondo che deve essere combattuto e che l’America deve salvare il mondo da ogni male. Durante la guerra civile erano gli schiavi a dover essere salvati dal male, oggi sono gli ucraini a dover essere salvati dalla Russia malvagia, anche se la base della visione statunitense della Russia come epitome del male, il comunismo, è scomparsa. Tutti i nostri colpi di Stato e i tentativi di rovesciare militarmente i governi di tutto il mondo sono stati guidati dalla stessa narrazione. Dovevamo salvare tutti gli infelici, ma naturalmente è diventato più difficile perché si vedeva che non stava andando come si predicava“.

 

Non si tratta dell’Ucraina

 

E pensa che questo stia accadendo anche in Ucraina?

L’obiettivo di questa guerra non riguarda l’Ucraina, i bisogni e gli interessi ucraini. Si tratta della visione apocalittica che l’America ha del mondo. Il nostro compito è trasformare il mondo intero in una democrazia, e creare un nuovo ordine mondiale. Secondo questa narrazione sacra, l’America non può perdere perché noi siamo guidati da una provvidenza divina, abbiamo Dio o la Giustizia dalla nostra parte, e anche quando le cose vanno male più e più volte, noi andiamo avanti. Questo perché la nostra strategia è dominata dalla concezione di chi siamo. Non agiamo razionalmente, siamo guidati da un impulso religioso. Questa guerra finirà con l’opposto di ciò che l’America voleva“.

Cosa farà il Presidente Biden se le cose andranno come lei prevede? Dopo tutto, rischia di dover affrontare una sconfitta nel bel mezzo di una campagna elettorale.

Sarà un duro colpo. Possiamo già vedere i primi segni del modo in cui Washington imposterà la narrazione. Si dovrà dire: ‘Abbiamo fatto il possibile per l’Ucraina, abbiamo dato loro tutto ciò che chiedevano e li abbiamo addestrati, ma non erano all’altezza del compito’. Possono anche scegliere di gettare Zelensky sotto l’autobus e sottolineare l’enorme corruzione che è stata fatale per la guerra ucraina. Somiglierà un po’ all’Afghanistan, ma il collasso ucraino sarà qualcosa di completamente diverso, e prima o poi usciranno le cifre delle vittime. Sono gigantesche, quindi a un certo punto diverrà chiaro che gli Stati Uniti hanno bloccato i negoziati di Kiev con i russi, e sacrificato un intero Paese in nome della nostra vanità, del nostro narcisismo e delle nostre ambizioni eccessive“.

[1] https://www.agonmag.com/p/vlahos-ukraine-shares-same-fate-as?utm_source=post-email-title&publication_id=1191729&post_id=136547430&isFreemail=true&r=9fiuw&utm_medium=email

 

 

[2] https://substack.com/@agonmag

[3] https://frihedsbrevet.dk/militaerhistoriker-ukraine-deler-skaebne-med-sydstaterne-i-den-amerikanske-borgerkrig/

[4]  Vlahos, Michael (2008). Fighting Identity: Sacred War & World Change. Westport, Connecticut: Praeger Security International. https://www.libraryofsocialscience.com/ideologies/resources/vlahos-fighting-identity/

[5] https://compactmag.com/article/the-ukrainian-army-is-breaking

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SITREP 9/4/23: I primi sfidanti bruciano mentre l’Est continua a salire di potere, di Simplicius the Thinker

SITREP 9/4/23: I primi sfidanti bruciano mentre l’Est continua a salire di potere

Oggi, ancora una volta, iniziamo con le sempre importanti correnti sotterranee, che sono i veri motori significativi degli sviluppi, al di là dei continui capricci tattici del campo di battaglia.

Putin ha avuto un incontro con Erdogan in cui ha ribadito la posizione della Russia sull’accordo sul grano: non può andare avanti finché non vengono soddisfatte le richieste della Russia. Putin ha parlato soprattutto di fattori economici, ma Shoigu ha rilasciato una dichiarazione sull’aspetto militare, ovvero che parte dell’accordo prevedeva che l’Ucraina non potesse costruire o lanciare attacchi navali con i droni dalle aree portuali, cosa che secondo lui stavano facendo.

Ma sotto questo arbitrato di superficie, il vero peso si è spostato intorno a nuovi accordi tra Russia e Turchia, che sviluppano ulteriormente l’espansione multipolare. In particolare, i due Paesi hanno definito un piano in base al quale il grano russo sarà facilitato dalla Turchia in futuro e, cosa ancora più importante, l’inizio dei colloqui tra le banche russo-turche per avviare il commercio nelle valute nazionali.

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha sottolineato l’importanza del passaggio alle valute nazionali negli scambi bilaterali con la Russia. Il presidente turco ha rilasciato queste dichiarazioni durante l’incontro di lunedì a Sochi con il presidente russo Vladimir Putin. “Credo che il fatto che i capi delle nostre banche centrali si incontreranno qui oggi sia importante dal punto di vista di un passo verso il passaggio alle valute nazionali nelle relazioni bilaterali tra noi”, ha dichiarato il presidente turco.

Ora circola la voce che la Turchia abbia chiesto aiuto all’Iran per ottenere un invito ai BRICS. Considerando che ora sappiamo che la Cina e alcuni dei potenti BRICS volevano più membri ma sono stati costretti a scendere a compromessi con la visione dell’India, è molto probabile che la Turchia sia in agenda per la prossima tornata di inviti. E dato che sta già avviando iniziative per il regolamento delle valute nazionali, questo si inserisce a pieno titolo nel processo di de-dollarizzazione globale dei BRICS.

Inoltre, la Russia sta portando le sue relazioni con la Corea del Nord a un livello superiore, che rafforzerà entrambi i Paesi e creerà un blocco di potere regionale ancora più pesante per contrastare la crescente espansione della NATO in una “NATO del Pacifico”. Non solo la Russia sta inviando una delegazione alla prossima parata militare della Corea del Nord, ma ha anche invitato lo stesso Kim Jung Un a visitare la Russia per rafforzare ulteriormente i legami militari e firmare accordi per la produzione di armi:

Questo segue altri sviluppi “sotto la superficie” che continuano ad accelerare il rapido movimento di multipolarità e di de-dollarizzazione:

Nel frattempo, sia la Cina che l’Arabia Saudita hanno scaricato i titoli di stato statunitensi:

L’Europa è nel panico per l’espansione dei BRICS, Borrell ora chiede un’espansione d’emergenza dell’UE, sperando che l’aggiunta di 10 nuovi membri possa rilanciare la morente reliquia totalitaria:

L’Unione Europea deve prepararsi a un nuovo allargamento, che porterà all’ingresso di 10 nuovi Stati; è necessario considerare i tempi della loro ammissione” – Borrell
Nel frattempo il presidente Xi ha snobbato il G20, dichiarando che non parteciperà, ma invierà una delegazione inferiore.

Alcuni sono giunti alla conclusione che questo sia in realtà un affronto all’India, dove si terrà il G20, ma alcune pubblicazioni occidentali sono più sagge e hanno colto la vera motivazione:

Il Sirius Report scrive:

La mancata partecipazione di Xi al G20 non ha assolutamente nulla a che fare con l’India e tutto a che fare con il suo personale rifiuto di un’udienza con Biden e con lo sdegno della Cina per l’atteggiamento e l’approccio disfunzionale della sua amministrazione nei confronti di Pechino.Perché questo cambi, dovrebbe accadere qualcosa di sismico nei prossimi giorni, cosa che sembra altamente improbabile.
Per ironia della sorte, l’India stessa ha sparato un colpo all’arco dei quadri globali guidati dall’Occidente quando Modi ha nuovamente chiesto alle Nazioni Unite colonialiste di “accettare le nuove realtà”, in particolare quella di ammettere l’India come Stato più popoloso del mondo nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Secondo un’intervista pubblicata domenica, il Primo Ministro indiano Narendra Modi ha invitato le Nazioni Unite a riformarsi in linea con le realtà del XXI secolo per garantire la rappresentanza delle voci che contano. Un “approccio da metà del XX secolo non può servire il mondo nel XXI secolo”, ha dichiarato Modi, che ospiterà un vertice del Gruppo delle 20 grandi economie il prossimo fine settimana, all’agenzia di stampa Press Trust of India.
Con la situazione in Africa che peggiora di giorno in giorno per l’ordine atlantista, il cambiamento globale sta diventando sempre più visibile.

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In Ucraina gli sviluppi più importanti continuano a riguardare la crescente minaccia di mobilitazione. È ormai quasi certo che in autunno entrerà in vigore un nuovo regime repressivo per la stampa. Una pletora di documenti e di informazioni continua a riversarsi su questa linea, oltre a sottolineare ulteriormente le prove di perdite senza precedenti in corso.

Ogni sorta di “esenzione” viene cancellata. Chiunque abbia un’esenzione medica è ora costretto a rifare l’iter, come mostra questo folle video.

Alcune fonti, non ancora confermate, sostengono addirittura che verranno allentati i controlli su una serie di malattie gravi, al fine di rendere ammissibile il maggior numero possibile di ucraini:

Ciò è avvenuto in concomitanza con la conferma che diversi Paesi stanno collaborando per estradare con la forza i “rifugiati” ucraini in età militare, in particolare Polonia e Germania:

Ed ecco la BILD con

Autotraduzione:

Ma si tratterebbe anche di mettere sotto pressione migliaia, forse decine di migliaia in Germania, di rifugiati ucraini. Secondo il Ministero federale degli Interni (a febbraio) dopo l’inizio della guerra d’attacco russa sono entrati in Germania 163.287 ucraini maschi, in grado di fare il militare (data: febbraio 2023).

Per non parlare del fatto che le donne sono ora obbligate a registrarsi presso l’ufficio di arruolamento:

➡️Starting a partire dal 1° ottobre 2023, le lavoratrici del settore medico e farmaceutico saranno obbligate a registrarsi presso gli uffici di arruolamento militare.➡️Women altre professioni possono scegliere volontariamente di registrarsi. Le donne possono registrarsi se sono idonee al servizio militare a causa dell’età, fino a 60 anni, e delle loro condizioni di salute, determinate dalla Commissione per gli esami medici.
Secondo quanto riferito, un deputato ucraino ha persino proposto un disegno di legge per ridurre l’età della leva a 17 anni, in modo da poter iniziare a raccogliere tutti quei giovani adolescenti da mandare al macello:

⚡️⚡️⚡️La deputata del partito ucraino “Solidarietà europea” Sofya Fedina ha presentato una proposta di legge per ridurre l’età della leva a 17 anniMentre si parla di servizio militare, è noto che dopo il suo completamento i soldati non possono tornare a casa, facendo riferimento alla “legge marziale”.Questo è illegale, perché ufficialmente l’Ucraina non sta combattendo una guerra. Ciononostante, i giovani ragazzi sono costretti a firmare un contratto con le Forze Armate ucraine in vari modi, e sono già noti diversi casi di suicidio quando gli ucraini che non volevano combattere hanno scelto una misura così estrema.17 anni sono ancora adolescenti. E ora saranno mandati al fronte.⚡️⚡️⚡️
Ecco un servizio del Canale 1 russo sugli avvenimenti in corso:

E perché sta succedendo tutto questo?

Per rispondere, continuiamo ad avere sempre più conferme non solo delle perdite di massa che l’Ucraina sta subendo, ma anche della disparità di perdite tra l’AFU e le forze russe.

Unitevi a me in questo breve e macabro tour delle ultime novità:

In primo luogo, c’è stata un’intervista con un volontario polacco in Ucraina che ha detto cose davvero sconvolgenti:

Un polacco sulla difficile situazione in Ucraina: “Non hanno nessuno per combattere”: Slawomir Wysocki, un polacco che si reca regolarmente in Ucraina con gli aiuti umanitari, ha raccontato quanto sia tragica la situazione: “Per diversi mesi hanno violato solo la prima linea di difesa. Le perdite umane da parte ucraina sono enormi. Le attrezzature occidentali bruciano come fiammiferi. Ho contato le tombe a Lviv. Nella parte vecchia del cimitero ci sono circa 100 tombe, nella parte nuova più di 600. Nei villaggi questa proporzione è colossale. Nei villaggi la proporzione è enormemente diversa. Quando passo in auto, vedo cimiteri lungo le strade. Ognuno ha fino a una dozzina di tombe nuove. Vicino a ognuna di esse ci sono delle bandiere, sono facilmente riconoscibili. A Kharkov ci sono più di duemila tombe. Due mesi fa ero pieno di ottimismo sulla Kupyanskaya. Ora stiamo ancora riuscendo a resistere. Sembra che i russi stiano facendo di tutto per raggiungere Kupyansk, dove prenderanno posizione per l’offensiva di primavera”[Cosa pensano gli ucraini del sistema di difesa russo?] Sono terrorizzati. Sanno che l’esercito russo ha già previsto tutto. Il sistema di difesa è stato costruito da imprese di costruzione. Non si tratta di un contadino che agita una pala per costruire una trincea. Le imprese sono arrivate, hanno versato il cemento, hanno costruito fortificazioni nello stile della Linea Maginot. E ci sono tre o quattro linee di questo tipo. Gli ucraini dicono che ci sono cinque mine per metro quadro. Non si può mettere un piede a terra senza che una di queste esploda.[Con una situazione del genere al fronte, con perdite sempre maggiori, c’è ancora gente disposta a difendere la propria patria?] Non ce ne sono. Li cercano per le strade. Ci sono “rastrellamenti” a Leopoli, le persone vengono prese dai cantieri, dai bar. Recentemente ho assistito a una situazione simile alla stazione degli autobus di Lviv. Cinque poliziotti stavano in piedi e controllavano tutti quelli che volevano lasciare Lviv. Otto persone sono state trattenute in questo modo. Molte delle ragioni dell’attuale situazione di mobilitazione hanno origine a Bakhmut. È stato un tale scarico, un tale tritacarne che non c’era più nessuno a combattere”.
Per quanto riguarda la situazione delle miniere, potrebbe sembrare che stia esagerando, ma un nuovo video dal punto di vista ucraino mostra esattamente ciò di cui sta parlando:

Per quanto riguarda le perdite, ecco un nuovo resoconto di una fonte militare ucraina nella direzione di Klescheyevka:

E questo nuovo video della BBC sulle perdite ucraine è assolutamente da vedere per chiunque abbia ancora dei dubbi:

È un pezzo di accompagnamento a questo articolo della BBC:

Notate come il MSM ne parla apertamente.

Diavolo, basta guardare come gli ucraini stiano discutendo di uscire dalla mobilitazione:

Beh… meglio che essere morti, credo.

Inoltre, ci sono stati alcuni nuovi interessanti approfondimenti, in particolare per quanto riguarda gli scambi di prigionieri di guerra ucraini, che ci danno uno sguardo interno su quali siano le reali disparità di perdite tra le due parti.

Ricordiamo l’importante osservazione che avevo fatto qualche tempo fa: le perdite da entrambe le parti sono semi-soggettive e i numeri possono essere falsati con statistiche selettive da una parte o dall’altra. Ciò è dovuto al fatto che una parte non ha rilasciato perdite ufficiali dall’estate scorsa, mentre l’altra parte non ha mai rilasciato perdite ufficiali.

Tuttavia, le statistiche sui prigionieri di guerra sono l’unica statistica che è stata rilasciata in diversi momenti da entrambe le parti, il che significa che è l’unica statistica che ci permette di avere una misura di comprensione nel confrontare le perdite di entrambe le parti. Ho già detto molte volte in precedenza che la Russia prende da 5 a 15 volte più prigionieri di guerra di quanti ne prenda l’Ucraina dalle truppe russe, a seconda del momento. Per esempio, c’è stato un periodo in cui l’Ucraina ha confermato ufficialmente di avere circa ~2500 prigionieri di guerra russi, mentre la Russia ne aveva verificati più di 12-15k.

Il rapporto tra prigionieri di guerra e caduti è ovviamente relativo, così come lo è quello tra morti e feriti, il che ci dà un’idea del rapporto tra morti e feriti delle due parti.

E ora abbiamo un’ulteriore conferma per quanto riguarda l’aspetto dei prigionieri di guerra. Non solo questo portavoce dell’AFU conferma che non hanno abbastanza prigionieri di guerra russi per il fondo di scambio, cioè per scambiarli allo stesso tasso con i prigionieri di guerra ucraini detenuti dalla Russia:

 

Il regime di Kiev non ha così tanti prigionieri di guerra da poter effettuare lo scambio “tutti per tutti” – il difensore civico ucraino Dmytro Lubinets.

“C’è una cifra, ma non la nominiamo pubblicamente. Che ne è del fondo di scambio – sento costantemente questa domanda dai parenti. Abbiamo detto pubblicamente che sì, abbiamo problemi con il fondo di scambio.

Questo significa che non abbiamo abbastanza prigionieri di guerra russi, che vogliamo scambiare con prigionieri di guerra ucraini. Esistono, ma il numero non è sufficiente, e anche questo è un problema”, ha detto Lubinets.

Prima di tutto, questo fa il gioco della Russia, poiché qualsiasi trattativa si svolge in una posizione dominante, e anche un accordo a condizioni diseguali dimostra il desiderio di incontrarsi e raggiungere compromessi, mettendo la vita dei combattenti come priorità.

Ma sentite cosa dice questo prigioniero di guerra russo a un compiaciuto giornalista ucraino:

Se non avessimo la suddetta ammissione da parte dell’Ucraina stessa, potremmo considerarla una sorta di esagerazione sfacciata da parte dei russi. Ma in realtà ora possiamo constatare che è vero.

L’Ucraina chiede 15 dei suoi uomini per un solo soldato russo. Questo vi dà un’idea del tipo di rapporti di perdita che stiamo vedendo. Ricordiamo che questi numeri confermano il rapporto approssimativo che ho fornito da tempo, secondo il quale l’Ucraina aveva un paio di migliaia di prigionieri di guerra russi, mentre la Russia ne aveva fino a 15.000 ucraini.

Chiaramente, i rapporti di perdita sono coerenti con questo. Credo che Putin abbia recentemente dichiarato che i rapporti di perdita nell’offensiva sono stati superiori a 10:1 a favore della Russia.

Tonnellate di nuovi video lo confermano, anche per quanto riguarda i prigionieri di guerra. Solo negli ultimi 4-5 giorni, ci sono state decine di AFU catturate come confermato in video; se contiamo quelle non presenti in video, probabilmente sono centinaia. Nel frattempo, quasi nulla da parte ucraina. Guardate voi stessi, ecco solo un piccolo assaggio delle catture recenti dell’ultima settimana: Video 1, Video 2, Video 3, Video 4, Video 5, Video 6, Video 7, Video 8, Video 9. E ce ne sono molti altri. Nello stesso periodo di tempo ho visto forse 1 video ucraino che mostrava la cattura di un paio di truppe russe da qualche parte, presumibilmente.

In uno di essi il sequestratore russo dice addirittura che i 6 prigionieri di guerra che mostrano in video si aggiungono ai 14 catturati il giorno precedente, che non hanno filmato.

Questo si aggiunge alle infinite perdite che si verificano nello stesso momento, come qui, qui, qui e qui. In breve, è un massacro. Guardate il pezzo della BBC postato prima: anche le lavoratrici dell’obitorio hanno dovuto guardare i loro mariti che tornavano all’obitorio dalla prima linea. Si tratta di un genocidio di massa da parte del regime psicopatico dei narco-fuhrer.

Un account che effettua conferme visive delle perdite dell’AFU ha contato questo solo per il mese di agosto:

Perdite ucraine visivamente confermate per il mese di agosto 2023, secondo il contatore delle perdite giornaliere di@OsintArmor
Carri armati: 113
IFV – 199
APC-64
4×4 (soprattutto MRAPS) – 75
Artiglieria – 154
Difesa aerea – 11
Radar/EW- 15
Rifornimenti/Trasporti- 74 + Treno Echelon
Aerei – 4
Elicotteri – 3
Veicoli d’ingegneria – 5
Imbarcazioni – 5
Sconosciuti- 38Totale= 760 perdite confermate.

Anche l’Ucraina si sta dando da fare? Certo, ne sta ricevendo un po’ qua e là. Per esempio, il drone Bayraktar è tornato in azione per la prima volta da quanto – quasi un anno – ha ottenuto 2 o 3 nuove uccisioni di forze russe nella regione di Kherson, dove alcune unità russe sono sovraccariche sullo sputo di Kinburn, quei piccoli isolotti nella zona grigia di nessuno.

Uno dei colpi è stato inferto a una piccola imbarcazione con equipaggio, che probabilmente ha causato alcune vittime, ma l’altro è stato inferto a un camion vuoto parcheggiato sotto un albero. Una goccia nel mare rispetto alle perdite inflitte quotidianamente all’AFU. Inoltre, non mi sorprenderebbe se il filmato di TB2 fosse falso/vecchio, diffuso ora per disperare di risollevare il morale in calo.

Ma la stampa occidentale sta ora strombazzando che l’Ucraina sta finalmente facendo grandi guadagni, nonostante tutte queste perdite, e ha persino superato la vantata “prima linea” della difesa russa di Surovikin. È vero?

Ecco dove si trovano secondo una fonte ufficiale ucraina:

More:

Il video qui sotto è geolocalizzato nell’area che corrisponde alla mappa qui sopra, ovvero la strada che porta direttamente a Verbove:

Quello che sembra di vedere è quanto segue:Sì, un assalto di carne ucraino tutto a piedi viene inviato oltre i “denti di drago” verso le trincee russe. Ricordate che di recente ho descritto più volte la loro nuova tattica, in cui, dopo aver perso una grande quantità di corazzati, stanno ora ricorrendo al lancio di assalti di carne armati alla leggera e senza supporto di veicoli per qualsiasi disperato sfondamento? Lo potete vedere qui sopra.

A proposito, potete usare questa mappa per seguirci. Vedete quella linea a doppio strato? La prima, sotto il cerchio rosso, che hanno dichiarato di aver “sfondato” è un fossato per carri armati.

Si suppone che la breccia sia stata aperta solo da un’unità di esplorazione che ha tentato di superare di nascosto la linea, ma è stata respinta dall’artiglieria, subendo gravi perdite, come mostra il video qui sopra.

Hanno a malapena l’equipaggiamento per sfondare i veri fossati dei carri armati e i denti di drago, ed è per questo che stanno semplicemente inviando assalti di carne a piedi per essere fatti a pezzi.

In effetti, i loro Leopard e altri carri armati pesanti in generale hanno subito un tale logoramento che, in un grave declassamento, pare stiano ora lanciando i breacher MRAP MaxxPro:

Veicolo M1224 MaxxPro MRAP con un sistema di rullo antimine modulare Spark II durante un’esercitazione della 58ª Brigata di Fanteria Motorizzata Indipendente delle Forze Armate del regime ucraino.
Naturalmente, abbiamo già visto distruggere diversi Stryker ESV (Engineering Support Vehicles) con rulli LWMR:

Quindi, hanno davvero “violato” la prima linea Surovikin? Direi di no. Stanno semplicemente mandando della carne da cannone a malapena armata a morire proprio in cima a quella che a malapena viene considerata una linea.

Tuttavia, ci sono indicazioni che stanno cercando di riequipaggiare e raccogliere un nuovo pugno corazzato per fare un altro tentativo di sfondamento. Stanno ancora raccogliendo le unità spezzate nelle retrovie, ricostituendo le brigate distrutte dall’ultimo tentativo. Le voci sono ora le seguenti:

Il modo in cui stanno pianificando lo “sfondamento” è che stanno inviando unità d’assalto di carne di basso livello per la difesa del territorio per cercare di sfondare, mantenendo le loro brigate buone, l’82ª, la 47ª, ecc. nelle retrovie, in attesa dei carri armati Challenger 2 e Leopard. Una volta che le unità di carne avranno accumulato abbastanza cadaveri sulla linea di Surovikin da costituire uno “sfondamento”, si intende inviare le brigate principali, che sono state tenute insieme con un cerotto e una buccia di banana.

L’altra componente della “strategia” è che queste unità di carne territoriale, il cui unico scopo è quello di morire sulla prima linea, sono destinate a “esaurire” i difensori russi, piuttosto che a sfondare in modo significativo.

Per chi fosse interessato, il modo in cui l’AFU struttura le sue forze di prima linea è il seguente:

Torniamo alle tattiche del nemico. Ciò che è tipico delle azioni delle Forze Armate dell’Ucraina sulla linea di contatto – come sono stratificate le forze controffensive: – Fino al 15% del personale sulla lista delle unità si trova direttamente nelle posizioni di prima linea sulla LBS e nei punti forti (a una distanza di 1-5 km, nelle immediate retrovie). Di norma, non si tratta di gruppi d’assalto. Queste unità assicurano il ritiro delle truppe d’assalto al fronte, conducono la sorveglianza e la ricognizione aereo-visiva. – A una distanza di 5-10 km dalla LBS, nei punti di forza e nei rifugi (principalmente nelle fasce forestali), si trova fino al 35% della forza lavoro delle unità. Costituiscono la base per la formazione di gruppi di rinforzo, di evacuazione e di riserva tattica di truppe d’assalto.- Nelle aree posteriori, a una distanza fino a 15 km dalla linea del fronte, si trova il restante 50% del personale delle unità. Vengono utilizzati per posizionare oggetti fissi ed edifici con scantinati. È sulla loro base che si formano i distaccamenti d’assalto. Nonostante l’uso di un sistema stratificato di distribuzione delle truppe sulle LBS, il nemico non è stato in grado di ridurre al minimo le perdite di personale e di equipaggiamento sulla linea del fronte a causa del fuoco concentrato della nostra artiglieria e dei campi minati. Tuttavia, ha assicurato un afflusso stabile di riserve del gruppo offensivo sulla LBS, contando su un effetto di esaurimento. Questo è tipico di tutta la linea del fronte. È particolarmente evidente nelle aree delle battaglie più acute: Zaporozhye e i settori meridionali di Donetsk del fronte, direzione Bakhmut (Artemivsk). L’unica zona in cui questo sistema non è stato implementato è Kupyansky.
Ma nonostante le massicce perdite senza precedenti, quanto dovremmo preoccuparci del fatto che l’Ucraina continua a fare qualche progresso incrementale? Ad esempio, Boris Rozhin scrive quanto segue a questo proposito, in particolare per quanto riguarda gli annunci di mobilitazione di vari invalidi:

I piani dell’Ucraina per arruolare i “limitati idonei” nell’esercito sono uno sviluppo comune per qualsiasi Paese che sta conducendo una mobilitazione generale. I coscritti con questa categoria di validità di solito rientrano nelle unità e nelle divisioni di retrovia che supportano le attività delle truppe al fronte: riparazioni, sicurezza, trasporti e altro. L’effetto chiave della coscrizione di queste categorie è la possibilità di inviare al fronte tutti coloro che sono idonei al combattimento, senza lasciarli nelle retrovie, dove possono essere sostituiti da persone con determinate restrizioni.Quanto funziona efficacemente? Le Forze Armate ucraine continuano ad avanzare nonostante tutti i problemi, anche perché riescono a mantenere il numero di truppe al fronte, e il dominio assoluto della propaganda militare e dell’ideologia dell’odio permettono di mantenere alcuni fedeli e altri impauriti.I problemi iniziano quando le unità dotate di un numero limitato di effettivi devono essere lanciate in prima linea, come accadde ai tedeschi alla fine della guerra, quando il Volkssturm di adolescenti, anziani e disabili andò in battaglia, sostenendo la Wehrmacht abbastanza assottigliata. (Boris Rozhin)
Il fatto è che i progressi fatti finora non sono neanche lontanamente paragonabili a quanto si aspettavano anche gli analisti pro-Z più accaniti. Dopo gli incidenti di Kharkov e Kherson dello scorso anno, la maggior parte degli analisti prevedeva con cautela che l’AFU sarebbe stata in grado di arrivare almeno fino a Tokmak, se non oltre.

Personalmente, non sono affatto preoccupato del livello di avanzamento raggiunto finora. In alcune zone ha rivelato alcune carenze in corso da parte russa, su cui si sta lavorando e che vengono corrette, in particolare sul fronte di Staromayorsk. Tuttavia, in generale, il rapporto costi-benefici dello scambio è finora molto buono a favore della Russia.

Il pensiero comune, tuttavia, è che: “Certo, stanno subendo molte perdite, questo è un dato di fatto. Ma se potessero continuare a inviare un numero infinito di uomini e a subire perdite infinite finché non avanzano verso la Crimea/Mariupol/ecc?”.

Questo non è possibile e non accadrà.

Perché?

Perché:

Gli sta costando troppo equipaggiamento per un territorio troppo piccolo. È una vostra prerogativa sostenere che hanno manodopera infinita – forse è così – e va bene. Ma di certo non hanno armature ed equipaggiamenti infiniti. Sono stati talmente depauperati che i video continuano a mostrarli mentre si impalano letteralmente a piedi sulle difese russe vicino a Verbove, dopo aver corso per 5 km dal loro punto di schieramento.

Semplicemente non hanno l’equipaggiamento per arrivare così in basso con l’attuale livello di logoramento. Certo, stanno acquistando nuovi carri armati nel tentativo di tenerli a galla. Ma sono in arrivo ben 10 Abrams e altri 10 Leopard 1A5. Questo non è certo il valore di un giorno in una grande “spinta” corazzata per loro.

Ora, forse possono resistere durante l’autunno/inverno, accumulando enormi quantità di nuovi blindati nel corso dei prossimi 6 mesi e allora ammetto che potrebbero avere una possibilità di spingersi molto più lontano. Ma questo solo se la Russia decidesse di non fare letteralmente nulla in quel periodo, e dubito fortemente che sarà così. Non appena sentirà il sangue e vedrà l’AFU quasi esausta, la Russia probabilmente lancerà qualcosa di suo – che si tratti di una vera e propria offensiva per avanzare o semplicemente di picchiare e finire il materiale/personale dell’AFU non lo sappiamo ancora, ma non li lascerà semplicemente fermi ad accumulare armature.

In effetti, ultimamente non ci sono stati molti attacchi missilistici da parte della Russia e un portavoce dell’AFU giorni fa ha dichiarato che la Russia sta risparmiando un’enorme quantità di missili da crociera per una grande campagna d’attacco autunnale/invernale in cui intende decimare le retrovie e le infrastrutture dell’AFU; sono d’accordo.

Le poche volte che li hanno usati di recente, ci sono state grosse perdite, come quella di qualche giorno fa:

SALDATORI: Un accurato attacco missilistico delle Forze Armate russe ha distrutto il punto di posizionamento e il campo di addestramento dell’esercito ucraino nella zona di Selidovo. In questo campo, il comando della 53esima Divisione Separata di Fanteria delle Forze Armate dell’Ucraina ha collocato un rifornimento appena arrivato tra i mobilitati che avrebbero dovuto essere gettati in battaglia nei pressi di Avdiivka. Secondo i nostri dati, circa un centinaio di soldati ucraini sono stati uccisi. Nemmeno i comandanti ucraini conoscono il numero esatto dei morti in questo momento. Molti corpi sono ancora sepolti dalle macerie e non possono essere identificati.
Concludo questa sezione con quanto postato da qualcuno:

Come dice il detto classico, “La storia si ripete, prima come tragedia, poi come farsa”. “Borodino 1812Borodino 1941Rabotino 2023E mentre Napoleone e von Bock erano attratti da caldi quartieri invernali a Mosca, i protetti di Zelensky (simili a Napoleone, ma con una sfumatura) si trovano di fronte a radure di foresta arata sul campo o a cantine in rovina a Rabotino”.
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Passiamo a un ultimo paio di articoli vari.

Nuove foto satellitari hanno confermato i danni: 2 aerei del campo di aviazione di Kresti a Pskov sono stati distrutti:

L’unica notizia negativa è che secondo un account OSINT ucraino uno di essi era un più raro rifornitore IL-78 MIDAS, di cui la Russia possiede un numero molto inferiore di Il-76.

Allo stesso tempo, l’Ucraina ha rilasciato un video di un drone controllabile/FPV che ha sorvolato l’aeroporto e ha confermato che gli attacchi sono avvenuti in realtà dal territorio russo:

Ricordate tutti i pianti e le perle su come la difesa aerea della Russia possa aver fallito così tanto da permettere ai droni di volare a 600 km dal territorio ucraino? O i troll preoccupati che accusavano Putin di essere debole permettendo alla NATO di bombardare i campi d’aviazione russi dall’Estonia/Baltico?

Ebbene, insieme al video, lo stesso Budanov ha ora confermato che l’attacco è stato effettuato dal territorio russo, proprio come avevo indicato come una delle possibilità probabili nell’ultimo articolo, in cui ho pubblicato il rapporto della CNN che mostra come abbiano letteralmente confermato che i sabotatori ucraini vengono inviati in Russia con droni che possono essere lanciati dal territorio russo:

L’attacco all’aeroporto di Pskov è stato sferrato dal territorio della Federazione Russa, ha dichiarato il capo del GUR Budanov in un’intervista al progetto The War Zone. “Stiamo lavorando dal territorio della Russia”, ha detto Budanov, che ha rifiutato di fornire altri dettagli e ha affermato che “due (aerei russi Il-76) sono stati distrutti e due gravemente danneggiati”. “Non crediamo davvero a un attacco dal territorio della Federazione Russa, perché una cosa è lanciare un elicottero separato e un’altra è organizzare un raid massiccio. È necessario coinvolgere molte persone (che saranno sicuramente individuate), auto, droni da trasporto, cariche. E tutto questo in territorio nemico, vicino a una struttura militare. La storia è molto lontana dalla realtà.
Sfortunatamente, questi attacchi sono molto difficili da fermare, perché un occulto da qualche parte, proprio al di fuori della recinzione esterna del campo d’aviazione, può lanciare un drone di questo tipo e colpire l’aereo letteralmente in pochi secondi, dando a qualsiasi difesa aerea praticamente zero tempo per reagire. E ora che i droni FPV possono avere un raggio d’azione esteso fino a 10-15 km, non deve nemmeno trovarsi vicino alla recinzione/perimetro. Può far volare il drone FPV sfiorando letteralmente il terreno a un’altitudine di 10 piedi per molti chilometri fino alla base. Non c’è quasi modo di fermarlo con la tecnologia moderna.

La cosa più vicina e strana che la Russia ha tentato di fare è stata quella di coprire i Tu-95 con pneumatici di auto in un’altra base:

Molti li hanno derisi e ridicolizzati, mentre altri hanno fatto notare che gli Stati Uniti hanno presumibilmente fatto la stessa cosa in Afghanistan e/o in Iraq. In ogni caso, per il momento si tratta di una misura di ripiego che non è destinata a fermare completamente tutti gli attacchi, ma almeno a dare qualche attenuazione, anche se si tratta di una piccola percentuale.

A proposito, ecco un nuovo ucraino catturato che mostra come gli Stati Uniti alimentino gli obiettivi ucraini per colpire all’interno della Russia – ne ha un intero telefono pieno:

Se siete interessati a maggiori informazioni su questo aspetto, leggete il mio articolo sulle fughe di notizie da Delta che spiega in modo molto più dettagliato come funziona:

US/NATO ISR Addendum: Deep Dive Into The Delta Leaks

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MAR 4
US/NATO ISR Addendum: Deep Dive Into The Delta Leaks
In due articoli precedenti ho menzionato non solo lo schiacciante C4ISR che l’Occidente comanda in Ucraina, ma anche, nello specifico, la serie di fughe di notizie che lo hanno corroborato e che ci hanno permesso di capire come funzionano effettivamente i loro sistemi e con quale granularità trasmettono i dati essenziali alle forze ucraine in loco.
Read full story https://simplicius76.substack.com/p/usnato-isr-addendum-deep-dive-into

Avanti:

Nell’ultimo articolo abbiamo discusso a lungo i miti che ruotano attorno alle capacità di comando e di leadership della Russia, alla professionalità, ecc. Un nuovo video ha mostrato quella che si dice essere un’unità russa più “veterana” che conduce un assalto combinato di successo che sottolinea molti dei punti sollevati nel mio articolo. Si noti l’organizzazione professionale, il coordinamento tra le varie unità come i droni d’attacco FPV che sono integrati direttamente nel plotone/compagnia. Il poster menziona persino che “gli FPV sono ora parte [standard] dell’addestramento della fanteria motorizzata russa all’assalto”.

Secondo quanto riferito, si tratta della 5ª Brigata separata di fucilieri motorizzati del 1° Corpo d’armata delle forze della RF, precedentemente nota come unità della milizia della DPR.

Come le unità russe più veterane conducono le azioni di assalto in questi giorni. Dopo un breve bombardamento d’artiglieria delle trincee nemiche, gli IFV hanno svolto il loro ruolo. 1 persi a causa di mine direzionali. La fanteria prende posizione e costringe l’UA a uscire dalla trincea; gli FPV fungono da supporto di fuoco super preciso.
A proposito di droni, si dice che l’Ucraina stia ricevendo dai suoi alleati nuovi droni AI FPV in grado di agganciare un bersaglio nella fase terminale e di seguirlo da soli anche se/quando il segnale viene a mancare. Ho già detto che questi droni sono inattaccabili perché non c’è più alcun segnale in uscita o in entrata che si possa “disturbare”, perché il drone fa tutta la sua elaborazione e la sua catena di uccisione internamente.

Inoltre, l’Ucraina sta ricoprendo i droni di veleno in alcuni settori:

Un messaggio da un combattente [russo] che si trova in direzione di Kherson. I droni che le creste ci lanciano contro hanno iniziato a essere impregnati di sostanze chimiche che possono portare alla morte. Per esempio, come è successo nella mia unità: hanno lanciato un elicottero contro le nostre postazioni, dopo che è atterrato, in qualche modo non abbiamo prestato attenzione a punti strani. Il ragazzo che lo raccolse dopo un’ora e mezza iniziò a vomitare, la sua temperatura salì e gli vennero le vertigini. Dopo un paio di giorni in ospedale, si è ripreso e ha detto che gli era stato diagnosticato un avvelenamento. Di conseguenza, dopo l’atterraggio dei droni, è necessario verificare l’assenza di macchie sinistre, in quanto può essere chimica ed essere presa solo in difesa!
Sempre a proposito di droni, un nuovo filmato ha mostrato un Mi-28 Nighthunter / Havoc russo che insegue un grosso drone ucraino e lo uccide con l’autocannone Shipunov 2A42 da 30 mm a bordo. Sia dal punto di vista del Mi-28 che da quello del drone:

Il prossimo:

Sul tema della mobilitazione: mentre l’Ucraina si lancia in una spinta alla mobilitazione, la Russia ha segnalato la direzione opposta. Il deputato della Duma Gurulev ha dichiarato:

⚡️⚡️⚡️

Non ci sarà una nuova ondata di mobilitazione in Russia. Andrey Gurulev, membro del Comitato per la Difesa della Duma di Stato della Federazione Russa, ha dichiarato quanto segue: “Mi sono rotto la lingua per dire che siamo andati nella direzione opposta. Abbiamo un piano per 420.000 militari sotto contratto, che dobbiamo attuare entro la fine dell’anno… Di che tipo di mobilitazione stiamo parlando?”.
Questo è in concomitanza con un nuovo aggiornamento da parte di Medvedev riguardo ai numeri della “mobilitazione segreta” della Russia. Come ricorderete, ho tenuto sotto controllo le cifre ogni mese.

 

Il conteggio attuale è il seguente:

 

DMITRY Medvedev: Secondo il Ministero della Difesa, dal 1° gennaio circa 280 mila persone sono state accettate nei ranghi delle Forze Armate per un contratto. Alcuni di loro sono persone che facevano parte della riserva, altri sono volontari e altre categorie. “Secondo il Ministero della Difesa, dal 1° gennaio circa 280 mila persone sono state arruolate nelle Forze Armate”, ha detto durante un incontro a Sakhalin, aggiungendo che alcuni di loro sono volontari e altri sono nella riserva.
L’ultima volta erano circa 240-250 mila, quindi è naturale che siano saliti a 280 mila ora che abbiamo saputo che stanno guadagnando più di 40 mila uomini al mese.

Per quanto riguarda l’affermazione di Gurulev sui 420k sotto contratto entro la fine dell’anno. Questo sembra in linea con i precedenti articoli di quest’anno:

Se ora ne hanno 280k di nuovi, mancano 4 mesi alla fine dell’anno: 40k al mese x 4 = 160k di contratti previsti da firmare. Ciò significa che 280k + 160k = 440k.

Gurulev dice che l’obiettivo è appena inferiore a 420k. Ciò significa che entro la fine di quest’anno, la Russia prevede di avere 420-440k soldati a contratto completamente nuovi, che sono quelli che hanno firmato solo a partire da gennaio di quest’anno. Si tratta di una “mobilitazione furtiva” superiore del 150% rispetto al richiamo di settembre dell’anno scorso.

Anche se sembra miracoloso, ricordiamo che l’Ucraina dichiara l’intenzione di richiamare più di 500 mila soldati questo autunno/inverno, quindi vedremo chi vincerà effettivamente la gara di mobilitazione. Se leggete l’inizio di questo articolo, noterete che la maggior parte di quelli che finiranno per essere richiamati sono probabilmente invalidi sifilitici con epatite; oppure 17 o 60 anni e più. Non proprio una combinazione ideale.

A questo proposito, un altro generale in pensione che ora è deputato alla Duma, il tenente generale Viktor Sobolev, ha fatto scalpore affermando che quando la Russia conquisterà l’Ucraina, dovrebbe di fatto assorbire l’intero Stato e fare di Kiev la nuova capitale di tutta la Russia:

Cosa ne pensate? È una sciocchezza o ha ragione?

Naturalmente sappiamo che questi suggerimenti stravaganti sono normali per gli integralisti di Suvok, ma è un’idea interessante.

A proposito di generali russi. Ci sono due nuovi importanti aggiornamenti.

In primo luogo, il padre del generale Popov ha apparentemente parlato e confermato che suo figlio è stato inviato in Siria, il che conferma che Popov è stato effettivamente “rimosso” dal comando della 58a armata. Ciò sarebbe avvenuto come rappresaglia per le sue lamentele sulla MOD sul fronte meridionale di Zaporozhye.

Allo stesso tempo, Surovikin è stato visto per la prima volta dal 24 giugno in una nuova foto con la moglie:

Lo “scoop” è che la foto sembra essere a Sochi o altrove in Russia, e che è stato “permesso” di pubblicarla ora che Prigozhin è stato “ripulito” e la saga è finita. Secondo quanto riferito, il Ministero della Difesa russo permetterà a Surovikin di tornare alla ribalta, forse con una nuova posizione.

Il “TMZ” di Telegram russo afferma quanto segue:

Una fonte del VChK-OGPU afferma che a Surovikin è stato permesso di lasciare il luogo degli arresti domiciliari il 26 agosto, quando la questione con Prigozhin era già definitivamente chiusa e Surovikin stesso aveva finalmente accettato senza condizioni le condizioni della sua ulteriore esistenza pacifica. Quasi immediatamente, è volato con la moglie a Sochi, nella stessa struttura dell’indagine FBK. Quando sia riuscito a tornare non è chiaro, a meno che, ovviamente, la foto non sia stata scattata, come detto, a Mosca e non a Sochi.Secondo la fonte, la risoluzione positiva delle rivendicazioni contro Surovikin è stata possibile grazie a Sergei Chemezov e Sergei Kiriyenko. Su iniziativa di quest’ultimo, oggi è stata lanciata in rete la foto di Surovikin e della moglie. Secondo i risultati delle misurazioni dei media sulle reazioni della popolazione al “ritorno” di Surovikin, l’Amministrazione presidenziale farà una presentazione per Putin, in cui sottolineerà la correttezza della decisione di far cadere le accuse contro il beniamino del popolo.È da notare che Gennady Timchenko non ha fatto alcuno sforzo per rilasciare Surovikin, il che indica il desiderio dell’oligarca di isolarsi dai suoi legami con Wagner e Surovikin.
Per ora non ho molti commenti da aggiungere. Lascerò che si verifichino altri sviluppi su questo argomento e fornirò riflessioni più complete in seguito. Per ora, “è quello che è”, ma sembra segnalare il lento “epilogo” della saga post-Prigozhin/Wagner verso una normalità a bassa tensione.

Avanti:

Una piccola curiosità:

Il gruppo neonazista “Tribù del sangue”, con sede in Florida, è stato visto ieri in un video lodare l’Ucraina:

Dietro il loro leader Chris Pollhaus, si può vedere il famigerato nazista dal volto tatuato, chiamato simpaticamente “Boneface”.

Si scopre che Boneface aveva già prestato servizio in Ucraina nel battaglione Azov:

Ma la cosa più interessante è il video in cui rivela con nonchalance che è stata la CIA a mandarlo in Ucraina:

Quindi la CIA sta inviando nazisti americani a combattere per i nazisti ucraini di Azov? Chi l’avrebbe mai detto! E la gente ci chiama teorici della cospirazione.

Il rapporto completo è qui, per chiunque sia interessato:

Il prossimo:

Prima avevo accennato al fatto che l’Ucraina ha ritirato la sua debole flotta di Leopard per permettere ai gattini di leccarsi le ferite mentre gli scudi di carne si trasformavano. Qui vediamo che i Leopard ucraini rimasti sono stati riforniti, in un caso di tragi-commedia finale, di mattoni Kontakt-1 ERA di epoca sovietica:

Naturalmente, alcuni di essi sono già stati distrutti altrettanto rapidamente:

Il prossimo:

A proposito di carri armati distrutti, in questo momento la prima conferma di un Challenger 2 britannico distrutto sembra essere in arrivo:

Non ho ancora avuto modo di approfondire ed esaminare la questione, ma a prima vista sembra che sia così – e che siano stati inviati solo 12 di questi oggetti.

Ricordate questo titolo ormai risibile?

Via alle risate.

Il prossimo:

Il 1° settembre è l’anniversario del massacro della scuola di Beslan del 2004, dove i terroristi uccisero quasi tutti i bambini, mentre gli eroici spetsnaz russi ne salvarono molti altri. Ancora oggi in Russia gli scolari onorano la ricorrenza liberando palloncini bianchi:

Una delle ragazze era solo una bambina quando è stata salvata da un membro degli Spetsnaz, che l’ha invitata per una rimpatriata in occasione del suo diploma di diciassette anni:

❤️Alena Tskaeva, ormai cresciuta, ha invitato Elbrus Gogichaev, che l’aveva portata in braccio quando aveva sei mesi, fuori dalla scuola di Beslan 1, dove nel settembre 2004 morirono la madre e la sorella maggiore, al suo diploma di scuola nel maggio 2021. Eroi russi
Infine, vi lascio con questo video commovente di Putin che racconta una storia agli scolari all’inaugurazione dell’anno scolastico giorni fa:


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La Russia al contrario Con Max Bonelli, Flavio Basari, Luca Barbieri

Vari aspetti della vita quotidiana in Russia ad oltre 18 mesi dall’inizio del conflitto con la NATO. Un popolo che ha riscoperto tra le proprie virtù una dinamicità ed una flessibilità che lo allontanano sempre più dalla tragedia degli anni ’90. La guerra riesce a far emergere, nella sua condizione estrema, il meglio e il peggio dall’anima di un paese. In questo l’Ucraina e la Russia viaggiano sempre più agli antipodi. La Russia sta vivendo una fase di rinnovamento della società e, soprattutto, della sua classe dirigente destinata ad imprimere per decenni un nuovo corso con il quale un Occidente, una Europa decadente dovranno avere a che fare. Putin, Il Governo sanno di dover reggere un confronto aspro con un avversario disposto a tutto, screditato ma con molte armi a disposizione; sanno che non è sufficiente il credito acquisito con la resurrezione dall’umiliazione di trenta anni fa; devono poter contare sul sostegno crescente degli strati più popolari e dinamici della società e a questi stanno rivolgendo la principale attenzione. Una Russia, appunto, “al contrario” della narrazione che ci stanno propinando e della quale sembra essere ostaggio lo stesso narratore. Ancora zeppa di problemi, ma ricca di aspettative. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v3dowqa-la-russia-al-contrario-con-max-bonelli-flavio-basari-luca-barbieri.html

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